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RASSEGNA STAMPA  gennaio - giugno 2015

 

 

 

 

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 30 giugno 2015

 

 

La Ferriera rassicura il sindaco «Ridotti gli sforamenti in cokeria» - l’amministratore delegato Landini in municipio
Faccia a faccia ieri pomeriggio tra il sindaco Roberto Cosolini (che era affiancato anche dall’assessore all’Ambiente Umberto Laureni) e il nuovo amministratore delegato di Siderurgica Triestina (la società del Gruppo Arvedi proprietaria della Ferriera di Servola) Andrea Landini che ha recentemente sostituito in questo ruolo Francesco Rosato.

Incontro chiesto urgentemente dallo stesso sindaco dopo gli ultimi episodi di emissione di fumi e odori che hanno portato a nuove proteste degli abitanti delle zone circostanti e i numerosi sforamenti che vengono registrati dalle centraline antinquinamento. «Landini ha affermato che la Ferriera - ha riportato alla fine Cosolini - ha ottemperato alla diffida della Regione che le imponeva di ridurre gli sforamenti quotidiani in cokeria da 78 a 67. Ci è stato inoltre assicurato che in concomitanza di qualsiasi situazione critica saranno date immediate informazioni all’Arpa e di conseguenza al Comune in modo da avere maggiore informazione e trasparenza. È stato anche detto che il cronoprogramma degli interventi verrà rispettato e che entro dicembre sarà collocato il sistema di aspirazione dei fumi dalla cokeria». A conclusione dell’incontro, l’amministratore delegato di Siderurgica Triestina, Andrea Landini, ha dichiarato che «l’appuntamento ha consentito una conoscenza diretta con le Istituzioni comunali rappresentate dal sindaco e dall’assessore all’Ambiente. Abbiamo riconfermato il programma tecnico di interventi di miglioramento ambientale oggetto di particolare attenzione, programma al quale l’azienda dà assoluta priorità. Per quanto riguarda gli impianti di cokeria è stata riconfermata la messa in esercizio entro la fine dell’anno dell’impianto di aspirazione di tutte le emissioni diffuse, mentre sull’area ghisa è stato comunicato il rafforzamento del piano di manutenzione ordinaria ancora più attenta a tutte le possibili sorgenti di emissione. Si è convenuto inoltre - ha precisato da parte sua anche l’ad di Siderurgica Triestina - di comunicare, a seguito di eventuali situazioni emissive visibili, l’analisi delle cause e le azioni correttive già intraprese. Si è parlato infine dell’iter per il rilascio dell’Aia che darà certezze vincolanti sul piano autorizzativo e che rappresenterà la via maestra per innalzare i livelli di compatibilità ambientale dello stabilimento inserito nel contesto urbano con cui vogliamo coesistere garantendo l’occupazione e lo sviluppo di nuove lavorazioni ad altissimo contenuto tecnologico. In tal senso - ha concluso Landini - l’incontro è servito anche per fare il punto sullo stato di avanzamento dell’implementazione del laminatoio che sta proseguendo secondo il timing previsto». Frattanto, proprio nell’imminenza delle nuove sedute della Conferenza dei servizi presieduta dalla Regione che dovrà decidere sull’Aia, previste per oggi e per venerdì, la giunta comunale ha approvato una delibera per la continuazione del monitoraggio in particolare delle polveri sottili e del benzopirene in relazione alle emissioni delle Ferriera. Come accade periodicamente, il Comune pagherà 19mila euro più Iva affinché l’Arpa continui a registrare per i prossimi sei mesi i dati anche della centralina di via San Lorenzo in Selva che pure non è compresa nella rete ufficiale perché non risponde ai requisiti previsti dalle norme comunitarie. Nella delibera, presentata dall’assessore Laureni, il Comune afferma di aver comunque bisogno anche dei dati registrati da questa centralina per esprimere un parere compiuto sul rilascio della nuova Aia. (s.m.)

 

 

«Porto Vecchio alla città entro 15 giorni»
Cosolini annuncia la firma sulla sdemanializzazione: «Subito dopo l’incarico all’advisor per il lancio sul mercato»
Sarà firmato entro quindici giorni dal presidente nazionale dell’Agenzia del Demanio Roberto Reggi e dalla governatrice Debora Serracchiani oltre che dal sindaco Roberto Cosolini e dal commissario dell’Autorità portuale Zeno D’Agostino l’atto ufficiale che sancisce la sdemanializzazione del Porto Vecchio. Lo ha annunciato lo stesso Cosolini nel corso del Tavolo sul’economia dedicato in particolare allo sviluppo dello scalo triestino che si è riunito ieri pomeriggio nell’aula del Consiglio comunale alla presenza degli operatori del porto, dei rappresentanti delle categorie e degli esponenti sindacali. «Stiamo avanzando a tempo di record - ha detto il sindaco che era affiancato dagli assessore Elena Marchigiani, Edi Kraus e Roberto Treu - questo è l’atto ufficiale di sdemanializzazione dopo che già ad aprile c’era stata la sigla sull’ipotesi tecnica di definizione della nuova perimetrazione dell’area. Nel frattempo il Comune - ha aggiunto - affiderà a un advisor la realizzazione di uno studio sulle potenzialità dell’area da presentare poi agli investitori internazionali. Lo studio verrà fatto nel corso dell’estate e presentato il prossimo autunno. Inoltre - ha aggiunto - già dal primo luglio si insedia in municipio la struttura Progetti strategici di cui il primo è appunto quello relativo al Porto Vecchio e che sarà diretta da Walter Toniatti. Guiderà una Conferenza dei servizi interna permanente di cui farano parte altre numerose componenti dell’amministrazione a cominciare dal Demanio e dall’Urbanistica». Sollecitato anche dalle domande degli intervenuti, lo stesso D’Agostino ha annunciato che una parte dei 500mila metri quadrati del Punto Franco che oggi occupano quasi per intero il Porto Vecchio potrà essere trasferita in area Ezit, «per cui il rapporto con l’Ente zona industriale (era presente il presidente Stefano Zuban) - ha specificato - diventa fondamentale in un’ottica strategica. Oggi infatti un porto va considerato non soltanto in chiave operativa e logistica e in questo senso polmoni fondamentali per quello di Trieste sono Fernetti, Opicina e Prosecco dove pure si può pianificare lo spostamento di fette di Punto Franco, ma anche nei suoi addentellati industriali. Vi sono stati alcuni soggetti che ci hanno fatto questa specifica richiesta, perché la portualità va giustamente intesa a 360 gradi. Comunque - ha precisato il commissario - ho in programma nei prossimi giorni un incontro con il prefetto per conoscere esattamente gli ambiti in cui ci possiamo muovere per il trasferimento». «Nelle settimane successive alla firma sulla sdemanializzazione - l’indicazione venuta ancora da Cosolini - faremo al prefetto una proposta complessiva sullo spostamento del Punto Franco».

Silvio Maranzana

 

 

In arrivo 110mila bollettini per la nuova tassa sui rifiuti
Esatto invierà a domicilio i modelli F24 per il pagamento entro il 15 luglio - A fine mese la scadenza della prima rata. Tutte le “istruzioni per l’uso”
La Tari, che fu Tarsu e poi Tares, insomma la tassa sui rifiuti, è pronta a fare la sua comparsa nella cassetta delle lettere di 95 mila cittadini e 15 mila imprese. Dopo la Tasi sulla prima casa, che fu Ici e poi Imu, tra un po’ toccherà pagare pure questo. Piaccia o no, Esatto è pronta a recapitare i 110 mila bollettini. Due le novità: le rate non sono più quattro, né due come nel 2014, bensì tre. Anche le scadenze sono state riviste. La società, proprio per facilitare il più possibile i cittadini, ha preparato una sorta di “istruzioni per l’uso”, che vale la pena ripercorrere punto per punto. «Desideriamo offrire la massima chiarezza» conferma il direttore Giulio Curiel. L’imposta, dovuta a chiunque occupi o detenga locali o aree scoperte che possono produrre spazzatura, serve al Comune per coprire i costi del servizio di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti, oltre allo spazzamento delle strade. Non a caso è stata l’Acegas, recentemente, a stabilire l’importo necessario per far fronte a tutto questo: quasi 32 milioni di euro. Il municipio calcola la somma per ciascuna famiglia sulla base dei metri quadrati dell’immobile e il numero di quanti dimorano all’interno. Sarà Esatto, come avviene abitualmente, a inviare a casa il promemoria e i modelli F24 da utilizzare per il pagamento. Lo farà in questi giorni e comunque non oltre la metà di luglio. Tre, dunque, le scadenza: prima rata entro il 31 luglio, seconda entro il 30 settembre e terza entro il 3 novembre. Si può pagare in un’unica soluzione, a luglio, usando tutti e tre gli F24. Gli importi cambieranno rispetto l’anno scorso, perché le tariffe sono calcolate in modo da assicurare la copertura integrale del servizio di smaltimento dei rifiuti urbani che, annualmente, viene aggiornato in base agli effettivi costi. Quest’anno pagheranno un pochino meno le famiglie, un po’ di più le imprese. La cifra contenuta nell’F24 va versata in banca, in posta o via internet. In caso di smarrimento del modello, si può usare un documento analogo reperibile agli sportelli presso cui ci si rivolge per pagare. Qui, però, il campo “codice identificativo” (quello posto sulla destra, nella parte superiore del foglio) non va compilato. In banca o in posta va consegnato tutto integro: quindi il simbolo delle forbici presente a sinistra a metà altezza del documento è per l’impiegato, non per il contribuente. Non sono possibili altri metodi di pagamento: quindi niente bollettini postali e neppure bonifici bancari. Questa disposizione, però, non si applica ai cittadini residenti all’estero. Se non ci si serve dei modelli F24 di Esatto, il codice tributo è il 3944, il codice ente è L424. Per il pagamento con un’unica soluzione tramite home banking, il codice rateazione da inserire è lo 0101. L’importo da indicare, contenuto nell’avviso, è costituito dalla somma degli importi di tutti e tre gli F24 ricevuti. Per la rateizzazione, sempre via internet, il codice da mettere è lo 0103 per la prima rata, lo 0203 per la seconda e lo 0303 per la terza. Nel caso non arrivi a casa il modello – ma è sempre meglio attendere il 15 luglio – ci si può rivolgere a Esatto per domandarne copia, inviando un’e-mail di richiesta di duplicato a esatto@esattospa.it, con cognome e nome, codice fiscale, possibilmente il codice contribuente, un numero di telefono di reperibilità e il tributo (in questo caso la Tari) per il quale desiderate ricevere il modello di pagamento. L’altra possibilità è telefonare al numero verde 800.800.880, oppure presentarsi direttamente in Piazza Sansovino 2, sede della società. È possibile, comunque, una riduzione dell’importo: se il bottino per l’indifferenziata è posto a più di 300 metri dall’abitazione cui è riferito il tributo, per particolari condizioni d’uso (per esempio utilizzo stagionale e discontinuo dell’immobile) o se ci si serve di compostaggio domestico (ma in quest’ultimo caso era necessario presentare richiesta entro il 30 dicembre 2014). I cittadini che hanno smesso di abitare in un immobile, oppure non lo possiedono più, devono preparare una “dichiarazione di cessazione Tari”: serve il contratto di vendita o, per la locazione, il verbale di restituzione chiavi corredato di fotocopia di un documento del proprietario o dell’intermediario; oppure, ancora, l’attestazione della chiusura delle utenze. Tutto ciò va presentato entro il 31 gennaio dell’anno successivo a quello in cui è avvenuto l’atto; ad esempio, se vendo la mia abitazione il 19 febbraio 2015, devo dichiarare la cessazione dell’occupazione dell’immobile entro il 31 gennaio 2016. Solo per chi è interessato da variazioni durante l’anno che generano una tassazione maggiore è prevista una quarta rata di conguaglio, con scadenza 31 maggio 2016.

Gianpaolo Sarti

 

Minisconto alle famiglie, voto nella notte
Approvate in Consiglio comunale le nuove tariffe. Rincari in arrivo per negozi e locali pubblici
Nella notte l’aula ha votato le tariffe. Come previsto: con una lieve riduzione per le famiglie e un rincaro per le attività commerciali, soprattutto per il settore alimentare e la ristorazione. Lo schema, dunque, è quello uscito dall’esame della Commissione senza variazioni. Le aliquote sono tarate sulla base del regolamento della Iuc (Imposta unica comunale) che prevede per le utenze domestiche un calo pari ad un quinto dell'incremento della percentuale della raccolta differenziata registrata nell'ultimo biennio rispetto all'anno di riferimento. Nel capoluogo la percentuale è salita del 2,65% (dal 29,50% del 2013 al 32,15% nel 2014), ed è scattata la premialità. E quest’anno, va ricordato, nel computo rientra anche il numero dei componenti del nucleo, che incide in positivo: le utenze domestiche subiscono sì un aumento di 0,2 centesimi al metro quadrato nei costi fissi, ma il balzello viene compensato proprio dalla voce “costi variabili” stabilita in base al numero di quanti abitano in casa. Uno sconto che, rispetto al 2014, a conti fatti va da un minimo di 1 euro e 85 centesimi (nucleo monofamiliare) fino ad un massimo di 10 euro e 51 centesimi per famiglie con 6 o più componenti e che sale proporzionalmente: - 4,33 euro per famiglie con 2 componenti, - 5,56 per nuclei con 3 componenti, - 6,80 per quelli con 4 componenti e - 8,96 per famiglie con 5 componenti. Così, ad esempio, una famiglia di 2 persone che vive in un appartamento di 60 mq pagherà quest'anno una Tari di 187,54 euro (contro i 190,67 del 2014). Poco o tanto che sia, di un risparmio pur si tratta. Stessa logica per un nucleo di 4 persone che abita in un appartamento di 100 mq: pagherà 330,37 euro rispetto ai 335,17 dello scorso anno. Le attività commerciali, invece, sono penalizzate. A fronte di una quota variabile che rimane immutata per tutti, in questo caso a pesare negativamente è la quota fissa, con una serie di aumenti al metro quadrato che vanno a colpire in modo particolare chi lavora nel comparto alimentare e della ristorazione. Nello specifico, l'aumento sarà di 0,68 centesimi al mq per ristoranti, trattorie, pizzerie e pub, di 0,59 al mq per mense e birrerie e di 0,47 per bar, caffè e pasticcerie. L’incremento più elevato in assoluto, come già ventilato nei giorni scorsi, è però quello che riguarda i negozi di ortofrutta, fiori, pescherie e pizza al taglio, con un rincaro fissato a 0,87 centesimi al mq. Ecco poi l'aumento fissato a 0,42 centesimi al mq per i banchi di mercato di generi alimentari e quello di 0,25 per supermercati, panetterie, macellerie e salumerie. Un’operazione contestata ieri da più parti nel centrodestra, soprattutto da Everest Bertoli, capogruppo Fi: «Un’elemosina per le famiglie e una bastonata per le imprese visto che una pescheria di 100 mq, ad esempio, potrebbe pagare 80-90 euro l’anno in più. Un artigiano anche 25 euro».

(g.s.)

 

Stabilimento Fincantieri sotto sequestro
Blitz dei carabinieri a Monfalcone. Sigilli in quattro aree. Sette indagati per gestione illecita di rifiuti. Oggi probabile stop
MONFALCONE Sequestrate aree nello stabilimento Fincantieri a Panzano. Sette gli indagati, fra quadri e dirigenti. Il blitz è stato messo in atto ieri mattina dai carabinieri del Nucleo operativo ecologico (Noe) di Udine. Sono stati apposti i sigilli a quattro aree destinate a cernita e stoccaggio di scarti di lavorazione. Interessato anche il reparto sabbiature. Al termine di una giornata convulsa, il proseguimento dell’attività produttiva è rimasto in bilico. Se dai sindacati e tra i lavoratori veniva data per scontata la chiusura dello stabilimento, l’azienda non ha fornito alcuna conferma in tal senso. Rimandando tutto ad oggi, preannunciando una linea più chiara e definitiva. Oggi è previsto un nuovo incontro tra l’azienda e i sindacati. La stessa Rsu di stabilimento ieri è stata convocata per un primo confronto, ancora però interlocutorio. Le voci sulla possibile chiusura si sono rincorse per diverse ore, senza tuttavia che ci fosse l’ufficialità. In tarda serata l’azienda, ancora alle prese con valutazioni e approfondimenti, si è limitata a rinviare decisioni ed eventuali dichiarazioni. Tutto è scaturito nella mattinata, quando i carabinieri del Noe si sono presentati in cantiere e hanno proceduto ad apporre i sigilli e a notificare le sette denunce, con gli indagati in stato di libertà. La contestazione ipotizzata dal Tribunale di Gorizia è quella di gestione illecita di rifiuti, in violazione dell’articolo 256 del decreto legislativo 152/2006. Si tratta cioè di rifiuti gestiti in assenza della relativa prescrizione autorizzativa. L’operazione messa in atto dagli uomini del Noe è scattata verso le 9 ed è proseguita per l’intera mattinata. In particolare, i carabinieri “ecologici” hanno posto sotto sequestro l’area adibita a selezione e cernita dei rifiuti derivanti dagli scarti di lavorazione delle navi passeggeri, nonchè altre tre aree destinate alle operazioni di stoccaggio dei materiali. Si parla quindi anche del reparto sabbiature. Aree piuttosto estese e tali da pregiudicare il regolare processo produttivo. L’azione dei Noe fa riferimento, secondo quanto si è potuto apprendere, a un’indagine partita lo scorso anno e culminata in una sentenza, emessa dalla Corte di Cassazione, rinviata allo stesso Tribunale di Gorizia, che ha quindi proceduto con l’intervento nello stabilimento di Panzano. Il ricorso in Cassazione era stato promosso dal pubblico ministero che, all’epoca dell’inchiesta, aveva impugnato la decisione del giudice per le indagini preliminari, il quale non aveva dato corso invece al sequestro. La Cassazione, quindi, rinviando al Tribunale goriziano la sua decisione, una sentenza peraltro già pubblicata sui siti e sulle riviste specializzate, ha portato all’emanazione dell’ordinanza in questione. Quella di ieri è stata una mattinata incalzante, con le prime indiscrezioni che via, via trapelavano sulla “visita” dei carabinieri del Nucleo operativo ecologico di Udine. Nel pomeriggio l’azienda ha convocato la Rappresentanza sindacale unitaria di stabilimento, prospettando la delicata situazione, pur senza entrare nei dettagli, e riservandosi di approfondire i contenuti dell’ordinanza del Tribunale, anche avvalendosi della consulenza dell’ufficio legale. Tutto è rimasto in stand-by, di fronte a un provvedimento giudiziario pesante, tanto da prospettare conseguenze operative immediate nell’ambito dell’attività lavorativa. Il sequestro delle aree destinate alla cernita e allo stoccaggio dei rifiuti ha comportato la necessità di valutare una soluzione nella gestione di questi rifiuti, nell’ambito delle disposizioni di legge, e a verificare le vie migliori da seguire. Così come, soprattutto, si sono dovuto analizzare le conseguenze in ordine all’operatività dello stabilimento e alla gestione dell’attività lavorativa, anche per la giornata odierna.

Laura Borsani

 

 

Livelli di ozono oltre i limiti fino a giovedì - Il Comune alza il livello di attenzione
Il verdetto delle previsioni meteo è quantomai impietoso: almeno fino a giovedì Trieste sarà avvolta da una cappa di calore e umidità che, oltre a guastare i piani di chi sperava di godersi giornate di sole pieno, farà aumentare anche i livelli di inquinamento atmosferico. Lo rende noto il Comune, in linea con quanto previsto dal Piano di azione comunale in relazione al contenimento degli effetti delle alte concentrazioni di ozono nell’atmosfera. «Si comunica - scrive il Comune - che, a partire da domani (oggi ndr) e fino a giovedì compreso, si verificherà nel territorio comunale di Trieste il superamento della soglia di attenzione (120 microgr/mc) di ozono atmosferico. Si invita pertanto la cittadinanza, e in particolare le fasce più sensibili della popolazione, ad adottare adeguate precauzioni per limitare l'esposizione a detto inquinante, con le modalità indicate dall’Azienda Sanitaria).

 

 

Comuni - Piano urbanistico all’esame dell’Anci

Torna a riunirsi domani nella sede di Udine il consiglio direttivo dell’Anci. Al centro dei lavori, a cui parteciperà anche l’assessore alla Pianificazione territoriale, lo schema di disegno di legge “Disposizioni in materia di varianti urbanistiche di livello comunale e consumo di suolo».

 

 

Territorio - Legambiente incalza sul Piano faunistico

Legambiente, assieme a Lac e Lipu, accolgono con favore l’accelerazione impressa dalla Regione all’approvazione del Piano faunistico. «Uno strumento - osservano le associazioni ambientaliste - atteso da 23 anni. Questo traguardo però, di per sè, non basta: vogliamo essere sicuri che gli annunciati vincoli si traducano in effettive forme di tutela del patrimonio».

 

 

Campo Sacro - Musica e workshop a “Trieste On Sight”
SGONICO - Tre giorni di socializzazione e aggregazione, con musica, teatro, workshop, sport, ristorazione, mostre, libri e installazioni.

Anche quest’anno dal 3 al 5 luglio all’Ostello di Campo Sacro si ripete “Trieste On Sight”, iniziativa promossa da Arci Servizio Civile del Fvg in coorganizzazione con Comune di Trieste e patrocinio di Regione, Provincia e Comune di Sgonico. Giunta alla terza edizione, è una manifestazione dove i giovani si mettono in gioco e collaborano con istituzioni e terzo settore, arricchendo le conoscenze e scambiando idee, creatività, spirito solidale. Il “Villaggio” di “Trieste On Sight” realizzato con le 19 associazioni aderenti offrirà tre intense giornate di incontri, informazione e musica non stop, con possibilità di pernottare in ostello o in campeggio. Particolarmente ricco il programma musicale con Drunken Sailors (folk piratesco irlandese e americano) e Tiresia’s Folk Bunch (musiche dei Modena City Ramblers e tanto altro) venerdì, Jari in Jarci (’50 oldies) e 3 Prašicki – 3 Porcellini (AlpenRock) sabato e Blue Krass (country acustico) e Kraški Ovcarji (balkan rock) domenica. Durante tutto il giorno saranno allestiti uno spazio libri, punti informativi sul servizio civile, due punti ristorazione (cucina serba e senegalese) e servizio bar. «È un importante momento di confronto - spiega Giuliano Gelci, presidente di Arci Servizio Civile del Fvg - aperto a tutti e in particolare ai giovani: sia i 60 ragazzi che iniziano il percorso con Arci Servizio civile che quanti in futuro intendono provare quest'esperienza. Il programma è fatto per i giovani, con musica di livello e il coinvolgimento della locale comunità slovena. Particolarmente interessanti si preannunciano i dibattiti su temi come la cultura della pace, affrontata proprio nel centenario dell'inizio della Grande guerra, l'immigrazione e l'associazionismo, cioè lo stare assieme e fare associazione, argomento che interessa particolarmente i giovani». «Ritengo che il programma sia veramente attrattivo nei contenuti e ricco di proposte esperienziali molto positive – ha concluso il sindaco di Sgonico, Monica Hrovatin - e auspico che raccolga molta partecipazione giovanile proveniente da tutto il territorio provinciale».

(g.t.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 29 giugno 2015

 

 

VIA ROSSETTI - L’ex caserma “violata” da vandali e balordi

Bivacchi di fortuna e saccheggi continui nell’enorme complesso di via Rossetti, in completo stato di abbandonato da anni
le tracce degli “ospiti” Ovunque si vedono avanzi di cibo, sedie sgangherate e rifiuti lasciati da chi ha scavalcato indisturbato i cancelli all’ingresso
Violate, danneggiate e con gran probabilità pure saccheggiate. Quasi tutte le palazzine che fanno parte del comprensorio della caserma San Giusto, in via Rossetti, mostrano segni evidenti dell’intrusione di vandali. Portoni completamente aperti, finestre rotte, in qualche caso infissi divelti e segni che all’interno c’è chi si è mosso indisturbato, imbrattando le pareti e portando via quello che ancora restava nelle stanze. Al di là del muro si notano anche segni di bivacchi, bottiglie, avanzi di cibo, sedie e rifiuti. I segni di vandalismo iniziano fin dall’ingresso, dove nella guardiola di sicurezza, osservando dal vetro che la separa dalla strada, si vede la porta forzata, con la maniglia distrutta, dentro tutti gli armadi sono stati aperti. Sotto una spessa coltre di sporcizia spunta un vecchio monitor, un telefono e il quadro di comandi che serviva ad azionare i portoni e altri dispositivi automatici. Qualche metro più su le scale che portavano alla palazzina principale sono state completamente inghiottite dalla vegetazione, mentre la porta dell’edificio, a destra, è stata sfondata ed è tuttora spalancata. Anche al piano superiore alcune finestre sono aperte. Basta girare l’angolo, e salire su via Mameli, che un altro edificio, il cui ingresso è a una decina di metri dalla strada, è stato forzato. Poco è servito il catenaccio che spranga il cancello e il cartello di divieto di ingresso, la porta è aperta e mostra all’interno le scale che conducono ai piani superiori, che qualcuno evidentemente ha già perlustrato. Si percorrono pochi metri sempre su via Mameli ed ecco un altro edificio, dove sono evidenti le visite all’interno, non solo vetri rotti, ma in qualche caso anche i serramenti completamente staccati e depositati in parte sulla stessa finestra. Sempre su via Mameli alcuni buchi alla vegetazione, nelle parti dove il muro di cinta è più basso, svelano i passaggi utilizzati probabilmente dalle persone che si sono introdotte all’interno. Proseguendo lungo il perimetro dell’ampia area si arriva su via dell’Eremo e lo spettacolo è ancora più desolante. Anche i palazzi situati in questa zona, ben più alti e imponenti, sono stati meta di visitatori indesiderati, mentre da un cancello si nota anche qui una sorta di foresta intricata, alberi e cespugli che hanno divorato la pavimentazione, con radici che spuntano dal cemento e segni di immondizie gettate all’interno. Completando il giro si ritorna su via Rossetti e la caserma già in passato occupata abusivamente e poi liberata, è in uno stato di degrado che si è ancora aggravato. Nuove finestre distrutte e all’ultimo piano i saloni con le grandi vetrate sulla strada presentano ulteriori scritte, dipinte dall’interno. Tornando verso l’ingresso principale si possono vedere, subito oltre il grande cancello in ferro, sedie rotte, bottiglie, lattine, avanzi di cibo e bombolette spray, utilizzate per imbrattare la vicina palazzina, dove cominciano a cadere anche le lettere della scritta soprastante. Gli ultimi a notare qualcosa di sospetto erano stati alcuni studenti dei vicini licei Petrarca e Galilei, che avevano visto proprio da via Mameli un via vai sospetto, in quell’edifico che all’inizio della via mostra il portone ormai da settimane accessibile. «Non erano ragazzi, entrati magari per una bravata, ma persone adulte - raccontano - che in tutta fretta sono sgattaiolate dentro. Sinceramente pensavamo tutti che la zona fosse videosorvegliata». «Potevano riutilizzare le caserme subito o almeno controllarle - aggiunge sconsolato un residente - in queste condizioni chissà quanti lavori bisognerà fare dentro e fuori. Sono ridotte a un colabrodo».

Micol Brusaferro

 

 

TripAdvisor premia il Museo ferroviario - Ma i volontari che lo curano si lamentano: «Le autorità ci ignorano, la struttura è in pericolo»
Per il secondo anno consecutivo, il Museo ferroviario di Campo Marzio conquista il certificato di eccellenza firmato TripAdvisor, portale web che pubblica le recensioni degli utenti sulle attrazioni turistiche di tutto il globo.

Se – come riportato nei giorni scorsi dal Piccolo - il turismo a Trieste è in crescita, il merito è anche delle meraviglie contenute nel Museo ferroviario. Secondo la graduatoria di TripAdvisor, infatti, il luogo della memoria collocato al termine delle Rive si classifica 20° fra i poli turistici più visitati della città, davanti a siti del calibro del Museo del mare e del “Diego de Henriquez”. Vagoni passeggeri, locomotive, divise, fotografie, mappe e diorami: il patrimonio messo assieme dai volontari di Campo Marzio – che pagano l’affitto dell’edificio di tasca loro - è inestimabile. Per visitare la stazione inaugurata da Francesco Ferdinando, salgono fin dalla Sicilia e da Roma turisti con la febbre della storia ferroviaria. Altri, invece, arrivano dalla Germania, dall’Austria e dalla Slovenia. «L’affluenza del pubblico è in grande aumento, ma le autorità ci ignorano», lamenta Giorgio Grisilla, uno dei fondatori. Già, l’ennesimo successo di uno dei più prestigiosi musei ferroviari d’Europa è accompagnato da una cortina di silenzio riguardo al suo futuro. Comune, Provincia, Regione e Ferrovie dello Stato (proprietarie dell’edificio) tacciono. «Vorrei sbagliare – dice Roberto Carollo, capo dei volontari – ma credo che le Ferrovie abbiano un atteggiamento ostile, perché, per due volte (nel 2003 e nel 2006, per l’esattezza, ndr.) abbiamo, di fatto, impedito la vendita dell’edificio e, quindi, la sua probabile demolizione». Risultato? Il 2013 ha visto la nascita della Fondazione Fs italiane, il cui obiettivo è preservare la memoria storica delle Ferrovie. «Campo Marzio – racconta Carollo – non è nemmeno preso in considerazione». Nel 2014, invece, le Ferrovie dello Stato hanno dichiarato che 41 fabbricati ferroviari del Friuli Venezia Giulia possono essere dati in comodato d’uso gratuito a un ente pubblico interessato. La stazione triestina del “secolo breve” però non è nella lista.

Igor Buric

 

 

Tassisti favorevoli alla riapertura di via Mazzini - la proposta di trieste popolare
Appoggio dei tassisti e di Fareambiente alla proposta del consigliere comunale Paolo Rovis di sperimentare il ripristino delle linee bus e dei taxi in via Mazzini, ma in un unico senso di marcia: da piazza Goldoni alle Rive.

«La riteniamo una proposta sensata - valuta Antonio Chersi, rappresentante regionale di Confcommercio per i servizi Taxi - che andrebbe incontro alle esigenze dell'amministrazione comunale di realizzare in via Mazzini un salottino della città, a quelle di alcuni commercianti penalizzati dall'assenza delle fermate degli autobus e a quelle del traffico che in questo modo verrebbe distribuito con maggior raziocinio. Penso sia giusto provare un sistema diverso e poi valutare», conclude Chersi. La proposta di Rovis, secondo i tassisti, «permetterebbe all'amministrazione comunale, visto l'utilizzo di un'unica carreggiata, - spiegano i rappresentanti della categoria - di realizzare dei marciapiedi più ampi dove far sistemare i tavolini dei bar e di consentire un alleggerimento del traffico più pesante che ora sta transitando su via Valdirivo». La proposta, che prevede il mantenimento di un senso unico di marcia su Corso Italia, raccoglie anche il consenso di Fareambiente: «È sicuramente più sostenibile della sperimentazione attuale, - sostiene Giorgio Cecco, coordinatore di Fareambiente - auspichiamo che l’amministrazione comunale avvii una vera pedonalizzazione di tutta l'area oppure lasci aperta la strada ai mezzi pubblici. Via Mazzini e Corso Italia - aggiunge Cecco - sono la punta di diamante di un sistema di viabilità e di una rete di trasporto collettivo che andrebbero rivisti. Crediamo che le opzioni siano due: o la pedonalizzazione integrale del Borgo Teresiano e del Borgo Giuseppino, con una radicale modifica al trasporto pubblico integrato magari con un sistema elettrico, oppure il ripristino della situazione precedente, eventualmente con la variante di Corso Italia proposta dal consigliere Rovis».

(l.t.)

 

 

Conferenza inquinamento invisibile Come difendersi

L’inquinamento invisibile è il tema dell’incontro in programma stasera alle 20 all’hotel Villa Nazareth in via dell'Istria, 69. Relatore sarà Roberto Lizzi, esperto in elettro-smog artificiale e naturale. Si potranno apprendere tecniche utili alla propria protezione.

 

Presentazione “Trieste on sight” tre giorni per i giovani

Domani alle 11, nella sala Giunta Muncipale, si terrà la conferenza stampa di presentazione di “Trieste on sight 2015”, la tre giorni rivolta ai giovani, che si svolgerà dal 3 al 5 luglio, promossa dall'Arci Servizio civile in coorganizzazione con l'Area Educazione del Comune. Interverranno l'assessore all'Educazione Antonella Grim e rappresentanti dell'Arci.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 28 giugno 2015

 

 

Il Pd: «Svolta sul Porto - Addio immobilismo» - Il sì romano al PIANO REGOLATORE

Una svolta storica. Il Pd non ha dubbi e, all’indomani del via libera romano al nuovo piano regolatore generale del Porto di Trieste, in grado di sbloccare quasi un miliardo di investimenti, canta vittoria.

«Attendevamo da anni questa risposta. Questo risultato - afferma il segretario provinciale Nerio Nesladek - ci riempie di soddisfazione ed è la dimostrazione dell’ottimo lavoro svolto dal sindaco Roberto Cosolini, dalle nostre amministrazioni, dalla Regione e dai nostri parlamentari. Dopo la sdemanializzazione portiamo a casa il Piano regolatore che sblocca un miliardo di investimenti sul porto e che, con la nomina del commissario D’Agostino, consentirà la crescita armonica del nostro scalo». Il Pd triestino ricorda inoltre che il piano regolatore, durante gli anni dell’Authority targata Marina Monassi, «era rimasto inspiegabilmente bloccato nei cassetti ministeriali per cinque lunghi anni»: «L’approvazione in commissione Via-Vas rappresenta un nuovo inizio per Trieste. E Trieste se lo merita». Dà man forte il senatore del Pd Francesco Russo parlando di «una grande vittoria non solo per chi lavora quotidianamente all’interno della nostra realtà portuale ma per tutta la città». E spiega: «Il piano regolatore è uno dei tasselli che, assieme alla riqualificazione di Porto Vecchio, sarà decisivo per far compiere a Trieste un salto di qualità importante nei prossimi anni». Il senatore spiega che il risultato non è stato semplice da raggiungere ma rivendica «la determinazione, la volontà e la caparbietà dei tanti attori in gioco: dal presidente dell’Authority Zeno D’Agostino al Comune, dalla Regione ai parlamentari triestini e ai governi del centrosinistra che hanno sempre mostrato grande attenzione e considerazione per il scalo». Russo sostiene che il risultato raggiunto «è la dimostrazione che il gioco di squadra tra istituzioni porta i suoi frutti. Ho sentito, negli anni, tante voci critiche a fronte degli impegni che, insieme al sindaco Cosolini e alla presidente Serracchiani ci eravamo presi nei confronti di Trieste e del suo porto: questo risultato è la dimostrazione concreta che avevamo ragione noi. E assieme alla sdemanializzazione di Porto Vecchio, sancisce definitivamente la fine di quell’immobilismo che ha fatto perdere a questa città troppe opportunità di sviluppo negli ultimi vent’anni».

 

 

Emergenza cinghiali - La Provincia lancia l’sos
Dolenc, incalzato dal Pdl, chiama in causa Regione e Distretto venatorio del Carso «La pianificazione della fauna selvatica sul territorio è un loro compito»
TRIESTE La “questione cinghiali” approda in Consiglio provinciale. A portarcela è il Pdl che, con il capogruppo Claudio Grizon, chiede conto dei gravi episodi che si sono verificati di recente all’amministrazione di Palazzo Galatti. Ma proprio l’amministrazione non ci sta a essere messa sul banco degli imputati e, con il vicepresidente e assessore competente Igor Dolenc, chiarisce che non è la Provincia l’ente chiamato in prima istanza alla gestione e alla pianificazione della fauna selvatica sul territorio: sono altri gli enti e i soggetti, ovvero le Riserve, il Distretto venatario del Carso e la Regione, a doversene far carico. Prova ne siano le sentenze che hanno attribuito in questi anni ben precise responsabilità per i danni causati dalla fauna selvatica. Nel dettaglio, incalzato da Grizon, Dolenc precisa che «i compiti di pianificazione della fauna selvatica in Friuli Venezia Giulia competono alle Riserve di caccia, che fanno capo al Distretto venatorio del Carso, e alla Regione per quanto riguarda la legislazione in materia. In capo alla Provincia rimangono le competenze in ordine alle attività straordinarie di controllo della fauna selvatica e quelle di “prevenzione e indennizzo dei danni arrecati dalla fauna selvatica all’agricoltura, al patrimonio zootecnico, ai veicoli e altri danni arrecati alle opere approntate sui terreni coltivati e a pascolo, non altrimenti indennizzabili o risarcibili, nella misura massima dell’80% del danno stimato o accertato, che fanno capo al Fondo per il miglioramento ambientale e per la copertura rischi messo a disposizione e ripartito dalla Regione”». Il vicepresidente, per evidenziare poi l’estrema attenzione che l’ente guidato da Maria Teresa Bassa Poropat dedica a un problema che si è molto acuito negli ultimi mesi per la presenza sempre più massiccia di cinghiali in molte zone della città, ricorda anche che «la Provincia ha chiesto che, nel Piano faunistico regionale, in via di approvazione, siano previsti i provvedimenti necessari affinché nelle zone della periferia triestina gli obiettivi gestionali della specie cinghiale non siano più quelli di mantenimento e incremento, ma di eradicazione, con densità zero». Passando poi nello specifico al fatto avvenuto a Longera, dove un anziano è stato ferito da un cinghiale e il suo cane ammazzato, Dolenc precisa che «i rischi derivanti dalla presenza in aree urbane di cinghiali sono la motivazione per cui la Provincia ha da anni chiesto e ottenuto dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) la possibilità di attivare le procedure straordinarie ed eccezionali previste dalla legge 157 del ’92. La situazione di emergenza è evidenziata anche dal fatto che l’Ispra ha autorizzato la deroga all’amministrazione provinciale fino al 31 dicembre 2016». In sostanza, le norme affidano all’organo di vigilanza faunistico venatoria, nello specifico alla Polizia ambientale territoriale della Provincia, i compiti di intervento nelle aree precluse alla caccia. Così si sono potuti abbattere dal 2009 fino a oggi 580 cinghiali nella zona della periferia di Trieste. Nel dettaglio dal 2013 sono stati abbattuti oltre 350 capi e nel corrente anno gli abbattimenti effettuati dagli agenti risultano essere 76 di cui negli ultimi trenta giorni ben 28.

Ugo Salvini

 

“Sito natura 2000” della laguna gradese - Procedura di valutazione ambientale al via
La giunta regionale del Friuli Venezia Giulia, su proposta dell’assessore alle Infrastrutture Mariagrazia Santoro (foto) di concerto con l’assessore all’Ambiente Sara Vito, ha approvato l’avvio della procedura di Valutazione ambientale strategica (Vas) per il Piano di gestione del Sito Natura 2000 della laguna di Grado e Marano.

La procedura di Vas consentirà di accertare la coerenza del Piano con gli obiettivi di tutela e conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche, come previsto dalle direttive comunitarie che istituiscono la Rete ecologica europea e ai sensi delle direttive europee Habitat e Uccelli nelle zone di protezione speciale. «È un passaggio fondamentale per una gestione sostenibile di tutte le attività antropiche in Laguna - hanno confermato gli assessori Santoro e Vito - che costituisce anche una premessa ambientale imprescindibile per la futura programmazione degli interventi di dragaggio».

 

 

AMBIENTE - Inquinamento invisibile

Confronto a Trieste Domani alle 20, all’Hotel Villa Nazareth di via dell’Istria 6, ci sarà una conferenza sull’inquinamento invisibile. Il relatore sarà Roberto Lizzi, esperto in elettrosmog artificiale e naturale, e la sua conferenza avrà un taglio pratico finalizzato ad apprendere tecniche utili alla propria protezione. Ingresso libero.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 27 giugno 2015

 

 

Sì di Roma al piano regolatore del Porto

Dopo sette anni arriva l’approvazione del ministero dell’Ambiente. Sbloccati investimenti per quasi un miliardo di euro
Manca solo l’emissione del decreto per rendere operativo lo strumento urbanistico

IL NUOVO PIANO REGOLATORE DEL PORTO DI TRIESTE
Il porto di Trieste ha il nuovo Piano regolatore. Quello che era il principale ostacolo al suo sviluppo è stato abbattuto ieri con la comunicazione al commissario dell’Authority Zeno D’Agostino che la commissione di Valutazione di impatto ambientale e Valutazione ambientale strategica del ministero dell’Ambiente ha dato la propria approvazione allo strumento pianificatorio dello scalo triestino, dopo aver acquisito anche i pareri del Ministero per i Beni culturali e del governo sloveno. Si trattava dell’ultimo nulla osta romano ansiosamente atteso da tempo infinito: adesso l’emissione del decreto sarà un atto rapido e puramente formale. «La Commissione Via-Vas del ministero dell’Ambiente, riunita in seduta plenaria - afferma in una nota l’Authority - ha esaminato questa mattina (ieri mattina, nrd) il Piano regolatore portuale dello scalo giuliano. E l’ha licenziato con parere favorevole all’unanimità. Si resta in attesa che il parere espresso dalla commissione Via-Vas sia recepito nel decreto di Via che sarà firmato dal ministro dell’Ambiente di concerto con il ministro dei Beni Culturali. Anche la Repubblica di Slovenia, nell’ambito della procedura di consultazione sugli impatti transfrontalieri, ha espresso il proprio parere favorevole sul nuovo Piano regolatore del porto». Termina così una storia quasi angosciosa che si è protratta per sette anni dal momento che il Piano è stato redatto nel lontano 2008 sotto la presidenza di Claudio Boniciolli e ha avuto il voto favorevole del Comitato portuale il 19 maggio 2009 dopo aver ottenuto le necessarie intese con i Comuni interessati, cioé quelli di Trieste e di Muggia. Il Piano, che risultava così adottato, è stato trasmesso al Consiglio superiore dei Lavori pubblici che ha dato il suo assenso il 21 maggio 2010 dopo una serie di integrazioni e chiarimenti richiesti all’Autorità portuale. Da allora, e in particolare per tutto il mandato di Marina Monassi, nonostante il succedersi di diversi governi nazionali, il Piano è finito in letargo per oltre cinque lunghissimi anni: gran parte delle cause di questo sonno restano tuttora avvolte nel mistero. Difficile che a bloccarlo sia stato il progetto del rigassificatore di Zaule dato che quella pratica risulta ancora aperta. Cade comunque ora quella che lo stesso commissario Zeno D’Agostino subito dopo il proprio insediamento alla Torre del Lloyd aveva indicato come la seconda barriera che si opponeva allo sviluppo dello scalo bloccando investimenti già programmati per quasi un miliardo di euro. Il primo ostacolo, la procedura di preinfrazione aperta dall’Unione europea sulle megaconcessioni a Trieste marine terminal per il Molo Settimo, alla Siot per il terminal marino dell’oleodotto e a Teseco per il terminal traghetti, era già stato eliminato ad aprile con la chiusura del fascicolo e l’accertata regolarità delle concessioni stesse. Il Piano regolatore sblocca la possibilità di procedere con tutti gli stralci di ampliamento del Molo Settimo per i quali il proprietario di Tmt Pierluigi Maneschi ha già pianificato un maxi-investimento di 188 milioni di euro tra infrastrutture ed equipment. Al termine, sul lato Sud della banchina che verrà allungata e allargata, potranno essere ospitate contemporaneamente due navi di ultima generazione. Ma il nuovo Piano permetterà anche un’operazione di tombamento tra i Moli Quinto e Sesto con la creazione di un nuovo terminal multipurpose e l’allungamento del Molo Bersaglieri della Stazione marittima per permettere l’ancoraggio in sicurezza della maxinavi da crociera che ora è possibile solo grazie alla recente installazione di un dolphin (bricola) provvisorio. Sul versante Sud del porto, cause giudiziarie permettendo, via libera al nuovo terminal traghetti all’ex Aquila progettato da Teseco con un investimento di 90 milioni di euro. Per la Piattaforma logistica (tra lo Scalo Legnami e la Ferriera di Servola) i lavori del primo stralcio (valore di 132 milioni) sono potuti partire comunque, ma da essa dovrebbe stagliarsi l’ultima opera compresa nel nuovo Piano regolatore e cioé quel Molo Ottavo per il quale però, caso unico tra le infrastrutture pianificate, dovrà essere fatta una nuova procedura Via-Vas. Il 30 aprile scorso la giunta regionale aveva espresso parere favorevole nella procedura integrata di Via-Vas con una serie di prescrizioni che prevedono interventi di miglioramento ambientale e la realizzazione di aree verdi pari «ad almeno il 10% delle aree a terra attualmente ricomprese all’interno del limite di competenza portuale verificando la possibilità di introdurne anche all’interno delle aree attualmente edificate». Tra l’altro è stata prescritta la realizzazione di una pista ciclabile sul lato mare delle Rive triestine.

Silvio Maranzana

 

L’Authority: «E ora attireremo investitori»
La governatrice Serracchiani: «Svolta decisiva per lo sviluppo». Cosolini: «Smentiti i pessimisti»
«Dire che sono felicissimo è dire poco». Questo il primo commento del commissario dell’Autorità portuale Zeno D’Agostino alla notizia dell’approvazione da parte del Commissione Via-Vas del Ministero dell’Ambiente del Piano regolatore del porto di Trieste. «Siamo uno dei pochissimi porti in Italia che si sono visti approvare il Piano in questi anni (Livorno tra i più recenti, ndr.) - gongola D’Agostino - ora siamo in grado di preparare il futuro del porto, anche valutando attentamente però le infrastrutture che in prospettiva il mercato riterrà indispensabili o meno». E nell’ambito della nota emessa più tardi dall’Authority, il commissario sottolinea che «lo scalo triestino ora può voltare pagina. L’ultimo Piano regolatore portuale risaliva al 1957. Finalmente dopo 58 anni, il porto di Trieste potrà disporre di un piano di sviluppo che definisce l’espansione e la razionalizzazione delle aree di quello che sarà il porto del futuro, il porto commerciale e industriale su cui attrarre nuovi investimenti». «Con in mano il nuovo Piano regolatore, che sarà approvato tra poche settimane, andremo a Shanghai dai cinesi e troveremo investitori forti per il porto di Trieste», aveva annunciato recentemente lo stesso D’Agostino. In effetti ora la Torre del Lloyd si trova opportunamente corazzata e armata e con la possibilità di andare a proporsi ai maggiori players internazionali di vari settori logistico-commerciali. Ma lo stesso Piano potrebbe anche mettere fuori gioco il rigassificatore «perché l’impianto e il metanodotto - aveva spiegato il commissario - creerebbero problemi insormontabili a causa della nuova area di evoluzione delle navi e dell'impossibilità di effettuare dragaggi: ciò causerebbe la fuga degli imprenditori e l'impossibilità di mettere in pratica il Piano regolatore stesso». E la soddisfazione ieri si è estesa ben presto anche ai palazzi di piazza Unità. «Il passaggio di oggi - ha dichiarato la governatrice Debora Serracchiani - rappresenta una svolta decisiva, per la quale la Regione si è impegnata con grande determinazione, sul piano dell'espletamento della parte tecnica di sua competenza e sul piano più politico». Per Serracchiani «siamo di fronte a passaggi fondamentali per lo sviluppo futuro dello scalo di Trieste, sul cui rilancio abbiamo cominciato a lavorare fin dall'inizio della legislatura, con grande fiducia nelle potenzialità strategiche di questa infrastruttura. Stiamo portando a casa i primi risultati sostanziali». «Un ottimo risultato, una notizia lungamente attesa con ansia - ha commentato il sindaco Roberto Cosolini - in giro c’erano tanti pessimisti pronti a giurare che l’approvazione comunque non sarebbe arrivata a breve. Ma sono stati smentiti grazie al lavoro di squadra tra le istituzioni che è stato svolto, e soprattutto in virtù della spinta data dal commissario D’Agostino. Un incubo che finisce, ma anche un felice e lungo passo avanti ora non soltanto per il porto, ma per l’intera città di Trieste».

(s.m.)

 

 

TURISMO - Progetto Home Fvg di mobilità sostenibile

La Regione parteciperà come partner progettuale, al progetto «Home-Hospitability in Multicultural Europe», che verrà presentato sul programma della Commissione Europea Cosme. Lo ha deciso la giunta regionale su proposta dell’assessore alle Infrastrutture e Mobilità Mariagrazia Santoro.

 

 

SANTA CROCE E CANOVELLA - Visita guidata “Trek and Sea” con Legambiente

Legambiente, con il circolo Verdeazzurro di Trieste, organizza domani “Trek & Sea”: visita guidata tra costa e mondo sommerso da Santa Croce a Canovella. La durata è di quattro ore circa con pranzo al sacco. Ritrovo in piazza Oberdan alle 9. Per la parte a terra si consiglia di indossare scarpe chiuse da trekking ed eventuali bastoncini e per il seawatching di portare muta (se fa freddo), pinne, maschera e boccaglio. A disposizione, purché prenotate in anticipo, sei maschere e boccagli. Costo gratuito per gli under 12. Per prenotazioni telefonare allo 040 9890553 o al 336 3430369.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 26 giugno 2015

 

 

Arriva il “piano regolatore” per i contenitori culturali

Tassinari in Commissione: «Entro luglio affideremo un incarico per uno studio» - Al nodo dell’ex Pescheria si sommano quelli del Porto Vecchio e via Cumano
«I musei non nascono sotto i cavolfiori». La battuta di Paolo Tassinari, assessore alla Cultura, è risuonata ieri mattina nel corso della riunione della V commissione convocata, su richiesta del consigliere Paolo Rovis (Trieste Popolare) per mettere ordine tra i “contenitori culturali” del Comune di Trieste attraverso la predisposizione di “un piano strategico per il loro utilizzo”. «Tema molto ampio» esordisce Tassinari. «Vasto programma» avrebbe detto il generale De Gaulle. Un vero e proprio “piano regolatore dei musei” secondo Rovis. Sul tema si era applicato anche l’assessore precedente, Franco Miracco, annunciando al suo insediamento una riforma dei musei che non è rimasta neppure sulla carta. «Un sistema da rivoltare come un calzino e ripensare dalla fondamenta» aveva annunciato nel 2013 in una riunione di commissione come quella di ieri. Ma della rivoluzione non c’è traccia. Tanto che ieri Tassinari ha rivelato che, a neppure un anno dal voto, che l’amministrazione affiderà entro luglio un incarico a un operatore specializzato per uno studio preciso sui musei triestini. «Abbiamo avviato dei contatti con delle istituzioni di alto livello. Sarà uno studio allargato anche alle situazione potenziali, non solo a quelle in essere» spiega Tassinari agganciandosi al tema dei contenitori culturali. Anche perchè nel frattempo la situazione si è ulteriormente complicata. «Abbiamo aperto due musei in due anni (il de Henriquez e quello della Civiltà istriana, ndr)» spiega l’assessore anche se, come ricordato da Piero Camber (Forza Italia), la gestazione è stata più che decennale per entrambi. Da qui la massima: «I musei non nascono sotto i cavolfiori». Il riordino dei musei non sarà facile. Un progetto culturale ancora non c’è ed è tutto da costruire. L’amministrazione si è complicata la vita prima con la creazione del polo di via Cumano dove c’è il de Henriquez (partirà a breve il cantiere per il suo ampliamento) e dove è stato traslocato, ancora in era Dipiazza, il Museo di Storia naturale («Ora che c’è va potenziato, ma se non si faceva quella scelta era meglio» ammette l’assessore ai Lavori pubblici Andrea Dapretto). A ciò si aggiungono i contenitori culturali che pioveranno addosso al Comune dalla sdemanializzazione del Porto Vecchio (da quelli già pronti come la Centrale idrodinamica, la Sottostazione elettrica, il Magazzino 26 e Magazzino delle Idee in concessione alla Provincia a quelli potenziali per i quali i costi di recupero si annunciano impraticabili) che si sommano a quelli tuttora indefiniti (Palazzo Carciotti in fase di svuotamento, Palazzo Biserini legato ai fondi Pisus, l’ex Pescheria in cerca di libri e l’ex Meccanografico prenotato per l’Immaginario scientifico). Un bel rebus, insomma. Col rischio di creare delle cattedrali nel deserto in Porto Vecchio (come paventa Giovanni Barbo, consigliere del Pd). «Non faremo accorpamenti di musei» assicura Tassinari rassicurato il destino del Museo di Storia Orientale che qualcuno voleva impacchettare con destinazione San Giusto. Tra le cose concrete si apprende che è in via di ridefinizione al convenzione col museo ferroviario di Campo Marzio e che è in corso il riallestimento il Museo della Risiera di San Sabba. «Non è che tutti i contenitori vuoti siano per forza contenitori culturali» mette le mani avanti l’assessore Tassinari. «Quanti contenitori culturali può reggere il Comune di Trieste?» si chiede l’assessore Dapretto. La sostenibilità dei contenitori è il vero problema. Lo testimonia la vicenda dell’ex Pescheria centrale diventata un Salone degli incanti. Nel giro di un mese sarà affidato lo studio di fattibilità per riconvertire l’ex mercato del pesce «a un uso bibliotecario in senso ampio» dopo che è fallito quello di centro espositivo e mai iniziato quello di museo scientifico. Il problema della Pescheria, come ricorda Dapretto è quello di un contenitore fatto male e costato tanto (7 milioni di euro della Fondazione CrTrieste). «Un ascensore che porta al massimo cinque persone, una terrazza panoramica con un solo lavandino, un auditorium di difficile accesso e utilizzo - spiega Dapretto -. Non si riesce a fare entrare una cosa più alta di due metri e mezzo. Praticamente Cosolini e poco di più». In altre parole si riesce a far passare il sindaco che non è proprio un’opera d’arte.

Fabio Dorigo

 

 

“Controsperimentazione” in via Mazzini - Proposta del consigliere Rovis: bus nella strada pedonalizzata e in Corso Italia ma a senso unico
Una sperimentazione tira l’altra. Soprattutto se si tratta della pedonalizzazione di via Mazzini e la sperimentazione dell’amministrazione comunale che termina il 5 luglio non è stata proprio un successo. Con buona pace dell’assessore Elena Marchigiani.

Paolo Rovis, capogruppo di Trieste Popolare, lancia un’altra sperimentazione assieme ai commercianti di Corso Italia non proprio allineati alla Confcommercio locale. Di sperimentazione in sperimentazione proviamo solo con i bus in via Mazzini e Corso Italia eliminando totalmente il traffico privato. Un traffico pubblico locale a senso unico: in discesa verso le Rive in via Mazzini (da piazza Goldoni) e in risalito in Corso Italia (da piazza Tommaseo). Nell’occasione di potrebbe anche sperimentare un’unica corsia centrale per i bus lasciando gli spazi lungo ai marciapiedi per le attività dei negozianti. «Un compromesso al rialzo, una proposta di buon senso» spiega Rovis dalla sala giunta con il piglio dell’ex assessore che non ha mai smesso l’abito. E ora fa l’opposizione costruttiva. «Il mio giudizio sull’attuale sperimentazione è negativo. Non credo abbia dato i risultati che l’amministrazione si aspettava. Si è riusciti a scontentare un po’ tutti. Così faccio questa proposta di sperimentazione a costo zero visto che basta ripristinare le linee di bu preesistenti - dice Rovis - Si tratta di creare una specie di ring per il trasporto pubblico locale come avviene in molte città europee dove«le zone pedonali sono servite solo dai tram». In questo modo si riuscirebbe a riportare in via Mazzini i cittadini che prima arrivano in bus e soprattutto liberare dal pesante traffico Corso Italia. «Attualmente corso è diventato una tangenziale. Al semaforo sembra di trovarsi al casello di un’autostrada. Un pessimo biglietto da visita per un turista oltre che per chi ci lavora e vive. La situazione è diventata insostenibile. Che si aggiunge al calo di fatturato del 40% registrato da molti colleghi di via Mazzini» spiega il commerciante Pier Guido Collino, titolare di Rosini Calzature. «In Corso Italia siamo costretti a chiudere le finestre per evitare il rumore e l’inquinamento. Non si può andare avanti con tre corsie a scorrimento veloce - spiega il farmacista Simone Barich della Farmacia Al Corso -. Ho raccolto le firme per pedonalizzare Corso Italia. Questa proposta è una mediazione utile per evitare anche una dannosa guerra tra commercianti». Con buona pace, in questo caso, di Franco Rigutti, vicepresidente di Confcommercio.

(fa.do.)

 

«L’assessore spieghi i benefici della chiusura di via Mazzini»
LA LETTERA DEL GIORNO di Giuliana Bressan

Faccio riferimento al Piano del traffico, per invitare l’assessore Marchigiani a chiarire qual’è il lato positivo della chiusura di via Mazzini, per cui vale la pena sostenerla ad ogni costo. Francamente io non l’ho ancora capito, e come me credo moltissime altre persone. Forse l’assessore è sensibile più alle esigenze dei commercianti che a quelle dei cittadini, che numerosissimi, con il referendum del Piccolo, hanno bocciato il progetto. Si rende conto delle difficoltà in cui ha messo moltissime persone, autisti degli autobus, tassisti e soprattutto gli utenti delle varie linee, di cui una certa parte con problemi di deambulazione? Si sa che Trieste ha un’alta percentuale di anziani. Non ci sono più gli snodi importanti di piazza Goldoni e piazza Repubblica, che consentivano di usufruire di altre linee, senza dover fare giri viziosi come ora. E certamente alcuni negozi di via Mazzini avevano più beneficio dal passaggio degli autobus; scendendo là, un’occhiata la si dava sempre e, al bisogno, c’era il mezzo pubblico che consentiva di arrivare a casa con i pacchi. Non vedo nemmeno la necessità del passeggio al centro della via;i marciapiedi sono sufficientemente larghi e in ottime condizioni per farlo senza problemi. I soldi per la loro eliminazione potrebbero essere utilizzati piuttosto per sistemare quelli di altre strade, dove si deve fare attenzione ad evitare le buche frequenti. Tra l’altro adesso si parla anche del maggiore costo per il prolungamento del percorso degli autobus. L’assessore sostiene che attualmente tale costo viene sopportato dall’Azienda trasporti, ma poi ricadrà sul Comune. Chi ci assicura che questo aggravio prima o poi non cadrà sul prezzo delle tessere degli utenti? Un maggior costo per un servizio peggiore. Grazie, non ne abbiamo bisogno! Credo che tornare all’origine, riconoscendo l’errore di valutazione farebbe solo guadagnare all’assessore la stima dei cittadini, considerando pure che il prossimo anno si voterà per il rinnovo dell’amministrazione sindacale.

 

 

Menis boccia la Tari legata ai metri quadrati

«L’unico modo per rendere meno gravosa la tassa sui rifiuti è quello di andare verso una tariffazione puntuale del servizio: pagare in proporzione ai rifiuti prodotti e non secondo i metri quadrati dell’abitazione o dell’esercizio commerciale».

Lo sostiene Paolo Menis, portavoce del Movimento 5 Stelle in Consiglio comunale, sottolineando che «è un passaggio non semplice, certo, ma è l’unica strada per incentivare la riduzione dei rifiuti e ridurre il costo della Tari. È necessario sperimentare questa nuova modalità di applicazione della tariffa - conclude il pentastellato - almeno in alcune parti della città dove è più semplice partire con la raccolta porta a porta». Le nuove tariffe della Tari, discusse in Seconda commissione e che devono ora passare al vaglio del Consiglio comunale prevedono sostanzialmente una leggera riduzione per le utenze domestiche a fronte di un rincaro più consistente per le attività commerciali e in particolare per quelle legate al settore alimentare e alla ristorazione. Le scadenze della tassa saranno: 31 luglio, 30 settembre e 30 novembre.

 

 

AcegasApsAmga - Tappa a Santa Croce per i sabati ecologici

Torna domani l’appuntamento con i sabati ecologici, l'iniziativa itinerante promossa da AcegasApsAmga e Comune per migliorare la raccolta differenziata e contrastare il fenomeno dell'abbandono di rifiuti ingombranti. Domani il “centro di raccolta mobile” farà tappa a Santa Croce, dalle 10 alle 18, nella sede della Protezione civile.

 

 

Miramare - Col Wwf a caccia di sostenibilità
A caccia di sostenibilità dalle 9 alle 11 Info www.riservamarinamiramare.itDomani a Miramare si andrà “A caccia di sostenibilità” visitando una pedocera, o meglio, impianto di mitilicoltura, praticata nella parte costiera del golfo da metà 1800 (allora su pali infissi nel fondale, oggi su filari sommersi sostenuti da galleggianti). Nel corso di un’escursione di due ore, a bordo della motonave di un mitilicoltore con le concessioni a poca distanza dall’Area Marina, biologi del Wwf e personale degli allevamenti illustreranno le particolarità paesaggistiche e ambientali del tratto di costa e le caratteristiche tecniche di un impianto, la sua produttività e l'impatto sul mare. Proposta da Amp in collaborazione con Wwf Oasi (con partecipazione gratuita previa prenotazione, ma i posti sono esauriti), mira ad aumentare la conoscenza dell’impronta ecologica nel consumo dei prodotti del mare e il mitilo rappresenta un preciso campione di riferimento.

(g.t.)

 

 

SmartGas - Avviso a pagamento: Navi da crociera e camion da gas liquido: IL FUTURO E' ARRIVATO

Il mondo si muove mentre qui si discute ancora di rischi per la sicurezza e di fantomatici danni all'ambiente...

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - GIOVEDI', 25 giugno 2015

 

Questo rigassificatore ci serve davvero? Impossibile rispondere senza il Piano regionale energetico FVG.
Rigassificatore di Monfalcone. Serena Pellegrino (SEL): illustrate le criticità per l’habitat marino al Ministero dell’Ambiente che è competente ad emanare, di concerto con Ministero Beni culturali e Turismo, il provvedimento di compatibilità ambientale
“ Oggi il ministero dell'Ambiente ha risposto all'interrogazione che chiede di fatto come intende sovrintendere sul l'habitat naturale a seguito del progetto di un rigassificatore a Monfalcone di cui non sentiamo proprio la necessità evidenziando che senza un piano energetico regionale continuare a produrre energia, verde o nera che sia, diventa un progetto del tutto folle!”
Lo dichiara la parlamentare Serena Pellegrino, capogruppo SEL in commissione Ambiente, che ha evidenziato quest’oggi, insieme alle problematiche della carente programmazione regionale in materia energetica, anche le lacune riscontrabili nella VIA.
“ E’ fuori discussione, come ha ribadito giustamente il Ministero, che la Commissione VIA/VAS deve essere parte terza completamente avulsa dal dibattito politico. Ma ci interessa che anche il Dicastero abbia piena consapevolezza dell’impatto pesantissimo che il progetto del rigassificatore è potenzialmente in grado di produrre sull’ambiente naturale.”
“ Non risulta finora, ad esempio, descritto e quantificato nella relazione di VIA l’impatto nell’habitat marino dell’acqua utilizzata per la rigassificazione e proveniente dai cicli produttivi della cartiera Burgo. Ci rassicura il fatto che il Ministero abbia risposto ricordando la propria competenza, di concerto con il Ministero dei Beni Culturali e del Turismo, a respingere o ad adottare, eventualmente con prescrizioni, il provvedimento di compatibilità ambientale. Successivamente, anche sulla base di questo provvedimento, il inistero delle Attività produttive rilascerà l’autorizzazione alla realizzazione dell’impianto.”
“Infine – conclude Pellegrino – a fronte dello “sblocca Italia” che definisce strategici i rigassificatori, dobbiamo considerare se effettivamente ci servono: qualora tutti gli impianti autorizzati, approvati ed in progetto venissero davvero realizzati, la capacità complessiva degli stessi potrebbe raggiungere entro il 2020 una quantità di gas pari a quasi 48 miliardi di metri cubi, ben superiore alla stima di 24-32 miliardi fatta dalla Strategia energetica nazionale, che nell’incremento di capacità, però, tiene in considerazione il gasdotto Trans Adriatic Pipeline che dovrebbe approdare in provincia di Lecce.”
 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 25 giugno 2015

 

 

Tassa sui rifiuti, minisconto alle famiglie - IMPOSTE COMUNALI - LA NUOVA TARI

La giunta vara le tariffe per il 2015. Aumenti per ristoranti, bar, pizzerie, pescherie e ortofrutta. Pagamenti in tre rate
La giunta rileva che i commercianti risparmieranno sulle aree esterne
Una leggera riduzione per le utenze domestiche a fronte di un rincaro più consistente per le attività commerciali e in particolare per quelle legate al settore alimentare e alla ristorazione. È questa in estrema sintesi la fotografia della Tari, la tassa sui rifiuti, elaborata nella delibera che fissa le tariffe per il 2015 del Comune di Trieste, discussa ieri nella seduta della seconda commissione e ora attesa al vaglio del Consiglio comunale. La tassa sarà versata in tre rate, con scadenze fissate rispettivamente al 31 luglio, al 30 settembre e al 30 novembre, con saldo per gli eventuali conguagli al 30 gennaio 2016. I costi del servizio L’ammontare complessivo dei costi del servizio di gestione dei rifiuti urbani e di quelli assimilati tiene conto del Piano economico e finanziario elaborato dal gestore, nello specifico da AcegasApsAmga, che ammonta a 31 milioni e 843 mila euro (Iva inclusa), in linea con lo scorso anno, e che comprende la raccolta, il trasporto, il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti, oltre allo spazzamento e al lavaggio delle strade. A questi costi vanno aggiunti quelli a carico del Comune (2 milioni e 725 mila), per un totale di 34 milioni e 569 mila euro: importo che sarà coperto dai proventi derivanti dall’applicazione delle tariffe della Tari. Le aliquote I costi sono suddivisi tra utenze domestiche e non in base alla percentuale di ripartizione del gettito relativo al 2014. Il regolamento della Iuc (Imposta unica comunale) prevede per le utenze domestiche una riduzione pari ad un quinto dell’incremento della percentuale della raccolta differenziata registrata nell’ultimo biennio rispetto all’anno di riferimento. Dato che a Trieste la percentuale di differenziata è salita del 2,65 per cento (32,15 nel 2014 contro il 29,50 del 2013), la riduzione di un quinto è dunque pari allo 0,53 per cento. Una premialità che nei bollettini della Tari va a favore delle utenze domestiche a scapito delle attività commerciali. Le famiglie Le tariffe della Tari tengono conto di una suddivisione che non esisteva prima dell’introduzione della nuova tassa e che riguarda i costi fissi e quelli variabili, con questi ultimi che sono influenzati da vari fattori, come ad esempio il numero dei componenti del nucleo familiare. La Tari 2015 prevede per tutte le utenze domestiche un aumento di 0,2 centesimi al metro quadrato nei costi fissi, che viene però compensato da una riduzione stabilita in base al numero dei componenti alla voce costi variabili. Una riduzione che, rispetto al 2014, va da un minimo di un euro e 85 centesimi (nucleo monofamiliare) fino ad un massimo di 10 euro e 51 centesimi per famiglie con 6 o più componenti e che sale proporzionalmente: -4,33 euro per famiglie con 2 componenti, -5,56 per nuclei con 3 componenti, -6,80 per quelli con 4 componenti e -8,96 per famiglie con 5 componenti. Facciamo qualche esempio concreto: una famiglia di 2 persone che abita in un appartamento di 60 mq pagherà quest’anno una Tari di 187,54 euro (contro i 190,67 del 2014). Una famiglia di 4 persone che vive in un appartamento di 100 mq pagherà 330,37 euro (rispetto ai 335,17 dello scorso anno). Le attività commerciali Come detto c’è anche un rovescio della medaglia che si concretizza in un aggravio per le attività commerciali. A fronte di una quota variabile che rimane sostanzialmente immutata per tutti, in questo caso a fare la differenza in negativo è la quota fissa, con una serie di aumenti al metro quadrato che vanno a colpire in modo particolare le attività del settore alimentare e della ristorazione. Nello specifico, l’aumento sarà di 0,68 centesimi al metro quadrato per ristoranti, trattorie, pizzerie e pub, di 0,59 al metro quadrato per mense e birrerie e di 0,47 per bar, caffè e pasticcerie. L’aumento più elevato in assoluto è però quello che riguarda i negozi di ortofrutta, fiori e piante, pescherie e pizza al taglio, con un rincaro fissato a 0,87 centesimi al metro quadrato. A completare il quadro, c’è l’aumento fissato a 0,42 centesimi al metro quadrato per i banchi di mercato di generi alimentari e quello di 0,25 per supermercati, panetterie, macellerie e salumerie. La compensazione «Il costo della Tari 2015 presenta degli scarti minimi rispetto allo scorso anno - precisa l’assessore comunale al Bilancio Matteo Montesano -. Si tratta di differenze fisiologiche che riguardano degli elementi di aggiustamento specifici. La riduzione delle tariffe che per legge premia le utenze domestiche va a ripercuotersi inevitabilmente sulle attività commerciali anche se parliamo di aumenti che mediamente si assestano sul 2,5 per cento. Va detto però che i commercianti avranno uno sconto rispetto al 2014 sulla metratura delle aree esterne, mentre ci sarà una riduzione del 20% per lo smaltimento dei rifiuti speciali. A conti fatti, in sostanza, ci sarà anche chi si ritroverà a pagare una Tari più leggera rispetto allo scorso anno».

Pierpaolo Pitich

 

«È un’elemosina. E si bastona il commercio» - Opposizioni scatenate. Forza Italia: «Presa in giro». Trieste Popolare: «Dov’è l’annunciata riduzione?»
«La Tari è la tassa che presenta le maggiori difficoltà di riscossione per il Comune di Trieste rispetto a tutte le altre imposte». Lo ha affermato l’assessore comunale al Bilancio Matteo Montesano, nel corso della discussione in seconda commissione sulla delibera che fissa le tariffe per il 2015 della tassa sui rifiuti.

Questo a causa del mancato pagamento di una fetta dei bollettini da parte della cittadinanza, per una cifra che si assesta complessivamente sui 3 milioni di euro e che dunque non entra nelle casse municipali: in pratica si tratta di quasi il 10 per cento del dovuto. Una situazione che deriva da più fattori. «Sul mancato pagamento della Tari vanno ad incidere indubbiamente la crisi economica e le difficoltà oggettive delle famiglie - spiega Montesano -. Ma anche il fatto che non sempre la figura di chi paga l’imposta coincide con il proprietario dell’immobile: la Tari è infatti a carico di chi occupa, anche temporaneamente, l’immobile e questo comporta situazioni che variano nel tempo e dunque maggiori difficoltà nell’individuazione della titolarità della tassa». Intanto però le tariffe elaborate dal Comune per la Tari 2015 non convincono gli schieramenti di opposizione che vanno all’attacco. Ad accendere la miccia il capogruppo di Forza Italia Everest Bertoli: «Siamo di fronte a una colossale presa per i fondelli per imprese e cittadini utile solo alle casse del Comune: la giunta Cosolini aveva annunciato la riduzione della Tari per il 2016 (dopo le elezioni), ma intanto arrivano aumenti da subito per tutte le categorie economiche, soprattutto quelle legate alla ristorazione e artigianali». Per Paolo Rovis (Trieste Popolare): «La Tari non solo non viene ridotta ma mantiene l’aumento deciso due anni or sono: questo significa che la raccolta dell’umido non ha portato benefici ma soltanto costi aggiuntivi». Concetti ripresi da Carlo Grilli (Gruppo Misto) e Manuela Declich (Pdl), mentre secondo Michele Lobianco (Impegno civico) «l’annunciato taglio delle tasse dell’amministrazione Cosolini è di fatto smentito dalla delibera sulla Tari che bastona le categorie produttive e propone un’indecente elemosina nei confronti delle utenze domestiche». Per Alfredo Cannataro: «Si tratta di una tassa non equa che manca di obiettività provocando una disparità di trattamento», mentre per Alessia Rosolen (Un’Altra Trieste) «c’è un accanimento nei confronti di alcune attività economiche che vengono colpite in modo pesante dalla tassazione, alcune delle quali contribuiscono peraltro in modo determinante alla crescita della raccolta differenziata». Infine Marino Sossi (Sel), la cui voce si stacca ancora una volta dal coro della maggioranza: «Siamo di fronte a un’ingiustizia di fondo che va a penalizzare i cittadini che si comportano in modo virtuoso rispetto a quelli che non lo fanno: non si riesce a far scattare un cambiamento culturale».

(p.pit.).

 

 

Vertice urgente sui fumi della Ferriera
Cosolini e Laureni si confronteranno lunedì con il nuovo amministratore Landini. Nel mirino la crescita degli “sfornamenti”
La Ferriera e i suoi fumi ritornano nel mirino. Stavolta è il Comune ad aver chiesto e ottenuto un incontro urgente con il nuovo amministratore delegato della Siderurgica Triestina Andrea Landini. Incontro che si svolgerà lunedì e che, almeno in partenza, non sembra proprio un confronto di ordinaria amministrazione. Sul tavolo molte situazioni che imbarazzano, anche se ieri, in sede di sesta commissione, c’è voluta tutta la verve di Marino Sossi di Sel e, sull’altro fronte, di Franco Bandelli di Un’Altra Trieste per tirar fuori squarci di luce su una vicenda che sta massacrando la stessa maggioranza. Un contesto che l’assessore all’Ambiente Umberto Laureni, documentatissimo sulla vicenda e sui suoi mille risvolti, digerisce a stento. Motivo per cui, quando Sossi, che ormai si è assunto il compito ufficiale di pungolatore della giunta Cosolini, ha illustrato una mozione che documentava e chiedeva ragione delle ultime “sortite” inquinanti di Servola, col consueto, tranquillo aplomb, Laureni si è trovato assolutamente in sintonia. «Capita che la centralina della discordia, quella degli sforamenti in via San Lorenzo in Selva, scelta come emblematica dalla Procura già nel 2008 come rendicontatrice di performance, non possa essere presa in considerazione in quanto non figura tra gli impianti formali legati all’Aia» ha affermato l’assessore. E ha aggiunto: «Se la dovessi prendere in considerazione, dunque, sarei contestato dagli stessi enti di controllo. Aggiungiamoci che due delle centraline dell’Arpa sono state date in gestione direttamente ai privati dell’Elettra e mi sento di dire che la situazione è quantomeno imbarazzante». In precedenza Roberto Decarli di “Trieste Cambia”, punto nel vivo, da ex lavoratore della Ferriera, aveva sostenuto come in realtà la mozione Sossi non fosse che una ripetizione di quanto già previsto nel decreto regionale del 10 aprile scorso, che obbliga la Siderurgica triestina «a non superare in cokeria i 67 sfornamenti al giorno», e cioè la quota che, statistiche alla mano, mantiene i dati al di sotto dell’inquinamento pesante. Obbligo non rispettato, a quanto emerge, se è vero che le ultime cifre parlano di almeno 78 sfornamenti quotidiani. Di qui la richiesta di incontro urgente da parte del Municipio che ha portato Sossi, su richiesta anche di Bandelli, al ritiro della mozione in attesa di chiarimenti della società. Il consigliere di Sel, sia chiaro, è pronto eventualmente anche a inasprire la mozione stessa. Dall’opposizione blandi segnali, eccezion fatta per Bandelli, divertito ma anche, dichiaratamente «imbarazzato» per le camarille in seno al centrosinistra. Sossi gli ha replicato che «il problema della Ferriera non è un problema della destra e della sinistra ma fondamentalmente dei cittadini e dei lavoratori dell’azienda». Quelli, insomma, che adesso attendono con ansia questo nuovo capitolo.

Furio Baldassi

 

 

Missione a Duino per il “vip” pentastellato
Visita lampo del vicepresidente della Commissione parlamentare rifiuti: «No al minirigassificatore»
DUINO AURISINA L’assenza di un piano energetico condiviso e di strumenti urbanistici su porto, paesaggio e industria, nel territorio di Duino Aurisina. Questi i temi sui quali si sono confrontati Stefano Vignaroli, deputato del Movimento 5 Stelle e vicepresidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali a esse correlati, e alcuni esponenti di gruppi e associazioni locali. Accompagnato dai consiglieri regionali pentastellati Iaria Dal Zovo, Eleonora Frattolin, Elena Bianchi, Andrea Ussai e Cristian Sergo, Vignaroli ha potuto ammirare il golfo dall’alto del castello di Duino dei principi di Torre e Tasso, dov’era stato invitato e si è intrattenuto con Danilo Antoni, rappresentante dei Cittadini per il golfo, Marco Leghissa, coordinatore delle trenta Comunelle della provincia di Trieste, Alvise Tibaldi, del Comitato per la Vita del Friuli rurale, e Brian Harland, dell'associazione Bisiacaria in MoVimento. Gli esponenti locali hanno evidenziato a Vignaroli le criticità presenti sul territorio, sulle realtà già realizzate e su altre in corso di progettazione, e ben visibili dal torrione del castello, come l'elettrodotto, la Ferriera di Trieste, la centrale A2A di Monfalcone, il futuro tracciato dell'alta velocità e infine, quello più preoccupante a detta dei presenti, il sito su cui dovrebbe sorgere il rigassificatore della Smart Gas. Unanime il “no” di tutti in relazione a tale impianto. «Tutti questi progetti - hanno sottolineato i rappresentanti delle associazioni e dei movimenti locali - meritano un’appropriata riflessione, perché andrebbero a incidere sulla futura sorte dell'estremo lembo settentrionale dell'Adriatico. In questa prospettiva – hanno aggiunto - bisogna considerare non solo la collocazione dell'area, che si trova nel cuore naturale del bacino europeo, ma anche tenere presente una serie di aspetti, come la valorizzazione delle risorse naturali, storico culturali e turistiche, spesso trascurate dalle amministrazioni territoriali, per assenza di una strategia a medio e lungo termine. Bisogna invece usare la massima sensibilità, affinché non si vada a ledere il già precario equilibrio - hanno concluso - in cui si trova il territorio e il mare che circondano Duino Aurisina». Vignaroli ha promesso di continuare il rapporto con i presenti in vista di una «proficua collaborazione con l’obiettivo della salvaguardia del territorio».

(u.s.)

 

 

 

 

PRIMORSKI DNEVNIK - MERCOLEDI', 24 giugno 2015

 

 

Legambiente – la Goletta verde dell'organizzazione ambientalista ha visitato il Golfo di Trieste
Trieste e Sistiana in regola, Muggia no - Il trattamento delle acque reflue nella regione Friuli-Venezia Giulia è inefficace nel 52% dei casi

E' inquinata anche la foce del Tagliamento – Multa dell'UE per 66 milioni di euro (leggi l'articolo originale)
Il mare da Muggia a Aurisina, Sistiana, Grado e Lignano è pulito, mentre c'è un problema grave a Muggia. In particolare, la questione della depurazione degli scarichi con gli impianti di trattamento in quelle zone è efficace, ma con il canale di scarico di via Battisti a Muggia ci sono grossi problemi. L'acqua infatti è gravemente inquinata, e gli scarichi inquinano anche la foce del Tagliamento nei pressi di Lignano.
Lo hanno detto i rappresentanti della Goletta verde dell'organizzazione ambientalista Legambiente, che nell'ambito della sua campagna contro le trivellazioni petrolifere nel mare Adriatico e in generale per la tutela del mare, si è fermata a Trieste. La campagna di quest'anno è iniziata a Rovigno, in Croazia, dove la nave era ancorata dal 20 al 22 giugno. Dopo Trieste la Goletta verde salperà per Caorle e poi per Venezia. Il percorso proseguirà per tutta l'estate fino all'Italia meridionale e alla Sicilia, e si concluderà il 19 agosto all'isola d'Elba.
La Goletta verde ovvero gli esperti di Legambiente durante il viaggio analizzano l'acqua di mare e in sostanza accertano se gli impianti di trattamento delle acque reflue nelle singole aree sono efficaci, hanno detto ieri in una conferenza stampa la portavoce della Goletta verde Serena Carpentieri e il membro della direzione regionale di Legambiente Andrea Wehrenfennig.
Legambiente nelle proprie analisi di solito si concentra su settori in cui non è possibile fare il bagno e che la pubblica amministrazione non controlla. Il problema del trattamento delle acque reflue nel Friuli-Venezia Giulia non è stato ancora risolto e sono in arrivo nuove multe della Unione europea, hanno sottolineato Carpentieri e Wehrenfennig. Legambiente ha preso in esame otto punti sugli 111 chilometri di costa del FVG, di cui due ricevono un punto nero. In sostanza, oltre alle caratteristiche chimiche dell'acqua hanno misurato la concentrazione di enterococchi intestinali e di batteri Escherichia coli. La situazione peggiore era a Muggia, dove l'acqua di mare era "gravemente contaminata", perché la concentrazione di batteri è doppia rispetto al limite previsto dalla legge. Alla foce del Tagliamento la situazione era leggermente migliore e hanno definito l'acqua di mare come "contaminata". Le foci dei fiumi sono certamente contaminate, per definizione, ed è quindi sempre vietata la balneazione, ha detto Carpentieri, ma questo non significa che il governo regionale non debba agire. In FVG il 52,1 per cento delle acque di scarico non è trattato correttamente, ha aggiunto, e ciò il prossimo anno potrebbe costare alla regione FVG una multa della UE di 66 milioni di euro, vale a dire 53,6 euro per abitante.
Del resto il fenomeno grave di Muggia è stato più volte segnalato all'amministrazione comunale di Muggia e alle autorità competenti, ha aggiunto Wehrenfennig, ma il problema si ripete. Il rappresentante di Legambiente ha richiamato l'attenzione sul problema della costruzione del rigassificatore a Zaule, soprattutto del relativo gasdotto (che non ha ancora ricevuto l'autorizzazione ambientale), che, tra l'altro, colpirebbe gravemente l'ecosistema marino. Se infatti tutte le autorità locali e la Regione hanno già espresso la loro opposizione al rigassificatore, questo non vale per il gasdotto, ha sottolineato Wehrenfennig e ha invitato il governo regionale ad esprimere tempestivamente un parere negativo.
A.G. (traduzione Andrea Wehrenfennig)
 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 24 giugno 2015

 

 

Goletta verde boccia Muggia e la foce del Tagliamento

Superano l’esame degli ambientalisti Barcola, Sistiana, Marina Julia e Grado - Polemica con la Regione sulla carenza di fognature e sul rischio di una multa record

LE COSTE SECONDO LEGAMBIENTE - Mare inquinato, in Fvg due punti neri Goletta Verde boccia Muggia e Lignano (foce del Tagliamento)

Il mare del Friuli Venezia Giulia risente di un “deficit depurativo” che rischia di trasformarsi in salate multe della Ue: l’avvertimento arriva dalla Goletta Verde di Legambiente, che ha appena ultimato i controlli lungo i 111 chilometri di costa. Risultato: inquinamento elevato a Muggia e alla foce del Tagliamento.

LE CRITICITA' -  Record negativo per le acque campionate a Muggia, presso lo sbocco del canale di via Battisti, all’incrocio con largo Caduti per la Libertà. Sul banco degli imputati gli scarichi abusivi noti da anni I campionamenti alla foce del Tagliamento hanno evidenziato che l’acqua non rientra nei parametri previsti dalla normativa vigente sulla balneazione. Principali accusati: i pesticidi Promesse da Goletta verde Barcola, Sistiana, Marina Julia, Grado (foce dell’Isonzo e spiaggia all’incrocio fra via del Sole e via Svevo) e Lignano Sabbiadoro (all’incrocio fra il lungomare Trieste e via Gorizia)

TRIESTE È salpata dal Friuli Venezia Giulia la Goletta verde, riproponendo la storica campagna itinerante di Legambiente che ha come scopo il monitoraggio dello stato di salute del mare e dei litorali italiani. Dopo la grande mobilitazione internazionale di scorso, che ha visto il due alberi italiano solcare le acque di Rovigno per ribadire la ferma opposizione contro le trivellazioni petrolifere nell’Adriatico, l’imbarcazione ambientalista ha diretto la propria prua verso Trieste, dove sono stati presentati i dati del monitoraggio scientifico delle acque regionali. Otto i punti presi in considerazione dall’equipe tecnica di Legambiente lungo i 111 chilometri di costa interessati. Due le insufficienze emerse di cui una molto grave: le acque prelevate alla foce del fiume Tagliamento, a Lignano Sabbiadoro, e quelle campionate nel comune di Muggia, presso lo sbocco del canale di via Battisti, all’incrocio con largo Caduti per la Libertà. In queste ultime, in particolare, è stata riscontrata una carica batterica doppia rispetto ai limiti consentiti dalla legge, mentre lo sforamento alla foce del Tagliamento è risultato inferiore, ma non abbastanza da rientrare nei parametri previsti dalla normativa sulle acque di balneazione vigente in Italia. La fotografia scattata da Goletta verde non consente di dormire sonni tranquilli, nemmeno alla luce dei restanti sei campionamenti, risultati tutti entro i limiti di legge. Il 52,1 per cento dei reflui civili, infatti, non viene adeguatamente trattato da impianti: una percentuale che pone il Friuli Venezia Giulia fra le regioni italiane con il più alto deficit depurativo e che le consegna la poco invidiabile maglia nera per quanto riguarda la classifica delle sanzioni dell’Unione europea, conquistata grazie alla carenza di impianti di depurazione o fognatura. «Sono passati dieci anni dal termine ultimo che l’Unione europea ci aveva imposto per mettere a norma i sistemi fognari e depurativi ma – spiega la portavoce di Legambiente Serena Carpentieri - non abbiamo fatto altro che collezionare multe piuttosto che agire». Il Friuli Venezia Giulia, stando al rapporto della Struttura governativa di missione contro il dissesto idreogologico e lo sviluppo delle infrastrutture idriche, sta andando incontro alla terza sentenza di condanna, prevista per gennaio 2016, che ci condurrà dritti dritti verso una sanzione da 66 milioni di euro, pari a 53,6 euro per ogni cittadino, contro una media nazionale di 8,1 euro. «Sono anni che chiediamo che si investa in maniera seria in questa regione per rendere i corsi d’acqua una risorsa e non una minaccia per l’ambiente – sottolinea Andrea Wehrenfennig dalla segreteria di Legambiente Fvg - . Le ultime stime Istat evidenziano come tre italiani su dieci non siano ancora allacciati a fognature o a depuratori e che il 40 per cento dei fiumi italiani risulti gravemente inquinato». Ma quali sono le sostanze che più di tutte vanno a minare la salute delle acque regionali? Le analisi di Goletta Verde sono state eseguite il 9 giugno scorso, indagando la presenza di enterococchi intestinali e di Escherichia coli. Su questi due parametri microbiologici e su quelli chimico-fisici, quali temperatura dell’acqua, pH, ossigeno disciolto, conducibilità e salinità, sono stati valutati i campioni raccolti. Oltre alle bocciature di Muggia e della foce del Tagliamento, sono state passate al setaccio, venendo promosse, anche le acque di Barcola, Sistiana, Marina Julia, Grado (foce dell’Isonzo e spiaggia presso l’incrocio fra via del Sole e via Svevo) e di Lignano Sabbiadoro (all’incrocio fra il lungomare Trieste e via Gorizia). «È evidente – così Wehrenfennig – che nel caso di Muggia ci troviamo difronte a uno scarico abusivo, peraltro già segnalato da diversi anni, mentre sulle acque del Tagliamento grava la presenza di inquinanti, quali i pesticidi, frutto di un’agricoltura intensiva». Il viaggio di Legambiente riprende. Tutte le coste italiane verranno toccate dalla Goletta Verde, per un totale di 30 tappe e 2mila miglia nautiche. Nel frattempo, però, la Regione fa sentire la sua voce. L’assessore all’Ambiente Sara Vito accusa Legambiente di aver scattato una fotografia del territorio «senza essere in possesso di un quadro aggiornato» e rivendica «l’impegno della giunta Serracchiani». Non basta. Vito ricorda che il rischio di maxi infrazioni comunitarie si rifà a procedure risalenti addirittura al 2004 mentre adesso la Regione, confrontandosi con Roma, ha sbloccato 50 milioni per il depuratore di Servola e 25 per le criticità più urgenti in provincia di Udine e di Pordenone.

Luca Saviano

 

 

Passa lo scorporo dell’inceneritore - Sì della giunta al conferimento degli impianti di Trieste e Padova in una newco
La giunta Cosolini conferma formalmente il suo assenso all’operazione di scorporo dei termovalorizzatori (più conosciuti con il termine di inceneritori) di Trieste e di Padova da AcegasApsAmga: gli impianti in questione saranno conferiti in una nuova società controllata al 70% da Herambiente e partecipata al 30% dalla stessa AcegasApsAmga.

A portare la delibera all’attenzione dell’esecutivo comunale è stato l’assessore al Bilancio Matteo Montesano, che si occupa anche delle partecipate, quindi, in questo caso, di Hera dove il municipio triestino ha il 4,8%. Hera, a sua volta, controlla AcegasApsAmga. Operazioni, come quelle ora indicate, necessitano di un passaggio confirmativo giuntale. Per Montesano nulla osta a che si effettui il conferimento: la newco - recita il testo della delibera - non modifica l’assetto occupazionale tantomeno quello operativo. Quindi, per il Comune, “ciak si gira”. La questione-inceneritori era stata sollevata in commissione dal capogruppo consiliare di Sel, Marino Sossi, a metà aprile, incidentalmente al dibattito sulle azioni Hera. A stretto giro di posta aveva replicato Roberto Gasparetto, direttore generale di AcegasApsAmga, il quale aveva fornito ampie assicurazioni sulla positività dell’operazione. La nuova società, dove finiranno gli inceneritori triestino e padovano, sarà una “srl” che a regime ricaverà 55 milioni di euro con un consistente margine operativo lordo di 19 milioni. I due impianti trattano complessivamente 1200 tonnellate giornaliere di rifiuti, producendo energia per 216 GWh. Tra Trieste e Padova lavorano 105 addetti: il mutamento societario non avrà alcuna conseguenza su numeri occupazionali e status contrattuale. Gasparetto aveva ancora spiegato che la “ratio” dello scorporo era dettata dall’opportunità di separare la gestione impiantistica dalla raccolta dei rifiuti. Importanti, secondo il manager, le ricadute su Trieste: 30 milioni di investimenti sull’inceneritore e sede dell’azienda nel capoluogo giuliano, con relativi benefici fiscali per la Regione Fvg.

(magr)

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - MARTEDI', 23 giugno 2015

 

Depurazione, ancora criticità in Friuli-Venezia Giulia - Degli otto punti monitorati lungo i 111 chilometri di coste due punti sono risultati “fuorilegge”
Legambiente: “È urgente porre fine alla crisi depurativa di questa regione: utilizzare subito e bene i fondi già disponibili per garantire la qualità ecologica dei mari e fiumi, coinvolgendo sia i comuni costieri che dell’entroterra” - Il 52,1 per cento dei reflui civili non viene adeguatamente trattato da impianti (leggi il comunicato stampa)

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 23 giugno 2015

 

 

Legambiente svela la salute del mare sulla Goletta Verde di fronte a piazza Unità

Stamani alle 11, a bordo della Goletta Verde, ormeggiata da ieri davanti alla Scala Reale, di fronte a piazza Unità, Legambiente renderà noti i dati sullo stato di salute del mare del Friuli Venezia Giulia.

Il trentesimo tour della Goletta Verde parte dunque quest’anno dalle nostre acque, con una tappa dedicata in particolare alla discussione sulla qualità del mare, sul pericolo delle estrazioni petrolifere, sulla tutela delle coste e sulla sostenibilità ambientale. La prima tappa italiana del tour 2015 della storica campagna annuale di Legambiente arriva dopo la mobilitazione internazionale di sabato che ha visto la Goletta Verde impegnata a Rovigno per un fronte comune contro le trivellazioni petrolifere nell’Adriatico. Iniziativa che ha avuto la sua appendice in piazza a Trieste con l’appello social #StopSeadrilling - No oil. Anche oggi, come ieri, dalle 17 alle 19.30 si potrà salire sulla Goletta Verde per una visita guidata.

 

 

Parlerà cinese il raddoppio della Capodistria-Divaccia
La China Road and Bridge Corporation ha avviato i rapporti col governo sloveno - Investimento da 1,4 miliardi di euro con in cambio una concessione portuale
TRIESTE La Cina si avvicina sempre di più al Porto di Capodistria. Adesso è ufficiale, come scrive il quotidiano di Lubiana Dnevnik, l’interessamento di Pechino alla realizzazione della seconda tratta ferroviaria tra Capodistria e Divaccia che costituisce attualmente uno scomodo collo di bottiglia allo sviluppo dopo il 2020 dello scalo capodistriano quando l’attuale traccia sarà completamente satura. Al ministero delle Infrastrutture della capitale slovena è stata ricevuta una delegazione del gigante delle costruzioni cinesi la China Road and Bridge Corporation che ha proposto una joint-venture pubblico-provato per la realizzazione della seconda tratta ferroviaria in oggetto per un costo stimato di 1,4 miliardi di euro. Nel progetto operativo rientra anche la banca di export e import Exim. La mossa della China road altro non è se non l’ulteriore tassello della politica di penetrazione della Cina sui mercati dell’Europa sud-orientale attraverso la realizzazione di opere infrastrutturali. Già lo scorso anno la stessa società ha sottoscritto una dichiarazione d’intenti con l’Ungheria e la Serbia per la realizzazione di una linea veloce di treni tra Budapest e Belgrado. E, ancora a Belgrado, ha realizzato un nuovo ponte che attraversa il Danubio. L’idea poi trae la sua origine dall’incontro di 16 Paesi europei con il premier cinese, Li Keqang sempre a Belgrado cui ha presenziato anche il primo ministro sloveno, Miro Cerar il quale confermò il forte interesse della Cina nella realizzazione di infrastrutture ferroviarie in Slovenia. Senza dimenticare che Pechino ha offerto la sua collaborazione in termini di investimenti al fondo predisposto dalla Commissione Ue per la realizzazione delle grandi infrastrutture all’interno dei ventotto Paesi membri. L’interesse della Cina per il Porto di Capodistria è dettato anche dal fatto che attualmente Pechino gestisce due terminal merci nel porto del Pireo ad Atene, ma da lì, per raggiungere i mercati dell’Europa centrale le stesse merci ci impiegano dieci, undici giorni, per cui un eventuale “passaggio” per Capodistria accelererebbe di molto i termini di consegna delle stesse. È chiaro che Pechino vuole qualche cosa in cambio. Il ministro delle Infrastrutture sloveno, Peter Gašperši› non ha nascosto la possibilità che ai cinesi venga data la realizzazione e la relativa concessione di gestione del terzo molo nel Porto di Capodistria. Meno realistica la possibilità che i cinesi ottengano il pacchetto di maggioranza di Luka Koper, la società che gestisce lo scalo capodistriano anche perché proprio di recente la stessa è stata “classificata” come bene strategico per la Slovenia dal governo Cerar e quindi è stata messa fuori dal calderone delle privatizzazioni. Ma quello che viene dalla Cina non è tutto oro. Le condizioni della joint-venture offerte da Pechino non sono molto convenienti per Lubiana. Queste sarebbero le stesse offerte alla Serbia per la realizzazione del summenzionato ponte sul Danubio. Un prestito a un tasso fisso al 3% da estinguersi in 15 anni. Inoltre la manodopera dovrebbe essere solo cinese. Molto più convenienti sarebbero e condizioni offerte alla Slovenia dalla Bei, la Banca europea per gli investimenti con cui Lubiana ha già avviato i primi contatti relativamente alla Capodistria-Divaccia. Inoltre a breve la Slovenia saprà quanti dei 380 milioni richiesti al fondo europeo Connecting Europe Facility (Cef) giungeranno a Lubiana. Ma i cinesi non sono i soli ad aver manifestato interesse per la Capodistria-Divaccia. A Lubiana sono giunti i turchi del gruppo Yapi Mekezi, i francesi della multinazionale Vinci e i tedeschi della Gauff. Per ora l’unica cosa certa è che la Slovenia ha pronto il progetto per ampliare lo scalo merci di Capodistria dal suo accesso al Porto fino a Villa Decani, un tratto lungo 1,5 chilometri e che costerà alle casse statali 25 milioni di euro.

Mauro Manzin

 

 

Da Verudella rilasciate quattro testuggini
Hiro, Damir, Robert e Diego sono state rimesse in mare dopo aver ricevuto le cure nell’Aquarium
POLA Gli attivisti del centro per la cura e la riabilitazione della tartarughe che sorge nel comprensorio turistico di Verudella nei presi di Pola vicino alla fortezza austroungarica, ne hanno rimessi in mare altri 4 esemplari tornati perfettamente in salute. Gli eventi del genere attirano sempre un grande pubblico, soprattutto bambini accompagnati dai genitori: questa volta ce n’erano oltre un centinaio. Ogni tartaruga ha la sua bella storia. Iniziamo con Hiro di circa 15 anni di età il cui peso è salito a 30 chilogrammi rispetto ai 22 iniziali. Interessante è che era già marchiata, quindi in precedenza era stata ospite di qualche altro centro di cura. Poi indagando, è emerso che è stata anche in Albania. Era stata salvata nel settembre scorso vicino all’isola di Lagosta in condizioni pressoché disperate: era piena di sanguisughe che l’avevano ridotta in fin di vita. A Damir viene attribuita l’età di circa 5 anni. Anche lei ha messo su qualche chilo durante il periodo di cura a Verudella. Nell’aprile scorso quando venne trovata impigliata in una rete da pesca vicino a Pola fortunatamente senza ferite visibili, aveva solo 4 chili, ora ne ha 10. Pressappoco simili le vicende di Robert e Diego sue coetanee, anch’esse recuperate dalle reti dei pescatori: Robert vicino a Puntisella e Diego poco a sud di Promontore. Solitamente alle tartarughe viene dato il nome di chi le trova. Nell’“Aquarium” fondato nel 2006, esiste la cosiddetta stanza delle piscine dove le tartarughe vengono curate, e subito accanto troviamo l'aula didattica del centro dove sono custodite le fotografie la relativa documentazione di tutte le tartarughe finora salvate, da 10 a 15 all'anno. Le tartarughe che finiscono in cura presentano ferite dovute soprattutto all'urto con le imbarcazioni o perché finiscono impigliate nelle reti dei pescatori che le raccolgono facendo quindi intervenire gli attivisti di Verudella. Qualche esemplare viene trovato sofferente di disturbi naturali, i più frequenti sono quelli gastrointestinali. Dal 2012 il centro è incluso nel progetto europeo NETCET, cui aderiscono 12 partner sotto la guida della Città di Venezia. L’obiettivo principale è la creazione della rete delle istituzioni, organizzazioni e singoli impegnati nella tutela delle balene, dei delfini e delle tartarughe nel Mare Adriatico.

(p.r.)

 

 

Transazione Riccesi, maggioranza divisa
Lunedì la discussione in Consiglio sull’ipotesi piazza Foraggi ma in commissione riesplode la bagarre
Una patata bollente che inizia a farsi incandescente. Con il pericolo concreto di scottarsi. La delibera sulla transazione che dovrebbe chiudere il contenzioso tra Comune di Trieste e impresa Riccesi, relativa al parcheggio mai realizzato a Ponterosso e passato negli anni attraverso l'individuazione di tre siti alternativi, poi a loro volta tramontati (via Tigor, largo Roiano e via del Teatro Romano), fino alla soluzione definitiva del park di piazza Foraggi, sta mettendo in difficoltà i consiglieri oltre a spaccare la maggioranza. Ieri, in attesa della discussione fissata in Consiglio comunale per lunedì prossimo, è andato in scena l'ennesimo dibattito nella seduta congiunta tra capigruppo e quarta commissione. Il problema riguarda la cifra contenuta nella richiesta di indennizzo formulata dall'imprenditore e che peraltro, come ha spiegato l'assessore ai lavori pubblici Andrea Dapretto, «nell'arco di 9 anni non è stata mai messa in discussione». Cifra che è stata ridefinita in 2 milioni e mezzo di euro, dopo la compensazione per l'acquisto dell'area parcheggio. Posto che il “danno emergente” è stato comprovato da specifica documentazione, il nodo della questione riguarda il cosiddetto “lucro cessante”, vale a dire la valutazione del mancato guadagno. Tra i primi a sollevare la questione e a chiedere la sospensione della delibera in attesa di approfondimenti, i consiglieri del M5Stelle: «Si tratta di un piano economico e finanziario che andava verificato meglio dagli uffici comunali» ha rilevato Patuanelli, con i pentastellati che hanno già annunciato un esposto alla Corte dei Conti nel caso di approvazione della delibera. «Come mai non si è riusciti ad eliminare la parte economica del risarcimento, puntando solo sui parcheggi?» si chiede Paolo Rovis (Trieste popolare), mentre per Everest Bertoli (Forza Italia) «serve una relazione puntuale per fare chiarezza su una vicenda che presenta lati oscuri». Ma la transazione continua a dividere anche la maggioranza. Se per il consigliere Pd Brandolisio «si tratta della proposta migliore» e per il collega Petrossi: «parliamo di una cifra già assegnata e di una decisione già presa», secondo Mario Ravalico: «c'è invece una forte perplessità di fronte a un’impresa che decide modi e tempi dell'indennizzo». Ancora più duro Sossi (Sel): «Va costruita dagli uffici una documentazione inappuntabile per capire se la richiesta di risarcimento sia congrua: parliamo di soldi pubblici e l'impresa Riccesi non può dettare l'agenda all'intero Consiglio comunale». Per Furlanic (FdS) «va seguita la strada tracciata già nove anni fa», mentre il capogruppo Pd Toncelli evidenzia la necessità di «altri pareri per permettere ai consiglieri di andare al voto con cognizione di causa». Richieste accolte dall'assessore competente che annuncia «ulteriori approfondimenti da parte degli uffici tecnici». L'ultima parola spetterà all'aula tra sei giorni. Più di qualcuno si augura siano lunghissimi.

Pierpaolo Pitich

 

Parte la “rinascita” delle spiagge muggesane

Sì alla riqualificazione da Porto San Rocco a Punta Olmi con park, ripascimento e pista ciclopedonale

MUGGIA Passo decisivo per la riqualificazione del tratto Porto San Rocco–Punta Olmi. La giunta Nesladek ha dato il via alla linea tecnica del primo stralcio del progetto definitivo-esecutivo della fascia costiera con finalità turistico balneare. I lavori inizieranno in autunno per concludersi nell’estate 2016 e costeranno un milione 230 mila euro. Complessivamente la riqualificazione costiera richiederà una spesa di circa 7 milioni e si completerà con il progetto di sistemazione del terrapieno di Aquario. Dopo l’ok ricevuto durante l’ultima Conferenza dei servizi, il progetto della rinascita della costa rivierasca aggiunge un ulteriore tassello. La riqualificazione generale di tutta la zona del litorale muggesano che va da Porto San Rocco a Punta Olmi per un tratto di 1,3 chilometri prevede nuovi spazi di parcheggio, una pista ciclopedonale sul lato mare che migliori la fruibilità della costa e l’accesso agli spazi balneari con un allargamento verso mare, un riempimento protetto da una mantellata e un ripascimento in ghiaia da Porto San Rocco sino all’ex Bagno della Polizia. «Il primo stralcio funzionale approvato in giunta prevede alcuni interventi del progetto definitivo partendo da Punta Olmi fino al Pontile a “T” - racconta l’assessore ai Lavori pubblici Marco Finocchiaro - . In particolare verrà realizzata una rampa d’accesso alla spiaggia di Punta Olmi, la pista ciclopedonale sul lato mare, la messa in sicurezza della strada costiera e delle piazzole esistenti mediante la realizzazione di scogliere e ripascimenti in ghiaia ed infine, le sistemazioni idrauliche e le predisposizioni impiantistiche». Rispetto al progetto definitivo generale, recependo le prescrizioni della Provincia, la strada non verrà spostata verso il monte e di conseguenza nessun parcheggio verrà tolto, anche se da intese con lo stesso ente è prevista la cessione al Comune di tutta la costiera con conseguente declassamento e realizzazione di sistemi di moderazione della velocità e adozione di sistemi che favoriscano la mobilità sostenibile. «Lo stralcio progettuale - puntualizza Finocchiaro - era già stato inserito nel programma triennale delle Opere pubbliche e ha ottenuto la conversione di parte del contributo regionale da conto interessi di 1,8 milioni in conto capitale per circa 540 mila euro. Il primo lotto funzionale, dell’importo complessivo di 1,23 milioni, verrà di conseguenza coperto con il contributo concesso dalla Regione e mediante la vendita di azioni/ partecipazioni». Fondamentali per partire in autunno sono la modifica del piano triennale delle Opere pubbliche (per modificare le fonti di finanziamento) e l’approvazione del nuovo Piano regolatore entro giugno (per ottenere la compatibilità urbanistica del progetto). Il progetto del primo stralcio dell’opera Porto San Rocco-Punta Olmi è stato presentato dall’Ati con sede a Noventa Padovana composta da Hydrosoil srl (mandataria), Beta Studio srl (mandante) e Dinamisa srl (mandante) con un importo pari a un milione 230 mila euro di cui 984.931 euro per lavori a base di gara e 36.644 per oneri della sicurezza non soggetti a ribasso di gara. Entusiasta il sindaco Nerio Nesladek: «Finalmente è arrivato il momento in cui, nonostante le svariate difficoltà burocratiche si può iniziare a concretizzare il progetto sulla costa come da impegno preso coi nostri cittadini». Tempistiche? Nesladek non ha dubbi: «L’obiettivo è iniziare i lavori in autunno e finire un primo lotto entro la prossima stagione estiva. Ce la metteremo tutta per farcela».

Riccardo Tosques

 

URBANISTICA - Il Piano regolatore alla “festa dei fuochi”

“Più verde, basta cemento”. “Nessuno è perfetto, neanche gli elaboratori del nuovo Piano regolatore”. Sono alcuni degli slogan che annunciano il dibattito sul Prg oggi alle 18 nell’ambito della festa dei fuochi di San Giovanni, in piazza Volontari Giuliani, del Comitato rionale.

 

Festa tra ciliegie, falò e dibattito sul Prg
Dalle 16.30 in piazza Volontari Giuliani si celebra la notte di San Giovanni
Banchetti enogastronomici, laboratori artigianali, giochi, danze popolari. Ma anche un dibattito sul Piano regolatore della città. Sarà gran festa oggi, a partire dalle 16.30, in piazza Volontari giuliani, su iniziativa della Pro Loco del rione di San Giovanni – Cologna. Sotto il titolo “Il fascino e la magia dei fuochi di San Giovanni”, da metà pomeriggio e fino a sera tutti coloro che vorranno potranno partecipare a un tradizionale appuntamento dedicato alla notte più breve dell’anno. Si comincerà alle 16.30, con le lavagne in piazza «per apprendere l’inglese e lo sloveno – spiega Luciano Ferluga, storico animatore di molte attività che si svolgono a San Giovanni – in maniera inusuale». Alle 18 il momento più importante sotto il profilo istituzionale: il pubblico dibattito su pregi e difetti del Piano regolatore. «Il titolo – precisa Ferluga – è “Più verde, basta cemento”, che mi sembra molto chiaro». È stata invitata anche Elena Marchigiani, assessore comunale e principale ispiratrice del piano. «Ma vorremmo venissero anche i componenti della Commissione urbanistica – ha aggiunto Ferluga – e se verranno tutti sarà un bel discutere». Mentre gli adulti affronteranno questi argomenti, alla stessa ora i più piccoli potranno cimentarsi nella creazione delle tradizionali coroncine di San Giovanni, grazie alla disponibilità dell’Associazione “Il Ponte”, che collabora con la Pro Loco per l’organizzazione dell’intero evento. Alle 18.30 apertura dei chioschi e dei banchetti enogastronomici. Alle 19 la “Ciliegiata”, con giochi e improvvisazioni in attesa del falò. Alle 19.30 esibizione di danze greche tradizionali a cura del gruppo ”Charoumenes”, che si è già proposto più volte a Trieste, riscuotendo sempre un buon successo di pubblico. Alle 20 spettacolo del gruppo femminile canoro “Pontes – Mostovi”. Dopo di che inizierà l’attesa per la notte che porta alla festa di San Giovanni che la chiesa celebra domani, 24 giugno. «La tradizione del rione – conclude Ferluga – consiste proprio nell’aspettare tutti assieme la festa del patrono del nostro rione». L’organizzazione consiglia di portare sedie.

(u.s.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 22 giugno 2015

 

 

L’ambiente - La Goletta Verde arriva in piazza Unità

La Goletta verde arriva in piazza Unità. Il Friuli-Venezia Giulia sarà infatti la prima regione italiana toccata dal tour 2015 della Goletta Verde in occasione della campagna itinerante di Legambiente, che anche quest’estate realizzerà un monitoraggio sullo stato di salute del mare e dei litorali italiani. L’imbarcazione sarà ormeggiata dal pomeriggio di oggi alla Scala Reale in piazza Unità e si potrà visitare dalle 17 alle 19.30. Domani appuntamento alle 11, per la presentazione dei risultati del monitoraggio scientifico delle acque del Friuli-Venezia Giulia

 

 

Parco di San Giovanni - “Pienone” a Bioest con diecimila visitatori
Grande successo per la 21ma edizione di Bioest con oltre 10mila visitatori in due giorni. «Il verde del Parco di San Giovanni – riferisce Tiziana Cimolino a nome dell’associazione - è l’ambiente più adatto all’evento e siamo stati premiati da un tempo adatto alla circostanza.

Molti i visitatori da tutta Italia e dall’estero: l’Incontro di economia solidale ospitato dall’edizione 2015 ha ulteriormente vivacizzato la partecipazione». Per tutto il giorno c’è stata grande animazione attorno ai 170 stand. «I visitatori si sono mostrati interessati e partecipi e in moltissimi hanno preso parte alle attività divulgative proposte tra cui la giornata internazionale dello yoga». «Per fare sistema tra tutti i soggetti operanti nel mondo delle buone pratiche – spiega Ferruccio Nilia, promotore della rete regionale di Economia solidale – abbiamo organizzato una scuola con 60 operatori, quasi una convocazione degli stati generali dell'economia solidale per coniugare teoria e prassi e individuare progetti concreti in grado di sostenere lo sviluppo dei distretti e delle filiere di economia solidale e organizzato un tavolo con le istituzioni». «La Regione – conferma la presidente Debora Serracchiani - è molto attenta al tema dell’economia solidale e un disegno di legge sarà oggetto di discussione in Consiglio regionale nei prossimi mesi. Esiste un movimento sempre più esteso al quale come istituzione non possiamo non prestare attenzione». Il sindaco Roberto Cosolini loda il tema scelto, “Sconfinamenti”: «Se c’è un luogo dove sconfinare ha sempre rappresentato un valore e mettere confini un disvalore, questa è la nostra città, che è cresciuta e si è sviluppata come città aperta, luogo di incontro e di arrivo di comunità da tutto il mondo che hanno fatto grande la Trieste moderna». Significativa anche la ricaduta economica dell’evento che ha visto la presenza di oltre 500 persone. «Sono stati riempiti due alberghi e l’ostello scout – conclude Cimolino - oltre che numerosi bed & breakfast. Inoltre, grazie a una campagna di ospitalità, una trentina di persone è stata sistemata in abitazioni private presso famiglie triestine».

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 21 giugno 2015

 

 

Il filosofo verde punta a una nuova economia

Il brasiliano Euclides Mance ospite di Bioest, che si conclude oggi al parco di San Giovanni
Rischiamo la catastrofe - Secondo il pensatore, «la visione capitalista del mercato e la ricerca esasperata del profitto stanno colpendo 790 milioni di persone»
«Stiamo rischiando la catastrofe e l'unico modo per evitarla è cambiare dalle radici il nostro sistema economico». Queste parole del filosofo brasiliano Euclides Mance, ospite in questi giorni della XXI edizione di Bioest, la Fiera dei prodotti naturali e delle associazioni ambientaliste, culturali e del volontariato, rendono al meglio il senso di questa manifestazione ormai tradizionale per Trieste. Bioest si concluderà oggi al parco San Giovanni. Quest'anno si è allargata rispetto alla formula consueta, ospitando gli appuntamenti dell'Incontro nazionale di economia solidale che da oltre 10 anni si svolge in una città diversa e per il quale nel 2015 è stata scelta proprio Trieste. La manifestazione, che prevede un ricco carnet di eventi, è a ingresso libero e proseguirà dalle 9 alle 22. Mance è stato sicuramente uno degli ospiti più rilevanti di questa edizione. Esponente dei movimenti sudamericani per una diversa economia che in Sudamerica si ispirano ai principi del “buen vivir” e di “pacha mama”, venerdì ha tenuto una “lectio magistralis” al San Giovanni. Professore, quale è la sua opinione sulla crisi socioeconomica in corso? La visione capitalista del mercato e la ricerca esasperata del profitto stanno colpendo 790 milioni persone: il 40% della popolazione mondiale vive con meno di due dollari al giorno. Questo sistema economico non può andare avanti: occorre una trasformazione in una nuova forma sociale che assicuri il “buen vivir” per tutti e l'accesso all'informazione, all'educazione e alla comunicazione. La logica dello sviluppo economico attuale è del tutto sbagliata in quanto non promuove la libertà, ma solo l'accumulo di capitale. C'è ancora tempo per evitare il crollo ambientale? Il tempo diminuisce di volta in volta, ci avviciniamo la punto di non ritorno. Ma il problema non è questo. Il sistema capitalistico sarà felicissimo, una volta avvenuto il crollo: potrà trarne nuovi profitti. L'80% dell'umanità, nel frattempo, vivrà senza cibo, acqua, condizioni basilari. Nel frattempo i capitalisti continueranno a guadagnare. Ecco perché questa gente non può continuare a guidare il mondo. Cosa serve invece? Bisogna abbracciare un nuovo sistema che garantisca equilibrio ecologico e sostenibilità sociale, dimensione etica e democrazia. Come farlo? Attraverso l'economia solidale, concetto che si sta sviluppando dappertutto e in Brasile coinvolge già 3 milioni persone muovendo 67 miliardi di dollari. Si sta formando una nuova classe sociale di lavoratori proprietari dei loro mezzi di produzione che ha diritto di decidere e di costruire una nuova economia, che ha accesso a internet e ai software liberi. Non stiamo parlando della vecchia classe operaia, ma di un fenomeno nuovo. E' un fenomeno estendibile al resto del mondo? Dobbiamo capire assistendo a un cambiamento epocale di proporzioni mondiali. La rivoluzione tecnologica degli anni Settanta ha avuto un impatto profondo sul processo produttivo, i beni intangibili hanno portato a un'altra forma di capitale, segni che si convertono in proprietà e consentono l'accumulazione di valori in numeri stratosferici, generando disoccupazione, sottoccupazione e la crisi ambientale. Nascono però anche reazioni: movimenti ambientalisti, giovanili, culturali, imprese autogestite, commercio giusto, finanza etica, reti di botteghe, banche comunitarie. Questi fenomeni avanzano in tutto il mondo e quando prenderanno coscienza della loro forza economica e si uniranno in una rete globale potranno avviare un cambiamento reale.

(g.tom.)

 

 

Tre punti per “raccogliere” l’acqua - A scuola di biodiversità tra Filtri, Molo piloti e Caliterna a Muggia
Oggi c’è l'Ocean Sampling Day e in tutto il mondo vengono raccolti campioni di acque marine per studiarne la biodiversità.

Impegnati sul campo non solo i ricercatori, ma anche i cittadini. In Friuli Venezia Giulia, l’attività di campionamento è coordinata dai ricercatori dell’istituto nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (Ogs). «Ogs partecipa all’Ocean Sampling Day già dalla prima edizione, che si è svolta lo scorso anno - spiega Paola Del Negro, direttrice della sezione di Oceanografia - quest’anno, nell’ambito della campagna di citizen science lanciata per l’occasione, abbiamo deciso di coinvolgere gli studenti delle scuole superiori, considerando l’interesse e la specializzazione della nostra regione, che ha individuato il mare e la crescita blu (blue growth) come tematiche di forte interesse su cui investire per lo sviluppo futuro” aggiunge. Alla raccolta dei campioni di acqua partecipano studenti dell’Istituto tecnico economico per il turismo di Lignano Sabbiadoro (ISIS Latisana), del Liceo Scientifico Galileo Galilei e dell’Istituto Nautico di Trieste. In regione appuntamenti alle ore 10.30, nella spiaggia dei Filtri di Aurisina, al Molo Caliterna a Muggia, al Molo Piloti a Trieste e alla Terrazza Mare a Lignano. Tutti i partecipanti avranno a disposizione alcuni kit per campionare le acque in modo indipendente. «I campioni raccolti verranno poi inviati ai coordinatori del progetto», spiega Francesca Malfatti, ricercatrice di Ogs. «L’attività con le scuole non termina però il 21 giugno, perché quando riceveremo i risultati torneremo in aula per discuterli e approfondirli con i ragazzi».

 

 

A Muggia assessore in ferie e Piano regolatore a rischio
Da domani la delibera sarà all’esame del Consiglio comunale per quattro sedute - Ma l’assenza di Fabio Longo potrebbe causare problemi di numeri a Nesladek
A rischio l'approvazione del Piano regolatore generale comunale (Prgc) di Muggia. A partire da domani in quattro distinte sedute (lunedì, martedì, giovedì e sabato, sempre a partire dalle 18.30), la giunta Nesladek dovrà cercare di far passare ben 163 punti per delineare la Muggia del domani. In queste ore però è scoccato l'ultimo pesante campanellino d'allarme in seguito al voto contrario dell'assessore all'Ambiente Fabio Longo (indipendente, ex Idv) sulla Vas, il documento che di fatto anticipa l’analisi delle osservazioni ed il voto del nuovo Prgc. Se poi si scopre che l'assessore Longo, durante i quattro giorni più caldi dell'epopea Nesladek non parteciperà al voto in quanto in ferie, ecco che il quadro si fa politicamente ancora più intrigante. Perentoria la vicesindaco Laura Marzi: «Se non passa il Prgc, mi dimetto». «E' vero, durante l'analisi delle osservazioni ed il voto del nuovo Prgc non sarò presente, ma avevo avvisato ben tre mesi fa che sarei stato assente a fine giugno: casualmente è stato deciso di affrontare il Piano regolatore proprio in questa settimana, ma ho la coscienza a posto, spesso l’impegno lavorativo mi occupa 16-18 ore al giorno, ritengo assolutamente legittimo salvaguardare anche il mio diritto alla salute». Longo, l'ambientalista di ferro della seconda giunta Nesladek, mette a tacere le malelingue che davano per strategica la sua assenza. Al recente voto negativo sulla Vas, però, Longo preferisce trincerarsi dietro un “no comment” che evidentemente nasconde forti contrarietà a un Prgc non condiviso. Un'altra grana sul voto del Prgc riguarda il “conflitto di interessi” che coinvolgerà l'assessore Stefano Decolle. Il geometra, esponente di spicco del Pd rivierasco, sarà infatti costretto ad uscire dall'aula: «Ci sono una quindicina di punti del piano in cui sono responsabile di pratiche edilizie, quindi non parteciperò al voto». Sulle difficoltà nell'affrontare il Prgc Decolle non si nasconde: «Qualcuno ha preferito andare in ferie proprio ora, pur volendo rimanere dentro la maggioranza, ovvio che qualche grattacapo sul numero legale ci sarà». “Buone” notizie per Nesladek arrivano invece dal comunista Maurizio Coslovich. «Sarò presente alle riunioni del Consiglio comunale che affronteranno il nuovo Prgc», preannuncia a sorpresa il capogruppo della Federazione della Sinistra. Le vere incognite riguardano i “liberi pensatori” della maggioranza. Danilo Savron, anima critica del Pd, è perplesso: «La situazione è difficile perché non si sono volute accettare delle piccolezze dimostrando insensibilità nei confronti delle esigenze dei nostri concittadini. Siamo sempre stati contro le speculazioni, però questa volta c'è stata troppa rigidità e poi l'Ezit ci ha imposto i suoi dettami». Roberta Tarlao, referente della lista civica Meio Muja, garantisce fedeltà e indica l'orientamento che verrà seguito dal consigliere Marina Busan: «Non siamo dei tecnici urbanisti, ad ogni modo ci sono accordi condivisi già dalla prima legislatura con il sindaco Nesladek, quindi seguiremo le indicazioni in linea di massima promosse dalla maggioranza. Marina Busan sarà presente in aula: non volteremo le spalle alla maggioranza». A questo punto Geremia Liguori (indipendente, ex Sel) potrebbe fungere da ago della bilancia. Questa complicata situazione viene analizzata da Claudio Grizon, consigliere del Pdl: «Se, oltre che sulla contrarietà all’unione con il Comune di Trieste, l’asse tra i consiglieri Liguori e Savron dovesse rinsaldarsi ancora, potrebbe riconfermarsi la tradizione dell’incapacità da parte della sinistra di approvare un piano regolatore, come era già accaduto nel 1993 quando il sindaco Sergio Milo venne sfiduciato. Secondo me, con l’autonomia di Liguori e le evidenti insoddisfazioni di Savron, il voto finale pare davvero a rischio». Sempre a giudizio di Laura Marzi, «l'assessore Longo sapeva che entro il 30 giugno avremmo chiuso il Prgc, quindi c'era ampia possibilità di spostare le proprie ferie. Comunque sono fiduciosa che il Prgc verrà votato: attendo coerenza per le scelte sin qui intraprese».

Riccardo Tosques

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 20 giugno 2015

 

 

«L’Adriatico invaso dalle trivelle»

Il dossier di Goletta Verde contro le compagnie petrolifere
ROMA Con 78 concessioni già attive per l’estrazione di gas e petrolio, 17 permessi di ricerca rilasciati nell’area italiana e 29 in fase di rilascio in quella croata a cui si aggiungono 24 richieste avanzate per il tratto italiano, il Mar Adriatico è stato già messo a dura prova dalle trivellazioni. Un’area di circa 55.595 chilometri quadrati di mare è sotto scacco delle compagnie petrolifere. Senza contare il via libera rilasciato poche settimane fa dal ministero dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, a due compagnie per indagini su oltre 45mila kmq nell’Adriatico. Per contrastare questa corsa all’oro nero e difendere le coste e il mare, la Goletta Verde di Legambiente parte (oggi) dalla Croazia. La campagna itinerante sarà all’insegna dello sogan “ #StopSeadrilling - No Oil”. Flash mob e azioni di protesta sono in programma oggi in diverse città che si affacciano sull’Adriatico, come Trieste, Caorle, Jesolo, San Michele al Tagliamento, Rosolina, Ravenna, Ancona, Pescara, Polignano. Così come in contemporanea saranno organizzate iniziative in Croazia, Albania, Montenegro e Bosnia Herzegovina. L’appello è rivolto anche al popolo social che potrà interagire con l’hashtag #STOPseadrilling. Secondo il report #StopSeaDrilling, la zona dell’alto Adriatico vede una forte attività di estrazione di idrocarburi, prevalentemente di gas; la produzione nel 2014 è stata di 3.336 milioni di Sm³, circa il 69% del totale estratto in mare, che a livello nazionale nel 2014 è stato di 4.863 milioni di Sm³; le concessioni attive ad oggi sono 39. Nel medio e nel basso Adriatico, tra le Marche e la Puglia sono attive 21 concessioni di estrazione di idrocarburi (gas e petrolio). Di queste quelle da cui si estrae petrolio sono 3 (tab.4), per un totale di 1.127 kmq di estensione, 8 piattaforme e 34 pozzi produttivi; i titoli appartengono all’Eni, all’Edison e uno di Eni-Edison a largo delle coste di Vasto. Piattaforme che rischiano di aumentare, nel tratto di costa abruzzese di Ortona, la d26 BC-AG di Agip, e la nuova piattaforma Ombrina mare della Rockhopper che ha ottenuto il parere postivo della Commissione VIA nazionale il 6 marzo. Decisione contestata da tutta la comunità abruzzese. Infine, nel marzo del 2014 è iniziata la corsa all’oro nero nelle acque croate: oggi sono 36.822 kmq del Mar Adriatico croato suddivisi in 29 macro aree da investigare per la ricerca di idrocarburi. Attività che andrebbe ad aggiungersi alle 19 piattaforme di estrazione di gas già presenti in acque croate. Dopo la tappa in Croazia Goletta Verde salperà per un viaggio di due mesi che toccherà le coste di tutta Italia, dall’Adriatico allo Ionio, dal Tirreno al Mar Ligure, per un totale di 30 tappe, 2.000 miglia nautiche e 500 ore di navigazione. Nel mirino dei controlli, i problemi della depurazione dei reflui, il monitoraggio delle plastiche in mare (macro e microlitter), la lotta contro le illegalità a danno di mare e coste, ma anche l’Italia virtuosa e il turismo sostenibile. Trieste, Venezia e Ferrara le prime tre tappe dell’imbarcazione di Legambiente che concluderà il suo viaggio in Toscana, tra il 12 e il 19 agosto infatti, sarà a Marina di Pisa, Talamone (Gr), Castiglione della Pescaia e infine Isola d’Elba (Li).

Annalisa D’Aprile

 

 

PROPOSTA DI LEGGE - Svolta “Rifiuti zero” lanciata dal M5S
TRIESTE - Il Movimento 5 Stelle ha presentato ieri la proposta di legge regionale “Rifiuti zero”, alla presenza del deputato Stefano Vignaroli, vicepresidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti.

Il consigliere Eleonora Frattolin ha ricordato che in Fvg la legge e il regolamento sulla gestione dei rifiuti «sono antiquati e attribuiscono ancora un ruolo troppo rilevante all’incenerimento, andando contro le direttive europee». Per Frattolin «il centrosinistra non ha fatto molto per innovare, nonostante ripetuti annunci: eppure non esistono ancora regole chiare sulla raccolta differenziata. La nostra proposta vuole essere uno stimolo, come avvenuto per quella sul reddito minimo: puntiamo a eliminare gli sprechi, a incentivare il riuso, a sostenere il riciclaggio. E vogliamo sia fatta corretta informazione, per responsabilizzare ogni soggetto della filiera del ciclo dei rifiuti». Il M5S riconosce che «sia in atto in regione un aumento della differenziata» e, in proposito, ricorda che Trieste è ultima con grande distacco, a causa della presenza dell’inceneritore, che provoca l’afflusso di rifiuti da altre zone del Fvg. «La nostra proposta - dice Frattolin - intende riorganizzare il ciclo, andando verso il recupero totale dei materiali: vogliamo omologare il sistema in tutta la regione e renderlo autosufficiente, attuare un piano di monitoraggio sanitario e ambientale, abolire l’incenerimento dei rifiuti riciclabili e compostabili, diminuire il conferimento in discarica, procedere con la raccolta porta a porta, stabilire i tempi entro cui raggiungere determinate percentuali di differenziata e rimodulare i tributi sulla base della virtuosità dei Comuni». La proposta prevede inoltre sconti sulle imposte in caso di compostaggio domestico, una moratoria fino al 2020 sulla costruzione di nuovi inceneritori, la tassazione alle aziende che non mettono a disposizione il vuoto a rendere. Vignaroli ricorda che «il movimento ha depositato in parlamento un disegno di legge sugli ecoreati. Bisogna colpire chi commette illeciti. Purtroppo, l’aumento di produzione di rifiuti corrisponde di fatto all’aumento di Pil: più spazzatura produciamo e più il nostro presunto benessere aumenta nelle statistiche. Produttori monopolistici di imballaggi, come il Conai, hanno tutto l’interesse a produrre confezioni e quindi rifiuti: si deve intervenire anche riducendo la produzione dei materiali alla fonte».

(d.d’a.)

 

 

Arrivata in Carso la zecca della meningite

Reso noto uno studio del Burlo e dell’Icgeb che nel 2013 hanno riscontrato i primi tre casi di Tbe trasmessi dal parassita
ceppo europeo L’infezione per fortuna non è virulenta come in Siberia e Oriente
Nella maggior parte dei casi si presenta solo con una prima fase febbrile ma a volte arriva anche una seconda fase, neurologica che comporta paralisi locali e in certi casi può portare a invalidità permanenti. È la meningoencefalite da zecca (Tbe), che un tempo in Friuli Venezia Giulia era riscontrata soltanto nell'Alto Friuli mentre da qualche anno è sbarcata anche a Trieste. Lo prova uno studio pubblicato su Journal of Clinical Virology che descrive i primi tre casi di trasmissione di Tbe nell'area Triestina, scrive l'agenzia Ansa. I TRE CASI Il virus è stato identificato nel Laboratorio di virologia dell'Ospedale Burlo Garofolo dall'equipe coordinata da Pierlanfranco D'Agaro, anche in collaborazione con il Laboratorio di virologia molecolare dell'Icgeb diretto da Alessandro Marcello. La Tbe è un'infezione che interessa il sistema nervoso centrale e si può contrarre a causa del morso di una zecca infetta. Ma non solo. «Abbiamo studiato tre casi di persone infettate nel 2013 nel Carso triestino - precisa D'Agaro - e uno dei tre pazienti ha probabilmente contratto il virus bevendo latte crudo non pastorizzato, perché mucche o capre, se infette, possono trasmettere il virus con il latte». Andando al pascolo infatti gli animali possono contrarre la malattia e passarla ad altri esseri viventi, attraverso il latte o latticini fatti a freddo. È il caso di uno dei tre pazienti presi in analisi dagli studiosi: mentre i primi due erano stati infettati dalle zecche, il terzo con tutta probabilità ha contratto la malattia proprio nutrendosi di latte crudo. IL VIRUS I ricercatori hanno isolato il virus e sequenziato il suo genoma per definirne meglio le caratteristiche epidemiologiche. «Si tratta di un virus del tipo europeo, fortunatamente meno virulento dei ceppi siberiani e orientali» precisa Marcello, da anni occupato nello studio dell'infezione da virus Tbe: «Sostanzialmente si tratta di un virus molto simile a quello riscontrato nei paesi vicini, Austria e Slovenia». «Non deve sorprendere la presenza di casi di trasmissione del virus anche in aree finora non interessate dal fenomeno -aggiunge -. Negli ultimi anni c'è stata infatti un'espansione in Europa Occidentale e nel Nord Italia, particolarmente in Trentino e Friuli Venezia Giulia, della presenza di zecche che sono potenziali vettori del virus». LA PREVENZIONE Proprio per identificare precocemente l'insorgere di nuove epidemie virali gli scienziati dell'Icgeb, in collaborazione con il Burlo, l'università di Trieste, Euroclone e il Consorzio di biomedicina molecolare di Area Science Park, e con il supporto? della Regione, stanno sviluppando kit diagnostici portatili pensati per rendere la diagnosi più veloce. I consigli del professor D'Agaro sul fronte della prevenzione sono diversi: «È buona norma usare dei repellenti, vestirsi di colori chiari, evitare l'erba alta e non usare sostanze irritanti che, al momento di rimuovere la zecca, possono favorire il fenomeno del rigurgito e aumentare il rischio di infezione». Ma più importante è senza dubbio la vaccinazione: «Oltretutto in Friuli Venezia Giulia è gratuita e veramente non avrebbe senso non farla». L'attenzione rimane alta: «Dal 2013 possiamo dire che la malattia è arrivata anche da noi. L'anno scorso è stato piuttosto quieto ma, senza fare previsioni, può essere che il 2015 si riveli più vivace, nel Bellunese sono già stati segnalati alcuni casi». LA TBE In che modo si manifesta la malattia? «Può comparire in maniere anche grave - dice D'Agaro -. Si tratta di una malattia bifasica come la vecchia poliomelite. C'è una prima fase febbrile, che nella maggioranza dei casi è l'unica a comparire, poi però può arrivare la fase paralitica che interessa soprattutto gli arti superiori, e che può portare anche a invalidità permanenti». Le conseguenze sono quindi potenzialmente «pesanti», anche «se le forme gravi per fortuna non sono frequenti. Possiamo dire che la versione neurologica è più rara ma quando c'è morde».

Giovanni Tomasin

 

LA POLEMICA - Lav: «Pericolosi i selfie con i cinghiali»

Un appello a desistere dai selfie con eventuali cinghiali incontrati o ricercati di notte sul Carso nel corso della gara di orienteering di questa notte a Padriciano giunge dalla Lav (Lega anti vivisezione) di Trieste. «Prima o poi - si chiedono gli ecologisti - ci sarà un po’ di pace per gli animali selvatici, a cui sottraiamo sempre più territorio tra ville, superstrada e altri manufatti?». La Lav ricorda la pericolosità dell’iniziativa: «È rischioso per chi si avvicina al selvatico, magari impaurendolo o minacciando la sua prole, magari senza saperlo; è pericoloso per gli automobilisti ma soprattutto non è divertente».

 

 

DUBS - Su Park foraggi «Dimenticati i residenti e le 600 firme»

«Molti residenti e io constatiamo con amarezza che sull’accordo finanziario tra Comune e Ditta Riccesi che prevede in piazza Foraggi una struttura impattante e inutile, le parti si sono scordate della volontà popolare: oltre 600 firme di locali contro la realizzazione del parcheggio multipiano e nessuno ne parla» dice Roberto Dubs, Quinta circoscrizione.

 

 

Oltre 160 espositori Scatta “Bioest” al Parco di San Giovanni

Si apre oggi il Mercatino della 21.ma edizione della Fiera dei prodotti naturali e delle Associazioni ambientaliste, culturali e del volontariato, Bioest. L'edizione 2015 è ancora più ricca, con oltre 160 espositori e 500 ospiti da tutta Italia, Austria e Balcani. Fiore all’occhiello l'Incontro nazionale della Rete dell’Economia solidale, con relatori da tutto il mondo che si propone di promuovere le buone pratiche e favorire la costituzione di distretti e filiere di economia solidale. Il fitto programma a ingresso libero prevede alle 11 l'Assemblea plenaria su scenari, concetti e transizione.

 

 

PRADAMANO - Vito illustra le norme sulla difesa del suolo

L’assessore regionale all’Ambiente ed energia, Sara Vito, ha partecipato all’incontro, organizzato da Anci Giovani Fvg, dal titolo “Legge per la difesa del suolo e l’utilizzo delle acque. Un esempio pratico: il torrente Torre”, tenutosi a Pradamano. Nel suo intervento, ha illustrato ai presenti i principali contenuti della legge regionale in materia.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 19 giugno 2015

 

 

M5S pronto all’esposto sul caso Riccesi

I consiglieri comunali pentastellati: «Alla Corte dei conti se la delibera sul contenzioso col Comune passerà in Consiglio»
«Se la delibera predisposta per chiudere il contenzioso con l’impresa Riccesi dovesse essere approvata in Consiglio comunale, saremmo costretti a presentare un esposto alla Corte dei Conti in quanto a quel punto ci troveremmo di fronte a un’ipotesi di danno erariale». I consiglieri comunali del Movimento 5 Stelle ribadiscono la loro contrarietà alla delibera relativa alla transazione che dovrebbe chiudere una lunga e tormentata vicenda iniziata 15 anni fa e che ha come oggetto il risarcimento per il mancato parcheggio che si doveva realizzare a Ponterosso. Un voto contrario, quello dei pentastellati, che ha preso forma dopo un’attenta consultazione dell’ampio carteggio che riassume una “querelle”, quella tra Comune e Riccesi Spa, lunga tre lustri e passata attraverso quattro diverse amministrazioni comunali. Un “no” che si fonda su ragioni etiche. «È chiaro che siamo di fronte ad un danno subito da un’azienda che deve essere in qualche modo risarcito - spiega Stefano Patuanelli -. Il problema però è che la richiesta di risarcimento è stata formulata dall’imprenditore e presa per buona così com’era, in modo particolare la parte riguardante il cosiddetto lucro cessante che è assolutamente aleatoria. Ci vuole un soggetto terzo, che può essere la Corte dei Conti o il Tribunale stesso nel caso di una causa civile, che quantifichi esattamente il danno subito ma che soprattutto accerti le diverse responsabilità». Ai consiglieri del M5S non sono andate giù in particolare le recenti dichiarazioni dell’imprenditore Donato Riccesi che aveva affermato che «nel caso la transazione non passasse il voto del Consiglio, dovremo prendere in considerazione la strada giudiziale». Parole alle quali replica Paolo Menis: «Le dichiarazioni di Riccesi hanno lanciato un messaggio improprio e non corretto, dove si legge una velata minaccia all’indirizzo dell’intero Consiglio comunale - ribatte Menis -. Affermazioni che non accettiamo e che respingiamo al mittente. Noi andremo in Consiglio a votare a testa alta: Riccesi può anche portarci in tribunale, ma non può toglierci la dignità». La delibera, dopo un iter travagliato e una serie di rinvii, sarà discussa in aula lunedì 29 giugno. La vicenda, nel corso degli anni, era passata prima attraverso la rinuncia al park di Ponterosso da parte della giunta Dipiazza e poi attraverso l’individuazione di tre siti di parcheggi alternativi (via Tigor, largo Roiano e via del Teatro Romano), tutti tramontati per diverse ragioni, fino all’approdo alla soluzione definitiva in piazza Foraggi, con indennizzo risarcitorio fissato a 2 milioni e mezzo di euro da versare in doppia tranche. «Si tratta di una delibera che non ha un fondamento tecnico e che si basa su una gestione di questa vicenda carente e lacunosa da parte dell’amministrazione comunale - conclude Patuanelli -. Un ente pubblico non è un ente astratto e dunque vanno accertate le responsabilità di dirigenti e assessori che hanno contribuito a creare questo pasticcio. Chi ha sbagliato insomma deve pagare e non è giusto che a rimetterci siano le tasche dei cittadini».

Pierpaolo Pitich

 

 

Bordate del centrodestra sulla raccolta rifiuti
Parte la bagarre da campagna elettorale: «Giunta ostaggio di AcegasApsAmga, città mai così sporca»
«Rifiuti e servizi ai cittadini in una città abbandonata!». Il titolo della conferenza stampa è già tutto un programma. A convocarla è l’opposizione di centrodestra (tutta meno Un’Altra Trieste e la neonata lista Trieste Popolare). E lo fa in sala giunta dove tra un anno vorrebbe legittimamente reinsediarsi. Quella sui rifiuti è la prima di una serie di conferenze stampa che passeranno ai raggi X l’amministrazione comunale di centrosinistra di Roberto Cosolini. La campagna elettorale, insomma, è partita anche se, fanno sapere dal centrodestra, non ci sarebbe nemmeno bisogno di farla. «Non serve. La campagna elettorale contro se stessa la sta facendo la giunta» annuncia Lorenzo Giorgi, capogruppo Pdl. «A parlare è la sporcizia e il degrado della città dopo 4 anni di amministrazione Cosolini» sentenzia Everest Bertoli, capogruppo di Forza Italia. - Abbiamo la tassa rifiuti più alta d’Italia e la città più sporca con lo spazzamento delle strade ridotto all’osso». Il riferimento è al Pef approvato lunedì scorso dal consiglio comunale che «fa gli interessi di Acegas più che quelli dei cittadini». Michele Lobianco (Impegno civico), “preciso e didascalico”, conferma («Più sporca di così Trieste non è mai stata») e chiede una commissione trasparenza («Con un contratto da 5 milioni con AcegasApsAmga non si può vedere questo sporco)». Carlo Grilli (Lista Dipiazza) tira in ballo la vocazione turistica: «Una città pulita è il primo biglietto da visita. E con questa giunta ha invece raggiunto livelli di sporcizia allarmanti». Alfredo Cannataro (con Trieste per Trieste) ha le prove: «Quando cammino per strada osservo, constato, giudico e fotografo: la città è sporca. Nessuno lo può negare». Manuela Declich (Pdl) punta invece il dito contro le deiezioni dei cani («Che costringono agli slalom i passeggini») e i gabbiani aggressivi richiamati dall’introduzione dell’umido («Bisogna multare le persone che danno loro da mangiare»). «Un po’ è colpa del senso civico dei triestini, ma anche del lassismo dell’amministrazione che non controlla». L’umido non piace proprio al centrodestra che non nega di essere tentato da una retromarcia se ritornasse al governo con una rivisitazione radicale della raccolta differenziata. «Conosco una signora anziana costretta a prendere il taxi due volte la per portare le scovazze - fa presente Giorgi -. Sui rifiuti questa città paga una scelta ideologica. A partire dalla scelta scellerata dell’umido. Con Dipiazza era un fiore». Claudio Giacomelli (Fratelli d’Italia) non va più leggero: «Dopo 4 anni ci troviamo una città irriconoscibile: sporcizia, degrado e negozi chiusi. Da quando il centro di potere di Acegas si è spostato in Emilia è diventato tutto incontrollabile». Non c’è però da disperarsi troppo. «Trieste è sopravvissuta a due guerre - conclude Giacomelli -. Sopravviverà anche a Cosolini».

(fa.do.)

 

Il rione di San Giovanni si tinge di verde
Tornano le manifestazioni nei quartieri promosse con l’obiettivo di sensibilizzare i cittadini sulla raccolta differenziata, che vedono coinvolte in contemporanea Provincia e Comune di Trieste, insieme ad AcegasApsAmga.

Protagonista dell’appuntamento in programma domani sarà la sesta circoscrizione, che accoglierà nel corso della giornata due iniziative itineranti nate dalla volontà di promuovere la raccolta differenziata favorendo l'impegno dei cittadini: “Valore verde” e “Sabati ecologici”. Dalle 10 alle 13 e dalle 14 alle 19 in piazzale Miossi si svolgerà infatti l'ultimo appuntamento di Valore verde, l'iniziativa che regala ai cittadini un sacco di compost a fronte di un conferimento dei propri scarti verdi del giardino. Contestualmente, dalle 10 alle 18 nell'area parcheggio della Rotonda del Boschetto, presso la sede della sesta circoscrizione, ripartono i Sabati ecologici, l'azione anti-abbandono che prevede l'allestimento di “centri di raccolta mobili” in diverse zone della città, per la consegna di quei rifiuti non conferibili nei contenitori stradali per la raccolta differenziata. Dopo il “debutto” in piazzale Mossi, i Sabati ecologici toccheranno anche altri rioni cittadini. Sabato 27 giugno sarà la volta della prima circoscrizione (appuntamento a Santa Croce, nella sede della Protezione Civile - ex ricreatorio). La settimana successiva sarà la volta della VII circoscrizione (ritrovo area parcheggio adiacente alla Risiera). Sabato 11 luglio infine l’iniziativa si sposterà a Basovizza.

 

 

Legambiente - Dibattito pubblico sul rigassificatore

Legambiente Trieste circolo verdeazzurro e Comitato “Trieste dice no al rigassificatore” promuovono un dibattito pubblico sul mai risolto problema del progetto Gas natural. L’incontro di svolgerà domenica alle 17, nel villaggio Bioest nel parco culturale Basaglia di San Giovanni, presso la sala Villas - piazzetta chiesa.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 18 giugno 2015

 

 

Stop alla Ferriera - Prodani: «Basta che il sindaco firmi»
«Quello che ci si aspetta dal sindaco quale responsabile della salute dei cittadini: un'ordinanza che imponga la riduzione graduale dell’attività degli impianti, finalizzata a raggiungere nei tempi tecnici minimi la fermata conservativa a caldo degli stessi, almeno fino al prossimo rilascio dell'Aia. I dati degli ultimi giorni parlano chiaro: limiti di PM10 superati 13 giorni su 15. Una situazione che fa addirittura rimpiangere l'era Lucchini. L'ordinanza è già pronta. Il sindaco prenda coraggio: basta solo che la firmi». È l’invito del parlamentare Aris Prodani a nome di “Futuro Trieste”.

 

 

«Trivellazioni, il ministro lasci»

Manifestazione ecologista a Zagabria: «La gente vuole il referendum»
ZAGABRIA Alle 9.30 del mattino gli amministratori dell'Hypo Centar escono in fretta dall'edificio. C'è chi chiama la polizia e chi si affretta a coprire con le mani le telecamere dei giornalisti. «Questa è proprietà privata», grida una delle responsabili del complesso a Marko Gregovi„ di Greenpeace. Lui resta calmo e non risponde. Dalle scalinate dell'imponente centro congressi di Zagabria, due enormi striscioni gialli sono appena stati srotolati e ancorati alle ringhiere: vi si legge "Don't spOIL the Adriatic", ("Non rovinate l'Adriatico"), e "Ministro degli Affari sporchi". L'azione organizzata dalle associazioni ecologiste del fronte "Sos za Jadran" ("Sos per l'Adriatico") ha un obiettivo preciso: il ministro dell'Energia Ivan Vrdoljak, deus ex machina dell'avventura petrolifera croata e principale invitato proprio all'Hypo Centar per una conferenza sull'avvenire dell'energia in Croazia. «Il futuro energetico di questo paese non è sicuramente nei combustibili fossili - afferma Luka Tomac dell'Ong Zelena Akcija (Azione verde) - al contrario, la Croazia ha un enorme potenziale per le energie rinnovabili, soprattutto per il solare: è questa la strada che dovremmo seguire». Asserragliati all'entrata dell'edificio, gli attivisti vogliono mettere il ministro con le spalle al muro su una questione precisa: il premier Milanovi„ ha promesso un referendum sulle trivellazioni in Adriatico, perché Vrdoljak non vuole che si vada alle urne? «Il 74% dei cittadini croati vuole votare - prosegue Luka Tomac, citando un recente sondaggio - Se il ministro non ha intenzione di rispettare la volontà popolare, allora si dimetta». È la prima volta che il fronte ecologista croato chiede la testa del ministro dell'Energia, ma quest'ultimo, proprio dall'interno dell'Hypo Centar, reitera lo stesso perentorio messaggio: «Non ci sarà alcun referendum sul petrolio in Adriatico». Al contrario, nelle ultime settimane il dicastero controllato da Ivan Vrdoljak ha annunciato l'attribuzione di altre sei licenze di esplorazione energetica nella parte continentale del Paese. Tre compagnie petrolifere (Ina, Oando Plc e Vermilion Zagreb Exploration) potranno sondare le terre della Slavonia alla ricerca di idrocarburi e, se troveranno quantità commercialmente interessanti di gas e petrolio, potranno trivellare. Ma prima che il progetto possa passare a questa seconda fase, governo e imprese dovranno trovare un accordo definitivo e dettagliato. E in Slavonia come in Adriatico, i contratti con i giganti petroliferi sono ancora da firmare. Anche se l'esecutivo immagina di poter chiudere questo capitolo entro inizio luglio, gli ambientalisti sono disposti a tutto pur di far saltare i negoziati. Mentre nella sala congressi il ministro dell'Energia discute del futuro energetico della Croazia, fuori gli attivisti resistono fino all'arrivo della polizia. Uno di loro, mascherato da Vrdoljak, propone ai passanti delle sardine condite al petrolio. Una metafora, spiegano, di quel che resterà della costa dalmata se si lascia fare il governo croato.

(gi.va.)

 

 

Campi di volontariato con Legambiente In Friuli e in Carnia giovani di sei regioni

Con la fine delle scuole ricomincia la stagione dei campi di volontariato, l’esperienza di vacanza e lavoro che Legambiente propone dal 1991 e che nella nostra regione è giunta alla diciottesima edizione. Da lunedì scorso sedici ragazzi, provenienti da sei diverse regioni (Lombardia, Veneto, Toscana, Lazio, Campania e Friuli Venezia Giulia), hanno iniziato il soggiorno a Nonta di Socchieve, dove alterneranno interventi di manutenzione della sentieristica locale ad escursioni e visite guidate alla scoperta del territorio. Dopo Socchieve, sarà la volta di altri due campi riservati sempre agli “under 18” a Forni di Sopra (dal 29 giugno all’8 luglio) e a Lauco (dal 13 al 22 luglio). Si proseguirà poi dal 10 al 19 agosto con Tribil Superiore, nelle Valli del Natisone, con un progetto riservato agli adulti, per concludere dopo Ferragosto con un altro campo per ragazzi dai 14 ai 17 anni, che si terrà a Rigolato e Dogna.

 

 

Buone pratiche in passerella - A San Giovanni torna Bioest
Oltre duecento tra espositori del verde e associazioni del commercio solidale - E in parallelo al festival della cultura ambientale anche seminari e dibattiti
Un unico teatro, due iniziative parallele e una settimana di lavori. Il tutto condensato tra i temi che riguardano il biologico e le nuove frontiere dell’economia solidale. Sino a domenica il parco di San Giovanni (ingresso libero) si tramuta in un festival della cultura ambientalista ospitando sia la 21° edizione di Bioest che la tappa nazionale di Ines (Incontro nazionale della rete dell’economia solidale). Due progetti, qualche intreccio di troppo ma in fondo nessun cenno di dicotomia. La proposta targata Ines - organizzata dalla Res in collaborazione con la stessa Bioest, il Centro di volontariato internazionale, e il Forum per i beni comuni e l’economia solidale del Friuli Venezia Giulia - ha già aperto i battenti del suo canovaccio di due parti e da ieri sino a venerdì animerà lo scenario de “I dialoghi di San Giovanni” mentre da venerdì a domenica porterà in piazza “L’incontro nazionale”. Le differenze? La fase targata “Dialoghi” si pone con il criterio di scuola puntando, tramite seminari e lezioni, al coinvolgimento e dei cittadini e degli operatori della moderna economia solidale; la parola d’ordine è oramai una sorta di tormentone: buone prassi. La parte dell’incontro Ines si avvale invece di un ulteriore titolo (“Sconfinamenti”) e prova a suo modo, come recita il manifesto dell’iniziativa, a scardinare “i recinti, materiali e psicologici, che impediscono di fare l’altra economia”. Insomma, con i “Dialoghi” si studia, con Ines si concerta il futuro filtrando quattro ipotetiche filiere della svolta: l’alimentazione, il vestire, la casa e i dettami ambientali. La struttura di Bioest - la manifestazione organizzata dal Gruppo ecologista naturista di Trieste in collaborazione con il Comune di Trieste, è invece canonica, ancorata al consueto schema di fiera del verde solidale e del commercio equo, variegato tuttavia da qualche frammento di new age, vedi il ricorso a un’Area spazio Energia vitale abitata da yoga e arti marziali. Il copione di Bioest si avvale comunque prevalentemente di mostre, spettacoli, animazione, mercatini, degustazioni, vetrine di biocosmesi e l’ennesima passerella ispirata dalle “buone pratiche”, un circo ecologico che quest’anno porta in piazza 160 espositori e una cinquantina di associazioni dedite al volontariato e all’impegno tra i rami dell’animalismo, il pacifismo, la medicina alternativa e naturalmente dell’ambiente. Cartellone quindi piuttosto fitto di appuntamenti. Oggi la fase “I dialoghi di San Giovanni” apre i lavori alle 9.30 con un laboratorio denominato “Scenari di altra economia”, prosegue con una relazione di Roberto Mancini alle 11 (“Restituzione e documento di sintesi su Scenari”) e approda alle 14.30 con l’incontro a cura di Dalma Domenghini (“I concetti: inquadramento”). Nel pomeriggio la “scuola” resta aperta e contempla altre tappe, sino al dibattito pubblico delle 18. Domani si replica, si parte alle 9.30 ma si chiude alle 17. La vernice di Ines del 19 giugno è programmata alle 17.30 e si affida alle relazioni dell’ex parlamentare Paolo Cacciari e del fisico cibernetico Davide Biolghini. In cartellone altri interventi sino alle 18.45 e coda in musica alle 21 con la proposta timbrata ethno-folk traditional music, quella del gruppo I Beneandanti. Capitolo Bioest: la fiera taglia il nastro della sua 21° edizione sabato alle 9 e concede una mattinata subito impegnativa, dando vita a tavole rotonde, sessioni plenarie e primi dibattiti ma in serata si raddolcisce, in quanto arriva anche qui il tocco musicale alle 21, questa volta con il concerto dei Veja, altra band dedita al repertorio ethno-folk. Per chi opta invece per dinamiche diverse, l’alternativa a Bioest si chiama Area Energia vitale e include pacchetti riempiti da meditazione, Tai Chi, Yoga, Karate, musica (percussioni) e uno scibile di congetture catalogate sotto la voce “Riequilibrio energetico”. Dove? Nella zona prato (dalle 10 alle 20) e nella zona centrale (dalle 16 alle 20). Ulteriori ragguagli e l’intero programma delle manifestazioni viaggiano in rete su www.bioest.org o scrivendo a info@bioest.org.

Francesco Cardella

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 17 giugno 2015

 

 

Il vento solleva le polveri - Nube nera dalla Ferriera

L’impressionante coltre scura avvistata domenica scorsa sarebbe stata provocata da una raffica di 124 km/h. Si riapre il dibattito sulla necessità di coprire i depositi
Mercoledì scorso si è aperta in Regione la Conferenza dei servizi che dovrebbe concludersi con l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia)Venerdì proseguirà all’interno dello stabilimento il confronto tra i rappresentanti sindacali e il nuovo amministratore delegato Andrea Landini. A Servola sono già stati sbarcati gli impianti che comporranno il nuovo laminatoio a freddo, ma anche la cappa che dovrebbe aspirare tutte le emissioni dalla cokeria

La nube nera invade anche il web. È quella che nel tardo pomeriggio di domenica, quando il nubifragio si è abbattuto sulla città, si è alzata dalla Ferriera di Servola e ha coperto un intero rione cittadino sollevando ancora una volta le proteste di decine di abitanti. Siderurgica Triestina, la società del Gruppo Arvedi proprietaria dello stabilimento, non ha inteso emettere alcuna nota ufficiale a giustificazione dell’accaduto. Fonti vicine alla proprietà hanno comunque messo il fenomeno in relazione all’eccezionale evento atmosferico che attorno alle 18.10 di domenica ha anche fatto registrare un picco improvviso di vento, anche a mulinello, dell’intensità di circa 124 km. orari (rispetto ai 20 km. orari della fase precedente) e che ha sferzato ampie zone dello stabilimento generando notevoli nubi di polveri. Un fenomeno analogo si sarebbe verificato nella giornata del 30 luglio 2013. A quanto risulta al Comune, domenica pomeriggio e sera, nessuna centralina né quella contestata di via San Lorenzo in Selva né quelle collocate in via Carpineto, in via Pitacco e in via Svevo hanno registrato picchi di concentrazioni di polvere particolarmente evidenti che però sono difficilmente “catturabili” visto che ad essere registrata è la media giornaliera. Sembra comunque assodato che la polvere si sia alzata dai cumuli di materiali in deposito il che ha riacceso il dibattito sull’opportunità della loro copertura che, prevista dagli Accordi di programma non sarebbe poi stata, almeno inizialmente, inserita nelle prescrizioni che verranno contenute nell’Autorizzazione integrata ambientale sulla quale proprio in queste settimane è aperta la Conferenza dei servizi. Secondo alcune tesi la copertura sarebbe potuta risultare addirittura peggiorativa quanto a ripercussioni ambientali, ma è chiaro che dopo il fenomeno di domenica si riaprirà il dibattito in particolare su questa questione. La gestione della polvere di carbone, unitamente all’impatto acustico e alla captazione delle emissioni della cokeria, risulterebbe già nel dossier che verrà approfondito nelle due prossime sedute della Conferenza dei servizi sull’Aia già programmate per il 30 giugno e il 3 luglio. La Conferenza ha già rilevato come dai depositi di carbone derivi il 55% delle polveri disperse nell’aria. Del resto già il 23 ottobre 2013 il Gruppo Arvedi aveva emesso una nota affermando di avere già pronto il Piano industriale che prevedeva anche la copertura dei cumuli di materiali «per la quale - era stato specificato - abbiamo già perfino ordinato i teloni.» La mancanza di comunicazioni ufficiali da parte dell’azienda sul fenomeno di domenica rischia comunque di aprire un solco tra la proprietà e la città proprio nel momento in cui il Gruppo Arvedi sta facendo il maggiore sforzo anche economico per ammodernare gli impianti, ridurre le emissioni ambientali, ma anche per incrementare l’occupazione grazie al nuovo laminatoio a freddo.

Silvio Maranzana

 

 

Piano del porto, ok di Roma entro fine mese
Il commissario D’Agostino: «Con in mano il nuovo strumento urbanistico andremo in Cina per trovare investitori forti»
«Con in mano il nuovo Piano regolatore, che sarà approvato tra poche settimane, andremo a Shanghai dai cinesi e troveremo investitori forti per il porto di Trieste». È lo scenario delineato dal commissario dell’Authority Zeno D’Agostino nel corso dell’incontro con i cittadini promosso ieri pomeriggio dal Circolo della stampa. «Entro il 30 giugno - ha spiegato a margine D’Agostino - la Commissione Via del Ministero dell’Ambiente dovrebbe riunirsi avendo acquisito i pareri del Governo sloveno e del nostro Ministero per i Beni culturali e licenziare il documento. A quel punto il nuovo passaggio in Regione sarà soltanto un pro forma». E dovrebbe essere proprio il Piano regolatore del porto a mettere definitivamente fuori gioco il rigassificatore di Zaule. «Oggi che i finanziamenti pubblici scarseggiano - ha spiegato il commissario - i nuovi progetti infrastrutturali devono essere finanziati in gran parte dai privati, ma rigassificatore e metanodotto creerebbero problemi insormontabili a causa della nuova area di evoluzione delle navi e dell’impossibità di effettuare dragaggi: ciò causerebbe la fuga degli imprenditori e l’impossibilità di mettere in pratica il Piano regolatore stesso. Se devono metterlo nell’Alto Adriatico - ha aggiunto polemicamente - lo mettano sull’offshore progettato a Venezia da Paolo Costa». Presentato da presidente e segretario del Circolo, Rino Alessi e Gianni Martellozzo, D’Agostino ha messo subito nero su bianco i quattro vantaggi di cui dispone il porto di Trieste: la posizione geografica, la cospicua e variegata rete ferroviaria che si diparte dallo scalo, i fondali di 18 metri e i Punti franchi. «Qui ho trovato un’affermata capacità operativa - ha spiegato - ma anche poca capacità di comunicazione con l’esterno e nel momento in cui si ha bisogno di un supporto politico ciò non è affatto un bene. Trieste non è andata sui tavoli giusti - ha aggiunto - e non ha saputo far pesare il proprio ruolo. Bisogna comunicare meglio perché questo è l’unico scalo italiano totalmente internazionale, l’unico che ha sfondato non nell’Est Europa, ma nel Centro Europa e che ha saputo fare in Austria e in Baviera con i container e i ro-ro ciò che nemmeno Genova è riuscita a fare in Svizzera. Ma questo in Italia non lo si sa e ciò è grave nel momento in cui si sta facendo la riforma delle Autorità portuali, sulla quale però, dal momento che le bozze cambiano in continuazione, non mi sento di fare alcun commento». Ma Trieste è anche, dopo La Spezia, il primo porto ferroviario d’Italia. «Raggiungeremo il numero di 5.550 treni movimentati nel 2015 - ha annunciato D’Agostino - oltre il 50% del nostro traffico va su rotaia e ciò è più importante per gli sviluppi futuri rispetto a qualche segno meno nel settore dei container e crea i presupposti perché si trasformi in un più». E il commissario ha anche annunciato che a breve andrà al Cipe il finanziamento di 50 milioni a favore della Piastra ferroviaria di Campo Marzio e che Rfi sta per abbandonare la manovra primaria nel porto di Trieste di modo che presto potrà essere eliminato il fardello della cosiddetta doppia manovra. «Quanto al Molo Settimo - ha aggiunto - non dobbiamo far arrivare navi da poche migliaia di teu che possono andare anche a Capodistria e a Venezia, ma dobbiamo far arrivare le maxiportacontainer che possono attraccare solo qui grazie ai nostri fondali: stiamo lavorando per questo». Infine il Punto franco. «È importante e mi piace, ma deve essere uno strumento e non un obiettivo e per creare sviluppo a Trieste può utilmente essere trasferito anche fuori Trieste. Ma se ci si innamora del Punto franco si sbaglia». Chiaro che bisogna trasferirlo da dove è inutile, cioé da gran parte del Porto Vecchio. «Per la prossima settimana è fissato l’incontro con il prefetto Francesca Adelaide Garufi che deve dettarmi le linee guida per il trasferimento - ha annunciato D’Agostino - poi andremo a identificare le aree dove spostarlo».

Silvio Maranzana

 

 

Kit “differenziato” per bar e ristoranti
In distribuzione gratuita da oggi alla Fipe 1.500 contenitori. “Cestino” a parte per vetro e lattine
Un passaggio fondamentale nel processo di crescita della raccolta differenziata in città che, a maggio, ha toccato quota 38%, avvicinandosi dunque all’obiettivo minimo dichiarato dal Comune da raggiungere in questo 2015, vale a dire quello del 40%. Proprio in questa direzione, lo step successivo riguarda la distribuzione di un kit gratuito creato ad hoc per bar e ristoranti nell’ambito dell’iniziativa denominata “Differenziata in azione”, che vede la sinergia di Comune, Provincia e AcegasApsAmga, in collaborazione con la Fipe. Sono 500 i kit che da oggi e fino al 31 luglio potranno essere ritirati gratuitamente ogni mattina alla sede Fipe di via Roma 28, non solo dagli associati ma anche da tutti gli altri esercenti. Ogni kit è composto da tre contenitori, con capacità da cinquanta litri, destinati rispettivamente ai rifiuti organici, a quelli indifferenziati e alla plastica. In aggiunta, sarà possibile ritirare anche un bidone con ruote da 120 litri (oltre duecento a disposizione), pensato per un doppio utilizzo: da una parte come contenitore per vetro e lattine, dall’altra come mezzo di trasporto per conferire i rifiuti nelle isole ecologiche. Non sono previsti invece contenitori per la carta, in quanto è già attivo il servizio di raccolta nei punti stradali (Src). «Si tratta di un messaggio forte e chiaro ed è quello lanciato dalla Fipe che ha deciso di aderire con forza a questa iniziativa - ha affermato l’assessore all’Ambiente Umberto Laureni-. Una collaborazione culturale fondamentale dal punto di vista della quantità e della qualità, che ci può consentire di raggiungere un risultato importante». Un’iniziativa finanziata dalla Provincia, che sul fronte dei diversi progetti declinati sul tema della raccolta differenziata ha messo sul tavolo complessivamente la cifra di 340 mila euro. «Un ruolo fondamentale in questo senso lo gioca proprio la città di Trieste, che in virtù delle sue dimensioni incide in modo determinante sul risultato finale» ha precisato l’assessore provinciale all’Ambiente Vittorio Zollia. La scelta dei contenitori è stata studiata nell’ottica di una estrema flessibilità di posizionamento e condivisa con l’Azienda sanitaria nel rispetto delle norme in materia di sicurezza e igiene alimentare. «Questa iniziativa rappresenta un ulteriore elemento di accelerazione in tema di raccolta differenziata: più alleanze si stringono, più facilmente si possono raggiungere gli obiettivi prefissati, in modo rapido ed incisivo» ha aggiunto Roberto Gasparetto, direttore generale AcegasApsAmga, mentre soddisfazione è stata espressa anche dai vertici della Fipe provinciale, il presidente Bruno Vesnaver e il segretario Fabrizio Ziberna, che si sono soffermati «sull’importanza del cambiamento culturale che deve essere condiviso da tutti gli esercenti e che contribuisce in modo rilevante all’immagine che la città offre ai concittadini e ai turisti».

(p.pit.)

 

 

Il boom delle bici traina il Delfino Verde

Nella prima metà di giugno, sulla tratta Grado-Trieste, passeggeri aumentati del 30 per cento in entrambe le direzioni
IL RICHIAMO DEI PERCORSI Attrattive sono anche le piste ciclabili, in particolar modo quella fino alle oasi faunistiche della Cavanata e del Caneo e la translagunare
GRADO È boom di biciclette a Grado. I cicloturisti arrivano via mare e via terra. I primi dati stagionali dell’Azienda provinciale trasporti, relativi al trasporto delle due ruote con “bicibus” e Delfino Verde, sono ottimi se paragonati a quelli “miseri” dello scorso anno. Il debutto del servizio con il bus era stato fiacco, mentre quello per il collegamento via mare Grado-Trieste nel 2014 doveva fare i conti con un trasporto di sole due biciclette alla volta. Ma non è questo l’unico dato positivo. C’è anche quello relativo ai 2.314 passeggeri trasportati in questo periodo (dall’inizio e sino al 14 giugno) lo scorso anno a bordo del Delfino Verde contro i 3.048 di quest’anno. Il 31,72 per cento in più. Ecco che da Trieste nel 2015 sono partiti 1.533 passeggeri contro i 1.173 dello scorso anno. Un aumento è del 30,69 per cento. Da Grado sono invece partiti in 1.515 contro i 1.141 del 2014. Un incremento pari al 32,78 per cento. Ma dove vanno tutte queste biciclette? Oltre a spostarsi nelle varie spiagge, sono le piste ciclabili (in particolar modo quella da Grado fino alle oasi faunistiche della Cavanata e del Caneo e la translagunare che dall’Isola porta a Belvedere e prosegue per Aquileia) a farla da padrone. Tre i fattori che contribuiscono a questi primi successi: le condizioni meteo che, tranne in due giornate, è stato sempre ottimo; la voglia di lasciare l’automobile a casa senza l’assillo di cercare un parcheggio; il fenomeno del cicloturismo, per chi non si accontenta unicamente della vacanza in spiaggia. Le parole d’ordine sono intermodalità e rispetto per l’ambiente. Ecco che il binomio bici + bus consente di abbattere le spese della benzina senza essere dei ciclisti provetti e permette spostamenti decisamente più agevoli una volta arrivati a destinazione, con un costo di trasporto per la bicicletta corrispondente alla tariffa di un biglietto di fascia E01 acquistato a terra (1,25 euro, come lo scorso anno). Il servizio bici-bus è iniziato il 13 giugno e si concluderà il 12 settembre, ogni sabato e domenica, su tre corse diurne della Linea 1 (Gorizia-Grado) dove nelle fermate abilitate si può caricare la bici nell’apposito carrello (per un massimo di 28 posti). Anche chi preferisce spostarsi via mare lo può fare con la bici al seguito: da martedì a domenica e sino al 30 agosto (compreso anche il 17 agosto). La linea marittima che collega Grado e Trieste quest’anno consente il trasporto a bordo del Delfino Verde di 16 biciclette a corsa. Nelle prime due settimane di operatività i riscontri sono già più che positivi, non solo in termini di passeggeri trasportati, ma è la formula “bicinbarca” ad essere vincente con 193 bici trasportate in pochi giorni. La linea marittima sul Delfino Verde consente il collegamento via mare con tre corse giornaliere in partenza, rispettivamente, dal Molo Audace del capoluogo giuliano e dal Molo Torpediniere nell’Isola d’Oro. Numerose le facilitazioni stabilite dall’Apt: l’acquisto a bordo del biglietto del bus urbano per Grado, stante la prossimità della linea che collega il centro con le spiagge dell’isola, e le agevolazioni per i possessori della Fvg card. Mare permettendo, ovviamente, e fermo restando che l’Apt garantisce, in caso di blocco della motonave, un servizio sostitutivo in bus con il carrello portabici. Sempre a Grado c’è la possibilità di utilizzare, indifferentemente se con biglietto urbano o extraurbano di fascia E01, le corse serali che collegano i campeggi con l’autostazione, passando e fermando a Pineta e, di fatto, Città Giardino, nella fascia oraria tra le 21 e le 0.45. Tutte le informazioni sui servizi, orari, fermate e tariffe sono reperibili nelle biglietterie e rivendite autorizzate oppure consultando il sito www.aptgorizia.it o rivolgendosi al numero verde 800955957.

Antonio Boemo

 

 

Presentazione - “Bioest” punta sull’economia solidale

Oggi alle 11, nella sala giunta del Comune, conferenza stampa di presentazione della manifestazione "Bioest 2015 - 21° Fiera dei prodotti naturali e delle Associazioni ambientaliste, culturali e del volontariato", arricchita quest'anno dagli appuntamenti dell’"Incontro nazionale di Economia solidale" in programma fino al 21 giugno nel Parco di San Giovanni e dedicato quest'anno al tema degli "Sconfinamenti". Quest'anno infatti la Res (Rete italiana dell'Economia solidale) ha deciso di organizzare il proprio incontro nazionale a Trieste.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 16 giugno 2015

 

 

Accordo con Riccesi, ennesimo rinvio in aula - Slitta il voto sulla “scomoda” delibera relativa alla novazione con l’impresa. Dibattito acceso sui rifiuti
Rimanda a domani una grana che non sei obbligato a trattare oggi. È un po' il criterio che da qualche tempo a questa parte il Consiglio comunale continua ad adottare quando si tratta di votare la delibera sulla transazione novativa tra il Comune e l'impresa Riccesi. Anche ieri sera, infatti, la norma è stata rimandata a una prossima seduta del consiglio.

 Il contratto, lo ricordiamo, si propone di ripagare l'azienda per la mancata costruzione del parcheggio di Ponterosso autorizzando la costruzione di un parcheggio in piazza Foraggi e la consegna, a titolo di indennizzo, di una somma di 2 milioni 571 mila euro. Una decisione che giunta e Consiglio, per il momento, non paiono fremere all'idea di approvare. La gran parte della seduta di ieri, però, è stata dedicata all'approvazione del piano economico e finanziario per i rifiuti del 2015. Anche questa è una vicenda intricata. Il Pef era infatti uscito dall'aula circa un mese fa. C'è tornato ieri perché durante il dibattito in aula venne approvato un emendamento di Marino Sossi (Sel) secondo cui i metri spazzati dovevano passare dai 48 milioni indicati dal Pef 2015 ai 64 milioni che l’allora AcegasAps operava nel 2008, a parità di costo. Acegas ha poi risposto che quel dato era una proiezione, e che i metri spazzati in quell'anno erano 49 milioni. Ecco quindi che la delibera è tornata in aula per porre rimedio all'emendamento. L'opposizione si è gettata a pesce sulla vicenda criticando la giunta per l'inghippo. L'assessore Umberto Laureni, che assieme al collega al bilancio Matteo Montesano è competente sul problema, ha assistito alla seduta dall'inizio alla fine. Il primo intervento è stato del consigliere di Trieste popolare Paolo Rovis, che ha ricordato come l'assessore sostenesse la fattibilità della modifica: «In una Spa l'amministratore delegato che mente agli azionisti si dimette il giorno dopo. Qui siamo tornati con la delibera in aula a dire tranquillamente che se ne sono accorti dopo». Su posizioni altrettanto critiche gli altri consiglieri del centrodestra. Il consigliere del M5S Paolo Menis ha stigmatizzato il fatto che l'emendamento non tenesse conto della differenza di costo del servizio richiesto. Il pentastellato ha poi chiesto «perché si è posto rimedio abbassandosi ai 49 milioni, il dato più vantaggioso per Acegas, invece che su quanto votato? È la conferma del fatto che il Comune non ha più alcun potere sul fornitore». Sossi di Sel ha difeso comunque la delibera, dicendo: «Il dato importante è il fatto che il Comune si è reso conto di avere potere contrattuale nei confronti di Hera. Una volta c'erano 180 spazzini a Trieste. Oggi sono 93 ed è dovere delle istituzioni verificare che questo numero sia sempre rispettato, anche in caso di malattia dei lavoratori attraverso le sostituzioni». La delibera è stata infine approvata con un emendamento di Everest Bertoli (Fi) che prevede che sul sito del comune si pubblichi il calendario degli spazzamenti.

Giovanni Tomasin

 

 

Legambiente - Incontro pubblico sulla tutela dell’Adriatico

In attesa dell'arrivo della Goletta Verde di Legambiente, attesa a Trieste il 22 e 23 giugno, Legambiente invita all'incontro pubblico su “L'Adriatico: un mare da conoscere e tutelare”, che si terrà oggi al Caffè San Marco alle 18. Ricercatori Ogs illustreranno le più recenti ricerche scientifiche e le implicazioni ambientali delle attività economiche ed estrattive in Adriatico.

 

 

Volontariato - Legambiente presenta i camp solidali 2015

Domani alle 11,30 nella sede di Udine Legambiente Fvg presenterà i campi di volontariato 2015, una forma di turismo a sostegno dell’ambiente che, dal 1998 ad oggi, ha richiamato centinaia i volontari, provenienti da ogni regione d’Italia.

 

 

Bici elettriche, bus a metano - Il progetto “green” di Pola
Via alla fase sperimentale: le due ruote potranno essere utilizzate gratuitamente da cittadini e turisti, una app aiuterà a individuare disponibilità e percorsi
POLA La città si adegua ai trend mondiali e introduce le biciclette elettriche per migliorare la mobilità nell'area urbana. Stiamo parlando del progetto internazionale Movesmart di cui sta per iniziare la fase sperimentale della durata di nove mesi. A disposizione dei cittadini, degli studenti e anche dei villeggianti ci saranno otto biciclette di questo tipo stazionate in due punti: ai Giardini e in via Smareglia, vicino al marcato dove sono già state sistemate le colonnine per la ricarica elettrica. Le due ruote al momento sono in fase di verniciatura: avranno i colori tipici della città, cioè giallo-verde. Entro l'estate - come spiega Kristina Fedel Timovski, a capo dell'Ufficio municipale per la collaborazione internazionale e le politiche europee - saranno allestite altre due stazioni e verranno acquistate altre dieci biciclette dello stesso tipo. Il loro utilizzo sarà completamente gratuito. Attraverso un'apposita applicazione sullo smartphone denominata “Mobilità a richiesta” - spiega ancora Fedel Timovski - sarà possibile individuare i punti nei quali le bici sono disponibili e farsi tracciare il percorso più breve per arrivare al punto desiderato. Non solo: il fruitore riceverà in continuazione informazioni relative alla transitabilità, a eventuali ingorghi e ai lavori in corso sulle strade in modo da sapersi regolare. Il progetto verrà attuato in contemporanea nella città spagnola di Vitoria-Gasteiz e i risultati che infine emergeranno dalla fase sperimentale verranno confrontati e risulteranno determinanti per la prosecuzione del progetto. Intanto l'amministrazione municipale del sindaco Boris Mileti„ sta pensando di rendere più ecologici i trasporti pubblici urbani e suburbani, con l’acquisto di una ventina di autobus alimentati a metano, ovvero dal gas naturale proveniente dai giacimenti sottomarini al largo della costa occidentale dell'Istria. Prima perà verrà allestita una stazione di rifornimento che sorgerà nel rione di Siana, dove finora è rimasto in funzione il vecchio reparto per la produzione del gas cittadino. I lavori, della durata di nove mesi circa, richiederanno una spesa di circa 1,3 milioni di euro, 200mila dei quali erogati a fondo perduto dal Fondo statale per la tutela dell'ambiente. Pola così si metterà anche in linea con l'iniziativa europea delle città contro i cambiamenti climatici, di cui è uno dei firmatari. Il traguardo è quello di ridurre di oltre il 20% le emissioni di Co2 entro il 2020.

(p.r.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 15 giugno 2015

 

 

Trebiciano - Prodani interroga sulla discarica

Un’interrogazione al ministro dell’Ambiente per denunciare la presenza di una discarica di idrocarburi nella grotta vicino all’«abisso di Trebiciano», descritta dal Piccolo lo scorso 11 giugno. A firmarla il deputato di Alternativa Libera Aris Prodani.

Nel testo l’ex M5S incalza il ministro per sapere «se e come intenda agire di fronte ad una situazione sempre più allarmante di inquinamento di un patrimonio naturalistico importantissimo quale le grotte del Carso, e se ritenga urgente avviare tavoli di lavoro per organizzare una serie di interventi mirati di bonifica e di salvaguardia delle falde acquifere».

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 14 giugno 2015

 

 

Chiazza di gasolio davanti al Porto Vecchio Squadre marine anti-inquinamento in azione

Una vasta chiazza d’olio dall’odore nauseabondo è stata segnalata in mare davanti a Porto Vecchio. A dare l’allarme alla Capitaneria, attorno alle 12.15, un diportista.

Subito sono intervenuti una vedetta e un gommone della Guardia costiera. Dai rilievi dei marinai della Capitaneria è emersa che la chiazza ha “coperto” un’area di circa un centinaio di metri quadrati ma fortunatamente l’inquinante è stato accertato essere non particolarmente consistente. Secondo le prime ipotesi della Capitaneria, la chiazza sarebbe stata provocata da uno sversamento di carburante da parte di una non precisata unità da diporto. Sul posto sono intervenuti e hanno operato per alcune ore un battello disinquinante della Crismani e altri mezzi operativi. Un fatto simile, ma di estensione molto più ampia, si era verificato l’altra mattina sul litorale della pineta di Jesolo. Tant’è che era stato disposto per alcune ore il divieto di balneazione relativo alla zona interessata.

 

 

Dal 1°luglio Arci Servizio civile lancia sei progetti

Arci Servizio civile ha ricevuto la notizia della fine del controllo delle selezioni e la conferma dell’avvio al servizio per la data del 1° luglio. In regione l’associazione sarà impegnata con 32 giovani volontari dai 18 ai 28 anni da impiegare in 6 progetti.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 13 giugno 2015

 

 

La Ferriera non passa l’esame - Slitta l’ok al rilascio dell’Aia

Documentazione carente su rumori, cokeria e copertura dei depositi di carbone - Conferenza dei servizi bis a fine mese. Ma il verdetto potrebbe arrivare dopo l’estate
Il check up ambientale della Ferriera è solo all’inizio: ieri si è conclusa la prima “tre giorni” di confronto tra soggetti pubblici e Siderurgica Triestina (St), la società dell’industriale cremonese Giovanni Arvedi impegnata nel rilancio della fabbrica servolana. Infatti la conferenza dei servizi convocata per il riesame e il rinnovo dell’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) è stata aggiornata alle giornate di martedì 30 giugno e venerdì 3 luglio: impatto acustico, captazione delle emissioni della cokeria, gestione della polvere di carbone dovrebbero costituire il dossier all’esame degli esperti delle pubbliche amministrazioni tra una ventina di giorni. Siderurgica Triestina ritiene di poter fornire per quella data un quadro riassuntivo degli interventi da effettuare nell’ambito del problematico stabilimento. Di «importante lavoro di approfondimento» ha parlato in una stringata nota l’assessore regionale all’Ambiente Sara Vito. Ma con ogni probabilità la sessione giugno-luglio, messa in calendario ieri, non sarà sufficiente a esaurire il lavoro delle parti. Da mercoledì a ieri, nella sede della Regione in via Giulia, i tecnici della stessa Regione, del Comune, della Provincia, dell’Arpa, dell’Azienda sanitaria, dei Vigili del fuoco hanno affrontata la prima tornata di verifica, che ha riguardato - riporta il comunicato - la rispondenza del progetto-Arvedi alle cosiddette Bat, ovvero le “migliori tecniche disponibili”. Una prima analisi che si è svolta, da quanto è dato sapere, in un clima collaborativo. Tra l’altro sono state esaminate le osservazioni - recita la nota regionale - presentate a titolo di contributo da alcune associazioni ambientaliste e da singoli cittadini: alcune decine di persone hanno presidiato l’ingresso degli uffici situati nel complesso del Giulia. In particolare, per gli enti di primo livello, che dovranno sottoscrivere il parere finale, erano presenti Luciano Agapito (Regione), Fabio Cella (Provincia), Franco Caputi (Comune): non hanno partecipato gli esponenti politici delle amministrazioni coinvolte, a evidenziare il profilo tecnico della discussione. Un esame che si preannuncia, in considerazione delle criticità ereditate dall’attuale proprietà, lungo e complesso. La stessa St si muove con prudenza. L’Aia è composta da tre ambiti autorizzativi, che riguardano la realizzazione delle opere previste, la gestione degli impianti, il sistema di monitoraggio e di controllo (aria, acqua, ecc.). Secondo quanto ufficiosamente trapelato, l’azienda avrebbe preannunciato che il piano di contenimento dei rumori, in ragione delle nuove attività previste (laminatoio e logistica), verrà presentato a settembre, in quanto è necessario ridefinire l’analisi delle fonti emissive. C’è, quindi, chi pronostica che l’attività istruttoria complessiva possa completarsi in autunno, per il rilascio dell’Autorizzazione integrata. Un altro aspetto importante riguarda la copertura dei depositi di carbone, da cui arriva il 55% delle polveri disperse nell’aria servolana. Copertura prevista dall’accordo di programma sottoscritto il 21 novembre dello scorso anno, che aveva “codificato” il quadro degli interventi ambientali e industriali destinati a rimettere en forme la Ferriera. L’assessore comunale all’Ambiente, Umberto Laureni, giudica positivamente l’attento filtro valutativo delle strutture pubbliche. «Niente cambiali in bianco perchè sussistono motivi documentati di preoccupazione», dice Laureni che, proprio alla vigilia della conferenza dei servizi, aveva lanciato l’allarme relativamente ai 56 sforamenti delle Pm 10 susseguitisi dal 1° gennaio al 6 giugno a fronte di un massimo di 35 ammessi nell’arco di un anno. Anche Vittorio Zollia, collega provinciale, insiste sulla necessità di «un lavoro scrupoloso, perchè dall’Aia dipenderà la gestione effettiva degli impianti». «Chi ha deciso di investire - dice Zollia - deve sapere che la situazione ambientale va migliorata».

Massimo Greco

 

Cittadini in presidio sotto l’assessorato
Ieri mattina manifestazione spontanea organizzata da cittadini, comitati e associazioni #Ferriera davanti al palazzo della Regione in via Giulia, in concomitanza con la conferenza di servizi che si è svolta a porte chiuse. Hanno partecipato anche i comitati No Smog e Basta Ferriera! Il Circolo Miani, il Comitato Salvaguardia del Golfo e Cittadini per il Golfo.

Alcuni partecipanti hanno atteso che la sessione terminasse, prendendo infine atto dell’aggiornamento al 30 giugno e al 3 luglio. «Un esito prevedibile», hanno commentato alcuni, mentre altri paventano dietro al rinvio decisionale e alla richiesta di ulteriore documentazione «una presa in giro».

 

 

Cinghiale abbattuto in mezzo alle case

Guardacaccia in azione in un giardino di via San Pasquale. Poco prima l’animale aveva tentato di entrare alla scuola Collodi
LA TESTIMONE RACCONTA Ho aperto il cancello dell’istituto e mi sono trovata davanti quel bestione: sono subito fuggita verso le scale
Un colpo esploso col fucile di precisione da un guardacaccia: in una frazione di secondo il cinghiale (un esemplare maschio del peso di 77 chili) è crollato a terra. Abbattuto. È successo ieri mattina. L’animale, che dalle 7 del mattino vagava seminando il panico tra gli abitanti nella zona di via San Pasquale - e aveva anche tentato di entrare nella scuola Collodi e nella vicina materna - è stato raggiunto dalle guardie ambientali della Provincia mentre era all’interno di un giardino condominiale al numero 107. Il guardacaccia ha scavalcato il muretto e ha preso la mira. Ha premuto il grilletto e bang. Il cinghiale, a circa una decina di metri, è stramazzato a terra, fulminato da un colpo di fucile. Impossibile, si legge in una nota dell’ufficio stampa della Provincia, utilizzare l’anestetico: «Le guardie sono giunte sul posto in pochi minuti e valutata la situazione, hanno dovuto scartare la possibilità di utilizzare proiettili narcotizzanti. Questa soluzione infatti necessita della presenza di un veterinario ed è inapplicabile in ambito urbano sugli animali come i cinghiali perché l’anestetico entra in azione solo dopo alcuni minuti. In questo lasso di tempo, l’animale provando senso di disorientamento costituirebbe un pericolo altissimo». L’allarme è scattato pochi minuti prima delle 8. A trovarsi praticamente davanti al cinghiale è stata Daniela Mitri, bidella della scuola Collodi. Racconta turbata dopo qualche ora: «Ho aperto il cancello e quando mi sono girata me lo sono trovata di fronte. Era un bestione. Sono scappata verso le scale perché le intenzioni dell’animale non mi sono sembrate tra le più rassicuranti». La donna però mentre saliva le scale della scuola è inciampata rovinando a terra. Fortunatamente non ha riportato gravi lesioni. Ma la vera fortuna è che ieri a quello che ha poi scherzosamente chiamato «l’incontro ravvicinato di terzo tipo» non erano presenti i bambini. Ma solo due giorni fa la scuola era in piena attività. Poi il cinghiale si è scatenato. Ha cominciato a girare per via San Pasquale alla ricerca, evidentemente, di cibo. È passato davanti all’asilo (anche questo senza bambini) e poi si è fermato, così ha riferito chi lo ha visto, davanti alla chiesa, pure chiusa. Infine ha cominciato a girare per i cortili delle villette e dei condomini. La gente - poca a quell’ora - se ne è stata a debita distanza. In breve sono giunte sul posto le guardie della polizia ambientale della Provincia. «Avremo ricevuto - ha spiegato un addetto - non meno di una decina di telefonate da parte di gente spaventata». Alla fine il cinghiale che secondo i tecnici «manifestava gravi sintomi di nervosismo non dovuti esclusivamente alla fame», è stato raggiunto. Si aggirava nel cortile del condominio al numero civico 107 di via San Pasquale. Per qualche minuto i guardacaccia lo hanno osservato cercando di interpretarne le possibili reazioni. Quando si sono resi conto che da lì a pochi istanti avrebbe probabilmente iniziato a caricare, allora si è deciso di abbatterlo. Un agente ha preso la mira dopo aver imbracciato il fucile di precisione e ha sparato uccidendolo sul colpo. Un unico proiettile si è conficcato nella testa e il cinghiale si è girato rovesciandosi sul terreno in un lago di sangue. «Ogni giorno, almeno due o tre volte - racconta un abitante della zona -, percorro via Marchesetti. Una volta quando sono uscito da casa ho dovuto addirittura scappare rifugiandomi sul tetto di un’auto parcheggiata perché i cinghiali stavano puntando verso di me. Non si può più andare avanti così. Non è possibile che di fronte a questi pericoli ci sia della gente che lascia sulla strada sacchetti con il cibo all’interno destinato a questi animali». Aggiunge: «Nell’asilo dall’anno prossimo ci andrà mio figlio. Ho paura».

Corrado Barbacini

 

Il caso dell’aggressione in strada per Longera

L’ultimo incidente lo scorso 25 maggio. Bruno Zerial, 71 anni, è stato aggredito da un cinghiale che lo ha ferito seriamente con le zanne.

Morsi e colpi tremendi sferrati dal basso verso l’alto mentre era a terra nel suo orto in strada per Longera 206 a Trieste. È stato un miracolo che le zanne, usate come dei pugnali, non siano entrate profondamente nell’addome fino ai visceri. L’uomo è stato ricoverato all’ospedale di Cattinara con lesioni fortunatamente non gravi. È stato dimesso dopo qualche giorno. Ma ha rischiato di essere ammazzato. Il cane di Zerial, un pastore di Ciarplanina di nome Billi dell’età di 5 anni, ha difeso il proprio padrone fino all’ultimo respiro. È morto per le conseguenze di una grave emorragia provocata da alcune profonde ferite al collo e al torace causate dal cinghiale. L’episodio si era verificato attorno alle 6.30. Zerial fino a poco prima era in casa dove vive con la moglie Neva e il figlio. Si è accorto che nel cortile proprio davanti alla casa c’erano due cinghiali arrivati, evidentemente, dalla pendice che si trova esattamente dietro allo stabile. Cercavano presumibilmente qualcosa da mangiare.

 

 

SEGNALAZIONI - FERROVIE Il “mortorio” a Opicina

Le Ferrovie non trovano i soldi per la manutenzione ordinaria di Opicina e della Transalpina. Treno di Lubiana a Opicina: niente bus nella stazione (Il Piccolo del 24 gennaio 2014). Dal treno al nulla: il mortorio di Opicina (Primorski Dnevnik del 7 giugno 2015). Fs, Rfi e Trenitalia, dopo un anno e mezzo, non sono riuscite ancora ad asfaltare la strada di accesso alla storica stazione dell’Orient-Express, al fine di consentire al bus 39 di Trieste Trasporti di accogliere i viaggiatori che continuano a trovare il deserto all’ingresso in Italia dalla porta orientale del Paese. È ancora in vigore il reato di interruzione di pubblico servizio? La gestione manageriale, introdotta con le Spa “prive di lacci e lacciuoli”, perché non riesce a produrre alcun effetto in termini di miglioramento del servizio – merci e viaggiatori – ma è in grado di promuovere il mortorio e il nulla a Opicina ? I burosauri delle Ferrovie italiane – a Roma e a Trieste – dovrebbero essere chiamati a risponderne a governanti e amministratori, dal momento che Rfi e Trenitalia, regolate dal diritto privato, sono finanziate completamente dallo Stato per assicurare all’economia nazionale e al turismo un servizio ferroviario – merci e viaggiatori - a livello europeo, come concessionarie di servizi pubblici essenziali integrati con l’Europa.

Luigi Bianchi

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 12 giugno 2015

 

 

Roma congela il via libera al rigassificatore

Regione e istituzioni ribadiscono il “no” al progetto. Il ministero dello Sviluppo economico rinvia di 90 giorni il verdetto
Novanta giorni di sospensione per ottenere la documentazione ancora mancante: non è evidentemente il verdetto, ma è la “tregua” che il ministero dello Sviluppo Economico ha accordato prima di riconvocare la conferenza dei servizi sul rigassificatore di Zaule, che ieri a Roma ha visto la sua prima e interlocutoria riunione. Iter bloccato, ha dunque deciso la responsabile ministeriale del procedimento Concetta Cecere, che al dicastero di via Molise ha moderato l’ampio dibattito tra i numerosi convenuti, pubblici e privati (tra questi ultimi, ovviamente, la proponente Gas Natural), durato dalla tarda mattinata alle 15. La Regione Friuli Venezia Giulia, rappresentata dall’assessore all’Ambiente Sara Vito, ha eccepito che all’appello delle carte non risultavano tre atti determinanti per decidere: al ministero dell’Ambiente pendono ancora i pareri tecnici sulla valutazione d’incidenza dell’Area marina di Miramare e sull’elettrodotto interrato di collegamento tra il terminal Gnl e la rete elettrica. E, sempre all’Ambiente, non si è ancora conclusa la procedura di Via (valutazione impatto ambientale) relativa al metanodotto Sealine, progettato da Snam. Senza contare - ha incalzato l’assessore Vito - che Italia e Slovenia non hanno definito l’accordo sull’ubicazione del rigassificatore nell’alto Adriatico. Comunque, nella sostanza, la Regione ha ribadito che il terminal Gnl a Zaule è «incoerente» rispetto al modello di sviluppo elaborato dall’Autorità portuale triestina, in quanto il traffico container e ro-ro assume rilevanza prioritaria rispetto alle infrastrutture energetiche come il rigassificatore con relative gasiere. Argomenti questi sui quali ha insistito Zeno D’Agostino, commissario straordinario dell’Autorità portuale, che proprio sulla gestione del traffico nel Canale sud ha sollevato questioni di incompatibilità operativa. Sul coordinato-disposto tra ragioni procedurali-portuali-ambientali sono tornati gli assessori provinciale e comunale all’Ambiente, rispettivamente Vittorio Zollia e Umberto Laureni, per ribadire il “no” alla costruzione del rigassificatore, del resto già evidenziato nella raffica di ricorsi al Tar Lazio contro il parere di compatibilità espresso dalla commissione Via all’inizio dello scorso febbraio. Sia Zollia che Laureni hanno polemicamente sottolineato come alla riunione avessero dato forfait sia il ministero dell’Ambiente che quello dei Beni Culturali. Ma, a fronte del muro unanimemente eretto dalle istituzioni territoriali, ci sono anche pubblici organi che non si sono opposti al progetto: è il caso dei Vigili del fuoco e della Capitaneria di nporto, sia pure con prescrizioni. Secondo quanto ufficiosamente raccolto, anche AcegasApsAmga (controllata dal gruppo Hera) avrebbe manifestato un parere favorevole.

Massimo Greco

 

L’ex grillino Prodani interroga il governo «Illegittima la conferenza dei servizi»

Sulla vicenda del rigassificatore di Zaule interviene il deputato ex grillino Aris Prodani (Alternativa libera) che ha presentato un’interrogazione ai ministri dello Sviluppo Economico e dell’Ambiente.

Premesso che in una risposta del sottosegretario allo Sviluppo Economico, Simona Vicari, a un’interrogazione dello stesso Prodani aveva detto che «il Ministero non potrà, comunque, rilasciare alcuna autorizzazione dell’infrastruttura senza un’intesa con la Regione Friuli Venezia Giulia», il parlamentare triestino chiede se i ministri intendano precisare i motivi per cui la Conferenza dei Servizi di ieri sia stata convocata anche in assenza del decreto relativo alla compatibilità ambientale del progetto, indispensabile per l’iter decisionale in merito alla costruzione dell’impianto di Zaule. E se non intendano negare l’autorizzazione alla costruzione del rigassificatore tenendo conto della risposta fornita alla precedente interrogazione e delle dichiarazioni di contrarietà espresse in più occasioni dalla Regione.

 

 

Fuoriuscita di polveri dalla Ferriera
Mentre si avvia a conclusione la conferenza dei servizi sulla Ferriera in Regione, Siderurgica Triestina, la società di Arvedi che gestisce la Ferriera di Servola, rende noto che «un’impropria modalità operativa durante l’attività di manutenzione programmata in altoforno, con impianto fermo, ha generato una fuoriuscita di polvere di minerale di ferro, di quantità estremamente contenuta.

Tale situazione ha determinato una emissione in atmosfera chiaramente visibile della durata di pochi minuti. Visibilità esaltata dalle ridotte dimensioni del materiale polverulento. Nessuna centralina ha evidenziato variazioni del valore di polveri misurato, rimasto invariato ai livelli bassi durante tutto l’evento». «La situazione ambientale peggiora di giorno in giorno e non c’è nemmeno una condivisione di idee tra sindaco e assessore all’Ambiente, quindi non possiamo che condividere a pieno la preoccupazione dei residenti», attacca Giorgio Cecco coordinatore regionale di FareAmbiente sulla situazione della Ferriera.

 

 

Domani - Workshop dedicato alla bicicletta

Domani le associazioni Senza Confini Brez Meja e FIAB Trieste Ulisse organizzano in via Mazzini/piazza Repubblica un workshop sulla manutenzione della bici e un mercatino della mobilità sostenibile. Due iniziative per promuovere a Trieste l'uso di un mezzo comodo e veloce, che migliora il traffico e l'ambiente, che fa bene alla salute e l'umore: la bicicletta. Dalle 17 alle 20 un meccanico esperto curerà uno spazio chiamato "manutenzione della bici in pillole" dove ogni mezz'ora ci saranno delle lezioni sui vari aspetti della bicicletta e della sua meccanica.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 11 giugno 2015

 

 

FERRIERA - L’Aia passa per la cappa sulla cokeria

Chiesti nuovi dati sulla captazione delle emissioni ai fini dell’autorizzazione ambientale alla Ferriera
La necessità che vengano forniti ulteriori dati e simulazioni sulla famosa cappa di aspirazione delle emissioni dalla cokeria è stata il principale elemento rilevato, nella prima giornata di lavori, dai componenti della Conferenza dei servizi riunita per discutere l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) per la Ferriera di Servola. La stessa proprietà, la società Siderurgica Triestina del Gruppo Arvedi, da quanto è trapelato, avrebbe concordato e si sarebbe impegnata a presentarli al più presto. In un incontro svoltosi un mese e mezzo fa per illustrare agli enti territoriali gli investimenti per il risanamento degli impianti, Alessandra Barocci, consulente ambientale dell’azienda, aveva affermato che «è prevista la realizzazione di un progetto innovativo per la captazione anche delle emissioni fuggitive che consentirà di ottenere performance ambientali che andranno ben oltre i limiti indicati dalle nuove normative europee in materia ambientale. Il nuovo impianto di aspirazione - aveva specificato - è progettato per captare, depolverizzare e filtrare le emissioni delle diverse aree della cokeria: batterie forni, macchina caricatrice, zona movimentazione e selezione coke, zona sottoprodotti». La cokeria sarebbe la prima responsabile di una situazione di inquinamento che secondo le stesse parole dell’assessore comunale all’Ambiente Umberto Laureni, ieri unico politico presente alla Conferenza, persiste anche nelle ultime settimane. In una stringata nota diffusa al termine della prima giornata di lavori la Regione ha riferito che sono state presentate dal’Azienda per i servizi sanitari la relazione sulla valutazione d’impatto sulla salute e dall’Agenzia regionale per l’ambiente (Arpa) quella sugli aspetti ambientali connessi agli impianti di Servola, senza dare altri dettagli. Entrambe le relazioni avrebbero comunque dato un quadro generale,riassumendo dati in buona parte già conosciuti. Come sottolineato dall’assessore regionale all’Ambiente Sara Vito, la Conferenza dei servizi per l’esame dell’Aia «costituisce un passaggio importante e cruciale per dare attuazione all’Accordo di programma siglato il 21 novembre 2014 tra tutte le parti coinvolte e dare quindi avvio al processo di messa in sicurezza ambientale e di riconversione dell’area». Sulla richiesta di rinnovo dell’Aia ha espresso alcune considerazioni il Circolo Verdeazzurro di Legambiente sottolineando la necessità di «una corretta gestione dell’altoforno», «di un’effettiva efficienza» del sistema di captazione delle emissioni dalla cokeria e di un’opera di monitraggio e insonorizzazione riguardo alla nuova area a freddo. La Conferenza dei servizi è convocata sempre nella sede dell’assessorato regionale all’Ambiente in via Giulia, ancora tra le 9.30 e le 13 anche oggi e domani per due riunioni che però probabilmente non saranno quelle decisive.

di Silvio Maranzana

 

Firme per la chiusura dell’area a caldo
Ieri pomeriggio sulla questione della Ferriera di Servola si è svolta un’audizione della Sesta commissione del Consiglio comunale presieduta da Mario Ravalico nel corso della quale è stata presentata una raccolta di firme per l’immediata chiusura dell’area a caldo. Le firme, che secondo i proponenti sono diecimila, non recavano gli estremi dei documenti d’identità dei firmatari, per cui la raccolta non è valida quale petizione. In una nota successivamente emessa il capogruppo del Pdl Lorenzo Giorgi ha sottolineato che nel corso della riunione l’assessore Laureni ha testualmente affermato che «il sindaco ha tracciato una linea guida che porta inevitabilmente alla chiusura dell’area a caldo in un anno, un anno e mezzo». Irrintracciabile successivamente Laureni, il sindaco Roberto Cosolini ha decisamente negato che la linea della giunta comunale sia questa. «La prosecuzione dell’area a caldo - ha ribadito il sindaco - è legata all’efficacia degli interventi di risanamento».

 

 

La discarica dello scandalo che mette paura al Timavo
Viaggio all’interno della grotta di Trebiciano ridotta a un deposito di idrocarburi
Falda a rischio contaminazione. L’Arpa: «Impossibile per noi scendere a verificare»
Giù per una dolina scoscesa, un piccolo sentiero conduce subito all'interno di un’ampia grotta. Il pavimento della “Caverna presso la 17 VG” è ricoperto da un lago nero e viscoso, con riflessi cangianti, da cui emergono massi sporchi di catrame. Impantanati nel materiale appiccicoso, le carcasse di vecchi pneumatici e un fusto. Siamo in una grotta il cui fondo è stato riempito con idrocarburi e sotto i nostri piedi scorre il Timavo. Non si tratta di una scoperta sensazionale ma di una verità nota tra gli speleologi, segnalata ai media e registrata nel catasto regionale delle grotte. La cavità si trova nei pressi di quella più famosa detta “Abisso di Trebiciano”. Sopra le nostre teste, un'imboccatura alta circa 12 metri: una volta i camion potevano arrivare fino qui, fermarsi davanti a questo “inghiottitoio” naturale e utilizzarlo come punto di scarico per lo smaltimento di residui oleosi. È Furio Premiani, presidente della Federazione speleologica triestina, a raccontare la storia di questo antro dimenticato, memoria storica e custode impotente delle tante grotte violate del Carso. La caverna è isolata nel bosco ma facilmente raggiungibile percorrendo una strada asfaltata e poi un breve sentiero dove oggi cresce alta l'erba. Sopra un muretto, la scritta “grotta inquinata” con tanto di freccia con la direzione da prendere. Ci troviamo vicino all’ex discarica di Trebiciano, inaugurata nel 1958. Qui per circa 15 anni, fino al 1972, sono stati depositati rifiuti di ogni genere: dai rifiuti solidi urbani ai rifiuti tossici industriali. L'area di circa 120mila metri quadrati che ha accolto almeno 600mila metri cubi di rifiuti di ogni tipo con uno spessore che in alcuni punti supera i 20 metri di profondità oggi è stravolta: si è trasformata in un'enorme collina di immondizia. Dopo la dismissione non c'è mai stata una vera e propria bonifica. Con il tempo buona parte del materiale da riporto usato per la copertura della discarica è stato trasportato via e i rifiuti sono ricomparsi, anche se in questa stagione la vegetazione li nasconde di nuovo alla vista. Nel gennaio 2014 il M5S aveva depositato due interrogazioni, una in parlamento e una in Regione, riaprendo il caso dell'inquinamento del sito di Trebiciano e il conseguente rischio di inquinamento idrico. Faceva seguito una nota ufficiale: «Arpa, Acegas-Aps e Ass hanno confermato che non si sono mai rilevate nelle acque del Timavo, tracce di inquinamento associabili alla discarica. Hanno altresì dato assicurazioni che i controlli sono costanti anche se il ricorso al Timavo per l'approvvigionamento idrico di Trieste è ormai ridotto al minimo e limitato alle situazioni di grande siccità». Davanti a questo lago di oli esausti siamo così sicuri di poter dire che le falde acquifere e il sottosuolo non abbiano subito alcun contraccolpo? I segni neri di bitume sulla parete della grotta mostrano che il livello di questo lago di idrocarburi sta scendendo, ciò vuol dire che il materiale tossico sta scivolando via. Ma dove? Il terreno del Carso è fatto di rocce calcaree che si frantumano facilmente, fratture e fessure dove questo materiale tossico insieme all'acqua piovana si incunea, con la possibilità di raggiungere la sottostante falda acquifera del Timavo, di cui non conosciamo con precisione tutte le ramificazioni sotterranee. Non si sa nemmeno quale sia la velocità di assorbimento e nessuno può dire quanto sia profondo lo strato del materiale inquinante. Il caso è stato sollevato da una denuncia di Premiani ( di cui abbiamo dato notizia il 4 giugno, ndr) sui 30mila euro mai spesi stanziati da bilancio comunale del 2014 per effettuare il censimento di almeno 50 cavità e programmare eventuali interventi di bonifica. L'assessore comunale all'ambiente Laureni indicava come responsabile dell’impasse l’Arpa per non aver dato risposta alla richiesta del Comune ad eseguire indagini conoscitive sullo stato di inquinamento delle cavità del Carso triestino. Ieri è giunta la risposta ufficiale: «Arpa segnala la propria disponibilità ad effettuare in laboratorio la caratterizzazione dei campioni eventualmente prelevati nelle cavità e non è invece in grado di effettuare i prelievi dei campioni di materiale inquinante e di rifiuti all'interno delle cavità, dov'è possibile la presenza di esplosivi, sostanze asfissianti o tossiche. Tali prelievi potrebbero essere effettuati da altri organismi come, ad esempio, Vigili del Fuoco o Polizia. In tal senso verrà inviata a stretto giro di posta una comunicazione ufficiale al Comune di Trieste». Ribadisce Furio Premiani: «Gli unici a possedere l'esperienza e l'attrezzatura idonea sono gli speleologi che continuano ad entrare nelle grotte e rilevare immondizia e inquinamento. Ci troviamo - conclude - con 30mila euro stanziati per studiare l'inquinamento ipogeo, ma non possiamo fare nulla».

Lorenza Masè

 

 

Esemplare di Pulcinella di mare avvistato sotto le Falesie
DUINO - Una Pulcinella di mare, uccello caratterizzato da una forma particolare e da sgargianti colori del becco, è stata avvistata nei giorni scorsi sotto le Falesie di Duino, un avvistamento ornitologico definito “eccezionale” in regione dagli esperti.

È stato Paolo Utmar, ornitologo e collaboratore dell'Amp Miramare, a notare l’animale lo scorso 28 maggio, mentre volava per alcune centinaia di metri e nuotava. «Direi che è sicuramente in salute, si tuffava, mangiava e stava bene - sottolinea - probabilmente dopo un passaggio nel nostro golfo si sarà diretto verso le coste slovene e croate. È una specie poco conosciuta in tutto il Mediterraneo e molto rara da osservare qui. L’ultimo avvistamento sul nostro territorio risale al 2006, nella laguna di Marano». Nella “Check List degli uccelli del Fvg” curata da Roberto Parodi sono riportate quattro precedenti osservazioni, nel 1895, 1902, 1933 e appunto nel 2006. In Italia è presente soltanto nei mari occidentali e al largo e gli animali provenienti dalle colonie riproduttive della Francia atlantica-Bretagna, Regno Unito, Norvegia e Islanda entrano nel Mediterraneo attraverso Gibilterra, senza però sorvolare il continente. Come mai quindi si è spinta fino a Trieste? «Nessun motivo preciso - spiega Utmar - possiamo dedurre sia semplicemente un passaggio accidentale, come accaduto già in passato. L’importante è che la Pulcinella di mare osservata era in buona salute. Chissà se anche le prossime persone che la vedranno, magari in zone lontane dalla nostra, sapranno quanto sia raro questo animale». La notizia è stata pubblicata sulla pagina Facebook dell’Area Marina di Miramare, suscitando curiosità e tanti commenti da parte degli utenti. «Si è spinto fin quaggiù? - si chiede un una persona - io li ho visti solo nei mari del Nord», «Che meraviglia - scrive qualcun altro sul social -mi ricordo che era una specie autoctona della Scozia, speriamo trovi la strada di casa».

(m.br.)

 

 

In via Mazzini lezioni tecniche sulla bici
Sabato le associazioni Senza Confini Brez Meja e FIAB Trieste Ulisse organizzano in piazza della Repubblica/via Mazzini un workshop sulla manutenzione della bici e un mercatino della mobilità sostenibile. Con queste iniziative le due associazioni intendono promuovere l’uso della bicicletta in città. Dalle 17 alle 20 un meccanico esperto curerà uno spazio chiamato “manutenzione della bici in pillole”, dove ogni mezz’ora si terranno delle lezioni sui vari aspetti della bicicletta e della sua meccanica. Questi i titoli delle “pillole”: alle 17 “Dimmi che bici vuoi, ti dirò che manutenzione farai”; alle 17.30 “Frenaaa!!!”; alle 18 “Cambi?”; alle 18.30 “Ruote, sospensioni e ammortizzatori”; alle 19 “Prevenzione e cura delle forature, attrezzi vari”; alle 19.30 “Come costruirsi una borsa da bici con pochi euro”; per chiudere, alle 20, con “DOM..ande: dubbi da non riportare a casa”.

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - MERCOLEDI', 10 giugno 2015

 

 

LE OSSERVAZIONI DI LEGAMBIENTE SUL RINNOVO DELL'AUTORIZZAZIONE PER LA FERRIERA
Legambiente Trieste (circolo Verdeazzurro) ha presentato le proprie osservazioni sui contenuti dei documenti che Siderurgica Triestina ha depositato presso la Regione FVG per il rinnovo dell’Autorizzazione Integrata Ambientale.
Pur criticando la riservatezza chiesta dalla società proponente su gran parte dei documenti, che contrasta con la trasparenza e la disponibilità al dialogo spesso dichiarate dall'azienda, con le nostre osservazioni siamo entrati nel merito dei contenuti della documentazione, e qui ne riportiamo una sintesi.
In particolare abbiamo ritenuto che la nuova area a freddo rappresenti un’importante innovazione di prodotto e di processo, ma il largo uso di lubrificanti comporterà l’emissione di aerosol oleosi. Sarà necessario e opportuno monitorarne l'entità e la composizione sia all’esterno che all’interno dei capannoni industriali. Tali lavorazioni saranno fonte di rumori di entità non indifferente, sarà necessario perciò l’insonorizzazione dei capannoni per ridurli a livelli sopportabili per la popolazione.
Il controllo delle emissioni idriche dovrà garantire l’innocuità per l’ecosistema marino, anche attraverso registrazione di immagine visive.
E’ necessaria una corretta gestione dell’altoforno che ha presentato nel passato episodi frequenti di emissioni di particolato nonché di esplosioni che hanno reso oltremodo stressante vivere in prossimità dello stabilimento siderurgico.
La cokeria è sempre stata fonte di inquinamento estremamente dannoso dal punto di vista sanitario. Benzene, particolato fine e IPA, in particolare il benzo[a]pirene sono i componenti che più volte hanno sforato i limiti e quindi rappresentato un grave rischio per la popolazione e per i lavoratori.
Confidiamo che il nuovo sistema di captazione delle emissioni diffuse risolva questo problema, tutto dipenderà se la modellazione del suo comportamento verrà confermata dall’effettiva efficienza anche nell’applicazione pratica. Non vorremmo però che con il nuovo impianto si mettesse in secondo piano un’opportuna gestione della cokeria, magari aumentando il numero di sfornamenti e riducendo il tempo di distillazione. Sarà anche da verificare l’entità del rumore aggiuntivo generato dall’impianto di abbattimento.
Per quanto riguarda i parchi fossili e minerali ci saremmo aspettati un isolamento in silos per evitare la dispersione di polveri, in caso di forte vento.
Riteniamo che tutte le centraline, anche quelle interne, dovrebbero essere sotto il controllo dell’ARPA mentre tutte le centraline esterne dovrebbero contribuire a definire lo stato dell’ambiente, anche la contestata centralina di San Lorenzo in Selva per misurare la performance ambientale della Ferriera di Servola.
Andrea Wehrenfennig (presidente del Circolo Verdeazzurro – Legambiente Trieste)

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 10 giugno 2015

 

 

Il Comune: «La Ferriera inquina ancora» - La denuncia di Laureni Interverremo per far ridurre la produzione

Si apre sotto cattivi auspici la Conferenza dei servizi che dovrebbe dare l’Autorizzazione ambientale nel giro di tre giorni

Parte sotto cattivi auspici la tre giorni di Conferenza dei servizi che teoricamente dovrebbe concludersi venerdì con la concessione della nuova Autorizzazione integrata ambientale a Siderurgica Triestina (St) per la Ferriera di Servola. Il Comune infatti stavolta passa al contrattacco. «Al di là di quelle che saranno le risultanze al termine del percorso di risanamento degli impianti - denuncia l’assessore all’Ambiente Umberto Laureni - oggi la gestione dello stabilimento sul fronte ambientale non funziona». La centralina di via San Lorenzo in Selva, la più vicina allo stabilimento, considerata illegale dall’azienda, sta letteralmente impazzendo. «Legalmente non posso associarla a una graduazione di esposizione all’inquinamento - specifica Laureni - ma come indicatore di performance posso tenerne conto. Ebbene, 56 sforamenti per quanto riguarda le Pm10 registrati nel periodo primo gennaio - 6 giugno, a fronte di un massimo di 35 ammessi nell’arco di un anno, sono decisamente troppi. Tanto più che i due picchi, rispettivamente di 121 e 117 microgrammi per metrocubo, rispetto alla soglia consentita di 50, sono molto recenti». Già il 4 maggio l’assessore regionale all’Ambiente Sara Vito aveva diffidato St a ridurre gli sfornamenti giornalieri della cokeria da 78 a 67. «Ma da allora nulla è cambiato e la situazione rimane grave», constata Laureni che annuncia: «Il Comune ora interverrà perché al sindaco è affidata la tutela della salute pubblica». Sembra imminente l’intimazione a un’ulteriore riduzione della produzione. L’atmosfera si annuncia calda dunque stamattina alle 9.30 nella sede dell’assessorato all’Ambiente della Regione dove la Conferenza è in programma per tre giornate di fila, sempre tra le 9.30 e le 13. Anche se proprio ieri Sara Vito ha ricordato che «in Arpa è stato creato un gruppo di esperti formato dalle migliori competenze tecniche e scientifiche presenti nell'Agenzia per monitorare la situazione della Ferriera» e che «è stato istituito l'Osservatorio ambiente e salute, finalizzato ad approfondire gli aspetti legati agli impatti e alle ricadute ambientali ed epidemiologiche». Siderurgica Triestina da qualche giorno ha un nuovo amministratore delegato: si tratta di Andrea Landini, genovese, 42 anni. Sostituisce Francesco Rosato “deus ex machina” dell’arrivo di Arvedi a Servola, oltre che ex direttore della Ferriera sotto la gestione Lucchini. La sostituzione potrebbe anche venir messa in connessione con la necessità di presentarsi con una facce nuove per ottenere la nuova Aia. L’incontro tra azienda e rappresentanti sindacali per le comunicazioni sui mutamenti nella governance già programmato per oggi, ieri è stato però improvvisamente posticipato a venerdì. Un differimento che ieri Stefano Borini, segretario provinciale Fiom-Cgil, ha definito «strano e preoccupante». Secondo la Fiom il Gruppo Arvedi è chiamato a fornire risposte non soltanto sul fronte ambientale, ma anche su quello occupazionale. «Siderurgica triestina deve ora rendersi disponibile ad assumere operai e tecnici triestini - specifica Borini - per rispetto del territorio che ha favorito il suo arrivo a Servola con una serie di Accordi di programma e anche con l’impiego di finanziamenti pubblici». E in questo senso secondo la Fiom priorità di assunzione va data ai cinquanta ex dipendenti Sertubi che sono in mobilità e che potrebbero entrare a far parte dell’organico del nuovo laminatoio a freddo di Servola. Un Tavolo su Sertubi che doveva tenersi ieri in Provincia è stato rinviato alla prossima settimana. «Chiederemo che vengano organizzati subito dopo Ferragosto i corsi di aggiornamento per gli ex Sertubi - annuncia Borini - affinché Siderurgica triestina possa partire già da settembre con le nuove assunzioni». E frattanto il senatore triestino Lorenzo Battista ha reso noto che la Commissione Ambiente del Senato ha accolto la sua richiesta di affrontare la questione delle problematiche ambientali legate alla Ferriera di Sedi Silvio Maranzana rvola.

 

 

Il rigassificatore arriva al Mise

Domani il vertice. Nuovo documento di contrarietà legato a obiezioni urbanistiche
Minaccia di arrivare al dunque la bomba-rigassificatore. La Conferenza dei servizi al ministero dello Sviluppo economico per l’autorizzazione a Gas natural a costruire l’impianto a Zaule si terrà domani alle 11 dopo aver subito un rinvio dalla data originariamente prevista del 19 maggio. Il Comune di Trieste ha annunciato ieri con una nota dell’assessore all’Ambiente Umberto Laureni che parteciperà e confermerà in un documento il suo parere contrario. «Stante la conferma sulla compatibilità ambientale espressa dal Ministero dell'Ambiente - sottolinea la nota - le osservazioni del Comune si soffermano sugli aspetti programmatori e urbanistici». Il documento evidenzia che sono stati trasmessi, anche al Mise due recenti articoli scientifici, che mettono in evidenza, in base a nuove evidenze geologiche, il potenziale rischio sismico dell'area del golfo di Trieste, eventualità questa non presente nella valutazione tecnica di Gas Natural. Viene inoltre messo in evidenza che il procedimento di Via del progetto relativo al metanodotto Trieste-Grado-Villesse, elemento imprescindibile del rigassificatore, è tuttora in fase di valutazione presso il Ministero dell'Ambiente. Essendo il gasdotto indispensabile per il funzionamento del rigassificatore di GasNatural, si evidenzia l'anomalia dei due procedimenti curati separatamente. Si può supporre che il procedimento seguirà l’iter preannunciato dalla governatrice Serracchiani: la Regione non concederà l’intesa prevista per l’autorizzazione al Ministero che sarà quindi obbligato a lasciare la decisione definitiva al premier Renzi.

(s.m.)

 

 

Il Comune riavvicina i bus a via Mazzini - le variazioni delle linee bus
Prima correzione sulla pedonalizzazione. Saranno ripristinate le fermate di 4 linee in piazza Goldoni. Modifiche sulle Rive
Un primo dietrofront, sia pur parziale, collegato all'operazione di pedonalizzazione prevista dal nuovo Piano del Traffico. Il Comune ha infatti deciso di rivedere il percorso di alcune linee dei bus modificato nell'ambito della sperimentazione che ha coinvolto via Mazzini. Sperimentazione che, partita il 16 maggio, si concluderà il 5 luglio, suscitando le proteste di molti cittadini, specie quelli più anziani e con difficoltà di deambulazione, costretti a percorrere decine di metri in più rispetto a prima per raggiungere le rispettive fermate dei mezzi pubblici. L’annuncio arriva direttamente dall'assessore comunale alla Mobilità Elena Marchigiani, nel corso della riunione della commissione trasparenza: una decisione che adesso dovrà essere discussa con la Provincia e con Trieste Trasporti, il cui primo tavolo è fissato già per la prossima settimana. «Voglio ricordare che quella di via Mazzini è una sperimentazione e come tale va interpretata - ha spiegato Marchigiani -. Sul fronte della pedonalizzazione ci sono stati dei riscontri positivi a livello di impatto della circolazione veicolare privata e di quella del trasporto pubblico, dove peraltro è aumentata la velocità commerciale: allo stesso modo sono state evidenziate delle criticità in merito alle fermate di alcune linee dei bus, per le quali abbiamo pensato a dei ritocchi». Nel dettaglio, l'idea è quella di ripristinare in un'area strategica come quella di piazza Goldoni - via Gallina alcune linee del trasporto pubblico, tra le più gettonate dall'utenza. Ad iniziare dalla 5, in direzione Roiano - il cui percorso attualmente è stato deviato su via Carducci, piazza Oberdan e Dalmazia -, passando per la 11, dirottata sulla direttrice Carducci- Valdirivo, fino alla 19, direzione Stazione centrale, che adesso passa per Tarabochia-Carducci. La fermata della linea 10 invece, in direzione San Giacomo, attualmente posizionata in via Pellico, sarà spostata di una cinquantina di metri nel cuore della piazza. Non solo: l'obiettivo è anche quello di rivedere il nodo di scambio sulle Rive delle linee 9 e 19 all'altezza della fermata del Teatro Miela, in modo tale da agevolare i passeggeri che sono diretti verso Corso Italia. Un cambio di marcia che finisce nel mirino dell'opposizione e in particolare del capogruppo Fi Everest Bertoli. «Prendiamo atto della retromarcia dell'amministrazione comunale sul Piano del Traffico - attacca Bertoli -. È la dimostrazione che avevamo ragione noi con due anni di anticipo: meglio tardi che mai». Ma il duello a distanza è proseguito anche sul fronte dei costi aggiuntivi dovuti alle deviazioni delle linee del trasporto pubblico previste nel provvedimento, oggetto della convocazione urgente e su cui la Commissione Trasparenza ha cercato di fare chiarezza. I chilometri percorsi in più dai bus nel periodo di sperimentazione collegato alla pedonalizzazione di via Mazzini (16 maggio-5 luglio) sono complessivamente 4743, per un costo di 18.734,85 euro. Se tale provvedimento dovesse essere confermato, la proiezione su base annuale prevede un aumento del chilometraggio pari a 35.236, per una spesa complessiva di 139.182,20 euro, (vale a dire un costo di 3,95 euro al chilometro, per una spesa media mensile di 11.598,52). «In questa fase di sperimentazione della pedonalizzazione di via Mazzini a farsi carico di questi costi aggiuntivi è stata Trieste Trasporti e dunque per il Comune non c'è stato alcun esborso - ha rilevato Marchigiani -. Quello che succederà dopo il 5 luglio invece ancora non lo possiamo sapere in quanto sarà la giunta a decidere se la sperimentazione proseguirà ed in che termini: possiamo quindi parlare solo di una proiezione di costi dei quali si farà eventualmente carico il Comune, ma che potrebbero essere compensati dalla fase successiva della sperimentazione che prevede la doppia corsia dei bus in Corso Italia, con il costo aggiuntivo che a quel punto, in virtù del nuovo assetto, potrebbe teoricamente anche venire azzerato». Una spiegazione che non convince Bertoli: «Non esiste che il Comune spenda nemmeno un euro per il trasporto pubblico locale che non è di sua competenza: o si torna indietro da questa situazione, o saremo costretti come opposizione a presentare un'esposto alla Corte dei Conti».

Pierpaolo Pitich

 

Bagarre in commissione sui costi
Furlanic attacca la giunta: «Operazione sbagliata che penalizza le fasce deboli»
Si annunciava come una seduta piuttosto movimentata e così è stato. Fin dalle battute iniziali. La riunione della commissione per la Trasparenza, convocata d'urgenza per fare chiarezza sui costi aggiuntivi dovuti alle deviazioni di una decina di linee del trasporto pubblico per consentire la sperimentazione di via Mazzini, ha scaldato gli animi dei diversi consiglieri comunali. Ad accendere la miccia ci ha pensato Alessia Rosolen (Un’altra Trieste) che ha puntato il dito contro il presidente di commissione Everest Bertoli, reo di non aver fornito la documentazione necessaria agli altri consiglieri. «Non possiamo discutere di un argomento che conosce solo lei: abbiamo bisogno di consultare i documenti per avere tutti gli elementi necessari» ha incalzato Rosolen, cui ha dato man forte Roberto De Carli: «Siamo di fronte a una vicenda che è stata chiaramente strumentalizzata». Accuse alle quali ha risposto Bertoli: «Io ho semplicemente avuto accesso ad atti pubblici: questa commissione è stata convocata con tutti i crismi della regolarità». Quasi trenta minuti di schermaglie prima che la discussione entrasse nel vivo. Poi, dopo alcune delucidazioni richieste all'assessore competente dai consiglieri Ferrara, Lobianco e Cannataro, cui si sono aggiunte alcune precisazioni di Barbo (Pd), arriva la stoccata di Iztok Furlanic (FdS), che ancora una volta prende le distanze dalla maggioranza. «Non ho nulla in contrario alle pedonalizzazioni - ha chiosato Furlanic -. Il problema è che riguardo via Mazzini, non è stata imboccata la direzione giusta: doveva essere un intervento che scoraggiava l’uso dei mezzi privati, mentre in realtà ad essere colpiti sono stati gli utenti dei mezzi pubblici, ed in particolare le fasce più deboli come gli anziani e le persone con difficoltà di deambulazione». Da qui alla fine della fase di sperimentazione manca ancora quasi un mese. Venticinque giorni per l'esattezza. C'è tutto il tempo per vederne ancora delle belle.

(p.pit.).

 

Scatta l’orario estivo dei mezzi pubblici
Variazioni in vigore da domenica. Domani in regalo con Il Piccolo l’inserto con tutte le modifiche
In attesa di capire cosa succederà dopo la “dead line” della sperimentazione della pedonalità su via Mazzini, fissata per il 5 di luglio, e che porta con sé, tra i diversi provvedimenti, tutta una serie di deviazioni dei percorsi delle linee dei bus, una decina in totale, che hanno provocato non poche polemiche tra gli utenti, in particolare tra le fasce più fragili, come gli anziani e le persone con difficoltà di deambulazione, le certezze riguardano al momento il cambio dell'orario dei mezzi del servizio pubblico. Come comunicato in una nota da Trieste Trasporti, è pronto a partire infatti, come ogni anno, il nuovo orario estivo che sostituirà quello attuale, entrato in vigore lunedì 8 settembre, e che sarà a propria volta operativo per i tre mesi che vanno a coprire l'intero arco dell'estate, precisamente da domenica 14 giugno a domenica 13 settembre. I nuovi orari sono consultabili e scaricabli sul sito della Trieste Trasporti, all'indirizzo www.triestetrasporti.it, alla pagina “Linee e orari”, e come consuetudine, saranno distribuiti in allegato a Il Piccolo nell'edizione di domani per consentire all'utenza un'agevole consultazione dell'intero prospetto. Ma in occasione del cambio di orario per le diverse linee, scatteranno in contemporanea anche delle variazioni di alcuni percorsi. Eccole nel dettaglio. Linea 7: viene ripristinata la fermata a richiesta in Strada per Lazzaretto, all'altezza del campeggio San Bartolomeo. Linea 9: solo in direzione largo Irneri e nella fascia oraria compresa tra le 7 e 30 e le 19.30, le corse vengono prolungate da via Ottaviano Augusto fino a Riva Traiana (stabilimento Ausonia). Linea 36: viene riattivata la linea estiva sul percorso che va da via Giulia (all'altezza del Giardino pubblico) fino al bivio di Miramare, passando attraverso via Battisti, Carducci, Ghega, Stazione Centrale, Barcola (fermata esterna), viale Miramare e ritorno. Linea 39/: esclusivamente nella direzione di Aurisina, la linea viene deviata lungo via dei Fiordalisi, via dei Papaveri, strada provinciale numero 35 (ex 202 – fermata a richiesta all'altezza del campeggio Pian del Grisa) – bivio Lanza. Poi si prosegue con il percorso normale. Linea 44: ci sarà la deviazione di alcune corse a Sistiana mare, ma esclusivamente nel servizio feriale. Trieste Trasporti ricorda che per qualsiasi informazione è possibile contattare il numero verde 800-016675.

(p.pit.)

 

 

Un cinghiale invade la pista di Montebello
L’animale è entrato all’ippodromo alla fine della riunione di trotto. “Passerella” durata pochi minuti
Potrebbe essere una nuova specialità: quella delle corse dei cinghiali. All’ippodromo di Montebello c’è stata una visita inattesa ieri, verso la fine della riunione di trotto. Un cinghiale è entrato nell’impianto attraverso la boscaglia che costeggia la pista dal lato di via del Veltro, un centinaio di metri dopo la tribuna. Una zona vicino alla quale ci sono molte abitazioni. L’esemplare ha puntato dritto verso il prato al centro della pista, in quel momento deserta perché si era fra la settima e l’ottava corsa, ma in pochi in questa fase iniziale si sono accorti di quanto stava accadendo. Negli intervalli fra le corse gli scommettitori sono impegnati nella valutazione dei cavalli sui quali puntare e sostano all’interno della tribuna, davanti ai televisori che proiettano le quote. Il cinghiale ha poi cercato di uscire dalla pista dalla dirittura opposta a quella del traguardo ma si è imbattuto nella barriera sistemata lungo lo steccato esterno. A quel punto, anche per l’ingresso nella pista di allenamento di uno dei mezzi della Nord Est ippodromi, su sollecitazione di uno degli addetti che operano nella torretta al centro del prato, il cinghiale, forse spaventato, ha ripreso la via dalla quale era entrato, per scomparire in direzione di strada di Fiume. Intanto sul “caso” cinghiali torna a farsi sentire la Lav, Lega anti vivisezione. Lo fa precisando quanto pubblicato nei giorni scorsi e portando ad esempio una realtà virtuosa, quella della provincia di Siena, che Trieste dovrebbe appunto prendere a modello. «Nella provincia di Siena - precisa l’associazione ambientalista - vivono due diversi gruppi di popolazione di cinghiali, entrambi sottoposti alla caccia. Nella parte occidentale il cinghiale è autoctono, molto numeroso, ha una struttura per classi di età ben equilibrata e non causa danni gravi all'agricoltura; qui il cibo viene somministrato solo in estate e in foresta. Nella parte orientale il cinghiale è stato introdotto a scopo venatorio, viene foraggiato liberamente dai cacciatori, è meno numeroso ma ha una struttura sbilanciata per classi di età e causa gravi danni all’agricoltura. È evidente quindi - conclude la Lav - che i danni arrecati dal cinghiale all’agricoltura, e ai privati cittadini nella nostra provincia, dipendano quindi dalla gestione venatoria.

Ugo Salvini

 

L’inarrestabile avanzata delle meduse
Registrato dall’Ogs un progressivo incremento del numero di esemplari nelle acque del golfo. I consigli in caso di puntura
Sono, da sempre, il terrore di ogni bagnante: basta solo sentir pronunciare il loro nome o intravedere un’ombra sospetta a pel d’acqua per trasformare un tuffo rinfrescante in un’esperienza da incubo. Anche quest’anno, puntuali come ogni primavera, le meduse hanno fatto la loro comparsa nel golfo di Trieste e, come accade da qualche anno a questa parte, il loro numero è in continua crescita. Da Muggia a Sistiana basta trascorrere qualche ora al mare per imbattersi in diversi esemplari di questo organismo gelatinoso che, fortunatamente, non è neuro-tossico, ossia pericoloso per l’uomo, almeno per quanto riguarda le specie che affollano i nostri mari. In questo periodo nel golfo triestino hanno fatto la loro comparsa l’Aurelia aurita (non urticante, che presenta sull’ombrello una sorta di quadrifoglio ed è destinata ad andarsene con il riscaldamento della temperatura dell’acqua), la Chrysaora Hysoscella (marrone, a spicchi e dai lunghi tentacoli, questa sì lievemente urticante) e le classiche “botte marine”, cioè le Rhizostoma Pulmo, grandi ma innocue. Al momento non si registra, fortunatamente, una grande presenza di Pelagia noctiluca, medusa decisamente dermo-tossica. «In generale stiamo assistendo a un continuo incremento del numero di meduse rispetto al passato, anche se è un fenomeno difficile da quantificare con esattezza - spiega Paola Del Negro, ricercatrice del Dipartimento di Oceanografia dell’Ogs -. Questo trend, costante negli ultimi anni, è dovuto a una serie di concause: dall’innalzamento delle temperature fino alla pesca dei predatori delle meduse e la loro conseguenze diminuzione. Al di là dei disagi per i bagnanti, l’aumento di questi organismi va a creare squilibri anche all’interno dell’ecosistema marino: più meduse ci sono, più plancton mangiano e meno ne resta per pesci e molluschi». Oltre agli esemplari tradizionali, un anno fa un gruppo di ricercatori dell’Università di Trieste e del Laboratorio di Biologia marina di Pirano ha annunciato la scoperta, proprio nel nostro golfo, di una nuova specie di medusa sconosciuta alla scienza, alla quale era stato dato il nome di “Pelagia Benovici”. «Al momento non abbiamo notizie di altri avvistamenti di questa specie “aliena” - precisa ancora Del Negro - ma non possiamo escludere che faccia la sua comparsa più avanti». Innocue o no, se ci si dovesse trovare a tu per tu con una medusa è sempre meglio evitare il contatto, anche se si tratta, in apparenza, di una specie non urticante. In caso di puntura, l’errore più comune da evitare è quello di bagnare la ferita con acqua dolce, operazione che, anziché alleviare il dolore, potrebbe acuire i sintomi e favorire il rilascio delle tossine. La cosa più indicata, invece, è tamponare la ferita con acqua salata ed evitare di strofinarla.

Elisa Lenarduzzi

 

I segreti della biodiversità dei fondali marini svelati al pubblico da esperti e ricercatori
Sarà dedicato all’affascinante tema della biodiversità dei fondali marini l’ultimo appuntamento del semestre dei “Caffè delle Scienze”, in programma domani alle 17.15 al caffè Tommaseo.

Stefano Bertuzzi, Ricercatore all’Università di Trieste e Rocco Auriemma, ricercatore dell’Ogs, cercheranno di dare risposta a una domanda precisa: è possibile restaurare i nostri monumenti con tecniche ecocompatibili? In particolare Bertuzzi parlerà di una tecnica innovativa che prevede l’esposizione degli organismi a shock termici (40 e 60°C). Tale tecnica si è dimostrata efficace e di facile applicazione, e potrebbe soppiantare le metodiche di restauro già in uso. Auriemma invece si concentrerà sulla descrizione di un particolare ecosistema: le comunità biologiche delle sorgenti idrotermali oceaniche, le uniche costituite da organismi il cui ciclo vitale non dipende direttamente dalla luce del sole.

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - MARTEDI', 9 giugno 2015

 

 

LAGUNA DI GRADO E MARANO. MINAMBIENTE RICONFERMA: SEDIMENTI DEI DRAGAGGI VECCHI E NUOVI SARANNO CONTROLLATI DALL'ISPRA MA SOPRATTUTTO DAL NOE.
Roma, 9 giugno 2015. I sedimenti prodotti dai dragaggi già effettuati e quelli dei dragaggi programmati nella laguna di Grado e Marano saranno valutati dal Ministero dell'Ambiente "con l'ausilio dell’Ispra e ovviamente, se del caso, anche con del NOE". E’ una riconferma da parte del Ministero dell’Ambiente, giunta oggi attraverso la risposta all’interrogazione di Serena Pellegrino, capogruppo SEL in commissione Ambiente, sulla situazione di un ambito marino dove è riconosciuta una delle più alte concentrazioni di mercurio del mondo.
“La rassicurazione del Ministero – dichiara Serena Pellegrino – è importante. Fermo restando che la soluzione tecnico-scientifica adeguata stava scritta nei verbali dei tecnici fin dal 2010, i sedimenti lagunari devono essere trattati per l’inquinamento che, allora come adesso, li caratterizza. Continuiamo a non capire la ragione di una serie di azioni amministrative che, a partire dal decreto Clini del 2013, lasciano irrisolte le problematiche di inquinamento da mercurio e suoi composti nelle aree della laguna di Grado e Marano non più oggetto di vincolo all'interno del SIN e a tutt’oggi ancora non restituite agli usi legittimi. Non comprendiamo nemmeno quali siano le motivazioni per l’esclusione della Valutazione di Impatto Ambientale relativamente ai progetti di dragaggi nel fiume Coron. ”
“Ritengo che la sensibilità sul problema della laguna di Grado e Marano da parte del Ministero corrisponda allo spirito della nuova legge sugli ecoreati, in particolare alla fattispecie dell’alterazione dell’equilibrio di un ecosistema e dell’offesa alla pubblica incolumità. Le nuove norme ci consentono di trasferire e considerare sul piano giuridico le valutazioni scientifiche sulle conseguenze prodotte dal conferimento di sedimenti inquinati, tanto al Sito di interesse comunitario della laguna quanto alle specie biotiche, incluso il pescato destinato alla commercializzazione e al consumo."

UFFICIO STAMPA on. Serena Pellegrino

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 9 giugno 2015

 

 

M5S si schiera contro il minirigassificatore

Incontro pubblico con l’europarlamentare Zullo e l’altra grillina Sabia. «Non servono nuovi impianti»
DUINO AURISINA Il Movimento 5 Stelle si iscrive al fronte del no al mini rigassificatore di Monfalcone. Sono stati l’europarlamentare Marco Zullo e Paola Sabia, già candidata dei grillini, a convocare un incontro sul tema al quale hanno subito dato la loro adesione i rappresentanti di Cittadini per il Golfo, Comunella di Duino, L’Altra Baia, Collettivo difesa litorale carsico, No Rigassificatore Monfalcone, Fare ambiente e Comitato salvaguardia golfo di Trieste. Obiettivo dell’appuntamento, approfondire il tema e prendere una posizione unitaria contro il rigassificatore di Monfalcone «alla luce dei nuovi fatti emersi durante la consegna delle contro osservazioni - è stato spiegato - e delle oscure vicende che hanno caratterizzato il nulla osta del Comitato tecnico regionale». Chiarito che «il rigassificatore progettato da Smart Gas non è per niente mini, in quanto la cubatura dei serbatoi raggiunge i due terzi di quelli di Zaule» si è passati al cuore del problema. «5 Stelle, in merito al progetto Smart Gas - ha detto Zullo - si pone in modo molto critico anche a livello di Parlamento europeo dove, assieme ad altri sette colleghi del Movimento, abbiamo sottoscritto un documento unitario, contrario all’impianto di rigassificazione. In esso - ha aggiunto Zullo - diciamo che di impianti ce ne sono già a sufficienza e che perciò non serve farne altri. Anzi - ha continuato Zullo - bisognerebbe chiudere quelli inutili e convertire quelli esistenti da ciclo aperto a ciclo chiuso, riducendone drasticamente l’impatto ambientale». Critiche dai presenti sono state rivolte al consigliere regionale Diego Moretti (Pd) «in evidente conflitto di interessi in quanto dipendente della Sbe, società del proponente del progetto, Vescovini, nonché componente della IV e V Commissione permanente». I partecipanti hanno apprezzato l’iniziativa dei grillini. «Come associazioni - ha detto Vladimir Mervic, dei Cittadini per il Golfo - siamo stati fin dal primo momento nettamente contrari al progetto, evidenziando dalla prima ora le pesanti criticità che lo rendono improponibile». Nel corso dell’incontro, l’impianto è stato definito «senza significato logico, visto lo stato in cui versano gli altri rigassificatori in Italia, sottoutilizzati o del tutto inutilizzati. La movimentazione delle maxi e mini metaniere influirebbe poi in modo determinante sull’attività portuale e sul diportismo nautico. Di conseguenza - hanno ribadito i partecipanti - ne verrebbe danneggiato il settore della nautica e tutto il turismo in genere, che nella nostra zona è un fattore economico importantissimo. Negli ultimi tempi - è stato osservato - il prezzo del gas è sceso del 13% e non per questo ci sono state ripercussioni significative sulle attività industriali, quindi il tanto decantato prezzo inferiore del 10% del metano, proposto da Smart Gas, non sortirà alcun effetto sul sistema occupazionale della Regione. Inoltre c’è il fattore rischio che nessuno scienziato al mondo potrà mai definire inesistente».

(u.s.)

 

 

La Regione dice sì alla “nuova” Muggia
Ok al piano regolatore con due rilievi sul porticciolo di San Bartolomeo e sull’area del Rio Ospo. Sindaco e vice soddisfatti
MUGGIA La Regione dà il via libera. Ed è conto alla rovescia per l’approvazione del nuovo piano regolatore del Comune di Muggia. Entro la fine di giugno il piano vigente, la Variante 15, dovrebbe infatti essere definitivamente sostituito dal nuovo piano, la Variante 31, che ridisegnerà il territorio muggesano. Laura Marzi, vicesindaco e assessore all’Urbanistica, spiega che «il nostro obiettivo è quello di partire questa settimana con le commissioni consiliari e poi, conclusi i lavori, portare in Consiglio il Prgc per ottenere l’pprovazione definitiva entro fine mese». L’accelerazione segue la delibera regionale del 29 maggio con cui la giunta ha dato l’ok all’intesa relativa al nuovo Piano con il Comune di Muggia. «È molto importante che ci sia un sostanziale accordo tra il Comune e la Regione che ha giudicato positivamente il nuovo piano regolatore. Un piano che ha tra gli obiettivi principali quello di fermare la cementificazione incontrollata del territorio muggesano, privilegiando invece i piccoli interventi» afferma il sindaco Nerio Nesladek. Due le “osservazioni” regionali che il Comune non esita a recepire: «La Regione - spiega Marzi - ci ha chiesto di reintrodurre la possibilità di realizzare l’ampliamento del Porticciolo di San Bartolomeo che avevamo eliminato accogliendo un emendamento in Consiglio comunale. In realtà l’allargamento del porticciolo era già previsto dal piano regolatore vigente, ossia la variante 15 del 2001». In altre parole, su indicazione della Regione, il Comune mantiene in vigore la possibilità di costruire un allungamento dell’attuale molo e la creazione di una serie di pontili, al fine di aumentare il numero dei posti barca all’interno del porticciolo di Lazzaretto. Possibilità di estensione e sviluppo, fa notare l’assessore, che non va confusa con la realizzazione vera e propria, poiché, seppure previsto nel vigente piano regolatore, in 14 anni non è mai stato realizzato alcun ampliamento «perché è un’opera che costa cifre ingenti e che non è di competenza di alcun ente pubblico ma del privato, se avrà la voglia e soprattutto la capacità economica di realizzare un’opera di questo tipo». L’altra modifica inserita dalla firma dell'Intesa con la Regione riguarda l’area del Rio Ospo: «La Regione - continua l’assessore - ci chiede sostanzialmente la regolarizzazione dei pontili già esistenti, per il resto è una conferma di quanto previsto dal piano, ad esempio accanto la sponda destra ci saranno aree attrezzate e percorsi a basso impatto ambientale come sentieri e piste ciclabili per consentire alle persone di attraversare il territorio muggesano e fruire allo stesso tempo delle risorse paesaggistiche». Tra gli obiettivi principali dichiarati dal nuovo Piano ci sono la limitazione del consumo di suolo e la volontà di riconsiderare lo sviluppo turistico in termini di sostenibilità, rendendo il territorio di Muggia più attrattivo all’esterno, con un’attenzione particolare alla conservazione dei tratti distintivi del paesaggio. Non solo: la questione delle connessioni delle reti, come la rete ecologica, la rete della mobilità, la rete del paesaggio o quella relativa al sottosuolo, e la rete “virtuale” rappresentata dal Patto tra i sindaci o le bandiere blu, sono altri tratti distintivi del nuovo piano. Ormai in dirittura.

Lorenza Masè

 

 

Addio spazzamento stradale extralarge

La commissione cancella l’emendamento che prevedeva 15 milioni di metri quadrati in più: «Si basava su numeri sbagliati»
IL DOCUMENTO DI SEL - L’errore contenuto nella proposta fatta propria dalla giunta
Oltre 15 milioni di metri quadrati di spazzamento stradale spazzati via dal Piano economico finanziario (Pef) relativo alla gestione dei rifiuti urbani offerto ad AcegasApsAmga. Un terzo di pulizie sparito allo stesso modo in cui erano apparso. Addio operazioni strade pulite. La seconda commissione (Bilancio), convocata ieri mattina in via d’urgenza dal presidente Igor Svab, è naufragata sull’emendamento presentato da Marino Sossi (Sel), sub-emendato da Everest Bertoli (Forza Italia) e fatto proprio dall’assessore all’Ambiente Umberto Laureni (Sel) per conto dell’amministrazione di centrosinistra. Un corto circuito. L’emendamento sullo spazzamento prevedeva che i metri spazzati dovessero passare dai 48.741.951 indicati dal Pef 2015 ai 64.047.738 metri che l’AcegasAps faceva nel 2008 (una dato fornito dagli uffici comunali) senza nessun aggravio di costi per le casse municipali. «Abbiamo verificato che il dato dei 64 milioni di spazzamento non esiste. Un cifra che non risulta da nessuna parte. Sfido chiunque a trovare quel numero in documenti ufficiali del Comune», dichiara l’assessore Laureni. Nel 2008 l’AcegasAps scopò 49.884.764 metri quadrati di strade e su quella cifra, assicura l’assessore, c’è la disponibilità di AcegasApsAmga, come atto di buona volontà, di assicurare quella quota di spazzamento. Non si tratta dei 15 milioni in più dell’emendamento, ma comunque di un milione in più su cui non è il caso di sputare sopra. Siamo ai numeri del lotto: 48, 49, 64. «Xe pèzo el tacòn del buso» sentenzia Bertoli citando la saggezza popolare e rivendicando i 64 milioni di metri citati dall’emendamento fatto proprio dall’amministrazione. «Non c’è nessun atto ufficiale in cui si dice che l’AcegasAps non è in grado di spazzare 64 milioni di metri alla stessa cifra». E quindi? «La documentazione sulla quale Sossi ha redatto l’emendamento proviene dagli uffici comunali. O sono stati forniti dati falsi o l’assessore è andato in ginocchio all’Acegas. Stiamo parlando di un aumento del 30% dello spazzamento. Una vicenda kafkiana», sentenzia Paolo Rovis (Ncd). C’è il lato comico. «I 64 milioni di chilometri di spazzamento sono un’invenzione», aggiunge l’assessore che cambia l’unità di misura. Tocca al compagno Sossi, l’autore del famigerato emendamento, fare autocritica come si usava un tempo. «Anche gli uffici comunali hanno il diritto di sbagliare. Non possiamo metterli in croce. Prendiamone atto: facciamo un “errata corrige”. Non è un documento sulla bomba atomica: è un emendamento sulle scovazze. Il problema vero è il controllo sulle municipalizzate che non c’è. E comunque il dato dei 64 milioni di metri risale al 2007 e resta il fatto che nessuno si è accordo del taglio netto del 30%. Sarebbe meglio che il Comune si prendesse in carico di nuovo il servizio di spazzamento. Così potremmo sapere quante persone scopano veramente (nessuna allusione alle abitudini sessuali, ndr)». Il problema resta la privatizzazione selvaggia dei servizi comunali. «Non è possibile che i Comuni siano considerati un bancomat dalle municipalizzate e che aumentino i costi e diminuiscano i chilometri» ripete Sossi. «Stiamo cercando con tutte le nostre forze di essere sempre meno un bancomat di AcegasApsAmga» assicura l’assessore di Sel. Paolo Menis (Cinque Stelle) non molla sui numeri: «È stato fatto proprio un emendamento con numeri sbagliati e senza copertura contabile. E ora si cerca di porre rimedio a un errore clamoroso fatto dalla giunta in Consiglio». Peggio il “tacon” del “buso”. «Una situazione imbarazzante. Non si gioca a Monopoli con i soldi dei cittadini» aggiunge Maurizio Ferrara (Gruppo misto). Roberto Decarli (Trieste cambia), che parla per la maggioranza, se la prende con Sel e con quei numeri che sembrano venuti fuori da “un bacio Perugina”: «Siamo qui a prendere frustate dall’opposizione che ha gestito peggio di noi lo spazzamento». E qui si è aperta la gara su chi è stato il più bravo con la scopa negli ultimi 20 anni di amministrazione. Se ne riparlerà lunedì quando il Pef emendato approderà in Consiglio comunale.

Fabio Dorigo

 

Pulizia quotidiana in piazza Unità
La frequenza degli interventi AcegasApsAmga. Dodici volte l’anno in Costiera
Il Molo Audace è spazzato, oltre che dalla Bora, dall’AcegasApsAmga 167 volte all’anno. Questo si apprende dal nuovo Piano economico finanziario (Pef) emendato. Il beneficio del milione e oltre di metri aggiuntivi che AcegasApsAmga offre al Comune di Trieste (in omaggio al quanto spazzato nel 2008) non cambia di molto. In molti casi la frequenza dello pulizia delle strade aumenta di uno o due volte all’anno, nella maggioranza dei casi resta immutata. In alcuni casi, forse in nome della razionalità del servizio, viene persino ridotta. È il caso di via della Cereria che passa da 25 interventi a 24 (praticamente una cadenza quindicinale). Stessa cosa per via del Trionfo dove sta l’arco di Riccardo: gli spazzamenti sono stati ridotti da 25 a 24. Solo che le aree adiacenti vengono spazzate con tutt’altra frequenza: via della Cattedrale (167 interventi), via e piazzetta Riccardo (da 100 a 104 interventi). Androna San Silvestro passa da 100 a 104, mentre via San Silvestro (compresa piazzetta) passa da 50 a 52: giusto la metà. Stranezze. Via Punta del Forno (compresa Androna Chiusa), per esempio, viene pulita tutti i giorni, mentre via Punta del Forno (strada) solo 300 volte all’anno. Ci sono poi vie come Bellosguardo che aumentano gli interventi da 50 a 52 da via Combi a via Locchi e li diminuiscono da 25 a 24 da via Combi a via De Rin. Piazza della Borsa e Piazza dell’Unità hanno ovviamente lo spazzamento garantito 365 giorni all’anno. Non è così per piazza Hortis che deve accontentarsi della metà degli interventi di pulizia: 150 giorni all’anno. E la strada Costiera? Confermati i 12 interventi. Una volta al mese per la strada più bella del mondo.

(fa.do.)

 

 

«Il parco di Miramare non tradisca la sua storia»
Italia Nostra e l’associazione orticola documentano il declino con una mostra
«Foreste e piante infestanti dove c’era un bosco rado. Serve un direttore ad hoc»
«Miramare ha bisogno di una figura di un direttore del parco storico che abbia le competenze per farlo, così come accade in ogni grande parco d’Europa». L’associazione orticola del Friuli Venezia Giulia “Tra fiori e piante” si schiera con Italia Nostra per invocare il recupero della vasta area verde creata da Massimiliano d’Asburgo alle porte della città. Giovedì, alle 17.30, verrà inaugurata una mostra sul passato e sul presente del parco: saranno in esposizione fotografie che documentano il declino che ha colpito il bene negli ultimi anni, con un confronto delle situazioni prima e dopo la rovina. I tredici pannelli saranno affiancati dai testi dell’ingegner Stefania Musco, che ha realizzato una tesi sulla storia del parco al Politecnico di Milano. La mostra sarà ospitata nella sede dell’Unione degli istriani, in via Silvio Pellico 2. «Esiste una grande mole di documenti riguardanti il parco così com’era ai tempi di Massimiliano e durante il periodo austriaco successivo alla sua partenza - dice Musco -. Materiale che ci consente di capire come sia cambiato da allora ad oggi». Il fondatore di Miramare pensava a un parco esotico, ricco di piante provenienti da diverse parti del mondo: «Fece un lungo viaggio a bordo della nave Novara per raccogliere delle essenze adatte - spiega la vicepresidente di Italia Nostra Giulia Giacomich - e ne mandava altre anche mentre era in Messico». Nella zona del parterre, ad esempio, si possono vedere delle statue poste in cima a delle colonne: apparentemente non c’è ragione di collocarle su un piano rialzato, Massimiliano lo fece perché nelle sue intenzioni dovevano essere circondate dalla vegetazione. «Il nostro non è un attacco alla Soprintendenza - premette Giacomich -. Con gli scarsi fondi a disposizione può fare ben poco e non ha mai avuto a disposizione una figura stabile di botanico specializzato in parchi storici». Ma secondo Italia Nostra e l’associazione orticola i problemi affrontati dal parco vanno ben oltre il ben noto declino del parterre: «Nelle parti meno frequentate si assiste a una trasformazione del parco in foresta - dicono Giacomich e la presidente dell’associazione Mariangela Barbiero -. Qua e là giacciono tronchi caduti o abbattuti, quello che una volta era un bosco rado è invaso da piante infestanti come l’acacia, l’ailanto, i rovi o addirittura le palme. Molti glicini sono morti per mancanza di luce. Nella parte più interna del parco sono state effettuate delle tagliate che hanno lasciato spazio libero alle piante infestanti». Secondo Barbiero «la Sovrintendenza dovrebbe tenere conto delle conoscenze presenti sul nostro territorio, perché ce ne sono di molto specifiche: avere delle competenze agricole non significa automaticamente saper lavorare su un parco storico». Secondo l’ingegner Musco il problema principale è la carenza di manutenzione ordinaria: «In Italia i parchi hanno finanziamenti solo per gli interventi straordinari - afferma -, mentre sono i piccoli lavori quotidiani a dare vita a un parco». Ecco perché, aggiunge, «all’estero quando un parco non è al livello minimo di qualità viene chiuso ai visitatori. E a Miramare ormai la fruibilità è ridotta del 50%». Senza una cura quotidiana e un’attenzione alla filologia del parco «Miramare smette di essere storico e rischia di diventare un giardinetto pubblico». Il presidente dell’Unione degli istriani Massimiliano Lacota chiosa: «In qualità di rappresentante della casa d’Asburgo, negli anni scorsi feci presente al Comune e all’allora assessore Franco Miracco la disponibilità dell’arciduca Carlo a contribuire alla gestione del parco attraverso una collaborazione fra pubblico e privato». Allo scopo sarebbe dovuto nascere un tavolo di trattativa con il ministero, «poi la cosa è finita nel nulla - dice Lacota -, ma l’interesse da parte degli Asburgo c'è ancora».

Giovanni Tomasin

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 8 giugno 2015

 

 

Via Mazzini pedonale, il Pd sconfessa il centrodestra

Via Mazzini, il centrosinistra al contrattacco. Il presidente della Commissione urbanistica e traffico, Mario Ravalico (Pd), replica senza mezzi termini al centrodestra che nei giorni scorsi ha alzato le barricate su via Mazzini. Non solo. Rilancia anche la pedonalizzazione di Corso Italia.

Prima, però, la controffensiva: «È singolare che chi in dieci anni non è riuscito nemmeno ad approvare il suo piano del traffico, ora pontifichi sul piano dell’amministrazione Cosolini, approvato nel 2013 a due anni dall’inizio del mandato» afferma Ravalico rilevando come tra le proposte del centrodestra figuri il “ring” «la cui attuazione è contenuta pari pari nel piano in vigore». Per rendersene conto, precisa il dem, basta consultare la relazione del piano del traffico sul sito retecivica.trieste.it alla sezione Mobilità e traffico: l’anello Rive-Passeggio Sant’Andrea-gallerie San Vito e Sandrinelli-via Carducci-piazza Libertà è previsto nell’ultima fase attuativa del piano. Non basta ancora. Ravalico respinge al mittente anche l’altra proposta del centrodestra - solo bus in via Mazzini a scendere e solo bus in Corso Italia a salire - perché avrebbe come unico risultato «quello di disporre di due strade, comunque dedicate al traffico, sia pure dei soli bus, separando ancora più nettamente il Borgo Teresiano dalla zona di piazza della Borsa-piazza Unità». La maggioranza boccia anche le accuse sui costi maggiori delle deviazioni dei bus pari «a 139mila euro all’anno». E proprio al riguardo il Comune, con l’assessore Elena Marchigiani, ricorda che c’è già una delibera con la quale l’amministrazione si impegna a sostenere i costi delle modifiche alle linee del trasporto pubblico, a sperimentazione finita, ovviamente nel caso in cui si decida di procedere alla chiusura definitiva, nelle more della gara del trasporto pubblico. Conclusione: le accuse del centrodestra sul fatto che «la chiusura di via Mazzini è un intervento a casaccio» sono, taglia corto Ravalico, un «affondo gratuito».

 

 

La misteriosa fine dei cinghiali abbattuti

Il centro di lavorazione della selvaggina non è mai stato realizzato. Risultato: si teme un commercio illegale di carne
Gli agenti provinciali - Portano i capi uccisi all’inceneritore o a un centro rapaci
Regione e Provincia sono chiamati a studiare forme più incisive per rispondere all’emergenza cinghiali, ma resta tutt’ora irrisolto un altro nodo: cosa fare degli animali abbattuti? Di carne pur sempre si tratta, ottima peraltro. Una questione che, al momento, pare ben lontana da qualsiasi soluzione perché la modalità con cui trattare i capi abbattuti, in pieno rispetto delle norme igienico-sanitarie e commerciali, è rimasta finora sospesa: le istituzioni sono sostanzialmente ferme. Il centro di lavorazione della selvaggina, un’iniziativa di cui si parlava tempo fa, l’unico che consentirebbe un regolare trattamento, non è mai decollato, nonostante avesse ricevuto un via libera di massima dalla stessa Regione. Il motivo? Come conferma il vicepresidente della Provincia con delega alla fauna Igor Dolenc, l’impresa individuata ha avuto problemi economici e si è tirata fuori dal progetto. La questione, dunque, è ferma lì da circa un anno e mezzo. E così, in mancanza di un sistema organizzato, gli animali vengono buttati via. Proprio così. Certamente quelli in carico alla polizia ambientale della Provincia, che seguono due strade: o l’incenerimento o il trasporto al centro per rapaci di Pietrarossa come piatto pregiatissimo per i pennuti. Uno spreco dalle proporzioni notevoli, se si pensa che gli agenti specializzati hanno freddato 175 esemplari nel 2013, 99 nel 2014 e 71 nel 2015. Certamente un calo rispetto all’attuale emergenza, dettato soprattutto dal numero ridotto di operatori, ma comunque un numero rilevante considerando le potenziali opportunità alimentari. Di cosa accada invece dei cinghiali uccisi dai cacciatori, quelli autorizzati dal Piano di abbattimento regionale, è tutt’ora un mistero. In teoria dovrebbe finire tutto nei piatti, così almeno sarebbe previsto – fanno sapere gli uffici di Palazzo Galatti – ma un paio di calcoli lascia intendere dell’altro. Prendiamo da esempio l’annata 2014-2015, l’ultima in questione: sono stati “prelevati” 509 animali, per un totale di 248 cacciatori in attività nell’intero territorio provinciale. Quasi due a testa. Oppure, ragionando in chili: una media di 40 kg a cinghiale moltiplicata per il numero di capi abbattuti, diviso i 248 uomini in campo, fa circa un’ottantina di chili di carne a persona. Se poi qualcuno ne ammazza di più, i conti sono presto fatti. Va a finire tutto in piatto? Nemmeno con Obelix a cena. Alle istituzioni sorge il dubbio che una parte della selvaggina finisca in commercio in un giro che nessuno, al momento, sa spiegare con esattezza. Solo ipotesi ma che tra le istituzioni emergono con una certa insistenza. L’unico modo di trattare i cinghiali, lecito, seguito e autorizzato, sarebbe quello del centro di lavorazione della selvaggina. «La Regione riprenda in mano il progetto», è l’appello di Dolenc. L’assessore regionale Panontin dal canto suo aveva garantito che la Regione farà il possibile, intanto, per varare un nuovo Piano faunistico. «Sta per essere approvato – dichiarava l’esponente della giunta nei giorni scorsi – prevede per l'area limitrofa alla città di Trieste delle misure specifiche per il contenimento che consentiranno di incrementare la pressione venatoria». Nessuno, annotava l’assessore, può provvedere da sé: «Al di fuori dei periodi previsti e delle aree cacciabili, il controllo della specie non può essere attuato mediante l’attività venatoria, bensì esclusivamente attraverso l’adozione di deroghe da parte della Provincia, come prevede la legge». Un sistema evidentemente insufficiente, al momento: gli esemplari abbattuti tra il 2014 e il 2015 hanno raggiunto il 64% del totale indicato nel piano. Più che incrementare il numero di animali “da prelevare”, per usare il termine riportato nelle norme, la Provincia sollecita un incremento delle forze in campo e un approccio sistematico alle battute di caccia, visto che l’attività è svolta perlopiù in modo amatoriale. A ciò, è l’esortazione del vice-presidente Dolec, va aggiunto il progetto del centro per la lavorazione della selvaggina.

Gianpaolo Sarti

 

«Il fenomeno iniziato negli anni ’90 ora è incontrollabile» - LA RELAZIONE DEGLI ESPERTi
Il fenomeno dei cinghiali ha avuto inizio negli anni ’90 e si è sviluppato fino a raggiungere le dimensioni incontrollabili che si manifestano attualmente.

Un problema «incontrollabile», dunque. Il passaggio è contenuto in una relazione in mano alla Provincia redatta dagli esperti di fauna e ambiente. Parole che certificano l’inadeguatezza dei sistemi e dei piani regionali di contrasto fin qui adottati. «Paradossalmente – continua il documento – sono proprio le aree agricole cosiddette marginali, come le nostre, che subiscono i danni più consistenti. Parliamo di zone dove la produttività degli agro-ecosistemi è ridotta a causa di fattori fisici, come la pendenza, e pastinature, le aree agricole frammentate, o a causa della mancanza di infrastrutture di interdizione adeguate. In realtà queste aree rivestono un ruolo strategico nella conservazione di un sistema agricolo ecocompatibile e un presidio di tutela idrogeologica». Sono le zone di campagna, spesso in prossimità dei rioni periferici o del Carso: campi e raccolti distrutti e reti all’aria, per danni da decine di migliaia di euro. Le competenze dell’amministrazione provinciale sono limitate alla funzione di controllo della specie e alla gestione del “Fondo per il miglioramento ambientale e per la copertura rischi” finalizzato alla prevenzione e indennizzo dei danni arrecati. La Provincia dunque non ha di fatto alcuna competenza sull’attività venatoria. Inoltre, continua la relazione, «il Corpo di polizia ambientale sta tentando di stimolare gli operatori ad adottare più efficaci modalità di caccia». Un documento in cui, peraltro, si ammette che «quello dell’abbattimento non costituisce la soluzione ottimale al fenomeno sia sotto l’aspetto organizzativo che quello etico». Anche perché, in assenza di un approccio sistematico, «il solo abbassamento della densità può indurre nei cinghiali aumenti della fertilità in grado di vanificare l’azione di controllo della popolazione». (g.s.)

 

Ambiente - Gestione dei rifiuti in commissione

Oggi alle 10, nella sala del Consiglio, si riuniranno in via d’urgenza la seconda e la terza commissione. All’ordine del giorno la proposta di deliberazione sulla “Relazione descrittiva dei servizi di gestione rifiuti urbani e assimilati” per l’anno 2015.

 

 

AMBIENTE - Immagini sul degrado del parco di Miramare

Oggi alle 11, nella sede dell’Unione degli istriani (via Pellico 6) le associazioni Italia Nostra e Orticola "Tra fiori e piante", presentano la mostra su "Il parco di Miramare e le sue condizioni di degrado" . La mostra presenta immagini sulle condizioni del parco dal 2013 al 2015. La mostra verrà inaugurata giovedì prossimo alle 17. 30 nella sede dell'Unione degli Istriani

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 7 giugno 2015

 

 

Via Mazzini, i bus deviati costano di più
Fi e Fratelli d’Italia: «La spesa per le modifiche alle linee è di 139mila euro all’anno». Marchigiani: «Pagherà la Provincia»
Le deviazioni dei percorsi di diverse linee dei bus, per consentire la pedonalizzazione di via Mazzini, avrà un costo annuo di 139 mila euro. La cifra, calcolata dai tecnici di Trieste Trasporti (oltre 35mila chilometri in più, per un costo di circa 4 euro al chilometro), è stata resa nota ieri dai consiglieri comunali Everest Bertoli (Forza Italia) e Claudio Giacomelli (Fdi), che sulla questione dei maggiori costi hanno preannunciato una seduta, nei prossimi giorni, della Commissione trasparenza. «Lo spostamento dei tracciati di molte linee - ha spiegato Bertoli - ha comportato un aumento sensibile dei chilometri percorsi e quindi dei costi. Due anni fa - ha aggiunto - avevamo chiesto all’assessore Marchigiani se fossero previste spese aggiuntive; la risposta era stata negativa». Il consigliere forzista ha poi fatto riferimento alla delibera di indirizzo, datata 8 maggio, con cui la giunta ha dato il via libera alla fase sperimentale della pedonalizzazione in via Mazzini. Il documento stabilisce che i costi della fase sperimentale saranno a carico dell’attuale gestore (Trieste Trasporti, ndr) mentre «qualora gli esiti della sperimentazione fossero positivi, l’eventuale definitiva scelta di pedonalizzazione dell’area potrebbe comportare l’assunzione di una spesa a carico del bilancio comunale». Proprio quest’ultimo punto ha scatenato l’attacco del consigliere forzista: «Il trasporto pubblico non è competenza del Comune - ha rimarcato Bertoli - che in merito non può spendere neanche un euro, anche se vuole farlo. Il maggiore costo non sarà pagato neanche dalla Provincia né da Trieste Trasporti». Sottolineando che con 139mila euro si possono attivare circa 30 posti in un asilo nido, Bertoli ha concluso con «un invito amichevole alla giunta a non effettuare questa spesa». A sua volta Giacomelli (Fdi) ha ricordato che, a suo tempo, il dibattito in aula sulla pedonalizzazione di via Mazzini si era protratto per un mese. «È paradossale che in quella sede il problema dei maggiori costi non sia emerso», ha affermato, ricordando poi che, in merito a una domanda di attualità su via Valdirivo (se vi fossero stati studi sull’impatto del traffico aggiuntivo e prove di carico, ndr) l’assessore Marchigiani aveva risposto in maniera negativa. Ribadendo che il Comune non ha titolo per pagare questi maggiori costi del trasporto pubblico, che la Provincia non intende farlo e Trieste Trasporti nemmeno, Giacomelli ha sostenuto che «si rischia che tali costi si riversino su un aumento del biglietto». L’assessore Marchigiani respinge prontamente le accuse ai mittenti. Ricorda che al momento la gara regionale per il trasporto pubblico locale è bloccata in quanto si attende la sentenza del Tar, e sottolinea che «una volta che la sperimentazione sarà conclusa, i maggiori costi rientreranno nelle spese della Provincia. E se il Tar non dovesse essersi ancora pronunciato, la spesa sarà coperta temporaneamente dal Comune. D’altra parte - aggiunge - l’attuazione del piano del traffico non può non avere qualche costo». A proposito di costi, l’assessore non manca di rilevare che la precedente giunta «per il piano del traffico, poi ritirato prima delle elezioni, ha pagato più di 200mila euro per la consulenza al professor Camus». Quanto a via Valdirivo, Marchigiani precisa poi che dalle mappe del Comune non risulta alcun problema strutturale, e che dai rilievi fatti in questi giorni l’aumento del traffico è contenuto in un veicolo in più ogni minuto.

Giuseppe Palladini

 

Il bike pride - I ciclisti dicono sì alla chiusura ma chiedono un percorso per bici
In bici. In tanti, più di un centinaio. Nel cuore di quella via Mazzini, parzialmente chiusa al traffico da qualche settimana e che per questo tante polemiche sta suscitando, dividendo i triestini in due fronti. Da un parte coloro che vedono la pedonalizzazione come un toccasana, dall'altra quelli che giudicano il provvedimento un'inutile forzatura.

A onor del vero, sono questi ultimi la grande maggioranza, almeno stando al referendum promosso dal “Piccolo”, che ha fatto registrare un rapporto di circa due terzi “contro” e un terzo “pro”. Ieri sera, per sottolineare la loro adesione al progetto di pedonalizzazione, un notevole numero di ciclisti di tutte le età e “tipologie”, dai semplici amatori e appassionati a coloro che la bici la usano come strumento di allenamento, appartenenti a numerose associazioni, capitanate in questo caso dalla Fiab Trieste Ulisse, hanno aderito al “Bike pride#viaMazziniCiclabile”. La manifestazione aveva come obiettivo di chiedere che “lungo tutta via Mazzini si realizzi un percorso ciclabile continuo, sicuro e riconoscibile”. La parola d'ordine, che ha caratterizzato la pedalata, che ha portato i partecipanti da via Mazzini lungo un percorso di circa 5 chilometri per le vie del centro, è stata “Noi siamo il traffico”. «Con il nostro gesto - ha detto Federico Zadnich, coordinatore per Trieste della Fiab Ulisse - vogliamo ricordare che le biciclette sono un mezzo di trasporto veloce, comodo e sostenibile per muoversi in ambito urbano e consentono al contempo di socializzare, vivendo la città e vedendola con uno sguardo diverso. Ora tocca a Trieste - ha sottolineato - riconoscere e garantire alle bici sicurezza e dignità di mezzo di uso quotidiano. Scopo di questa “Bike Pride” - ha precisato Zadnich - è sostenere la sperimentazione della pedonalizzazione in via Mazzini, e di richiedere, allo stesso tempo, che lungo tutta questa via sia creato, come previsto dal Piano del traffico, un percorso riservato e riconoscibile, con una diramazione che permetta di raggiungere, in bici, viale XX Settembre lungo la direttrice di via Imbriani». Fiab Ulisse chiede anche che sia concesso ai ciclisti di transitare nelle corsie riservate ai bus nella parte bassa di via Mazzini. «Su questo punto - ha replicato l’assessore Marchigiani - esiste già un fermo no della Trieste trasporti. Per il resto siamo d’accordo, sempre ricordando però - ha aggiunto - che la precedenza nelle isole pedonali va ai pedoni, in particolare ai soggetti deboli. Una corsia per le bici si può segnare e sarebbe la prima volta a Trieste - ha concluso -. Una pista ciclabile è altra cosa e non può convivere con un’area pedonalizzata». All'iniziativa hanno dato la loro adesione Legambiente, Viaggiare slow, la Consulta giovani di Muggia, Senza confini - Brez Meja, Spiz, Mathitech, Bikeways, Arci Trieste, Ursus Fxd, Wwf e Uisp di Trieste.

Ugo Salvini

 

 

Il fallimento del piano anti cinghiali - L’EMERGENZA»L’INVASIONE TRIESTINA - il piano cinghiali a Trieste

I 248 cacciatori sono riusciti a eliminare solo il 64% degli esemplari da abbattere. E gli agenti provinciali sono quattro
Nel 2012-2013 la percentuale toccava il 96% ma ora gli animali si sono fatti più furbi
Dietro l’emergenza cinghiali c’è il fallimento del piano regionale di abbattimento. Lo dicono i numeri. Tra il 2014 e il 2015 i cacciatori hanno eliminato 509 esemplari sui 792 previsti dal piano: il 64% appena, stando ai dati della Provincia. Andava meglio le annate precedenti, quando l’attività si era chiusa con il 78% nel 2013-2014 e il 96% nel 2012-2013, periodo in cui il numero di capi censiti era balzato da 387 a 501. Oggi, invece, quattro cinghiali su dieci si salvano. Chi abita in prossimità del Carso o nei rioni periferici ne paga la conseguenze: campi e raccolti distrutti, reti divelte, incidenti d’auto e pericolosi incontri con l’uomo. Come avvenuto a fine maggio nelle campagne di Longera per il signor Bruno Zerial che ha rischiato la vita. Il cane, che ha tentato di difenderlo, non ce l’ha fatta. La pianificazione funziona così: da Muggia a Duino, all’interno del territorio venabile, il “prelievo” è consentito con il metodo selettivo dal 15 maggio al 15 gennaio per cinque giorni la settimana, da due ore prima del sorgere del sole, a due ore dopo il tramonto. L’attività si apre con un censimento degli animali, il tutto viene poi trasmesso all’amministrazione regionale. Sulla base di quei numeri l’ente approva un piano di abbattimento autorizzando la soppressione per il 150% del totale. Ad esempio: su 10 rintracciati, si dà il via libera per 15; questo perché si ritiene che gli animali che vivono nel territorio siano in realtà molti di più di quanti si riescono effettivamente a conteggiare. Sono 12 le riserve esistenti – distanti almeno 100 metri dai centri abitati – in cui è permessa l’attività: Basovizza, Prosecco, Opicina, Aurisina, Duino, Malchina, Muggia, Zaule-Dolina, Gabrovizza, Sales, Sgonico e Monrupino. In quest’ultima annata il risultato più basso è stato raggiunto a Duino: 18 animali censiti, 27 autorizzati a cacciare, 6 abbattuti. Il 22%. Ma sono numerose le zone in cui il risultato non tocca nemmeno la metà di quanto previsto: Aurisina (30%), Malchina (33%), Gabrovizza (36%), Sgonico (28%), Monrupino (32%). Punte più alte a Basovizza (59%), Prosecco (65%) e Opicina (62%). Record a Muggia che riesce a ottenere l’85% dei capi abbattuti, a Zaule-Dolina con il 92% e, ancor più, a Sales con il 95%. Le circostanze che portano a questo squilibrio e alla difficoltà di mettere a segno le indicazioni del piano sono varie. I cinghiali, nel tempo, si sarebbero abituati agli orari in cui sentono gli spari e avrebbero capito quando tenersi alla larga dai punti di appostamento. Sono 248 i cacciatori che svolgono quest’attività nell’intera provincia, ma perlopiù in modo amatoriale. Poche forze in campo? Poca sistematicità nelle battute? La Provincia fa la sua parte, come può, con la polizia ambientale: l’unica autorizzata per legge a intervenire “in deroga”, fuori dalle norme. Possono sparare nei centri abitati e in qualunque giornata. Ma il personale, attualmente, è limitato a 4 dipendenti specializzati. E così, anche per loro, la quantità di animali abbattuti è calata: 175 nel 2013, 99 nel 2014 e 71 nel 2015. Senza considerare le pressioni psicologiche alle quali sono sottoposti gli agenti, esposti alle ingiurie di quanti, tra i cittadini, vedono nel cinghiale quasi un animale domestico. «È evidente che il personale sembra essere insufficiente a gestire la situazione», afferma il vicepresidente della Provincia con delega alla fauna, Igor Dolenc. Non cambia nella sostanza nemmeno il via libera rilasciato agli agricoltori dotati di licenza, autorizzati a sparare nei propri terreni anche al di fuori degli orari consentiti nelle aree di riserva: ce ne sono solo due al momento, ma altri – vista l’emergenza – si stanno facendo avanti. L’ente continua ad erogare i contributi per arginare le “invasioni”, solitamente per l’acquisto di reti e recinzioni con filo elettrico, e paga gli indennizzi per i danni subiti da famiglie e aziende. Cifre modeste, come noto, visto che il sistema è sottoposto a regime “de minimis” e le somme concesse non possono superare i 15 mila euro a testa nell’arco di tre anni. «Abbiamo realizzato pure una serie di pubblicazioni informative su come comportarsi con gli animali selvatici – ricorda Dolenc – e abbiamo coinvolto diverse associazioni per fronteggiare al meglio il problema. Perché non basta cacciare, ma si deve evitare di dare da mangiare ai cinghiali, non abbandonare immondizie ed eliminare i rovi, gli abituali luoghi di riposo». A ciò si aggiunge un ultimo aspetto, piuttosto dubbio: il censimento stesso, quello da cui viene rilevato dai cacciatori per la predisposizione del piano di abbattimento regionale. Ad oggi, per fare un esempio, risultano 130 esemplari a Basovizza e appena 38 a Prosecco, 15 ad Aurisina e 110 a Zaule. Gli ettari di terreno sono più o meno gli stessi per tutti. Possibile?

Gianpaolo Sarti

 

«Le doppiette colpevoli dei danni agricoli»
La Lav muove all’attacco: «Hanno introdotto e foraggiato capi giovani e aggressivi a scopo venatorio»
La Lav, la Lega anti vivisezione, contesta il metodo dell’abbattimento. «Non può essere l’unica soluzione per il controllo della fauna selvatica» avvertono i responsabili della sede territoriale a Trieste, riuniti nel consiglio direttivo. E aggiungono: «Il problema dei cinghiali, se di problema si può parlare, non è stato esposto nel modo corretto ai cittadini. In realtà è più complesso di ciò che appare». La Lav fa notare che, come previsto dalla normativa nazionale e regionale, «i cacciatori operano numerosi foraggiamenti e possono introdurre nel territorio fauna allevata. Nella parte occidentale il cinghiale è autoctono, molto numeroso, ha una struttura per classi di età ben equilibrata e non causa danni gravi all’agricoltura. Qui il cibo viene somministrato solo in estate e nella foresta. Nella parte orientale, invece, il cinghiale è stato introdotto a scopo venatorio, viene foraggiato liberamente dai cacciatori, è meno numeroso ma ha una struttura sbilanciata per classi di età, con prevalenza di individui giovani, e causa gravi danni all’agricoltura. Ci sembra evidente che i danni arrecati all’agricoltura e ai privati cittadini nella nostra provincia – osserva ancora l’onlus – dipendano quindi dalla gestione venatoria». Secondo la Lav, Regione e Provincia «non fanno prevenzione e non promuovono la conoscenza dell’etologia dell’animale nei confronti della popolazione». Ciò determina, quindi, «una scarsa informazione su cosa fare quando si incontra un animale selvatico che produce dannosi comportamenti come avvenuto di recente». L’onlus ha un suggerimento: «Prima di approvare qualunque Piano regolatore – scrive la sezione territoriale di Trieste – si dovrebbero prevedere corridoi faunistici per evitare che gli animali possano introdursi in giardini privati o attraversare strade trafficate. Ed è inoltre provato come la perdita della sincronizzazione dell’estro e l’aumento della fecondità portino ad incrementare i danni provocati dai cinghiali mentre al contrario risultino efficaci metodi alternativi, quali recinzioni elettriche e foraggiamento dissuasivo». Infine, ancora, una stoccata alle istituzioni. «La politica rimanda ormai da anni l’approvazione di un Piano faunistico regionale – è l’accusa della Lav – e non sono previsti dalla legge indennizzi adeguati per i danni provocati dagli animali ad agricoltori o privati cittadini».

(g.s.)

 

 

Parenzo, sulle spiagge venti bandiere blu
L'avvio della stagione balneare è stato celebrato con l' innalzamento della bandiera blu sull’albero situato vicino al vecchio bunker, sulla spiaggia sotto l'albergo Parentium. Confermate così le 20 bandiere blu che sventolano sulle spiagge del comprensorio: 3 sulle spiagge gestite dalla città, sette su quelle appartenenti alla società Valamar Riviera, e le rimanenti sulle spiagge dell' altro colosso turistico cittadino:la Plava Laguna. L'onore di issare il vessillo è toccato ai coniugi austriaci Bachmaier che da 15 anni soggiornano all' hotel Parentium. La bandiera è arrivata nelle loro mani via mare, portata da un subacqueo che l’aveva presa da una motonave. Alla cerimonia hanno partecipato le pallamaniste parentine campionesse di Croazia e la mascotte Lagunino, a simboleggiare una sintesi di sport e coscienza ecologica. Ricordiamo che la bandiera blu è un prestigioso riconoscimento ecologico internazionale assegnato dalla Fondazione europea per l' educazione ambientale alle spiagge pulite e sicure.

(p.r.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 6 giugno 2015

 

 

Ferriera di Servola - A giorni il verdetto sul rilascio dell’Aia

Prenderà il via mercoledì prossimo la Conferenza dei Servizi decisoria sulla concessione dell’Aia, l’Autorizzazione integrata ambientale alla Siderurgica Triestina, proprietaria della Ferriera di Servola. Un appuntamento cruciale a cui il Circolo Miani e l’associazione Servola Respira hanno chiesto formalmente di poter partecipare.

Una richiesta formulata con una lettera inviata alla Direzione regionale dell’Ambiente e al procuratore capo del Tribunale di Trieste, Carlo Mastelloni.

 

 

Serracchiani: «Si rivedano le competenze ambientali» - l’assemblea dell’albo dei gestori
«In materia ambientale è necessario arrivare, nell’ambito della riforma del Titolo V della Costituzione, a un riordino delle norme e delle competenze, per fare chiarezza su chi fa che cosa».

Lo ha sottolineato la presidente della Regione, Debora Serracchiani, intervenendo ieri a Trieste all’assemblea generale nazionale dell’Albo nazionale dei gestori ambientali, svoltasi non causalmente in occasione della “Giornata mondiale dell’ambiente”. Una “Giornata” che, anche a Trieste, è stata celebrata con un gran numero di iniziative, come la distribuzione di borse per la raccolta differenziata targata AcegasApsAgma o il flash mob di bambini e animatori che in sette piazze cittadine hanno intonato la “Ballata dell’orto”, come la premiazione del rione più pulito e l’animazione in piazza della Repubblica. Tra gli appuntamenti, appunto, l’assemblea dell’Albo nazionale dei gestori ambientali al quale sono iscritte più di 160mila imprese che si occupano di gestione dei rifiuti e di bonifiche e che costituiscono un punto di riferimento per la pubblica amministrazione. Serracchiani, durante l’incontro che ha visto la presenza del presidente nazionale dell’Albo Eugenio Onori e di quello della sezione del Friuli Venezia Giulia Franco Sterpin Rigutti, ha anche ricordato alcuni dei complessi progetti di risanamento ambientale che la Regione, assieme alle altre istituzioni locali, ha affrontato in questi ultimi anni. Tra questi, ovviamente, la Ferriera di Servola e il Sito inquinato di Trieste. «Nel campo dell’ambiente - ha aggiunto la presidente - questa amministrazione regionale ha ricominciato a programmare, come dimostrano il piano energetico e quello delle acque». Semplificazione, trasparenza e legalità sono gli obiettivi dell’Albo nazionale e sono gli stessi perseguiti dal Friuli Venezia Giulia: «Sulle questioni ambientali - ha rilevato Serracchiani - occorre arrivare a più chiare responsabilità all'interno della pubblica amministrazione, evitando un’eccessiva frammentazione, e questo per aiutare i cittadini e le imprese».

 

 

Piazza Rosmini - Volontari al lavoro per ripulire il giardino

Oggi alle 11.30, nel giardino di Piazzale Rosmini, avrà luogo la presentazione dei lavori di pulizia dell'area giochi (eliminazione dei graffiti, riverniciature ecc.) che saranno svolti in questi giorni dai volontari dell'associazione "Puglia Club" di Trieste.

 

 

Elezioni - Nuovo direttivo per CamminaTrieste

Nel corso dell'ultima assemblea dei soci è stato eletto il nuovo direttivo di Coped-CamminaTrieste. Il presidente onorario è Fulvia Costantinides. Presidente effettivo Luigi Bianchi mentre la carica di vicepresidente è andata a Isabella Flego e Mario Goliani. Del comitato direttivo fanno parte in totale nove soci.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 5 giugno 2015

 

 

Sel e Un’Altra Trieste all’offensiva su Servola

Sossi insiste sulla chiusura dell’area a caldo della Ferriera. Bandelli: «Arvedi assuma gli ex Sertubi»
L’aria si infittisce sulla Ferriera di Servola. Metaforicamente e non. Da destra a sinistra, per motivazioni diverse, diversi consiglieri comunali puntano il dito contro questa fase della gestione Arvedi. Da un lato Marino Sossi di Sel argomenta in una lunga lettera (firmata anche dalla consigliera Daniela Gerin e dal responsabile lavoro di Sel Waldy Catalano) la necessità di chiudere l’area a caldo dell’impianto. Dall’altro Franco Bandelli di Un’Altra Trieste chiede al sindaco di far rispettare una mozione approvata dal Consiglio nel marzo scorso che impegnava la giunta a chiedere alla proprietà di integrare gli ex lavoratori della Sertubi nelle nuove assunzioni. Il caso Sertubi Bandelli afferma infatti che la sua mozione per l’integrazione prioritaria degli ex Sertubi in Ferriera è stata disattesa: «Ora apprendiamo che il percorso di ampliamento dell’organico riguarda tecnici specializzati e lavoratori dell’ex Lucchini in cassa integrazione. Il Comune deve farsi garante al tavolo istituzionale affinché i posti rimanenti siano destinati ai lavoratori della Sertubi e che la parte formativa - prevista già nell’Accordo di programma del 2012 - prenda il via il prima possibile». L’offensiva di Sel È un testo articolato quello con cui Sossi e compagni chiedono alla giunta di ridiscutere la possibilità di chiudere l’area a caldo. La lettera inizia ricordando che sul tema della Ferriera «il centrosinistra ha vinto le elezioni comunali facendo dell’impegno per la riconversione produttiva dell’area uno dei punti centrali del programma amministrativo». Passa poi a ricordare come l’arrivo di Arvedi lasciasse ben sperare grazie all’accento sul laminatoio e sulle attività di carattere portuale. A fronte dei ripetuti sforamenti dei limiti di leggi sulle emissioni di polveri sottili, argomenta Sel, le dichiarazioni dell’imprenditore confermano «come l’area a caldo non rappresenti un elemento strategico nello sviluppo futuro della ferriera previsto dal piano industriale». I fondi pubblici Sossi ricorda che il piano di recupero è stato sostenuto con una cinquantina di milioni di fondi pubblici: «Anche perciò continuiamo a ritenere doverosa e lecita da parte delle istituzioni la ricerca di un’intesa programmatica con la nuova proprietà per la chiusura dell’area a caldo, quale sola strada in grado di dare una soluzione reale e concreta alla pesante situazione ambientale». Il consigliere e i colleghi sono «sconcertati» dal fatto che non si colga la possibilità, «inclusa nel piano», di chiudere l’area mantenendo il livello dell’occupazione: «Non si può continuare a pensare che possibili incrementi occupazionali giustifichino il mantenimento di impianti in esercizio il cui impatto ambientale e sulla salute di lavoratori e cittadini non è più sostenibile».

Giovanni Tomasin

 

 

Ogni anno in Italia 34mila morti
I dati in un rapporto del ministero della Salute. Emergenza al Nord
ROMA Oltre 34.500 italiani ogni anno muoiono “avvelenati” dall’inquinamento atmosferico. I veleni dell’aria uccidono soprattutto al Nord, dove si registrano 22.500 decessi, e riducono in media di 10 mesi la vita di ogni cittadino: 14 mesi per chi vive al Nord, 6,6 per gli abitanti del Centro e 5,7 al Sud e isole. Sono questi i poco incoraggianti dati, presentati ieri, dell’impatto sulla salute dell’inquinamento atmosferico nel nostro Paese, secondo il progetto Viias (Valutazione integrata dell’impatto dell’inquinamento atmosferico sull’ambiente e sulla salute) finanziato dal Centro controllo malattie del ministero della Salute. La nuova mappa dell’inquinamento mostra come il 29% della popolazione viva in luoghi dove la concentrazione degli inquinanti è costantemente sopra la soglia di legge e che Nord, aree urbane congestionate dal traffico e aree industriali siano le più colpite. Eppure, il solo rispetto dei limiti di legge salverebbe 11mila vite l’anno. Unito all’ulteriore diminuzione del 20% della concentrazione media annuale degli inquinanti avrebbe ricadute positive sulla salute pubblica e sull’economia: seguendo le statistiche dell’Organizzazione mondiale della sanità 10mila decessi evitati all’anno corrispondono a circa 30 miliardi di euro. È cambiata anche la natura dell'inquinamento atmosferico negli ultimi dieci anni, i due principali bersagli verso cui indirizzare nuove misure preventive sono la combustione di biomasse per il riscaldamento e gli scarichi dei veicoli diesel. Infine il progetto ha mostrato come la riduzione significativa delle emissioni avvenuta negli ultimi anni non si sia sempre tradotta in un abbassamento delle esposizioni, soprattutto in quelle aree, come la Pianura Padana, caratterizzate da condizioni fisiche e meteorologiche difficili.

 

 

Grande Gianni alle isole Brioni la tartaruga va in riabilitazione dopo essere stata salvata
L’esemplare di Caretta caretta era stato trovato in gravissime condizioni vicino a Lussino dopo l’urto con un natante. È stato curato a Verudella in un centro specializzato
POLA Dopo aver trascorso circa un anno al Centro di recupero delle tartarughe marine di Verudella Grande Gianni, un magnifico esemplare maschio di Caretta caretta, è stato trasferito nella grande vasca sulle Isole Brioni dove trascorrerà un periodo di riabilitazione. Ancora non si sa quanto durerà il suo soggiorno forzato sull'isola, nella vasca di acqua marina con ricambio forzato, che lo preparerà a sfidare nuovamente il mare. Grande Gianni battezzato proprio così, era stato trovato in gravissime condizioni nei pressi dell'Isola di Lussino. Se non fosse intervenuto l'uomo avrebbe fatto una fine tristissima in seguito alle brutte ferite riportate alla testa e nella parte bassa del carapace, probabilmente nell'urto con qualche imbarcazione. Inoltre non era in grado di cibarsi in maniera autonoma. Al momento della cattura Grande Gianni era lungo crica 70 centimetri. Si è fiduciosi ora che nella vasca, la tartaruga marina possa riabituarsi a fare tutto da sola, dopodichè sarà pronta a ritornare nel suo habitat naturale. Grazie alla disponibilità della direzione del Parco nazionale di Brioni, durante il viaggio in traghetto da Fasana all'isola, Grande Gianni era accompagnato da numerosi amanti degli animali, che seguono attentamente le vicende delle tartarughe marine. E la stampa non si fa pregare per riportare la notizia di qualche nuovo arrivo e del ritorno in libertà degli esmeplari curati. Il centro per la cura e la riabilitazione delle tartarughe “Aquarium”, fondato nel 2006, sorge vicino alla fortezza austroungarica di Verudella, nel comprensorio turistico di Pola. Qui esiste la cosiddetta stanza delle piscine dove le tartarughe vengono curate, e subito accanto troviamo l'aula didattica del centro dove sono custodite le fotografie la relativa documentazione di tutte le tartarughe finora salvate, da 10 a 15 all'anno. Le tartarughe che finiscono in cura presentano ferite dovute soprattutto all'urto con le imbarcazioni o perché finiscono impigliate nelle reti dei pescatori che le raccolgono facendo quindi intervenire gli attivisti di Verudella. Qualche esemplare viene trovato sofferente di disturbi naturali, come quelli gastrointestinali che hanno colpito la giovanissima Severina, “dimessa” in tempi rapidi. Ogni tartaruga ha la sua bella storia e fa certamente grande tenerezza la grande cura e amore che ricevono dagli attivisti. Dal canto loro gli animali capiscono che presso il centro di Verudella inizia una nuova vita e con i festosi movimenti in acqua sembrano ringraziare per le grandi attenzioni ricevute. E spesso a far loro visita arrivano scolaresche di tutta la Croazia.

(p.r.)

 

 

Bike Pride per la pista ciclabile in via Mazzini
Domani in centro la pedalata che promuove la creazione di un percorso lungo l’area pedonalizzata
Un percorso ciclabile continuo, sicuro e riconoscibile. È la filosofia che anima il Bike Pride, una originale pedalata lungo le vie del centro storico, programmata per domani sera con ritrovo a partire dalle 19 in piazza della Repubblica. L’iniziativa, organizzata da Fiab Trieste Ulisse, si pone come obiettivo la realizzazione di un percorso ciclabile lungo via Mazzini, come previsto dal Piano del Traffico, con la possibilità di una diramazione per raggiungere in bicicletta il viale XX Settembre. Un evento che, sotto la parola d’ordine “Noi siamo il traffico”, vuole sottolineare come le biciclette siano un mezzo di trasporto comodo, veloce e sostenibile per muoversi in ambito urbano. Ma intanto la pedonalizzazione di via Mazzini continua a dividere cittadini e commercianti. A colpi di petizioni. Da una parte c’è il fronte del “no” che vede unite molte attività che gravitano nell’area di piazza Goldoni e dintorni, e che sta raggiungendo quota 3000 firme. Dall’altra una serie di commercianti di via Mazzini che stanno rispondendo con una contro-raccolta firme partita solo da pochi giorni, ma che ha già abbondantemente superato il migliaio di sottoscrizioni. «Sia chiaro non vuole essere una battaglia, ma un punto di vista ben preciso - spiega Stefano, dell’edicola di piazza Goldoni -. Non siamo contrari alla pedonalizzazione in se stessa, quanto al modo in cui viene portata avanti, recando grossi disagi a cittadini e commercianti. Non si può procedere a strappi, ma ci deve essere un progetto che ha una sua continuità e una sua completezza». Concetti ripresi da Laura, del Bar pasticceria La Perla di via Santa Caterina: «Intervenire in questo modo non ha nessun senso e noi lo tocchiamo con mano ogni giorno sentendo le lamentele dei cittadini, soprattutto quelli più anziani. Mi sta bene la pedonalizzazione, ma allora facciamola in modo globale, chiudendo tutto il centro e creando un vero e proprio ring». Sull’altro fronte non mancano le argomentazioni: «Un’area pedonale a Trieste ci vuole - afferma Roberto, del bar Koala di via Mazzini -. Non è solo un discorso di introiti e vantaggi economici, ma proprio di maggiori spazi a favore dell’utenza e quindi di maggior vivibilità per l’intera città». Così infine Alberto, del negozio Robe di Kappa: «Si tratta di un progetto che rientra nell’allargamento del centro storico che, come in molte altre città, vuole essere maggiormente vivibile».

(p.pit.)

 

SEGNALAZIONI - VIA MAZZINI - Previsioni catastrofiche

Ho seguito con attenzione la polemica su via Mazzini. I cittadini contrari affermavano tutti che il problema sarebbe stato un intasamento del traffico nel corso Italia e in via Valdirivo. Devo dire che queste previsioni, data da tutti per certe, mi avevano spaventato molto, visto che attraverso il Borgo Teresiano ogni mattina per andare al lavoro.

Invece sono passate quasi due settimane dalla chiusura e non ho notato mai un problema di scorrimento in Nessuna delle vie della zona. Nè alle 8.30 nè alle 18 (orari ad alta intensità). Per cui volevo chiedere a quei cittadini, in base a cosa prevedono queste catastrofi che poi non si avverano? Chi gli dà l’autorità di terrorizzare la gente, evidentemente senza cognizione di causa? Ora, avendo visto con i miei occhi, sono passato da critico a favorevole a via Mazzini pedonale. E tra l’altro ho riscoperto il piacere di andare al lavoro in bicicletta.

Michele Giacchese

 

 

Giornata mondiale dell’ambiente tra flash mob e premi ai rioni “puliti” - oggi
Da piazza Unità alle piazze Cavana, tra i Rivi, Campo San Giacomo, Melara, piazza XXV aprile, fino a Prosecco e a Basovizza. Saranno questi i luoghi delle 7 circoscrizioni che ospiteranno la Giornata mondiale dell’ambiente. In ciascuno di questi luoghi, AcegasApsAmga provvederà alla distribuzione di borse per la raccolta differenziata a tutti i partecipanti.

Momento centrale sarà, alle 11, il flash mob con i bambini e gli animatori presenti nelle sette piazze che intoneranno “La ballata dell’orto”. Ma sono tanti gli appuntamenti della manifestazione organizzata dal Comune in collaborazione con Provincia ed enti e associazioni. Tra questi, oltre alle attività in piazza per un pubblico dai 2 ai 14 anni (prenotazioni: triesteamal’ambiente@comune.trieste.it), dalle 17 alle 18.30 animazione negli spazi pedonalizzati di piazza della Repubblica e alle 21, all’Ariston, proiezione di “Capulcu: voci da Gezi”, film sulla rivolta di Istanbul alla presenza del regista Claudio Casazza. Mentre alle 18.30, al Toti, incontro con John Mpaliza, attivista dei diritti umani impegnato da una marcia da Reggio Emilia a Helsinki per denunciare gli orrori della guerra in Congo. Infine, la premiazione del rione più pulito (ore 16.30 sala Bazlen, palazzo Gopcevich). E alle 18, nella sala ex Aiat di piazza Unità, Urbi et Horti presenterà “Orti comuni in città”, incontro sull’esperienza dell’agricoltura familiare e sociale.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 4 giugno 2015

 

 

Indagine sulla maxidiscarica vicino al Burlo

Regione e Comune annunciano controlli sulla galleria Littorio. L’ospedale: «Non è nostra. E non ci sono accessi interni»
L’enorme discarica che giace nei sotterranei di Ponziana e in prossimità del Burlo, documentata dal giornale, spinge la Regione e il Comune ad avviare un’indagine ambientale e ad attivare vere e proprie bonifiche. «È necessario un approfondimento con verifiche adeguate, anche con l’Arpa, perché – annuncia l’assessore regionale competente Sara Vito – per un problema così delicato abbiamo bisogno di fare i nostri accertamenti». È la “galleria Littorio”, un ex rifugio antiaereo di circa 400 metri costruito negli anni ’40, in cui all’epoca venivano tra l’altro protetti i bambini ricoverati all’ospedale. II cunicolo parte dal giardino di via Orlandini e continua fino all’istituto infantile nelle vicinanze del Pronto soccorso. Se non proprio all’interno stando alle cartine elaborate dagli speleologi che per primi hanno visitato il sito. La quantità di rifiuti è impressionante, così come il materiale depositato nel corso dei decenni probabilmente anche dallo stesso Comune: mattoni, tubi, legno, barili e amianto. La spazzatura arriva a toccare addirittura il soffitto, proprio nel punto che coincide con via Battera: lì dove la galleria svolta a sinistra verso il Burlo. È l’ultimo corridoio, quello che collega all’istituto, attualmente impraticabile perché l’intero pavimento è ricoperto da uno strato di melma maleodorante in cui si sprofonda fino al ginocchio. L’assessore comunale al Demanio, Andrea Dapretto, è consapevole della situazione. «Già dal sopralluogo degli speleologi (dello scorso autunno, ndr) eravamo dell’idea di approfondire la questione perché se lì c’è del materiale del genere, seppur chiuso sottoterra, si deve provvedere. Si dovranno prelevare campioni, ma non sarà un’operazione né rapida, né semplice. Si dovrà analizzare cosa c’è, compreso l’amianto o presunto tale. Perché non è detto che lo sia anche se a prima vista può sembrare. E dovremo capire cosa contengono i barili». Il collega di giunta, il responsabile dell’Ambiente Umberto Laureni, conferma: «Apprendo il caso dal giornale e ci sono prove fotografiche, avete fatto un buon lavoro. Ora vediamo come muoverci. L’impegno è risolvere il problema ed evitare qualsiasi forma di pericolo. Anche con bonifiche». La preoccupazione su cosa potesse nascondere quella galleria si era fatta più insistente nelle scorse settimane, quando è esploso il caso dei tumori tra il personale dell’Irccs avvenuti negli ultimi decenni. Ma non c’è alcun elemento oggettivo, certamente non al momento, che possa collegare le malattie a quel vecchio rifugio antiaereo. La discarica del “Littorio” oggi si configura quindi più che altro come un problema igienico, di sporcizia. E di immagine: per la città e l’Irccs che si trova a un passo. La direzione del Burlo respinge la ricostruzione fatta dal giornale. Secondo gli speleologi la galleria affiora davanti o proprio all’interno dell’astanteria ma i vertici dell’ospedale, precisando che la struttura «non è di proprietà dell’istituto», ritengono «destituito di ogni fondamento che nei sotterranei, negli spazi di pertinenza e diretta responsabilità del Burlo vi siano cumuli di rifiuti. Tutti i locali interrati sono utilizzati e correttamente mantenuti. Una parte di essi è stata oggetto di recente e completo restauro». Inoltre, aggiunge la nota dell’Irccs, «è destituita di fondamento l’ipotesi formulata dal giornalista che vi sia un accesso interno all’istituto che conduce al rifugio antiaereo di via Orlandini. Non vi sono porte, passaggi murati o altri segni di collegamento attivi – si puntualizza – come non vi sono elementi che ne attestino l’esistenza. Non vi è di conseguenza alcun esistente collegamento tra il rifugio di Via Orlandini con la zona del Pronto Soccorso e dell’astanteria». Gli speleologi del Club Alpinistico Triestino che hanno condotto il sopralluogo insieme al Piccolo, invece, sono certi che l’ultimo tratto della galleria inquinata - in cui durante i bombardamenti trovavano rifugio i bimbi ricoverati - porti proprio all’ospedale.

Gianpaolo Sarti

 

I soldi mai spesi per controllare le grotte
La Federazione speleologica denuncia l’impasse dell’analisi sull’inquinamento delle cavità carsiche
A chi interessa se non si vede? Niente di più conveniente, per liberarsi di rifiuti pericolosi il cui smaltimento per vie legali è costoso, delle cavità naturali del Carso triestino. Il fenomeno, nella sua pericolosità, sembrava essere stato preso sul serio quando il primo agosto 2014 con la delibera 35 il Comune stanziava 30mila euro per condurre indagini sullo stato di salute delle nostre grotte, di pubblico dominio il fatto che siano inquinate. Celebre il caso nel 1972: dopo l’attentato di Settembre nero all’oleodotto di San Dorligo, il petrolio fuoriuscito e il terreno contaminato furono versati nel Pozzo dei colombi, vicino a Basovizza, solo parzialmente bonificato dalla Regione. Ci sono anche il Pozzo del Cristo, tra Basovizza e Gropada, e l’elenco è lungo. Ciò a cui forse è meglio non pensare è che attraverso i cunicoli, trasportato dalle piogge, tutto finisce in mare, inquinando l’acqua e il pesce che mangiamo. «Meglio non far niente che scoprire cosa è stato abbandonato in più di 250 grotte della provincia di Trieste», denuncia oggi Furio Premiani, presidente della Federazione speleologica triestina. A un anno dallo stanziamento dei fondi «non è stato fatto nulla», dichiara Premiani, e «se nessuno si muove le nostre grotte potrebbero lentamente diventare un serio pericolo per le falde acquifere». Ultimamente, fa sapere la Federazione speleologica, sono stati individuati pezzi di eternit, probabilmente di qualche tetto, scaricati all’interno di una grotta nel Comune di Duino-Aurisina. I 30mila euro dovevano servire per eseguire indagini conoscitive sullo stato di inquinamento delle grotte nel Comune di Trieste e per effettuare il censimento di almeno 50 cavità, fornendo per ogni grotta inquinata una relazione dettagliata su tipologie e quantità degli inquinanti. «L’assessore Laureni - prosegue Premiani - dopo aver consultato i propri tecnici ha fatto sapere alla Federazione speleologica che sarebbe stata l’Arpa, per competenza, a svolgere le indagini conoscitive sullo stato di inquinamento delle grotte al fine di valutare l’entità del problema e programmare eventuali interventi di bonifica». Tre quindi gli enti della vicenda: Comune di Trieste, Regione e Arpa. Premiani oggi denuncia la circostanza kafkiana che ad un anno, con il balletto delle responsabilità, tiene tutto inesorabilmente fermo. I soldi, ne dà certezza Umberto Laureni, assessore comunale all’Ambiente, non sono stati spesi. Ma dichiara: «Abbiamo le mani legate perché prima di mandare sul fondo delle grotte delle persone, seppur esperti speleologi, è necessario conoscere almeno in linea di massima la composizione dei rifiuti siti sul fondo della grotta, per le eventuali controindicazioni a livello di salute, il rischio di materiale esplosivo o la presenza di idrocarburi sul fondo che possono provocare la mancanza di ossigeno». «L’unico referente per il Comune - prosegue - in grado di fornire una risposta in termini di analisi dell’eventuale composizione delle sostanze è per legge l’Arpa». Dunque, tutto è fermo perché è indispensabile, prima di avviare l'operazione, approfondire le caratteristiche dei rifiuti che si trovano nelle grotte che gli speleologi si accingono a pulire. L'approfondimento chimico delle sostanze presenti spetta all’Arpa che sembra a questo punto il nodo cruciale di tutta la questione. «Ho sollecitato io stesso più e più volte - dichiara Laureni - una risposta da parte dell'Arpa che non è mai pervenuta». In altre parole in un anno l’Arpa non ha ancora detto se è disponibile o meno a svolgere le analisi propedeutiche al risanamento di una qualsiasi delle grotte. Solo dopo aver ottenuto un parere negativo o positivo il Comune potrà scegliere altre strade. Laureni auspica infine che la Regione rimetta in piedi il coordinamento tra gli enti locali, il primo passo per utilizzare il catasto delle grotte e definire il programma di risanamento. Il fatto è che 30mila euro sono rimasti inutilizzati. E chi mai andrà a controllare tutto ciò che è stato occultato nella pancia del nostro Carso?

Lorenza Masè

 

 

Firme a raffica contro via Mazzini pedonale
Un cittadino ne ha raccolte 2.500 in una settimana. E ora si sposta a San Giacomo e Borgo San Sergio
Quasi 2.500 firme raccolte in poco più di una settimana contro la pedonalizzazione di via Mazzini. Un'impresa da Guinness dei primati. A realizzarla Marcelo Medau, cittadino di origini brasiliane, nato a San Paolo ma residente a Trieste da oltre trent’anni. Una petizione nata quasi per caso, dopo aver ascoltato le lamentele di cittadini e commercianti della zona. «Le cose o si fanno bene o non si fanno proprio - afferma Medau, davanti al banchetto allestito nella centralissima piazza Goldoni -. Si tratta di un provvedimento azzardato che è stato preso senza tenere conto delle esigenze dei cittadini, soprattutto anziani, e dei commercianti che gravitano nell'area di piazza Goldoni e nelle vie limitrofe, che adesso si ritrovano di fatto tagliati fuori. È stata una scelta errata, dalla quale adesso è giusto tornare indietro». Medau parte dal concetto che, o il piano del traffico viene attuato nel suo complesso, oppure, a quel punto, non ha nessun senso chiudere solo via Mazzini, che va dunque riaperta alla viabilità. «È chiaro che si tratta di una provocazione - rileva Medau -. Il piano del traffico, per il quale peraltro sono stati spesi migliaia di euro, prevede tutta una serie di limitazioni e chiusure, mentre quello riguardante via Mazzini è solo uno degli ultimi provvedimenti inseriti. Dunque si tratta di un’iniziativa inutile e che manca di rispetto a tutta la cittadinanza. Mi chiedo su quali parametri l'amministrazione può decidere se una sperimentazione è giudicata positiva e dunque può diventare a tutti gli effetti definitiva». La petizione doveva concludersi questa settimana, ma, in virtù di ulteriori segnalazioni, proseguirà in alcuni rioni, come Borgo San Sergio e San Giacomo: l'obiettivo è raggiungere quota 4000 firme, da consegnare poi all'amministrazione comunale. Sono in tanti a firmare, soprattutto anziani, ma non solo. «È un disastro - afferma Loredana, che abita a San Giovanni e ha difficoltà di deambulazione -. Adesso sono costretta a camminare molto di più, e per me non è una cosa facile. Non ho capito il senso di questo provvedimento». Così Margherita, residente a Roiano, accompagnata dalla figlia Raffaella: «Un grosso disagio: in questo modo ci obbligano a fare la strada che vogliono loro, senza rispettare le nostre esigenze». Sulla questione interviene anche il consigliere comunale Maurizio Ferrara (Lista civica indipendente), che non risparmia una stoccata all'ex primo cittadino Roberto Dipiazza, che aveva bocciato la pedonalizzazione di via Mazzini. «Criticare un piano del traffico è normal» - attacca Ferrara -. Non è normale che lo faccia un ex sindaco che ha avuto a disposizione dieci anni di mandato per approvarlo. Quando nel 2006 decisi di portare il provvedimento in Consiglio fu proprio Dipiazza ad opporsi. È giusto fare opposizione e prepararsi alla campagna elettorale, ma è più dignitoso farlo con argomenti nuovi e diversi».

Pierpaolo Pitich

 

Fratelli d’Italia: «La chiusura è uno sbaglio»
«A distanza di qualche settimana dalla chiusura del traffico al trasporto pubblico di Via Mazzini - scrive in una nota Roberto Bartole di Fratelli d’Italia - vediamo molte proteste da parte dei cittadini, troviamo a favore solamente una piccola parte della popolazione e qualche gestore di pubblico esercizio. Peraltro nella giornata del 1 giugno molti negozi in quel tratto di strada risultavano chiusi». Bartole osserva anche che «il trasporto pubblico viene obbligato a percorsi più lunghi con disagi all'utenza e pericolose manovre da parte degli autisti della Trieste Trasporti ed in Via Valdirivo ci sono situazioni pericolose per i pedoni per la esiguità dei marciapiedi con enorme disagio per gli anziani». Di qui la proposta: « Il piano traffico andrebbe rivisto con l' inserimento di navette elettriche di scambio e non proibendo il trasporto pubblico a vantaggio di pochi esercenti e a discapito di molti cittadini».

 

Un giorno in carrozzina contro l’indifferenza
L’iniziativa “Fuori percorso” ha messo per una volta disabili e non nelle stesse condizioni di mobilità
Un gradino troppo alto, un ostacolo da evitare, una pavimentazione sconnessa, una buca che spunta all’improvviso o peggio ancora una vettura parcheggiata in modo tale da ostruire il passaggio. Situazioni con le quali dobbiamo fare i conti ogni giorno e che in qualche modo riusciamo a superare senza grosse difficoltà. Ma se le guardiamo da un’altra angolazione ci rendiamo conto che possono rappresentare un problema ben più serio. L'altro punto di vista in questo caso è quello delle persone con disabilità. È stato questo il significato dell’iniziativa “Fuori percorso”, evento giunto alla sua seconda edizione, promosso da Cooperativa Reset e TriesteAbile, con il supporto di Comune di Trieste e Azienda sanitaria, che si inserisce nell’ambito del progetto Scritture mal-educate, il laboratorio letterario curato da Pino Roveredo. In tanti si sono dati appuntamento in piazza Unità per una passeggiata davvero particolare nel cuore del centro storico, da Cavana a piazza Venezia, passando per piazza Hortis, seduti sulle carrozzine messe a disposizione dall’Azienda sanitaria, con l’ausilio delle pattuglie della polizia locale. Tutti insieme, persone con disabilità e non, per capire e rendersi conto di quante siano le difficoltà incontrate ogni giorno da coloro che vivono su una sedia a rotelle. «Credo che più che le parole, in iniziative come questa a contare siano i fatti concreti», ha spiegato Pino Roveredo: «Non siamo qui per protestare ma per fare festa e condividere insieme questo tipo di situazioni. Un modo per dimostrare con serenità che le cose che a noi sembrano irrilevanti, per altri sono vere e proprie montagne da scalare». Presente all’iniziativa anche l’assessore comunale a Mobilità e Traffico Elena Marchigiani, insieme ad alcuni consiglieri comunali. «Si tratta senza dubbio di un’iniziativa utile ed importante», ha rilevato Marchigiani: «Una delle “mission” di questa amministrazione è proprio quella di rendere sempre più accessibile la città alle persone con disabilità e di riflesso a tutta la cittadinanza e proprio per questo stiamo portando avanti un lavoro insieme alla Consulta disabili. Tengo a precisare che, al di là alle barriere architettoniche, spesso dobbiamo fare i conti anche con quella che è la maleducazione di alcuni cittadini: rendere la città più vivibile è anche una questione di civiltà». Sulla stessa lunghezza d’onda Vincenzo Zoccano, presidente Consulta disabili Fvg: «Una occasione fondamentale per sensibilizzare la cittadinanza sulle problematiche delle persone con disabilità nella fruizione della città. Per capire queste situazioni è necessario viverle in prima persona anche solo per un momento». Così infine Antonella, una dei partecipanti: «Siamo qui per far capire che la disabilità esiste e per provare a superare insieme le difficoltà senza polemiche ma con il sorriso».

Pierpaolo Pitich

 

SEGNALAZIONI - Opicina - Ma “Pedibus” va avanti

Colgo l’occasione della segnalazione apparsa qualche giorno fa, a firma di Lucio Vilevich, per fare il punto sull’attuazione di un progetto che sta a cuore sia all’amministrazione sia dei cittadini. Mi riferisco al Pedibus di Opicina, ossia alla realizzazione di un percorso casa-scuola che permetta di collegare in sicurezza piazzale Monte Re a via dei Salici e via San Mauro. Lo studio di fattibilità, commissionato dall’Area educazione del Comune, è stato elaborato dallo Studio Stradivarie Architetti Associati, con la collaborazione di alunni, genitori e insegnanti del comprensorio scolastico presente nella zona. Rientra a pieno titolo negli obiettivi di questa amministrazione quello di favorire la pedonalità e l’autonomia di bambini e ragazzi, attraverso interventi che tengano insieme riqualificazione e messa in sicurezza dei tracciati pedonali e carrabili. Come purtroppo ormai tutti i cittadini sanno, i vincoli alla spesa pubblica imposti dal patto di stabilità ci hanno bloccato nella realizzazione di molti progetti. Non è che ci mancassero né le idee, né le intenzioni. Semplicemente non avevamo a disposizione le risorse finanziarie. Così, anche nel caso del percorso oggetto del Pedibus di Opicina, ci siamo ritrovati ad avere un progetto di qualità e condiviso dai cittadini, senza però poterlo attuare. Da qui la necessità - per garantire la sicurezza - di realizzare piccoli interventi di manutenzione della segnaletica e di rinviare quelli attinenti al Pedibus alla disponibilità dei fondi (un po’ più sostanziosi) necessari alla sua realizzazione. L’intento di proseguire non ci ha però abbandonati. Tanto è che è nostra intenzione presentare il progetto alla Regione per cercare di ottenere il cofinanziamento messo a disposizione dal bando regionale rivolto ai Comuni per la progettazione e realizzazione di “zone 30”, di cui alla delibera n. 338 del 27/2/2015.

Elena Marchigiani Assessore comunale alla Mobilità e traffico

 

 

Il Comune “disinnesca” la guerra del Rilke
Il sindaco di Duino Aurisina: «Non vogliamo espropriare il principe». Ma intanto incarica un legale
DUINO AURISINA «Il nostro obiettivo è quello di mettere il sentiero Rilke a disposizione di tutta la comunità, non certo quello di attivare un procedimento di esproprio ai danni del principe di Torre e Tasso». Il sindaco del Comune di Duino Aurisina, Vladimir Kukanja, è stato esplicito ieri, alla ripresa dell’attività dopo il ponte del 2 giugno, affrontando un tema piuttosto spinoso. Qualche settimana fa, i legali del principe hanno presentato un ricorso al Tar del Friuli Venezia Giulia, per opporsi all’ipotesi di esproprio che sarebbe contenuta nella delibera consiliare numero 6 del 4 marzo di quest’anno, con la quale il Comune ha adottato un testo di Regolamento per l’utilizzo dell’area della Riserva naturale denominata “Falesie” e del sentiero Rilke, che ne rappresenta l’elemento più famoso e caratterizzante. «Abbiamo impugnato tale regolamento nella specifica parte che introduce, in maniera arbitraria, la previsione di un vincolo destinato all’esproprio. Tutto questo anche in vista dell’approvazione, ancora in itinere, di tale regolamento da parte della Regione. In questa maniera si mette la stessa amministrazione regionale nelle condizioni di rilevare l’immediata lesività di detto vincolo» avevano spiegato i legali. Un’accusa pesante, sfociata in un ricorso contro due enti, il Comune di Duino Aurisina e la Regione. Il primo in qualità di estensore della bozza di Regolamento oggetto del contendere, la seconda come ente che ha il compito di ratificare il testo per renderlo ufficiale. «Abbiamo incaricato il nostro legale, l’avvocato Roberto Mantello – ha precisato ieri Kukanja – di iniziare a esaminare la documentazione, stanziando con un’apposita delibera la cifra di 6mila euro per le prime spese. Quando arriverà la notifica che fisserà la prima udienza davanti al Tar, avremo venti giorni di tempo per valutare il da farsi». L’interrogativo per il Comune è se presentarsi oppure lasciare che il contenzioso davanti al Tar faccia il suo iter sulla base del solo ricorso firmato dal principe. “Al momento nulla è ancora deciso – ha proseguito il sindaco – perché l’udienza con ogni probabilità sarà fissata per il prossimo autunno, perciò c’è tempo per decidere». Dalle parole di Kukanja si intuisce che c’è ancora margine per una soluzione negoziata: di andare a farsi la guerra davanti al Tar non ha voglia nessuno.

Ugo Salvini

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 3 giugno 2015

 

 

No degli europarlamentari M5S a Smart Gas

Dubbi sul posizionamento dell’impianto, «in particolare su quello della banchina delle navi metaniere, che costituirebbe un grave impedimento allo sviluppo del porto di Monfalcone». E perplessità per «i rischi antropici e di effetto domino nel caso di incidente (collisione della nave metaniera), che sarebbero amplificati data la maggiore contiguità di siti industriali».

Ben otto europarlamentari del Gruppo Efdd-Movimento 5 Stelle (Marco Zullo, David Borrelli, Piernicola Pedicini, Daniela Aiuto, Fabio Massimo Castaldo, Eleonora Evi, Daniela Aiuto e Isabella Adinolfi) hanno sottoscritto il documento contenente una serie di osservazioni alle controdeduzioni evidenziate da D’Appolonia sulla realizzazione del rigassificatore di Smart Gas. La relazione, sottoscritta anche dal Comitato salvaguardia del Golfo di Trieste, è stata redatta dal professor Giorgio Trincas dell’Università di Trieste. Sul punto, il programma regionale del M5S è chiaro: contrarietà al rigassificatore on-shore e agli impianti a ciclo aperto.

 

 

SEGNALAZIONI - REPLICA - Animali selvatici e consumo del suolo

In risposta alla lettera del 22/5, a firma della Lav Trieste, si desidera precisare alcuni concetti esposti. Non vi è dubbio che il cosiddetto consumo di suolo – nelle diverse forme - si colloca a pieno titolo tra le pressioni e le categorie di minaccia prevalenti per la natura, la biodiversità e il patrimonio faunistico. Solo in Italia (dati Ispra, Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) al consumo del suolo ogni anno risulta pari a diverse migliaia di chilometri quadrati. Contrastare questa disattenzione nei confronti del territorio è sicuramente una priorità assoluta per tutti coloro che hanno a cuore l’ambiente; le categorie sociali che maggiormente vivono la natura sono chiamate prima e più delle altre a svolgere una forte azione di informazione, azione e crescita di consapevolezza a favore di tutta la comunità. Per questo obiettivo, recentemente, a livello nazionale alcune associazioni venatorie - tra cui Federcaccia unitamente a Legambiente - hanno avviato un piano di lavoro triennale congiunto, per contrastare le principali minacce alla biodiversità del territorio, tra cui appunto il consumo del suolo. L’aumento delle popolazioni selvatiche, in particolar modo degli ungulati, è oggi uno dei problemi ecologici più attuali nel nostro Paese e la loro gestione rappresenta per tecnici ed amministratori un problema tanto complesso quanto di difficile soluzione: non solo per gli aspetti faunistico-venatori ma anche per quelli socio-economici. Le alternative gestionali per contenere il numero dei selvatici proposte per non ricorrere all’abbattimento, quando non esplicitamente proibite dalla normativa, non appaiono tecnicamente percorribili o addirittura rischiano di determinare ulteriori impatti alla biodiversità, come ad esempio la cattura e la successiva liberazione in altri siti, oppure il controllo della riproduzione tramite l’immunocontraccezione. Si può sicuramente affermare che l’obbiettivo del mondo venatorio è quello di giungere a una collaborazione con tutte le forze che guardano all’ambiente, in un’ottica di conservazione attiva, uso sostenibile, valorizzazione delle capacità produttive di una risorsa rinnovabile che è la fauna. Si rimane pertanto in attesa di conoscere da parate della Lav le proposte di ulteriori alternative gestionali, realmente percorribili, in materia di contenimento della fauna selvatica, che attualmente sfuggono a chi si occupa di gestione faunistica.

Federcaccia Trieste

 

SEGNALAZIONI - RISPOSTA - La caccia ai cinghiali

Leggo con stupore le affermazioni che mi vengono attribuite dalla signora Liliana Passagnoli nella lettera intitolata “Uomini e animali hanno tutto il diritto di convivere”, pubblicata il 29 maggio. Non ho mai ipotizzato, né tantomeno dichiarato di “voler coinvolgere nella caccia ai cinghiali nostrani anche cacciatori di fuori”. Una simile prospettiva, oltre a non essere risolutiva del problema, non sarebbe comunque conforme alle norme che regolano l’attività venatoria, per la quale - lo ricordo - l’amministrazione provinciale non ha alcuna competenza diretta. Sono inoltre convinto, e l’ho dichiarato più volte e in diverse occasioni, che l’emergenza cinghiali debba essere affrontata attraverso una serie di azioni congiunte e coordinate. L’aumento della pressione venatoria deve essere accompagnato da più misure, tra le quali la pulizia delle zone boschive, la gestione dei rifiuti urbani, la diffusione di corrette regole comportamentali tra uomo e specie selvatiche. Proprio in relazione a questo ultimo punto ritengo valido il suggerimento della signora in merito alla possibilità di organizzare corsi sul rapporto uomo-animali. Una proposta che valuteremo nelle prossime settimane per incrementare e migliorare l’informazione in materia, già avviata con la distribuzione di brochure e pubblicazioni divulgative.

Igor Dolenc - vice presidente della Provincia

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 2 giugno 2015

 

 

Piano traffico sotto attacco - Dipiazza riesuma il “ring”

Il centrodestra demolisce il test pedonale in via Mazzini e spinge per lo stop alle auto in Corso Italia. Marchigiani tira dritto e annuncia corsie colorate per le due ruote
Il centrodestra che alza le barricate su via Mazzini rilancia sulla pedonalizzazione di Corso Italia. Un lungo viale che partirebbe da piazza della Borsa, con arredi urbani e marciapiedi più larghi. Una vecchia suggestione che potrebbe fare capolino nel programma elettorale del candidato sindaco Roberto Dipiazza. I suoi spingono per quest’ipotesi: uno stop totale ai mezzi. E non solo parziale, riservato cioè esclusivamente ai bus, come già indicato nel Piano del traffico. E si dicono pronti a una revisione del Piano in caso di vittoria nel 2016, convinti come sono che la giunta Cosolini non ce la farà a ripavimentare l’asse che collega piazza Goldoni alle Rive, appena pedonalizzato, entro il mandato. Ci riuscisse, escluderebbe automaticamente qualsiasi velleità su una chiusura di Corso Italia. «Impossibile che ce la facciano - mormorano soprattutto in casa Fi e Ncd - perché ci vogliono risorse economiche, un progetto e i tempi della gara d’appalto». Ma si arrivasse al 2016 senza un cantiere, il centrodestra sarebbe pronto a riaprire la partita. Dipiazza non si sbottona più che tanto, ma ha qualcosa che gli frulla in mente. Potrebbe ad esempio rispolverare l’idea del “ring”, un unico giro tra Rive, Passaggio Sant’Andrea, gallerie di San Vito, via Carducci e piazza Libertà. «All’interno - riflette l’ex primo cittadino - restano il Borgo Giuseppino e il Borgo Teresiano, da servire con bus elettrici. A suo tempo avevamo fatto una bozza del piano del traffico, con modifiche migliorative per via Battisti e via Ginnastica e via Rossetti, in cui si sarebbe dovuto invertire il senso di marcia. In tutto questo c’è una logica. Perché un conto è fare un piano sensato, un altro è chiudere una via e basta a casaccio, come è stato fatto». I possibili alleati di centrodestra vanno oltre e immaginano già qualche soluzione percorribile. Il forzista Piero Camber è netto: «Via Mazzini è stato un flop spaventoso - commenta - ma se cominciano a ripavimentare davvero non si torna più indietro. Se c’è una via che va pedonalizzata è certamente Corso Italia, perché è in grado di offrire un unico lungo percorso con piazza Unità e piazza della Borsa, con marciapiedi larghi per i pedoni e tavolini fuori dai locali». Paolo Rovis di Ncd è più propenso a una strategia “parziale”. «Il piano del traffico approvato due anni fa - puntualizza - oltre a via Mazzini prevede già che in Corso Italia possano passare soltanto i bus. La mia proposta è che in via Mazzini sia destinata al transito degli autobus a scendere. Così in Corso Italia, ma con il passaggio a salire. In questo modo per entrambe le strade si possono ingrandire i marciapiedi per i pedoni e si garantisce, nel contempo, il trasporto». Dal canto suo, però, l’assessore Elena Marchigiani tira dritto: «La riqualificazione potrà partire nei prossimi mesi con piccoli e graduali interventi. Cominceremo - annuncia - creando una corsia colorata per le biciclette e i mezzi di emergenza, sul modello di altre città europee. Le proposte del centrodestra? Avevano un piano del traffico pronto all’approvazione quando governavano - precisa - ma non hanno avuto il coraggio di metterlo in concreto. Adesso tirano fuori questa storia? Mi pare ridicolo e poi mi sembra anche un brutto messaggio da dare in campagna elettorale, cioè voler cestinare tutto ciò che ha fatto un’altra amministrazione. Io sono convinta che la scelta su via Mazzini sia stata corretta, anche perché consente di valorizzare piazza della Repubblica». Ma il forzista Lorenzo Giorgi insiste: «Così facendo si è perso un importante snodo per i bus. Io sono favorevole invece a Corso Italia pedonale, con la possibilità del transito per gli autobus ma restringendo la carreggiata e realizzando marciapiedi più larghi per la gente». Alessia Rosolen di Un’Altra Trieste si dice “sbigottita” dal dibattito di questi giorni: «Ormai è diventato un tema ideologico. Comunque ricordo che pure Dipiazza nel suo programma elettorale parlava di via Mazzini pedonale».

Gianpaolo Sarti

 

 

Flash-mob e “sfide” tra rioni nella Giornata dell’ambiente
Scuole, istituzioni e volontari in campo per l’evento dedicato alla tutela del pianeta - Iniziative ad hoc in sette piazze cittadine. E AcegasApsAmga rilancia la differenziata
La cultura ecologica si costruisce sulla base di azioni, veri esempi e molta concretezza. Fonda su questo schema la struttura della Terza Giornata mondiale dell'ambiente", evento che venerdì fa tappa anche a Trieste, accompagnata da un sottotitolo emblematico "Sette piazze per sette circoscrizioni", volendo così accentuare la componente popolare e istituzionale prevista all'interno della manifestazione organizzata dal Comune in collaborazione con la Provincia. Un ricco cartellone, una vasta rete di partner e una missione fondamentale: ribadire la sensibilità delle scuole verso il problema della tutela dell'ambiente. Per dare voce alle istanze eco-solidali degli alunni dai 2 ai 14 anni si farà ricorso ad una gamma di proposte, spaziando tra spettacoli, mostre, laboratori, narrazioni animate e un immancabile mercatino, quello targato Slow Food - Orti in Condotta. Nessun epicentro dunque ma molte piazze “verdi” dislocate tra Piazza Cavana, Piazza tra i Rivi, Campo San Giacomo, Piazza di Melara e Piazza XXV Aprile, senza contare i salotti carsolini di Basovizza e Prosecco disposti accanto a scuole e servizi educativi. In ogni sede un colore, una proposta e un richiamo, legati da un filo rosso: l’iniziativa collaterale di AcegasApsAmga legata alla campagna “Differenziare è importante”, progetto popolare che prevede la semplice distribuzione di borse atte alla raccolta differenziata. E per caratterizzare un ideale taglio del nastro della manifestazione ecologica, alle 11 scatta una sigla in forma di flash mob, attuato in collaborazione con la Scuola Musica 55 e Radio Punto Zero in contemporanea nelle sette piazze cittadine con la colonna sonora della “Ballata dell'Orto”, estemporaneo inno di chi crede nella svolta green. « La città dei bambini e delle bambine sta prendendo vita - ha sottolineato con enfasi l'assessore comunale all'Educazione Antonella Grimm - perché proprio partendo dai più piccoli è importante far sapere quanto sia essenziale la cura della propria città». La Giornata mondiale dell'Ambiente prova a parlare con il linguaggio dei bimbi ma vuole coinvolgere anche i grandi, accentuando in tal modo il concetto globale di educazione ecologica. In quest’ottica spicca l'appuntamento delle 16.30 alla Sala Bazlen del Museo Gopcevich, con la premiazione del concorso “Il Rione più pulito”, cerimonia preceduta alle 15 dalla proiezione del video “Orti in condotta a Trieste”, progetto in collaborazione con Slow Food e l'Azienda Sanitaria. Come dovremmo nutrirci coniugando i dettami della salute con quelli del sapore e dell'ambiente? Un dilemma che potrebbe avere risposta da alcuni appuntamenti del 5 giugno, due ospitati nella sede Starhotels Savoia Execelsior Palace Hotel di Riva Mandracchio, rispettivamente alle 11.30, con il laboratorio di cucina in diretta streaming dall'Expò di Milano e dall'UNEP (United Nations Envirinment Program) di Nairobi, e alle 12, con un vero menù sostenibile offerto agli alunni e ai ragazzi della città; nel pomeriggio invece (alle 16 e alle 17.30) si degusta alla Biblioteca Mattioni di via Petracco 10, grazie a "Pappamundi" (su prenotazione 040/823893) a cura dell'Associazione Annadana. Ulteriori informazioni si raccolgono sino a venerdì all'Info Point della ex Sala Aiat di Piazza Unità 4/b, sul sito www.triestescuolaonline.it o al numero 040/6758731.

Francesco Cardella

 

 

CONCORSO - Sagre e feste virtuose

I premi di Legambiente Il concorso regionale di Sagre e Feste Virtuose, progetto di Legambiente Fvg che mette in gara le feste sulla base delle azioni di riduzione dei rifiuti e degli sprechi di risorse, conferma al top le feste di San Marco di Mereto di Tomba, Risano di Pavia di Udine, Pozzuolo del Friuli e Ragogna.

 

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 1 giugno 2015

 

Park San Giusto pronto entro fine luglio

Completati impianti e rivestimenti del parcheggio da 734 posti. Consegna slittata di 3 mesi rispetto alla tabella di marcia
La chicca dei murales Le pareti dei cinque piani sono state decorate con immagini dei miti a quattro ruote dall’Ape al Maggiolino
La prima ad accogliere le automobili che passeranno dall'ingresso principale è l'immagine di una Bmw Isetta, una microvettura a 3 ruote nata negli anni '50. Poi tutta una serie di prototipi famosi e dal design decisamente particolare: dall’Ape al Maggiolino, passando per la Fiat 126 e la Bianchina, resa celebre dai film di Fantozzi. Sono solo alcuni dei coloriti “murales” che decorano gli interni del Park San Giusto, il maxi-parcheggio su cinque livelli scavato nella roccia all'interno della pancia del Colle, per un volume complessivo di 160 mila metri cubi. Un’opera imponente e complessa, della quale si parla da vent'anni, e che è partita ufficialmente alla fine del 2011. Adesso però siamo davvero in dirittura d'arrivo. Il parcheggio è stato ormai completato con la realizzazione degli impianti e dei rivestimenti: per renderlo operativo mancano soltanto le ultime rifiniture, vale a dire il completamento della facciata e le opere legate alla viabilità esterna. In tutto ancora un mese di lavori. Poi bisognerà aggiungerci qualche settimana per i dettagli burocratici, ma a luglio il parcheggio sarà a tutti gli effetti utilizzabile, sia pur con un leggero ritardo rispetto al cronoprogramma originario che prevedeva la consegna nella primavera di quest'anno. I cinque livelli (che vanno dal piano1 fino al -3, che arriva a 73 metri di profondità) sono collegati da corsie trasversali e da 2 rampe di accesso percorribili a senso unico. Ogni livello è contrassegnato da un colore. Ma a vivacizzare l'intero ambiente ci sono una serie di disegni realizzati dall'artista triestino Davide Comelli, non nuovo ad interventi decorativi su elementi di arredo urbano, che insieme alla sorella Sara, da un mese lavora all’originale progetto. Se all'ingresso l'idea è quella di abbinare numeri e automobili, nel tunnel pedonale di raccordo trovano spazio invece i disegni di alcuni scorci della zona di Cittavecchia: dall’Arco di Riccardo al Teatro Romano, passando per la Chiesa di Santa Maria Maggiore e la Basilica di San Silvestro, per proseguire con immagini legate al Porto di Trieste, ai cantieri e alle costruzioni navali. Infine, nel tratto finale che porta all'uscita, ci sono gli schizzi dedicati alla rievocazione della storica gara automobilistica Trieste-Opicina, con colorate auto d'epoca, in mezzo alle quali non poteva certo mancare l'icona del mitico tram. «L’idea è stata quella di ravvivare e colorare un ambiente come quello di un parcheggio che di solito si presenta piuttosto grigio - spiega Franco Sergas, presidente Park San Giusto, società titolare del project financing -. Ma anche un modo per accompagnare triestini e turisti attraverso le immagini più significative della città». Per completare l'opera ci sono voluti dunque oltre tre anni e mezzo di lavori, per un investimento complessivo di 42 milioni di euro. Un centinaio gli operai che hanno lavorato a questa struttura (con punte di 140 e turni da 24 ore al giorno nei momenti più delicati dell'intervento). Saranno 734 i parcheggi complessivi, dei quali 8 riservati ai disabili, una decina in più di quanto programmato all'inizio. Di questi, 388, tra box e posti macchina, sono destinati al mercato privato e sono già stati quasi tutti venduti (per la precisione il 92 per cento, con prezzi che vanno dai 43 ai 52 mila euro). Altri 312 invece saranno parcheggi a rotazione utilizzabili dalla cittadinanza, mentre 34 sono stati riservati al Comune. Doppio l'accesso al parcheggio: quello da via del Teatro Romano (anche pedonale) e quello dal Colle di San Giusto. A fare da collegamento tra le estremità, due ascensori da 10 posti, mentre una cura particolare è stata riservata agli impianti di aerazione ed a quelli di illuminazione a led. All'ingresso trovano posto infine la cabina di controllo e comando e due generatori per la corrente. «Ci sono stati in passato dei momenti di difficoltà ma li abbiamo superati - conclude Sergas -. Credo che questo intervento rappresenti un'opera molto importante al servizio della città, che va a riqualificare l'intera area del centro storico».

Pierpaolo Pitich

 

Via Mazzini pedonale, i contras non mollano
Prosegue la raccolta di firme per riaprire la zona ai bus. Il Pd: «Aspettiamo la fine della sperimentazione»
Continua da parte di un gruppo di cittadini sotto la sigla “Uniti per una #triestemigliore” la raccolta di firme per la riapertura di via Mazzini. Marcelo Medau annuncia che sarà presente in piazza Goldoni con un banchetto mercoledì, giovedì, venerdì e martedì 9 e invita «chi ha votato in rete a firmare anche sulla carta in modo da rendere più visibile la propria contrarietà a questo provvedimento». Nella petizione si chiede «l’immediata riapertura di tutta via Mazzini e il ripristino della viabilità dei bus poiché il provvedimento non risulta in linea con il Piano generale del traffico». Secondo Marco Toncelli e Mario Ravalico, consiglieri comunali del Pd invece «la chiusura sperimentale della parte alta di via Mazzini sta proseguendo in condizioni di normalità; ci risulta che gli uffici comunali stiano monitorando la situazione e acquisendo contestualmente dati molto utili ai fini della scelta per quello che sarà il regime viario definitivo di questa importante direttrice stradale. Non comprendiamo quindi - sottolineanoi due consiglieri democratici - le sciagure paventate dal consigliere di Forza italia della quarta circoscrizione Alberto Polacco. Anzi, noi al riguardo abbiamo notizie molto diverse. Ad esempio, dai rilevamenti degli uffici comunali si evince che nessun aggravio si sta verificando su via Valdirivo: nelle ore di punta viene registrato un veicolo in più al minuto, bus compresi. Inoltre nessuna segnalazione è pervenuta al Comune da parte di TriesteTrasporti sulla pericolosità di svolta dei bus, ne ora ne durante i pdays». Secondo Ravalico e Toncelli «i percorsi modificati e le relative nuove fermate hanno certamente causato fastidio nei cittadini ma anche compiacimento: infatti a noi è stato detto da più di un abitante della zona di San Giovanni - via Giulia che è molto comoda la fermata della linea 9 in via Valdirivo per raggiungere gli uffici postali di piazza Vittorio Veneto. Comunque tutti hanno ormai superato il disagio iniziale. Non si deve infine dimenticare - concludono - che il provvedimento di pedonalizzazione di via Mazzini trova fondamento nell'ottica del miglioramento delle condizioni ambientali del contesto urbano; pertanto i messaggi catastrofici dell'opposizione servono ben poco: sarebbe più logico aspettare il 6 luglio per formulare un giudizio (positivo o negativo che sia) basato su dati più completi, motivati e oggettivi».

 

 

Vittima dei cinghiali fa causa alle istituzioni
Regione e Provincia citati in Tribunale da una donna aggredita da un ungulato nel giardino della sua casa a San Giovanni
Se è vero che un cinghiale può vivere più a lungo di un cane o di un gatto, in linea puramente scientifica potrebbe pure trattarsi dello stesso bestione che l’altra settimana ha spedito all’ospedale il pensionato di Longera e ucciso il suo fedele pastore di Planina. Tre estati fa un esemplare adulto entrò infatti in un giardino privato di via Timignano, ai confini più verdi di San Giovanni, investendo improvvisamente con le sue fauci, e con la violenza dei suoi cento e passa chili, la giovane padrona di casa, rimasta ferita seriamente a una gamba e costretta poi a tre operazioni più altri interventi di chirurgia plastica. La causa-pilota Al di là dell’episodio in sé, quell’animale è oggi oggetto inconsapevole di una causa - la prima del genere a quanto risulta, almeno da queste parti, seguita dall’avvocato Chiara Ferri - intentata per l’appunto dalla vittima contro la Regione e la Provincia, ovvero i due enti cui spetta, per competenza normativa e amministrativa, il controllo della fauna, nella fattispecie degli animali selvatici. Insomma: da ben prima che esplodesse l’attuale dibattito cittadino, a questo punto anche e soprattutto politico, sul come tamponare la calata dei cinghiali dai boschi (dibattito che per inciso comprende il possibile via libera ai fucili dei cacciatori annunciato dall’assessore regionale Paolo Panontin dopo l’episodio di Longera) dentro il Tribunale di casa nostra già pende quella che può essere considerata di buon grado la causa-pilota di risarcimento civile reclamato agli enti pubblici per i danni causati da un cinghiale su una persona. L’atipicità della materia Su una persona, è proprio il caso di ridirlo. Già perché è questo il punto che fa la differenza. Di cause contro il “pubblico”, per i danni portati da un cinghiale, la storia triestina non è avara. Protagonisti diversi proprietari di terreni. Per danni, però, a cose - coltivazioni, allevamenti e mezzi di lavoro nei campi anzitutto - e non a persone. Esiste d’altronde una legge che prevede indennizzi in agricoltura. Come per la norma sul controllo della fauna selvatica la Regione è la “fonte” legislativa, la Provincia (finché esiste) il braccio operativo, amministrativo, sul territorio. In questo caso, invece, le conseguenze dell’irruzione del cugino selvatico del maiale risultano concentrate tutte non su cose ma contro un essere umano. Siamo dunque nell’alveo delle cosiddette presunte responsabilità extracontrattuali. E la causa in piedi potrebbe, una volta giunta all’epilogo, fare come si suol dire giurisprudenza. L’oggetto del contenzioso Era sera. A.D., triestina, 35 anni allora e 38 adesso, era chiusa in casa quando sentì abbiare nervosamente i cani. Insospettita, uscì nel giardino per cercare di capirne il motivo. Non vide nulla. Ma, di colpo, un cinghiale per l’appunto sbucò sparato dalla vegetazione buia. Chissà se per attaccare, chissà se solo per scappare, fatto sta che l’animale la travolse prima di sparire. La donna riportò una ferita a “elle” di venti centimetri sul versante interno della coscia sinistra, che le lacerò profondamente la carne e la costrinse a quasi un mese di ospedale, 25 giorni di degenza per la precisione, e a tre operazioni chirurgiche, cui seguì una serie di interventi di chirurgia plastica ed estetica. Da lì A.D. intraprese un’azione legale, seguita dall’avvocato Ferri, tentando prima una soluzione stragiudiziale che non andò a buon fine. Dal 2014, quindi, la causa - assegnata al giudice civile Mauro Sonego - nella quale la donna chiede appunto di essere risarcita sia per le spese mediche sia per i danni permanenti, squisitamente fisici ma anche estetici, con il conforto di una perizia medico-legale. Le contestazioni agli enti Il pilastro del reclamo è la presunta inadeguatezza della sorveglianza sulla popolazione di cinghiali triestina e delle misure necessarie ad evitare che determinati esemplari si spingano proprio fino alle zone abitate in certa di cibo, misure che spaziano dall’abbattimento per tenere sotto controllo i numeri ad eventuali campagne di sterilizzazione, dalla pulizia dei boschi alla recinzione dei confini civili, fino a punizioni ancor più severe per chi si intenerisce e getta loro da mangiare, ingenerando uno pseudo addomesticamento che non appartiene alla natura del cinghiale.

Piero Rauber

 

SONDAGGIO WEB - “Sì” all’abbattimento per il 62% dei votanti

IL QUESITO SUL SITO Sono stati quasi 3.300 i partecipanti alla consultazione -
Il popolo del web ha detto “sì”. Il sondaggio del Piccolo si è chiuso, ieri pomeriggio alle 18.30, con un risultato piuttosto netto: il 62% dei votanti, infatti, si è espresso con un clic a favore dell’abbattimento e del controllo della proliferazione dei cinghiali. Sono stati complessivamente 3.277 i votanti, di questi 2.040 hanno formato la maggioranza, il fronte del “sì”. I contrari sono risultati 1.237, ovvero il 38%. Il sondaggio lanciato dal Piccolo è stato attivato per chiedere a triestini e non un’opinione sulla decisione della Regione che nei giorni scorsi ha annunciato un aumento «della pressione venatoria» dopo che lunedì scorso un residente a Longera era stato aggredito da un ungulato nel giardino di casa sua. Bruno Zerial era finito a Cattinara con serie lesioni alle gambe. Il suo cane Billi era rimasto ucciso. Un caso che aveva riaperto i riflettori sull’emergenza cinghiali nella provincia di Trieste. Un’emergenza che ha appunto spinto anche la Regione, più volte sollecitata in questo senso dall’Associazione agricoltori, a scendere in campo, annunciando l’intenzione di inserire nel nuovo Piano faunistico misure che prevedano l’incremento «della pressione venatoria». Intenzione che, tradotta, vuole dire una sola cosa: si procederà con l’abbattimento di un più ampio numero di ungulati. Su questo, Il Piccolo ha organizzato il proprio sondaggio via web. Il quesito: «Sei favorevole all’abbattimento e al controllo della proliferazione dei cinghiali?». Nel giro di 48 ore i voti hanno oltrepassato la soglia dei 3.200, mettendo in evidenza con l’esito finale una posizione condivisa dalla maggioranza che ritiene sostanzialmente indifferibile e fortemente necessaria un’azione decisa rispetto all’alto numero di esemplari presenti nella zona e ai rischi che tali presenze comportano per l’incolumità pubblica. «Il Piano faunistico regionale che sta per essere approvato - aveva spiegato pochi giorni fa l’assessore regionale Paolo Panontin - prevede per l’area limitrofa alla città di Trieste delle misure specifiche per il contenimento (del numero dei cinghiali, ndr), che consentiranno di incrementare la pressione venatoria. Al di fuori dei periodi previsti e delle aree cacciabili il controllo non può essere attuato mediante l’attività venatoria - aveva puntualizzato l’esponente della giunta Serracchiani - bensì esclusivamente attraverso l’adozione di deroghe da parte della Provincia, come prevede la legge». A proposito dell’emergenza cinghiali, la Regione è stata pesantemente attaccata dall’Associazione degli agricoltori: «Pensare che - aveva affermato Edi Bukavec, presidente dell’associazione di categoria -, per risolvere il problema, basterebbe ricorrere a una semplice soluzione: ridurre il numero di cinghiali sul territorio, ampliando le possibilità di caccia. Come associazione lo chiediamo da anni alla Regione che, però, non si è mai mossa».

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 31 maggio 2015

 

 

Via Mazzini, dopo i bus via i marciapiedi - Traffico, la rivoluzione

Il Comune pensa già alla ripavimentazione sul modello di via San Nicolò. Dapretto: «Niente asfalto in una zona pedonale»
l’annuncio di marchigiani Puntiamo alla riqualificazione con una formula innovativa
Via Mazzini, secondo round. Dopo luglio, chiusa la fase sperimentale della pedonalizzazione, la giunta Cosolini comincerà a pensare al restyling. «La nostra prospettiva - conferma l’assessore alla Mobilità Elena Marchigiani - è riqualificare la strada, con una formula innovativa». Marchigiani non scopre le carte, non ancora, ma non si esclude che il modello da tenere buono come base da cui partire per il futuro progetto sia via San Nicolò. Senza l’asfalto, dunque, e senza i marciapiedi. Un unico grande viale aperto al passaggio dei cittadini, con tanto di arredi urbani. L’incognita dei tempi Ma i tempi, tanto più con i cantieri aperti in piazza Ponterosso, non sono stati definiti perché il Comune attende la fine del test estivo per avere un quadro completo di tutti gli accorgimenti necessari. Interventi di miglioramento di cui tenere conto per le scelte definitive: percorsi degli autobus, viabilità e segnaletica. L’esempio di questi giorni sono le lunghe strisce pedonali disegnate in via Imbriani per consentire ai passanti di attraversare la strada senza pericoli. O gli enormi vasi bianchi che hanno preso il posto dei New Jersey bianchi e rossi: un gioco estetico, ma anche una valenza concreta per far capire che lì la via si interrompe per il transito dei veicoli. La prossima settimana, tuttavia, i negozianti della zona cominceranno a sbizzarrirsi con altre idee per abbellire soprattutto l’ultimo tratto, quello verso piazza Goldoni. Le righe oversize ora restano Concluso il periodo di prova sette su sette, la giunta metterà mano alla riqualificazione. «È questa l’ipotesi», ribadisce l’assessore. «Togliamo i marciapiedi - spiega - e si rifà il pavimento. Non subito - avverte - anche perché, come è avvenuto con via San Nicolò, le vie pedonalizzate ci hanno messo un po’ per essere rifatte. Rimarranno, con molta probabilità, le “zebre” oversize di via Imbriani. «Anche a Torino hanno fatto la stessa cosa - osserva l’esponente della giunta - ma da noi sono ancora più belle». La scelta dei materiali L’assessore non sa ancora di quale tipo sarà il nuovo pavimento: in masegno? Difficile, perché le “riserve” custodite in Porto Vecchio sembrerebbero esaurite. «Sul materiale che utilizzeremo e sui possibili progetti - risponde Marchigiani - è meglio interpellare Dapretto». Che conferma, almeno nelle intenzioni: «Ovviamente qualora via Mazzini diventi definitivamente pedonale - ragiona l’assessore ai Lavori pubblici - ciò comporterà una riqualificazione in termini di qualità urbana, così come in via San Nicolò, Cavana e via Torino, che ha atteso molto a lungo prima di essere rifatta. In un programma generale questo certamente esiste anche per via Mazzini - puntualizza - però si dovranno prevedere stanziamenti e costruire un progetto. Certo - prosegue l’assessore - l’intenzione c’è e ciò vale pure per via XXX ottobre e altri punti della città pedonalizzati più di recente. Perché una zona che diventa aperta solo ai pedoni non può restare per sempre in asfalto, va trasformata in meglio». Le implicazioni elettorali Va da sé che un rifacimento totale di via Mazzini, inaccessibile ai mezzi, comporterebbe l’addio a qualsiasi ipotesi di pedonalizzazione di corso Italia. Argomento, questo, che potrebbe entrare a pieno titolo nei programmi elettorali per le prossime comunali e quindi nello scontro tra Roberto Cosolini e Roberto Dipiazza. «Lì il piano del traffico - riprende Dapretto - prevede il transito solo per gli autobus e quindi la possibilità di allargare i marciapiedi. Ma opere pubbliche del genere non hanno solo una valenza estetica o commerciale, ma sono conseguenti a decisioni sulla viabilità e devono corrispondere a un’effettiva volontà, a studi di mobilità e a valutazioni di tipo tecnico-scientifico. Comunque corso Italia ha anche altri problemi, come lo sbocco di via Teatro Romano. E se Dipiazza avesse voluto per davvero pedonalizzare non avrebbe tenuto fermo il Piano del traffico per dieci anni. Io comunque credo in una mobilità diversa sull’esempio delle città più avanzate».

Gianpaolo Sarti

 

Multe più basse nei parcheggi a pagamento

Da domani il nuovo regime sanzionatorio nelle aree gestite da Esatto. Per “ritardi” entro le due ore maggiorazioni contenute
LA DIFFERENZA COL PASSATO - Con la novità che entra in vigore l’esborso richiesto si riduce da un minimo pari a 6,40 euro sino a un massimo di 9,20
Non hanno parlato solamente del test sui parcheggi con l’introduzione delle novità sulle sanzioni. Nell’incontro avuto nei giorni scorsi, il direttore di Esatto, Giulio Curiel, e il sindaco Roberto Cosolini hanno analizzato anche le performance della società controllata - con il 66,67% - dal Comune di Trieste (il restante 33,33% è in mano ad Aipa spa) e che ha il compito della gestione delle entrate comunali, oltre che di alcuni parcheggi a pagamento. Il primo cittadino ha così potuto prendere atto «dei significativi miglioramenti introdotti sia riguardo ai tempi di attesa agli sportelli di Esatto dove sarà possibile anche prenotare gli appuntamenti, che, soprattutto, in merito all’organizzazione del servizio di call center», riepiloga una nota del Municipio. A proposito del servizio telefonico, «mentre prima solo il 50% circa delle chiamate andava a buon fine, viceversa nell’ultimo trimestre tale percentuale è salita all’83,1%. Anche i tempi d’attesa medi hanno subito una notevole riduzione passando - conclude il comunicato - da 13 minuti a 2 minuti e 36 secondi».di Matteo Unterweger Sanzioni ridotte nei parcheggi a pagamento gestiti da Esatto: la “nuova era” inizia domani. Lo scontrino scaduto esposto sul parabrezza peserà meno per gli automobilisti distratti o impossibilitati a regolarizzare subito la sosta. La società controllata dal Comune e oggi guidata dal direttore Giulio Curiel dà quindi piena applicazione all’indicazione arrivata dall’aula municipale, con la delibera consiliare presentata da Sel, con in testa il suo capogruppo - all’epoca non contestato come ora dai vertici regionali e provinciali del suo partito - Marino Sossi e a ruota i colleghi vendoliani Daniela Gerin e Mario Reali, e poi emendata da M5S con la soluzione della minimulta entro le due ore e dal Pd con la data d’avvio della modifica. Le maggiorazioni Cosa accadrà dunque negli oltre 700 stalli blu divisi fra zona rossa (Borgo Teresiano), gialla (primo tratto via Cadorna-Borgo Teresiano, zona stazione-piazza Libertà, San Giusto), verde (area ex Bianchi) e azzurra (largo Roiano)? Succederà che se il biglietto risulterà, al controllo dell’operatore di Esatto, scaduto da uno a 60 minuti la “multa” sarà di 1,20 euro in zona azzurra, 1,60 in quella verde, 2 nell’area gialla e di 2,80 nella rossa. Il doppio salendo dal minuto 61 sino al 120, ossia fino a due ore: 2,40 euro in zona azzurra, 3,20 nella verde, 4 nella gialla e 5,60 nella rossa. Un bel risparmio rispetto alla modalità precedente, in vigore sino a ieri, quando il sistema prevedeva 12 euro di sanzione nella zona rossa, 10 nella gialla e 8 in quelle verdi e azzurre. L’esborso è stato ridotto di un bel po’: la differenza va infatti da un massimo di 9,20 euro a un minimo di 6,40. Per “ritardi” superiori Quando invece il ritardo rispetto all’orario riportato sul bigliettino esposto sarà superiore alle due ore, la “multa” resterà quella prevista dal vecchio regime sanzionatorio. Si dovranno cioè sborsare 12, 10 o 8 euro a seconda dalla zona di sosta. Nulla muta anche nel caso di scontrini non esposti o non visibili: 12 euro nei punti azzurri e verdi, 15 in quelli gialli e 18 nelle aree rosse. Il nuovo sistema viene considerato da Comune e Esatto “sotto osservazione”: una sperimentazione, dunque, prima di procedere a interventi definitivi sui parcometri e prima di estendere poi eventualmente tale soluzione agli altri operatori attivi in città (Park San Giusto, Saba Italia e Ttp). Come pagare C’è un’altra novità. Quanto dovuto per gli sforamenti entro le due ore potrà infatti essere saldato non solo recandosi all’ufficio di “Esatto Parcheggi” in via D’Alviano 15, cioè nei locali ex Amt (da lunedì a venerdì, dalle 8.30 alle 13, numero di telefono 040-7798383), ma anche contattando direttamente gli addetti alla verifica (ai numeri 331-6599288 o 331-6599289) oppure presentandosi allo sportello di Esatto in via Genova 6 (aperto dal lunedì al venerdì, con orario 9-13 e 13.30-15.30). Per quanto concerne invece le maggiorazioni più pesanti, quelle che combaciano con una posizione debitoria per sosta non pagata per oltre 120 minuti e per gli scontrini non esposti o non visibili, l’importo dovrà venire versato tramite bonifico bancario o in alternativa con conto corrente postale oppure negli uffici o sportelli di Esatto in via D’Alviano e via Genova. Il Comune specifica i numeri dove poter richiedere ulteriori chiarimenti: 040-7798111 da lunedì a venerdì dalle 8.30 alle 13, o 335-1288908. Le tariffe in essere Per i parcheggi su strada a pagamento (dal lunedì al sabato dalle 8 alle 20), le tariffe orarie sono pari a 1,40 euro in zona rossa, a 1 euro in zona gialla, a 0,80 in quella verde e infine a 0,60 nella azzurra. Sulle novità in vigore da domani e sul miglioramento delle performance registrato in Esatto (di cui riferiamo nel box), così il sindaco Roberto Cosolini: «Tutto ciò potrà essere ancora ulteriormente ottimizzato - le parole del primo cittadino - ma intanto i benefici già si possono percepire da subito, sia per il servizio ai clienti agli sportelli, sia da lunedì per gli utenti dei parcheggi».

 

 

Caccia ai cinghiali, tra i lettori prevale il “sì”
Ok l’amore per gli animali, ma la sicurezza dell’uomo viene prima di tutto. A giudicare dal risultato parziale del sondaggio attivato sul sito del Piccolo - ci sarà tempo per votare fino alle 18.30 di oggi -, i triestini la pensano così. Almeno in questo caso, insomma, gli animalisti sarebbero in minoranza.

Lo testimoniamo in maniera evidente le percentuali del sondaggio. Alla domanda “Sei favorevole all’abbattimento e al controllo della proliferazione dei cinghiali? “, ieri sera aveva risposto “sì” il 66% dei circa duemila votanti, a fronte di un 34% di voti contrari all’ipotesi eliminazione. Un lettore su tre, insomma, vede di buon occhio la linea esposta pochi giorni dopo l’aggressione a Longera di Bruno Zerial - assalito da un cinghiale che, oltre a provocare all’uomo serie ferite alle gambe, ha anche ucciso il suo cane Billi - dall’assessore regionale Paolo Panontin. Linea che prevede l’inserimento nel Piano faunistico di misure pensate per ridurre il numero di esemplari di cinghiale presenti nel territorio della provincia di Trieste.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 30 maggio 2015

 

 

Spuntano zebre giganti in via Mazzini

Il Comune interviene dopo le critiche sul passaggio pedonale pericoloso. Forza Italia insiste: «Disagi moltiplicati»
La giunta Cosolini che tenta di fare passi da gigante con il piano del traffico cittadino, ci prova intanto con le strisce oversize. Ecco via Imbriani, una pennellata di bianco lunga una ventina di metri per rendere il tratto più sicuro ai passanti, lì dove via Mazzini-pedonale si interrompe per il passaggio dei mezzi che provengono da Corso Italia. Una trovata che ieri i triestini hanno accolto tra il divertito e il sorpreso, ma che consente una maggior visibilità per attraversare la strada. Il pericolo di non accorgersi che quel punto è aperto al transito di automobili, scooter e autobus, ha innescato critiche fin dal primo giorno della sperimentazione. «Era una delle segnalazioni che ci sono subito pervenute – ricorda l’assessore Elena Marchigiani – e che abbiamo raccolto appena possibile, portando una soluzione concreta». Il Comune non ha fatto altro che allungare le due strisce pedonali già esistenti, collegandone le estremità. Anche i semafori sono stati posizionati a favore dei pedoni. Due enormi vasi bianchi al posto dei New Jersey di plastica bianco-rossi completano il nuovo arredo. «In questo modo – precisa l’assessore – il livello di attenzione per passare da una parte all’altra della via è massimo». Ma la pedonalizzazione di via Mazzini continua a far discutere. Il capogruppo di Forza Italia in Sesta circoscrizione, Alberto Polacco, ha preparato un’interrogazione per stanare la giunta Cosolini sulle future decisioni in merito alla viabilità della zona. «L'annuncio da parte di Marchigiani di concedere l'occupazione del suolo pubblico per tavolini e arredi nel tratto pedonale della via, smaschera la reale intenzione di far passare per sperimentazione quella che è una scelta definitiva - scrive Polacco. - È impensabile che gli esercenti decidano di investire per soli due mesi senza avere la garanzia che il tratto della strada rimarrà pedonale a lungo. Viceversa i cittadini dovranno subire i disservizi generati con lo spostamento di fermate dei bus in via Valdirivo che costringono gli utenti a faticose attraversate per raggiungere piazza della Repubblica e le vie contermini». Il forzista è convinto che via Valdirivo possa trasformarsi in una delle arterie più pericolose di Trieste «a causa delle manovre cui sono obbligati gli autisti dei bus per evitare veicoli in sosta anche forzata, come le ambulanze, e per effettuare manovre di svolta negli incroci con le vie Filzi e Roma». La conclusione, chiosa il rappresentante della Circoscrizione, «è che il centrocittà si sta desertificando come dimostrato dalla chiusura di un altro negozio storico come Marchi Gomma». Polacco, in sostanza, chiede di conoscere il costo effettivo dello spostamento delle linee bus interessate e i provvedimenti che il Comune intende adottare per eliminare i possibili disagi.

Gianpaolo Sarti

 

Marciapiedi “large” in via Fabio Severo
Completato l’intervento destinato ad aumentare la sicurezza dei pedoni. Eliminati dieci posti auto
Una riorganizzazione della sosta nell’ottica del miglioramento della pedonabilità e della vivibilità dell'intera zona. È la filosofia che sta alla base dell’intervento messo in atto dall’amministrazione comunale lungo via Fabio Severo, in un tratto dell’arteria di circa 200 metri, all’altezza dello svincolo per Vicolo Castagneto e in prossimità della fermata delle linee dei bus. Nello specifico, si è provveduto a rendere più agevole e sicura la percorribilità dei pedoni sul marciapiede, attraverso lo spostamento di alcuni parcheggi a pettine e il posizionamento di una serie di paletti divisori, che favoriscono nel contempo anche la salita e la discesa dei passeggeri dai mezzi pubblici. Parallelamente sono stati ricavati una quindicina di parcheggi per auto orizzontali ed alcuni posti per i motorini. Un intervento che, se da un lato comporta complessivamente la perdita di una decina di posti macchina, dall'altro va a favorire il percorso pedonale in particolare dei disabili e delle persone con difficoltà di deambulazione. Un intervento definito «low cost» dall'assessore competente in sede di presentazione. «Si tratta di una azione piccola ma efficace, che va a migliorare la pedonabilità e la circolazione nella zona, oltre ad offrire una maggior sicurezza per tutti coloro che utilizzano la fermata dei bus - ha spiegato Elena Marchigiani, assessore comunale Traffico e Mobilità -. Un intervento che si inserisce nel percorso generale di mobilità sostenibile e che sarà seguito da ulteriori iniziative sulla stessa via Fabio Severo e su via Valerio, all'altezza dell'Università, dove saranno posizionati degli attraversamenti pedonali protetti che di fatto fungeranno da dissuasori della velocità dei veicoli». Un intervento partito dalle segnalazioni dei cittadini e ripreso dalle circoscrizioni. «Un importante lavoro di squadra che mette fine ad una situazione complicata sul fronte della viabilità pedonale in zona», ha affermato Piero Ambroset, presidente della Terza Circoscrizione, mentre Luca Bressan, presidente della Quarta, ha sottolineato «la funzionalità dell’intervento che va a supporto delle categorie più fragili dei cittadini, come già accaduto lungo via Battisti». Soddisfazione è stata espressa infine da Vincenzo Zoccano, presidente Consulta Disabili Fvg: «Un’altra dimostrazione del fatto che dove vive bene una persona con disabilità, vivono bene tutti: un grande risultato raggiunto con un piccolo sforzo».

(p.pi.)

 

 

La Polizia stradale trasloca - Asilo e parcheggi a Roiano - UFFICI IN VIA MASCAGNI da mercoledi'
Altro passo decisivo verso il futuro volto di Roiano. In questi giorni la Polizia stradale è impegnata nel “trasloco” dal comprensorio di via Montorisino (dove ha avuto sede per 60 anni) a quello realizzato dal Comune all’interno del complesso della caserma di San Sabba, in via Mascagni.

L’operazione si concluderà entro la prossima settimana, e in luglio è previsto il passaggio formale della vasta area dal Demanio al Comune, in base all’accordo formalizzato lo scorso gennaio. A quel punto l’amministrazione potrà iniziare a mettere mano alla ristrutturazione degli 8 mila metri quadri del complesso, che vedrà sorgere un asilo, un giardino, una piazza e circa 80 nuovi posti auto in un parcheggio semi-interrato. Già da mercoledì prossimo, intanto, inizieranno a funzionare in via Mascagni 9 gli uffici della Polizia stradale destinati al pubblico. E cioè l’Ufficio verbali e l’Ufficio incidenti, entrambi con gli stessi orari (9-12 dal lunedì al venerdì, il lunedì anche dalle 15 alle 17). La stessa Polstrada precisa comunque che qualsiasi emergenza potrà essere risolta contattando l’Ufficio verbali allo 040-4194311. La nota della Stradale si conclude con un ringraziamento agli abitanti di Roiano “per la vicinanza manifestata in tanti anni” e con un saluto “al nuovo rione, dal quale riceverà certamente la medesima ospitalità”. Dopo vent’anni (il progetto iniziale per il trasferimento della Polstrada risale alla giunta comunale retta da Riccardo Illy) gli abitanti di Roiano intravedono dunque il tanto atteso traguardo, che porterà spazi verdi e strutture sociali al centro del popoloso quartiere. «Il progetto è in fase di completamento - spiega l’assessore ai Lavori pubblici, Andrea Dapretto - dopo le consultazioni avute con i cittadini su vari aspetti, fra i quali gli arredi del giardino. Fra qualche mese organizzeremo un ulteriore incontro, per illustrare i dettagli del piano. L’obiettivo è di partire con il cantiere entro l’anno». Il nuovo volto dell’area, che avrà anche una funzione di collegamento fra la zona delle scuole e piazza tra i Rivi, comprenderà, come detto, un giardino alberato, una piazza, un parcheggio semi-interrato per circa 80 posti (più altri ricavabili sugli spazi esterni), e un asilo per oltre 70 bimbi, che sarà uno dei più grandi della città. Tutti gli edifici esistenti nell’area destinata al Comune verranno demoliti, compreso ovviamente l’alto muro di cinta. «L’edificio principale - precisa ancora Dapretto - non era adeguabile alla normativa richiesta per un asilo moderno. Verrà quindi abbattuto, come anche le strutture di servizio, e al suo posto realizzeremo un asilo pienamente rispondente, oltre che alle norme, alle necessità dei piccoli ospiti».

Giuseppe Palladini

 

 

Emergenza cinghiali, sondaggio del Piccolo
Lettori chiamati a esprimersi sull’opportunità di ampliare la caccia. Il caso approda in Piazza Oberdan
L’aggressione subita lunedì scorsa a Longera da Bruno Zerial, finito a Cattinara con serie lesioni alle gambe, e dal suo cane, rimasto ucciso, hanno riacceso i riflettori sull’emergenza cinghiali nella provincia di Trieste. Un’emergenza che ha spinto anche la Regione, più volte sollecitata in questo senso anche dall’Associazione agricoltori, a scendere in campo, annunciando l’intenzione di inserire nel nuovo Piano faunistico misure che prevedano l’incremento «della pressione venatoria». In altre parole l’abbattimento di un più ampio numero di ungulati. Ed è proprio su questo tema che Il Piccolo invita i lettori a far sentire la propria voce. Lo fa attivando all’interno del proprio sito (www.ilpiccolo.it) un nuovo sondaggio per conoscere l’orientamento dei cittadini. «Sei favorevole all’abbattimento e al controllo della proliferazione dei cinghiali? », chiede appunto il sondaggio lanciato ieri pomeriggio, che resterà attivo fino alle 18 di domani. Quarantott’ore di tempo, dunque, per capire quale delle due “fazioni” - favorevoli o contrari alla caccia dei cinghiali - finirà per prevalere. Intanto sull’argomento si registra una nuova presa di posizione politica. A firmarla la consigliera regionale M5S Ilaria Dal Zovo, che ha chiesto l’audizione urgente in commissione «dei soggetti pubblici chiamati a lavorare sulle problematiche legate a questa e ad altre specie selvatiche che interagiscono con le attività umane: personale di vigilanza delle Province, Istituto superiore per la protezione e ricerca ambientale (Ispra) e servizio regionale competente». «Bisogna evitare il solito approccio all'italiana, secondo cui dopo un episodio grave il mondo politico ha una prima fase in cui sfodera slogan e proposte demagogiche e dannose, a cui segue regolarmente una seconda fase in cui il tutto finisce nel dimenticatoio; decisamente meglio cercare dunque di ragionare su come - in prospettiva - si possa fornire risposte serie alla comunità - sostiene Dal Zov -o. Bene, in questo senso, le dichiarazioni dell'assessore Panontin che annuncia l'imminente approvazione del Piano faunistico regionale, atto fondamentale che nel Fvg viaggia con 23 anni di ritardo. Si tratta certamente di uno strumento indispensabile, con il quale la pubblica amministrazione regionale può cominciare a riappropriarsi della gestione della fauna selvatica, dopo essersi a lungo disinteressata del problema».

 

 

Lignano “educa” i turisti alla raccolta differenziata - ambiente
La città diventa “green” e punta su un turismo a impatto zero. Da domani partirà infatti un progetto innovativo con cui si punta a sensibilizzare gli ospiti della località sulla corretta raccolta differenziata. Saranno collocati 45 nuovi cestini, sarà distribuito del materiale informativo e verranno organizzati eventi ad hoc.

Comune e Mtf, azienda che si occupa della raccolta dei rifiuti a Lignano, intendono così coinvolgere ed “educare” le famiglie affinché anche in vacanza mantengano un comportamento virtuoso e suddividano correttamente le immondizie. In particolare domani e lunedì, dalle 16 alle 21, saranno allestiti in centro dei punti gioco informativi per insegnare ai ragazzi le regole principali del riciclo. Una info-bike girerà per la città distribuendo volantini che spiegheranno in più lingue e in maniera semplice la giusta collocazione dei rifiuti nei cassonetti presenti. «Il nostro obiettivo - spiega l’assessore all’Ambiente Massimo Brini - è sensibilizzare i turisti sia italiani sia stranieri e migliorare così i buoni risultati già ottenuti con la raccolta differenziata anche attraverso la collocazione sul territorio di un maggior numero di cassonetti dedicati alla raccolta dell’umido. Saranno inoltre distribuiti a breve alle famiglie residenti i contenitori per l’olio esausto». In città, in effetti, si è raggiunto il 60% della raccolta differenziata. Risultato che ha consentito anche di diminuire i costi a carico dei cittadini. «La Tares del 2014 - continua Brini - è stata quasi dimezzata rispetto alla tassa dei rifiuti del 2012 per le abitazioni. Per le imprese si è avuto un calo dal 15 fino al 30%». Obiettivo del progetto è promuovere un turismo sostenibile e responsabile riducendo il più possibile la produzione di plastica e alluminio. Insomma, si chiede anche ai visitatori di rispettare maggiormente l’ambiente invitandoli ad avere un comportamento virtuoso. «Con la campagna promozionale di questo week end - spiega poi l’amministratore unico di Mtf Piermauro Zanin - iniziamo un percorso che punta alla sensibilizzazione degli ospiti della località a cui saranno date tutte le indicazioni del caso. La nostra società, che svolge il servizio di raccolta e differenziazione rifiuti solo per il Comune di Lignano, è in grado di rispondere a tutte le esigenze della città. Abbiamo chiuso un bilancio con un utile netto di 265mila euro a fronte di 400mila euro di investimenti e a fronte, soprattutto, delle tariffe tra le più basse in Italia». Tra le altre iniziative in programma ci sarà la possibilità in piazza San Giovanni Bosco, di conferire bottiglie di plastica e lattine in un apposito compattatore. Una formula già testata in passato, che ha consentito di raccogliere circa 3.500 bottiglie pari a 15 kg di plastica.

Viviana Zamarian

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 29 maggio 2015

 

 

«Rigassificatore, mancano gli atti»

La Provincia chiede la sospensione della Conferenza dei servizi dell’11 giugno
Rigassificatore di Zaule, la “telenovela” continua. E a intervenire, ancora una volta, è la Provincia di Trieste. Che in questa occasione chiede la sospensione della Conferenza dei servizi convocata martedì 11 giugno dal ministero dello Sviluppo economico sul procedimento di autorizzazione alla costruzione del rigassificatore di Gas Natural. Con una lettera inviata al dicastero romano, infatti, Palazzo Galatti richiama le disposizioni contenute nel decreto interministeriale 808 del 2009 e in particolare quella relativa all’obbligo dell’acquisizione della compatibilità ambientale sul progetto Gas Natural prima della convocazione della Conferenza. E sempre l’amministrazione guidata da Maria Teresa Bassa Poropat rileva come sia ancora mancante il decreto relativo alla dichiarazione di compatibilità ambientale sulle opere di allaccio del rigassificatore alla rete nazionale dei metanodotti. La prima Conferenza dei servizi, che si è svolta a novembre 2012, si era chiusa affermando proprio che la successiva convocazione sarebbe stata subordinata all’emissione del provvedimento da parte del ministero. «Preso atto quindi che il decreto non risulta a tutt’oggi emanato - è quanto si può leggere nella lettera inviata da Bassa Poropat, al ministero dello Sviluppo economico e agli altri ministeri e soggetti interessati al progetto firmato da Gas Natural a Zaule - e che, anzi, nella recente riunione finale della Commissione sulla valutazione di impatto ambientale sul rigassificatore si esprimono rilevanti perplessità in ordine agli impatti del progetto della Gas Natural come così oggi proposto e acquisito, l’amministrazione provinciale ritiene che non sussistano i presupposti, di fatto e di diritto, per la convocazione e chiede pertanto la sospensione del procedimento sino a quando non si saranno concretizzati gli atti richiamati, con riserva sin d’ora dell’assunzione di ogni conseguente atto di tutela». Ora la palla passa a Roma, al ministero dello Sviluppo economico.

 

Arriva la correzione al verbale sul minirigassificatore
DUINO AURISINA Sarà corretto e modificato il verbale stilato in occasione dell’ultima riunione del Comitato tecnico regionale del Friuli Venezia Giulia, svoltasi mercoledì 20 maggio, nel corso della quale era stato rilasciato il nullaosta di fattibilità del rigassificatore SmartGas di Monfalcone e che era stato pesantemente contestato dalla Provincia.

L’assessore di Palazzo Galatti, Vittorio Zollia, ricevuto il documento originario, redatto dal verbalizzante, aveva subito riscontrato l’assoluta mancanza di corrispondenza fra quanto riportato e quanto era stato detto dal rappresentante dell’ente provinciale incaricato di presenziare, in qualità di uditore, all’incontro del Cta. «Il nostro funzionario - ha spiegato ieri Zollia - aveva innanzitutto evidenziato che la Provincia, nonostante avesse fatto esplicita richiesta in tal senso, non aveva mai ricevuto la relazione istruttoria elaborata dal gruppo di lavoro, essendo così messa nell’impossibilità di analizzarne le conclusioni. E di questo nel verbale non c’era traccia». «Ma soprattutto - ha continuato Zollia - era stato travisato, nello stesso verbale, il senso delle parole del nostro funzionario. Leggendo il testo del verbalizzante sembrava che la Provincia fosse favorevole al progetto, mentre siamo contrari, come da specifica delibera del consiglio provinciale. Infine erano state arbitrariamente attribuite al nostro rappresentante frasi dette da altri». La protesta della Provincia è stata accolta dal Cta, che è stato riconvocato per una nuova seduta, che si svolgerà a breve, nel corso della quale si apporteranno le necessarie modifiche al testo originario. Questa soluzione rimetterà le cose a posto anche perché lo stesso Zollia, nella lettera inviata al Cta all’indomani della riunione del 20, aveva minacciato azioni legali a tutela dell’ente di palazzo Galatti se non fossero intervenute le indispensabili correzioni.

Ugo Salvini

 

 

Il “Bike Pride” in programma il 6 giugno

Attenzione! Il “Bike Pride”, l’originale pedalata organizzata da Fiab Trieste Ulisse, si terrà sabato 6 giugno e non sabato 30 maggio, come erroneamente riportato nell’edizione di ieri.  Il ritrovo sarà alle 19 in piazza della Repubblica da dove tutti i partecipanti inizieranno a pedalare lungo le vie del centro città. Parola d’ordine: “Noi siamo il traffico”.

Lo scopo dell’iniziativa, infatti, è quella di sostenere la pedonalizzazione (per ora sperimentale) di via Mazzini e al contempo di chiedere la realizzazione di un percorso ciclabile «continuo, sicuro e riconoscibile» lungo tutta l’arteria. Un percorso, ricorda Fiab Trieste Ulisse, peraltro previsto dal piano generale del traffico urbano, con tanto di «diramazione per raggiungere in bicicletta il viale XX Settembre lungo la direttrice della via Imbriani. Tra le organizzazioni che aderiscono all’iniziativa e ai suoi obiettivi, oltre ovviamente a Fiab Trieste Ulisse, ci sono Legambiente Trieste, Viaggiare Slow, Consulta Giovani Muggia, Senza Confini Brez Meja, Spiz, Mathitech, Bikeways, Arci Trieste, Ursus FXD e WWF Trieste.

 

Su via Mazzini decisioni prese dopo ampie consultazioni - l’intervento di Elena Marchigiani - assessore comunale alla Pianificazione urbana, mobilità e traffico

Il dialogo è ancora aperto e il Comune ha già in cantiere alcune modifiche Le chiusure al traffico fanno bene a salute, cultura ed economia
Vorrei chiarire alcuni aspetti di metodo sulla pedonalizzazione di via Mazzini tra piazza Goldoni e via San Spiridione. Pedonalizzazione che, dai cosiddetti Pdays, è stata prolungata - a titolo sperimentale - alla settimana intera dal 16 maggio al 5 luglio. Tutte le scelte rilevanti prese da questa amministrazione sono state accompagnate da fasi prolungate di ascolto. I Pdays per un anno ci hanno consentito di raccogliere critiche e proposte di cittadini e rappresentanti di diversi interessi e categorie. Ne è derivata la decisione di ridelimitare la pedonalizzazione a un tratto di via Mazzini, nonché quella di procedere a un ulteriore periodo di valutazione e ascolto dei cittadini. Va comunque ricordato che la pedonalizzazione di via Mazzini era già contenuta nel Piano del traffico, approvato nell'estate 2013 dopo un'ampia consultazione pubblica, alla quale tutti potevano partecipare inviando le loro osservazioni, molte delle quali sono state accolte. Nella segnalazioni spesso si fa riferimento alla vivibilità della nostra città. Tra gli indicatori alla base delle classifiche sulla qualità della vita non mancano mai quelli relativi alla sostenibilità e al benessere, misurabili anche attraverso l'estensione delle aree pedonali. Aree in cui la migliore qualità si traduce in più spazi per il tempo libero e il camminare (andare a piedi è un fattore di salute, come ricorda l'Organizzazione mondiale della sanità); in meno inquinamento atmosferico e acustico; in più occasioni per le attività economiche e gli eventi culturali. Tutte scelte per il futuro e per le nuove generazioni, analoghe a quelle che si stanno facendo nelle città più moderne e attrattive. I conflitti che, in passato, hanno accompagnato altre scelte importanti (via San Nicolò) dimostrano come la pedonalizzazione di assi urbani inevitabilmente comporti cambiamenti nelle abitudini e sia sempre frutto di una mediazione tra esigenze diverse. Una mediazione che è stata costruita anche nel caso di via Mazzini, ascoltando Provincia e Trieste Trasporti, tassisti, Consulta disabili, commercianti, ciclisti, pedoni, ecc... Per il trasporto pubblico, l'obiettivo non è certo quello di peggiorare il servizio, ma di garantirlo in un diverso assetto che comunque consenta di arrivare nelle immediate vicinanze di via Mazzini (da corso Italia, via Imbriani, via Roma, via S. Spiridione), toccando altre parti del Borgo Teresiano (via Valdirivo) che prima risultavano difficilmente raggiungibili. Il lavoro sulle segnalazioni che stanno pervenendo ci consentirà di ragionare sulla revisione dei percorsi di alcune linee e fermate, valutando l'efficacia del provvedimento ed eventualmente perfezionandolo. Così, la decisione di riaprire via Imbriani e di contingentare l'intervento a una parte di Mazzini deriva dall'osservazione degli effetti generati sul traffico privato dai Pdays e dalle richieste di Trieste Trasporti. Analogamente, abbiamo accolto la richiesta dei tassisti di entrare per prelevare o accompagnare solo le persone che risiedano in via Mazzini, abbiamo esteso l'accesso alle persone disabili, abbiamo concordato con le associazioni di ciclisti che in fase di attuazione definiremo un percorso ciclabile adeguatamente segnalato per garantire la sicurezza di ciclisti e pedoni. Alla fine del periodo di sperimentazione valuteremo tutti questi aspetti e trarremo le opportune conclusioni. Sia io che gli uffici del Comune siamo disponibili ad ascoltare chi abbia proposte fattive per il miglioramento della nostra città. Confido quindi in un fertile scambio di idee che superi la tendenza a opporsi a ogni forma di cambiamento.

 

 

Incubo cinghiali a Longera - La Regione “apre” la caccia
I vicini di Zerial sono esasperati: «Siamo stufi. C’è davvero da aver paura» - Panontin: «In arrivo misure per ridurre il numero degli esemplari sul Carso»
Il cinghiale lo preferirebbero in un piatto di gnocchi. Invece no, se lo trovano davanti al cancello di casa, in giardino e quando vanno a portare la spazzatura. O lo vedono sbucare di colpo in strada da un cespuglio, mentre passano in macchina, se non peggio in scooter. Mattina, pomeriggio, sera. L’incubo di Longera si è materializzato pochi giorni fa, con l’aggressione a Bruno Zerial, l’uomo che per difendere il cane da un attacco ha rischiato la vita. Adesso è a Cattinara, Billi invece non ce l’ha fatta. Qui, in rione, quasi un paese, non si parla d’altro: chi vorrebbe armarsi di fucile, come ha promesso di fare il signor Bruno, chi invece fa spallucce perché in un modo o nell’altro ha imparato a convincerci. È sopra, verso Cattinara, che il problema è più avvertito. È lì che raccontano di altri casi di persone azzannate o che si sono salvate scappando a gambe levate. Per tutti, o quasi, i raccolti dei campi divorati di continuo. Le recinzioni, spesso, non bastano. «È la prima volta che si spingono così giù», riflette il signor Stocovaz, che vive di fronte all’abitazione in cui è avvenuto il fatto di lunedì scorso. «A me non hanno mai dato fastidio, però so che tante famiglie hanno avuto di che penare. Comunque no, farsi il porto d’armi è sbagliato. C’è già chi è preposto ad occuparsene». La signora Vera, poco più in là, allarga le braccia. «Bruno ha avuto sfortuna, perché era con il cane, ma in genere quelle bestie scappano quando vedono l’uomo». Eva, da un villetta in alto, ci ha fatto l’abitudine. «La sera me li trovo sotto la finestra, ma in casa mia non riescono ad entrare perché ho il recinto alto. A me però sembra esagerato chi dice che si vuole fare il porto d’armi. Sinceramente non vedo in giro cinghiali killer che ci aspettano in campagna per ucciderci. Il problema, piuttosto, sono i raccolti che vengono divorati oppure il rischio di travolgere questi animali per strada quando si passa con la macchina. Io me li sono trovati tante volte davanti. Tenere un fucile no, non sono d’accordo. È pericoloso per tutti ma credo che le istituzioni debbano fare di più per ridurre il numero, piuttosto». L’assessore regionale Paolo Panontin garantisce che la Regione farà il possibile. «Il Piano faunistico regionale che sta per essere approvato - fa sapere - prevede per l’area limitrofa alla città di Trieste delle misure specifiche per il contenimento, che consentiranno di incrementare la pressione venatoria». Nessuno, annota l’assessore, può provvedere da sé: «Al di fuori dei periodi previsti e delle aree cacciabili il controllo non può essere attuato mediante l’attività venatoria bensì esclusivamente attraverso l’adozione di deroghe da parte della Provincia, come prevede la legge». Ma più su, dove la zona si fa campagna, non ne possono più. Il rione è stretto dal versante che dà sul Bosco del Farneto e il Monte Spaccato, i cinghiali provengono da entrambe le parti. «Li vedo di continuo - dice Walter, un passante - ormai io non mi arrischio a portare i nipotini a fare passeggiate nei sentieri. Mi è capitato di imbattermi in un cinghiale e non mi fido più. Il signore che è stato aggredito ha ragione a volersi fare il porto d’armi. Comunque qui c’è già qualcuno che spara, sa? I colpi si sentono ogni tanto...». Francesco, un giovane di 33 anni, è con il cane al guinzaglio: «È diventato pericoloso girare a Longera anche a me è capitato di trovarmi con un cinghiale vicino. Se fossi stato con il cane me l’avrebbe ammazzato». Fabio Ruzzier è proprietario di vari terreni nei dintorni: «Mi hanno rovinato tutto e due anni fa un vicino è stato morso, aveva difeso una ragazza che stava scappando da un cinghiale che le correva dietro. Siamo stufi, c'è da aver paura».

Gianpaolo Sarti

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 28 maggio 2015

 

 

“Bike Pride” per la ciclabile in via Mazzini

Conto alla rovescia per il giorno dell’orgoglio dei ciclisti. Quello in cui si pedala con un obiettivo: conquistare un percorso ciclabile «continuo, sicuro e riconoscibile» in via Mazzini. A organizzare il “Bike Pride”, questo sabato, è Fiab Trieste Ulisse. Il ritrovo è fissato alle ore 19 in piazza Repubblica da dove si partirà per pedalare lungo le vie del centro città.

La parola d’ordine? «Noi siamo il traffico». L’originale iniziativa, come spiegano gli organizzatori, «vuole ricordare che le biciclette sono un mezzo di trasporto veloce, comodo e sostenibile per muoversi in ambito urbano che consentono al contempo di socializzare la città, vivendola e vedendola con uno sguardo diverso. Ora tocca a Trieste riconoscere e garantire alle bici sicurezza e dignità di “mezzo di trasporto quotidiano”». Scopo del Bike Pride è quindi il sostegno alla pedonalizzazione sperimentale in via Mazzini e contestualmente la richiesta di un percorso ciclabile continuo lungo l’intera arteria, come previsto nel piano generale del traffico urbano, con una diramazione per raggiungere in bicicletta il viale XX Settembre lungo la direttrice della via Imbriani. Aderiscono e condividono gli obiettivi del Bike Pride Legambiente Trieste, Viaggiare Slow, Consulta Giovani Muggia, Senza Confini Brez Meja, Spiz, Mathitech, Bikeways, Arci Trieste, Ursus FXD e WWF Trieste.

 

 

Task force per salvare i delfini in Adriatico
Trieste entra a far parte del network italo-sloveno capitanato da Venezia. Previsti database comuni e unità d’emergenza
Si chiama “NetCet City Network” ed è il progetto per la conservazione delle tartarughe marine e i cetacei nell'alto Adriatico, finanziato dal programma Ipa Adriatico di Cooperazione transfrontaliera. Un’iniziativa che ha l'obiettivo di rafforzare la cooperazione e lo sviluppo della regione Adriatica, coinvolgendo tutta una serie di realtà transnazionali delle due sponde dell'Adriatico (13 partner in totale in rappresentanza di Italia, Slovenia, Croazia, Montenegro e Albania) e che adesso può contare anche sull'adesione del Comune di Trieste. L'obiettivo del progetto, avviato nel 2012 e che dopo 36 mesi, si concluderà nell'autunno di quest'anno, per un investimento complessivo di oltre 2 milioni e mezzo di euro, consiste nello sviluppo di strategie comuni per la tutela di cetacei e tartarughe marine: un patrimonio naturale condiviso, e a rischio estinzione, che non può essere gestito in modo autonomo da un singolo Stato. «Si tratta di un progetto che assume una valenza profonda - sottolineano gli assessori di Comune e Provincia Umberto Laureni e Vittorio Zollia - e si concentra su un tema di grande attualità, che riguarda il nostro mare e in particolare la salvaguardia di alcune specie a rischio». L’Adriatico ospita diverse specie di cetacei e tartarughe marine ed è considerato un'area di alimentazione e sviluppo per questi esemplari: si stima che nell'intero mare vi sia la presenza di circa 6-7 mila cetacei (in particolare Tursiopi) e 20mila tartarughe marine (più della metà nella zona del Nord Adriatico). Marco Costantini, responsabile Programma Mare Wwf Italia, ha spiegato le finalità del progetto, che ha come capofila il Comune di Venezia, evidenziando la necessità di costruire la rete migliore possibile per una costante opera di monitoraggio, in grado di far fronte ai casi, purtroppo frequenti, di spiaggiamento sia di cetacei che di tartarughe marine. Ecco dunque perché risulta fondamentale un lavoro di pianificazione comune, volto alla tutela di queste specie: nello specifico, si punta a uno scambio di conoscenze da convogliare in un unico database, alla creazione di corsi e workshop, alla costruzione di centri di soccorso, allo sviluppo di un'unità adriatica di emergenza, ad un programma coordinato di monitoraggio e ad attività volte ad accrescere la consapevolezza sul tema di tutta una serie di attori (pescatori, diportisti, ma anche scolaresche). Proprio in considerazione degli aumentati avvistamenti nel nostro golfo, Maurizio Spoto, direttore dell’Area marina a di Miramare ha evidenziato «l'utilità della app “Terre e Mare”, che consente di fotografare e trasmettere in rete gli avvistamenti». Infine qualche allarme per il futuro: «Tagli alle risorse metterebbero a rischio le nostre attività, confidiamo quindi nel sostegno della Regione».

Pierpaolo Pitich

 

 

L’invasione di tartarughe da Noghere a Miramare - il caso
L’invasione di tartarughe esotiche nella zona dei laghetti delle Noghere, segnalata alcuni giorni fa e documentata da Il Piccolo anche con foto e video, non è un caso isolato a Trieste.

A causa di continui abbandoni da parte della gente, negli ultimi anni colonie si sono formate anche in laghetti e stagni di Percedol, Contovello, Rupingrande, al Giardino Pubblico, in Villa Revoltella e al Parco di Miramare. Un vero e proprio fenomeno in crescita dovuto soprattutto alla scarsa eduzione e alla poca informazione di chi acquista testuggini, che poi non riesce ad accudire in modo adeguato. Pensando di fare il bene dell’animale, liberandolo in spazi ampi, in realtà nella maggior parte dei casi i danni sono doppi, sia all’ecosistema presente, sia alla tartaruga stessa. «Gli esemplari non autoctoni immessi in Europa costituiscono una minaccia per la flora e la fauna, con l’estinzione di specie rare ed importanti tra le quali proprio le testuggini palustri europee - spiega Nicola Bressi, direttore dei Musei scientifici -. Una delle conseguenze che pochi conoscono poi è che le tartarughe esotiche acquatiche eliminano i nemici della zanzara tigre, che quindi può proliferare indisturbata. Inoltre gli spazi d’acqua dove vengono abbandonate diventano progressivamente torbidi e sporchi. Ma per la stessa tartaruga il cambiamento può rivelarsi dannoso o letale. Mi è capitato di intervenire per esemplari terrestri annegati, perché scambiati per acquatici e gettati nei laghetti o, viceversa, per tartarughe acquatiche lasciate “a secco”. Le persone continuano a comprarle e a liberarsene. Ne ho raccolte tre nel Giardino pubblico appena poche settimane dopo l’ultima pulizia, quando già altre erano state soccorse e portate all’Enpa». Ma il problema non riguarda solo Trieste, in tutta Italia il fenomeno si ripete, nonostante campagne di sensibilizzazione avviate già da tempo. «Un collega ha accertato la presenza e l’evoluzione di ben sei specie di tartarughe esotiche in un parco romano - aggiunge Bressi - ed è così per molte altre città. Il destino di questi animali poi è segnato, spesso finisco in centri di “raccolta” affollati dove finiranno la loro vita in modo piuttosto triste». A Trieste è stato stilato anche un vademecum esaustivo, reperibile online, e in caso di problemi o dubbi si può contattare lo SportelloNatura dei Musei Scientifici: 0406754603, sportellonatura@comune.trieste.it. «A chi desidera un rettile consiglio di documentarsi con attenzione prima dell’acquisto, gli animali sono destinati a crescere e ad avere determinate esigenze. Ricordo infine - conclude Bressi - che esiste una sanzione per l’abbandono di un animale, il codice penale infatti non distingue tra cani o altri animali, è sufficiente siano vissuti in cattività, come accade appunto anche per le tartarughe».

(m.b.)

 

 

Zambrattia, battaglia sul piano urbanistico
Timori di espropri, aree pubbliche in vendita e investitori misteriosi: i residenti chiedono al sindaco di Umago di bloccare l’iter
UMAGO Zambrattia, uno degli angoli più intatti e suggestivi dell'Istria, rischia di essere stravolta da una colata di cemento nel giro di pochi anni. È di questi giorni la notizia che il Comune di Umago vorrebbe rimpinguare le proprie casse mettendo sul mercato i terreni di proprietà pubblica con l'intento di richiamare non meglio identificati investitori. Una modifica al piano regolatore - finora gelosamente custodita nei cassetti dell'amministrazione comunale - avrebbe infatti avviato l'iter tecnico-burocratico per modificare dal punto di vista naturalistico Valle Rossa, l'accesso al mare che rappresenta una delle bellezze che negli anni ha costruito il successo turistico di Salvore. Con una petizione 270 residenti nell'area hanno chiesto al sindaco Vili Bassanese di bloccare il piano urbanistico che, secondo loro, è in netto contrasto con la vocazione turistica e naturalistica del territorio. Una società di Zagabria, il 12 maggio scorso, in una seduta pubblica convocata sul tamburo dallo stesso Comune per arginare la crescente preoccupazione degli abitanti ha illustrato in maniera lacunosa - a quanto riferito dai presenti - le intenzioni dell'amministrazione Bassanese, che scadrà tra due anni e che è già al centro di alcune cause legali che rischiano di costare alcuni milioni di euro in indennizzi. Nell'operazione rientrerebbe anche un piano di espropri di piccoli terreni privati da finalizzare a un piano viario e urbanistico la cui necessità resta tutta da dimostrare, nel contesto che finora si è realizzato in quell'arco di costa che va dal piccolo molo di Zambrattia fino a ridosso della pineta di Bassania. Oggi Zambrattia vive con la piccola e vivace economia che ruota attorno a quasi 300 affittacamere a gestione familiare che nel corso degli anni hanno saputo costruirsi una clientela affezionata. Da nove anni si è insediato anche un piccolo albergo - l'unico nella zona - che dà lavoro a una ventina di persone. Un fulmine a ciel sereno si è abbattuto sugli abitanti appena una settimana fa quando, quasi per caso, hanno appreso che avevano soltanto 14 giorni di tempo per presentare le loro osservazioni al nuovo piano urbanistico della cui genesi tutti erano praticamente all'oscuro. Dinanzi alle numerose richieste di chiarimenti il sindaco Bassanese, in una dichiarazione a un'emittente tv croata, ha ammesso l'esistenza del nuovo piano urbanistico e ha confermato l'ipotesi della creazione di un ampio parcheggio a ridosso dell'accesso al mare proprio nell'area di Valle Rossa, circostanza questa che finora era sempre stata esclusa. È di alcuni giorni fa la prima mossa dell'amministrazione Bassanese. Una squadra di addetti comunali, poco dopo l'alba, ha installato su un terreno della Valle Rossa di proprietà comunale alcuni steccati senza che a livello amministrativo sia stata votata alcuna decisione urbanistica definitiva. Di fronte alle rimostranze di alcuni abitanti di Zambrattia gli stessi addetti, il giorno dopo, hanno ridotto l'altezza dei recinti provvisori, passando da oltre due metri a un metro. Intanto in Consiglio comunale le forze di opposizione stanno approfondendo la materia e non si escludono anche segnalazioni all'autorità giudiziaria. Infatti la colata di cemento snaturerebbe il waterfront di un tratto di costa che negli anni era riuscito a respingere diversi tentativi di speculazione edilizia. Secondo molti abitanti è inspiegabile la fermezza dell'ente pubblico nel favorire l'urbanizzazione della costa senza peraltro modificare i piani edificabili sulle aree verdi interne che garantirebbero uno sviluppo urbanistico sostenibile. A gettare benzina sul fuoco un altro dettaglio: da settimane si vocifera dell'esistenza di un investitore anonimo che avrebbe avuto assicurazioni ai massimi livelli comunali per realizzare una struttura turistico alberghiera di quattro piani, che potrebbe derogare alla norma che sancisce in tutta la Croazia la distanza minima di 70 metri dal mare per qualsiasi costruzione. Inoltre anche il nuovo reticolo viario ipotizzato nel nuovo piano urbanistico rischia di bloccare l'accesso a molte piccole proprietà private e alle villette che ospitano turisti da aprile a settembre. Entro agosto l'amministrazione comunale dovrà rispondere caso per caso alle osservazioni sollevate dai singoli abitanti e dagli imprenditori locali. Anche i rappresentanti del movimento dei Verdi, fino all'altro ieri, promettevano fuoco e fiamme per la difesa del paesaggio Umaghese. All'orizzonte si profila una serrata battaglia legale.

(r.i.)

 

 

 

 

GREENSTYLE.it - MERCOLEDI', 27 maggio 2015

 

 

Trivelle in Adriatico: ambientalisti fanno ricorso al TAR
Associazioni ambientaliste contro le nuove trivellazioni in Adriatico. A scatenare l’idea degli ambientalisti è quello che sta succedendo per l’ennesima volta, relativamente all’autorizzazione concessa alla società petrolifera australiana Po Valley Operations da parte del Ministero dello Sviluppo Economico.
Con questa autorizzazione il titolo della società attuale per ricerca e sfruttamento di idrocarburi offshore passerebbe da 197 chilometri quadrati a 526, davanti alle coste della Provincia di Ravenna. Verrebbe cioè quasi triplicato e questo grazie ad una riperimetrazione che consentirebbe di espandere le attività di ricerca di gas e petrolio in mare entro 12 miglia dalla costa, al momento vietato in maniera esplicita da una legge del 2010.
Si tratta delle conseguenze di un’interpretazione a dir poco irregolare e sproporzionata dell’art.35 del Decreto Sviluppo del 2012, decreto promosso da Corrado Passera, allora Ministro allo Sviluppo Economico per il Governo Monti. In quell’articolo si prevedeva una deroga al rispetto del limite delle 12 miglia, facendo salvi i procedimenti autorizzatori e concessori in corso alla data del 29 giugno 2010. Il Consiglio di Stato aveva chiarito però come l’ampliamento di un’attività già concessa non potesse essere inquadrato all’interno di questo articolo, ma rappresentasse una vera e propria violazione di legge.
Ancora una forzatura dopo quella dello Sblocca Italia, sostengono gli ambientalisti, un’interpretazione quella del Ministero per altro in contrasto su molti fronti anche con la normativa europea.
Ecco che le associazioni ambientaliste FAI, Greenpeace, Legambiente, Marevivo, Touring Club Italiano e WWF, hanno reagito con un immediato ricorso al TAR del Lazio, contro i Ministeri dello Sviluppo Economico, dell’Ambiente, delle Infrastrutture e dell’Agricoltura, e nei confronti della società PO Valley Operations PTY LTD, Regione Emilia Romagna, Comune di Ravenna e ISPRA. Queste le motivazioni:
Ci troviamo di fronte a quella che noi giudichiamo una palese violazione della legge, che ignora quanto già chiarito in merito dal Consiglio di Stato che stabilisce come non si possano modificare in maniera così radicale gli esistenti titoli abilitativi.
Questa manovra equivale di fatto a un via libera per poter trivellare i nostri mari ovunque: a due passi dalle coste e dalle spiagge, dalle aree protette, sempre più a ridosso di luoghi ad alto valore turistico, da nord a sud. Un vero scempio.
Se dovesse passare senza problemi questa interpretazione del Ministero, d’ora in poi la stessa cosa potrebbe essere fatta per qualsiasi costa, qualsiasi spiaggia e area protetta, sostengono le associazioni impegnate in questa lotta. Il vero sviluppo del nostro Paese, ribadiscono, deve avvenire con la valorizzazione della ricchezza del nostro territorio, della quale il nostro mare è una parte fondamentale da preservare e non da distruggere:
Non consentiremo questa deriva che viene portata avanti in spregio alla bellezza e alla biodiversità del nostro mare, in danno ad altri settori strategici come il turismo e la pesca e a detrimento delle comunità costiere e di tutto il Paese.
Rossana Andreato

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 27 maggio 2015

 

 

La Ferriera si espande - Ottanta nuovi assunti
L’ad di Siderurgica Triestina dà l’annuncio al Tavolo convocato dalla Regione - A luglio dieci tecnici e entro l’anno una settantina di operai per il laminatoio
Ottanta nuovi assunti in Ferriera entro l’anno. L’annuncio è stato dato al Tavolo regionale per il rilancio dell’area di Servola tenutosi ieri mattina sotto la presidenza della governatrice Debora Serracchiani con la presenza dei rappresentanti dei lavoratori, delle categorie e delle istituzioni, oltre che di Francesco Rosato amministratore delegato di Siderurgica Triestina, la società del Gruppo Arvedi proprietaria dello stabilimento. Gli ottanta nuovi posti di lavoro sono legati al laminatoio a freddo che rifinirà i semilavorati inviati dagli stabilimenti di Cremona. In particolare verrà prodotto acciaio per motori elettrici e trasformatori destinati soprattutto al mercato dell’auto. Sul laminatoio Arvedi investe 111 dei 187 milioni di euro destinati a Trieste. Impianti e macchinari del laminatoio sono già stati sbarcati nella misura del 70% a Servola, il resto arriverà a breve. Dieci tecnici specializzati verranno di conseguenza ingaggiati già a luglio, mentre una settantina di operai saranno assunti in autunno e comunque entro il 2015. Sono previsti sette mesi di montaggio e di operazioni preliminari prima che il nuovo impianto entri in funzione a regime nel primo trimestre dell’anno prossimo. Ma nello stabilimento triestino sono già arrivate anche le componenti fondamentali del nuovo impianto di aspirazione dei fumi della cokeria che a propria volta sarà montato e funzionante entro la fine dell’anno. «Abbatterà i fumi in maniera radicale - ha assicurato Rosato - molto al di là dei limiti ammessi dalle normative europee». «Diventerà di fatto - ha aggiunto Serracchiani - il primo impianto in Europa a raggiungere livelli così alti di rispetto ambientale». «È stato anche detto - ha spiegato Fabio Kanidisek (Fim-Cisl) - che alla fine il numero complessivo dei dipendenti delle aree a caldo e a freddo potrebbe superare le 750 unità originariamente prospettate». «Un grande serbatoio per l’occupazione e un progetto che sta andando avanti anche con soldi pubblici per cui deve essere completato nella sua interezza - ha ammonito Umberto Salvaneschi segretario Trieste-Gorizia di Fim-Cisl - non si può fare della nuova cappa di aspirazione fumi della cokeria l’unico ponte per permettere la prosecuzione dell’area a caldo. La salvaguardia ambientale è importante, ma non si può ora tornare al punto di partenza per quanto riguarda gli organici». Serracchiani ha anche annunciato che entro l’estate sarà firmato il terzo Accordo di programma quadro che investirà la stessa governatrice del ruolo di commissario straordinario dell’Area di crisi industriale complessa di Trieste che include oltre che il perimetro di Servola anche parte dell’Ezit. «A quel punto - ha aggiunto la presidente - potremo affidare a Invitalia l’individuazione del percorso di riqualificazione del sito, valutando quali compiti affidarle e quali invece potremo svolgere direttamente con opportuno risparmio di costi». A settembre verrà indetto anche l’Open day, nel corso del quale tutti i cittadini saranno chiamati a constatare di persona la riqualificazione e il risanamento ambientale attuati nel comprensorio. «L’Open day slitta un po’ in avanti - ha spiegato la governatrice - perché attualmente vi è sostanzialmente un grande cantiere che ostacolerebbe la visita». Cantiere costituito sia dai macchinari e dalle opere propedeutiche al laminatoio, che dall’impianto di aspirazione dei fumi che da ulteriori interventi che sono in fase di attuazione. Antonio Rodà (Uilm) e Cristian Prella (sindacato autonomo Failms) hanno rilevato come siano state finalmente fornite rassicurazioni sull’assorbimento degli ultimi lavoratori ex Lucchini che sono ancora in cassa integrazione. «Si tratta di 33 persone - ha spiegato Prella - che in parte hanno contratto malattie professionali o si trovano in uno stato di parziale disabilità e per la prima volta la Regione si è impegnata a premere per il loro reinserimento organizzando a loro vantaggio anche una serie di corsi di formazione». «Il cronoprogramma previsto per il rilancio della Ferriera di Servola - ha sintetizzato la presidente della Regione - è perfettamente rispettato in ogni settore: dall’adeguamento e l’ottimizzazione degli impianti, alla salvaguardia dell’occupazione e a tutte le attività necessarie per la tutela del’ambiente. Dopo il proficuo e sinergico lavoro di tutti gli attori coinvolti - ha specificato - ora possiamo addirittura parlare di allargamento dell’attività industriale». Serracchiani ha anche assicurato che tutto l’iter procederà ancora sotto l’attento controllo della Regione, sia per quanto riguarda il rispetto delle tempistiche, considerato fondamentale dal sindaco Roberto Cosolini che ha anche chiesto il maggior coinvolgimento possibile dell’indotto locale, sia per i fattori occupazione e difesa dell’ambiente.

Silvio Maranzana

 

«Obiettivo finale i trecento posti in più»
Il sindaco guarda già alla «verifica dell’efficacia del nuovo impianto di aspirazione alla cokeria»
Gli 80 posti di lavoro in più annunciati ieri per la Ferriera, e in arrivo da qui ai prossimi mesi, non sono un fine bensì un mezzo. Una stazione intermedia verso l’obiettivo ultimo dichiarato al principio dell’operazione Arvedi, ovvero «un saldo occupazionale attivo, alla fine, di 300 persone». Quanto poi ad Alcatel, i piedi di piombo sono dovuti, che non bastano «due o tre ore di riunione» per ritenere di avere già in tasca tutte le «soluzioni» pretese. Nel giorno del doppio tavolo Ferriera-Alcatel Roberto Cosolini in una mano regge un microfono per parlare, per rivendicare «l’impegno delle istituzioni locali» sul fronte-lavoro, e nell’altra impugna un cannocchiale per mostrare di voler già guardare oltre. «Le cose stanno andando avanti», premette il sindaco. «È chiaro però - rilancia - che l’appuntamento primario da qua a sei mesi, quello dall’aspettativa più forte, resta la verifica dell’efficacia del nuovo impianto di aspirazione alla cokeria. Se darà l’esito positivo che confidiamo, quello cioè di poter ridurre in modo significativo le emissioni, a quel punto sarà possibile consolidare l’esistente e aggiungervi il laminatoio, per arrivare appunto al saldo occupazionale di 300 persone in più». Per l’ormai ex Alcatel invece, secondo Cosolini, prima di parlare di auspici «la prudenza è d’obbligo: abbiamo sentito un piano che, nelle enunciazioni, è ambizioso e reca la consapevolezza che Trieste può essere assolutamente strategica per i mercati di riferimento. Ci saranno chiaramente approfondimenti, e staremo molto attenti poiché due o tre ore di riunione non possono bastare per le soluzioni». Di certo non è passato inosservato, ad esempio, il passaggio in cui «hanno parlato del trasferimento in regione ma al di fuori dello stabilimento triestino (a Ronchi, ndr) dell’attività di assemblaggio oggi insediata a Timisoara», roba da «50 posti» di lavoro. «Sarebbe un interessante caso di delocalizzazione di ritorno», chiude il sindaco, cui fa eco una Maria Teresa Bassa Poropat più ottimista: «Un incontro positivo, un tavolo di opportunità e non certo di crisi», definisce infatti la presidente della Provincia l’incontro del pomeriggio di ieri su Flextronics. «I vertici della società americana hanno confermato l'interesse per la sede di Trieste, che intendono trasformare in un centro di eccellenza globale, con il trasferimento della sede legale nel capoluogo giuliano. L' impegno è quello di garantire il mantenimento degli attuali livelli occupazionali», osserva Bassa Poropat, che ricorda come sia stata «accolta con favore» da Flextronics «anche l’ipotesi di avviare una rete di collaborazione sul piano tecnologico con i centri di ricerca presenti sul territorio». «Si tratterebbe - la chiosa della numero uno di Palazzo Galatti - di un ulteriore punto di forza per la società e di un’opportunità per il territorio dove più volte è stato auspicato un trasferimento tecnologico tra ricerca scientifica e settori produttivi».

Piero Rauber

 

 

Cinghiale “killer”, Regione sotto accusa
Agricoltori pronti a denunciare Panontin per inadempienze. Sospese le ricerche dell’animale che ha aggredito Zerial
La misura è colma. All’indomani dell’aggressione da parte di un cinghiale subita da Bruno Zerial, il pensionato di Longera ferito seriamente mentre tentava di allontanare l’animale dal proprio giardino, esplode la rabbia degli agricoltori del Carso. Categoria convinta che dietro al ferimento dell’uomo di 71 anni - ancora ricoverato a Cattinara con serie lesioni alle gambe -, esista una responsabilità precisa della Regione. La denuncia L’accusa è di quelle pesanti: aver ignorato per anni l’emergenza cinghiali in provincia, esponendo quindi quotidianamente centinaia di coltivatori a rischi gravissimi. Rischi che, come dimostrato dall’episodio di Longera, riguardano non solo campi e terreni, devastati sistematicamente dagli ungulati, ma la stessa incolumità delle persone. Di qui la scelta di alzare il tiro: portando in tribunale l’amministrazione regionale, più precisamente l’assessore con delega alla Caccia, Paolo Panontin, denunciandola per inadempienze. La rabbia degli agricoltori «Quella subita da Zerial non è la prima aggressione e, purtroppo, non sarà nemmeno l’ultima - afferma il presidente dell’Associazione agricoltori, Edi Bukavec -. Due anni fa, sempre a Longera, un altro nostro associato, Damiano Glavina, è stato attaccato da un cinghiale, riportando serie ferite a un mano. E la settimana scorsa, nella stessa zona, un’altra associata si è vista distruggere il campo e scardinare un cancello da un ungulato. La lista, insomma, è lunga e la situazione ormai inaccettabile. E pensare che, per risolvere il problema, basterebbe ricorrere ad una semplice soluzione: ridurre il numero di cinghiali sul territorio, ampliando le possibilità di caccia. Come associazione - conclude Bukavec - lo chiediamo da mesi, anzi da anni, alla Regione che, però, non si è mai mossa. Ecco perchè, dopo aver inviato un mese fa l’ennesima lettera per sollecitare un intervento deciso, peraltro rimasta senza risposta, abbiamo deciso di ricorrere alle vie legali. Siamo pronti quindi a denunciare l’assessore Panontin, sostenendo anche i rischi, e i costi, che una battaglia legale comporta». Le ricerche Del “cinghiale killer” - appellativo purtroppo non fuori luogo, visto che nell’aggressione avvenuta lunedì mattina è stato ucciso il cane di Zerial, sbranato sotto gli occhi del padrone - si sono perse le tracce. Gli uomini della Polizia ambientale della Provincia e i volontari dell’Enpa, dopo aver passato al setaccio per ore l’area compresa tra Longera e la cava di Basovizza, hanno di fatto interrotto le ricerche. Secondo i volontari dell’Ente protezione animali l’ungulato, rimasto gravemente ferito dopo lo scontro con il pastore di Ciarplanina del pensionato, potrebbe essere andato a morire in qualche anfratto nascosto, in cui sarà praticamente impossibile trovarlo. In alternativa, potrebbe aver recuperato le forze, tanto da riuscire ad allontanarsi anche di molto dalla zona dell’aggressione.

Maurizio Lozei

 

Emergenza cinghiali - La Provincia passa al contrattacco e chiama a raccolta il tavolo verde
Un tavolo verde ristretto al quale presenzieranno enti locali, associazioni di proprietari terrieri, usi civici, comunelle e associazioni di categoria, per verificare la disponibilità ad un approccio coordinato e sistematico del problema.

Il vicepresidente della Provincia Igor Dolenc annuncia quello che a breve sarà il primo passo per affrontare e cercare di risolvere il problema dei cinghiali sul territorio. Un tema di grande attualità emerso in tutta la sua emergenza nel drammatico episodio avvenuto all’alba di lunedì, quando un esemplare si è introdotto in una abitazione privata nel quartiere di Longera, attaccando e ferendo in modo serio il padrone di casa e uccidendo il suo cane, un pastore del Caucaso. La priorità - ha ribadito Dolenc - è quella di riportare sotto controllo il numero di animali presenti sul territorio provinciale, un numero in continua crescita negli ultimi anni che attualmente si assesta all’incirca su 800 esemplari, oltre ad allontanare gli animali stessi dalla periferia urbana. «I cinghiali che vivono nel bosco non cercano il contatto con l’uomo: il rischio nasce dal fatto che, a causa del comportamento sbagliato di alcune persone, ormai gli animali si sono abituati alle zone urbane - spiegano dalla Polizia ambientale provinciale -. Dare da mangiare ai cinghiali provoca tutta una serie di problematiche: innanzitutto aumenta la loro fertilità e la loro capacità di riproduzione che può raggiungere un incremento utile annuo superiore al 200 per cento. In secondo luogo, oltre ad esserci dei rischi seri per le persone, come abbiamo visto nell’ultimo episodio, ci sono dei rischi per gli stessi animali che possono venire investiti dalle automobili. Infine c’è la possibilità che si sviluppino delle zoonosi ovvero delle malattie che si trasmettono direttamente tra gli animali e l’uomo». Tra i fattori sui quali intervenire ci sono la radicale pulizia dei boschi e la corretta gestione dei rifiuti urbani. «Non dobbiamo mai dimenticarci che si tratta di animali selvatici e imprevedibili e come tali vanno trattati e rispettati - afferma Umberto Laureni, assessore comunale all’Ambiente -. Dunque, se si vuole fare una buona azione, non si deve dar loro da mangiare e i non si devono abbandonare a terra i resti di quei rifiuti. Un problema che va affrontato a partire dalle piccole azioni quotidiane e che presuppone uno sforzo culturale comune, oltre a un’azione sinergica proiettata a ridurre sensibilmente il numero di cinghiali sul territorio». Sulla questione interviene anche Giorgio Cecco, responsabile FareAmbiente. «Il problema dei cinghiali a Trieste è una cosa seria: dobbiamo sempre ricordarci che non si tratta di animali domestici. Evidentemente non sono state efficaci, o lo sono state solo in parte, le procedure fin qui adottate dagli enti preposti. Alla Regione chiediamo dunque delle risposte adeguate che passino attraverso norme più efficienti, mentre alla Provincia spetta il compito di proporre misure utili nell’informare i cittadini su come comportarsi in caso di emergenza».

Pierpaolo Pitich

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 26 maggio 2015

 

 

Il cinghiale lo attacca - Finisce all’ospedale
L’esemplare è entrato nel cortile di una casa di Longera in cerca di cibo - Alla fine ha ferito il proprietario e ucciso il cane pastore che l’aveva difeso
È stato aggredito da un cinghiale, che lo ha ferito seriamente con le zanne. Morsi e colpi tremendi sferrati dal basso verso l’altro mentre era a terra nel suo orto, in strada per Longera 206. Il ferito si chiama Bruno Zerial, 71 anni, pensionato, conosciuto anche col nome di Nok. È stato un miracolo che le zanne, usate come dei pugnali, alla fine non siano entrate profondamente nell’addome fino ai visceri. L’uomo è ricoverato all’ospedale di Cattinara. Ha riportato lesioni alle gambe. Il cane di Zerial, un pastore di Ciarplanina di nome Billi, dell’età di 5 anni, ha difeso il proprio padrone fino all’ultimo respiro. È morto per le conseguenze di una grave emorragia causata da alcune profonde ferite al collo e al torace causate proprio dal cinghiale. L’episodio si è verificato ieri attorno alle 6.30. Bruno Zerial, fino a poco prima era era in casa dove vive con la moglie Neva e il figlio. Si è accorto che nella corte, proprio davanti alla casa, c’erano due cinghiali. Arrivati, evidentemente, dalla pendice che si trova esattamente dietro allo stabile. Cercavano qualcosa da mangiare. «Era ancora in pigiama, si è infilato all’improvviso i pantaloni e si è precipitato fuori per scacciare i cinghiali», ha raccontato ancora spaventata per l’accaduto la moglie. L’uomo così è corso in cortile preceduto dal cane che, secondo quanto poi riferito da alcuni vicini di casa svegliati per il parapiglia, ha cominciato a ringhiare verso i due cinghiali, due esemplari di maschio del peso di almeno cento chili ciascuno. Bruno Zerial, nel tentativo di allontanare i due cinghiali, ha afferrato un badile che era appoggiato a pochi metri. Ed è stato a questo punto che, secondo la prima ricostruzione, il cane si è lanciato contro i due animali per proteggere il padrone. Un cinghiale è scappato mentre l’altro ha aggredito, sbattendolo violentemente a terra, lo stesso Zerial. Lo ha azzannato con forza alle gambe, morsicato con una violenza tremenda. Il povero cane, ha avuto, come detto, la peggio: il cinghiale lo ha raggiunto con i denti al collo e poi lo ha ferito profondamente al torace. E questo mentre stava contemporaneamente lottando con l’uomo che era riverso a terra. L’incubo è durato una decina di minuti. Bruno Zerial urlava: «Aiuto! Aiuto!». A dare l’allarme è stato Claudio Dazara, il titolare del supermercato che si trova a poche decine di metri, scendendo per strada per Longera. Era andato a casa di suo figlio Paolo, il cui cortile che confina con l’orto di Zerial. «Bruno - racconta Claudio Dazara - era riverso a terra in una pozza di sangue. L’ho sentito urlare al cane di mollare, di andar via. Ma l’altro lo morsicava come un forsennato e lo attaccava. È stata - ricorda - una scena tremenda, spaventosa. Per liberarlo abbiamo cercato di attrarre l’attenzione del cinghiale che poi finalmente se n’è andato via, saltando assieme all’altro, la rete di recinzione. Solo così ci siamo potuti poi avvicinare a Bruno e intanto abbiamo chiamato i soccorsi». Dopo pochi minuti è giunta l’ambulanza del 118. I sanitari hanno prestato le prime cure al ferito. Ma anche al povero cane che era riverso sul terreno privo di sensi. Sono giunti i guardacaccia e volontari dell’Enpa, ma purtroppo non c’è stato nulla da fare per il pastore, che è morto poche ore dopo. Ma torniamo al fatto di sangue. Finito l’attacco nel cortile, mentre un esemplare pare se ne fosse andato, tornando verso il pendio, l’altro che era rimasto ferito, come impazzito, ha cominciato a correre nelle corti delle case vicino saltando la rete di recinzione. «Stava venendo verso di me mentre uscivo da casa per andare da mio marito che era a terra ferito», racconta ancora Neva Zerial. Poi l’animale ferito dopo aver addirittura attraversato la strada, lasciando una lunga scia di sangue sul terreno, ha puntato verso il monte sparendo nella vegetazione. «L’ho visto mentre stava attaccando Bruno. Sono rimasto paralizzato dalla paura», ricorda turbato Francesco Gec che abita proprio nella casa di fronte. «Povero cane. Billi aveva cinque anni e stava sempre con il suo padrone», aggiunge Silvia Carnielli. Anche lei vive in una casa a pochi metri dalla corte dove Zerial è stato aggredito dal cinghiale. Dice ancora: «Ho sentito Bruno che urlava e chiedeva aiuto e sono subito uscita fuori a vedere cosa stava accadendo. L’ho visto riverso a terra. C’era sangue dappertutto e il cinghiale lo stava colpendo. Il cane abbaiava e morsicava. Una scena che non dimenticherò mai». «Un fatto del genere non era mai accaduto prima d’ora. Se penso che il cinghiale voleva prendere anche me, mi vengono i brividi. Per fortuna le condizioni di Bruno non sono gravi. - afferma la moglie Neva -. Siamo stati con lui al Pronto soccorso dove gli hanno suturato le ferite. Ma avrà bisogno di altri controlli. Non voglio neanche immaginare cosa sarebbe successo se lì ci fosse stato un bambino...».

Corrado Barbacini

 

«L’animale ha aggredito perché si è spaventato»
L’Enpa, intervenuto sul posto, racconta che «è stato colpito dall’uomo» - I guardiacaccia stanno cercando di rintracciarlo nei boschi poco distanti
A intervenire sul posto a pochi minuti dall'accaduto è stato il personale dell'Enpa, l’Ente nazionale di protezione animale. «Purtroppo - così la presidente, Patrizia Bufo - l’atteggiamento tenuto dall’uomo ha generato una reazione violentissima dei cinghiali. Mai andare incontro a queste bestie tentando di dissuaderle, specialmente con accanto un cane». Per tentare di farli scappare, l’uomo infatti si è diretto verso l’orto, con il suo cane a fianco. Un atteggiamento che invece di allontanare gli animali, secondo gli addetti ai lavori li ha evidentemente spaventati di più, generando in loro una reazione violenta, aggressiva. Il cinghiale colpito a sua volta dal padrone di casa - come ricostruiscono all’Enpa - si è rivoltato contro l’uomo con ancor più veemenza. «Ieri mattina, quando siamo giunti in strada per Longera - riferisce appunto il personale dell’ Enpa - ci siamo trovati di fronte ad una triste situazione. L'uomo è stato immediatamente soccorso dal 118 è portato a Cattinara, a terra c’era un attrezzo sporco di sangue con il quale l'uomo aveva colpito il cinghiale, e accanto il povero cane agonizzante. Lo abbiamo soccorso tentando di fermare il sangue che usciva dalla giugulare. Poi è stato trasferito alla Clinica veterinaria ma non c’è stato nulla da fare». Il cinghiale ferito, fuggito verso il monte, verso Basovizza, ha lasciato delle tracce che ieri i guardiacaccia della Provincia con i loro cani hanno cercato di intercettare e seguire. «Quei due esemplari erano senz'altro dei maschi - valuta la presidente dell’Enpa - perché in coppia in questo periodo girano solo i maschi. Le femmine girano in gruppo, presto con i piccoli». «Mentre i cinghiali del Boschetto sono abituati all’uomo e fuggono alla presenza di persone - sostiene - quelli che la notte da Strada di Basovizza scendono verso Longera alla ricerca di cibo non hanno familiarità con noi umani e in spazi chiusi, circoscritti, possono aggredire». Un monito l'Enpa lo muove anche nei confronti di chi dovrebbe provvedere al mantenimento dei boschi. «Nei pressi della cava all’altezza di Longera, - spiega - i cinghiali hanno realizzato un vero e proprio percorso per scendere. E questo perché il bosco non viene più governato, non è gestito e tra i rovi i cinghiali trovano il loro habitat perfetto». A chi dovesse trovarsi un cinghiale in giardino, nell'orto, nel suo fondo, l’Enpa consiglia di allontanarsi, di restare in casa, protetti, e avvisare la forestale, l’Enpa stesso o la polizia. Tra i sistemi per difendersi dalle incursioni dei cinghiali, il più efficace risulta quello costituito dalla rete elettrosaldata. È comprovato che la prima volta in cui gli animali vengono a contatto con il recinto spesso lo strappano a causa della paura che si genera per la scossa ricevuta. Poi si instaura un “apprendimento indotto” per cui o l’animale evita di toccarlo o se lo tocca torna immediatamente indietro.

Laura Tonero

 

La Provincia: «Ora interventi eccezionali»
Stimati 800 maiali selvatici. L’abbattimento non basta: nel mirino pulizia dei boschi e abitudini umane
«Il problema è serio e lo abbiamo ripetuto più volte: per arrivare ad una soluzione servono misure straordinarie ed un coordinamento di tipo multisettoriale». Il vice presidente della Provincia Igor Dolenc, nelle vesti di assessore ad Agricoltura, fauna e flora, non usa giri di parole ed inquadra il problema della presenza dei cinghiali sul territorio come una «situazione di emergenza». Lo dimostra l’ultimo drammatico episodio che si è verificato a Longera. D’altronde i numeri parlano chiaro e sono peraltro in continua crescita negli ultimi anni: attualmente nella provincia di Trieste è stimata una presenza di circa 800 cinghiali, ma il numero reale potrebbe anche essere superiore. «Il problema è che il lavoro dei cacciatori nelle rispettive riserve da solo non basta - spiega Dolenc -. Si tratta di un tipo di caccia di selezione con sistema di appostamento che non riesce a raggiungere gli obiettivi prefissati, anche perché il cinghiale è un animale intelligente e riesce ad allontanarsi in breve tempo». Dunque quali possono essere le soluzioni? «È chiaro che bisogna affidarsi a misure eccezionali - rileva Dolenc -. Da una parte c’è la cattura dell’animale, che però rappresenta una pratica complicata, molto onerosa e che non va a risolvere completamente il problema, in quanto i cinghiali, una volta liberati nel loro territorio, possono rapidamente riportarsi nella periferia cittadina. Dall’altra c’è l’abbattimento, che rappresenta una soluzione più drastica, ma che deve essere attuata in modo scientifico e tendendo conto dell’etologia dell'animale, vale a dire il comportamento nel suo ambiente naturale». Nel frattempo i cinghiali si sono appropriati delle zone periferiche della città, arrivando a ridosso delle abitazioni. Tutto questo in attesa dell’approvazione del nuovo Piano faunistico regionale, nel quale è previsto un aumento della pressione venatoria con ricorso, ove necessario, anche a cacciatori fuori riserva. «L’obiettivo è quello di riportare sotto controllo il numero dei cinghiali sul territorio e di allontanarli dalle zone urbane - conclude Dolenc -. Per fare questo serve un approccio multisettoriale che coinvolga una serie di attori, a partire dalla Regione. Bisogna intervenire su più fronti: oltre all'abbattimento, si deve lavorare sulla pulizia delle zone boschive e su una migliore gestione dei rifiuti, cui deve aggiungersi un cambio delle abitudini di alcuni residenti che considerano il cinghiale alla stregua di un animale domestico e continuano, sbagliando, a dargli da mangiare». E sulla questione interviene con una interrogazione urgente il capogruppo Pdl in Provincia Claudio Grizon che parla di «fatti gravi mai accaduti in passato e rispetto ai quali servono interventi urgenti per contenere il problema cinghiali sul territorio, onde assicurare l’incolumità dei cittadini».

Pierpaolo Pitich

 

 

Scoppia il disgelo tra Regione e Teseco
L’audizione in Provincia sul terminal dell’ex Aquila si chiude con l’impegno a far ripartire il confronto prima della sentenza
È disgelo fra Regione e Teseco. L’impegno a riaprire il dialogo fra le parti, oggi in conflitto davanti al Consiglio di Stato, per arrivare a una soluzione positiva per tutti, in relazione al progetto per la realizzazione di un terminal nell’area ex Aquila, è stato sancito ieri. Attori l’assessore regionale Gianni Torrenti e il presidente e amministratore delegato del gruppo pisano Gualtiero Masini. La “promessa” è stata fatta in un contesto ufficiale: il consiglio provinciale di Trieste dove si è tenuta nel pomeriggio l’audizione di Masini. Il presidente della Teseco, da subito, ha auspicato la ricerca di una nuova intesa: «Dall’incontro di oggi si può ripartire. Volevamo essere un progetto pilota ma poi la situazione si è complicata. Il progetto ha interessato il territorio, ma forse ancor di più le istituzioni di Roma e Bruxelles». E ancora: «Ricordiamo che si sta lavorando con grande velocità al raddoppio del canale di Suez. E quindi Trieste dovrebbe prepararsi a un aumento del traffico. La Provincia ci ha stimolato più volte in questi anni e nel frattempo è stato definito il piano portuale che porterà questo scalo a diventate strategico nel Mediterraneo. Su questi punti il dialogo deve andare avanti. Lasciamo da parte il contenzioso e diamo il via alla concreta progettualità». La disponibilità della Teseco è stata immediatamente raccolta da Torrenti: «La Regione è interessata a questa partita per il futuro di Trieste e del Friuli Venezia Giulia. La riapertura di un tavolo di confronto è opportuna e può aiutare la soluzione del contenzioso purché il dialogo sia autentico. Confermo – ha concluso l’esponente della giunta Serracchiani - l’impegno a ristabilire a breve un confronto». L’assessore provinciale Vittorio Zollia ha colto immediatamente il rilievo delle due dichiarazioni: «Siamo soddisfatti come Provincia, perché abbiamo la conferma che l’azienda è ancora interessata al progetto e perché vediamo che la Regione è intenzionata a riaprire un tavolo. Teseco in tale sede potrà confermare gli impegni presi. Per questo confidiamo in una veloce convocazione del tavolo di confronto». Resta la questione del contenzioso. Non a caso Zollia ha definito «importante un secondo accordo che preceda la sentenza del Consiglio di Stato in quanto tale sentenza potrebbe alterare equilibri faticosamente raggiunti. Per centrare l’obiettivo si potrebbe chiedere un rinvio della decisione del Consiglio». La presidente della Provincia, Maria Teresa Bassa Poropat, dopo aver sottolineando l’importanza dell’audizione di ieri, ha invitato «a guardare al futuro di questo territorio»: «Perciò faccio mia la sollecitazione dell’assessore Zollia. Questo è l’unico intervento possibile su quel territorio, non ripetiamo la vicenda del Porto Vecchio». Il capogruppo del Pdl, Claudio Grizon, dopo aver ricordato che «l’accordo risale a dieci anni fa» e che «l’area consta di un milione di metri quadrati utilizzabili a livello industriale previa bonifica», ha espresso l’auspicio che «si ufficializzi subito questo nuovo impegno dell’amministrazione regionale. In molti hanno messo i bastoni fra le ruote alla Teseco che comunque ha investito centinaia di migliaia di euro in concessioni e autorizzazioni». Nadja Debenjak (Pd) ha dichiarato che «il mio partito si accoda alla richiesta di riaprire un tavolo. Serve un nuovo accordo sulla base delle novità intervenute in questi anni, adeguandolo per esempio al nuovo Piano del porto». Critico invece Fabio Longo (Gruppo misto): «Sono passati anni e siamo ancora qui a chiederci quando inizieranno le bonifiche. Al di là di dichiarazioni d’intenti non vedo risultati». Di tutt’altro avviso Marcello Bergamini (Sel) «ha invece un notevole significato anche il semplice intento. Venire qui e manifestare disponibilità è fattore rilevante».

Ugo Salvini

 

Nell’area ex Aquila un progetto da più di 500 posti
Il progetto di Teseco per l’area dell’ex Aquila, per la quale la società pisana ha ottenuto una concessione della durata di sessant’anni, prevede la realizzazione di un terminal multipurpose. Vi sarà spazio quindi non solo per gli ormeggi riservati alle navi ro-ro, con le relative aree di sosta per i Tir, ma anche per strutture destinate ad accogliere nuovi traffici. Secondo le previsioni di Teseco, già in una prima fase al futuro terminal dovrebbero fare scalo 700 navi all’anno. Il terminal creerà ovviamente nuovo lavoro, stimato in 170 dipendenti diretti e 400 nell’indotto.

 

 

Eventi e arredi, via Mazzini si rifà il look
Tavolo tra Comune e negozianti per valorizzare la strada. In settimana la riunione con Trieste Trasporti sul caos autobus
Nuovi arredi urbani e un calendario di eventi in grado di rivitalizzare l’area e dare nuova linfa agli affari. Mentre la città, ormai da dieci giorni, è spaccata in due sulla pedonalizzazione di via Mazzini, Comune e commercianti guardano già al passo successivo, pensando a come dare più appeal alla strada che collega piazza Goldoni a riva 3 Novembre. A discutere del nuovo look della via, ieri mattina, sono stati una ventina di commercianti (di via Mazzini, ma anche di alcune aree limitrofe, corso Italia compreso) che, assieme ai rappresentanti di categoria, hanno preso parte al tavolo permanente convocato dall’assessore alla Mobilità e Traffico Elena Marchigiani per tirare le somme dopo una settimana di sperimentazione. «I negozianti hanno dimostrato di credere in questa strada e di volere andare avanti, anche se, ovviamente, è troppo presto per valutare l’impatto sugli affari - spiega Marchigiani -. Ora il nostro obiettivo è migliorare l’immagine della via: a breve posizioneremo nuovi elementi di arredo lungo la strada e riallestiremo l’incrocio tra le vie Mazzini e Imbriani per evidenziare l’attraversamento pedonale. Gli stessi commercianti, poi, hanno annunciato di voler “sponsorizzare” un elemento di arredo - precisamente una fioriera - per contribuire alla riqualificazione. E, sempre assieme, studieremo un calendario di eventi per ravvivare quest’area del centro». Tra i punti affrontati, anche il nodo del carico-scarico merci: «Dobbiamo lavorare sugli orari e contingentarli anche nelle vie limitrofe per migliorare la circolazione e la visibilità delle vetrine - continua l’assessore -. Soprattutto, bisogna puntare a tenere liberi gli spazi dedicati, spesso occupati abusivamente, motivo per il quale al tavolo era presente anche l’assessore alla Polizia urbana Fabiana Martini». «Come Associazione commercianti al dettaglio appoggiamo la sperimentazione su via Mazzini così come appoggiamo il piano del Traffico - precisa Mauro di Ilio, presidente dell’Acd, presente alla riunione -: il punto è che vorremmo che l’intero quadro venisse definito quanto prima, perché queste pedonalizzazioni hanno motivo di esistere se collocate in un piano più ampio. Fare la “rivoluzione” a pezzettini se da un lato aiuta i cittadini ad abituarsi, dall’altra non aiuta ad avere una visione globale. Già adesso, comunque, con la posa dei primi tavolini e sedie, l’impatto di via Mazzini è già migliorato». Cambio di look a parte, resta aperto l’altro fronte “caldo”, quello legato al cambiamento dei percorsi di molte linee dei bus, che ha sollevato molte critiche. «Nei prossimi giorni - conclude l’assessore Marchigiani - è in programma una nuova riunione del tavolo tecnico con la Provincia e Trieste Trasporti: in quella sede analizzeremo le segnalazioni arrivate in questi giorni e, nel caso, valuteremo se apportare eventuali correttivi».

Elisa Lenarduzzi

 

Wwf e Italia Nostra difendono la chiusura «Centro più sicuro per pedoni e ciclisti»

«La chiusura di via Mazzini e di piazza della Repubblica è sacrosanta».

A difendere a spada tratta la sperimentazione decisa dalla giunta Cosolini è il Wwf di Trieste che in una nota ha sottolineato la sua posizione, invitando il Comune a proseguire su questa strada «a tutela della salute, essendo indiscutibile il vantaggio che deriva dalla limitazione dei livelli di inquinamento atmosferico e acustico, e per i suoi effetti immediati sulla sicurezza per i pedoni e i ciclisti». Gli ambientalisti concludono dicendosi «certi che in breve tempo quest’area verrà inglobata nel vivace tessuto del centro urbano con la soddisfazione di tutti». Sul tema scende in campo anche Italia Nostra Trieste che, partendo dall’esito del sondaggio sul web proposto dal Piccolo («probabilmente se protratto per più giorni avrebbe potuto raggiungere un risultato diverso»), plaude all’iniziativa: «Con la fine dei lavori in piazza Ponterosso consentirà di usufruire di una vasta area del centro dove poter passeggiare con i bambini senza paura delle auto, con aria più pura e maggior accessibilità ai monumenti».

 

Trasporto pubblico - Studenti e pedoni uniti in difesa del Tpl

Giovedì passeggiata per il trasporto pubblico che vedrà uniti studenti e pedoni in collaborazione con i volontari del museo ferroviario di Trieste promotori della petizione “Salviamo la Transalpina”. Ritrovo alla stazione ferroviaria di Opicina alle 9 e arrivo a quella di Trieste alle 10 da dove partirà la passeggiata fino al museo. Per info erika.sancin@yahoo.it o cammts-coped@tcd.it.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 25 maggio 2015

 

 

Rifiuti a cielo aperto tra Opicina e Fernetti
In azione i Volontari per Trieste pulita: «Calcinacci, tegole, vecchie poltrone... C’è davvero di tutto»
Calcinacci, guaine per condutture, tegole, cappotti per impermeabilizzazioni, vecchie poltrone. Hanno trovato di tutto ieri i Volontari per Trieste pulita nel terzo intervento della serie. Quello che ha interessato l’area situata a fianco del tratto di strada statale che porta da Opicina a Fernetti. Un lavoro notevole, compiuto da una dozzine di persone. «C’è da sorprendersi ogni volta per la maleducazione e il mancato rispetto per la natura e l’ambiente di certe persone» ha commentato Max Tramontin, uno degli artefici dell’iniziativa. Prima di salire sull’altopiano, i Volontari avevano operato in aprile alcuni interventi nel boschetto che costeggia la salita di via de Marchesetti, trovando anche in quel caso un po’ di tutto. Ma ieri il “bottino” è stato decisamente più impegnativo: «Ci sono imprese edili che, terminato un lavoro, scelgono l’area a ridosso del confine per lasciare i residui delle demolizioni» ha spiegato Tramontin. Ieri i Volontari hanno ricevuto la visita di due rappresentanti del Corpo forestale che si sono prodigati in consigli e suggerimenti. «Ci hanno spiegato, in qualità di esperti, che chi scarica questo tipo di residui conosce molto bene il territorio e sceglie appositamente di completare queste operazioni andando di qualche metro oltre il territorio comunale di Trieste per entrare in quello di competenza dell’amministrazione di Monrupino» ha aggiunto, ancora, Tramontin. Ieri i Volontari non erano tantissimi. «L’incalzare della bella stagione porta inevitabilmente un calo di presenze in quanto molti scelgono di impiegare la domenica per portare famiglie e bambini al mare. È un fatto naturale che immaginavamo si sarebbe verificato e di cui dobbiamo tener conto. Per questo motivo - ha proseguito il rappresentante dei Volontari di Trieste pulita - abbiamo deciso di fare ancora un paio di uscite e poi di attendere la fine dell’estate». Il prossimo intervento, programmato per la metà di giugno, avrà come teatro la valle delle Noghere e gli spazi circostanti. In quel frangente i Volontari beneficeranno della collaborazione di uno sponsor, il negozio Decathlon del centro commerciale Montedoro, che fornirà sacchi neri, pale, guanti, per favorire l'opera di pulizia.

Ugo Salvini

 

 

Terminal all’ex Aquila, la sfida di Teseco

L’azienda prosegue nei lavori preparatori senza attendere la pronuncia del Consiglio di Stato sul ricorso di Ezit e Regione
Teseco non aspetta la pronuncia del Consiglio di Stato sull’appello presentato da Regione ed Ezit, per proseguire nei lavori preparatori del terminal progettato nell’area ex Aquila. Sarà lo stesso leader del gruppo pisano, il presidente e amministratore delegato Gualtiero Masini, a fare il punto della situazione, oggi alle 16.30, in occasione di un’audizione al Consiglio provinciale. Intanto segnali di pace giungono da parte dell’Ezit, dove il presidente Stefano Zuban propone di «trovare una soluzione di compromesso» riguardo al contenzioso amministrativo, che ha già visto soccombenti al Tar del Friuli Venezia Giulia il suo stesso ente e la “coequipier” giudiziale, ovvero la Regione. La ragione del contendere attiene a presunte inadempienze di Teseco nei confronti dell’Ezit, relative all’accordo di programma firmato nel dicembre 2005 e legate alla restituzione di terreni bonificati a prezzi “calmierati”. A Trieste, in prima istanza, nel marzo 2014, il Tar ha dato ragione all’azienda toscana in quanto si è trattato di «inadempimento non imputabile alla ditta privata, ma a eventi indipendenti dalla sua volontà». Teseco non parla attraverso i canali ufficiali. Gli orientamenti dell’azienda filtrano solo ufficiosamente. Il quadro dell’area ex Aquila resta ancora fluido. A quanto risulta è stata completata la demolizione dell’ex impianto bitumi, che presentava anche problemi di rimozione dell’amianto. Il quartier generale pisano sta intanto impostando i rapporti con il ministero dell’Ambiente circa l’effettuazione delle opere di bonifica, previa caratterizzazione e analisi del rischio, sui 62mila metri quadrati concessi dall’Autorità portuale nel settembre 2014 per la realizzazione della banchina multipurpose. In proposito il presidente Masini aveva precisato che i costi saranno a carico dell’azienda. Sul versante delle concessioni, Bruxelles aveva trasmesso a fine aprile buone notizie per i tre “faldoni” - Siot, Tmt (Molo Settimo) e Teseco - su cui si era appuntata l’attenzione della divisione “mercato interno” della Commissione Ue: la pre-infrazione Eu-Pilot è stata “spenta” e i sessant’anni della concessione a Teseco non sono più in discussione. Ma, fino a quando resta in piedi il giudizio amministrativo al Consiglio di Stato, che come detto coinvolge due interlocutori importanti come Regione ed Ezit, l’aura dell’incertezza finirà con il gravare sul destino e sulle tempistiche di un progetto ambizioso. Non in maniera vincolante, ma in modo comunque condizionante. Riepiloghiamone i termini: Teseco diversifica la sua tradizionale attività ecoambientale e intende costruire un terminal multi-funzionale nella zona a mare dell’ex Aquila. Per questo, come si diceva, ha ottenuto una concessione sessantennale dall’Autorità portuale, quando alla presidenza c’era Marina Monassi. Il progetto prevede 5-6 anni di lavori e un monte di investimenti pari a 90 milioni di euro: opere e quattrini sono modulati lungo una sequenza di interventi che impegneranno oltre 250 mila metri quadrati, di cui 190 mila proprietà Teseco. L’aspettativa è di occupare, tra impiego diretto (170 unità) e indotto, tra i 500 e i 600 addetti. Il piano implica correlazioni ferroviarie con la banchina, basate sul rilancio della stazione di Aquilinia, distante un chilometro e mezzo. Le risorse finanziarie verrebbero garantite soprattutto da investitori internazionali, i quali preferirebbero, prima di porre mano all’argent, che il contenzioso con Regione ed Ezit (che hanno chiesto complessivamente 156 milioni) fosse sistemato. La vita triestina di Teseco, peraltro, non è mai stata facile. Lo sbarco alto-adriatico dell’azienda guidata da Gualtiero Masini avvenne all’inizio dello scorso decennio, quando furono acquisiti i terreni dell’ex Aquila da società partecipate da Edison e Shell.

Massimo Greco

 

 

Ferriera, risulta quanto mai utile la centralina di via San Lorenzo

L’INTERVENTO di UMBERTO LAURENI - assessore all'Ambiente del Comune di Trieste

Intervengo in merito al volantino distribuito da Siderurgica Triestina ai lavoratori dello stabilimento di Servola e di cui il Piccolo ha dato notizia domenica 17 maggio. Nel volantino si afferma che “la centralina di via San Lorenzo in Selva è in una posizione illegale”. L’articolo spiega che pretendere di far valere i valori di concentrazione di polveri sottili (Pm10) ivi misurati, come fossimo in un'area urbana, è un atto non corretto e illegale, essendo la centralina collocata in area industriale. Rispondo nel merito, visto che il Comune di Trieste sostiene in toto (per complessivi 40mila euro l'anno) l’onere di gestione di quella centralina, che non rientra nella rete Arpa. Per chiarire ruolo e funzione della centralina di via San Lorenzo in Selva dobbiamo rifarci al 2007, quando analisi sulle polveri sedimentate all'ingresso della ferriera avevano evidenziato la presenza, in concentrazioni elevate, di uno specifico idrocarburo aromatico policiclico (appunto il benzo(a)pirene). La Procura della repubblica ha inteso tenere sotto controllo il fenomeno, mediante campionamento delle Pm10 e del benzo(a)pirene in una postazione di misura che fornisse dati riconducibili nella loro globalità allo stabilimento siderurgico, in quanto poco influenzati da altre sorgenti di emisione (traffico, riscaldamento). La postazione di via San Lorenzo in Selva nasce così, come indicatore attendibile della “performance ambientale” dello stabilimento (banalmente: valori alti di concentrazione di un inquinante corrispondono a basse performance impiantistiche e viceversa). Su questa funzione della centralina tutti si sono trovati d'accordo. Quando, ad esempio, la centralina ha messo in evidenza negli ultimi anni una progressiva e marcata riduzione della concentrazione annua di benzo(a)pirene, nessuno da parte della direzione dello stabilimento ha mosso obiezioni sulla sua “legalità”, anzi si sono utilizzati quei dati come prova dell’efficacia degli interventi ambientali. Analogo problema di interpretazione si pone per i valori di Pm10 in via San Lorenzo in Selva pubblicati giornalmente sui siti dell'Arpa e del Comune. La performance dello stabilimento viene valutata sulla base dei valori assoluti di concentrazione e/o in base al trend delle concentrazioni, e/o in base al confronto tra misure di uno stesso periodo in anni diversi. In ogni caso serve un valore di riferimento e il più naturale è costituito dai valori limite di concentrazione di polveri sottili (Pm10), che la legge fissa in 50 microgrammi/mc, come media giornaliera da non superare più di 35 volte in un anno. Questo criterio è stato utilizzato anche da Arpa nella relazione sulla qualità dell'aria nel comprensorio di Servola e sulle prestazioni dell'impianto siderurgico relativa al primo trimestre 2015. La relazione rileva che a marzo si è nettamente incrementato l'impatto emissivo nell'area attigua allo stabilimento, proprio sulla base dei valori nettamente superiori di concentrazione di Pm10 registrati in via San Lorenzo in Selva, rispetto alle altre stazioni. Evidenzia altresì gli 11 sforamenti verificatisi nel mese di marzo (17 in aprile!), che non sono attribuibili al contesto meteoclimatico locale. Proprio in base a questa evidenza la Regione, in aprile, ha prescritto allo stabilimento di ridurre la produzione della cokeria, risposta che ben fa comprendere l’utilità di quella centralina (anche e sopratutto per la direzione dello stabilimento): monitorare la gestione degli impianti, acquisire i dati e intraprendere le opportune azioni correttive. L’ipotesi che i dati di via San Lorenzo in Selva siano rappresentativi anche della situazione di inquinamento del rione di Servola, viene invece contestata dalla direzione dello stabilimento (vedi il volantino) ma anche, giova dirlo, da alcuni degli enti di controllo. Dato atto che i valori elevati di Pm10 e di benzo(a)pirene giustificano pienamente le preoccupazioni di chi vive nelle vicinanze, sarà opportuno che la nuova Aia si faccia carico di chiarire la funzione e il ruolo della centralina di via San Lorenzo in Selva, eliminando ogni ambiguità al riguardo. Anche il Comune, da febbraio in poi, sulla base dei dati di via San Lorenzo in Selva, ha segnalato il progressivo deterioramento della performance dello stabilimento. Nessuna “esasperazione critica di natura ambientale” come affermato da qualcuno, ma la garanzia che per il Comune l'aver totalmente condiviso il piano di Arvedi non significa in nessun modo l'abbassamento dell'attenzione sua e degli altri enti di controllo sulla gestione attuale dello stabilimento.

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - DOMENICA, 24 maggio 2015

 

Rifiuti spiaggiati: Legambiente presenta i dati dell’indagine “Beach litter” nell’ambito di Spiagge e Fondali puliti - Clean up the Med
Monitorate 54 spiagge nel Mediterraneo, di cui 29 in Italia e 25 negli altri Paesi costieri. Nei litorali italiani i rifiuti di plastica costituiscono l’80%, invece nelle altre spiagge si attestano al 52%. Legambiente: “Fondamentale dar avvio ad azioni concrete di salvaguardia e sviluppo dell’ambiente marino e delle coste coinvolgendo tutti i soggetti interessati e dei territori” . Su www.legambiente.it/beachlitter la mappa interattiva dei rifiuti, spiaggia per spiaggia

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 24 maggio 2015

 

 

Il popolo del web boccia via Mazzini pedonale - Oltre 8mila voti sul sito del Piccolo per il sondaggio sulla chiusura al traffico

Contrario il 60% dei lettori. Gli ambientalisti: «Iniziativa controproducente»

I triestini dicono no alla pedonalizzazione della parte alta di via Mazzini. È l’esito del sondaggio sul web proposto dal Piccolo, chiuso ieri alle 18. A schierarsi contro la nuova isola pedonale una maggioranza netta, pari al 60 per cento dei votanti, che sono stati più di 8mila (per la precisione 8.031). A riprova di quanto il problema sia particolarmente sentito dalla cittadinanza, che giudica inadeguato il provvedimento proposto, in via per ora sperimentale, dalla giunta guidata dal sindaco Cosolini. Un risultato molto chiaro, forse imprevisto, ma significativo. Il successo del no è inequivocabile, ma lo è altrettanto quello del sondaggio proposto dal Piccolo: 8mila voti rappresentano una fotografia rilevante per conoscere il parere dei triestini, che si sono prestati volentieri, rispondendo in massa, testimoniando quanto favore incontrino ormai le rilevazioni via web. Poter dire con un clic se si è favorevoli o contrari a una determinata scelta è una possibilità importante, che avvicina la gente a chi detiene il potere. I no sono stati in vantaggio fin dalle prime battute, dilatando il margine sui sì col trascorrere delle ore. Una progressione dovuta probabilmente al fatto che, nel frattempo, i triestini hanno potuto toccare con mano le conseguenze del provvedimento. Al coro dei no, ieri, si è aggiunto anche quello dei commercianti e dei pubblici esercenti della zona coinvolta dall’esperimento, che si sono raccolti numerosi nel corso della conferenza stampa organizzata da “FareAmbiente”, il movimento ecologista europeo che fa capo, in regione, a Giorgio Cecco. «È inutile continuare con una scelta che si sta rivelando controproducente - hanno detto in tanti -. Il provvedimento provoca soprattutto disagi e nessun visibile vantaggio». A dirlo, sono stati anche gli anziani. «Abbiamo difficoltà a raggiungere determinati punti del centro - hanno detto - per effetto del cambiamento dei percorsi di molte linee della Trieste trasporti». Per arrivare alla parte alta di via Mazzini adesso bisogna andare a piedi, mentre fino a qualche giorno fa erano molti gli autobus con fermate nei paraggi. Cecco ha voluto sottolineare che «non c’è intento polemico nel nostro intervento - ha detto - ma non si può non rilevare che così si penalizza il trasporto pubblico, non si limita l’inquinamento atmosferico, che risulta semplicemente trasferito in via Valdirivo, dove peraltro, a causa dell’incremento del traffico, è semmai moltiplicato, e si penalizzano numerosi operatori del commercio e del pubblico esercizio. Se mancano risorse e coraggio - ha insistito il coordinatore regionale di FareAmbiente - è meglio lasciare tutto come sta. Come movimento siamo favorevoli alle aree pedonali, ma fatte con criterio, cioè attrezzate con panchine e alberi, dotate di navette elettriche per il trasporto di chi ha difficoltà a camminare». Dal coro dei no si staccano Alessandro Carmi, Mario Ravalico e Ihor Svab, del Pd, i quali, in un comunicato congiunto, dicono che «sembra di essere tornati alla fine degli anni ’90, quando la giunta Illy fu contestata per la pedonalizzazione di via san Nicolò, oggi apprezzata da tutti».

(u.s.)

 

 

Spiagge pulite con Legambiente

Il Circolo Verdeazzurro Legambiente invita tutti a partecipare alla campagna nazionale di “Spiagge e fondali puliti”: si provvederà alla raccolta dei rifiuti nella spiaggia di Canovella de’ Zoppoli dalle 9.30. Chiunque voglia partecipare si presenti nel luogo e nell’ora stabiliti. Legambiente mette a disposizione l’occorrente.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 23 maggio 2015

 

 

Giallo sul verbale del minirigassificatore

La Provincia contesta gli atti del Comitato tecnico regionale. «Mai espresso parere favorevole». Minacciate azioni legali
DUINO AURISINA «Ribadiamo il nostro “no” ufficiale al minirigassificatore che Smart Gas vorrebbe realizzare nel porto di Monfalcone. Un “no” peraltro già pubblicamente espresso attraverso una delibera del Consiglio provinciale, e chiediamo una formale rettifica di quanto erroneamente scritto nel verbale della seduta di mercoledì del Comitato tecnico regionale integrato, dal quale sembra che la nostra posizione sia invece favorevole all’impianto, cosa che non è. Inoltre, se la rettifica non sarà tempestiva, ci riserviamo il diritto di poter dare il via a ogni azione a nostra tutela». È durissima la presa di posizione diramata dalla Provincia, dopo che il giorno precedente era stato reso noto alla stampa il verbale della riunione del Ctr. Testo che riporta una dichiarazione, attribuita al rappresentante dell’ente provinciale Riccardo Ravalli, il quale, sintetizzando la posizione dell’ente presieduto da Maria Teresa Bassa Poropat, avrebbe detto che «non sono rilevabili effetti di eventi incidentali credibili ricadenti nel territorio della Provincia di Trieste». «Il verbale - replica lo stesso Ravalli, in una lettera inviata ieri al presidente del Ctr, Roberto Catarsi e al segretario verbalizzante, Giuseppe Giannace - non corrisponde a quanto effettivamente avvenuto nel corso della riunione né a quanto da me dichiarato. La Provincia - prosegue Ravalli - aveva chiesto già martedì, perciò prima della seduta, di poter ricevere in copia la relazione elaborata dal gruppo di lavoro ristretto per poterne analizzare i contenuti, ma l’accesso è stato negato. In ogni caso, nel corso dell’incontro ho illustrato i contenuti della delibera del Consiglio provinciale, che esprimeva un chiaro parere negativo. A quel punto - precisa il rappresentante della Provincia in seno al Ctr - Catarsi ha osservato che, non essendo la Provincia componente effettivo del Comitato, non aveva titolo per esprimere tale parere». Resta da capire a questo punto come mai, se non aveva diritto di esprimere un’opinione sul rigassificatore, la Provincia sia evidenziata, nel verbale ufficiale, come favorevole. Delle due l’una: o il parere dell’ente di palazzo Galatti conta sempre, seppur in veste di soggetto uditore, oppure mai. Ma la lettera di Ravalli non si esaurisce così, anzi. Essa contiene un’ulteriore contestazione. «Nel verbale - riprende - mi è stata arbitrariamente attribuita la frase in cui si afferma che “non sono rilevabili effetti di eventi incidentali credibili ricadenti nel territorio della Provincia di Trieste”, che invece è stata pronunciata da altri». Insomma un giallo che si infittisce, anche perché Ravalli, dopo aver definito la vicenda «quanto meno strana», conclude con un’ulteriore accusa nei confronti di chi ha verbalizzato la seduta. «Nel testo - scrive - risultano del tutto sfumate e non puntualmente riportate le rilevanti criticità in ordine alla sicurezza della navigazione evidenziate, nel corso dell’incontro, dai rappresentanti della Capitaneria di porto di Monfalcone». I quali, come risulta dal verbale da loro sottoscritto, avevano parlato di «problematiche correlate alle manovre, ai rischi di accesso marittimo e all’operatività della gasiera, in relazione sia all’impianto sia alle dimensioni delle più grandi navi gasiere che il proponente prevede possano arrivare». Se Ravalli si ferma qui, non fa altrettanto Vittorio Zollia, assessore provinciale competente per materia. «Abbiamo deciso, come amministrazione, di non commentare l’accaduto - afferma - ma la definizione di fatto gravissimo non può essere negata. Devo poi rilevare – prosegue Zollia - che, saputo del verbale, nonostante la nostra immediata richiesta di averne copia per le vie ufficiali, il documento ci è stato negato, sempre con la giustificazione basata sul nostro ruolo di semplici uditori».

Ugo Salvini

 

 

«Sul Tpl Serracchiani dimostri con chi sta» - Forza Italia e Ncd sollecitano la presidente nella querelle con Bus Italia: «Faccia pesare il suo ruolo»

RICCARDI CONTESTA FS «Mercato alterato dalla concorrenza di una società statale»
TRIESTE Tocca a Debora Serracchiani. Perché è presidente del Friuli Venezia Giulia, vicesegretaria del Pd, responsabile Infrastrutture. Le parole di Alberto Bianchi, il legale di Bus Italia-Sita Nord e Autoguidovie convinto che la sentenza del Tar Fvg sul bando regionale del Tpl abbia segnato il punto decisivo a favore dei ricorrenti («Così com’è stata congegnata, la gara non può andare avanti»), spingono l’opposizione a chiamare in causa la governatrice. «Serracchiani è il capo politico dei trasporti in questo paese», ricorda Riccardo Riccardi. «In una partita così importante deve mettere in campo il suo ruolo nazionale», aggiunge Alessandro Colautti. Forza Italia e Nuovo centrodestra sollecitano dunque la giunta ad alzare la voce a Roma. E alzano le barricate contro l’«entrata a gamba tesa nel mercato», così la definisce Riccardi, di una società di proprietà dello Stato. Il riferimento è a Bus Italia, del gruppo Fs, che si è da subito opposta, per via giudiziaria, al bando di gara regionale per la gestione unica del servizio di Tpl in Fvg. Secondo Bianchi, un’opposizione legittima rispetto a un testo con elementi «di estrema discutibilità che hanno impedito un confronto concorrenziale vero e informato». Una considerazione che l’avvocato toscano, tra l’altro legale di Matteo Renzi, ritiene confermata dal Tar nella sentenza di pochi giorni fa, che ha di fatto congelato la partita chiarendo che la Regione ha eluso il dettato della sentenza di fine gennaio che imponeva di cancellare dal bando l’obbligo di acquisto dei mezzi. Nell’attesa di una prossima udienza in Consiglio di Stato, con la Regione che cercherà di dimostrare la contraddittorietà delle motivazioni dei giudici su un punto che pare rientrare nell’ambito della discrezionalità, il centrodestra allarga il raggio: in ballo c’è la tutela della specialità. «L’avvocato Bianchi fa il suo mestiere e, visti i risultati, anche bene – osserva Riccardi –. Ma ciò che dice dimostra che le regole e l’occupazione dello Stato nell’economia del paese non vanno bene. Se Serracchiani non interviene, non tanto in tribunale, lì dove la politica dichiara di aver sostanzialmente fallito, quanto sulle Ferrovie dello Stato, consentirà ai grandi interessi di portarsi via un altro pezzo di regione». Il capogruppo forzista insiste ancora su due aspetti «inquietanti: il primo riguarda l’alterazione del mercato, con una società statale che concorre portando con sé condizioni di solidità patrimoniale e attivi che derivano da risorse pubbliche». Il secondo «è invece tutto politico visto che la Regione cui viene mossa causa è presieduta dal capo dei trasporti del partito che governa il paese». Un attacco «centralista», prosegue Riccardi, «cui Serracchiani deve rispondere: saranno gli atti che farà a dirci da che parte sta, se con il Fvg o in connivenza con Roma. Atti che vanno concretizzati in casa Fs, società che, anziché occuparsi del mercato, si dovrebbe concentrare nel far funzionare meglio i treni». Anche Colautti guarda a Roma: «Visti gli stop alle gare Tpl anche in altre regioni, è evidente che manca una fonte legislativa primaria cui fare riferimento. Serracchiani dovrebbe contribuire affinché si faccia chiarezza». Quanto a Bianchi, «nel rispetto della sua autorevolezza – conclude il consigliere Ncd –, mi pare che sia intervenuto più da politico che da legale. La verità è che Bus Italia si è vista dare ragione solo su mezzo punto di un bando molto articolato, il cui impianto non è stato messo in discussione». Dal fronte Pd il segretario Fvg Antonella Grim, senza entrare nel merito della vertenza giudiziaria («La Regione farà la sua parte in Consiglio di Stato») contrattacca sulla specialità: «Surreale che il centrodestra, dopo essersi dimenticato per anni di utilizzare l’autonomia, intervenga con questo tardivo punto di vista. Tra l’altro proprio quando per la prima volta in Italia viene emanato un bando che dà un senso unitario al territorio regionale sul tema del Tpl».

Marco Ballico

 

Sondaggio su VIA MAZZINI - Coro di “no” sul web - Si vota fino alle 18
Continuano a prevalere i “no” nella controversa, e per il momento sperimentale, pedonalizzazione di via Mazzini.

Oltre il 60% dei lettori che hanno partecipato al sondaggio del Piccolo si sono espressi contro il provvedimento della giunta Cosolini, giudicando quindi la scelta di chiudere la strada nefasta per il traffico e, soprattutto, “scomoda” per gli utenti dei bus. L’amministrazione comunale, dal canto suo, prosegue dritta per la sua strada, che non prevede soste fino al prossimo 5 luglio, data in cui è stata definita la fine della sperimentazione. Gli oltre 6.500 “voti” arrivati al Piccolo - destinati peraltro a salire ancora, visto che i lettori avranno tempo di votare fino alle 18 di oggi - vengono letti però con molta cautela dall’amministrazione e, al momento, giudicati come non emblematici visto il recentissimo avvio della sperimentazione. Una linea sposata anche dai consiglieri del Pd, Alessandro Carmi,Mario Ravalico e Igor Svab. «I triestini hanno una abitudine mai sopita e certamente positiva che dimostra senso civico e volontà di partecipazione: esprimere la propria opinione con passione su qualsiasi argomento riguardi la vita cittadina. Sul caso specifico e ghiotto, la chiusura sperimentale di via Mazzini, molti intervengono per esprimere la loro idea: in primis i pedoni alla ricerca delle nuove fermate bus, con un disagio che c'e' ma che ci permettiamo di considerare momentaneo e superabile una volta memorizzati i percorsi modificati delle linee interessate al provvedimento. Ma - aggiungono i tre esponenti dem - ci sono anche le richieste, importanti e legittime, di negozianti, baristi, fiorai, autisti di bus e di tassisti ; qui le proposte sono varie ed anche contrapposte: ad esempio c'è chi vorrebbe la chiusura totale subito e chi con motivazioni diverse chiede l'immediato ritorno al regime viario precedente. E proprio per questo non bisogna dimenticare che si sta sviluppando una sperimentazione più che opportuna: i dati ricavati sul campo fino al 5 luglio e l'esame di proposte e richieste, permetteranno di adottare una soluzione per questa importante direttrice stradale con cognizione di causa, valutando ciò che è meglio in un contesto generale di vivibilità urbana». Di avviso diverso l’associazione FareAmbiente - che questa mattina terrà una conferenza dal tema più che esplicito “A cosa serve la finta pedonalizzazione di via Mazzini?” -. E, a giudicare dai risultati del sondaggio, anche i lettori del Piccolo.

 

 

RICHIESTA DEL CONSIGLIO AL PARLAMENTO «Roma regolamenti l’etichettatura dei prodotti Ogm»

TRIESTE Il Consiglio regionale chiederà al Parlamento di farsi promotore di un regolamento per garantire una chiara e completa etichettatura sui prodotti Ogm in commercio. Un pressing che parte dal Friuli Venezia Giulia, come da altre regioni d’Italia. Lo ha stabilito la Seconda commissione presieduta da Alessio Gratton (Sel) alla presenza del neo-assessore all’Agricoltura Cristiano Shaurli, chiamata a confrontarsi sulle nuove direttive Ue che rimettono in capo agli Stati membri il compito di decidere sul tema. «L’auspicio – osserva Gratton – è che si vada verso un’etichettatura dei prodotti in commercio. Consideriamo infatti che è utile e corretto per il consumatore sapere se, ad esempio, una confezione di carne acquistata al supermercato deriva da un animale che è stato nutrito con mangimi Ogm o meno». Dopo una lunga serie di audizioni tenute a Udine, la Seconda commissione ha esaminato il documento comunitario, che dà il via libera agli Stati membri di esprimersi in modo da limitare o proibire l’uso di Ogm sul proprio territorio, assicurando al contempo che le misure siano conformi alle norme in tema di mercato interno e al quadro istituzionale dell’Ue. Ciò permetterà ai Paesi di affrontare a livello nazionale questioni che non sono considerate nel processo decisionale comunitario. Sulla questione esiste già una direttiva del 2015 che concede ai singoli Stati più flessibilità nelle decisioni; una direttiva che si applica solo alla coltivazione e che ora invece andrà estesa anche agli alimenti e ai mangimi. Dalla Commissione consiliare due osservazioni: la necessità di tenere conto dell’impatto economico sul consumo di prodotti geneticamente modificati e, infine, le modifiche sull’etichettatura che consentano ai cittadini di decidere sull’utilizzo. Le osservazioni verranno trasmesse alla Quinta commissione per la stesura di un documento da trasmettere a Roma.

(g.s.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 22 maggio 2015

 

 

Nulla-osta sulla sicurezza a SmartGas

Sì unanime dal Comitato tecnico regionale al progetto del minirigassificatore. La Provincia di Trieste: «Non c’è pericolo»
MONFALCONE Il progetto del rigassificatore di SmartGas ottiene il nulla-osta nell’esame di sicurezza dal Comitato tecnico regionale integrato riunito a Trieste alla Direzione regionale dei Vigili del Fuoco. Un documento importante quello emesso al termine della riunione di mercoledì, e come riporta il verbale (numero 202) vede la firma dei massimi rappresentanti della sicurezza a livello regionale. Dal direttore regionale dei Vigili del Fuoco del Fvg ingegner Roberto Catarsi ai comandanti provinciali, dall’Ordine degli ingegneri rappresentato da Pierpaolo Ferrante sino ai componenti dell’Inail, Arpa, Regione, Capitaneria di porto di Trieste e Monfalcone e per finire la Questura di Gorizia rappresentata da Andrea Locati. Quest’ultimo, che a Monfalcone è a capo del Commissariato, sugli aspetti di security «considerata anche l’importanza strategica dell’opera, segnala l’opportunità che il progetto definitivo venga portato all’attenzione del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza». Unanime la firma al “nulla osta” al termine della riunione che ha riservato anche una sorpresa. Era presente infatti, «in qualità di uditore» Riccardo Ravalli, in rappresentanza della Provincia di Trieste che aveva espresso parere negativo sul rigassificatore di Monfalcone. «La Provincia - dice il verbale - ha chiesto di essere invitata a partecipare al Comitato, pur non essendo competente sul territorio». Preliminarmente alla seduta dunque il presidente ha chiesto a Ravalli di esporre le proprie osservazioni: «Il rappresentante della Provincia di Trieste - riporta il verbale - sintetizza le osservazioni formulate dal Consiglio provinciale (il 23 aprile scorso ndr) espresse nell’ambito della procedura di Via» e aggiunge che «non sono rilevabili effetti di eventi incidentali credibili ricadenti nel territorio della Provincia di Trieste». Una posizione di cui il Comitato «prende atto». Parlano poi i rappresentanti della Capitaneria che illustrano le problematiche delle manovre di accesso delle gasiere e infine la seduta si conclude con il «nulla osta rilasciato all’unanimità». Un passo importante per la conclusione del progetto di SmartGas che lascia soddisfatto lo stesso project leader, Alessandro Vescovini che si toglie, come al solito, qualche sassolino dalla scarpa. «Inizia finalmente il momento delle analisi e dei pareri tecnici - dice in una nota - e finisce quello delle chiacchiere da bar e le bolle di sapone inventate ad arte dai soliti mestieranti della politica in cerca di facili consensi e da alcune pensionate in cerca di celebrità, che hanno cercato in questi mesi di creare panico tra la popolazione». Per Vescovini il parere del comitato tecnico regionale è «senza dubbio un passaggio fondamentale della nostra procedura autorizzativa iniziata a luglio 2014».

Giulio Garau

 

Macedonia pedina nel risiko energetico
Pericoloso scenario ucraino o siriano. Nei Balcani la nuova “guerra” per i gasdotti tra Mosca, Bruxelles e Washington
TRIESTE C’è del marcio in Macedonia. E su questo siamo tutti d’accordo. Il governo Gruevski è apertamente nazionalista, i gangli dello Stato sono corrotti e tira una brutta aria anti-democratica. Ma tutto questo non da ieri. Gli Stati Uniti e l’Europa stavano a guardare, pronte a chiudere entrambe gli occhi. Poi, d’improvviso, scoppia la rivoluzione. E guarda caso dopo che il premier macedone ha sottoscritto l’accordo per la realizzazione del nuovo gasdotto russo (leggi Gazprom) che collegherà i giacimenti del Caucaso con Turchia, Grecia, Macedonia (per l’appunto), Serbia, Ungheria e Austria. Ecco allora che le masse macedoni scoprono di vivere in un Paese anti-democratico e corrotto, ecco che dal Kosovo arrivano i guerriglieri (risorti) dell’Uck che mettono a ferro e fuoco Kumanovo, ecco le “granate” delle intercettazioni telefoniche rivelate. A guardar bene, quello macedone, ti viene uno strano déja vù che sa di Ucraina e di Siria. Da alcuni anni Balcani, in effetti, sono diventato il terreno di una “guerra” silenziosa ma altrettanto “cruenta”, una “guerra” che si contende il dominio geopolitico degli approvvigionamenti energetici. Prima c’era South Stream, odiato e avversato dall’Unione europea e dagli Stati Uniti. Bruxelles è arrivato a minacciare apertamente la Bulgaria per il suo appoggio al gasdotto targato Gazprom. Le trattative tra Russia e Ue, sull’argomento, sono state un coreografico dialogo tra sordi. Risultato? Cancellato South Stream, ma cancellato anche il progetto Ue anti-South Stream dal lirico nome Nabucco. Ma Mosca non molla e fa sul serio. Putin solletica gli appetiti dell’amico ungherese Orban e con la controllata statale Rosnjeft si muove per acquistare l’azienda petrolifera croata Ina dalla magiara Mol che ne detiene il pacchetto di maggioranza. Con nel mirino anche la slovena Petrol per puntare al mercato della piccola distribuzione nei Balcani occidentali. Ma non solo. La raffineria Ina di Fiume è un bocconcino niente male per Mosca non fosse altro per il fatto che sta sulle coste adriatiche. Apriti cielo. Dagli Stati Uniti parte immediatamente l’emissario del Dipartimento di Stato Usa per i temi energetici, Amos Hochstein che si reca (tutto avviene sotto traccia) in Croazia e in Ungheria, per scongiurare l’assalto all’Ina da parte di Rosnjeft e a Zagabria promette dollari (tanti) per l’avvio del progetto del rigassificatore a Veglia per il quale si sono dimostrati molto interessati anche gli sceicchi del Qatar. Risultato: Zagabria e Budapest continuano la loro guerra di retroguardia a colpi di denuncie in tribunale per il controllo dell’Ina. Ma Mosca non sta a guardare. E cala il suo asso. Il nuovo gasdotto che dal confine orientale turco dovrebbe arrivare fino in Austria senza escludere a priori anche un possibile collegamento con l’Italia. Mosca è pronta a pagare il lavori del passaggio sotto il Mar Nero fino al confine turco, da lì in avanti, secondo fonti russe, l’investimento potrebbe andare a carico degli ex soci di South Stream, ossia Gazprom, la francese Edf, l’italiana Eni e l’austriaca Omv. La contro mossa statunitense ed europea si chiama invece Transadria, ossia il gasdotto che dall’Azerbaigian arriva in Italia, in Puglia. I numero però sono a favore dei russi. Gazprom potrà convogliare nei suoi tubi 63 miliardi di metri cubi di gas all’anno contro i 16 miliardi messi in piatto dall’Azerbaigian. Quello che dovrebbe però far pensare è che dal 2019 in avanti la Russia potrebbe decidere di convogliare tutto il suo gas destinato ai mercati occidentali proprio attraverso il gasdotto turco-austriaco. Un altro “nodo” cruciale, oltre a quello macedone, è rappresentato dalla Grecia. Atene ha subito fatto sapere di non essere contraria alla coesistenza dei due progetti. Va sottolineato però che se per il gasdotto Gazprom riceverebbe denaro per i diritti di transito attraverso il suo territorio, da Transadria, inserito nei progetti paneuropei, non avrebbe mezzo euro. E a pagare per aver scarsamente informato dei “giochi energetici” Washington è stato l’ambasciatore a stelle e strisce in Grecia, David Pearce che è stato rimosso. E il risiko continua.

Mauro Manzin

 

 

Via Mazzini chiusa, la giunta sfida i contras
Marchigiani: «Critiche frettolose legate al cambio di abitudini». Boom di voti nel sondaggio del Piccolo. E prevalgono i no
La pedonalizzazione di via Mazzini sta diventando un fronte di guerra, che sembra destinato ad allargarsi di giorno in giorno. Mai tanta attenzione era stata riservata alla striscia di asfalto che unisce piazza Goldoni a riva 3 Novembre: piovono petizioni e non si contano le sentenze da parte di un nutrito esercito di persone che, per l’occasione, hanno rispolverato insospettabili capacità da esperti di urbanistica e di viabilità. L’amministrazione comunale, dal canto suo, prosegue dritta per la sua strada, che non prevede soste fino al prossimo 5 luglio, data in cui è stata definita la fine della sperimentazione. «È prematuro tirare le somme - spiega l’assessore alla Mobilità e al Traffico Elena Marchigiani -. Sto riscontrando la presenza di tante posizioni contrastanti sull’argomento. Voglio prendermi il tempo necessario, come previsto, per valutare la situazione sulla base di dati oggettivi, che non possono ancora emergere a pochi giorni dall’avvio di questo provvedimento». I conti, in alcuni casi, in effetti non sembrano tornare, come nel caso della petizione che, auspicando la riapertura di via Mazzini al traffico veicolare, chiede l’attuazione del Piano generale del traffico urbano, uno strumento di pianificazione che però prevede proprio la chiusura di via Mazzini. La confusione sull’argomento forse è dovuta al fatto che i giudizi delle persone non hanno ancora trovato un adeguato spazio temporale di decantazione. «Ci vogliono più tempo e più serenità - continua Marchigiani - . Le reazioni a caldo non sempre riescono a essere coerenti. In molti parlano di riqualificazione di questa zona, ma questo è un aspetto che non può prescindere dalla pedonalizzazione. Credo che il motivo della maggior parte delle critiche sia il disagio dovuto al cambio di abitudini, per le quali è necessario un certo periodo di adattamento». E l’uscita a gamba tesa da parte di cinque sigle sindacali, schieratesi compatte con il fronte del no? «I sindacati hanno il loro datore di lavoro - così l’assessore - che è la Trieste Trasporti, con la quale abbiamo avviato un dialogo per valutare alcune modifiche. Già in occasione dell’incontro dello scorso 13 maggio, del resto, avevamo rivisto alcuni aspetti che ci erano stati segnalati. Continueremo a farlo anche nel prossimo futuro». Nel frattempo la linea del fuoco fra i due fronti si è spostata sul sito del Piccolo. In soli due giorni sono state più di 4mila le persone che hanno preso parte al sondaggio promosso dal quotidiano. Il 61 per cento di queste, pari a 2500 persone, si sono dette contrarie alla pedonalizzazione di via Mazzini, a fronte di un 39 per cento che ha invece sposato la causa della chiusura. «Sono dati incoraggianti - conclude Marchigiani - anche in considerazione del fatto che di solito, a questo tipo di sondaggi, partecipano le persone che vogliono esprimere una posizione di contrarietà».

Luca Saviano

 

Gli ambulanti già sognano il trasloco nella strada “green” - il caso
Via Mazzini pedonale non farà impazzire di gioia i cittadini (almeno a giudicare dai risultati del sondaggio del Piccolo). Ma piace, e anche molto, ai venditori ambulanti dell’evento “Europa in piazza” che, costretti ieri a rinunciare all’inaugurazione dell’edizione 2015 della manifestazione a Ponterosso a causa della Bora, già immaginano di poter sbarcare in futuro nella nuova isola pedonale del centro.

«Chiederemo al Comune, per la terza edizione, quella del 2016 - ha detto Pino Giovarruscio, presidente della Confesercenti, organizzazione che annovera al suo interno l’Associazione nazionale commercio su aree pubbliche (Anva), alla quale sono iscritti i venditori ambulanti partecipanti all’evento - di metterci a disposizione il tratto di via Mazzini da poco diventato off limits per auto e bus». Nel frattempo, non resta che confidare in un quadro meteo meno inclemente, che consenta di aprire le danze nell’attuale sede lungo il canale di Ponterosso. «Una giornata di vento può capitare - ha commentato con serenità Adriano Ciolli, segretario nazionale dell’Anva, arrivato a Trieste per la prevista inaugurazione di ieri e rinviata, Bora permettendo, a oggi -, ma non sarà questo a fermarci. “Europa in piazza” lo scorso anno ha riscontrato un notevole successo. Vogliamo continuare su questa strada». Certo, l’edizione 2015 è nata condizionata dai lavori in corso nell’area di Ponterosso; nel 2014 avevano partecipato un’ottantina di ambulanti, quest’anno il numero è stato necessariamente ridotto a 20, per questioni di spazio. Ma le alternative proposte dall’amministrazione non sono state giudicate valide. «L’atmosfera che si respira lungo il canale del Ponterosso - ha precisato Giovarruscio - è inaguagliabile, perciò meglio in pochi ma a due passi dal centro storico e con una cornice di palazzi da fare invidia a chiunque, piuttosto che asserragliati in punti poco visibili e perciò scarsamente frequentati». Su questo punto concorda anche Ciolli: «Gli ambulanti venuti a Trieste da una dozzina di Paesi europei, dopo aver fatto in alcuni casi anche migliaia di chilometri - ha osservato - non possono essere catapultati chissà dove. Il Ponterosso è bellissimo e pazienza se quest’anno gli spazi per noi sono scarsi. Ci rifaremo il prossimo anno». Ieri, in un improvvisato capannello al quale hanno partecipato quasi tutti gli ambulanti iscritti alla manifestazione, in un incrocio di tedesco, inglese, francese, una sorta di moderna torre di Babele a due passi dal canale, è stato deciso all’unanimità che non c’erano le condizioni per cominciare. «Le bancarelle non sono attrezzate per sopportare questo tipo di vento - ha spiegato Ciolli - meglio spostare l’apertura». “Europa in piazza” è la più longeva delle rassegne di questo tipo: «Cominciammo nel ’90 a Strasburgo - ha ricordato il segretario dell’Anva - quando l’euro era ancora lontanissimo e l’Europa unita un progetto». Ma non aveva ancora conosciuto la Bora.

Ugo Salvini

 

SEGNALAZIONI - Barcola - Pista ciclabile migliorabile

In una città che vorrebbe essere europea, a vocazione turistica, che strizza l’occhio ai paesi dell’ex impero austroungarico, la situazione delle piste ciclabili è disastrosa. Andando verso Barcola, la pista si interrompe improvvisamente e in curva. Prima del sottopasso si deve tentare una roulette russa per attraversare, e poi passare sotto il sottopasso su di un marciapiedi pieno di buchi, largo meno di un metro, con le lame del guardrail che lambiscono le gambe a pochi centimetri. all’incrocio di Barcola, la pista si interrompe di nuovo, costringendo le bici a ritornare sulla strada, zigzagando tra le auto in sosta e le portiere che si aprono, oppure costringendo a saltare sul marciapiedi, con pericolo per ciclisti e pedoni. Dopo la pinetina, la sedicente pista ciclabile ricomincia, ma si interrompe per far posto ai tavolini del ristorante “La Marinella” e in mille altri punti per le auto parcheggiate a spina di pesce. Prima del Bivio di Miramare, termina nel vuoto. E in direzione stazione non cambia molto: la pista termina improvvisamente con le auto perennemente parcheggiate in doppia fila, quindi per non doversi buttare in mezzo alla strada, il ciclista è costretto a dover deviare nella corsia di sosta dei taxi, incorrendo nuovamente nel pericolo di scontrarsi con gli stessi, che lì si allineano. Signor sindaco, signor assessore, basta fare un giro in bicicletta per capire quanto lavoro c’è da fare a Trieste.

Gabriella Rossi

 

 

Gli occhi del fondo F2i sul Porto Vecchio
Sopralluogo “segreto” dell’amministratore delegato del colosso finanziario Ravanelli insieme a Serracchiani e Cosolini
Ricominciamo da tre. Perchè Porto Vecchio trovi investitori seri e solidi disposti a operazioni immobiliari di calibro. E così martedì scorso a passeggiare tra le suggestive rovine di Porto Vecchio erano in tre: il governatore della Regione Fvg Debora Serracchiani, il sindaco Roberto Cosolini, l’amministratore delegato di F2i Renato Ravanelli. F2i, di cui tra un po’ tratteremo più ampiamente, è un importante gestore di risparmio, che è nato nel 2007 per iniziativa di Vito Gamberale, che dispone di oltre 1,8 miliardi di risorse e che si occupa prevalentemente di sviluppo infrastrutturale. «Sopralluogo, scambio di pareri, visita preliminare, consegna di documentazione»: Cosolini ha riassunto in questi quattro atti lo svolgersi della promenade. Ma - fa capire il sindaco - non vi sarebbe al momento alcuna - chiamiamola - esclusiva. Altre fonti accennano a un futuro, ulteriore appuntamento fra i tre cointeressati. Cosolini, comunque, smorza: «Procediamo con gradualità, dobbiamo affrontare i nodi amministrativi oltre alle prospettive di investimento, abbiamo un tavolo governativo con i ministri Delrio e Franceschini». Tuttavia è lecito ritenere che F2i non si scomodi per niente e tantomeno si scomodi per una gita l’amministratore delegato. Che è, come si diceva, Renato Ravanelli, già direttore generale dell’utility milanese-bresciana A2a, il quale nell’autunno scorso ha preso il posto di Gamberale nella cabina di regia del fondo. A marzo si è verificato un altro avvicendamento al vertice F2i, poichè alla presidenza è stato nominato Bernardo Bini Smaghi (fratello di Lorenzo), alto dirigente di Cassa depositi e prestiti (Cdp), in sostituzione di Giuliano Asperti. La stessa composizione azionaria del fondo ne evidenzia la rilevanza nel panorama finanziario nazionale (e non solo): Cdp, Intesa San Paolo, Unicredit detengono ciascuno una quota pari al 16,52%; ad Ardian, originariamente “costola” di Axa poi resasi indipendente, guidata dalla potente manager francese Dominique Senequier, spetta il 9,9%; alla Fondazione Cariplo l’8,59%; a Inarcassa il 6,47%. Altri soci sono Cassa geometri, Fondazione Cr Torino, Compagnia di San Paolo, Fondazione Cr Cuneo, Ente Cr Firenze, Fondazione Cr Lucca, Fondazione Banco di Sardegna, Fondazione Cr Padova e Rovigo, Fondazione Cr Forlì. Missione di F2i è investire nel settore delle infrastrutture. Alcuni dei più importanti dossier dell’economia italiana passano dai tavoli del fondo: parliamo di Metroweb e di banda larga, di energia e del mondo delle utilities, di aeroporti. F2i è presente, in modo diretto e indiretto, nella gestione aeroportuale di Milano (Malpensa e Linate), di Napoli, di Torino, di Bologna e di Bergamo. Si è parlato di un suo possibile intervento anche nella vicenda delle torri Rai.

Massimo Greco

 

E oggi il sindaco presenta lo scalo ai “colleghi”
Tour alla scoperta dei magazzini storici. Tra gli ospiti anche i primi cittadini di Udine, Graz e Fiume
Il primo passo per far sì che il Porto Vecchio venga considerato come la porta sul mare di un’area vasta, che va dall’Austria alla Croazia, dal Friuli alla Slovenia, passando per i Comuni costieri dell’Istria slovena e croata. È con questo obiettivo che oltre un mese fa il sindaco Roberto Cosolini ha invitato decine di colleghi a Trieste, per un incontro dedicato alla conoscenza del Porto Vecchio. All’appuntamento, fissato per stamane, alla Centrale idrodinamica, hanno risposto in molti. Numerosi i sindaci della regione, fra i quali il primo cittadino di Udine Furio Honsell, ma anche quelli dei Comuni costieri istriani, fra i quali i Comuni inclusi nel Gect Italia-Slovenia. Annunciate anche le presenze del sindaco di Graz (città gemellata con Trieste) e di quello di Fiume. La scaletta dell’incontro prevede in apertura il saluto del commissario dell’Autorità portuale Zeno D’Agostino, al quale seguirà la presentazione, da parte del sindaco, delle aree del Porto Vecchio che passeranno dal Demanio al Comune non appena avverrà lo spostamento del punto franco (in una o più aree ancora da stabilire). Attraverso una serie di slides Cosolini illustrerà dunque spazi ed edifici destinati a diventare una nuova parte della città, il cui perimetro è stato definito in una serie di riunioni fra Demanio, Comune e Autorità portuale. L’incontro si concluderà con uno spazio dedicato alle domande dei sindaci, e a un dibattito sul possibile futuro dell’area. Proprio alla Centrale idrodinamica, alla fine di aprile, è stata presentata la planimetria delle aree che passeranno al Comune, nata dalle riunioni di cui si è detto. In quell’occasione l’Autorità portuale aveva precisato che «passeranno al Comune tutte le aree e gli edifici del Porto vecchio, esclusi la sede della Capitaneria di porto, il Molo IV, il Molo III, l'Adriaterminal, il Molo 0, la diga vecchia, la fascia costiera prospiciente la prima fila dei magazzini storici e la zona del terrapieno di Barcola dove sono situate le società sportive». Tornando alla presentazione di oggi, illustrandone i motivi, il sindaco aveva rilevato che «Porto Vecchio ha una valenza tale da non poter essere ricondotta entro i confini del nostro comune o della nostra provincia. Nel momento in cui decollerà sarà un attrattore di valore, lavoro, professionalità e occasioni che coinvolgeranno sicuramente le comunità a noi vicine». «Per questo - aveva aggiunto - ritengo sia giusto presentarlo e farlo conoscere ai miei colleghi, anche per rendere evidente come il potenziale di Trieste - e questo potrebbe estendersi anche ad altri campi - può essere un punto di riferimento utile a tutta la regione e ai Paesi che con noi confinano». Cosolini aveva infine annotato come «questa sia la carta che abbiamo per volgere in positivo le preoccupazioni sorte per la sproporzione tra le dimensioni di un'importante rigenerazione urbana e una città che conta non più di 207mila abitanti».

(gi.pa.)

 

 

Attacco bis di Sel a Cosolini sulla Ferriera

Mozione del capogruppo in Consiglio: «Va ridotta la produzione per limitare le emissioni di pm 10» - Ma il PD ha detto no - Negata l’urgenza perché il tema era già stato trattato
La Ferriera di Servola torna ad essere un punto di frizione fra Sinistra, ecologia e libertà e l'amministrazione comunale. Il consigliere di Sel Marino Sossi ha presentato ieri alla commissione dei capigruppo una mozione in cui si chiede senza mezzi termini al sindaco «di farsi carico del suo ruolo di ufficiale sanitario della città per contrattare un riduzione nella produzione dell'impianto». Lo scopo è limitare il superamento dei limiti di legge di emissioni pm10 che, si legge nella mozione, entro maggio sono stati sforati 43 volte contro un tetto massimo annuale di 35. La commissione, però, ha cassato il carattere di urgenza della mozione, che invece di approdare in aula lunedì prossimo dovrà ora passare al vaglio della sesta commissione. Determinante il voto contrario del Pd, che secondo Sossi soffre ormai «di una forma di sudditanza psicologica verso il padrone». La mozione Il testo redatto da Sel parte da diverse considerazioni. La prima è la petizione firmata da 250 cittadini, approvata dal consiglio in marzo, che chiedeva di considerare la chiusura programmatica dell'area a caldo della Ferriera. La seconda è la diffida che la Direzione ambiente regionale ha rivolto a Siderurgica triestina chiedendo di limitare la marcia della batteria della cokeria. La terza è il fatto che «la strumentazione installata continua a documentare ripetuti sforamenti dei limiti di legge per le pm10, che il 22 aprile hanno determinato il superamento del limite annuale di 35 sforamenti. Ad oggi sono diventati 43». La mozione rileva poi che la cokeria non è l'unica fonte di emissioni diffuse di particolato, valutando che «la riduzione del numero di sfornamenti giornalieri della cokeria è del tutto insufficiente a contenere le emissioni di pm10 nei limiti di legge». La mozione chiede quindi che il sindaco intervenga, anche attraverso un'ordinanza contingente, perché Siderurgica triestina «riduca il regime di marcia dell'impianto in modo da restare entro i limiti di legge - spiega Sossi -, in attesa di completare il risanamento ambientale e impiantistico annunciato». Aggiunge il responsabile delle politiche economiche di Sel Valdi Catalano: «Ad oggi i lavoratori provvedono a pulire porte e telai manualmente, come chiesto da Arpa alla Ferriera. E' una condizione inumana per cui si scioperava quarant'anni fa, è assurdo che oggi si torni a lavorare così. Noi approviamo il piano di recupero di Arvedi, diciamo soltanto che, in attesa che giunga a compimento, si tuteli la salute dei lavoratori e dei cittadini». La commissione Prima che la mozione approdasse in commissione capigruppo, ieri mattina, Sossi era ottimista sul suo percorso: «Non credo che rifiuteranno l'urgenza al testo, se non è urgente questo allora non so cosa possa esserlo». Una volta davanti ai colleghi, però, si è dovuto ricredere: «Hanno bocciato l'urgenza e mi sembra incredibile». Ma cos'è successo? Il capogruppo del Pd Marco Toncelli dichiara: «La mozione non è urgente per diversi motivi, tra questi il fatto che il tema fosse già stato trattato in mozioni precedenti». Autore di una recente mozione sulla Ferriera è il forzista Lorenzo Giorgi: «Settimane fa la giunta ha fatto propria una mia mozione sul tema e poi non ne ho saputo più niente. In commissione ho soltanto chiarito che il sindaco non può assumere le mozioni altrui e poi stracciarle. Ma non volevo certo criticare la mozione di Sossi, analoga alla mia. E' stato il voto determinante del Pd ad affossarla». Le prospettive Nel frattempo la coordinatrice di Sel Trieste Sabrina Morena specifica che l'obiettivo del partito è andare in coalizione con il centrosinistra nel 2016: «L'ipotesi avanzata da Sossi sulla creazione, per le prossime elezioni amministrative, di una coalizione della sinistra alternativa al Pd, non è l’obiettivo di Sel».

Giovanni Tomasin

 

 

L’invasione delle tartarughe “killer”
Allarme a Muggia per la presenza di oltre 500 esemplari abbandonati alle Noghere. Uccisi pesci e altre specie autoctone
MUGGIA Sono entrate in Italia con il passaporto e ora sono pronte a chiedere la cittadinanza muggesana. Sono le oltre 500 tartarughe della Florida che per colpa dell'uomo hanno silenziosamente colonizzato gli otto Laghetti delle Noghere. L'invasione del biotopo ha raggiunto un boom negli ultimi tre anni di fronte al quale Enrico Benussi, naturalista triestino, tra i massimi conoscitori dei laghetti, ha deciso di lanciare l'allarme: «Chi pensa di disfarsi delle proprie tartarughine di casa rilasciandole a Muggia o nei laghetti del Carso deve smetterla: alle Noghere l'ecosistema è oramai quasi compromesso». In gergo scientifico si chiama "Trachemys scripta". È la famosa piccola tartaruga d'acqua dolce dalle guance rosse, di circa 5 centimetri (ma anche meno), acquistabile facilmente nei negozi di animali, destinata a popolare gli acquari di casa. La bestiola, originaria della Florida, ha una caratteristica piuttosto naturale che però spesso viene scordata: cresce. Crescendo può arrivare sino ai 20 centimetri di lunghezza, sviluppando di molto il proprio becco, fattore che la rende un animale potenzialmente pericoloso per l'uomo. «Sono animali alloctoni, ossia importati da altri Paesi che però, a sorpresa, sono riusciti ad acclimatarsi perfettamente alle nostre temperature» racconta il naturalista Benussi. Queste sue caratteristiche di resistenza al freddo è uno dei motivi per cui la “Trachemis scripta” è stata inserita nell'elenco mondiale delle 100 specie più invasive. Ai Laghetti nelle Noghere le tartarughe dalle guance rosse hanno di fatto soppiantato la specie autoctona, la “Emys orbicularis”, ossia la testuggine palustre europea. «Le tartarughe che oggi dominano i laghetti con un numero che oggidì supera il mezzo migliaio di esemplari, molto aggressive. Hanno scacciato le tartarughe locali e sicuramente stanno alterando l'ecosistema del biotopo» prosegue Benussi. Le cosiddette “guance rosse” si nutrono di altri pesci, girini ma non disdegnano i vegetali. Fortunatamente pare che non vengano nutrite dai curiosi che si affacciano, soprattutto nei week-end, all'interno del biotopo. Nei Laghetti delle Noghere si possono trovare carpe e lucci di grandi dimensioni ma anche scardole, nonché qualche esemplare di persico sole, quest'ultimo altra specie alloctona, immessa anni fa da pescatori sportivi. Presenti anche rane e rospi. «La storia delle tartarughe della Florida ricorda molto da vicino quella delle nutrie – aggiunge Benussi –, animali importati da altri Paesi che poi hanno colonizzato e invaso i nostri ambienti naturali. La differenza è che forse le tartarughine ispirano più simpatia rispetto ai toponi». Ma quale soluzione potrebbe risolvere la questione? «Forse è già troppo tardi – replica Benussi – ma un'azione di trappolaggio potrebbe sicuramente risanare la situazione. Fermo restando che poi ci vorrebbe qualcuno disposto a sobbarcarsi la presenza di 500 tartarughe, troppe anche per l'Enpa». Ma quali sono le sanzioni previste per chi “scarica” la propria tartarughina alle Noghere o in altre aree d'acqua dolce? La Legge regionale 9, 23 aprile 2007 e il regolamento del 20 marzo 2009 n.074/Pres disciplinano la cosiddetta introduzione di specie animali non appartenenti alla fauna regionale con una sanzione di soli 50 euro con pagamento in misura ridotta. Il vicesindaco di Muggia Laura Marzi affronta di petto la questione: «Spiace constatare l'inciviltà di persone che sottovalutano l'importanza della vita degli esseri viventi. Spesso fa più notizia l'abbandono dei cani ma in realtà qualsiasi animale di compagnia merita rispetto. Invece gli animali, che da piccoli sono sempre carini, per molti quando crescono diventano grandi e ingombranti, motivo per il quale vengono abbandonati, anche nelle acque dei Laghetti delle Noghere. Spero che vi sia una maggior presa di coscienza da parte delle persone». Intanto comunque le tartarughe delle Noghere aumentano e prolificano. È facile imbattersi nei periodi giusti nelle uova di questi animali che paiono per altro aver contribuito alla scomparsa del leggendario luccio da un metro e mezzo che popola il laghetto più grande. Amaro il commento del sindaco Nerio Nesladek: «Purtroppo queste tartarughe che nulla hanno a che vedere con il nostro ecosistema potrebbero avere ucciso Uccio, il nostro leggendario luccio di oltre un metro avvistato da più di qualche nostro concittadino. Un motivo in più, spero, per rendere consapevoli come l'abbandono di una tartarughina possa comportare delle gravi conseguenze».

Riccardo Tosques

 

Caprioli a Muggia, anche stavolta l’unica soluzione è sparare - LA LETTERA DEL GIORNO

Riguardo la sovrappopolazione dei caprioli nel comune di Muggia, la Lav (Lega antivivisezione Onlus) ritiene che sia stato preso in considerazione solo un punto di vista: quello dei cacciatori, sempre pronti a imbracciare la doppietta, anche per motivi inesistenti. Sì perché dire che a Muggia c’è un’invasione di caprioli è quanto meno ridicolo.

Il problema non sono i caprioli ma la mancanza di territorio e d’intervento degli enti per tutelare non solo gli agricoltori danneggiati ma soprattutto la fauna selvatica rimasta (come prevede art. 1 della legge 157 del 1992: “La fauna selvatica è un bene indisponibile dello Stato ed è tutelata...”). Alle solite, finisce il periodo del prelievo venatorio ed ecco comparire un’emergenza fauna selvatica. Ieri i cinghiali, oggi i caprioli, e perché no le cornacchie o i gabbiani. Non è importante quale specie attaccare, l’importante è continuare a sparare! Da anni siamo costretti a vedere che l’unica soluzione al problema è continuare con il prelievo venatorio, mai un piccolo dubbio sull’inefficienza di quanto si stia facendo per il controllo degli animali selvatici, mai un serio controllo sul antropizzazione del territorio, mai un minimo dubbio sull’inefficienza della caccia da posta: nella provincia di Trieste i cacciatori alimentano la fauna selvatica per attirarla in una radura e poi far fuoco a volontà, uccidendo animali che hanno come unica colpa il diritto di mangiare. È sempre troppo comodo, ogni qualvolta si presenta il problema di animali selvatici (caprioli, cinghiali, nutrie) mettere mano ai fucili e sterminare il nemico! Il nemico siamo noi, noi che abbiamo usurpato il loro territorio, che con il nostro cemento abbiamo stravolto il loro habitat, che li abbiamo chiusi, recintati in piccole porzioni di terreno da cui, per uscire e vivere, devono per forza attraversare le nostre case. Dobbiamo avere il rispetto e l'umiltà di andare a conoscere questi animali, solo con la conoscenza e il rispetto per la loro etologia possiamo riuscire a salvare "capra e cavoli". Quanti animali ci si prospetta di uccidere quest’anno seguendo le indicazioni dei cacciatori? Semplice, basta analizzare i dati sul sito della Regione: la Riserva di caccia di Muggia è di 759 ettari con una cacciabilità del 100%; i caprioli censiti nell’anno 2013-2014 sono stati 98, abbattuti 18. Quindi è ovvio che ci siano, per Federcaccia, 80 animali nelle zone di Muggia (1 capriolo ogni 10 ettari), ma non sono stati considerati quelli che sono stati investiti, investiti e non denunciati e quelli morti naturalmente?

il Consiglio direttivo Lav Trieste

 

 

 

Ambiente - Volontari al lavoro per pulire il Carso

I “Volontari per Trieste pulita” tornano in azione per portare a termine la loro missione: ripulire il Carso. Il prossimo appuntamento sarà domanica alle 9. Il ritrovo è previsto nella strada tra Opicina e Fernetti dopo il cavalcavia, sulla destra.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 21 maggio 2015

 

 

Autisti dei bus contro via Mazzini chiusa

La pedonalizzazione contestata da cinque sigle sindacali con una durissima nota: «Peggiora il servizio e crea pericoli»
Disagi, rischi per la sicurezza e traffico. La pedonalizzazione di via Mazzini ora scatena anche la rivolta degli autisti della Trieste Trasporti. In un lungo comunicato stampa ben cinque sigle sindacali – Filt Cgil, Fit Cisl, Uil trasporti, Faisa-Cisal e Ugl – bocciano senza appello l’iniziativa sperimentale messa in campo dalla giunta Cosolini. Il blocco al passaggio degli autobus, dopo le chiusure limitate ai fine settimana, è partito ufficialmente sabato scorso e si protrarrà fino a luglio. Agli addetti ai lavori sono bastati pochi giorni, dunque, per avere un’idea sui problemi che la mossa del Comune starebbe provocando sulle abitudini dei cittadini e sugli stessi conducenti. Il sindaco adesso si trova a fare i conti non solo con le petizioni o con le lamentele di chi si è visto spostare improvvisamente la fermata del bus, ma con intere forze sindacali. Protestano per il metodo, innanzitutto: l’incontro richiesto con gli assessori del Comune e della Provincia, dunque Elena Marchigiani e Vittorio Zollia, sarebbe avvenuto soltanto a ridosso della pedonalizzazione. A cose praticamente fatte. Ma questa è solo una premessa, perché il resto della nota è un durissimo attacco. La chiusura di via Mazzini «comporta inevitabilmente una serie di modifiche sia di percorso che di capolinea alle linee interessate dal cambiamento – rilevano le sigle – con conseguenti disagi all’utenza e al peggioramento del servizio anche e per i lavoratori impegnati quotidianamente a svolgere il proprio dovere nel traffico cittadino». L’inaccessibilità dello snodo che collega piazza Goldoni alle Rive avrebbe addirittura ripercussioni sulla sicurezza dei triestini. «Le modifiche previste sui percorsi prevedono nuovi passaggi e svolte pericolose – è l’accusa – che purtroppo in passato hanno portato anche a dei risvolti tragici». La decisione assunta dall’amministrazione comunale, inoltre, non prende in considerazione una serie di possibili effetti: oltre ai pericoli, l’aumento dello stress per i lavoratori e la diminuzione dei tempi di sosta, «sempre a causa dell’incremento di passaggi complicati e pericolosi, che alzerebbero notevolmente i rischi con serie possibili ricadute anche a carattere sanzionatorio per inevitabili infrazioni». A ciò si aggiunge un’altra critica, già emersa dai partiti di opposizione: «Il notevole aumento del traffico», insistono Filt Cgil, Fit Cisl, Uil trasporti, Faisa-Cisal e Ugl. Circostanza alla quale i triestini dovrebbero iniziare a prepararsi «in caso di contemporanee chiusure di altre arterie principali della città». Marcelo Medau, autista della Trieste Trasporti, ha promosso una petizione: «Il provvedimento produrrà ancor più inquinamento atmosferico – si legge nel documento – dato che il traffico si riverserà sulle vie limitrofe e in particolare corso Italia, via Imbriani e via Valdirivo». Inoltre la pedonalizzazione della via «è discriminatoria per l’utenza che utilizza gli autobus perché prevede il passaggio di mezzi per il carico-scarico a fasce orarie e taxi per i soli residenti, quindi non si tratta di una zona pedonale ma una zona a traffico limitato discriminante».

Gianpaolo Sarti

 

Da via San Spiridione alle Rive il deserto che “uccide” gli affari - l’altra faccia dell’arteria

Da qui, dall’incrocio con via San Spiridione e giù fino alle Rive, è come se iniziasse un’altra città. Un’altra via Mazzini. Degradata, triste, vuota.

Il colpo d’occhio era evidente già sabato, il primo giorno della pedonalizzazione “sette su sette”. Era sufficiente posizionarsi in fondo alla strada con le spalle rivolte al mare e lo sguardo verso piazza Goldoni: su, in cima, il fiume di triestini che si godeva la passeggiata con il sorriso, tra negozi e bar. Chi mano nella mano, chi in bicicletta, chi con i bambini in passeggino. Più sotto, oltre la barriera dei “New Jersey” di plastica bianco-rossa, il nulla. Il deserto. Un tratto dimenticato da Dio. O dal sindaco Cosolini. «Sì, siamo tagliati fuori – mormora sconsolato Antonio dal bancone dello “Jar” -. O organizzo qualcosa, musica dal vivo o altro, oppure nessuno passa di qua e si accorge del locale. A me piacerebbe mettere fuori i tavolini come fanno più su, ma da questa parte purtroppo non è possibile». Già, non è possibile perché in quel tratto passano gli autobus. Il dubbio che attraversa gli esercenti di questa zona è un po’ questo: ma se si voleva davvero pedonalizzare, allora perché non lo hanno fatto per tutta via Mazzini? E perché non hanno riqualificato la pavimentazione, così come avvenuto in via San Nicolò e in via Cassa di Risparmio? Così avrebbero avuto tutti pari dignità. Questa parte, d’altronde, è già sfortunata di suo: un pugno di commercianti appena, un unico bar – quello di Antonio –, la sede di Fvg Strade, la Motorizzazione della Provincia, due alberghi, un paio di banche, la serranda abbassata di un vecchio negozio, un’altra serranda abbassata di un tabacchino, un ex mobilificio sfitto, un’impalcatura, una parrucchiera e poco più. Nessuno passeggia qua. Solo qualche bus e un camion bianco e blu parcheggiato per scaricare merci. Chi arriva al confine di via San Spiridione o procede per un po’ e poi svolta verso via Cassa di Risparmio per imboccare piazza della Borsa, o gira per Ponterosso, oppure fa dietrofront. «Di noi si sono davvero dimenticati», dicono Sofia e Walter dell’hotel-ristorante “Filoxenia” della comunità greca. «L’idea di pedonalizzare soltanto la parte superiore di via Mazzini è molto penalizzante, la gente arriva fino a metà strada e poi basta. Non si spinge fin qui - raccontano -. Se avessero davvero pedonalizzato avremmo potuto mettere anche noi i tavolini fuori. Invece qui non ci vedono. La via è divisa a metà, una trafficata e l’altra deserta: perché? Fin qui non viene praticamente nessuno». E di gente ne arriverà ancora meno: le fermate di tre linee considerate fondamentali per il flusso cittadino, sono state spostate. Sono la 9, la 10 e la 11. «Togliendo il passaggio di quei bus sposti un volume importante di persone a nostro svantaggio – riflette la signora Emanuela, del negozio di animali “Braccobaldo” – e proprio con quegli autobus arrivava gran parte dei miei clienti, soprattutto anziani. Aver pedonalizzato a metà, senza riqualificare la strada, è un danno». Anche da “Alice autoaccessori” la pensano così: «Un disastro dal punto di vista commerciale. Senza il transito di quei bus ci hanno portato via una grossa fetta di mercato». Il signor Stefano, responsabile di “Buffetti” scuote il capo. «Questo pezzo della via in realtà è sempre stato un po’ tagliato fuori dal centro vero e proprio – spiega – ma adesso con meno autobus c’è anche molta meno gente». Il via vai è su, qui c’è la desolazione. «Inutile chiamarla via Mazzini pedonale – insiste Manuela dal suo salone – o fanno l’intera via così, chiudendo tutto, oppure si crea soltanto il caos. E visto che la via è lunga, per far fronte a un eventuale divieto al traffico nell’intera strada, se mai capiterà, si potrebbero creare dei bus navetta da piazza Goldoni alle Rive. In modo da agevolare gli anziani».

(g.s.)

 

 

I rifiuti da giardino fruttano un ecoregalo

Comune, Provincia e AcegasApsAmga lanciano la nuova campagna: un sacco di compost gratis per ogni conferimento
Un sacco di compost in regalo per ogni conferimento di sfalci d’erba e potature da giardino domestico. È la filosofia che sta alla base dell’ultima iniziativa in materia di raccolta differenziata varata da Comune, Provincia e AcegasApsAmga, e denominata “Valore Verde”. Duplice l’obiettivo: continuare l’opera di sensibilizzazione sulle corrette abitudini in tema di conferimento dei rifiuti e far toccare concretamente ai cittadini il frutto dell’impegno nel differenziare il rifiuto organico. Un altro tassello per raggiungere il traguardo fissato dall’amministrazione comunale per la fine del 2015: quello del 40% di raccolta differenziata. Attualmente, dopo che il 2014 si era chiuso con una percentuale del 32%, si sta viaggiando su una quota vicina al 36-37%. «La campagna dell’umido ha pagato un avvio che come prevedibile è stato complicato - ha affermato Umberto Laureni, assessore comunale all'Ambiente -. Ma una volta metabolizzato il nuovo meccanismo, stiamo assistendo ad una crescita di differenziata lenta ma costante, in pratica un punto percentuale al mese. Questa ulteriore operazione, mirata sui rifiuti da giardino, va nella direzione di aumentare la consapevolezza sul tema, nell’ottica di un vero e proprio cambiamento culturale». Tornando all’iniziativa, a partire da sabato 23 e per altri quattro sabato successivi, in altrettante zone di Trieste sarà allestito un punto di raccolta mobile per i rifiuti da giardino domestico: vale a dire sfalci d’erba, potature di siepi, ramaglie, foglie, terriccio, ma anche segatura, paglia e piante domestiche. Tutti coloro che effettueranno un conferimento di questo tipo, a prescindere dal peso, riceveranno in omaggio un sacco di compost certificato per agricoltura biologica da 8 chilogrammi proveniente dallo stabilimento Bioman di Maniago, dove vengono avviati a recupero i rifiuti organici triestini che poi si trasformano in compost di alta qualità. Il direttore Ambiente AcegasApsAmga Paolo Dal Maso si è soffermato sull’importanza di conferire in modo corretto i rifiuti da giardino, attraverso i Centri di raccolta abilitati o usufruendo del servizio porta a porta, separandoli dagli scarti da cucina in quanto, a causa del loro volume, se conferiti nei contenitori dell’organico, andrebbero a saturare in breve tempo lo spazio disponibile. Il responsabile Relazioni Esterne Riccardo Finelli ha infine evidenziato la portata della campagna informativa dell’operazione che conta sulla distribuzione di oltre 65 mila depliant. Il punto di raccolta mobile toccherà le diverse circoscrizioni della città: sabato 23 maggio sarà presente in Largo Osoppo nel rione di Gretta, il 30 maggio al parcheggio del Ferdinandeo (Largo Caduti di Nassiriya), il 6 giugno a Santa Croce, presso la sede della Protezione Civile, il 13 giugno in Piazzale 25 Aprile a Borgo San Sergio ed infine il 20 giugno in Piazzale Moissi (alla fine di via Cumano), con orario 10-13 e 14-19.

Pierpaolo Pitich

 

Un ricorso contro il minirigassificatore
A Duino due comitati di cittadini pronti a iniziare la battaglia legale: «Il progetto Smart Gas presenta troppe carenze»
DUINO AURISINA Non intendono più aspettare. Anzi, sono pronti a ricorrere alle vie legali per contrastare il progetto di realizzazione di un rigassificatore alle foci del Timavo. I “Cittadini per il golfo” e il “Collettivo per la difesa del litorale carsico” si ritrovano nel pomeriggio di ieri a Duino. E, con il portavoce Danilo Antoni, esprimono la ferma intenzione di «chiudere la fase delle osservazioni al ministero. Abbiamo lavorato all’ipotesi di affidare a un gruppo di legali la difesa del nostro territorio da un progetto che presenta troppe carenze e incertezze. Andremo avanti su questa linea». Antoni, a fianco del quale siede Liviana Andreossi del “Collettivo per la difesa del litorale carsico”, dopo aver spiegato che «il gruppo “Cittadini per il golfo” svolge il ruolo di collante di una costellazione di associazioni che, da Trieste a Gorizia, seguono le problematiche ambientali», passa poi in rassegna le ragioni del no al rigassificatore. «Innanzitutto Smart gas non tiene conto della realtà socioculturale presente sul territorio. Poi ci sono ulteriori manchevolezze da noi rilevate nella proposta dei loro tecnici che riguardano la sicurezza sul livello di manovrabilità delle navi gasiere. Inoltre - aggiunge Antoni - non si è parlato sufficientemente dell’aspetto archeologico. Questa zona è il fulcro di un’ampia area di grande valore archeologico. Altro aspetto inadeguato è quello legato al paesaggio ma siamo turbati anche dal fatto che i responsabili del progetto lo abbiano redatto solo in lingua italiana, dimenticando che questo è un Comune bilingue. È un segnale che descrive il pessimo livello di conoscenza che la Smart gas ha del territorio». Il portavoce dei “Cittadini per il golfo” cita quindi una nuova direttiva europea «che, entrata in vigore alla fine di aprile, afferma che ambiente e sicurezza devono obbligatoriamente essere presi in considerazione, mentre questi due aspetti sono trascurati nel progetto. L’Alto Adriatico è saturo da punto di vista delle fonti energetiche. Sarà nostra cura chiarire la situazione anche dal punto di vista politico. I programmi dell’amministrazione dovranno tenere conto di questa problematica. A livello internazionale, abbiamo fatto presente che il progetto incide su procedimenti già avviati che riguardano le falde acquifere, perciò anche la Slovenia deve essere bene informata». Antoni evidenzia anche che «per la minoranza slovena che vive in questo Comune valgono norme che riguardano la tutela del territorio, perciò qualsiasi progetto che vada a toccare gli equilibri in essere deve essere valutato anche sotto questo profilo». Infine il relatore ricorda che «gli indirizzi della Regione parlano del porto di Monfalcone come possibile sede di una Stazione marittima, ipotesi in totale contrasto con il rigassificatore, mentre non bisogna dimenticare il potenziale danno all’economia legata al mare e il rischio sismico connesso all’esistenza di faglie nel sottosuolo del nostro territorio». La battaglia legale, ormai, è alle porte.

Ugo Salvini

 

Rigassificatore, la conferenza slitta a giugno

La conferenza dei servizi sul rigassificatore di Zaule, originariamente prevista per ieri l’altro martedì 19, è slittata a giovedì 11 giugno causa gli impegni dei più stretti interessati. L’appuntamento era stata fissato al ministero dello Sviluppo Economico (Mise) a Roma e rappresenta un momento essenziale nell’iter decisionale sulla realizzazione dell’impianto in riva al Golfo. Tutto è ri-nato a febbraio dopo che la commissione Via-Vas, insediata presso il ministero dell’Ambiente, aveva espresso un parere di compatibilità riguardo la costruzione del rigassificatore secondo il progetto presentato dal gruppo catalano Gas Natural. Un atto che contraddice la posizione assunta all’unanimità dal “panel” istituzionale triestino, dalla Regione all’Autorità portuale, posizione contraria al rigassificatore in quanto determinerebbe un ostacolo allo sviluppo dei traffici marittimi nel Golfo. La documentazione trasmessa dall’Ambiente è stata impugnata avanti il Tar Lazio dalla Regione Fvg, dal Comune di Trieste, dai Comuni di Muggia e San Dorligo.

 

 

Parte il primo bando Ezit per le bonifiche

Il presidente Zuban: «La Regione ci affida 35 milioni per la riconversione. Dobbiamo chiudere in fretta le procedure»
La prossima settimana - Al via la gara per le caratterizzazioni da eseguire in due mesi A fine estate partirà l’analisi di rischio decisiva per attrarre imprese
di Massimo Greco L’antico tema della bonifica Sin (Sito interesse nazionale) torna alla ribalta e, chissà, «fusse che fusse la vorta bbona» come diceva il compianto Nino Manfredi. Una vicenda che sta galoppando verso un mesto genetliaco quindicennale, a suo tempo generata per portare quattrini in loco, trasformatasi poi in un clamoroso autogol. Ma ecco il colpo di scena che al termine dello spettacolo riuscirebbe a portare a Trieste 35 milioni di euro. Infatti la prossima settimana l’Ezit, dopo che un protocollo tra Arpa Fvg e ministero dell’Ambiente ha sbloccato l’impasse creato dai cosiddetti “test di cessione”, emanerà un bando di gara per riprendere le caratterizzazioni nell’area interessata, come contemplato dall’accordo Clini del maggio 2012. Lavori per un importo modesto, circa 50mila euro, destinati a uno o più soggetti che saranno incaricati di effettuare una quarantina di sondaggi in cerca delle quantità e delle qualità di materiali inquinanti. Stefano Zuban, da alcuni mesi presidente dell’Ente zona industriale, pensa che i tempi di affidamento possano essere rapidi, in modo tale che le caratterizzazioni inizino già a metà giugno. «Nel giro di due mesi dovremmo essere in grado di completare questa prima fase», azzarda Zuban. A quel punto Ezit saprà cosa si annida nel sottosuolo della zona governata. Zuban, secondo quanto gli suggeriscono esperienza e competenza dei tecnici, un’idea ce l’ha: «Prevediamo che, su un totale di 2 milioni e mezzo di metri quadrati, il 20-30% potrà tornare agli usi legittimi». Cioè, ci si potrà lavorare sopra senza occorrenza di bonifiche. Ma resta da sistemare il grosso della truppa, ovvero più di un milione e mezzo di metri quadrati sui quali, a vario titolo e con vario investimento, bisognerà mettere mano. Bene, se il cronoprogramma di Zuban fosse rispettato, arriveremmo più o meno a fine agosto. E settembre - prevede Zuban - segnerà l’avvio della “fase 2”, quella veramente decisiva. «Perchè una volta eseguite le caratterizzazioni - spiega Zuban - si passerà alla cosiddetta analisi di rischio relativamente alle aree contaminate. Il terreno dovrà essere trattato a seconda dell’utilizzo programmato». In altri termini, cambia la portata della bonifica, se il compratore-investitore intenderà realizzare sulla sua metratura un’azienda siderurgica o un salumificio. Già, ma c’è ancora un problema aperto: chi sono i compratori-investitori di terreni da ripulire? Bisogna chiamare a raccolta energia imprenditoriale. E Zuban estrae il grimaldello normativo: l’articolo 33 comma 1 della legge regionale 3/2015, nota come “Rilancimpresa”, che a sua volta richiama la legge nazionale 71/2013 e il cosiddetto “accordo Arvedi” del 30 gennaio 2014 (per quanto concerne l’area 2 definita dall’intesa stessa). “Rilancimpresa” scrive che l’Amministrazione regionale è autorizzata a concedere incentivi «per la realizzazione di progetti di ricerca, di sviluppo e di innovazione; progetti di efficientamento energetico; progetti per tutelare l’ambiente; progetti di recupero ambientale». Ma soprattutto «progetti per la riconversione di aree industriali dismesse». Sulla base dell’accordo risalente al gennaio 2014, Zuban conteggia le risorse così attivabili e la somma fa circa 35 milioni, di cui: 15 milioni per finanziare progetti di investimento, 5 milioni di fondi regionali 2014-2015, quasi 15,5 milioni per interventi nel sito di bonifica nazionale. Invitalia, agenzia nazionale che opera su mandato governativo per attrarre investimenti, sta predisponendo il cosiddetto “Prri”, ovvero il progetto di riconversione e riqualificazione dell’area industriale interessata. All’Ezit l’art.33 comma 5 di Rilancimpresa affida la gestione dei contributi, previa apposita convenzione da stipularsi con la Regione Fvg. «Ma questa procedura - avverte Zuban - deve partire rapidissima dopo l’estate. Pena perdere un volume di pubblici finanziamenti che forse Trieste, in un colpo solo, non ha mai visto».

 

 

La “nuova” Ferriera riparte dal mare
Arrivati via nave dagli Usa i primi impianti del laminatoio. E il terminal ha già movimentato 660mila tonnellate di merci
Sono arrivati a Servola i primi impianti e macchinari che costituiranno il nuovo laminatoio a freddo all’interno del perimetro della Ferriera. Ieri si è svolta una fase clou delle operazioni di scarico che ha già dato una prima idea di quello che sarà il nuovo reparto produttivo che si insedierà nell’area dove un tempo sorgeva l’acciaieria. Al terminal marittimo della società, che sta vivendo una fase di autentica rivitalizzazione, è arrivata nei giorni scorsi la nave general carco olandese Spaarnegracht proveniente dagli Stati Uniti e in particolare dal terminal dell’ex maxicomplesso industriale della Bethlehem Steel collocato a Sparrows Point nei pressi di Baltimora, nel Maryland. Alla banchina di Servola le operazioni di sbarco non sono semplici dal momento che si tratta di trasferire a terra 11mila tonnellate di project cargo (macchinari particolarmente pesanti e voluminosi). Alcuni pezzi superano le 100 tonnellate di peso, mentre altre parti del futuro reparto sono contenute in 200 container. Le operazioni coinvolgono i dipendenti di Siderurgica Triestina del settore interno della logistica, ma anche i lavoratori di alcune ditte dell’indotto. In questa fase di scarico tutto il materiale viene stoccato nel retrobanchina (dove recentemente sono stati portati a termine i lavori di ripavimentazione) e nelle aree adiacenti che sono state oggetto - secondo quanto rileva la società - di un’operazione di recupero ambientale. Si sono creati così piazzali attrezzati per una superficie complessiva di 50mila metri quadrati completi di tutti i presidi antinquinamento previsti nell’Accordo di programma. Contemporaneamente sempre a Sparrows Point sono incominciate le operazioni di imbarco su un’altre nave della seconda parte dei macchinari e impianti del laminatoio che giungeranno a Trieste nelle prossime settimane. Sono previsti sei mesi di montaggio e l’entrata in funzione entro il primo semestre 2016. Il laminatoio a freddo (visto con favore anche da gran parte degli ambientalisti e dagli abitanti della zona) costituisce la parte più ingente del maxiinvestimento fatto dal Gruppo Arvedi su Trieste: per la precisione 111 milioni e 400mila euro su un totale complessivo di 187 milioni. Il Piano industriale prevede che «al totale di 230 addetti per le linee di produzione andranno ad aggiungersi 50 addetti alla manutenzione e altri 60 alle funzioni di programmazione per un totale complessivo di 340 persone». Se l’area caldo non inquinerà per cui potrà restare in funzione, i 340 dipendenti potranno aggiungersi ai 415 attuali portando così l’occupazione complessiva a oltre 750 persone. «Completata la risistemazione di un padiglione, entro l’anno ne ristruttureremo altri due - ha affermato recentemente il presidente del Gruppo, Giovanni Arvedi riferendosi al laminatoio a freddo - l’area avrà oltre 60mila metri quadrati. Produrremo acciaio per motori elettrici e per trasformatori, ci rivolgeremo soprattutto al mercato dell’auto. Un prodotto di questo tipo si faceva a Terni, poi quando i tedeschi della Krupp acquistarono lo stabilimento umbro, trasferirono in Germania questa produzione che oggi qui non esiste più: saremo noi a riportarla in Italia grazie a Trieste». E l’operazione in corso conferma la capacità del terminal marittimo di Siderurgica Triestina di movimentare anche merci speciali in totale sicurezza. La banchina è destinata a diventare, anche in conseguenza della realizzazione della contigua Piattaforma logistica, un hub di grandi dimensioni dove già ora il volume dei traffici è in forte ascesa. Nel periodo gennaio-aprile per conto dell’Acciaieria Arvedi di Cremona sono stati movimentati soprattutto a Servola (ma per ragione di sovraffollamento in parte anche sulla banchina del vicino Scalo Legnami) 260mila tonnellate tra ghisa, preridotto di ferro destinato agli stabilimenti lombardi e coils (rotoli di lamiera) in esportazione. A ciò vanno aggiunte ben 400mila tonnellate di materie prime (carbone e minerali) per il ciclo produttivo di ghisa e coke. Su queste basi, la proiezione dà per il 2015 una movimentazione complessiva di ben 2 milioni di tonnellate di rinfuse solide. Ma anche da questi dati è chiaro che anche la parte logistica lavorerà molto di più se resterà in attività l’area a caldo.

Silvio Maranzana

 

 

Tecnologie del mare - Alleanza in Adriatico - incontro in regione
TRIESTE «Costruire un cluster transnazionale delle tecnologie marittime».

È questo l’obiettivo, esplicitato dall’assessore regionale a Università e ricerca Loredana Panariti che deve porsi la Strategia dell’Unione europea per la macroregione adriatico-ionica di cui l'Italia fa parte assieme ad Albania, Bosnia ed Erzegovina, Croazia, Grecia, Montenegro, Serbia e Slovenia. Un incontro, organizzato dalla stessa Regione in collaborazione con il Distretto tecnologico navale e nautico Ditenave su uno dei quattro pilastri su cui poggia la strategia, quello della Blue growth, cioé della Crescita blu, si è svolto ieri nel palazzo della Regione di piazza Unità con la partecipazione di rappresentanti delle direzioni europee, del Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca (Miur), di istituzioni scientifiche, delle imprese. «La Strategia è stata approvata nel 2014 dalla Commissione e dal Consiglio europeo - ha detto Fausta Corda della Direzione politica regionale e urbana della Commissione europea - ma vanno utilizzati fondi, strutture e regole già esistenti. A disposizione ci sono purtroppo solo un centinaio di milioni di euro, ma l’obiettivo è di far aumentare del 20% ai singoli Stati entro il 2020 i finanziamenti per la ricerca nel settore delle tecnologie blu. «Entro il perimetro europeo - ha ammonito Marcello Sorrentino direttore Rapporti istituzionali e industriali di Fincantieri - oggi devono esserci alleanze, non più concorrenza perché altrimenti non saremo in grado di competere con i colossi asiatici e americani». Ma la situazione appare confusa sullo stesso territorio nazionale italiano. «C’è l’esigenza - ha sostenuto Mario Sommariva segretario generale dell’Autorità portuale di Trieste - che le politiche del mare trovino un punto di sintesi nella rappresentanza istituzionale. Oggi le competenze sono frammentate tra il ministero di Infrastrutture e traporti, il ministero dell’Ambiente, il ministero di Agricoltura e pesca». «In effetti - ha ammesso Enrico Maria Puja direttore generale per la vigilanza sulle Autorità portuali del ministero dei Trasporti - in particolare negli ultimi venti anni è mancata una strategia complessiva in Italia del settore marittimo, sebbene proprio il nostro Paese per la sua collocazione dovesse indicare la strada da seguire all’intera Europa. Ma non abbiamo più nemmeno il ministero della Marina mercantile. La Regione Friuli Venezia Giulia però di recente si è distinta nell’ambito dell’innovazione tecnologica. Dobbiamo mettere in rete i centri di eccellenza di questa regione per essere più competitivi».

(s.m.)

 

Incendio su una nave ormeggiata alla Siot - A fuoco una caldaia nella sala macchine

Sentir parlare di incendi e petroliere fa certo rabbrividire. L’episodio accaduto nella notte fra martedì e ieri su una nave ormeggiata alla Siot è risultato fortunatamente di entità marginale e non ha lasciato conseguenze a danno di persone e ambiente, ha tenuto a precisare ieri pomeriggio in un comunicato la Tal Spa.

A prendere fuoco è stata una caldaia per i servizi di bordo nella sala macchine della petroliera “Signal Puma”, al pontile 2. L’allarme, aggiunge la Tal, «non era collegato alle operazioni di discarica del greggio». Il problema è stato affrontato dal personale della nave, raggiunto da quello della Siot e dai vigili del fuoco. «A un’ora dall’allarme - recita il comunicato - la situazione era sotto controllo e all’una del 20 maggio le operazioni del terminal sono state riattivate». «Sul posto - così in una nota i pompieri - una motobarca e due squadre dei vigili del fuoco» con «Capitaneria, personale Siot e guardia fuochi».

(pi.ra.)

 

 

L’acqua crea le basi della nuova sinistra
Calcinari: «Una coalizione contro le privatizzazioni». Sossi e Furlanic: «Con il Pd il discorso è chiuso»
A Trieste l’alternativa di sinistra potrebbe essere scritta sull’acqua. Ieri pomeriggio, nella sede della Federazione di sinistra di via Tarabochia, si è svolta l’assemblea dei partiti, associazioni e movimenti che quattro anni fa avevano promosso i referendum sull’acqua e sui beni comuni. Tutti presenti escluso il Pd. A organizzare l’incontro è stata l’Associazione politica per la Costituente della sinistra, presieduta a Trieste da Marino Calcinari, che alle ultime europee aveva dato vita alla lista Tsipras (Un’Altra Europa). Le conclusioni sono state tenute da Marco Bersani, responsabile nazionale di Attac Italia. Lo scopo dell’iniziativa? Ripartire dall’acqua per tentare un’inversione di rotta sulle “privatizzazioni” dei servizi della municipalizzate. Un Un tema caldo e ad alto contenuto politico. A fine aprile, infatti, si è consumata in Municipio una rottura irreversibile nella maggioranza di governo di centrosinistra di Roberto Cosolini proprio sulla liberalizzazione delle azioni AcegasAps Hera. «Mentre a Napoli (in collegamento ieri c’era il vicesindaco Elena Coccia, ndr) e in altri Comuni, maggioranze di centrosinistra investivano sull’obiettivo di realizzare aziende speciali sotto controllo pubblico, qui a Trieste si è deciso di procedere in senso opposto, fino alla conclusione di dismettere il controllo pubblico di Hera. Noi vogliamo ragionare su un percorso di ripubblicizzazione dell’Acegas» spiega Calcinari. «Stiamo ancora aspettando che ci diano le cifre per l’ipotesi di riprendersi in carico i servizi di acqua e cimiteri. La verità è che la politica di questa amministrazione sulla privatizzazione di Acegas è rimasta la stessa di quella precedente. Non è cambiato nulla» spiega Iztok Furlani›, presidente del consiglio comunale della Federazione della Sinistra. Naturale quindi pensare a un’alternativa al centrosinistra attuale e quindi anche al sindaco Roberto Cosolini. «A sinistra, viste le politiche del Pd renziano, si stanno aprendo degli spazi enormi» aggiunge Furlani›. «Tra un anno si vota. Servirà un programma e una coalizione di centrosinistra che adesso non c’è più» spiega Calcinari che da per perso alla causa il partito di Renzi («Il Pd se n’è già andato da un pezzo. Ha subito una mutazione genetica ed è diventato un’altra cosa»). «Dobbiamo lavorare a una coalizione sociale - spiega Marino Sossi, il capogruppo di Sel non sempre in linea con il partito provinciale -. Magari partendo dal salvare almeno un pezzo, l’acqua, dalle privatizzazioni selvagge». E quindi? «C’è bisogno di costruire un’alternativa a sinistra come si sta facendo in Liguria e da altre parti - aggiunge Sossi -. Serve una rete che mette assieme gruppi e movimenti e favorisca un cambio generazionale. Il Pd ha imboccato altre strade e con lui anche il sindaco di Trieste». Il dato è tratto. A partire dall’acqua. Su questo non mancherà il sostegno e il contributo di Federconsumatori (presente ieri con il segretario Angelo D’Adamo) di Legambiente (rappresentata da Oscar Garcìa Murga).

(fa.do.)

 

 

Duino Aurisina - Riserva delle Falesie - La giunta va deserta
È andata deserta la seduta pubblica di giunta, in programma ieri pomeriggio nella sala del consiglio comunale del Municipio di Duino Aurisina, convocata per discutere su quattro petizioni contro alcuni aspetti della proposta di regolamento della Riserva regionale delle Falesie, recentemente approvata dal consiglio comunale.

Delle quattro petizioni ne erano state riconosciute valide, ai sensi del regolamento che prevede almeno 50 firme di residenti a sostegno, solo tre. La quarta, che era stata lanciata on-line, ne aveva raccolte solo undici, pertanto non poteva essere presa in considerazione. «Nonostante la convocazione fosse stata formalizzata ai primi firmatari come da regolamento comunale - ha commentato l'assessore Andrej Cunja - la seduta si è svolta senza il pubblico, evidentemente poco interessato all'argomento. A ogni modo le petizioni sono state inoltrate al Comune dopo l'approvazione del testo, nel quale erano già state recepite le modifiche richieste dai promotori, ovvero la possibilità della pesca alle seppie, che sarà libera per i residenti nella zona B in determinati periodi, previo benestare dell'Arpa, la possibilità di ancoraggio per le barche da diporto, che sarà concessa, sempre nella zona B, per i titolari di apposita autorizzazione, e quella di passaggio a nuoto e con imbarcazioni a remi più vicino alle falesie». Per queste ultime due attività è stato individuato un corridoio a 50 metri dalla riva, alla quale comunque bisogna già adesso non avvicinarsi a meno di 30 metri, per motivi di sicurezza, come stabilito da specifica ordinanza della Capitaneria di Porto. «A stretto rigore delle disposizioni del Piano di Conservazione e Sviluppo della Riserva - ha osservato l'assessore - tutte queste attività sarebbero state vietate fino a 500 metri dalla costa, mentre la proposta di regolamento risulta essere ben più permissiva e garantisce una fruizione, seppur disciplinata e controllata della porzione a mare della Riserva stessa». Lo stesso ragionamento è stato fatto dal sindaco, Vladimir Kukanja: «Siamo stati sensibili fin dall'inizio alle istanze dei residenti perché volevano fissare una disciplina di tutela dell'ambiente ma anche di fruizione dell'area per le persone. Per questo motivo abbiamo apportato determinate modifiche al testo originario, che è ora all'esame della Regione».

(u.s.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 20 maggio 2015

 

 

Reati ambientali, chi sbaglia ora pagherà

Approvata la legge al Senato con una maggioranza Pd-Sel-M5S. Provvedimento atteso da vent’anni
ROMA Ok del Senato al ddl Ecoreati. I sì? sono stati 170, 20 i no e 21 gli astenuti. Approvato nella versione licenziata dalla Camera, il ddl ora è legge grazie a una maggioranza inedita Pd-M5S-Sel.Cinque nuovi reati, tra cui disastro e inquinamento ambientale, e confisca obbligatoria del profitto del reato. Un pacchetto di norme che prevede anche aggravanti per mafia e sconti di pena per chi si ravvede, condanna al ripristino e raddoppio dei tempi di prescrizione. Disastro ambientale: punisce con il carcere da 5 a 15 anni chi abusivamente altera gravemente o irreversibilmente un ecosistema o compromette la pubblica incolumità. Inquinamento ambientale: da 2 a 6 anni per chi abusivamente compromette o deteriora in modo significativo e misurabile la biodiversità o un ecosistema o la qualità del suolo, delle acque o dell’aria. Pene diminuite per colpa e aumentate, invece, se o delitti sono commessi in aree vincolate o a danno di specie protette, e nel caso di inquinamento seguito da morte o lesioni. Materiale radioattivo: carcere da 2 a 6 anni per chi abusivamente commercia e trasporta materiale radioattivo o chi se ne disfa illegittimamente. Impedimento controlli: chi nega o ostacola l’accesso o intralcia i controlli ambientali rischia da 6 mesi a 3 anni. Omessa bonifica: da uno a 4 anni per chiunque, avendone l’obbligo, non provvede alla bonifica e al ripristino. Il provvedimento prevede due aggravanti: ecomafiosa (in caso di associazioni mafiose o associazione a delinquere e se vi è partecipazione di pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio) e ambientale (reato commesso per eseguire un delitto contro l’ambiente). Sconti di pena in caso di ravvedimento operoso (se prima del processo, l’imputato evita conseguenze ulteriori o provvede alla messa in sicurezza e alla bonifica. Sconto ridotto a chi aiuta gli inquirenti a ricostruire il fatto o individuare i colpevoli. Per i delitti ambientali i termini di prescrizione raddoppiano. Se si interrompe il processo per dar corso al ravvedimento operoso, la prescrizione è sospesa. Obbligo confisca dei beni che costituiscono il prodotto o il profitto del reato. Esclusa su beni di terzi estranei al reato o se l’imputato ha provveduto a messa in sicurezza e bonifica. Condanna al ripristino dello stato dei luoghi dove tecnicamente possibile. Unanimi le valutazioni del mondo politico e dei movimento ambientalisti: si tratta di una svolta storica attesa da vent’anni, hanno affermato.

 

 

“Guerra” delle petizioni su via Mazzini
Gli ultrà della pedonalizzazione vantano 420 firme ma i “nemici” sono già a quota 300. E intanto la protesta sale in bus
Professionisti della lamentela. La pedonalizzazione di via Mazzini, a pochi giorni dalla chiusura dell’arteria che taglia in due il centro cittadino, ha fatto emergere una peculiarità dei triestini: «Semo sempre boni a lamentarse – spiega un autista della Trieste Trasporti - . No ne va mai ben niente». Il disappunto dei cittadini, in questo caso, non viene a galla solamente alla fermata degli autobus che hanno dovuto rivoluzionare il proprio tradizionale percorso, causando degli inevitabili disagi agli utenti. La guerra fra i favorevoli e i contrari alla neonata area pedonale, infatti, si sta combattendo anche a colpi di firme, attraverso due distinte petizioni. Una chiede che la chiusura al traffico veicolare venga estesa da via Mazzini a via Imbriani. L’altra, invece, punta alla immediata riapertura al traffico di tutta quell’area. La prima petizione ha già consegnato agli uffici competenti del Comune di Trieste 420 firme a sostegno della propria tesi, la seconda in una sola settimana ne ha raccolte oltre 300. Uno degli esercizi commerciali più attivi sul fronte del no è il bar pasticceria La Perla di via Santa Caterina: «In questi giorni abbiamo riscontrato un netto calo della clientela – spiega una dipendente - . Lunedì pomeriggio non c’era nessuno e se ho incassato 50 euro è già tanto». Di emorragia di clienti parla anche la titolare Laura Grahonja, preoccupata per una flessione degli incassi che si aggira attorno al 50 per cento: «Molti dei nostri clienti sono anziani – sottolinea Grahonja – e adesso per raggiungere questa zona sono obbligati a prendere un taxi». Quello del trasporto pubblico è un altro fronte caldo lungo il quale testare il gradimento di questo provvedimento sperimentale. Sono undici le linee degli autobus che da qualche giorno hanno subìto delle modifiche ai rispettivi percorsi abituali. La Trieste Trasporti e la Provincia, in accordo con il Comune, hanno definito le variazioni al tragitto della linea 1, 5, 9, 10, 11, 17, 18, 19, 25, 28 e A, dovendo saltare il passaggio in via Mazzini. Le lamentele ascoltate alle diverse fermate cittadine sembrano aver sostituito i discorsi sul meteo: «I ga spostado el capolinea dela 11» ha preso il posto di «Te sa che el fine settimana riva fredo e piova», esclamato con tono seccato nell’attesa dell’arrivo del mezzo pubblico. Laura e Aurelia stanno aspettando la 1 in piazza Goldoni: «È stato ribaltato tutto. Dobbiamo andare a San Giacomo ma non sappiamo da che parte arriverà il bus che prima svoltava da via Mazzini». Poco più in là, all’interno del bar Venier, Michela e Riccardo registrano i malumori da un punto di vista particolarmente privilegiato, visto che nel loro esercizio vendono anche i biglietti dell’autobus: «In molti si lamentano. C’è qualcuno che non trova più la propria fermata abituale, mentre qualcun altro si dice infastidito per dover fare qualche decina di metri in più a piedi. Certo che accontentare tutti è impossibile». Manuela e Ivana attendono la 18 in Corso Italia, seccate per lo spostamento del capolinea di qualche decina di metri: «Non capiamo la logica di queste modifiche». Un autista della Trieste Trasporti, appena sceso al capolinea della 11, sembra voler gettare acqua sul fuoco delle polemiche: «Non c’è nessuna tragedia in atto, solo qualche disagio fisiologico dovuto al cambiamento. L’unico tratto critico sembra essere quello di via Canal piccolo, sul lato del Caffè Tommaseo, che nelle ore di punta rischia di diventare un budello, soprattutto quando vi devono transitare gli autobus più lunghi». La posizione ufficiale della Trieste Trasporti è improntata alla diplomazia: «È prematuro fare dei bilanci – spiega la responsabile delle relazione esterne Ingrid Zorn - . Per noi parleranno i numeri alla fine della sperimentazione, prevista per il 5 luglio».

Luca Saviano

 

 

Tari slittata a fine luglio, si lavora alle tabelle delle tariffe
Le date di scadenza per le rate della Tari sono state rinviate nella riunione consigliare di lunedì sera.

La prossima tappa, spiega il capogruppo del Pd al consiglio comunale Marco Toncelli, sarà la modifica delle tabelle sulle tariffe: «La cosa più urgente era cambiare le date di scadenza - dice -. Così il cittadino che sentiva incombere la rata sa di avere un po’ più di respiro. Sui numeri lavoreremo a giugno». In seguito alla richiesta di deroga avanzata dall’Anci a livello nazionale, infatti, il Comune dovrà approvare il bilancio entro il 31 luglio. A questo scopo sarà necessario mettere mano alle tariffe di Imu, Tasi e Tari: «Sono quelle che, a seconda di come sono modulate, pesano di più sul bilancio - dice Toncelli -. Le modificheremo verosimilmente nel mese di giugno, subito dopo la festa della Repubblica». L’obiettivo è arrivare a chiudere il bilancio prima del termine stabilito: «Confidiamo di farlo entro la prima decade di luglio - afferma il consigliere -. Non voglio sbilanciarmi ma mi sento di dire che sicuramente non arriveremo con l’acqua alla gola». Nel frattempo gli ultimi giorni di maggio saranno dedicati alla definizione del rendiconto di gestione, che la legge impone di presentare entro il 31 maggio. A questo scopo giovedì mattina si riunirà una prima commissione per l'illustrazione della delibera di rendiconto, e la settimana prossima dovrebbe esserci la chiusura: «L’obiettivo è votare la delibera giovedì 28 maggio - conclude Toncelli -. Fatto il rendiconto, dalla prima settimana di giugno ci metteremo a capofitto su tariffe, bilancio e quanto pertiene ad esso». Le modifiche al regolamento della Iuc approvate lunedì sera, lo ricordiamo, oltre allo spostamento della prima rata della Tari al 31 luglio includono anche una serie di riduzioni per alcune categorie di attività economiche, oltre al riconoscimento come prima casa per l’abitazione di una famiglia in cui uno dei coniugi sia residente all'estero per questioni lavorative.

(g.tom.)

 

 

«Il Piano regolatore del Porto è in dirittura»
D’Agostino rassicura sui tempi. Riccardi: «Se ne parla da anni». Da Cosolini no all’off shore di Venezia
«La procedura di Via Vas iniziata nel 2011 è prossima alla conclusione. Dai nostri contatti con il ministero dell’Ambiente abbiamo validi motivi per ipotizzare che la commissione possa chiudersi entro giugno». È una delle considerazioni che il commissario dell’Autorità portuale Zeno D'Agostino ha proposto al pubblico durante la conferenza “Piano regolatore e progetti di sviluppo del porto di Trieste: importanza ed attesa per le ricadute sull’economia del territorio”, organizzata ieri dall’International Propeller Club. Oltre al commissario si sono confrontati sul Piano regolatore portuale (Prp) il sindaco Roberto Cosolini, il consigliere regionale di Fi Riccardo Riccardi, l'imprenditore Pier Luigi Maneschi, Carlo Franzosini dell’Area marina di Miramare, il manager dell’Interporto di Bologna Angelo Aulicino. Nel suo intervento D'Agostino ha ripercorso la storia e gli obiettivi del Prp: «La procedura richiede di tener conto di innumerevoli fattori, non ultimo il governo sloveno - ha detto -. Quando sono arrivato a Trieste mi sono chiesto se anche il governo italiano avesse facoltà analoghe sul porto di Capodistria. È così, però il loro Prp è composto da alcune decine di pagine di indicazioni generali, e non centinaia di pagine che precisano la destinazione di ogni banchina». Un modus operandi da cui l’Italia potrebbe trarre ispirazione: «Il nostro documento è stato elaborato nel 2008, quando le dinamiche del mondo dello shipping erano completamente diverse». D’Agostino ha poi ribadito la contrarietà dell’Ap al rigassificatore di Zaule: «La commissione ha certificato l’incompatibilità del metanodotto con le attività portuali, pensiamo che questo possa essere un punto forte per opporsi al rigassificatore». Riccardi è partito dal fatto che «il Prp l’abbiamo approvato ai tempi di Boniciolli, poi è passata la presidente dell'Ap Monassi e siamo ancora qui a discutere». Secondo Riccardi oggi il «vero tema» è «far capire che il ruolo di Trieste è strategico per l’interesse nazionale». Alla luce di ciò «l’attuale presidente regionale gioca un ruolo importante». Maneschi ha sottolineato con forza l’esigenza di ammodernare le infrastrutture portuali: «Un Prp senza una visione industriale del Porto serve a poco». Il sindaco ha invece posto l’accento sui potenziali sviluppi: «Questo Porto compete con altri porti europei, ciò ne fa un punto di interesse strategico per il Paese. In un momento in cui i soldi pubblici non ci sono puntare sull’off shore di Venezia sarebbe un grandissimo errore». A proposito dei rapporti con Capodistria: «Finora c’è stata una saracinesca chiusa, ma ho la sensazione che le cose stiano per cambiare, sia in termini di collegamenti ferroviari che di integrazione e collaborazione». Franzosini ha criticato la tendenza, «a Trieste come a Monfalcone», di proporre «impianti di rigassificazione on shore mentre quelli off shore avrebbero una prospettiva». Al termine dell’incontro è intervenuto anche il segretario generale del Porto Mario Sommariva: «C’è un rischio di accentramento nella nuova riforma».

Giovanni Tomasin

 

 

COMMISSIONI  - Geosito di Padriciano sotto esame a Palazzo

Oggi alle 9, nella sala del consiglio comunale, si riunisce la sesta commissione consiliare sotto la presidenza di Mario Ravalico. All’ordine del giorno la mozione presentata dalla consigliera Tiziana Cimolino sulla tutela del geosito Padriciano 504 e quella depositata dal consigliere Everest Bertoli sull’area di carico e scarico in via san Carlo.

 

 

Una balenottera avvistata al largo dell’Isola Lunga
ZARA È stata avvistata mentre “salutava” le coste della Dalmazia, dirigendosi placida verso la dirimpettaia Italia. Passando vicino ad un’imbarcazione, la balenottera comune (Balaenoptera physalus) è stata anche fotografata da un uomo a bordo, ma non si è scomposta, nuotando imperterrita, immergendosi e poi – tornando a galla – mettendo in azione lo sfiatatoio. L’avvistamento si è avuto circa 7 miglia al largo dell’Isola Lunga (Dugi otok in croato), che fa parte dell’arcipelago zaratino. A detta degli esperti, dovrebbe trattarsi di un esemplare giovane essendo lungo una decina di metri, mentre gli adulti di questa specie possono raggiungere i 23 metri e superare le 70 tonnellate di peso. Tomislav Gomer›i„, dell’istituto di biologia della facoltà zagabrese di Veterinaria, ha rilevato che queste balene appaiono di tanto in tanto nelle acque dell’Adriatico, arrivando dal Mediterraneo, dove sono presenti diverse colonie di balenottera comune. L’ultimo avvistamento di questi enormi animali è datato 2012, con protagonista una balenottera adulta notata al largo dell’isola di Lissa (Vis).

(a.m.)

 

 

CONSIGLIO COMUNALE - Confronto tra enti sulle emissioni di Co2

Si è tenuto in Consiglio comunale, alla presenza dell’assessore all’Ambiente Umberto Laureni, il primo incontro di aggiornamento del Piano d’Azione per l’Energia sostenibile (Paes). Presenti, oltre ai tecnici comunali, i delegati di Università, Regione, Area Science Park, Trieste Trasporti, Azienda ospedaliera Universitaria, Azienda sanitaria, Ater, Ezit e Autorità portuale.

 

 

DITENAVE - Convegno in Regione su mare e tecnologie

Si terrà oggi, dalle 14, nel palazzo della Regione di piazza Unità, il convegno su “Le tecnologie del mare: dal Friuli Venezia Giulia alla macroregione adriatico-ionica. Vi parteciperanno, tra gli altri, la governatrice Debora Serracchiani, il commissario dell’Autorità portuale Zeno D’Agostino e l’ad di Fincantieri Giuseppe Bono.

 

L’offensiva civica su falesie e rigassificatore - Doppio appuntamento pubblico, oggi a Duino Aurisina in Municipio e in Castello, su due temi “caldi”

DUINO AURISINA - Si discuterà di rigassificatore e falesie oggi a Duino Aurisina nell’ambito di due appuntamenti pubblici che promettono di essere molto seguiti. Il primo, in programma alle 17, al Castello di Duino dei Principi di Torre e Tasso, promosso dal Comitato “Cittadini per il golfo”, verterà sulle critiche alla proposta di costruzione di un rigassificatore alle foci del Timavo. Il secondo, che inizierà mezz’ora più tardi, in Municipio, vedrà la giunta guidata dal sindaco, Vladimir Kukanja, prendere in esame la petizione popolare che mette sotto accusa il “Regolamento della riserva naturale delle falesie”. Si tratta in entrambi i casi di argomenti di stretta attualità che, da mesi, vedono la popolazione residente nel territorio di Duino Aurisina impegnata ad approfondire le varie problematiche connesse sia all’ipotesi rigassificatore, sulla quale peraltro il Comune di Duino Aurisina si è già e più volte dichiarato contrario, sia al nuovo Regolamento per le falesie. Sul rigassificatore, pur con sfumature diverse, c’è sostanziale unità delle istituzioni e della popolazione nell’affermare un secco no alla proposta di realizzazione di un impianto di tale tipo alle foci del Timavo. «Abbiamo trattato più volte l’argomento, anche se la competenza primaria è del comune di Monfalcone, nel cui territorio si vorrebbe costruire il rigassificatore. Ma la vicinanza con il nostro Comune e le problematiche ambientali connesse, che non conoscono confini amministrativi – spiega il sindaco – devono essere affrontate anche dalla nostra amministrazione». Promotori dell’appuntamento al Castello di Duino sono i componenti del Comitato “Cittadini per il golfo”, di cui è portavoce Vladimir Mervic. «Abbiamo espresso la nostra insoddisfazione nei confronti delle controdeduzioni presentate dalla Smart gas, società intenzionata a costruire il rigassificatore – precisa Mervic – nel corso delle recente audizione avita in Municipio come Cittadini del golfo. Questa nuova opportunità di esprimere le nostre istanze è preziosa e importante». Sul fronte falesie, il sindaco Kukanja è molto preciso: «La petizione ha il suo rilievo e va analizzata dalla giunta ma bisogna ricordare che l’iter per l’approvazione del Regolamento è procedura autonoma che sta andando avanti. La bozza iniziale delineata dalla Regione è stata da noi rivista e integrata e rinviata a un nuovo esame della Regione, ente che, a questo punto, è autonomo e sovrano nella sua decisione». Mervic pone invece l’accento sul fatto che «le firme contro il Regolamento sono fioccate a centinaia a riprova della convinzione, di una buona parte della popolazione residente, che quel Regolamento è da correggere. Noi insistiamo sulla nostra linea perché convinti della bontà delle nostre deduzioni». Un falco pellegrino sulle falesie

Ugo Salvini

 

SEGNALAZIONI - Ambiente - Quei pareri sul rigassificatore

In base ai propositi e il punto di vista del “meteorologo” Gianfranco Badina si evincerebbe che le Autorità territoriali competenti a tutelare la salute, la sicurezza, gli interessi e la viabilità del territorio quali nel nostro caso la Presidente della Regione Fvg, l’attuale sindaco di Trieste, quello di Muggia, S. Dorligo della Valle, la Provincia di Trieste e il governo Sloveno non avrebbero studiato e considerato le “opportunità” offerte dalla realizzazione del rigassificatore a Zaule. Mentre mai come in questo caso i cittadini e i politici della città si sono dimostrati chiaramente e coscientemente partecipi con coerenza - e non per riscontri elettorali - contro il posizionamento del rigassificatore. Per questo motivo e con il rispetto verso la cittadinanza il sindaco Cosolini ha trasmesso ai ministeri competenti anche le proiezioni dei transiti marittimi, documenti e dati che sanciscono la conflittualità e il superamento dei limiti di sicurezza che si avrebbero nel caso il progetto si realizzasse. Il rapporto tra cittadini e classe politica sta cambiando evolvendosi all’insegna della partecipazione e consultazione. Sta diventando un processo continuo che porta alla conoscenza e ricerca di più soluzioni alle varie problematiche e all’avvio di collaborazioni per creare nuove possibilità operative con proposte e innovazioni. Non basta opporsi agli inquinamenti ambientali e politici e a tutto ciò che vi è connesso bensì portare avanti progetti reali, alternativi anche nei casi specifici per mantenere posti di lavoro, rendendoli non più dannosi alla salute o crearne nuovi.

Roberto Rozzi

 

 

LEGAMBIENTE - Raccolta di rifiuti a Canovella

Il Circolo Verdeazzurro Legambiente Trieste invita tutta la cittadinanza a partecipare alla campagna nazionale “Spiagge e fondali puliti”, con la raccolta dei rifiuti nella spiaggia di Canovella de’ Zoppoli, sabato alle 9.30.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 19 maggio 2015

 

 

Via Mazzini pedonale - Il pericolo corre all’incrocio

Nel mirino l’attraversamento di via Imbriani. Il M5S: «Grave rischio di incidenti» - Già 420 firme per la chiusura totale al traffico. Marchigiani: «Consigli benvenuti»
Gli esercenti della zona, capeggiati dai gestori di Bar Haiti e Bar Boris, spingono per la completa chiusura al traffico di via Imbriani. Sono 420 le firme raccolte.

Uno dei nodi emersi nel primo giorno feriale della sperimentazione e l’incrocio tra via Mazzini e via Imbriani dove si rischia l’incidente tra pedoni e auto.

L’Unione sindacale di base, alla luce delle modifiche ai bus, chiede invece un radicale dietrofront al Comune paventando il rischio di «un decadimento del servizio di Tpl»

Né carne, né pesce. La pedonalizzazione di via Mazzini, vista dall’incrocio con via Imbriani, appare una scelta a metà. Da una parte, è innegabile, la chiusura al traffico veicolare ha permesso ai cittadini di riconquistare buona parte della via che unisce piazza Goldoni a riva 3 Novembre. Dall’altra, però, rimangono alcune zone d’ombra che rendono tale scelta non del tutto compiuta. Nel tardo pomeriggio di lunedì, primo giorno feriale della sperimentazione, sono molte le persone che si sono godute una camminata nel bel mezzo della carreggiata. Molti i bambini, moltissime le biciclette e, all’angolo fra via Mazzini e via Imbriani, due volti noti della politica triestina, i consiglieri comunali del Movimento 5 Stelle Paolo Menis e Stefano Patuanelli. «Lavoro al numero 5 di via Imbriani – commenta Patuanelli – e riscontro quotidianamente i pro e i contro di tale scelta. Sono assolutamente a favore della pedonalizzazione di via Mazzini, purché venga fatta correttamente. Questa non è un’area pedonale, ma una zona a traffico limitato: non lo dico io, ma il codice della strada». Il nodo che Patuanelli e Menis chiedono di sciogliere prima possibile è quello che riguarda proprio l’incrocio fra via Mazzini e via Imbriani. «È troppo pericoloso – sottolineano i due consiglieri – continuare a far attraversare le macchine in questo punto in base alla segnaletica dei semafori». Un incidente sfiorato nella mattinata di sabato consente a Patuanelli di spiegare meglio l’obiezione a questa scelta del Comune: «Una famiglia in bicicletta ha percorso la via a velocità sostenuta credendola interamente chiusa al traffico. Una macchina, favorita dal semaforo verde, ha correttamente attraversato via Mazzini, dopo aver svoltato da corso Italia in via Imbriani. Si è sfiorata la tragedia». Due operatori della Polizia Locale, a due passi da piazza Goldoni, confermano la pericolosità del punto in questione. «Basterebbe impostare il semaforo sul giallo lampeggiante – spiegano – per obbligare le autovetture a dare la precedenza. Andrebbe aggiunta, inoltre, una segnaletica orizzontale e verticale in via Mazzini con lo stesso scopo». Un altro aspetto che non va giù ai grillini è l’elevato numero di deroghe al divieto di circolazione in via Mazzini. «Sono tante – confermano i due agenti – , riguardano i taxi, gli invalidi, i mezzi in servizio di emergenza, quelli in servizio pubblico, quelli che asportano i rifiuti, i carico-scarico e quelli di chi ha un cortile o un box nell’area». L’assessore alla Mobilità e al Traffico Elena Marchigiani, intercettata proprio mentre “testa” la pedonalizzazione, non si scompone più di tanto: «I suggerimenti sono i benvenuti. Approfondiremo la questione, anche se bisogna tenere conto dei lavori che riguarderanno la galleria Sandrinelli. Con il cantiere in quel tratto, infatti, l’accesso delle auto in via Imbriani servirà a decongestionare il traffico in piazza Goldoni. Già questa mattina (ieri, ndr) i nostri uffici hanno fatto un giro con la Polizia Locale per monitorare la situazione e per perfezionare la segnaletica». Sulla completa chiusura della via Imbriani, invece, si sono mobilitati in questi mesi gli esercenti della zona, capitanati dai gestori del Bar Haiti e del Bar Boris. «Va fatta una scelta coraggiosa e radicale – afferma Giuseppe Cagliani del Bar Haiti - . A sostegno di questa opzione abbiamo già consegnato in Comune 420 firme degli abitanti e dei commercianti della via». Di tutto altro avviso è l’Unione sindacale di base che, attraverso un comunicato, si attende una marcia indietro del Comune, «al fine di evitare un probabile decadimento della sicurezza e della qualità del servizio di trasporto pubblico».

Luca Saviano

 

 

Assemblea della sinistra sul nodo dell’acqua - Acegasapsamga
A quattro anni dai referendum sull’acqua cosa resta di quella grande mobilitazione di massa? È davvero impensabile un’inversione di rotta sulla “privatizzazione” di un servizio così importante? Per trovare una risposta l’Associazione politica per la Costituente della Sinistra organizza per domani, nella sala conferenze di via Tarabochia 3 nella sede di Rifondazione Comunista, un’assemblea cittadina. Un’assemblea che, proprio a Trieste, assume un sapore tutto particolare: a fine aprile, infatti, si è consumata in Municipio una rottura forse irreversibile nella maggioranza di governo proprio sull’acqua. Ciò è avvenuto dopo l’operazione del sindaco Roberto Cosolini sulle azioni di AcegasApsAgma: «Mentre a Napoli e in altri Comuni, maggioranze di centrosinistra investivano sull’obiettivo di realizzare aziende speciali sotto controllo pubblico, qui a Trieste inopinatamente si è deciso di procedere in senso opposto, fino alla conclusione di dismettere il controllo pubblico dell’Acegas» sostiene l’Associazione. Nel corso dell’assemblea sono previsti gli interventi di Marino Sossi, consigliere comunale di Sel, sull’importanza e la centralità del patrimonio pubblico e di Angelo d’Adamo, segretario della Federconsumatori di Trieste, sul ruolo pubblico dell’ex municipalizzata e sulla necessità di politiche di tutela dell’utenza. In programma anche gli interventi di Iztok Furlanic, consigliere comunale della Federazione della Sinistra, Oscar Garcìa Murga, del direttivo provinciale di Legambiente e Elena Coccia, vicesindaco della Città metropolitana di Napoli e consigliere comunale del Prc. Conclusioni affidate a Marco Bersani responsabile nazionale di Attac Italia. A presiedere i lavori Marino Calcinari.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 18 maggio 2015

 

 

Bici, sci e un “Ciao” catturati dagli ecosub in Bacino San Marco

Mare Nord Est 2015 si è chiuso con la pulizia dei fondali e la dimostrazione dei cani della scuola di salvataggio
Trieste Sommersa Diving si è affidata ai subacquei per calare il sipario sulla quarta edizione di Mare Nordest, la tre giorni di incontri e iniziative dedicate al mondo del mare. Nella giornata di ieri, infatti, una cinquantina di sub hanno portato a termine l’operazione “Clear water”, dopo essersi spesi per quasi un’ora nella pulizia del fondale compreso tra il molo Pescheria e il molo Bersaglieri. Lo scorso anno queste pulizie di primavera sui generis avevano interessato il canale di Ponterosso, sul cui fondo erano state recuperate quasi due tonnellate di rifiuti. Quest’anno è andata meglio, nel senso che le acque del bacino San Marco sono risultate più pulite, anche se non sono di certo mancate le sorprese. Le squadre di sommozzatori e apneisti, supportate dai gommoni della Guardia costiera ausiliaria, hanno individuato e recuperato una discreta quantità di bottiglie e di lattine, lanciate evidentemente in mare nel corso di nottate ad alto tasso alcolico. Maggior curiosità, però, l’ha destata il ritrovamento di un “Ciao”, un mezzo molto in voga negli anni Novanta. La stessa sorte del motorino, corroso dall’acqua marina e attaccato da centinaia di mitili, è toccata a una bicicletta “Bmx”, la cui corsa è finita ingloriosamente in mare. La raccolta è stata completata con la pesca di una transenna, di un paio di sci da discesa e di svariati chilogrammi di plastica. «Anche quest’anno abbiamo voluto fortemente riproporre questa operazione – spiega il presidente della Trieste Sommersa Diving Roberto Bolelli - il cui valore è fortemente simbolico. Il nostro intento è quello di sollecitare la conservazione dell’ambiente marino. Il mare non deve diventare una pattumiera». Gli organizzatori hanno coinvolto in questa iniziativa svariate associazioni provenienti da tutta la regione: Acqua Mission, Scuba Tortuga, Murena Diving Sporting Club, Ghisleri Sub e i friulani della Triblù si sono impegnati nel raggiungimento della mission ecologica. L’acqua torbida, dovuta alle raffiche di vento, non ha agevolato il loro compito, ma ha comunque permesso di testare le capacità tecniche di ogni volontario. «Abbiamo coinvolto tutte le didattiche della subacquea - continua Bolelli - da quelle Open ai livelli più avanzati, compresi gli istruttori. I sub sono scesi a una profondità massima di 6-7 metri, evitando così di dover effettuare delle tappe di decompressione prima di risalire in superficie». I sommozzatori, nel primo pomeriggio, hanno fatto posto a Sar, Leo, Vasco, Banshee, Keira, Nala, Ryo, Marjan, Ice, Jole e Winnypeg. La scuola cani salvataggio del Friuli Venezia Giulia, infatti, ha eseguito delle simulazioni di salvataggio in mare, nel corso delle quali è stata esaltata l’intesa fra uomo e animale. Sono state utilizzate anche delle moto d’acqua e dei gommoni, ma i protagonisti sono stati sempre loro: dei bellissimi labrador e golden retriever, ai quali si sono aggiunti un pastore australiano e un incrocio fra un labrador e un bovaro del Bernese. La loro ricompensa, per il lavoro svolto, è stata una doppia razione di affetto e coccole da parte del proprietario- conduttore. L’epilogo dei diversi eventi che hanno animato la stazione marittima si è avuto con le premiazioni dell’Underwater photo contest Città di Trieste, che ha fatto registrare delle presenze da tutta Italia, dalla Spagna, dal Belgio e dalla Croazia. I vincitori, nelle diverse categorie, sono stati Guido Villani, Alberto Gallucci, Virginia Salzedo, Vito Giannecchini, Guglielmo Cicerchia e Paola Corradi. Ad Aldo Costa è andata la menzione speciale “Pontone Ursus” da parte della giuria, mentre al toscano Guglielmo Cicerchia, componente della nazionale di fotografia subacquea, è stato assegnato il quarto Memorial Moreno Genzo, in qualità di “migliore fra i migliori”, grazie allo splendido scatto di uno scorfano.

Luca Saviano

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 17 maggio 2015

 

 

La rivoluzione “indolore” di via Mazzini

Partenza positiva per la nuova pedonalizzazione. Strada affollata da triestini a passeggio. Scongiurati ingorghi al traffico
Commercianti prudenti - Per gli esercenti servirà del tempo per valutare gli effetti della novità. «Ma per ora è andata piuttosto bene»
Ci sarà da discutere se è meglio il monopattino, la bici o lo skate. O mano nella mano, come fan tante coppie, con bimbi e passeggini al seguito. Perché i problemi che ora consegna via Mazzini pedonale, alla fine, son questi. Piace, piace molto, questo asse che collega piazza Goldoni alla rive. Una lunga passeggiata libera dagli autobus da qui a luglio. Una sperimentazione decisa dalla giunta Cosolini, ma nulla di diverso dagli altri weekend, solo che stavolta lo stop al traffico non si limiterà al sabato e alla domenica, ma sarà valido per l’intera settimana. Ieri il primo test di questo “sette su sette”. Il colpo d’occhio nell’intera mattinata, così come nel pomeriggio, dava l’idea di qualcosa di riuscito. I triestini gradiscono. Passano, con cane al guinzaglio, i disabili in carrozzina. I bambini giocano a palla, chi si fa la corsetta mattutina, chi beve il caffè seduto ai tavolini fuori. Il tratto è già terra di conquista per i vu cumprà. Il traffico comunque ha tenuto, complice la scelta di aprire via Imbriani, e le deviazioni dei bus non hanno creato il disorientamento che ci si poteva attendere, se si escludono i mugugni di qualcuno. C’è un però. La pedonalizzazione si interrompe all’altezza di via San Spiridione, una barriera che crea un’inevitabile linea di confine tra la parte alta di via Mazzini e quella bassa, verso le rive. E così adesso la città ha una via Mazzini bella, piena e animata, e un’altra brutta, triste e vuota. I commercianti ne sono consapevoli. Su, nella parte “bella”, ci si sta già attrezzando per migliorare ancora di più la zona. «Pensiamo a degli arredi urbani, con mostre artistiche, banchetti e fiori», anticipa Alberto, titolare di “Robe di Kappa”. È presto, tuttavia, per fare i conti in cassa. «Come stanno andando gli affari ora che c’è più gente? Serve più tempo per valutare – osserva Giuseppe dal suo negozio “Monti” – intanto va detto che Trieste è più vivibile, come una città europea». Marco ed Eva, di Roma, sono in vacanza qualche giorno. «Da noi non c’è una vera e propria zona pedonale – spiegano – nemmeno via del Corso lo è, perché passano continuamente troppi mezzi autorizzati e quindi sei costretto a stare sul marciapiede. Da voi invece si può camminare tranquillamente in mezzo alla strada». Pochissimi i vigili urbani in giro e qualcuno, in mattinata, ha visto passare indisturbata una Porsche con targa tedesca. Nelle vie intorno niente ingorghi. I colli di bottiglia nei paraggi, quando si creano, si devono alle auto in doppia fila o in divieto. In Corso Italia ad esempio, nel “carico e scarico” davanti a Upim, è una continua sosta selvaggia. All’una si contano quattro auto, altre sei in Piazza Goldoni, dove si svolta verso via Carducci; un punto, questo, che può creare congestionamenti tra chi proviene dal Corso e dalla galleria. Di pomeriggio va peggio: davanti all’Upim, ancora, sono ben otto le macchine in divieto, di cui due in doppia fila. Altre sei poco più su. Due hanno la multa. Alle 18 e 30 piomba la municipale: un’auto se la svigna, un’altra non ce la fa ma il proprietario riesce a convincere i due agenti e la passa liscia. È ora di aperitivo e via Mazzini, così come il resto del centro, è piena zeppa di gente, anche turisti. Ma c’è chi, come il forzista Lorenzo Giorgi, vede poco o nulla di pedonalizzato. Se così fosse «mi immaginerei una via Mazzini ripavimentata dove non esiste più la differenza tra marciapiedi e strada, analogamente a via San Nicolò, invece la via continuerà ad essere percorsa da mezzi impegnati nel carico scarico merci e taxi». Michele Lobianco di “Impegno civico” è convinto di trovarsi davanti a una scelta sciagurata. «Il traffico – afferma – sarà scaricato tutto su via Valdirivo, già appesantita dal caos quotidiano». Il rischio di intasamenti e di un aumento dell'inquinamento preoccupa anche Fareambiente, perché il vero banco di prova, più che il weekend, saranno le giornate infrasettimanali: scuole aperte, camion e gente che va al lavoro.

Gianpaolo Sarti

 

Marchigiani soddisfatta per il test superato

L’assessore Elena Marchigiani ha monitorato via Mazzini a spasso con il figlio nato da pochi giorni. Il commento, a fine passeggiata, è positivo: «Da quello che ho visto, passando stamattina (ieri, ndr), mi pare sia andato tutto bene. Direi che ha funzionato.

Ovviamente – spiega – la situazione non era molto diversa da quanto già avviene nei weekend, ma con la differenza che via Imbriani è aperta al traffico. La prova vera – ammette – sarà nelle giornate feriali. Ho sentito negozianti piuttosto contenti, ma è chiaro che per fare una valutazione attenta si dovrà aspettare un periodo più lungo. Mi hanno segnalato alcuni aspetti da migliorare – afferma – ad esempio sulla segnaletica. Ad oggi però posso dire che il bilancio è positivo, anche la Trieste Trasporti ha fatto un ottimo lavoro perché ogni fermata dell’autobus è stata attrezzata con le giuste informazioni. Lo spirito della sperimentazione è proprio questo: vedere come la città reagisce – conclude Marchigiani – perché non vogliamo affatto rivoluzionare le abitudini dei cittadini con il pugno di ferro».

(g.s.)

 

Gli undici autobus che cambiano tragitto
Da ieri sono entrate in vigore le modifiche che coinvolgono le linee 1, 5, 9, 10, 11, 17, 18, 19, 25, 28 e A
Sono undici gli autobus che, a causa della “rivoluzione” di via Mazzini, subiscono modifiche rispetto ai tragitti abituali. Si tratta delle linee 1, 5, 9, 10, 11, 17, 18, 19, 25, 28 e A: i mezzi non transiteranno più lungo la via ora pedonale nel tratto compreso tra piazza Goldoni e via San Spiridione. Nel dettaglio la 1 in direzione via Svevo attraverso piazza Goldoni arriva direttamente da via Carducci. La 5, invece, per raggiungere Roiano, da via Tarabochia si dirige in via Carducci, piazza Oberdan, piazza Dalmazia e dunque via Martiri della Libertà. In direzione di piazza Perugino, invece, il bus imbocca via Roma verso Corso Italia – piazza Goldoni. Così la 9, direzione largo Irneri: da via Battisti per via Carducci – via Valdirivo – rive con fermate di via Valdirivo (ai civici 40 e 14) e piazza Duca degli Abruzzi. In direzione di piazzale Gioberti l’autobus prende le le rive attravreso Canalpiccolo per proseguire in Corso Italia – via Imbriani. Verrà osservata la fermata di Corso Italia (nuovo capolinea 10). Dunque la 10 verso il centro: via Pellico per via Gallina – via Reti – via Carducci – via Valdirivo – rive – via Canalpiccolo – nuovo capolinea in Corso Italia (ex capolinea 11-25) anziché piazza Goldoni – via Mazzini.Poi corso Italia – piazza Goldoni per l’inversione di marcia, quindi via Pellico per poi riprendere l’abituale percorso. In questo caso le fermate previste sono in via Gallina e le due nuove fermate in via Valdirivo all’altezza civici 40 e 14. Così via pure per la 11 verso Corso Italia: da via Tarabochia per via Carducci – via Valdirivo – via Roma – nuovo capolinea in Corso Italia (ex capolinea 18) con fermate in via Carducci angolo via Crispi e una nuova fermata in via Valdirivo (al civico 40) e le fermate di via Roma (angolo via Rossini e angolo via Mazzini). Per la 17, direzione San Cilino, nuovo capolinea in piazza Tommaseo (ex capolinea 10) e dunque via Filzi. Stesso discorso per la linea 18 verso Corso Italia: da via Carducci per via Valdirivo – rive – nuovo capolinea in piazza Tommaseo (ex capolinea 28), anziché piazza Goldoni – via Mazzini – via Roma. Fermate in via Carducci (angolo via Crispi) e due nuove fermate in via Valdirivo (civici 40 e 14). In direzione di via Cumano, invece, viene osservata la fermata di Corso Italia all’angolo con piazza Benco. Cambiamenti pure per la 19 verso via Puccini: dalla Stazione Centrale si sale per Corso Cavour – rive – via Canalpiccolo – piazza della Borsa – corso Italia – piazza Goldoni, con nuovo capolinea in Stazione Centrale, all’ex capolinea 22. In direzione Stazione, invece, il mezzo imbocca via Tarabochia per via Carducci e non più via Gallina – via Reti. Pure la 25 salta il passaggio piazza Goldoni – via Mazzini per inoltrarsi in via Valdirivo- Roma da via Carducci. Per informazioni è disponibile il Numero Verde della Trieste Trasporti: 800-016675.

(g.s.)

 

 

ESPLORAZIONI PETROLIFERE IN ADRIATICO - Verdi europei a Zagabria: no alle trivellazioni

Presente ai lavori la presidente Grabar-Kitarovi„, la cui posizione sul progetto resta ambigua

ZAGABRIA Gli ambientalisti europei lanciano da Zagabria la loro battaglia contro il petrolio in Adriatico. Uniti in occasione del 22esimo Consiglio del Partito verde europeo (tenutosi nella capitale croata dal 15 al 17 maggio), i movimenti ecologisti del Vecchio continente hanno espresso all’unisono la loro contrarietà all’iniziativa del governo croato. Un fronte compatto che offre il suo pieno sostegno alla campagna già iniziata in Croazia da ORaH, la formazione verde guidata da Mirela Holy. «Il progetto di trivellazioni in Adriatico mette in pericolo non solo l’ecosistema marino, ma anche il passaggio verso un’economia basata sull’energia sostenibile e rinnovabile - afferma la co-presidente del Partito verde europeo, Monica Frassoni - siamo convinti che i popoli di entrambe le sponde dell’Adriatico, così come i turisti che vengono sulla costa croata, meritino un paesaggio migliore e non macchiato dal petrolio». Alla cerimonia di apertura di venerdì, ha preso parte anche la presidente Kolinda Grabar-Kitarovi„, poiché il Summit dei Verdi è il primo evento europeo di questo tipo a essere organizzato in Croazia, dopo il suo ingresso nell’Ue. La capo di Stato - la cui posizione rimane tuttavia ambigua sull’opportunità o meno delle trivellazioni - ha ricordato che l’Ue si è impegnata a raggiungere entro il 2020 la soglia del 20% di energie rinnovabili e ha anche espresso il suo apprezzamento per il lavoro fatto finora da ORaH nella promozione dei valori legati alla tutela dell’ambiente. Padrone di casa e co-organizzatrice dell’evento, la leader di ORaH rappresenta oggi la terza forza politica nel Paese, stando ai risultati delle ultime elezioni europee (quando Mirela Holy ha raccolto quasi il 10% dei voti). E da quando il ministro dell’Energia Vrdoljak ha lanciato la sua avventura petrolifera, ormai un anno fa, Holy ha fatto dell’opposizione al progetto il suo principale cavallo di battaglia. Il partito ha presentato formalmente un’interrogazione parlamentare al governo di Zoran Milanovi„ e, con il sostegno dei suoi alleati europei, prepara ora un’azione congiunta a Bruxelles per fermare una volta per tutte i piani dell’esecutivo. Da parte sua, il ministero dell’Economia spera di poter ultimare al più presto gli accordi con le cinque compagnie che hanno già vinto le prime dieci licenze di esplorazione in mar Adriatico. La discussione e la firma dei contratti avrebbero dovuto concludersi nell’aprile scorso, ma le richieste di Italia, Slovenia e Montenegro di partecipare alla valutazione di impatto ambientale hanno fatto slittare la scadenza inizialmente prevista.

Giovanni Vale

 

 

Logistica - Confronto portuale sul piano regolatore

Martedì alle 18, nella sala convegni dell’Hotel Greif di viale Miramare, il Propeller International Club di Trieste organizza un confronto sul piano regolatore del porto di Trieste che, dopo una serie di ritardi e intoppi, dovrebbe essere approvato a breve.

A discuterne il sindaco di Trieste Roberto Cosolini, il commissario dell’Autorità portuale Zeno D’Agostino, il capogruppo regionale di Forza Italia Riccardo Riccardi, il presidente di Italia Marittima Pierluigi Maneschi, il business development manager di Interporto di Bologna spa Angelo Aulicino e il biologo della riserva marina di Miramare Carlo Franzosini.

 

 

ALTIPIANOEST - Passeggiata per l’ambiente a Banne

In vista della giornata mondiale dell’ambiente, in programma il 5 giugno, Cai xxx Ottobre - Gruppo grotte, Gruppo Immagine di Trieste - Minimu, Associazione tutori stagni e zone umide del Friuli Venezia Giulia, Società Adriatica di Speleologia e museo Speleovivarium Pichl, in collaborazione con Museo civico di Storia Naturale Trieste, organizzano oggi una passeggiata sul percorso Banne-Trebiciano con ritrovo alle ore 9.30 davanti alla scuola Kugj in via di Basovizza 60. Prevista anche una visita al centro di interpretazione ambientale di Trebiciano. La partecipazione è gratuita.

 

 

Gruppo Urbi et Horti

Urbi et Horti e Gruppo d’acquisto solidale Decrescita felice Muggia propongono ancora oggi il corso teorico-pratico “Orto naturale e tecniche di coltivazione dolci” presso il Parco di San Giovanni a Trieste con pranzo porta & offri. Appuntamento dalle 9 alle 12 e dalle 14 alle 17. Per partecipare è necessaria l’iscrizione. Per info: Tiziana Cimolino 3287908116.

 

 

Volontari per Trieste Pulita

I volontari per Trieste Pulita si ritroveranno alle 9, nella strada tra Opicina e Fernetti (strada statale 58) dopo il cavalcavia a destra per proseguire con l’intervento di pulizia del Carso.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 16 maggio 2015

 

 

Via Mazzini riservata ai pedoni - Parte il test “sette giorni su sette” - come cambia il Borgo Teresiano
La novità riguarda il tratto fra piazza Goldoni e via San Spiridione. Via Imbriani aperta ai mezzi pubblici
Rivoluzionati i percorsi di undici linee degli autobus. Orari d’accesso per il carico e scarico delle merci

i cambiamenti ai percorsi dei bus: Linee 1-5-9-10   -   Linee 11-17-18-19-25-28-A-Abis
È arrivato il giorno della partenza. La sperimentazione di via Mazzini pedonale nel tratto fra piazza Goldoni e via San Spiridione per tutta la settimana inizia oggi e continuerà senza pause sino al 5 luglio. Un test che il Comune - in accordo con Provincia e Trieste trasporti e sentite categorie e associazioni - ha deciso di lanciare con l’obiettivo finale dell’applicazione globale del Piano del traffico. Zona off-limits per i veicoli 7 giorni su 7 dunque, con conseguenti modifiche ai percorsi di undici linee degli autobus: le variazioni sono riassunte nei grafici a fianco. In via Mazzini fra piazza Goldoni e via San Spiridione potranno comunque accedere, oltre naturalmente ai pedoni, anche i veicoli utili all’attività di carico e scarico merci fra le 5.30 e le 9.30 e dalle 13.30 alle 15.30 (con sosta nel segmento tra via Imbriani e via San Spiridione, sul lato dei numeri civici dispari, e in piazza della Repubblica sullo slargo antistante l’edificio al numero 1, negli spazi liberi), i taxi chiamati ad andare a prendere o a portare a destinazione cittadini residenti lungo quegli isolati o clienti di strutture ricettive dell’area, i mezzi privati che abbiano tale destinazione ed espongano il contrassegno rilasciato alle persone diversamente abili, i taxi in servizio per accompagnare i disabili e i veicoli di proprietari o utilizzatori di cortili, box o autorimesse ubicati in zona. Via Imbriani sarà invece sempre aperta alla circolazione.

Matteo Unterweger

 

 

Corsa ai centri di raccolta dei rifiuti ingombranti

Nei primi quattro mesi gli accessi sono cresciuti del 15% in tutta la provincia - Calano le consegne di tv e monitor e aumentano quelle di batterie e oli esausti
La coscienza ecologica dei triestini sta decisamente crescendo. Nei primi quattro mesi dell’anno sono 45.660 gli accessi ai cinque centri di raccolta dei rifiuti ingombranti, insoliti o pericolosi (quattro nel comune di Trieste e uno in quello di Duino Aurisina). Un dato che registra una crescita del 4% (oltre 1.600 accessi) rispetto al primo quadrimestre del 2014. Ancora più significativo l’aumento, nello stesso periodo, della quantità di materiali consegnati: più 15%, pari a 440 tonnellate. Nel primo quadrimestre del 2015, in media ogni mese sono dunque oltre 11mila gli “ingressi” ai centri di raccolta, con quello di San Giacomo (via Carbonara) che svolge una funzione di “traino”, avendo registrato 20.800 presenze in quattro mesi, dato che da solo rappresenta il 40% dei rifiuti raccolti e il 50% dell’affluenza. Decisamente rilevante la quantità media mensile dei vari materiali consegnati nei cinque centri, che non finiscono quindi nei cassonetti o abbandonati in discariche abusive: 1.000 tonnellate. Chiaramente sono i giorni del weekend quelli con la maggiore affluenza. Il “giorno del riciclo” è il sabato, che vede oltre 500 triestini recarsi nei vari centri per depositarvi i rifuti più vari, ma “piace” anche la domenica. Il centro di San Giacomo (l’unico aperto nella giornata festiva, dalle 9 alle 13) vede in media un centinaio di accessi. Guardano nel dettaglio le quantità dei vari “prodotti” consegnate ai centri, emergono alcuni dati interessanti sotto il profilo delle abitudini e degli stili di vita. Nei primi quattro mesi del 2015 sono calate drasticamente (-30%) le tv e i monitor. Un calo, sia pure meno rilevante, ha interessato anche i grandi elettrodomestici (effetto della crisi?), mentre si è rilevata una crescita nella quantità di piccoli elettrodomestici consegnati. Naturalmente soddisfatto, per questi risultati, l’assessore comunale all’Ambiente Umberto Laureni, che si si dice «un grande fautore dei centri di raccolta», e che in relazione appunto alla raccolta differenziata evidenzia come «nel mese di marzo abbiamo raggiunto il 37,5% sul totale dei rifiuti, con una crescita di circa l’1% nei primi tre mesi dell’anno. Un dato che ci fa ben sperare nel raggiungimento dell’obiettivo del 40% fissato per il 2015». Sempre dall’esame dei materiali conferiti nei primi quattro mesi dell’anno, emerge poi un aumento della consapevolezza del ruolo della raccolta differenziata nella salvaguardia dell’ambiente. Lo si ricava dalla forte crescita dello smaltimento di rifiuti pericolosi. La quantità di vernici è solventi è aumentata del 15%, quella dell’olio usato per i motori (e consegnato dai privati, perché le officine hanno un diverso circuito di raccolta) è cresciuta del 24% (pari a 740 chili). In aumento pure le batterie esauste consegnate ai centri: più 14% da gennaio ad aprile, pari a 2.450 chili. Dati importanti anche con riguardo alla consegna di materiali “pregiati” per la filiera del riciclo, e comunque inquinanti se abbandonati. Il riferimento è agli oli alimentari, cresciuti del 32% (pari a 1.600 chili) e alla carta (oltre alle campane, grandi quantitativi possono essere portati ai centri), la cui quantità, sempre nei primi quattro mesi dell’anno, aumentata del 20%. Ad affiancare il lavoro dei centri di raccolta ecco intanto i “sabati ecologici”, iniziativa itinerante promossa da AcegasApsAmga e dal Comune, che punta a migliorare la raccolta differenziata e contrastare l’abbandono di rifiuti ingombranti nelle strade cittadine. In nove sabati in questi mesi vengono così allestiti centri di raccolta “mobili” in diverse zone della città. In ognuno di essi i cittadini possono trovare ad assisterli gli operatori di AcegasApsAmga. Il calendario completo dell’iniziativa è consultabile sul sito www.acegasapsamga.it.

Giuseppe Palladini

 

 

Punto Franco - L’accademico  “stronca”  i fan del Tlt - in commissione
«Chi sostiene che il memorandum di Londra che revoca la costituzione del Territorio libero di Trieste non ha valore giuridico dimentica una cosa fondamentale: l’applicazione del Trattato di pace, che il Tlt invece lo prevede, non può essere invocata da cittadini o associazioni, ma a farlo deve essere uno Stato».

In questo modo Stefano Amadeo, ordinario di diritto internazionale e dell’Unione europea ha “stroncato” le velleità dei movimenti indipendentisti triestini. Lo ha fatto dinanzi alla Quarta commissione del Consiglio comunale presieduta da Anna Maria Mozzi convocata per essere informata sulle tematiche giuridiche inerenti lo spostamento del Punto Franco dal Porto Vecchio in seguito ad alcune questioni poste in particolare da Paolo Menis consigliere dei Cinquestelle. Sulla questione del Punto Franco Amadeo ha rilevato che «la sentenza del Tar sulla causa avanzata da Portocittà contro l’Autorità portuale non è sovvertibile e fa diritto e la legge Russo che permette lo spostamento del Punto Franco è sostanzialmente un copia-incolla di quella sentenza». Il Punto Franco è stato confermato dal Memorandum di Londra «per cui c’è la possibilità, puramente accademica - ha rilevato il docente - che qualche Stato si appelli contro il suo spostamento e di conseguenza venga dichiarata l’incostituzionalità della legge Russo perché non permette l’applicazione del Trattato di pace. Ma anche se il Punto Franco in Porto Vecchio non viene utilizzato risulta inapplicato il Trattato e di conseguenza la tesi largamente più accreditata è che l’area franca si possa spostare. Il presupposto è dunque che debba essere un regime flessibile e dinamico perché il Punto Franco muore proprio se non si adegua, cioé se non si sposta». Al termine l’assessore Andrea Dapretto ha specificato che lo spostamento del Punto Franco sarà l’operazione propedeutica per il passaggio dei Magazzini storici del Porto Vecchio dal Demanio dello Stato a quello del Comune che dovrà poi adottare una variante urbanistica per inglobare l’area.

(s.m.)

 

 

«Basta con le esasperazioni ambientaliste»
Il presidente di Confindustria Razeto, ospite a un convegno Pd, contesta l’opposizione ad Arvedi
Far crescere le imprese, perché solo così aumenterà l'occupazione. Questa la richiesta fatta ieri dal presidente della Confindustria locale, Sergio Razeto, alla rappresentante del governo nazionale, Teresa Bellanova, sottosegretario del ministero del Lavoro, intervenuta a un incontro organizzato dal Pd triestino, dal titolo “ItaliaRiparte - Una nuova stagione per il lavoro”. Razeto, traendo spunto proprio dal tema dell'appuntamento, ha dapprima spiegato che «il lavoro non può prescindere dall'economia, il cui sviluppo a livello internazionale oggi è favorito dal progressivo abbassamento del costo delle fonti di energia e dall'indebolimento dell'euro. Ma se tutto questo - ha osservato - porta per l'Italia solo una previsione di crescita di qualche decimo di punto, allora significa che ci sono altri problemi sul tappeto». E Razeto non ha avuto esitazioni a indicarli: «Innanzitutto le imprese sono costrette a sopportare una pressione fiscale che da noi è molto maggiore di quella di altri Paesi. Abbiamo poi una pesante burocrazia - ha aggiunto - che rallenta l'operatività e un costo dell'energia che è, per esempio, il doppio di quello che c'è in Slovenia e superiore del 50 per cento rispetto alla media europea». Razeto ha infine espresso un giudizio favorevole sulla normativa denominata “jobs act”: «Ci aiuta ad avvicinarci alle regole europee e auspico che sia estesa a tutti i lavoratori». Dedicandosi poi a temi locali, il presidente di Confindustria ha detto che «gli imprenditori vanno aiutati. Per esempio bisognerebbe smetterla con determinate esasperazioni critiche di natura ambientale nei confronti di Arvedi». Concetto ripreso poco dopo dal sindaco, Roberto Cosolini: «Dopo 10 anni di immobilismo – ha osservato il sindaco - abbiamo un grande imprenditore a Servola, che sta investendo notevoli risorse finanziarie, diamogli tempo». Cosolini ha poi evidenziato che «il nuovo futuro di Trieste si basa sul porto e bisogna che le pubbliche amministrazioni sappiano creare presupposti tali da stimolare gli imprenditori a venire a investire qui. Noi lo abbiamo fatto – ha concluso – avviando la procedura di sdemanializzazione del Porto Vecchio». Stefano Zuban, da qualche mese presidente dell'Ezit, ha ribadito che «è indispensabile che le pubbliche amministrazioni mettano a disposizione delle strutture come la nostra strumenti capaci di rendere attrattivo il nostro territorio. Per esempio – ha continuato – sarebbe fondamentale partire con le bonifiche, operazione che non può gravare sulle imprese private, che non hanno certo la responsabilità di inquinamenti avvenuti tanto tempo fa». Il convegno è stato aperto dall’assessore provinciale, Adele Pino, la quale ha spiegato che «Il Friuli Venezia Giulia è l'unica regione del Nordest che, nel 2014, non ha registrato un calo delle ore di cassa integrazione. Paghiamo purtroppo i lunghi anni di sottovalutazione della crisi».

(u.sa.)

 

 

Una vittima dell’amianto a settimana
Dati choc alla conferenza regionale. Il 93% dei casi di mesotelioma si è rivelato mortale. Una nuova mappatura dal cielo
TRIESTE Nel 2014 in Friuli Venezia Giulia c’è stato un caso di mesotelioma asbestocorrelato a settimana. Secondo il registro regionale dal 1995 al 2013 ci sono stati oltre mille casi di questa malattia mortale: come vedremo, si tratta soltanto della punta dell’iceberg. Sono tanti i dati presentati dalla sesta conferenza sull’amianto in Fvg organizzata ieri a Trieste dalla Commissione regionale che si occupa della prevenzione e degli effetti di questo materiale. Un tema la cui importanza l’assessore alla Sanità Maria Sandra Telesca ha più volte sottolineato nel suo intervento di apertura. Dietro alla parola amianto si nasconde un sistema complesso, in cui si intersecano aspetti sanitari, economici, ambientali. Tutti affrontati dalla conferenza. I nuovi dati Corrado Negro, responsabile del registro dei mesoteliomi asbestocorrelati del Fvg, ha presentato i dati più recenti: «Sono 1022 i casi registrati nel periodo che va dal 1995 al 2013. Nell’84% dei casi le persone colpite sono di sesso maschile, l’età media è di 69 anni». L’area costiera è quella più colpita: «Le province di Trieste e Gorizia contano rispettivamente il 45% e il 30% dei casi. La stragrande maggioranza delle patologie è mesotelioma della pleura». Il 93% delle persone colpite è deceduta. Il 25% sopravvive meno di sei mesi, mentre per il 30% la sopravvivenza va da uno a tre anni. L’aspettativa di vita media è di 13 mesi. L’amianto attende decenni prima di produrre i suoi effetti: la latenza media delle patologie è di 48 anni. «Nel primo anno della diagnosi più del 50% dei casi non riesce a sopravvivere - ha detto Negro -. Questo comporta problemi enormi, anche sul fronte della reperimento dei dati necessari alla ricerca». Le altre vittime Ma il mesotelioma non è la sola malattia causata dalle fibre. Secondo la letteratura scientifica per ogni vittima del mesotelioma ci sono tra l’uno e mezzo e i quattro morti di tumore al polmone provocato dall’amianto. «Si prende il mesotelioma come indice statistico perché è una malattia monofattoriale - spiega il ricercatore Enrico Bullian -, poi ci sono tutte le altre malattie causate dalla fibra». Per rendere le proporzioni del fenomeno basti pensare che nel 2014 l’Azienda sanitaria goriziana ha segnalato alla procura 280 casi di malatie asbestocorrelate, dei quali 55 mesoteliomi, 61 tumori polmonari, 164 asbestosi e altre. L’esposizione lavorativa La maggioranza delle patologie, soprattutto negli uomini, è conseguenza dell’esposizione lavorativa. «Da questo punto di vista - ha detto il dottor Negro -, l’Italia vede la maggior parte dei malati uscire dalle industrie di tipo edile. In Friuli Venezia Giulia la maggior parte dei lavoratori era invece impiegata nella metalmeccanica e nella navalmeccanica. Le mansioni più importanti sono da ricercare in quest’ultimo ambito: lavoratori navali, carpentieri del ferro, saldatori». L’insorgere delle patologie si è tristemente stabilizzato negli ultimi anni: «Nel 2014 abbiamo avuto circa un caso a settimana, in linea con la dinamica degli anni precedenti». La maggior parte delle malattie esplode dopo i 65 anni con l’eccezione della provincia di Trieste, dove i picchi principali si hanno dopo i 75 anni. Nelle donne, invece, è causa prevalente l’ambiente domestico. La giustizia Il presidente della commissione Fernando Ricca ha aperto la conferenza facendo riferimento alle recenti vicende della sentenza Eternit: «Auspichiamo che il legislatore trovi i dovuti rimedi, perché per crimini del genere non ci può essere prescrizione. Una società che non riesce a fare giustizia deve riflettere sul diritto alla vita e sul suo legame con il diritto al lavoro». Le discariche Nel suo intervento Ricca ha parlato anche dello smaltimento: «In Italia ci sono 73 discariche di amianto, delle quali 22 in esercizio, 6 in attesa di autorizzazione e 4 sospese. Gli impianti di inertizzazione sono pochi». L’unica discarica in regione è quella di Porcia: «È un impianto all’avanguardia ma il primo lotto da 200mila tonnellate si è esaurito. È stato concesso un secondo lotto da 150mila tonnellate ma si esaurirà in quattro o cinque anni». E poi? «In Germania, dove un tempo mandavamo il nostro amianto, ci hanno chiuso le porte perché stanno saturando i loro spazi. Urgono interventi urgenti e fondi alla ricerca per trovare nuove modalità di inertizzazione». Il monitoraggio Glauco Spanghero e Beatrice Miorini di Arpa Fvg hanno presentato i piani d’azione dell’agenzia per il triennio 2014-2016: «Stiamo aggiornando le ultime mappature che risalgono al 2006- 2007 - hanno detto -. Prosegue anche il lavoro di monitoraggio ambientale dell’aria per la valutazione dell’eventuale presenza di fibre di amianto». Un mezzo a cui Arpa pensa di ricorrere è quello aereo: «Attraverso un’aeromobile faremo una mappatura dell’amianto non censibile, ovvero le coperture dei privati cittadini. Non si sa quanto rappresentino in percentuale, e puntiamo a monitorarle attraverso tecnologie iperspettrali di cui si sta valutando l’applicabilità». I rifiuti Arpa ha anche fornito gli ultimi dati disponibili sulla produzione di rifiuti contenenti amianto: nel 2013 la regione ne ha prodotte 4mila 500 tonnellate. Il 94% è costituito da materiali da costruzione, soprattutto coperture, mentre il 6% consiste in materiali isolanti friabili. «Per rendere le misure del fenomeno - ha detto Miorini -, sappiate che in termini di coperture la massa di rifiuti equivale a 225mila metri quadrati, ovvero 40 campi da calcio dismessi in un anno».

Giovanni Tomasin

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 15 maggio 2015

 

 

Via Mazzini pedonale rivoluziona i bus

Da domani al 5 luglio il test fra piazza Goldoni e via San Spiridione. Percorsi modificati per 11 linee del trasporto pubblico
Via Mazzini pedonale sette giorni su sette, a partire da domani e sino al 5 luglio, comporterà una mini-rivoluzione anche del servizio del trasporto pubblico locale. Saranno infatti undici le linee degli autobus che subiranno delle modifiche ai rispettivi percorsi abituali. Gli autobus Nel dettaglio, Trieste Trasporti e Provincia in accordo con il Comune da cui è partita la proposta del nuovo test hanno definito variazioni al tragitto dei bus 1, 5, 9, 10, 11, 17, 18, 19, 25, 28 e A. In sintesi, per tutti, viene saltato il passaggio in via Mazzini, chiusa appunto al traffico veicolare da piazza Goldoni a via San Spiridione. Così, ad esempio, la 1 diretta verso la galleria di piazza Goldoni, vi arriverà direttamente da via Carducci, oppure 9, 10, 11, 18, 25 e A rimpiazzeranno la parte in questione con via Valdirivo o corso Italia, in base alla direzione della corsa. Tutti i cambiamenti sono consultabili in rete, grazie alle mappe pubblicate sul sito del Piccolo e anche su quello del Comune alla sezione Mobilità e traffico. Il Piano non si tocca La nuova sperimentazione pedonale prossima al via è stata presentata ufficialmente ieri in Comune. «Questa scelta - ha premesso l’assessore a Pianificazione urbana, Mobilità e traffico, Elena Marchigiani, anche rispondendo alle contestazioni di M5S - non corrisponde certo a una variante del Piano del traffico, che prevede anche la pedonalizzazione di via Mazzini e via Imbriani. Trattandosi però di una novità che va a modificare le abitudini dei cittadini, abbiamo optato per un’applicazione graduale, anticipando la fase relativa alla sola via Mazzini rispetto alla pedonalizzazione di via Imbriani, che rimane prevista ma avverrà in un secondo momento. Considerato fra l’altro - ha concluso - il prossimo avvio dei lavori di riqualificazione alla galleria di piazza Foraggi». Addio Pdays Con domani, quindi, cesserà di avere effetto la precedente sperimentazione - avviata dal luglio 2014 - dei Pdays, i weekend pedonali di via Mazzini e via Imbriani. E quest’ultima, appunto, rimarrà costantemente aperta alla circolazione dei mezzi. I dettagli In via Mazzini pedonale, potranno comunque entrare i veicoli impegnati nell’attività di carico e scarico merci fra le 5.30 e le 9.30 e dalle 13.30 alle 15.30, i taxi chiamati ad andare a prendere o a portare a destinazione cittadini residenti lungo quegli isolati, i mezzi privati che abbiano tale destinazione ed espongano il contrassegno rilasciato alle persone diversamente abili e i taxi in servizio per accompagnare i disabili. I commenti Marchigiani ieri ha inoltre ribadito l’importanza di una sperimentazione «realistica perché avviene in un periodo nel quale le scuole sono aperte». L’assessore comunale ha inoltre messo in rilievo l’iter partecipato con cui si è giunti all’avvio del test, non solo tramite il confronto fra enti locali ma anche con i rappresentanti delle categorie economiche, la Consulta disabili, i tassisti e Fiab Ulisse per quanto riguarda i ciclisti. E ancora ha assicurato che l’intero periodo di quasi due mesi sarà oggetto di «monitoraggio» per capire le risposte della cittadinanza. A osservare con attenzione ogni aspetto, incluso quello della «velocità commerciale» da rispettare, sarà pure la Provincia, ha garantito l’assessore ai Trasporti Vittorio Zollia, spiegando nel contempo come l’esperimento di via Mazzini arrivi in un momento particolare per il trasporto pubblico locale, alla luce della «gara regionale in corso». Da Trieste trasporti, per voce del suo presidente Giovanni Longo, l’impegno a contribuire per «la riuscita dell’iniziativa e a sostenere gli oneri derivanti dalle sperimentazioni».

Matteo Unterweger

 

Cinquestelle - Depositato l’esposto alla Corte dei conti

Piano traffico sotto accusa - Per un atto che diventerà carta straccia spesi 58mila euro
Del Piano del traffico, «finora solo promesso e mai attuato», se ne dovrà occupare la Corte dei Conti del Friuli Venezia Giulia. Sono stati i due consiglieri comunali del Movimento 5Stelle, Paolo Menis e Stefano Patuanelli, a presentare alla Procura della Sezione giurisdizionale del massimo organo regionale di giustizia contabile un esposto che, di fatto, si traduce in una pesante accusa di «immobilismo operativo» nei confronti della giunta guidata dal sindaco, Roberto Cosolini. «La Corte dei Conti – ha precisato ieri Patuanelli, illustrando l’esposto – è stata da noi interessata in quanto, per discutere di un Piano che non potrà essere attuato nei tempi previsti dalla legge e perciò il prossimo 7 luglio, data della sua naturale scadenza, diventerà carta straccia, si sono spesi 58mila euro di soldi dei cittadini. La somma – ha precisato - è servita per pagare gettoni di presenza ai consiglieri che hanno partecipato a 5 sedute del consiglio comunale e a 17 di commissioni consiliari, tutto con all’ordine del giorno questo famoso Piano». Ma per Menis e Patuanelli le principali responsabilità di Cosolini sono di carattere politico. »E’ evidente – ha ripreso Patuanelli – che il sindaco, considerato il grave ritardo con il quale si è lavorato sul Piano, procedendo a singhiozzo con piccole quanto insufficienti sperimentazioni, alla vigilia della campagna elettorale che porterà al rinnovo della carica, la prossima primavera, non intende attuare ora quelle modifiche alle abitudini dei triestini che comporterebbero disagi e, come conseguenza, notevole malcontento. Cosolini ha già di suo un problema di rapporti con la popolazione, dalla quale è molto distaccato – ha insistito l’esponente dei 5Stelle – e non vuole peggiorare la situazione». Patuanelli ha poi spiegato che «esiste una precisa disposizione di legge in base alla quale un Piano decade se non è attuato entro due anni dalla sua approvazione. La data in cui ciò accadrà è il prossimo 7 luglio». «Questa maggioranza segue alla perfezione il modello Renzi, che consiste nel promettere tanto e non mantenere – ha affermato Menis ampliando il ragionamento – e la mancata attuazione del Piano è l’emblema di questo inquietante immobilismo. Nel 2013 lo votammo perché ci sembrava valido, pur con qualche carenza. Purtroppo, dopo la pianificazione è mancata l'attuazione. Cosolini su questo fronte – ha sottolineato Menis – è peggio di Roberto Dipiazza, perché quest’ultimo non fece mai promesse sull’argomento, mentre l’attuale sindaco ha promesso a vuoto». Nel dettaglio, Patuanelli ha detto che «per le vie Mazzini e Imbriani è prevista la pedonalizzazione. La sperimentazione ha avuto un notevole successo, a detta dei pedoni e dei pubblici esercenti e dei commercianti delle due strade. La giunta non sembra però intenzionata a proseguire su questa direttrice. Ritengo – ha concluso il consigliere di 5Stelle - che l'assessore Elena Marchigiani sia veramente intenzionata a cambiare il traffico a favore delle fasce deboli, cioè pedoni e ciclisti, ma evidentemente le esigenze elettorali di Cosolini prevalgono».

Ugo Salvini

 

Il Pd difende l’operato della giunta Cosolini - «La sperimentazione è scelta responsabile»
Una risposta a M5S è arrivata ieri, nel corso della presentazione della partenza del test di via Mazzini pedonale ogni giorno della settimana, anche dalla maggioranza di centrosinistra in Consiglio comunale.

Segnatamente dal Pd, con il consigliere Mario Ravalico (presente al fianco dell’assessore Marchigiani, come i colleghi democrat Igor Svab, Marco Toncelli e Sebastiano Truglio): «Non capisco questa veemenza. Dobbiamo renderci conto - le parole di Ravalico (nella foto) - che lo strumento del Piano del traffico ha ricadute quotidiane sulle abitudini dei cittadini. È un atto responsabile, quindi, quello di procedere con questa sperimentazione in via Mazzini per acquisire nuovi dati, utili a prendere infine la decisione definitiva». All’opera di verifica e monitoraggio, prenderà parte anche la Polizia locale: i vigili urbani saranno impegnati infatti pure sul fronte dei controlli degli accessi nel tratto pedonalizzato.

(m.u.)

 

Bici elettriche, segreti e utilizzo

Tutto ciò che avreste voluto sapere sulle biciclette elettriche e non avete (ancora) avuto il coraggio di chiedere: l’appuntamento per i curiosi e gli appassionati del mondo delle due ruote è per questo pomeriggio, alle 18, con il nuovo “Aperibike”al centro bike Mathitech di viale Miramare 5 (al piano terra dello stabile di Parisi).

Un incontro da non perdere per scoprire qualcosa di più di un mezzo che sta ottenendo sempre più successo e provare magari pure dal vivo anche le e-bike. E magari si parlerà pure del contributo regionale per l’acquisto di biciclette elettriche a pedalata assistita concesso dalla Regione.

 

SEGNALAZIONI - PROGETTI La pista ciclabile di via Mazzini

“Creare una rete di piste ciclabili che offrano ai cittadini l’opportunità di muoversi in maniera sicura con la bicicletta in tutta la città e non solo in piccole parti sconnesse tra di loro”: nel 2011 Roberto Cosolini veniva eletto Sindaco di Trieste con un programma che conteneva queste parole.

Infatti fin dal suo insediamento l’attuale amministrazione ha promosso la partecipazione delle associazioni e dei cittadini alla progettazione di un nuovo Piano generale del traffico urbano, approvato nel 2013, che prevedeva la realizzazione di una rete di piste ciclabili a Trieste (il Pi-greco) che include anche una pista ciclabile bidirezionale in via Mazzini. Malgrado il ritardo finora accumulato nell’avviare la realizzazione del piano della ciclabilità, un’infrastruttura che sembrava finalmente poter essere a breve realizzata, è la ciclabile di via Mazzini. Questa è un’opera fondamentale per collegare le Rive con piazza Goldoni e poi da li andare sui due assi ciclabili del Pi-Greco che penetrano la città. Questa ciclabile, inizialmente non prevista, è stata inserita nel PGTU grazie proprio al lungo eintenso percorso di progettazione partecipata che la giunta Cosolini ha promosso e nel quale tante associazioni e cittadini hanno creduto. In questo percorso, fatto di tavoli e incontri sul territorio, c’è stata anche la possibilità per singoli cittadini e associazioni di presentare proposte migliorative. Ne sono arrivate 274, e di queste ben 172 chiedevano una pista ciclabile bidirezionale lungo via Mazzini. Tutte osservazioni che la giunta ha accolto introducendo la ciclabile di via Mazzini nella versione finale del Pgtu, votato e approvato dal Consiglio comunale l’8 luglio 2013. Questa scelta veniva confermata e rafforzata sia dall’assessore Marchigiani nel documento "Andare in bici a Trieste" da lei presentato nella Settimana europea della mobilità sostenibile 2013, sia dal sindaco Cosolini in un confronto pubblico del 14 dicembre 2013 in cui si era impegnato a realizzare l’opera nel 2014. Sembrerebbe ora che la giunta Cosolini non voglia tener conto di tutto ciò. Stanno giungendo infatti numerosi segnali di un cambiamento di posizione da parte del Comune che fanno temere che nella trasformazione della via, che partirà a fine maggio, non sarà prevista questa infrastruttura ciclistica. AvendoFiab Trieste Ulisse creduto e lavorato a fondo nel percorso di progettazione partecipata del Pgtu, e ritenendo questa un’opera fondamentale per promuovere la ciclabilità a Trieste l’associazione stessa esprime vivissima preoccupazione e si aspetta rassicurazioni al riguardo. L’associazione chiede quindi che nella delibera che la giunta approverà nei prossimi giorni per definire la trasformazione di via Mazzini ci sia la ciclabile bidirezionale in sede propria. Per sostenere questa richiesta Fiab Trieste Ulisse organizzerà a breve un Bike Pride, che percorrerà le strade della città, al quale chiediamo un’adesione convinta a tutte le persone e associazioni che credono sia importante e urgente promuovere a Trieste una mobilità sostenibile. La speranza è che questo Bike Pride possa essere l’occasione per festeggiare il rispetto del percorso di progettazione partecipata del Pgtu, con la conferma della ciclabile di via Mazzini.

Federico Zadnich - Fiab Trieste Ulisse

 

Caprioli “scatenati”, allarme a Muggia
Danni nei campi causati da decine di esemplari. De Colle: «A rischio anche la sicurezza sulle strade. La Regione intervenga»
MUGGIA «I caprioli sono diventati un problema per la sicurezza stradale, ma anche un problema per i nostri agricoltori: la Regione deve intervenire». E' un vero e proprio allarme quello lanciato da Stefano Decolle, assessore alle Attività produttive del Comune di Muggia. L'invasione “pacifica” dei caprioli pare davvero non avere più limiti. La conferma arriva da un esasperato Fulvio Tomini, titolare dell'Azienda Scheriani in via Darsella San Bartolomeo: «Basta con il buonismo degli ambientalisti, stiamo subendo dei danni ingenti, la Regione è ferma e qui sul nostro promontorio girano qualcosa come 80 caprioli, sono troppi». Non avranno l'impeto distruttivo dei cinghiali, perché operano più di fino, com'è nella loro splendida natura, però i disagi provocati sono davvero tanti. «In 40 anni che siamo qui non ho mai visto un numero così alto di caprioli - racconta Tomini - aggirarsi soprattutto di notte. Da me si sono mangiati il 90% di uva facendomi fuori la Malvasia. In questi giorni invece si stanno concentrando sui nuovi germogli». Il danno ricevuto dall'Azienda Scheriani, denunciato in Provincia, si aggira attorno ai 1000 euro. «Allora corri ai ripari acquistando i pastori elettrici che emanano delle piccole scosse che fanno sì che gli animali non si avvicinino al tuo terreno. Peccato che bisogna tirar fuori dal portafoglio altri 1000 euro», tuona Tomini. Il problema sta coinvolgendo tutta la zona verde muggesana. «Siamo in tanti a subire questi danni. Anche chi ha ulivi ha dovuto trovarsi delle belle sorprese. Mi chiedo perché gli organi competenti non intervengano». Ma come? «Semplice, basterebbe investire su un prelievo venatorio mirato con i cacciatori. Ma la Regione su questo argomento è ferma, immobile. E noi lavoriamo per pagare i danni delle bestie selvatiche», aggiunge stizzito. Darsella San Bartolomeo e Santa Barbara sono le aree più colpite. L'assessore alle Attività produttive Stefano Decolle, raccolto il malumore dei viticoltori, lancia la proposta: «Le recinzioni costano non poco. Non è giusto che paghino gli agricoltori. Sarebbe opportuno che la Provincia o ancora meglio la Regione stanziassero dei fondi per aiutare chi vive di questo». L’emergenza caprioli è strettamente legata anche ad un altro fenomeno: quello della sicurezza sulle strade. «Sono diverse le segnalazioni che mi sono giunte da cittadini che si sono visti sfrecciare questi animali davanti alle loro automobili o peggio ancora davanti al proprio scooter. Ovviamente invito sempre tutti a non pigiare sull'acceleratore soprattutto di sera o di notte perché un capriolo può essere causa di un brutto incidente», aggiunge Decolle. Il consigliere comunale del Pdl Christian Gretti racconta la sua esperienza: «Pochi giorni fa ho visto un esemplare giovane in strada per Lazzaretto vicino a Gildo. Sono molto belli, ma chi lavora in campagna si scontra quotidianamente con la realtà, per cui condivido la proposta di Decolle. Se non si pensa ad un prelievo venatorio, allora è giusto che la Regione paghi». Il presidente provinciale di Federcaccia Trieste Fabio Merlini spiega il perché di questa invasione: «La presenza dei caprioli è connessa ad un costante aumento delle superfici boschive e alla conseguente perdita di zone coltivate o prati. Da qui i caprioli tendono ad avvicinarsi sempre più alle zone urbanizzate vedi la presenza segnalata dietro la stazione degli autobus o del capriolo entrato nel primo piano di una casa a Stramare». E dietro l’angolo ci sono i cinghiali: «Sono in costante aumento - spiega Merlini - e in zona Noghere, a Zaule, a Vignano se ne vedono sempre di più».

Riccardo Tosques

 

 

ANIMALI Banchetti della Lav contro i fondi ai circhi

La Lega anti vivisezione di Trieste sarà presente domani dalle 10 alle 190in Via Ponchielli, angolo Via San Lazzaro, con un tavolo informativo dove verranno raccolte le firme per la petizione nazionale per togliere i finanziamenti ai circhi e per l’iniziativa locale sul benessere animale.

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - GIOVEDI', 14 maggio 2015

 

 

Rigassificatore GasNatural. Legambiente e WWF: “La Regione assuma una decisione sul gasdotto Trieste-Grado-Villesse”.
La battaglia contro il redivivo (ma in realtà non era mai morto) progetto del rigassificatore, proposto da GasNatural nel porto di Trieste, va condotta contemporaneamente su più fronti. Uno di questi, fondamentale, è quello del progettato gasdotto – parzialmente sottomarino – tra Trieste, Grado e Villesse, che non ha ancora ottenuto il parere ambientale dai Ministeri competenti.
Questo il senso di una nota inviata da Legambiente e WWF alla presidente del Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani, e per conoscenza ai sindaci interessati dal progetto (Trieste, Muggia, Dolina, Grado, Fiumicello, San Canzian d’Isonzo, Ruda e Villesse) al commissario dell’Autorità portuale di Trieste e alla presidente della Provincia di Trieste.
Il progetto del gasdotto era stato presentato nel maggio 2008 da Snam Rete Gas ed era cominciata la procedura di VIA (Valutazione dell’Impatto Ambientale) presso i Ministeri dell’ambiente e dei beni culturali, coinvolgendo sia la Regione, sia i Comuni interessati dal tracciato, ai quali era richiesto di esprimere un parere.
Si trattava, osservano gli ambientalisti, di una clamorosa anomalia, poiché il gasdotto sarebbe indispensabile per il funzionamento del rigassificatore di GasNatural, e non avrebbe alcun senso senza di esso. Infatti le normative vigenti – ed il semplice buon senso – prescrivono un'unica valutazione ambientale (e unico proponente) sui due progetti. Il che invece non è avvenuto, senza che gli enti interpellati rilevassero, all’epoca, l’abnorme illegalità della procedura, pur denunciata dagli ambientalisti.
Il rigassificatore ottenne così, nel luglio 2009, un decreto VIA positivo dai Ministeri competenti, poi impugnato al TAR Lazio da WWF e Legambiente, dai Comuni di Muggia e Dolina e da altri soggetti, per le numerose gravi anomalie negli studi ambientali di GasNatural e nella procedura seguita dai Ministeri per emanare il decreto favorevole. Di recente, com’è noto, anche il Comune di Trieste e la Regione Friuli Venezia Giulia hanno avviato azioni legali contro la conferma del decreto VIA del 2009, mentre Legambiente e WWF hanno richiesto al TAR la fissazione dell’udienza sul proprio ricorso.
La procedura VIA sul gasdotto di Snam Rete Gas è invece, a tutt’oggi, ancora aperta.
Questo perché nel 2010 (Giunta Tondo) la Regione aveva espresso su questo progetto un “non parere”, quanto mai ambiguo.
Malgrado un’approfondita analisi tecnica da parte degli uffici regionali, infatti, avesse rilevato il permanere di “numerose e significative criticità in merito agli impatti su diverse matrici ambientali conseguenti alla realizzazione del progetto”, la Giunta regionale dichiarò – in una dettagliatissima delibera di 14 pagine(!) – di “non poter esprimere parere di compatibilità ambientale sul progetto … non risultando evidenziata nella documentazione complessivamente presentata l’assenza di pericoli, anche solo potenziali, per la salute umana e per l’ambiente”.
Dopo di che, la delibera elencava in una decina di pagine le “prescrizioni”, segnalate al Ministero dell’ambiente “anche in vista di eventuali integrazioni allo studio presentato” da Snam Rete Gas.
Peccato però che lo studio sull’impatto ambientale del gasdotto fosse già stato integrato due volte, sia spontaneamente da Snam (2008), sia su richiesta della Regione e del ministero dell’ambiente (2009) … il che non aveva impedito agli uffici regionali di riscontrare le “numerose e significative criticità” già citate! La Giunta regionale di allora, favorevole com’è noto al rigassificatore, non aveva cioè saputo trarre le logiche conclusioni dall’analisi tecnica dei propri uffici, assumendo una posizione ambigua. In nessun conto erano stati tenuti i pareri negativi di quasi tutti i Comuni interpellati.
A fine 2011 il Ministero dell’ambiente chiedeva quindi alla Regione di chiarire la propria posizione, essendo ormai quasi pronto per la firma il decreto VIA favorevole sul progetto del gasdotto. Chiarimento che non risulta sia mai arrivato ed anche per questa ragione la procedura VIA sul progetto di Snam Rete Gas è tuttora aperta.
E’ quindi ora, sottolineano Legambiente e WWF, che la nuova Giunta regionale – più volte dichiaratasi contraria al rigassificatore – esprima finalmente un giudizio chiaro ed inequivocabilmente negativo anche sul progetto del gasdotto, traendo le logiche conseguenze dall’analisi svolta dai propri uffici. Con l’obiettivo finale di ottenere una conclusione negativa della procedura VIA ministeriale.
Si tratta, concludono gli ambientalisti, di un’azione che andrebbe ad affiancarsi alle azioni legali annunciate contro la conferma del decreto VIA favorevole sul progetto del rigassificatore.
Anche i Comuni, l’Autorità portuale e la Provincia di Trieste vengono sollecitati ad intraprendere iniziative nello stesso senso, sul piano amministrativo e politico, rivolte ai Ministri ed ai Ministeri competenti.
Il presidente di Legambiente Trieste - Andrea Wehrenfennig
Il delegato WWF per il Friuli Venezia Giulia - Alessandro Giadrossi

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 14 maggio 2015

 

 

Il principe contro il sindaco È “guerra” per il Rilke

Ricorso al Tar contro l’ipotesi di esproprio contenuta nel nuovo regolamento - Kukanja: «Al momento è solo una bozza. Manca ancora il sì della Regione»
La mediazione del comune «Siamo disponibili a modificare in parte il testo»
DUINO AURISINA No all’esproprio da parte del Comune di Duino Aurisina della Riserva naturale denominata “Falesie” e del sentiero Rilke, che ne rappresenta l’elemento più famoso e caratterizzante. A scendere in campo in prima persona per difendere quella che è una sua proprietà, cioè i 107 ettari che costituiscono la Riserva, è il principe Carlo Alessandro della Torre e Tasso. I suoi legali hanno presentato un ricorso al Tar del Friuli Venezia Giulia per opporsi all’ipotesi di esproprio che sarebbe contenuta nella delibera consiliare numero 6 del 4 marzo di quest’anno, con la quale il Comune guidato dal sindaco Vladimir Kukanja ha adottato un testo di Regolamento per l’utilizzo dell’area in questione. «Abbiamo impugnato tale regolamento – si legge in una nota diffusa dagli uffici del principe – nella specifica parte che introduce, in maniera arbitraria, la previsione di un vincolo destinato all’esproprio. Tutto questo anche in vista dell’approvazione, ancora in itinere, da parte della Regione, di tale regolamento. In questa maniera si mette la stessa amministrazione regionale nelle condizioni di rilevare l’immediata lesività di detto vincolo». È guerra legale a tutti gli effetti, dunque, fra il principe Carlo Alessandro e il Comune, con i legali del primo pronti a spiegare le argomentazioni portate a sostegno della tesi sulla quale dovrà esprimersi il Tar. «L’articolo 18 della legge regionale n. 42 del 1996, nell’elencare i possibili contenuti dei regolamenti destinati a disciplinare l’uso delle Riserve, non contempla l’eventualità di apporre vincoli preordinati all’esproprio. Inoltre – aggiungono i legali del principe – l’articolo 10 del Dpr n. 327 del 2001, in sostanza il Testo unico sugli espropri, indica tassativamente gli atti idonei a disporre sui beni vincoli finalizzati all’espropriazione e l’attuale vincolo non solo non risulta introdotto da alcuno di tali atti ma è addirittura escluso dal Piano di conservazione e sviluppo della Riserva (il cosiddetto Pcs, ndr)». Infine, nel documento diffuso dagli uffici del principe, si tocca un altro argomento, che è poi quello più importante sotto il profilo economico, perché relativo al valore commerciale dell’area. «Il principe della Torre e Tasso – conclude la nota – non ha mai ricevuto alcun avviso di avvio del procedimento, elemento che sarebbe stato necessario almeno per bilanciare l’autonoma iniziativa da parte del Comune con la Regione e per non pregiudicare qualsiasi ipotetica trattativa di acquisto che interessasse l’area in questione». Dagli uffici del Castello di Duino si fa anche sapere che «è necessario che sia chiarito in ogni aspetto l’elemento che riguarda l’individuazione del soggetto che ha la responsabilità di ciò che accade nella Riserva e, più specificamente, sul sentiero Rilke, attualmente sotto la gestione del Comune». La risposta del Comune? Il sindaco Kukanja, dopo aver osservato che «il documento al quale eventualmente ci si potrebbe opporre deve essere ancora scritto, perché siamo in attesa del sì della Regione a quella che, a oggi, è solo una bozza di regolamento», affida al consigliere comunale di Sel, Maurizio Rozza, il compito di illustrare la posizione dell’amministrazione. «Innanzitutto, nel testo del regolamento si parla di acquisizione e non di esproprio. E, in ogni caso, non è quello il documento contro il quale fare eventualmente ricorso, ma il Piano di conservazione e sviluppo della Riserva, cioè il “Pcs”. Il regolamento – afferma Rozza – è stato da noi redatto in perfetta conformità con ciò che la legge prevede. La mossa del principe della Torre e Tasso mi sembra finalizzata piuttosto a originare da subito una pressione, peraltro legittima, sulla nostra amministrazione e su quella regionale, in vista di future operazioni. Credo che il principe faccia riferimento a una vecchia stima di valore della zona, che non è più attuale, perché nel frattempo è nata la Riserva, con rigorosi vincoli di natura paesaggistica». In ogni caso Rozza, facendo intravedere la volontà di andare incontro alle esigenze del principe, si manifesta «la disponibilità a togliere il passaggio richiamato nel ricorso e a modificare in parte il testo».

Ugo Slavini

 

 

 

 

FERPRESS.it - MERCOLEDI', 13 maggio 2015

 

 

Slovenia: entro l’estate opzioni PPP per finanziamento raddoppio ferrovia Capodistria-Divaccia
Entro l’estate il Governo sloveno discuterà le possibili opzioni di partenariato pubblico-privato per il finanziamento del secondo binario della ferrovia Capodistria-Divaccia.

Lo ha riferito alla stampa il ministro per le infrastrutture della Slovenia, Peter Gaspersic. Il progetto comporterà un costo complessivo di 1,4 miliardi di euro, ed è stato inserito a febbraio tra le iniziative sottoposte alla UE per richiedere il cofinanziamento nell’ambito della CEF (Connecting Europe Facility).
 

 

GREENSTYLE.it - MERCOLEDI', 13 maggio 2015

 

 

RAEE: nuovo metodo permette recupero terre rare con raggi UV
Le terre rare sono una serie di elementi della tavola periodica chiamati così perché i primi furono isolati da ossidi non comuni. In realtà, sulla crosta terreste sono presenti in concentrazioni relativamente elevate, ma sono difficili da estrarre. Si tratta di sostanze che vengono utilizzate nei settori dell’alta tecnologia, spesso come superconduttori, magneti e catalizzatori. Proprio per la difficoltà di reperirli si sta cercando sempre di più di recuperarli dagli apparecchi che vengono dismessi per poterli poi riciclare.
Finora i metodi utilizzati, soprattutto per alcuni, sono stati complicati, costosi e poco efficienti. Ora i ricercatori del KU Leuven Department of Chemical Engineering (in Belgio) hanno scoperto un nuovo metodo per l’estrazione di due di questi elementi, europio e ittrio, che usa i raggi ultravioletti invece dei normali solventi. Un metodo più semplice e “pulito”, spiegato in una pubblicazione uscita recentemente sulla rivista Green Chemistry.
Europio e ittrio possono infatti essere recuperati dal fosforo rosso, una polvere che viene utilizzata nelle lampade fluorescenti come i tubi al neon. Questo metodo potrebbe allora rappresentare una buona prospettiva per migliorare e aumentare il riciclo di lampade fluorescenti e delle lampadine a basso consumo energetico.
Prima di questa scoperta quello che veniva fatto era sciogliere europio ed ittrio in una soluzione acida acquosa, alla quale venivano aggiunti un estraente e un solvente. Questo portava alla formazione di due fasi: una acquosa contenente le terre rare, l’altra composta da uno strato di solvente, con l’estraente.
Quando le due fasi venivano a contatto uno dei due elementi era estratto dal solvente, mentre l’altro rimaneva in soluzione. Un processo che doveva essere ripetuto più e più volte per risultare efficiente e che prevedeva l’utilizzo della chimica. Questo nuovo metodo sfrutta invece i raggi UV, come ha spiegato Bart Van den Bogaert, dottorando presso il KU Leuven:
La luce UV influenza le particelle caricate elettricamente note come ioni. Sia europio che ittrio hanno tre cariche positive per ione. Quando illuminiamo con luce UV la soluzione di europio e ittrio aggiungiamo energia al sistema. Come risultato, una carica positiva per lo ione europio viene neutralizzata. Quando si aggiunge solfato, solo l’europio reagisce con esso. Il risultato è un precipitato che può essere facilmente filtrato, mentre l’ittrio rimane nella soluzione.
In tal modo si arriva ad un estrazione di europio al 95%, mentre alla fine del processo si riesce ad estrarre anche un’elevata percentuale di ittrio dal precipitato: ne rimane solo l’1,5%. Tutto questo senza utilizzare sostanze chimiche nocive. Come sempre la ricerca prosegue e il team che ha condotto lo studio prevede ulteriori miglioramenti nell’efficienza del processo.
Rossana Andreato

 

 

Comuni rinnovabili 2015: Legambiente premia Campo Tures
Gli impianti energetici che sfruttano le fonti rinnovabili sono presenti in tutti gli 8.047 Comuni italiani. In ogni Comune italiano è presente almeno un impianto fotovoltaico. Sono i dati incoraggianti emersi dal rapporto di Legambiente Comuni rinnovabili 2015 presentato oggi a Roma.
I dati raccolti dall’associazione ambientalista nel report, giunto quest’anno alla sua decima edizione, testimoniano la grande crescita delle energie rinnovabili nel bilancio energetico delle amministrazioni locali. Dieci anni fa solo 356 Comuni italiani possedevano impianti rinnovabili. Nel 2007 la cifra è salita a quota 3.109. Nel 2009 ben 6.993 Comuni contavano impianti rinnovabili sul loro territorio, fino ad arrivare al 2015 con la totalità dei Comuni che coprono parte dei consumi energetici grazie alle fonti pulite.
In Italia l’impegno dei Comuni a favore delle energie pulite ha portato la fetta di elettricità coperta dalle rinnovabili dal 15,4 al 38,2% in soli 10 anni. L’Italia detiene inoltre il primato in Europa e nel mondo per il contributo del solare alla copertura del fabbisogno elettrico nazionale.
Grazie alle smart grid e ai sistemi di accumulo oggi le fonti rinnovabili forniscono al Paese 118 TWh per un totale di 800 mila impianti elettrici e termici. L’impatto dell’incremento della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili è stato importante per l’economia italiana perché ha ridotto i costi dell’energia, alti a causa di un’eccessiva dipendenza dalle importazioni.
Anche sotto il profilo della salute pubblica e dell’impatto ambientale, i vantaggi sono stati evidenti. Dal 2005 la produzione di elettricità da fonti fossili in Italia si è ridotta del 34,2%, con una conseguente diminuzione delle emissioni di gas serra, dannose per il clima e per i cittadini.
Nel corso della presentazione del rapporto Comuni rinnovabili 2015 Legambiente ha premiato Campo Tures, un Comune altoatesino alimentato al 100% da un mix di fonti pulite. Oltre a Campo Tures in Italia si contano altri 34 Comuni che riescono a soddisfare e addirittura superare il loro fabbisogno energetico, sia elettrico che termico, grazie alle energie rinnovabili. In Italia si contano poi 2.809 Comuni che producono più elettricità del fabbisogno interno ricorrendo alle fonti pulite.
Legambiente oggi ha premiato anche il Comune di Forlì per l’innovazione in campo energetico ottenuta con il campo solare termico a concentrazione, destinato a utenze industriali e realizzato interamente con materiali riciclabili. Il Comune di Celle San Vito, in Provincia di Foggia, si è invece aggiudicato il premio “Buona Pratica per l’efficienza energetica” per la riqualificazione energetica e l’integrazione degli impianti rinnovabili negli edifici.
Malgrado i dati positivi del rapporto Comuni rinnovabili 2015, il vicepresidente di Legambiente Edoardo Zanchini spiega che resta ancora molto da fare per sostenere lo sviluppo delle energie rinnovabili in Italia. La nuova potenza installata annualmente sta infatti diminuendo rispetto agli anni scorsi.
Basti pensare che negli ultimi due anni la nuova potenza fotovoltaica installata è stata di 1.864 MW contro i 13.194 MW del biennio 2011-2012. Un declino delle nuove installazioni osservato anche per le altre fonti rinnovabili, a seguito dei tagli agli incentivi e dell’instabilità delle politiche energetiche.
Per risollevare gli investimenti ed evitare la fuga di capitali all’estero Legambiente e le associazioni di settore chiedono normative nazionali più chiare e lungimiranti e una serie di misure, dall’istituzione di una carbon tax allo sviluppo di smart grid, volte a ridurre la dipendenza dai combustibili fossili a favore delle rinnovabili.
Marco Mancini

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 13 maggio 2015

 

 

Grado nel club delle spiagge top d’Italia

L’Isola d’oro riconquista la Bandiera blu. Premio confermato anche a Lignano. Apprezzati servizi e qualità del mare
GRADO È relativamente facile riceverla, ben più difficile riuscire a mantenerla. Ma Grado e Lignano continuano a issare la Bandiera Blu sui pennoni più alti: l’Isola d’oro per la 26.a volta, mantenendo così il record assoluto in Italia in fatto di assegnazioni ricevute assieme alla località di Moneglia in Liguria; Lignano è solo un giardino più sotto, a quota 25. L’annuncio delle prescelte è stato fatto ieri mattina a Roma, nella sede della Regione Lazio, dal professor Claudio Mazza, presidente della Fee, Foundation for environmental education. Sono 147 contro le 140 dello scorso anno (in realtà si tratta di 11 nuovi ingressi a fronte di quattro uscite, due dell’Abruzzo e altrettante della Sicilia, ndr), le località rivierasche che hanno ricevuto il riconoscimento, in rappresentanza di 280 spiagge italiane. Quelle nazionali rappresentano in realtà il 7 per cento delle spiagge premiate a livello internazionale. Le valutazioni fatte quest’anno non prendono in esame solo i dati rilevati nella passata stagione, ma si basano anche sull’esito degli ultimi 4 anni di prelievi e analisi delle acque di balneazione effettuate dalle Arpa per conto del Ministero della Salute. È questo il riscontro principe per vedersi assegnata la Bandiera Blu, al quale si aggiungono l’educazione ambientale, destinata in particolar modo ai ragazzi, che i Comuni attuano per preservare l’ambiente e promuovere il turismo sostenibile, come ha precisato il presidente della Fee Italia. Altri dati di rilievo presi in esame riguardano gli impianti di depurazione, la raccolta differenziata, la valorizzazione delle aree naturalistiche, la cura e l’assetto delle spiagge. Un ulteriore indicatore preso in esame è quello della “possibilità di accesso al mare per tutti senza limitazioni”. Tutte cose che le due capitali del turismo estivo regionale, Grado e Lignano, hanno e fanno nel migliore dei modi. Non bisogna inoltre dimenticare, secondo Mazza, l’azione di sensibilizzazione intrapresa affinché i Comuni portino avanti un processo di certificazione delle loro attività istituzionali e delle strutture turistiche che insistono sul loro territorio. Grado in particolare ha conseguito anche la certificazione internazionale Iso 14001, ben evidenziata anche sulla carta intestata del Comune, che si ottiene ponendo sotto attento e scrupoloso controllo tutti i fattori ambientali del territorio, spiagge comprese. Per l’assegnazione delle Bandiere Blu va poi evidenziato il supporto alla Fee del corpo delle Capitanerie di Porto che proprio quest’anno festeggiano il 150° anniversario di fondazione. A parlare di questi aspetti ci ha pensato l’ammiraglio Felicio Angrisano, Comandante generale delle Capitanerie di Porto. Per chi si presenta ai turisti con un biglietto da visita contrassegnato dalla Bandiera Blu è evidente che, specialmente in Europa, gioca con tanti punti di vantaggio rispetto ad altre località. «Grado e Lignano – ha affermato Claudio Mazza - hanno ben meritato la Bandiera Blu poiché seguono il percorso senza mai abbassare la guardia, avendo ben coscienza che il patrimonio ambientale è in ogni caso parte integrante dell’offerta turistica. E oggi ancor più di ieri richiesto dal mercato turismo internazionale». E per il 2016 è prevista un’altra stretta ovvero altri parametri o una ancor più marcata osservazione di quelli attuali, in particolar modo legati alla gestione del territorio. «In questo momento di difficoltà economiche – ha concluso il presidente della Fee Italia - i Comuni devono risparmiare da altre parti per porre sempre maggiore attenzione all’ambiente e alla gestione del territorio. Purtroppo qualcuno sta invece regredendo in tal senso».

Antonio Boemo

 

 

Viabilita' - Via Mazzini pedonale - Vertice tra Fiab e giunta

Un passo avanti su via Mazzini ciclabile. Così la Fiab Ulisse definisce l’incontro avuto con l’assessore Elena Marchigiani.

«Durante il vertice - spiega la Fiab -, si è discusso di come realizzare un percorso ciclabile che garantisca anche sicurezza ai pedoni, e della necessità di dare continuità all'itinerario ciclabile di via Mazzini anche nella parte bassa della via.

 

 

«Il Comune affidi ai volontari la cura dei sentieri in Carso»
PROSECCO - In tempi di vacche magre e spending review, manutenzioni e pulizie sul territorio comunale nella parte est del Carso potrebbero essere effettuate dalle associazioni locali. La proposta arriva dal Consiglio Circoscrizionale di Altipiano Est con una mozione approvata a maggioranza.

«Negli anni passati nel nostro comprensorio sono stati portati a termine diversi interventi di valorizzazione di sentieri, piste ciclabili e aree verdi - si legge nel documento - con notevole impegno di soldi pubblici provenienti da finanziamenti regionali e europei». Parallelamente a quanto successo lungo Altipiano Est, nella vicina Slovenia sono stati rivalutati altri sentieri e percorsi con i contributi Interreg. Grazie a questi interventi a cavallo del confine, osserva il Consiglio, è stato creato un parco transfrontaliero di notevole interesse ambientale, naturalistico e culturale, con delle ricadute non indifferenti sotto il profilo della fruizione turistica. Purtroppo la mancanza di fondi e la crisi in atto non ha consentito di effettuare degli interventi di manutenzione ove necessario. Il risultato è sotto gli occhi di tutti. Sentieri e ciclopedonali sono in diversi punti degradati o rovinati, e il pregevole lavoro eseguito in passato è andato in fumo. «Ovviamente ci si rende conto che dare in appalto i lavori di manutenzione comporterebbe dei costi elevati - osserva il parlamentino - e pertanto insostenibili». Tuttavia una soluzione c’è. Il consiglio evidenzia come recentemente diverse associazioni del territorio abbiano eseguito delle opere di manutenzione e pulizia di aree verdi e percorsi nello spirito del volontariato. «Le persone che animano questi organismi – spiega il presidente di Altipiano Est Marco Milkovich – sarebbero disposte a cimentarsi in questi lavori con regolarità. Già in passato il Comune aveva stipulato un accordo con delle gruppi privati concedendo loro un contributo per le spese susseguenti ai lavori eseguiti su aree verdi». (m.l.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 12 maggio 2015

 

 

Roma accelera sul “sì” al rigassificatore

Il ministero dello Sviluppo convoca per il 19 la Conferenza dei servizi sull’autorizzazione. Ma serve il via libera della Regione

il premier DECISIVO - L’ultima parola spetterà a Renzi se non si troverà l’intesa
La convocazione tanto temuta, alla fine è arrivata: le amministrazioni e gli enti territoriali sono stati convocati martedì 19 maggio alle 10.30 al Ministero dello Sviluppo economico alla Conferenza dei servizi per l’Autorizzazione unica al rigassificatore di Gas Natural a Zaule. Nessun tentennamento o rinvio dunque da parte del Governo e la minaccia assume così contorni sempre più definiti. Ora nessun colpo di scena può essere escluso a priori, ma un copione di cosa accadrà è già stato tracciato dagli stessi protagonisti: la Regione non dàrà il proprio assenso al Mise per cui l’ultima parola passerà in capo allo stesso premier Matteo Renzi il cui decisionismo è riconosciuto. «La nostra posizione non è minimamente cambiata - ha confermato ieri l’assessore regionale all’Ambiente Sara Vito - la contrarietà all’impianto è totale, della medesima opinione sono tutte le amministrazioni territoriali, per cui credo che abbiamo tutte le carte in regola per farci valere anche se eccezioni di tipo prettamente ambientale non possono più venir avanzate». Vito riferisce che l’amministrazione regionale ha anche aperto un tavolo interdirezionale per tracciare la strategia d’opposizione. «Il percorso comunque dovrebbe essere tracciato - aggiunge - mancata nostra intesa con il Mise e decisione che passa alla Presidenza del Consiglio». Il 30 marzo rispondendo a un’interrogazione del deputato triestino Aris Prodani, il sottosegretario all’Ambiente Silvia Velo ha affermato che «il definitivo parere della Commissione tecnica Via-Vas ha evidenziato che non si riscontrano ulteriori incompatibilità con le componenti ambientali esaminate causate dalle previsioni del nuovo Piano regolatore del porto di Trieste anche a seguito degli approfondimenti del quadro ambientale e degli studi effettuati da parte dell’Autorità portuale». La pratica ha dunque lasciato definitivamente le stanze del ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti per entrare in quelle del ministro per lo Sviluppo economico Federica Guidi dove appunto si svolgerà la riunione di martedì prossimo. Ma già qualche giorno prima, il 19 marzo, ancora più chiaro era stato il sottosegretario allo Sviluppo economico Claudio De Vincenti. Rispondendo a un ’interrogazione di alcuni parlamentari di Sel tra i quali Serena Pellegrino aveva sottolineato che «il ministero dello Sviluppo economico non può negare l’autorizzazione alla costruzione senza un motivo giuridicamente valido, né esprimersi sull’incompatibilità dell’infrastruttura con il traffico marittimo del porto di Trieste, poiché sull’argomento si è già espresso il ministero dell’Ambiente». Ma ha anche specificato che «la normativa sul procedimento amministrativo prevede che il ministero dello Sviluppo economico non possa rilasciare l’autorizzazione all’infrastruttura senza un’intesa con l’ente regionale». Cosa accadrà da martedì in poi lo aveva anticipato negli stessi giorni la stessa governatrice Debora Serracchiani: «L’intesa Ministero-Regione è necessaria. Se non viene raggiunta la palla passa alla Presidenza del Consiglio. E quale sia la posizione di questa amministrazione regionale è evidente: la nostra non è una contrarietà pregiudiziale agli impianti di rigassificazione, ma è incentrata su questo tipo di impianto in questa specifica ubicazione». «Andremo a ribadire in modo estremamente fermo le nostre posizioni tutte egualmente negative», annuncia il sindaco Roberto Cosolini. E se l’assessore comunale all’Ambiente Umberto Laureni ricorda che l’opposizione all’impianto ha un’arma in più rappresentata dagli studi geologici sui movimenti della faglia, l’assessore provinciale Vittorio Zollia pone un’eccezione preliminare: «È opportuno che tutte le amministrazioni, in particolare Regione, Provincia, Comuni e Autorità portuale, si trovino per un incontro preliminare per fare congiuntamente presente a Roma che la Conferenza dei servizi è stata convocata in termini eccessivamente ravvicinati e tali da non permettere ai Consigli degli enti territoriali di votare nuovi documenti con prese di posizione aggiornate».

Silvio Maranzana

 

 

Petizione anticokeria a Palazzo
Consegnate in Regione più di 10mila firme per chiedere lo stop dell’impianto
Due petizioni, sottoscritte da oltre 10mila persone, una per fermare l'inquinamento causato dalla cokeria della Ferriera nella zona di Servola, l’altra perché il Circolo Miani non venga sfrattato, causa morosità da tre anni, dall’alloggio Ater che sta occupando e da cui è già stato intimato per sei volte di andarsene. Le hanno presentate ieri mattina al presidente del Consiglio regionale, Franco Iacop, il primo firmatario e presidente del Circolo Miani, Maurizio Fogar, e Romano Pezzetta del Circolo Servola Respira, accompagnati rispettivamente dai consiglieri regionali M5S e Pd Andrea Ussai e Franco Rotelli. Sul primo fronte, Fogar ha ricordato che la stessa Arpa nel 2009 ha stabilito che i fumi della Ferriera interessano un raggio di cinque chilometri, perciò anche la raccolta delle firme non è avvenuta solo nei soliti rioni di Servola, Chiarbola e San Sabba, ma anche nelle zone del centro città, riscontrando un interesse altissimo e immediato da parte della gente. Lunga la lista delle richieste contenute nella petizione: la chiusura dell’impianto di cokeria; il fermo anche dell'altoforno, con la verifica del rispetto delle prescrizioni sui lavori di bonifica da effettuare indicati nella perizia della Procura della Repubblica e nelle prescrizioni regionali; il mantenimento dei livelli occupazionali attraverso l'impiego del personale nella rimozione della cokeria e delle bonifiche e messe in sicurezza. «Oltre al fatto - ha aggiunto Pezzetta - che i rilievi delle centraline sono inadeguati e non tengono conto dell'insieme dei fattori inquinanti che respiriamo».

 

 

Task force per proteggere l’orso
Protezione civile e volontari mobilitati a Fogliano per evitare un possibile investimento dell’animale
FOGLIANO Un considerevole spiegamento di uomini si è registrato in seguito alla presenza dell’orso, l’altra notte, nel territorio di Fogliano Redipuglia tra l’Isonzo e l’agriturismo “Le Giarine” dove il plantigrado ha fatto una scorpacciata del miele contenuto in due arnie. Una mobilitazione decisa per facilitare il più possibile il passaggio dell’orso in modo che l’animale non facesse male a nessuno e che tantomeno venisse fatto del male a lui. Dopo aver rilevato alcune impronte che hanno avvallato la sua presenza in paese, è sorta l'idea in particolare da parte di un gruppo di esperti che l’animale potesse essersi fermato in zona per dormire, per muoversi successivamente ancora in direzione Est e verso il Carso nel corso della notte. Il Corpo forestale regionale, che coordinava le operazioni, ha chiesto il supporto della Protezione civile e di conseguenza il sindaco, Antonio Calligaris, ha attivato le squadre del Distretto Carso-Isonzo. Sono scese in campo cinque squadre per turno, ciascuna composta da due volontari e dotata di un mezzo. Sono state divise e impiegate su due turni, rispettivamente dalle 19.30 alla mezzanotte e poi da mezzanotte fino alle 5.30, per un totale di 20 volontari delle squadre di Fogliano Redipuglia, Ronchi dei Legionari e San Pier d'Isonzo. I mezzi della Protezione civile sono stati posizionati con i lampeggianti accesi lungo le strade che si presumeva l'animale potesse attraversare, ovvero la Provinciale 1 e la Regionale 305, per costringere eventualmente gli automobilisti a rallentare. Le due strade, il sabato sera sono, almeno fino a una certa ora, molto trafficate e il dispositivo è servito così a evitare il più possibile il pericolo di un investimento dell'animale. I mezzi sono stati posizionati alla rotonda di Fogliano, al sottopasso autostradale, al confine con Ronchi dei Legionari, al sovrappasso dell'autostrada di San Pier e all'altezza della zona artigianale. La Forestale, regionale, dal canto suo, ha dispiegato uomini in alcuni punti di osservazione e due squadre equipaggiate con armi per sedare l'animale, pronte a intervenire solo nel caso di necessità e pericolo: una nei campi a ridosso dell'agriturismo “Le Giarine”, a difesa dell'abitato, e una in posizione baricentrica presso la stazione ferroviaria. Il tutto è stato coordinato dalla sede della Protezione civile presso la ex caserma dell’Ardenza. Allertati anche i carabinieri di Gradisca e le Ferrovie. In questo senso si è mantenuto un profilo basso al fine di evitare allarmismi, ma soprattutto il pericolo rappresentato dall’arrivo di curiosi che avrebbero potuto mettere in pericolo, oltre che se stessi, anche la tranquillità dell'orso. Solamente per precauzione la prima serata del Maggio musicale è stata trasferita dalla chiesetta di Santa Maria in Monte alla sala Marizza in pieno centro abitato.

Luca Perrino

 

Cresce il numero dei cinghiali nell’Isontino - Previsto l’abbattimento di 535 esemplari
La popolazione dei cinghiali sembra essere tendenzialmente in calo eppure nella zona di Piuma la presenza di questi animali rimane un problema.

Venerdì si aprirà la caccia di selezione, ma gli ungulati hanno imparato che il parco sull’Isonzo rappresenta per loro un rifugio sicuro dove i cacciatori non possono sparare. Di notte non è difficile vederne nel quartiere e la presenza dell’uomo non li spaventa, anzi. Ad attirarli è il cibo e il fatto che in quest’area non abbiano antagonisti naturali favorisce il loro prolificare. Secondo il censimento animali effettuato a metà marzo, nei 9.500 ettari del Distretto venatorio numero 7 “Collio” sono presenti 357 esemplari di varie età. Calcolando un incremento annuo della specie del 150%, per contenerne l’espansione la Regione ha approvato un piano d’abbattimento di 535 cinghiali. Stefano Bizzi

 

 

Salute - Conferenza annuale sull’amianto in Regione

Gli assessori a Salute ed Ambiente del Friuli Venezia Giulia, Maria Sandra Telesca e Sara Vito, presenteranno la sesta conferenza regionale sull'amianto nel corso di un incontro con la stampa. L’appuntamento è in programma domani alle 13.30 nella sala Verde del Consiglio regionale in piazza Oberdan a Trieste

 

Informest - Incontro pubblico sulle energie rinnovabili

Efficientamento energetico degli edifici pubblici dal Fvg al Mediterraneo e utilizzo di fonti rinnovabili. È il tema al centro della conferenza finale del progetto “Remida”, a cura di Informest, in programma a Gorizia domani dalle 9 a Palazzo Attems Petzenstein. Tra gli altri interverranno l’assessore Sara Vito e il presidente Informest Enrico Bertossi.

 

 

Nord Adriatico, tutti i volti del nostro blu
Da venerdì alla Stazione marittima di Trieste tanti percorsi alla scoperta delle realtà marina
Che succede a un delfino quando il suo sensibilissimo sistema acustico è aggredito da rumori forti come quelli prodotti da attività antropiche sommerse? Può soffrire a livello fisiologico, ma possono risentirne anche le sue abitudini sociali. Di protezione, interventi in mare e di molto altro si parlerà a Trieste, durante la quarta edizione di Mare Nordest, intitolata “Un mare di realtà: lavoro, progetti e divertimento”. Organizzato dall’associazione cultural-sportiva Trieste sommersa diving (Tsd) - che dal 2002 si impegna in iniziative mirate alla tutela, alla conoscenza e alla promozione del Nord Adriatico - l’evento è a ingresso gratuito e si svolgerà da venerdì a domenica alla Stazione Marittima di Trieste (info: www.marenordest.it/il-programma/). «Quest’anno il programma è assai ricco» spiega Roberto Bolelli, presidente di Tsd. «Oltre a temi scientifici legati al mare parleremo di cantieristica delle navi passeggeri, lavoro nella Marina Militare, apnea, itticoltura. Ci saranno esibizioni di canottaggio, moto show, apnea, salvataggio con i cani e un concorso fotografico legato al mare». Quanto alla tutela dei mammiferi dai rumori molesti, il tema sarà presentato da Ilaria Biagiotti, ricercatrice del Cnr-Ismar di Ancona che si occupa dal 2014 di monitoraggio di mammiferi marini in Adriatico. «Proteggere il mare e i suoi abitanti è il tema della Direttiva quadro europea (2008/56/CE), recepita in Italia con decreto n. 190 del 13/10/2010», spiega Biagiotti. La Direttiva stabilisce che gli stati membri raggiungano buone condizioni ambientali per le proprie acque entro il 2020. «Concretamente, che si adoperino anche per tutelare i mammiferi marini dal rumore che invade il mondo sommerso». Proprio questa è l’attività dei cosiddetti Marine mammal observer che dal 2014 a oggi, su richiesta del Ministero dell’Ambiente, impiega più di 20 esperti in attività di monitoraggio acustico e visivo dei mammiferi marini in alto Adriatico, 24 ore al giorno durante la costruzione di piattaforme metanifere. Dice Biagiotti: «Il rumore prodotto dalla costruzione di piattaforme off-shore potrebbe avere effetti negativi sull’apparato acustico e alterare la comunicazione di tursiopi, stenelle, delfini e altri mammiferi marini. Noi possiamo intervenire tempestivamente e chiedere alle compagnie di ridurre, o sospendere, le attività in caso di avvistamento di individui o di gruppi». Il primo anno e mezzo di monitoraggio ha confermato che l’alto Adriatico è ricco mammiferi marini. Ma, come avverte Biagiotti: «È troppo presto per dire se queste attività provochino effetti a lungo termine sulla loro fisiologia o sulle comunità». Servono osservazioni più prolungate. A Mare Nordest sarà presente anche la Riserva naturale marina di Miramare, da anni centro di recupero cetacei e tartarughe marine autorizzato dal Ministero dell’Ambiente, e che opera su base volontaria. Come dice Maurizio Spoto, direttore della Riserva: «Siamo molto attivi sul fronte della comunicazione e sensibilizzazione: abbiamo avviato un progetto di citizen science chiamato terre@mare, che usa il Web e i dispositivi mobili per censire, monitorare e mappare cetacei e tartarughe (www.terremare.net/main)»

Cristina Serra

 

 

GEENSTYLE.it - MARTEDI', 12 maggio 2015

 

 

Bandiere Blu 2015: tutte le spiagge più belle
È la Liguria la regina delle spiagge secondo la Foundation for environmental education (Fee), che ogni anno assegna il riconoscimento Bandiere Blu alle coste italiane gestite in maniera più sostenibile. La riviera ligure si aggiudica il podio 2015 con 23 località premiate, seguita dalla Toscana con 18 e dalle Marche con 17.
Sono 280 le Bandiere Blu assegnate all’Italia quest’anno, pari a circa il 7% di tutte le località premiate a livello internazionale, per un totale di 147 Comuni. Inoltre, hanno ottenuto il riconoscimento 66 approdi turistici, con un incremento per i laghi.
Appena sotto al terzetto vincente, troviamo la Campania con 14 bandiere blu e un nuovo ingresso; al quinto posto la Puglia, che conquista 11 riconoscimenti. L’Emilia Romagna rimane stabile con 9 spiagge premiate, mentre l’Abruzzo ne perde due, toccando quota 8.
A pari merito Veneto, Lazio e Sardegna, con 8 bandiere assegnate: le prime due contano una new entry, mentre la Sardegna ne conta due. Infine, in fondo alla lista, troviamo la Sicilia con 5 località premiate, la Calabria con 4, il Molise con 3, il Friuli Venezia Giulia stabile a 2 e la Basilicata con una. Claudio Mazza, presidente della Fee Italia, ha dichiarato:
Anche per il 2015 possiamo annunciare con soddisfazione un aumento di Bandiere Blu, un incremento costante che dimostra, nonostante le ridotte risorse economiche, la volontà di tanti comuni di non mettere al secondo posto l’attenzione per l’ambiente.
Numeri in aumento per il nostro territorio, che fanno ben sperare. Malgrado le 4 uscite sono 11 i nuovi Comuni premiati dalla Fee nel 2015: Cannobio, in Provincia di Verbania; Rosolina, in Provincia di Rovigo; S. Margherita Ligure, in Provincia di Genova; Borghetto S. Spirito, in Provincia di Savona; Taggia, in Provincia di Imperia; Terracina, in Provincia di Latina; Capaccio, in Provincia di Salerno; Castellaneta, in Provincia di Taranto; Castelsardo e Sorso, in Provincia di Sassari; Tusa, in Provincia di Messina.
I criteri decisivi per ottenere il riconoscimento sono diversi: innanzitutto le qualità delle acque di balneazione, che deve essere eccellente; i sistemi di depurazione delle acque reflue e di smaltimento dei rifiuti; la presenza di piste ciclabili, spazi pedonali e aree verdi; la funzionalità dei servizi sulle spiagge e degli accessi per disabili.
Francesca Fiore

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 11 maggio 2015

 

 

Boom di visitatori alle kermesse dei fiori - Pienone tra le bancarelle degli Invasati all’Orto botanico e le attrattive dell’Infiorata a Opicina

Una fresca pioggia nella notte di sabato. Il magnifico sole di maggio di ieri. Queste le perfette premesse per una domenica all'insegna dei fiori, dei colori, dei profumi. Trieste ha vissuto in festa i due appuntamenti floreali in programma ieri, salutati da una folla che ha accolto con entusiasmo sia "Invasati. Tutti pazzi per i fiori", mercatino del giardinaggio e dell'agricoltura, promosso dal Servizio dei Civici musei del Comune, in collaborazione con l'Agricola San Pantaleone onlus, "Tra i fiori e piante" e "Cittaviva" onlus, svoltosi all'Orto botanico di via de Marchesetti, sia l'inaugurazione dell'Infiorata, gara di creazioni floreali, aperta ieri, giunta alla nona edizione, che animerà Opicina fino alle premiazioni dei vincitori, in programma il 28 giugno. «Abbiamo avuto un numero di bancarelle superiore alle attese - ha detto il curatore dell'oro botanico, Massimo Palma - a conferma che i triestini e i turisti intervenuti amano i fiori e le piante». Particolarmente frequentati gli eventi collaterali di "Invasati": si trattava di "Una passeggiata fra le erbe spontanee commestibili", al mattino, a cura di Gaia Viola, e di "Chi cura chi? Far crescere le piante ci aiuta a vivere meglio. La riabilitazione attraverso la natura", presentazione del libro di Alessandra Chermaz a cura di Elena Dragan, "Letture a tutta natura" per bambini, il concerto degli allievi della Glasbena Matica, tutti al pomeriggio. Gran festa anche a Opicina. Molte le persone che hanno presenziato alla benedizione impartita dal parroco della Chiesa di San Bartolomeo Apostolo, Don Franc, e alla successiva apertura della mostra e del workshop sulle ghirlande. Una piccola folla ha applaudito più tardi all'esibizione del Coro giovanile "Vesela Pomlad" e alla presentazione delle diapositive con le più belle composizioni delle passate edizioni. L'Infiorata è' stata inaugurata nella sede dell'Associazione per la Difesa di Opicina, promotrice della manifestazione con il patrocinio del Comune, il contributo della Banca di Credito Cooperativo del Carso, il sostegno della II Circoscrizione Altipiano Est, del Centro In via Insieme a Opicina e della rivendita sociale Nova. Il concorso prevede quattro categorie: pubblici esercizi, cioè negozi, bar, ristoranti, uffici, scuole, sedi di associazioni e circoli, poi balconi e facciate, giardini a vista e cancelli, ingressi a case e condomini, con un primo premio per ognuna e uno speciale riconoscimento per l'uso di fiori ed essenze autoctone e l'impiego di metodi decorativi che richiamino il Carso. Sabato 30, in collaborazione con l'Amministrazione separata degli Usi civici di Opicina, si terrà un workshop sul "Muro carsico in pietra a secco" con lo specialista Vojko Ražem. Obiettivo dell'incontro, illustrare i vantaggi per l'ambiente nell'utilizzo di questa particolare tecnica costruttiva.

Ugo Salvini

 

 

UNIVERSITÀ - Giornata di studio sui sistemi fotovoltaici

Dopo la prima giornata di studio sui sistemi fotovoltaici organizzata da Aeit all’Università di Trieste nel 2008, cui hanno preso parte oltre 400 partecipanti, si tiene oggi un secondo appuntamento dedicato ai risultati ottenuti da questa tecnologia solare negli ultimi anni. Inizio dei lavori alle 11 con i saluti del rettore Maurizio Fermeglia.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 10 maggio 2015

 

 

Esposto grillino contro il Piano del traffico

Il M5S alla Corte dei conti per denunciare i dietrofront su via Mazzini pedonale. Dubbi di FareAmbiente
Un esposto alla Corte dei conti contro le «irregolarità» commesse dalla giunta Cosolini nell’elaborazine del Piano del traffico. A presentarlo, già domattina, saranno i consiglieri comunali del Movimento 5 Stelle, che bocciano senza appello la linea tenuta dall’amministrazione su questa partita. «Cosolini e la sua squadra - afferma Stefano Patuanelli - prima fanno spendere ai cittadini circa 40mila euro in gettoni per far approvare il Piano del traffico in aula, quindi per due anni non fanno assolutamente nulla. Poi quattro gatti protestano e allora pensano “ma sì, chi se ne frega se il Piano del traffico è di competenza del Consiglio comunale, portiamo tutto in giunta e facciamo il contrario di quanto già votato». Sotto accusa, in particolare, il nodo zone pedonali. «Il Piano del traffico prevedeva che sia via Mazzini sia via Imbriani fossero trasformate in aree pedonali. Ora per via Imbriani non si prevede nessun cambiamento e per via Mazzini una zona dedicata ai taxi. Bene, chi controllerà gli accessi? La giunta - conclude Patuanelli - merita davvero tanti complimenti». Di tenore completamente diverso il commento del dem Mario Ravalico. «Un altro passo avanti nell'articolato disegno attuativo del Piano del traffico. L'amministrazione - afferma il consigliere Pd -, con un percorso corretto e responsabile, sulla base dei dati acquisiti nel corso dei "Pdays", avvia l'ulteriore fase sperimentale consistente nella temporanea chiusura di via Mazzini sette giorni su sette. Un passaggio necessario i cui risultati costituiranno elementi fondamentali di valutazione per le scelte definitive che riguardano questa importante direttrice viaria». Perplessità, invece, arrivano dall’associazione Fare Ambiente. «Pur convinti dell'utilità di un ampliamento della aree pedonali - afferma il coordinatore Giorgio Cecco - restano molte le perplessità e i dubbi sull’utilità della chiusura totale di via Mazzini. Spostando un'importante linea preferenziale per il mezzo pubblico si rischia di penalizzare l'utenza più debole, come gli anziani e i lavoratori che normalmente utilizzano gli autobus per raggiungere il centro, nonché di rallentare il flusso veicolare e aumentare l'inquinamento concentrando sulla via Valdirivo tutto il traffico».

 

Mezzi pubblici a misura di ciclisti dal centro al Carso
Proseguono anche oggi le corse dei bus della Trieste Trasporti attrezzate al trasporto di biciclette.

L’iniziativa, elaborata in via sperimentale dalla Provincia di Trieste, rimarrà in vigore tutti i weekend fino al mese di ottobre. Il progetto di bike-bus, andata e ritorno, permette agli amanti delle due ruote di raggiungere il Carso dalla città. Previste partenze da piazza Oberdan verso Opicina (dalle 8.30 alle 16.30con cadenza ogni ora); da Opicina verso piazza Oberdan (dalle 9 alle 17); da piazza Oberdan verso Basovizza (dalle 9 alle 17) e da Basovizza verso piazza Oberdan (9.30 alle 17.30).

 

 

SEGNALAZIONI - Piano Regolatore - Difenderemo verde e ambiente

La signora Agnolon, con la lettera del giorno del 30 aprile scorso, mi interpella sulle cementificazioni che ritiene abbiano danneggiato il nostro territorio, infatti, nella segnalazione si fa riferimento a interventi in corso di costruzione o già realizzati, sulla base di quanto i Piani precedenti consentivano. Senza entrare nel dettaglio condivido che in passato ci sono stati non pochi eccessi, proprio per questo abbiamo deciso di dare alla città un nuovo Piano regolatore in forte discontinuità con il passato. Il nuovo Piano regolatore è stato adottato nell'aprile 2014; attualmente gli uffici comunali stanno controdeducendo le osservazioni per consegnare tutti i documenti ai lavori delle Commissioni e del Consiglio comunale che sarà chiamato ad approvarli. Chi ha presentato osservazioni e opposizioni potrà quindi trovare risposte puntuali negli elaborati che faranno parte integrante del Piano in approvazione. Nello specifico, tema centrale del nuovo Prg è la valorizzazione degli aspetti ambientali e paesaggistici, ossia degli elementi di valore connessi al persistere di spazi verdi, vedute panoramiche, corridoi ecologici, boschi ancora presenti sul nostro territorio. Elementi che connotano ambiti come quello di Barcola al quale la signora Agnolon fa riferimento, ma anche le aree intermedie tra le frange urbane periferiche e i residui di campagne e campagnette o, ancora, le aree al margine dei borghi carsici. Per queste zone, il nuovo Prg stabilisce limiti chiari all'edificazione, affermando piuttosto la necessità di conservare spazi aperti e usi agricoli. Per la prima volta nella pianificazione triestina, uno dei capisaldi del nuovo strumento urbanistico è, in definitiva, la valorizzazione delle risorse ambientali e del paesaggio, anche attraverso uno sviluppo agricolo graduato in funzione dei valori del territorio. Al centro del progetto del sistema ambientale del nuovo Prg stanno un corretto funzionamento ecologico, la tenuta geologica e idrogeologica, la cura e la gestione attiva del paesaggio. In tale ottica, le risorse ambientali sono lette non solo come matrici per l'identificazione di ambiti di tutela, bensì come la struttura su cui fondare una nuova trama di relazioni e usi dello spazio. Il nuovo Prg si assume quindi la responsabilità di proporre un uso più sostenibile ed efficiente del nostro territorio, puntando convintamente al recupero e alla riqualificazione dell'edificato esistente piuttosto che sulla realizzazione di nuove espansioni urbane. Gli esiti potranno essere visti e valutati nei prossimi anni, ma sicuramente le scelte fatte avvicinano la gestione della nostra città a quella di molte altre città italiane ed europee all'avanguardia.

Roberto Cosolini

 

 

Partita a scacchi per South Stream
Il gasdotto Russia-Europa. La mossa di Gazprom che ha rimesso in gioco Saipem
MILANO Ricomincia la partita a scacchi su South Stream, il gasdotto che potrebbe collegare il Mar Nero all'Europa saltando l'Ucraina, un progetto fortemente voluto dalla Russia e osteggiato dagli Stati Uniti che non vogliono eccessiva dipendenza energetica del Vecchio Continente da Mosca. L'ultima mossa è di Gazprom: dopo aver comprato dai soci, Eni compresa, tutte le quote dell'opera bloccata dalle tensioni con l'Ue proprio sull'Ucrania, ora ha comunicato a Saipem - controllata del cane a sei zampe e principale partner industriale del progetto - di riprendere i lavori. La partita resta molto complessa: quella di Gazprom attraverso South Stream Transport è certamente una scelta legata soprattutto alle pesantissime penali che i russi rischiano di pagare non realizzando l'opera. Ma può anche essere il segno che davvero Mosca voglia realizzare il progetto, magari sostituendo Serbia e Bulgaria, con la seconda che anche formalmente aveva creato problemi alla prosecuzione del progetto, con la Grecia. È un'ipotesi abbastanza fantasiosa emersa nelle ultime settimane: arrivato in Grecia il gasdotto potrebbe avere approdo solo in Italia e senza il via libero politico della Ue difficilmente se ne può fare qualcosa. Ma le difficoltà finanziarie di Atene e il possibile avvicinamento a Putin hanno aperto anche questo scenario. In ogni caso la capogruppo Eni è uscita senza danni dall'operazione: con la cessione della sua quota nel progetto del gasdotto ha incassato quanto già investito (sui 300 milioni) più un interesse di circa il 10%.

 

 

Ferriera - Petizione anti smog in Consiglio regionale

Domani alle 11.15, nello studio del presidente del Consiglio regionale Franco Iacop, in piazza Oberdan, il consigliere del MoVimento 5 Stelle Andrea Ussai consegnerà la petizione sulla Ferriera di Servola “Fermiamo l’inquinamento per la nostra salute e la nostra vita”, sottoscritta da 10.117 cittadini. Primo firmatario Maurizio Fogar

 

 

Piazza Oberdan -  Silenzi e letture  per ricordare   le violenze inflitte dalle SS
Hanno risposto in tanti, giovani e meno giovani, all’iniziativa lanciata dal Comitato Pace Convivenza e Solidarietà Danilo Dolci sotto i portici di piazza Oberdan per ricordare i 70 anni della fine della seconda guerra mondiale in tutta Europa.

Un momento di ricordo e di riflessione davanti al palazzo che fu sede e luogo di tortura e detenzione del comando nazista delle SS, dove furono imprigionati nelle celle all’interno dello stabile tanti triestini tra cui Boris Pahor che lo ha testimoniato nel suo libro intitolato “Piazza Oberdan”. L'incontro è iniziato con il saluto del presidente del Consiglio comunale Iztok Furlanic, e con la richiesta del presidente del Comitato Luciano Ferluga all'amministrazione comunale e provinciale per la collocazione di targhe dove ancora non ci sono, la trascrizione bilingue dove manca, nonchè la collocazione in piazza Unità di una targa plurilingue che ricordi tutte le vittime del nazifascismo. Il giornalista Luciano Santin ha introdotto le riflessioni sui “Fascismi di ieri e di oggi” di Franco Cecotti dell'Anpi, di Claudio Venza di "Cittadini liberi e uguali", e della storica Claudia Cernigoi. Momento particolarmente toccante è stata la lettura di Nikla Panizon di un testo scritto da Ondina Peteani, con un intervento di Giorgio Stern sulla sua famiglia e con la testimonianza vivente di Ljubomiro Susic, che ha ricordato i giorni dell'arresto: «Ancora oggi - ha detto - quando passo di qua guardo sempre in alto, se non c'è la bandiera nazista....». Non sono mancati, come detto, i giovani: gli studenti del Petrarca, Pamela Ursic e Matteo Busetti hanno proposto una lettura drammatica con riflessioni scelte da testi di grandi autori. Dal fronte sindacale Adriano Sincovich, segretario provinciale della Cgil, ha portato un significativo contributo per il mondo del lavoro. Al termine i partecipanti si sono alzati in piedi per un minuto di raccoglimento mentre un giovane trombettista suonava il silenzio fuori ordinanza e veniva fissato un omaggio floreale sotto la targa in memoria dei torturati e uccisi. Al termine la proiezione del docu-film “Auschwitz”, introdotto da Anna Maria Mozzi.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 9 maggio 2015

 

 

Via Mazzini riservata ai pedoni dal 16

La nuova sperimentazione sette giorni su sette scatterà sabato prossimo e durerà fino al 5 luglio. Taxi ammessi nell’area
La data c’è e il conto alla rovescia è già partito a palazzo Cheba: la sperimentazione di via Mazzini pedonale sette giorni su sette prenderà il via sabato 16 maggio. Tra una settimana. E si protrarrà sino al 5 luglio. Il Comune ha dunque ufficializzato la decisione ieri dopo l’approvazione della delibera di indirizzo in giunta. L’intenzione di procedere al test, in vista della futura applicazione del nuovo Piano del traffico, era cosa ormai nota e si attendeva solo la definizione della giornata d’avvio e delle modalità operative. Ebbene, ecco svelati anche gli ultimi dettagli. La chiusura al traffico veicolare interesserà per quasi due mesi il tratto di via Mazzini da piazza Goldoni a via San Spiridione. Oggi ci possono transitare solamente i veicoli del trasporto pubblico locale, cioè autobus e taxi, i mezzi di pronto intervento e di soccorso in servizio, quelli per il carico e scarico merce e gli autorizzati. Dal 16 maggio, in quella porzione di strada avranno libero accesso solamente le auto e i taxi al servizio delle persone diversamente abili, i mezzi di emergenza e sempre i taxi che andranno a prendere e accompagneranno a destinazione quanti li chiameranno al lavoro lungo la serie di isolati in questione. I tassisti, insomma, non potranno utilizzare via Mazzini come passaggio per raggiungere altre destinazioni, ma esclusivamente come punto di partenza o di arrivo di corse. In ogni caso, l’ultima richiesta della categoria è stata quindi soddisfatta, così come in precedenza l’esecutivo Cosolini aveva già deciso di limitare - su proposta appunto dei tassisti stessi - la chiusura al traffico di via Mazzini a via San Spiridione, senza prolungarla a via Roma o alle Rive. In questo modo, infatti, sia gli autobus che i taxi che gli altri veicoli in possesso di autorizzazione potranno percorrere “in salita” via Mazzini, svoltando proprio su via Roma per raggiungere corso Italia. Con l’entrata in vigore del nuovo provvedimento, cesserà di avere effetto l’esperimento dei “Pdays” nei weekend, cioè la pedonalizzazione al sabato e alla domenica di via Mazzini e via Imbriani. Quest’ultima, contestualmente all’assetto pedonale costante di via Mazzini, sarà lasciata sempre aperta alla circolazione (qui anche dei privati in direzione via Carducci, come di consueto) in maniera da non congestionare lo snodo centrale di piazza Goldoni che nei prossimi mesi subirà comunque delle conseguenze - tutte da misurare - alla luce del cantiere che renderà inservibile la galleria di piazza Foraggi, sbocco fondamentale per il traffico in uscita dal centro. Nella delibera della giunta comunale viene dato mandato agli uffici di individuare le aree di carico e scarico merce, per negozi ed esercizi pubblici della zona, nel tratto di via Mazzini e gli orari per utilizzarle: i tecnici municipali provvederanno dopo l’incontro fra Comune e categorie in programma lunedì.

Matteo Unterweger

 

Marchigiani: «Ora la ratifica della Provincia» Si attendono le modifiche ai percorsi dei bus

«Quella approvata ieri è una delibera che rappresenta un atto di indirizzo per la prossima ordinanza che verrà predisposta dagli uffici - spiega l’assessore comunale alla Pianificazione urbana, Mobilità e traffico, Elena Marchigiani a proposito del nuovo test che prevede la pedonalizzazione sette giorni su sette di via Mazzini fra piazza Goldoni e via San Spiridione.

Il documento verrà trasmesso alla Provincia che è chiamata a ratificarlo» per la propria competenza sul trasporto pubblico locale. Su questo tema, l’ente di palazzo Galatti e la Trieste trasporti comunicheranno nei prossimi giorni le variazioni ai percorsi degli autobus che solitamente utilizzano l’intera via Mazzini per raggiungere da una parte piazza Goldoni e dall’altra le Rive. È chiaro che molte corse verranno dirottate da un lato lungo via Valdirivo e dall’altro su corso Italia, che dalle Rive rimarrà raggiungibile anche tramite via Mazzini con successiva svolta obbligata a destra in via Roma verso appunto il corso.

(m.u.)

 

 

«Sulle navi ci pioveva addosso amianto»

Le testimonianze al processo a sei ex manager dell’Arsenale. L’Authority paga un milione per due cause di lavoro perse
I RACCONTI ALL’UDIENZA Gli ex tecnici hanno ammesso di aver saputo soltanto a fine anni ’80 di aver lavorato con materiale pericoloso
I sei ex dirigenti a processo dell’Atsm Spa trasformata prima nel 1984 in Unità locale della Divisione riparazioni navali della Fincantieri, e poi nel 1993 accorpata nella Divisione costruzioni mercantili, sono Manlio Lippi, presidente dal 1972 al 1984, Andrea Cucchiarelli, condirettore generale, direttore amministrativo e dg tra il 1970 e il 1984, Corrado Antonini, dg Fincantieri dal 1984 al 1985 e poi amministratore delegato sino alla chiusura dello stabilimento, Enrico Bocchini, allora presidente del Cda Fincantieri dal 1985 presidente del cda di Fincantieri, Giuseppe Sassi, direttore dello stabilimento di Trieste della Divisione riparazioni navali dal 1987 al 1990, e Francesco Carrà, che subentrò a Sassi e rimase in carica fino al ’93. Lippi, Bocchini, Sassi e Carrà sono difesi dall’avvocato Corrado Pagano di Genova, Antonini è rappresentato dall’avvocato Andrea Guidi di Roma, Cucchiarelli è assistito dall’avvocato Giovanni Borgna, che ieri ha posto una serie di domande ai testimoni del mattino sulle gerarchie tra colleghi e i dispositivi di sicurezza. Nel pomeriggio sono stati sentiti anche tre medici legali autori delle autopsie sui corpi di alcuni degli ex 27 lavoratori morti di mesotelioma e carcinoma. I loro famigliari sono tutelati come parti civili dagli avvocati Roberta Ferencich, Andrea Cosma, Paola Fornasaro, Maria Genovese, Maria Pia Maier, Roberto Mantello, Gianluca Rossi e Lucia Rupolo. Prossima udienza, con nuovi testimoni dell’accusa, il 22 maggio. (pi.ra.)di Piero Rauber «Quando, sulle navi in manutenzione, staccavamo l’isolante dai tubi da sostituire, e poi li imbragavamo, se ci capitava di starci sotto, la polvere ci pioveva addosso». Era polvere d’amianto. Ieri il processo davanti al giudice Francesco Antoni a carico di sei ex dirigenti dell’Arsenale San Marco - accusati dal pm Matteo Tripani di omicidio colposo in cooperazione per il decesso di 27 ex manutentori morti di tumore ai polmoni tra il 2003 e il 2013 - ha fatto fare alla storia portuale un salto indietro di 30 anni. La mattinata è stata dedicata alle deposizioni di tre ex tubisti e di un ex elettricista, citati come testimoni dall’accusa. Tutti alla fine hanno ricordato che negli anni Settanta e Ottanta, in particolare, tra navi in riparazione e officine a terra le consuetudini non prevedessero uno zelo nell’utilizzo di strumenti di protezione da polveri e fumi, di mascherine. E che la percezione di quanto l’amianto fosse pericoloso l’avrebbero scoperta, parlando tra colleghi, «verso fine anni Ottanta». Alla pioggia di polvere descritta soprattutto dal primo testimone - “alimentata” dal fatto che non era la norma quella di bagnare i tubi prima di staccarli - ha fatto seguito l’ammissione del secondo, ex tubista a sua volta, a detta del quale poteva pure capitare di lavorare «distesi sotto il tubo», e la mascherina spuntava «qualche volta». «L’aria compressa - ha aggiunto - la usavamo anche per pulirci i vestiti da lavoro. La tuta non la cambiavamo ogni giorno, ma quando era sporca». Il terzo testimone, capotubista, ha ricordato che a essere «piene di amianto», soprattutto, erano le navi «russe»: «Le mascherine che ci venivano date non servivano a niente, erano come quelle che si usano per grattare i mobili a casa. Che non servivano me l’aveva detto anche il perito chimico del Porto. Esisteva un ufficio per la sicurezza ma nella maggior parte dei casi ero io come caposquadra a ordinare ai miei di andare a prendere gli strumenti di protezione in magazzino, dalle scarpe alle mascherine stesse». Il quarto testimone, capoelettricista dell’officina a terra, ha descritto infine ciò che «ho visto» quando gli capitava di operare sulle navi: «La macchina impastatrice del materiale coibentante era in funzione mentre noi ci trovavamo vicini per le altre riparazioni e l’unico addetto che adoperava la mascherina era quello che poi maneggiava l’attrezzo che spruzzava l’impasto sulle paratie». Ma non erano solo i tubisti a de-coibentare i pezzi delle navi: anche gli elettricisti e i carpentieri in servizio a bordo, ha ricordato il capo dell’officina a terra, dovevano «scavare» o «tagliare» «per far passare i fili» o «per sostituire i pannelli». Il «preriscaldo» per determinate riparazioni a parte, ancora, prevedeva l’impiego di «ovatta e fili di amianto non usa e getta ma riutilizzabili più volte». «Io non ho mai messo mascherine né come capo ho richiamato i miei, perché non serviva, ritenevamo che per i fumi potesse essere sufficiente l’aspiratore vicino al saldatore», ha chiuso il quarto testimone, riferendo di non aver visto una progressiva dismissione di amianto, o più misure di sicurezza, dal ’77, anno di un accordo azienda-sindacati citato dal pm. E proprio ieri, a proposito di amianto si è saputo pure che l’Authority ha provveduto in questo periodo al pagamento di quasi un milione in risarcimenti civili, pagamento ordinato da due recenti sentenze di lavoro riferite ad altri procedimenti penali per amianto e riguardanti due ex portuali - uno morto per tumore ai polmoni e un altro attualmente malato di mesoteliome pleurico - le cui cause sono state seguite dall’avvocato Fulvio Vida. Nel primo caso la Corte d’appello ha riconosciuto l’Autorità portuale di oggi corresponsabile per l’Ente Porto di allora del decesso di un ex lavoratore nel 2007. Corresponsabile al 33% in quanto tale ex portuale era un fumatore, cosa che era valsa in primo grado una non responsabilità totale dell’Ente. A questo punto alla famiglia, la moglie e la madre, vengono riconosciuti 120mila euro. Nel secondo caso il giudice Annalisa Multari ha imposto all’Authority un risarcimento di 620mila euro a un ex portuale ammalato di mesotelioma, giudicato «malattia professionale», più una serie di rifusioni Inail quantificabili sui 200mila euro.

 

 

Il Piano paesaggistico all’esame pubblico
Individuati amministrazioni ed enti interessati. Operazione trasparenza sui prezzi dei carburanti
UDINE Sarà una fase di consultazione pubblica a rafforzare la condivisione del Piano paesaggistico regionale (Ppr). Pubbliche amministrazioni ed enti ritenuti interessati dagli effetti del documento sull’ambiente, sono chiamati a esprimere osservazioni e a fornire contributi di tipo conoscitivo e valutativo entro il termine massimo di 90 giorni dalla ricezione della documentazione di Valutazione ambientale strategica (Vas). La decisione è della giunta regionale che ieri, su proposta di Mariagrazia Santoro, ha approvato il Rapporto preliminare proprio nell’ambito della Vas per il Ppr. L’atto, previsto dalle norme ambientali contenute nel Dl 152/2006, costituisce il primo passo nel processo di valutazione che accompagna la formazione dello strumento di pianificazione e ha la funzione di supporto all’attività di consultazione pubblica sugli aspetti di elaborazione del piano che possono avere ricadute significative sull’ambiente. Il Rapporto «ha lo scopo di mettere i soggetti competenti nelle condizioni di poter proporre i propri contributi o esprimere un parere sugli argomenti trattati», spiega l’assessore non dimenticando che la partecipazione pubblica alla redazione del Ppr è già stata avviata in maniera informale con una serie di workshop organizzati dal servizio Tutela Paesaggio e Biodiversità che ha coinvolto enti e amministrazioni comunali su tutto il territorio regionale «con l’intento di condividere e approfondire le conoscenze sulle varietà paesaggistiche che arricchiscono il Fvg». L’elenco dei soggetti convocati alla consultazione pubblica è già stato approvato con delibera giuntale a marzo, ma ieri la giunta lo ha integrato includendo anche l'Istituto per il patrimonio culturale del Friuli Venezia Giulia, le riserve naturali sia nazionali che regionali presenti in regione e l’Istituto Ville Venete. Su proposta dell’assessore all’Ambiente Sara Vito la giunta dà poi il via libera alla convenzione, da sottoscrivere con la direzione generale per il Mercato e la Concorrenza del ministero dello Sviluppo economico, per un’operazione trasparenza sui prezzi dei carburanti. L’accordo fa riferimento alle norme nazionali che puntano a favorire le informazioni sui costi alla pompa, tenendo conto peraltro che la Regione già dispone di un sistema informativo, che si prevede ora di ampliare con i dati sui prezzi di gpl e metano. Tra le altre delibere, su proposta di Sergio Bolzonello, la giunta adegua al “Rilancimpresa” il regolamento per la concessione di finanziamenti agevolati a favore dell’artigianato, del commercio e del turismo con l’allargamento alle imprese dei settori edile e manifatturiero. E approva infine la graduatoria delle domande di contributo per la progettazione e la realizzazione di Piani di insediamento produttivo agricolo per il 2015. Ammessi a contributo i Comuni di Verzegnis e Tolmezzo, che riceveranno 122mila e 85mila euro.

(m.b.)

 

 

Ambiente - I sabati ecologici sbarcano a Prosecco

Proseguono i “sabati ecologici” promossi da Comune e AcegasApsAmga per migliorare la raccolta differenziata e contrastare il fenomeno dell'abbandono di rifiuti ingombranti. Oggi il centro di raccolta mobile sarà presente dalle 10 alle 18 nell’area archeggio “Mandria” di Prosecco, dove i cittadini troveranno operatori in grado di assisterli.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 8 maggio 2015

 

 

Avvistato in Dalmazia il pesce palla liscio: è una specie letale

Pescato un’esemplare nella baia di San Martino - Il biologo: «Mediterraneo ormai invaso da specie tropicali»
RAGUSA Non si può più parlare di caso eccezionale e neanche di evento raro. Nei giorni scorsi un pescatore, che aveva calato le reti nelle acque della baia di San Martino, nelle vicinanze di Ragusa, ha messo a pagliolo un pesce palla liscio (Sphoeroides pachygaster), specie velenosa e il cui consumo – sostengono gli esperti – porta dapprima alla paralisi dello sventurato e quindi alla morte. Si tratta di un pesce esotico, giunto nelle acque mediterranee attraverso il canale di Suez e dunque appartenente alle specie lessepsiane che documentano e confermano la tropicalizzazione del Mediterraneo. «I nostri pescatori devono prestare la massima attenzione perché abbiamo di fronte un pesce che contiene tetradotossina, veleno 1250 volte più potente del cianuro – rileva l’ittiologo Jakov Dulcic dell’istituto spalatino di Oceanografia e pesca. L’esemplare è stato pescato nella tarda mattinata di martedì, andandosi ad aggiungere ad altri già presi gli anni scorsi». Il biologo Davor Lucic dell’Istituto raguseo del Mare e delle aree costiere, avverte che il pericoloso pesce palla liscio continua a espandersi nelle acque dell’Adriatico: «Quest’anno ne sono già stati pescati due esemplari. Non c’è ricerca che possa confermare scientificamente la sua veloce diffusione in Adriatico, ma visto che negli ultimi anni è in costante aumento il numero di pesci palla presi in rete e all’amo, possiamo asserire che ormai hanno preso dimora stabile nelle acque croate». Secondo Lucic, tutti coloro che dovessero imbattersi in questo pesce dovrebbero maneggiarlo muniti di guanti e non agire a mani nude. «Da evitare assolutamente il consumo delle sue carni». Nel versante orientale dell’ Adriatico sono stati presi esemplari di diverse specie tropicali: pesce luna, polpo pignatta, cernia di fondale, serra, lampuga, cernia atlantica, Terapon theraps, pesce lucertola, donzella pavonina, pesce pappagallo e pesce unicorno.

Andrea Marsanich

 

 

Centrale a carbone di Fianona - tensione fra Hep e giapponesi - LA FIRMA POTREBBE SLITTARE
POLA - Clima teso fra il governo croato e l'azienda elettrica di stato Hep da una parte e il colosso energetico giapponese Marubeni dall'altra sulla costruzione della contestata centrale a carbone Fianona 3. La Marubeni lo ricordiamo è l'investitore prescelto tramite concorso internazionale.

La firma del contratto di costruzione inizialmente annunciata per il primo trimestre del 2015, slitta di 4–5 mesi. La direzione della Hep ha chiarito al quotidiano Glas Istre che si tratta di un'operazione molto complessa e che comunque vengono compiuti progressi della definizione dei parametri commerciali e tecnici: «Lavoriamo intensamente-chiarisce Hep- nella preparazione del contratto che sarà pronto entro il terzo trimestre dell' anno». Tuttavoa, secondo alcune fonti ufficiose molto attendibili, ci sarebbero delle divergenze su un punto chiave dell'intero progetto: il prezzo della corrente elettrica fornita dalla Fianona 3 che la Hep dovrà acquistare dalla Marubeni in cambio dell'investimento stimato tra 800 milioni e un miliardo di euro. Stando a rumors di mercato il prezzo proposto dalla Marubeni sarebbe di quasi il doppio superiore a quello di mercato, quindi molto alto anche tenendo conto dell'ammortamento dell' investimento. Inoltre il prezzo definito rimarrà fisso per un lungo periodo. Sarebbero questi i punti sui quali le due parti rimangono molto distanti. Sciolti questi nodi il contratto potrebbe essere firmato in agosto e settembre per cui i lavori potrebbero iniziare subito dopo. Dal momento dell'apertura del cantiere, la centrale dovrà venir costruita al massimo in 4 anni e mezzo. In base al cosiddetto contratto Ppa (Power purchase agreement) la Hep avrà l'obbligo di acquistare metà della corrente elettrica prodotta, l'altra metà sarà piazzata sul libero mercato. Il rovescio della medaglia dell'intero progetto riguarda l'aspetto ecologico: gli ambientalisti avvertono che nei 40 anni di attività la centrale avrà un impatto ambientale pesante a causa dell'emissione nell'atmosfera di 300 tonnellate di diossido di carbonio all' ora. Un aspetto che pero' paradossalmente non sembra preoccupare più di tanto la popolazione dell'area considerato che al referendum consultivo contro il carbone del marzo scorso, l'affluenza alle urne era stata solo del 37%.

p.r.

 

 

Sistemi fotovoltaici, un mercato alla svolta
Lunedì giornata di studio dedicata ai risultati ottenuti da questa tecnologia negli ultimi anni
Lunedì, dalle 10 in poi, nell’aula magna dell’edificio H3 dell’Università degli studi, si terrà una giornata di studio su “I sistemi fotovoltaici, un mercato alla svolta”. Dopo la giornata di studio sui sistemi fotovoltaici organizzata da Aeit nel 2008, cui hanno preso parte oltre 400 partecipanti, questo secondo appuntamento è dedicato ai risultati ottenuti da questa tecnologia solare negli ultimi anni. Tra questi i regimi di grid-parity e di fuel-parity che oggi rappresentano i pilastri su cui il fotovoltaico continua a essere conveniente, oggi più che mai, anche a valle della recente conclusione dell’era degli incentivi in conto energia. In particolare, il cosiddetto grid-parity consente al consumatore finale di ottenere notevoli risparmi sul costo della bolletta dell’energia elettrica. Infatti, il costo del chilowattora prodotto da fonte solare è oggi molto più basso del prezzo pagato sul mercato. Questo risultato è stato ottenuto grazie a un regime di incentivi che a livello internazionale ha permesso a un mercato che solo dieci anni fa era considerato di nicchia di raggiungere la maturità. I risultati ottenuti sono oggi riscontrabili sia nel prezzo dei moduli fotovoltaici che è sceso di oltre il 99% in trent’anni che nella quota di produzione di energia elettrica che oggi nel nostro paese è pari a circa il 10% di quella totale prodotta. La giornata di studio è organizzata da Aeit Friuli Venezia Giulia, la stessa associazione che lo scorso settembre ha riattivato l’impianto di illuminazione della torre del Faro della Vittoria. L’impulso all’organizzazione di questo evento è legato a una delle missioni dell’associazione che è quella di contribuire alla crescita culturale e all’aggiornamento professionale dei propri Soci. Contributi questi che, grazie alla presenza nell’organizzazione dell’Università di Trieste e dell’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Trieste, vengono in questa occasione offerti anche alla cittadinanza e ai professionisti del settore. Sono infatti proprio i cittadini e gli ingegneri che, per garantire quei risparmi che si rivelano oggi sempre più necessari, devono sviluppare una certa consapevolezza relativa ai temi energetici. La giornata di studio si rivolge quindi a un vasto pubblico, non solo di esperti, e per partecipare è necessario iscriversi compilando il modulo elettronico che si trova sulla home page del sito web dell’associazione (aeit.units.it). Lunedì alle 10 è prevista la registrazione dei partecipanti, cui seguiranno alle 11 i saluti istituzionali (fra cui il rettore Maurizio Fermeglia, il presidente Ordine degli Ingegneri della Provincia di Trieste Salvatore Noè, il direttore del dipartimento di Ingegneria e Architettura Paolo Rosato), alle 11.30 la presentazione della giornata di Giorgio Sulligoi, presidente Aeit Friuli Venezia Giulia, alle 11.45 la relazione “Sistemi fotovoltaici e Grid-Parity: un mercato alla svolta”, di Alessandro Massi Pavan. Alle 12.15 Giuseppe Noviello parla di “Fotovoltaico e Fuel-Parity”. Dopo la pausa pranzo, i lavori riprendono alle 14 con una relazione su “Previsione della potenza prodotta dagli impianti”, a cura di Sonia Leva, del Politecnico di Milano. Alle 14.30 Enrico Tironi, sempre del Politecnico di Milano, parla de “Il ruolo dell’accumulo”. Dalle 16, discussione e conclusioni.

 

 

Non uccidiamo il cibo due volte - Segre: serve maggior educazione alimentare nelle scuole
Se ogni cittadino comunitario consumasse davvero le 5 porzioni di ortofrutta al giorno, si eviterebbero piú di 135000 morti all’anno per malattie cardio-cerebrovascolari. L’educazione alimentare è come l’educazione civica, non se ne può fare a meno.

Ma in Italia questa materia è lasciata alla buona volontà, peraltro molto estesa, degli insegnanti e dei dirigenti scolastici, e resta senza un indirizzo preciso e risorse dedicate. Per questo insieme a Susanna Tamaro lo scorso 5 giugno – Giornata Mondiale dell’Ambiente – abbiamo lanciato un appello per introdurre l’educazione alimentare nelle ‘buone’ scuole italiane. E ci siamo chiesti cosa abbiamo fatto per ridurre concretamente lo sperpero di risorse nel mondo, in Europa, in Italia: certo, sono stati avviati i programmi della Fao e le campagne di altri organismi internazionali; è stata approvata una risoluzione del Parlamento europeo per dimezzare gli sprechi entro il 2025 e dedicare un Anno europeo alla lotta allo spreco; poi tanti studi, rapporti, convegni, tavole rotonde, comunicati ... Tutto utile, certo: ma il tempo passa, le perdite e gli sprechi alimentari aumentano, gli affamati pure ma anche e soprattutto gli obesi. Stime recenti confermano che il 30% della popolazione mondiale è sovrappeso: il paradosso, quindi, è che si spende più per dimagrire e curarsi che per mangiare. Nonostante la crisi continuiamo ad acquistare più alimenti di quanto realmente ci occorre, spesso di bassa o pessima qualità; usiamo più risorse naturali di quante sarebbe necessario; produciamo più rifiuti di quanti riusciamo a smaltire; e quando li smaltiamo sosteniamo altri costi economici ed ambientali, costi che paghiamo direttamente noi e indirettamente chi verrà dopo di noi. Per evitare che il cibo finisca nella spazzatura, e venga ucciso due volte, bisogna (ri)dargli valore. Ecco il “valore” dello spreco nell’educazione alimentare. Non sprecare significa restituire al cibo il valore che ha. Riconoscimento fondamentale, perché poi si può, anzi si deve estendere, a tutti gli altri beni: pubblici, comuni, privati che siano. Su questo è illuminante la Carta di Milano per Expo, che il 16 ottobre sarà ufficialmente consegnata al Segretario generale dell’Onu Ban Ki Moon. Anche attraverso l’eredità di Expo può e deve passare l’impegno per preservare l’oro nei nostri piatti e tramandare ai giovani il valore del cibo. Del resto, l’educazione alimentare è il primo motore del Parco Agroalimentare italiano, noto come Fabbrica Italiana Contadina (Fico), che a Bologna sarà proprio staffetta di Expo nella valorizzazione delle eccellenze agroalimentari nazionali: l’obiettivo è di coniugare educazione e intrattenimento, coltura e cultura, storia e futuro, salute e ambiente. Un Parco tematico che si estenderà come un Expo permanente attraverso la ricostruzione delle principali filiere produttive su un’area di oltre 80mila metri quadrati, insediata al Centro Agroalimentare di Bologna. Un modo per esplorare e conoscere l’enogastronomia italiana dalla genesi alla fruizione, in una sequenza di alta suggestione con orti e campi, stalle e acquari, officine di produzione, laboratori, banchi serviti, grocery e stazioni di degustazione. Perché con l’educazione alimentare non solo si mangia e si sta bene, ma si fa anche economia. *

di ANDREA SEGRE -  fondatore Last Minute Market, presidente Caab Bologna e Fem Trento, autore con Simone Arminio de "L'oro nel piatto" (Einaudi)

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 7 maggio 2015

 

 

Via Mazzini - M5S critica la giunta sulla pista ciclabile

«Condividiamo l’allarme lanciato da Ulisse Fiab su via Mazzini. Un allarme che il M5S aveva già lanciato a febbraio esaminando nel complesso la mancata attuazione del Piano del traffico approvato nel 2013».

Ad affermarlo i consiglieri M5S Paolo Menis e Stefano Patuanelli. «È evidente come Cosolini abbia paura di perdere consensi elettorali - affermano -. Ma una delibera va però rispettata».

 

 

Area ex Sadoch, preoccupazione di Prodani per i test sulle macerie con residui di amianto

«Quali i tempi per la verifica dei cumuli di macerie contenenti residui di amianto e delle strutture del sito ex Sadoch? Quali iniziative intende adottare la Procura per individuare le responsabilità di tale stato? Quali sono state le azioni degli enti preposti finalizzate a verificare i lavori eseguiti e tutelare la sicurezza e la salute pubblica?».

Così Aris Prodani, deputato di Alternativa libera, sulla questione legata all’area ex Sadoch – tra Viale Ippodromo e via del Pollaiuolo – oggetto nei giorni scorsi, dopo pochi giorni dalla riattivazione dei cantieri, di un sequestro disposto dalla Procura della Repubblica, che contesta l’esercizio di discarica abusiva all’interno e all’esterno del comprensorio. «Solo qualche settimana fa - rileva Prodani - la notizia dell’entrata di un nuovo proprietario e il progetto residenziale con una parte dedicata all’housing sociale aveva fatto intravvedere, finalmente, la possibilità di una riqualificazione dell’ex sito industriale attesa da quasi un ventennio».

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 6 maggio 2015

 

 

Ogni giorno spariscono 55 ettari d’Italia

I dati dell’Ispra: inghiottiti dal cemento 7 metri quadrati di territorio al secondo. Così le difese naturali vengono meno
ROMA Il suolo: una risorsa non rinnovabile e molto consumata. Case, palazzi, strade, capannoni, industrie, infrastrutture ingoiano da decenni porzioni di territorio in modo irreversibile. Solo nel 2014 sono stati “coperti” 200 chilometri quadrati di suolo. Ogni giorno, da oltre 5 anni, la Penisola perde 55 ettari al giorno, qualcosa come 6-7 metri quadrati di territorio al secondo. Un consumo che, secondo gli ultimi dati dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), ha intaccato 21mila chilometri quadrati, pari al 7 per cento dell’Italia, contro i 2,7 degli anni ’50 (quelli del boom economico). Consumo che notte e giorno, senza sosta, continua a coprire aree naturali e agricole con asfalto e cemento, edifici e capannoni, servizi e strade, a causa di nuove infrastrutture, insediamenti commerciali, produttivi, di servizio, e a causa dell’espansione di aree urbane, spesso a bassa densità. Nord e Sud. L’area più colpita da questo logoramento del suolo è il Settentrione, ma con una differenza di crescita tra Est e Ovest: se fino al 2008 il Nord-Est viaggiava a velocità maggiore, negli ultimi anni, nelle regioni del Nord-Ovest, il trend del consumo di suolo mostra un’accelerazione. Mentre Triveneto ed Emilia Romagna seguono, nel complesso, l’andamento generale del fenomeno, con una certa tendenza al rallentamento. Inoltre, se negli anni ’50 il Centro e il Sud Italia mostrano percentuali di suolo consumato simili, successivamente il Centro si distacca con valori in netta crescita, raggiungendo quelli dei valori medi nazionali. Le stime del consumo regionali. Nel 2013, in 15 regioni viene superato il 5 per cento di suolo consumato, con il valore percentuale più elevato in Lombardia e in Veneto (intorno al 10 per cento) e in Campania, Puglia, Emilia Romagna, Lazio e Piemonte dove troviamo valori compresi tra il 7 e il 9 per cento. Consumo di suolo e crescita demografica. L’analisi dell’Ispra poi, spiega chiaramente come non esista più un nesso tra richiesta di abitazioni ed edilizia. In passato, infatti, le dinamiche della crescita demografica erano (positivamente) collegate con l’urbanizzazione. Negli ultimi decenni invece si è creato un paradosso: le città hanno visto diminuire la popolazione residente e aumentare le case vuote e sfitte. E il leggero calo di suolo consumato nel 2014 è solo dovuto alla ripresa demografica, portata dall’immigrazione. L’Ispra sottolinea che il tasso di consumo di suolo in Italia confrontato con la crescita demografica mostra una crescita consistente nel corso degli anni fino al 2013, «con un valore di suolo consumato pro-capite che passa dai 167 metri quadrati del 1950 per ogni italiano, a quasi 350 metri quadrati nel 2013». Inversione di tendenza. Nell’ultimo anno i dati mostrerebbero una «prima inversione di tendenza, con una leggera decrescita del valore pro-capite», prevalentemente a causa degli effetti della ripresa della crescita demografica, «dovuta in gran parte alla componente migratoria, e del rallentamento del consumo di suolo, arrivando a un valore di 345 metri quadrati pro-capite nel 2014».

Annalisa D’Aprile

 

Nelle aree metropolitane vince la frammentazione - le cifre
ROMA - Dai dati Ispra sul consumo del suolo emerge anche un’altra realtà: quella delle aree metropolitane e delle grandi città del nostro Paese.

Infatti le province di Roma e Torino superano, e di molto, i 50mila ettari di suolo consumato (57mila per Roma, 54mila Torino). Milano segue con valori superiori ai 40mila ettari. Mentre Napoli, Firenze e Palermo si assestano tra i 20mila e i 35mila ettari. Ma i fenomeni di espansione delle città determinano effetti ambientali e sociali la cui rilevanza in termini di qualità ambientale, di integrità del paesaggio e di consumo di risorse naturali dipende fortemente dalla modalità con la quale si realizza la trasformazione. Processi di diffusione, dispersione urbana e frammentazione descrivono la tendenza in atto dagli anni ’90 (e tutt’ora presente) a consumare risorse e a sottrarre qualità attraverso, precisa l’Ispra: la creazione di «centri urbani di dimensione medio-piccola all’esterno dei principali poli metropolitani»; la «crescita di zone di margine con insediamenti dispersi intorno ai centri»; la saldatura di «zone di insediamento a bassa densità in un continuum che annulla i limiti tra territorio urbano e rurale»; la frammentazione del «paesaggio e la mancanza di identità dei nuclei urbanizzati sparsi e senza coesione». In sostanza, «l’urbanizzazione a bassa densità» produce non solo perdita di paesaggi, suoli e relativi servizi dell’eco-sistema, ma è anche un modello insediativo «energivoro» che predispone alla diffusione della mobilità privata. Quindi consumo di energia, traffico e smog. Circuiti di un meccanismo che insieme al consumo di suolo s’incastrano con i cambiamenti climatici e con i conseguenti rischi idrogeologici. Un circolo vizioso che sembra senza fine.

(a. d’a.)

 

 

Apre lo sportello sul risparmio energetico
Il Comune aderisce al progetto Fiesta: consigli gratuiti ai cittadini, workshop a scuola e lotteria a premi
Si scrive “Fiesta” e si legge sensibilizzazione sul tema del risparmio energetico. Si tratta di un progetto triennale con finanziamenti europei dall’acronimo inglese (Families Intellingent Energy Saving Targeted Action), il cui focus è rivolto alle famiglie con l’obiettivo di promuovere comportamenti energeticamente sostenibili, attraverso un miglior utilizzo di impianti domestici di riscaldamento e condizionamento, in modo da ridurre consumi e spese a vantaggio dei consumatori e dell’ambiente. Il progetto coinvolge, oltre all’Italia, anche Spagna, Bulgaria, Croazia e Cipro, per un totale di 14 comuni con più di 50 mila abitanti e 5 partner tecnici, e prevede l’apertura di sportelli informativi in grado di fornire in modo gratuito una serie di consigli pratici per efficientare i consumi energetici delle abitazioni, con particolare attenzione su come si possono modificare le abitudini quotidiane, ma anche scegliere impianti ad alta efficienza energetica ed effettuare investimenti in fonti rinnovabili. Trieste, attraverso la collaborazione tra amministrazione comunale e Area Science Park, è una delle tre città italiane ad aver aderito al progetto insieme a Forlì e Ravenna. «Si tratta di un’iniziativa che si aggiunge allo sportello sullo stesso tema già attivo dal 2012 e rivolto principalmente alle imprese - ha spiegato l’assessore comunale all'Ambiente Umberto Laureni -. In questo caso il target è ben preciso ed è quello delle famiglie: l’idea è di incidere su una delle principali fonti di consumo di energia e dunque di emissioni di CO2 che sono proprio gli edifici privati (29% del totale). Risparmiare energia modificando le abitudini non significa vivere male, ma al contrario vivere meglio, riducendo gli sprechi ed economizzando i risparmi». Lo sportello Fiesta è attivo in via Procureria 2A presso l’Urp, il lunedì dalle 14.30 alle 17 e il mercoledì dalle 9 alle 12.30 (tel. 040/6758336 indirizzo mail: sportellofiesta@comune.trieste.it). Il progetto, il cui budget complessivo è di 2,4 milioni (di cui 1,7 coperti da finanziamenti europei), prevede anche dei workshop nelle scuole primarie e secondarie e per i residenti delle case popolari, oltre ad una lotteria che metterà in palio dei prodotti ad alta efficienza energetica, mentre 150 famiglie potranno usufruire di un audit energetico gratuito a domicilio per valutare le possibilità di efficientamento energetico. «Il risparmio energetico viene spesso percepito come un qualcosa di negativo, in realtà se praticato in modo intelligente va a migliorare il comfort abitativo - ha sottolineato Fabio Tomasi, di Area Science Park e project manager di Fiesta -. In molti Paesi con clima mediterraneo, è cresciuto non solo il consumo di energia per riscaldamento ma anche quello per raffreddamento: ecco allora la necessità di mettere in atto una sfida improntata al risparmio che si sviluppi sugli aspetti tecnologici e sulle abitudini quotidiane».

Pierpaolo Pitich

 

 

Riesplode lo scontro sulle azioni Hera - IL CASO
Il tema della ripubblicizzazione del servizio idrico infiamma la terza commissione consiliare.

Due le mozioni discusse pressoché identiche: una presentata dai consiglieri di maggioranza (Cimolino, Reali, Cetin e Mozzi) impegna sindaco e assessore competente ad «avviare uno studio di fattibilità al fine di valutare la futura possibilità di una scelta in questa direzione da parte dell’amministrazione comunale». L’altra, siglata dal capogruppo di Forza Italia Bertoli, invita la giunta a «produrre una relazione dettagliata per capire se il Comune ha avviato le procedure per adempiere alle previsioni dei referendum sull’acqua del 2011 e quali sarebbero a quel punto costi e oneri a carico dell’amministrazione». A scatenare la reazione dell’opposizione il fatto che nella prima mozione si parla di «effettuare come scelta ultima la vendita delle azioni, nella quota minima necessaria, dopo aver valutato ogni altra possibilità ed ogni altro percorso alternativo per la realizzazione di opere pubbliche indispensabili per la comunità». Chiaro il riferimento alla delibera recentemente approvata che prevede la possibile cessione di azioni del gruppo Hera che controlla AcegasApsAmga. «Vogliamo che sia fatta chiarezza su quello che è stato fatto dal 2011 ad oggi - attacca Everest Bertoli -. Dobbiamo uscire da quella che è una evidente ipocrisia da parte del Pd: esiste un limite alla dignità umana». A rincarare la dose Piero Camber (Fi): «Siamo di fronte ad un atteggiamento contraddittorio e ad una presa in giro spaventosa. Non si può andare in una direzione e poi fare esattamente l’opposto per lavarsi la coscienza» e Lorenzo Giorgi (capogruppo Pdl): «È una mozione non credibile che va ritirata: esistono dignità e serietà». Particolarmente duro l’intervento di Paolo Menis (M5 Stelle): «Siamo di fronte ad una vera e propria provocazione da parte dei consiglieri Pd: questa è non solo una enorme presa in giro, ma un’offesa per il Consiglio comunale e per l'intera città». La risposta nelle parole della consigliera Tiziana Cimolino (Pd), prima firmataria del documento: «Abbiamo semplicemente chiesto che venga chiarito l’argomento attraverso un approfondimento con gli uffici tecnici: noi siamo a posto con la nostra coscienza, poi non è detto che tutti la vedano allo stesso modo». Concetti ripresi da Cesare Cetin (Trieste Adesso): «In questa mozione c’è indubbiamente qualche forzatura, ma farei attenzione prima di parlare di giochetti di coerenza». Per Bassi (Gruppo Misto) e Sossi (Sel) «sono necessari approfondimenti tecnici», mentre per Furlanic (FdS) si tratta di una mozione «quantomeno inadeguata». Alla fine entrambe le mozioni sono state licenziate dalla commissione. Prossima puntata in Consiglio comunale.

(p.pi.)

 

 

Ecoreati: via libera alla Camera - Introdotti cinque nuovi delitti
Ok della Camera al ddl Ecoreati che introduce nel codice penale i nuovi delitti contro l’ambiente, modifica il Codice dell’ambiente, introducendo specifiche previsioni per l’estinzione degli illeciti amministrativi e penali in materia di tutela ambientale.

Il testo modificato torna al Senato. Queste le principali disposizioni. Cinque le modifiche al codice penale con l’introduzione dei delitti di inquinamento ambientale; disastro ambientale; traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività; impedimento del controllo, omessa bonifica. In particolare, il nuovo articolo 452-bis del codice penale punisce l’inquinamento ambientale con la reclusione da 2 a 6 anni e con la multa da 10.000 a 100.000 euro. Il disastro ambientale è punito con la reclusione da 5 a 15 anni. Sono stati approvati gli emendamenti che sopprimono il divieto dell’air gun: a questo punto il ddl Ecoreati si avvia a tornare al Senato per la quarta lettura.

 

 

Arriva il “taxi del ciclista” che porta in gita le bici
Parte un servizio sperimentale che consente di imbarcare sino a quattro persone - A bordo una mini officina per le riparazioni. Non sono previsti sovrapprezzi
Un piccolo grande sogno di tutti i ciclisti che amano la natura e adorano vivere il Carso, i dintorni di Trieste, i boschi e le doline dell’altipiano, attraversandoli con le mountain bike o con le tradizionali bici da turismo, diventa realtà. E lo diventa con “Taxi bike” ovvero con un servizio nuovo di zecca che consente di prenotare una corsa in un taxi attrezzato con gli appositi supporti in grado di portare sino a un numero massimo di quattro clienti, con le rispettive bici, in un qualsiasi punto della territorio della Provincia. Una volta arrivati a destinazione, basta liberare le bici dai ganci di sicurezza, sistemati dietro il taxi, e cominciare la gita. Il servizio, in funzione da poche ore, è nato da un’idea di Stefano Sandrin, istruttore del gruppo “360 MB”, associazione sportiva che si occupa di mountain bike. «Ho semplicemente sposato due veicoli complementari: il taxi e la bici. Attrezzando nella maniera adeguata un’auto pubblica - spiega Sandrin - si può assicurare a tutti i turisti, ma anche ai triestini e a tutti coloro che amano scorazzare per i sentieri del Carso la possibilità di raggiungere i dintorni della nostra bellissima città senza doversi sobbarcare improponibili salite e, soprattutto, senza dover utilizzare la propria vettura privata». È bastato coinvolgere la cooperativa Radio Taxi e l’iniziativa è presto diventata realtà. «Abbiamo capito subito il potenziale di questa novità – precisa il presidente della cooperativa Mauro Detela – perché è evidente che in questa maniera agevoliamo i turisti, ma anche i triestini e le famiglie con bambini piccoli. Un’utenza molto ampia che d’ora in poi potrà disporre di una possibilità di svago in più». In una prima fase sperimentale sarà solo uno dei taxi presenti sul territorio comunale a garantire questo servizio, «ma se la cosa prenderà piede, e la primavera e l’estate ci sembrano le stagioni migliori per fare un test, altri tre o quattro tassisti triestini sono pronti ad attrezzare le loro vetture con tutto ciò che serve per il trasporto delle biciclette e di un piccolo kit per le riparazioni» assicura Sandrin. Sì, perché i promotori di “Taxi bike” hanno pensato anche a questo. «Siccome sono ciclista anch’io – sottolinea Sandrin – e so che può capitare di forare, di avere un piccolo guasto, di vedere la catena uscire dalla sua sede o altri inconvenienti del genere, i taxi abilitati al trasporto delle biciclette avranno a bordo anche una mini officina. Poche cose come camere d’aria di riserva, le chiavi per stringere i bulloni, una pompa, attrezzi per la manutenzione, insomma il minimo per poter tornare a casa». Anche in questo caso sarà sufficiente chiamare uno dei taxi abilitati. Il tutto senza sovrapprezzi. «Per noi si tratta di normali chiamate. E quindi - spiega il presidente di Radio Taxi - si pagherà la tariffa comune. Ogni bicicletta sarà considerata come una valigia o un collo qualsiasi». Non basta ancora. Quelli dell’associazione “360MB” hanno pensato di arricchire la proposta con un servizio di guida turistica ovviamente in bici. Spiega il presidente del club Lorenzo Cortese: «Ci metteremo a disposizione per offrire ai turisti la possibilità di percorrere i sentieri del Carso con un accompagnatore. Siamo esperti e competenti e vogliamo metterci al servizio della città». L’iniziativa dell’associazione “360 MB” non si limita al territorio provinciale: «Possiamo spaziare anche oltre confine, raggiungere l’Istria, il Carso sloveno e alcune località del Friuli Venezia Giulia» afferma Cortese. Sandrin invece spiega che l’associazione ha già comunicato al Comune «e più precisamente all’assessore Edi Kraus la nostra iniziativa e contiamo sulla collaborazione dell’amministrazione. Le città moderne sono tutte attrezzate per i turisti con bici al seguito, Trieste potrà fare altrettanto».

Ugo Salvini

 

Fiab Ulisse incalza la giunta sulla ciclabile in via Mazzini - viabilità
Un appello alla giunta Cosolini perché realizzi l’attesa pista ciclabile in via Mazzini.

A lanciarlo è l’associazione Fiab Trieste Ulisse - da sempre impegnata nel sensibilizzare cittadini e istituzioni sui vantaggi delle due ruote -, ricordando come, già nel programma elettorale del 2011, Roberto Cosolini avesse promesso una rete di percorsi pensati proprio per garantire la sicurezza di chi si muove in bici. «Da quell’impegno è scaturito il coinvolgimento delle associazioni e dei cittadini alla progettazione di un nuovo Piano generale del Traffico, approvato nel 2013, che prevedeva la realizzazione di una rete di piste ciclabili a Trieste (il pi-greco) che include anche una pista ciclabile bidirezionale in via Mazzini - afferma Federico Zadnich della Fiab -. Un’opera fondamentale per collegare le Rive con piazza Goldoni e poi da lì proseguire sui due assi ciclabili del Pi-Greco che penetrano la città». Eppure, secondo la Fiab, ultimamente dalla giunta stanno arrivando diversi segnali che fanno pensare ad un dietrofront sulla ciclabile di via Mazzini. Un cambio di rotta ritenuto molto grave. «Avendo creduto e lavorato a fondo nel percorso di progettazione partecipata del Piano del traffico e ritenendo questa un'opera fondamentale per promuovere la ciclabilità a Trieste l'associazione stessa - prosegue l’associazione - esprimiamo viva preoccupazione e chiediamo che, nella delibera che la giunta approverà nei prossimi giorni per definire la trasformazione di via Mazzini, ci sia la ciclabile bidirezionale in sede propria. Per sostenere questa richiesta, organizzeremo a breve un “Bike Pride” che percorrerà le strade della città, al quale chiediamo un'adesione convinta a tutte le persone e associazioni che credono sia importante e urgente promuovere a Trieste una mobilità sostenibile». Immediata la risposta dell’assessore ai Lavori pubblici, Elena Marchigiani. «Nessuna marcia indietro. Nel Piano del traffico si parla di un percorso calcabile che verrà tracciato quando si consoliderà la scelta di via Mazzini pedonale. Fermo restando, però, che trattandosi di un'area pedonale, chi va in bicicletta dovrà dare la precedenza e rispettare i pedoni».

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 5 maggio 2015

 

 

Pm10 in crescita, “altolà” alla Ferriera

La Regione, a fronte degli sforamenti, impone a Siderurgica Triestina di ridurre la produzione della cokeria
La Ferriera è tornata a inquinare e la Regione diffida Arvedi. È l’assessore all’Ambiente Sara Vito a prendere posizione davanti ai valori registrati dall’Arpa e alle proteste dei cittadini degli ultimi giorni, costringendo Siderurgica Triestina a ridurre la produzione: gli “sfornamenti’ della cokeria dovranno passare dai 78 giornalieri a 67 fino al rilascio della nuova Autorizzazione Integrata Ambientale. Le concentrazioni rilevate dalla centralina di San Lorenzo in Selva, proprio quella più vicina alla cokeria, hanno evidenziato un incremento di polveri sottili e di benzene. Un’impennata documentata proprio nei giorni in cui lo stabilimento ha aumentato l’attività: il Pm10 ha raggiunto medie giornaliere di 70-80 microgrammi per metro cubo d’aria a fronte di picchi comuni che si aggirano attorno ai 30-40 microgrammi. Ciò, stando alle relazioni tecniche dell’agenzia, è avvenuto tra marzo e aprile. In altri termini, come è salita la produzione, sono schizzate le emissioni. I vertici della fabbrica non commentano, ma si limitano a rimandare a quanto comunicato nei giorni scorsi sugli interventi in atto o già attuati dall’azienda. La Regione, invece, spiega: «Davanti agli sforamenti abbiamo imposto un contenimento dell’attività», ripete l’assessore Vito. «In questo periodo Arvedi sta facendo una serie di interventi, è un momento molto delicato – puntualizza ancora l’esponente della giunta – che stiamo seguendo con attenzione». L’altolà della giunta Serracchiani non ha alcun collegamento con la Procura, assicura l’assessore, quanto piuttosto con l’attività di monitoraggio. «La situazione delle emissioni della Ferriera di Servola è costantemente seguita dall’Arpa – dichiara Vito via comunicato – per compiti istituzionali diretti e per verifiche richieste dalla Regione. Con il subentro della nuova gestione e nell'ottica di una politica di trasparenza auspicata, alla Ferriera - aggiunge l'assessore - sono state infatti intensificate le attività di controllo, monitoraggio e diffusione dei dati ambientali a favore della popolazione in genere e in particolare delle associazioni ambientaliste operanti sul territorio». Verifiche che, naturalmente, seguono di pari passo la riqualificazione degli impianti dello stabilimento e che presto coinvolgeranno anche la cokeria. Proprio per questo la giunta ha deciso alzare il livello di guardia. «Su richiesta della Regione – chiarisce l’assessore – l'Arpa ha organizzato una task force comprendente le migliori professionalità dell'agenzia, che assicura monitoraggi e interventi diretti in ogni situazione di particolare disagio dovuto alle emissioni, per accertarne le cause e per proporne i rimedi». È ciò che è accaduto tra marzo e aprile quando la direzione regionale dell'assessorato all’Ambiente, acquisita la segnalazione dei comitati dei cittadini, ha chiesto il 17 marzo 2015 di verificare le cause dello sforamento delle emissioni. Il responso non si è fatto attendere molto: la Ferriera, in effetti, aveva ripreso a inquinare. «L'Arpa dopo una serie verifiche, visite, sopralluoghi e controlli delle centraline - come rileva una nota ufficiale dalla Regione – ha redatto un’ampia relazione dalla quale si evidenzia un incremento di emissioni a partire dal marzo 2015, in concomitanza e in correlazione all'aumento degli sfornamenti in cokeria. Nella sua articolata relazione – si aggiunge nella nota – l’agenzia ha proposto come misura di contrasto un calo dell’attività e la direzione regionale dell'Ambiente, condividendone le valutazioni, il 10 aprile 2015 scorso ha assunto un provvedimento di riduzione. Dai 78 giornalieri, gli sfornamenti vengono limitati a 67 fino al rilascio della nuova Autorizzazione Integrata Ambientale». L'Arpa ha anche controllato le emissioni al camino e ha verificato i dati rilevabili dall'attività di autocontrollo, dai quali «non si desumono emissioni oltre i limiti di legge».

Gianpaolo Sarti

 

 

Rilancio del Porto Vecchio - Pressing sul governo - Missione romana di Serracchiani e Cosolini
L'area del Porto Vecchio di Trieste potrebbe rientrare all'interno di progetti strategici di interesse nazionale e internazionale.

E' quanto emerso nel corso dell'incontro, ieri a Roma, tra la presidente del Friuli Venezia Giulia Debora Serracchiani e il sindaco Roberto Cosolini con i ministri dei Beni e delle Attività Culturali Dario Franceschini e delle Infrastrutture e Trasporti Graziano Delrio. Serracchiani e Cosolini hanno consegnato ai due rappresentanti dell'Esecutivo Renzi un “dossier” sull'area del Porto vecchio: un documento che, oltre a proseguire l'opera di sensibilizzazione del Governo sulla questione, già avviata nelle scorse settimane - come si legge in una nota della Regione - va anche nella direzione di consentire una presa di coscienza più approfondita delle dimensioni e delle caratteristiche dell'area da parte del Governo, oltre a essere propedeutico allo studio dell'Accordo di programma pubblico-privato ipotizzato nel colloquio dello scorso aprile con lo stesso ministro Franceschini. «E' stato impostato un lavoro con il Governo che proseguirà con intensità nei prossimi mesi» hanno commentato Cosolini e Serracchiani, con quest'ultima che ha precisato: «I ministri hanno espresso la valutazione che l'area potrebbe essere presa in considerazione tra i progetti strategici: c'è un interesse effettivo in quanto l'area è oggettivamente rilevante dal punto di vista della riqualificazione urbana, della possibilità di farne un trampolino di rilancio per la città e la regione, anche dal punto di vista dell'interesse che l'investimento può suscitare in altri Paesi». Dunque un altro passo per il rilancio del Porto vecchio, iniziato con l'emendamento del senatore Pd Francesco Russo che ha dato il via al processo di sdemanializzazione dell'area e proseguito con il documento di intesa siglato la scorsa settimana che è andato a tratteggiare nel dettaglio la mappa dello scalo, definendo al millimetro le pertinenze (magazzini, aree e fasce costiere) sia del Comune che dell'Autorità Portuale. Nel corso del colloquio è emerso che vi potrebbe essere una Cassa Depositi e Prestiti tra i soggetti cui ricorrere per la stesura di uno studio sugli aspetti economici della riqualificazione del Porto vecchio. «C'è grossa soddisfazione per l'attenzione e l'interesse che entrambi i ministri hanno dimostrato nei confronti di questo progetto che è stato peraltro accompagnato da una documentazione puntigliosa ed adeguata e dunque ci sono tutte le premesse per un ottimo lavoro di squadra» ha aggiunto il sindaco Cosolini: «E' stata colta la grande scala di questo progetto che fa sì che nella sfida del riuso del Porto vecchio adesso ci sia un partner importante come il Governo, che ha inquadrato correttamente questa opportunità come una vera e propria occasione economica di rango nazionale».

Pierpaolo Pitich

 

 

Trivellazioni, il governo croato si difende
In 12 cartelle dattiloscritte la risposta a due mozioni di Orah e Hdz: «Non valutati i grandi rischi»
TRIESTE Le opposizioni in Croazia si sono fatte portavoce di tutti i timori espressi dalla società civile, soprattutto città costiere, pescatori e operatori del turismo, relativamente alle trivellazioni del fondo marino dell’Adriatico per la ricerca di giacimenti petroliferi e di gas il cui iter è già stato avviato dal governo Milanovi„. Così al Sabor (Parlamento croato) sono state presentate due mozioni, una del partito Orah dell’ex ministro dll’Ambiente, Mirela Holy con la firma di 41 deputati e una del gruppo dell’Hdz (Centrodestra). Pur presentate da due gruppi diversi le mozioni sono praticamente speculari. In entrambe si fa notare la scarsa trasparenza nella scelta delle società concessionarie per le trivellazioni, mal preparato anche lo studio strategico in cui non si tiene conto soprattutto delle ricadute sull’ambiente in caso di grandi incidenti collegati alla perforazione, all’estrazione e al trasporto di gas o petrolio enon si tiene in alcun conto una politica dei prezzi e dello sfruttamento delle risorse che si potranno ricavare dai giacimenti a favore dei cittadini croati e delle industrie del Paese. Il governo ha risposto in 12 pagine dattiloscritte nelle quali conferma che tutto si è svolto in conformità alle leggi e ai regolamenti vigenti puntualizzando come lo sfruttamento dei giacimenti costituirà un grande impulso anche all’economia della Croazia. Rimandate al mittente anche le accuse relative alla scarsa attenzione all’impatto ambientale delle trivellazioni. Il governo, in questo caso, si è detto di aver svolto tutto con la massima attenzione anche perché la stessa Costituzione della Croazia impone di porre la massima cura nella tutela dell’ambiente per assicurare ai cittadini un habitat sano. Per quel che riguarda invece il rischio di incidenti l’esecutivo sostiene che bisogna ora attendere che le società concessionarie identifichino con precisione i siti dove sarà svolta l’attività estrattiva e solo allora saranno predisposti i piani ad hoc. Senza di essi, assicura il governo Milanovi„, l’attività estrattiva non potrà proseguire. Insomma c’è la malcelata volontà di far ricadere sulle società concessionarie il costo degli studi relativi ai possibili incidenti legati all’estrazione e al trasporto di greggio e gas. Zagabria ha già preparato la Valutazione di impatto ambientale che è stata inviata anche a Slovenia, Italia e Montenegro che ora possono far valere le proprie posizioni in merito. In Slovenia Greenpeace ha già raccolto 11mila firme contro l’attività estrattiva mentre in Italia ferma opposizione è stata fatta valere dalla Regione Marche.

Mauro Manzin

 

 

Rigassificatore, lavori al via nel 2016 - A VEGLIA ANCHE UNA CENTRALE ELETTRICA
ZAGABRIA - La costruzione del rigassificatore di Castelmuschio (Omišalj) sull'isola di Veglia comincerà a metà 2016 e durerà tre anni, parola di Mladen Antunovi„, direttore generale di Lng Croazia e responsabile del progetto.

Intervistato ieri mattina dalla Radio nazionale croata (Hrt), Antunovi„ ha assicurato che l’impianto sarà operativo nel 2019 con la capacità prevista di 6 miliardi di metri cubi di gas. Inoltre, il direttore di Lng Croazia sta «valutando seriamente» l’edificazione di una centrale elettrica a gas «ad alta efficienza» da 40 megawatt da affiancare al rigassificatore. «Quello dell’isola di Veglia è un progetto prioritario per l’Europa: è incluso in una lista di interessi strategici e menzionato nella Strategia per la sicurezza energetica dell’Europa, che comprende soltanto 33 progetti legati al gas», ha dichiarato Mladen Antunovi„. Nel finanziamento dell’impianto di Castelmuschio non ci saranno fondi pubblici croati, ma soltanto capitali privati, mentre le autorità di Zagabria si limiteranno ad assicurare «i migliori standard internazionali» in modo da attirare gli investitori.

(g.v.)

 

 

Gufo reale sotto attacco salvato dai vigili
Il rapace è stato ferito da cornacchie e gabbiani. Ora si trova in convalescenza nella “casa” dell’Enpa
Un gufo reale è stato salvato dall’assalto violento di cornacchie e gabbiani. Il rapace è stato notato dapprima tra gli alberi di piazza dell’Ospedale, poi in via Giulia e infine in via Cologna. Il pronto intervento dell’Enpa, dei Vigili del fuoco e del personale dell’associazione zoofila triestina ha consentito di recuperare la bestiola ora ricoverata nella struttura dell’Ente protezione animali di via Marchesetti. Il gufo è un esemplare maschio di circa due anni. Il veterinario dell’Enpa, Marco Lapia, l’ha medicato e visitato. L’assalto delle cornacchie e dei gabbiani ha procurato all’animale alcune ferite non gravi e la perdita di parecchie piume. «Ora verrà curato, gli faremo un ciclo di riabilitazione e attenderemo che ripristini il piumaggio. Poi, non appena tornerà in piena forma, presumibilmente tra un paio di mesi, lo reintrodurremo in natura» spiega Patrizia Bufo, presidente dell’Enpa. Il gufo reale è un uccello solitario; non migra e resta sempre all'interno del suo territorio personale. Trascorre le sue giornate nel nido, ricavato in genere dentro un grande albero cavo o in un anfratto roccioso, più raramente sul terreno, ed esce a caccia all’alba e al crepuscolo. L’attività dei Vigili del Fuoco e dell’Enpa, nella giornata di domenica, non si è limitata al recupero del gufo reale. All’alba è stato soccorso un capriolo rimasto incastrato in un cancello dell’ex Tirso a Muggia. L’esemplare sta bene, si trova nella struttura dell’Enpa, e verrà liberato tra alcuni giorni. Salvato anche un gufetto, un assiolo, incastratosi all’interno di una canna fumaria mentre verosimilmente tentava di nidificare. «Va riconosciuta la sempre pronta disponibilità dei Vigili del fuoco, preziosi alleati di chi soccorre gli animali – evidenzia Bufo – e la sensibilità dei cittadini che, numerosi, hanno assistito alle fasi di soccorso. Chi lo desidera potrà rivedere gli animali ricoverati nelle voliere e nei recinti di via Marchesetti solo dalle 16 alle 18 per non turbare il percorso riabilitativo». Al contempo l’Enpa rivolge un appello a tutti i cittadini ricordando di non toccare, accarezzare, o raccogliere cuccioli apparentemente abbandonati, se questi non sono feriti o in effettiva necessità di soccorso. Una sola carezza imprime l’odore dell’uomo al cucciolo e la madre non lo riconoscerà più. Meglio contattare subito l’ente di protezione.

Laura Tonero

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 4 maggio 2015

 

 

In Consiglio l’accordo con Riccesi
Prevede un parking in piazza Foraggi e un indennizzo di 2,5 milioni al costruttore
Nel menu odierno del Consiglio Comunale la discussione “clou”, a parte le mozioni di carattere più squisitamente politico, verterà sulla delibera relativa all’atto integrativo al contratto di transazione del 2006 stipulato tra il Comune e l’Impresa Riccesi. Come riepilogato alcuni giorni fa, il provvedimento chiude una vicenda durata quasi quindici anni, che ha attraversato quattro giunte (Illy, Dipiazza 1 & 2, Cosolini). La delibera, che è stata seguita dall’assessore ai Lavori Pubblici Andrea Dapretto, prevede che l’annoso dossier sia risolto con un nuovo parking in piazza Foraggi e con un indennizzo a Riccesi pari a 2 milioni 571 mila euro. L’esame in commissione ha visto numerose obiezioni da parte delle opposizioni, sia di centrodestra che grillina. E’probabile che i dubbi emersi da questa discussione rimbalzino in aula, caratterizzando dibattito e voto. Tutto partì dal parcheggio non realizzato in piazza Ponterosso: lo voleva la giunta Illy, non quella Dipiazza. Il compromesso raggiunto concesse a Riccesi tre siti alternativi per realizzare altrettanti parking: via del Teatro Romano, via Tigor, largo Roiano, ma tutti e tre, per varie ragioni, non andarono in porto. Alla fine la soluzione trovata dalla giunta Cosolini riguarda, come si diceva, piazza Foraggi più 2,5 milioni. Soluzione che non ha convinto la V Circoscrizione, che ha espresso parere negativo. E’ probabile che nella serata consiliare vengano alla ribalta temi di attualità politica attraverso la presentazione di mozioni: possibili argomenti gli incidenti avvenuti nella giornata inaugurale dell’Expo e il caso della bandiera jugoslava nel corteo del Primo maggio.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 3 maggio 2015

 

 

Muggia rafforza il no al rigassificatore - CONSIGLIO COMUNALE

No al rigassificatore di Zaule. Il Consiglio comunale di Muggia è tornato ad esprimersi in aula contro l'impianto di gas naturale liquefatto proposto dalla multinazionale spagnola Gas Natural Fenosa.

Due i documenti approvati entrambi all'unanimità: una delibera proposta dall'assessore all'Ambiente Fabio Longo ed una mozione firmata dal consigliere comunale del Pdl Claudio Grizon. La mozione ha di fatto dato mandato al sindaco Nesladek di confermare il parere contrario all'impianto e chiedere la sospensione del parere favorevole del Ministero dell'Ambiente. La delibera ha ribadito al Ministero dell'Ambiente il parere contrario sulla pronuncia di compatibilità ambientale, chiedendo in sede di autotutela, l'annullamento del precedente decreto interministeriale anche al fine di recepire il parere contrario e vincolante della Repubblica di Slovenia previsto dall'Unione Europea con il Regolamento delegato n. 1391/2013. E' stata poi chiesta l'emissione del parere negativo sul metanodotto di collegamento con la rete nazionale gas, viste le interferenze con parte delle opere previste nel nuovo Piano Regolatore del Porto. Il Comune di Muggia ha inoltre formalmente chiesto al Ministero dello Sviluppo economico di essere invitato nella futura Conferenza di Servizi che dovrà pronunciarsi sul progetto del rigassificatore, al fine di poter far valere le proprie ragioni. Nel documento di Longo è stato poi chiesto alla Repubblica di Slovenia ed ai Comuni costieri di Capodistria, Ancarano, Isola e Pirano di sostenere il ricorso fatto dal Comune di Muggia contro il ministero dell'Ambiente. Infine si è chiesto al Commissario straordinario dell'Autorità portuale di Trieste di far redigere, anche con l'eventuale collaborazione di professionisti esterni specializzati in materia, ulteriori elaborati circa l'incompatibilità tra il proposto transito delle navi metaniere ed i rimanenti traffici portuali previsti al 2020 anche in considerazione della conferma del preventivato transito di oltre 500 navi petroliere dirette al terminale Siot ogni anno (521 nel corso del 2014).

(r.t.)

 

 

Sbloccato il Sin, ripartono le bonifiche

Protocollo Arpa-ministero sulle zone inquinate. Zuban: «Entro sei mesi il 30% delle aree sarà restituito agli usi legittimi»
Il salto della gara - Superate le difficoltà di applicazione delle norme entrate in vigore nel 2013. Si può passare rapidamente alle caratterizzazioni
Mercoledì a partire dalle 10 al Palace suite dell'Hotel Continentale di via Dante 6/a, si svolgerà l'incontro “Sos Etichettatura”. Nell'occasione, Massimo Torti, segretario generale di Federmoda Italia, illustrerà la normativa, gli adempimenti a carico del negoziante e del fornitore e le sanzioni previste in caso di non conformità alle nuove disposizioni di legge. L'iniziativa, di forte interesse per tutte la rete distributiva dei settori dell'abbigliamento e delle calzature, è organizzata dalla Confcommercio triestina, in collaborazione con la Federmoda provinciale, nel quadro del progetto “Terziario motore dello sviluppo”, realizzato grazie al supporto fondamentale della Fondazione CRTrieste. I lavori saranno aperti da due brevi interventi introduttivi di Franco Rigutti e Roberto Rosini, rispettivamente vicepresidente vicario di Confcommercio Trieste e presidente della Federmoda provinciale mentre, la conclusione dell'incontro, sarà a cura di Mario Ulian, presidente di Federmoda Friuli Venezia Giulia.di Silvio Maranzana Le bonifiche ripartono. Potranno riprendere a giugno, secondo il presidente dell’Ente zona industriale Stefano Zuban, le procedure di caratterizzazione dei terreni compresi nel Sito inquinato di interesse nazionale ed entro sei mesi presumibilmente un altro 30% di quelli che fanno parte dell’Ezit potranno essere restituiti agli usi legittimi, rendendo di conseguenza possibili nuovi insediamenti o ampliamenti delle aziende esistenti. È la conseguenza del Protocollo tecnico definito dall’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente (Arpa) e approvato dal ministero dell’Ambiente sui cosiddetti “test di cessione”, le prove simulate di rilascio di contaminanti che devono essere eseguite prima della caratterizzazione. Come ha rilevato ieri anche la Regione in una nota, «le procedure di bonifica erano rimaste bloccate a causa della difficoltà di applicazione delle norme entrate in vigore nel 2013». «Ora però grazie al Protocollo - ha specificato Zuban - molti passaggi possono venir saltati tra cui l’obbligo di dover bandire una gara europea. Sostanzialmente dunque si potrà rapidamente passare alla caratterizzazione e nel giro di 6-7 mesi un ulteriore 30 per cento delle aree Ezit potranno essere svincolate ed aggiungersi a quel 25% che è già stato restituito agli usi legittimi». «Le procedure sono state sbloccate - rileva la Regione - grazie all’intervento dell’Arpa dopo un confronto con i soggetti interessati e con il ministero dell’Ambiente». «Siamo di fronte - l’osservazione fatta dall’assessore all’Ambiente Sara Vito - a un ottimo esempio di come l’Arpa, nel suo ruolo di ente di controllo, possa operare di concerto con la Regione e con le altre istituzioni per coniugare crescita e tutela dell’ambiente in Friuli Venezia Giulia». Per verificare l’attuabilità del Protocollo, l’Arpa e l’Ezit hanno concordato di eseguire in via sperimentale i “test di cessione” nelle aree di proprietà dello stesso Ezit nella Valle delle Noghere, per poi estenderli all’intero Sin. Il Protocollo sarà trasmesso a tutti i soggetti interessati che potranno anche usufruire di una task force dedicata messa in campo da Arpa. «Restano escluse da questa situazione - specifica Zuban - l’area Teseco (che ha in progetto tra l’altro un terminal traghetti nei pressi del Canale navigabile) e quella della Ferriera di Servola». «Il riavvio delle procedure di bonifica del Sin di Trieste - ha commentato il vicepresidente della Regione e assessore alle Attività produttive Sergio Bolzonello - conferma l’impegno di questa regione per rilanciare lo sviluppo del manifatturiero in Friuli Venezia Giulia e a Trieste in particolare. Un impegno che, accanto alla legge “Rilancimpresa Fvg” coinvolge trasversalmente tutte le competenze della Regione». A Trieste il peso dell’industria sul Pil è al di sotto del 10 per cento per cui il commento più soddisfatto non può essere che quello del sindaco Roberto Cosolini che ha ringraziato la Regione per l’impegno sulle bonifiche «per le quali - ha specificato - sembra finalmente giunta la svolta decisiva grazie al gioco di squadra fatto tra Regione, Comune, Ezit e Arpa che hanno dimostrato di avere a cuore il rilancio dell’economia di questa città. Le bonifiche per Trieste - ha aggiunto Cosolini - rappresentano sicuramente un’opera di grande valore strategico per promuovere lo sviluppo economico, per rafforzare l’attrattività territoriale e contrastare i processi di deindustrializzazione». Un pericolo, quello della deindustrializzazione, più volte denunciato sia dal fronte sindacale che da Confindustria. Il salvataggio della Ferriera e di Alcatel dovrebbe contribuire a fermare l’emorragia, mentre la stessa Ezit ha recentemente acquistato gli edifici dell’ex cotonificio Olcese per permettervi l’insediamento di aziende hi-tech anche in collegamento con i centri di ricerca presenti sul territorio.

 

Impianto di compostaggio: oggi Pinguente alle urne
Ambientalisti contro il progetto. Ma per il sindaco c’è lo zampino dell’opposizione

Il referendum per decidere se accettare o meno la nuova attività produttiva
PINGUENTE Nella più piccola città istriana con soli 6.133 abitanti oggi gli elettori si recano alle urne per il referendum sul contestato progetto dell'impianto di compostaggio organico ubicato nella zona imprenditoriale di Mala Huba. La consultazione è stata indetta dal Consiglio municipale e dal sindaco Sinisa Zuli„ che ha preso atto della petizione di contrarietà al progetto, firmata da 768 cittadini. Le urne rimangono aperte dalle 7 alle 19 e l'esito del referendum sarà vincolante. Se a vincere risulteranno i “no”, il progetto verrà cancellato. L'impianto in parola produrrebbe annualmente 7.400 tonnellate di humus ottenuto dalla fermentazione della vinaccia, degli scarti del vicino birrificio e della lavorazione della carne di pollame e degli escrementi degli stessi, provenienti dalle fattorie istriane. La società Adria Eta intende investire nel progetto 7 milioni di euro e dare corso a 18 posti di lavoro. Facile intuire che il rovescio della medaglia abbia una connotazione ecologica e ambientale. L'associazione civica “Diritto alla città”, che ha avviato la petizione, elenca tutta una serie di elementi contro l'impianto. Innanzitutto i 200 metri di distanza dalle prime case abitate sono ritenuti insufficienti per la dispersione dei cattivi odori, per cui si teme un colpo basso alla qualità della vita degli abitanti dell'area. In secondo luogo non si dispone di uno studio dettagliato sull'impatto ambientale e sulla salute della gente. C'è poi una terza ragione, per la precisione di ordine economico, in quanto un impianto del genere terrebbe lontani altri potenziali investitori nella stessa area imprenditoriale. Inoltre, secondo alcune valutazioni, ci sarebbe un reale pericolo di diffusione di malattie e di vari gas come il diossido di carbonio, il diossido di zolfo, metano, idrato di zolfo e tiofeni. Inizialmente il sindaco Zuli„ era favorevole al progetto, poi si è detto disposto ad ascoltare la voce della cittadinanza attraverso il referendum anche se, secondo lui, sotto sotto ci sarebbe lo zampino dell'opposizione politica alla Dieta democratica istriana che comanda in città. Intanto nei giorni precedenti il voto i pinguentini hanno trovato tre volantini nella cassetta della posta. Uno è stato diffuso dagli ambientalisti che invitano a votare “no”, il secondo porta la firma della società Adria Eta con l'ovvio invito al “sì”. Il terzo si limita a invitare i cittadini a recarsi alle urne senza indicazione di voto. In base al contenuto e alla forma si direbbe un volantino dell' amministrazione cittadina. Il sindaco Zuli„ però si dichiara assolutamente all'oscuro di una siffatta iniziativa. Curiosità e polemiche politiche a parte, adesso la parola spetta ai cittadini di Pinguente che decideranno se accollarsi il contestato impianto oppure se bocciarlo senza riserve.

(p.r.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 1 maggio 2015

 

 

Piano regolatore del porto - Arriva il sì della Regione

Approvato dalla giunta con una serie di prescrizioni. Ora tocca al Ministero - Previste zone verdi nel 10% delle aree a terra e una pista ciclabile sulle Rive
Il Piano regolatore del porto ha fatto ieri un altro passo fondamentale per la sua approvazione a sei anni di distanza dall’adozione da parte del Comitato portuale avvenuta nella lontanissima seduta del 19 maggio 2009 sotto la presidenza di Claudio Boniciolli. La Giunta regionale ha approvato la delibera, proposta dall'assessore all'Ambiente Sara Vito, che esprime parere favorevole con prescrizioni nella procedura integrata di Valutazione di impatto ambientale e Valutazione ambientale strategica del Prp. La delibera, come specifica una nota della Regione, fa sì che le norme tecniche di attuazione del Piano siano il più possibile improntate a indirizzare lo sviluppo delle infrastrutture e delle attività portuali secondo principi di sviluppo sostenibile, prevedendo interventi di miglioramento ambientale e la realizzazione di aree verdi pari ad almeno il 10 per cento delle aree a terra attualmente ricomprese all'interno del limite di competenza portuale, verificando la possibilità di introdurne anche all'interno delle aree attualmente edificate. Prescrive anche la realizzazione di una pista ciclabile sul lato mare delle Rive triestine. Secondo la Regione, la progettazione delle opere dovrà seguire più possibile criteri e “best practice” improntati agli obiettivi di sostenibilità ambientale, prevedendo la verifica dell'assenza di rischi per la salute umana e per l'ambiente (l'Autorità Portuale dovrà istituire un tavolo permanente ad hoc con i soggetti coinvolti), limitando le lavorazioni da mare per condurle da terra dove gli impatti sono minori, realizzando barriere antirumore lungo le ferrovie e le strade interessate e utilizzando le migliori tecnologie disponibili in campo energetico. Il provvedimento contiene indicazioni anche per quanto concerne l'impatto paesaggistico e architettonico: dovranno essere garantiti la valorizzazione, la conservazione e il consolidamento delle aree e degli edifici storici e salvaguardate le visuali panoramiche sul mare e sulle aree di interesse paesaggistico, evitando tra l'altro alterazioni alla skyline dei siti. Opportuni accorgimenti dovranno essere presi anche per la tutela della fauna e della flora marina. Per quanto concerne la viabilità, i collegamenti di ingresso e uscita con il terminal ro-ro non dovranno intralciare il traffico nel comune di Muggia, ferma restando la necessità di realizzare il by-pass di Aquilinia e le infrastrutture ferroviarie a servizio del terminal stesso, mentre in riferimento alla nuova viabilità Molo VIII - via Errera/Grande viabilità triestina (Gvt), per evitare di gravare eccessivamente sulla via Caboto, serve un potenziamento di quest'ultima oppure va previsto che la nuova viabilità portuale si innesti direttamente sulla Gvt; allo stesso modo, per l'area di sviluppo portuale ex Aquila va privilegiata l'accessibilità tramite il raccordo Lacotisce/Rabuiese. Dovranno essere inoltre prese tutte le misure possibili per la riduzione delle emissioni in atmosfera e si richiede di prevedere specifici interventi di recupero di aree ecologicamente degradate o di creazione di nuove aree verdi naturali o altri interventi infrastrutturali comportanti miglioramenti ambientali nei comuni limitrofi o loro equivalente monetizzazione da vincolare a interventi in questo senso. La presidente Debora Serracchiani invierà ora la delibera al Ministero dell'Ambiente che dovrà finalmente dare la propria approvazione. Va ricordato che il Consiglio superiore dei Lavori pubblici si è espresso positivamente già il 10 maggio 2010 e che lunedì scorso il Comitato portuale ha approvato tutte le integrazioni al documento originario. Senza Piano regolatore non è possibile, tra l’altro, l’ampliamento completo del Molo Settimo, il tombamento tra i Moli Quinto e Sesto, la realizzazione del Molo Ottavo, l’allungamento del Molo Bersaglieri, tutte le opere accessorie del terminal traghetti sul Canale navigabile. «Siamo arrivati alla fine di questo procedimento amministrativo, abbiamo presentato alcune osservazioni ma il parere è favorevole - ha commentato ieri Serracchiani - ed è questo che attendeva Trieste e tutta la regione: il Piano regolatore può avere definizione. Lo strumento di pianificazione portuale è fondamentale - ha aggiunto - per la crescita del porto, per l'individuazione degli investimenti e, nel caso di Trieste, anche per la definizione di alcune procedure “calde” che sono in piedi, e penso al tema del rigassificatore». Per l'assessore all'Ambiente Sara Vito, «il parere favorevole prevede delle prescrizioni puntuali cercando di favorire lo sviluppo del porto mitigando il più possibile gli impatti ambientali con una particolare attenzione alle emissioni in atmosfera, al tema della sostenibilità, alla limitazione del rumore e degli impatti sulle acque marino-costiere».

Silvio Maranzana

 

 

La bolletta sui rifiuti slitta di due mesi
Passa dal 31 maggio al 31 luglio. Cambiano anche le altre date per evitare ingorghi nei pagamenti e aiutare Esatto
Il Comune di Trieste - Area Educazione informa che, anche in considerazione delle difficoltà derivanti dalla nuova normativa sull'Isee, il temine ultimo per la presentazione dell'attestazione Isee ai fini del punteggio per l'inserimento in graduatoria di chi ha già presentato la domanda di iscrizione ai Nidi d'infanzia comunali e convenzionati per l'anno scolastico 2015/2016, inizialmente previsto per il 4 maggio, viene prorogato fino al 15 giugno, con le modalità già descritte nei modelli di iscrizione. Analogamente, e per i medesimi motivi, si rende noto che anche il termine per la presentazione delle domande per l'attribuzione del "Beneficio energia elettrica 2014" ai titolari della "Carta Famiglia", già fissato all'8 maggio, viene prorogato con i seguenti nuovi termini di scadenza: il 22 maggio per la presentazione della domanda e il 30 giugno per la presentazione dell'Isee (nel caso in cui lo stesso non fosse già disponibile al momento della presentazione della domanda).di Massimo Greco Slittano le scadenze per pagare nel corso del 2015 le bollette relative alla tassa dei rifiuti, la cosiddetta Tari. Le date scivolano di uno-due mesi: così il 31 maggio transita al 31 luglio, il 31 luglio diventa il 30 settembre, il 31 ottobre si sposta al 30 novembre. Queste modifiche temporali al regolamento, che disciplina l’Imposta unica comunale (da cui l’acronimo Iuc), saranno portate in Consiglio comunale, nel quadro di una più ampia delibera sul tema, a cura dell’assessore al Bilancio, Matteo Montesano. Tre ragioni presiedono alla decisione assunta dalla giunta comunale: agevolare il cittadino-contribuente che a metà giugno deve già mettere mano al portafoglio per saldare Imu e Tasi; dare respiro organizzativo a Esatto chiamato a predisporre e a distribuire gli appositi cedolini; adeguare la tempistica di pagamento tenendo presente che già il 2014 ha visto cambiare le originarie scadenze, tant’è che l’ultimo termine era stato fissato al 28 febbraio 2015. Naturalmente, qualora il cittadino-utente intenda versare l’intero importo in un’unica soluzione, può farlo in occasione della prima rata, quindi entro il 31 luglio. A questo provvedimento, che apporta un po’ di sollievo al pressing fiscale sul contribuente, se ne aggiunge un altro, con caratteristiche più specifiche, che riguarda la vasta platea composta da ristoranti, trattorie, osterie, pizzerie, pub, mense, birrerie, amburgherie. Per le aree scoperte utilizzate da questa sotto-categoria il regolamento prevedeva infatti che la tassa sui rifiuti fosse determinata nella misura del 50%. Ma ristoratori e affini hanno obiettato che, per motivi meteo-stagionali, il periodo effettivamente fruibile delle aree scoperte è inferiore rispetto a quello di altri esercenti. Traduzione: un conto è bere un caffè all’aperto, piacere assaporabile anche con temperature non elevatissime; altro è sedersi per consumare un pranzo “en plen air” nei mesi autunnali o invernali. Allora, per lenire la gabella, la delibera prevede che nel 2015 la tassa scenda dal 50 al 35%: quindi, se un ristoratore o affine gestisce un’area scoperta di 200 metri quadrati, pagherà una tassa rifiuti come se la stessa area fosse di 65 metri quadrati. Su questo punto Montesano vuole ricordare che una sollecitazione al riguardo, seguita da incontri con gli esercenti interessati, era giunta dal consigliere di Altra Trieste, Franco Bandelli. La terza modifica, ritenuta significativa da Montesano, riguarda la tassa sui rifiuti speciali. Bar e ristoranti vengono inseriti nella tabella suscettibile di un forfait pari al 20%, qualora sia dimostrato che lo smaltimento sia avvenuto utilizzando mezzi propri. A chiudere, la delibera chiarisce che le utenze domestiche, diverse dalle pertinenze, si considerano potenzialmente suscettibili di produrre rifiuti se risultano allacciate alle utenze di erogazione di energia elettrica. o altre erogazioni di servizi pubblici.

 

La differenziata riaccende lo scontro in Comune
Forza Italia all’attacco della giunta: «Penali ad AcegasAps se non raggiunge gli obiettivi»
«Questa amministrazione è forte con i deboli, mentre al contrario si dimostra debole con i forti». Le forze di centrodestra in Consiglio comunale vanno all'attacco della Giunta e nel mirino, in modo particolare, finisce il nuovo Piano economico finanziario del servizio di gestione dei rifiuti urbani appena varato dall'aula. Più precisamente, un emendamento presentato da Forza Italia e Pdl in fase di dibattito, ma bocciato dalla maggioranza, nel quale veniva chiesta l'individuazione di una penale nei confronti di AcegasAps nel caso di mancato raggiungimento della quota di raccolta differenziata dichiarata come obiettivo per il 2015: vale a dire il 40 per cento rispetto al 32,2 attuale. «Nel Piano sono previste delle sanzioni per i cittadini che non conferiscono correttamente i rifiuti» - attacca Everest Bertoli, capogruppo Forza Italia -. E allora perché non prevedere allo stesso modo una penale adeguata per il gestore incaricato del servizio, nel caso non venissero raggiunti gli obiettivi prefissati? Ed invece dobbiamo ancora una volta riscontrare come l'amministrazione comunale usi il pugno di ferro con i propri cittadini, mentre non se la senta di andare contro i poteri forti. Una mossa che peraltro potrebbe rivelarsi pericolosa per lo stesso Comune che rischia di ritrovarsi con un ammanco nelle proprie casse». Concetti ribaditi da Lorenzo Giorgi (Pdl): «Siamo di fronte ad una maggioranza stanca ed in difficoltà che da tempo ha iniziato a scricchiolare» - afferma - La conferma arriva anche da questo Piano per la raccolta differenziata che va a pesare oltremodo nelle tasche dei cittadini: abbiamo proposto due emendamenti che prevedevano prima lo spostamento di 500 mila euro dall'operazione “umido” alla pulizia delle strade e poi un ulteriore aumento dei chilometri compresi nello spazzamento generale, ma entrambi non sono stati accolti. Siamo arrivati al capolinea per questa Giunta di centrosinistra». Così infine Alfredo Cannataro: «Se uno o più consiglieri chiedono di destinare una somma per la pulizia della città, non accogliere quella proposta significa attuare una scelta politica che non va nella direzione di supportare i cittadini».

Pierpaolo Pitich

 

 

Allarme cinghiali, pressing degli agricoltori sulla Regione
TRIESTE - Cinghiali e caprioli, è allarme rosso tra gli agricoltori della provincia triestina e del contiguo Carso isontino.

I danni alle colture, ai terrazzamenti e ai muri di contenimento vengono ormai segnalati con frequenza quotidiana, e di fronte all’Sos lanciato dagli imprenditori l’Associazione Agricoltori/Kmecka Zveza si rivolge direttamente all’assessore regionale alla caccia Paolo Panontin. Secondo l’associazione cinghiali e caprioli si riproducono in maniera incontrollata nelle aree suburbane e carsiche. La ricerca del cibo costringe i selvatici a avvicinarsi sempre di più alle zone abitate, invadendo le sedi stradali con i rischi per l’incolumità di scooteristi e automobilisti. Ingenti i danni a giardini e orti privati, ma sono i boschi e soprattutto le colture agricole a subire le ingiurie più gravi. «Per sopravvivere le aziende devono trasformarsi in veri e propri fortini con costose recinzioni e sbarramenti che necessitano di continua manutenzione», sostiene il presidente dell’associazione Franc Fabec. «Sono rimedi che purtroppo non sono sufficienti a proteggere uva e raccolti - interviene il viticoltore Andrej Ferfoglia, che lavora sulla collina roianese -. La presenza dei cinghiali è ormai continua e ossessionante e aumentano i danni anche ai terrazzamenti e alle opere di protezione. Ora si fanno vivi anche di giorno, e rappresentano un pericolo anche per i residenti». Per l’associazione la questione più scottante riguarda i rimborsi che gli enti locali dovrebbero corrispondere agli agricoltori per compensare le incursioni dei selvatici nei poderi. Di qui la richiesta alla Regione la richiesta di ampliare il periodo di prelievo dei cinghiali a tutto l’anno, estendendo come nella vicina Slovenia l’orario di caccia giornaliero. «La situazione è insostenibile - insiste l’associazione agricoltori -, e anche per questa stagione sono previsti danni superiori alla media».

(m.l.)

 

 

 

 

GREENSTYLE.it - GIOVEDI', 30 aprile 2015

 

 

TAP: Governo autorizza gasdotto nonostante no della Regione Puglia
Durante il Consiglio dei Ministri n° 62, nella giornata di ieri è stato deciso il via libera all’autorizzazione per la realizzazione del TAP (Trans Adriatic Pipeline), ovvero il gasdotto che dalla Turchia attraverserà Grecia e Albania per approdare in Provincia di Lecce e portare gas naturale dall’Azerbaigian all’Italia e all’Europa.
Un sì che non ha tenuto conto del parere negativo, fornito a inizio 2014 da parte del Comitato tecnico Regionale per la Valutazione di Impatto Ambientale della Puglia e che è stato ribadito in Consiglio dal Presidente della Regione Nichi Vendola. È stato possibile grazie ad una norma dello Sblocca Italia. Vendola, a tal proposito ha tenuto a spiegare che:
La nostra posizione non è mai stata una posizione ideologica. Noi non abbiamo mai espresso un diniego preventivo, anzi abbiamo sempre detto di essere favorevoli a contribuire al mix delle fonti energetiche, anche attraverso la realizzazione del gasdotto. La contrarietà è riferita esplicitamente all’approdo a Melendugno che abbiamo sempre considerato il peggiore tra le opzioni possibili.
Mi sembra che rappresenti davvero una punizione enorme per una Regione che ha dato, e continua a dare, un importante contributo alla produzione, alla distribuzione e al trasporto dell’energia all’intero Paese.
Nel verbale del Consiglio di ieri si legge:
Il progetto sarà portato avanti nella totale osservanza di tutte le prescrizioni previste dalle amministrazioni intervenute nel procedimento, prevedendo anche le opportune misure per massimizzare le ricadute positive sull’economia del territorio e sulle attività tipiche locali. L’infrastruttura ha conosciuto una lunga elaborazione e un’istruttoria complessa, durata alcuni anni, che ne ha vagliato in maniera approfondita tutti gli aspetti, a partire dalla compatibilità ambientale.
Con la decisione odierna, il Consiglio dei Ministri ha ribadito all’unanimità la rilevanza del gasdotto sotto il profilo della necessità di una diversificazione delle forniture energetiche, anche alla luce dell’esigenza di aprire un nuovo corridoio energetico per importare il gas prodotto nell’area del Mar Caspio in Italia e in Europa, in ottemperanza ad obblighi comunitari e internazionali assunti dall’Italia.
Comitati e associazioni confluiti nel movimento NO TAP hanno sempre ritenuto che di ricadute positive non ve ne fossero e che anzi l’impatto a livello paesaggistico, ambientale e turistico potrebbe avere effetti devastanti.
Rossana Andreato

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 30 aprile 2015

 

 

Rigassificatore, anche la Provincia al Tar

Il Ministero dell’Ambiente conferma la Via all’amministrazione Bassa Poropat, secondo cui è valido il no del Governo Letta
La replica dell’assessore - La revoca era già stata decisa dall’ex ministro Orlando
Anche la Provincia di Trieste, dopo i Comuni di Muggia, San Dorligo della Valle e Trieste e la Regione Friuli Venezia Giulia, ha presentato ricorso al Tar del Lazio contro il parere della Commissione nazionale che si è espressa favorevolmente nella Valutazione d’impatto ambientale del rigassificatore di Zaule. Nell’annunciarlo però l’assessore comunale all’Ambiente Vittorio Zollia ha anche reso noto il carteggio intercorso nelle giornate scorse con il ministero che solleva ulteriori motivi di allarme. La Provincia aveva infatti fatto richiesta di accesso agli atti relativamente a quello che era stato il decreto impostato dal ministro all’Ambiente del Governo Letta, Andrea Orlando e che prevedeva un parere negativo alla Via, ma dopo trenta giorni e cioé nell’ultimo giorno utile, il ministero stesso ora guidato da Gian Luca Galletti negando l’accesso ha calcato ancora una volta la mano concludendo in questo modo la risposta: «Quanto alla richiesta di copia del “decreto del ministro Orlando”, presumibilmente, da ciò che si evince dalla descrizione, quello con il quale si era avviata la revoca del decreto Via relativo all’opera di cui trattasi, si rappresenta che i documenti detenuti dalla Pubblica amministrazione e oggetto di accesso sono quelli formati e perfezionati dalla Pubblica amministrazione e aventi rilevanza esterna oppure quelli che comunque concorrono a determinare il contenuto finale di un provvedimento a rilevanza esterna. Non sembra rientrare nella sopra citata casistica quanto indicato da codesta Provincia quale “decreto del ministro Orlando”. In sostanza, afferma il governo il “decreto Orlando” non ha alcun valore, non era nemmeno un decreto per cui è inutile farlo vedere. Se mai ci fosse qualche ulteriore dubbio, il ministero ribadisce anche che «quanto alle valutazioni sulla legittimità degli atti e dei comportamenti dell’amministrazione inerenti il supplemento istruttorio relativo all’opera in oggetto, conclusasi con nota Dva-2015-00005311 del 25 febbraio 2015, gli stessi sono pienamente legittimi e coerenti con il dettato normativo e tali da non richiedere alcuna riforma e/o ulteriori azioni per come richieste da codesto Ente con nota citata». La nota Dva-2015-00005311 è quella con cui il ministero informava che «non si riscontrano ulteriori incompatibilità ambientali tra le previsioni del nuovo Piano regolatore portuale di Trieste e il progetto di rigassificazione Gnl di Zaule, può ritenersi concluso nel medesimo senso il procedimento di supplemento istruttorio avviato il 27 dicembre 2012 e di conseguenza superata la comunicazione avente ad oggetto il preavviso di revoca del Decreto di compatibilità ambientale». La presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat ha controrisposto in termini piuttosto duri: «La pretestuosa dilazione temporale nella risposta, priva in sostanza di un effettivo motivato riscontro, non costituisce di certo significativo esempio di quel principio di leale collaborazione tra Enti sancito dall’ordinamento e costringerà questa amministrazione a rivolgersi nei termini di legge (purtroppo in scadenza) alla competente giustizia amministrativa». Secondo la Provincia, il decreto dell’allora ministro Orlando aveva effettivamente revocato il decreto favorevole di Via dato nel 2009 e poi sospeso, ma subentrando il Governo Renzi al Governo Letta, il nuovo ministro ai Beni culturali Dario Franceschini lo avrebbe erroneamente rimandato al nuovo ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti. «Analogamente agli altri enti - ha sottolineato Zollia - la Giunta provinciale ha dato mandato di impugnare per illegittimità e illogicità manifeste l’ultimo parere della Commissione di Via, ma ha altresì ritenuto fondamentale impugnare la comunicazione, di natura provvedimentale, del direttore del ministero dell’Ambiente con la quale è stata comunicata la chiusura della procedura dell’articolo 10 bis della legge 241/1990 relativa alla revoca dell’originario decreto di compatibilità ambientale».

Silvio Maranzana

 

 

Chiuso il conto con Riccesi: nuovo park più 2,5 milioni
In dirittura una vicenda vecchia di 15 anni, dal ritiro del progetto di Ponterosso
Il Municipio garantisce all’impresa il posteggio di piazza Foraggi e un conguaglio
Quattro giunte, tre sindaci e un arco temporale variabile - a seconda di dove si situi il punto di partenza - tra i 14 e i 16 anni. Se non intervengono eventi straordinari e imprevedibili, c’è il “rischio” che i tre lustri di confronto tra Comune e impresa Riccesi, per risolvere la maledetta eredità del mancato parcheggio in Ponterosso, vadano finalmente a buon fine. Ammesso che si possa parlare di buon fine. Il titolo della pièce è il seguente: «Approvazione dell’atto integrativo al contratto di transazione novativa Rep/Racc 73332 del 7 aprile 2006 stipulato tra il Comune di Trieste e l’impresa Riccesi». Nei giorni scorsi la delibera è andata per la seconda volta in Sesta commissione, da dove decollerà poi alla volta dell’aula, presumibilmente al primo appuntamento di maggio. I termini dell’agreement, faticosamente negoziato tra le parti, sono riassumibili in due punti: Riccesi costruirà un parcheggio in piazza Foraggi e riceverà, a titolo di indennizzo, una somma di 2 milioni 571 mila euro da corrispondere in due tranche scadenzate entro il 30 giugno prossimo venturo. L’impresa rinuncia inoltre agli oneri finanziari maturati. Detta così sembra facile, ma questi due punti vengono distillati da un pluriennale percorso a ostacoli che è opportuno riepilogare. Alla fine degli anni Novanta il Comune, essendo sindaco Riccardo Illy, aveva deciso la realizzazione di un parcheggio in piazza Ponterosso, che sarebbe stato costruito dalla Sea (Società edile adriatica). Ma Sea fallì e l’impresa Riccesi subentrò ad essa per quel che riguardava la specifica partita di Ponterosso: il Comune, ancora guidato da Illy, ne prese atto con delibera nel febbraio 2001. Però da lì a qualche mese, in seguito alla vittoria di Roberto Dipiazza alle amministrative della primavera 2001, avvenne un determinante cambio di programma: Ponterosso non si sarebbe più fatto. Ma si dovette trovare un’intesa con Riccesi, intesa che planò in Consiglio comunale all’inizio del marzo 2006, poco prima della nuova tornata elettorale. In luogo dei 689 posti auto previsti in Ponterosso, Riccesi ottenne 476 posti suddivisi su tre siti alternativi: via Tigor, largo Roiano, via Teatro Romano. Siamo a dama? Figurarsi. Criticità tecnico-archeologiche e malumori dei residenti congelarono il parcheggio in elevazione nei pressi del Teatro Romano (250 posti) e il parking interrato all’angolo di via Tigor con via Cereria (106 posti). Eppoi largo Roiano (120 posti) perse d’appetibilità - come narra la delibera del 2015 - a fronte di 200 posti auto ricavati in zona da edifici a uso autorimessa. Ripartì allora la roulette di sopralluoghi e indagini per trovare il sostituto di largo Roiano: l’unica soluzione possibile si è rivelata piazza Foraggi, che comprenderà 132 posti auto, dei quali 74 coperti, 30 box, 28 scoperti sul lastrico solare. L’operazione viene seguita dall’assessore ai Lavori pubblici e al Patrimonio Andrea Dapretto, con debita scorta di manager municipali. «In piazza Foraggi sorgerà un edificio semi-interrato, con un’elevazione di circa nove metri. Alla fine ritengo si tratti di una soluzione accettabile, anche se inevitabilmente qualcuno avrà da ridire: un gruppo di cittadini, per esempio, ha espresso la sua contrarietà. Ma piazza Foraggi, purtroppo, è un sito di ardua redenzione: caricato di servizi e difficile da riqualificare. Questa opera può mettere un po’ di ordine in uno scorcio urbano non felice, dando nel contempo sollievo al problema del parcheggio». La Quinta circoscrizione ha espresso parere contrario e dalle opposizioni arrivano numerosi rilievi. Bertoli (Fi) contesta il coinvolgimento del Consiglio rispetto a una materia di competenza giuntale e chiede chiarimenti alla segreteria generale. Giorgi (Pdl) lamenta che alla bruttezza di piazza Foraggi viene dato così il colpo di grazia e non comprende perché Riccesi si sia defilato da Roiano quando piazza Foraggi ha lo stesso problema di offerta di parcheggi. Critici anche i Cinquestelle, presenti in Commissione con Patuanelli, che ha esaminato gli aspetti relativi all’indennizzo.

Massimo Greco

 

 

«Carenti i documenti sulle opere anti-fumi previste alla Ferriera» - il perito della procura
È stata definita l’operazione cruciale per il risanamento della Ferriera: un impianto di aspirazione studiato per la captazione, la depolverizzazione e la filtrazione delle emissioni nelle diverse aree della cokeria. Ma ancor prima di nascere sono arrivate le prime perplessità.

A parlare di «documentazione carente» e dunque di un «progetto non valutabile» è il professor Marco Boscolo, il consulente tecnico incaricato dai sostituti procuratori Federico Frezza e Giorgio Milillo di valutare la funzionalità e l’efficacia teorica del progetto annunciato dalla proprietà di aspirazione delle emissioni aeee della cokeria con particolare attenzione alle emissioni diffuse e non convogliate. In una breve relazione trasmessa ai pm, Boscolo prende sul nascere le distanze dall’iniziativa clou del risanamento ambientale dello stabilimento. La stessa relazione è stata inviata anche alla direzione Ambiente della Regione, come pure alla Provincia, eppoi al Comune, all’Arpa e all’Azienda sanitaria. Nella nota si legge una breve descrizione: «Tale intervento si propone di intercettare le emissioni fuggitive provenienti dalle porte della cokeria durante la fase di distillazione e quelle che intervengono al caricamento e allo sfornamento, nonché le emissioni di benzene e di altri composti organici dell’impianto di trattamento dei sottoprodotti». Poi ecco i dubbi: «Il progetto appare ambizioso e non sembrano esservi dei precedenti realizzati in giro per il mondo, il che comporta la necessità di un’accurata attività di progettazione per delineare chiaramente gli obiettivi di contenimento, definire le condizioni stesse di progetto e individuare le strategie operative». Nella relazione così Boscolo descrive anche la nuova struttura: «Al di sopra delle porte della cokeria si vorrebbero installare delle cappe di aspirazione la cui portata d’aria aspirata sarebbe convogliata a un filtro a maniche di nuova realizzazione ove si conseguirebbe l’abbattimento delle polveri e dei policiclici aromatici benzo(a)pirene per mezzo dell’insufflazione di carboni attivi. Allo stesso modo, ma con una diversa e più complessa soluzione tecnica, si provvederebbe alla captazione delle emissioni al caricamento, dovuta all’imperfetta tenuta tra telescopi e bocca di carica, che sarebbero trattate dallo stesso filtro visto in precedenza. Il sistema si completerebbe con una articolata rete di tubazioni e minicappe di aspirazione in grado di captare le emissioni di composti organici volatili provenienti dall’impianto sottoprodotti». Poi arriva secca la valutazione: «In relazione a questi aspetti la documentazione sottopostami appare tuttora carente, tanto da rendere il progetto non valutabile. Tale circostanza potrebbe essere conseguente alla complessità dell’attività progettuale che inevitabilmente comporta dei tempi di qualche mese e che pertanto dovrebbe sbloccarsi tra qualche mese». Da qui la richiesta di una proroga alla definizione dell’accertamento tecnico. Nello scorso mese di marzo Alessandra Barocci, responsabile per l'Ambiente del Gruppo Arvedi, parlando in Consiglio comiunale, aveva detto in proposito: «La modellizzazione matematica ci ha dato ragione. Hanno funzionato anche alcune simulazioni con cappe a scala ridotta. La progettazione è terminata, abbiamo investito quattro milioni di euro e ordinato l’impianto. Funzionerà a regime alla fine dell’anno». Prospettiva poi confermata in questi giorni. Per raggiungere l’obiettivo, ha successivamente confermato Barocci, «è prevista la realizzazione di un progetto innovativo per la captazione anche delle emissioni fuggitive che consentirà di ottenere performance ambientali che andranno ben oltre i limiti indicati dalle nuove normative europee in materia ambientale. Il nuovo impianto di aspirazione è progettato per captare, depolverizzare e filtrare le emissioni delle diverse aree della cokeria».

(c.b.)

 

 

Istria e Zagabria litigano sulla centrale Fianona 3 - DOPO IL REFERENDUM
POLA - L’Istria non si rassegna ad accettare supinamente la contestatissima centrale termoelettrica a carbone Fianona 3

 che il potere centrale e l’azienda elettrica di stato HEP intendono imporre. Il presidente della regione Valter Flego punzecchiato anche dall’ex parlamentare regionalista Dino Debeljuh, annuncia che in sede di Assemblea regionale intende proporre l’approvazione della decisione contro il carbone, peraltro già messo al bando dal piano ambientale della penisola che come combustibile della futura centrale prevede il gas. Dai risultati del referendum attuato un mese fa nell’area albonese spiega, nonostante la bassa affluenza alle urne, emerge la chiara posizione dei votanti contro il carbone. Del tema si è parlato anche all’ultima riunione dell’Assemblea regionale a Pisino. In questa sede il consigliere Damir Kajin dei Democratici istriani ha sottolineato che a conti fatti il referendum è riuscito. I risultati avrebbero potuto essere ancora migliori ha continuato, se il ministro del turismo Darko Lorencin e i deputati istriani avessero espresso una posizione chiara e inequivocabile contro il carbone. E poi c’è stata una mossa sbagliata, ha detto ancora Kajin riferendosi alla ripartizione anticipata tra i comuni dell’area, della cosiddetta retta ecologica quale risarcimento per l’inquinamento ambientale. A beneficiarne maggiormente sarebbe Chersano il comune più esposto all’inquinamento che porterebbe in cassa 4 milioni di euro all’anno, circa la metà del suo bilancio.

(p.r.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 29 aprile 2015

 

 

Porto Vecchio al Comune - L’intesa diventa realtà

L’accordo definitivo per la sdemanializzazione firmato sulla mappa dello scalo
Stabilita in maniera puntuale l’assegnazione di magazzini, aree e fasce costiere
La sdemanializzazione del Porto vecchio ha smesso di essere soltanto uno scioglilingua e si è tradotta in pratica su una mappa. Linee precise che definiscono al millimetro cosa sarà di chi: che edificio andrà al Comune, quale all'Autorità portuale. Questo è il risultato dell’intesa firmata ieri da tutti i protagonisti della svolta in questa lunga e triestinissima vicenda. L'incontro si è svolto in un luogo simbolico, la Centrale idrodinamica del Porto vecchio: lì è stata illustrata alle autorità la planimetria nata dalle riunioni che nell'ultimo mese i tecnici del Comune e dell'Autorità hanno tenuto per definire nei minimi particolari il passaggio di mano. Il risultato? Spiega l'Ap in una nota: «Come previsto dalla legge di stabilità 2015 passeranno al Comune tutte le aree e gli edifici del Porto vecchio, esclusi la sede della Capitaneria di Porto, il Molo IV, il Molo III, l’Adriaterminal, il Molo 0, la Diga vecchia, la fascia costiera prospiciente la prima fila dei magazzini storici e la zona del terrapieno di Barcola, dove sono situate le società sportive». Il sindaco «Un mese fa - ha dichiarato Roberto Cosolini dopo la firma - dopo aver condiviso l'impostazione sostanziale, ci eravamo tutti ripromessi di definire entro aprile il dettaglio puntuale delle aree e così è stato. Ringrazio i tecnici delle varie amministrazioni che hanno lavorato bene, sciogliendo positivamente non pochi aspetti problematici». Il sindaco è ottimista sui prossimi sviluppi: «Il risultato che abbiamo ottenuto oggi (ieri ndr), firmando in calce alla planimetria per la suddivisione concordata delle aree, è un passo assolutamente decisivo, dopo il quale manca solo lo spostamento del Punto franco e il trasferimento della vasta area del Porto vecchio al Comune». I tempi? Cosolini non si sbilancia: «Preferisco fare previsioni sui tempi che dipendono da me, ora la palla è passata al commissario. Finora ci siamo mossi molto in fretta, e credo che entro qualche mese arriveremo anche ai passaggi successivi». Proprio a questo proposito ieri l'associazione degli spedizionieri del porto, Astra, ha sollecitato il commissario a prendere l'iniziativa per l'attuazione del Porto franco, e quindi anche per lo spostamento. In ogni caso, precisa Cosolini, l'armonia venutasi a creare andrà preservata: «La collaborazione fra tutti i soggetti intervenuti - ha concluso il primo cittadino - rappresenta, e lo vogliamo sottolineare, un’ottima premessa per i successivi passaggi che richiederanno comunque anch'essi un forte gioco di squadra per cogliere questa straordinaria opportunità che la nostra città attende da tanto tempo». Il commissario Al termine dell'incontro il commissario per l'Ap Zeno D'Agostino ha assicurato che i lavori e le consultazioni per lo spostamento del Punto franco inizieranno immediatamente: «Trieste vuole e può cambiare. L’accordo di oggi, frutto di un ottimo lavoro di squadra tra i tecnici di tutti gli Enti coinvolti, lo dimostra. Da domani lavoriamo per lo spostamento del Punto Franco. Ascolteremo gli operatori e gli stakeholder per agire nell’interesse di tutte le categorie economiche e della città». Le concessioni Tutto cambia, insomma. Restano in vigore le concessioni già attive sull'area: quelle a Genoa metal terminal, alla Saipem, a Greeensisam. Quest'ultima è quella che più potrebbe beneficiare dello spostamento del Punto franco, potendo acquistare dal Comune i cinque magazzini per i quali ha una concessione novantennale. Saranno considerate manifestazioni d’interesse le richieste avanzate all'ultimo bando dell’Autorità portuale, l’ormai celebre “spezzatino”, tra queste la domanda di Fincantieri per una vasta area composta dai capannoni 24, 25 dal Molo Zero e dal bacino compreso fra questo e il Molo primo. I firmatari A firmare il documento e la mappa c’erano tutti: oltre a Cosolini l’assessore al demanio Andrea Dapretto, il commissario D’Agostino, il rappresentante della Direzione centrale del demanio Antonio Giannangeli con il direttore regionale dell’Agenzia del demanio Pierluigi Di Blasio, il comandante della Capitaneria Natale Serrano, il direttore del Provveditorato interregionale alle opere pubbliche e marittime Giorgio Lillini nonché i tecnici della Direzione centrale infrastrutture, mobilità, pianificazione territoriale della Regione.

Giovanni Tomasin

 

Pressing sullo spostamento del Punto franco
Appello degli spedizionieri: «Perso fin troppo tempo. Ora la Torre del Lloyd ha gli strumenti per agire»
Por fine a un'attesa durata ventuno anni. E' quel che chiede per il futuro del porto franco la Aspt-Astra Fvg, l'associazione degli spedizionieri del porto di Trieste. Il presidente Stefano Visintin, accompagnato dal segretario Ampelio Zanzottera, ha tenuto una conferenza stampa per proporre all'Autorità portuale di prendere l'iniziativa e dare operatività al regime "azzoppato" dai tempi della legge 84 del 1994: secondo Astra, infatti, la normativa vigente consentirebbe all'Ap di prendere in mano la questione senza attendere nuovi interventi legislativi. Con tutto ciò che comporta in termini di attività industriali e di spostamento dei punti franchi. «Noi sostenevamo l'importanza di questo strumento anche quando tutti ne dubitavano - spiega Visintin -. Ora l'onda lunga dell'emendamento Russo ha svincolato il regime dalla sua fisicità insistente nelle aree del Porto vecchio, e quasi tutti ne riconoscono il valore». Da ventuno anni l'associazione attende che il ministero dei Trasporti emani il decreto attuativo della legge 84, con cui si doveva stabilire l'organizzazione amministrativa per la gestione dei punti franchi del porto triestino. «Doveva esser fatto tempo fa ma oggi sarebbe desueto - dice Visintin -. La revisione della legge 84, di cui si parla da anni, continua ad essere rimandata e pare non possa arrivare prima del prossimo anno. Ma il porto franco internazionale di Trieste non può aspettare oltre». Da questa esigenza di passare ai fatti nasce la proposta di Astra: «Riteniamo che la normativa vigente consenta all'Autorità portuale ed al commissario del governo di adottare autonomamente i provvedimenti necessari per definire l'organizzazione amministrativa per la gestione dei punti franchi, nonché i relativi poteri del presidente dell'Ap/direttore del Porto franco, le modalità per lo spostamento del punto franco vecchio e l'individuazione delle nuove aree in cui attivare i punti franchi». L'associazione auspica che in questo modo si arrivi «alla piena attuazione delle prerogative del porto franco, inclusa la possibilità di effettuare all'interno operazioni di manipolazione e di trasformazione industriale». Il discorso si applica anche a quello che viene definito impropriamente "trasferimento" dei punti franchi. Con l'eccezione del punto franco industriale, soggetto ad Ezit, tutti gli altri sono amministrati dall'Autorità portuale: ciò consentirebbe all'Ap di estendere il regime ad aree del demanio o anche private, purché il gestore sia pronto ad operare sotto l'ombrello amministrativo dell'Autorità: «La svolta faciliterà il "trasferimento" dal punto franco vecchio ad altre aree site nell'ambito territoriale della provincia di Trieste - conclude l'Astra -, nella misura in cui si tratti di aree portuali adeguate ai traffici commerciali marittimi o di aree portuali retroportuali funzionalmente collegate».

(g.tom.)

 

 

Il Consiglio comunale dà l’ok al Piano rifiuti
Una maratona di cinque ore senza “sorprese”, in ballo 29 milioni di euro - La differenziata dovrà arrivare al 40% (contro il 32 attuale) grazie all’umido
Una maratona che si è allungata per oltre cinque ore e che si è conclusa solo a tarda notte. Ma alla fine, dal Consiglio comunale arriva il via libera al Piano economico finanziario del servizio di gestione dei rifiuti urbani elaborato da Comune e Acegas: sono ormai passate le 2 e 30 del mattino quando la delibera viene approvata con 23 voti favorevoli e 10 contrari. Come si poteva intuire già all’inizio di quella che sarebbe stata una seduta fiume, questa volta, al contrario di quanto accaduto pochi giorni fa sulla delibera Hera, non si registrano sorprese dell’ultimo minuto. La maggioranza vota in modo compatto, incassando il “sì” di Sel e della FdS. Sull’altro fronte, rimane omogeneo anche il voto contrario delle forze di centrodestra, cui si allinea anche il M5Stelle, la cui posizione era rimasta in bilico fino all’ultimo. Dunque un ulteriore tassello per il nuovo documento: un Piano da 29 milioni di euro che si propone di alzare l’asticella della raccolta differenziata fino alla soglia del 40% rispetto al 32,2 attuale. Un obiettivo da raggiungere attraverso la sfida dell’umido, quella più contestata dall’opposizione in relazione ai costi dell’intervento, e parallelamente attraverso la graduale riduzione dei rifiuti indifferenziati, tanto che sono via via destinati a sparire i singoli contenitori da 1100 litri a tutto vantaggio del potenziamento delle isole ecologiche. Una sfida culturale che passa anche per un cambio di mentalità e di abitudini dei cittadini che almeno all’inizio potrebbe non essere indolore. «Si tratta di un documento ipertrasparente che abbiamo illustrato per sei volte e al quale è stata apportata tutta una serie di correttivi» - afferma l’assessore comunale all’Ambiente Umberto Laureni, che non nasconde la soddisfazione per il risultato della scorsa notte. «Un piano i cui costi rimangono invariati da tre anni e che oltre a incassare l’appoggio compatto della maggioranza, ha ottenuto degli apprezzamenti anche di parte dell’opposizione. Un salto di qualità importante con cui il Comune diventa un interlocutore attivo di Acegas». Il documento passa in aula senza modifiche sostanziali, ma le schermaglie politiche si accendono quando arriva il momento dell’emendamento presentato da Marino Sossi di Sel (il penultimo dei 24 totali), fatto proprio dalla giunta, dove viene chiesto un aumento del 30% del chilometraggio annuale nell’operazione di spazzamento delle vie cittadine (16 milioni di metri lineari in più). Documento immediatamente subemendato da Everest Bertoli (capogruppo Fi), con la sottolineatura che non vi sia nessun aggravio in termini di costi. A quel punto la discussione si anima, i lavori si bloccano per oltre un’ora, scatenando la reazione dei consiglieri di opposizione. «Questa operazione non deve costare un solo euro in più» attacca Bertoli. «Non esiste che su questo fronte si aprano delle trattative con Acegas: questa modifica fa parte di un allegato e dunque ormai è legge. Se così non sarà a fine anno, scoppierà il finimondo». Pensieri condivisi da Paolo Rovis (Ncd): «Poter avere una città più pulita di come si presenti ora è indubbiamente un’ottima cosa: peccato però che non ci siano i soldi per farlo e che questa dunque non sia nient’altro che una presa in giro», e Michele Lobianco (Impegno civico): «Questo di Sel è un emendamento delle “cento pistole” fatto proprio dalla giunta per evitare l’ennesima spaccatura della maggioranza, ma senza capire quale servizio sarà tagliato ai cittadini». Come detto, alla fine, è arrivato anche il “no” dei pentastellati: «In questo piano c’è un passo in avanti rispetto al passato» afferma Paolo Menis. «Ma resta l’incognita sull’efficacia della raccolta dell’umido». Nel corso della seduta è stata fatta propria dal sindaco una mozione bypartisan urgente sul futuro del Burlo, nella quale vengono chiesti il mantenimento del ruolo di riferimento dell’ospedale, la necessità di integrare i finanziamenti regionali al fine di conservare i posti letto e i livelli occupazionali e una direzione strategica chiara per lo sviluppo della struttura, anche in relazione al suo trasferimento a Cattinara.

Pierpaolo Pitich

 

Un palio dei rioni per sostenere la differenziata
Scatta un’inedita gara fra tre circoscrizioni cittadine. Vincerà la più virtuosa in fatto di rifiuti
Sulla scia delle iniziative promosse per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla necessità di incrementare e migliorare la raccolta differenziata, il Consiglio comunale delle ragazze e dei ragazzi, pienamente appoggiato dal sindaco, lancia in questi giorni una gara sperimentale tra i quartieri. Il nuovo progetto, intitolato “Il rione più pulito”, organizzato dall’area Educazione guidata dall’assessore Antonella Grim, in collaborazione con Istata, AcegasApsAmga, Querciambiente Ecospace e Associazione Kallipolis e con i servizi Ambiente e Statistica comunali, coinvolgerà in una prima fase le circoscrizioni Terza, Quarta e Quinta. L’idea dei giovani consiglieri comunali è semplice, e consiste in una competizione tra i parlamentini che si impegneranno a diminuire i rifiuti nei rioni di competenza e a differenziare di più. Come annunciato, si tratta di un’azione a carattere sperimentale, ma dal prossimo anno tutte le circoscrizioni triestine verranno coinvolte nell’operazione di pulizia. In questi ultimi giorni di aprile è stata avviata una fase preparatoria. Querciaambiente si è impegnata a organizzare sul tema della differenziata una lezione on line (tutorial) inviata alle scuole e alle stesse circoscrizioni, oltre che inserita sui siti e i social network. Ulteriore passaggio propedeutico, una passeggiata nelle tre circoscrizioni da parte dei ragazzi del Consiglio comunale, per conoscere sul terreno la situazione di pulizia dei diversi rioni. Dal primo maggio, e sino al 15 compreso, partirà la prima fase del progetto denominata “Quanto pesa il cassonetto?”, e prevede che i rifiuti conferiti nelle isole ecologiche delle tre circoscrizioni vengano pesati grazie all’AcegasApsAmga, all’Istat e ai Servizi Ambiente e Statistica. Otterrà il maggior punteggio chi avrà diminuito i chilogrammi totali di rifiuti prodotti e aumentato la percentuale di raccolta differenziata. La seconda fase avrà luogo domenica 24 maggio dalle 10 alle 13 e sarà intitolata “Mi rifaccio il verde!”. Tre spazi circoscrizionali, il parco di Villa Prinz, l’area posta tra via Capitelli all’angolo di via Crosada e il giardino di via Orlandini verranno puliti e curati dai ragazzi delle scuole locali, aiutati dai loro genitori e dalla popolazione rionale. Non mancherà il tempo per rifocillarsi con una buona merenda offerta dal Comune. La vittoria finale andrà a chi raccoglierà più rifiuti e abbellirà al meglio il verde assegnatoli. La premiazione della circoscrizione più virtuosa e capace è prevista il 5 giugno, durante il ricco e articolato programma congegnato dall’amministrazione comunale per la Giornata mondiale dell’Ambiente. Tutte le informazioni sull’iniziativa si trovano su www.retecivica.trieste.it alla pagina Educazione e su facebook alla pagina TriesteAmal’Ambiente e pure su Twitter.

Maurizio Lozei

 

 

Il Comune alza la guardia sulla Ferriera: «Dati allarmanti»
È in atto un «peggioramento nella performance ambientale della Ferriera». E le preoccupazioni dei servolani sono giustificate. Parola, anzi nota scritta, di Roberto Cosolini, che si affida nella serata di ieri a un comunicato del Comune.

«Nelle ultime settimane - scrive il sindaco - gli abitanti hanno segnalato un peggioramento della situazione ambientale producendo documentazioni fotografiche. A queste evidenze hanno associato l’aumento dei valori di concentrazione di alcuni inquinanti misurati nelle stazioni di rilevamento. E una buona parte delle contestazioni si basa sulla lettura dei dati Arpa relativi alla stazione di via San Lorenzo in Selva. Queste misure, il cui onere è sostenuto in toto dal Comune, rappresentano un indicatore attendibile delle prestazioni ambientali dello stabilimento. In sintesi: valori alti corrispondono a basse performances impiantistiche. Per alcune delle parti coinvolte non sono invece rappresentative della situazione di inquinamento. È chiaro tuttavia che per interpretare un dato numerico è necessario un valore di confronto. Il più ovvio e naturale è costituito dai valori di Pm10. Solo il conteggio di questi sforamenti, per quanto eccepito da alcuni, può fornire una prima indicazione in materia. Sono questi i confronti che giustificano le preoccupazioni degli abitanti. Sono, inoltre, tecnicamente ineccepibili i confronti tra andamenti e valori di concentrazione misurati in periodi diversi. Significativo, in via San Lorenzo in Selva, il rilevante numero di sforamenti delle Pm10 nei mesi di marzo e aprile, in buona parte non attribuibili al contesto meteoclimatico locale. I dati non sembrano ancora dare soddisfazione degli interventi già realizzati in area ghisa e degli interventi di mitigazione messi in essere in area cokeria. L'esigenza di definire in tempi brevi la nuova Aia deve quindi tenere ben presenti queste criticità che vanno eliminate con i previsti nuovi interventi impiantistici, con una buona manutenzione e con un’attenta gestione».

 

 

I tassisti contro via Mazzini solo pedonale

L’appello della categoria: «Si chiuda il tratto ma ci lascino accedere comunque». Oltre 400 firme per via Imbriani senza auto
LA DECISIONE DELLA GIUNTA Fra oggi e domani la data d’avvio del test 7 giorni su 7
I tassisti triestini lanciano un nuovo appello all’amministrazione Cosolini chiedendo un’ulteriore riflessione sul futuro di via Mazzini. Che loro, i tassisti appunto, non vogliono off-limits perché pedonalizzata. Il messaggio della categoria si può riassumere così: sia pure riservata ai pedoni nel tratto fra piazza Goldoni e via San Spiridione, ma nel contempo sia concesso comunque il normale accesso ai taxi. La richiesta A farsi portavoce di questa istanza è - insolitamente sebbene legittimamente delegato dai diretti interessati - il segretario generale di Confartigianato Trieste, Enrico Eva. Il quale parla stavolta a nome «degli iscritti a Confartigianato, di quelli aderenti alla Cna, delle cooperative e di Uritaxi». «I tassisti - parte Eva con una premessa che i deleganti hanno fortemente voluto fosse sottolineata - ringraziano l’assessore Marchigiani per le aperture del Comune a determinate richieste e per la vicinanza dimostrata in più occasioni alla categoria. Allo stesso tempo, però, rilevano che la progettata chiusura di via Mazzini (su cui oggi viaggia il trasporto pubblico locale, ndr) non agevolerà le persone anziane residenti in quella porzione di strada. Saranno di fatto private di un servizio e di conseguenza - prosegue Eva - i tassisti perderanno una fonte di lavoro e quindi di reddito, considerato peraltro che le chiamate da quella zona arrivano con frequenza». Nulla contro le pedonalizzazioni in termini generali, conclude Eva: «Ben vengano l’abbellimento della città e l’implementazione del commercio con l’ampliamento delle zone pedonali in centro. Tuttavia la categoria invita la giunta comunale a una nuova riflessione sul passaggio dei taxi in via Mazzini». L’avvio del test Proprio fra la riunione di oggi e quella in agenda domani, l’esecutivo municipale ufficializzerà la data d’avvio (non prima di metà maggio, a meno di sorprese) del test pedonale sette giorni su sette in via Mazzini, con la contestuale costante apertura al traffico veicolare di via Imbriani. Dal momento in cui entrerà in vigore la nuova sperimentazione, cesseranno di avere effetto i “Pdays”, i weekend pedonali di via Mazzini e via Imbriani assieme. Le risposte Rispetto a quanto previsto dal Piano del traffico nella sua prospettiva complessiva di riorganizzazione della viabilità cittadina, la chiusura di via Mazzini si limiterà da piazza Goldoni a via San Spiridione, non proseguendo quindi fino a via Roma. Un dettaglio che, ricorda l’assessore alla Pianificazione urbana, Elena Marchigiani, «risponde proprio a una richiesta dei tassisti e che consente ai mezzi del trasporto pubblico locale, ossia autobus e taxi, di poter transitare dalle Rive in via Mazzini sino a via Roma svoltando poi sulla stessa per raggiungere corso Italia». Non è l’unica proposta confezionata dall’universo locale dei taxi e a cui l’amministrazione ha detto “sì”: «Non appena conclusi i lavori in via Genova - riepiloga Marchigiani -, procederemo all’inversione del senso di marcia e poi, tornando a via Mazzini, ricordo che i taxi con a bordo persone disabili avranno il permesso di accedere anche nel tratto pedonalizzato». In ogni caso, l’assessore non nasconde un certo stupore di fronte al nuovo appello dei tassisti: «Una mediazione va sempre trovata - osserva -. È ovvio che chiedano di più ma mi sembrava che nell’ultimo incontro fossimo giunti a un accordo. Non è detto che in futuro non si possa riaprire ai taxi ma gradualmente. Adesso non è possibile e ne potrebbe andare della sicurezza di chi vi girerà a piedi». Via Imbriani Intanto, in Comune sono state depositate oltre 400 firme di residenti e commercianti di via Imbriani che chiedono l’applicazione integrale del Piano del traffico e dunque la definitiva chiusura di via Imbriani alla circolazione dei veicoli. «Una raccolta firme che ci rafforza nell’andare avanti su questa strada - commenta Marchigiani -. Ribadisco che via Imbriani resterà aperta in questa fase alla luce dei prossimi lavori alla galleria di piazza Foraggi e per non appesantire piazza Goldoni, ma sul progetto di pedonalizzarla in futuro nessuna retromarcia».

Matteo Unterweger

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 28 aprile 2015

 

 

Duino alza il tiro sul “no” a Smart Gas

Secondo la Commissione consiliare il progetto del mini-rigassificatore «non è conforme alle prescrizioni di legge»
DUINO AURISINA “Non conforme alle prescrizioni di legge”. Questo il giudizio espresso ieri dalla seconda Commissione del consiglio comunale di Duino Aurisina sul progetto di Smart Gas, società che vorrebbe costruire, nel porto di Monfalcone, un terminale di stoccaggio, rigassificazione e distribuzione del Gnl di piccola taglia. L’amministrazione aveva a suo tempo inviato proprie deduzioni, chiedendo approfondimenti sul progetto. Controdeduzioni che sono arrivate e che la Commissione ha definito “insufficientemente approfondite”. Un nuovo “no” dunque che ha portato la Commissione a delineare un testo che sarà sottoposto domani al vaglio della giunta guidata dal sindaco Vladimir Kukanja e che subito dopo sarà inviato alla Regione e al Ministero competente. «In questo modo – ha spiegato Kukanja – l’amministrazione di Debora Serracchiani avrà un documento sul quale lavorare per poter ribadire il no». Il Comune di Duino Aurisina alza dunque il tiro e per il momento agisce in autonomia, dopo che, qualche giorno fa, era emersa l’ipotesi di una collaborazione con il Comune di Monfalcone. «L’amministrazione di quella città – ha spiegato Kukanja – direttamente coinvolta, ha deciso di aspettare ancora prima di esaminare la proposta di alleanza». Il presidente della seconda Commissione, Maurizio Rozza, ieri ha accusato Smart Gas di «non aver verificato la possibilità di non costruire l’impianto, o altre ipotesi meno impattanti, quali quella della realizzazione di una struttura di tipo “Fsru” che, a parità di costi, garantirebbe la riciclabilità dei materiali, una volta esaurito il compito dell’impianto, il ripristino dell’ambiente, minori interferenze con i traffici navali e con le attività in corso come la maricoltura, minor esposizione ai rischi di attentati, di incidenti e sismici». Ma la Commissione, ha espresso perplessità anche sulla “sostenibilità economica dell’intervento”. «La risposta fornita in sede di controdeduzioni non tiene conto degli scenari energetici complessivi – si legge nel testo - non si capisce come un impianto di queste dimensioni potrebbe essere concorrenziale con altri presenti o prospettati nell’area vasta (Zaule, ndr), inclusa quella transfrontaliera. Risulta peraltro che gli impianti oggi esistenti nelle vicinanze di quello qui proposto (Rovigo, ndr) stiano operando ben al di sotto del regime potenziale». Nel testo preparato da Rozza si dice anche che «le controdeduzioni non soddisfano l’obbligo di risposta alle osservazioni previsto dalla normativa vigente in materia di Via. Inoltre – si aggiunge - l’area in cui si vorrebbe alzare l’impianto riguarda una zona confinante con l’ambito A3 del vigente Piano regolatore generale del Comune di Duino Aurisina, destinato a “Parco Naturale del Timavo e della Cernizza”. Parallelamente, il piano del porto del Villaggio del Pescatore, adottato nel 2011, ha deindustrializzato l’ambito, puntando allo sviluppo del turismo». Il testo elaborato dalla Commissione esprime poi la convinzione che «non può essere condivisa l’affermazione fatta da Smart Gas in base alla quale il progetto non sarebbe ostativo all’iter di inclusione del Carso triestino e goriziano tra i siti Unesco». Ribadite le «possibili interferenze con le attività ricreative, di pesca commerciale e con altri usi legittimi del mare», mentre si rileva come «lo studio presentato non consenta una verifica attendibile sugli impatti sul paesaggio e sulle conseguenze socioeconomiche degli stessi». Ancora «insufficienti gli approfondimenti – secondo il parere della Commissione – sugli aspetti legati alla sicurezza e al rischio sismico, all’inquinamento acustico, al traffico».

Ugo Salvini

 

MONFALCONE - Maggioranza “tradita” - Assessore nella bufera
Se non siamo di fronte alla dichiarata richiesta di dimissioni da parte dell’assessore all’Ambiente, Gualtiero Pin, il limite raggiunto è quello. Se non altro a livello di aspettative provenienti dalla maggioranza.

In particolare dal Pd. Il clima all’indomani dell’annuncio pubblico della costituzione del Comitato “No-Rigassificatore - Monfalcone Pulita” presieduto dal consigliere dell’Idv Claudio Martin, e con il sostegno esplicito dell’assessore all’Ambiente, è decisamente pesante. La tensione è evidente. La “sortita” di Pin, un “fulmine a ciel sereno” ben poco gradito, è stata quantomeno interpretata come un passo “di non ritorno”, in virtù del ruolo istituzionale rivestito, a dispetto peraltro del lavoro di squadra mantenuto fino ad oggi. Il tutto affidando la comunicazione dell’iniziativa referendaria a una mail che qualcuno ha letto solo sabato, giorno stesso dell’annuncio ufficiale del Comitato. L’atteggiamento di Pin ha segnato un “vulnus” ben difficile da recuperare. Tanto da rasentare la rottura. Certo è che i chiarimenti dovranno avvenire, e a stretto giro. L’interrogativo, ieri, tra le forze di maggioranza, era pressochè univoco: se ci siano ancora le condizioni per continuare a proseguire il percorso amministrativo con l’assessore Pin. In serata il “caso” è approdato nella riunione di maggioranza. Il capogruppo del Pd, Paolo Frisenna, ha osservato: «La giunta e l’amministrazione ha prodotto un articolato percorso istituzionale sul progetto del mini-rigassificatore esprimendo le proprie osservazioni in modo chiaro e condiviso, mantenendo un profilo prudenziale e attento. Una presa di posizione così netta ci ha preso in contropiede. È urgente un chiarimento. L’azione politica di un partito è legittima, ma che un esponente di giunta si esponga in questo modo ha creato forte disagio». Il segretario del Prc, Alessandro Saullo, l’ha messa in questi termini: «Quanto accaduto la ritengo un’iniziativa estemporanea, della quale non siamo stati opportunamente informati. C’è da capire perché sia scaturito tutto questo». Elisa Di Ilio, di Responsabilmente con Silvia, ha affermato: «Ritengo inopportuno l’atteggiamento dell’assessore Pin, significa aver rotto un legame di fiducia tra sindaco, assessori e maggioranza».

(l.b.)

 

 

Maratona in aula per il voto al Piano della raccolta rifiuti
Seduta fiume del Consiglio comunale chiamato a esprimersi nella notte sul documento della giunta. Centrodestra critico
Maratona in Consiglio comunale sulla raccolta differenziata. La delibera sul nuovo Piano economico finanziario del servizio di gestione dei rifiuti solidi urbani elaborato da Comune e Acegas costringe l’aula ancora una volta alle ore piccole. Ma la strada sembra destinata verso l’approvazione fin da inizio serata. I numeri, almeno sulla carta, ci sono. Ma non sono mancate le schermaglie politiche tra i consiglieri di maggioranza e opposizione, tra sospensioni e riunioni convocate in extremis. I 24 emendamenti presentati al testo sembrano una sciocchezza rispetto ai 162 dello scorso anno sullo stesso argomento, ma questo non significa certo un accorciamento dei tempi. Un piano ambizioso quello presentato dall’amministrazione comunale che comporta un investimento di quasi 30 milioni di euro e che si pone un traguardo importante: quello di portare la quota di raccolta differenziata alla soglia del 40%, rispetto al 32,2 attuale. Una sfida che passa attraverso una serie di nuovi accorgimenti che sono destinati in ogni caso ad incidere sulle abitudini dei cittadini. Si va dal potenziamento della raccolta dell’umido, entrata ormai a pieno regime con la sistemazione nei vari punti della città dei bottini color antracite (il cui obiettivo è quello di passare dalle attuali 1796 alle 6500 tonnellate) fino alla riduzione progressiva dei contenitori dell’indifferenziata (destinata invece a ridursi da oltre 62mila tonnellate a poco più di 56mila), il tutto a favore delle isole ecologiche. «Si tratta di un documento elaborato nei minimi dettagli, condiviso e che è stato integrato in corso d’opera da tutta una serie di correttivi - ha spiegato nel suo intervento l’assessore comunale all’Ambiente Umberto Laureni -. Un Piano che per il terzo anno consecutivo non va ad aumentare i costi e che soprattutto ridefinisce le tempistiche degli interventi di Acegas: grande attenzione dunque verso l’eliminazione dei disservizi e la rimodulazione delle sanzioni penali che saranno raddoppiate. Un piano che se vogliamo va in continuità con la passata amministrazione e che presuppone un cambio culturale e di mentalità». Ma non la pensano allo stesso modo i consiglieri di opposizione che hanno confermato il voto negativo. «È un piano che va a pesare troppo sulle tasche dei triestini per uno sfizio ideologico che è quello della raccolta dell’umido - attacca Everest Bertoli, capogruppo Forza Italia -. Ci sono i margini per ridurre il costo del Pef di almeno un paio di milioni di euro: se non lo farà il sindaco lo faremo noi». Così Lorenzo Giorgi (capogruppo Pdl): «La scelta di puntare sulla raccolta dell’umido è una scelta politica che va a discapito della pulizia delle strade e comporta un aumento delle spese per i cittadini a fronte di un servizio di bassa qualità». Per Paolo Rovis (Ncd) «è un piano al quale diciamo no perché non aggiunge un euro allo spazzamento delle strade che dunque lasciano una città sporca, mentre viene speso inutilmente 1 milione e mezzo di euro per la raccolta dell’umido, che in soldoni significa portare le bucce d’arancia a Maniago». Sulla stessa lunghezza d’onda Michele Lobianco (Impegno civico): «C’è un forte squilibrio tra le poste a bilancio e quello che vediamo concretamente. Non ci possono essere quasi 5 milioni di euro destinati alla pulizia delle strade, per poi continuare a vedere un servizio di scarsa qualità ed una città sempre più sporca». In bilico la posizione del M5S: «È un documento che ci sembra migliore rispetto al passato - afferma Paolo Menis, che ha presentato un emendamento nel quale si chiede la restituzione di 1 milione e 200mila euro per errori di calcolo risalenti al Pef 2103 -. Quello che ancora non ci convince è l’elevato costo per la raccolta dell’umido». La posizione del Pd è riassunta da Igor Svab: «Il documento per il terzo anno consecutivo non prevede aumenti nei costi: rispetto al passato in cui si calcolava il costo “a corpo”, si passa “a misura”, cioè si paga quanto viene effettivamente raccolto tra indifferenziata e differenziata».

Pierpaolo Pitich

 

 

D’Agostino: «Punto franco utile fuori da Porto Vecchio»
Audizione in Consiglio comunale del commissario dell’Autorità portuale - L’attacco di Forza Italia: «Prima di lei qui non c’era il deserto dei Tartari»
Ieri la seduta-blitz del Comitato portuale che ha segnato un passaggio decisivo verso l’approvazione del Piano regolatore, oggi l’ultimo incontro con l’Agenzia del Demanio che traccerà in modo definitivo la linea di confine tra la parte del Porto Vecchio che passerà al Comune e quella che rimarrà al porto, domani l’assemblea di Trieste terminal passeggeri che sancirà un controllo più diretto dell’Autorità portuale sulla società che gestisce le crociere. In questo modo il commissario dell’Authority Zeno D’Agostino ha scadenzato i pressanti impegni per il rilancio dello scalo nell’audizione richiesta dal Consiglio comunale. È stato anche categorico su alcuni concetti: «La sinergia con Capodistria va bene se Trieste ha qualcosa da guadagnarci e il Napa ha un ruolo soprattutto per quanto concerne il marketing». «Il porto off shore di Venezia non mi convince affatto e non sta convincendo nessun operatore». «Il superporto Monfalcone-Trieste è qualcosa che era ridotto a un rendering». «Il sistema logistico regionale deve partire da Trieste, le altre soluzioni come l’Autorità regionale non mi convincono. Non mi dispiacerebbe un soggetto logistico-portuale guidato da una spa pubblica». «Non si è lavorato bene in passato per pubblicizzare i vantaggi del Punto Franco che comunque secondo anche l’interpretazione del prefetto va spostato dal Porto Vecchio e messo nell’ambito provinciale dove lo richiederanno gli operatori». «Adriafer va privatizzata, ma ciò non è sufficiente per unificare la doppia manovra, bisogna convincere Rfi ad abbandonare la manovra primaria». Quasi stizzito, nell’ampio giro di pareri dei consiglieri in gran parte favorevoli alla relazione e alle prime settimane di lavoro di D’Agostino, l’intervento di Everest Bertoli (FI): «Non abbiamo ascoltato nessuna proposta concreta, se non pesanti affermazioni sulla gestione passata. Il Partito democratico ha fatto un grandissimo sforzo per portarla qui e le hanno dipinto Trieste come il deserto dei tartari, eppure prima del suo arrivo il nostro porto era primo in Italia e decimo in Europa». «Ma gli spari ad altezza uomo, anzi donna che sindaco, Provincia e Regione hanno fatto sulla presidente precedente erano dovuti o si dovevano evitare?», la domanda di Lorenzo Giorgi (Pdl) che logicamente è rimasta senza risposta. «I gufi hanno avuto torto sulla megaconcessioni alla fine ritenute valide dall’Unione europea» ha chiosato Michele Lobianco (Lobianco impegno civico) proponendo il passaggio dell’interporto di Fernetti sotto l’Autorità portuale. «Il centrosinistra continuava a parlare di disastri, mentre il traffico container cresceva dell’80% in quattro anni», ha aggiunto Paolo Rovis (Ncd). E Stefano Patuanelli (M5S) ha chiesto quali spazi, al di fuori di ciò che prevede specificatamente le legge, vi fossero per fare un commissario anziché un presidente. Di tutt’altro tenore il resto degli interventi. «Sanità, lavoro e porto non possono essere di destra o di sinistra - ha sentenziato Franco Bandelli (Un’Altra Trieste) - lei ha già dimostrato che qualcosa sta cambiando, quanto ha detto è miele che cola. Ci auguriamo che cambi qualcosa anche in Ttp governata per troppi anni da gente che aveva troppi incarichi». «Si sta finalmente dando grande attenzione al mondo del lavoro all’interno dello scalo e ciò già qualifica positivamente questa questione», il commento di Angelo D’Adamo (Pd). «Abbiamo saputo del porto più da lei nei 17 minuti che è stata la durata del suo discorso introduttivo che nei quattro anni precedenti», ha evidenziato Roberto De Gioia (Psi). «Ho verificato il nuovo impegno che è stato messo per la salvaguardia delle condizioni di sicurezza dei lavoratori», ha detto Marino Sossi (Sel). «C’è una condivisione sostanziale con il commissario dell’Autorità portuale su tutti gli argomenti - ha concluso gli interventi il sindaco Roberto Cosolini - finalmente da porto è arrivata una parola chiara contro l’off shore di Venezia, il lavoro di promozione e progettazione strategica per il Porto Vecchio sarà condiviso, riguardo a Ttp anche il Comune sollecita l’Authority ad applicare il principio per cui le aree date in concessione devono creare ricchezza».

Silvio Maranzana

 

 

Allarme inquinamento per il Quieto
Lo sversamento di liquidi dal depuratore di una fabbrica
PINGUENTE Ancora un caso di inquinamento del Quieto, il maggiore fiume istriano. Questa volta a inquinare il corso d’acqua è un liquido fuoriuscito dal depuratore delle acque tecnologiche della fabbrica Cimos, che si occupa della lavorazione dei metalli. Presso la località di Most circa un centinaio di metri del corso del fiume risulta ricoperto da una pellicola oleosa con i colori dell'arcobaleno. L'allarme - come scrive il giornale Glas Istre - è stato lanciato da Ferid Mackovi„, segretario della societa di pesca sportiva Mrena preoccupato per la possibile moria di pesci. Questa è la stagione in cui i cavedani e le carpe depongono le uova, annota Mackovi„, per cui esiste il serio pericolo di moria della fauna ittica. Dal canto suo il direttore della Cimos, Mladen Jurada, punta a minimizzare la portata dell'accaduto e precisa che a causa del guasto a una pompa, un po' d'olio è finito nel fiume. Si tratta di pochi litri di liquido - sostiene - per cui l'inquinamento è di tipo più visivo, per così dire, che effettivo. «Non doveva assolutamente succedere - aggiunge - perché nella fabbrica abbiamo introdotto rigorose misure di sicurezza mirate a scongiurare incidenti ecologici. Però a volte si verifica l'imprevedibile». Intanto il tratto di fiume inquinato è stato trattato con un'apposita sostanza che neutralizza le sostanze grasse, per cui la speranza è che non ci saranno conseguenze dello sversamento. Il guardapesca Stipe Glamatovi„ però annota che da una quindicina d'anni a questa parte puntualmente in primavera si verificano situazioni del genere. «Abbiamo avvertito la direzione della Cimos - spiega - ma senza alcun risultato». Tornando indietro nel tempo, nel 2002 si verificò uno maggiori inquinamenti del Quieto nella zona, con la moria di alcuni quintali di pesce. Nel fiume si riversarono 22 metri cubi di gasolio fuoriusciti, a causa di un guasto, dal serbatoio della scuola elementare di Pinguente. Nel settembre del 2006, dalla Cimos finirono nel fiume una cinquantina di litri di liquido a base di petrolio; e nel 2008, in due riprese, un quantitativo imprecisato di schiuma di origine mai individuata. Risale al luglio del 2012 invece la più grande moria di pesce nel Quieto. In quell’occasione però nulla a che fare con l'inquinamento. Lungo il corso superiore del fiume, vicino alle Terme di Santo Stefano, erano stati avvistati circa quattro quintali di pesce con la pancia all'insù. Era successo a causa della scarsità di ossigeno nell’acqua, dovuto all’alta temperatura e all’abbassamento del livello in seguito alla forte siccità.

(p.r.)

 

 

È così che l’alluminio avvelena la Terra
Uno studio del Sincrotrone Elettra rivela in che modo questo metallo danneggia l’ambiente
Il degrado del suolo e la poca attenzione che l’uomo dedica a questo problema non sono cosa recente. Nel 2014 l’Agenzia europea dell’ambiente aveva individuato in Europa circa 340 mila siti inquinati bisognosi di bonifica, a fronte di stime ancor più pessimistiche che suggerivano un grado di compromissione ben maggiore a carico di 2,5 milioni di aree. L’alluminio disciolto nei terreni fa parte del quadro generale, e la sua tossicità per le piante è un problema con cui gli agricoltori stanno facendo i conti da anni. Recentemente, un gruppo internazionale di ricercatori che comprende scienziati del centro Elettra Sincrotrone Trieste in Area Science Park ha contribuito a chiarire in che modo l’alluminio danneggi la crescita delle colture. Lo studio, pubblicato sulla rivista “Plant Physiology”, è stato guidato dal gruppo di ricerca di Peter Kopittke, dell’Università del Queensland, con la collaborazione dell’Università dell’Australia del Sud e dell’Università di Oxford. Fornirà una base culturale su cui costruire future strategie di soil remediation, cioè di bonifica dei terreni da questo metallo nocivo. Quale sia stato il ruolo del team triestino di Elettra lo spiega Alessandra Gianoncelli, una laurea e un dottorato in ingegneria elettronica al Politecnico di Milano e da otto anni al Sincrotrone, dove attualmente è responsabile della linea di luce TwinMic. «La tossicità dell’alluminio sulle radici delle piante era nota già 100 anni fa, ma finora si ignorava quale fosse il meccanismo biochimico con cui il metallo agisce», spiega Gianoncelli. Usando il microscopio a raggi X TwinMic, che sfrutta i raggi X monocromatici (aventi una sola lunghezza d’onda) del sincrotrone, i ricercatori hanno ottenuto immagini a contrasto di fase, che ricordano i giochi di ombre cinesi. Esaminandole, hanno individuato i siti in cui l’alluminio si lega a livello di apparato radicale, lavorando in particolare su piante di soia, e hanno potuto tracciare una vera e propria mappa chimica della distribuzione del metallo, con immagini prese ogni 30-60 secondi. «Gli effetti tossici dell’alluminio si fanno sentire già dopo cinque minuti dall’esposizione - chiarisce Gianoncelli - e si manifestano come un blocco nella crescita delle radici, dove questo metallo impedisce il corretto assorbimento di acqua e nutrienti. L’alluminio, infatti, si lega alla parete delle cellule radicali bloccando, fra l’altro, la biosintesi e la distribuzione di etilene e auxina, due sostanze importanti per l’allungamento delle cellule radicali». La decontaminazione del suolo in Europa è tra i focus delle politiche europee. «La gestione dei terreni contaminati – dice Hans Bruyninckx, direttore esecutivo dell’Agenzia dell’ambiente, costa circa 6,5 miliardi di Euro l’anno». E se è vero che, in parte, questi costi sono coperti da aziende private, è altrettanto vero che una fetta delle spese ricade sulla collettività. Senza contare i costi in termini di salute e benessere collettivo. Le applicazioni di TwinMic, spiega ancora Gianoncelli, non si limitano al mondo vegetale. Il suo team si è occupato anche dello studio dei tessuti polmonari di lavoratori esposti all’amianto e dell’analisi di nuovi materiali. «È importante avere uno strumento così versatile e metterlo a disposizione della comunità scientifica», conclude la studiosa.

Cristina Serra

 

 

Siot, quel grande fuoco del 1972 - Lovat
“4 agosto 1972: l’attentato all’oleodotto di Trieste” alle 17.30

Info su www.mgspress.com4 agosto 1972, deposito costiero della Siot di San Dorligo: quattro boati, serbatoi da 90 mila tonnellate di greggio che saltano in aria: fu il primo attentato palestinese in Italia portato a termine da Settembre Nero, che solo un mese dopo seminò morte alle Olimpiadi di Monaco. Ma fu anche un attentato di cui non si sono mai saputi con precisione mandanti, fiancheggiatori e neppure tutti gli esecutori grazie soprattutto alla Francia dalla quale non arrivò alcun aiuto. Questo pomeriggio, alle 17.30, alla libreria Lovat, sarà presentato il libro “Il grande fuoco. 4 agosto 1972: l’attentato all’oleodotto di Trieste”, di Giuliano Sadar, edito dalla Mgs Press. Ne parleranno i giornalisti Fabio Amodeo e Ranieri Ponis, il magistrato Rosario Priore, il procuratore capo presso il Tribunale di Trieste Carlo Mastelloni e, naturalmente, l’autore. Nella foto, la copertina del libro.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 27 aprile 2015

 

 

Rigassificatore, la Croazia rilancia «Avanti con l’impianto di Veglia»

La possibilità di una struttura a Zaule non ferma Zagabria: «Noi inseriti nelle liste strategiche»
L’Unione europea ha investito già 5 milioni di euro per la redazione della documentazione tecnica
FIUME È stato il ministro croato dell’Economia, Ivan Vrdoljak, a spazzare via i dubbi sollevati giorni fa da Mirela Holy, presidente del partito Orah (8% di consensi negli ultimi sondaggi a livello nazionale) ed ex ministro dell’Ambiente. Holy aveva sostenuto in un’intervista che il rigassificatore di Zaule - di cui si è tornato a parlare dopo l’ok sulla compatibilità espresso da Roma e il ricorso al Tar da parte anche della Regione Fvg - avrebbe di fatto cancellato il progetto contemplante la costruzione di un similare impianto a Castelmuschio (Omišalj), sull’isola di Veglia. «All’Europa non interessa avere due terminal identici e distanti poche decine di chilometri in linea d’aria - aveva asserito la Holy – la Croazia dovrebbe preoccuparsi in quanto l’approntamento del rigassificatore a Zaule potrebbe significare l’addio al progetto Castelmuschio». A risponderle è stato il ministro Vrdoljak, il quale ha affermato che il rigassificatore vegliota si farà e probabilmente entrerà in funzione nel 2019. «A differenza di quello triestino, il nostro impianto Lng è inserito in tutte le liste strategiche prioritarie d’Europa – parole di Vrdoljak – inoltre si trova in avanzato stato di attuazione, ben più avanti del progetto italiano». A dare manforte a Vrdoljak è stato Mladen Antunovi„, direttore generale di Lng Croazia, responsabile del progetto. «I preparativi sono molto avanti – ha detto – e noi siamo stati costretti a spostare al 31 maggio prossimo il termine ultimo di presentazione delle offerte da parte dei potenziali locatari. Ce lo hanno chiesto le stesse imprese interessate a firmare il contratto di locazione, dicendo che così avranno più tempo per redigere la necessaria documentazione. Non siamo affatto preoccupati dalle notizie che arrivano da Trieste. L’impianto di Zaule non ci interessa, noi andiamo avanti per la nostra strada, ben sapendo che al rigassificatore di Veglia si rivolgeranno quei Paesi che non hanno l’interesse a ricevere il gas dal terminal di Zaule, come ad esempio l’Ungheria e la Slovacchia». A detta di Antunovi„, l’Europa copre un terzo del suo fabbisogno di gas grazie alla Russia, circa 150 miliardi di metri cubi annui, e dunque neanche 20 impianti come quelli di Castelmuschio e Zaule potrebbero risolvere questo problema di dipendenza. Come noto, a Zaule si potrebbero movimentare annualmente sugli 8 miliardi di metri cubi di gas, mentre a Castelmuschio non si supererebbero i 6 miliardi. «Abbiamo ricevuto da Bruxelles 5 milioni di euro per formulare la documentazione tecnica del terminal – ha aggiunto Antunovi„ – la nostra speranza è che dai fondi europei si possa coprire una fetta consistente del finanziamento». A Zagabria sanno che l’Unione europea ha stanziato 300 milioni di euro per la costruzione di un rigassificatore polacco e dunque i croati confidano nella generosità comunitaria.

Andrea Marsanich

 

 

UNA PISTA CICLABILE CHE TRAE IN INGANNO I SUOI UTENTI
Non essendo un ciclista di fama e nemmeno un ciclista normale, mi sono solo da poco accorto di una grossa anomalia esistente, mi dicono da molti anni, sulle Rive a Trieste.

Mi riferisco, in particolare, alla pista pedonale/ciclabile che si trova lungo i marciapiedi che dividono la strada di scorrimento da quella lungo mare (vicino ai parcheggi a pagamento), appunto sulle Rive. Scegliendo una direzione qualsiasi, per esempio verso Campo Marzio, troviamo, all’inizio del largo marciapiede, il classico cartello tondo di sfondo azzurro, che riporta in bianco, uno vicino all’altro, il simbolo di un pedone e di una bicicletta. Consultando il Codice della Strada, vuol dire un contemporaneo “percorso pedonale” e “pista ciclabile”. Percorrendo in lunghezza, paralleli al mare, detto marciapiede, alla fine dello stesso si ritrova il medesimo cartello, ma sbarrato con striscia obliqua rossa: vuol dire fine. Si scende sulla massicciata, dove ci sono le strisce pedonali, per poi risalire sul marciapiede contiguo, dove si ripresenta il cartello di inizio. Manca qualsiasi segnaletica orizzontale. Ma qui sta il primo assurdo. E’ evidente che, salvo eccezioni, il ciclista che percorre la suddetta “pista”, ben difficilmente scenderà da bicicletta per attraversare le strisce pedonali, ma così facendo commetterà una grave imprudenza: transitando sulle strisce in sella alla bici, ci si trasforma in un normale veicolo che taglia la strada, con tutte le conseguenze negative in caso di incidente. Il secondo assurdo consiste nella promiscuità della strada, molto spesso percorsa da turisti in bici e a piedi, che non possono non darsi reciproco disturbo, anche perché ci sono dei punti, con pali, lampioni, chioschi di fermata autobus e quant’altro, in cui lo spazio trasversale è veramente esiguo. A mio parere è urgente una sistemazione della cosa, o togliendo i segnali di pista ciclabile o rendendola effettiva con tanto di segnaletica a terra. Non sarà facile, ma così non va.

GIORGIO CAPPEL

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 26 aprile 2015

 

 

Il “giallo” dei posti macchina in via Murat

I costruttori: «Non sappiamo chi li stia mettendo in vendita». Scongiurato il taglio degli alberi secolari
Si tinge quasi di giallo la vicenda del nuovo parcheggio di via Murat. Con uno sviluppo inaspettato che, pare, dovrebbe approdare addirittura sui tavoli della Procura. Andiamo per ordine, comunque. La notizia dell’imminente costruzione di diciotto posti macchina nel triangolo verde antistante all’ex Talassografico aveva sollevato nei residenti una levata di scudi generale e una selva di proteste che andavano dallo scempio ambientale, col probabile taglio degli alberi, al fattore inquinamento, in un’area in sofferenza da anni a causa del limitrofo cantiere di Campo Marzio. Uno si chiederà: com’era trapelata la notizia? Tramite dei volantini infilati nella cassetta delle lettere ad opera di tali R.S Immobiliare e Soluzioni immobiliari che, apparentemente, trattavano la vendita dei 18 posti al prezzo di 20mila euro più Iva. Volantini che avevano creato già un certo interesse almeno tra alcuni residenti. Solo che, pare, la vendita di quei nuovi, ambitissimi posteggi spetta a tutti meno che a coloro che li stanno commercializzando. «Ci è venuto un colpo quando li abbiamo visti - racconta il costruttore che realizzerà l’opera, assieme al progettista dell’intervento, l’architetto Giorgio Fragiacomo - perchè noi non abbiamo autorizzato assolutamente nessuno a vendere i posti macchina che stiamo realizzando! Abbiamo provato a chiamare i numeri scritti sul volantino e ci ha risposto una persona sostenendo che stanno raccogliendo le adesioni... A questo punto lunedì (domani ndr) andremo di filato in Procura a fare una denuncia». Sbollita la rabbia, è lo stesso architetto Fragiacomo a tranquillizzare gli abitanti di via Murat. «Abbiamo fatto un progetto che più rispettoso dell’ambiente non potrebbe essere. Non solo non tagliamo gli alberi ma ne aggiungeremo degli altri. Quelli secolari, ovviamente, resteranno intatti al loro posto. Verranno eliminate solo le tuie che stanno al centro dell’aiuola, giovani e sacrificabili ma che a loro volta verranno sostituite da alcuni lauri, almeno tre carpini e tre crategus longina e cespugli di viburno di due tipi. Mi pare dunque che l’area resterà verde, con gran pace dei padroni di cani che la usano, diciamo così, intensamente...». Una piccola nota polemica, peraltro subito smorzata. Fragiacomo, anzi, conferma che l’area sarà regolarmente attraversabile dai pedoni, e che gli unici blocchi riguarderanno gli stessi posti macchina che avranno dei dissuasori con chiave. «Recinteremo l’area - aggiunge ancora il progettista - solo per il lasso di tempo necessario a ultimare i lavori, ma poi verrà subito riaperta». Si smorza, infine, anche il timore della colata d’asfalto in mezzo al verde. «In realtà - dice il progettista - faremo un pavimento in ghiaietto drenante, con un impatto visivo inesistente e soli venti centrimetri di riporto di terra. E l’area sarà illuminata. Tutto qui». Un ultimo mistero. «Quest’area era dal Demanio, e da loro l’abbiamo comperata. Ma ci ha lasciato perplessi trovare un contatore dell’Acegas e un’impianto d’acqua che irrora le piante. Magari l’ha messo il Comune, forse sono convinti che l’appezzamento sia loro...»

Furio Baldassi

 

 

Dalla Giornata ecologica 200 sacchi di rifiuti

L’iniziativa a tutela del territorio organizzata dal Comune di Sgonico ha visto impegnati 60 volontari
SGONICO Duecento sacchi di rifiuti differenziati (plastica, lattine e vetro) e di indifferenziati, due container di ingombranti (elettrodomestici, ferro), uno di calcinacci e 150 pneumatici. È il risultato della Giornata ecologica organizzata dal Comune di Sgonico e coordinata dal responsabile dell’Ufficio del Territorio, Aljoša Gabrovec. Svolta lo scorso weekend, ha visto impegnati 60 volontari di Federazione Italiana della Caccia Sezione Provinciale, Riserve di caccia di Sgonico e Sales, Riserva di Gabrovizza, associazione dei cacciatori sloveni Doberdob, Circoli Dom Brišciki, Kras, Rdeca Zvezda, Shinkai Karate Club e Drago Bojan Gabrovec, Protezione civile comunale, Organizzazione scoutistica Laica Taborniki Rmv e gli operai comunali. Sette i punti di raccolta: due a Borgo Grotta Gigante e i restanti a Bristie, Campo Sacro, Samatorza, Sales e presso la stazione di Prosecco. «Avevamo individuato – spiega il sindaco di Sgonico, Monica Hrovatin - dei punti critici in base alle segnalazioni dei cittadini e al continuo monitoraggio del territorio da parte degli organi competenti dove sapevamo di trovare più materiali da smaltire. Volevamo coinvolgere tutti gli attori del territorio – prosegue il primo cittadino – ed è stata anche un’opera di educazione ambientale: l’appello rivolto ai cittadini è di stare più attenti. Abbiamo trovato anche lattine e bicchieri di plastica gettati da persone che usufruiscono del territorio per andarci a passeggio senza rispettarlo. Bisognerebbe sensibilizzare ancora di più i cittadini: è un dovere di noi amministratori. Come Comune siamo molto sensibili alle iniziative didattiche nei confronti della popolazione scolastica. Nelle scuole del territorio comunale si fa attività di educazione ambientale con il Progetto 3R (Riciclo Riduco Riuso) finanziato dalla Provincia di Trieste e che si concluderà a giugno: una bellissima iniziativa che coinvolge tutti i bambini in vari progetti tra i quali la creazione di un orto nel giardino scolastico, il cui raccolto viene utilizzato per la preparazione dei cibi nella mensa, e di un composter che raccoglie ciò che rimane inutilizzato. All’interno del progetto, gli alunni hanno visitato il centro di raccolta di Sgonico dove il coordinatore del progetto ha illustrato loro tutte le fasi e i vantaggi della raccolta differenziata. Sono molto soddisfatta del risultato della Giornata ecologica, che - conclude il sindaco Hrovatin - senz’altro ripeteremo e ringrazio i partecipanti a nome di tutta l’Amministrazione comunale». La giornata si è conclusa con un pranzo conviviale nella sede del circolo Dom Brišciki a Borgo Grotta Gigante.

Gianfranco Terzoli

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 25 aprile 2015

 

 

Regione al Tar contro il rigassificatore

La giunta Serracchiani impugna il parere del ministero denunciando l’incompatibilità con i traffici portuali e con l’ambiente
TRIESTE E quattro. Dopo i Comuni di Trieste, Muggia, San Dorligo, anche la Regione impugna il parere di compatibilità espresso dal ministero dell’Ambiente in merito alla realizzazione del rigassificatore a Zaule. Attaccando sul duplice fronte portuale e ambientale. La battaglia, intrapresa dal governatore Debora Serracchiani, viene ora combattuta non più solo sul campo politico ma anche su quello giudiziale. L’atto ministeriale, che riguarda il parere della commissione Via-Vas espresso il 6 febbraio scorso, viene impugnato avanti il Tar del Lazio. «Abbiamo deciso il ricorso - ha commentato la Serracchiani dopo il disco verde della Giunta - in quanto fino a ora le nostre osservazioni non sono state adeguatamente prese in considerazione». La nota della Regione, non casualmente, prosegue ricordando l’incontro del 5 marzo tra la stessa Serracchiani e il titolare dell’Ambiente, Luca Galletti, esponente bolognese dell’Udc. Incontro nel quale il governatore ribadì il “no” all’impianto nel Golfo triestino. Resta in piedi, per venire a capo del dossier evitando la strada del contenzioso amministrativo, la conferenza dei servizi, che sarà convocata dal ministero dello Sviluppo Economico (quindi dal ministro Federica Guidi) e vedrà coinvolta la stessa Regione: «Naturalmente - dice ancora la Serracchiani per diluire acidità nel difficile rapporto con Roma riguardo questa vicenda - manteniamo aperte tutte le strade che stiamo percorrendo per convincere il Governo e tutte le Amministrazioni interessate». La dichiarazione, resa dal governatore per argomentare le ragioni del ricorso, sottolinea tre fattori rilevanti: l’incompatibilità delle navi gasiere con i traffici portuali attuali e futuri, la sensibilità del sito a ridosso degli stoccaggi petroliferi Siot, la mancanza di chiarezza sulla modalità distributiva del gas in assenza di un parere sull’impatto ambientale del gasdotto. Quest’ultimo elemento critico, relativo al progetto Snam, era stato sollevato anche dall’assessore all’Ambiente triestino, Umberto Laureni, che aveva lamentato l’errore commesso nel tener distinto l’esame di rigassificatore e gasdotto.. Quindi, al momento il giudice amministrativo laziale si trova sul tavolo quattro ricorsi. Curiosamente manca ancora quello dell’Autorità portuale, l’ente maggiormente interessato dall’eventuale realizzazione dell’impianto energetico. La commissione ministeriale Via-Vas, presieduta da Guido Monteforte Specchi e composta da 46 membri (avvocati, ingegneri, architetti, ecc.), ha ritenuto che il progetto del rigassificatore non abbia a inficiare il traffico portuale e la costruzione di nuove infrastrutture nello scalo marittimo triestino.

Massimo Greco

 

 

«La Ferriera risanata entro dicembre» - INDUSTRIA »LA TRASFORMAZIONE DI SERVOLA

Siderurgica Triestina illustra gli interventi ambientali già realizzati alle istituzioni e presenta la richiesta di rinnovo dell’Aia
La Regione garantisce che verificherà passo dopo passo l’avanzamento dei lavori

LE ATTIVITÀ DI RISANAMENTO DEGLI IMPIANTI DELLA FERRIERA
Siderurgica Triestina, società proprietaria della Ferriera, ha inoltrato ieri alla Regione la richiesta di rinnovo dell’Autorizzazione integrata ambientale, indispensabile per poter continuare l’attività e ha contestualmente presentato lo stato dei lavori per il risanamento degli impianti e la riduzione o eliminazione delle emissioni ambientali a Sara Vito, Vittorio Zollia e Umberto Laureni, assessori all’Ambiente rispettivamente di Regione, Provincia e Comune e al direttore generale dell’Arpa Luca Marchesi nel corso di un sopralluogo all’interno dello stabilimento di Servola. Già lunga, come si evince anche dalla tabella che pubblichiamo, la lista degli interventi effettuati sull’altoforno, la macchina a colare, l’agglomerato, la cokeria anche se su quest’ultima in particolare, al centro delle principali proteste di comitati di cittadini e associazioni ambientaliste, restano una serie di interventi da fare, ma che si concluderanno tutti al massimo entro dicembre. «Per quanto concerne la cokeria - ha sottolineato Alessandra Barocci, consulente ambientale dell’azienda - è ferma volontà di Siderurgica Triestina raggiungere livelli di compatibilità ambientale efficaci e rispettosi delle normative vigenti». Per raggiungere questo obiettivo, ha confermato Barocci, «è prevista la realizzazione di un progetto innovativo per la captazione anche delle emissioni fuggitive che consentirà di ottenere performance ambientali che andranno ben oltre i limiti indicati dalle nuove normative europee in materia ambientale (Bat). Il nuovo impianto di aspirazione è progettato per captare, depolverizzare e filtrare le emissioni delle diverse aree della cokeria: batterie forni, macchina caricatrice, zona movimentazione e selezione coke, zona sottoprodotti». La società ha anche confermato che nella seconda metà di maggio attraccherà alla banchina portuale dello stabilimento (dove in questi ultime mesi si è registrata, rispetto al passato un’impennata di movimentazioni) la nave che trasporterà gli impianti che costituiranno il nuovo laminatoio a freddo. «Obiettivo della visita - riferisce in una nota Siderurgica Triestina - è stata l’illustrazione ai responsabili degli enti territoriali dei lavori eseguiti e in fase di realizzazione nello stabilimento attraverso un percorso che, partendo dalla zona dell’ex acciaieria che dovrà appunto ospitare il nuovo impianto di laminazione a freddo, si è snodata lungo la banchina (oggetto di ripristino della pavimentazione che rappresenta uno dei presidi previsti per la messa in sicurezza operativa delle aree indicati dall’Accordo di programma), per proseguire nella zona dei piezometri dedicati al monitoraggio delle acque di falda e nelle aree degli impianti di produzione». L’investimento complessivo annunciato dal Gruppo Arvedi per Servola è di 172 milioni: 25 riguardano il fronte ambientale di cui 15 per il risanamento degli impianti e 10 per la messa in sicurezza dei suoli. Il secondo Accordo di programma ha messo in campo anche 41 milioni di soldi pubblici per la bonifica e la reindustrializzazione dell’area. Invitalia, soggetto attuatore, dovrebbe impiegarli in particolare per realizzare il barrieramento a mare e l’impianto di depurazione delle acque secondo un cronoprogramma di 18 mesi. «Le attività di risanamento impiantistico previste dall’Accordo di programma e dalle Bat - aggiunge la nota di ieri di Siderurgica Triestina - sono state effettuate, in questi primi mesi di gestione effettiva dello stabilimento, con le modalità e i tempi previsti. Per le opere ancora da realizzare, è doveroso ricordare che l’azienda, per poter proseguire con i lavori, deve attendere le necessarie autorizzazioni a procedere da parte degli enti preposti». L’emissione stessa dell’Aia da parte della Regione potrà avvenire solo dinanzi a interventi certificati con rigido rispetto dei parametri riguardo alle prescrizioni che verranno emesse. Una sorta di operazione di sorveglianza sul risanamento ambientale da parte delle amministrazioni territoriali è già scattata a gennaio con una riunione convocata dal Comune. «L’ultima Autorizzazione integrata ambientale è già scaduta nel febbraio 2014 - aveva dichiarato l’assessore Laureni - e le proroghe con cui la Ferriera continua a operare non sono del tutto soddisfacenti». Dal rispetto dei parametri dipende la sopravvivenza dell’area a caldo e con essa la possibilità che quando, l’anno prossimo, entrerà in servizio anche il laminatoio a freddo, l’occupazione salga dalle attuali 400 a 700 persone. «Gli interventi proposti vanno senza dubbio nella direzione di migliorare la situazione - ha commentato l’assessore Vito - ma con Arpa verificheremo passo passo l’avanzamento dei lavori e metteremo in atto tutti gli interventi necessari per il costante monitoraggio del sito industriale».

Silvio Maranzana

 

 

Il golfo è una discarica? A Sistiana 150 sub ripuliscono i fondali - Caravella
«Uniti per il mare si può». All'appello lanciato dal club La Tribù di Martignacco hanno riposto quest'anno in circa 150 subacquei provenienti da tutta la regione e dal Veneto, numero di gran lunga superiore alle stime della prima edizione dello scorso anno.

Bonificare il mare quindi attrae e aggrega, come dimostra la missione “Pulizia dei fondali 2015”, raduno di stampo ecologico per subacquei provetti e non, in programma nella giornata di oggi nella Baia di Sistiana, area marina della Caravella, dalle 9 alle 16 circa. Una ventina di sigle, di cui cinque della provincia di Trieste, un centinaio di operatori di supporto per la sicurezza e per lo sbarco dei materiali, un’unità cinofila della Protezione Civile e la Croce Rossa. La task force attesa a Sistiana appare imponente e motivata, pronta a "ripulire" parte della baia triestina, quella dotata di un fondale della profondità di 9 metri al massimo ma spesso abbondantemente intaccato dalle eccessive libertà dei turisti. «Lo scorso anno aderirono soprattutto associazioni provenienti dal Veneto - ha ricordato Manuel Ianesi, responsabile didattico de La Triblù e anima della manifestazione - questa volta il richiamo ha coinvolto maggiori realtà, anche regionali, creando così una sinergia all'altezza di tema del genere». Le operazioni inizieranno attorno alle 9, strutturate con l'immersione a turno di squadre (tre in tutto) formate da una dozzina di sub, chiamati a "spazzare" i fondali per un massimo di trenta minuti. L'obiettivo è la raccolta di immondizie leggere, agevoli quindi per il carico e per il trasporto, operazioni in tal modo fattibili anche per sub alle prime armi: «Il fondale entro cui lavoreremo non è eccessivo e questo permetterà l'impiego anche di brevettati di primo livello - ha sottolineato Manuel Ianesi -. Probabilmente ci saranno anche dei bambini». La giornata si concluderà con il pranzo collettivo, naturalmente a cospetto del mare. La "liberazione" del mare di Sistiana si avvale anche di una sorta di "guest star", con la partecipazione di alcuni membri della Sea Shepherd Conservation Society, organizzazione internazionale sorta nel 1977 a tutela dell'ambiente e delle biodiversità. È possibile iscriversi anche sul luogo, previo accertamenti delle documentazioni attestanti la pratica subacquea.

Francesco Cardella

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 24 aprile 2015

 

 

La Provincia boccia il minirigassificatore

Il Consiglio dà all’unanimità parere contrario al progetto di SmartGas. «Mette a rischio l’equilibrio del territorio di Duino»
Aula compatta - A prendere le distanza dall’impianto di stoccaggio e distribuzione di gnl sono stati venti consiglieri sui venti presenti
DUINO AURISINA No al mini rigassificatore di Monfalcone di Smart Gas. E' stata unanime ieri sera, con 20 voti favorevoli su 20 presenti, la decisione adottata dal consiglio provinciale, con una delibera relativa al progetto denominato "Terminale di stoccaggio, rigassificazione e distribuzione di Gnl di piccola taglia, da realizzarsi nel porto di Monfalcone". Un voto negativo che fa seguito a quanto sempre affermato nell’aula, che ha una particolare “sensibilità” nei confronti delle tematiche ambientali. In sede di discussione in aula, dopo la presentazione della delibera da parte del presidente della Commissione competente, Marcello Bergamini, Nadia Debenjak (Pd) ha sottolineato che «il progetto di Smart Gas contrasta con le linee di sviluppo del Comune di Duino Aurisina, perché metterebbe a repentaglio l'equilibrio naturale dell'area. Va ricordato - ha aggiunto Debenjak - che nel territorio di Duino Aurisina esistono zone protette a livello internazionale in quanto considerate oasi per determinate specie di uccelli». Giorgio Ret, già sindaco a Duino Aurisina e capogruppo del Pdl, ha parlato di «conseguenze disastrose in caso di realizzazione dell'impianto. Abbiamo sempre lottato con grande determinazione contro questa ipotesi - ha ribadito - e tutti assieme, senza distinzioni di appartenenza partitica». Una conferma che la tematica è sempre stata vissuta male dalla comunità. Claudio Grizon, capogruppo del Pdl, ha osservato che «la realizzazione del mini rigassificatore minerebbe dalle fondamenta le possibilità di crescita dell'intera area interessata, senza dall'altra parte portare un seppur minimo vantaggio per la collettività residente». Elena Legisa, capogruppo della Federazione della sinistra, ha parlato dei «giovani del Comune di Duino Aurisina, che devono poter costruire il loro futuro sul territorio», precisando che «manca un piano regionale che dica di quanta energia ha bisogno il Friuli Venezia Giulia». Sabrina Morena (Sel) ha ribadito «l'incompatibilità fra un rigassificatore e la crescita turistica del Comune di Duino Aurisina e dell'intero territorio della Provincia». Fabio Longo, del Gruppo misto, si e' soffermato sugli aspetti tecnici, evidenziando «i rischi connessi alla costruzione di un rigassificatore vicino ad aree come quelle del Comune di Duino Aurisina». Paolo Polidori, della Lega Nord, ha indicato nei «valori del federalismo l'unica risposta valida al problema, perché solo i residenti possono decidere del futuro del territorio in cui vivono». Nel corso della seduta, é stata anche approvata all'unanimità una mozione presentata da tutti i capigruppo presenti in consiglio provinciale sul caso Alcatel. Con essa si impegnano presidente e giunta a «chiedere alla presidente della Regione di dare seguito all'impegno assunto nel recente incontro tenutosi con le Rsu di Alcatel Lucent, di seguire attentamente la vicenda verificando, in collaborazione con il ministero dello Sviluppo economico e con la Regione, che il tavolo nazionale permanente avvii le iniziative atte a scongiurare la vendita a società multinazionali che non garantiscano la salvaguardia del sito di Trieste e quanto meno i livelli occupazionali e produttivi attuali e, infine, che la Provincia sia presente ai tavoli nazionali e regionali sulla vertenza Alcatel Lucent ogni qualvolta sia trattata la problematica legata al sito di Trieste». Si precisa poi che «si ritiene opportuno mantenere alta l'attenzione, stante la non coerenza fra i pareri finora registrati con quanto dichiarato dal Ceo della multinazionale».

Ugo Salvini

 

Rigassificatori inutili e costosi, quello di Trieste non serve

LA LETTERA DEL GIORNO di Pierino Tomat
Premesso che non sono qualificato a parlare in termini scientifici o tecnici a proposito del rigassificatore, come semplice cittadino vorrei chiedere alla governatrice del Fvg di fare queste due domande al ministro che ha firmato il consenso alla costruzione del rigassificatore nella baia di Zaule: 1) onorevole ministro, ha mai visitato la baia di Zaule e sa dove si trova? Prima di firmare si è informato di quanti rigassificatori esistono in Italia e quanti sono operativi? In merito alla prima domanda hanno già scritto in molti, perciò non voglio ripetermi. Mentre per quanto riguarda la seconda, voglio solo far notare che al largo di Livorno si trova l’ex metaniera "Golar", trasformata a Dubai nel rigassificatore "Olt". Questa è un’ulteriore cattedrale in mezzo al mare! Infatti, dal dicembre 2013 (quando è stato inaugurato) ha scaricato 100.000 metri cubi di gas naturale liquefatto, contro una capacità di rigassificazione annua di 3,75 miliardi di metri cubi!!! Da notare che l’impianto è costato un miliardo di euro, invece dei preventivati 350-400 milioni e che il governo italiano garantisce la copertura dei ricavi (non fatti) fino al 64% del costo dell’investimento, pari a 80 milioni l’anno per 10 anni. Soldi che naturalmente pagheremo noi italiani! Concludo con un’altra domanda: perché invece di ostinarsi a costruire un altro rigassificatore in un sito assolutamente inadatto, non si fa lavorare a pieno regime quello già esistente ma inutilizzato? Si risparmierebbe un bel po’ di denaro pubblico e non si metterebbe a rischio il territorio e l’economia di Trieste!!!

 

 

Flop del bonus per le bici elettriche
Domande al di sotto delle aspettative. Utilizzato appena un quarto dei 300mila euro stanziati
TRIESTE Nella terra di Ottavio Bottecchia e delle epiche tappe a scalare lo Zoncolan la bicicletta elettrica con il bonus della Regione fa flop: ne hanno approfittato solo 429 cittadini (le domande ammesse su un totale di 463 raccolte dagli uffici), con un utilizzo di poco più di un quarto (85.800 euro) dello stanziamento pubblico di 300mila euro. Luca Ciriani non dimentica di avere già bocciato l’iniziativa, chiede l’aggiornamento dei numeri e, a conti fatti, ironizza: «La strategica misura anticrisi è andata in crisi». Il contributo all'acquisto di biciclette elettriche a pedalata assistita (concesso, come nel caso delle auto ecologiche, tramite le Camere di commercio) occupa l’articolo 18 della legge regionale 4 del 2014, “Azioni a sostegno delle attività produttive”. Iniziativa, quella delle bici con l’aiutino, non della giunta, ma di un asse Pd-Sel che riuscì a ottenere il via libera del Consiglio. L’obiettivo, si legge nel testo, è di «promuovere lo sviluppo di nuove strategie per un trasporto sostenibile sul territorio regionale e in particolare il miglioramento della vivibilità e della fruibilità delle aree urbane, in un’ottica di tutela dell’ambiente e di sviluppo economico eco-compatibile». A poter ottenere il contributo - fino a un massimo di 200 euro - i residenti in Fvg (non ammesse invece le imprese) che acquistano, o hanno acquistato dal 28 marzo 2014 una bicicletta «dotata di un motore ausiliario elettrico avente potenza nominale continua massima di 0,25 Kw la cui alimentazione è progressivamente ridotta e infine interrotta quando il veicolo raggiunge i 25 Km/h». Secondo quanto poi previsto dal regolamento approvato dalla giunta, il contributo è concesso per l’importo pari al 30% del prezzo (e comunque non oltre i 200 euro), comprensivo di Iva, sostenuto per l’acquisto di una bicicletta elettrica a pedalata assistita «nuova di fabbrica». Mobilità green che in Cina spopola da fine anni Novanta (40 milioni di biciclette elettriche vendute ogni anno) e che ha trovato buona diffusione anche in Centro Europa, ma che in Fvg non ha sfondato. Nemmeno se la Regione ha dato una spintina. Ciriani si è fatto consegnare la fotografia dell’operazione dal vicepresidente della Regione Sergio Bolzonello - delle 429 domande se ne contano 120 a Trieste e 31 a Gorizia - e, ricordando le sue nefaste previsioni, attacca: «La misura si è dimostrata totalmente inutile mentre, come avevamo consigliato a suo tempo - commenta il consigliere di Fratelli d’Italia -, queste importanti risorse avrebbero garantito esiti più lusinghieri e sarebbero risultate realmente utili, se fossero state inserite nel sociale, ad esempio per coprire le domande restanti del 2014 relative al bonus bebè». Fatto emblematico, secondo Ciriani. «Si tratta di uno dei tanti esempi dell’incapacità della maggioranza di gestire le misure anticrisi. In una situazione in cui le risorse a disposizione della Regione sono sempre più esigue, pensare che favorire l’acquisto delle biciclette potesse aiutare a superare la stagnazione economica è veramente paradossale, per non dire ridicolo».

Marco Ballico

 

Via Mazzini pedonale 7 su 7 - Il test parte da metà maggio
La nuova sperimentazione nel tratto da piazza Goldoni a via San Spiridione - Il Comune: chiusura al traffico ogni giorno, con via Imbriani aperta ai mezzi
Sarà la prova generale decisiva. Il Comune si accinge a rendere pedonale via Mazzini, ancora in via sperimentale, sette giorni su sette a partire dalla seconda metà di maggio (la data precisa di avvio sarà definita nei prossimi giorni) nel tratto fra piazza Goldoni e via San Spiridione. Non più solo weekend all’insegna delle pedonalizzazioni dunque, e con la profonda differenza che questo nuovo test non contemplerà la chiusura al traffico di via Imbriani, che invece rimarrà sempre aperta al passaggio dei veicoli. La proposta, così formulata, sarà portata all’attenzione della giunta - per il via libera - mercoledì prossimo dall’assessore a Pianificazione urbana, Mobilità e Traffico, Elena Marchigiani. Ottenuto l’ok dell’esecutivo e stabilito il giorno d’inizio, si procederà concretamente. Percorso partecipato «Sulla questione ci siamo confrontati sia con i commercianti delle vie interessate sia con le categorie economiche, dalla Fipe a Confcommercio, all’Ures e così via - spiega Marchigiani -. E inoltre con i tassisti, con la Provincia, che ha specificamente chiesto di effettuare la sperimentazione nel periodo di apertura delle scuole, e con Trieste trasporti. Abbiamo poi parlato con AcegasApsAmga per risolvere spostamenti e mantenimento di bottini e cassonetti. Ovviamente ci siamo incontrati pure con la Consulta disabili per garantire comunque la possibilità d’accesso nei tratti pedonali ai mezzi delle persone diversamente abili o ai taxi che le trasportano». Con i rappresentanti di Ulisse Fiab, infine, l’amministrazione Cosolini si è vista per valutare il tracciamento di percorso bici lungo via Mazzini. Via Imbriani La pedonalizzazione sette giorni su sette di via Mazzini non sarà accompagnata da identico provvedimento per via Imbriani. Che, anzi, diversamente dai “Pdays” (i finesettimana pedonali), resterà costantemente aperta alla circolazione dei veicoli. Va chiarito che solo quando questo nuovo assetto scatterà, gli stessi “Pdays” verranno automaticamente pensionati: si tratterà di una sorta di subentro. Così Marchigiani su via Imbriani: «Abbiamo valutato le possibili interazioni con i lavori alla galleria di piazza Foraggi, ritenendo di tenere aperta in questa fase via Imbriani. Altrimenti tutto il traffico sarebbe andato a intaccare e a pesare su piazza Goldoni. Non è comunque - aggiunge - una rinuncia al progetto di rendere pedonale anche via Imbriani ma è più prudente rinviarlo». In merito, a palazzo Cheba sono arrivate proposte anche dai commercianti ed esercenti della via: «C’è un’idea molto interessante - spiega l’assessore - e riguarda il possibile allargamento dei marciapiedi confermando il transito dei mezzi al centro. Il tavolo è aperto». L’operazione Le risposte, in termini di gradimento della cittadinanza, di commercianti ed esercenti, e sul fronte della tenuta della circolazione, saranno oggetto di monitoraggio del Comune. Che le valuterà assieme agli altri soggetti coinvolti. «Mercoledì porterò tutto in giunta - riprende Marchigiani -, il via si potrà prevedere dopo la metà di maggio così da avere il tempo per dare adeguata comunicazione all’utenza, con avvisi anche sulle fermate degli autobus. In ogni caso, appena presa la decisione in giunta, riconvocherò le parti». La chiusura fra piazza Goldoni e via San Spiridione consentirà ai bus in arrivo dalle Rive di potersi immettere nel tratto finale di via Mazzini e risalire svoltando in via Roma per raggiungere corso Italia, in modo da non congestionare via Canalpiccolo. I bus che viaggiano solitamente nel tratto di futura pedonalizzazione in via Mazzini saranno deviati appunto in corso Italia da un lato e lungo via Valdirivo dall’altro. Confcommercio e Provincia I commercianti attendono fiduciosi: «Speriamo che sia la volta buona - osserva il vicepresidente vicario di Confcommercio Trieste, Franco Sterpin Rigutti -. Dopo le numerose riunioni a tutti i livelli, associativi e anche con i colleghi delle vie interessate, l’auspicio è che si arrivi alla conclusione definitiva». Da palazzo Galatti, sede della Provincia che è titolare della competenza sul trasporto pubblico locale, piena adesione all’azione del Municipio: «La posizione è condivisa - conferma l’assessore ai Trasporti, Vittorio Zollia -, a questo punto è importante provare, con le modifiche concordate, prima della chiusura delle scuole. Si aprirà allora un’ulteriore fase i cui risultati ci diranno se va bene passare alla versione para-definitiva, la definisco così - chiude Zollia - perché siamo in presenza di una gara (quella sul Tpl, ndr) e quindi le cose possiamo approvarle sempre in linea sperimentale con l’obiettivo di delinearne la definitività col nuovo concessionario».

Matteo Unterweger

 

 

Parenzana ultimo atto: ricompare il mare
Quarta tappa lungo il tracciato dell’antica ferrovia, fino a Parenzo
Bagni Santo Stefano - Levade: ripartiamo dalla stazione della Parenzana che, divenuta casa privata, fa ancora oggi bella mostra di sé, perfettamente conservata. Un chilometro d'asfalto, il ponte sul fiume Quieto e si riprende lo sterrato della ciclabile che abbraccia il colle su cui sorge Montona, girandole attorno: la "Signora della valle" si fa ammirare per circa quattro chilometri di leggera, costante salita prima nel bosco, poi tra i frutteti e le vigne. Arrivati alla stazione di Montona, dovrete decidere se proseguire verso il centro del paese o continuare lungo la Parenzana: il consiglio è quello di affrontare i due chilometri di salita, nonostante sia impegnativa (dai 114 m slm vi porterà fino ai 277 del paese): consiglio valido soprattutto se avete optato per una Mtb a pedalata assistita! Oppure se avete buon fiato, muscoli allenati o un po' di sana testardaggine. Noi, nonostante le bici "elettriche" - devo ammetterlo - abbiamo tirato dritto per la ciclabile, causa pioggia battente: spero mi perdonerete se il racconto della nostra Montona by bike viene rimandato ad una prossimo articolo, magari a fine luglio, in occasione del Motovun Film Festival! Ritorniamo quindi su quel che fu il tracciato della ferrovia: una buia galleria lunga 222 metri ci catapulta sull'altro lato della valle, sempre ai piedi del colle, che per molti altri chilometri ci "coprirà le spalle". Ma il ciclista guarda avanti: un po' di discesa, un po' di salita, curve curvette e due viadotti per "tirar dritto"; qualche intermezzo d'asfalto, prati, vigne, la gola carsica del Krvar e, per salutare Montona, l'ultimo belvedere della Parenzana, sopraelevato e attrezzato a zona picnic. Passato il cippo del km 100, all'orizzonte si scorge il duomo di Visinada: per visitarlo si dovrebbe affrontare una nuova deviazione - me lo riprometto - mentre proseguendo lungo la ciclabile si inizia la lunga discesa verso il blu del mare, non prima di aver ammirato la ricostruzione del locomotore U20 a grandezza naturale, a due passi da quella che fu la stazione di Visinada. Alberi da frutto, le viti nella terra rossa arata di fresco, i boschi verdissimi. Da Villanova a Parenzo si contano soltanto una decina di km: ma qui la Parenzana si perde tra strade asfaltate, villette, qualche fabbricato industriale. Risulta praticamente impossibile ripercorrere quello che fu il vero percorso della ferrovia: vi proponiamo allora uno slalom tra casette, sterrati, capre che pascolano e un condominio che ha tutta l'aria di essere cresciuto più del dovuto... La meta è, naturalmente, la stazione di Parenzo: vi aspetta in via Nicola Tesla - Ulica Nikole Tesle, affacciata - finalmente!- sul mare. Ora potete decidere se godervi una delle più belle cittadine istriane on the beach, o rientrare a Trieste con il Parenzana Bike Taxi (+385 0 989976290): bici incluse, naturalmente!

Chiara Meriani

 

 

Più trasparenza per migliorare i servizi
Il Comune ha illustrato i punti cardine della sua azione di apertura e informazione ai cittadini
Garantire ai cittadini l’accesso a dati e informazioni sulle attività della pubblica amministrazione, nell’ottica di una funzione di controllo e trasparenza, ma anche di un coinvolgimento attivo degli stessi in un processo decisionale che porti al miglioramento dei servizi e della stessa qualità della vita del territorio. Sono le linee guida della prima “Giornata della Trasparenza”, organizzata dal Comune di Trieste, nel corso della quale l’amministrazione ha illustrato i punti cardine di un lavoro orientato alla massima apertura e collaborazione con la cittadinanza sul fronte della comunicazione delle attività svolte. In modo particolare, il focus si è sviluppato sul “Bes”, vale a dire l’insieme degli indicatori del benessere equo e sostenibile, che vanno al di là del semplice dato economico, per concentrarsi invece su una serie di parametri che spaziano dall’ambiente alla salute, dalla sicurezza alle relazioni sociali. L’esigenza di far nascere uno strumento di rendicontazione periodica sullo stato di benessere delle città, ha dato origine nel 2012, su iniziativa di Istat e Ance, al progetto Urbes, al quale hanno aderito una trentina di comuni, compreso quello di Trieste. «C’è sempre stata una grande attenzione da parte di questa amministrazione sul fronte della trasparenza, ben prima che questo aspetto venisse previsto per legge - ha affermato il vicesindaco Fabiana Martini -. Ci sono delle situazioni che vanno ancora corrette per potenziare l’accesso diretto della cittadinanza a tutte le informazioni, proprio per costruire insieme un percorso che migliori i servizi erogati e la qualità della vita del territorio». Al centro dei lavori della Giornata della Trasparenza vi sono state le tematiche ambientali: tra i dati illustrati dai tecnici comunali, spiccano in positivo quelli relativi alla mobilità sostenibile (Trieste si piazza bene in classifica sul fronte dei chilometri di piste ciclabili, una ventina nel 2013, e di metri quadrati di aree pedonali a disposizione dei cittadini, 45,7 per ogni 100 abitanti). Mentre c’è ancora del lavoro da fare se si guarda ad esempio alla dispersione nella rete di acqua potabile (il 43,5 %, dato che pone Trieste al 63° posto in classifica), o ancora l’alto tasso veicolare dei motocicli (202 ogni 1000 abitanti), con tutte le conseguenze che ne derivano sul fronte inquinamento. Fondamentale in questo senso il concetto della comunicazione. «Essere trasparenti vuol dire informare e comunicare correttamente - ha spiegato l’assessore all’Ambiente Umberto Laureni -. Ad esempio per la raccolta differenziata, significa far capire cosa facciamo e perché tutto questo processo sia utile: è un progetto culturale nel quale abbiamo deciso di adottare degli strumenti nuovi, attraverso i quali si cerca di intervenire su quelle che sono le percezioni negative di parte della cittadinanza, per far comprendere il senso e l’utilità del lavoro che stiamo portando avanti».

Pierpaolo Pitich

 

 

Un “massacro” di alberi nell’area di via Murat

Il “triangolo verde” dovrebbe ospitare diciotto posti auto venduti a caro prezzo

L’assessore Dapretto: «È un sito privato su cui il Comune non può intervenire»

Non bastava il cantiere infinito di Campo Marzio, aperto e chiuso con modalità “random” negli ultimi cinque anni. E neanche l’incessante andirivieni di camion, betoniere e altro che hanno trasformato quella che fu una zona residenziale di prestigio in un rumoroso caravanserraglio. Adesso, beffa dopo beffa, c’è anche l’ipotesi, praticamente già operativa, che un’altra striscia del prezioso verde della zona debba scomparire, lasciando spazio a una colata di asfalto e a posti macchina venduti, letteralmente, a peso d’oro. Succede tra via Romolo Gessi e via Murat, dove un triangolo verde alberato con 10 platani e siepi curate è destinato a scomparire per fare posto a 18 posti auto. Un blitz, un colpo di mano? Macchè, un’operazione commerciale. Sul quale, sembra, nessuno può mettere il becco. Non il Comune, di sicuro, nè altre realtà istituzionali. Per quale motivo? Perché, in prima battuta, l’area è diventata privata. È quella, per intendersi, limitrofa all’ex edificio del Talassografico. Una zona che, a detta dell’assessore comunale Andrea Dapretto, «con ogni probabilità è stata venduta a qualcuno». Cosa significa, dunque? In primis che può farne quello che ritiene più giusto (e commerciabile). E dunque, diciotto posti macchina venduti alla cifra iperbolica di 20mila euro l’uno. Ventimila, per una striscia sull’asfalto! Ma non siamo qua per esercitarci sulle metodiche, non contestabili, dell’operazione. È così, e nessuno può opporsi. Tenta di farlo il presidente di Italia Nostra, Marcello Perna, che chiede «come mai si inventano alberi là dove non ci sono mai stati (come nell’area Ponterosso) e si abbattano grandi alberi sani che ormai fanno parte del paesaggio urbano (nell’area in questione, ndr)». Perna annota anche che «la solita promessa di piantare nuovi alberi non convince la nostra associazione; troppi esempi hanno deluso e deturpato il paesaggio storico della nostra città. Italia Nostra vuole capire la procedura che ha permesso questa nuova destinazione dell’area e come mai, per un parcheggio a raso, si debbano sacrificare tutti questi alberi. Non è forse possibile elaborare progetti armonici con il territorio e con l’ambiente, soprattutto in un’area urbana dove c’è ampia disponibilità di parcheggio?». In Comune, imbarazzo e impotenza. Anche se, pare, l’unica maniera di uscirne potrebbe essere la destinazione d’uso dell’area, nel piano regolatore, che la vincola come area verde. «Per quello che ne sappiamo - spiega l’assessore Dapretto - esiste un progetto su area di proprietà privata, legato alla realizzazione di posti auto. Sembra, pare, che gli investitori abbiano anche acquistato il limitrofo edificio del Talassografico e il terreno adiacente. Una parte dell’area risulterebbe dunque di pertinenza, un’altra no. Una parte del verde potrebbe risultare perduta? Non lo so, voglio controllare i criteri. Se gli alberi di cui è stato vagheggiato l’abbattimento, risultano monumentali, esiste un vincolo su cui decide la Soprintendenza. Fossero di taglia piccola - continua l’assessore - si può procedere teoricamente alla ripiantumazione, ma gli altri, in assenza di vincoli, possono anche essere tagliati. Il Comune, l’ente pubblico? Non possono fare niente su un’area privata».

Furio Baldassi

 

 

Sistiana - Uniti per il mare, contro i rifiuti “Pulizia dei fondali 2015” - domani dalle 9 - Partecipazione libera
Torna domani, dalle 9, “Pulizia dei fondali 2015”, il raduno di stampo ecologico per subacquei provetti e non, tappa programmata nella baia di Sistiana, area marina della Caravella (nella foto d’archivio), dalle 9 alle 16. La manifestazione, che si svolge per il secondo anno consecutivo, vede coinvolti ben 22 club subacquei della regione e del vicino Veneto, oltre ad associazioni benefiche e ambientaliste e a semplici amanti del mare. I subacquei, suddivisi in squadre e in turni, entreranno in acqua per provvedere a pulire i fondali da tutte le immondizie lasciate durante la scorsa stagione balneare; la finalità pertanto non è solo quella di eliminare l’immondizia, ma anche di dare un forte segnale di sostegno all’ambiente. E i volontari, quelli che aiuteranno a portare a riva i rifiuti armati di guanti e di sacchetti, sono i benvenuti. È possibile iscriversi anche sul luogo previo accertamento della documentazione attestante la pratica subacquea.

 

 

Urbi et Horti - Cala il sipario sui corsi di orticoltura

Si conclude oggi il percorso di formazione per giardinieri urbani articolato in un corso gratuito di orticoltura biologica urbana con lezioni pratiche “sul campo” e teoriche nella sala Arac del Giardino pubblico, tenute da esperti di agricoltura, botanica e tutela del verde. L’ultimo appuntamento è fissato appunto per oggi alle 17.30 e sarà tenuto dal medico veterinario Livio Dorigo, che parlerà di “Il ruolo delle api nella tutela del territorio”. La partecipazione è gratuita. Il corso è stato promosso da Urbi et Horti in collaborazione con il Comune di Trieste.

 

 

Industria - Protocollo d’intesa sul nuovo Prg dell’Ezit

Oggi alle 11, nel Salotto Azzurro del Municipio, si terrà la firma del Protocollo d'Intesa tra il Comune di Trieste e l'Ezit (Ente Zona Industriale di Trieste) sul nuovo Piano Regolatore Generale Comunale, adottato con dc del 16 aprile 2014). Interverranno il sindaco Roberto Cosolini e il presidente dell'Ezit Stefano Zuban.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 23 aprile 2015

 

 

Comune al Tar contro il rigassificatore

Ricorso al Tribunale del Lazio. Laureni: «Progetto incompatibile con i traffici portuali. D’Agostino segua il nostro esempio»
L’avvocato Oreste Danese scandisce: «L’atto datato 25 febbraio 2015, trasmesso dal ministero dell’Ambiente, è di natura provvedimentale e, in quanto tale, lesiva delle posizioni delle parti interessate». Il tema è assai scottante e riguarda il rigassificatore di Zaule, secondo il progetto presentato dal gruppo catalano Gas Natural. Il Comune di Trieste ritiene di essere parte lesa e allora, proprio con Oreste Danese, ricorre al Tar del Lazio, impugnando la missiva spedita dal direttore generale per le valutazioni e le autorizzazioni ambientali, Renato Grimaldi. Missiva che richiama il parere n. 1706 del 6 febbraio, nel quale e col quale la commissione tecnica Via-Vas presieduta da Guido Monteforte Specchi, smentiva in sostanza l’incompatibilità tra i programmi dell’Autorità portuale e il transito delle navi gasiere nel canale Sud di accesso allo scalo marittimo triestino. La questione portuale assume rilevanza argomentativa preponderante nel ricorso che il Comune notificherà tra qualche giorno. Lo ha puntualizzato l’assessore all’Ambiente Umberto Laureni, che ieri mattina, insieme a Danese, ha spiegato i passaggi tecnico-politici dell’aggrovigliata matassa nella quale è avvolto il dossier-rigassificatore. Tanto per cominciare, il ricorso triestino è distinto da quello presentato dalle amministrazioni di Muggia e San Dorligo. Distinto ma, di fatto, convergente: il giudice amministrativo potrebbe anche decidere i ricorsi in un colpo solo, sia pure con sentenze separate. Procediamo ora nel merito. La documentazione ministeriale tira a smontare il ragionamento dell’Autorità, eccependo sulla tipologia del naviglio, sulla navigabilità degli accessi portuali, sulla tempistica delle previste realizzazioni infrastrutturali. «Senza peraltro predisporre norme di sicurezza specifiche per le gasiere, alle quali si sarebbe pensato solo a opere terminate», precisa Laureni. Allora il Comune - ritenendo di dover tutelare interessi, sicurezza, vivibilità del territorio - chiede al giudice amministrativo di bloccare le carte ministeriali di febbraio, che hanno inopinatamente riaperto un capitolo considerato chiuso. «Mi aspetto che l’Autorità portuale - sottolinea Laureni - faccia un passo analogo a quelli finora compiuti dai Comuni di Trieste, Muggia, San Dorligo. In fondo sono i programmi relativi a infrastrutture e traffici del porto a essere messi in discussione». «La posizione contraria della Regione Fvg è stata a più riprese ribadita», aggiunge Laureni: è probabile che, prima di imboccare la via giudiziale, il governatore Serracchiani intenda valutare l’esito della conferenza dei servizi, che sarà convocata a cura del ministero dello Sviluppo Economico. Invece il governo sloveno, con una lettera datata 12 marzo e firmata dal ministro Irena Majcen, ha indirizzato ai colleghi italiani Galletti (Ambiente) e Guidi (Sviluppo economico) un vibrato «rincrescimento» per il consenso ambientale al rigassificatore «senza tener conto della posizione slovena». Laureni e Danese non escludono che sui comportamenti ministeriali possa aleggiare il timore delle penali domandabili da Gas Natural a fronte di una bocciatura del progetto. Tra danno emergente e lucro cessante le cifre in ballo sarebbero cospicue. E alla questione rigassificatore si assomma il faldone-gasdotto, stavolta a cura della Snam. «Il ministero dell’Ambiente non ha ancora emesso il Via - ha concluso Laureni - ma la valutazione separata dei due progetti è assolutamente sbagliata».

Massimo Greco

 

 

Il Delfino verde potenzia il trasporto bici
Le due ruote ammesse a bordo passeranno da due a sedici. Corsa inaugurale Grado-Trieste il 30 maggio
Salperà il 30 maggio, in anticipo di un paio di giorni rispetto alle ultime annate, il “Delfino Verde” che collegherà Grado e Trieste via mare. Un servizio organizzato e gestito dall’Azienda provinciale trasporti di Gorizia, molto richiesto non solamente dalla clientela italiana, ma anche dai tanti turisti che frequentano d’estate l’Isola del sole e possono approfittare anche della coincidenza con il bus urbano che, dal Molo Torpediniere, porta verso le spiagge. Novità rilevante di quest’anno è la possibilità di portare a bordo un gran numero di biciclette. Sino ad oggi il “Delfino Verde” ne trasportava solamente due: da questa stagione, invece, se ne potranno imbarcare ben sedici. E se durante la giornata dovesse scatenarsi il maltempo e non si riescisse a rientrare con la motonave? Nessun problema. L’Apt ha pensato anche a questo. Nell’impossibilità di navigare ci sarà come sempre il servizio sostitutivo con il bus, a cui sarà agganciato anche il carrello portabici. Le tariffe, determinate ufficialmente dalla Regione, sono state leggermente ritoccate adeguandole a quanto previsto dall’Istat per il settore trasporto e cioè dell’1,20 per cento. Il biglietto singolo costa quest’anno 7 euro, il viaggio andata e ritorno 10,65 (valido nella sola giornata di emissione), l’abbonamento nominativo a 10 corse 42,05 euro e quello a 50 corse 84,10 euro. Il possessore della Fvg Card (più un bambino sotto i 12 anni) avrà diritto a usufruire a titolo gratuito di una corsa andata e ritorno a decorrere dalla data di convalida della carta. Da evidenziare infine che il costo per il trasporto della bicicletta è di 0,85 euro. Le corse giornaliere rimangono sempre tre, sia in partenza da Trieste e sia da Grado. Per l’esattezza dal capoluogo regionale le partenze dal Molo Audace sono previste per le 8.15, 14,45 e 16.45. Da Grado (Molo Torpediniere) partenze alle 10.15, 14.30 e 18.30. In poche parole per chi da Trieste vuol trascorrere una giornata a Grado la prima partenza è alle 8.15 e l’ultima da Grado alle 18.30 con arrivo a destinazione alle 20 visto che il viaggio dura un’ora e mezza. Per dire della richiesta di questo servizio è sufficiente ricordare il numero dei passeggeri registrati lo scorso anno. Sono stati complessivamente 17.660 con il calo dell’8 per cento rispetto all’anno prima ma il 2014, è stato letteralmente rovinato dalla pioggia e dal maltempo che hanno impedito l’effettuazione di diversi viaggi via mare e, di certo, non hanno “ispirato” le persone ad effettuare queste escursioni. Tanto più che il maltempo è capitato quasi sempre durante i fine settimana. Quest’anno si spera in un quadro meteo più clemente. . Fermo restando che il lunedì il servizio non è attivo - tranne lunedì primo giugno e lunedì 17 agosto – l’ultima corsa 2015 del “Delfino Verde” tra Grado e Trieste è prevista per il 30 di agosto.

(a.b.)

 

 

Il mistero irrisolto della “grande puzza”
Oltre duecento segnalazioni di miasmi irrespirabili. Senza esito le verifiche della task-force di tecnici
Tanta puzza e poco arrosto. O meglio, tanta puzza e poche conseguenze. Era da tempo che il problema non si presentava più con queste proporzioni. Finché, proprio ieri pomeriggio, la storia si è ripetuta: i vigili del fuoco, attorno alle 15, hanno ricevuto numerose telefonate da parte di cittadini allarmati per un intenso quanto nauseabondo odore acre. Cittadini che chiedevano di sapere che cosa stesse succedendo e sollecitavano, ovviamente, un rapido intervento per porre fine a questa “grande puzza”. Qualcuno ha parlato di zolfo, altri di metano. Altri ancora di gas in genere. Le chiamate, oltre duecento, provenivano principalmente da zone prossime al mare. Non tanto quelle vicine al porto nuovo, bensì l’area delle Rive - dalla Sacchetta a piazza Unità -. Ma non sono mancate segnalazioni arrivate pure da zone più interne come via San Nicolò e persino via Fabio Severo. Il primo allarme, per la verità, è scattato in una zona ancora diversa, quella di via Flavia prima e delle Torri d’Europa poi. Qualche persona, per lo più anziana, ha accusato un malore passeggero, ma fortunatamente in nessun caso è stato necessario l'intervento dei sanitari del 118. I vigili del fuoco per evitare eventuali conseguenze sulla salute dei cittadini hanno consigliato a chi si trovava in ambienti chiusi di uscire all’aria aperta, in modo da impedire che l’odore «ristagnasse», ma non hanno dovuto effettuare evacuazioni di alcun tipo, che sarebbero risultate comunque difficoltose vista la grande vastità dell’area interessata dal fenomeno. C'è chi ha dato la colpa alla Ferriera, chi a qualche nave ormeggiata in rada, chi alla bassa pressione, e anche chi ha attribuito l'episodio alla decomposizione di corposi banchi di alghe nel golfo. Per tentare di dare, almeno questa volta, una spiegazione al fastidioso fenomeno, sono scese in strada ieri delle autentiche task-force di esperti. Coinvolti pompieri, tecnici dell'Arpa, squadre dell’AcegasAps, marinai della Capitaneria di porto. In rada ieri c’era una decina di petroliere dirette alla Siot. Le verifiche della Guardia costiera hanno però escluso ogni tipo di responsabilità a carico degli equipaggi: all’origine dei miasmi, garantiscono infatti dalla Capitaneria, non c’è stata alcuna operazione di sfiatamento di gas, peraltro non proibita dalla legge dal momento che serve ad evitare la formazione di pressioni troppo elevate all’interno delle cisterne. A dare esito negativo sono stati anche gli accertamenti dei tecnici dell’Arpa e dell'AcegasAps - questi ultimi hanno accertato l'assenza di perdite nella rete del gas -, così come i sopralluoghi degli stessi sopralluoghi dei vigili del fuoco. In serata il fenomeno s’è placato. Ma il mistero sull’origine della “grande puzza” è rimasto.

(c.b.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 14 aprile 2015

 

 

Pressing al Tar contro il rigassificatore
Lettera di Wwf e Legambiente al Tribunale amministrativo del Lazio per accelerare l’esame del ricorso
Entrare velocemente nel merito del problema, per arrivare in termini rapidi a bloccare l'iter amministrativo che ha come finalità la realizzazione del rigassificatore di Zaule. È a la richiesta che, in questi giorni, Wwf e Legambiente di Trieste, sostenute dalle rispettive segreterie nazionali, hanno inoltrato al Tar del Lazio, utilizzando lo strumento denominato “istanza di prelievo”. Si tratta, in sostanza, della perentoria domanda di fissazione di un’udienza nel corso della quale discutere, finalmente, del ricorso, presentato dalle due organizzazioni ambientaliste, già nel 2009 e che spiegava le ragioni del secco “no” all’impianto che Gas Natural vorrebbe costruite a Zaule. «Fin dal momento della presentazione del progetto - hanno ricordato ieri Andrea Wehrenfennig (Wwf) e Carlo Franzosini (Legambiente) - le nostre associazioni evidenziarono una grande quantità di incongruenze, imprecisioni o errori e soprattutto l’evidente sottovalutazione degli effetti nocivi di questo progetto sull'ambiente marino e potenzialmente su tutta la popolazione delle aree coinvolte. Dopo aver segnalato all'opinione pubblica, ai media e alla Commissione Via tutte queste problematiche, e dopo che la Commissione stessa non ha ritenuto di dover approfondire le nostre critiche e osservazioni - hanno aggiunto - Wwf Italia e Legambiente hanno ritenuto necessario presentare, nel novembre 2009, un ricorso al Tar del Lazio per l'annullamento del decreto recante il giudizio favorevole di compatibilità ambientale relativamente al progetto presentato dalla Gas Natural. I successivi sviluppi fecero credere che il progetto sarebbe stato bocciato dal Governo - hanno ricordato - ma da ultimo il parere della Commissione Via-Vas del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del territorio e del mare del 6 febbraio di quest'anno ha confermato la pronuncia di Via, riavviando la procedura di autorizzazione alla costruzione e all'esercizio del contestato progetto». Di qui il pressing sul Tar e l’appello alle istituzioni per scongiurare l’approvazione del progetto».

 

 

Più “isole” e buoni spesa per la differenziata al 40%

Il Piano da 29 milioni elaborato da Comune e Acegas sulla raccolta dei rifiuti - Obiettivo incrementare l’attuale 32,2%. Via i cassonetti tradizionali da 1.100 litri
Svolta green a Trieste. Il 2015 è l’anno della differenziata. Nel nuovo Piano economico finanziario per la gestione dei rifiuti, Acegas e Comune puntano a portare la quota attuale, ferma al 32,2%, al 40%, con una serie di misure destinate a incidere non poco sulle abitudini dei cittadini. Con la raccolta dell’umido, innanzitutto, ormai a regime, e con un’ulteriore diminuzione dei tradizionali bottini, cioè quelli in cui si butta un po’ di tutto. Il municipio intende toglierli progressivamente per valorizzare piuttosto le isole ecologiche. E questo piacerà meno, perché i triestini si potrebbero trovare, all’improvviso, senza il solito cassonetto sotto casa. Sarà dunque necessario percorrere qualche decina di metri in più per gettare plastica, vetro e quant’altro. Un’operazione, questa, che la giunta Cosolini ha cominciato a intraprendere già l’anno scorso, creando un certo malcontento in alcuni rioni. Non finisce qui. Il Piano dell’Acegas immagina tutta una serie di iniziative per i prossimi mesi: dalla distribuzione gratuita dei borsoni per il riciclo, ai “kit” per i ristoranti e bar. Ma anche buoni spesa nei supermercati per chi porta bottiglie e lattine vuote. Più ricicli più risparmi. Infine un occhio di riguardo per Molo Audace, in cui per la prima volta sarà assicurato un servizio di pulizia ad hoc pensato per mantenere il decoro del lungomare. Niente “porta a porta”, invece, per la raccolta dei rifiuti tradizionali. L’idea, di cui si è a lungo discusso, naufraga: gabbiani e bora impedirebbero qualsiasi ipotesi di sperimentazione. Il documento Si chiama “Piano economico finanziario del servizio di gestione dei rifiuti urbani”. È stato preparato dall’AcegasApsAmga insieme all’assessorato all’Ambiente che fa capo a Umberto Laureni e serve a garantire i servizi di raccolta della spazzatura e di pulizia delle strade. Vale quasi 29 milioni di euro, più o meno come l’anno scorso. Il documento ha iniziato il suo iter consiliare ieri in Commissione. La differenziata Fin dalle premesse si chiarisce che l’obiettivo è fare un bel balzo in avanti con la raccolta differenziata. La città oggi è al 32,2% e nel 2015 dovrà raggiungere il 40%. Una crescita ambiziosa. Il trend negli anni ha comunque registrato un costante aumento, seppur tra le difficoltà. Basti pensare, ad esempio, che nel ’96 non si toccava ancora il 5%, nel 2000 si sfiorava il 13% e nel 2010 il 21%. Ci sono precisi progetti per raggiungere questo traguardo. Si punta molto sull’umido: sistemati gli appositi contenitori lungo le vie della città e grazie anche alle campagne informative già avviate, nel corso dell’anno si ritiene di passare da una raccolta di 1.796 tonnellate a 6.500. Il “porta a porta”, invece, riguarderà solo lo sfalcio dell’erba dei giardini: organizzare la raccolta dei sacchetti dell’immondizia per tutta la spazzatura della città richiederebbe uno stravolgimento delle abitudini delle persone. Un sistema già difficilmente applicabile a causa della bora e dei gabbiani sempre in agguato. Meno bottini L’Acegas nel suo documento utilizza il termine “lievo”. Tradotto: tolgo. Come si legge a pagina 27 del Piano, nel 2015 saranno portati via tutti i cassonetti tradizionali da 1.100 litri, quelli verde scuro, che si trovano a 300 metri dalle isole ecologiche. Che, di conseguenza, aumenteranno. Piaccia o no, il cittadino sarà in questo modo stimolato a conferire la spazzatura negli appositi bottini per il riciclo. L’indifferenziata, quindi, considerate anche le attese sui risultati dell’umido, calerà: da 62.774 tonnellate si passerà a 56.203. Kit casalinghi Sono numerosi i progetti indicati dal Piano. Tra questi i “sabati ecologici”: appuntamenti in aree pubbliche organizzati nei fine settimana con i mezzi Acegas per il trasporto del materiale ingombrante. Nei prossimi mesi partirà anche la distribuzione gratuita dei borsoni per la differenziata, indirizzata alle singole famiglie. Un modo per agevolare la separazione domestica dei rifiuti. In accordo con la Fipe, inoltre, si consegnerà a bar, ristoranti e trattorie un set completo di contenitori da 50 litri per la raccolta differenziata. Buoni spesa È una delle iniziative più innovative dell’intero piano. Il Comune di Trieste e l’Acegas intendono avviare un progetto sperimentale con la grande distribuzione. All’interno dei supermercati che aderiranno, saranno collocate alcune apparecchiature in cui introdurre plastica, vetro e lattine. In base alla quantità di materiale depositato, i cittadini riceveranno uno sconto sulla spesa. Già attivo, invece, il “rifiutologo”. Si tratta di un’applicazione web sul sito internet dell’Acegas consultabile per verificare il corretto smaltimento della spazzatura. Infine, ancora, si prevede l’organizzazione di un evento per premiare il rione più pulito della città.

Gianpaolo Sarti

 

Ma in strada viene ancora lasciato di tutto
Nel 2014 quasi 38mila gli interventi di recupero di materiale abbandonato su marciapiedi o in Carso
L’abitudine di abbandonare rifiuti lungo i marciapiedi, in prossimità dei cassonetti stessi, nelle scarpate, nei prati o nelle doline carsiche, è una vera e propria piaga di questa città. Mobili, materassi, elettrodomestici di ogni tipo, residui edili e altro. L’Acegas, nel corso del 2014, ha eseguito quasi 38 mila operazioni di recupero; 37.538 per l’esattezza. Il dato è riportato all’interno del Piano economico finanziario. «Un aumento importante», si evidenzia nel documento, che si deve anche all’auto-segnalazione da parte degli addetti. «Una prassi scorretta – viene rilevato – che rende necessaria una frequente attività integrativa per la rimozione». Un centinaio al giorno, stando alle stime. Dal primo trimestre 2014 è attivo un sistema di registrazione di tutti gli interventi sul territorio per il prelievo di quanto viene rinvenuto sul suolo pubblico. Il servizio assicura comunque la raccolta costante mediamente entro quattro giorni lavorativi dalle chiamate. Tutto ciò avviene nonostante all’interno dell’area comunale di Trieste siano previsti appositi centri di raccolta. Sono quattro in totale: via Carbonara, via Giulio Cesare in Campo Marzio, via Valmartinaga a Roiano e, infine, a Opicina in Strada per Vienna. Si tratta di impianti di stoccaggio dei rifiuti a disposizione di tutti i cittadini per la consegna di materiale che a causa delle caratteristiche o delle dimensioni, non può essere gettato all’interno dei normali bottini della spazzatura. I centri offrono anche un servizio di raccolta domiciliare. I rifiuti devono essere separati per tipologia e introdotti in appositi contenitori. Ogni centro, comunque, è presidiato dal personale di Acegas per l’assistenza delle operazioni di scarico. Proprio per agevolare e sensibilizzare i triestini a una corretta gestione dei rifiuti, anche nel 2015 saranno organizzati i “sabati ecologici”. Un’iniziativa «che ha lo scopo di migliorare la raccolta differenziata e contrastare il diffuso fenomeno dell’abbandono indiscriminato di materiale ingombrante sulla pubblica via», spiega il piano. Sono previsti dodici appuntamenti in totale, in alcune zone della città proposte dalle rispettive Circoscrizioni. Il progetto prevede l’allestimento di un “centro mobile” in cui gli operatori, oltre ad accettare la spazzatura, forniranno informazioni per stimolare le modalità più consone e corrette di raccolta.

(g.s.)

 

Bambini e insegnanti a lezione di riciclo
Scuole coinvolte nel progetto “Raee” per il recupero di vecchi rifiuti elettronici. In palio risme di carta
A Trieste ogni mese vanno nelle immondizie circa 120 tonnellate di rifiuti formati da lavatrici, lavastoviglie, frigoriferi, telefonini, giocattoli, telecomandi, caricabatterie. Una cascata di materiale dismesso. Una ventina riguarda i cosiddetti “Raee”, acronimo che indica i rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche. Il 98% dei materiali di cui sono composti è riciclabile. Ecco perché un’attenta operazione di raccolta mirata va a incidere positivamente sull’equilibrio ambientale e sul risparmio inteso in senso lato. Fondamentale é l’educazione a un comportamento virtuoso, che deve iniziare dai più piccoli, cioè dai cittadini del domani. «Per tutte queste premesse - ha spiegato ieri l'assessore comunale per l'Area Edicazione, Antonella Grim - come amministrazione abbiamo deciso di aderire, assieme a una sessantina di Comuni italiani, al Programma nazionale “Raee@scuola”, finalizzato a sensibilizzare i bambini delle quarte e delle quinte di alcune scuole elementari della città alla corretta gestione di questo particolare tipo di rifiuti». Sul piano pratico, poco più di un migliaio di giovanissimi studenti appartenenti a una decina di istituti comprensivi e all'Istituto Beata Vergine vedranno installati, nei pressi delle loro scuole, speciali raccoglitori nei quali potranno gettare, nell'arco di tre settimane a partire da questa settimana, videocamere, telefonini, riproduttori di filmati, in sostanza tutto ciò che di elettrico ed elettronico non usano più. «Il Comune in questo caso è partner dell'Associazione nazionale Comuni italiani (Anci) - ha aggiunto Grim - che ha promosso il progetto e si avvale del suo braccio operativo, l’Ancitel, mentre su scala locale beneficiamo della collaborazione dell’AcegasApsAmga, affiancata dalla cooperativa Querciambiente, che garantirà la parte organizzativa dell'iniziativa». L’assessore comunale per l'Ambiente, Umberto Laureni, dopo aver orgogliosamente esibito nell'occasione il suo cellulare, che non sfigurerebbe in un museo di archeologia industriale, «così si fa vero risparmio energetico - ha commentato con autoironia - rinunciando a cambiare continuamente telefonino», ha evidenziato che «il progetto “Raee” è un investimento di natura culturale, che costa pochissimo e che coinvolge i bambini delle elementari, soggetti capaci di assorbire tutto ciò che è loro insegnato». Elena Canna, dell'Ancitel, ha ricordato che «questa è la terza edizione del progetto che vedrà protagonisti circa 58mila bambini in tutta Italia». Nell’ambito dell'iniziativa saranno anche allestite piccole gare fra scuole per stimolare a raccogliere di più: quelle che raggiungeranno le maggiori quantità riceveranno forniture di risme di carta. In parallelo anche un concorso fotografico per i migliori autoscatti fatti all'atto della raccolta.

(u.s.)

 

 

«Nessun referendum sulle trivellazioni»
Petrolio in Adriatico, il ministro croato dell’Energia gela gli ambientalisti. Ma i sondaggi danno in crescita il fronte del no
ZAGABRIA «Non ci sarà nessun referendum, questo è il mio messaggio per gli investitori». L’ultima dichiarazione del ministro dell’Energia croato, Ivan Vrdoljak, suona come una provocazione nel campo degli ambientalisti. Dopo l’apertura del primo ministro Zoran Milanovi„, che a inizio marzo aveva annunciato una consultazione popolare sulle trivellazioni in Adriatico, l’iniziativa pare definitivamente annullata. Intervistato dal quotidiano Vecernji List, Vrdoljak sostiene di non temere un voto sulla questione petrolifera, anzi «più informazioni diamo al riguardo, maggiore sarà il sostegno ai piani del governo». Ma per non innervosire le cinque compagnie che aspettano solo la firma dei contratti di esplorazione - lascia intendere il ministro - è molto meglio non andare alle urne. Secondo l’ultimo sondaggio sul tema, da poco pubblicato dalla tv Rtl, 3 croati su 4 desiderano votare prima che sia dato il via all’avventura petrolifera. Inoltre i cittadini che si dicono convinti dagli argomenti dell’esecutivo sono sempre meno numerosi. Nell’ottobre 2014, uno studio dell’agenzia Ipsos Puls indicava che più del 60% degli intervistati era a favore dello sfruttamento commerciale delle risorse dell’Adriatico. Oggi solo il 40% resta dello stesso avviso. Al contrario, i detrattori sono saliti dal 29 a oltre il 45% (e in Dalmazia e nel Quarnero si arriva fino al 60%). Senza sorprese, la ragione prima del no crescente è la paura che la corsa all’oro nero scoraggi il turismo. Insomma, se si votasse ora la Croazia potrebbe decidere di abbandonare il sogno di diventare «una piccola Norvegia», come disse Vrdoljak un anno fa. E gli ecologisti lo sanno: «Se il governo non manterrà la promessa di indire un referendum, organizzeremo una raccolta di firme per imporre la consultazione popolare», hanno dichiarato gli attivisti del fronte “Sos per l’Adriatico”. In realtà, stando alla legislazione croata in materia, la società civile può esigere dal governo solo un referendum consultivo, poiché l’oggetto del voto (l’energia) è una priorità nazionale. Per riuscirci inoltre i promotori della consultazione devono raccogliere oltre 400mila firme - il 10% degli elettori del paese - in meno di due settimane. Missione non semplice, che richiederà la formazione di un’ampia coalizione di detrattori. Per ora il panorama politico è diviso sul tema. I socialdemocratici (Sdp) del primo ministro Milanovi„ sono formalmente in favore, così come il Partito popolare croato (Hns) di cui fa parte il ministro Vrdoljak. Ma le elezioni legislative si avvicinano e portare avanti un progetto impopolare potrebbe favorire l’opposizione. L’Unione democratica croata (Hdz) di Tomislav Karamarko sembra infatti assecondare l’opinione pubblica, definendo l’iniziativa del governo «un’avventura pericolosa». Contrari senza se e senza ma invece i Verdi (Orah) e il movimento Zivi Zid, che però hanno un peso elettorale decisamente minore. E l’esecutivo ha fretta di chiudere il capitolo petrolio: secondo il ministero dell’Energia, i contratti con le imprese vincitrici del bando (tra cui Eni) saranno firmati entro giugno. Oltre quella data, un voto popolare sul petrolio non avrà più alcun valore.

Giovanni Vale

 

 

Ambiente - Accordo sul nuovo piano paesaggistico

L'Assessore regionale alla Pianificazione territoriale, Mariagrazia Santoro, e il commissario straordinario della Comunità montana della Carnia, Lino Not, hanno firmato a Prato Carnico un accordo per la redazione del Piano paesaggistico regionale. È il primo documento tra Regione ed enti locali sottoscritto ai sensi della Lr 14/2014 per lo svolgimento di attività finalizzate all'elaborazione del Ppr per specifici ambiti territoriali. «Oggi - ha commentato Santoro - viene avviata una delle fasi più importanti che ci porterà all'adozione del piano paesaggistico».

 

 

Giovani - “Contaminazioni” al ricreatorio Toti

Oggi, alle 18 al Polo di Aggregazione Giovanile Toti, ultimo appuntamento con “Contaminazioni” , la proposta di Arci Servizio Civile, rivolta ai giovani della città, realizzata in coorganizzazione con il Comune, il patrocinio della Provincia e della Consulta Giovanile.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 13 aprile 2015

 

 

Val Rosandra ferita a tre anni dalla “strage”
Viaggio nella riserva naturale che porta ancora i segni dell’operazione Alvei puliti. Gli esperti: «Habitat compromesso»
Tre anni dopo “Alvei puliti”, l'intervento-scempio coordinato dalla Protezione Civile, la Riserva naturale regionale della Val Rosandra piange ancora. Durante il sopralluogo promosso dall'associazione politica per la costituente della Sinistra "Trieste per Tsipras”, si è potuto constatare che quella che era definita dai manuali europei una “foresta a galleria”, ora è una banale accozzaglia di piante di specie estranee. «L’aspetto ecologico più caratteristico e importante di quel tipo di habitat, formatosi in decenni di naturale sviluppo, era rappresentato dalla struttura ad alto fusto del bosco, che aveva portato alla creazione di un microclima fresco ed ombreggiato in grado di garantire a varie specie animali - specialmente pesci e anfibi - condizioni termiche ottimali, soprattutto in estate», racconta il naturalista Dario Gasparo. Queste condizioni non ci sono più. I numerosi, imponenti tronchi di pioppo di 3 metri di circonferenza costituivano fonte di alimentazione per gli insetti xilofagi - protetti dalla Comunità europea -, oltre che per i picchi, ma garantivano anche protezione e fungevano da sito riproduttivo per i pipistrelli, per i paridi (cinciarella, cincia bigia e cinciallegra), ma anche per importanti rapaci notturni quali l’assiolo e l’allocco. «Non v’è alcun dubbio che quelle condizioni non ci sono più, ed è questo il motivo per cui il giudice ha ritenuto di continuare il processo non chiedendo ulteriori indagini riguardanti il danno ambientale, conclamato, ma indagando ancora esclusivamente sull’aspetto idrodinamico, per verificare se effettivamente vi fosse un’urgenza nella decisione dell’intervento, in presenza di un acclarato rischio», prosegue Gasparo. Basta d’altra parte leggere la definizione data dal decreto 152/2006, norme in materia ambientale: «È danno ambientale qualsiasi deterioramento significativo e misurabile, diretto o indiretto, di una risorsa naturale o dell'utilità assicurata da quest'ultima». Da qui si evince che l’ operazione della Protezione Civile ha determinato un cambiamento sostanziale del sito forse più rappresentativo della Riserva naturale. Guardandosi attorno gli scienziati puntano il dito sulla presenza dell’invasiva Robinia pseudacacia, spinosa specie eliofila di origine americana che sta sviluppandosi sul greto del torrente. Questa specie produce molti pollini e rami che si spezzano facilmente e certo la sua presenza porta a rischi ben maggiori, visto che l’intento originario di “Alvei puliti” era quello di pulire il corso del torrente per facilitare il deflusso delle acque. Infatti, le specie originarie come il pioppo e l’ontano sono adattate a vivere lungo i fiumi e presentano portamento flessibile in grado di assecondare l’impeto delle acque; inoltre i grossi tronchi presenti prima dell’intervento, senza sottobosco arbustivo, lasciavano certamente più libero il fluire delle acque rispetto all’intricata rete che si sta sviluppando nel greto in modo caotico. Grosse robinie ricoprono quasi interamente la riva sinistra del torrente a valle del ponticello e una colonia di un’altra specie invasiva che a livello nazionale si sta cercando di eradicare e che qui invece è stata avvantaggiata, l’ailanto, sta colonizzando il torrente lungo la strada di collegamento tra Bagnoli superiore ed inferiore, avendo trovato un’ampia area soleggiata svuotata dalle specie autoctone originarie. Alessandro Capuzzo, tra i promotori del sopralluogo di ieri, non ha dubbi: «A tre anni di distanza dall'incontro in Comune tra amministrazione e scienziati naturalisti, che produsse un accordo verbale per l'avvio di un Piano di recupero nell'area protetta rimasto disatteso per le resistenze legate al processo sulla vicenda, la situazione del sito è pessima». Da qui l'appello di "Trieste per Tsipras”, al Comune di San Dorligo, e in particolare al sindaco Sandy Klun e all'assessore all'Ambiente Franco Crevatin, a farsi garante del recupero in Val Rosandra.

Riccardo Tosques

 

 

Quel rigassificatore calato in una zona ad alto rischio
l’intervento di Roberto Rozzi -  gruppo Verdi Trieste
Rigassificatore...ancora tu! Grazie a Gas Natural che vorrebbe posizionare due mega serbatoi fuori terra con un enorme pontile d’attracco per le sue navi gasiere a Zaule, in una posizione ad alto rischio poiché si troverebbe a poche centinaia di metri da altre strutture già sottoposte alla legge Seveso, come impianti ad alto rischio d’incidenti rilevanti quali: a 50 metri, depositi di materiale infiammabile e un’eventuale sito di una centrale turbogas ad alto potenziale, già approvata a Roma, collegata alla costruzione del rigassificatore. A 100 metri i terminali dell’oleodotto internazionale con petroliere ormeggiate su tre pontili. A 150 metri mega inceneritore dei rifiuti. A 500 metri gli altiforni della Ferriera. A 700 metri depositi di formaldeide ed altre sostanze chimiche altamente pericolose. E non scordiamoci che a 120 metri c’è la superstrada, a 130 metri le prime abitazioni, a 600 metri i primi quartieri popolari, a 1000 metri lo stadio. Persone e dati di cui non si tiene conto negli “studi di rischio” presentati dalla società, pertanto in violazione delle norme comunitarie in materia di impianti pericolosi in base alle Direttive Seveso bis n. 96 / 82 / Cee e 2003/105 Cee sul controllo dei pericoli (incidenti rilevanti sostanze pericolose). Da un litro di metano liquido si formano 600 litri di gas, che in caso di fuoriuscita o altro la potenza sarebbe tale da provocare irrimediabili ustioni in aree abitative in un largo raggio. Per questi motivi a Livorno le navi gasiere si accostano al rigassificatore a 12 miglia dalla costa e spediscono il gas in tubi sottomarini. I coreani – all’avanguardia - hanno già realizzato navi gasiere con i rigassificatori a bordo, scaricandolo a 50 miglia dalla costa. A Barcellona i rigassificatori non si trovano vicino al centro, e tra l’impianto e la città c’è una collina a fare da schermo. A Boston l’aereoporto deve chiudere una delle sue piste ogniqualvolta una nave gasiera scarica al terminal. Grazie a Gas Natural a Zaule vorrebbero far passare due volte alla settimana 165 miliardi e 200 mila litri di gas metano. L’impianto dovrebbe prelevare quotidianamente 800 mila metri cubi di acqua dal mare rimettendola poi clorata e raffredata di 5 gradi centigradi. Tutto ciò in violazione delle norme europee (Dir. 96/82/CE ) che vietano il trattamento dei gas compressi vicino ad altri impianti a rischio. Questi Impianti dovrebbero essere costruiti o su coste deserte (?) oppure a 15-18 chilometri al largo, con attorno due aree di protezione concentriche, di sicurezza civile e militare, l’interdizione della navigazione che nell’Alto Adriatico è stabilita a livello internazionale rispettivamente in 2 e 2,8 chilometri (1,5 miglia nautiche). Grazie a Gas Natural, l’eventuale interdizione della navigazione e le altre misure di sicurezza marittima attorno al terminale, ad ogni nave gasiera in arrivo e partenza semiparalizzerebbe le altre attività e lo sviluppo del porto di Trieste, del vicino Porto di Capodistria, le attività di pesca, le navigazioni da diporto, inclusa la Barcolana! Trieste può guardare con interesse ad un impianto di rigassificazione poiché nessuno è contrario per principio, ma solo se questo viene calato a forza e pericoloso dentro il tessuto di una città.Seppure potremmo disporre eventualmente di una fonte di approvvigionamento energetico indiretto, pensiamo che, se già una minima fuoriuscita di gas domestico può provocare una tragedia, i quantitativi enormi - 165 miliardi e 200 mila litri stoccati a 130 metri dalle zone abitate - cosa provocherebbero? Oggi la maggioranza dei nostri cittadini, dei politici comunali, provinciali e regionali sono a conoscenza e persuasi della pericolosità e incongruenza dell’istallazione a Zaule, e che gli eventuali posti di lavoro futuro sarebbero per le imprese di ricostruzione. Siamo certi che chi perderebbe case ed affetti non si porrebbe certo il problema di conoscere se il disastro è successo per irraggiamento, pool fire, tank fire, jet fire o fireball, ma sarebbe consapevole che i reali colpevoli per ignoranza ora saremmo tutti noi. Ringrazio i politici locali poiché non sono digiuni degli sviluppi tecnici e scientifici per deliberare, informare obiettivamente e senza pregiudizi i cittadini, ma soprattutto perché in questo caso le istituzioni locali e Regionali stanno costituendo un forte riferimento di imparzialità. Un inizio di reale sinergia, un esempio applicativo a tutti i passi importanti per questa città.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 12 aprile 2015

 

 

La scienza svela i rischi del rigassificatore

Allarme dell’Ogs sul pericolo sismico. E Cosolini invia un dossier bis contro il progetto ai tre ministeri competenti
Le faglie, cioé i piani di rottura presenti nel sottosuolo del golfo di Trieste, se attive potrebbero innescare terremoti disastrosi, di magnitudo 6.5. É un elemento solo recentissimamente portato alla luce dai ricercatori dell’Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale di Trieste che ha indotto il sindaco Roberto Cosolini a scrivere ai ministeri dell’Ambiente, dello Sviluppo economico e dei Beni e delle Attività culturali incrementando con questi ulteriori dati il già corposo dossier anti-rigassificatore di Zaule. Ne ha dato notizia ieri in una conferenza stampa l’assessore all’Ambiente Umberto Laureni specificando come il Comune stia continuando la battaglia contro il progetto evidenziando tutte le ipotetiche pericolosità riscontrabili su basi scientifiche oltre a valutare parallelamente la possibilità di avanzare ricorso per vie legali accodandosi a quanto già fatto dai Comuni di Muggia e di San Dorligo della Valle che hanno impugnato davanti al Tar del Lazio la compatibilità ambientale accordata dal Governo. La ricercatrice dell’Ogs Martina Busetti ha riferito che «fino al 2005 mancavano informazioni geologiche dettagliate dell’area del golfo di Trieste e della zona costiera orientale. A partire da tale data - ha specificato - abbiamo svolto tre diverse campagne di geofisica marina, l’ultima delle quali in collaborazione con l’università di Lubiana, per individuare le strutture geologiche profonde, comprese le faglie, che si trovano nella zona. Attualmente gli studi sono ancora in corso, anche in collaborazione con l’università di Trieste, per ricavare una migliore comprensione del sistema delle faglie e della loro possibile attività attuale». A questo punto è entrato in azione l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia che ha utilizzato anche i risultati ottenuti a Trieste per produrre una mappa della pericolosità sismica su scala europea e ha stimato una magnitudo massima di 6.5 assumendo che la faglia lungo la costa sia tuttora in grado di produrre terremoti. «Quest’analisi però non valuta - hanno specificato i ricercatori triestini - la probabilità che la faglia sia ancora attiva. Questo tassello mancante ha indotto l’Ogs a intraprendere uno studio per approfondire il ruolo di questa e di altre strutture del golfo, nell’ambito del quale proprio la settimana prossima inizieranno le operazioni di installazione di una stazione sismica a Punta Salvore, in collaborazione con l’università di Zagabria». Chiaro che lo studio non potrà portare alla previsione o meno di terremoti, ma la pericolosità della situazione soprattutto in relazione a un impianto di rigassificazione a poca distanza da centri abitati dovrebbe apparire chiara. Laureni ha citato un articolo comparso su una rivista specializzata in cui la stessa Busetti afferma: «L’area del golfo di Trieste e la relativa costa orientale, mancando informazioni geologiche adeguate e avendo a disposizione solo le registrazioni strumentali e i dati storici, veniva considerata con una sismicità non significativa, mentre i risultati di queste indagini, evidenziando la presenza di faglie con attività recente, suggeriscono una rivalutazione della pericolosità sismica». «Risultano modificate dunque - ha sintetizzato l’assessore - le condizioni di partenza dello studio di Gas Natural e ciò viene svelato grazie a un eccezionale esempio di collaborazione tra un ente di ricerca presente sul territorio e l’amministrazione pubblica. Altri, forse decisivi elementi di perplessità dunque, si addensano sul rigassificatore di Zaule». «Le conoscenze sulla situazione sismica dell’area triestina, con particolare riferimento alla possibilità che alcune delle faglie esistenti possano generare terremoti - ha aggiunto a margine Mario Ravalico, presidente Commissione Ambiente del Comune - sono ben evidenziate nello studio geologico allegato al Piano regolatore generale comunale, adottato un anno fa. L’elaborato considera le varie sorgenti sismogenetiche presenti nel territorio la cui attività tettonica dà luogo ad eventi sismici i cui effetti possono ripercuotersi negativamente sull’area d’interesse. In questo quadro rientrano pertanto sia le linee sismotettoniche del Carso sloveno (con epicentri tra Postumia e il Monte Nevoso) sia quella del Golfo di Trieste, che necessita di ulteriori approfondimenti specialistici. Ogni nuovo rilievo su questa struttura sepolta, come lo studio dell’Ogs, costituisce un incremento di conoscenza che va al di là del livello scientifico. Bene ha fatto perciò l’amministrazione comunale - ha aggiunto Ravalico - a portare a conoscenza dei Ministeri competenti i recenti dati quale elemento ulteriore di valutazione in rapporto alla deprecata realizzazione del rigassificatore di Zaule». E il governo ora deve tener conto di quanto evidenziato dai ricercatori dell’Ogs anche secondo Giorgio Cecco di FareAmbiente.

Silvio Maranzana

 

Ambientalisti - Lettera aperta contro il rigassificatore

Domani alle 11.30 nella sede di via Rittmeyer Wwf e Legambiente presenteranno la lettera aperta inviata alle istituzioni per illustrare le motivazioni che hanno portato le due associazioni a chiedere al TAr di fissare al più presto l’udienza di discussione del ricorso contro il decreto di Via al progetto del rigassificatore di Gas Natural.

 

 

I geologi bocciano la legge sul suolo
TRIESTE La difesa del suolo va assicurata con un’azione di prevenzione e non solo in riposta alle emergenze. È l’Ordine dei geologi del Contestata l’assenza di un quadro organico entro cui agire con rigore scientifico
Friuli Venezia Giulia, stavolta, a intervenire nel dibattito che sta accompagnando l’approvazione della legge della giunta in materia. Il testo approderà in aula la prossima settimana, il 14 aprile. La categoria, che è stata ascoltata in un’audizione organizzata in Commissione, ha alcune perplessità di non poco conto. «La legge – scrive l’Ordine – è decontestualizzata da ogni indicazione o norma di settore per quanto riguarda il suolo, di riferimento comunitario e nazionale». Circostanza, questa, che non consente alla normativa di fare riferimento «a un solido ancoraggio sul piano dei contenuti e quindi sul piano della migliore gestione delle problematiche che riguardano il suolo». Una bocciatura netta, quella dei geologi. Almeno su questo pIano. La categoria, tuttavia, riconosce che la Regione sta operando a largo raggio sul fronte programmatico con una serie di piani appositi: tutela delle acque, gestione, assetto idrogeologico regionale e rischio alluvioni. Interventi «che vanno a costituire un quadro articolato nell’ambito della governance del settore». Ma «una norma regionale sulla difesa del suolo deve comunque integrarsi in un disegno organico in tal senso fissando principi, impegni, organizzazione e risorse economiche per una sua efficace azione». Di qui l’auspicio che «la politica in difesa del suolo in questa regione, venga declinata attraverso una rigorosa azione scientifica da esercitare in termini ordinari e non emergenziali, con interventi preventivi e non a posteriori», ammonisce l’ordine in un comunicato stampa. Una politica da esercitare «con riguardo dell’intero territorio e non esclusivamente con riguardo del “focus”, pur fondamentale, dell’alveo dei corsi d’acqua». Un intervento che deve investire, stando ai suggerimenti dell’ordine, l’uso del suolo e del sottosuolo, in un’azione coordinata di tutti gli interventi da monte a valle del corsi. Un modo, questo, per creare le precondizioni per la sicurezza ambientale e della popolazione. Il ddl, tuttavia, «può comunque rappresentare una prima e significativa azione della Regione». Dai geologi, infine, un appello alla giunta, affinché nell’arco di questa legislatura garantisca un impegno concreto per la prevenzione dei rischi di dissesto in Fvg.

Gianpaolo Sarti

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - SABATO, 11 aprile 2015

 

 

Lettera aperta ai rappresentanti politici, istituzionali, economici e culturali di Trieste e Muggia
Dal momento della presentazione del progetto di rigassificatore nella baia di Muggia da parte di Gas Natural, le associazioni ambientaliste iniziarono ad analizzare in modo approfondito il progetto, i documenti e gli studi presentati, notando una quantità rimarchevole di incongruenze, imprecisioni o errori e soprattutto l'evidente sottovalutazione degli effetti nocivi di questo progetto sull'ambiente marino e – potenzialmente – su tutta la popolazione delle aree coinvolte. Contestualmente, le associazioni individuarono e proposero una serie di correttivi e di alternative tecnologiche che sono stati semplicemente ignorati dalla ditta proponente.
Dopo aver segnalato all'opinione pubblica, ai media e anche alla Commissione VIA tutte queste problematiche, e dopo che la Commissione VIA non ha ritenuto di dover approfondire le nostre critiche e osservazioni, le associazioni WWF Italia e Legambiente hanno ritenuto necessario presentare – nel novembre 2009 – un ricorso al TAR del Lazio per l'annullamento del decreto n. 808 del 27 luglio 2009, emesso dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare - di concerto con il Ministero per i Beni e le Attività Culturali - recante il giudizio favorevole di compatibilità ambientale relativamente al progetto presentato dalla Società Gas Natural Internacional SDG SA, relativo al progetto di realizzazione di un impianto di rigassificazione di GNL nel porto industriale di Trieste – località Zaule, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 183 dell’ 8 agosto 2009, e di tutti i decreti e pareri connessi con il suddetto decreto di compatibilità ambientale.
I successivi sviluppi a livello locale e nazionale facevano credere che il progetto sarebbe stato bocciato dal Governo (vedi il decreto di sospensione del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, emesso di concerto con il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, del 18.04.2013), ma da ultimo il parere della Commissione Tecnica VIA-VAS presso il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare del 6 febbraio 2015 ha confermato la pronuncia di VIA, ed è stata dunque riavviata la procedura di autorizzazione alla costruzione e all'esercizio del contestato progetto di impianto di rigassificazione di GNL nel Porto Industriale di Trieste.
Il rischio è che tutte le motivazioni critiche finora presentate – sia di carattere ambientale che di carattere economico e trasportistico – siano considerate completamente superate dai pareri e dai decreti emessi finora dagli organi governativi.
Per questo motivo il 25 marzo scorso le associazioni firmatarie hanno deciso di chiedere al TAR del Lazio la fissazione dell'udienza di discussione del ricorso (la cosiddetta “istanza di prelievo”).
In caso di nostra vittoria, con l'annullamento del decreto del 2009 verrebbe a cadere non solo il progetto della Gas Natural, ma anche ogni possibilità della ditta di richiedere un indennizzo per i costi finora sostenuti. In caso contrario, oltre a riaprire la questione, le associazioni potrebbero essere chiamate a sostenere delle ingenti spese di giudizio (anche 20-30.000 Euro).
Per ogni evenienza le associazioni hanno già iniziato da tempo una raccolta fondi, ma con l'avvicinarsi della sentenza e in mancanza di alternative, riteniamo di doverci rivolgere a tutti i rappresentanti delle istituzioni, della politica, della società, dell'economia e della cultura di Trieste e Muggia per aiutarci a costituire un fondo adeguato. In caso di vittoria chiederemo a tutti i donatori e donatrici di scegliere una opportuna destinazione dei fondi raccolti.
I contributi vanno versati sul conto corrente postale n. 12559340, o in qualsiasi banca sull'IBAN IT64 I076 0102 2000 0001 2559 340 intestato al Circolo Verdeazzurro Legambiente Trieste, sempre specificando la causale “donazione pro spese azioni legali contro rigassificatore Trieste Zaule”.
Ringraziamo fin d'ora tutti coloro che sosterranno questa ultima difesa del nostro territorio, del nostro ambiente e dei nostri concittadini.
Legambiente - WWF Italia
 

 

IL PICCOLO - SABATO, 11 aprile 2015

 

 

Le bici salgono a bordo dei bus

Al via il progetto pilota della Provincia. Per i ciclisti nessuna maggiorazione sul prezzo del biglietto
Addio al sudore lasciato scivolare sull’asfalto di Strada nuova per Opicina e alle lacrime di gioia spese alla vista dell’Obelisco, superato il quale è possibile abbandonarsi alla piacevolezza di una discesa dopo chilometri di faticose pedalate. A partire dal prossimo 15 aprile, infatti, entrerà in vigore un servizio di bike-bus che consentirà di raggiungere l’altipiano carsico, con la propria bicicletta al seguito, a bordo di un autobus messo a disposizione dalla Trieste Trasporti. Il progetto sperimentale, elaborato dalla Provincia di Trieste, riguarderà tutti i fine settimana fino al 15 ottobre, andando a coprire idealmente l’intera bella stagione. Gli autobus si muoveranno su due assi, il cui punto di incontro è stato individuato nella centralissima piazza Oberdan. Opicina e Basovizza, invece, rappresenteranno il luogo di arrivo del servizio e l’ideale punto di partenza per le scampagnate ecologiche, favorite da una rete di sentieri e carrarecce che attraversano il Carso in corrispondenza dei due abitati. A bordo potranno salire esclusivamente sei ciclisti alla volta, insieme ai rispettivi mezzi, come previsto dalle disposizioni vigenti. Il costo del biglietto sarà lo stesso previsto per una normale corsa: con un euro e 35 centesimi si schiuderanno le porte dell’altipiano, permettendo a tutti di guadagnare i trecento e passa metri di altitudine che separano la città dal suo grande “giardino” naturale. L’assessore provinciale a Viabilità e Trasporti Vittorio Zollia si era impegnato, in tal senso, nel corso della Settimana europea della mobilità, imbastendo durante il fine settimana del 20 e 21 settembre dello scorso anno l’esperimento numero zero del bike-bus. La proposta era piaciuta e agli ampi consensi avevano fatto seguito delle azioni di pressing da parte delle associazioni di cicloturisti e ciclisti urbani, su tutte la Ulisse Fiab, le cui richieste erano state quelle di estendere il più possibile l'iniziativa. Detto, fatto. Giusto il tempo di definire i dettagli dell’operazione e di vedere approvata la determina che impegna Palazzo Galatti alla copertura della spesa necessaria alla gestione del servizio. Conti alla mano, infatti, si evince che il costo orario relativo alla sperimentazione del bike-bus, comprensivo di Iva al 10 per cento, sarà di 70 euro. Ogni autobus verrà impegnato per nove ore al giorno, per cui la cifra giornaliera salirà a circa 1267 euro. Nei sei mesi di sperimentazione sono previste 48 giornate di corse dedicate alle due ruote, per un totale di 18 ore al giorno, se si considerano i due autobus. Tirate le somme, quindi, l’intera operazione peserà sul bilancio provinciale, Iva compresa, per poco meno di 61mila euro. Con quale frequenza partiranno i bike-bus dalla città al Carso e viceversa? La cadenza prevista sarà oraria, a partire dalle 8.30 fino alle 16.30, per la tratta da piazza Oberdan a Opicina, mentre il tratto inverso sarà attivo dalle 9 alle 17. La tratta da piazza Oberdan a Basovizza, invece, sarà aperta dalle 9 alle 17, con i rientri verso la città previsti dalle 9.30 alle 17.30. E al di fuori da questi orari? Fuori sella e pedalare.

Luca Saviano

 

 

Una domenica di sport e divertimento: arrivano “CorriTrieste” e “Vivicittà”

Podisti amanti della competizione e cittadini con la semplice voglia di fare sport saranno accomunati domani da una manifestazione che vedrà per la prima volta unite nella stessa giornata "Vivicittà" e "CorriTrieste".

Il primo è il tradizionale evento, giunto alla 32.a edizione, organizzato dalla Uisp e dedicato al vivere la propria città a piedi, curiosando tra i palazzi e le vie che hanno fatto la storia di Trieste. Il secondo, allestito da Promorun è un vero e proprio appuntamento competitivo, che metterà alla prova la resistenza dei più preparati lungo un percorso di una decina di chilometri. La partenza sarà data per tutti alle 10.30 in piazza della Borsa. Poi, all'altezza del ponte "Curto", i percorsi si divideranno. I partecipanti alla competitiva guadagneranno l'area del Porto Vecchio, mentre gli iscritti a "Vivicittà" invece si limiteranno a una passeggiata o a una leggera corsa lungo i quattro chilometri del tragitto.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 10 aprile 2015

 

 

In sei anni 988 vittime dell’amianto

I numeri della strage registrata nell’Isontino nel dossier della Procura di Gorizia. Record di decessi tra gli ex cantierini
GORIZIA Dall’ottobre del 2009 al 31 marzo scorso la Procura della Repubblica di Gorizia ha trattato 988 procedimenti per decessi e lesioni derivate dall’esposizione di lavoratori all’amianto. È quanto riporta il dossier messo a punto dalla stessa Procura per fare il punto della situazione. Una strage. È la strage più devastante che abbia colpito il territorio provinciale. Una strage che assume connotati ancora più impressionanti se si considerano i lavoratori morti a causa dell’amianto in epoca precedente agli accertamenti giudiziari. Dei 988 procedimenti presi in esame dalla Procura si può stimare che l’80 per cento siano relativi a persone decedute, per la gran parte a causa del mesotelioma. Nei 988 ci sono anche molti lavoratori aggrediti da placche pleuriche, la cui posizione è stata però stralciata per l’impossibilità della Procura, composta oggi da due sole pm, di fronteggiare l’intero esercito delle vittime dell’amianto. La stragrande maggioranza dei procedimenti riguarda ex lavoratori del cantiere navale di Monfalcone. Compaiono anche un dipendente di un’azienda di impianti termoidraulici, otto dell’Ansaldo, tre dell’Enel, due del Cotonificio triestino (Ronchi), tre delle Ferrovie dello Stato, 350 di ditte che hanno lavorato per l’Italcantieri. Non compaiono in questo elenco, purtroppo, almeno una ventina di dipendenti dell’ex Cotonificio di Gorizia. Decedute sicuramente a causa dell’amianto. All’indicazione del numero di 988 casi si è giunti grazie a un protocollo d’intesa messo a regime da alcuni anni tra Procura e Azienda sanitaria. In base a tale accordo alla Procura vengono trasmessi automaticamente dal Servizio di Anatomia patologica gli esiti delle autopsie - fonti primarie di prova nei processi - su persone che sicuramente sono state esposte all’amianto. Un ruolo sempre più importante lo stanno fornendo i medici di base, utili soprattutto a ricostruire la storia sanitaria del lavoratore. A questo punto sorge un interrogativo che coinvolge il mondo della politica. Da un paio di mesi, com’è noto, l’Azienda sanitaria isontina ha allargato il suo confine ai territori della Bassa friulana, mutuando appunto la denominazione in Ass Bassa friulana-isontina. Ma a tale processo non è seguito l’allargamento agli ospedali di Palmanova e di Latisana del protocollo di collaborazione tra Procura e ospedali di Gorizia e di Monfalcone. Nel corso dei decenni sono state centinaia i lavoratori della Bassa friulana impiegati in cantiere. Sicché è presumibile pensare che anche negli ospedali della Bassa si registrino decessi dovuti all’amianto. Se si potesse riunire in unico filone tutte queste morti si avrebbe un quadro ancora più pesante ma completo. Di qui la necessità di procedere all’estensione del circondario del Tribunale di Gorizia in modo che i confini si sovrappongano a quelli dell’Ass Bassa-isontina. È questa la carta per potenziare il Tribunale e la Procura della Repubblica di Gorizia. Non è accettabile che in una zona dove ci sono state così tante vittime del lavoro ci siano solo due giudici penali e due sole pm. Dei procedimenti iscritti nel 2013, 2014 e 2015 la gran parte riguarda vittime del mesotelioma. Altre patologie sono i tumori polmonari, asbestosi e altre patologie. Ancora numeri per ragionare sull’entità del problema: il primo maxi processo significa 94 udienze, la deposizione di 538 testi (453 del pm, 85 delle difese) e l’audizione di 19 consulenti tecnici (16 del pm, 3 delle difese). Il 19 maggio comincia il processo amianto-ter: 44 parti offese (quasi tutti morti) e 13 imputati. L’accusa sarà ancora sostenuta dal pm Valentina Bossi - ormai un’esperta della materia - mentre ci sarà il terzo giudice in tre processi: Trotta nel primo, Russo, in partenza, nel secondo, Clocchiatti nel terzo. Con questi numeri Gorizia non ha da chiedere ma deve pretendere il potenziamento del Tribunale.

Roberto Covaz

 

Fondi in calo per la bonifica dell’eternit

le cause delle morti L’80% è legata a casi di mesotelioma Ma, dal 2009 a oggi, molti lavoratori sono stati anche aggrediti da placche pleuriche
Il Comune di Monfalcone ha proceduto negli anni alla rimozione dell’amianto. L’opera di bonifica ha registrato il picco nel 2004, quando furono smaltiti 6.250 metri quadrati di eternit. Poi gli interventi hanno subito una flessione, attestandosi su una media annuale, fino al 2014, tra i 100 e i 500 metri quadrati di amianto bonificato. Un calo che l’assessore all’Ambiente, Gualtiero Pin, riferisce sia alla stessa normativa, a fronte di procedure complesse e costose, ma soprattutto alla scarsità di fondi messi a disposizione. «In regione la bonifica non contempla la sostituzione dell’amianto con strutture alternative. In Toscana, ad esempio, è prevista l’installazione di pannelli fotovoltaici». L’assessore evidenzia, inoltre, il percorso attivato dall’ente locale: «Il nostro Comune - osserva - si è da tempo attivato sul tema dell’amianto. Il 6 maggio scorso ha ospitato un convegno dedicato proprio all’eliminazione dell’eternit ancora esistente introducendo per la prima volta a livello regionale un contributo innovativo e di alta tecnologia messo a punto dal team di Norberto Noveri, dell’Università di Bologna, fondatore del Chemical Center, impegnato nella realizzazione di un sistema-prototipo di smaltimento».

 

Trieste “scippa” il summit a Monfalcone
Polemiche sulla decisione di ospitare nel capoluogo regionale la Conferenza sugli allarmi ambientali
MONFALCONE Ormai è deciso: la sesta Conferenza regionale sull’amianto si terrà il 15 maggio a Trieste, ospitata al Ferdinandeo. E da Monfalcone si leva forte l’obiezione: «La città, con tutti i suoi “martiri” e le sue problematiche sanitarie e ambientali ancora in atto, viene lasciata ai margini». A sottolinearlo è l’assessore all’Ambiente, Gualtiero Pin, che “incassa” la decisione assunta dalla Commissione regionale per l’amianto non senza lesinare in puntualizzazioni: «La conferenza avrebbe dovuto tenersi a Monfalcone. Circa un mese fa c’è stato un sopralluogo in città da parte dei componenti della Commissione regionale per l’amianto, ma alla fine la decisione è caduta su Trieste. Rilevo, peraltro, una presenza istituzionale e politica monfalconese irrisoria. Ciò rivela quantomento l’insensibilità nei confronti di un territorio già pesantemente colpito da questo dramma, destinato a persistere con le sue ripercussioni». Pin cita un rapporto su tutto, desunto dal monitoraggio portato avanti dal Crua: nell’ultimo anno sono state visitate 210 persone. Di queste, il 70,3% ha rilevato la presenza di placche pleuriche, il 25% l’insorgenza di neoplasie, di cui il 7,8% da mesotelioma e il 14% da tumore polmonare. Il 4,7%, inoltre, ha registrato la presenza di asbestosi e l’1,2% ha rilevato il tumore al colon. Da qui, dunque, la necessità di mantenere alta l’attenzione sul “caso Monfalcone”: «La lotta all’amianto - evidenzia l’assessore Pin - dev’essere portata avanti, quale espressione dell’intera comunità, a tutto campo, sotto il profilo dell’implementazione della ricerca clinico-scientifica e di assistenza ai malati e familiari, ma anche in merito alla bonifica ambientale, fondamentale considerata la presenza di soggetti già debilitati o a rischio». Pin quindi ribadisce: «Monfalcone ha diritto ad essere sede di discussione sul tema-amianto, in termini concreti e di elaborazione di risposte adeguate. Non si può sempre pensare che la città non esista, se non per la presenza di grandi insediamenti produttivi e di livelli di inquinamento elevati, seppure all’interno dei limiti di legge. Il fatto che Monfalcone partecipi marginalmente alla conferenza regionale, rappresenta un segnale chiaro di come il territorio conti ben poco, pur fortemente industrializzato e storicizzato dal punto di vista dell’inquinamento. Così sembra che si preferisca gestire una conferenza su situazioni pregresse, piuttosto che affrontare le problematiche attuali e soprattutto future. Per la nostra area, infatti, studi e statistiche indicano un inquinamento da amianto ancora presente e fortemente radicato. E se c’è un luogo dove poter avviare opportune e necessarie valutazioni in relazione all’impatto sanitario e ambientale - conclude l’assessore -, quello è Monfalcone».

Laura Borsani

 

 

Fianona 3 - Albona insiste: Zagabria pensi a chi ha detto no
ALBONA - Dopo la doccia fredda per la bassa affluenza, i sindaci dell'area tentano di capitalizzare il 94,2% di “no” al carbone pronunciati dal 37% degli elettori che si sono recati alle urne.

Il sindaco Tulio Demetlika nei giorni scorsi, parlando di consultazione riuscita e di bocciatura del carbone, ha invitato il governo croato e l'ente elettrico di stato Hep a rivedere il progetto della centrale Fianona 3 onde prevedere il gas come combustibile. In base alla legge, ha ricordato Demetlika, determinante per la riuscita del referendum non è l'affluenza del 50% più un voto, ma l’opinione della maggioranza dei votanti. Di questa disposizione di legge - così Demetlika - si è tenuto conto nei due referendum precedenti, sull'adesione della Croazia all'Ue e sulla definizione costituzionale del matrimonio. In quest’ultimo caso aveva votato il 38% degli elettori, e la definizione voluta dalla maggioranza dei votanti era stata poi inclusa nella Costituzione croata. Demetlika ha annunciato che i sindaci suggeriranno ai rispettivi consiglieri comunali di approvare una delibera: un documento da inviare al Sabor, al governo e ai potenziali investitori affinché si tenga in considerazione la volontà di chi ha votato.

(p.r.)

 

 

Una gita speciale per il recupero della Val Rosandra
SAN DORLIGO DELLA VALLE - Puntano a un piano per la Val Rosandra, dopo il feroce disboscamento di tre anni fa, e ci puntano da tempo.

Ma, siccome nulla si muove, tornano all’azione. E lo fanno organizzando una gita “speciale” in nome del recupero e della valorizzazione del sito protetto d’interesse europeo. Gli organizzatori dell’iniziativa - in programma questa domenica con ritrovo alle 11 al rifugio Premuda - sono quelli dell’Associazione politica per la Costituente della Sinistra “Trieste per Tsipras”. «Il 23 maggio di tre anni fa - ricordano gli organizzatori ci fu un incontro in Comune a San Dorligo della Valle/Dolina tra l’amministrazione e gli scienziati naturalisti. Quell’incontro, promosso dall’ex consigliere Alessandro Capuzzo, produsse un accordo verbale per l’avvio di un Piano di recupero nell’area protetta che purtroppo è rimasto disatteso per le resistenze legate al processo sulla vicenda». E ancora: «La necessità di monitorare il sito e proteggere le piante pregiate da quelle invasive era stata affermata dagli scienziati Poldini, Dolce, Nimis, Bressi, Colla e Gasparo che abbozzarono all’amministrazione Premolin le linee di un Piano di ripristino fondato su monitoraggio, prevenzione, coltivazione, formazione e inserimento nei progetti Interreg. Fu ipotizzato anche un intervento di pulizia da ailanto e robinie col coinvolgimento di abitanti e “cittadini”». “Trieste per Tsipras” ricorda che «dopo le elezioni una lettera al nuovo sindaco Sandi Klun e all’assessore Franco Crevatin, inviata anche da Tiziana Cimolino del Comitato “Per l’acqua bene comune” e da Lucia Sirocco allora presidente di Legambiente, propose di riunire in assemblea tutti i soggetti coinvolti per sgombrare il campo dalle polemiche e allestire l’atteso Piano di recupero». Ma, ad un anno di distanza e a seguito di alcuni incontri informali, nulla si è ancora mosso in questa direzione. Da qui la gita di sensibilizzazione di domenica.

 

 

Da Portorose a Buje lungo la Parenzana
Seconda tappa dell’antico tracciato passando per le saline di Sicciole
Lo scorso weekend ci siamo lasciati a Portorose, gioiello della costa slovena affacciato sul golfo di Pirano. Se avete tempo, prima di ripartire, concedetevi una sosta wellness: è dal 1830 che Portorose è una famosa località balneare e termale e nel suo albergo più antico (splendidamente ristrutturato), il Kempinski Palace, potrete godervi una sauna o un massaggio per ripartire più in forma di prima! Quindi, rieccoci in sella. Ripresa la ciclabile, all'altezza di Lucia si attraversa un campeggio e, uscendo dal cancello, si arriva sul mare: da questo momento si prosegue lungo la costa respirando a pieni polmoni l'aria salmastra. Dopo pochi chilometri si entra in Croazia e la ciclabile passa a fianco alla famosa "casa slovena in territorio croato": da quando è stata inglobata suo malgrado, sfoggia provocatoriamente il tricolore sloveno e la scritta "Tudi tukaj je Slovenija" (anche qui è Slovenia) combattendo da anni una guerra diplomatica e personale in stile don Camillo e Peppone. Prima tappa da non perdere, le saline di Sicciole (www.kpss.si): nonostante siano in Slovenia, l'entrata più comoda per i ciclisti è "il secondo ingresso", quello di Fontanigge, raggiungibile percorrendo una stradina bianca subito dopo il controllo documenti. Se non volete fermarvi a visitare le saline e il loro museo, potrete comunque ammirarle dall'alto: per alcuni km di lenta e costante salita, la ciclabile regala la vista spettacolare sulla distesa di acqua e sale e sulle casette diroccate, un tempo abitazioni dei salinai. D'ora in poi la ciclabile sarà tutta (o quasi) su sterrato; da seguire, non più i cartelli D8, ma la segnaletica gialla con il logo della Parenzana. Sfiorata la punta del promontorio di Salvore, la pista si immerge nell'interno dell'Istria e si fa sempre più pietrosa. Seguendo le indicazioni per Markovac e attraversando strada asfaltata e svincoli autostradali, si raggiunge Petrovija: da qui ci si riimmerge nel bosco e poi si pedala tra campi coltivati fino a raggiungere Buie. Se volete fermarvi a dormire in un B&B caratteristico, con tutto ciò che può servire ad un ciclista, pedalate ancora fino ad arrivare a Peroj: da qui, lasciando la ciclabile e proseguendo per soli due km su strada asfaltata, raggiungerete Al Merlo Olivo. Potrete accordarvi di persona con Franz, mio fratello, che oltre a gestire il B&B organizza il Parenzana Bike Transfer con 4x4 e carrello per le bici. La Parenzana è una passione di famiglia… Cena "casalinga" e tipica istriana, su richiesta (ricordatevi di accordarvi in anticipo): provate la minestra di "bobici!" E la mattina dopo sarete pronti a ripartire: vi aspettano ancora una sessantina di chilometri...

Chiara Meriani

 

 

Urbi et Horti, corso PER CONTADINI URBANI

Prosegue nella sala Arac del Giardino Pubblico il percorso di formazione aperto a tutti per diventare contadini urbani. Promosso da Urbi et Horti in collaborazione con il Comune di Trieste, prevede un corso gratuito di orticoltura biologica urbana con preparazione teorica e pratica e accompagnamento in campo. L’appuntamento “Dagli orti a km 0, a quelli a impatto 0... o quasi” con il dott. Nicola Bressi, direttore dei Civici musei scientifici, è fissato alle 17.30.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 9 aprile 2015

 

 

I cinquestelle: «Va ripensato l’intero ciclo dei rifiuti» - LA MOZIONE

Un percorso partecipato volto a creare un nuovo sistema di gestione e smaltimento dei rifiuti. È' il cuore della mozione presentata dal consigliere comunale del M5S Paolo Menis e discussa nella riunione della sesta commissione, presieduta da Mario Ravalico (Pd).

Una proposta che parte dalla considerazione che il contratto del servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani, svolto sul territorio comunale da AcegasApsAmga, è in scadenza alla fine del 2017. «L'idea è che questa possa diventare un'occasione per l'amministrazione comunale di ripensare e riprogettare l'intera filiera della gestione dei rifiuti e l'organizzazione del servizio pubblico» - spiega Menis -. «In modo particolare declinata sulle strategie per il miglioramento della raccolta differenziata e di conseguenza sulla diminuzione dei rifiuti indifferenziati e dunque dell'attività stessa dell'inceneritore di via Errera, con tutti i benefici che ne deriverebbero in termini di impatto ambientale, nonché di costi di gestione e spreco energetico. Ecco dunque la necessità da parte del Comune di Trieste - conclude Menis - di avviare entro l'anno, insieme ai cittadini, un percorso che possa segnare una sorta di anno zero sul fronte della gestione dei rifiuti». Considerazioni raccolte dall'assessore comunale all'ambiente Umberto Laureni. «Un approfondimento sui sistemi alternativi per la gestione dei rifiuti può essere attuato, ma non sono certo queste le scadenze che dobbiamo rispettare» - replica Laureni -. «Il problema vero è che noi dobbiamo guardare le cose da un punto di vista realistico: questo è un sistema che, pur con tutti i suoi difetti, ha una sua logica e quindi va difeso nel suo complesso».

(p.pit.).

 

 

VIABILITÀ - Varato il Piano del traffico di Prosecco

La Giunta comunale guidata da Roberto Cosolini, su proposta dell'assessore alla Pianificazione urbana, Mobilità e Traffico Elena Marchigiani, ha approvato il cosiddetto “Piano particolareggiato partecipato del traffico urbano per il borgo storico di Prosecco”.

Il documento prevede, sempre all’interno del borgo storico di Prosecco, la limitazione di transito per veicoli commerciali con massa a pieno carico superiore a due tonnellate e mezzo e l’istituzione di una zona residenziale, con la previsione di interventi di moderazione del traffico stesso.

 

 

SEGNALAZIONI - PROGETTO - Sì al riuso dell’ex Sadoch

Abbiamo letto con piacere che l’ex fabbrica Sadoch sarà riutilizzata come edificio di abitazione. Progettata da Romano Boico, che fu architetto di grande valore, era forse il più bell’edificio di architettura moderna di Trieste prima che un imprenditore poi fallito la riducesse a un rudere.

La sua funzione più appropriata sarebbe di edificio pubblico o di istituto di ricerca e avrebbe potuto essere una splendida sede della facoltà di architettura se questa non fosse stata trasferita a Gorizia. Comunque anche il riuso come edificio di abitazione, se la ristrutturazione sarà fatta con rispetto delle forme originali, è un modo accettabile per far rivivere questo bell’edificio. Auspichiamo che il progetto del riuso non comprenda superfetazioni ed elementi impropri che ne stravolgerebbero l’elevata qualità e sarebbe bello che, con l’inaugurazione dell’edificio una volta riportato a nuova vita, l’opera di Romano Boico venisse ricordata con una mostra delle sue opere.

Roberto Barocchi - presidente Triestebella

 

 

SCUOLA Progetto EcoCasa seconda edizione

Alleanza Assicurazioni, compagnia controllata da Generali Italia, ha avviato la seconda edizione del progetto EcoCasa, campagna educativa dedicata ai bambini delle scuole elementari e alle famiglie, volta a promuovere comportamenti eco responsabili.

La campagna educativa “La mia casa sull’albero – Immagino il mondo che vorrei”, per l’anno scolastico 2014-15, coinvolge oltre 200mila bambini di 8mila classi delle scuole primarie di tutta Italia.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 8 aprile 2015

 

 

Rispunta l’idea della Trieste-Capodistria Via ai lavori del Comitato Fvg - Slovenia: Serracchiani rilancia il collegamento su rotaia.

Rigassificatore di Zaule, doppio no

Energia e trasporti sul tavolo operativo con Lubiana - Massima attenzione all’ambiente

I porti di Trieste e Capodistria, secondo il ministro degli Esteri della Slovenia, Karl Erjavec non sono in competizione ma devono diventare assolutamente complementari. Friuli Venezia Giulia e Slovenia bocciano senza mezzi termini il rigassificatore di Zaule ritenuto dannoso all’ambiente dell’Alto Adriatico e pericoloso per la navigazione nel Porto di Trieste. Particolare attenzione sarà rivolta all’opera di perforazione dell’Adriatico da parte della Croazia alla ricerca di petrolio o gas sia da parte della Slovenia che del Friuli Venezia Giulia.

TRIESTE Trasporti ed energia sono stati i due piatti forti “consumati” ieri al tavolo bilaterale tra Friuli Venezia Giulia e Slovenia in occasione dell’avvio dei lavori del Comitato bilaterale che è stato istituito a Lubiana lo scorso 13 gennaio. A presiedere il vertice la padrona di casa e presidente del Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani e il vicepremier e ministro degli Esteri della Slovenia, Karl Erjavec affiancato dal ministro per gli Sloveni nel mondo, Goražd Zmavc. Con la Serracchiani c’erano il vicepresidente, Sergio Bolzonello e gli assessori regionali Loredana Panariti, Mariagrazia Santoro, Maria Sandra Telesca, Gianni Torrenti e Sara Vito. Un saluto è stato indirizzato ai presenti dal sindaco di Trieste, Roberto Cosolini. «Insieme siamo più forti», ha detto Serracchiani al termine dei lavori, ribadendo la necessità di un continuo rapporto di collaborazione e confronto con la Slovenia, mentre il ministro Erjavec ha puntato il dito sull’importanza commerciale del Friuli Venezia Giulia che ha un interscambio commerciale con Lubiana pari a 800 milioni di euro. Un “patrimonio” che, secondo il capo della diplomazia slovena, va incrementato instaurando buoni rapporti politici tra le parti, sottolineando altresì il fondamentale ruolo delle minoranze, quella slovena in Italia e e quella italiana in Slovenia, nella loro funzione di “ponte sociale” tra i due Paesi. E se sul capitolo rigassificatore di Zaule sia Serracchiani che Erjavec hanno messo la parola “fine”, concordando sulla contrarietà del progetto alla tutela ambientale dell’Alto Adriatico, alla sicurezza nel porto di Trieste e al suo possibile diventare un ulteriore bersaglio sensibile nella strategia del terrore globale che sta imperversando in questi tempi affiancandosi al già “pericoloso”, per la stessa ragione, terminale petroli della Siot, per quel che riguarda le trivellazioni petrolifere che la Croazia si accinge ad avviare in Adriatico le perplessità rimangono. Se la Slovenia vuole leggere con attenzione le carte relative alla valutazione di impatto ambientale, la Serracchiani punta il dito sul più generale tema delle politiche energetiche. «Le grandi infrastrutture energetiche - ha sostenuto - sono un tema da affrontare a livello europeo facendo un’attenta riflessione sulla produzione attuale, sui costi e considerando anche che ci sono già operative strutture che non vengono sfruttate al cento per cento, come i rigassificatori di Rovigo e di Livorno». Per quanto riguarda i trasporti, il ministro Erjavec spera che dai lavori del Comitato bilaterale Fvg-Slovenia giunga il giusto impulso che permetta di sbloccare l’empasse dei collegamenti ferroviari tra Trieste e Lubiana. E qui la Serracchiani ha rilanciato il “vecchio” progetto così caro all’ex governatore Riccardo Illy di un asse ferroviario tra i porti di Trieste e Capodistria. E questo nell’ottica del nuovo quadro geopolitico dei trasporti disegnato dall’Unione europea in cui si è inserito da poco il progetto targato Angela Merkel di unire Monaco di Baviera a Istanbul passando per Lubiana, Zagabria, Belgrado e poi giù verso la Macedonia e la Grecia. Sperando che Trieste quel treno non lo perda.

Mauro Manzin

 

 

Un bus gratuito da Muggia a Capodistria

Partito sperimentalmente per un mese il servizio transfrontaliero a cura degli sloveni. In ritardo quello affidato agli italiani

MUGGIA Un bus transfrontaliero che per tutto il mese di aprile collegherà Capodistria a Muggia. Gratuitamente. Per ora si tratta di un progetto prettamente “sperimentale”, ma dopo tante chiacchiere, finalmente, il trasporto transfrontaliero inizia a diventare una realtà. Anche seppur con una annessa falsa partenza. Italia e Slovenia hanno scelto un doppio binario da percorrere per collegare su gomma tramite un bus pubblico le due realtà limitrofe di Muggia e Capodistria. Dal primo aprile è entrato in funzione il vettore sloveno promosso dall’Avtobusni Prevozi Rižana che ha già fatto partire la nuova linea internazionale Capodistria (Koper)-Scoffie (Škofije)-Montedoro. La linea, gratuita, prevede complessivamente tre partenze dal centro di Capodistria (06.15, 12.00, 20.00), una dal centro di Scoffie (16.49) e tre dagli ex valichi di Scoffie (08.17, 10.57, 15.47). Il bus, attraversando l’ex valico di confine di Rabuiese, giungerà nella periferia muggesana a Montedoro, all’altezza del Centro Commerciale Freetime. Dal Freetime sono state attivate di concerto sette partenze verso Capodistria con i seguenti orari: 06.30, 08.20, 11.00, 12.15, 15.50, 16.55, 20.15. «Vogliamo dimostrare che c’è l’esigenza da parte di diversi cittadini, sia italiani che sloveni, di un collegamento diretto tra Muggia e Capodistria attraverso un mezzo pubblico: grazie al progetto Tradomo, queste due città, ma non solo, saranno ancora più vicine e meglio collegate», racconta Ivana Štrkalj dipendente dell’Ufficio affari sociali e sviluppo del Comune di Capodistria, lead partner del progetto europeo Tradomo. Il collegamento, però, non prevede un contatto diretto tra Capodistria e il centro storico di Muggia. «È vero, ma abbiamo scelto appositamente di creare un collegamento con Montedoro, essendo quella un’area in cui passano ben tre autobus pubblici della Trieste Trasporti: l’obiettivo è di collegare Capodistria a Muggia, ma soprattutto creare un collegamento più rapido a Trieste», aggiunge Štrkalj. La sperimentazione durerà per tutto il mese di aprile per poi terminare in un nulla di fatto? Da Capodistria la risposta è pronta: «No, anzi. Il fine è di sensibilizzare le istituzioni slovene, ma di riflesso anche quelle italiane, affinché nei prossimo bando del trasporto extraurbano si tenga in considerazione di creare un trasporto intercomunale a livello europeo, quindi coinvolgendo due Stati, come Slovenia e Italia, un collegamento che vada evidentemente al di là dei confini che non ci sono più». Le linee di collegamento sono due. Una, quella con il vettore sloveno, è già attiva. E quella con il vettore italiano? La Giunta Bassa Poropat ha approvato con una delibera lo schema e l’autorizzazione alla sottoscrizione del cosiddetto “Memorandum of Understanding” per il miglioramento delle connessioni di trasporto pubblico dall’ex-valico di Santa Barbara fino a Crevatini e dall’ex-valico di Rabuiese fino alla fermata del centro commerciale Montedoro. La Trieste Trasporti, dunque, si occuperà del trasporto che partirà da Santa Barbara per raggiungere l’abitato di Crevatini. Concretamente però la sperimentazione non è partita. Le motivazioni di questa falsa partenza vengono svelate dall’assessore ai Trasporti della Provincia Vittorio Zollia: «Purtroppo gli spazi delle strade che collegano i due paesi non permettono l’utilizzo di autobus extraurbani, motivo per cui stiamo attendendo l’autorizzazione in deroga da parte della Regione. Così non siamo in grado di dire quando la nostra linea partirà ufficialmente». Fermo restando che a fine aprile, ossia tra 22 giorni, la sperimentazione sarà (comunque vada) già terminata.

Riccardo Tosques

 

TURISMO - In bici lungo la “Adriabike” da Kranjska Gora a Ravenna
TRIESTE È il sogno di tutti gli amanti della bicicletta: un unico grande tragitto capace di collegare la Slovenia all’Emilia Romagna, da Kranjska Gora a Ravenna.

Un progetto europeo, “l’Adriabike”, ben che avviato, per il quale la Regione è pronta a fare avanti la sua parte andando a caccia degli spazi finanziari ancora necessari per sistemare le piste e la segnaletica mancante. Così pure per la ciclabile “di valenza regionale”, quella che va da Tarvisio a Grado, dove incrocia il percorso europeo, lungo la vecchia ferrovia della Pontebbana. Qui serve un milione e 300 mila euro per completare tutto. Una somma, questa, che l’assessore Mariagrazia Santoro è intenzionata a stanziare nel prossimo assestamento di bilancio. Assieme ai cantieri, la Regione sta pensando di mettere a punto un pacchetto turistico, capace di coinvolgere gli albergatori e le imprese locali. Meccanici, rivenditori, garage e alloggi. «Questo progetto importantissimo ha bisogno di ancora più appeal – osserva l’assessore – perché il successo è già evidente e le potenzialità anche. La Ciclovia Adriabike è uno degli investimenti strategici per la Regione nel turismo sostenibile e nella rete della mobilità a due ruote. I risultati raggiunti – rileva – ci consentono di presentarci in Europa con una realtà transfrontaliera dalle ottime prospettive». Dell’intera opera si è parlato nei giorni scorsi a Trieste nella conferenza “Interbike, rete ciclistica intermodale transfrontaliera. La Ciclovia Adriabike, risultati e prospettive future”. Oltre 3 milioni di euro, finanziati dal Programma per la Cooperazione transfrontaliera Italia-Slovenia 2007-2013, dal Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (Fesr) e dai fondi nazionali, con la partecipazione di 23 partner. Una partita alla quale hanno preso parte sette Comuni e agenzie slovene, Regione Fvg, le otto Province italiane che si affacciano sul mare Adriatico e tre “Gruppi di Azione Locale” di Veneto ed Emilia-Romagna. Al momento, come si è detto nella conferenza, i sette Comuni sloveni e le otto Province italiane hanno realizzato nell’area del Progetto opere infrastrutturali per 1,7 milioni di euro. In particolare, la Regione ha già attivato, nella seconda metà del 2014, i servizi sperimentali intermodali “bici+bus” tra Udine e Grado e il capoluogo giuliano. Dal canto suo la Provincia di Trieste ha posizionato gli arredi per le aree di sosta lungo la ciclopedonale “Cottur” della Val Rosandra e ha messo a punto le app del tracciato per i palmari. Udine, invece, ha costruito una piazzola di sosta e ha sistemato la pavimentazione tra Grado e Palmanova, mentre Gorizia si è occupata dell’area nei pressi della Foce dell’Isonzo. La Regione, ancora, ha invece contribuito agli interventi per il tracciato italiano che si sviluppa per 1.000 chilometri dalla Slovenia, vale a dire da Kranjska Gora con Nova Gorica e Capodistria, all’Italia. Dove, dopo aver attraversato il confine al valico di Rabuiese, si raggiungono Trieste, Grado e Lignano. «Adriabike – ha ricordato Santoro – attualmente utilizza itinerari ciclabili già realizzati e tratti di viabilità, che saranno oggetto di futuri miglioramenti».

Gianpaolo Sarti

 

 

DUINO AURISINA - Alla scoperta delle falesie con il Wwf di Miramare

Le falesie e il mare, le querce e il paesaggio del Carso con le sue doline. Una ricca fauna. Il territorio del Comune di Duino Aurisina è piccolo, supera di poco i 45 chilometri quadrati, ma presenta una tale vastità di vedute e una così ampia ricchezza di specie animali e vegetali, che visitarlo è come entrare in uno scrigno naturale.

Da questi presupposti parte la decisione dell’amministrazione guidata dal sindaco, Vladimir Kukanja, di affidare all’Area protetta di Miramare del Wwf, onlus con la quale da tempo è stato stipulato un protocollo d’intesa, l’organizzazione di visite guidate nei punti più suggestivi del territorio. Sono state rese note le date dei prossimi appuntamenti: un sabato, il 25 aprile, e due domeniche di maggio, il 3 e il 17. Quella del 25 aprile riguarderà il sentiero che porta al monte Ermada. Nelle due successive si andrà in un caso dalla valle di Medeazza al Castelliere Gredina, con una visita in una tenuta agricola, nell’altro si transiterà vicino al costone, per ammirare da vicino le falesie, motivo principale di curiosità nell’ambito del progetto complessivo. «La particolarità del paesaggio che si potrà ammirare – spiega Paolo Utmar, guida naturalistica che accompagnerà i visitatori – sta proprio nel fatto che, a Duino Aurisina, si va in pochi metri dallo splendore delle falesie a picco sul mare al fitto bosco del Carso, dove prosperano anche le querce. In sostanza – aggiunge – percorrendo pochi passi si abbandona il clima mediterraneo per entrare in quello carsico e viceversa. Una rarità – sottolinea – che queste escursioni permetteranno di assaporare». Il Comune non è nuovo a queste iniziative. Una gita di questo tipo è già stata allestita alla fine di marzo. Una delle due di maggio avrà carattere bilingue: saranno formati due gruppi di escursionisti, di 25 persone ciascuno, «è il limite massimo di partecipanti a ogni gruppo che ci possiamo permettere – precisa Sara Famiani, dell’Area protetta di Miramare – perché altrimenti le escursioni non sarebbero gestibili». Uno sarà affidato a una guida di lingua italiana, l’altro a una di lingua slovena. Ogni uscita avrà la durata di circa 3 ore, «per questo – avvisa Famiani – è opportuno che i genitori non portino bambini con meno di 10 anni, perché la fatica per loro potrebbe farsi sentire in maniera eccessiva». Consigliato invece l’utilizzo di cannocchiali: «Lungo il tragitto – conclude Famiani – si possono ammirare in lontananza paesaggi di grande suggestione. Inoltre le nostre guide sono anche esperte di ornitologia, perciò può essere di estremo interesse osservare il volo degli uccelli che vivono nel territorio di Duino Aurisina». Le escursioni sono gratuite e si possono prenotare chiamando il numero 040.224147 digitando poi l’interno 3.

Ugo Salvini

 

 

“Vivicittà” e “CorriTrieste” - È una domenica per podisti
Stesso giorno, due manifestazioni: la prima dedicata al vivere la città curiosando tra palazzi e vie, nella seconda bisogna avere parecchio fiato e buone scarpe
Podisti amanti della competizione e cittadini con la semplice voglia di fare sport, che amano attraversare la loro città senza agonismo, saranno accomunati domenica da una manifestazione del tutto inedita per Trieste, che vedrà per la prima volta unite nella stessa giornata “Vivicittà” e “CorriTrieste”. Il primo è il tradizionale evento, giunto alla 32.a edizione, organizzato dalla Uisp e dedicato al vivere la propria città a piedi, curiosando tra i palazzi e le vie che hanno fatto la storia di Trieste. Il secondo, allestito da Promorun, associazione presieduta da Michele Gamba, è un vero e proprio appuntamento competitivo, che metterà alla prova la resistenza dei più preparati lungo un percorso di una decina di chilometri. Due filosofie diverse ma con il medesimo obiettivo: garantire a tutti i partecipanti la possibilità di vivere il centro di Trieste in maniera sana e inusuale. La partenza sarà data per tutti alle 10.30 in piazza della Borsa. Poi, all’altezza del ponte “Curto”, i percorsi si divideranno. I partecipanti alla competitiva guadagneranno l’area del Porto Vecchio, per raggiungere il Magazzino 26, doppiarlo e puntare nuovamente verso il centro, per tagliare infine il traguardo all’altezza della Scala Reale sulle Rive, dopo aver completato un percorso di 10 chilometri. Gli iscritti a “Vivicittà” invece si limiteranno a una passeggiata o a una leggera corsa lungo i quattro chilometri di questo tragitto: via Rossini, piazza Sant’Antonio Nuovo, vie Imbriani e Mazzini, piazze Verdi e Cavana fino a via Torino e piazza Venezia, poi ritorno passando tra le vie più nascoste e piene di storia come quelle della Pescheria, Fornelli, Squero Vecchio, Ombrelle, Beccherie, per arrivare a passo Portizza. Sono previsti due punti di ristoro: davanti alla Scala Reale e all’arrivo. Agonisti e non si ritroveranno nuovamente tutti assieme per le premiazioni in piazza della Borsa. Per la competitiva saliranno sul podio i primi cinque assoluti, le prime cinque donne, i primi cinque gruppi più numerosi e i primi classificati, sia uomini sia donne, delle categorie Fidal. Per partecipare a “CorriTrieste” i tesserati Fidal possono inviare i dati all’indirizzo info@promorun.it entro venerdì. Stesse modalità anche per gli iscritti del Csi e altri enti di promozione sportiva, che però devono aggiungere copia del certificato medico. Per i non tesserati invece sarà necessario fare la tessera giornaliera dell’Uisp, nella sede di via Beccaria 6, dove si ricevono anche le iscrizioni per la non competitiva. Le iscrizioni saranno possibili anche nella sala matrimoni domenica mattina entro le 9.45.

Ugo Salvini

 

 

ASSEMBLEA LEGAMBIENTE

Il Circolo Verdeazzurro Legambiente Trieste informa che alle 18, in via Donizetti 5/a, si terrà l’assemblea ordinaria dei soci.

Dopo la relazione del presidente Andrea Wehrenfennig, verrà illustrato per l’approvazione il rendiconto economico-finanziario del 2014. Avranno diritto di voto tutti i soci del Circolo in regola con il pagamento delle quote sociali.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 7 aprile 2015

 

 

«Su Zaule la Regione ricorra alla Consulta»

L’eurodeputato del M5s Zullo: «Serracchiani è vicesegretario del Pd. Batta i pugni sul tavolo»
«Se Debora Serracchiani non vuole il rigassificatore di Zaule lo dimostri con i fatti, facendo ricorso davanti alla Corte Costituzionale contro gli articoli 37 e 38 dello Sblocca Italia, che esautorano il ruolo decisionale delle Regioni definito dalla Carta Costituzionale». Marco Zullo, parlamentare europeo del Gruppo Efdd-Movimento 5 Stelle eletto nella circoscrizione nord-orientale, riprende l’iniziativa politica sul “dossier rigassificatore” di Zaule. E lo fa ricordando analoghe azioni intraprese davanti alla Consulta, che riguardavano le trivellazioni in Adriatico, da Puglia e Marche. «Non è sufficiente affermare, come ha fatto di recente la Serracchiani, che l'impianto è un'opera invasiva e incompatibile con i flussi di traffico del porto e proclamarsi contrari. La Serracchiani è vice segretario del Pd, batta i pugni sul tavolo del suo partito e dimostri di tenere davvero alla sua regione impugnando lo Sblocca Italia», ha aggiunto Zullo. Vale la pena riepilogare il quadro amministrativo e giudiziario che ha riacceso l’attenzione sull’impianto di rigassificazione voluto dal gruppo energetico catalano Gas Natural. Tutto è ricominciato con il parere 1706 del febbraio 2015, espresso dalla Commissione tecnica Via-Vas del ministero dell’Ambiente. Parere che certifica la compatibilità ambientale relativa alla realizzabilità del rigassificatore nell’area di Zaule. E che soprattutto contraddice lo schieramento unanimemente anti-rigassificatore che aveva raccolto tutte le istituzioni triestine (Comuni, Provincia, Ap) e la Regione Fvg. Infatti, tra la fine di marzo e i primi di aprile, i Comuni di Muggia e di San Dorligo hanno deciso di impugnare il parere avanti il Tar del Lazio, in quanto «pregiudizievole per gli interessi pubblici sottesi al territorio». Si attendono passi analoghi da parte del Comune di Trieste e della Provincia. Ma il passo più importante sarà quello della Regione. La governatrice Serracchiani, come ricordava Zullo, ha ribadito forte contrarietà al rigassificatore, impegnandosi a contrastarne l’iter nella conferenza dei servizi che sarà convocata dal ministero dello Sviluppo Economico. La vicenda è delicata, perchè pone la Regione Fvg in collisione con il governo Renzi: dopo il sì dell’Ambiente, anche allo Sviluppo Economico - come attestano le dichiarazioni del viceministro Claudio De Vincenti (Pd) - emergono posizioni dissonanti rispetto a quelle della Serracchiani.

(magr)

 

Duino Aurisina - Rigassificatore Smart gas - Nasce il Comitato del no
Gravi problemi di sicurezza, pesanti conseguenze negative sull’ambiente e sulla vita quotidiana di residenti e strutture turistico-culturali presenti sul territorio.

Queste le motivazioni che hanno portato numerosi abitanti del Comune di Duino Aurisina e dei centri vicini a costituirsi in un Comitato spontaneo, denominato “Cittadini per il golfo–Obcani za zaliv”, con lo specifico obiettivo di «opporsi – spiega il portavoce del gruppo, Vladimir Mervic - alla proposta di realizzare un impianto Smart gas alle foci del Timavo». Sorto all’indomani della presentazione del progetto di insediamento di un impianto di stoccaggio, rigassificazione e distribuzione di Gnl, il Comitato ha voluto da subito esprimere una posizione «critica ma non ideologica». Il Comitato «vuole coinvolgere nella battaglia gli abitanti di Trieste – precisa Mervic – anche loro a rischio per un simile iniziativa». Accanto alla trasmissione di oltre 40 punti già presentati ad autorità regionali e ministeriali, i responsabili di “Cittadini per il golfo” spiegano così il loro ragionamento. «Sul piano della sicurezza – osserva Mervic la movimentazione delle navi gasiere nel golfo si aggiungerebbe al traffico navale e diportistico esistente. Vogliamo rimarcare a questo proposito – aggiunge - la pericolosità e l’impegno di operazioni di attracco e di scarico, che si tradurrebbero nel totale blocco contemporaneo di ogni altra attività in mare. Nessuno poi tiene conto – aggiunge il portavoce del Comitato – che nel golfo soffia la Bora, che ritarderebbe di molto le operazioni di attracco e scarico, aumentando in proporzione il rischio di incidenti. Vi sarebbe poi un esponenziale incremento di traffico su gomma e su rotaia in un zona già provata da tale movimento diurno e notturno di trasporti pesanti». Mervic evidenzia che «un’operazione di tale entità provocherebbe un terribile impatto sull’ambiente marino e terrestre circostante. Accanto alla rinnovata circolazione di mercurio ora depositato sul fondo e la produzione di gas e spiacevoli odori nella aria, la presenza di grandi contenitori di gas nel golfo davanti al Villaggio del Pescatore – insiste Mervic - determinerebbe imprevedibili conseguenze sull’attuale equilibrio ambientale. Considerevole anche il rischio del danneggiamento delle falde acquifere collegate agli acquedotti triestini e sloveni. L'eliminazione pressoché totale dell’unica zona umida carsica del litorale – prosegue il portavoce del Comitato – è poi argomento ancora irrisolto nell'ambito dell'idea presentata dall'imprenditore». «Il territorio - argomenta ancora - nel quale viviamo e lavoriamo è sede di importanti testimonianze del passato come il Castello di Duino, la chiesa di S.Giovanni in Tuba, la grotta del Mitreo, le Terme Romane di Monfalcone e fondamentali realtà del presente e speriamo anche del futuro, come il Collegio del Mondo Unito dell’Adriatico».

Ugo Salvini

 

 

SEGNALAZIONI - Nucleare - Il pericolo di Krsko

È ragionevole preoccuparsi sui fumi prodotti dalla Ferriera di Servola, come sugli eventuali pericoli sulla installazione di un rigassificatore nel porto di Trieste. Detto questo, mi risulta estremamente strano che nessuno o pochi si preoccupino sulle condizioni e sul pericolo della centrale nucleare di Krsko, vicina anche a Trieste.

Come riportato sul Piccolo del 3 marzo, dopo il terribile disastro di Fukushima, gli enti europei preposti segnalarono 13 centrali obsolete da vigilare, compresa Krsko, sul fronte principalmente della loro sicurezza, imponendo i “cosiddetti stress test”. Due anni dopo, come indica sempre il giornale, hanno commissionato una nuova valutazione. Per Krsko i risultati non sarebbero stati affatto buoni. Per l’Ong la soluzione migliore forse sarebbe stata di chiudere immediatamente la centrale. Centrale che, sempre a detta del giornale, ha recentemente registrato un “inciampo”, simile a quello avvenuto nel 2013. Senza voler sceverare sull’importanza delle centrali nucleari, va tenuto conto che molte hanno oltre 40 anni di vita. Dalla prima centrale sperimentale nucleare entrata in funzione in Russia nel 1954, c’è stata una lenta ma continua evoluzione. Ora nel 2015 siamo alla terza generazione con progetti innovativi. Ciò non toglie che mettiamo tutti la testa sotto la sabbia.

Renato Fornasaro

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 5 aprile 2015

 

 

Doppio ricorso contro il rigassificatore

I Comuni di Muggia e San Dorligo impugnano il parere di compatibilità ambientale del ministero davanti al Tar del Lazio
I Comuni di Muggia e di San Dorligo ribadiscono, per le vie legali, il loro “no” alla realizzazione del rigassificatore a Zaule. Lunedì 30 marzo ha deliberato la Giunta guidata dal sindaco Sandy Klun, mercoledì 1° aprile ha provveduto l’esecutivo comunale muggesano pilotato da Nerio Nesladek. Una delibera “bicipite”, espressione della volontà coordinata delle due amministrazioni, che hanno incaricato per la stessa ragione lo stesso avvocato e dimezzeranno così i costi della parcella. Dunque, Muggia e San Dorligo impugnano avanti il Tar del Lazio il parere di compatibilità, espresso dalla Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale (Via-Vas) al ministero dell’Ambiente, riguardo l’impianto di rigassificazione in località Zaule, che il gruppo catalano Gas Natural intende costruire. Il parere ministeriale reca il numero 1706 e risale al 6 febbraio di quest’anno. L’ambito decisionale è poi transitato dal ministero dell’Ambiente a quello dello Sviluppo Economico, che adesso se la vedrà con la Regione Friuli Venezia Giulia in sede di conferenza dei servizi. La compatibilità, espressa dall’Ambiente, riapre un dossier che le istituzioni triestine unanimi ritenevano di aver archiviato, nella convinzione che il rigassificatore confligga con lo sviluppo delle attività portuali. Le delibere di San Dorligo e di Muggia, nel motivare il perchè della decisione di ricorrere, riportano la stessa frase: «il parere di compatibilità ambientale da ultimo adottato dal ministero dell’Ambiente ... appare pregiudizievole per gli interessi pubblici sottesi al territorio». E’stato incaricato di patrocinare l’interesse dei due Comuni l’avvocato Francesco Longo, del Foro pordenonese, che si era occupato di analoga questione cinque anni fa, allorquando Muggia e San Dorligo impugnarono un decreto ministeriale del luglio 2009 che anche a quel tempo accertava la compatibilità ambientale del rigassificatore. Decreto che venne poi revocato dal ministero nel 2013. Adesso siamo daccapo. Il nuovo parere dell’Ambiente, che certifica la compatibilità del rigassificatore, spinge i due Comuni a chiedere nuovamente al Tribunale amministrativo laziale di bocciare il parere. Per la precedente esperienza l’incarico viene riaffidato a Longo, che eleggerà il suo domicilio presso lo studio romano di Marcello Clarich, presidente della Fondazione Mps. Come indicano le delibere-sorelle, Longo costerà, tutto compreso, 11.316 euro a ciascun Comune. «Credo che analoghe impugnazioni verranno compiute anche dal Comune di Trieste e dalla Provincia - ha commentato il sindaco muggesano Nesladek - ma la mia speranza è che il dossier possa essere bloccato già nella conferenza di servizi allo Sviluppo Economico. Ritengo che il Piano regolatore portuale abbia sufficienti argomenti in chiave tecnica per fermare l’iter del rigassificatore. Mi auguro, quindi, che sia possibile risolvere la questione senza dover andare fino a palazzo Chigi». La Regione è impegnata, «con interesse primario» come specificano fonti dell’amministrazione, a combattere contro la realizzazione del rigassificatore: gli uffici sono all’erta ma al momento non hanno ancora provveduto a passi formali. La stessa governatrice Debora Serracchiani, giusto un mese fa, aveva incontrato a Roma il ministro dell’Ambiente, Luca Galletti, al quale ribadì le ragioni di incompatibilità tra l’impianto energetico e lo sviluppo del porto triestino. In quella circostanza la Serracchiani preannunciò la presentazione di controdeduzioni in sede di conferenza dei servizi e dichiarò esplicitamente «siamo pronti ad impugnare gli atti qualora le nostre ragioni non vengano tenute in considerazione». Era la prima volta che la governatrice avviava un braccio di ferro con il governo Renzi.

Massimo Greco

 

Ma il governo tira dritto sul sito di Zaule
Ma il governo sembra insistere sul rigassificatore a Zaule. La posizione dell'esecutivo è stata recentemente ribadita dal sottosegretario allo Sviluppo economico, Claudio De Vincenti (Pd) in un "question time" in Commissione attività produttive della Camera.

Ha rilevato che «il ministero dello Sviluppo economico non può negare l'autorizzazione alla costruzione senza un motivo giuridicamente valido, né esprimersi sull'incompatibilità dell'infrastruttura con il traffico marittimo del porto di Trieste, poichè sull'argomento si è già espresso il ministero dell'Ambiente».

 

 

La “mission impossible” della raccolta rifiuti
Auto in sosta davanti ai cassonetti e oggetti ingombranti sui marciapiedi - Gli addetti costretti a dare forfait. Record negativo per via Del Bosco
La raccolta di rifiuti a Trieste? Per i lavoratori di AcegasApsAmga ogni giorno è un Far West tra soste selvagge e rifiuti ingombranti, problemi che aumentano soprattutto di notte. E se i cittadini protestano di frequente per immondizie che invadono aree pedonali, per il mancato svuotamento dei cassonetti o per gli elettrodomestici che stazionano su marciapiedi, sono proprio loro, molto spesso, i primi a non osservare le regole più basilari. Secondo i dati dell’ AcegasApsAmga ogni giorno c’è una media di quattro auto che impediscono lo svuotamento dei cassonetti, con picchi di dieci segnalazioni al giorno, che aumentano ulteriormente nelle ore notturne. A questi vanno aggiunti scooter, troppo vicini ai cassonetti, e tutti i mezzi lasciati agli incroci, sui marciapiedi e in vie molto strette, che non consentono il regolare passaggio dei camion. Da dicembre ad oggi sono state quasi 200 le segnalazioni degli autisti, che nel turno serale e notturno non hanno potuto completare il lavoro a causa di vetture in sosta vietata. Le strade con gli automobilisti maggiormente indisciplinati sono via Giulia, via Settefontane, via Battisti, via Teatro Romano e via Fabio Severo e più recentemente anche via Pascoli e via della Tesa. «Stiamo valutando nuove forme di controllo o sorveglianza, per arginare il problema e far capire ai cittadini il disagio che creano – spiega Paolo Dal Maso, direttore della Divisione Ambiente di AcegasApsAmga – perché è comune pensare che di notte parcheggiare in doppia fila può costituire un rischio, ma lasciare il proprio mezzo davanti a un cassonetto non comporta alcuna difficoltà. Un comportamento che deve cambiare» Al disagio si aggiungono oltre 400 segnalazioni negli ultimi cinque mesi per rifiuti ingombranti trovati di notte accanto ai cassonetti. La prassi implica che l’autista si fermi e scriva su un apposito foglio la tipologia di rifiuto, che poi andrà inoltrata al personale predisposto per la rimozione, nelle prime ore della giornata seguente. Le vie più problematiche in tal senso sono via del Bosco, con 107 episodi, via San Marco con 92, via Pasteur con 88, viale Campi Elisi con 76 e via Marchesetti con 73, ma la sporcizia e i mobili accumulati sono molto frequenti nelle ultime settimane anche in largo Mioni. «Per aiutare gli autisti introdurremo un tablet – annuncia Cristiano Bresich, responsabile servizi ambientali AcegasApsAmga – sul quale ogni notte potranno inserire i dati dei rifiuti ingombranti, che finiranno direttamente in un sistema. Al mattino seguente l’operatore addetto allo smaltimento avrà già una tabella pronta con le zone da toccare. Ma invitiamo tutti i cittadini ad evitare questi atti poco educati e a fare riferimento ai centri di raccolta, che sono a disposizione proprio per accogliere gli oggetti più voluminosi». Alla luce della mole di elettrodomestici e mobili scaricati in alcune aree, è ipotizzabile che qualche azienda o singoli trasportatori, pronti ad effettuare sgomberi a pagamento nelle abitazioni, non si curino poi di effettuare lo smaltimento regolare. A questi si aggiungono semplici cittadini che si liberano di tutto, senza troppi pensieri, come mostra anche la pagina Facebook “Scovazoni de Trieste”. È qui che tanti triestini inviano foto e messaggi, con un quadro desolante di maleducazione e scarso senso civico. In alcune zone in particolare i sacchi delle immondizie non vengono nemmeno introdotti negli appositi cassonetti, ma lasciati a terra, come spesso accade in piazza della Borsa, in pieno centro. «A Trieste viene riciclato oltre il 99% del materiale raccolto da AcegasApsAmga. Il capoluogo giuliano è la città con la media più alta di tutto il gruppo Hera – precisa Riccardo Finelli, responsabile relazioni esterne AcegasApsAmga – anche la raccolta di Src, dei cartoni di negozi ed esercizi pubblici, funziona molto bene. Siamo in una città pulita, dove il servizio è ottimo, basterebbe davvero poco, un contributo puntuale da parte di tutti i triestini, per raggiungere livelli ancora più elevati di eccellenza e per evitare tutti quei disagi che inevitabilmente si ripercuotono sugli stessi cittadini».

di Micol Brusaferro

 

L’applicazione che cancella i dubbi sulla differenziata

Per aiutare il cittadino nella corretta differenziazione delle immondizie, l’ AcegasApsAmga ricorda la novità del Rifiutologo, sviluppato in collaborazione con il Gruppo Hera, un’applicazione web all’indirizzo www.acegasapsamga.it in cui è possibile digitare il nome di un oggetto o di un materiale e il sistema restituisce il corretto conferimento che questo deve avere.

Il database contiene circa 1500 voci, con la possibilità di inoltrare anche richieste da parte degli utenti. Nel caso venga digitato un oggetto non presente, al cittadino viene data l’opportunità di inviare ad AcegasApsAmga la proposta di integrazione dei dati. L’accesso al Rifiutologo è semplice, dalla home page del sito. Basta digitare il nome del comune di residenza nell’apposita maschera, cliccare sul pulsante di localizzazione e scegliere l’area Ambiente. A questo punto è sufficiente digitare l’oggetto di cui si desidera conoscere la corretta destinazione nello spazio di ricerca.

 

Cento operatori “schierati” ogni giorno
Il 50% dei lavoratori in campo dalle 5 o dalle 6 del mattino. Il parco veicoli in fase di rinnovamento
Ogni giorno a Trieste, nei servizi di raccolta rifiuti, vengono impiegati 100 addetti per un totale giornaliero di circa 600 ore. Il 50 % dei lavoratori compre il turno al mattino, che va dalle 5 alle 11 o dalle 6 alle 12, il 40% è attivo nel pomeriggio, dalle 13 alle 19 o dalle 14 alle 20, mentre il 10% si occupa dello svuotamento dei contenitori in orario serale-notturno, dalle 20 alle 4. Quest’ultima fascia negli ultimi mesi tende a slittare alle 22, per evitare di congestionare il traffico, in un momento della giornata in cui spesso la circolazione veicolare è ancora caotica. Ogni giorno vengono impiegati mediamente 20 monoperatori grandi, mezzi quindi con una sola persona alla guida, e 25 mezzi tradizionali con due o tre operatori, alcuni dei quali lavorano in doppio turno, e ancora nove mezzi leggeri. Quotidianamente inoltre vengono utilizzati tre automezzi con gru per raccolta del vetro, due dalle 5 alle 11 e uno dalle 12 alle 18 e ulteriori due dalle 6 alle 12 e uno dalle 12 alle 18. AcegasApsAmga sta rinnovando il parco dei mezzi, con la dismissione dei più inquinanti e l’introduzione dei camion ecologici, euro 5 ed euro 6. Un’attenzione particolare è stata dedicata anche alla sicurezza di centauri e ciclisti, e tutti i camion sono dotati di un particolare adesivo, che avvisa i punti cosiddetti “ciechi”, per evitare incidenti. «Ma i nostri autisti sono sempre attenti anche a non creare disagi al traffico – sottolinea Cristiano Bresich, responsabile servizi ambientali – se durante il consueto giro si formano code o il traffico è rallentano, percorrono la via a più riprese, per non impegnare troppo a lungo la carreggiata. Voglio precisare inoltre – aggiunge – che lo stesso mezzo non svuota differenziato e indifferenziato insieme, come molte volte sentiamo dire dai cittadini. I mezzi sono gli stessi, ma, a seconda dei turni, vengono impiegati per raccogliere carta o plastica, oppure rifiuto indifferenziato, che poi vanno conferiti a destini diversi. E tra un turno e l'altro vengono sempre adeguatamente lavati». In azione ci sono anche alcuni di dimensioni più piccole, che passano per rimuovere gli eventuali rifiuti caduti fuori dai cassonetti, oltre al servizio degli ingombranti, che all’alba ha il compito di rimuovere ciò che durante la notte è stato segnalato dai colleghi. Sono in movimento poi anche addetti per le operazioni accessorie, come il lavaggio dei contenitori o le pulizie dedicate, mentre tutto lo spazzamento e lo svuotamento dei cestini è terziarizzato e si svolge al mattino.

(mi.b.)

 

Mobili, televisori e pc nel bottino di una notte
I camion di AcegasApsAmga si muovono dal deposito di via Orsera alle 22 ma spesso trovano punti inaccessibili e strade addirittura impercorribili
La lunga notte degli operatori dell’AcegasApsAmga inizia alle 22, quando dalla sede di via Orsera escono otto mezzi, divisi tra raccolta di carta, plastica e smaltimento dell’indifferenziato. La prima tappa è via Raffineria, dove la batteria di cassonetti è stata recentemente potenziata e dove spuntano un televisore e un mobile da cucina. L’autista del mezzo appunta su un foglio i due rifiuti ingombranti, che il collega addetto al servizio provvederà a rimuovere il mattino dopo. Si continua nella vicina via Pascoli, dove, all’inizio della strada, una Peugeot è parcheggiata davanti a un cassonetto, ma di fatto impedisce ai mezzi di effettuare lo svuotamento di tutti e tre i contenitori presenti. Si prosegue lungo via Conti e una nuova segnalazione arriva alla fine di via Gambini: una Golf chiude un’area dove sono presenti quattro cassonetti per l’indifferenziato, ma ci sono anche due scooter, parcheggiati proprio a ridosso dei contenitori dell’umido, che in questo modo sono inutilizzabili pure dai cittadini. Spuntano sul marciapiede anche nuovi rifiuti ingombranti, un computer e una stampante, anche questi da segnalare, per la necessaria eliminazione. Ci si sposta lungo via Ghirlandaio, un’altra strada dove i divieti di sosta vengono molto spesso elusi. Davanti a un’isola ecologica sono ferme due auto, in questo caso i proprietari sono in un locale vicino e si affrettano ad uscire per spostare le vetture, salvo poi riparcheggiarle al solito posto. Nel frattempo arriva un’altra segnalazione, in via Donadoni, dove una Ford familiare blocca due cassonetti, davanti al comprensorio scolastico. Anche qui sarà impossibile effettuare il regolare svuotamento. Del proprietario, in questo caso, nessuna traccia. La prossima tappa è via della Tesa, dove a metà strada una Mercedes chiude un’intera batteria di cassonetti, rendendo impossibile lo svuotamento di plastica, carta e indifferenziata, nessun mezzo infatti è in grado di accostare, per effettuare le dovute manovre. Alla fine della via non vengono rispettati nemmeno i divieti di sosta sul marciapiede e il parcheggio disordinato di tre auto e tre furgoni comporta un restringimento della carreggiata che non permette il passaggio dei camion AcegasApsAmga, costretti quindi a fare retromarcia. Lo stesso scenario si presenta alla fine di via del Bosco, dove le auto lasciate da entrambi i lati della carreggiata, senza alcuna attenzione nei confronti dei divieti presenti, non lasciano lo spazio necessario ai mezzi per transitare. Poco prima invece, tra le due gallerie, è arrivata la segnalazione di nuovi rifiuti ingombranti, un altro computer e una lavastoviglie, mentre in via Molino a Vento viene avvistata una serie di scatoloni pieni di rifiuti, abbandonati e accatastati, in aggiunta a due sedie da ufficio. Il giro prosegue lungo via Piccardi, dove un mezzo provvede ad agganciare e svuotare un cassonetto indifferenziato, dal quale si alza una densa nube polverosa, segno che qualcuno si è liberato di materiali edili, chiaramente nel posto sbagliato. I mezzi puntano quindi al centro cittadino, fermandosi in piazza della Borsa, dove da circa cinque anni è attiva l’isola ecologica a scomparsa, interrata. Fuori dai contenitori spiccano quattro enormi sacchi neri, dai quali spuntano immondizie riconducibili a qualche locale della zona. I gestori non si sono preoccupati di verificare lo spazio dentro i bidoni, hanno semplicemente scaricato i sacchi sul pavimento. Ma lo spazio c’è, e sono gli stessi addetti dell’AcegasApsAmga a provvedere. Anche in questo caso un lavoro in più, che rallenta il servizio. Si continua lungo le vie del Borgo Teresiano, qui il problema è rappresentato spesso dagli scooter, lasciati troppo a ridosso dei cassonetti. Il risultato? Sono impossibili da agganciare e quindi da svuotare. I camion passano poi lungo via Genova, nella parte finale, prima delle Rive, dove il passaggio è reso difficoltoso dalla presenza di tre automobili, da entrambi i lati, parcheggiate sugli stalli dedicati agli scooter. Con infinita pazienza l’autista controlla entrambe le fiancate del mezzo e impiega circa il doppio del tempo necessario per uscire dalla strada. Ma la notte è lunga e i problemi non sono finiti. Sulla strada del rientro, qualche ora più tardi, si passa per viale d’Annunzio. C’è chi è rincasato e, non trovando posto per l’auto, l’ha lasciata davanti ai cassonetti, direttamente sulla carreggiata. Chissà se sarà proprio lui, il mattino successivo, a lamentarsi perché il contenitore non è stato svuotato a dovere...

(mi.b.)

 

Scooter e senzatetto dentro i contenitori
Dalle camere da letto allo scaldabagno sino alla bambola gonfiabile, i triestini abbandonano di tutto
I triestini abbandonano di tutto accanto ai cassonetti. E le curiosità non mancano. Il ritrovamento più strano risale a qualche mese fa, quando l’AcegasApsAmga è intervenuta insieme all’Arpa per un boccione colmo di mercurio liquido, lasciato accanto a un’isola di raccolta sulla statale 202. È stato necessario uno smaltimento speciale anche per una tettoia di amianto, trovata due anni fa in via Luciani, vicino ai normali bidoni delle immondizie. Immediati la rimozione e il transennamento dell’area, per l’adeguata pulizia. Ma nei cassonetti sono stati trovati anche due scooter, gettati all’interno, altri due erano stati ancorati, con tanto di antifurto, allo stesso cassonetto. Tra i ritrovamenti anche un motore da barca, uno scivolo per bambini di grandi dimensioni, una bambola gonfiabile (gonfiata), uno scaldabagno infilato nel contenitore dell’umido e una quantità talmente grande di materiali edili, tale da richiedere l’intervento di una gru. C’è poi chi ha pensato di sbarazzarsi del mobilio di un intero appartamento, nella zona di via del Bosco e in alcune laterali, dove su vari tratti del marciapiede sono stati scaricati a più riprese camera da letto, divano, poltrone, cucina, elettrodomestici, sedie, lampade rotte e un materasso matrimoniale. Stesso scenario qualche giorno fa in largo Mioni, dove sono stati depositati un frigorifero, una lavatrice, un mobile completo da cucina e una stufa. Sempre in largo Mioni sono stati portati una lunga serie di armadi, completamente smontati, in aggiunta a finestre e infissi. Poco lontano, in via Gambini, è finito sul marciapiede anche un intero set di accessori per bambini: passeggino, fasciatoio, box e vari giocattoli rotti. Sul sito www.acegasapsamga.it viene illustrato nel dettaglio il conferimento necessario per i rifiuti ingombranti, quelli non riciclabili e quelli pericolosi, che potrebbero anche creare una situazione di grave inquinamento nella zona dove vengono abbandonati, in caso, ad esempio, di particolari sostanze chimiche. Nel periodo invernale poi, durante la notte, nei cassonetti sono stati trovati anche senzatetto, persone che avevano scelto un rifugio e un giaciglio di fortuna togliendo le immondizie presenti. Episodi sono stati segnalati in via Fabio Severo e nella zona della stazione ferroviaria. Solo la prontezza degli operatori sui mezzi ha impedito che i malcapitati finissero all’interno del camion di smaltimento.

(mi.b.)

 

 

Viabilita' - Traffico urbano, bando per “Zona30”

Pubblicato sul sito web della Regione www.regione.fvg.it il bando rivolto ai Comuni per favorire l'adozione della strategia delle “Zone 30”, o moderazione del traffico, che, come ribadisce l'assessore regionale alle Infrastrutture, Mariagrazia Santoro - «è già stata adottata con successo in altre realtà italiane e in diversi Paesi europei».

Le “Zone 30” prevedono l'imposizione, per motivi di sicurezza e per favorire l'incolumità delle persone, del limite massimo di velocità di 30 km/h, rispetto al limite di 50 km/h che è imposto nei centri abitati dal Codice della strada.

 

L’avvocato smaschera i posti auto troppo stretti

Gli stalli blu di Foro Ulpiano non rispettano le misure previste dalla legge - Il Comune invia una circolare con cui sollecita i privati a ridisegnare le strisce
LE MISURAZIONI IN PROPRIO - Il Municipio è intervenuto in seguito alla segnalazione del legale Vida che ha effettuato i rilievi in via Giustiniano
Piccolo è bello per definizione. In questo caso, però, piccolo è un po’ fuorilegge o almeno fuoricodice. Il Codice della strada, s’intende, posto che a essere piccolo - evidentemente al di sotto delle misure minime indicate proprio nel Codice della strada e nelle sue ramificazioni - risulta essere la larghezza di determinati parcheggi a pagamento in superficie, quelli di blu dipinti. Giusto in queste ore, in effetti, i gestori privati degli stalli blu cittadini stanno ricevendo una circolare del Municipio che li sollecita a verificare le dimensioni dei singoli posti auto e a rifarli, a ridisegnarne i rettangoli se venisse fuori che non rispondono agli standard di legge. La scoperta dell’acqua calda - di un qualcosa sotto gli occhi di tutti ma talmente sotto da finirci per passare inosservato da tempo immemore, almeno tredici anni e mezzo, financo al Comune e allo stesso gestore, a quanto pare - si deve a un professionista: l’avvocato Fulvio Vida. Uno che, per mestiere, bazzica dalle parti del Tribunale la cui zona posteggi esterna al park sotterraneo di Foro Ulpiano, attualmente in concessione a Saba Italia, si ritrova così a essere l’epicentro di questo strano caso di posti auto improvvisamente da ricontrollare perché presunti “curti”. È stato appunto l’avvocato Vida a segnalare al Municipio - allo staff del Mobility manager, l’ingegner Silvia Fonzari, che fa capo all’assessore al Traffico Elena Marchigiani - una serie di misure inferiori a quelle del Codice, localizzate in particolare in via Giustiniano, tra piazza Oberdan, via Cicerone, la scuola Dante e gli uffici dietro il Consiglio regionale. Con il metro da artigiano in una mano e il Codice della strada nell’altra - e con un assistente d’eccezione, un amico magistrato in pensione, come ha puntualizzato in una lettera all’amministrazione Cosolini - l’avvocato Vida sostiene così di aver rilevato per quegli stalli blu, da una parte e dall’altra, una larghezza non infrequente di poco superiore ai due metri (in un caso anche inferiore), e precisamente sui 204 centimetri. Il Codice però, per tutti i parcheggi a pagamento cittadini non paralleli alla direzione di marcia, quindi quelli a pettine altrimenti detti a spina di pesce, di qualsiasi angolazione si tratti, prevede una larghezza minima di due metri e trenta, 26 centimetri in più. La non banalità del posteggiare la macchina da quelle parti, magari un Suv, non è solo pura suggestione, insomma. Questa “autoperizia” non ha lasciato indifferente il Comune, se è vero che non più tardi di lunedì è partita la circolare che parla della necessità di una verifica. Mittente: il Servizio edilizia privata, edilizia residenziale pubblica, mobilità e traffico, con tanto di firma del direttore, l’architetto Ave Furlan. «Con riferimento alla nota pervenuta alla scrivente dall’avvocato Vida che segnala la ridotta larghezza degli stalli blu nei parcheggi a pagamento con disposizione a pettine - così si legge in tale missiva - si invitano i gestori in indirizzo a verificare l’esatto dimensionamento sulle aree in concessione in modo tale che, se venissero riscontrate delle dimensioni non conformi al Decreto ministeriale del 5 novembre 2011, gli stalli di sosta vengano ricondotti alle dimensioni regolamentari». I destinatari sono tre: Saba Italia e Park San Giusto, i due gestori privati di parcheggi blu su asfalto comunale, più Trieste terminal passeggeri, che si occupa degli spazi demaniali marittimi. Nella lista non c’è Esatto, la partecipata comunale che gestisce per conto del Municipio gli stalli di diretta proprietà comunale. «I nostri parcheggi - osserva a voce l’assessore Marchigiani - sono a norma. Il problema, se sussiste, riguarda quelli in concessione ai privati. Ringraziamo l’avvocato per la segnalazione, la lettera ai gestori servirà al caso a sanare situazioni diverse». «Francamente - rileva il responsabile territoriale di Saba Italia, Giulio Torres - non abbiamo riscontrato né sinistri né lamentele intorno a Foro Ulpiano. E non abbiamo mai modificato le righe di quegli stalli, che sono rimasti tali e quali a come ci erano stati dati dal Comune in base a un diritto di convenzione (per il park interrato, ndr) da noi esercitato ancora nel 1998». 1998, dunque: tre anni prima del Decreto ministeriale evocato dal Comune nella lettera, legato al Codice della strada e recante le “Norme funzionali e geometriche per la costruzione, il controllo e il collaudo delle strade, dei relativi impianti e servizi”. Decreto che però, per onor di cronaca, all’articolo 1 riconosce come interlocutori non i privati ma Anas, concessionarie di autostrade, regioni, province e comuni. La conclusione è che lì ad essere “curto” non è un ponte ma un posto auto, o meglio più d’uno. Ed è così nonostante siano passati 13 anni e mezzo dalla legge - varata in primissima epoca Dipiazza - che imponeva il rispetto di certe misure.

Piero Rauber

 

 

Uno squalo elefante nelle acque di Duino
Avvistato e filmato da una studentessa del Mondo Unito. È un “gigante buono” innocuo per l’uomo
C’ è uno squalo elefante nelle acque di Trieste. Lo ha filmato con un cellulare, dalla finestra della foresteria del Collegio del Mondo Unito di Duino, una studentessa finlandese, Sara Kemppainen. Quando la ragazza si è affacciata alla finestra e ha guardato giù ha visto una grande sagoma nuotare nell’acqua sotto la scogliera di Duino. Ha avuto la prontezza di realizzare un breve filmato con il cellulare (ora pubblicato sul sito del Piccolo), in cui si riconosce la grande sagoma nuotare nel mare, dopodiché ha mandato il file a Lisa Faresi, biologa dell’Arpa, che a sua volta l’ha girato al biologo marino Lovrence Lipej dell’Istituto Nazionale di Biologia di Pirano, uno dei più grandi esperti di squaliformi del Mediterraneo. E il verdetto non lascia spazio ai dubbi: era proprio uno squalo elefante. «Lo squalo elefante - spiega Lisa Faresi - è uno degli squali più grandi del Mediterraneo, può raggiungere anche i dieci metri di lunghezza, si muove molto lentamente e solitamente nuota in superficie con la bocca aperta per filtrare l’acqua e catturare gli organismi planctonici di cui si ciba». «Non è - continua Faresi - una specie pericolosa per l’uomo, e in passato ci sono stati altri avvistamenti nel golfo di Trieste con prevalenza nei mesi primaverili». Uno degli ultimi avvistamenti di squalo elefante -in particolare lungo le coste dell’Istria - risale al febbraio scorso, al largo di Pola, mentre nel dicembre 2014 il pescatore sloveno di Pirano Rok Dominik ne ha catturato uno di circa due metri al largo del comprensorio turistico di Bernardino. Nel 2013 un altro esemplare di sette metri è stato catturato per sbaglio nel braccio di mare antistante il villaggio di Lukovo Otocki, ad un paio di chilometri da Segna. Lo squalo elefante, Cetorhinus maximus Gunnerus, detto anche cetorino, è una specie di pesce unico rappresentante della famiglia delle Cetorhinidae; è il secondo pesce esistente più grande al mondo, dopo lo squalo balena. La sua lunghezza, normalmente dell'ordine dei 9 metri per i maschi e 8-9 metri per le femmine, può talora raggiungere i 12 metri, mentre il peso può arrivare sino alle 10 tonnellate. È un pesce predatore di micro-plancton marino, che cattura nuotando lentamente a bocca aperta grazie alle branchiospine specializzate lunghe una decina di centimetri. I denti, per quanto numerosi e disposti in cinque file parallele, sono corti e piuttosto deboli. Nel Mediterraneo gli squali elefante compaiono misteriosamente in inverno e in primavera, ma non si sa da dove provengono e dove sono diretti: non si conoscono ancora le rotte di migrazione di questi animali. Che per altro rischiano l’estinzione e sono tutelati, assieme ad altre quaranta speecie tra squali e razze.

(p.spi.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 4 aprile 2015

 

 

Borgo Teresiano ricomincia da via Trento

Avviato il cantiere che durerà un anno. Lavori da 1,3 milioni di euro. Pista ciclabile per “unire” la stazione a piazza Venezia
RUSPE IN AZIONE Il primo tratto sarà pedonalizzato e verranno allargati i marciapiedi Si potrà pedalare sul lato mare

Largo Panfili pedonale - I posti auto saranno tolti e si recupereranno i vecchi masegni Sei alberi valorizzeranno la chiesa evangelica
«Dopo Ponterosso è partito anche il cantiere di via Trento. Due opere pubbliche per un’importante riqualificazione del nostro Borgo Teresiano». Roberto Cosolini, sindaco di Trieste, l’ha twittato e postato sulla pagine Facebook il primo aprile. Ma non si è trattato di un “pesce”. I lavori sono iniziati e dureranno la bellezza di 360 giorni (due mesi in più del cantiere di Ponterosso). Un cronoprogramma perfetto. Il taglio del nastro, se non ci saranno intoppi nel cantiere, avverrà alla vigilia delle elezioni comunali. Piazza Ponterosso per Natale e via Trento e Largo Panfili per la primavera 2016. Un milione e 325mila euro l’importo dei lavori che sono stati aggiudicati all’impresa Secis di Marcon (Venezia). In questo modo si punta a realizzare un raccordo tra piazza Venezia e Piazza della Libertà in parallelo alle Rive che riporterebbe al centro il Borgo Teresiano, un’area da tempo trascurata e praticamente semideserta dalle 19 in poi. L’opera prevede il rifacimento integrale di via Trento (incluso Largo Panfili) da via Rossini fino a via Ghega, l’allargamento dei marciapiedi e la realizzazione di una pista ciclabile per collegare piazza Libertà (ovvero l’area della stazione) con il restate sistema pedonale ciclabile del centro. «Si va così a completare questo asse interno di percorrenza che va dalla stazione e attraverso via Trento, il Ponte Curto (neppure all’assessore riesce di chiamarlo Passaggio Joyce, ndr), via Cassa di risparmio, piazza della Borsa, piazza Unità, via Cavana, piazza Hortis e via Torino arriva fino in piazza Venezia» illustra Andrea Dapretto, assessore ai Lavori pubblici. La pista ciclabile sarà collocata sul lato mare di via Trento: pedalando si potrà attraversare il Ponte curto e arrivare dritti in centro. Un percorso alternativo alle Rive che mette in collegamento i luoghi principali della città. Le nuove aree pedonali riguardano l’inizio di via Trento (fino a via Macchiavelli) e Largo Panfili da dove spariranno i parcheggi di superficie (circa una ventina di posti auto e quasi il doppio per i motocicli). Il resto di via Trento diventerà a senso unico con velocità massima di 30 chilometri orari: nuovi impianti semaforici sono previsti agli incroci con le vie Milano, Valdirivo e della Geppa. Il tratto iniziale di via Trento, quello davanti al palazzo della Regione, sarà pavimentato in pietra sul modello di via Cassa di risparmio. In largo Panfili, invece, verranno riportati alla luce i vecchi masegni e saranno anche piantati degli alberi (sei piante). La carreggiata sarà in asfalto mentre i marciapiedi in pietra. I masegni storici che saranno recuperati dai lavori di via Trento saranno utilizzati per il completamento di Piazza Ponterosso e Largo Panfili. «Questo intervento punta a dare un’occasione di sviluppo a una delle aree più interessanti e trascurate della città che è il Borgo Teresiano» aggiunge Dapretto. Il cuore dell’intervento riguarderà proprio Largo Panfili con la chiesa evangelica luterana, un raro esempio di architettura neogotica di Trieste. «Saranno eliminati tutti i parcheggi e la chiesa avrà un sagrato degno di questo nome e saranno anche collocati degli alberi» spiega l’assessore. Sei le piante, previste, che metteranno radici sul lato opposto alla facciata della chiesa. Si vuole fare di Largo Panfili, si legge nella scheda progettuale, «uno spazio dedicato alla sosta dei pedoni, allo svolgimento di attività culturali e allo stesso tempo adeguato ad assolvere alle funzione di sagrato della chiesa». L’edificio di culto già oggi ospita concerti di musica classica e conferenze. Le aspettative dell’amministrazione sul cantiere di via Trento superano quelle elettorali puntando alla ricostituzione di un tessuto urbano che si è smagliato nel tempo. «Quanto piazza Libertà sarà liberata e riconvertita - spiega Dapretto - la città si troverà nelle condizioni migliori per mettere in pratica una mobilità sostenibile dalla stazione dei treni fino a Campo Marzio. Un bel tema da affrontare anche in chiave turistica per la Trieste che verrà».

Fabio Dorigo

 

Un angolo di Trieste che ricorda la Germania

«Largo Panfili diventerà uno degli angoli più belli di Trieste». Parola di architetto e assessore. Andrea Dapretto non ha dubbi.

Al centro ci sarà la Chiesa evangelica luterana di Trieste, un bellissimo esempi di architettura neogotica tedesca. La chiesa, situata indietro il palazzo della Posta Centrale, sorge su un’area occupata in passato dallo squero Panfili primi e dalla dogana poi, fu progettata a Breslavia, in stile neogotico, dall’architetto Zimmermann e realizzata dagli architetti Triestini Giovanni Berlam e Giovanni Scalmanini. Aperta al culto nel 1874, fu sede del ginnasio comunale di lingua italiana. Degni di nota i tetti a spiovente in lastre di ardesia e, all’interno, la vetrata del coro, realizzata a Monaco di Baviera e raffigurante la “Trasfigurazione di cristo” di Raffaello. Le fondamenta del Campanile poggiano su 238 pali di legno, dovuti affondare nel terreno molle della zona, un tempo occupato da saline. La comunità evangelica di confessione Augustana è presenta a Trieste si dall’inizio del ‘700, anche se la libertà di culto fu autorizzata dall’imperatrice Maria Teresa d’Austria soltanto nel 1778. La funzione domenicale viene officiata sia in lingua italiana che in lingua tedesca. La chiesa ospita spesso concerti di musica classica.

 

Il restyling di Ponterosso divide i negozianti
Molti lamentano cali di affari dopo il via ai lavori. Ma c’è chi pensa a iniziative per rilanciare la zona
Da una parte i timori e le preoccupazioni di coloro che devono fare i conti con un cantiere aperto da poco, tra dubbi ed incertezze sul futuro. Dall’altra la tendenza a pensare positivo, cercando di unire forze, idee e progettualità per il rilancio dell'intera zona. L'area di Ponterosso, in un modo o nell'altro, continua a far parlare di sé. Il maxi intervento che sta interessano entrambi i lati della piazza e che si concluderà solo all'inizio del 2016, complica inevitabilmente le strategie delle attività commerciali che confinano con gli scavi. «È una situazione difficile - commenta David del “Cresi Buffet” -. È un po’ come sentirsi prigionieri in casa propria: fin dai primi giorni del cantiere, gli affari sono calati moltissimo, perché la gente ha difficoltà a raggiungerci. Abbiamo chiesto al Comune di poter sfruttare una parte dell'area esterna del locale, altrimenti per noi si fa davvero dura». Pensieri condivisi da altri esercenti. Per Alessio del Buffet “Al Vecio Canal”: «Poter lavorare anche all’esterno, farebbe certamente la differenza, così come è fondamentale il rispetto dei tempi dell'intervento». Un cantiere annunciato, ma vissuto in ogni caso con grande preoccupazione. «Anche con una certa angoscia - puntualizzano i titolari del RedBridgeCafè di via Genova -. La logica degli scavi non ci convince del tutto: si poteva forse evitare di intervenire contemporaneamente su entrambi i lati della piazza, penalizzando di fatto tutte le attività della zona». Anche per i gestori del ristorante “Gustò” e del “Cafè Joice”: «Incertezza e preoccupazione incarnano perfettamente lo stato d'animo del momento: la speranza è che il lavoro venga eseguito nel rispetto dei tempi e tenendo conto delle esigenze dei commercianti». Nel frattempo alcune attività che operano nell'area del Canale, stanno cercando di unire le forze per proporre all’amministrazione comunale una serie di interventi che possano rilanciare l'intera zona. Uno dei promotori del progetto, che si basa sull'unione di competenze tra pubblico e privato, è Gianluca Pischianz, titolare di un negozio di via Paganini. Tra le idee evidenziate: l'aumento e la cura di aree verdi e arredi urbani, la creazione di un percorso artistico-culturale con esposizioni temporanee di artisti locali, una sorta di mercatino dei negozianti, che potrebbero così proporre all'esterno i loro prodotti e addirittura un acquario naturale, da individuare nella parte iniziale del Canale. «L'obiettivo è non rimanere fermi, subire passivamente la crisi economica e il momento difficile, ma darsi da fare con proposte concrete - afferma Pischianz -. Abbiamo trovato ampia disponibilità da parte dell'amministrazione comunale, ma ci sono ostacoli burocratici non facili da superare. Noi però non ci arrendiamo: vogliamo rivitalizzare quest'area con la speranza che l'esempio venga seguito anche da altri rioni, nell'ottica di migliorare l'intera città».

(p.pi.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 3 aprile 2015

 

 

Accordo “senza confini” per favorire e promuovere la mobilità sostenibile
Una convenzione tra la Regione e il Centro di ricerca e archiviazione della fotografia (Craf) per conservare e promuovere il patrimonio delle immagini di interesse regionale custodite in Friuli Venezia Giulia, ma anche per valorizzare l’attività.

Sarà il Craf, stando all’accordo sottoscritto ieri dall’assessore alla Cultura Gianni Torrenti e varato dalla giunta, a fare da polo di riferimento per la ricerca, la raccolta, il censimento e la digitalizzazione del materiale disponibile. La Regione sosterrà le iniziative del progetto con specifici finanziamenti, da utilizzare secondo indirizzi e modalità definiti in un'apposita convenzione triennale. La giunta ieri ha approvato anche il programma di cooperazione transnazionale “Spazio alpino” e “Interreg Central Europe” che, attraverso la collaborazione di vari Paesi Ue, punta a favorire la protezione delle risorse naturali, la mobilità sostenibile e ridurre l’emissione di inquinamento.

(g.s.)

 

Musei in ripresa dopo la flessione del 2013
Ingressi aumentati del 4,3%. Bici a bordo di bus e Delfino Verde per attrarre gli amanti delle due ruote
Turismo e musei, va da sè, viaggiano di pari passo. E anche se il sito più visitato di Trieste (il parco di Miramare, ndr) ha attraversato un periodo “difficile”, lo scorso anno i turisti non hanno disdegnato i musei comunali. «Dopo la leggera flessione del 2013 - ha commentato l’assessore alla Cultura Paolo Tassinari - abbiamo registrato un recupero e un significativo aumento lo scorso anno, con un +4.34%». Nel 2014, dunque, i visitatori dei Civici musei di Storia ed arte e del Museo Revoltella stati oltre 329mila, rispetto ai 351mila del 2012. Nel dettaglio, rispetto al 2013 lo scorso anno il Castello di San Giusto ha visto crescere i visitatori del 7%, il museo di Storia ed arte del 10%, il Revoltella del 9%, il museo Orientale del 44% e il museo teatrale Schmidl addirittura del 68%. Sempre nel 2014, nei primi cinque mesi di apertura anche il museo De Henriquez ha dato un significativo contributo nel richiamare nuovi turisti, con oltre 19mila visitatori. Nel complesso, quindi, il 2014 si è chiuso, per quanto riguarda i musei appena ricordati, con 349mila visitatori. Un discorso a parte riguarda i musei scientifici, gestiti sempre dal Comune, che nel 2014 hanno totalizzato più di 89mila ingressi. L’Aquario marino ha segnato in particolare il miglior dato di affluenza nel decennio 2005-2014, con un balzo notevole: dai 35.400 del 2011 ai 53.176 dello scorso anno. Addirittura record storici, sia pure con cifre meno rilevanti, hanno fatto registrare il Museo di storia naturale (quasi 23mila persone (nel 2011 erano stati appena 3.700), il Museo del mare (7.500 visitatori) e l’Orto botanico (quasi 6 mila ingressi). Tassinari ha accennato anche all’affluenza alla mostra “La Grande Trieste”, che in soli due mesi (febbraio e marzo) è stata vista da più di 10mila persone, delle quali l’80% di Trieste, il restante 20% dal Friuli Venezia Giulia, da altre regioni e anche dall’estero. «Sulla base di questi risultati - ha precisato l’assessore - la mostra è stata prorogata a metà giugno». Fra le domande dei presenti, relative alle varie forme di turismo, anche quelle di un rappresentante della Fiab Trieste Ulisse, il quale ha chiesto se Comune e Provincia riescono a sbloccare i 3 milioni per la pista ciclabile del Carso fermi a causa del patto di stabilità. «Il finanziamento è subordato al piano delle piste ciclabili della provincia», ha spiegato il vicepresidente dell’ente, Igor Dolenc, che ha anche rilevato come vari progetti per il cicloturismo siano penalizzati dal calo delle risorse. «Adesso - ha aggiunto - siamo impegnati nella congiunzione Est-Ovest, dal Lisert verso altri percorsi. Così nell’imminente stagione il Delfino Verde potrà trasportare 15 biciclette, e a breve i bus della Trieste Trasporti accoglieranno le bici sul linee “dedicate” da piazza Oberdan per Opicina e per Basovizza».

(gi.pa.)

 

A ruota libera - Parenzana: prima tappa a pedali via mare Da Trieste a Portorose, partendo però a bordo del Delfino Verde

Stazione di Trieste, Sant'Andrea: sorgeva qui la prima pietra miliare della Parenzana, il chilometro zero, con incise le lettere TPC (Trieste-Parenzo-Canfanaro: fin lì la ferrovia sarebbe dovuta arrivare).

Dopo quattro anni dall'inaugurazione, la stazione di partenza della linea ferroviaria più famosa dell'Istria, nel 1906 fu spostata a Campo Marzio, dove oggi sorge il museo ferroviario di Trieste: da qui, dovrebbe iniziare il nostro viaggio a pedali. Ma visto che pedalare in città non è particolarmente divertente, e dato che la pista ciclabile inizia a Muggia, abbiamo deciso di rendere l'escursione più rilassante, divertente e addirittura romantica, partendo in motonave! Caricate le biciclette sul Delfino Verde (che durante tutto l'anno collega Trieste a Muggia e recentemente si è dotato di una rastrelliera che può portare ben 16 bici - http://triestetrasporti.it) lasciamo le rive, ammirando piazza Unità che vista dal mare appare ancora più bella. Arrivati al porticciolo di Muggia, si monta in sella: un paio di chilometri e, come indicato sulla mappa pubblicata la scorsa settimana, si imbocca la pista ciclabile. Allo stesso punto comunque si può arrivare via terra: cliccando sul QR code, potete scaricare l'itinerario che dall'attuale stazione dei treni di Trieste (dove potete noleggiare una bicicletta al Bikeways Point di viale Miramare) porta fino all'inizio della ciclabile lungo il Rio Ospo, e poi avanti fino a raggiungere Portorose, prima tappa della nostra Parenzana a puntate. Un po' di salita per raggiungere Škofije: prima di sconfinare, la ciclabile ritrova il tracciato originale delle rotaie e sfoggia un bel ponticello in pietra, unico ricordo della Parenzana in territorio italiano. Una volta entrati in Slovenia, la pista (quasi sempre asfaltata) vi porterà, seguendo la dicitura D8, a Capodistria, Isola e infine Portorose: lungo il percorso incontrerete la prima stazione a Decani, una delle meglio conservate, ora divenuta casa privata. Ancora Bertocchi, un ponticello per superare il fiume Rižana/Risano e si raggiunge il centro di Capodistria. Da qui, si pedala fino a Isola su una pista ciclopedonale lungomare; la ciclabile poi lascia la costa e prende la direzione dell'entroterra all'altezza di una stazione di servizio ben riconoscibile perché a fianco troneggia una locomotiva originale della Parenzana! Ed ecco il primo tunnel: all'uscita, si pedala tra gli orti coltivati e gli ulivi delle campagne di Strugnano fino a raggiungere il secondo tunnel sotto il monte Luzzan, il più lungo di tutto il tracciato, ma ben asfaltato e illuminato. Allo sbocco, uno splendido scorcio sul mare: dall'alto si vede Portorose, dove conclusi indicativamente i primi 40 km di viaggio ci si può fermare a dormire all'Hotel Tomi, perfettamente attrezzato per i ciclisti. La seconda tappa vi porterà fin quasi a Grisignana: la troverete il prossimo venerdì, sempre #aruotalibera!

Chiara Meriani

 

 

Servizio civile, 15 i posti in palio
Le domande entro il 16 aprile. Impegno annuale per giovani dai 18 ai 28 anni
Scade il 16 aprile il termine per presentare domanda per il Servizio civile nazionale e a Trieste sono quindici i posti disponibili, per tutti i ragazzi che vogliono partecipare, per la durata di un anno, con un compenso fisso mensile di 433 euro. «Il servizio civile rappresenta un’occasione di formazione e apprendimento per i giovani - spiegano dalle Acli - oltre che la possibilità di dare il proprio contributo alla comunità, in vari ambiti». Quattro posti sono disponibili nell’ambito del progetto “Fuoriclasse”, per svolgere attività al doposcuola rivolto a bambini e ragazzi delle elementari e medie, per supportare i minori in ambito scolastico e organizzare momenti di animazione e socializzazione. Un ulteriore posto è destinato alla progettazione e alla gestione di iniziative extrascolastiche. Il progetto “Affari nostri” invece prevede un posto per operare negli ambiti del consumo critico, dell’economia sostenibile e dello sviluppo di politiche della pace. Due posti poi sono destinati al progetto “Milleuno ce la fa”, promosso dall’Unione Sportiva Acli, nel quale i ragazzi saranno a contatto con giovani, anziani, immigrati e disabili all’insegna dello sport, inteso come occasione aggregativa, strumento per superare le barriere e come mezzo di socialità. Un ragazzo poi potrà partecipare a “Tieni il tempo”, per occuparsi della pianificazione e gestione di iniziative nel campo del welfare e della cultura, nell’ambito dell’invecchiamento attivo, della socializzazione e della trasmissione di usi e tradizioni. “Alfabeti di futuro” darà la possibilità a un volontario di seguire invece studenti stranieri e italiani al centro di formazione professionale Enaip. Per quanto riguarda il settore della disabilità, ci saranno cinque posti per “Passi avanti”, dove ci si occuperà di laboratori e momenti di intrattenimento rivolti ad adulti con lievi disabilità intellettive. Tutti i volontari saranno seguiti da tutor preparati, che li accompagneranno nel corso dell’anno. Le domande vanno presentate entro il 16 aprile alle 14 alla sede di via San Francesco 4/1. Possono partecipare alla selezione ragazzi dai 18 ai 28 anni. Info: www.aclitrieste.it o serviziocivile@aclitrieste.it.

Micol Brusaferro

 

 

Lavori - Il park di piazza Foraggi approda in commissione

Torna d’attualità il progetto per la realizzazione del parcheggio in piazza Foraggi.

Ad occuparsene sarà, martedì prossimo alle 12.30 nella sala dell’assemblea municipale, la commissione consiliare per la Trasparenza. All’incontro è prevista anche la partecipazione dell’assessore ai Lavori pubblici Andrea Dapretto.

 

 

Riserva - Visite guidate in Val Rosandra

Escursioni naturalistiche guidate promosse dalla Riserva naturale della Val Rosandra (Comune di San Dorligo della Valle) con la Wwf Area marina protetta di Miramare.

Quattro uscite, ogni 14 giorni, da lunedì di Pasquetta, in italiano e sloveno, gratis, di tre ore. Necessario prenotare ogni uscita: da lunedì a venerdì 10-13 al 040-224147.

 

 

“Urbi et horti”, come nasce un progetto
Nuovo appuntamento con le lezioni pratiche di “Urbi et Horti”, oggi pomeriggio alle 15.30, alla Casa del giovane di via Inchiostri 4.

Accompagnati dal maestro contadino Roberto Marinelli, impareremo a progettare un orto comune, a considerare l’aspetto paesaggistico, il contesto urbano circostante, ma anche quello umano. Lavorare insieme significa dividersi i compiti, preparare gli spazi singoli di ogni contadino ma anche quelli comuni, preparando e allestendo degli spazi conviviali e di riposo, ma anche piccole serre, panche e tavoli con un occhio al riuso e il recupero del materiale nello stesso luogo di coltivazione. Chi volesse avvicinarsi a questa nuova comunità di contadini urbani può presentarsi direttamente all’incontro o scrivere a orticomuni.trieste@gmail.com.

 

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - GIOVEDI', 2 aprile 2015

 

 

SERVIZIO CIVILE NAZIONALE CON ARCI SERVIZIO CIVILE PER COMPRENDERE, CAMBIARE, AGIRE
Ancora due settimane di tempo per consegnare le domande di partecipazione al bando di servizio civile nazionale.

Scade infatti il 16 aprile 2015, alle ore 14.00, il termine per far pervenire le domande di partecipazione, in formato cartaceo, presso la sede di ARCI Servizio Civile Trieste, in via Fabio Severo 31 (34133 – Trieste),
Il bando per la selezione, per quanto riguarda ARCI Servizio Civile in Friuli Venezia Giulia, di 32 volontari da impiegare in 6 progetti è pubblicato sul sito www.arciserviziocivilefvg.org.
Possono partecipare alla selezione i giovani che abbiano compiuto il diciottesimo anno e non superato il ventottesimo anno di età. E’ previsto un compenso mensile pari a 433, 80 euro.
Gli uffici di ARCI Servizio Civile, in questo periodo, saranno aperti dal lunedì a venerdì con orario 9.00-12.00 e 15.00-18.00.
Info: trieste@ascmail.it (+39) 040 761683
 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 2 aprile 2015

 

 

Alloggi sociali nell’ex fabbrica Sadoch

Il Fondo housing sociale Fvg realizzerà 94 appartamenti che saranno affittati a canone concordato. Solo gli attici in vendita
Soddisfazione del comune Finalmente possiamo annunciare l’avvio della riconversione
Dopo oltre vent’anni di abbandono e di progetti annunciati e mai partiti, l’ex fabbrica Sadoch di viale Montebello si prepara a nuova vita. A giugno sarà perfezionato l’acquisto da parte del Fondo housing sociale Fvg gestito da Finint Investments SGR, poi inizieranno i lavori, che dureranno circa un anno e mezzo. Alla fine del cantiere il progetto, che prevede il mantenimento del profilo architettonico della facciata attuale, vedrà realizzati 94 alloggi che saranno destinati prevalentemente alla locazione a canone agevolato. L’immobile, costruito nel 1957, ha una superficie complessiva di circa 9mila metri quadrati, tra la palazzina più bassa che si affaccia sulla strada e l’edificio più alto alle sue spalle. Negli ultimi anni si è assistito ad un lento e costante degrado dell’ex fabbrica cartotecnica, con infissi caduti, immondizie accumulate in più punti, porte divelte e ripetuti atti vandalici, segnalati più volte anche dai residenti della zona. Dall’esterno si nota l’incursione incontrollata di chi ha imbrattato i muri e ha staccato pezzi di recinzione, alla ricerca probabilmente di oggetti o mobili. Ma ormai ben poco è rimasto di quella stabilimento, molto conosciuta in passato in tutta la città. Anche il marciapiede davanti allo stabile risulta particolarmente danneggiato, con il porfido che in più punti lascia intravedere ampi buchi. In queste settimane l’attuale proprietà, l’Art 2000 Srl, sta eseguendo la rimozione dei materiali residui e la pulizia delle aree circostanti, prima di arrivare al rogito, previsto a fine giugno, quando lo stabile passerà nelle mani del fondo Housing Sociale FVG, che ne curerà la risistemazione immobiliare e la successiva gestione, in collaborazione con il gestore socio-immobiliare. «Siamo un fondo di housing sociale che ha l’obiettivo di investire circa 50 milioni di euro nella regione Friuli Venezia Giulia, per a realizzare almeno 330 alloggi da destinare a canone calmierato rispetto al mercato, favorendo il recupero e la riqualificazione di strutture dismesse - spiega Sara Paganin, Senior Fund Manager di Finint Investments SGR -. A Trieste abbiamo identificato l’edificio industriale ex Sadoch come progetto di riqualificazione immobiliare a fini sociali, un progetto ambizioso e complesso, perché l’edificio va completamente riprogettato, tenendo conto anche dei vincoli esistenti». La palazzina principale si articolerà su otto piani, oltre ad un seminterrato per i parcheggi, mentre nell’edificio antistante troveranno posto ulteriori tre piani di appartamenti. Gli attici saranno venduti, mentre il resto delle unità saranno date in locazione a canoni calmierati, anche con la formula dell’affitto-riscatto, agli aggiudicatari dell’apposito bando che verrà predisposto. «Housing sociale non significa solo appartamenti a canone calmierato - continua Sara Paganin - ma soprattutto dare vita a una comunità sostenibile offrendo spazi comuni e servizi destinati all’integrazione e alla socializzazione». Per questo motivo all’interno della struttura saranno creati anche due spazi dati in utilizzo gratuito agli inquilini. L’housing sociale prevede inoltre una convenzione specifica da stipulare con il Comune di riferimento e un tetto massimo fissato per le locazioni. Per questo la società di gestione del fondo ha incontrato nei giorni scorsi l’assessore Elena Marchigiani. «Stiamo valutando come strutturare la convenzione, per capire le esigenze reali che ci sono a Trieste e la fascia di affitti più adeguata - spiega Marchigiani -. Puntiamo a rispondere quanto più possibile alle domande del territorio e a mettere in rete i servizi già presenti in quella zona dove, ricordiamo, ci sono già anche numerosi alloggi Ater. Dal punto di vista delle opere - prosegue l’assessore - è stata prorogata da parte del Comune la concessione edilizia, fino al 2017, per quanto riguarda la struttura affacciata su viale Montebello. L’ex Sadoch ha una vicenda lunga e travagliata, ma finalmente – conclude l’assessore - possiamo annunciare che l’iter per la sua riconversione è ufficialmente partito».

Micol Brusaferro

 

 

Un tour primaverile per scoprire i segreti della Val Rosandra
Il Comune anticipa e raddoppia le uscite naturalistiche - Si parte a Pasquetta passeggiando «in estremo oriente»
SAN DORLIGO DELLA VALLE In Val Rosandra si va. Più e più volte. E così il Comune di San Dorligo, ente gestore della Riserva naturale, decide di raddoppiare le tradizionali uscite naturalistiche. Quelle che di solito si svolgono in autunno ma che quest’anno fanno il bis e si propongono già a Primavera. Si chiama infatti “Primavera in Val Rosandra" il calendario di escursioni che prevede quattro uscite con cadenza quindicinale e che parte proprio il lunedì di Pasquetta. Le escursioni, che termineranno a maggio, si terranno in lingua italiana e slovena, saranno gratuite e rivolte a residenti e turisti. Per differenziare l’offerta, ogni visita, della durata di tre ore circa, esplorerà una piccola area della Riserva, e porterà un gruppo di massimo 25 persone per lingua a scoprire alcuni aspetti botanici, faunistici, storici e culturali della Val Rosandra. Le modalità di partecipazione sono assolutamente semplici. Basta prenotare ogni singola uscita contattando la segreteria da lunedì a venerdì 10-13 in lingua italiana telefonando allo 040 224147 (interno 3) ovvero inviando in lingua slovena una mail a info@riservavalrosandra-glinscica.it o tel 040 8329237). “Primavera in Val Rosandra” si apre, dunque a Pasquetta, con un’escursione intitolata “Goli, passeggiando in estremo oriente” che punta a far scoprire la parte orientale della valle e segnatamente di Grozzana e Pesek. Si viaggerà tra il Krasno Polje di Grozzana e si salirà sul monte Goli (621 metri) che rappresenta l’angolo più orientale dell’Italia settentrionale, coperto di boschi freschi con faggi e boscaglia carsica e solo pochi lembi di landa. Altro giro, altro paesaggio il 19 aprile. Stavolta il protagonista indiscusso sarà il Monte Carso che consente una splendida visione della valle dall’alto. Da Bagnoli si arriverà alla sella del monte per poi scendere a Bottazzo lungo il sentiero che costeggia il confine e rientrare lungo il fondovalle. Il 10 maggio dalla casa madre di San Dorligo/Dolina, ci si spingerà fino alla vedetta di Crogole lungo il sentiero CAI n.1 verso la vedetta di Crogole e la cima del Monte Carso (457 mslm). Il percorso continuerà ammirando le rarità botaniche del luogo, come la Moehringia di Tommasini, mentre uno sguardo panoramico mostrerà come gli alberi e le piante erbacee per vivere sono costretti ad arrampicarsi sui versanti e sulle rupi a strapiombo. Durante l’escursione ci si soffermerà ad osservare il torrente Rosandra con la sua particolare cascata. Oltre agli aspetti naturalistici si noterà come il passato della Val Rosandra si intrecci con la storia dell’uomo, il che spiega gli insediamenti umani preistorici e i mulini, l’acquedotto romano e i commerci medioevali, fino all’epoca moderna. Ed ecco l’ultimo appuntamento, quello del 31 maggio, che convoglierà i gruppi verso il paesaggio calcareo dello Stena e quello arenaceo della valle di Draga. L’itinerario partirà dalla chiesetta in località San Lorenzo per raggiungere il Monte Stena attraverso il sentiero panoramico sulla valle. Dall’alto delle pareti che sovrastano la valle sguardi all’orizzonte per cercare di individuare l’avifauna tipica. Si scenderà quindi a Draga per poi risalire lungo la valle caratterizzata dalla vegetazione rigogliosa e dalla presenza di acqua in ruscelli temporanei, nelle jazere e negli stagni collegati. Da notare che, per precisa scelta, tutte le escursioni sono adatte ad adulti e famiglie (bambini dagli 8 anni) Il Comune precisa anche che tutte le escursioni si svolgeranno alla mattina e saranno accompagnate da due guide. Dureranno all’incirca tre ore con gradi di difficoltà escursionistiche diverse che verranno segnalate dalla segreteria che seguirà le formazioni e le prenotazioni. È previsto il superamento di dislivelli su sentiero (fino a 300m di dislivello) ed è necessario quindi prevedere l’utilizzo di scarpe chiuse adatte ad ambiente montano.

Furio Baldassi

 

 

Fianona 3, anche Cherso dice no alla termocentrale a carbone

Bocciatura o comunque forte contrarietà alla termocentrale a carbone Fianona 3 è arrivata dalla municipalità di Cherso che dista pochi chilometri in linea d’aria dalla porzione d’Istria orientale dove dovrebbe sorgere l’impianto. Esponenti dell’ Azienda elettrica croata (Hep), titolare del progetto, hanno voluto incontrare i consiglieri comunali chersini per esporre loro i vantaggi derivanti dalla centrale a carbone. Ma il presidente del consiglio cittadino di Cherso, Marcello Damijanjevic – che ha voluto l’ incontro – ha chiesto perché i chersini non abbiano potuto partecipare al referendum di domenica, poi naufragato per lo scarso numerodi votanti: «A Cherso siamo preoccupati per l’ impatto negativo che il carbone potrebbe avere sulla nostra biodiversità, e sulla salute degli isolani», ha detto. Parole non tenere anche dall’ex sindaco di Cherso, Gaetano Negovetic. L’attuale sindaco di Cherso, Kristijan Jurjako, ha affermato che gli isolani sono poco o punto informati del progetto ed è perciò che temono quelle che potranno essere le conseguenze di una centrale del genere.

(a.m.)

 

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 1 aprile 2015

 

 

ASSEMBLEA LEGAMBIENTE

Il Circolo Verdeazzurro Legambiente Trieste informa che mercoledì 8 aprile, alle 18, in via Donizetti 5/a, si terrà l’assemblea ordinaria dei soci.

Dopo la relazione del presidente Andrea Wehrenfennig, verrà illustrato per l’approvazione il rendiconto economico-finanziario del 2014. Avranno diritto di voto tutti i soci del Circolo in regola con il pagamento delle quote sociali.

 

 

Proroga di contratto a Trenitalia in attesa del nuovo bando
TRIESTE - Firmata ieri a Roma la proroga del contratto di servizio con Trenitalia per la gestione dei servizi regionali ferroviari in attesa del nuovo affidamento a seguito della futura pubblicazione del bando di gara regionale anche sul trasporto su ferro.

La proroga tecnica assicura la prosecuzione del contratto di servizio per il trasporto ferroviario regionale con Trenitalia fino al 31 Dicembre 2016. È comunque prevista la possibilità di estensione di un ulteriore anno qualora alla data del 31/12/2016 non risulti ancora conclusa la procedura di gara ad evidenza pubblica o non sia possibile l'effettivo avvio dei servizi da parte dell'eventuale nuovo aggiudicatario. «Si tratta di un atto dovuto a garanzia del servizio - commenta Santoro - che mantiene le stesse condizioni dell’attuale contratto, salvo il recepimenti di alcune modifiche normative in tema di costo dell'energia elettrica e alcune prescrizioni che siamo riusciti ad introdurre, pur non essendo contrattualmente forti come nell'ipotesi di una gara, relativamente ad alcuni potenziali aspetti critici». In particolare nella proroga si fa riferimento alla ormai prossima entrata in servizio dei nuovi treni ETR 563 acquistati dalla Regione, prevista per prossimo 15 Giugno. «La Regione e Trenitalia condividono la necessità di utilizzare quanto prima i nuovi elettrotreni che andranno a migliorare nettamente la qualità del servizio - precisa Santoro - per questo abbiamo previsto anche nell'atto di proroga un'attiva collaborazione tra le parti per ridurre i tempi relativi alle varie attività necessarie alla loro messa in servizio». Il contratto fa proprio inoltre l'accordo che la Regione ha siglato nel 2014 con gli appartenenti alle forze dell’ordine per la libera circolazione sui treni regionali. Viene infine stabilito che la riarticolazione delle aperture delle biglietterie sarà regolata da un accordo consensuale tra la Regione e Trenitalia.

 

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 31 marzo 2015

 

 

Vienna a Lubiana: «Meglio chiudere Krsko»

Il cancelliere Faymann a Cerar: ma per la Slovenia alternativa agevole nella cornice energetica dell’Ue

Veglia, avanti con il gnl Il capo del governo croato Milanovi„ conferma le trivellazioni nell’Adriatico e la costruzione del rigassificatore sull’isola
TRIESTE Non c’è ripresa economica se a supportare le imprese non c’è una rete energetica in grado di essere concorrenziale nei prezzi e soprattutto ecosostenibile. Ne hanno discusso in un vertice a tre a Schladming in Austria il cancelliere austriaco, Werner Faymann, il premier sloveno, Miro Cerar e quello croato, Zoran Milanovi„ e il vicepresidente della Commissione Ue con delega all’energia, Maroš Šef›ovi›. Un mini summit che assume un valore strategico per l’area dei Balcani occidentali soprattutto se inquadrata in uno scenario geoenergetico che non potrà contare più sulla “arteria aorta” di South Stream, il gasdotto che Mosca ha cancellato dalle sue iniziative dopo gli ostacoli frapposti dall’Unione europea e dalle sue politiche energetiche e dopo lo scoppio della crisi ucraina. Urge, dunque, correre ai ripari, bisogna fare squadra per ridisegnare il “sistema circolatorio” della linfa vitale dell’energia, in un’area, come quella balcanica per l’appunto, che si ritrova a essere una zona nevralgica per l’approvvigionamento dell’Occidente, ma tenendo conto dei protocolli internazionali sulle emissioni inquinanti e puntando con decisione su tecnologie ecosostenibili. Proprio per questo dal cancelliere austriaco Faymann ha bacchettato Lubiana in relazione alla centrale nucleare di Krsko, collocata non lontano dai confini austriaci che offre energia insostenibile, ha detto Faymann, senza dimenticare i rischi connessi al funzionamento di tale impianto. «Sono convinto però - ha precisato il cancelliere austriaco - che alla Slovenia sarà offerta un’alternativa (a Krsko ndr.) all’interno della cornice dell’unione energetica dell’Unione europea». E se Vienna conferma la sua linea “no nukes” improntata alla ricerca di energie alternative ed ecocompatibili, la Croazia con il suo premier Milanovi„ ha rilanciato, invece, le non certo ambientalisticamente corrette piattaforme in Adriatico per l’estrazione di gas e petrolio e l’altrettanto contestato dagli ambientalisti, rigassificatore di Veglia. Milanovi„ ha rassicurato che il tutto sarà sviluppato con la massima attenzione rivolta ai temi ambientali, ma già la valutazione di impatto ambientale, inviata anche a Roma e Lubiana, e relativa alle trivellazioni in Adriatico presenta, anche a detta di tecnici e di esperti e non solo degli ambientalisti, delle forti lacune. Come perplessità sono destate dal rigassificatore di Veglia che utilizzerà le acque marine per il ciclo produttivo con le inevitabili ripercussioni per l’ecosistema marino. E pensare che si potrebbe risolvere il tutto se nella produzione venisse utilizzato lo stesso metano che arriva dalle navi gasiere piuttosto che l’acqua di mare. Sistema che ha un costo però, pari allo 0,3% del prodotto, e chi investe nell’impianto non vuole sopportare riduzioni dei margini di guadagno. Con buona pace di pesci, alghe e fondali. Il vicepresidente Ue e commissario all’Energia, Šef›ovi› ha, da parte sua, spiegato come l’unione energetica europea non deve essere un progetto calato dall’alto dalle istituzioni e che poi la popolazione deve sopportare, «la meta - ha spiegato Šef›ovi› - è che l’energia sia sicura e distribuibile», il che include minori costi di acquisto ma anche «una migliore e più intelligente rete distributiva». Insomma la parola d’ordine è: diminuire la bolletta energetica in Europa. E per questo bisogna innanzitutto diversificare le fonti di approvvigionamento e colmare, sempre in quest’ottica, il “buco” lasciato dall’oramai defunto progetto South Stream. Il che non signifca però che Mosca abbia abdicato ai suoi appetiti adriatici, come, del resto, le offerte per l’Ina croata attraverso la Mol ungherese ci indicano molto chiaramente.

Mauro Manzin

 

 

Il referendum su Fianona 3 - Chi ha votato ha detto “no”
Ma l’affluenza alle urne del 36,61% ha fatto fallire la consultazione popolare -Il sindaco Demetlika: «Zagabria però non potrà non tener conto del risultato»
ALBONA All'indomani del referendum indetto dalle autonomie locali del territorio contro l'uso del carbone nella futura centrale elettrica Fianona 3, ma non riuscito causa scarsa affluenza alle urne, il primo a valutare l'esito della consultazione è stato il sindaco dell'ex centro minerario Tulio Demetlika. «Dato che il governo ha sempre bocciato la richiesta del referendum - spiega Demetlika - lo abbiamo fatto noi delle cinque autonomie locali». È vero - riconosce il sindaco - che è stata ottenuta «l'affluenza media del 36,61%, dunque inferiore alla soglia della legittimità che è del 50% più un voto. Però il 95% di chi ha votato - così ancora Demetlika - ha detto decisamente “no” al carbone, un dato che il potere centrale di Zagabria non può assolutamente ignorare. Anzi - ha aggiunto il sindaco - mi attendo che il governo tenga il risultato nella giusta considerazione». A proposito della bassa adesione alle urne, Demetlika ha puntato l'indice proprio contro il carattere consultivo e dunque non vincolante del referendum. Molti cittadini, ha aggiunto, evidentemente non hanno votato tenendo presente che in ogni caso il risultato uscito dalle urne non avrebbe cambiato le cose. E sulla stessa linea di pensiero sono gli ambientalisti di Greenpeace Croazia, che sventola sotto il naso del governo il 95% dei voti contro il carbone rispetto a quanti si sono recati alle urne. Sul tema del referendum ancora non si è fatto sentire invece il presidente della Regione istriana Valter Flego. Il flop del referendum, in ogni caso, spiana ora completamente la strada al progetto della centrale a carbone fortemente voluto dal governo e dall'azienda elettrica di stato Hep che da tempo hanno avviato le trattative con l'investitore interessato, la compagnia giapponese Marubeni. Si tratta di un progetto del valore pari a 800 milioni di euro. La Fianona 3, destinata a sostituire la vecchia Fianona 1, avrà la potenza di 500 Megawatt e sprigionerà nell'aria 300 tonnella di diossido di carbonio all'ora. Dati che inducono molti abitanti di quest'area istriana a ritenere il carbone come il peggiore dei mali. Tornando al referendum, gli aventi diritto di voto nella città di Albona nonchè nei comuni del circondario erano 20.544, come detto l'affluenza media è stata del 36,61%. Quella più alta pari al 40% si è registrata nel Comune di Santa Domenica, seguita da Albona a quota 38%, Arsia 33%, Chersano 31% e Pedena 30%.

(p.r.)

 

 

Aurisina in rivolta per la nuova antenna
Lavori partiti vicino alla Stazione ferroviaria. I residenti avviano la raccolta firme: «Zero informazioni». Il Comune media
TRIESTE «Non siamo contro la tecnologia, né discutiamo l’utilità del nuovo impianto. Ma trovarci di punto in bianco con un’antenna a pochi metri dall’uscio di casa è davvero troppo!». Silva Tonchella parla a nome di quella piccola comunità che gravita attorno alla Stazione Ferroviaria di Aurisina. In quest’area, da nemmeno una settimana, fervono i lavori della Wind per la realizzazione di una nuova antenna per la telefonia mobile. Il traliccio, che si presume raggiungerà oltre trenta metri d’altezza, sorgerà sul terreno di proprietà delle Ferrovie dello Stato nel bel mezzo di un insediamento abitativo e non lontano dalla clinica Pineta del Carso. «Nel giro di qualche giorno hanno iniziato a scavare le fondamenta dell’antenna – riprende la residente – senza che nessuno si sia degnato di informarci. Ribadisco: non avversiamo tout court tale impiantistica e i suoi scopi, tuttavia ci chiediamo perché non darne informazione, visto che il nuovo impianto impatterà esteticamente e energeticamente in modo rilevante sulla nostra zona. Soprattutto ci chiediamo perché le Ferrovie non abbiano pensato di concedere altre aree per l’edificazione, visto che da queste parti dispongono di diverse proprietà». Preoccupati per le emissioni, gli abitanti di Aurisina Stazione si sono rivolti all’Arpa per avere delucidazioni sull’incidenza delle emissioni nel comprensorio abitato. In tempi altrettanto rapidi hanno organizzato una raccolta firme con una petizione che sono stati inoltrati all’amministrazione comunale. L’obiettivo è di salvare il salvabile, ovvero di far trasferire il nuovo traliccio lontano dal centro abitato, magari in quei siti dove, puntualizzano i residenti, le Ferrovie hanno già realizzato diversi magazzini per usi diversi. «Il Comune ha preso atto delle preoccupazioni dei residenti e ha provveduto a riunire i capigruppo per discutere su come aiutare la comunità. Fermo restando – afferma il vicesindaco Massimo Veronese – che il nuovo impianto ha tutte le carte in regola per essere costruito e attivato». Secondo il vicesindaco esiste un piano intercomunale per la telefonia mobile, condiviso con le amministrazioni di Monrupino, Sgonico e Dolina, che individua i siti dove possono sorgere preferibilmente i tralicci. L’area di Aurisina stazione è tra quelle considerate idonee. «Gli interventi di costruzione di tali impianti avvengono attraverso la presentazione della Segnalazione certificata di inizio attività, con allegate le prescrizioni dell’Arpa. Su questo iter il Comune non ha voce – sostiene Veronese – e per quanto concerne la nuova antenna posso dire che l’iter è in regola. Tuttavia l’amministrazione comprende le preoccupazioni dei cittadini e sarà tempestiva nel dare una risposta alla petizione». In questo senso il Comune ha già contattato le Ferrovie per rintracciare una soluzione diversa.

Maurizio Lozei

 

 

PIANIFICAZIONE URBANA -  Il Comune lancia lo sviluppo sostenibile

Si chiama Useact ed è un progetto europeo sulle azioni per lo sviluppo urbano sostenibile.

Il Comune di Trieste vi ha partecipato come partner e, a due anni dall’avvio, tira le somme: l’evento conclusivo, aperto al pubblico, è in programma oggi alle 9.30 nella sala del Consiglio comunale e prevede i saluti del sindaco Roberto Cosolini e dell’assessore Roberto Treu, l’intervento dell’assessore Elena Marchigiani, le relazioni di esperti e la presentazione del piano di azione locale per la città di Trieste “Strumenti innovativi di rigenerazione urbana e di riqualificazione energetica del patrimonio immobiliare.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 30 marzo 2015

 

 

ASSEMBLEA LEGAMBIENTE

Il Circolo Verdeazzurro Legambiente Trieste informa che mercoledì 8 aprile, alle 18, in via Donizetti 5/a, si terrà l’assemblea ordinaria dei soci.

Dopo la relazione del presidente Andrea Wehrenfennig, verrà illustrato per l’approvazione il rendiconto economico-finanziario del 2014. Avranno diritto di voto tutti i soci del Circolo in regola con il pagamento delle quote sociali.

 

 

In Porto Vecchio concessioni da rifare

Decadute le richieste avanzate in base all’ultimo bando. Azzerato lo “spezzatino” dell’era Monassi. Resta in corsa Fincantieri
il “piano” Di hatzakis Il numero due della Minoan puntava a un terminal aliscafi in Molo III
Scongelato il Porto Vecchio, finisce anche l’era dello “spezzatino”, quello che Marina Monassi aveva tentato di fare tagliandolo in tante piccole fettine senza un masterplan complessivo. La legge sulla sdemanializzazione afferma che «sono fatti salvi i diritti e gli obblighi derivanti dai contratti di concessione di durata superiore a quattro anni in vigore che sono convertiti, per la porzione di aree relative, in diritto di uso in favore del concessionario per la durata residua della concessione». Restano saldi dunque Genoa Metal terminal, che fa parte del gruppo olandese Steinweg e che gestisce l’Adriaterminal con una concessione di 15 anni valida fino al 2022 e la Saipem, leader mondiale nel settore dei servizi per l’industria petrolifera offshore e onshore che sul lato del Nord dell’Adriaterminal e sul Molo primo ha una base logistica in concessione per dieci anni, oltre logicamente a Greensisam titolare di una concessione addirittura novantennale sui primi cinque Magazzini storici. Vengono invece a decadere le richieste di concessione avanzate in base all’ultimo bando dell’Authority con la formula appunto dello “spezzatino” che aveva totalizzato la miseria di otto adesioni per alcune delle quali però l’Authority stava già concludendo l’istruttoria. Due si sono già autoeliminate. La Provincia infatti, che puntava sul Magazzino 19 per realizzarvi la nuova sede dell’Istituto Nautico, vi ha rinunciato indirizzandosi verso nuovi spazi nello storico edificio di piazza Hortis e una base a mare sul Molo Fratelli Bandiera. Dietrofront anche da parte della Curia che, in seguito a un anomalo invito fatto dalla stessa presidente Monassi, aveva fatto richiesta di insediare una chiesetta nell’ex Centrale di compensazione, una torretta che si trova nei pressi dell’ingresso di largo Santos. Le altre sei richieste come detto vanno ripresentate in base al bando di gara che farà il Comune presumibilmente verso la fine dell’anno dopo che sarà stato portato a termine lo spostamento del Punto franco e vi sarà l’atto ufficiale di passaggio di mano dei Magazzini storici e di tutti gli spazi, esclusa linea di costa, Adriaterminal, stabilimenti balneari e società nautiche. La più importante richiesta avanzata era quella di Fincantieri per realizzare una cittadella del turismo nautico con ormeggi per megayacht, albergo, foresteria, uffici e magazzini. Fincantieri aveva richiesto il bacino compreso tra il Molo Zero e il Molo Primo, le banchine e i Magazzini 24 e 25. Sul Molo Terzo puntavano sia Greensisam per ampliare l’area di propria pertinenza che già include, come detto, i primi cinque magazzini che Michael Hatzakis, vicepresidente di Minoan lines, che punta a realizzarvi il terminal di una linea di aliscafi per collegamenti veloci con Venezia, Ravenna, l'Istria e la Dalmazia. Difficilmente avrà un seguito la richiesta della Camera di commercio: il presidente Antonio Paoletti, in virtù anche di un forte feeling con Marina Monassi aveva messo gli occhi sui Magazzini 27 e 28 per realizzarvi un Centro espositivo, una sorta di sede fieristica però già bocciata dalla Regione e non concordata con le altre amministrazioni. Altre due richieste di concessione erano state avanzate. Per insediarsi nella palazzina dell’ex refettorio aveva presentato una richiesta l’associazione culturale Porto arte. L’ultima proposta infine era partita dalle Officine Belletti.

Silvio Maranzana

 

In Provincia raffica di mozioni sul Punto Franco
L’iter per la “restituzione” dell’area dell’antico scalo alla città approderà questo pomeriggio in Consiglio Provinciale, convocato a partire dalle 16.30.

All’ordine del giorno ben sette mozioni classificate come urgenti presentate da un esponente del Gruppo Misto, il muggesano Fabio Longo. La parte più consistente delle richieste depositate in aula - cinque mozioni su sette - intende fare chiarezza sul Punto Franco. Nel dettaglio il consigliere sollecità sulla variante al Piano regolatore, sulle opere di urbanizzazione, sulle concessioni demaniali, sull’utilizzo, e quindi sull’eventuale spostamento, del Punto franco oltre che sul regime di tassazione.

 

 

Fianona 3, fa flop il referendum sull’uso del carbone - BASSA L’AFFLUENZA
POLA Si è rivelato un clamoroso e inaspettato flop il referendum contro il carbone quale combustibile della futura centrale elettrica Fianona 3.

Bassa l’affluenza alle urne che ieri sera, in base ai dati ufficiosi, alla chiusura dei 44 seggi di voto era risultata del 38% ad Albona - dove gli aventi diritto al voto sono 10.658 - e del 30% nel comune di Pedena (che conta 1.541 elettori). In pochi alle urne anche negli altri comuni, da Arsia a Santa Domenica e a Chersano: alle 16.30 - dati ufficiali - nei tre comuni aveva votato rispettivamente il 30%, il 30,6% e il 21,9% degli aventi diritto. Difficile dunque che si sia raggiunta l’affluenza del 50% più un voto, necessaria per dare piena legittimità alla consultazione. Consultazione, va ricordato, consultiva e quindi non vincolante, il cui risultato comunque avrebbe avuto un notevole peso nelle trattative con il governo e con l’azienda elettrica di stato Hep in merito al futuro del progetto. La Hep però aveva messo le mani avanti facendo sapere che non avrebbe rispettato l’eventuale bocciatura del carbone, data per scontata alla vigilia. Come si spiega la scarsa affluenza? Quella di oggi sarà la giornata delle valutazioni. Va ricordato che al referendum dell’anno scorso contro i matrimoni omosessuali, nello stesso territorio l’affluenza era stata del 47%. Quanto a Chersano, che è il comune in cui sorgono le centrali elettriche, qualche voce parla di referendum snobbato per questione di tornaconto economico. La cosiddetta “retta ecologica” porterà ogni anno nelle casse comunali intorno ai 4 milioni di euro, circa la metà del bilancio. Un introito simile, anche se di entità assai minore, è prevista anche per gli altri comuni della zona. Va ricordato che nemmeno un mese fa i consigli municipali dei comuni citati avevano approvato con voto unanime l’indizione del referendum, il che lasciava intendere un’alta affluenza e un deciso “no” al carbone. Ora il flop spiazza anche gli ambientalisti per i quali il referendum avrebbe dovuto tenersi in un’area molto più ampia, ossia nelle due regioni nel raggio d’azione della futura centrale: l’istriana e la litoraneo montana.

(p.r.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 29 marzo 2015

 

 

Pianificazione - La giunta accelera sul Piano del territorio

«La riforma organica della legislazione in materia urbanistica dovrà vedere la luce entro la fine della legislatura, con alcune tappe importanti, come il Testo unico del governo del territorio, già entro quest'anno». E' l'obiettivo posto dall'assessore regionale alla Pianificazione territoriale Mariagrazia Santoro che, durante l’ultima seduta della giunta regionale, ha illustrato il percorso che porterà alla nuova normativa. Santoro ha evidenziato l'esigenza di coordinare la riforma urbanistica con quella degli Enti locali: «Stiamo provvedendo per tempo alla predisposizione di idonee norme di procedura, in grado di supportare l'avvio, dal primo gennaio 2016, della formazione degli strumenti di pianificazione sovracomunale, così come previsto dalla legge di riordino delle Autonomie locali». L'operatività amministrativa si sostanzierà in un decalogo che sarà sviluppato attraverso un percorso in tre tappe, che porterà entro la fine della legislatura a disporre di un rinnovato quadro pianificatorio regionale (legge, strumenti di governo del territorio e di valorizzazione del paesaggio) subentrante al Purg (Piano Urbanistico regionale generale), già in vigore dalla fine degli anni Settanta. La riforma si svilupperà in dieci azioni. Mirare a contenere ulteriori consumi di suolo nell'ambito dei territori insediati; definire collegialmente con i Comuni, nel rispetto di tale principio, linee guida che supportino nel breve termine il percorso completo di riforma e di semplificazione; indicare un Testo unico in materia di governo del territorio come traguardo finale della revisione legislativa. Inoltre, dare applicazione all'art. 26 della Lr 26/2014 (Riordino del Sistema delle Autonomie locali), disciplinando la pianificazione sovracomunale; elaborare un documento tecnico progettuale (schema macrostrutturale regionale) funzionale al raccordo delle linee strategiche regionali e di area vasta, con le previsioni e i contenuti del Piano paesaggistico regionale; guidare, attraverso lo schema macrostrutturale regionale la costruzione dei Piani struttura intercomunali che man mano verranno assunti nei territori delle nuove Unioni territoriali intercomunali. Ancora, attribuire ai Piani struttura intercomunali il compito di disciplinare le trasformazioni territoriali sovra comunali in co-pianificazione con la Regione; ammettere la possibilità, in un regime condizionato fondato sull'intesa "Regione-UTI", di modificare l'assetto strutturale del territorio dell'Unione, in pendenza della conclusione del processo di riforma; delineare e riproporre, fin da ora, con maggiore chiarezza la gamma delle "varianti non sostanziali", per chiarire esattamente le competenze delle amministrazioni comunali.

 

 

«Il riuso di Porto Vecchio è la scommessa più forte» Cosolini: gli interventi a Servola, sul Silos, sul Magazzino vini segnano la ripresa

Bolzonello: la città è proiettata nel futuro e ha tutte le carte in regola per farcela

Le chiavi di svolta: Università ricerca, finanza, logistica e turismo sono preziosi fattori di crescita che bisogna riuscire a tenere assieme

«Smettiamola di considerarci speciali e incominciamo ad esserlo», è stato l’efficace monito con cui il sindaco Roberto Cosolini ha chiuso il lungo discorso introduttivo che ha fatto da piattaforma alle due tavole rotonde del convegno su “Trieste città europea”. Per sottolineare la ripartenza della città ha citato i 170 milioni di investimenti di Arvedi sul complesso di Servola, i 120 delle Coop Nordest che daranno alla città anche un Centro congressi, gli interventi sul Magazzino vini (dove si insedierà Eataly) e sull’Ospedale militare (foresteria dell’università). «Ma a breve - ha annunciato - partiranno gli interventi sul Porto Vecchio e altri investimenti sul settore commerciale». Ha citato la crescita dei flussi turistici indotta anche dalla piattaforma web “Discover Trieste”, gli investimenti che gli operatori portuali si apprestano a fare nello scalo dove c’è una nuova governance, il piano di opere pubbliche per 50 milioni varato dallo stesso Comune, la crescita delle istituzioni scientifiche e universitarie. «Trieste è più smart - ha sintetizzato - grazie all’uso delle tecnologie, ma la principale scommessa per verificare la ritrovata attrattività della città sarà il Porto Vecchio: per ora basti dire che dopo decenni di immobilismo sono bastate due ore per sbloccarlo». Insomma secondo il sindaco, Trieste sta ritrovando quella spinta innovativa che aveva caratterizzato la sua storia gloriosa in un passato ormai lontano e che ha preceduto una lunga pausa soprattutto nell’ambito economico. «La città pensava di poter vivere in uno stato di benessere senza sviluppo - ha continuato Cosolini - e ha così imboccato una china di dolce declino con un patto insano stretto su questi principi tra politica ed economia. L’esplodere dell’assistenzialismo ci ha fatto poi precipitare nel luogo comune del “no se pol”. Ma finalmente ci stiamo uscendo. Oggi gli imprenditori vogliono un luogo di dimensioni internazionali, un sistema formativo di alto profilo, una tradizione di storia e cultura e uno sbocco al mare: è proprio quanto offre Trieste». «Trieste è già oggi una città proiettata nel futuro - ha chiuso il convegno il vicepresidente e assessore alle Attività produttive della Regione Sergio Bolzonello - e ha a disposizione tutto ciò che le serve a questo scopo. La nostra amministrazione è conscia del ruolo di Trieste come capitale della regione e come hub dell’intero Friuli Venezia Giulia. Ha molti fattori di crescita in manifattura, università e ricerca, finanza, portualità e logistica, turismo e anche agricoltura. Se saremo capaci di tenere tutto questo assieme, allora Trieste potrà avere quel ruolo che le compete, che nel recente passato aveva rischiato di smarrire, ma che ora sta ritrovando. E il Porto Vecchio - ha concluso Bolzonello - dovrà essere la sua grande porta sul mare, ma per non diventare un luogo di plastica dovrà ospitare anche vita di comunità».

Silvio Maranzana

 

REPLICA DI RUSSO dopo l’audizione in circoscrizione «Porto Vecchio, l’opposizione vuole buttarla in caciara»

«Su #PortoVecchioLibero, Forza Italia, tanto per cambiare, la butta in caciara. Un peccato. Perché riqualificare quelle aree non è di sinistra né di destra». Passa chiaramente per Facebook la replica del senatore Pd Francesco Russo alla polemica innescata dal capogruppo dei berluscones in Consiglio comunale, Everest Bertoli, che aveva stigmatizzato la seduta convocata l’altro giorno nella Quarta circoscrizione presieduta da Luca Bressan, pure lui del Pd, con all’ordine del giorno proprio l’«incontro con il senatore Russo, estensore dell’emendamento alla legge di stabilità che rende possibile la sdemanializzazione dell’area del Porto Vecchio». «Ecco che fine fanno le tasse pagate dai triestini», aveva tuonato Bertoli in un coro di veleni venuto dal centrodestra: «Nessuna delibera da trattare ma un Consiglio circoscrizionale regolarmente convocato per permettere al senatore di illustrare il suo emendamento. Il Pd utilizzi la sua sede o una sala a pagamento per i suoi incontri». «È semplicemente un’opportunità straordinaria per tutta la città e i suoi cittadini», la risposta di Russo. Che insiste: «Discuterne pubblicamente con i consiglieri circoscrizionali e con i cittadini non è campagna elettorale, visto che, tra l’altro, non ci sono elezioni nel 2015. È democrazia. Se questa ennesima polemica che segue in ordine le dichiarazioni di Camber e i molteplici cambi di idea della Savino è il disperato tentativo di bloccare il nostro lavoro temo resteranno delusi. L’intesa raggiunta in poche settimane tra il commissario D’Agostino e il sindaco Cosolini sulla sdemanializzazione dimostra la nostra determinazione. E soprattutto rende evidente quello che diciamo da tempo: quando c’è la volontà le cose si riescono a fare. Bene e in tempi rapidi. Certo, questo significa scontentare i soliti noti e gli interessi degli amici degli amici. Il tempo in cui a Trieste regnava sovrano l’immobilismo a vantaggio di pochi e a scapito della collettività è finito».

 

 

COMUNE -  Nuovi spazi per gli orti da affidare ai cittadini

I triestini si scoprono o riscoprono giardinieri e contadini. Piace sempre più l’iniziativa del Comune sugli orti urbani condivisi e sull’affidamento di spazi verdi ai cittadini, da curare e tutelare, tanto che ieri gli assessori comunali Andrea Dapretto ed Elena Marchigiani hanno annunciato nuovi progetti, per aprire ulteriori aree a disposizione. Da ieri inoltre è iniziato anche un corso gratuito, promosso dal Comune, presentato alla sala Arac del Giardino Pubblico, dove si terranno anche i successivi incontri, sempre alle 17.30. L’iniziativa si rivolge a chi vuole destreggiarsi con orti, giardini o balconi, tra teoria e pratica, con la guida di esperti del settore. Il primo incontro è servito ad introdurre la novità e ad illustrare il corso, in aggiunta all’intervento degli assessori e di Roberto Linardon, che ha parlato di orticoltura biologica. «Puntiamo a continuare con le azioni già intraprese – ha sottolineato Dapretto – con nuovi spazi da poter affidare ai cittadini, un meccanismo che permette di garantire un maggior rispetto verso il bene comune e una partecipazione attiva di tutti. Abbiamo già notato con piacere molti esempi virtuosi». Tra i progetti più importanti all’orizzonte la cosiddetta area delle Piane. «Stiamo lavorando per trovare i fondi destinati ad usufruire di quella zona, molto bella dal punto di vista naturalistico – ha spiegato Marchigiani – tutta da riscoprire, che copre una vasta area, tra borgo San Sergio ed Altura». Per informazioni sugli orti da poter coltivare mandare una mail a orticomunitrieste@gmail. com, mentre notizie e aggiornamenti saranno pubblicati anche su Facebook alla pagina orticomunitrieste. Il corso sul verde intanto proseguirà in forma gratuita il 10 aprile, sempre al Giardino Pubblico con “Dagli orti a km0 a quelli a impatto 0…o quasi”, a cura di Nicola Bressi dei Civici Musei Scientifici, il 17 aprile spazio al tema “Alla scoperta della foresta urbana di Trieste: presentazione della guida interattiva e laboratorio all'aperto”, insieme a Pier Luigi Nimis dell’ Università di Trieste. Il 24 aprile infine con “Il ruolo delle api nella tutela del territorio” con il veterinario Livio Dorigo.

Micol Brusaferro

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 28 marzo 2015

 

 

Porto Vecchio sul mercato a fine anno

Il sindaco accelera sui tempi. Ad aprile la mappa con i nuovi “confini” e subito dopo lo spostamento del Punto franco
L’operazione di marketing dovrebbe attrarre grandi gruppi finanziari internazionali
«Il Porto Vecchio di Trieste potrà essere presentato agli investitori internazionali alla fine dell’estate già libero da ogni vincolo e nella disponibilità piena del Comune». Lo ha annunciato il sindaco Roberto Cosolini all’indomani della riunione in cui la stessa amministrazione comunale e l’Autorità portuale rappresentata dal commissario Zeno D’Agostino alla presenza di rappresentanti della Direzione generale e della struttura territoriale dell’Agenzia del Demanio e di dirigenti della Regione hanno raggiunto un accordo definitivo sui nuovi confini territoriali che lasceranno al Demanio marittimo tutta la linea di costa, le banchine compresa la Stazione marittima sul Molo Quarto, l’Adriaterminal, gli stabilimenti balneari del Dopolavoro ferroviario e del Cral del porto e le società nautiche sul terrapieno di Barcola. Al Comune saranno invece ceduti tutti i Magazzini storici e gli edifici oltre alle aree scoperte. Per trovare un accordo su questa “spartizione”, del resto piuttosto logica sono bastati due incontri di nemmeno un’ora ognuno. Ora bisogna definire gli ultimi dettagli e stendere la mappa definitiva: per questo sono stati fissati due ulteriori appuntamenti per l’esattezza nelle date del 15 e del 28 aprile entrambi allargati alla Capitaneria di porto e al Genio opere marittime su cui al riguardo ricadono specifiche competenze. Nel frattempo l’Autorità portuale farà scattare il monitoraggio ufficiale, attraverso la consultazione con gli operatori: terminalisti, agenti, spedizionieri sulle nuove zone dove collocare i quasi 500mila metri quadrati di area franca che verranno appunto spostati dal Porto Vecchio. Operazione non semplicissima dal momento che la governance dell’interporto di Fernetti sembra aver già declinato l’opportunità, non ovunque un’area franca è utile e alcuni siti che potrebbero trarne giovamento sono appena da costruire come la Piattaforma logistica o il terminal traghetti alle Noghere. La segnalazione però sarà fatta al commissario di governo che, «previa intesa con il presidente della Regione e con il sindaco di Trieste e d’intesa con le istituzioni competenti», adotterà lo spostamento. Solo a questo punto potrà esserci il documento ufficiale da parte dell’Agenzia del Demanio che sancirà il passaggio, sostanzialmente di tutta l’area retrostante la linea di costa, al patrimonio del Comune. «In conseguenza dei sopracitati provvedimenti (spostamento del Punto franco, ndr.) - afferma infatti la norma diventata legge - le aree, le costruzioni e le altre opere appartenenti al Demanio marittimo compresi nel confine della circoscrizione portuale, escluse le banchine, l’Adriaterminal e la fascia costiera del Porto Vecchio, sono sdemanializzate e assegnate al patrimonio disponibile del Comune di Trieste per essere destinate alle finalità previste dagli strumenti urbanistici. Il Comune di Trieste aliena, nel rispetto della legislazione nazionale ed europea in materia, le aree e gli immobili sdemanializzati e i relativi introiti sono trasferiti all’Autorità portuale per gli interventi di infrastrutturazione del Porto Nuovo e delle nuove aree destinate al regime internazionale di Punto Franco». In questo momento incomincerà un’altra fase difficile per la ricerca degli investitori. I due precedenti bandi emessi dall’Autorità portuale sono sostanzialmente falliti. Stavolta però si parte su basi completamente diverse: non solo con l’area libera da vincoli, ma anche con la possibilità di acquistare anziché avere in concessione Magazzini e aree. «A fine estate - ha ribadito il sindaco - il Porto Vecchio di Trieste, cioé il più bel waterfront d’Europa ancora da riconvertire potrà essere lanciato sui mercati internazionali». «In modo simile - ha affermato recentemente il senatore del Pd Francesco Russo, autore dell’emendamento sulla sdemanializzazione - si è agito ad Atene, Amburgo, Bilbao e Belfast, solo per fare alcuni esempi. Il mondo è pieno di fondi e gruppi sauditi, indiani, cinesi, russi e statunitensi che aspettano occasioni come quella di Trieste per poter fare i propri investimenti. Logicamente saranno questi investitori e non il Comune, come afferma chi agita falsi problemi, a finanziare anche l'infrastrutturazione dell'area».

Silvio Maranzana

 

 

Treni in ritardo, contromossa dei pendolari
Pronta una piattaforma di rivendicazioni. Tra le richieste un tavolo tecnico tra Ferrovie e Regione
TRIESTE Dal «dimettetevi tutti» di una settimana fa a toni decisamente più moderati. Ma la sostanza non cambia. I pendolari del servizio ferroviario del Friuli Venezia Giulia contestano metodo e merito dell’asse Regione-Trenitalia. In particolare inceneriscono l’orario cadenzato, già definito «errore colossale», e chiedono una riprogrammazione «strutturata» da portare a regime a dicembre 2015, quando i nuovi 8 elettrotreni spagnoli Caf saranno in servizio da qualche mese. Non manca una proposta: il sondaggio di verifica delle esigenze dell’utenza. La valutazione che Mariagrazia Santoro aveva chiesto prima per il giorno 23 e poi fatto slittare al 26 marzo (con successivo incontro mercoledì 1 aprile) è arrivata puntuale. La firma, dopo che il comitato Alto Friuli aveva attaccato alzo zero in solitaria, è anche del comitato spontaneo pendolari Fvg e dei viaggiatori del nodo di Udine. Premesso che il problema va risolto «con un metodo di lavoro condiviso e organizzato, non con quello raffazzonato delle e-mail contenenti ripetute imposizioni», la posizione è di collaborazione, ma le istanze sono molteplici. Anche perché, rilevano i comitati, l’entrata in funzione dei Caf può rappresentare «la grande occasione per uscire dalla marginalità di un servizio relegato a mera comparsa e sussidiario rispetto a quello su gomma». Se invece si proseguirà sulla «strada del rattoppo», avvertono sin d’ora, «ci chiamiamo fuori». Innanzitutto, scrivono i passeggeri, serve dunque un tavolo tecnico tra funzionari Trenitalia e ufficio mobilità della Regione «al fine di promuovere una programmazione sistematica linea per linea, con lo scopo di rivisitare nel suo complesso l’attuale orario cadenzato e trasformarlo in un vero orario strutturato». Proprio in prospettiva dicembre 2015 (a metà di quel mese entra tradizionalmente in vigore l’orario invernale), i pendolari avanzano alcune richieste di nuovi collegamenti ritenuti «strategici». Si parte con i collegamenti transfrontalieri Mi.co.tra. da prolungare verso Trieste, si prosegue con la previsione di alcuni collegamenti veloci Udine-Trieste e Udine-Mestre per facilitare l’accesso all’Alta Velocità, si conclude con la reintroduzione dell’ultimo treno serale Venezia-Udine e Udine-Tarvisio dopo le 20 e la sollecitazione a tariffe differenziate per famiglie e in occasione di fiere ed eventi. Indispensabile sentire chi sui treni ci sale (di qui l’idea del sondaggio) e sfruttare al meglio la nuova flotta. «Al riguardo - osservano i comitati - saranno basilari le decisioni che Trenitalia e la Regione assumeranno in ordine alle modalità di utilizzo del nuovo materiale. In particolare, sarà fondamentale capire se i Caf verranno impiegati indistintamente per tutti i collegamenti, oppure se il gestore opterà per una turnazione del materiale del parco rotabile a sua disposizione. Questione evidentemente non marginale».

(m.b.)

 

 

Fianona 3, domani il referendum sull’uso del carbone
ALBONA - Tutto pronto nelle 5 municipalità dell'area per il referendum consultivo di domani sull'impiego del carbone nella futura centrale termoelettrica Fianona 3.

È una struttura di 500 Megawatt, del costo di circa un miliardo di dollari, dalla cui ciminiera usciranno 300 tonnellate di diossido di carbonio all'ora. Ed è l'aspetto ecologico che ha fatto sollevare contestazioni e proteste di ambientalisti, amministratori locali e buona parte dell'opinione pubblica istriana. I 25mila elettori della città di Albona e dei comuni di Arsia, Chersano, Pedena e Santa Domenica risponderanno alla domanda “Siete favorevoli alla costruzione della centrale Fianona 3 a carbone?”. Si voterà dalle 7 alle 19. Il decreto sul referendum è stato emanato dalle rispettive autonomie pressoché all'unanimità e nei giorni scorsi si sono svolte tribune pubbliche tematiche da cui è emerso il fermo “no” al carbone. Ieri, a una trasmissione sul primo programma della Radio nazionale, il sindaco di Albona Tulio Demetlika ha riproposto l'uso del gas per la centrale, visti gli effetti definiti devastanti del carbone su ambiente e persone. «Non siamo più disposti a accettare supinamente i diktat di Zagabria - ha continuato - senza poter esprimere la nostra posizione su un tema che riguarda da vicino l'esistenza nostra e dei nostri figli». Nella stessa trasmissione la posizione opposta era rappresentata da Ljubica Cvenic dell'azienda elettrica di stato Hep, direttrice di Fianona 3: «Indipendentemente dall'esito del referendum la centrale si farà in quanto grazie alle moderne tecnologie le emissioni rientrano nell'ambito degli standard stabiliti. Il carbone è e sarà uno dei combustibili a garanzia della produzione stabile e sicura dell'energia elettrica in Europa e nel mondo». Dusica Radojcic di “Istria Verde” ha ricordato che non c'è stato dibattito pubblico sul progetto nel rispetto delle regole, e sono state ignorate tutte le osservazioni emerse allo Studio sull'impatto ambientale. Si annuncia alta affluenza alle urne.

(p.r.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 27 marzo 2015

 

 

Accordo fatto, Porto Vecchio al Comune

Passano di mano tutti i magazzini. Restano al Demanio marittimo fascia di costa, stabilimenti balneari e società nautiche
È bastato un mese dopo che l’ex presidente Marina Monassi ha tolto il disturbo dalla Torre del Lloyd perché la questione del Porto Vecchio si risolvesse. Al termine di un incontro protrattosi per poco più di tre quarti d’ora ieri pomeriggio all’ex Centrale idrodinamica il commissario dell’Autorità portuale Zeno D’Agostino e il sindaco Roberto Cosolini hanno comunicato di aver raggiunto, sotto l’alta sorveglianza di rappresentanti della Direzione generale e della struttura territoriale dell’Agenzia del Demanio e di dirigenti della Regione, l’intesa informale per la cosiddetta sdemanializzazione dell’intera area. Rimangono nella circoscrizione del Demanio marittimo la linea di costa con le banchine, i due stabilimenti balneari e le società nautiche sul terrapieno di Barcola. Passano al Comune tutti i magazzini, nessuno escluso, tutte le aree e gli spazi retrostanti il frontemare. La “mappa” è pronta e dunque da ieri è sostanzialmente nata Trieste2. «Entro aprile - ha spiegato il sindaco - tutti gli adempimenti saranno conclusi e l’Agenzia del Demanio emanerà il provvedimento che ufficializzerà il passaggio. Aver raggiunto questo risultato con due sole riunioni di nemmeno un’ora - ha aggiunto - dimostra quale spirito collaborativo si è creato ed è un segnale di grande speranza per il futuro di Trieste». «Parallelamente assieme agli operatori - ha aggiunto D’Agostino - identificheremo le aree dove spostare 500mila metri quadrati di Punto franco, logicamente in particolare nel Porto Nuovo». Rimangono ora valide soltanto le concessioni già in essere: quella a Genoa metal terminal che fa parte del gruppo Steinweg di Rotterdam all’Adriaterminal, unico terminal commerciale in attività in tutto il Porto Vecchio dove il traffico è costituito soprattutto da metalli e legnami, e quella alla Saipem (montaggio di macchinari per l’industria petrolifera off-shore) che ha a disposizione fino al 2020 un’area di 27mila quadrati, compreso il Magazzino 23, dove ha insediato un centro di supporto logistico. Ma dal punto di vista dei nuovi usi dell’area, la principale è quella a Greensisam, società della quale il proprietario Pierluigi Maneschi ha annunciato la prossima vendita della maggioranza delle quote a un gruppo finanziario-immobiliare europeo, sembra tedesco. Vendita che dovrebbe prendere consistenza proprio adesso dato che Greensisam grazie a questo provvedimento avrà la possibilità di acquistare dal Comune quei primi cinque magazzini, liberati anche del cappio del Punto franco, dei quali aveva ottenuto la concessione novantennale. Analogamente, potrà puntare all’acquisto dei magazzini la Fincantieri che, in base all’ultimo bando dell’Autorità portuale, aveva chiesto la concessione dei capannoni 24 e 25, del Molo Zero e del bacino compreso tra il Molo Zero e il Molo Primo per la durata di 35 anni allo scopo di creare un marina per megayacht di rilevanti dimensioni fornito di tutti i servizi vari a supporto dei clienti (foresterie, alberghi, uffici e servizi) e dotato di infrastrutture per effettuare lavori di piccola manutenzione ai natanti. Resta in vigore però ad esempio anche la concessione di gestione dei parcheggi a Trieste terminal passeggeri sul piazzale retrostante al Molo Quarto che pure passa al Comune, a differenza della stazioncina marittima utilizzata anche per convegni ed eventi sulla banchina stessa che resta sotto il Demanio marittimo. Le richieste di concessione avanzate in base all’ultimo bando dell’Autorità portuale, compresa quella di Fincantieri, non sono invece più valide, ma al massimo possono venir considerate manifestazioni di interesse. Spetterà infatti al Comune preparare un nuovo bando per la ricerca di investitori che dovranno per forza essere di rilievo e consistenza internazionali dal momento che l’operazione di recupero sarà comunque estremamente dispendiosa: bisognerà infatti mantenere le facciate dei magazzini storici che sono sotto stretto vincolo architettonico della Soprintendenza e bisognerà assumersi anche gli oneri per le infrastrutturazioni. Gli introiti che ne ricaverà il Comune dovranno essere girati a favore delle infrastrutture del Porto Nuovo.

Silvio Maranzana

 

Dal “blitz” di Russo, la sdemanializzazione è decollata nel giro di tre mesi soltanto.

La sdemanializzazione del Porto Vecchio è stata avviata con un emendamento all’articolo 272 della Legge di stabilità presentato dal senatore Pd Francesco Russo e approvato il 19 dicembre.

Il 23 febbraio ha dovuto lasciare la Torre del Lloyd dopo quattro anni di presidenza Marina Monassi, che si era sempre opposta anche al semplice spostamento del Punto franco.

Ieri, 26 marzo, l’Autorità portuale con il commissario Zeno D’Agostino - a un mese dalla nomina dell’ormai ex ministro Maurizio Lupi - ha dato il via libera al passaggio di magazzini e aree attigue al Comune.

Entro aprile tutte le tappe saranno concluse compresa l’indicazione al prefetto Francesca Adelaide Garufi delle aree su cui spostare i 500mila metri quadrati di Punto franco

 

 

«Trivellazioni, chiarezza sul referendum»
Lettera aperta del fronte ecologista croato al premier Milanovi„. Ma il ministero dell’Energia conferma: sul petrolio si va avanti
ZAGABRIA «Ci sarà un referendum sulle trivellazioni in Adriatico, oppure no?». Gli ecologisti croati provano a mettere il premier Milanovi„ con le spalle al muro. Il fronte "Sos za Jadran" ("Sos per l'Adriatico"), formato da otto Ong per l'ambiente, gli ha inviato una lettera aperta. La domanda, semplice e diretta, è: chi comanda lì da voi, lei o il ministro Vrdoljak? Quasi un mese fa, il 4 marzo, il capo del governo ha sorpreso tutti dicendosi favorevole a una consultazione popolare sull'avventura petrolifera. Gli ecologisti hanno accolto la notizia con giubilo, ma il ministro dell'Economia e dell'Energia Ivan Vrdoljak ha gelato tutti qualche giorno più tardi assicurando che l'ipotesi referendum è da escludere. Ieri il suo portavoce ha confermato al Piccolo che la linea rimane la stessa: «Il governo croato completerà il progetto di sfruttamento del gas e del petrolio seguendo i più alti standard economici e ambientali», ha affermato Tomislav Cerovec. Niente referendum dunque? «Il ministro sta continuando a lavorare sul dossier come previsto», ha tagliato corto il portavoce. Ma la battaglia di Vrdoljak è lungi dall'essere vinta. Prima ancora che Milanovi„ avanzasse l'ipotesi di un referendum sul petrolio in Adriatico, alcuni Stati frontalieri avevano già messo i bastoni tra le ruote alla Croazia. Italia, Slovenia e Montenegro hanno chiesto di prender parte alla procedura di Valutazione di impatto ambientale, obbligando così Zagabria a rimandare la firma dei contratti con le cinque imprese concessionarie, inizialmente prevista per il 2 aprile prossimo. «Ci aspettiamo di ricevere le osservazioni dei nostri vicini entro il 5 maggio - prevede Cerovec - per cui i contratti saranno sottoscritti in giugno». Se al ministero permane la convinzione che la corsa all'oro nero inizierà, anche se un po' in ritardo, per i Verdi l'obiettivo ora è annullare tutto. Nella sede di Zelena Akcija (Azione verde) - una delle principali formazioni ambientaliste croate - si prepara già un sondaggio su scala nazionale per verificare l'opinione della popolazione sulla questione; i risultati dovrebbero essere pubblicati tra un paio di settimane. «Se si fosse andati alle urne tre mesi fa avrebbe vinto il "sì", ma ora il vento sta cambiando», sorride Toni Vidan, responsabile del programma energetico all'Ong. Negli ultimi giorni, gli ecologisti hanno in effetti incassato diversi successi. Durante le elezioni amministrative dell'8 marzo, il movimento Zivi Zid ha presentato i suoi candidati locali cavalcando proprio l'opposizione al petrolio. E il 9 marzo, il presidente della contea di Sebenico, Goran Pauk, ha escluso categoricamente che si possa trivellare davanti alle isole Incoronate, un'area che il governo centrale ha pertanto suddiviso tra i blocchi 8, 10 e 11. Il fronte "Sos za Jadran" si allarga dunque. E domani gli ecologisti si riuniranno sulla spiaggia di Ba„vice, a Spalato, per continuare la battaglia.

Giovanni Vale

 

TONI VIDAN DI “zelena akcija” «Non contiamo su alcun partito I turisti si facciano sentire»
ZAGABRIA Nel suo ufficio in via Frankopanska, Toni Vidan cammina in fretta lungo il corridoio. «Siamo su mille fronti», si scusa. Responsabile del programma energetico all’Ong Zelena Akcija (Azione verde), è anche membro del Comitato economico e sociale a Bruxelles e, da quando in Croazia si è cominciato a parlare di petrolio, fa costantemente la spola tra il Belgio e la natia Zagabria. Milanovi„ sembra ritrattare sull’idea referendum. Secondo lei si andrà alle urne o no? Non lo so, Milanovi„ non ha ancora risposto alla nostra lettera. Ma penso che qualunque decisione prenda, non ci saranno novità fino a dopo l’estate. Anzi, una possibilità è che il referendum coincida con le prossime elezioni legislative: sarebbe una buona pubblicità per il governo. Cosa avete intenzione di fare nel frattempo? Stiamo valutando l’ipotesi di raccogliere noi le firme necessarie per organizzare la consultazione popolare. Poi, ovviamente, stiamo portando avanti diverse azioni per sensibilizzare la popolazione e cerchiamo di stringere nuove alleanze con chi è contrario allo sfruttamento di idrocarburi. Chi state contattando? Oltre alle associazioni ambientaliste che si sono già unite alla campagna “Sos per l’Adriatico”, stiamo dialogando con l’Ordine dei francescani. Hanno una piattaforma civica molto vicina alle questioni ambientali e sono molto popolari in Croazia. Avete già collaborato con i francescani? Sì, nel 2004 quando il governo voleva usare il terminal di Veglia per esportare petrolio russo. Assieme siamo riusciti a fermare tutto. Alleanze in vista con partiti? No. I verdi (Orah) sono dalla nostra parte, ma anche loro hanno una posizione poco chiara: si oppongono alle esplorazioni per il petrolio, ma sono d’accordo per il gas. Noi diciamo semplicemente: l’Adriatico non va sfruttato. L’Hdz si dice contrario alle trivellazioni... Oggi, per infastidire l’esecutivo. Ma cambieranno parere appena arrivati al governo. Meglio non contare sui politici? Esatto. I migliori portavoce sono i turisti. Spero che quest’estate dicano tutti forte e chiaro che l’Adriatico deve restare così com’è.

(gi.v.)

 

 

Uno sviluppo sostenibile anche per l’acqua
Ogs, Arpa Fvg e ateneo udinese nel progetto di cui si è discusso in provincia di Pordenone
I cambiamenti climatici e l’incremento dei consumi delle risorse idriche per uso umano, agricolo e industriale stanno producendo diffusi fenomeni di impoverimento e inquinamento delle falde acquifere. Di adeguate e tempestive misure di gestione sostenibile dell’acqua si è discusso al Parco delle Fonti di Torrate di Chions (Pordenone) in occasione della tavola rotonda “Acqua e sviluppo sostenibile” organizzata dall’Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale (Ogs) di Trieste in occasione della Giornata mondiale dell’acqua. «Di fronte al cambiamento climatico e all'inquinamento delle riserve idriche la vera sfida è garantire acqua pulita, in quantità adeguata, alle generazioni presenti e future. Anche per il Friuli Venezia Giulia esiste il problema, anche se si stanno sperimentando le soluzioni più avanzate» ha commentato Giorgio Mattassi, direttore del Dipartimento provinciale di Udine dell'Agenzia Regionale per la Protezione dell'Ambiente del Fvg. Nell’alta pianura friulana, in provincia di Udine, infatti, le falde acquifere si sono progressivamente impoverite negli ultimi 50 anni, nonostante l’andamento delle precipitazioni sia rimasto costante. È però cambiata la distribuzione stagionale delle piogge: si alternano infatti lunghi periodi di siccità a brevi periodi di intense precipitazioni. Il suolo non riesce così a drenare l’enorme quantità d’acqua che cade in poche ore, che si trasforma in deflusso superficiale: in altre parole l’acqua rimane in superficie, non penetra in profondità e non alimenta le falde. «Ma la sperimentazione di un metodo di ricarica artificiale della falda acquifera in un sito test nel comune di Mereto di Tomba ha dimostrato come sia possibile migliorare lo stato qualitativo del corpo idrico sotterraneo», ha spiegato Giovanni Paiero, del Dipartimento di chimica, fisica e ambiente dell’Università di Udine. «Nell’ambito del progetto europeo Warbo (Water Re-Born), finalizzato a contrastare il degrado qualitativo e quantitativo delle risorse idriche, abbiamo testato infatti la possibilità di alimentare gli acquiferi naturali impoveriti attraverso ricariche artificiali, alimentando cioè le falde con l’acqua piovana che non riesce a filtrare nel sottosuolo, depurata», ha spiegato Daniel Nieto Yabar, geofisico dell’Ogs e coordinatore del progetto che coinvolge anche le Università di Ferrara, Udine e Padova, e Arpa Fvg. E così, «l’immissione nel sottosuolo di acqua superficiale a bassa concentrazione di nitrati ha ridotto sensibilmente il tenore di tali sostanze inquinanti, riportandole ben al di sotto del limite di legge», ha aggiunto Paiero. «Un risultato importante nella lotta all’inquinamento idrico, anche in vista delle normative che entreranno fra poco in vigore in ottemperanza della Direttiva Quadro 2000/60 dell'Unione Europea che prevede l’assenza di nitrati dalle falde acquifere per non incorrere in pesanti sanzioni», ha spiegato Nieto. «Tra Livenza e Tagliamento – ha illustrato poi Pietro Zangheri, dell’Università di Padova – c’è una ricchezza d’acqua che ha pochi confronti al mondo. Possiamo migliorarne la gestione. Purtroppo, però, anche l'uso sostenibile dell'acqua è soffocato da procedure burocratiche obsolete ed asfissianti. È importante invece valorizzare le conoscenze, i progetti innovativi e l'esperienza dei tecnici». L’assessore regionale all’ambiente Sara Vito ha evidenziato che «garantire a tutta la popolazione acqua di buona qualità è un problema di sviluppo sostenibile. È necessario pensare all’acqua non solo in termini di sfruttamento, ma soprattutto come risorsa: risorsa ai fini della salute, risorsa per la produzione di energia, per l’agricoltura e l’industria». «Siamo molto soddisfatti - ha commentato infine Norberto Tonini, direttore generale dell’Ogs, ringraziando i partner del progetto Warbo e la Regione Fvg per aver contribuito alla riuscita dell’incontro -. Per il quinto anno consecutivo abbiamo deciso di promuovere la Giornata mondiale dell’acqua, una ricorrenza istituita dalle Nazioni Unite, organizzando varie attività che coinvolgano grandi e piccoli. Un’occasione per sensibilizzare il grande pubblico sul ruolo della ricerca scientifica per la salvaguardia di questa preziosa risorsa».

 

 

È l’Ora della Terra - Impariamo a difenderla dalla nostra avidità
Domenica Earth Hour assieme al Wwf: luci abbassate e passeggiate notturne. E domani c’è pure l’Arduino Day
 Verterà su “Coltivazione e uso dei sistemi di irrigazione. Raccolta e uso dei prodotti dell’orto”.di Giafranco Terzoli Arduino Day ed Earth Hour. Sarà un week end ricchissimo dedicato a scienza e ambiente con laboratori, passeggiate notturne e iniziative che coinvolgono l’intera provincia. La manifestazione di sabato ispirata al marchio italiano di hardware libero e condiviso nato a Ivrea e svolta su scala mondiale, in città è organizzata per il secondo anno dall’Ictp SciFabLab in collaborazione con Mittelab Hackerspace. La giornata, che segna un passo di avvicinamento verso il MakerFair di maggio, si svolgerà dalle 10 alle 12.30 al laboratorio del campus del Centro internazionale di fisica teorica di Miramare e dalle 15 al Mittelab di via Manzoni 11, inaugurato per l’occasione. Gli eventi, gratuiti, intendono divulgare la conoscenza di Arduino. «Tutti usiamo tv, pc e cellulari – spiegano i responsabili di SciFabLab, Carlo Fonda ed Enrique Canessa -, ma spesso non sappiamo come funzionano. L’Arduino Day (http://day.arduino.cc) si propone di svelare cosa ci sia dentro quella scatola, dimostrando che chiunque, dall’alunno delle elementari al pensionato, può realizzare a casa qualcosa di utile grazie alla scheda elettronica a basso costo. L’idea è rendere il computer semplice, economico e collegabile al mondo che ci circonda, così da poter realizzare qualsiasi cosa: costruire un anello a led, muovere un robot, accendere la lavatrice a distanza». Dopo un’introduzione su Arduino, sei ricercatori riferiranno la loro esperienza di applicazione pratica (dalla tracciabilità del pescato alla creazione di accessori di moda alla didattica applicata all’astronomia fino alla ricerca scientifica). Nel pomeriggio, spazio a dimostrazioni aperte a tutti per toccare con mano le possibilità offerte da Arduino e un mini corso dove imparare anche a saldare. Informazioni e programma completo su http://scifablab.ictp.it e http://mittelab.org. Domani e domenica anche a Trieste sarà molto ampia la partecipazione all’Earth Hour (l’«Ora della Terra»), la più grande mobilitazione globale per fermare il cambiamento climatico promossa dal Wwf. «L’evento principale - riferisce il presidente della locale sezione, Alessandro Giadrossi - si svolgerà in piazza Unità dove verrà allestito un banchetto informativo e dalle 19.30 attenderemo lo spegnimento delle luci del municipio con l’animazione del Wwf universitario. Contemporaneamente, si spegneranno le luci del corpo centrale dell’università e del castelletto di Miramare. Per meglio osservare lo spettacolo, l’Area marina protetta ha organizzato una passeggiata serale lungo la Napoleonica. Sarà l’occasione per parlare di inquinamento luminoso, risparmio energetico e cambiamenti climatici e per conoscere meglio il pipistrello». Il ritrovo è alle 19, all’Obelisco. Anche gli altri Comuni della provincia aderiscono all’iniziativa. Quello di Duino Aurisina toglierà le luci al monumento di Duino dedicato ai Lupi di Toscana, quello di San Dorligo della valle dalle 20.30 alle 21.30 spegnerà municipio e monumento ai caduti, mentre il Comune di Muggia distribuirà lampadine a minor consumo energetico. Oltre alla passeggiata serale, l’Amp ospiterà domenica mattina, alle 11, al castelletto un laboratorio creativo per bambini dedicato agli “Strani tipi marini”. Iscrizioni sul posto senza prenotazione. Il centro visite sarà aperto dalle 10 alle 11 e dalle 13 alle 16. Sempre domenica avrà luogo una passeggiata adatta pure alle famiglie “Da Malchina al Monte Sambuco” promossa dalla Riserva delle Falesie di Duino in collaborazione con il Wwf. Prenotazioni fino alle 13 di oggi allo 040-224147 (interno 3).

 

 

DOMANI ALLE 20.30 - Municipio di San Dorligo spento per “Earth hour”

Anche quest’anno il Comune di San Dorligo aderisce all’iniziativa internazionale del Wwf “Earth hour”, il cui scopo è sensibilizzare i cittadini sul cambiamento climatico.

L’appuntamento è per domani dalle 20.30 alle ore 21.30: in tale occasione l’amministrazione provvederà a spegnere le luci di sede e monumento comunale.

 

 

Al Giardino pubblico si presenta il corso per diventare contadini biologici urbani

Verrà presentato alle 17.30, alla sala Arac del Giardino pubblico, il percorso di formazione aperto a tutti per diventare contadini urbani promosso da Urbi et Horti in collaborazione con il Comune di Trieste.

Si tratta di un corso gratuito di orticoltura biologica con preparazione teorica e pratica e accompagnamento in campo. Saranno presenti gli assessori ai Lavori pubblici Andrea Dapretto, al Traffico, Elena Marchigiani, e Tiziana Cimolino del Gruppo Urbi et Horti. E oggi è in programma anche una lezione dei corsi gratuiti di orticoltura biologica urbana “Urbi et Horti”: l’incontro è alle 15.30, alla Casa del giovane di via Inchiostri 4.

 

 

SEGNALAZIONI - INIZIATIVA - Salviamo la Transalpina

Salvare la Transalpina e la Pedemontana significa salvare la rotaia italiana: il patrimonio ferroviario del Friuli Venezia Giulia è una risorsa essenziale della rete nazionale.

La rete ferroviaria del Friuli Venezia Giulia ha subìto una pesante destrutturazione, che ha inciso sulla qualità del servizio merci e viaggiatori, compromettendo la competitività di logistica e mobilità internazionali al Nordest del Paese. Il nodo internazionale di Trieste (dove confluiscono Pontebbana, Meridionale e Transalpina) è vitale per lo sviluppo dei traffici - merci e viaggiatori - nella Mitteleuropa. Trieste, rispetto a Roma, è più vicina geograficamente a Monaco di Baviera, Vienna, Budapest, Lubiana e Zagabria, capitali attualmente prive di collegamenti ferroviari diretti con il capoluogo del Friuli Venezia Giulia, storiche relazioni esistenti prima della caduta dei confini. Il nodo ferroviario di Trieste ha, per l’Italia, la stessa valenza che ha Villaco per l’Austria, come Basilea per la Svizzera e la Germania.

Franco Iseppi, Etta Carignani Karl Schamburek, Roberto Cosolini, Isabella De Monte, Giancarlo Stavro, Sergio Tremul, Gabriella Cucchini, Livio Dorigo, Giulia Cortesi, Umberto Rovaldi, Maria Hillebrand, Fulvio Camerini, Enzio Volli, Andrea Wehrenfennig, Franco Miracco, Roberto Weber, Roberto Todero, Franco Però, Claudio Orazi, Luigi Vittorio Ferraris

 

Quegli storici binari in Val Rosandra
Al Museo Ferroviario la presentazione del libro sulla Trieste-Erpelle
Per quasi un ventennio è stato un asse di collegamento fondamentale per l’economia portuale di Trieste; poi ha conosciuto un lento e inesorabile declino che si è concluso con la sua soppressione, e ora risorge come pista ciclo pedonale. Questi sono gli elementi che hanno contraddistinto la travagliata storia della ferrovia Trieste-Erpelle, meglio nota come la linea della Val Rosandra. Un tema di grande attualità che ora viene riproposto nelle librerie grazie a un nuovo impegno editoriale realizzato da Roberto Carmeli e Roberto Carollo e intitolato “Il treno della Val Rosandra” (Luglio Editore, pp.332, euro 25) che domani - alle 10 - sarà presentato al Museo Ferroviario. Dopo una breve e fugace presentazione del nuovo volume avvenuta lo scorso 8 marzo in occasione della Giornata delle ferrovie dimenticate, ora ’opera viene svelata pubblicamente. «Si tratta di una riedizione - racconta Roberto Carollo, uno degli autori - notevolmente ampliata nel testo e nelle immagini, che ritorna a distanza di quasi vent’anni da una analoga pubblicazione realizzata da Roberto Carmeli». Il libro racconta la storia di questa piccola e sfortunata ferrovia che perse la sua funzione primaria dopo soli 19 anni di servizio a causa della realizzazione di una nuova linea più moderna. Da allora la Trieste-Erpelle si limitò a svolgere un servizio locale verso l’Istria e Pola fino alla soppressione, nel 1958. La riedizione di questo libro, resa possibile anche grazie al sostegno finanziario di FerStoria e dai volontari del Museo Ferroviario, è stata arricchita da oltre 400 fotografie, cartoline d’epoca, disegni, orari e da profili planoaltimetrici.

Andrea Di Matteo

 

 

A ruota libera - La mitica Parenzana rivive a pedali Lungo una delle ciclabili europee più famose e affascinanti

È il simbolo dell'Istria in bicicletta: la Parenzana è una delle ciclabili europee più famose e affascinanti.

Circa 130 km per attraversare l'Istria da mare a mare, dal Golfo di Trieste al porticciolo di Parenzo, pedalando nell'interno della terra prima "bianca" (per le rocce calcaree), poi "verde" (il colore che assume in estate il flysch, tipica roccia sedimentaria) e infine "rossa" sulla costa, dove la terra argillosa è ricca di ferro. Vi faremo pedalare, a ruota libera, alla scoperta di questa ciclovia dei tre Stati, che come l'Istria si srotola sui colli e declina verso il mare come se i confini tra Italia, Slovenia e Croazia non esistessero. Ogni venerdì per quattro settimane potrete scoprire i paesaggi istriani visti dalla bicicletta, gli stessi che venivano attraversati dalla ferrovia che, inaugurata dall'Impero Austrungarico, partì per il suo primo viaggio il 1 aprile 1902 (alla partenza nemmeno un giornalista. Essendo il primo di aprile, l'annuncio era stato preso per uno scherzo…) L'ultimo viaggio risale al 1935. Le rotaie videro la Seconda Guerra, la Jugoslavia, la nascita di Slovenia e Croazia. Una volta rimosse, lasciarono spazio al tracciato della ciclabile: oggi la Parenzana torna ad unire l'Istria in nome della "salute e dell'amicizia" come recitano i suoi cartelli e permette di scoprirne i tesori. Vigne e ulivi, saline, boschi dove si nascondono i tartufi, porticcioli, chiesette antiche e case costruite pietra su pietra. In ogni paese troverete qualche prelibatezza (non perdetevi i fuži con il sugo di gallina) e di certo non resterete a bocca asciutta. Nonostante nella borraccia non debba mancare l'acqua (in estate la Parenzana per lunghi tratti è in battuta di sole), durante le soste non potete rinunciare ad un bicchiere di terrano o malvasia (uno dei soprannomi della Parenzana era "l'ubriacona" per la gran quantità di vino che trasportava!) Sette tunnel (il primo a Isola, l'ultimo a Montona) e viadotti (nel tratto Grisignana-Livade e Montona-Visinada); sterrato, ghiaia, terra e asfalto… forse pedalerete alla stessa velocità del treno che, in media, faceva solo 20 km/h (partenza da Trieste alle 5, arrivo a Parenzo alle 11.54): scegliete una Mtb, magari a pedalata assistita, se volete superare i dislivelli senza fatica (il più alto, 297 metri presso Grisignana). L'importante è che la bici abbia una buona luce: l'ultimo tunnel è lungo, sconnesso e totalmente buio. Dal centro di noleggio Bikeways partono (anche su richiesta) gite organizzate per la Parenzana (info@bikeways. eu/040 2820029) mentre per usufruire di un transfer al rientro potete contattare il Parenzana Bike Taxi e un 4x4 con carrello riporterà voi e le vostre bici da Parenzo fino a Trieste (info: www.facebook.com/istriashuttleservice/00385 989976290). Qui, il QR code per scaricare la mappa: parte da Muggia, ma il perché ve lo racconteremo la prossima settimana!

Chiara Meriani

 

 

Legambiente - Incontro pubblico sul futuro della Ferriera

Questo pomeriggio alle 17.30 nell’Aula magna dell’Università in Androna Baciocchi, Legambiente Trieste organizza un incontro dal titolo “Il punto sulla Ferriera”. Previsti gli interventi di Lino Santoro di Legambiente, Giuliano Pavone, giornalista, e Alda Sancin di NoSmog.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 26 marzo 2015

 

 

Ambiente, Trieste sta diventando una città più “sana”
la lettera del giorno di Loredana Lepore, consigliere comunale Partito democratico

 La tutela dell’ambiente è uno dei compiti principali di un’amministrazione. Molte sono state durante questi quasi quattro anni di amministrazione comunale le iniziative intraprese in tal senso: ad esempio, l’adozione del Piano per l’energia sostenibile con il quale il Comune si è impegnato entro il 2020 a ridurre del 20% le emissioni annue di anidride carbonica, rispetto a quelle del 2001. Poi c’è il nuovo Piano del traffico, che punta allo sviluppo della mobilità pedonale e parallelamente promuove l’utilizzo della bicicletta attraverso il potenziamento degli stalli portabiciclette e il posizionamento di un sistema di biciclette condiviso (bike sharing) lungo i principali assi pianeggianti della città. Il nuovo Piano regolatore ha dato priorità al consumo del suolo e alla qualità dell’ambiente e del paesaggio. Si sono incrementati gli spazi a verde pubblico e si sono affiancate la creazione e l’allestimento di aeree destinate a orti sociali urbani date in gestione ad anziani, associazioni, famiglie, scuole. Con il posizionamento delle isole ecologiche e l’introduzione della raccolta della frazione umida la percentuale della raccolta differenziata dei rifiuti è passata dal 20% del 2010 all’attuale 36% ma si calcola di arrivare al 40% alla fine del 2015. Un’altra iniziativa che coinvolge direttamente i cittadini è il posizionamento dal settembre scorso delle casette dell’acqua, a impatto ambientale zero, al costo di 5 centesimi al litro. Si calcola che le tre casette operative erogheranno sull’intero anno oltre 500.000 litri d’acqua con un corrispondente risparmio di bottiglie di plastica e una riduzione della CO2 emessa. Ed è di questi giorni l’attivazione della prima colonnina di ricarica per auto elettriche: entro giugno ne saranno installate altre nove con lo scopo di una copertura capillare della città. Parallelamente verrà favorito con un’ora di sosta gratuita il parcheggio delle auto elettriche e ibride. Il passo successivo riguarderà le centraline a metano, il tutto nell’ottica di una mobilità più pulita. Infine, dopo una battaglia lunghissima dei cittadini di Conconello, è stato firmato il protocollo d’intesa tra Regione, il Comune ed emittenti radio per lo spostamento delle antenne dall’abitato. In attesa dello spostamento, un’ordinanza del sindaco mantiene i valori di campo elettromagnetico al di sotto del limite dei 6 volt/metro, come imposto dalla legge. E infine non si può non citare il problema degli abitanti del rione di Servola che da molti anni si battono giustamente contro gli inquinanti ambientali emessi dalla Ferriera sulla cui chiusura molto si è discusso in passato. Due esigenze ugualmente importanti si scontrano in questa vertenza: quella di salvaguardare la salute dei cittadini e quella di mantenere il posto di lavoro. Oggi, per la prima volta, una soluzione che garantisca entrambe le esigenze appare possibile. Il Gruppo Arvedi si è pubblicamente impegnato a realizzare la messa in sicurezza del sito e il risanamento degli impianti. Vi è inoltre un impegno esplicito da parte del sindaco di uno stretto controllo del risanamento ambientale del rione di Servola secondo un cronoprogramma che, qualora non si dovesse verificare, porterebbe alla chiusura della cokeria. Trieste è diventata e lo diventerà ancora di più in futuro, una città più sana, più civile, più vivibile e i suoi cittadini più consapevoli di essere loro stessi protagonisti e artefici di questo miglioramento.

 

Prima passeggiata alla Riserva delle Falesie - Tre ore nella natura partendo da Malchina
Prima passeggiata primaverile promossa dalla Riserva delle Falesie di Duino, in collaborazione con Wwf Amp Miramare, per promuovere la conoscenza delle particolarità naturalistiche del territorio di Duino Aurisina. Domenica prossima, 29 marzo, la passeggiata guidata partirà da Malchina, in direzione del Monte Sambuco (213 mslm) e attraverserà zone agricole a prato e vigneto, boscaglia carsica e limitati boschi d’alto fusto nelle doline. Interessante il “gradiente” di naturalità dal paese verso la Slovenia. Durante il percorso si osserverà la vegetazione del Carso con le prime fioriture, si cercheranno le tracce delle specie animali presenti, oltre che prestare attenzione ai canti degli uccelli più precoci come fringuello, luì piccolo e tordela, ma anche merlo e capinera. L’uscita durerà tre ore circa ed è rivolta ad adulti e famiglie con bambini dai 10 anni in su.

 

 

 

 

GREENSTYLE.it - MERCOLEDI', 25 marzo 2015

 

Metalli rari in esaurimento, esperti: obbligatorio aumento riciclo
La produzione di alcuni oggetti di uso comune, come i cellulari e i computer, potrebbe incontrare numerose difficoltà nei prossimi anni. I metalli impiegati nella realizzazione dei prodotti hi-tech stanno infatti diventando sempre più rari, a causa dell’eccessivo sfruttamento delle risorse naturali operato dall’elettronica di consumo.
A lanciare l’allarme sulla scarsa reperibilità dei metalli nei prossimi anni è stato un recente studio condotto da un’équipe di ricercatori della Yale School of Forestry & Environmental Studies, pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences.
Gli autori evidenziano le attuali lacune dell’industria elettronica nel favorire il riciclo dei metalli usati nei dispositivi tecnologici. Per permettere il recupero delle materie prima a fine vita bisognerebbe mettere a punto strategie mirate già nella fase di sviluppo dei prodotti hi-tech.
Gli esperti fanno notare che l’industria elettronica è ben lontana da questi obiettivi. I ricercatori citano il caso di elementi sempre più rari da reperire nei prossimi anni, come il cromo, il tungsteno e il tantalio. Il recupero di questi materiali dai dispositivi elettronici non è affatto semplice.
Analizzando 62 metalli della tavola periodica gli scienziati hanno scoperto che i problemi di approvvigionamento nei prossimi decenni potrebbero riguardare proprio gli elementi più utilizzati nei dispositivi di nuova generazione.
Altri metalli come l’alluminio, il rame e lo zinco dovrebbero invece continuare a essere facilmente reperibili. Tra i metalli più a rischio figurano invece il gallio e il selenio. Anche per l’indio, impiegato nei display dei telefoni cellulari, al momento non sarebbero ancora stati identificati dei sostituti adeguati.
Gli esperti fanno notare che i fattori geografici e politici potrebbero giocare un ruolo importante nel futuro approvvigionamento di materie prime da parte dell’industria elettronica mondiale. Nel mondo a detenere il 90-95% delle “terre rare” è la Cina. Alcuni elementi come il tantalio provengono poi da Paesi politicamente instabili come il Congo.
Gli studiosi sottolineano inoltre che l’estrazione di alcuni metalli, come quelli del gruppo del platino, potrebbe avere un impatto sempre più devastante sull’ambiente.
Per questa ragione gli esperti invitano a puntare maggiormente sul riciclo, una soluzione immediatamente disponibile per recuperare risorse a costi ridotti e con un’impronta ecologica minima. Thomas Graedel, coordinatore dello studio, invita i progettisti a studiare design che favoriscano il riciclo delle terre rare a fine vita.
Marco Mancini

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 25 marzo 2015

 

 

Patto italo-sloveno antirigassificatore

I sindaci della fascia costiera firmano un documento destinato a Roma e Lubiana: «No per motivi ambientali ed economici»
Un “no” bilingue al rigassificatore di Zaule è risuonato forte ieri anche nel Palazzo Pretorio di Capodistria dove si sono riuniti i rappresentanti dei Comuni della fascia costiera dell’Alto Adriatico più prossimi al confine e in particolare quelli di Trieste, San Dorligo e Muggia per la parte italiana, Capodistria, Isola, Pirano e Ancarano per quella slovena. Al termine è stato approvato un documento in cui viene confermata all’unanimità la posizione contraria all’impianto e viene rivolto un forte richiamo a entrambi i Paesi: al Governo italiano affinché non approvi il progetto di insediamento del rigassificatore a Zaule; al Governo sloveno affinché riconfermi e faccia valere la posizione contraria al progetto sia nei confronti dell’Italia che della Commissione europea. Al contrario, viene espresso supporto alla Regione Friuli Venezia Giulia chiamata a confermare la sua netta contrarietà al rigassificatore con la negazione all’intesa con i Ministeri. Il documento ha visto anche l’adesione della Provincia di Trieste e dei parlamentari sloveni eletti in quest’area e presenti all’incontro. I Comuni italiani e sloveni innanzitutto richiamano quanto sostenuto dalla Commissione europea secondo la quale l’eventuale collocazione di un rigassificatore nell’Alto Adriatico dovrà essere decisa dall’Italia in accordo con la Slovenia. Elencano poi tutta una serie di motivazioni contarie al progetto. Innanzitutto i condizionamenti al traffico marittimo in quanto la movimentazione delle navi gasiere ostacolerebbe lo sviluppo previsto delle movimentazioni navali nei golfi di Trieste e Capodistria con ciò compromettendo anche la crescita del processo di integrazione e sviluppo dei porti dell’Alto Adriatico. Quindi il pericolo di inquinamento del golfo di Trieste e le sue possibili ripercussioni anche sulle coste del litorale sloveno. Situazione collegata questa anche con le conseguenti ricadute sullo sviluppo delle attività turistiche, fondamentali per l’economia di queste aree. Si fa infine riferimento alle procedure di calcolo dei rischi di incidente per l’ambiente circostante associati all’impianto, alla sua collocazione e alla movimentazione delle gasiere. Le procedure, rileva ancora il documento dei Comuni costieri, si sono basate su modelli probabilistici non accettabili per un impianto come il rigassificatore collocato in area fortemente antropizzata e in adiacenza ad altri impianti a rischio di incidente rilevante. L’invito era partito dal sindaco di Capodistria Boris Popovic che aveva fatto presente come la costruzione del rigassificatore a Zaule «comporta considerevoli effetti negativi anche da questa parte del confine. Sono potenzialmente a rischio la qualità della vita, la salvaguardia della pesca, lo sviluppo del turismo e dell’attività marittima dai quali dipende l’esistenza della popolazione del Litorale e di tutta la Slovenia». «Si è trattato di un’iniziativa importante - ha rilevato al termine il sindaco di Trieste Roberto Cosolini - dalla quale abbiamo avuto la conferma di come i Comuni italiani e sloveni vicini abbiano sempre più motivi per lavorare assieme e per progettare assieme il proprio futuro. In questo caso abbiamo ribadito il no unanime al rigassificatore sia per ragioni ambientali che di sviluppo economico. Al di là di questa specifica emergenza è apparso chiaro come abbiamo bisogno di una politica comune che coinvolga non solo Italia e Slovenia, ma anche la Croazia, per quanto riguarda lo sviluppo dell’Adriatico». «Un no che vale doppio - ha commentato l’europarlamentare del Movimento 5 stelle, Marco Zullo - perché nella lista dei Progetti di interesse comune vagliata dall’Europa, la presenza di un impianto in Alto Adriatico è subordinata a un accordo previo con la Slovenia. Pertanto l'impianto non va realizzato, qualunque sia la decisione di Matteo Renzi». Anche Giorgio Cecco di FareAmbiente rileva infine come sia fondamentale trattare in un contesto unitario allargato ai Paesi confinanti tutta la strategia energetica dell’area alto-adriatica.

Silvio Maranzana

 

Tredici ricercatori elencano i rischi  - la lettera - L’alternativa sarebbe un impianto in mare aperto gestito dai tre Paesi

Tredici docenti e ricercatori hanno inviato una lettera aperta a tutte le autorità competenti per ribadire il proprio “no” al rigassificatore di Zaule.

I firmatari sono: Marina Cabrini (biologa marina), Tiziana Cimolino (medico), Alessandro Crise (oceanografo idrodinamico), Carlo Franzosini (biologo marino), Michele Giani (oceanografo chimico), Federico Grim (biologo marino), Renzo Mosetti (oceanografo idrodinamico), Radoslav Nabergoj (idrodinamico navale), Tomaž Ogrin (chimico), Lino Santoro (chimica e scienze ambientali), Livio Sirovich (geologo geofisico), Giorgio Trincas (ingegnere navale), Marina Zweyer (biologa). Nella lettera vengono ribaditi i principali motivi di opposizione all’impianto che possono essere così sintetizzati: la documentazione riguardante i rischi (antropici, effetto domino, collisioni), nonché il raffreddamento e la clorazione delle acque, non dà garanzie sufficienti; la periferia di una città, e una piccola baia, non sono siti in cui oggi, a livello internazionale, si collocherebbe un rigassificatore; per quanto riguarda l'intralcio ai traffici portuali, occorreva tenere presenti soprattutto i divieti alla navigazione sempre imposti dall'Imo di Londra. «Abbiamo ritenuto utile redigere questa lettera - affermano i firmatari - perché apprendiamo dai media che l'unico argomento contrario al progetto di cui ancora si parla è il danno ai futuri traffici del porto e al suo ampliamento. Leggiamo altresì che, se il progetto venisse respinto in extremis con questa sola motivazione, il proponente potrebbe forse pretendere un forte indennizzo, perché danneggiato da previsioni di incrementi di traffici e ampliamenti portuali non previsti e/o non prevedibili al momento della elaborazione del progetto e della emissione delle varie autorizzazioni. Lo studio della documentazione ci ha convinti - proseguono docenti e ricercatori - che il progetto non sarebbe stato approvato se gli enti e gli uffici preposti al vaglio tecnico ai vari livelli (dal ministero dell'Ambiente, con la Commissione Via, alle Direzioni regionali competenti, al Comitato tecnico regionale presso i Vigili del Fuoco) avessero assolto con scrupolo ai loro mandati». Docenti e ricercatori propongono un’alternativa: «un impianto in mare aperto, con navi rigassificatrici a ciclo chiuso (ossia senza uso di acqua di mare), gestito tra Italia, Slovenia e Croazia».

(s.m.)

 

 

Raccolta differenziata, questione di civiltà
Trieste è in coda alla classifica dei comuni “virtuosi”, ma gli anziani devono essere facilitati nell’utilizzo dei cassonetti
Navigando sul sito del Comune di Trieste, www.retecivica.trieste.it, nella sezione ambiente, si viene informati che sono stati incrementati i controlli sul corretto conferimento dei rifiuti in modo differenziato, in quanto "ancora troppi utenti ignorano o rifiutano consapevolmente la nuove regole di conferimento e gettano i rifiuti, tutti assieme, nel cassonetto dell'indifferenziata. Anche per questo motivo Trieste è in coda nella classifica dei comuni "virtuosi", a differenza di altre classifiche relative alla "qualità della vita" nelle quali Trieste è sempre ai vertici.". Camminando per la città, capita spesso però di notare persone indaffarate nell'attività di separazione e smaltimento dei rifiuti negli appositi bidoni di raccolta sulle strade. Ma quando sono persone anziane a compiere questa azione? I bidoni posti dalla ditta Acegas-APS per conto del Comune, nonostante i bei colori luminosi, non sono quanto di più simpatico si possa pensare per un anziano. Possiamo provare ad immaginare i problemi che, per esempio, potrebbe incontrare una educata e civile signora di 80 anni alta 1,50 m che vuole permettere alla sua città di mantenere elevati livelli di qualità della vita. I contenitori verdi per il vetro e le lattine, con l'accesso per i rifiuti sul lato superiore della campana a 1,60 m obbligano la nostra signora a porsi sulle punte dei piedi con le braccia alzate per introdurre i rifiuti nell'apertura. I bidoni dell'indifferenziata richiedono invece doti da equilibrista per la nostra signora, costretta a stare in equilibrio su un piede mentre con l'altro preme la leva di apertura e contemporaneamente lancia all'interno il sacchetto dei rifiuti. Speriamo che la nostra signora non abbia un sacchetto troppo pesante oppure non debba anche tenere in mano un bastone. Potrebbe sembrare solo una breve sequenza del film di Kieslowski ma è una scena che si ripropone agli occhi di tutti quotidianamente. Un'alternativa più comoda ai bidoni comuni potrebbe essere la soluzione già presente in Piazza della Borsa, dove il deposito è interrato, e quindi l'accesso per i rifiuti dalla strada è più agevole e pratico essendo più basso, facilitando chi presenta difficoltà motorie o di equilibrio. Telefonando al numero verde istituito dall'Acegas-APS per informazioni sulla raccolta differenziata e sottoponendo questi dubbi ad un loro operatore, siamo stati informati che hanno già ricevuto numerose segnalazioni da parte degli anziani stessi e dei loro familiari preoccupati. L'operatore ci ha riferito inoltre di aver inoltrato queste segnalazioni all'azienda, e che la risposta ricevuta è stata di disinteresse per l'argomento, poiché - secondo il loro pensiero - tutti gli anziani hanno qualche familiare o badante che possa occuparsi di questo per loro, e quindi il problema non sussiste. Non esistono quindi proposte né dalla ditta Acegas-APS né dal Comune per venire incontro alle difficoltà della componente anziana della nostra città, che rappresenta il 27% della popolazione totale triestina, 57.482 persone su 208.136 abitanti. Questa situazione si presenta in forte contraddizione con la dichiarazione rilasciata dal sindaco Roberto Cosolini per il giornale Il Piccolo nel luglio del 2012, in cui, espostagli una statistica che pone Trieste come la città con la maggior componente over 65 d'Europa, afferma la necessità di mantenere la città attiva, sollecitando la parte giovanile alla ricerca e alla crescita del turismo, ma aggiungendo inoltre la necessità di un miglioramento del benessere della componente anziana "ricercando formule perché la vecchiaia sia più attiva possibile.". E cosa va più contro la sua affermazione se non l'impedimento agli anziani di mantenere la propria indipendenza nell'adempimento di un'attività banale ma quotidiana come buttare l'immondizia?

Agnese Ciolli - IV H liceo scientifico Guglielmo Oberdan

 

A Sistiana liquami riversati sull’asfalto
Problemi al collettore provocati da alcuni scavi. Incidente scoperto da un gruppo di studenti che faceva merenda all’aperto
DUINO AURISINA La scena non è delle più esaltanti: nel piazzale che guarda dall’alto la Baia di Sistiana, a pochi metri dalla palazzina dell’Azienda turistica e dall’accesso al Sentiero Rilke, due scolaresche sono intente a consumare la merenda al sacco. Gli sguardi dei ragazzi sono perplessi, così quelli degli insegnanti. A pochi metri di distanza, il versamento sull’asfalto di acque scure con i conseguenti, mefitici miasmi, rovinano sosta e appetito. È successo ieri, in una delle aree più belle della provincia triestina, per un malaugurato incidente tecnico. Pare che una ditta incaricata dall’Enel di predisporre infrastrutture ottiche per il comprensorio di Portopiccolo potrebbe avere creato dei problemi al collettore fognario in zona. Il condizionale è d’obbligo, anche se, stando alle informazioni di AcegasApsAmga, qualche agente esterno avrebbe danneggiato la struttura sotterranea causando la fuoriuscita di liquami. A farne le spese non solo i turisti che sul piazzale sovrastante Sistiana si soffermano per uno sguardo al panorama marino ma pure un complesso condominiale, denominato “Sistiana a mare”, formato da una decina di casette. Secondo uno dei residenti, Maurizio Lenarduzzi, le acque scure avrebbero invaso anche gli interni di uno o più edifici. Secondo il cittadino i problemi alle infrastrutture non sarebbero nuovi. «A ogni stratempo – continua – ci ritroviamo con dei tombini scoperchiati e con le acque scure che tracimano. Al di là dell’episodio odierno, riteniamo che l’infrastruttura sotterranea, che raccoglie le acque scure delle comunità di Sistiana, Visogliano e altre zone a monte, dovrebbe essere oggetto di un sopralluogo e di puntuale manutenzione». «I versamenti di liquame odierni non dipendono certo da noi – osservano dall’ex municipalizzata – e va pure detto che di recente non abbiamo avuto segnalazioni di criticità fognarie nella zona». Il punto di vista di AcegasApsAmga viene condiviso dal sindaco di Duino Aurisina Vladimir Kukanja. «Non ho contezza di denunce o segnalazioni di problemi alla rete di smaltimento delle fogne per quell’area» informa il primo cittadino soffermandosi piuttosto sull’episodio eclatante di ieri. «Non appena segnalatoci il versamento, i nostri tecnici sono intervenuti subito per verificare l’accaduto. Una ditta che opera per l’Enel, effettuando la posa di un cavidotto per l’alimentazione generale di Portopiccolo, avrebbe forse prodotto un danno all’impianto fognario. Gli specialisti dell’ex municipalizzata e l’Italspurghi hanno lavorato per diverse ore per ridurre la criticità e riportare tutto a regime». Tutto risolto nelle prime ore del pomeriggio, anche se per capire cosa realmente abbia prodotto il versamento ci vorranno approfondimenti. L’ultima informazione resa dal sindaco dice di un possibile tappo alla condotta fognaria.

Maurizio Lozei

 

Muggia - I rifiuti costano meno ma la tassa resta invariata
Ai muggesani la gestione dei rifiuti nel 2015 costerà 1.806.062 euro ripartiti per il 61% in costi verso le utenze domestiche e il 39% verso quelle non domestiche.

Una cifra in ribasso, come tuona il consigliere comunale del Pdl Claudio Grizon, che chiede dunque un'agevolazione per i cittadini: «Come ci ha confermato il funzionario competente avremo un risparmio pari a 150mila euro l’anno. Purtroppo però, nonostante le mie richieste, la giunta Nesladek non ha voluto che i risparmi ottenuti comportassero una riduzione dei costi nella bolletta dei cittadini che avrebbero potuto essere di circa il 10%». Secca la risposta del sindaco Nesladek: «I 150mila euro a cui fa riferimento Grizon sono l’ipotetico frutto del risparmio dal 2008 a oggi e non di un impensabile anno solo». Ma la querelle prosegue: sotto tiro lo spazzamento e la pulizia di strade e marciapiedi della periferia e la poca chiarezza sugli abbruciamenti del verde. Nel 2014 a Muggia i rifiuti complessivi raccolti e smaltiti sono stati pari a 7.648.889 chili, con un aumento rispetto al 2013 di 233 tonnellate, pari al 3,14%. Nel dettaglio della raccolta dei rifiuti biodegradabili del verde tra 2013 e 2014 c’è stato un aumento dai 730.170 a 1.012.070 chili: quasi 282 tonnellate di differenza, il 30% in più. «Con ogni probabilità la gestione inadeguata della questione dell’abbruciamento del verde nei campi e la mancanza di indicazioni tempestive hanno portato a un aumento dei volumi conferiti nei cassonetti stradali per il verde, spesso impropriamente, visto quello che vi si trova dentro. Ma tutto ciò sulle spalle di tutti i cittadini chiamate a pagare» spiega Grizon. Le voci hanno registrato un aumento sulla raccolta di plastica (+40 t), imballaggi (+22 t), inerti (+125 t), carta (+33 t) e frazione organica umido (+65 t). «In Consiglio comunale ho ribadito inoltre che la percentuale della raccolta differenziata 2014 del 48,23% è viziata specie dai volumi enormi di verde conferiti nei cassonetti, +30% circa sul 2013», aggiunge Grizon. Pronta la replica di Nesladek: «Non vi è alcun vizio rispetto alla percentuale del 48,23% di raccolta differenziata poiché anche il verde è da tutti e per norma considerato raccolta differenziata e lo stesso rifiuto non finisce all'inceneritore». Grizon ha poi attaccato la gestione della pulizia dei marciapiedi e delle strade. «Il centro storico è oggetto di attenzioni frequenti, le frazioni invece sono abbandonate a se stesse e devono contare solo sulla Bora. Più volte ho chiesto all’amministrazione che mi dimostri quante volte in un anno sono stati pianificati interventi di spazzamento in periferia ma in risposta ho avuto sempre e solo un assordante silenzio, eppure lo spazzamento lo pagano tutti i cittadini a prescindere dal loro luogo di residenza: per il 2015 sono previsti 153.512 euro» ha chiosato.

Riccardo Tosques

 

 

Dentro uno smartphone una sabbia del Congo che provoca tumori
Il coltan ottimizza i consumi elettrici e fa risparmiare energia ma contiene uranio con un certo livello di radioattività
Negli ultimi anni la maggior parte della popolazione mondiale sempre più spesso si è indirizzata verso regali di tipo tecnologico ma se per alcuni ciò che ricevono è un regalo, per altri non è altro che mesi di duro lavoro e grande sofferenza. Tutti gli oggetti tecnologici vengono costruiti con un minerale particolare, il coltan, che è composto da una miscela di due ossidi, la colombite e la tantalite. Si presenta sotto forma di sabbia nerastra e contiene una parte d'uranio, elemento con un certo livello di radioattività, che provoca un gran numero di tumori. La parte orientale della Repubblica Democratica del Congo, la zona del Kivu, zona bellissima dal punto di vista paesaggistico, con clima ideale, né caldo né freddo, e con una natura incontaminata, uno dei polmoni ecologici del mondo, da anni è anche zona di piste clandestine per l'atterraggio di aerei provenienti direttamente dall'Europa, dall'America e dall'Asia che arrivano, caricano la sabbia preziosa e se ne vanno. Il Kivu confina con Ruanda, Burundi e Uganda, è di gran lunga la zona più ricca in assoluto di minerali e risorse di tutto il territorio congolese. Ricca di oro e diamanti, dei quali continua a rifornire i mercati mondiali in modo assolutamente illegale, e soprattutto di coltan. Le miniere di questo minerale assomigliano a delle cave di pietra a cielo aperto, dove il materiale viene estratto a mani nude dai lavoratori, che ne ricavano danni irreparabili. La sabbia viene utilizzata per la fabbricazione di telecamere, cellulari e molti altri apparecchi elettronici, il coltan serve a ottimizzare il consumo della corrente elettrica nei chip di nuova generazione e porta perciò un notevole risparmio energetico. Le grandi multinazionali sfruttano le miniere presenti nel territorio africano e, di conseguenza, i congolesi che ci lavorano, che vengono pagati all'incirca 200 dollari al mese. Un qualsiasi altro lavoratore congolese riceve una paga pari a 10 dollari al mese, perciò c'è una vera e propria corsa per lavorare nelle miniere non solo da parte dei congolesi ma anche di uomini del vicino Rwanda e dell'Uganda. Nel 1998, quando si vengono a sapere le grandi potenzialità di questo minerale, è iniziata anche una vera e propria guerra: i soldi che arrivano dalle multinazionali sono serviti a finanziare la guerriglia delle bande del Rdc, in un conflitto che al 2013 vanta ben 11 milioni di morti. Inoltre a causa della sempre più grande richiesta di materiale informatico il prezzo del coltan è aumentato a dismisura passando dai 2 dollari al kg del 1998 ai 600 dollari al kg nel 2004, periodo nel quale la guerra ha bloccato l'esportazioni del minerale, nel 2006 i prezzi variavano intorno ai 100-120 dollari al kg, nell'anno corrente il prezzo del coltan variano dagli 80 ai 100 dollari al kg. Jean-Léonard Touadi, giornalista ed ex deputato congolese, spiega: «È facile catalogarla come una guerra tribale, secondo categorie occidentali, rimandando a concetti noti di etnie e tribù locali che si contrappongono tra loro. Una guerra lontana, etnica, “roba loro”. In realtà siamo di fronte a “tribù” moderne. I Signori della Guerra che dominano queste terre di nessuno sono estremamente modernizzati: hanno telefoni satellitari, connessioni con grandi banche occidentali e collegamenti con paradisi fiscali, dove i soldi vengono versati direttamente sui conti esteri (rapporti ufficiali dell'Onu hanno certificato questa triangolazione). Vi è un circolo vizioso tra materie prime che escono, fornitura delle armi e la guerra che continua perché nessuno ha interesse a fermarla». Purtroppo non esiste nessuna via per interrompere il mercato del “coltan insanguinato”, l'unica soluzione è una campagna di sensibilizzazione, dato che solamente la pressione dei media può spingere i decisori internazionali a darsi da fare per trovare una soluzione a questa guerra. «È un circuito consolidato e tutti trovano il loro tornaconto, compresi gli Stati vicini, visto che il commercio illegale passa per Kigali e Kampala. Bisogna che se ne parli, che chi legge i giornali si renda conto. E secondo me uno dei motivi per i quali la guerra non finisce è proprio questa. Ciò che mi scandalizza di più è il silenzio», conclude Touadi. Il denaro viene stimato più di una vita umana.

Nicole Perocco - II A liceo classico Dante Alighieri

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 24 marzo 2015

 

 

Il “no” transfrontaliero al rigassificatore

Oggi a Capodistria i sindaci dei Comuni costieri, da Trieste a Pirano, firmano un documento contro il progetto di Zaule

TRIESTE A pochi giorni dalla doccia fredda giunta da Roma con l’ok alla Via (Valutazione d’impatto ambientale) da parte del ministero dell’Ambiente, gli amministratori pubblici del territorio si riuniscono in un fronte comune transfrontaliero per ribadire il proprio no al rigassificatore progettato a Zaule. Lo fanno, come dice da Trieste l’assessore comunale Roberto Treu, da un lato «per far sentire la propria pressione sul governo italiano» e spingere perché quello sloveno confermi il proprio no; e dall’altro «per dare sostegno» alla Regione Friuli Venezia Giulia, la cui presidente Debora Serracchiani è tornata qualche giorno fa a ripetere la propria contrarietà all’impianto. Stamattina, alle 10 nel Palazzo Pretorio di Capodistria, è in programma infatti un incontro pubblico al quale parteciperanno i sindaci (o delegati) dei Comuni di Trieste, Muggia, San Dorligo della Valle-Dolina, Capodistria, Isola, Pirano, Ancarano, nonché alcuni parlamentari sloveni e rappresentanti della «sfera civile», come la definisce il sindaco di Capodistria Boris Popovic. In apertura dell’incontro, anticipa Treu, verrà letto un documento di contrarietà all’impianto il cui testo è stato concordato nei giorni scorsi; in calce sarà apposta la firma dei primi cittadini dei Municipi presenti. L’iniziativa, spiega ancora Treu sottolineando l’unità di intento dei Comuni costieri, è nata dalla Città di Capodistria d’intesa con Trieste (rappresentata dal sindaco Roberto Cosolini), e con l’adesione delle altre amministrazioni. Sono in gioco «anche in Slovenia», riporta una nota dal capoluogo giuliano, «la qualità della vita, la salvaguardia della pesca, lo sviluppo del turismo e dell’attività marittima», punto quest’ultimo sul quale da più parti si è insistito, sottolineando le prospettive di sviluppo dei traffici del Porto di Trieste. La questione del rigassificatore è tornata d’attualità da qualche settimana. Il 12 marzo scorso il sottosegretario all’Ambiente del governo Renzi, Silvia Velo, ha confermato il parere positivo della Commissione tecnica Via-Vas, con prescrizioni. Il via libera definitivo spetta al ministero dello Sviluppo economico, d’intesa però con la Regione Fvg: Regione che, come sottolineato da Serracchiani, quell’intesa non intende concedere. E dunque, come aggiunto dalla stessa governatrice, la palla passerà alla presidenza italiana del Consiglio italiana. La stessa Serracchiani ha ricordato come il progetto avesse già «suscitato la contrarietà ufficiale della Slovenia». Tutte posizioni che i Comuni vogliono rafforzare ora con il no transfrontaliero.

(p.b.)

 

 

Sel: «Sì ad Arvedi No all’area a caldo»  - Le dimissioni dell’industriale
«Rifiutiamo l’accusa di voler strumentalizzare la vicenda Ferriera, ma al contempo chiediamo di non essere strumentalizzati per essere messi all’angolo assimilandoci al Movimento 5 stelle che chiede la chiusura immediata dell’area a caldo». Sabrina Morena, coordinatrice provinciale di Sinistra ecologia e libertà interviene ancora sulle vicende dello stabilimento di Servola

 dimostrando come la questione continua a suscitare dibattiti anche all’interno dei singoli partiti, ma del suo più di ogni altro. Dopo il gesto plateale del nuovo proprietario della Ferriera, Giovanni Arvedi che ha lasciato la presidenza di Siderurgica Triestina, società del suo gruppo in polemica sembra soprattutto con alcune forze politiche, Morena riguardo a Sel sottolinea che «noi abbiamo cercato di farci portavoce di quella parte della città a cui è stato promesso molto e mantenuto poco, e che è esasperata dalle condizioni ambientali in cui vive». Al contempo e nella stessa nota, la coordinatrice prende anche le distanze da posizioni “troppo ambientaliste”. «Se ci sono state delle parole grosse da parte di alcuni esponenti di Sel - sottolinea riferendosi evidentemente soprattutto al capogruppo in Consiglio comunale Marino Sossi - sono state dettate da improvvida focosità, ma da parte del nostro partito c’è il totale appoggio al Piano Arvedi. Solleviamo unicamente dubbi e perplessità - specifica però - su uno solo dei punti dell’Accordo di programma rispetto all’eventuale chiusura dell’area a caldo, area che risulta maggiormente inquinante». Per tentare di uscire da questa ambiguità, Morena propone «un Tavolo permanente di concertazione aperto a tutti gli stakeholders che metta d’accordo gli interessi che sembrano contrapposti, di lavoro e salute». «Il gesto di Arvedi - aggiunge Sossi - non era certo indirizzato a Sel, ma al Consiglio comunale che all’unanimità ha approvato una petizione dei cittadini per ridiscutere la questione dell’area a caldo. Quando polo logistico e laminatoio si saranno sviluppati - conclude il capogruppo in Comune - a Servola vi saranno più posti di lavoro di adesso e allora l’area a caldo potrà essere chiusa. In questo senso si spiega il nostro concetto di chiusura graduale».

(s.m.)

 

 

Animalisti Lav Incontro su giovani e dieta vegetariana

Domani alle 16, alla Libreria Minerva, a cura della Lav (Lega anti vivisezione) presentazione dell’iniziativa ”Veg Pyramid junior”, alimentazione vegetariana per bambini e adolescenti, con Leonardo Pinelli, pediatra, diabetologo ed esperto in nutrizione vegetariana

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 23 marzo 2015

 

 

Ecologisti - Assemblea dei soci di Legambiente

Il Circolo Verdeazzurro Legambiente di Trieste informa che mercoledì alle 18, in via Donizetti 5/a, si terrà l’assemblea ordinaria dei soci.

Dopo la relazione del presidente Andrea Wehrenfennig, verrà illustrato per l’approvazione il rendiconto economico-finanziario del 2014. Avranno diritto di voto tutti i soci del Circolo in regola con il pagamento delle quote sociali.

 

 

FARE AMBIENTE «Non alimentiamo la guerra sulla Ferriera»

«Non vorremmo si alimentasse una guerra tra residenti e lavoratori sulla Ferriera di Servola e soprattutto per quanto concerne il mantenimento dell’area a caldo», così si esprime Giorgio Cecco coordinatore regionale di FareAmbiente.

Aggiunge: «Crediamo invece ci sia bisogno di fare un fronte comune per la tutela della salute pubblica»

 

 

«Centrale Fianona 3, Zagabria vuole negarci il diritto di decidere»
Da Demetlika a Radin, coro di no al progetto in vista del referendum consultivo: l’esito andrà rispettato
ALBONA «Lo Stato vuol fregarci nuovamente dopo la Fianona I e la Fianona II per cui è ora di impedire assolutamente che ci sia una terza volta, poichè c'è di mezzo la salute nostra e dei nostri figli». Con queste parole pronunciate dal sindaco Tulio Demetlika all'assemblea consultiva della Regione istriana sul combustibile della futura centrale elettrica Fianona III, si può sintetizzare la posizione della stragrande maggioranza degli Istriani in merito all'argomento, emersa nei vari sondaggi. E poi una pesante stoccata dello stesso Demetlika nei confronti del potere centrale: «Venticinque anni fa, alla nascita della Croazia sovrana e indipendente ci eravamo illusi che né Belgrado, né Zagabria avrebbero più deciso dei nostri destini. Ora vediamo che lo Stato vuole imporci il carbone nel nostro cortile negando agli Istriani il sacrosanto diritto di decidere su una questione di vitale importanza». Sulla stessa linea il breve ma pesante intervento del deputato italiano Furio Radin. «Il tempo sta per scadere ha detto, bisogna assolutamente dire “no” alla lobby del carbone che è pronta a sacrificare la nostra salute sull'altare del guadagno». «Diciamo “no” - così ancora Radin - dapprima al referendum del 29 marzo prossimo, e se non basterà, dovremo scendere nelle piazze per far sentire la nostra voce». Dal canto suo il presidente della Regione Valter Flego ha annunciato che combattere con ogni mezzo affinchè il risultato del referendum consultivo di domenica prossima nelle cinque municipalità dell'albonese venga rispettato da Zagabria. All'assemblea cui hanno partecipato funzionari regionali, sindaci e altri amministratori locali, ambientalisti e cittadini interessanti sono stati riportati alcuni inquietanti dati basati su elaborati e ricerche scientifiche sull'impatto dell'eventuale centrale a carbone di 500 Megawatt di potenza quali l'emissione nell'atmosfera di 300 tonnellate di diossido di carbonio all'ora, su base annua 17 morti nell'area centrale per varie malattie, la perdita di 3.900 giornate di lavoro, danni ecologici per 125 milioni di euro all'anno e aumento di 40 milioni di euro per l'assisteza sanitaria della popolazione. E l'alternativa al carbone c'è, è stato ribadito, è il gas che passa sotto il naso lungo il metanodotto Pola–Karlovac.

(p.r)

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 22 marzo 2015

 

 

Operai della Ferriera solidali con Arvedi

I sindacati: «Atteggiamento preconcetto di alcune forze politiche. Comprensibili le dimissioni dalla presidenza di St»
Ha trovato solidarietà tra i dipendenti e i sindacalisti il gesto compiuto da Giovanni Arvedi dimessosi dalla presidenza di Siderurgica Triestina (St), la società del suo Gruppo proprietaria della Ferriera di Servola, a causa di una sorta di «ostilità preconcetta» da parte di alcune forze politiche. «Gli industriali non sono tutti uguali - commenta Franco Belci segretario regionale Cgil - vi sono anche imprenditori che guardano alla società, pur ovviamente senza mettere da parte il profitto. Mi pare che Arvedi appartenga a questa schiera e mi par di di capire che la sua decisione di abbandonare la governance della Ferriera non sia una risposta agli abitanti di Servola che vanno compresi perché nel rione di certo non si vive bene, ma piuttosto una risposta a quelle posizioni che vedono in ogni industriale un padrone, che sospettano che un sindaco sia subalterno agli interessi di un industriale che viene ad investire con l’obiettivo di risanare, che cercano di strumentalizzare gli atteggiamenti emotivi, rimestando le acque. Non le condivide neppure la Cgil - conclude Belci - tanto più che le acque non sono torbide: se il risanamento della cokeria, per il quale esiste un progetto avanzato e verificabile non sarà possibile, l’area a caldo chiuderà». Il riferimento è evidentemente in prima battuta a Sel e poi al Movimento 5 stelle che dell’area a caldo, con specifiche mozioni, hanno chiesto l’immediata chiusura. L’amarezza espressa da Arvedi direttamente ai rappresentanti dei lavoratori è apparsa comprensibile anche a Cristian Prella dellla Failms, sindacato autonomo che pure è pure da sempre particolarmente attento alle problematiche ambientali e alla salute, degli operai innanzitutto. «Si è trattato di una risposta piuttosto logica - commenta Umberto Salvaneschi (Fim-Cisl) al trattamento ricevuto da parte di alcune forse politiche. Dal punto di vista imprenditoriale non cambia nulla, dal punto di vista del suo rapporto con una parte della città che si trova in disaccordo anche rispetto a un grosso sforzo in fatto di investimenti probabilmente sì. Sull’impianto di captazione delle emissioni della cokeria siamo fiduciosi, prima della fine dell’anno vi sarà il responso definitivo». «Arvedi nell’incontro avuto con noi ha anche evidenziato - aggiunge Antonio Rodà (Uilm) - che nel periodo in cui la centralina antinquinamento di via San Lorenzo in Selva ha fatto registrare 11 sforamenti, 8 sono stati rilevati da quella collocata in piazza Libertà. Si vogliono addossare alla Ferriera dunque tutti i mali della città ed è alla città che è stato rivolto il suo gesto, perché dal punto di vista dell’impegno imprenditoriale nulla cambia». E in questo senso lo stesso sindaco Roberto Cosolini ha voluto tranquillizzare ieri pomeriggio le “donne della Ferriera” intervenendo, come si legge a fianco, al loro incontro e sottolineando che all’interno dello stabilimento nulla cambia essendo stato quello del proprietario solo un gesto formale di reazione per non essere nominalmente coinvolto in polemiche che non avrebbero nemmeno ragione di esistere. «Il tentativo di scaricare su altri l'eventuale fallimento del risanamento ambientale che, a parole, Siderurgica Triestina sta portando avanti a Servola, va respinto al mittente» hanno contrattaccato ieri Paolo Menis e Stefano Patuanelli, consiglieri comunali M5S. Nosmog, l’associazione più attiva nella battaglia contro l’area a caldo, ricordando che l’Azienda per i Servizi Sanitari il 27 settembre 2013 affermava che «la presenza di un'esposizione a più inquinanti, anche se alcuni sono a valori prossimi ai limiti di legge, rappresenta un fattore cumulativo di rischio portando ad un'aggressione all'organismo da parte di più sostanze che possono contribuire sinergicamente a determinare danni per la salute con effetti a lungo termine». Nosmog di conseguenza si rivolge al cavalier Arvedi dicendogli: «Gli saremmo particolarmente grati se “sua sponte” volesse decidere di fissare un limite per gli inquinanti gassosi/polverosi inferiore agli stretti limiti di legge».

Silvio Maranzana

 

Le mogli e le sorelle in difesa di Servola «La siderurgia ci fa mangiare»
«Sono fiducioso. Con Arvedi, industriale vero, possiamo puntare a un doppio obiettivo: conservare i posti di lavoro, assicurando un futuro all'impianto, e garantire il rispetto dell'ambiente, tutelando la salute di chi vive a Servola». Così si è espresso il sindaco, Roberto Cosolini, intervenuto ieri pomeriggio all’incontro organizzato, all'ingresso dello stabilimento, dal gruppo “A favore della Ferriera”, movimento recentemente costituito dalle mogli, sorelle, fidanzate, figlie degli operai che lavorano a Servola e che vanta ormai una trentina di aderenti. «Sono cittadini sia coloro che vivono in questo rione - ha sottolineato Cosolini - sia quelli che lavorano nell'impianto. Tutti respirano la stessa aria, perciò il tema ambientale è comune, ma chi trae sostentamento dal lavoro in Ferriera deve poter guardare al futuro con serenità. La contrapposizione fra questi due interessi è strumentale, voluta solo da chi la vuole alimentare per scopi elettorali - ha sottolineato - mentre in realtà tutti i cittadini sono uguali e tutti hanno pari diritti». A Erika Niegovan, rappresentante del movimento “A favore della Ferriera”, Cosolini ha promesso «ampia disponibilità per continuare un dialogo che deve essere finalizzato alla valutazione degli interessi della città. Potete venire da me ogni volta che lo riterrete opportuno - ha aggiunto il sindaco - la mia porta è sempre aperta». Niegovan, dopo aver confermato che «il movimento è apolitico e non sindacale», ha voluto ancora una volta additare con severità «coloro che chiedono la chiusura dell'impianto per motivi ambientali, senza rendersi bene conto di cosa effettivamente chiedono. Dietro ai lavoratori di Servola - ha ribadito - ci sono famiglie, bambini, prospettive di vita. Prima di parlare, chi vorrebbe il blocco della Ferriera dovrebbe fare un esame di coscienza. È puro egoismo - ha insistito - trincerarsi dietro la propria condizione di sicurezza economica, chiedendo al contempo la chiusura di una struttura che garantisce lavoro a centinaia di persone». Francesco Marzan, di “Ancora Ferriera”, oltre a presentare un documento ufficiale in base al quale «i casi di tumore a Servola sono in linea con la media della città», ha auspicato che «le future assunzioni in Ferriera possano riguardare i lavoratori che sono stati recentemente espulsi dalla Sertubi».

Ugo Salvini

 

 

Scontro sull’orario estivo tra pendolari e Regione
L’assessore chiede riscontri entro domani sulla nuova offerta ferroviaria - La risposta: «Ci ha preso per i suoi impiegati? Non accettiamo ultimatum»
A metà giugno entreranno in servizio 8 elettrotreni della spagnola Caf, acquistati 4 anni fa dalla Regione con un impegno di 50 milioniGennaio e febbraio hanno stupito positivamente i pendolari. Lungo la linea 15 Trieste - Cervignano-Udine-Tarvisio sono migliorati puntualità e servizioDopo aver condiviso per mesi con il Veneto la direzione della Divisione Passeggeri di Trenitalia, il Friuli Venezia Giulia ha un direttore dedicato: Simone Gorinidi Marco Ballico wTRIESTE «Siamo stufi, dimettevi tutti». I pendolari avevano appena applaudito il primo monitoraggio positivo sul servizio di Trenitalia quando, venerdì sera, non digeriscono una e-mail di Mariagrazia Santoro. E, dal blog Comitato Alto Friuli, sbottano: «L’assessore ha superato ogni limite, in primis quello del rispetto verso le persone. È lei al servizio nostro, non viceversa». Incomprensione, così almeno la interpreta con stupore Santoro, dovuta alla richiesta contenuta nel messaggio trasmesso ai comitati in cui si chiede un rapido riscontro, già entro domani, alle proposte dell’assessorato «sull’affinamento dell’offerta ferroviaria» attivabili dal cambio di orario del prossimo giugno, a prescindere dall’entrata in servizio degli 8 nuovi elettrotreni di marca spagnola. La Regione, spiega Santoro, fa seguito alle istanze dei pendolari dell’ottobre 2014, chiede una «prima valutazione» lunedì e ipotizza un incontro mercoledì 25. Il tono è di disponibilità, ma i tempi stretti non convincono il comitato che ribatte con una durissima replica: «Siamo basiti dalla superficialità con cui viene gestito il servizio ferroviario in Fvg. Nell’ultimo incontro di dieci giorni fa – si ricostruisce nel blog – non si è fatto accenno a variazioni, anzi Trenitalia aveva fatto intendere il contrario, ovvero che a giugno ci sarebbe stata la possibilità di una rivoluzione degli orari con l'entrata in servizio dei Caf e soprattutto con il termine a fine aprile dei lavori lungo la Udine-Tarvisio». Leggendo il termine del 23 marzo come un ultimatum, i pendolari parlano di «insulto all’intelligenza», denunciano l’«errore colossale» dell’introduzione a dicembre 2013 dell’orario cadenzato e infine attaccano: «Cara assessore, per chi ci ha preso, per i suoi impiegati?». E ancora: «Sono mesi che inviamo suggerimenti e proposte: cosa ha fatto fino a oggi l’Ufficio mobilità regionale? Cosa il suo dirigente responsabile dal lauto stipendio da 140mila euro? Questa volta ci godiamo il fine settimana insieme alle nostre famiglie, lasciando a chi è retribuito con i soldi dei contribuenti il compito di analizzare l'orario ferroviario regionale». Santoro legge e, già ieri mattina, proroga il termine per le osservazioni a giovedì 26, fissando l’incontro mercoledì 1 aprile, «a dimostrazione della volontà di mantenere il clima collaborativo e proficuo con i comitati, oltre a trasmettere il giorno stesso le valutazioni fatte da Trenitalia sulle proposte di modifica fatte dai comitati stessi». Un gesto di pace che non cancella però le perplessità per il veleno usato dal comitato Alto Friuli. In assessorato, infatti, non dimenticano che «proprio nel corso dell'ultima riunione, si è convenuto che il processo di adeguamento degli orari in funzione del nuovo materiale rotabile sarà graduale e fatto, per passi, proprio per evitare qualunque problema ai passeggeri». I tempi stretti della risposta chiesta ai pendolari? Decisi da Trenitalia. Che però, vista la reazione, ha acconsentito allo slittamento di qualche giorno. Quanto alla critiche all’orario cadenzato, l’assessore chiarisce: «È necessario lavorare sul presente e sul futuro, non rivangare scelte nate a cavallo tra il 2012-2013 quando i vertici nazionali e locali di Trenitalia erano altri».

 

 

L’acqua, un problema globale
Serve una cooperazione internazionale e occorre finanziarla
ROMA Oggi è la Giornata Mondiale dell’Acqua, appuntamento che ci consente di fare alcune valutazioni su questa risorsa. In molte parti del mondo l’accesso all’acqua potabile non è garantito, così come non esistono sistemi di collettamento e depurazione, con effetti sanitari ambientali e sociali gravissimi. L’accesso a fonti idriche scarse è motivo di conflitto in molti Paesi, e le alterazioni climatiche rischiano di aggravare questo quadro. Sul piano globale questa è la priorità assoluta e pesa su tutti noi, che viviamo nei Paesi ricchi, la responsabilità di contribuire a risolvere il problema in Paesi anche a noi vicini, come quelli del Mediterraneo. Da tempo giace in Parlamento una proposta di legge per l’introduzione di una piccola quota di tariffa per finanziare progetti di cooperazione internazionale in campo idrico. Ecco, penso che sia utile lanciare un appello alle forze politiche ed al governo. In Italia non abbiamo fortunatamente problemi di accesso all’acqua, né di conflitti, ma dobbiamo fare ancora molti investimenti per completare la depurazione e rinnovare le reti. Le statistiche ci dicono che nell’ultimo decennio abbiamo avuto gli anni più aridi e più piovosi da oltre 120 anni a questa parte, e che i fenomeni estremi sono costantemente in aumento. Questa situazione è destinata a peggiorare in futuro, e sarà necessario fare altri investimenti per garantire l’approvvigionamento idrico. Occorre, quindi, uno sforzo per sostenere questi investimenti con fondi pubblici regionali, statali ed europei e mettere i gestori idrici in condizione di investire, non scaricando interamente il costo in tariffa, trattandosi di interventi infrastrutturali strategici. Le tariffe italiane restano fra le più basse d’Europa - circa la metà dei Paesi più avanzati - e la polemica sulle tariffe idriche non ha più senso.

Alfredo De Girolamo

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 21 marzo 2015

 

 

Arvedi esce dalla governance Ferriera

L’industriale lascia, amareggiato per le accuse di comitati cittadini e politici. La presidenza passa a un manager di Cremona
Il nome del cavalier Giovanni Arvedi scompare dalla governance della Ferriera di Servola. Lo ha annunciato lo stesso proprietario nel corso del recente incontro con i rappresentanti aziendali delle organizzazioni sindacali. Arvedi, fondatore e a capo dell’omonimo Gruppo è attualmente presidente di Siderurgica Triestina la società creata ad hoc per l’acquisizione dello stabilimento triestino, ma a giorni sarà sostituito in questa carica da un manager presumibilmente proveniente da Cremona. Nel ruolo di amministratore delegato rimarrà invece Francesco Rosato. La spiegazione del gesto, che non appare nei comunicati ufficiali, starebbe in quanto lo stesso industriale avrebbe affermato a Servola e che è parzialmente trapelato. Non arretro di un passo e la mia personale presenza nello stabilimento triestino sarà ancora più assidua - sarebbero state le sue parole - ma non posso permettere che il nome mio e della mia famiglia che abbiamo una storia di successi e di trasparenza vengano associati a figure di violentatori della salute degli operai e dei cittadini come certi continuano a dipingerci. In sostanza Giovanni Arvedi sarebbe rimasto amareggiato da quanto affermato da alcuni rappresentanti delle forze politiche e dei comitati dei cittadini in particolare nelle recenti sedute del Consiglio comunale e avrebbe anche contestato l’ubicazione e la veridicità dei responsi di alcune centraline sostenendo che i livelli di alcuni inquinanti siano più elevati in centrocittà a causa del traffico che non a Servola. Ha ribadito anche che prima della fine dell’anno sarà installato sulla cokeria l’impianto che dovrebbe eliminare qualsiasi tipo di emissione. «Se funziona, l’area a caldo sarà mantenuta - ha ribadito - se non funziona, verrà chiusa». Ma ha anche calcato la mano su quella che sarà la differenza dei livelli occupazionali: 700 dipendenti nel primo caso (visto che sarà rafforzata la banchina e entrerà in funzione il laminatoio a freddo), 380 nel secondo. Sono stati anche consegnati ai rappresentanti dei lavoratori i piani dei lavori già effettuati e quelli ancora da effettuare, anche sul versante ambientale. L’organizzazione del lavoro all’interno dello stabilimento è stata diviso in tre settori: lo staff che comprende una ventina di persone e risponde direttamente a Rosato, il settore logistico con 76 unità e l’area a caldo che raggruppa ben 330 dipendenti. È stato presentato il nuovo staff medico che fa riferimento alla Sanitas Brescia e che avvierà controlli e campagne preventive contro l’uso di droghe e alcol. Prossima anche la decisione sulla possibilità di portare a tempo indeterminato la trentina di contratti a termine. È infine scaduto il mandato degli attuali componenti delle Rappresentanze sindacali unitarie che stanno per essere rinnovate. Fino al 3 aprile c’è tempo per la presentazione delle liste, mentre a metà del mese prossimo dovrebbero tenersi le elezioni.

di Silvio Maranzana

 

 

Gli ambientalisti ribadiscono a Laureni il “no” al rigassificatore di Zaule

L'ipotizzata realizzazione di un rigassificatore a Zaule è stato il tema al centro di un incontro tra l'assessore comunale all'Ambiente Umberto Laureni e i rappresentanti delle Associazioni ambientaliste.

Sono state discusse le novità venutesi a determinare a fronte della nota del Ministero dell'Ambiente, nella quale si comunicava tra l'altro che «non si riscontrano incompatibilità ambientali dell'impianto in progetto con le previsioni del nuovo Piano Regolatore Portuale». I rappresentanti delle associazioni ambientaliste hanno confermato all'assessore il deciso “no” all'impianto, proponendo ed evidenziando una serie di analisi e considerazioni che sono state ampiamente condivise e fatte proprie dall'assessore. Laureni ha ribadito la massima attenzione e l'impegno a tenerne conto nelle prossime fasi dell'iter procedurale. La governatrice Debora Serracchiani ha preannunciato che non darà l’intesa al Ministero per lo sviluppo econonico, percui l’ultima parola ricadrà sul presidente del Consiglio.

 

 

Città più “intelligenti” con la mobilità verde
L’impegno della giunta sottolineato dal sindaco al convegno dell’Istituto delle regioni europee
Trieste vuole rinsaldare i rapporti e gli scambi di conoscenze e competenze con altre città e Paesi, per acquisire un ruolo internazionale attraverso l'adesione a progetti europei, e dare nuovo impulso a iniziative di cooperazione. Lo ha sottolineato il sindaco Cosolini introducendo il convegno su "Mobilità verde, Città europee sostenibili e interconnesse" - promosso dal Comune e dall'Istituto delle regioni europee (Rei) - al quale hanno partecipato i rappresentanti di Austria, Ucraina, Slovenia, Germania, Slovacchia, Belgio, Croazia, Serbia, dell’Ince e di alcune regioni italiane. Nell’aula consiliare del municipio il sindaco ha posto l'accento sull'impegno dell’amministrazione comunale per la mobilità sostenibile, sia con l'attuazione del piano del traffico, tema strategico del programma di mandato, sia con il nuovo piano regolatore generale che prevede il recupero delle linee ferroviarie attraverso il progetto europeo "Adria A" (Accessibilità e sviluppo per il rilancio dell'area dell'Adriatico interno) al quale il Comune ha aderito per lo studio di fattibilità della metropolitana leggera transfrontaliera, volta ad ampliare la funzionalità urbana ma anche a rilanciare l'attrattività economico-commerciale e turistica della città. «Troviamo oggi - ha affermato l'assessore alla Pianificazione urbana Elena Marchigiani, in una conferenza stampa a margine del convegno - l'occasione per confrontarci con molte città centro europee e collocarci in questa rete di scambi affrontando il tema delle “smart cities”, una visione della città più “intelligente” dal punto di vista urbanistico. All'interno di questo concetto sta anche la “mobilità verde”, argomento sviluppato nel piano del traffico, che mira rendere Trieste più efficiente e sostenibile, e perciò più attrattiva sotto vari aspetti». Tra i vari interventi, il vicepresidente dell'Istituto delle regioni europee, Stefan Eder, ha sottolineato l'importanza delle “città intelligenti” nell'attuale contesto, di cui si è iniziato a parlare nel 2012 a Tubinga, successivamente a Vienna, in Polonia, e ora a Trieste. Il vicesindaco di Lubiana, Janez Kozelj, ha ribadito come sia necessario scambiarsi esperienze per chi si occupa di urbanistica, per trovare soluzioni comuni e metodologie di intervento adattabili alle diverse realtà, e per contribuire a rendere le città più silenziose. Anche Alberto Cozzi, responsabile dei progetti europei per l'Iniziativa centro europea (Cei), parlando dell'impegno del Cei nel trasporto urbano e nella logistica, ha evidenziato l'importanza di estendere l'attenzione verso questi temi ad altri Paesi. Il consulente del ministero dell’Economia della Croazia, Mario Feric, si è invece soffermato sulla strategia del suo governo nell’organizzazione di nuove mobilità a Zagabria e a Fiume, e più in generale nello sviluppo dei porti e degli aeroporti.

 

TRIESTETRASPORTI - Bus, indagine sulle opinioni dei “clienti”

Trieste Trasporti informa che da lunedì, per due settimane, la società esterna Quaeris effettuerà un’indagine sulla soddisfazione dei clienti, commissionata ogni anno per monitorare l’opinione dei cittadini sul trasporto pubblico.

Verranno realizzate alcune migliaia di interviste, sul territorio provinciale, telefonicamente, via e-mail o di persona alle fermate dei bus. Per informazioni o chiarimenti chiamare il numero verde 800-016675 o rivolgersi all’Ufficio relazioni con il pubblico, via dei Lavoratori 2, entrambi operativi dal lunedì al giovedì (8.30-13 e 14-15) e il venerdì dalle 8.30 alle 13.

 

A Grado scoppia la “guerra” tra cormorani e itticoltori
GRADO Per le sue devastazioni Attila, il re degli Unni, era considerato un vero e proprio flagello. Oggi ce n’è un altro, anzi ce ne sono migliaia, che non fanno dormire sonni tranquilli ai vallicoltori della laguna di Grado e anche di Marano. Si chiama cormorano, un uccello che divora 2-3 chili di pesce al giorno.

Ma in più c’è anche la sempre maggiore presenza del marangone minore, che divora il novellame. Insomma, un disastro. I vallicoltori lamentano perdite pesanti e minacciano perfino di abbandonare l’attività, che rischia di diventare improduttiva. E per questo stanno cercando di proteggersi dagli attacchi dei cormorani, sistemando delle ampie reti che non possono certamente coprire tutta l’area delle valli. Gli uccelli sono protetti e si possono effettuare dei prelievi, in numero limitato, unicamente con specifiche deroghe regionali. Una possibilità che vede contrari i naturalisti e gli animalisti in genere come Fabio Perco. Il coordinatore scientifico del parco dell’Isola della Cona auspica piuttosto l’inserimento naturale di predatori come l’aquila di mare, che si nutre di cormorani e suggerisce una vallicoltura sostenibile e un’attività turistico-ambientale all’interno delle valli. Il numero di cormorani nelle lagune regionali è notevole, anche se il censimento dell’ufficio studi faunistici della Regione viene effettuato a gennaio, quando la presenza è molto limitata. In ogni caso a gennaio dello scorso anno è stata registrata la presenza di circa 3mila cormorani, mentre in ottobre e novembre (mesi di maggior frequentazione) il numero sale vertiginosamente. E proprio in questo periodo in più di qualche isola della laguna i cormorani nidificano sopra gli alberi. E il numero è destinato ad aumentare visto che la proliferazione consiste mediamente di 3-4 uova.

Antonio Boemo

 

 

Giunta - Iniziativa sul risparmio energetico

La giunta comunale, su proposta dell'assessore all'Ambiente Umberto Laureni, ha approvato due delibere di attenzione e sensibilità alle tematiche ambientali, con particolare riferimento al risparmio energetico e alla tutela e valorizzazione dell’Adriatico.

Con il primo provvedimento il Comune aderisce a "Earth Hour 2015", iniziativa sul risparmio energetico promossa dal Wwf, in programma sabato 28 marzo. Con la seconda delibera, il Comune aderisce invece al progetto "Netcet- Network per la conservazione delle tartarughe marine e i cetacei nell'Adriatico".

 

 

Gruppo Urbi et Horti

Proseguono i corsi gratuiti di orticoltura biologica urbana “Urbi et Horti” per la preparazione teorica e pratica per formazione e accompagnamento in campo accompagnati dal maestro contadino Roberto Marinelli. Alle 10.30, alla Casa del giovane di via Inchiostri 4 (Valmaura), “Corso di potatura dell’ulivo” (da lì ci sposteremo in un campo vicino di ulivi per la lezione pratica). Mercatino

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 20 marzo 2015

 

 

Rigassificatore, Roma insiste - De Vincenti: «Il Mise non può negare l’autorizzazione»
Il governo insiste sul rigassificatore a Zaule. La posizione dell’esecutivo è stata ribadita ieri dal sottosegretario allo Sviluppo economico, Claudio De Vincenti, che, nel “question time” della Commissione attività produttive della Camera, ha risposto a un’interrogazione di alcuni parlamentari di Sel, fra cui Serena Pellegrino.

De Vincenti ha spiegato che, in seguito alla conferma della Via da parte del ministero dell’Ambiente lo scorso febbraio, il dicastero dello Sviluppo economico «ha dovuto riaprire i termini del procedimento di autorizzazione, chiedendo comunque a Gas Natural se sia interessata ancora alla realizzazione del progetto». De Vincenti ha quindi rilevato che «il ministero dello Sviluppo economico non può negare l’autorizzazione alla costruzione senza un motivo giuridicamente valido, né esprimersi sull’incompatibilità dell’infrastruttura con il traffico marittimo del porto di Trieste, poichè sull’argomento si è già espresso il ministero dell’Ambiente». Il sottosegretario ha concluso sottolineando che «la normativa sul procedimento amministrativo prevede che il ministero dello Sviluppo economico non possa rilasciare l’autorizzazione all’infrastruttura senza un’intesa con l’ente regionale». Neanche 24 ore prima, però, la presidente della Regione, Debora Serracchiani, alla tavola rotonda sul rigassificatore organizzata dal Propeller Club, aveva ricordato che se l’intesa fra ministero e amministrazione regionale non viene raggiunta «la palla passa alla presidenza del Consiglio». E subito dopo aveva aggiunto: «E quale sia la posizione (contraria, ndr) di questa amministrazione regionale è evidente». Serena Pellegrino, capogruppo di Sel in Commissione ambiente, ha intanto replicato in maniera decisa, con una nota, al rappresentante del governo. «Il ministero dello Sviluppo economico ha ignorato completamente la posizione della Slovenia - rileva Pellegrino - assolutamente contraria al rigassificatore di Trieste», osservando che «la strategicità del progetto di Zaule non viene messa in discussione dal governo nemmeno alla luce della crescente tensione terrorismo».

 

 

Nasce un servizio comunale per Porto Vecchio
Si chiamerà “Progetti strategici” e verrà seguito direttamente dal sindaco. A guidarlo Toniatti
Ha già un nome - Servizio progetti strategici - la nuova struttura di coordinamento che sarà seguita direttamente dal sindaco Cosolini. Questo servizio, che si inquadra in una parziale revisione delle macrostrutture della macchina comunale, avrà appunto il compito di dare impulso, coordinare e sovraintendere, sul piano giuridico-amministrativo, i progetti strategici che la giunta porta avanti o in cui il Comune ha un ruolo. Tanto per “farsi le ossa”, la struttura dovrà occuparsi della fase di sdemanializzazione del Porto Vecchio e di tutto ciò che ne conseguirà. «Sarà una cabina di regia - spiega il sindaco - che farà da collegamento e sintesi tra i vari assessorati, in relazione alle competenze legate ad ogni progetto». Quanto al nome del dirigente che guiderà il nuovo servizio, circola il nome di Walter Toniatti. È più di un ipotesi? «Sì, sarà Toniatti a capo del Servizio progetti strategici - conferma Cosolini -. E’ stato per anni dirigente del Comune, ed è esperto di contratti e appalti. Da qualche anno è in distacco all’azienda sanitaria di Udine, ed ora è in procinto di rientrare. Ha tutte le caratteristiche per ricoprire quell’incarico». Già responsabile dell’ufficio contratti del Comune, una quindicina di anni fa, e successivamente dirigente del Servizio grandi opere, per Toniatti l’impegno più grosso è stato il coordinamento giuridico-amministrativo della costruzione dell’ultimo tratto della Grande viabilità, quel lotto Cattinara-Padriciano che nel 2002 è stata tra le dieci opere pubbliche più importanti in Italia. Nella fase propedeutica del mega-intervento lo stesso Toniatti aveva presieduto la commissione che selezionò le imprese partecipanti alla gara. Grande viabilità a parte, anche i lavori di manutenzione straordinaria dell’impianto del tram di Opicina, nel 2010, hanno costituito per Toniatti una bella gatta da pelare. Ma proprio in quell’anno vinse un concorso dell’Azienda sanitaria di Udine, dove da allora ha operato in distacco. Tornando al Servizio progetti strategici, l’organigramma della nuova struttura è ancora in fase di definizione, sia con riguardo al numero dei componenti sia alle loro competenze. «Sulla creazione del nuovo servizio i sindacati sono già informati - osserva il sindaco -. A breve il provvedimento andrà in giunta. Non aumenta comunque - precisa - il numero dei dirigenti comunali, che restano 33. La riorganizzazione in atto è infatti conseguenza anche di alcuni pensionamenti». Il Porto Vecchio sarà dunque la prima “patata bollente” che arriverà sul tavolo del Servizio progetti strategici. Lunedì, intanto, sul “nodo” sdemanializzazione si riuniranno i tecnici di Comune, Autorità portuale e Agenzia del Demanio, i cui vertici torneranno a incontrarsi il giovedì successivo.

Giuseppe Palladini

 

 

«No al parco eolico di Veglia una minaccia per i grifoni»
Gli ambientalisti contro la costruzione dell’impianto: l’area è caratterizzata da 4 riserve ornitologiche dove fanno tappa le colonie durante le migrazioni
VEGLIA Il progetto del parco eolico nell’isola di Veglia, che dovrebbe essere costruito in zona Obzova tra le località di Ponte e Bescanuova, deve essere respinto dalle autorità e dunque cancellato. Lo sostengono ambientalisti e ornitologi, rilevando che l’impianto costituirebbe una minaccia mortale per le tante specie di uccelli che vivono in quest’area dell’ Adriatico settentrionale, in primis il grifone o avvoltoio dalla testa bianca. A reagire al progetto (di cui è stato già varato lo studio preliminare di investimento) ecco Sonja Šiši„, direttrice dell’istituto pubblico Priroda (Natura in italiano), che si occupa di tutela delle specie animali e vegetali nella regione del Quarnero e Gorski kotar. «L’area di Obzova non è in regime di tutela in riferimento alla legge sulla salvaguardia ambientale – premette Šiši„ – ma l’intera isola di Veglia è parte integrante della rete ecologica europea Natura 2000. Inoltre è compresa nella rete ecologica Isole quarnerine, che si propone di tutelare ben 40 specie di volatili tra cui il grifone e l’aquila reale. È certo che l’ impianto eolico, fortemente voluto dalla municipalizzata vegliota Ponikve, non verrà alla luce». Ne è convinto anche il presidente dell’associazione isolana Jezero (Lago in italiano), Andrej Radalj, noto ornitologo quarnerino, che si oppone fermamente alla presenza di pale eoliche a Veglia. «Gli aerogeneratori, secondo il piano, verrebbero posizionati in una zona che sta nel mezzo di quattro riserve ornitologiche, due a Veglia e altrettante a Cherso. È un cielo dove quotidianamente vediamo volare l’avvoltoio dalla testa bianca, il falco grigio, l’aquila reale e il biancone, specie severamente protette. L’area è inoltre popolata da cinque specie di pipistrello. Si ritiene che una colonia di almeno tremila esemplari sverni sull’isola, mentre un’altra utilizza Veglia quale tappa della sua migrazione». Secondo l’ ornitologo, l’impianto verrebbe a trovarsi a meno di cinque chilometri dalla località di Kuntrep, dove nidificano i grifoni: «Per la legge sulla salvaguardia dell’ambiente si tratta di una situazione inaccettabile e dunque potrei scommettere che il progetto sarà bocciato». Radalj ha ricordato che a Cherso si è fatto tantissimo per la tutela del grifone nordadriatico, la cui colonia chersina e delle isole circostanti conta non più di 130 coppie, una popolazione a rischio, vulnerabile, specie se dovesse imbattersi nelle pale eoliche a Veglia. Ricordiamo che alcuni anni fa, alle spalle di Traù, in Dalmazia, in un solo giorno di lavoro sperimentale degli aerogeneratori rimasero uccisi 130 pipistrelli.

Andrea Marsanich

 

 

Grandi opere - La Lega punta il dito sulla Ferriera

Il candidato sindaco Pierpaolo Roberti interviene sullo scandalo appalti per la piattaforma logistica, chiedendo maggior trasparenza anche per i fatti che riguardano la Ferriera: «È normale che Stefano Saglia, ex sottosegretario coinvolto nell’inchiesta sulle grandi opere, sia consulente del Gruppo Arvedi e che l’amministratore unico di Siderurgica Triestina nonché ex consulente del Comune per la bonifica del sito sia il cognato di un senatore locale?» «Sarebbe sgradevole scoprire – conclude Roberti - che dietro la mancata chiusura della cokeria e dell’altoforno vi siano interessi privati»

 

Arvedi incontra le Rsu della Ferriera

Faccia a faccia all’interno dello stabilimento siderurgico di Servola tra la nuova proprietà della Ferriera e i rappresentanti dei lavoratori.

L’evoluzione del progetto industriale predisposto da Siderurgica Triestina per lo stabilimento di Servola è stata illustrata ieri infatti dal presidente, Giovanni Arvedi, ai rappresentanti aziendali delle organizzazioni sindacali. Nel corso dell’incontro sono state presentate le attività e i programmi elaborati dalla proprietà in materia di salute, sicurezza e produzione, consegnando a tutti i presenti i piani dei lavori effettuati e di quelli in via di realizzazione. È stato inoltre anticipato ai rappresentanti dei lavoratori che la carica di presidente di Siderurgica Triestina verrà a breve assunta da un manager indicato dal gruppo Arvedi, che manterrà un ruolo ancora più forte dal punto di vista imprenditoriale.

 

 

Pianificazione urbana - A confronto sulla mobilità sostenibile

Si tiene oggi a Trieste il convegno internazionale “Mobilità verde. Città europee sostenibili e interconnesse”. Appuntamento dalle 9 alle 15.30 nella sala del consiglio comunale di Trieste. A introdurre i lavori il sindaco Roberto Cosolini, il presidente dell’Istituto delle Regioni d’Europa Franz Schausberger e il console onorario d’Austria a Trieste Sabrina Strolego. Nell’ambito dell’iniziativa, sempre sullo stesso tema, ale 11 in sala giunta, è prevista una conferenza stampa dell’assessore alla Pianificazione urbana, Mobilità e Traffico Elena Marchigiani.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 19 marzo 2015

 

 

Serracchiani: la Regione dirà no al ministero sul rigassificatore

La governatrice: "non ci sono le condizioni perché si possa esprimere l'intesa con il ministero dello Sviluppo economico"
«Non ci sono le condizioni perché la Regione possa esprimere l'intesa con il ministero dello Sviluppo economico sul rigassificatore nel golfo di Trieste». Lo ha detto la presidente della Regione, Debora Serracchiani, intervenendo a una tavola rotonda del Propeller Club Port of Trieste, alla quale hanno partecipato i rappresentanti delle istituzioni locali (Provincia e Comuni di Trieste e Muggia), il commissario dell'Autorità portuale Zeno D'Agostino ed esponenti del mondo marittimo e imprenditoriale.
«La posizione di questa Amministrazione regionale - ha specificato Serracchiani - è sempre stata chiara fin dall'inizio, e riconfermata in sede di Comitato portuale. Non abbiamo pregiudizi di carattere generale nei confronti di opere di questo tipo, ma riteniamo che nel caso specifico il rigassificatore sia incompatibile con i flussi dei traffici portuali, quelli attuali e soprattutto quelli futuri». La presidente ha ricordato alcuni tra i principali investimenti previsti nel porto di Trieste, come il raddoppio del Molo VII, la piattaforma logistica, le opere portuali nell'area della Ferriera, che porteranno a un notevole incremento dei traffici.
«Il rigassificatore verrebbe quindi a collocarsi - ha sottolineato - in una situazione già oggi estremamente complessa per la manovra delle navi». Serracchiani ha richiamato l'attenzione su altri elementi, che rafforzano la posizione contraria all'impianto nel golfo di Trieste, in accordo con le istituzioni locali e con l'Autorità portuale: i problemi insorti in sede di Via (Valutazione di impatto ambientale) del tracciato del gasdotto a terra, la contrarietà della Repubblica di Slovenia e, soprattutto, la mancanza di un Piano energetico nazionale che indichi la reale necessità di un impianto nell'Alto Adriatico a Trieste, quando altri rigassificatori in Italia operano oggi a regime ridotto.
 

Serracchiani: «La Regione non concederà l’intesa al ministero. E quindi la decisione spetterà alla presidenza del Consiglio»
Il commissario D’agostino - L’opera è incompatibile con il traffico delle navi
di Silvio Maranzana «L’intesa con il Ministero per lo sviluppo economico da parte della Regione è necessaria. Se non viene raggiunta, la palla passa alla presidenza del Consiglio. E quale sia la posizione di questa amministrazione regionale è evidente». Sul rigassificatore di Trieste dunque la decisione finale spetterà nientemeno che al premier Matteo Renzi. Lo ha detto chiaramente ieri sera Debora Serracchiani alla tavola rotonda incentrata sull’impianto di Gas Natural previsto a Zaule e organizzata dal Propeller club. «La nostra non è una contrarietà pregiudiziale agli impianti di rigassificazione ma è incentrata su questo tipo di impianto in questa specifica ubicazione - ha spiegato la presidente - la consideriamo un’opera invasiva in porto e già incompatibile con gli attuali flussi di traffico (osservazione che sarà poi contestata da alcuni operatori), ma soprattutto non sostenibile con il futuro sviluppo delle infrastrutture. Ancora, prendiamo atto che non è più considerata un’opera strategica dall’Unione europea che prevede genericamente un rigassificatore in Alto Adriatico e ha già suscitato la contrarietà ufficiale della Slovenia. Infine va rilevato che la Valutazione d’impatto ambientale favorevole al rigassificatore è invece ancora aperta con obiezioni forti e pregnanti sul gasdotto che dovrebbe collegare l’impianto alla rete». «La relazione Via che pure si conclude con il parere favorevole sul rigassificatore - ha calcato la mano il commissario dell’Autorità portuale Zeno D’Agostino - mette in rilievo come l’attuale progetto del metanodotto sia incompatibile con il traffico delle navi e dunque vada cambiato. Nel Piano regolatore del porto l’impianto di rigassificazione non è previsto e al Tavolo del Mise ribadirò la mia più netta contrarietà - ha proseguito D’Agostino - In questo caso mi trovo su una linea di perfetta continuità con chi mi ha preceduto alla Torre del Lloyd». Nell’incontro introdotto dal presidente del Propeller club Fabrizio Zerbini e moderato da Riccardo Coretti, su analoghe posizioni di contrarietà si sono espressi sia l’assessore comunale all’Ambiente Umberto Laureni che il sindaco di Muggia Nerio Nesladek, che la presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat. Paolo Rovis, consigliere comunale di Ncd ha rifatto il percorso storico evidenziando come nei primi anni del progetto che affonda nel lontano 2004 fossero favorevoli buona parte delle forze politiche e secondo un sondaggio anche il 51% dei cittadini di Trieste. In questo senso apprezzabile l’outing del sindaco Roberto Cosolini: «Ebbene sì, ho cambiato idea e non ho paura a dirlo. L’ho fatto perché le carenze documentali da parte di Gas Natural, che non ha mai accettato il contraddittorio con la popolazione, sono state pesanti e ripetute e perché si sarebbe creato il rischio che lo scalo di Trieste venisse considerato a livello nazionale un porto energetico con conseguente dirottamento, magari a Venezia, di container e traghetti». Ulrike Andres, presidente Siot, ha lanciato un vero e proprio appello ai politici presenti perché si battano contro il rigassificatore «perché i nostri azionisti - ha denunciato - non sarebbero affatto contenti se un gasdotto passasse sotto i nostri pontili e potrebbero dirottare le petroliere, che ormai sono oltre 500 all’anno, a Marsiglia». Ma la discussione si è animata nel finale con il presidente degli Agenti marittimi Piero Busan che ha sottolineato che «tutte le opportunità che portano lavoro vanno valutate con attenzione» e Michela Cattaruzza di Confindustria Venezia Giulia che ha ricordato come Gas Natural prevedesse «500 milioni di investimenti con forti ricadute sul territorio». La questione del traffico marittimo ha scatenato Franco Tonelli capo dei Piloti del porto: «Troviamo tutte le contrarietà che vogliamo al rigassificatore, ma non certo l’ingorgo in mare: cento metaniere all’anno non bloccano un bel nulla. I politici non possono parlare di ciò che non sanno; se smonto un orologio e mi avanzano quattro rotelline vuol dire che non sono un orologiaio».

 

 

Ambientalisti in pressing su Servola
L’associazione Nosmog consegna un documento a Regione, sindaco e Arvedi
Nell'incontro in Regione con le associazioni ambientaliste sulla messa in sicurezza della Ferriera, dopo la relazione dell'Arpa, hanno preso la parola oltre a Nosmog - come rileva una nota di questa associazione - anche Wwf, Legambiente e FareAmbiente. Sono state espresse le seguenti perplessità: «Essendo l'Aia scaduta il 20 febbraio 2014 si è posto il quesito della liceità di una proroga senza un limite temporale; essendo in scadenza il 20 marzo 2015 la Diffida emanata dalla Regione per l'esecuzione di interventi sulle strutture, lavori che sembrerebbero non essere stati ultimati, come intende procedere la Regione? A tale proposito è stata ancora una volta rappresentata la difficile situazione ambientale in cui si trovano a vivere i residenti per fumi, gas, polveri, rumori provenienti dallo stabilimento». Nosmog ha poi consegnato a Arpa, Regione, sindaco e delegato di Arvedi una serie di quesiti: «Quali sono i limiti da garantire per l'impatto ambientale di benzopirene, Pm10 e benzene sui bersagli umani residenti a poco più di 150 metri dalle sorgenti? Da quale data si parte per verificare gli eventuali miglioramenti promessi? Detti miglioramenti dovrebbero avvenire rispetto a cosa, cioè a quali dati? Quale sarà la durata temporale delle osservazioni finalizzate a valutare l'eventuale avvenuto o meno miglioramento? Con quali modalità verranno verificati in loco i dati? Quale Ente certificheranno l'avvenuto miglioramento? Con quali modalità e con che tempistica verranno misurate le diossine, quando sono state fatte le ultime misurazioni e con quali risultati? In presenza di durate prolungate dei fenomeni olfattivi e ricadute di polveri quante volte nel coso della giornata sarà consentito ad un cittadino allertare la Polizia locale?»

 

 

I delfini del Golfo sono “tipicamente triestini”
I ricercatori sloveni di “Morigenos”, dopo tredici anni di studi, dimostrano che i cetacei presenti sono geneticamente diversi dagli altri dell’Adriatico
“Tipicamente triestini”, anche se non apprezzano i bolliti di Pepi S’ciavo e se non tifano per l’Unione. Si tratta dei cetacei odontoceti, i mammiferi marini meglio conosciuti come delfini, che bazzicano le acque del Golfo di Trieste. Le loro evoluzioni rappresentano un inno alla libertà e la loro presenza non passa mai inosservata. Negli ultimi tredici anni sono stati monitorati e registrati 150 esemplari, tutti con domicilio e residenza nello specchio di mare che bagna Trieste e le coste slovene. Un centinaio di questi Tursiops truncatus, i delfini tursiopi, sono diventati addirittura una presenza fissa, una pinna nota per i ricercatori dell’associazione slovena Morigenos. Gli studiosi piranesi, infatti, si occupano dal 2001 di questi animali, fotografandoli e seguendone gli spostamenti per tutto l’Alto Adriatico. «Il nostro scopo è quello di proteggere i delfini che vivono in queste acque – spiega il presidente dell’associazione non governativa Tilen Genov - contribuendo alla sensibilizzazione delle persone nei confronti dell’ambiente marino e della biodiversità». I ricercatori di Morigenos hanno preso parte al più esteso e dettagliato studio mai realizzato sulla struttura genetica dei delfini che vivono nel Mediterraneo, contribuendo a rafforzare le politiche di protezione attuate in loro favore. Inoltre hanno studiato la struttura sociale, le abitudini sessuali e alimentari di questi mammiferi, attirando l’attenzione delle pubblicazioni scientifiche di mezzo mondo, tra cui Science Daily, Discovery News, Nature World News, Fox News e Live Science. Il dato più sorprendente, ripreso di recente anche dalla influente rivista di settore Evolutionary Biology, ha evidenziato come la specie di delfino presente nel golfo di Trieste sia geneticamente diversa da qualsiasi altra specie presente nel Mar Adriatico. «Usando dei metodi molecolari per esaminare quale fosse la relazione genetica tra le popolazioni di tursiopi nel Mediterraneo – entra nel dettaglio Genov – genetisti e biologi hanno determinato i fattori e i processi che stanno alla base della struttura genetica di questa specie e della sua distibuzione geografica». L’analisi del Dna è stata effettuata su 194 campioni di tessuto, appartenenti a tursiopi intercettati tra il 1992 e il 2011 nei mari Adriatico, Tirreno, Egeo, Ionio e Mar di Levante. Alcuni campioni sono stati raccolti anche lungo il litorale sloveno e nello spazio del golfo di Trieste, mentre l’intera indagine è stata valutata e certificata dai ricercatori dell’Università di Firenze e da quelli dell’Ateneo di Lincoln, in Gran Bretagna. I risultati di questo lavoro hanno mostrato che i tursiopi hanno colonizzato l’area del Mediterraneo dopo l’ultima glaciazione, avvenuta circa 18mila anni fa, e hanno reso possibile la ricostruzione del percorso evolutivo di questa specie, contribuendo a rafforzare le politiche di protezione attuate in suo favore. È stata inoltre riscontrata la presenza di un delfino cosiddetto “pelagico”, che vive più al largo rispetto a quello costiero. L’unicità dei tursiopi triestini, però, ha suggerito un incremento delle attività di monitoraggio, in modo da garantirne la sopravvivenza. «La loro presenza – continua il numero uno di Morigenos – garantisce la salute di questo ecosistema e ne certifica la capacità di sostenere la sopravvivenza di una popolazione di grandi predatori. Sono degli ottimi bioindicatori di alcuni aspetti ambientali». Non bisogna, però, abbassare la guardia. Le parole di Genov, in questo senso, suonano come un preciso monito: «La pressione sugli ambienti marini è in aumento – afferma lo studioso sloveno – , a causa di un’eccessiva attività di pesca, di un forte incremento dei trasporti marittimi e, soprattutto, di un inquinamento sempre più invasivo». In altre parole dobbiamo coccolarci questa colonia di delfini giuliani, come si fa con le tipicità di un territorio.

Luca Saviano

 

GREENSTYLE.it - VENERDI', 20 marzo 2015

 

Plastica: appello del Principe Carlo per liberare oceani dai rifiuti
Il Principe Carlo, coinvolto negli ultimi anni in diverse battaglie per la difesa dell’ambiente, sta provando a sensibilizzare l’opinione pubblica mondiale sul tema dell’inquinamento degli oceani, sempre più invasi dalla plastica.
Il Principe Carlo nei giorni scorsi è intervenuto a una conferenza sull’ambiente marino svoltasi a Washington. L’evento è stato organizzato dalla Global Ocean Commission, presieduta da David Miliband. Il Principe del Galles si è rivolto ai Governi, alle industrie e ai cittadini di tutto il mondo chiedendo uno sforzo collettivo per ripulire gli oceani dalla plastica e salvare migliaia di uccelli che ogni anno muoiono soffocati dai rifiuti e decine di specie marine in pericolo.
Il Principe Carlo si è detto inorridito dalle immagini che documentano l’inquinamento dei mari, un fenomeno che interessa ormai tutto il mondo. Le foto di isole di plastica galleggianti, di uccelli e tartarughe morte a causa dell’ingestione di buste sono infatti sempre più frequenti. L’erede al trono britannico ha rivolto un appello ai Governi e ai produttori di plastica chiedendo di favorire il riciclo delle materie prime, riducendo la mole di rifiuti che ogni anno si riversa nei mari:
C’è una soluzione alla società usa e getta. Il mondo deve passare rapidamente verso un’economia circolare in cui i materiali vengono recuperati, riciclati e riutilizzati, invece di essere creati, usati e gettati via.
Il Principe Carlo ha ricordato che ogni anno vengono riversati negli oceani ben 8 milioni di tonnellate di plastica, con gravi ripercussioni sulla fauna marina:
Oggi quasi la metà dei mammiferi marini presenta tracce di plastica nello stomaco e so che non sono l’unica persona spaventata dalle tragiche immagini di uccelli marini, in particolare di albatros, che sono stati trovati morti sulle spiagge dopo aver scambiato un pezzo di plastica per un pasto.
Se il mondo resterà a guardare nel 2025 negli oceani ci sarà una tonnellata di plastica ogni tre tonnellate di pesce. Il Principe Carlo ha ricordato che il dovere delle vecchie generazioni è di prevenire questo disastro, lasciando oceani più puliti alle nuove generazioni.
L’erede al trono ha affermato di essersi impegnato in prima persona nella sensibilizzazione dell’opinione pubblica sulla tutela dell’ambiente proprio per garantire al suo nipotino George e a quello in arrivo un mondo migliore.
Marco Mancini

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 18 marzo 2015

 

 

Parenzana, fondi europei per la pista ciclopedonale

Il percorso si arricchisce grazie a 500mila euro da investire: impianti ginnici, aree di sosta e recupero di altri 22 chilometri del vecchio tracciato ferroviario
POLA Da ferrovia a scartamento ridotto di 135 chilometri messa in pensione 80 anni fa a itinerario cicloturistico dei giorni nostri, d'estate percorso anche da un trenino su gomma visto che le rotaie non ci sono più. Stiamo parlando della Parenzana che un tempo univa Parenzo e Trieste i cui vari progetti di recupero e rilancio la fanno vivere una seconda giovinezza al passo con i tempi. Ebbene sta per venir attuato il terzo progetto, denominato “Parenzana magica, la strada della salute e dell'amicizia”, presentato negli ambienti della Regione Istriana che è parte assieme ai comuni di Montona, Pirano, Capodistria e Isola e alle città di Parenzo e Buie. Concretamente, entro il 17 settembre di quest'anno dovranno venir investiti 510.348 euro di cui 434.165 erogati nell'ambito del programma europeo IPA Slovenia-Croazia. L'intervento più importante riguarderà la ristrutturazione della vecchia scuola di Tribano per trasformarla in sede dell'ente pubblico “Parenzana” incaricato di gestire la pista. L'edificio inoltre fungerà da tappa per i ciclisti di passaggio che vi potranno pernottare. I lavori verranno a costare 60 mila euro dai fondi europei più altri 72 mila dal bilancio della Regione istriana e della Città di Buie. Il progetto prevede poi la stesura di uno studio chinesiologico per la collocazione di 7 impianti ginnici all'aperto. E inoltre l'approntamento di 7 nuove aree di sosta, il recupero di altri 22 chilometri del tracciato originario e la collocazione dell'illuminazione con energia solare nella galleria di Montona. Non solo infrastrutture ma anche 4 eventi da realizzare con la cifra in parola di cui tre sul territorio sloveno e il quarto in Croazia, per la precisione a Montona. In questo caso stiamo parlando del Wine Run Parenzana Maraton cui prenderanno parte 300 maratoneti e di una biciclettata con altrettanti pedalatori. Come dichiarato ai giornalisti da Manuela Hrvatin consulente regionale per i progetti internazionali, la finalità del progetto è sviluppare il turismo tramite l'offerta transfrontaliera, il posizionamento del percorso della Parenzana come destinazione del turismo sportivo-culturale, l'incentivazione delle iniziative locali e la promozione del vivere sano.

(p.r.)

 

 

Energia - Confronto sul rigassificatore

“Rigassificatore: rischio o opportunità?”. È il tema dell’incontro in programma oggi alle 18, nella sala convegni dell’hotel Greif di viale Miramare, organizzato dal Propeller international club di Trieste.

All’incontro, moderato dal giornalista Riccardo Coretti, parteciperanno la governatrice Debora Serracchiani, il commissario dell’Autorità portuale Zeno D’Agostino, l’assessore comunale all’Ambiente Umberto Laureni, il consigliere comunale Paolo Rovis, il sindaco di Muggia Nerio Nesladek, Pietro Busan per gli Agenti marittimi e Michela Cattaruzza per Confindustria.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 17 marzo 2015

 

 

«I soldi di Arvedi risaneranno la Ferriera»

Confindustria: «Assurdo parlare di chiusura dell’area a caldo prima che siano fatti gli interventi»
Sulla questione dell' area a caldo della Ferriera di Servola, che ha reso incandescente la settimana scorsa il Consiglio comunale in occasione di una petizione dei cittadini, interviene anche Confindustria Venezia Giulia sottolineando che «il progetto del Gruppo Arvedi ha da sempre previsto un significativo investimento finanziario per il ripristino manutentivo degli impianti e l'adeguamento dei presidi ambientali, con l'obiettivo di una drastica riduzione delle emissioni». Secondo l’associazione degli imprenditori un braccio di ferro sulla questione è dunque prematuro. «Prima di prendere posizione sulla opportunità o meno di chiedere la chiusura di tale sezione dell'insediamento - sottolinea infatti la nota - bisognerebbe che tutti aspettassero il completamento delle opere di ammodernamento programmate e valutassero gli impatti che tali investimenti avranno sulle emissioni inquinanti». Confindustria Venezia Giulia rimarca anche che «il cavalier Arvedi ha sempre ribadito in tutti i tavoli con le varie istituzioni che qualora gli interventi previsti non portassero alla riduzione degli inquinanti prospettata, è disposto a riconsiderare il progetto e a chiudere la sezione cokeria. A ciò va aggiunto che la serietà dell'interesse del Gruppo Arvedi per Trieste è stata in questi anni ampiamente dimostrata non solo dal lavoro necessario a poter acquisire l'impianto, ma anche ad esempio, nelle more del perfezionamento del contratto d'affitto, dall'aver anticipato ingenti risorse per l'approvvigionamento del materiale indispensabile per la prosecuzione dell'attività industriale». Più secche le considerazioni che gli industriali fanno riguardo al dibattito, a tratti anche violento che sta attraversando anche le forze politiche oltre che le associazioni ambientaliste e i movimenti sindacali. «I giudizi preventivi su progetti non ancora completati rientrano in quell'atteggiamento tendenzialmente non favorevole nei confronti delle iniziative imprenditoriali, che purtroppo ultimamente si respira - fa rilevare il comunicato - Un'atmosfera che certamente non aiuta chi, giorno dopo giorno, continua a credere nel futuro industriale dell'Italia e dell'area della Venezia Giulia sia decidendo di mantenere qui le proprie attività, combattendo al fianco dei propri dipendenti, sia scegliendo queste zone per nuovi investimenti e insediamenti. C'è chi dimentica che la presenza industriale è necessaria per la tenuta di tutto il sistema». Il riferimento è ad altre opposizioni che vengono fatte non solo a Trieste su una serie di progetti industriali, ma rimanda seppur marginalmente anche al caso del rigassificatore di Zaule impianto nei confronti del quale lo stesso presidente di Confindustria Venezia Giulia Sergio Razeto ha ribadito anche recentemente il suo convincimento riguardo alla sua strategicità per il sistema Italia e alle sua ricadute positive sull’economia cittadina.

(s.m.)

 

Nuovo confronto Regione-ambientalisti
È ripreso ieri il confronto tra Regione e le associazioni ambientaliste sui progetti di messa in sicurezza e riconversione dell’area della Ferriera.

L’incontro ha visto la partecipazione dell’assessore regionale all'Ambiente, Sara Vito, del sindaco Roberto Cosolini, degli assessori comunale e provinciale all’Ambiente, Umberto Laureni e Vittorio Zollia, e del direttore dell’Arpa Luca Marchesi. Vito ha ribadito la posizione della giunta, che prevede «il risanamento ambientale di Servola e il riavvio dell’attività industriale, a condizione che avvenga nel rispetto delle normative di tutela della salute dei cittadini e di sicurezza dei lavoratori». «La Regione - ha aggiunto l'assessore - ha chiesto pertanto all’Arpa un cambio di passo, affinché i cittadini possano avere certezze in termini di sicurezza e salute». Da parte sua il direttore dell’Arpa ha assicurato «che l’Agenzia metterà in campo tutte le sue migliori competenze professionali e opererà nel segno della massima trasparenza».

 

 

Un orto “riservato” a trenta famiglie
Potranno coltivare la terra e raccogliere frutta e ortaggi a Borgo San Sergio. Iscrizioni sino a fine mese
Lavorare la terra, tutti assieme, in famiglia. Per riscoprire valori e soddisfazioni spesso dimenticati producendo ortaggi, cereali e frutta e imparando i ritmi della natura, a pochi passi dal centro cittadino e, più precisamente, nel rione di Borgo San Sergio, nel comprensorio “Le Piane”. È questo l’obiettivo di “Familiarmente...orto”, iniziativa promossa dal Comune che ha trovato nell’associazione “Annadana” - vincitrice del bando di concorso allestito dalla Regione attraverso l’Azienda per i servizi sanitari 5 per affidare a uno specifico soggetto il coordinamento dell’operazione - il perfetto contraltare organizzativo. «Entro la fine di marzo – ha spiegato ieri Andrea Vivoda, di “Annadana”, termine scelto come nome perché significa “dono del cibo” – accetteremo le iscrizioni fino a un massimo di una trentina di famiglie che non devono per forza essere quelle tradizionali. Ad aprile inizieremo a lavorare e, a fine autunno, raccoglieremo il frutto dell’impegno di quanti vorranno condividere con noi questa esperienza». Un capitolo specifico sarà quello dedicato ai bambini, che avranno «uno spazio tutto per loro – ha precisato Vivoda – dove, seguiti da un adulto più esperto, potranno fare esperimenti e anche sbagliare, perché dall’errore apprenderanno comunque qualcosa». Nell’area delle “Piane” ci sono anche parecchi alberi da frutto, perciò si potranno raccogliere fichi, cachi, pere, mele. Sul posto, dove sono presenti strutture per proteggere le persone in caso di pioggia e per conservare gli attrezzi, si svolgeranno anche lezioni di agricoltura e alimentazione naturale. L’assessore comunale Elena Marchigiani, parlando anche a nome del collega Andrea Dapretto, ha ricordato che «il progetto si inserisce in un programma più ampio di coinvolgimento delle famiglie in un rapporto con la terra e l’ambiente che ci circonda. Questa è un’offerta integrata con altre simili, anche perché siamo intenzionati a riqualificare il comprensorio delle “Piane”. A questo scopo, cercheremo finanziamenti a livello europeo, per dare vita a un vero e proprio parco agricolo». Tiziana Cimolino, rappresentante di “Urbi et horti”, ha annunciato che venerdì 27 marzo, alle 17, nella sala del piazzale del Giardino Pubblico, «ci sarà una riunione di tutte le associazioni locali interessate al tema del verde per fare il punto sulla situazione in città». Per iscriversi a “Familiarmente...orto” si può accedere al sito www.annadana.it oppure compilare i moduli in distribuzione nella sede di Zoefood di via Venezian 24, al supermercato Biolife di via Fabio Severo 48 e alla Biblioteca comunale “Stelio Mattioni” di via Petracco 10. Al progetto aderiscono anche Amec, Aiab, The Circle, Bimbi nuovi, Cooperativa “Nativi”, Bioest, Biolife, l’esperta di fitoalimurgia, Gaia Viola e la nutrizionista Annarita Aiuto.

Ugo Salvini

 

 

Muggia punta sulla costa con park e pista ciclabile - conferenza dei servizi
MUGGIA - Nuovo appuntamento con la Conferenza dei Servizi sul futuro della costa muggesana.

Dopo la positiva conclusione del primo incontro per l’esame del progetto definitivo relativo alle opere di riqualificazione costiera con finalità turistiche e balneare del tratto da Porto San Rocco a Punta Olmi, mercoledì 18 marzo si scriverà forse un nuovo capitolo della storia muggesana. A inizio settembre il primo appuntamento, infatti, aveva visto l’espressione dei pareri di competenza che sostanzialmente approvavano il progetto, a cui era seguito poi, a metà dicembre, il secondo step che aveva visto decretato dalla Regione il provvedimento conclusivo della verifica di non assoggettabilità alla procedura di Via, con alcune osservazioni, successivamente recepite ed elaborate dai progettisti ed uffici comunali. Si vedrà, ora, se questo nuovo appuntamento sarà la sede di ulteriori valutazioni oppure, come auspica vivamente l'amministrazione Nesladek, troverà una conclusione. Un progetto importante per il territorio, come non manca mai di ricordare il sindaco Nerio Nesladek, «sia dal punto di vista della fruibilità balneare dei residenti, sia dal punto di vista dell’avvio di attività economiche che nello sviluppo della costa troveranno un notevole volano». «Un progetto al quale la Regione - prosegue il primo cittadino -, consapevole dell’importanza di questo intervento, ha concesso un finanziamento cospicuo e per il quale già ci sono gli opportuni contatti transfrontalieri nella direzione di una programmazione unitaria dello sviluppo della costa». Nello specifico, il progetto prevede nuovi spazi di parcheggio e una pista ciclopedonale sul lato mare che migliori la fruibilità della costa e l’accesso agli spazi balneari con un allargamento verso il mare, un riempimento protetto da una mantellata e un ripascimento in ghiaia da Porto San Rocco sino all’ex Bagno della Polizia. Spiaggia e piazzole a disposizione dei bagnanti che potranno godere di maggiore sicurezza con una nuova distribuzione del marciapiede e del guardrail. L’opera, nel suo complesso, vale circa 7 milioni di euro e prevede la sistemazione di un tratto di costa dello sviluppo di 1,3 km da Porto San Rocco fino a Punta Olmi, che si completerà sinergicamente con l’altro progetto di sistemazione del terrapieno di Aquario per un altro chilometro.

Riccardo Tosques

 

 

Trivellazioni in adriatico - «Mega giacimento di gas a Dubrovnik»
FIUME - Le reazioni dei governi di Italia, Slovenia e Montenegro, più di quelle degli ambientalisti, hanno colto nel segno e dunque il progetto delle trivellazioni off-shore nelle acque croate dell’Adriatico denuncerà ritardi rispetto al prestabilito ruolino di marcia.

Roma, Lubiana e Podgorica hanno chiesto di partecipare alla Valutazione ambientale strategica transfrontaliera, alla quale hanno diritto in base a quelle che sono le direttrici dell’Unione europea in materia. Se in un primo momento risultava che i contratti per ricerca e produzione sarebbero stati firmati a inizio aprile (con i primi lavori a cominciare entro la fine dell’anno), ora tutto slitta di qualche mese. Secondo fonti vicine al governo croato di centrosinistra, le prime trivellazioni si avranno appena nel 2016. Riguarderanno 10 aree di ricerca per l’eventuale produzione di petrolio e gas, zone date in concessione alla croata Ina e poi a Marathon Oil, Omv, Eni e Medoilgas. Nell’attesa di sapere se il sottosuolo adriatico celi davvero le ricchezze sognate dai croati, un loro connazionale – il noto geologo del petrolio Stanko Kandija – ha espresso la convinzione che al largo di Ragusa (Dubrovnik) è presente un gigantesco giacimento metanifero. «Si tratta di un’area di circa 700 chilometri quadrati – così Kadija (da anni in pensione) al giornale zagabrese Jutarnji list – si trova a 11 miglia dalle coste dell’insediamento di Babin Kuk, alle porte di Ragusa e si estende verso il confine croato–montenegrino. Parliamo di una cosiddetta anomalia bright spot, una zona porosa che potrebbe contenere un enorme quantitativo di gas. Servirebbero prospezioni in zona, ma è scontato si tratti di un giacimento metanifero». Secondo il geologo, che per decenni ha lavorato nella compagnia petrolifera croata Ina, l’area in questione era stata scoperta già ai tempi della Jugoslavia tramite ricerche sismiche portate a compimento proprio da Kandija. «Le ricerche erano finite lì – ha aggiunto – e mai più riprese. Purtroppo sono spariti i nastri magnetici delle registrazioni sismiche e dunque le ricerche andrebbero rifatte». Per Kandija il potenziale giacimento raguseo potrebbe contenere quantitativi di gas superiori di dieci volte rispetto ai campi al largo di Pola, dove la produzione e’ cominciata una decina d’ anni fa.

(a.m.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 16 marzo 2015

 

 

AMBIENTE - Un orto a disposizione della cittadinanza

Oggi alle 17.30, nella sala Biolife di via Fabio Severo, sarà presentato “Familiarmente... orto”. All’iniziativa, aperta al pubblico e coordinata dal responsabile del progetto Andrea Vivoda, parteciperanno gli assessori comunali Andrea Dapretto e Elena Marchigiani.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 15 marzo 2015

 

 

Lifting a via Giulia, pista ciclabile in arrivo

Il Comune presenta le modifiche al vecchio progetto. Previste isole spartitraffico e alberi. Lavori al via tra un anno
Le obiezioni dei cittadini Il piano rivisto sulla base delle critiche sollevate nel 2012
Isole spartitraffico con attraversamenti pedonali protetti, l’eliminazione delle manovre di svolta a sinistra, una pista ciclabile bidirezionale sul lato destro (direzione San Giovanni), e nel complesso la riqualificazione della strada con la collocazione di alberi lungo i marciapiedi. Bisognerà attendere ancora un po’ (l’inizio dei lavori è previsto entro la primavera 2016 e poi saranno necessari sei mesi), ma alla fine via Giulia - nel tratta fra piazza Volontari giulianin e la Rotonda del Boschetto - avrà veramente cambiato aspetto, e soprattutto sarà più sicura sia per i pedoni sia per gli automobilisti, sia ancora per i ciclisti. Il nuovo progetto per la riqualificazione dell’importante arteria è stato presentato ieri, assieme ai rappresentanti della Terza, della Quarta e della Sesta circoscrizione, dagli assessori alla Pianificazione urbana, Elena Marchigiani, e ai Lavori pubblici Andrea Dapretto. Quella che è stata definita variante al progetto preliminare (che nel 2012 aveva sollevato non poche critiche) verrà ora trasmessa alla Regione, per la conferma definitiva del contributo di 135mila euro, e quindi alla Soprintendenza per le necessarie autorizzazioni. A quel punto il Comune potrà completare il progetto esecutivo e avviare i lavori, che come detto, dovrebbero partire fra circa un anno. Nel 2012 il progetto era stato presentato alle Circoscrizioni e ai cittadini, ma aveva raccolto diverse critiche sia con riguardo alla creazione di una corsia per i bus al centro della carreggiata sia per la perdita di una ventina di posti auto lungo via Giulia. Nel frattempo era arrivato il Patto di stabilità, e il progetto era stato congelato. «Spazi finanziari si sono riaperti alla fine dello scorso anno - ha spiegato l’assessore Marchigiani - e così abbiamo deciso di rivedere il progetto sulla base delle obiezioni sollevate a suo tempo. Questo progetto - ha aggiunto - costituisce uno “step” nell’attuazione del piano del traffico». Anche se dà riposte ai problemi con cui si confrontava la precedente versione (incidenti, poca sicurezza degli attraversamenti pedonali, pericolose svolte a sinistra dei mezzi provenienti dalle laterali, rallentamenti dei flussi di bus e auto) il nuovo progetto prevede soluzioni del tutto diverse, raccogliendo le osservazioni dei consiglieri e degli abitanti. Gli interventi vanno poi letti come prosecuzione di quello che, in largo Tomizza, ha permesso di aumentare la sicurezza, per pedoni e automobilisti, con la costruzione di una rotonda “sperimentale”. La struttura che ha dato esiti positivi, avendo migliorato la sicurezza, ottenuto una riduzione delle velocità dei veicoli, l’eliminazione della sosta abusiva e la realizzazione di percorsi pedonali più sicuri. In via Giulia saranno così realizzate isole centrali spartitraffico, che consentiranno attraversamenti pedonali protetti e impediranno la svolta a sinistra dei mezzi in uscita dalle strade laterali. Sul lato destro (a salire) verrà creata, come detto, una pista ciclabile bidirezionale affiancata al marciapiede, che si inserisce in uno degli itinerari del “pi greco” individuato dal piano generale del traffico urbano (il progetto di questa pista è stato concertato con l’associazione Ulisse Fiab). Il futuro assetto di via Giulia non penalizzerà molto la sosta: alla fine si perderanno quattro posti auto, ma contestualmente ai lavori in via Giulia la sistemazione del lastrico solare de “il Giulia” e di via Pindemonte, che il Comune ha concordato con Saba Italia, porterà alla realizzazione di 51 parcheggi gratuiti. Il progetto prevede infine due nuovi percorsi “Pedibus”, denominati “Guardiella” e “Sanzio”, a servizio del comprensorio scolastico Filzi-Grego, che si svilupperanno lungo viale Sanzio e Strada di Guardiella. Interventi che contemplano il rifacimento dei marciapiedi, la posa in opera di una particolare pavimentazione in corrispondenza degli attraversamenti pedonali e di dissuasori di sosta, e la collocazione di un’apposita segnaletica orizzontale e verticale.

Giuseppe Palladini

 

 

Bambini, prof e genitori rimettono a nuovo la scuola
Un centinaio di alunni e adulti si ritrovano all’istituto Tiziana Weiss di Rozzol per pulire il giardino, tinteggiare le inferriate, coprire le crepe e colorare le pareti
Colori, musica, sorrisi di bambini pronti a vivere il rapporto con la scuola in una modalità diversa, partecipata, alternativa a quella tradizionale. È stata una bella festa ieri mattina quella che si è svolta in strada di Rozzol, sede della media Stuparich e della elementare “Giotti”, entrambe inserite nell’Istituto comprensivo Tiziana Weiss. Un appuntamento che ha coniugato la gioia dello stare assieme fra piccoli studenti, genitori e insegnanti, tutti occupati in piccoli lavori di restauro e abbellimento dell’edificio e del giardino che costituiscono la struttura e l’impegno nel creare una sede migliore, accogliente, semplicemente più bella. Il tutto nell’ambito del progetto “Nontiscordardimè – Operazione scuole pulite”, proposto da Legambiente e accolto da decine di scuole distribuite su tutto il territorio nazionale, che consiste nella realizzazione di interventi di pulizia e miglioria, con un obiettivo, quello di vincere il premio per l’operazione più efficace. E così ieri, per l’intera mattinata, complice una splendida giornata di sole, più di un centinaio di persone, dai più piccoli delle elementari ai genitori, agli insegnanti, si sono adoperati per completare lavori di giardinaggio e tinteggiature di inferriate, realizzare pannelli vivacemente colorati per coprire le pareti rese opache dal tempo e dalle crepe, pulire le aiuole. Divisi in squadre, ciascuna delle quali aveva uno specifico compito, i partecipanti hanno contribuito ad abbellire l’edificio che li ospita nelle ore di lezione, trasformando quello che, all’apparenza, poteva sembrare poco più di un gioco, in un esercizio di partecipazione diretta alla gestione del bene comune, in questo caso la scuola. «Si tratta di un esperimento di cittadinanza attiva - ha spiegato il dirigente scolastico Pietro Russian - che presenta riscontri di notevole rilievo per i ragazzi, che così affinano il loro senso di responsabilità nei confronti della scuola e delle strutture che la caratterizzano, favorendo l’interazione fra bambini, genitori, insegnanti, tutti tesi a raggiungere un obiettivo comune». Raffaella Tolusso, rappresentante del neo costituito Comitato dei genitori, ha subito promesso che «l’esperienza fatta in questa occasione dovrà essere ripetuta». Cogliendo al volo l’occasione, la squadra destinata agli interventi di giardinaggio ha provveduto anche a piantare una cinquantina di bulbi di tulipani «che contribuiranno, con i loro vivaci colori - hanno spiegato alcuni genitori - a rallegrare l’ambiente e a rendere più piacevole l’arrivo a scuola dei nostri figli». I piccoli studenti della Giotti e della Stuparich hanno manifestato grande entusiasmo e interesse per il concorso fotografico, anch’esso promosso da Legambiente, intitolato “La scuola in un click”, che aveva già riscosso notevole successo di partecipazione nelle precedenti edizioni della manifestazione. Le classi e le scuole coinvolte nella giornata del “Nontiscordadimé” sono state invitate a inviare agli organizzatori le immagini più significative della giornata. I tre migliori servizi fotografici saranno premiati con un kit per la lettura, le energie rinnovabili e il gioco. Entusiasti, i bambini hanno espresso con parole dettate dalla spontaneità lusinghieri commenti all’indirizzo dell’iniziativa. «Non mi sono mai divertita tanto a scuola», ha detto una delle bambine impegnate nella realizzazione dei pannelli, mentre due piccole della prima elementare, munite ciascuna di una scopetta, non hanno risparmiato energie pur di «rendere più pulito l’ingresso della nostra scuola», hanno confessato. Nell’occasione, sono stati anche rinfrescati sull’asfalto i colori dei tracciati di “Pedibus”, l’iniziativa che prevede che i bambini, accompagnati da un adulto, si abituino a raggiungere la loro scuola a piedi, rinunciando all’automobile dei genitori o al mezzo pubblico.

Ugo Salvini

 

 

Mercoledì - Il rigassificatore al Propeller club

“Rigassificatore: rischio o opportunità?” è il tema della tavola rotonda organizzata dal Propeller club che si svolgerà mercoledì alle 18 all’hotel Greif di viale Miramare. Relatori Debora Serracchiani, presidente della Regione, Zeno D’Agostino, Commissario dell’Autorità Portuale, Umberto Laureni, Assessore comunale all’Ambiente, Paolo Rovis, Consigliere comunale,  Nerio Nesladek, sindaco di Muggia, Pietro Busan, presidente degli Agenti marittimi del Fvg e Michela Cattaruzza del Consiglio di presidenza di Confindustria. Modera il giornalista Riccardo Coretti.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 14 marzo 2015

 

 

«Pasticcio romano sul rigassificatore»

La Provincia chiede al ministero dell’Ambiente di annullare la Via: «Esiste già un decreto di revoca firmato da Orlando»
La Provincia di Trieste ha chiesto con una lettera inviata al ministero dell’Ambiente l’annullamento della procedura Via-Vas con la quale è stata dichiarata la compatibilità ambientale del rigassificatore di Zaule. Lo ha riferito l’assessore provinciale all’Ambiente Vittorio Zollia rendendo noto anche il testo della lettera che porta la firma della presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat. «La Provincia ritiene - spiega Zollia in una nota - che la sottoscrizione del decreto di revoca della Via originaria da parte dell’allora ministro Andrea Orlando e l’invio dello stesso al ministero dei Beni culturali abbia chiuso la procedura presso lo stesso ministero competente». Ma è stato realmente firmato il decreto di revoca della compatibilità? Qui appunto si apre il “giallo”. Solo due giorni fa, rispondendo a un’interrogazione del deputato triestino Aris Prodani, Silvia Velo attuale sottosegretario all’Ambiente ha parlato di «preavviso di revoca del Decreto di compatibilità ambientale» confermando che esisteva, ma ha precisato che «può dirsi superato». La Provincia però, che ha chiesto l’annullamento della procedura in via di autotutela e che ha richiesto per fare chiarezza anche l’accesso agli atti, si riferisce nella lettera a un’altra risposta data il 3 giugno 2014 sempre a Prodani dal sottosegretario del Ministero dello sviluppo economico Claudio De Vincenti che testualmente afferma: «Il ministero dell’Ambiente ha avviato il procedimento di revoca che potrà chiudersi con la revoca della valutazione di impatto ambientale positiva a suo tempo adottata. Conseguentemente, con l’emissione del decreto di revoca della Via positiva, questo ministero dovrà rigettare la domanda di autorizzazione alla costruzione dell’impianto». «Il ministero dell’Ambiente, per quanto di sua competenza - aveva aggiunto ancora De Vincenti nella sua risposta a Prodani - ha precisato che lo schema del decreto di revoca in questione, già firmato dal ministro pro tempore Andrea Orlando, era stato inoltrato per la firma al ministero dei Beni culturali in data 13 febbraio 2014, ma essendo nel frattempo mutata la compagine governativa, lo stesso decreto è stato restituito dal ministero dei Beni culturali al ministero dell’Ambiente ai fini dell’acquisizione della firma dei ministri ora in carica. Lo schema di decreto è attualmente al vaglio del nuovo Gabinetto in quanto il ministro dell’Ambiente appena insediato sta procedendo ai controlli degli approfondimenti procedurali e amministrativi di rito sulla questione prima della firma». Il decreto di revoca esisteva, ma non solo è sparito nel momento del passaggio dal Governo Letta al Governo Renzi, ma gli attuali ministri all’Ambiente Gian Luca Galletti e ai Beni culturali Dario Franceschini non l’hanno firmato. Al contrario, Galletti ha firmato il Decreto di compatibilità ambientale. Come è potuto accadere questo ribaltamento di 180 gradi? Solo a seguito delle cause di risarcimento plurimilionarie che Gas Naturale può intentare allo Stato visto che effettivamente nel 2009 la compatibilità ambientale era stata certificata dalla commissione Via-Vas? «La sottoscrizione del ministro Orlando - rileva la Provincia nella lettera - ha chiuso in modo definitivo la procedura presso il ministero dell’Ambiente. E quanto di successivo da parte di codesto ministero appare ultroneo e inutiliter datum». «Stiamo esplorando tutti i margini per un’azione di tutela dell’interesse della comunità regionale, relativamente all’incompatibilità del rigassificatore, e non escludiamo di procedere all’impugnativa del parere della commissione Via - ha dichiarato ieri sera la governatrice Debora Serracchiani - Ogni singolo passaggio dell’iter autorizzativo sarà dalla Regione vagliato al fine di far valere i buoni argomenti che si oppongono alla realizzazione del progetto».

Silvio Maranzana

 

 

“Balletto” sulla Ferriera - Cosolini apre la verifica - Il primo cittadino reclama «un rapido e approfondito chiarimento politico con Sel
Nessuno della maggioranza può dire in giro che il sindaco di Trieste è Arvedi» - Roberto Decarli, invece, manifesta pubblicamente il fastidio: «Sono stufo di Sel. Il sindaco deve chiarire la posizione con loro. C’è un problema politico»Marino Sossi, nel day after, non nasconde la soddisfazione: «Ma non mi piace stravincere. Una volta tanto ha vinto il buon senso. E non si è votato contro i cittadini»Franco Bandelli taglia corto sull’opposizione stampella: «A meno di un’ubriacatura collettiva la petizione dei cittadini non poteva che passare all’unanimità»

Tutti di nuovo assieme appassionatamente. In una situazione surreale. In Municipio, giovedì sera, è andato in scena un consiglio comunale di Trieste da perfetto teatro dell’assurdo. Alla fine tutti votano a favore della petizione popolare presentata dal cittadino Nevio Tul e sottoscritta da 247 abitanti di Servola per la chiusura dell’area a caldo della Ferriera. Vota a favore anche chi aveva dichiarato in aula di votare contro (l’intera maggioranza esclusa Sel). Il colpo di scena arriva dal sindaco Roberto Cosolini che poco prima delle 22 prende la parola e dichiara, tra lo sconcerto generale, di voler votare a favore della mozione (accettando «l’impegno a fare una verifica»), gelando la maggioranza e provocando l’uscita dall’aula per protesta dei tre presentatori della petizione popolare. Surrealismo puro come il passaggio successivo che vede il consigliere di opposizione Paolo Rovis (Ncd) chiedere una sospensione della seduta per permettere alla maggioranza di fare una sintesi. All’incontrario. Alla fine arriva l’«aureo» compromesso, in assenza del capogruppo Marco Toncelli, che salva maggioranza, consiglio comunale e cittadini. «Ringrazio tutta la maggioranza che ha condiviso la mia proposta, pur avendo i numeri necessari per prevalere anche con l’eventuale voto contrario di Sel e di tutta l’opposizione. Ho fatto questa scelta per mantenere un dialogo con i cittadini» dice il giorno dopo Cosolini chiedendo però un’immediata verifica di maggioranza. «Nessuna mediazione, quindi, con posizioni espresse nei giorni scorsi per la chiusura dell’area a caldo da parte di chi si ergeva a unico interprete della coerenza del programma del sindaco. Su questo sono io a voler un rapido e approfondito chiarimento politico» afferma il sindaco che già in aula aveva anticipato: «Con Sel dobbiamo vederci in separata sede perché nessuno può dire in giro che il sindaco è Arvedi». Sel, che ha visto gli altri rientrare nella maggioranza (secondo la sua interpretazione), non nasconde la soddisfazione. «Non mi piace stravincere - spiega il capogruppo Marino Sossi -. Una volta tanto ha vinto il buon senso. Il sindaco ha preso atto che non si può votare contro una petizione popolare. Se il consiglio comunale vota contro i cittadini vuol dire che è morto». Ma non tutti sono d’accordo nel farla passare liscia. «Sono stufo di Sel - spiega Roberto Decarli (Trieste Cambia) -. Il sindaco deve chiarire la posizione con loro. C’è un problema politico che non riguarda solo la Ferriera. Il loro comportamento non è di maggioranza». Media Iztok Furlanic, presidente del Consiglio comunale: «Un chiarimento della maggioranza è necessario da qui a fine legislatura, ma non vedo questo grande problema». E l’opposizione “stampella”? «A meno di un’ubriacatura collettiva la petizione dei cittadini non poteva che passare all’unanimità. Il minimo dopo vent’anni di prese in giro sia a destra che a sinistra» spiega Franco Bandelli (Un’Altra Trieste). «Il sindaco si è reso conto che la sua posizione era indifendibile e ha dato ordine al Pd di votare a favore. È la prima pietra per la chiusura dell’area a caldo» spiega Everest Bertoli (Forza Italia). «Ho ribadito e ribadisco che “ridiscutere l'eventuale chiusura dell’area a caldo” vuol dire per la maggioranza una perfetta continuità con ciò che abbiamo concordato con la Regione e col Gruppo Arvedi, ovvero che l’area a caldo continuerà se gli interventi decisi da Arvedi saranno efficaci dal punto di vista ambientale. Io sono fiducioso che lo saranno e che in quel luogo si potrà dar lavoro a 700 persone senza provocare danni all’ambiente e alle persone» precisa “a freddo” il sindaco. Questioni di punti di vista.

Fabio Dorigo

 

Ambiente - La Regione sblocca 41 milioni per Servola
Parte la procedura per i lavori di competenza della Regione per la bonifica ambientale dell'area della Ferriera di Trieste.

La Giunta regionale, su proposta dell'assessore all'Ambiente Sara Vito, ha infatti approvato ieri la “Scheda di attività” per l'utilizzo delle risorse europee (Fsc - Fondo per lo sviluppo e la coesione) relative alla programmazione 2007-2013 e 2014-2020, assegnate dal Cipe al Friuli Venezia Giulia per un totale di 41,5 milioni di euro. Gli interventi a carico della Regione, inseriti nell'Accordo di programma sottoscritto con il Gruppo Arvedi a Roma il 21 novembre dello scorso anno, serviranno per mettere in sicurezza dal punto di vista ambientale il sito della Ferriera di Servola. Sono previste in particolare opere di barrieramento fisico dell'area demaniale e di trattamento delle acque. Nella “Scheda di attività” sono anche indicati i tempi di realizzazione dei lavori, che dovranno iniziare, dopo le indagini preliminari e le procedure di appalto, alla fine del 2016 per concludersi all'inizio del 2018. Il Gruppo Arvedi con finanziamenti proprio ha già incominciato però una serie di operazioni di risanamento ambientale all’interno dello stabilimento. L’operazione cruciale rigiuarda un nuovo impianto di aspirazione studiato per la captazione, la depolverizzazione e la filtrazione delle emissioni nelle diverse aree della cokeria: batterie forni, macchina caricatrice, zona movimentazione e selezione coke, zona sottoprodotti. «La modellizzazione matematica ci ha dato ragione - ha affermato Alessandra Barocci responsabile per l’Ambiente del Gruppo Arvedi, in Consiglio comiunale - hanno funzionato anche alcune simulazioni con cappe a scala ridotta. La progettazione è terminata, abbiamo investito 4 milioni di euro e ordinato l'impianto. Funzionerà a regime alla fine dell'anno».

 

 

Il falco pellegrino torna in Val Rosandra

Una coppia ha scelto le rocce della riserva per il nido. Scatta il divieto di arrampicata sulla falesie “Bianca” e “Falchi”
L’appello agli sportivi - La Lipu Trieste auspica che ci sia un rispetto stretto dell’ordinanza Le sanzioni ammontano a cento euro
SAN DORLIGO DELLA VALLE Il falco pellegrino è tornato in Val Rosandra. La Riserva naturale regionale sta accogliendo da qualche giorno una coppia di volatili che hanno scelto le rocce della valle per mettere al mondo la propria prole. La coppia ha optato per costruire il nido nella parete conosciuta come la “Bianca”, sopra la seconda galleria della pista ciclopedonale, un sito poco frequentato, se non dagli arrampicatori. Ma la primavera, ormai alle porte, ha attirato anche un’altra coppia di uccelli: due corvi imperiali, altra specie di particolare pregio, identificata su un’altra falesia della Val Rosandra, denominata “Falchi”. In seguito all’arrivo dei quattro volatili è stata emessa un’ordinanza sindacale per tutelare al meglio gli animali. Le segnalazioni della presenza degli uccelli sono giunte da due guardiacaccia della Provincia che hanno avvistato un maschio e una femmina di falco pellegrino «in evidente comportamento da coppia nidificante». Successivamente è stata identificata anche la coppia di corvi imperiali. Poiché il periodo di accoppiamento, deposizione e involo dei piccoli dovrebbe terminare entro il 30 giugno, per evitare che i volatili vengano disturbati in questo delicato periodo, il sindaco di San Dorligo della Valle Sandy Klun ha firmato una ordinanza in cui è stato imposto il divieto di arrampicata sulla falesia denominata “Bianca” relativamente a tutti gli itinerari a sinistra di quello denominato “Ballerine” (escluso dal divieto) fino all’ingresso della galleria della pista ciclopedonale che proviene da Sant’Antonio in Bosco. Il divieto è previsto anche sulla falesia denominata “Falchi” a partire dall’itinerario di arrampicata denominato “Falchi di Nerino”. L’ordinanza è stata emessa in base al regolamento della Riserva per il quale l’Organo gestore, ossia il Comune di San Dorligo, al fine della tutela di habitat e specie di particolare pregio, può individuare aree di speciale tutela all’interno delle quali si può vietare attività escursionistiche, alpinistiche o di altra natura. «I siti in Valle utilizzati dagli arrampicatori non mancano, quindi si spera che tutti comprendano e gioiscano della nidificazione del Falco pellegrino, visto che si tratta di una delle due uniche coppie presenti in tutta la provincia triestina», racconta Matteo Giraldi della Lipu Trieste. L’altra coppia di falchi ha nidificato dall’altra parte del Carso triestino, nel comune di Duino Aurisina, in un antro posto tra le falesie del sentiero Rilke, in un luogo inaccessibile a umani e predatori. «Auspichiamo un rispetto stretto dell’ordinanza, una diffusione tra gli arrampicatori del documento, soprattutto fra quelli non associati a nessuna realtà “istituzionale”, e una comprensione di tutti, per il bene di questa ormai nostra cara coppia di uccelli», aggiunge Giraldi. Anni fa, esattamente nel 2002, fece molto scalpore la notizia dell’incidente occorso ad una coppia di gufi reali, una delle specie più rare d’Europa, che aveva scelto proprio la Val Rosandra per nidificare. I due volatili abbandonarono le uova, poi preda di altri uccelli, in seguito ai rumori provocati dal trapano utilizzato da un gruppo di arrampicatori sportivi. Ai trasgressori dell’ordinanza sindacale verrà applicata una sanzione di 100 euro come previsto dall’articolo 39 della Legge regionale 42/96. Copia dell’ordinanza è stata affissa all’Albo pretorio del Comune di San Dorligo della Valle e inviata per competenza alla Provincia e alle Stazioni forestali di Duino, Trieste e San Dorligo. A conti fatti questo è il terzo anno di fila che i falchi pellegrini prendono residenza in Val Rosandra, anche se il primo nido venne segnalato ufficialmente nel 2008 quando due giovani rocciatori impegnati in un’arrampicata su una delle tante vie adiacenti alla vecchia ferrovia per Erpelle vennero “ammoniti” da uno dei due rapaci con una picchiata che sfiorò i due. Un chiaro segnale da parte del falco pellegrino: «Questa, ora, è casa nostra». E così sarà anche adesso. Almeno sino al 30 giugno.

Riccardo Tosques

 

 

Debutta il “distributore” per le auto ecologiche
Da ieri è attiva sulle Rive la prima colonnina di ricarica per le vetture elettriche - Entro giugno ne saranno installate altre nove da Barcola a Servola a Opicina
Un primo passo nel futuro. Un futuro che va nella direzione della mobilità sostenibile ed ecologica. Da ieri è attiva in città la prima colonnina di ricarica per auto elettriche. La location scelta per l’installazione pilota è quella delle Rive, per la precisione l’area parcheggio di piazzale Straulino e Rode, accanto alla struttura dell’ex Magazzino Vini. Ma si tratta solo di un punto di partenza: entro giugno infatti ne saranno installate altre nove, nell’ottica di una copertura capillare della città. Dal centro alla periferia. I punti di rifornimento elettrici troveranno posto anche a Barcola (piazzale 11 Settembre), Roiano (via delle Ginestre), San Giovanni (Rotonda del Boschetto), Servola (via Carpineto), oltre che nella zona dell’Ospedale Maggiore e di largo Granatieri, per arrivare fino all’altipiano: Basovizza, Prosecco e quadrivio di Opicina. Un progetto, quello della multiutility AcegasApsAmga, società del gruppo Hera, che rientra negli obiettivi condivisi con l’amministrazione comunale sul fronte della mobilità sostenibile e che a partire dal 2016 toccherà anche Gorizia, con una decina di installazioni, mentre nella nostra città le infrastrutture potrebbero presto arrivare a quota 18, in rapporto anche a quella che sarà la domanda di mobilità elettrica sul territorio. «Si tratta di uno dei risultati delle scelte strategiche sulle quali abbiamo deciso di puntare attraverso la partnership con il gruppo Hera» ha affermato Roberto Cosolini, che ha voluto testare di persona il nuovo sistema di rifornimento. «Tutto questo - ha aggiunto il sindaco - va nella direzione della modernizzazione della città, con un’idea di mobilità più pulita e di un’alta qualità ambientale: un altro passo verso una città sempre più europea». L’intervento si colloca all’interno del Piano nazionale infrastrutturale per la ricarica dei veicoli alimentati ad energia elettrica e si sviluppa in due fasi che prevedono, da qui al 2020, dapprima lo sviluppo e poi la diffusione su larga scala della mobilità elettrica, che al momento in Italia registra ancora numeri limitati. Ma le stime di crescita del settore prevedono che nei prossimi 15 anni, su circa 40 milioni di auto circolanti a livello nazionale, un quarto di queste sarà alimentato con un sistema elettrico integrale o misto. Attualmente sono 500 le colonnine di ricarica presenti sul territorio nazionale. «Questo è un progetto in divenire che anticipa il futuro - ha sottolineato Roberto Gasparetto, direttore generale AcegasApsAmga -. Il nostro compito è quello di preparare le città del domani, moderne ed intelligenti, e questa iniziativa va in tale direzione, in una città come Trieste dove la tecnologia è sempre stata l’elemento trainante». Le colonnine, alimentate a 400 V, sono dotate di due standard di prese, destinate alla ricarica lenta o veloce dei veicoli, anche in simultanea: l’accesso viene consentito mediante una card rilasciata dalla società con la quale il cliente ha stipulato un apposito contratto di erogazione energetica. Il sistema prevede la completa interoperabilità dei punti di rifornimento sparsi sul territorio nazionale dai vari gestori, in modo tale che ogni possessore di auto elettrica, dotato di contratto ad hoc, potrà servirsene indifferentemente. Le informazioni sull’esatta dislocazione dei punti di rifornimento sono consultabili all’indirizzo http://mobility.gruppohera.it// e su una app per Iphone e Ipad, scaricabile dallo stesso sito. Soddisfazione è stata espressa anche dall’assessore comunale alla Mobilità Elena Marchegiani: «Con questa iniziativa diamo un’ulteriore impulso alla mobilità sostenibile: stiamo altresì predisponendo delle agevolazioni per auto elettriche e ibride che prevedono un’ora di sosta gratuita nei parcheggi comunali in superficie». A dar man forte il collega all’Ambiente Umberto Laureni: «Un segnale importante che va nella direzione giusta, che è quella della riduzione delle emissioni di CO2, una delle misure contenute nel Paes: il prossimo step riguarderà le centraline per il metano».

Pierpaolo Pitich

 

SEGNALAZIONI - PIANO DEL TRAFFICO - Sosta rivisitata

Con riferimento alla lettera del giorno “Corso Italia, parcheggi ai residenti solo se “a sinistra”, ringrazio il signor de Hassek per i contenuti della sua nota che mi danno l’opportunità di evidenziare alcuni aspetti legati al tema della sosta nel centro città.

Il permesso cui fa riferimento nella nota è quello che consente a coloro che risiedono all’interno del perimetro del Borgo Teresiano di parcheggiare nelle cosiddette “Ztl di tipo B”, ovvero nelle zone a traffico limitato dedicate ai residenti del centro storico. È chiaro che, ogniqualvolta si va a identificare un perimetro in un’area urbana, vi è sempre e comunque qualcuno che, pur abitando nelle immediate vicinanze dello stesso, ne resta escluso. Questo accade da anni per chi risiede sul lato dei numeri civici dispari di corso Italia. Non si tratta quindi di “discriminazione” nei confronti di alcuni cittadini o di “violazione di diritti”, bensì di un fatto puramente “geometrico”. Ci tengo a precisare che proprio per andare nella direzione della “logica della sensatezza e dell’equità” così come auspicato dall’autore, il Piano del traffico vigente ha previsto, come ultimo atto della sua graduale attuazione, una sostanziale rivisitazione dell’attuale sistema della sosta nel centro storico. A tale rivisitazione contiamo quindi di arrivare presto, non appena i numerosi interventi di riqualificazione previsti in Borgo Teresiano (mi riferisco in particolare alla riqualificazione di piazza Ponterosso e via Trento i cui cantieri si apriranno nei prossimi giorni) saranno giunti a termine. Le Zone a traffico limitato dedicate ai residenti del centro storico si sono infatti dimostrate inadeguate, insufficienti e vengono viste come un privilegio ingiustificato garantito a pochi. I residenti del Borgo Teresiano attualmente possono contare su un’offerta di sosta gratuita a loro dedicata ma estremamente limitata rispetto ai nuclei familiari residenti (le attuali Ztl per i residenti che offrono circa 250 stalli) e localizzata in aree ove, per un motivo o per un altro, diverse categorie vantano diritto di accesso. L’assetto proposto dal nuovo Piano del traffico, invece, punta ad aumentare la disponibilità di sosta per i residenti che in prospettiva potranno così contare su maggiori spazi e possibilità di sosta rispetto ad oggi, anche se non gratuitamente ma ad una tariffa fortemente agevolata rispetto ai visitatori. Il Piano stabilisce, infatti, un’agevolazione riservata ai residenti del centro storico (Borgo Teresiano e Borgo Giuseppino) che prevede la possibilità si sostare nei parcheggi a pagamento del centro mediante un abbonamento ad un canone mensile di euro 30. E, per rassicurare il signor de Hassek parafrasando il titolo della sua lettera, vorrei specificare che il perimetro definito nel Piano comprende per intero il Corso Italia, ovvero sia i residenti “a destra” che quelli residenti “a sinistra”.

Elena Marchigiani - assessore alla Viabilità del Comune di Trieste

 

 

Forza Italia attacca la società pubblica per Porto Vecchio
La nuova società Comune-Authority per il rilancio del Porto Vecchio? Nulla più di un inutile, e dannoso, carrozzone politico.

Così la deputata forzista Sandra Savino bolla l’iniziativa annunciata durante la prima riunione sulla sdemanializzazione dell’antico scalo. « Trovo singolare che prima di avere, non dico un progetto, ma almeno un'idea di massima condivisa, e prima di disporre di qualche certezza su risorse ed investimenti, si pensi di istituire una società e quindi con essa aprire la porta a poltrone, consulenze ed affidamenti di incarichi ai soliti noti».

 

 

Urbanistica - Restyling di via Giulia

Il Comune svela il piano Questa mattina alle 11.30 in Comune verrà presentato il nuovo progetto per la riqualificazione di via Giulia.

A illustrarne le caratteristiche, i "passaggi" già svolti (in Regione, in Circoscrizione ecc.) e l'iter ancora da percorrere, interverranno gli assessori alla Pianificazione e ai Lavoratori pubblici Elena Marchigiani e Andrea Dapretto.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 13 marzo 2015

 

 

Ok definitivo al rigassificatore dal ministero dell’Ambiente

Il sottosegretario Velo risponde in aula a Prodani dopo il sì del Comitato Via «Nessuna incompatibilità. Rigettate le obiezioni». La palla passa ora al Mise
Fosse per il ministero dell’Ambiente, a Zaule ci sarebbero già le ruspe a fare spazio per i serbatoi del rigassificatore. Se a qualcuno da queste parti non fosse stato chiaro quanto già contenuto nell’informativa inviata a fine febbraio dallo stesso dicastero a tutti gli enti coinvolti, ieri lo ha ulteriormente esplicitato, in termini perentori e che in qualche parte potrebbero sembrare addirittura seccati, il sottosegretario Silvia Velo rispondendo a un’interrogazione del deputato triestino Aris Prodani. Il definitivo parere della Commissione tecnica Via-Vas, specifica la rappresentante del governo Renzi, «ha evidenziato che, fatte salve le valutazioni degli impatti, con prescrizioni, di cui all’originario decreto 808/2009 (quello della prima compatibilità data, ndr.) non si riscontrano ulteriori incompatibilità con le componenti ambientali esaminate, causate dalle previsioni del nuovo Piano regolatore portuale del porto di Trieste, anche a seguito degli approfondimenti del quadro ambientale e degli studi effettuati da parte dell’Autorità portuale». La procedura è già stata congelata una volta per verifiche supplementari che non hanno dato esito, sembra dire il sottosegretario, non può certo essere rifatta a ripetizione. La pratica ha dunque definitivamente lasciato le stanze del ministro Gian Luca Galletti ed è entrata in quelle del ministro Federica Guidi. «La finale “autorizzazione all’insediamento” - specifica ancora Velo - viene rilasciata dal ministero dello Sviluppo economico previa intesa con il competente Ente regionale». Non viene specificato se il Mise può comunque procedere anche senza l’intesa con la Regione anche se la partita da questo lato del campo e la possibilità di fermare l’impianto sembrano ora stare esclusivamente nella capacità e nei poteri di Debora Serracchiani. Nella premessa alla risposta a Prodani, la rappresentante del governo sembra anche censurare alcune reazioni soddisfatte registrate in città dopo la sospensione per sei mesi della compatibilità ambientale decisa nell’aprile 2013 dall’allora ministro Corrado Clini e successivamente quando sembrava prossimo alla firma il decreto di revoca per il quale, lo conferma lo stesso sottosegretario, esisteva già il preavviso. Velo infatti ringrazia Prodani dell’interrogazione «per avermi dato la possibilità di fare finalmente chiarezza su una questione che sinora ha creato non pochi equivoci e dato adito ad aspettative prive di fondamento». E nella risposta viene anche sottolineato che «non è del tutto esatto affermare che il decreto dell’aprile 2013 con il quale si stabiliva una sospensione di sei mesi del decreto, esprimesse la non compatibilità ambientale del progetto medesimo. Con esso infatti, sulla base di quanto emerso nel preliminare parere della Commissione tecnica per la verifica dell’impatto ambientale Via e Vas, si rimandava in via del tutto precauzionale, ad un approfondimento della questione». Tutti i dubbi e gli alibi sono poi stati sciolti con il definitivo parere della Commissione tecnica Via Vas numero 1076 preso il 6 febbraio e notificato a fine mese a tutti gli enti interessati. In data 25 febbraio questo parere è stato inviato al Mise per l’adozione dei provvedimenti di “secondo grado”. «Ciò posto - conclude Velo ribadendo quanto già chiaro nelle righe precedenti - può ritenersi concluso nel medesimo senso il procedimento di supplemento istruttorio avviato dal ministro pro tempore il 27 dicembre 2012 (a seguito del quale quattro mesi più tardi era stato emesso il decreto sospensivo, ndr.) e di conseguenza può dirsi superata la comunicazione ex articolo 10-bis della legge numero 241 del 1990, avente ad oggetto il preavviso di revoca del Decreto di compatibilità ambientale 808/2009».

Silvio Maranzana

 

Interrogazione - Pressing su Guidi per cassare l’impianto
«È confermato che l’ultima parola sul rigassificatore spetta al Ministero dello sviluppo economico». Lo sottolinea Serena Pellegrino capogruppo di Sel in Commissione Ambiente rilevando che la risposta di Velo a Prodani «attribuisce ulteriore importanza alle prese di posizione, alla rappresentazione della contrarietà di tutti gli enti territoriali e soprattutto agli atti che verranno assunti dall'amministrazione regionale nella fase procedimentale che si sta ora avviando nei confronti del Mise». «Ho presentato un’ interrogazione al ministero dello Sviluppo economico per chiedere di mettere una pietra definitiva sul rigassificatore di Zaule», ha invece annunciato sempre ieri il senatore Lorenzo Battista, esponente triestino del Gruppo parlamentare “Per le Autonomie” spiegando che «l’impianto, con il suo metanodotto, non ha diritto di cittadinanza all’interno dei progetti per il nuovo porto di Trieste. Le attività industriali attualmente in espansione, sui cui punta l’economia dell’intera città - sottolinea Battista - subirebbero un crollo verticale, causato dai lavori di realizzazione prima e dal passaggio delle navi gasiere poi. Ma soprattutto - sostiene - il rigassificatore è un rischio enorme, che non ha alcun senso dover correre. Per quale ragione tenere un gigantesco ammontare di gas, proprio accanto al deposito di petrolio della Siot? Nel caso di incidenti ci troveremmo di fronte a scenari incontrollabili». Un deciso “no” alla costruzione di un rigassificatore nel golfo di Trieste arriva anche dal consigliere Emiliano Edera dei Cittadini, che nei prossimi giorni porterà all’attenzione del Consiglio regionale la questione e che ricorda che «la Regione ha già cercato di far rivedere la posizione del ministero dell'Ambiente».

(s.m.)

 

E gli assessori spiazzati aggiornano la seduta
Vertice tra Regione, Provincia e Comuni di Trieste e Muggia: «Ora serve un cambio di strategia»
Il nuovo Terminal traghetti che Teseco intende realizzare proprio all’imboccatura del Canale navigabile e per il quale ha già ottenuto l’area in concessione, il traffico in crescita costante al terminal petrolifero della Siot dove l’anno scorso sono arrivate oltre 500 petroliere, la Piattaforma logistica per la quale sono già stati appaltati i lavori e che sorgerà tra lo Scalo Legnami, già oggi terminal per i traghetti albanesi e la banchina della Ferriera che il Gruppo Arvedi intende trasformare in un forte Polo intermodale. E poi quanto previsto dal nuovo Piano regolatore del porto con in zona, in particolare l’allungamento del Molo Settimo e il Molo Ottavo che dovrebbe stagliarsi proprio dalla Piattaforma logistica. E, ancora, una crescita generalizzata dei traffici in tutti i terminal stando almeno alle previsioni degli esperti che accreditano l’Alto Adriatico come un futuro hub strategico a livello internazionale in particolare per gli scambi tra il Far East e il Centro e l’Est Europa. Tutto questo, secondo quanto risposto ieri dal sottosegretario all’Ambiente Silvia Velo, sarebbe stato valutato dal Ministero dell’Ambiente e considerato per nulla collidente con l’insediamento nella stessa area, al centro di un potenziale maxiingorgo marittimo, dell’impianto di rigassificazione con il conseguente traffico di navi gasiere. «Forse nei mesi scorsi - ha dichiarato in questi giorni il sindaco Roberto Cosolini - l’Autorità portuale nel documento inviato alla Commissione Via-Vas non ha descritto in tutta la suo pericolosità l’ipotetica coesistenza tra il rigassificatore e lo sviluppo dei traffici portuali». Assieme al commissario dell’Authority Zeno D’Agostino si stava già valutando l’invio di un dossier supplementare. Ma ora tutto questo è superato, talmente superato da aver preso in contropiede gli assessori all’Ambiente di Regione, Provincia e Comuni di Trieste e di Muggia riunitisi ieri in municipio su sollecito di Umberto Laureni. «Ci siamo scambiati alcune brevissime opinioni - ha commentato Laureni - poi abbiamo capito che c’era la necessità di un approfondimento. Qui probabilmente serve un cambio di strategia perché l’opposizione che può avere successo è quella di tipo esclusivamente politico essendo state bocciate dal governo le contestazioni di tipo ambientale».

(s.m.)

 

SEGNALAZIONI - Rigassificatori Il caso Porto Viro

Con riferimento alla lettera “Il caso Veneto” a firma di Antonio Farinelli, Adriatic Lng, la società che gestisce il rigassificatore off-shore, smentisce categoricamente quanto erroneamente riportato dal vostro lettore in quanto lesivo degli interessi di Adriatic Lng, dell’industria inclusa quella nautica e dell’opinione pubblica.

Le affermazioni del signor Antonio Farinelli sono prive di qualunque fondamento scientifico, tecnico e fattuale. In effetti, non vi sono mai stati in passato né tantomeno oggi “tantissimi chilometri di spiaggia attorno a Porto Viro coperti di immense distese di schiuma bianca” né tantomeno un’ “onda nociva arriva sulla terraferma dopo alcuni anni di operatività del mostro”. Come confermato dalle amministrazioni preposte, Ispra e Arpav, la formazione della schiuma attorno al terminale di rigassificazione è un fenomeno naturale che non ha alcun impatto sull’ambiente marino né sull’uomo e tende a dissolversi nelle immediate vicinanze del terminale sito a 15 km della costa, senza mai raggiungere quest’ultima. La schiuma che si forma intorno al terminale di rigassificazione è composta esclusivamente dal movimento dell’acqua di mare e di aria. Come accertato, la schiuma non è provocata da alcuna sostanza chimica, e i campionamenti e le analisi effettuate hanno confermato che non contiene sostanze estranee a quelle preesistenti in mare. Per quanto riguarda l’ordinanza di sicurezza del 29 novembre 2008, disponibile al pubblico sul sito della guardia costiera (www.guardiacostiera.it), ci preme sottolineare l’attenzione alla sicurezza nell’esercizio del terminale sia della Capitaneria del Porto di Chioggia che di Adriatic LNG.

Alfredo Balena Relazioni esterne Adriatic LNG

 

 

Disinnescata la “mina” Sel Voto unanime sulla Ferriera

A sorpresa passa in aula la petizione sull’eventuale chiusura dell’area a caldo

Forze di maggioranza schierate con le opposizioni dopo la mediazione di Cosolini

Con un clamoroso rovesciamento del tavolo il Pd, le liste civiche del centrosinistra e il sindaco Roberto Cosolini hanno votato ieri sera a favore della petizione dei cittadini sull’eventuale chiusura dell’area a caldo della Ferriera, impedendo una spaccatura della maggioranza e disinnescando l’opposizione di Sel che rischiava di mettere in minoranza la stessa giunta. Alla fine la petizione è stata votata con 38 voti favorevoli, quelli di tutti i presenti in aula. Il colpo di scena è maturato nella riunione di maggioranza tenutasi alle 22, dopo che nel corso del dibattito alcuni consiglieri avevano già preannunciato il proprio voto contrario davanti a una folta rappresentanza dei cittadini che neanche stavolta hanno rispramiato urla e proteste. Il sindaco però ha proposto a tutti di votare favorevolmente per non rompere il dialogo con i cittadini. «I sottoscritti cittadini chiedono - sottolineava la petizione - che venga ridiscussa l’eventualità della chiusura programmata dell’area a caldo della Ferriera di Servola con assoluta precedenza all’impianto di cokeria». «Richiesta garbata ed equilibrata», è stato sottolineato soprattutto dai banchi del centrodestra. «Il senso del nostro voto favorevole - ha annunciato in aula Cosolini - non è la decisione di procedere alla chiusura dell’area a caldo perché su questo ci siamo espressi contro la settimana scorsa, ma l’impegno a fare una verifica se continuare o meno con quell’area». «Se gli interventi di contenimento delle emissioni saranno efficaci come noi crediamo - ha aggiunto a margine - il problema non si porrà». La petizione, corredata da 247 firme è stata illustrata da Ettore Bellanti data l’assenza per malattia del primo firmatario, Nevio Tul. Ha parlato del contesto sociale con un incremento in zona nell’ultimo decennio di coppie giovani con bambini, della presenza di scuole, ricercatori, rsa, luoghi di culto e centri commerciali, di un contesto storicamente insalubre, delle lettere inviate invano alle varie amministrazioni affinché assumessero provvedimenti drastici, dell’elevata prsenza di sostanze inquinanti, benzopirene e Pm10 superiori ai limiti legge. «Siamo prigionieri nelle nostre abitazioni - ha sottolineato Bellanti - segregati a causa di gas e polveri tossiche che escono da una cokeria che dista solo 150 metri dalle case, mentre la politica è sorda, cieca e compiacente». Questo il succo di alcuni interventi. Lorenzo Giorgi (Pdl): «La Ferriera è un cancro che colpisce tutti i triestini. Non si può barattare la salute 200 mila persone per un pugno di lavoratori». Marino Sossi (Sel): «La petizione ha un forte contenuto di saggezza. Invito il sindaco ad aprire confronto con Arvedi». Roberto Decarli (Trieste Cambia): «La petizione è stata firmata da cittadini di Visogliano e di Staranzano. Ci può stare, ma per la prima volta siamo di fronte a un Accordo che obbliga l’imprenditore a rispettare impegni precisi». Stefano Patuanelli (Cinquestelle): «La siderurgia pulita presuppone che si butti giù l’intero stabilimento: parole del sindaco il 27 agosto 2012. Ingenuo credere chge si possa risanare con un impianto di 4 milioni». Piero Camber (Forza Italia): «Questo documento non può non essere votrato da tutti. Ridiscutere é fattibile». Auro Muzzi (Pd): «C’è un progetto serio con un imprenditore che ha già dichiarato che chiuderà se non saranno eliminate le emissione nocive». Manuela Declich (Pdl): «L’inquinamento è a livelli preoccupanti. La petizione va nel senso del rispetto di cittadini e lavoratori». Mario Reali (Sel): «L’Accordo di programma è l’unica premessa per poter eventualmente chiudere l’area a caldo». Mario Ravalico (Pd): «Nel 2011 non era prevedibile questo intervento innovativo. C’è la garanzia della chiusura se i valori dell’inquinamento non si ridurranno». Marino Andolina (Federazione della sinistra): «La Ferriera ha ucciso e ucciderà ancora, ma non possiamo dare del bugiardo a un imprenditore a priori». Paolo Rovis (Ncd): «I cittadini chiedono che ci si confronti con l’imprenditore. Strano che la petizione non sia accolta da tutta l’aula». Fabio Petrossi (Pd): «Non sta scritto da nessuna parte che non si può ridiscute area a caldo, ma la petizione è fuori tempo e luogo». Daniela Gerin (Sel): «È una petizione pacata a intelligente che non va contro ciò che il Comune sta portando avanti con Arvedi, ma serve una chiara linea politica che tenda a chiudere quell’area». Roberto De Gioia (Lista civica indipendente): «Il nostro lavoro è catturare il voto dicendo una volta sì alla salute e una al lavoro. La petizione parla di eventualità di chiusuraà e allora dico di sì». Tiziana Cimolino (Pd): «Lo stabilimento è stato a lungo fuori controllo. Ma ora si è visto l’impegno come non mai delle istituzioni anche in fitto colloquio con i cittadini». Everest Bertoli (Forza Italia): «Crediamo che a un impianto di 129 anni basti cambiargli due vestiti per rimetterlo a nuovo? L’occasione è irripetibile perchè c’è la possibilità di riconversione».

Silvio Maranzana

 

«A Servola 11 sforamenti di Pm10 in due mesi»
Laureni conferma i dati resi noti da Arvedi ma avverte: continuando così a fine anno supereremo i limiti
Arvedi dirama una nota per ridimensionare gli allarmi dei servolani e rassicurare sui contenuti episodi di sforamenti nelle emissioni inquinanti della Ferriera? L’assessore comunale all’Ambiente, Umberto Laureni, a stretto giro di posta, torna sullo stesso argomento, confermando i numeri diffusi dal Gruppo proprietario della Ferriera sulla situazione delle polveri Pm10 nell’aria di Servola. «In riferimento a quanto da me dichiarato recentemente in una trasmissione televisiva - afferma l’esponente della giuna Cosolini -, confermo che nel periodo gennaio-febbraio 2015 nella centralina di via San Lorenzo in Selva (quella appunto più vicina allo stabilimento siderurgico) gli sforamenti della concentrazione di polveri Pm10 oltre il limite di 50 microgrammi per metro cubo non sono stati ventisei ma undici, come del resto deducibile dai dati dell’Agenzia regionale per la protezione ambientale consultabili anche sulla Retecivica del Comune, nella Sezione Ambiente». Questione risolta, quindi? Tutt’altro. Perché, insiste ancora Laureni, le problematiche ambientali nel rione di Servola sono ben lontane dall’essere risolte o perlomeno ridimensionate. Per rendersene conto, basta provare a immaginare che il trend prosegua senza variazioni di rilievo e “spalmare” quindi sull’intero arco dell’anno i dati registrati in questo inizio anno. «Al riguardo - prosegue l’assessore con delega all’Ambiente - ribadisco il giudizio formulato in più occasioni e le considerazioni di merito: gli undici sforamenti rapportati all'intero anno diventerebbero sessantasei, pertanto ben oltre il numero massimo consentito dalla norma di legge, che è pari a 35 superamenti del limite dei 50 microgrammi per metro cubo». La guardia insomma, conclude il rappresentante della giunta retta da Roberto Cosolini, deve continuare a restare alta. Un “mantra” condiviso peraltro dallo stesso Gruppo Arvedi che, nella nota dell’altro giorno, ribadiva la volontà di agire in questo senso. «Siderurgica Triestina - si leggeva nel testo inviato dalla proprietà della Ferriera - insieme agli enti che dispongono di dati e strumenti idonei, sta sviluppando un progetto che consentirà di ridurre ulteriormente le situazioni di potenziale criticità.

 

 

Società operativa Comune-Authority per il Porto Vecchio

Decisione del sindaco Cosolini e del commissario D’Agostino nel primo incontro assieme all’Agenzia del Demanio
Il percorso che porterà alla sdemanializzazione del Porto Vecchio e allo spostamento del punto franco è entrato nel vivo. Ieri mattina, nella riunione tra Comune, Autorità portuale e Agenzia del Demanio, si è compiuto un primo, significativo passo, con un esame del quadro generale e la stesura di una tempistica di massima. Quello che è certo è che i tre enti intendono fare presto: entro giugno contano infatti di arrivare alla definizione della fascia di costa nell’antico scalo (che rimarrà demaniale) e a consegnare al prefetto e commissario di governo, Francesca Adelaide Garufi, la proposta su come e dove trasferire il punto franco. Nella sala della giunta comunale, il sindaco Cosolini, l’assessore Treu, il commissario dell’Autorità portuale D’Agostino, il rappresentante della direzione centrale del Demanio Giannangeli, e il direttore regionale della stessa Agenzia Di Blasio, affiancati dai rispettivi tecnici, hanno così iniziato ad esaminare le mappe del Porto Vecchio, facendo il punto delle diverse aree in concessione e delle relative durate. Per quanto riguarda la delimitazione della fascia di costa «sono emerse tre possibilità, non molto lontane tra di loro», precisa il sindaco Cosolini. A dimostrazione della rapidità con cui si vuole procedere, già lunedì è fissata una riunione fra i tecnici dei tre enti, in cui verrà fatto un primo approfondimento di quanto delineato ieri. E mercoledì i vertici di Comune, Authority e Agenzia del Demanio proseguiranno nell’analisi delle aree del Porto Vecchio. «Vogliamo arrivare a definire rapidamente un’ipotesi condivisa - sottolinea il primo cittadino - per poi passare a un confronto con tutti i soggetti interessati, come Regione, Prefettura, Capitaneria di porto e altri». L’altro capitolo di questa storica operazione, destinata a cambiare il volto della città e del porto, è lo spostamento del punto franco: 410mila metri quadri (Adriaterminal escluso) sul cui trasferimento sarà l’Autorità portuale a presentare una prima ipotesi nelle prossime riunioni. Sul piano operativo è stato comunque già posto un primo punto fermo. «Con il commissario D’Agostino abbiamo convenuto sin d’ora - spiega Cosolini - che Comune e Autorità portuale si daranno un unico strumento, aperto anche ad altri, per gestire le aree del Porto Vecchio. Una società da costituire assieme - precisa - per la progettazione dell’intervento, la concessione delle aree demaniali e la vendita di quelle di proprietà». Che Comune, Demanio e Autorità portuale abbiano iniziato con il piede giusto lo sottolinea il commissario dell’Authority, Zeno D’Agostino. «Abbiamo condiviso una linea operativa - commenta a margine della riunione -. È stato un buon inizio, che ci ha permesso di instaurare un rapporto di armonia con l’Agenzia del Demanio. Si è fatto il punto sullo stato dell’arte - aggiunge - ed ora comincia l’opera dei tecnici, che poi ci permetterà di fare un lavoro di sintesi». L’analisi dello stato di fatto del Porto Vecchio ha permesso in particolare di effettuare una prima disamina, area per area, per arrivare a decidere quali resteranno al Demanio e quali potranno essere cedute al Comune.

Decisione del sindaco Cosolini e del commissario D’Agostino nel primo incontro assieme all’Agenzia del Demanio
Giuseppe Palladini

 

 

Differenziata, arrivano i buoni-spesa  - iniziativa bipartisan

Entro sei mesi i “riciclatori incentivanti” vicini ai supermercati coinvolti

Depositare lattine e bottiglie di vetro o plastica in appositi contenitori darà un vantaggio economico ai triestini. Entro sei mesi la città avrà i suoi “riciclatori incentivanti”, cioè quei bottini che, posizionati in determinati punti e opportunamente indicati, permetteranno, a chi li utilizzerà, di caricare una speciale tesserina magnetica di bonus da spendere nei supermercati che aderiranno all’iniziativa. È stato l’assessore all’Ambiente, Umberto Laureni, che ha fatto propria una mozione che va in tale direzione, presentata dal consigliere comunale di Impegno civico, quindi dello schieramento di opposizione, Michele Lobianco, ad annunciare la novità. «La Provincia ha recentemente adottato una delibera - ha spiegato Laureni - che prevede lo stanziamento di risorse finanziarie a favore di quei comuni del territorio che adotteranno “azioni tese a incentivare la raccolta differenziata”. Noi abbiamo già avanzato la richiesta di accedere alla parte di nostra competenza di quei fondi, complessivamente 175mila euro, e, non appena l’iter burocratico si sarà completato, ne destineremo 10mila all’acquisto dei “riciclatori incentivanti”, per dare il via una fase sperimentale». «Proporremo ai supermercati della città - ancora Laureni - di mettere a disposizione gli spazi nei quali installare i riciclatori. I cittadini che vorranno partecipare alla fase sperimentale saranno dotati di una tesserina magnetica. Ogniqualvolta depositeranno in questi contenitori lattine, bottiglie od oggetti di plastica o vetro, vedranno la loro tesserina caricarsi di bonus, che potranno essere utilizzati nei supermercati convenzionati». Il ciclo virtuoso garantirà così un vantaggio a tutti i soggetti coinvolti: i supermercati godranno di pubblicità gratuita e, molto probabilmente, vedranno aumentare il numero dei loro clienti, perché é naturale che, una volta arrivati nei pressi del riciclatore, si voglia cogliere al volo l’occasione per fare acquisti. I cittadini potranno beneficiare di bonus quando faranno la spesa, agevolazione che, in tempi di crisi, sarà certamente apprezzata. Il Comune vedrà migliorare la qualità della raccolta rifiuti. «Fondamentale - sempre Laureni - sarà anche l’accordo che definiremo con AcegasApsAmga, cui chiederemo di posizionare, nelle vicinanze dei riciclatori, i grandi contenitori adatti alla raccolta di vetro, plastica e lettine». Lobianco, dopo aver espresso «soddisfazione per la presa d’atto della bontà della proposta», ha ricordato che «finalmente i triestini non andranno più a portare la plastica oltre confine per beneficiare dei rimborsi che la vicina Repubblica garantisce a chi deposita questo materiale nei loro riciclatori».

Ugo Salvini

 

 

«Basta rinvii, subito le migliorie a Krsko»

Greenpeace: mai attuato da Lubiana il piano di modernizzazione della centrale nato dopo gli “stress test” voluti dall’Ue
La carenza dei fondi - Secondo gli ambientalisti i soldi non possono essere una scusa
LUBIANA Malgrado le promesse, Lubiana non starebbe facendo abbastanza per potenziare la sicurezza della centrale nucleare di Krsko in base ai nuovi parametri fissati dopo il disastro di Fukushima. L’accusa-denuncia arriva dal braccio sloveno di Greenpeace, che l’altro pomeriggio ha diffuso un duro e preciso comunicato. Vi si ricorda che dopo il sisma in Giappone e il conseguente incidente nucleare a Fukushima, la Commissione europea e lo European Nuclear Safety Regulators Group (Ensreg), «organo indipendente» creato da Bruxelles per vigilare sul fronte della «sicurezza» delle centrali europee, avevano imposto i «cosiddetti stress test» agli impianti atomici del Vecchio continente. Test che nel 2013 erano poi sfociati nella stesura dei Piani d’azione nazionali, vere e proprie “bibbie” per modernizzare le centrali esistenti alzando l’asticella dei livelli di sicurezza nel rispetto dei nuovi standard nati dalla tragedia della centrale giapponese. In contemporanea, Greenpeace aveva avviato un’analisi parallela e indipendente, dedicata alle «13 centrali nucleari» europee per certi versi più problematiche, Krsko inclusa. Due anni dopo, l’organizzazione non governativa ha «commissionato una nuova valutazione indipendente» dello stato di salute delle 13 centrali e dei lavori fatti per renderle più efficienti e sicure. Per Krsko i risultati non sarebbero affatto buoni. In primo luogo, si legge nell’analisi di Greenpeace, «l’alto rischio sismico nel sito di Krsko non è ancora preso sufficientemente sul serio» dalle autorità di Lubiana e il piano nazionale sloveno sarebbe dunque imperfetto. Non solo. Non ci sono ancora «informazioni sullo status delle nuove misure di protezione dalle inondazioni» e neppure sui «relativi margini di sicurezza», così come rimangono «non chiare» quelle «per l’implementazione di misure di protezione» in caso di «eventi atmosferici estremi». Infine, diverse scadenze relative alla realizzazione di «miglioramenti cruciali» per l’impianto di Krsko – tra cui l’installazione di un «sistema di raffreddamento secondario» e la creazione di una «nuova stanza di controllo per emergenze» - sono state via via posticipate per tre anni soprattutto per motivi economici, l’accusa di Greenpeace. Ma la carenza di fondi non deve essere una scusa, ha sottolineato Matjaz Dovecar, portavoce di Greenpeace Slovenia, aggiungendo che Lubiana deve guardare responsabilmente «alle linee guida per la sicurezza nucleare sviluppate dopo l’esperienza di Fukushima», attuandole. Anche se, considerati i ritardi nel concretizzare il piano di svecchiamento - trascurando il rischio sisma nell’area - per l’Ong la soluzione migliore forse sarebbe addirittura, specifica Greenpeace, «chiudere immediatamente» la centrale. Centrale che la settimana scorsa ha registrato un nuovo inciampo, seppur minimo. Come segnalato dalla Nek, il gestore dell’impianto, i rilevamenti hanno fatto sospettare il probabile danneggiamento di almeno una barra di combustibile nucleare su 28mila. Un evento simile era già stato registrato nel 2013 ma secondo la Nek, anche in quel caso, non ci furono rischi per l’ambiente.

Stefano Giantin

 

 

Spalato - Sos ambiente, acqua nelle navi incagliate
SPALATO Un contrattempo che si spera resti tale, senza causare danni all’ambiente marino e alle coste circostanti. In due delle tre navi incagliatesi la settimana scorsa a Spalato a causa della violentissima bora è entrata l’acqua, che ha invaso le sale macchine e diversi altri ambienti.

Si tratta della Orebic e della Krka, finite in secca nella parte settentrionale del parco boschivo Mariano. Dopo quanto constatato da due sommozzatori (che però non hanno scoperto alcuna falla vistosa), le operazioni di disincagliamento sono state rinviate a data da definirsi. Ivica Vuletic della Capitaneria portuale di Spalato ha dichiarato che la situazione andrà monitorata giorno dopo giorno e che al momento è difficile fare previsioni. «Abbiamo appurato che è la Orebic ad avere “inghiottito” un maggior quantitativo d’acqua rispetto alla Krka. Entrambi i mercantili, appartenenti rispettivamente alle armatrici Splitska plovidba e Brodosplit, erano destinati al disarmo», ha precisato. Non si sa invece quale sia la situazione del terzo cargo, il Vranjic, arenatosi in zona Slatina, sull’isoletta di Bua. La nave deve essere ancora controllata da sommozzatori e vigili del fuoco e – se non verranno riscontrati problemi – sarà disincagliata nei prossimi giorni, condizioni meteomarine permettendo. Quanto accaduto la scorsa settimana è davvero singolare poiché mai a Spalato era successo che si spezzassero contemporaneamente gli ormeggi di tre navi. Dislocate nel Porto settentrionale, le tre unità – in libera navigazione e senza equipaggio a bordo – avevano dapprima urtato la diga frangiflutti del porto militare Lora; di seguito ognuna se n’era andata per conto proprio, sospinta dalla bora con raffiche fino a 200 chilometri orari. Andando alla deriva, non avevano per fortuna danneggiato altre imbarcazioni. Stando alle autorità, gli eventuali danni all’ambiente dovrebbero risultare trascurabili perché le tre navi non hanno all’interno carburante né olio lubrificante. La cautela è comunque d’ obbligo. Ricordiamo che a Fiume, sempre a causa della ciclonica bora di pochi giorni fa, sono state danneggiate o distrutte le facciate di un centinaio di abitazioni.

(a.m.)

 

 

“Urbi et Horti” Oggi si parla di calendario delle sementi - Valmaura 
Ripartono i corsi gratuiti di orticoltura biologica urbana “Urbi et Horti” per la preparazione teorica e pratica per formazione e accompagnamento in campo accompagnati dal maestro contadino Roberto Marinelli. Gli incontri, aperti a tutti, si rivolgono a quanti volessero prendersi cura di un orto e diventare agricoltori urbani e saranno tenuti dal maestro contadino Roberto Marinelli. Il secondo appuntamento del nuovo ciclo di cinque incontri – in programma i venerdì fino al 3 aprile alle 17, alla Casa del giovane di via Inchiostri 4 (Valmaura), è fissato per questo pomeriggio e verterà su “Preparazione dei semenzari e cura del seminato. Conoscenza dei tempi e dei calendari delle coltivazioni”. Sarà presente per tutte le informazioni del caso e l’assegnazione di nuovi orti, la coordinatrice Tiziana Cimolino. «Il corso – spiega la Cimolino – segue quello tenuto con successo nella precedente edizione svoltasi l’anno passato e prevede lezioni teoriche e pratiche nel campo e rappresenta il momento informativo di un percorso condotto in collaborazione con il Comune di Trieste e Orti comuni con lo scopo di recuperare aree urbane degradate o non utilizzate nell’ottica della tutela del verde pubblico e come momento di socializzazione. Dal 2012 a oggi sono stati attivati 27 orti coltivati da più di 250 persone». Chi volesse avvicinarsi a questa nuova comunità di contadini urbani e ottenere tutte le informazioni del caso può presentarsi direttamente agli incontri o scrivere a orticomuni.trieste@gmail.com. Altre informazioni su http://urbiethorti.wordpress.com o sul profilo Facebook. Per agevolare gli interessati e fornire tutte le informazioni per adottare un orto o uno spazio verde è stato attivato anche uno Sportello ambiente al Multicultura center di via XXX Ottobre 8/A aperto il lunedì, martedì, giovedì e venerdì dalle 16.30 alle 19, e il mercoledì e sabato dalle 11 alle 13.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 12 marzo 2015

 

 

Ferriera, resa dei conti in maggioranza

Il gruppo di Sel voterà la petizione popolare per la chiusura dell’area a caldo. Stasera il “verdetto” in Consiglio comunale
L’area a caldo della Ferriera di Servola spacca la sinistra triestine e rischia di fondere la maggioranza di governo. Altro che la ghisa calda. L’ennesimo psicodramma del centrosinistra andrà in scena questa sera in Consiglio comunale, ore 18.30. Sulla petizione proposta da Nevio Tul (firmata a altri 250 abitanti del rione di Servola) che chiede la chiusura dell’area a caldo, si terra la resa dei conti tante volte rinviata. Tutto ruota attorno al programma della giunta di Roberto Cosolini che prevedeva la chiusura “senza se e senza ma” dell’area a caldo. Il gruppo di Sel, capitanato da Marino Sossi, chiede l’applicazione alla lettera del programma e quindi di votare a favore della petizione assieme al centrodestra che, con i grillini, si annuncia compatto. Il che vorrebbe dire per Sel porsi fuori dalla maggioranza e spaccare a metà esatta il consiglio comunale di Trieste: venti contro venti (sindaco escluso). E il rischio per il centrosinistra, nel caso di qualche defezione, di andare pure sotto. I dubbi esistenziali di Sel, sospesa a livello regionale tra l’opposizione e la resa al Pd, sono lo specchio di una sinistra confusa. «Dopo aver ampiamente discusso il coordinamento di Sel di Trieste ha confermato la propria partecipazione all’alleanza del centrosinistra e ha ribadito le posizioni già espresse rispetto al parere favorevole al Piano Arvedi pur chiedendo la chiusura progressiva dell’area a caldo in accordo con la proprietà» detta la linea Sabrina Morena, la coordinatrice “spaesata” di Sel che tenta nell’impresa di salvare capra e cavoli. «Sel ha tuttavia chiesto ai propri consiglieri che si esprimeranno in Comune circa la petizione avanzata dai cittadini di Servola di distinguersi dall’eventuale voto delle forze del centrodestra». Un capolavoro di ambiguità «Questo non era patti. - sbotta il capogruppo Sossi -. Ma quali distinguo? Noi votiamo compattamente la petizione popolare. Non ci sono vie di mezzo. Al massimo faremo una dichiarazione. Io non vado contro i cittadini» La petizioni, del resto, è perfetta in linea con il programma dell’amministrazione. Ed è facile ricordare una pagina del Piccolo del 28 agosto 2012 quando persino il sindaco Roberto Cosolini affermava in coppia con la forzista Sandra Savino: «Con questi impianti impossibile una siderurgia pulita». E l’uscita della maggioranza di Sel? «Faremo un’assemblea» anticipa Sossi che raccoglie la solidarietà di Jacopo Venier dei Comunisti italiani: «A suo tempo dissi addirittura che “votavo Roberto Cosolini senza turarmi il naso”. Nella mia vita politica ho fatto tanti errori e questo non è certo il più grave ma il “nostro” sindaco mi ha profondamente deluso. Agli errori però si deve sempre cercare di rimediare. Per questo ti appoggio e spero che si riesca a “cambiare verso” visto che l’amministrazione è ormai nelle mani di Franco Bandelli e Roberto Antonione». La Federazione della sinistra (Prc e Pdci) di Trieste non segue Venier e lascia sola Sel. «Noi voteremo contro la petizione popolare sull’area caldo della Ferriera - spiega Itzok Furlanic, presidente del Consiglio comunale - L’area a caldo andava chiusa dieci anni fa quando inquinava. Ora c’è un imprenditore che vuole limitare l’inquinamento. Rinunciare a priori in questo momento a centinaia posti di lavoro non mi sembra una scelta giusta. Il programma è del 2011 quando c’era una situazione del tutto diversa». Una sinistra operaista. Non c’è il rischio di elezioni anticipate, ma solo perché la petizioni popolare sull’area a caldo arria in Consiglio a marzo inoltrato. «Un film già visto. Approfittando del traino Renzi/Serracchiani, che oggi c’è e tra un anno vai a sapere, e del centrodestra in cerca di un candidato unico, l’occasione offerta da Sel è ghiotta, tanto più se ci sono da imbarcare ex coordinatori nazionali di Fi (Antonione, ndr) e commensali vari (Bandelli, ndr)» butta lì Fabio Omero, l’ex assessore fuoriuscito dal Pd, citando la maggioranza della jota e ricordando quando nel febbraio 1992 Riccardo Illy si dimise nella notte prendendo tutti in contropiede e anticipando il voto di sei mesi: fu così che vinse le elezioni e si aggiudicò il secondo mandato. Ma ora le dimissioni del sindaco porterebbero dritte al commissario: dovevano essere date entro il 24 febbraio. «Io sono abituato a portare a termine le cose» assicura Cosolini. Ma non è stato mai davvero tentato dalle elezioni anticipate? Non ci ha mai pensato? «Questo non lo posso dire» ammette il sindaco. Di occasioni perdute è lastricata la politica.

Fabio Dorigo

 

Gruppo Arvedi - «Sforamenti nelle emissioni Solo undici casi in due mesi»
No a strumentalizzazioni sui dati della qualità dell’aria nel rione di Servola.

Il monito arriva dal Gruppo Arvedi che, ribadendo l’impegno a sviluppare al più presto un progetto per durre al minimo le criticità ambientali, ridimensiona gli allarmi circolati recentemente tra i cittadini. In particolare, precisa Arvedi, vanno chiariti i numeri riferiti alle rilevazioni della centralina dell’Arpa di San Lorenzo in Selva. «Gli “sforamenti” realmente registrati negli ultimi due mesi - precisa una nota del Gruppo, riferendo dati ufficiali della stessa Agenzia per l’ambiente - sono stati 11 e non 26, come riferito da qualcuno. Nel prendere atto comunque e con estrema responsabilità della situazione, si fa notare che se per il medesimo periodo di riferimento si estende l'analisi degli sforamenti (di Pm10) a tutte le centraline del Comune e della provincia di Trieste, si osserva una sostanziale omogeneità dei risultati. Valutando complessivamente i dati raccolti dalle centraline e verificando anche quanto emerso dai rilevamenti delle diverse stazioni di controllo posizionate anche in luoghi significativamente lontani dalla Ferriera, quindi, lo scostamento è insignificante. E il quadro complessivo, come indicano gli esperti - conclude Arvedi - è riconducibile a particolari condizioni meteo climatiche (e di tipo episodico)».

 

Provincia «Altoforno da chiudere dopo una fase transitoria»
«La Provincia di Trieste sosterrà nelle sedi competenti che il periodo transitorio di continuità del piano Arvedi per la Ferriera preveda, a regime, un suo effettivo superamento con una riconversione industriale e logistica, comunque ecosostenibile, coerente con le linee di sviluppo che le istituzioni hanno da tempo individuato per questo territorio nei settori turismo, portualità, ricerca scientifica ed industria ecocompatibile».

È questo il principale impegno contenuto nella mozione del capo gruppo Pdl Claudio Grizon, sottoscritta anche dai consiglieri Massimo Romita, Paniela Pallotta (Pdl), Giorgio Rossi (Lista Dipiazza) e Giorgio Ret, che è stata fatta propria dalla giunta provinciale di Maria Teresa Bassa Poropat nell’ultima seduta del consiglio. «Pur precisando che il piano Arvedi prevede in questa fase iniziale il mantenimento dell’area a caldo, in attesa di verificare l’efficacia degli investimenti previsti per nuovi filtri sulle immissioni in atmosfera, l’assessore all’ambiente Vittorio Zollia ha comunque accolto la nostra mozione – sottolinea Grizon – e anche se questa fase transitoria ci preoccupa, in quanto noi vogliamo la chiusura dell’area a caldo, lo consideriamo un fatto positivo».

 

 

Venezia, navi bianche nel canale Contorta: «Integrato il progetto, ora Roma risponda»

Venezia prosegue nel percorso studiato per evitare il passaggio delle grandi navi da crociera davanti a San Marco.

L’Autorità portuale della laguna ha inviato alla Commissione di Valutazione di impatto ambientale la documentazione utile «a soddisfare tutti i chiarimenti richiesti» sul progetto di “Adeguamento via acquea di accesso alla stazione marittima di Venezia e riqualificazione delle aree limitrofe al Canale Contorta Sant'Angelo”. Il presidente dell’Authority Paolo Costa, annotando la valenza anche naturalistica del piano, attende ora la risposta della Commissione. E «mi auguro - sottolinea Costa - che vengano rispettati i tempi previsti dalla legge e che la risposta arrivi entro il 10 aprile (30 giorni) in modo tale da evitare che il perdurare dell’incertezza peggiori ulteriormente la situazione che ha visto il contrarsi del 14% il livello di attività crocieristica a Venezia e la perdita di 594 occupati, per contare solo quelli diretti». (nella foto, una nave da crociera a Venezia)

 

 

Acegas-APS - Nasce la “casa” delle auto elettriche

Verrà inaugurata domani alle 11, in piazzale Straulino e Rode, la prima stazione di ricarica per auto elettriche della città realizzata da AcegasAps.

L’iniziativa rientra nel progetto di Hera sulla mobilità elettrica, già testato con successo nell'ambito del Gruppo Hera. Il progetto rientra negli obiettivi che muovono l’amministrazione comunale per quanto riguarda sia lo sviluppo della mobilità sostenibile, sia l’attuazione delle misure contenute nel Piano di azione per l'Energia Sostenibile - PAES, volto a ridurre le emissioni di CO2, favorendo l'uso di veicoli elettrici.

 

 

Ambiente - Il ddl sulle acque approda in commissione

Arriveranno in commissione giovedì e lunedì prossimi il disegno di legge in materia di difesa del suolo e utilizzo delle acque, di iniziativa dell'assessora Sara Vito, e l'abbinata proposta dei consiglieri Colautti e Cargnelutti (Ncd) sulla geotermia.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 11 marzo 2015

 

 

Porto Vecchio, sdemanializzazione al via

Domani il primo incontro per definire le aree che “torneranno” alla città. Subito dopo lo spostamento del Punto Franco
Fino a dove potrà spingersi Trieste dentro l’ormai ex Porto Vecchio e quale porzione dell’area dovrà invece restare al Demanio marittimo dello Stato? Lo si capirà già domani in occasione del primo incontro che dà ufficialmente il via all’iter per la sdemanializzazione. In municipio un delegato della Direzione generale romana dell’Agenzia del Demanio e i rappresentanti territoriali della stessa Agenzia si metteranno attorno a un tavolo con il sindaco Roberto Cosolini e il commissario dell’Autorità portuale Zeno D’Agostino. Obiettivo, tracciare appunto i nuovi confini dopo la caduta, ancora solo virtuale ma a breve concreta, del muro che da decenni ha trasformato la parte antica dello scalo in un deserto divorato dai topi e dagli sterpi nonostante l’inestimabile valore strategico dell’area dal punto di vista paesaggistico e urbanistico. Dei tre commi che il 19 dicembre, con il blitz del senatore del Pd Francesco Russo sono stati aggiunti all’articolo 272 dela Legge di stabilità, il secondo afferma: «In conseguenza dei sopracitati provvedimenti (lo spostamento del Punto franco, ndr.), le aree, le costruzioni e le altre opere appartenenti al Demanio marittimo comprese nel confine della circoscrizione portuale, escluse le banchine, l'Adriaterminal e la fascia costiera del Porto Vecchio, sono sdemanializzate e assegnate al patrimonio disponibile del Comune di Trieste per essere destinate alle finalità previste dagli strumenti urbanistici. Il Comune di Trieste aliena, nel rispetto della legislazione nazionale ed europea in materia, le aree e gli immobili sdemanializzati e i relativi introiti sono trasferiti all'Autorità portuale per gli interventi di infrastrutturazione del Porto Nuovo e delle nuove aree destinate al regime internazionale di Punto Franco. Sono fatti salvi i diritti e gli obblighi derivanti dai contratti di concessione di durata superiore a quattro anni in vigore, che sono convertiti, per la porzione di aree relative, in diritto di uso in favore del concessionario per la durata residua della concessione. Il presidente dell'Autorità portuale, d'intesa con il presidente della Regione e con il sindaco delimita le aree che restano vincolate al Demanio marittimo». Resta evidentemente valida la concessione novantennale dei primi cinque magazzini e delle aree attigue alla Greensisam di Pierluigi Maneschi che però sta trattando la cessione della maggioranza della società a un gruppo europeo, sembra tedesco, mentre l’unica manifestazione d’interesse avanzata in base alla’avviso dell’anno scorso dell’Authority, di una certa consistenza è quella di Fincantieri per un porto turistico. Il sindaco riferisce anche che a breve, forse già la prossima settimana, vi sarà un incontro tra lo stesso Cosolini, il commissario D’Agostino e la governatrice Debora Serracchiani per scegliere le aree (compito che spetterà in particolare a D’Agostino dopo aver sentito gli operatori) dove chiedere poi al prefetto di spostare il Punto franco. Una delle possibili localizzazioni, quella dell’Interporto di Fernetti, sembra essere caduta proprio in questi ultimi mesi perché secondo lo stesso presidente Giacomo Borruso, lì un’area franca creerebbe più ostacoli che benefici. Restano in piedi la zona della stazione di Prosecco acquisita recentemente dall’Autorità portuale e soprattutto ampi settori del Porto Nuovo: la banchina della Ferriera, la futura Piattaforma logistica, il futuro Terminal traghetti all’ex Aquila. «Prossimamente all’interno del Comune - annuncia ancora Cosolini - creeremo anche una struttura ad hoc per seguire passo dopo passo l’iter di sdemanializzazione». Secondo il senatore Russo a presiedere alla sdemanializzazione dovrà essere una società pubblica composta da Comune, Regione e forse Ministero dell’Economia e delle finanze con la partecipazione anche di un rappresentante dell’Autorità nazionale anticorruzione affinché il processo si svolga nella massima trasparenza».

Silvio Maranzana

 

 

“Conta” sulla Ferriera - I tre di Sel compatti - verso il consiglio

Maggioranza in bilico L’assemblea rischia di uscire spaccata esattamente a metà -
Si va posizionando sulla linea del capogruppo Marino Sossi l’atteggiamento che Sinistra Ecologia e Libertà terrà domani sera quando il Consiglio comunale verrà chiamato a esprimersi sulla petizione proposta da Nevio Tul e firmata da altri 250 abitanti del rione che chiede la chiusura dell’area a caldo. Sel, che ha tre rappresentanti in Consiglio (oltre a Sossi anche Daniela Gerin e Mario Reali), pare intenzionata a votare in blocco a favore della petizione andando in questo modo a rimpinguare il numero dei sì su cui confluirà in massa l’opposizione di centrodestra. Il Consiglio potrebbe ritrovarsi spaccato pressoché esattamente a metà con il rischio addirittura che il governo della città venga messo in minoranza su un tema cruciale di questi anni. La linea della giunta Cosolini infatti è quella di concedere credito al Piano di Giovanni Arvedi e, se funzioneranno gli impianti progettati per il contenimento delle emissioni, di non interferire sulla prosecuzione dell’attività di altoforno e cokeria pur con un monitoraggio costante affinché sia garantito il rispetto delle prescrizioni che saranno contenute nell’Autorizzazione integrata ambientale. Le nuove strutture cattura-emissioni però non sono ancora operative e i livelli di “inquinamento” registrati dalle centraline in questi ultimi mesi, dopo la vendita dello stabilimento al Gruppo di Cremona, come evidenziato ieri dallo stesso assessore comunale all’Ambiente Umberto Laureni, sarebbero tutt’altro che tranquillizzanti. «Voterò a favore della petizione degli abitanti di Servola - ha annunciato ieri senza remore Daniela Gerin - anche se sono convinta che Sel non debba uscire dalla maggioranza. Mi trovo sulle posizioni che il mio capogruppo Marino Sossi espone talvolta con eccessiva esuberanza. Sono però anch’io convinta che bisogna arrivare a una chiusura graduale e concordata dell’area a caldo dello stabilimento di Servola perché gli impianti anche se rattoppati sono talmente vetusti e superati che non possono non inquinare. Le stesse spiagazioni fornite in Consiglio comunale dalla responsabile ambientale del Gruppo Arvedi, pur estremamente tecniche, non mi hanno convinta. Non credo che un impianto di 4 milioni come quello che è stato annunciato possa risolvere i problemi. Non per questo intendo diventare un’oppositrice del sindaco Cosolini, gli chiedo soltanto maggiore fermezza dei confronti del cavalier Arvedi del cui arrivo comunque non possiamo non dirci contenti». «È vero - aggiunge Mario Reali - ho inviato una nota annunciando che non intendo uscire dalla maggioranza. Sulla Ferriera c’era un progetto di riconversione e la questione ambientale è estremamente delicata. Sto preparando un intervento scritto, prima non dico nulla sul mio voto». «Alla fine dei conti si è capito - ha tirato le somme Sossi - che saremo gli unici a restare in maggioranza perché perseguiamo ciò che prevede lo stesso programma del sindaco. Tutto il resto del centrosinstra, a quanto sembra, invece uscirà dalla maggioranza».

(s.m.)

 

 

Serracchiani e D’Agostino in Capitaneria - Confronto sulle questioni aperte
Le questioni legate allo sviluppo del porto sono state approfondite in un incontro che la presidente della Regione Debora Serracchiani e il commissario dell’Autorità portuale Zeno D’Agostino hanno avuto in Capitaneria di porto con il comandante Goffredo Bon.

È stato fatto il punto sulle competenze della Direzione marittima riguardo l'iter autorizzativo per il rigassificatore, in merito al quale Regione e Authority hanno riconfermato gli elementi che rendono incompatibile la presenza di questa infrastruttura nel golfo per quanto riguarda le interferenze con i flussi di traffico, la traiettoria del gasdotto Snam e le criticità per la manovra delle navi. Il comandante Bon ha assicurato che riserverà un'attenzione supplementare al rigassificatore, anche alla luce di nuovi elementi. Si è parlato anche degli accorgimenti tecnici che permetteranno l'attracco in sicurezza delle grandi navi da crociera. Bon ha assicurato piena collaborazione della Capitaneria per ridisegnare il perimetro del Demanio marittimo dopo la decisione di sdemanializzare l'area del Porto Vecchio.

 

La Provincia torna a bocciare il rigassificatore
Il Consiglio vota compatto una mozione bipartisan: «Incompatibile con ambiente e traffico marittimo»
Un no secco, pronunciato unanimemente da maggioranza e opposizione. Dopo il “niet” del Consiglio comunale, infatti, è toccato ai consiglieri di Palazzo Galatti pronunciarsi nuovamente in merito alla costruzione dell’impianto di rigassificazione proposto da Gas Natural. La mozione che ha impegnato i consiglieri provinciali è stata presentata dal democrat Salvatore Dore, sulla base del testo votato a fine febbraio in Comune, ed è stata integrata dal capogruppo del Pdl Claudio Grizon e dall’assessore all’Ambiente Vittorio Zollia. «Il Consiglio provinciale di Trieste – si legge nella nota – ha rinnovato all’unanimità la propria contrarietà al rigassificatore e a ogni altro impianto simile che si volesse realizzare nell’ambito del territorio provinciale, o nelle sue immediate vicinanze, impegnando in questo senso la presidente Maria Teresa Bassa Poropat». Che il ministero dell’Ambiente se ne faccia una ragione, sembra di poter leggere tra le righe della mozione bipartisan: l’idea che da queste parti si costruisca un terminal di rigassificazione non trova consensi fra i triestini. Anche sul versante politico, però, non si segnalano crepe e il fronte dei contrari appare sempre più compatto. «Non mi spiego la riesumazione di questo progetto – commenta l’assessore Zollia – e per questo motivo ci stiamo riservando di valutare la situazione dal punto di vista giuridico». Un anno fa l’ipotesi di costruire l’impianto di Zaule sembrava avere le ore contate, a seguito dell’annunciata revoca della Via, la valutazione di impatto ambientale, in precedenza adottata. A dodici mesi di distanza, invece, il ministero dell’Ambiente sembra intenzionato a compiere una brusca marcia indietro, non ritenendo incompatibile il rigassificatore di Trieste con il nuovo Piano regolatore portuale. Anche i più accesi contestatori di questo genere di politiche energetiche avevano sistemato il guanciale, rasserenati dall’allontanarsi all’orizzonte della multinazionale spagnola. «Eppure non è più concesso a nessuno di dormire sonni tranquilli», ribadisce preoccupato Zollia. «L’iter amministrativo relativo al progetto di Gas Natural – sottolinea l’assessore - ha evidenziato con chiarezza, al di là di rilevanti vizi procedurali, le conseguenze che il territorio provinciale potrebbe subire se l’impianto venisse realizzato, per quanto attiene la sicurezza, l’incompatibilità con le varie attività portuali presenti, con le concessioni assegnate e con i programmi di sviluppo definiti dal Piano regolatore del porto». Come portare a casa una partita che sembra giocarsi tutta sull’asse Trieste-Roma? Il Consiglio provinciale prova a tirare per la giacca Zeno D’Agostino, fresco di nomina alla guida dell’Autorità portuale: «Chiediamo che trasmetta ai ministeri competenti – così la mozione – i dati e le proiezioni dei transiti marittimi nel Golfo di Trieste, in modo da dimostrare la conflittualità operativa e il superamento dei limiti di sicurezza che potrebbero sopravvenire se fosse realizzato l’impianto».

Luca Saviano

 

 

In vendita un ex sito militare a Muggia
Trattative tra Demanio e privati per cedere il complesso adibito a deposito di idrocarburi. Prodani interroga il governo
MUGGIA Un complesso militare adibito a deposito di idrocarburi, pronto per essere acquistato da un privato. Accade a Muggia, e più esattamente sulla collina conosciuta come Monte San Giovanni. A svelare il caso l’ex deputato M5S, Aris Prodani, che ha presentato un’interrogazione ai ministri di Difesa e Ambiente per denunciare i rischi che una simile operazione potrebbe produrre sulla sicurezza dei residenti. Il complesso in questione, che si trova sulla sommità del rilievo, a lato di via Raffineria, è stato realizzato durante la Seconda Guerra mondiale e utilizzato fino al 1957. Il manufatto bellico è composto da diverse cisterne sotterranee adibite a deposito di idrocarburi e collegate da un sistema di corridoi. Tre le vie di accesso esistenti, la principale protetta da una cupola paraschegge in cemento armato visibile anche dall'esterno. Il volume indicativo del complesso è di 430 metri cubi. Ma quel che preoccupa maggiormente è che una condotta interrata della lunghezza di un chilometro circa collegava il sito con la raffineria “Aquila”, attiva fino al 1987. Condotta che non appare mappata nelle cartografie, né presa in carico o monitorata dagli enti preposti: di fatto le sue condizioni sono attualmente sconosciute. Di qui l’allarme lanciato da Prodani dopo aver saputo che un soggetto privato sta trattando con il Demanio militare per ottenere il complesso. «L'area appartiene al Demanio dello Stato - Ramo Guerra, anche se dal 2014 risulta essere in corso un’istruttoria d’intavolazione a favore di un soggetto privato - afferma il parlamentare -. Desta preoccupazione tale operazione visto un soggetto privato non pare assolutamente essere in grado di poter fornire alla collettività le necessarie garanzie d'intervento in caso di sinistro e la solidità finanziaria per farsi carico della successiva messa in sicurezza definitiva, ovvero inertizzazione e riempimento, del complesso militare». Prodani ha dunque presentato una interrogazione a risposta scritta ai ministri della Difesa, dell'Ambiente e della Tutela del territorio e del mare. Anche perché la situazione pare non essere affatto sotto controllo. «Mi sono giunte numerose segnalazioni sulla potenziale pericolosità del sito, che sembrerebbe non essere mai stato sottoposto a verifiche dagli enti preposti e a una messa in sicurezza con successiva bonifica ed inertizzazione definitive - racconta Prodani -. L’ubicazione stessa dell’installazione, ricavata in cima alla collina e ricoperta da materiale di riporto, rappresenta una fonte di preoccupazione in quanto l’eventuale collasso di qualche cisterna potrebbe rendere instabile il versante con rischio evidente di discesa verso la zona abitata. E lo stesso vale anche per eventuali operazioni di inertizzazione ovvero di riempimento delle cisterne bonificate con inerti il cui peso potrebbe innescare cedimenti su strutture di tale vetustà con le temute imprevedibili conseguenze statiche in assenza di preventive verifiche». Da non sottovalutare poi l’eventuale fuoriuscita di idrocarburi dalle cisterne sotterranee che evidentemente potrebbe avere delle ripercussioni qualora dovessero raggiungere le vicine falde acquifere. «Un rischio - secondo Prodani - che potrebbe essersi già verificato visto lo stato di abbandono dei serbatoi». Solo poche settimane fa Prodani aveva redatto un esposto alla Procura su un’altra rete sotterranea di depositi militari di combustibili presenti sotto le colline di Monte D'Oro. Costruiti negli anni Quaranta i depositi comprendono una ventina di cisterne, gallerie blindate, condutture interrate o mimetizzate in superficie. Manufatti appartenenti a una storia sommersa che ora stanno prepotentemente tornando allo scoperto.

Riccardo Tosques

 

Via libera alla Riserva delle Falesie di Duino - Affondo di Romita contro la giunta Kukanja

«Nessun cedimento sul no al regolamento delle Falesie». Il capogruppo Pdl in Consiglio comunale di Duino, Massimo Romita, tira dritto e ribadisce ancora una volta la contrarietà all’istituzione della nuova Riserva immaginata dall’amministrazione Kukanja.

«Un’amministrazione - attacca Romita - che ha sempre dichiarato a parole di voler percorrere la strada della condivisione, tanto da scegliere come motto “Da Comune a Comunità”. Il caso del regolamento, invece, dimostra il contrario. In sede di votazione in aula, abbiamo cercato di dare un contributo migliorativo a questo testo disastroso, ma i nostri emendamenti sono stati accettati solo in parte. Resta quindi una forte preoccupazione, nostra e degli 800 cittadini firmatari della petizione della Comunella, circa la futura incerta gestione della Riserva. Da parte nostra quindi - conclude - non siamo più disposti a firmare cambiali in bianco ad un’amministrazione che non sa più parlare con il territorio».

 

 

SEGNALAZIONI - Traffico - La pedonalizzazione di via Mazzini

Vorrei ringraziare la signora Giuliana Bressan per la sua nota che mi dà l’opportunità di evidenziare alcuni aspetti legati alla sperimentazione in atto relativa alla pedonalizzazione di via Mazzini e via Imbriani nelle giornate di sabato e domenica, attiva già da diversi mesi.

Quello che mi preme sottolineare innanzitutto è che l’amministrazione comunale ha scelto di procedere a tale sperimentazione con il preciso scopo di verificare l’indice di gradimento da parte dell’utenza, verificare l’efficacia dei provvedimenti in linea di viabilità adottati ed evidenziare aspetti problematici e criticità in modo tale da adottare i provvedimenti correttivi laddove necessari. Il tutto affiancato da un percorso di dialogo e di confronto continuo con gli altri “attori” coinvolti, Provincia di Trieste e Trieste Trasporti in primis. Si è scelto di avviare tale sperimentazione proprio il sabato e la domenica, quando i livelli di traffico sono inferiori rispetto agli altri giorni della settimana, per agire con gradualità, lasciando sia al sistema del trasporto (pubblico e privato) sia ai cittadini il tempo necessario per assestarsi e abituarsi alle modifiche. L’amministrazione è ovviamente ben consapevole del fatto che la sperimentazione maggiormente significativa sarà quella, attualmente allo studio da parte del Comune, di concerto con Provincia e Trieste Trasporti, prevista per il prossimo futuro in maniera continuativa sette giorni su sette. Allo stato attuale si sta lavorando proprio per rendere attuabile tale sperimentazione, nell’ottica di rispondere in maniera adeguata alle questioni evidenziate dalla signora Bressan nella sua nota: l’eventuale perdita degli snodi di piazza Goldoni e di piazza della Repubblica, nonché l’accesso da parte delle persone disabili alla nuova area pedonale di via Mazzini. Gli uffici sono infatti impegnati nelle valutazioni tecniche atte a mantenere il nodo di interscambio di piazza Goldoni per la linea 9 (che nei giorni di sperimentazione al sabato e alla domenica non vi transita in discesa), nonché nella previsione di una deroga per consentire il transito in via Mazzini ai taxi che trasportano persone disabili. Al contempo stiamo valutando le modalità con cui risolvere le problematiche evidenziate relativamente alle attività di carico e scarico che, chiaramente, non potranno riversarsi su corso Italia, ma che in determinate fasce orarie dovranno poter permanere lungo le vie Imbriani e Mazzini. Di questo aspetto, in particolare, parleremo tra qualche giorno con le categorie economiche direttamente interessate. Al riguardo, mi preme anche sottolineare che, a fronte dei due commercianti che sul Piccolo si sono espressi a sfavore (uno dei quali ha la propria attività nel tratto di via Mazzini non interessato dai provvedimenti in questione), ho ricevuto corpose raccolte di firme di chi invece è “pro” i provvedimenti in atto, e anzi chiede una velocizzazione della loro entrata a regime. Tutto questo per dire che si sta facendo un lavoro serio e scrupoloso, proprio per riuscire a mediare tra tante e diverse richieste. A rincuorarci è il numero crescente di persone che usa queste strade e che ormai, almeno nei fine settimana, dimostra di apprezzare la possibilità di camminare in sicurezza, lontano dal rumore e dallo smog.

Elena Marchigiani assessore comunale alla Mobilità e traffico

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 10 marzo 2015

 

 

SEGNALAZIONI - RIGASSIFICATORE - Annulliamo il decreto

Sospensione, revoca, annullamento non sono sinonimi.

Sul rigassificatore proposto a Zaule da Gas Natural nel 2006 sono stati scritti numerosi documenti di contrarietà da parte di comitati e associazioni ambientaliste, pubblicati inserti articolati sul mensile Konrad, si sono registrate prese di posizione di enti e istituzioni, interventi di autorevoli rappresentanti di istituzioni scientifiche, il tavolo Tecnico rigassificatore Trieste ha elaborato precisi e dettagliati studi, sono stati presentati ricorsi al Tar da parte di Legambiente e Wwf oltre che da altre associazioni e enti locali, l’Autorità portuale di Trieste ha presentato un lungo documento per dimostrare come l’impianto di gnl sia incompatibile con lo sviluppo dei traffici portuali. Ma il decreto di compatibilità ambientale del 17/07/2009 del ministero dell’Ambiente è un ostacolo difficile da superare, documento che è stato scritto come conclusione della valutazione favorevole espressa dalla Commissione Via-Vas del ministero. La sospensione del decreto 2009, decretata il 18/04/2013, in attesa di un nuovo sito proposto dal proponente e del documento dell’Autorità portuale sull’incremento dei traffici portuali (in particolare sull’aumento della movimentazione della Siot), doveva essere seguita da un decreto di revoca, mai emanato. In compenso ora arriva una comunicazione da parte di Minambiente (e cioè Galletti) in cui si ritengono deboli le motivazioni dell’Autorità portuale. È chiaro ormai che per chiudere la vicenda (a meno che Gas Natural non rinunci spontaneamente) è necessaria o la revoca del provvedimento di Via per ragioni sopravvenute di pubblico interesse (che stando alle premesse del decreto ci sono tutte), ma che comporterebbe l’obbligo di indennizzo a favore di Gas Natural, o un annullamento d’ufficio, che potrebbe basarsi sui motivi di illegittimità invocati nei vari ricorsi al Tar del Lazio e che non avrebbe come conseguenza l’obbligo di indennizzo. Quindi è necessario che la Regione, rappresentata dalla sua presidente Debora Serracchiani, supportata dai rappresentanti degli enti locali del nostro territorio dimostrino assieme il loro effettivo intendimento di chiudere con il progetto Gas Natural chiedendo al ministro Galletti di emanare un decreto non di revoca, ma di annullamento del decreto 17/07/2009.

Circolo Verdeazzurro Legambiente di Trieste

 

 

La maggioranza “balla” sulla Ferriera
Giovedì in aula, su richiesta di Bandelli, la petizione sull’area a caldo. Sossi: «Voteremo sì». Cosolini: «Nessun timore»
Può un pensionato di 74 anni che non si è mai occupato di politica far cadere la giunta Cosolini? Forse no, ma potrebbe andarci vicino, Nevio Tul servolano promotore e primo firmatario della petizione per la chiusura dell’area a caldo della Ferriera che giovedì sera verrà messa ai voti in Consiglio comunale. Sulla questione il partito di Sinistra Ecologià e Libertà, che pure fa parte della maggioranza, è spaccato in più pezzi, ma il gruppo consiliare composto da tre rappresentanti (Marino Sossi, Mario Reali e Daniela Gerin) già per due volte ha presentato mozioni contrapposte al resto del centrosinistra. Sossi, che è capogruppo, nonostante le lavate di capo subite da alcuni rappresentanti del suo partito, a incominciare dal capogruppo in Regione, Giulio Lauri, lo ha ripetuto nuovamente ieri pomeriggio: «Sono convinto che voteremo tutti e tre a favore della petizione. Siamo per la chiusura graduale, ma comunque per la chiusura programmata a breve anche perché per farlo questa è un’occasione irripetibile dato che il core business dell’operazione Arvedi è costituito non dalla ghisa, ma dalla banchina e dal laminatoio a freddo». Sossi però rivela anche che oggi si riunirà la segreteria provinciale di Sel che sull’argomento Ferriera chiederà un pronunciamento ufficiale da parte dell’assemblea del partito che però non avverrà certamente entro giovedì. Secondo il capogruppo in Comune però non ci sono dubbi sull’interpretazione che ne uscirà. «In Comune siamo perfettamente in linea - afferma ancora Sossi - con quelle che sono state le indicazioni da parte del responsabile nazionale di Sel per le politiche ambientali, Marco Furfaro». «Lunedì scorso in occasione della presentazione delle mozioni siamo usciti dall’aula perché gli stessi documenti erano già stati presentati tre mesi fa ed eravamo di fronte a un assurdo balletto. Stavolta però il discorso è diverso - minaccia Everest Bertoli, capogruppo di Forza Italia - tutto il centrodestra voterà a favore della petizione perché la salute di migliaia di persone non si baratta nemmeno con 300 posti di lavoro. Il sindaco dovrà prendere atto che la pensa così anche una parte della sua maggioranza e di conseguenza sarà costretto a dare le dimissioni». Se Sel voterà con l’opposizione e quest’ultima rimarrà compattamente tale, il Consiglio risulterà esattamente spaccato a metà: 20 contro 20, escluso però il voto dello stesso sindaco. Spezzoni di soccorso potrebbero arrivare dal Gruppo misto, difficilmente invece Un’Altra Trieste stavolta farà da stampella o protesi alla giunta Cosolini. È stato lo stesso Franco Bandelli, capogruppo del movimento, a buttare il tizzone ardente dentro la maggioranza ieri mattina alla Conferenza dei capigruppo allorché ha proposto che la petizione di Tul sia al centro di una seduta del Consiglio già giovedì alle 18.30. Proposta del resto accettata dagli altri capigruppo. «È ora di finirla con le ambiguità, di continuare a fare il gioco delle tre carte, tutti i partiti devono venire allo scoperto - proclama Bandelli - fanno gli operaisti davanti ai sindacati e gli ambientalisti dinanzi ai comitati dei cittadini. La patata bollente è in mano alla maggioranza, si arrangi. Non so come voterà Un’Altra Trieste sulla petizione, di certo il problema ambientale è grave e noi non siamo a favore dell’area a caldo. Se fra tre, massimo sei mesi l’inquinamento continuerà, bisognerà chiuderla: questo è pacifico». Marco Toncelli che in Consiglio guida un gruppone di ben 15 consiglieri del Pd non si scompone troppo. «Mario Reali di Sel - rivela - ha appena mandato una nota a tutti i componenti della maggioranza sottolineando che non intende uscirne. Quella di Sossi è una posizione isolata. Noi del Pd siamo compattamente allineati e coperti dietro il sindaco Cosolini per il rispetto dell’Accordo di programma con Arvedi, la Federazione della sinistra non ha alcun tentennamento e anche Un’Altra Trieste sulla questione Ferriera ha sempre fatto confluire i propri voti su queste tesi. Non vedo rischi». Liberare la Ferriera dal rischio chiusura, il Porto Vecchio dal Punto franco e il Porto nuovo da Marina Monassi sono le principali linee su cui si è mossa la giunta Cosolini negli ultimi due anni per cui la questione Servola è cruciale per la sua sopravvivenza fino a fine mandato. «Il suggerimento alle dimissioni che viene da Bertoli è talmente divertente che mi dispiacerà deluderlo - la replica ieri del sindaco Roberto Cosolini - la questione che riguarda la Ferriera è chiarissima: l’area a caldo rimarrà in funzione se non inquinerà, altrimenti chiuderà, come previsto dallo stesso Piano industriale di Arvedi. Tutto il resto è pura ideologia. L’assessore all’Ambiente Umberto Laureni (anch’egli di Sel, ndr.) è perfettamente d’accordo su questa linea. È normale che su qualche questione un rappresentante della maggioranza abbia idee diverse. Se ciò dovesse significare dimissioni, il mio predecessore (cioé Roberto Dipiazza, ndr.) avrebbe dovuto darle una decina di volte. Ma voglio tranquillizzare anche Sossi - ha concluso Cosolini - non permetterò che Arvedi faccia il sindaco, come invece lui insinua stia avvenendo, ma non permetterò che lo faccia nemmeno Valdi Catalano, l’unico all’interno di Sinistra ecologia e libertà che mi sembra spalleggiarlo in questa situazione».

Silvio Maranzana

 

 

Pendolari, il miracolo dei treni puntuali

L’esultanza sul blog: «Su cinquecento convogli monitorati in febbraio solo il 7% in ritardo di oltre 10 minuti»
TRIESTE Sorpresi, positivamente sorpresi, loro per primi. I pendolari sui treni regionali del Friuli Venezia Giulia esultano: dopo mesi di beffe e disagi, la situazione sui binari è mutata in meglio. Certo, il monitoraggio che restituisce il sorriso riguarda solo il mese di febbraio, è forse presto per consolidare certezze, ma la novità era così inattesa che fa esclamare: «Signori si cambia». I numeri della svolta? Sui 500 treni monitorati lungo la linea 15 Trieste-Cervignano-Udine-Tarvisio, si legge nel blog del comitato degli utenti, l’indice di disservizio (vale a dire soppressioni o ritardi superiori ai 10 minuti) è passato dall’11,16% di gennaio al 7,40% di febbraio (percentuale dimezzata rispetto al 14,34% del febbraio 2014), con conseguente miglioramento anche sul fronte della puntualità: il 93,53% dei treni è giunto al capolinea entro i 10 minuti di ritardo (90,94% a gennaio, 86,72% nel febbraio 2014) e l’88,68% lo ha fatto entro i 5 minuti (83,95% a gennaio), dato che rimane però ancora lontano dall’obiettivo contrattuale del 93,46%. Ci sono riscontri positivi anche sull’affidabilità del servizio. Sempre a febbraio sono state 5 le soppressioni rilevate, di cui 4 parziali con tragitti coperti con un trasporto sostitutivo via gomma. Nello stesso mese dell’anno prima si erano invece contate 6 soppressioni e addirittura 8 erano state quelle del febbraio 2013. In particolare il trend in positivo è stato più marcato nelle ultime due settimane del mese scorso: su 220 treni monitorati si è riscontrata una puntualità entro i 10 minuti pari al 95,39% e del 91,70% entro i 5 minuti. Poco a poco, in sostanza, ci si sta riavvicinando alla fotografia del 2013 quando l’indice di disservizio si attestò al 5,48%, con una puntualità entro i 10 minuti che toccava il 95,91%. «Forza, dai che è la volta buona», insistono i pendolari nell’ottimismo parlando di «primi risultati della rivoluzione di Trenitalia» nel momento in cui prendono atto che le cose sono cambiate proprio dopo l’incontro di fine gennaio promosso dall’assessore regionale alle Infrastrutture Mariagrazia Santoro con i vertici della società statale, presenti il direttore della Divisione passeggeri Orazio Iacono, la responsabile direzione Passeggeri per Fvg e Veneto Maria Annunziata Giaconia e il direttore commerciale e di esercizio di Rfi Giorgio Botti. «Dopo mesi e mesi di dati imbarazzanti – commentano dunque i pendolari – l’analisi dei parametri prestazionali di febbraio rileva un lieve miglioramento della puntualità e dell’affidabilità». Un report che per alcuni collegamenti (regionali 6015 e 6040) è «conseguenza dell’utilizzo di materiare rotabile più performante: medie distanze al posto delle vetuste e scassate Ale801». Ma anche la presenza quasi fissa di ispettori a bordo treno «pare uno strumento efficace a monitorare la qualità del servizio». Statistiche e considerazioni, fa sapere ancora il comitato anticipando buone notizie al momento anche per marzo («Sin qui unica giornataccia mercoledì 4»), sono stati inviati all’assessorato Santoro, all’Ufficio regionale mobilità, a Iacono e al neodirettore regionale Fvg di Trenitalia Simone Gorini. Proprio domani è prevista una nuova sessione del tavolo di lavoro Regione-Fs-pendolari che sarà anche l’occasione per la presentazione di Gorini ai rappresentanti dei passeggeri e per punto della situazione sul servizio. Nessun dubbio sulla necessità di un costante coinvolgimento dei pendolari. «C’è sempre stato e non mancherà in futuro e credo, del resto, che il lavoro fatto in questi mesi stia dando i suoi frutti», osserva Santoro. «Stiamo facendo un lavoro minuzioso di controllo su ogni singolo treno – aveva spiegato Gorini qualche giorno fa incontrando anche la presidente Debora Serracchiani – con la finalità di migliorare puntualità e comfort. Sappiamo che abbiamo una grossa responsabilità».

Marco Ballico

 

 

Piazza Ponterosso, parte la rivoluzione
Cantiere aperto entro la settimana. Da martedì 17 il mercato trasferito in piazza Sant’Antonio nell’area della fontana
Il conto alla rovescia è ormai agli sgoccioli. Il via alla riqualificazione di piazza Ponterosso - intervento del costo complessivo di un milione 865mila euro - verrà dato in settimana, giovedì o venerdì, con l’arrivo dei primi materiali per l’allestimento del cantiere. E lunedì prossimo partiranno i lavori veri e propri, la cui durata è stimata in 300 giorni. Domenica sarà quindi l’ultimo giorno in cui i venditori ambulanti opereranno sulla piazza. Da martedì 17 (lunedì il mercato non c’è) riprenderanno le loro attività nella vicina piazza Sant’Antonio, nei venti stalli già definiti nell’area attorno alla fontana. «Abbiamo fatto due incontri con i venditori ambulanti - specifica l’assessore allo Sviluppo e attività economiche, Edi Kraus - concordand il posizionamento dei singoli operatori durante l’intervento nella piazza. Quando i lavori saranno conclusi - aggiunge - è previsto il ritorno degli ambulanti nella piazza, ma prima di decidere definitivamente su questo aspetto dovremo valutare sia gli interessi degli operatori sia quelli dell’amministrazione comunale». L’associazione temporanea di imprese (Tda di Trieste, Icm di Ravascletto e Dolomiti Sport di Forni di Sopra), che a suo tempo si è aggiudicata la gara con un ribasso del 21,7%, ha previsto, come detto, il primo “colpo di piccone” per lunedì prossimo. «La fase iniziale - spiega l’assessore ai Lavori pubblici, Andrea Dapretto - consisterà nella rimozione dell’asfalto, per portare alla luce i vecchi masegni e poterne verificare la quantità e le condizioni. I masegni vecchi - rileva - saranno utilizzati per rivestire innanzitutto la parte della piazza dov’è situata la fontana “del Giovanìn”, integrandoli se del caso con quelli presenti nei depositi comunali. La Soprintendenza ha comunque prescritto, nel caso i vecchi masegni siano sufficienti, di utilizzare solamente questi per la pavimentazione dell’intera piazza». Dapretto sottolinea quindi che la posa di arenaria di “nuova estrazione” avverrà solo nel caso in cui la quantià dei vecchi masegni non dovesse risultare sufficiente. In quell’evenienza l’arenaria nuova verrà usata solo nella parte della piazza antistante la banca Bnl. Dai sondaggi fatti dai tecnici del Comune questa possibilità sembra abbastanza reale, considerato che la quantità di masegni coperta dall’asfalto non pare sufficiente a pavimentare l’intera area. Ma la certezza la si potrà avere solo dopo che tutto l’asfalto sarà stato rimosso, operazione che potrebbe essere completata nel giro di una settimana dall’avvio dei lavori, quindi prima della fine del mese. L’importante opera in piazza Ponterosso sarà affiancata a breve, com’è noto, dal rifacimento e dalla pedonalizzazione di via Trento e di Largo Panfili. Questo secondo cantiere, che assieme a quello di Ponterosso porterà a cambiare il volto di parte del Borgo Teresiano, partirà entro il mese. Il cantiere stesso - la cui durata è un po’ più lunga di quello di Ponterosso, 360 giorni - è già stato “consegnato” dai tecnici del Comune all’impresa Secis, ma i lavori non sono stati ancora avviati in conseguenza di lavori urgenti che l’AcegasApsAmga ha dovuto effettuare su una condotta all’inzio di via Trento, nei pressi del Canale. Fra la cinquantina di posti auto che spariranno da piazza Ponterosso e quelli che verranno eliminati in via Trento, non saranno pochi i parcheggi sacrificati sull’altare della pedonalizzazione (che peraltro ha già cambiato, in positivo, sia il volto sia le attività economiche di diverse strade del centro) e della pista ciclabile prevista in via Trento. Va notato in proposito che gli stalli che verranno eliminati sono tutti a pagamento. Non molto lontano, osserva l’assessore Dapretto, c’è «il park del Silos che è utilizzato solo per il 21% della sua capacità...».

Giuseppe Palladini

 

L’apprensione di un gestore Siamo pronti a fare sacrifici Ma chiediamo attenzione - LE RICADUTE ECONOMICHE
Un intervento del quale si parla da anni ma che adesso è pronto a partire.

La riqualificazione di piazza Ponterosso si annuncia come un’opera destinata a modificare il volto del Borgo Teresiano. A iniziare dal trasloco (sia pure temporaneo) dello storico mercato nella vicina piazza Sant'Antonio, passando per i disagi e le incertezze che attendono i commercianti della zona. «Sappiamo che ci si avvia verso un periodo contrassegnato da lacrime, sudore e sangue», affermano i titolari del Redbridge Cafè. «Siamo pronti a fare sacrifici, a patto però che da parte delle istituzioni ci sia attenzione anche nei nostri confronti. Ci siamo adeguati alle ordinanze togliendo con largo anticipo le pedane all'esterno del locale e rinunciando così a una parte importante degli introiti. Allo stesso modo chiediamo certezze sui modi e sui tempi dei lavori: il momento vissuto dal commercio è complicato e dunque non possiamo permetterci ulteriori rischi». Pensieri condivisi da David, gestore del “Cresi buffet” di via Genova, che ha aperto i battenti proprio ieri. «Vogliamo capire nel dettaglio come procederanno i lavori - spiega -. Al momento c'è troppa incertezza e questo non ci dà la serenità necessaria per programmare la nostra attività. Al di là dei disagi provocati dal cantiere, non ci è stato spiegato con quale criterio si procederà con gli scavi. Se, ad esempio, si dovrà chiudere la strada per un certo periodo, è evidente che per noi sarà impossibile tenere aperto, con tutte le conseguenze in termini di costi. Sarebbe stato più logico portare avanti l'intervento a blocchi e non in un'unica soluzione». Preoccupazioni ed incertezze vissute anche da Moreno, titolare del ristorante “Gustò”, secondo cui «per noi commercianti ci sarà parecchio da soffrire, soprattutto d'estate, ma siamo pronti a stringere i denti: l’importante è che i lavori vengano eseguiti in modo puntale e preciso, nel rispetto dei tempi», e da Tiziano del “Joice Cafè”, per il quale «sono anni che si parla di questo intervento ed è ora che finalmente si inizi: quello che ci spaventa non sono tanto i lavori, che andavano comunque fatti, quanto sapere di poter contare sull'area esterna che si verrà a creare con l'allargamento dei marciapiedi e che è fondamentale per la nostra attività». Le rassicurazioni dell'amministrazione comunale arrivano direttamente dal sindaco Roberto Cosolini. «Ogni grande trasformazione porta inevitabilmente con sé dei sacrifici» - puntualizza il primo cittadino -. Da parte nostra assicuriamo il massimo rispetto dei tempi dell'intervento, che sarà eseguito in due fasi distinte, e ogni sorta di attenzione nei confronti delle esigenze delle attività commerciali, con le quali peraltro abbiamo già instaurato un percorso di dialogo e partecipazione. I sacrifici di oggi significano avere domani un luogo più gradevole e attrattivo, con conseguenti benefici anche per lo stesso commercio».

Pierpaolo Pitich

 

«Parcheggi ridotti da 305 a 70 a Roiano»
In quarta commissione critiche e osservazioni delle opposizioni sul progetto di riqualificazione
Una rivoluzione attesa da anni. Dalla città, ma soprattutto da un rione densamente popolato e che deve fare i conti con la carenza di parcheggi, spazi verdi e luoghi di aggregazione. Il progetto della riqualificazione del cuore di Roiano, in cui sorge la caserma della Polstrada che si pone l'obiettivo di cambiare il volto del quartiere nel giro di due anni, tempo limite per non rischiare di perdere i finanziamenti legati al Prusst, è stato discusso negli scorsi giorni nella IV Commissione consiliare presieduta da Anna Mozzi (Pd). L'intervento è stato illustrato dall'assessore Andrea Dapretto, affiancato dai tecnici. Se da un lato è stata sottolineata, in modo bipartisan, la soddisfazione per un progetto che, dopo una lunga attesa, può mettersi finalmente in moto, dall'altra, soprattutto dal fronte dell'opposizione, sono state evidenziate alcune preoccupazioni. Tre, in particolare, i punti caldi: i rischi per una tempistica molto stretta dell'intervento, che dovrà concludersi entro l'estate del 2017, dopo che si sarà completata l'operazione di trasloco della Polstrada, tema sul quale si sono soffermati i consiglieri Michele Lobianco (Impegno civico) e Stefano Patuanelli (M5 Stelle). A seguire, fari puntati sulle differenze tra l'attuale progetto e quello stilato nel 2005, e sui parcheggi da realizzare (70): un numero di gran lunga inferiore a quanto previsto nella prima versione del documento (305). Problematiche finite sotto la lente di ingrandimento dei consiglieri di Forza Italia Piero Camber e Lorenzo Giorgi, con quest'ultimo che ha ricordato di aver seguito da vicino il progetto, in qualità di presidente della Terza circoscrizione per una decina d'anni. «Il progetto precedente non era più sostenibile sia dal punto di vista economico che tecnico - ha spiegato Dapretto - L'intervento sarebbe costato il doppio, ma soprattutto era costellato da vizi progettuali, mentre gli edifici facenti parte della caserma, ormai vetusti, non erano di facile riutilizzo e con incertezze dal punto di vista antisismico. Ecco perché si è deciso di demolire tutto e ripartire da zero. Per quel che riguarda i parcheggi, negli ultimi dieci anni nel quartiere ne sono stati realizzati circa 220, cui vanno aggiunti quelli ricavati dalla riorganizzazione esterna e quelli previsti dal piano urbano in largo Roiano ed ecco che i conti tornano. Infine - ha concluso Dapretto - posso assicurare che i tempi saranno rispettati».

Pierpaolo Pitich

 

URBANISTICA - Piano paesaggistico - Confronto con i Comuni

 L’assessore regionale alle Infrastrutture Mariagrazia Santoro ha aperto a Grado il ciclo di workshop dedicati al confronto con le amministrazioni locali sui principali temi del Piano paesaggistico regionale. A Grado si è parlato di Paesaggi costieri e lagunari ed è stata presentata la definizione della “linea di battigia”.

 

 

Tari ridotta per chi pulirà le aree cittadine
Lo ha deciso all’unanimità la seconda commissione. A breve la delibera in aula per l’approvazione
La Tari, la tanto discussa tassa sulla raccolta dei rifiuti, sarà ridotta per “quei cittadini che, volontariamente e fattivamente, parteciperanno ad attività di pulizia e recupero del decoro urbano di zone del territorio comunale”. La decisione è stata presa ieri dalla seconda commissione, presieduta da Igor Svab, e sarà tradotta molto presto in provvedimento concreto. La certezza relativamente all’esito è dettata da più fattori. Innanzitutto é stata assunta all’unanimità dalla Commissione, su proposta di un esponente dell’opposizione, Paolo Rovis (Pdl), primo firmatario della relativa mozione, sottoscritta anche dagli esponenti di Un’altra Trieste e Forza Italia, raccogliendo perciò il sì delle forze di maggioranza di centrosinistra e di quelle del centrodestra. In secondo luogo, è stata presa, altrettanto all’unanimità, la decisione di conferire alla mozione il carattere di “urgente”, garantendo perciò l’arrivo pressoché immediato in aula per l’approvazione. Infine, ma non meno rilevante, l’assessore Matteo Montesano, intervenuto alla seduta, ha confermato che: «La proposta potrà essere subito attuata perché il regolamento sulla raccolta rifiuti del Comune già lo prevede in qualche maniera. La premialità per i comportamenti virtuosi – ha sottolineato - é già inserita nel testo. Penseremo alle più opportune forme tecniche di agevolazione - ha concluso - per i cittadini che si dimostreranno attivi su questo fronte». Nel corso della breve analisi sulla mozione, Paolo Menis, del Movimento 5Stelle, oltre ad assicurare «il pieno appoggio da parte del gruppo che rappresento alla mozione di Rovis», ha auspicato che «in futuro si possa fare un ragionamento più ampio, comprendendo anche i progetti di recupero delle aree dismesse e degli edifici abbandonati». Menis ha poi sollecitato la giunta a «completare il Regolamento di igiene urbana per la raccolta rifiuti dell'umido, che ancora non ne fissa l'obbligatorietà». Sull’argomento però va registrato il distinguo di “Trieste pulita”, numeroso gruppo di volontari che ha iniziato una serie di interventi di raccolta rifiuti nei giardini e nei parchi pubblici, che proseguirà domenica prossima nel bosco del Farneto. Ribadendo una posizione già espressa, i rappresentanti di “Trieste pulita” hanno confermato di «essere soddisfatti della collaborazione ottenuta in questi primi interventi dall’AcegasApsAmga per l’asporto del materiale raccolto. L’avevamo chiesta al sindaco e ciò basta. Non vogliamo entrare nelle scelte del consiglio comunale - hanno sottolineato - noi ci occupiamo solo di pulire Trieste. Le agevolazioni fiscali - hanno concluso -p otranno essere utilizzate dai singoli, noi come gruppo restiamo fuori da questo contesto”.

Ugo Salvini

 

«Mancano le isole ecologiche sull’Altipiano Ovest»
TRIESTE La Circoscrizione di Altipiano Ovest chiede all’amministrazione comunale di potenziare la raccolta differenziata nelle frazioni di Prosecco, Contovello e Santa Croce, utilizzando gli adeguati strumenti tecnici. E lo fa con un documento che raccoglie le istanze di numerose famiglie locali.

«Diversi cittadini si sono rivolti a noi per chiedere l’istituzione di nuove isole ecologiche nei loro paesi – spiega il presidente di Altipiano Ovest Roberto Cattaruzza -. Purtroppo dobbiamo prendere atto che le modalità di asporto delle immondizie e gli strumenti ora in dotazione all’Azienda che gestisce il servizio non sono congrui». Il problema è noto: le zone centrali di Prosecco e degli altri borghi carsolini sono in pratica non transitabili per i mezzi normali che curano l’asporto dei rifiuti, visto la ristrettezza delle sedi stradali. Anche le manovre in pratica risultano impossibili nel dedalo di viuzze di questi centri storici. Le nuove isole ecologiche sono state collocate lungo gli assi viari principali dei paesi, ma tutti i residenti nel cuore delle frazioni non hanno punti di riferimento e contenitori vicini dove poter conferire i propri materiali di risulta. Risultano in difficoltà soprattutto le persone anziane, che hanno difficoltà a muoversi e a recarsi alle poche isole ecologiche attivate nelle periferie. «La questione non riguarda solo le nostre borgate – afferma Cattaruzza – ma è comune anche ad altri circoscrizioni e rioni cittadini». La soluzione comporta evidentemente un consistente investimento finanziario – ragionano i consiglieri – ma tale esborso appare inevitabile se s’intende contribuire alla riduzione drastica dei rifiuti indifferenziati. Per tale ragione il Consiglio chiede al fornitore di servizio d’istituire ulteriori isole ecologiche e, inoltre, di dotarsi di mezzi più maneggevoli per poter entrare nelle piazzette e nelle androne e raccogliere i rifiuti.

Maurizio Lozei

 

 

I cittadini perdono la guerra dell’antenna

Il Tar “assolve” il Comune di Muggia e boccia i ricorsi di undici residenti di Santa Barbara contro il traliccio radiofonico
IL CONFINE NON C’ENTRA - Per i giudici la vicinanza con la Slovenia non costituisce un problema tecnico o diplomatico
MUGGIA Il posizionamento del traliccio radiofonico sul Monte Castellier è legittimo. Il Tar del Friuli Venezia Giulia ha bocciato i due ricorsi (poi unificati) avanzati contro il Comune di Muggia da parte di 11 residenti di Santa Barbara che chiedevano l'annullamento dell'autorizzazione per la costruzione della stazione radio posta sull'altura muggesana. Edoardo Ciacchi, Rossana Spettich, Alfonso Buonocore, Silvio Burolo, Doris Bellen, Donatella Di Candia, Luciana Sialino, Federica Mercandel, Louis Torelli, Giuliano Tull ed Ezio Vuck, rappresentati dagli avvocati Elena Coppola e Roberto Scirocco, hanno dunque incassato un secco “no” del Tar che ha in sostanza confermato la piena legittimità di tutti gli atti amministrativi intrapresi dal Comune. Sotto accusa dei residenti, oltre alla legittimità dell'autorizzazione per l'erezione dell'antenna, la delocalizzazione delle antenne dal sito di Chiampore che di fatto ha comportato lo spostamento del traliccio sul Monte Castellier in un perimetro in cui vi sono «tre case di abitazione oltre che piccoli fabbricati rurali a servizio della coltivazione agricola, arnie di api... un sito archeologico, il serbatoio dell’acquedotto e il confine sloveno», ponendo anche il dubbio del «possibile sovrastamento delle comunicazioni della vicina repubblica». In secondo luogo, poi, l’importante tema sollevato sul piano della salute, ove i ricorrenti hanno contestato «i rilevanti rischi per la salute derivanti da campi elettromagnetici» e, non da meno, quello archeologico ove, a loro dire, «illegittimamente si trascura di dare qualsiasi rilievo al sito archeologico del castelliere che dà il nome alla località». Contestato anche un «eccesso di potere per violazione delle attribuzioni della Soprintendenza ai Beni archeologici», avendo il Comune, una volta rinvenuti altri reperti nell’area archeologica, raggiunto un accordo procedimentale urgente con quest’ultima. I ricorsi sono stati dichiarati dal Tar in parte inammissibili e in parte sono stati rigettati. Sul punto più importante, il danno alla salute dei residenti, il Tar aveva disposto l’istruttorio da parte di Comune di Muggia e Arpa. La risposta di quest’ultima è stata chiara: «Non si sono rinvenute emissioni superiori al limite di 6 v/m, il sito dell’antenna è risultato schermato con due recinzioni, mentre in zona Nord non sussistono abitazioni (quindi tanto meno vi sono quelle dei ricorrenti) in quanto con la variante urbanistica tale zona ha destinazione agricola e opportuna segnaletica avverte di non entrarvi per pericolo di radiazioni elettromagnetiche». Sui ventilati sforamenti non appare neppure fondata «la censura in ordine alla compatibilità dell’impianto con la collocazione prossima al confine sloveno e alle conseguenti osservazioni dell’Ispettorato territoriale per il Fvg del Ministero per lo sviluppo economico». Sulla delocalizzazione da Chiampore delle antenne abusive, il Tar ha dato ragione al Comune: «Nessun dubbio ha ragione di essere sulla necessità di trasferire l’impianto dalla località di Chiampore. Ivi sono stati rilevati dall’Arpa diversi impianti con emissioni al di fuori della norma onde vi era l’obbligo di trasferirli per ragioni legate alla normativa nazionale e di ricollocarli, dopo averne ridotto a legittimità le emissioni, in zona acconcia, quale quella di Monte Castellier di cui è stata, allo scopo, variata la destinazione urbanistica». Ma non solo. Per il Tar «il procedimento impugnato è quindi un episodio di risanamento del sito notoriamente inquinato da emissioni al di fuori della norma di Chiampore, dove non potevano rimanere, senza che si debbano temere rimostranze dalla Repubblica di Slovenia, che non sussistono e sono tutte da dimostrare, nei confronti di una trasmittente a norma». Infine il Tar ha giudicato inammissibile che i ricorrenti si occupino di ciò di cui è «competente la Sovrintendenza», ossia della tutela del sito archeologico.

Riccardo Tosques

 

 

Lettera aperta dell'assessore Maurizio Rozza sulla questione della Riserva Naturale Regionale delle Falesie di Duino

Sulla vicenda dell'approvazione del Regolamento della Riserva Naturale Regionale delle Falesie di Duino ci sono state polemiche da parte di alcuni.
Queste polemiche, che hanno avuto picchi di toni e di metodi che vanno oltre le regole democratiche, sono state incentrate su richieste oggetto di una raccolta firme, i cui contenuti e la cui forma sono tutt'ora sconosciuti all'Amministrazione Comunale.
Certamente si sono diffuse opinioni e critiche su questioni che nulla hanno a che vedere con i contenuti del regolamento (ad esempio, la presunta chiusura della cosiddetta "spiaggetta del Principe", che in realtà non ricade nella Riserva ).
Mi è parso dunque utile impiegare qualche ora del mio tempo per fare quello che ho tentato di compiere nelle audizioni pubbliche: spiegare storia, norme, motivazioni, contenuti di questa vicenda.
Credo infatti che solo da una "discussione informata " possa nascere quel confronto costruttivo che caratterizza qualsiasi processo partecipativo.
Troverete qui allegati il regolamento approvato dal Consiglio Comunale (nella sua versione non ufficiale) e una mia lettera aperta a chiunque abbia voglia di leggerla, favorevole o contrario a questa Riserva.
Nel testo della lettera troverete molti collegamenti attivi a documenti esterni, che ho inserito per tentare di rendere più agevole l'interpretazione dei fatti.
Vi prego di divulgare questa mail a chiunque possa essere interessato
Cordialmente,

Maurizio Rozza tel. +393403458597

 

La bora spinge mille gru alla Cona
L’attesa migrazione pre-riproduttiva diventa eccezione a causa del forte vento e della ricerca di cibo
STARANZANO L’avvistamento è di quelli eccezionali. Un migliaio di gru sono arrivate da alcuni giorni all’Isola della Cona, “costrette” dalla bora a ripararsi in questa oasi felice. L’evento non è passato inosservato tra gli appassionati, consolidando ancora di più le credenziali positive della Riserva naturale regionale della Foce dell’Isonzo. L’arrivo delle gru è legato a un intenso passaggio, dovuto alla migrazione pre-riproduttiva di numerosi stormi sul territorio regionale, ha registrato il massimo coinvolgimento degli ornitologi della Stazione biologica dell’Isola della Cona. «Il fenomeno era in parte preannunciato – spiega il direttore della Sbic, Fabio Perco - perché dipendente dal recente notevole incremento della specie a livello europeo, che ha interessato particolarmente l’area costiera e la bassa pianura, con direzione prevalente di rotta, nord est. In parte ostacolati dalla bora, moltissimi stormi sono stati osservati un poco ovunque nelle zone lagunari del Veneto e del Friuli Venezia Giulia, ma anche sul Carso e nelle zone collinari al confine con la Slovenia». E aggiunge: «Sono migliaia di soggetti che, muovendosi nell’aria in stormi compatti e dalla mutevole geometria, fanno prevalere la caratteristica formazione a “V”. Una parte ha sostato nei luoghi adatti, come il nostro, per trascorrere la notte, perché rallentati dai notevoli “refoli”, che hanno superato i 100 chilometri all’ora, oppure attratti dalla presenza di ambienti favorevoli e dall’assenza di disturbo. Molti osservatori – sottolinea Perco - hanno notato la presenza degli stormi anche per il notevole fragore dei loro richiami, tipicamente “onomatopeici”, in quanto per mantenere il contatto sembrano emettere continuamente il nome che contraddistingue la loro specie». La specie è appunto la “Gru” o “Gru cenerina” (nome scientifico: Grus grus), un trampoliere di notevoli dimensioni e dalle ampie ali (oltre due metri di apertura), che può raggiungere la lunghezza, se misurato dalla coda alla punta del becco, di 120 centimetri, ma che appare ben più grande e maestoso quando procede sul terreno, a causa della notevole lunghezza delle zampe. I volatili sono considerati come pittoreschi ed eleganti animali che nidificavano anche nelle aree palustri in Italia. «Anticamente la gru doveva essere assai diffusa – dice Perco - ma di recente in Italia si era drasticamente ridotta, persino estinguendosi a livello riproduttivo. Non a caso le ultime, che tipicamente migrano dalle zone attuali di riproduzione nordiche verso l’Africa, erano nidificanti nei dintorni degli abitati di “Gruaro” e “Portogruaro”. Le misure di tutela imposte dalla normativa europea hanno dato invece un effetto positivo. Non a caso, una delle zone maggiormente vocate ad ospitare nuovamente le gru, è l’Isola della Cona dove nell’inverno 2009 uno stormo di circa 50 esemplari, tra i quali uno marcato da pulcino nel nido in Estonia, ha sostato per quasi tre mesi». Ora la presenza della specie si fa nuovamente notare e molte centinaia di soggetti hanno adottato per un periodo di tempo limitato, le aree marine della Riserva per sostare, alimentarsi e pernottare in condizioni di sicurezza.

Ciro Vitiello

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 9 marzo 2015

 

 

Lauri sconfessa Sossi: «Fiducia in Arvedi»

Il capogruppo regionale giudica impensabile l’uscita di Sel dalla maggioranza per il caso Ferriera
«Vogliamo buttare in strada in pochi mesi altri trecento operai? Sel alle ultime elezioni ha raccolto a Trieste 5mila voti, la sua linea non la decidono Marino Sossi e Valdi Catalano. Il partito crede nel risanamento ambientale che sarà operato a Servola dal Gruppo Arvedi e non ha la minima intenzione di uscire dalla maggioranza al Comune». Va giù durissimo Giulio Lauri, capogruppo di Sel in Consiglio regionale contro l’alzata di scudi riguardo alla Ferriera, del capogruppo in Comune Marino Sossi (affiancato dal consigliere Mario Reali) e dal responsabile politiche economiche Valdi Catalano che hanno paventato una possibile uscita dalla maggioranza se tra qualche giorno, allorché arriverà in Consiglio la petizione dei cittadini per la chiusura dell’area a caldo, il Pd non cambierà rotta. «C’è un imprenditore che fa investimenti ingentissimi, si prende responsabilità dinanzi al Consiglio, afferma che se il sistema di eliminazione delle emissioni non funzionerà dismetterà cokeria e altoforno, ha invitato la cittadinanza a verificare di persona i cambiamenti all’interno dello stabilimento - sottolinea Lauri - per cui con tutta la solidarietà e la comprensione possibili nei confronti degli abitanti, la posizione di Sossi e Catalano non è condivisibile. Vogliamo riportare la città a com’era fino a poco fa con la Ferriera prossima alla chiusura, il porto senza alcuna prospettiva di sviluppo, il Porto Vecchio imbalsamato nel degrado, le panchine segate per non far nemmeno riposare le persone e le vecchiette che non potevano nemmeno vendere i ciclamini? Se vogliamo tornare a quella situazione usciamo pure dalla maggioranza e magari rimettiamo Trieste in mano al centrodestra». Fortemente contraria a un’uscita di Sel dalla maggioranza, pur se con toni molto più sfumati, Sabrina Morena coordinatrice provinciale di Sel. «Non è stato discusso né deciso in alcuna assemblea provinciale di Sel - sottolinea Morena - l'uscita dalla maggioranza del Comune di Trieste. Le affermazioni del capogruppo in Comune Marino Sossi e di Valdi Catalano non sono state condivise né all'interno del coordinamento di Sel né in un'assemblea, organo preposto a decisioni così importanti. Anzi nell'ultimo coordinamento era stato deciso che «Sel Trieste non ha cambiato idea sulla Ferriera di Servola e sul positivo giudizio - già più volte espresso - sul relativo Accordo di programma» che però secondo Morena «non collide con la chiusura dell’area a caldo dello stabilimento». «Sossi ritiene che uscendo dalla maggioranza l’aria di Trieste diventerà più pura - commenta ironicamente Aureo Muzzi (Pd) - torna il vecchio vezzo autolesionista di una parte della sinistra: “non voglio il bene possibile, ma solo il bene perfetto; altrimenti tanto peggio, tanto meglio, potrò protestare all’infinito”». Stamattina intanto le questioni della Ferriera e dell’occupazione saranno di nuovo esaminate dalla Conferenza dei capigruppo.

Silvio Maranzana

 

 

SEGNALAZIONI - Rigassificatore - il caso Veneto

In una lunga intervista al Piccolo pubblicata il 29 novembre del 2009, il sottosegretario dell’epoca, Roberto Menia, affermava categorico: «Il rigassificatore di Zaule sarà un impianto sicuro, Trieste avrà solo notevoli benefici. Se potrà nascere un polo energetico in quella che oggi è una valle di lacrime ne sarei felice». Molti triestini sarebbero felicissimi se l’onorevole Menia, prima di rilasciare tale intervista, fosse andato a leggersi le direttive emesse dalla capitaneria di porto di Chioggia, la N. 63/2008, dove espone in una decina di pagine - riservate - le tante pericolosità che sono sorte per la navigazione a seguito dell’installazione del terminale per il rigassificatore comunemente indicato “Quel di Rovigo”. In realtà detto terminale si raccorda con Porto Viro e trovasi a 12,5 miglia marine dalla terraferma. Nonostante tale distanza, oggi tantissimi chilometri di spiaggia attorno a Porto Viro sono coperti di immense distese di schiuma bianca. L’onda lunga nociva che genera il rigassificatore arriva sulla terraferma dopo alcuni anni di operatività del mostro. Però va detto che l’ex governatore del Veneto, Galan, oggi nei guai giudiziari, ha saputo difendere le proprie terre. Infatti è riuscito a istituire un piano di emergenza contro il terminale mediante una serie notevole di limitazioni operative dei medesimi, istituendo il Piano Gnl congiuntamente al piano Area-Atbh, il tutto ben esposto nella citata (e riservata) n. 63/2008. Non solo un tanto è stato realizzato dalla Regione Veneto: il governo regionale veneto, poi, è riuscito legislativamente a darsi un ombrello protettivo affinché in materia di rigassificatori non ne possano più sorgere altri la cui installazione alla fin fine era decisa dal governo centrale. Infatti, i politici veneti hanno istituito il Ctr-Comitato tecnico regionale il quale ha i poteri di escludere nettamente eventuali intromissioni del governo centrale sull’operatività regionale in campo energetico. Viene quindi da chiedersi perché non istituire tale organo pure nell’ambito della nostra regione. Vadano i politici nostrani a vedere cosa hanno realizzato, i veneti onde liberarsi dell’oppressiva sovranità romana in campo energetico.

Antonio Farinelli

 

Rigassificatore «Il no a Gas Natural è un sì a Smart Gas»

Critica alle posizioni poco chiare di Serracchiani da parte di Claudio Grizon, capogruppo Pdl in Provincia.

«Il fuoco di fila della presidente della Regione Serracchiani a Roma contro il rigassificatore di Zaule da un lato costituisce una doverosa contrarietà fondata su reiterati atti con cui si sono pronunciate le istituzioni di Trieste, dall’altro sembra porre le condizioni per Smart Gas a Monfalcone». Ad affermarlo è Claudio Grizon, capogruppo Pdl in Provincia.

 

 

Raddoppia Suez, allarme “alieni”
I ricercatori temono l’arrivo nei nostri mari di nuove specie invasive
ROMA Lotta contro il tempo della comunità scientifica internazionale per salvare il Mediterraneo dall’invasione di centinaia di nuove specie marine tropicali, come il letale pesce palla argentato. Il raddoppio del principale corridoio d'ingresso, il Canale di Suez, sarà concluso a breve, ma una valutazione d’impatto ambientale di questa maxi-opera sull’intero bacino ancora non c'è. «Quello che chiediamo è una valutazione d’impatto ambientale trasparente e solida a livello scientifico, seguita da un’analisi del rischio e da misure di controllo e mitigazione» spiega Bella Galil, dell’Istituto oceanografico israeliano, promotrice della lettera-appello di oltre 450 scienziati da 39 Paesi. «Fra loro - racconta Galil - ci sono almeno un centinaio di italiani, da Trieste a Palermo», tutti al corrente della potenziale bomba ecologica in arrivo. Intanto gli ultimi dell’Agenzia europea dell’ambiente in partnership con Hellenic Centre for Marine Research confermano che il Canale di Suez è la principale fonte delle specie non indigene per il Mediterraneo, specie dagli anni ’90, a seguito della sua espansione. Considerando tutti i mari europei, la stima di specie marine “aliene” ormai è arrivata a quota 1416. Solo lungo i 180 km di costa israeliana quelle registrate, spesso per la prima volta nel Mediterraneo, sono state 355, di cui 94 dopo il 2000.

 

 

Sessanta volontari a pulire il Boschetto
Successo dell’iniziativa “Verde pulito” lanciata su Facebook. «Ma non vogliamo strumentalizzazioni politiche»
Al primo appuntamento, per liberare dalle immondizie una parte del Parco della Rimembranza, si sono ritrovati solo in due. Ieri, in via Marchesetti, alla seconda chiamata, stavolta per ripetere l’operazione nel boschetto del Farneto, hanno risposto in una sessantina. È il segno del successo dell’iniziativa e al contempo la testimonianza dello spirito di collaborazione e del senso civico dei triestini. È nata così, semplicemente, su proposta di un gruppo di volontari, stufi di vedere sporche e trascurate le aiuole dei giardini e dei parchi pubblici della città, l’operazione “Verde pulito”, che ha riscosso uno straordinario risultato di adesioni su Facebook, al punto da collezionare circa 13mila “mi piace” in poche settimane. «Siamo al di fuori da qualsiasi collocazione politica, non abbiamo fondato un’associazione, siamo solo cittadini che vogliono bene alla loro città - spiega Massimo Tramontini, uno degli artefici dell’iniziativa - e abbiamo raccolto con entusiasmo e rapidità l’appello lanciato qualche settimana fa da Angelo Sorci, personaggio particolarmente sensibile alle tematiche dell’ambiente. Immediatamente si sono attivati gli aderenti a numerosi siti simili già presenti su Facebook, come “Te son de Trieste se....”, “Scovazoni de Trieste” e altri e l’iniziativa ha subito assunto dimensioni importanti». La riprova? Il sindaco Roberto Cosolini ha invitato in municipio alcuni rappresentanti del gruppo mentre AcegasApsAmga ha messo a disposizione dei volontari i sacchi neri necessari per la accolta delle immondizie e, da ieri, un mezzo per il trasporto dei bottini riempiti nel corso dell’intervento di pulizia. «Anche i residenti delle zone nelle quali andiamo a operare - riprende Tramontini - manifestano apprezzamento. Oggi (ieri, ndr) una signora che, dalla sua finestra, ci ha visto impegnati, ha preparato qualcosa da mangiare e poi è scesa a portarci le pietanze». L’operazione, sia chiaro, continua. «Ma per i prossimi interventi, che riguarderanno ancora il bosco del Farneto - prosegue Tramontini che coordina le varie operazioni con Sorci ma anche con Alberto Kostoris, Roberto Dubs e Roberto Bartole - dovremo attrezzarci meglio, in quanto abbiamo visto che fra gli alberi ci sono carcasse di motorini, vecchi sanitari, addirittura avanzi di demolizioni di murature». Su un dato i partecipanti sono irremovibili: non vogliono essere inseriti in un contesto che non sia quello del puro volontariato. «Il sindaco - conclude Giacomini - ci ha spiegato che il Comune ha predisposto un progetto che si chiama “Adotta un’aiuola”, ma non è questa la nostra filosofia. Vogliamo essere liberi di decidere cosa pulire e quando». Oggi intanto si riunirà una commissione consiliare per affrontare l’argomento.

Ugo Salvini

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 8 marzo 2015

 

 

Rigassificatore, la Slovenia non lo vuole come Trieste

LA LETTERA DEL GIORNO di Aurelio Juri - collaboratore ex Tavolo tecnico rigassificatori (Capodistria)
Seguo oramai da quasi dieci anni, ovvero dal momento in cui in Slovenia ci è giunta notizia, il problema dei rigassificatori di gnl che qualcuno vuole nel golfo di Trieste, e in particolare la sfida della Gas Natural con Zaule. Da parlamentare sloveno ed europeo ho contribuito a sensibilizzare sul tema il governo e il parlamento di Lubiana che, dopo attento esame, grazie anche alle conclusioni di uno studio espertistico interdisciplinare, hanno detto un deciso no all’impianto di Zaule, considerati i previsti impatti transfrontalieri della sua messa in opera, ovvero del suo esercizio sull’ambiente e la sicurezza. Fra i due governi negoziato aperto quindi e mai chiuso su questo tema, salvo il richiamo della Commissione europea (che almeno un rigassificatore nell’Alto Adriatico lo vuole) a trovare le vie di realizzazione migliori nel dialogo fra Roma e Lubiana. Nel frattempo un gran lavoro - che ha corroborato le motivazioni del “no” sloveno a questa tecnologia di rigassificazione del gnl e soprattutto al sito di Zaule - lo ha svolto il tavolo tecnico rigassificatori che non solo ha smantellato le tesi della Gas Natural sulla sicurezza (ovvero la non pericolosità e la indispensabilità dell’impianto per lo sviluppo della regione), ma ha anche indicato soluzioni alternative, meno invasive e quindi più accettabili per far arrivare via mare il metano ai mercati che si affacciano sull’Alto Adriatico. Tutto ciò ha portato a una presa di coscienza nuova sul territorio interessato. A Zaule si sono opposti in toto le autorità locali, provinciali e regionali, l’opinione pubblica (che prima era circoscritta ai soli ambientalisti), e non ultima l’Autorità portuale. E la notizia giunta giorni fa da Roma sul sì del governo alla ripresa dell’iter per il terminal di Zaule io l’ho recepita come uno schiaffo a tutti costoro, alle speranze che il progetto fosse ormai sepolto e che semmai si dovesse “subire” solo il rigassificatore di Monfalcone, all’invito di Bruxelles a cercare l’affiatamento con Lubiana. Per cui, dopo aver appreso delle prese di posizione del consiglio municipale di Trieste, del sindaco Cosolini, della presidente della giunta regionale del Friuli Venezia Giulia, Serracchiani, e del neocomissario dell’Autority, D’Agostino, dico bravi a tutti! Se servirà una nuova mobilitazione contro l’impianto di Zaule, come invocato per altro dalla Serracchiani, sarò con voi! Per conto mio mi sono premurato di informare da subito, già giovedì, appena saputa la notizia da Roma, il governo, ovvero i ministri preposti di cui mi aspetto un’altrettanto ferma risposta. Auguri.

 

 

Belci:«Sel sbaglia sulla Ferriera» - la vertenza

Il gruppo consiliare di Sel al Comune di Trieste ha minacciato di uscire dalla maggioranza se non sarà chiusa l'"area caldo" della Ferriera.

«Credo sia un doppio errore - spiega Franco Belci, segretario regionale della Cgil -. Se si ravviserà che inquina, l'area verrà chiusa, perciò non capisco perché si debba porre una pregiudiziale su una chiusura a priori che sottrarrebbe circa 300 posti di lavoro. Inoltre uscendo dalla maggioranza si rischierebbe di dare spazio a soluzioni di tipo romano e Sel si assumerebbe ogni responsabilità al riguardo».

 

 

Firme contro il park di piazza Foraggi - la petizione

Più di cento firme raccolte nel breve volgere della conferenza stampa, cioè circa mezz’ora.

Questo il significativo risultato ottenuto ieri dai promotori della petizione per dire “No al parcheggio a pagamento di piazza dei Foraggi”, guidati dal consigliere della quinta Circoscrizione, Roberto Dubs, esponente del Pdl. «È assurdo e illogico realizzare una struttura multipiano di parcheggi a pagamento e posti macchina – ha spiegato Dubs – da mettere in vendita in una zona dove insistono edifici di edilizia popolare e già ricca di parecchi box e posti auto, alcuni dei quali sfitti e invenduti»

 

 

L’incubo inquinamento sulla strada delle Noghere

Il ministero: «Concentrazione di idrocarburi dieci volte sopra la soglia limite» - Ora tocca all’Arpa verificare la possibilità di riaprire il cantiere da 2,5 milioni
MUGGIA «Materiale inquinato con concentrazioni almeno 10 volte superiore al limite di legge». Nuova grana nei lavori di allargamento della Strada provinciale n.15 “delle Noghere” e nella corrispettiva realizzazione della rotatoria alla foce del Rio Ospo. È quanto emerge dalla nota del ministero dell’Ambiente in seguito alla nuova presenza di idrocarburi rinvenuta durante le fasi di scavo. Da Roma però è arrivato anche un segnale propositivo per risolvere in modo celere la questione: toccherà infatti all'Arpa del Friuli Venezia Giulia verificare che vi siano i requisiti per riaprire il cantiere finanziato dalla Provincia con oltre 2 milioni e 500mila euro. Più di 10 anni fa la Provincia, retta dalla giunta Scoccimarro, affida l'incarico per i lavori di allargamento e rettifica della Strada provinciale n. 15 “delle Noghere”. Ben presto i lavori nel tratto vicino alla foce del Rio Ospo si rendono impossibili a seguito dell'inserimento dell'area nel Sito inquinato d’interesse nazionale e a seguito del ritrovamento di sostanze inquinanti. La Provincia provvede dunque a fare il Piano di caratterizzazione, le analisi, il progetto di bonifica, comunicando all'Ambiente l'ultimazione della messa in sicurezza delle aree e chiedendo la “restituzione agli usi legittimi” come prevede la norma vigente. Le misure inizialmente previste consistono nella conterminazione delle aree con palancolatura di 7 metri intestata nello strato limoso-argilloso e copertura con telo in polietilene ad alta densità, il cosiddetto Hdpe. Nel corso dei lavori la Provincia riscontra però vari imprevisti tra cui evidenze di contaminazione residua sulle pareti dello scavo realizzato per l'infissione delle palancole. L'Ente realizza quindi la palancolatura integrandola con la rimozione del terreno contaminato ad eccezione degli scavi in corrispondenza della sede stradale per motivi di stabilità della stessa. Due campioni di parete e uno di fondo vengono prelevati prima del riempimento con materiale inerte di cava. Sulla parete, lato strada, permane una sezione di idrocarburi pari ad un materiale inquinato con concentrazioni almeno 10 volte superiore al limite di legge. Preso atto della situazione il ministero dell’Ambiente ha formulato varie osservazioni circa l'estensione e la localizzazione dei volumi scavati, il campionamento di pareti e fondo e gli approfondimenti tesi ad accertare che la contaminazione non investa le acque di falda. La Provincia dovrà inoltre comunicare alla proprietà contigua del sito i dati della contaminazione rinvenuta. Ma il cantiere potrà ripartire? Il ministero dell’Ambiente ha evidenziato che la legge vigente disciplina la realizzazione di specifiche categorie d’interventi: «Nei siti inquinati, nei quali sono in corso o non sono ancora avviate attività di messa in sicurezza e bonifica, possono essere realizzati interventi e opere purché questi siano realizzati secondo modalità e tecniche che non pregiudichino né interferiscono con il completamento e l'esecuzione della bonifica, né determinano rischi per la salute dei lavoratori e degli altri fruitori dell'area». Il ministero dell’Ambiente ha dunque affidato all'Arpa Fvg il compito di verificare nel concreto se sussistono i requisiti e le condizioni generali previste dalla norma. Se il responso sarà favorevole la Provincia potrà portare a termine i lavori di allargamento della Strada provinciale n. 15 comprensivi della realizzazione della rotatoria all'incrocio della via di Trieste con la via di Farnei, vicino alla foce del Rio Ospo.

Riccardo Tosques

 

 

La pinna nobile ritorna sui fondali - ERA A RISCHIO ESTINZIONE
POLA La pinna nobile ritorna alla grande sui fondali marini lungo la costa istriana, mentre solo dieci anni fa si temeva seriamente per l'estinzione di questo pregiato mollusco bivalve, rigorosamente tutelato dalle leggi croate.

 La bella notizia viene data al Glas Istre da Andrej Jaklin, collaboratore scientifico superiore al Centro di ricerche marine “Rudjer Boskovic” di Rovigno. Il livello di popolamento - spiega Jaklin - è tornato a quello dei primi anni Ottanta dello scorso secolo. Dopo di allora il numero di queste conchiglie - sicuramente le più grandi del Mediterraneo - aveva iniziato ad assottigliarsi, principalmente per due fenomeni. Il primo - aggiunge il ricercatore - era legato al boom del turismo di massa, con la raccolta scriteriata da parte dei villeggianti che volevano portarsi a casa un souvenir dalle vacanze in Istria. Il secondo motivo - sempre nelle parole di Jaklin - era costituito da un attacco alla pinna nobile da parte di qualche batterio o virus. Fatto sta che agli inizi del Duemila si era arrivati al popolamento minimo e appunto allo spettro dell’estinzione. Poi, gradualmente, il numero ha cominciato a aumentare grazie anche anche alle pesanti sanzioni previste per chi veniva scoperto con la pinna nel sacco: da 933 fino a un massimo di settemila euro. Oltre che come trofeo di pesca o souvenir, la pinna nobile veniva raccolta per la bontà della sua carne e - nel passato più remoto - per i filamenti che produce e che dopo un paziente trattamento di cardatura, lavaggio e filatura danno origine a un prezioso tessuto serico finissimo usato per impreziosire capi di abbigliamento. La pinna nobile, che lungo la costa istriana raggiunge anche il metro di lunghezza, è sicuramente molto più utile in mare come filtro dell'acqua. Ogni giorno, spiega Andrej Jaklin, ne arriva a filtrare fino a duemila litri ed è per questo che il mare in cui si trova è generalmente pulito.

(p.r.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 7 marzo 2015

 

 

Rigassificatori, il rischio di un “ingorgo”

L’impianto previsto a Trieste possibile concorrente del progetto monfalconese di Smartgas
MONFALCONE Mini o maxi? E ormai sfida aperta tra rigassificatori “dirimpettai”, rimettendo in gioco l’intera partita sull’energia tra il monfalconese e l’area triestina. L’inattesa “comparsa” sulla scena del rigassificatore di Zaule che vorrebbe realizzare Gas Natural sul quale, nonostante il mare di “no” locali, l’iter autorizzativo a Roma non si sarebbe mai interrotto, apre nuovi scenari e soprattutto dunque un confronto con il progetto di SmartGas del mini-rigassificatore nell’area del Lisert. Ma si tratta realmente di una sfida, della serie o uno o l’altro? Stando alla logica appare assai improbabile che siano realizzati due rigassificatori a così breve distanza nel golfo, e anche se gli obiettivi “industriali” dei due impianti sono molto diversi (Zaule è un impianto energetico, quello di Monfalcone è a servizio di un gruppo di industrie manifatturiere che punta a ottenere gas per la produzione a prezzo ridotto), e sono diverse le dimensioni, è possibile che a farne le spese sia l’impianto di Trieste. Questo è quanto emerge anche da numerose indiscrezioni degli ambienti tecnici e politici ed è la vera novità: la presenza di un progetto promosso da realtà industriali locali a Monfalcone potrebbe essere un “chiavistello” in mano alla Regione guidata da Debora Serracchiani per scardinare il progetto ricomparso sulla scena a Trieste. Proprio giovedì scorso l’ennesimo “no” della presidente al ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti sul rigassificatore triestino. Ma sono gli stessi numeri, che spiegano le diversità dei due impianti, a dare il quadro chiaro della situazione. A cominciare dalla capacità dei serbatoi che sono sempre due, ma a Zaule dovrebbero ospitare 140mila metri cubi di gas naturale (la capacitàmassima di stoccaggio è di 280mila metri cubi) mentre a Monfalcone soltanto 85mila (massima capacità dei serbatoi 170mila). Grandi poi le differenze sul numero di gasiere previsto in arrivo: a Zaule dovrebbero arrivare 125 gasiere da 125mila metri cubi l’anno contro le 11 più eventuali altre 11 (per il mercato gnl) di Monfalcone. Passiamo alla capacità di rigassificazione: Zaule ne avrebbe 8miliardi di metri cubi l’anno contro uno 0,8 di Monfalcone. Notevoli poi le differenze sui gasdotti previsti. L’impianto di rigassificazione di Trieste prevede tubi da 250 centimetri, Monfalcone solo 25. Per quanto riguarda la lunghezza l’eventuale impianto di Gas Natural dovrebbe realizzare un gasdotto di ben 23 chilometri, un percorso sottomarino, per collegarsi alla rete. Ben diversa la situazione di SmartGas che nel progetto ha previsto soli 5 chilometri, a terra, da realizzare a fianco del gasdotto attuale.

Giulio Garau

 

 

Trivellazioni in Adriatico - L’Italia ottiene garanzie dalla Croazia

Sul programma di ricerche petrolifere in Adriatico non verranno firmati contratti fino al termine della procedura di Valutazione ambientale strategica (Vas) e le risultanze della Vas verranno inserite nei contratti di concessione. È quanto hanno concordato - a quanto si apprende - il ministro dell'Ambiente Gian Luca Galletti e il viceministro croato dell'Ambiente Hrvoje Dokoza, che hanno avuto un incontro a margine del consiglio dei ministri dell'Ambiente Ue. Nel corso dell'incontro bilaterale, si è appreso, si è discusso anche del programma di ricerche petrolifere nell'Adriatico che la Croazia ha avviato e delle consultazioni transfrontaliere in vista della Vas che sono state richieste ed ottenute dall'Italia. Ricordiamo che anche la Slovenia ha sollevato perplessità e richieste in questo senso.

(m. man.)

 

 

Ferriera, Sel verso l’uscita dalla maggioranza
Sossi: «La chiusura dell’area a caldo nel programma di Cosolini. Non è Arvedi il sindaco della città»
«Trieste non può continuare ad avere come sindaco Giovanni Arvedi». L’affermazione è di Marino Sossi, capogruppo di Sel in Consiglio comunale che assieme al consigliere Mario Reali e a Valdi Catalano responsabile politiche economiche del partito ha tenuto una conferenza stampa paventando come Sinistra ecologia e libertà a causa della questione Ferriera sia ormai a un passo dall’uscita dalla maggioranza di centrosinistra in Comune. Sel ha anche un assessore, Umberto Laureni con delega all’Ambiente. «Può anche darsi che voglia restare in giunta come indipendente», ha detto Sossi. I rappresentanti di Sel hanno sbandierato le linee programmatiche del sindaco Roberto Cosolini nel quale al capitolo sulla Ferriera si parla di «demolizione, bonifica, riconversione produttiva e occupazionale». «Se vogliamo distinguerci dal centrodestra - ha detto Sossi - non possiamo fare come loro che per dieci anni hanno promesso di chiudere la Ferriera prendendo in giro la gente perché poi non l’hanno mai fatto. «Noi non abbiamo mai parlato di chiusura immediata dell’area a caldo - ha aggiunto Catalano - ma va immediatamente aperto con l’imprenditore un percorso che definisca percorsi e tempi per arrivare a questa chiusura. Non si può solo continuare a magnificare il cavalier Arvedi come colui che è in grado di camminare sulla ghisa liquida». «In questa faccenda il Comune sta rinunciando a esercitare un ruolo attivo a difesa degli interessi generali - ha denunciato Sossi - non è Arvedi il sindaco di questa città. Piuttosto le amministrazioni avrebbero dovuto impegnarsi a trovare altri fondi pubblici per portare a Servola altre lavorazioni, magari anche quella di tubi, tenuto conto che il core business a Trieste del Gruppo di Cremona è la banchina visto che si tratta dell’unico grande gruppo siderurgico che ancora non contava su uno sbocco sul mare». Nella seduta di lunedì scorso tutto il resto della maggioranza e il Pd in particolare, aveva votato contro la mozione di Sel che chiedeva «la chiusura progressiva dell’area a caldo». Stessa sorte aveva subito un’analoga mozione due mesi fa. «L’argomento sta per tornare in Consiglio comunale che dovrà discutere la petizione dei cittadini per la chiusura dell’area a caldo - ha concluso Sossi - se il comportamento del Pd continuerà a essere questo non potremo far altro che separarci».

(s.m.)

 

 

«Prosecco, rivedremo i vincoli del Carso»
Prima riunione il 2 aprile sul Piano paesaggistico per capire le necessità degli agricoltori
TRIESTE Il “caso” Prosecco” non resta isolato. Nè dimenticato. La Regione, anzi, lo fa suo. «Bisogna partire dalle basi, dall'analisi degli aspetti urbanistici del territorio, per trovare le necessarie soluzioni che permettano lo sviluppo dell'agricoltura, nello specifico della vitivinicoltura sul Carso triestino, che rappresenta un valore aggiunto per il Friuli Venezia Giulia». Parola del vicepresidente della Regione Sergio Bolzonello a conclusione del tavolo tecnico-politico, che si è svolto ieri a Trieste per fare il punto della situazione a cinque anni di distanza dalla firma del protocollo d'intesa Prosecco Doc. Una mezza comparsata , per chi se l’è persa, con il presidente del Veneto, il leghista Luca Zaia, a piantare una barbatella che, da quella volta, si è dissolta. All'incontro era presente anche l'assessore regionale all'Urbanistica Mariagrazia Santoro, oltre ai consiglieri regionali Igor Gabrovec e Stefano Ukmar, i rappresentanti di categoria (Kmecka zveza, Confagricoltura, CIA, Coldiretti, Cciaa di Trieste) ed i viticoltori del Carso. Il tema è sempre quello: promuovere l'agricoltura triestina così come scritto nel protocollo. La difficoltà anche: il Veneto, ottenuta la “doc”, si è dato alla macchia. Eppure il masterplan esiste: finanziamento degli interventi previsti dal Masterplan del Carso; l'adozione del Piano di gestione del sito Natura 2000, che provveda alla revisione dei vari vincoli inerenti le zone Sic e Zps; il sostegno alla ristrutturazione a fini agricoli del costone triestino; nuovi diritti di impianto per 200 ettari di superficie a vigneto; parametri specifici nel Piano di sviluppo rurale (PSR) che favoriscano interventi nell'area del Carso e la trasformazione degli impegni del Protocollo in legge regionale. Gran belle parole, ma fatti? Bolzonello non si sbilancia troppo: «Quest'area - ammette - ha una vitivinicoltura straordinaria di altissimo livello, alla quale dobbiamo dare la possibilità di ampliarsi affinché possa trascinare lo sviluppo dell'agricoltura, dell'offerta del territorio e del turismo». Come? Bolzonello sottolinea che i Piani di gestione inerenti le zone Sic e Zps «dovranno tenere conto delle esigenze degli agricoltori». Il dialogo proseguirà: il 2 aprile si terrà la prima riunione riguardante il Piano paesaggistico sul Carso, «nella quale verranno prese in esame - ha spiegato l'assessore Santoro - le necessità degli agricoltori in un'ottica di snellimento e di chiarezza, perché molte incomprensioni e paure derivano forse dalla sovrapposizione degli strumenti differenti».

Furio Baldassi

 

DUINO AURISINA - La Comunella insiste: «Falesie, non è finita»
Nonostante in Consiglio comunale sia calata la pax aurea tra i partiti dopo il voto di mercoledì sul nuovo regolamento delle Falesie, oltre le finestre del municipio si affacciano nuovamente nubi fosche. A minacciare una tempesta di proteste è stavolta Vladimiro Mervic, presidente della Comunella di Duino, fin dall’inizio ostile ad alcuni degli articoli contenuti nel testo e, in particolare, a quelli che si riferiscono alle attività di nuoto e canoa, ora consentite solo tra i 50 e i 60 metri al largo delle rocce a strapiombo. Al vertice della proprietà collettiva, le regole appena approvate, non vanno proprio giù. «Abbiamo assistito - esordisce - a un oscuramento della democrazia nel nostro piccolo Comune. I signori amministratori hanno votato compattamente contro tutte le richieste fatte dal Comitato e dalla Comunella e si sono posti in contrasto anche alle richieste dell’Alleanza contadina. Non hanno accettato neppure una delle nostre piccole modifiche». «Ma hanno accolto, invece, quelle relative all’esproprio del Rilke - prosegue Mervic - per due precisi motivi. Primo, avevano timore di un assai probabile ricorso al Tar da parte del principe della Torre e Tasso; secondo, l’hanno fatto per incrinare la nostra unità». Insomma, una vera e propria strategia, quella del divide et impera. «Intrecci riconducibili al signor Rozza», è l’opinione del presidente della Comunella. Anche se secondo quanto riferito dai consiglieri la quadra sul regolamento è arrivata dopo un acceso confronto in Capigruppo. «Tutti sappiamo bene - prosegue - con che criterio egli invita i portatori di interesse alle proprie audizioni: praticamente i suoi amici sono sempre presenti». «Non c’è problema - sottolinea Mervic -, la sconfitta mi stimola: se ci avessero concesso qualcosa probabilmente avrei mollato. Così non sarà e per quel che mi riguarda la prima mossa sarà quella di dimettermi da presidente della Comunella per poi aver le mani libere. Sto creando insieme ad altre persone un comitato. Di sicuro non ci faremo intimidire da chicchessia. Il nostro compito sarà quello di informare non solo la cittadinanza di Duino, che è tutta dalla nostra parte, ma tutti i paesi del Comune». «Tempo e determinazione non ci mancano - assicura -. Siamo nati qui e qui abbiamo le radici: non ci faremo imporre comportamenti e abitudini». «Due anni - conclude - passano in fretta e allora i nodi verranno al pettine. Non pensino, i signori del maggior partito della coalizione, che alle prossime elezioni saranno ancora trainati dalla forza propulsiva del loro leader Renzi. Creeremo un bel gruppo, che gli farà vedere i sorci verdi».

Tiziana Carpinelli

 

 

In bicicletta da Kranjska Gora a Ravenna: la nuova Adriabike - itinerari turistici
TRIESTE A poche settimane dall’elezione dell’Alpe Adria a ciclabile dell’anno, è l’Adriabike a finire sotto le luci della ribalta: la ciclovia dell’Alto Adriatico, una nuova proposta ciclabile che da Kranjska Gora porta fino a Ravenna. È stata presentata ieri davanti ai 24 partner del progetto transfrontaliero Interbike: un evento finale che in realtà dev’essere considerato punto di partenza. Fatta la progettazione, realizzate opere infrastrutturali e trovato terreno ciclabile (e non) su cui cooperare, ora si deve montare in sella. O meglio: far pedalare i turisti lungo le tre grandi tappe identificate nel percorso. I 1100 km infatti sono stati pensati per essere percorsi in tre settimane, da sei tappe ciascuna: la Via Verde Smeraldo (in onore delle acque dell’Isonzo) da Kranjska Gora a Trieste; la Via della Serenissima, da Portorose a Venezia; e la Via dei Mercanti, da Venezia a Ravenna. Tre milioni di euro spesi bene, per organizzare un itinerario ciclabile che nulla ha da invidiare alle sorelle maggiori e che alle ciclabili già ben note si collega facilmente. Info su www.adriabike.eu.

 

Ciclabile Cottur, ecco panchine e tavoli nuovi
TRIESTE La Provincia ha concluso una seconda fase legata al progetto di riqualificazione della Pista ciclopedonale Giordano Cottur, con il posizionamento di nuovi elementi di arredo urbano lungo l'intero tracciato che parte dal rione di San Giacomo per arrivare al confine con la Slovenia, in località Draga Sant'Elia. In totale nel percorso sono stati posizionati nove tavoli da picnic di cui due accessibili anche alle persone con difficoltà motorie, 22 panchine e 14 contenitori portarifiuti. «Progettazione e posizionamento dei manufatti si sono svolti nel rispetto delle norme di compatibilità ambientale - ha commentato l'assessore provinciale alla Viabilità Vittorio Zollia - sia nella scelta dei materiali che nell'individuazione dei siti dove, lungo il tracciato, sistemare i manufatti». Per l'approvazione e la realizzazione del progetto è stata convocata un'apposita "Conferenza di servizi", con la quale sono stati acquisiti pareri, autorizzazioni e nulla osta necessari alla realizzazione delle opere. Sulla riqualificazione e le sue modalità operative si è espressa favorevolmente la Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio Fvg, oltre ai competenti Servizi della Regione e deai Comuni di Trieste e di San Dorligo della Valle. «Con una terza e conclusiva fase progettuale - ha detto Zollia - la Provincia collocherà lungo la pista anche alcune fontanelle di acqua potabile». L'intervento ha comportato un investimento di 40mila euro, finanziato con i fondi del Programma per la Cooperazione transfrontaliera Italia-Slovenia 2007-2013 Progetto strategico Interbike.

 

 

A piedi in Val Rosandra sulla ferrovia dimenticata
Passeggiata di cinque chilometri da Draga Sant’Elia a San Giuseppe della Chiusa per scoprire segreti e curiosità sfogliando libri e con un esperto Cicerone
È conosciuta come la pista ciclo-pedonale “Giordano Cottur”, ma non tutti i triestini ricordano che su quel percorso un tempo sorgeva una linea ferroviaria: un’arteria che partiva da Campo Marzio per raggiungere Erpelle, attraverso S. Giacomo e poi verso Campanelle, Cattinara, Sant’Antonio in bosco e la Val Rosandra. Ora sarà possibile scoprire la storia di questa ex linea ferroviaria, oggi riqualificata e riutilizzata per un nuovo fine, grazie alla Giornata nazionale delle ferrovie dimenticate che si svolgerà domani. Un’escursione sul vecchio tracciato con spiegazione dal vivo, ma soprattutto con il nuovo libro alla mano intitolato appunto “Il treno della Val Rosandra”, di Roberto Carollo e Roberto Carmeli (storico e socio del Museo Ferroviario di Trieste, prematuramente scomparso lo scorso dicembre). «Si tratta dell’ottava Giornata delle ferrovie dimenticate - spiegano da Mittelnet Viaggi, che assieme a FerStoria organizza l’evento - sebbene a Trieste l’iniziativa si svolga per la prima volta, con lo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica sull’utilizzo di questi tracciati». Il luogo di ritrovo è vicino alla Locanda da Mario a Draga Sant’Elia - alle 14.30 - e prevede una passeggiata a piedi dalla stazione di Draga fino a quella di San Giuseppe della Chiusa, per una distanza di 5 chilometri su strada sterrata». La partecipazione all’evento è aperta a tutti: per chi fosse interessato a partecipare ma fosse privo di automezzo proprio, c’è una navetta di collegamento fra il centro città e Draga Sant’Elia: costa 3 euro a tratta pagabili direttamente a bordo. Il posto va prenotato chiamando Mittelnet allo 040-9896112 oppure al cell. 3934552120 entro oggi. In caso di maltempo la manifestazione si svolgerà al Museo Ferroviario, dalle 16. «Costruita nel 1887 - continua Carollo -, perse dopo soli 19 anni la sua funzione primaria a causa della realizzazione di una nuova arteria più moderna e fu quindi destinata al solo servizio locale verso l’Istria e Pola. Dal 1918, con l’arrivo dell’Italia e la gestione delle Ferrovie, questo suo ruolo venne riconfermato e dopo la Seconda Guerra Mondiale, la ferrovia venne spezzata dal confine per essere soppressa il 31 dicembre 1958». Smantellata nel 1966, è stata trasformata in pista-ciclo pedonale nel 2010.

Andrea Di Matteo

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 6 marzo 2015

 

 

Rigassificatore, Regione contro Roma

La governatrice Serracchiani incontra il ministro dell’Ambiente Galletti e avverte: «Siamo pronti a impugnare gli atti»
«Siamo pronti a impugnare gli atti qualora le nostre ragioni non vengano tenute in considerazione». Debora Serracchiani, governatrice della Regione Fvg e vicesegretario nazionale del Pd, è assolutamente avversa alla prospettiva di un rigassificatore nel golfo di Trieste e lo ha ribadito a chiare lettere ieri mattina all’attenzione del ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, deputato bolognese dell’Udc e amico di Pier Ferdinando Casini. E’la prima volta che la governatrice entra in rotta di collisione con il governo retto da Matteo Renzi, segretario nazionale dei “dem”. La Serracchiani aveva sollecitato l’incontro con l’esponente governativo in seguito alla recente pronuncia da parte della Commissione di Valutazione di impatto ambientale (Via) riguardo la compatibilità del rigassificatore Gas Natural, che avrebbe quale riferimento territoriale l’area di Zaule. Pur senza aver dettagliato il merito, è quantomeno probabile che l’impugnazione, di cui parla la Serracchiani, riguardi proprio il “Via”: la strada sarebbe quella della giustizia amministrativa e il destinatario potrebbe essere il Tar del Lazio. La governatrice si è presentata all’appuntamento con Galletti insieme a Zeno D’Agostino, neo-commissario dell’Autorità portuale triestina. Una evidente scelta di campo che privilegia interessi e investimenti di carattere marittimo-infrastrutturale rispetto al temi dell’approvvigionamento energetico. Lo scenario economico è mutato rispetto a dieci anni fa, quando si mossero i passi preparatori per lanciare il progetto di rigassificazione nel Golfo. Nella Capitale adesso i riflettori si spostano da viale Cristoforo Colombo, sede del dicastero ambientale, a via Molise, dove opera lo Sviluppo Economico che indirà la Conferenza dei Servizi. Dal bolognese Galletti si passa alla modenese Federica Guidi, indicazione ministeriale assai vicina a Confindustria. Proprio nella Conferenza dei Servizi - riporta un comunicato della Serracchiani - «siamo in grado di formulare delle controdeduzioni puntuali, dimostrando con elementi oggettivi l’incompatibilità tra il rigassificatore e le prospettive di sviluppo dei traffici portuali». «Non derogheremo dalla linea - conclude la nota della governatrice - che abbiamo già più volte sostenuto in tutte le occasioni in cui la Regione è stata chiamata a esprimersi, sulla base di una precisa delibera approvata dalla Giunta». Alla vigilia dell’incontro con Galletti la Serracchiani aveva detto che avrebbe chiesto un incontro ai ministri competenti, ricordando, oltre alle prioritarie esigenze operative del porto triestino, «la contrarietà espressa dalla Repubblica di Slovenia». Appoggio alla governatrice dall’associazione FareAmbiente, che ha chiesto un coordinamento generale con Slovenia e Croazia sui principali dossier energetici alto-adriatici, dai rigassificatori alle trivellazioni.

Massimo Greco

 

 

Ma gli investitori insistono sull’Adriatico Dal governo Usa sì all’impianto di Veglia

Anche se il rigassificatore Gas Natural non avrà un destino triestino, l’Alto Adriatico resta un’area interessante per chi intenda investire in questo comparto energetico.

 Il progetto di un impianto sull’isola di Veglia (foto), quindi non lontano da Fiume, aveva recentemente ottenuto un autorevole “affidavit” da Robin Dunningam, esponente dell’esecutivo Usa incaricata delle questioni energetiche: «L’obiettivo è diversificare le fonti di gas nell’Europa centrale», sottolineando il duplice rilievo economico e strategico di queste operazioni. Un altro importante produttore ed esportatore di gas naturale è il Qatar, che sta pensando di costruire un secondo impianto in Italia, dopo il terminal Adriatic Lng al largo del Delta padano che vede Qatar Terminal Company socio al 22%. Questa struttura assicura il 10% dell’approvvigionamento nazionale, che per il restante 90% è coperto da infrastrutture terrestri.

 

 

Fianona 3 al referendum ma Zagabria va avanti
Malgrado il probabile “no” che giungerà dalla consultazione del 29 marzo, Hep con l’appoggio del governo ha già firmato un accordo con la giapponese Marubeni
ALBONA Mentre le municipalità dell'area si preparano al referendum consultivo fissato per il 29 marzo prossimo sull'uso del carbone nella futura centrale elettrica Fianona 3 da 500 Megawatt, l'azienda elettrica di stato Hep (equivalente all'Enel italiana) comunica di aver firmato un Accordo di esclusività di trattativa con la compagnia giapponese Marubeni. Se ne deduce che la Hep, appoggiata dal governo, va avanti per la sua strada, senza tener conto del probabilissimo “no” al carbone che scaturirà dalla consultazione referendaria. Questo accordo, viene spiegato nella nota della Hep, giunge alla conclusione della prima fase delle trattative nella scelta del partner strategico per la costruzione di Fianona 3. I negoziati erano iniziati il 2 settembre scorso, quando l'offerta della Marubeni era stata giudicata la migliore tra quelle pervenute al concorso internazionale per il partenariato. Vi aveva aderito anche l'italiana Edison, classificata in terza posizione, subito dopo la sudcoreana Kosep. L'accordo, come precisato ancora da Hep, ora permetterà alle due parti di definire condizioni ancora più favorevoli per la realizzazione del progetto. Quest'ultimo - si aggiunge - è completamente in linea con le regole e disposizioni dell'Unione europea in materia di tecnologia e tutela antiinquinamento. Anzi, le emissioni risulteranno infine notevolmente inferiori rispetto agli standard ecologici. Il processo di costruzione dell'impianto, conclude il comunicato, comporterà notevoli vantaggi per l’economia nazionale visto che vi saranno incluse numerose aziende croate. Ma non solo: la centrale avrà un impatto positivo sull'economia locale, tenuto conto dell'apertura di numerosi posti di lavoro. Ricordiamo che Fianona 3, nelle intenzioni di Zagabria, dovrebbe sostituire Fianona 1 da 125 Megawatt, entrata in funzione negli anni Settanta dello scorso secolo e ormai ridotta a una caffettiera fumante: verrà ben presto smantellata. Tornando alla questione del referendum, che i comuni dell'area stiano facendo i costi senza l'oste lo ha lasciato intendere il ministro per la tutela dell'Ambiente Mihael Zmajlovic: nei giorni scorsi il ministro a Pola ha dichiarato di non vedere ragioni che impediscano la costruzione della centrale a carbone. A Pisino intanto il parlamentare istriano Damir Kajin ha invitato la popolazione a votare contro il carbone, pur essendo anch’egli consapevole che Zagabria non intende fare marcia indietro.

(p.r.)

 

 

 

 

FERPRESS.it - GIOVEDI', 5 marzo 2015

 

 

FVG: Ambiente. Serracchiani a Galletti, no al rigassificatore nel golfo di Trieste

Lo ha riconfermato la presidente della Regione, Debora Serracchiani, incontrando oggi a Roma il ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti
(FERPRESS) – Roma, 5 MAR – “No al rigassificatore nel golfo di Trieste”. Lo ha riconfermato la presidente della Regione, Debora Serracchiani, incontrando oggi a Roma il ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, dopo che la Commissione di Valutazione di impatto ambientale (VIA) ha recentemente dichiarato la compatibilità dell’opera. All’incontro era presente anche il commissario dell’Autorità portuale Zeno D’Agostino.
 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 5 marzo 2015

 

 

“Rivoluzione” a Roiano - Cantieri entro l’anno

Il Comune avvia l’attesa riqualificazione dell’ex caserma della Polstrada con parcheggi, un bosco urbano, una grande piazza, un dog park e un bar
Una settantina di parcheggi, un asilo nido, aree verdi, spazi ludici e di aggregazione, un bar, un dog park e una piazza che potrà ospitare eventi e manifestazioni. Sono gli ingredienti del progetto di riqualificazione dell’area in cui sorge la caserma della Polstrada “Emanuele Filiberto” di Roiano che andrà letteralmente a rivoluzionare il volto del quartiere in meno di due anni. Un intervento il cui obiettivo è recuperare una zona ad uso pubblico: un progetto di cui si parla da anni ma che adesso può finalmente decollare in virtù dell’operazione attraverso la quale il Comune di Trieste, mettendo a disposizione della Polstrada la caserma di via Mascagni a Valmaura, ha potuto acquisire gli spazi da 8mila metri quadrati complessivi nel cuore di Roiano. Un’opera che si inserisce nel programma di riqualificazione urbana e sviluppo sostenibile del territorio (Prusst), per un finanziamento di 7 milioni e 761 mila euro, suddivisi tra contributi regionali (5 milioni e 789 mila), ministeriali (1 milione e 211 mila) e municipali (760 mila euro). Stretti i tempi di realizzazione: due anni scarsi, visto che la consegna deve essere portata a termine entro maggio del 2017, pena la perdita dei contributi (al massimo ci potrà essere una proroga di qualche mese) e considerando che il Comune entrerà in possesso dell’area solo a partire dall’estate di quest’anno, dopo che la Polstrada avrà concluso le operazioni di trasloco, con i lavori veri e propri che scatteranno alla fine del 2015. «Questa è un’area che da sempre è stata negata alla città e della quale la città adesso può riappropriarsi - ha affermato l’assessore comunale ai lavori pubblici Andrea Dapretto, accompagnato dalla squadra di tecnici e progettisti -. In questo modo andrà a cambiare radicalmente la percezione dell’intero quartiere da parte dei residenti: un rione densamente popolato e dove si sente la mancanza di aree verdi e luoghi di aggregazione». Nello specifico, l’area potrà contare su un asilo nido da 60 posti per bambini da 3 a 36 mesi per una superficie di 900 metri quadrati, cui si aggiungerà un giardino da 600 metri quadrati. Grande attenzione per le aree verdi, che comprenderanno anche un “bosco urbano” lastricato e alberato, percorsi pedonali e ciclabili di collegamento, oltre ad uno spazio dedicato agli amici a quattro zampe. Per finire un’area giochi, un punto ristoro e una piazza-mercato di 800 metri quadrati per gli eventi rionali. Il parcheggio da 70 posti seminterrati andrà ad incidere sulla cronica carenza di posti auto nel quartiere: un numero inferiore a quanto previsto nel progetto originale ma che sarà compensato dalle strutture realizzate nel rione negli ultimi anni (220 posti totali), cui si sommano le previsioni del piano parcheggi per Largo Roiano. Un intervento rivisitato e adeguato ai crismi progettuali del momento tanto che, a differenza di quanto pensato in un primo momento, saranno completamente demolite tutte la strutture facenti parte della caserma, per poi ricostruire da zero. Un progetto partecipato e condiviso con cittadini e associazioni di categoria. I residenti potranno infatti dire la loro anche su alcuni dettagli di esecuzione: dalle attrezzature dell’area giochi, fino alla tipologia di alberi da piantare, attraverso dei questionari da compilare e consegnare entro il 17 marzo, scaricabili dal sito Rete Civica del Comune o disponibili nella sede della terza circoscrizione. Soddisfazione è stata espressa dal presidente del parlamentino Piero Ambroset per «un progetto equilibrato e ampiamente condiviso, frutto di puntuali sinergie» e da Anna Mozzi, presidente della commissione lavori pubblici, che si è soffermata su una scelta «nel segno della sostenibilità ambientale e dell’attenzione nei confronti delle esigenze dei cittadini».

Pierpaolo Pitich

 

La Lega attacca sulle otto grandi superfici commerciali
«Il Comune mette in croce gli operatori commerciali e svuota i centri abitati».

Il candidato sindaco della Lega, Pierpaolo Roberti, attacca la giunta comunale in seguito all’approvazione, da parte del Consiglio comunale, dell’apertura di otto nuove “grandi superfici di vendita” (gli ex centri monomarca), alimentari e non, nella nostra provincia. «Il piano varato - esordisce Roberti - è l’ennesima dimostrazione di quanto la maggioranza a guida Pd sia distante dai reali problemi dei cittadini. Favorendo la speculazione attraverso la costruzione di oltre 30mila metri quadrati di superfici di vendita - prosegue - non viene infatti arrecato solo un notevole danno al commercio di vicinato, ma si finisce con il dare un colpo di grazia ai rioni in termini di presidio territoriale e dunque di sicurezza». Le conseguenze negative del piano varato dall’aula, sempre secondo il candidato sindaco leghista, non si fermano qui. «I titolari di esercizi che volessero trasferirsi all’interno di un centro commerciale - spiega il candidato sindaco leghista - si troverebbero inoltre costretti con ogni probabilità a sottoscrivere non più contratti “di locazione”, con la possibilità dunque di cedere l’attività o di beneficiare di un’indennità di avviamento, bensì quelli assai più vincolanti “di affitto di ramo d’azienda”». «Ciò significa - conclude Roberti - che questa giunta e i consiglieri che hanno approvato la delibera stanno mettendo in croce, sull’altare di interessi politici - ed economici per chi realizza le opere - le ultime speranze di ripresa del commercio a Trieste». Le otto aree individuate, per le quali ora si attendono gli investitori, sono situate tra via Flavia e via Brigata Casale, tra via Flavia e via Pietraferrata, in Strada per Cattinara, a Campo Marzio, a Prosecco, in via Rio Primario, in via Svevo e in Strada per la Rosandra.

 

“Nuovi” Beni culturali - Affanni alla guida Soragni torna a Roma
Il neosegretario, già dirigente in Lazio, arriva dall’ispettorato Caso Picchione: il sindaco chiede «criteri più oggettivi»
Il primo responsabile del Segretariato ai Beni culturali nel Friuli Venezia Giulia si chiama Anna Maria Affanni, dirigente attualmente operativo nel servizio ispettivo del MiBac. Non c’è ufficialità di annuncio, ma questa dovrebbe essere la soluzione. Una carica di nuovo conio, che fungerà da coordinamento tra i soprintendenti, sostituendo il “vecchio” profilo del direttore regionale: così l’ultimo a ricoprire l’antico incarico è stato “ad interim” Ugo Soragni, che va alla Direzione generale musei a Roma. Dal curriculum si apprende che l’architetto Affanni compirà a luglio 63 anni, si è laureata alla romana Sapienza dove si è anche specializzata in restauro dei monumenti. E’ stata tra l’altro soprintendente ai Beni architettonici e paesaggistici in Abruzzo, nel Lazio, in Umbria (ad interim). Ha seguito per diversi anni le iniziative collegate al 500° anniversario della nascita di Jacopo Barozzi detto “il Vignola”. Ha svolto attività didattica presso le facoltà di architettura delle Università di Roma e Venezia, presso la facoltà di ingegneria dell’Ateneo udinese. Ha diretto i lavori di circa 65 cantieri di restauro, segnala 107 collaudi di interventi di restauro e 78 incarichi di “rup” (responsabile unico del provvedimento) sempre in ordine a interventi restaurativi. Parla e scrive in un inglese “fluente”. La retribuzione lorda annua ammonta a 78.968,51 euro. Anna Maria Affanni è stata coinvolta in una decennale vicenda giudiziaria che nel gennaio 2014 l’ha vista alfine assolta dalla Corte d’Appello di Roma, dopo una condanna in primo grado a sei mesi inflittale nell’estate 2012 per un abuso edilizio. In seguito a quella condanna la Uil “beni e attività culturali” chiese addirittura all’allora ministro Lorenzo Ornaghi il licenziamento del dirigente. Il caso giudiziario danzò con una certa frequenza sui giornali anche per la peculiarità del dossier: infatti la Affanni, all’epoca soprintendente ai Beni architettonici e paesaggistici del Lazio, era stata sostanzialmente accusata di aver trasformato una grotta nell’isola di Ponza in una villa con vista mozzafiato sulla spiaggia del Frontone. Al punto che la stampa laziale parlava di “grotta del soprintendente”. Comunque, difesa dagli avvocati Titta Madia e Fabio Raponi, la futura Segretario ai Beni culturali Fvg è uscita indenne dalla lunga bufera. Dopo questo aggiornamento sugli avvicendamenti nelle gerarchie di palazzo Economo, rieccoci con l’evoluzione del “caso Picchione”, il soprintendente regionale ai Beni architettonici e paesaggistici in procinto di essere trasferita all’Aquila. Le reazioni allo spostamento del dirigente sono improntate alla prudenza. Un po’ perchè in passato sono fioccate le querele, un po’ per scaramanzia. Valerio Pontarolo, presidente dell’Ance Fvg, aveva ingaggiato un fiero braccio di ferro con la Picchione: «Ma non è il caso di metterla in termini di vittoria o di sconfitta e vorrei evitare di farne un caso personale. Vorrei invece che l’effetto più importante fosse un cambio di marcia nell’attività della Soprintendenza, all’insegna del buon senso e della considerazione verso le esigenze dell’utenza e del mondo imprenditoriale». Una posizione condivisa da Dario Bruni, presidente di Confartigianato Trieste: «Ricordo il blocco molto discutibile di alcune iniziative in ambito edilizio. Avvertivamo una sorta di ostilità nei confronti delle aziende. Spero che l’armosfera cambi, perchè certamente non desideriamo alterare la tutela dei beni culturali, ma chiediamo solo ragionevolezza». Il sindaco Roberto Cosolini, dal versante istituzionale, preferisce un approccio più generale: «Credo che il problema nasca da una concezione della tutela del bene culturale lasciata troppo alla valutazione soggettiva del dirigente. Sarebbe invece necessario focalizzare criteri il più possibile oggettivi per evitare l’eccesso di discrezionalità».

Massimo Greco

 

 

Arriva il Rifiutologo per buttare gli scarti in maniera corretta - (vai sul sito ACEGAS)
Il sito dell’AcegasApsAmga attiva un’applicazione web che spiega come smaltire in modo corretto 1.500 oggetti
Venite colti da atroci dubbi mentre uscite di casa con sacchetti di rifiuti “particolari” e non sapete in quali contenitori gettarli? Avete materiali ingombranti di cui non riuscite a sbarazzarvi? Il toner della stampante si è esaurito e non sapete dove buttare il contenitore? Niente paura, da ieri arriva in vostro soccorso il “Rifiutologo”, un’applicazione web studiata appositamente. La trovate sul sito www. acegasapsamga.it (area clienti, sezione ambiente), dove scrivendo il nome di un oggetto o di un materiale (ne sono stati inseriti già 1.500, aumentabili su vostra indicazione) vi viene indicato il modo corretto per smaltirlo. Il “Rifiutologo” nasce dal fatto che, ogni volta che è stata introdotta una nuova frazione della raccolta differenziata, nonostante una specifica lettera inviata ai cittadini rimanevano molti dubbi. «L’iniziativa - spiega l’assessore comunale all’Ambiente Umberto Laureni - va a sanare il fatto che il numero verde dell’ex municipalizzata era tempestato di telefonate di persone che chiedevano indicazioni su come smaltire certi rifiuti». Anche con l’aiuto del web l’obiettivo primario è sempre quello: aumentare la quota di raccolta differenziata, che negli anni scorsi ha visto la città non certo nelle migliori posizioni a livello nazionale. «I dati di gennaio - precisa l’assessore - indicano che la differenziata è al 36%, un significativo 4% in più rispetto alla quota complessiva del 2014. Questo trend entro l’anno ci permetterà di arrivare al 40% che ci siamo ripromessi». Ma come funziona il “Rifiutologo”?. Nella fascia gialla della “home page” c’è una finestrella in cui scrivere il comune di residenza (Trieste o Duino Aurisina, per la nostra provincia), cliccando poi sul “pulsante di localizzazione” (posto sulla destra) e quindi sotto, sul quadrato verde relativo all’Area ambiente. A quel punto, sulla nuova schermata, a sinistra, appare la maschera del Rifiutologo, nella cui finestrella va scritto il tipo di rifiuto (una volta indicato, appaiono anche diversi suggerimenti per migliorare l’indicazione dell’oggetto). Inserendo ad esempio la parola vetri, è possibile scegliere fra vetri di grandi dimensioni e infissi. Optando per la prima, il Rifiutologo dà due alternative per lo smaltimento: il centro di raccolta o il ritiro a domicilio. Nella casella della risposta appare anche la scritta “approfondisci”. Cliccando su quest’ultima, si ottiene una serie di informazioni per completare l’operazione smaltimento: orari dei centri, numeri di telefono, indirizzi e-mail, servizio clienti, una mappa con le posizioni dei centri di raccolta e un elenco con i materiali che si possono (e quelli che non si possono) conferire. Il Rifiutologo giunge in un momento in cui Comune e AcegasApsAmga stanno completando l’allestimento delle isole ecologiche (nuove o potenziate), annunciato un mese fa, in cui è in fase di ultimazione la rete per l’umido, e nel quale sta per partire (ne riferiamo a parte) la raccolta differenziata nei pubblici esercizi. La rete delle isole ecologiche, in particolare, è stata potenziata con nuovi cassonetti per una capacità di 310mila litri, serviti anche a creare sette nuove isole (in via Canova, via Cantù, passo Pecorari, via di Monrupino, via Alpi Giulie, via Caprin e via Tor San Piero). Altri cassonetti per 183 mila litri - che anche questi vanno a creare nuove isole ecologiche o a completare quelle esistenti - sono stati collocati in queste settimane in via Aldegardi, via Beccaria, via Cicerone, via del Bosco, via Madonnina, via Montasio, via San Francesco bassa, via Raffineria, via della Tesa, via Rivalto, oltre che a Padriciano e a Trebiciano.

Giuseppe Palladini

 

La differenziata arriva nei pubblici esercizi
Fra un mese a bar e ristoranti saranno consegnati quattro contenitori. L’assistenza della Fipe
Scatterà a breve anche per gli esercizi pubblici l'obbligo della raccolta dell'umido. Il periodo di moratoria concesso fino ad oggi verrà meno non appena il Comune distribuirà, con il supporto di AcegasApsAmga, appositi contenitori, che saranno quattro: uno per l'umido, uno per l'indifferenziata, il terzo per la plastica e un altro per il vetro. Una volta che saranno consegnati a bar, pizzerie e ristoranti, la raccolta dell'umido verrà introdotta anche per gli esercizi pubblici, con le conseguenti sanzioni per chi non rispetterà le regole. Regole non semplici da seguire per un ristorante «ma che andranno messe in pratica - ossereva Bruno Vesnaver, presidente della Fipe - come accade ormai nelle case dei triestini o nei locali in altre città». La raccolta di carta e cartone per il momento continuerà ad essere effettuata con le consuete modalità, con la carta gettatat nelle apposite campane delle isole ecologiche e i cartoni fatti confluire nei punti di raccolta in città. Il compito di dividere i rifiuti nelle cucine dei ristoranti o delle pizzerie spetta molto spesso ai lavapiatti, ai camerieri o gli addetti alle pulizie. Che in molti casi parlano lingue diverse e provengono da paesi lontani. «Per agevolare il loro lavoro e cercare di spiegare come riconoscere quello che andrà gettato nei diversi contenitori - anticipa Vesnaver - la Fipe invierà ai suoi associati delle tabelle, degli schemi, anche con immagini semplificative. Un aiuto in più anche per chi non parla perfettamente l'italiano o non ha dimestichezza con la raccolta differenziata». Andrà, ad esempio spiegato che tutti gli scarti di cibo andranno gettati nel contenitore dell'umido. E che in quello stesso bidone si potranno gettare anche i gusci delle uova, i fondi di caffè, i filtri di the, le croste dei formaggi, le lische di pesce ma non le ossa di pollo o di altri animali e neppure i gusci di cozze e vongole. I contenitori saranno distribuiti gratuitamente a partire da aprile. Poi, per chi non seguirà le regole, scatteranno le sanzioni. I controlli non mancheranno. L'intento dell'amministrazione, con questa iniziativa, è di aumentare i volumi di rifiuti smaltiti attraverso la raccolta differenziata. I contenitori individuati per la distribuzione sono di due tipi: uno da 45 litri, impilabile, è uno da 100 litri. I bidoni ora sono in fase di valutazione da parte dell'Azienda sanitaria. Che dovrà valutare se garantiscono la corretta igiene nelle cucine degli esercizi pubblici. I contenitori più piccoli possono essere facilmente sistemati nelle cucine, quelli più grandi saranno adatti per chi dispone anche di piccoli spazi all'aperto. I due modelli sono disponibili, per chi li volesse visionare, nella sede della Fipe in via Roma 28. Spetta ora ai gestori esprimere eventuali perplessità sui modelli scelti e indicare quale tipo desiderano ricevere. Dotati di rotelle, i contenitori andranno svuotati negli apposti cassonetti.

Laura Tonero

 

Stangata per gli ecoreati: l’ok del Senato
Da 5 a 15 anni per chi causa disastri ambientali. Il provvedimento torna alla Camera per il sì definitivo
ROMA Dopo l’approvazione del disegno di legge sugli Ecoreati il pensiero è subito andato alle vittime dell’eternit e a quelle della Terra dei Fuochi. Ieri il Senato ha dato l’ok, con i voti di Pd, Sel, Ncd e M5S, a un provvedimento che introduce nel codice penale 5 nuovi reati: disastro e inquinamento ambientale, delitti colposi contro l’ambiente, traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività, e impedimento al controllo. Il testo introduce pene severe, come il carcere da 5 a 15 anni per chi, abusivamente, provoca un disastro ambientale, e reclusione da 2 a 6 anni per l’abbandono di materiale radioattivo o inquinante per l’ambiente. Ora il ddl torna alla Camera. Intanto Pietro Grasso ricorda le lacrime di Romana Blasotti, che ha perso 5 familiari per l’amianto, e le “ingiustizie” subite nella Terra dei Fuochi con la morte del poliziotto Roberto Mancini. «L’approvazione del ddl - dice il presidente del Senato - è una risposta al loro dolore e a quello delle famiglie». Per il ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, si tratta di «un passaggio storico che servirà a stroncare i business criminali sui territori». Con il via libera definitivo di Montecitorio, dove si auspica ci sia un percorso veloce senza modifiche, chi compromette le acque, l’aria, il suolo o il sottosuolo sarà condannato per inquinamento ambientale con una pena dai 2 ai 6 anni di carcere e una multa da 10mila a 100mila euro. Previste aggravanti se l’inquinamento causa lesioni o morti: da 2 anni e 6 mesi fino a 7 anni per lesioni che comportino più di 20 giorni di malattia; da 3 a 8 anni per lesioni gravi; da 4 a 9 per lesioni gravissime; da 5 a 10 in caso di morte. Se i reati di inquinamento e di disastro ambientale sono commessi per colpa - anziché per dolo - le pene vengono ridotte da un terzo a due terzi. Per disastro ambientale (punito dai 5 ai 15 anni di reclusione) si intende l’irreversibile alterazione dell’equilibrio di un ecosistema e si misura la gravità calcolando l’estensione della compromissione e i suoi effetti lesivi. Da 2 a 6 anni di carcere e multa da 10mila a 50mila euro per chi invece cede, acquista, riceve, trasporta, importa o esporta, detiene o abbandona illegittimamente materiale ad alta radioattività. Le pene vengono aumentate fino alla metà se ne deriva pericolo per la vita delle persone.

Gabriella Cerami

 

Via libera alle nuove regole sulle falesie

Approvazione in Consiglio comunale dopo una maratona di sei ore. Retromarcia sull’esproprio legato al sentiero Rilke
IL SINDACO KUKANJA Ora dobbiamo guardare avanti L’epilogo in aula dimostra che alla fine gli attriti non erano così forti C’è stata condivisione
DUINO AURISINA Alla fine, nella fatidica zona A, quella a tutela integrale, ha vinto il falco Pellegrino. E con lui, l’edredone, la valpoca e il marangone dal ciuffo. Resta la “corsia preferenziale” per nuotatori e kayakers negli specchi acquei delle Falesie: d’ora in avanti potranno spingersi nelle loro bracciate o pagaiate al largo sì entro i 60 metri, ma oltre i 50 dalla linea di costa, per non disturbare la nidificazione degli uccelli sotto tutela della riserva regionale. Comunque - e va sottolineato - significativi “ritocchi” al nuovo regolamento, ieri approvato in una maratona di oltre sei ore di Consiglio comunale a Duino Aurisina, sono stati apportati, in accoglienza alle istanze della cittadinanza. Ora infatti, diversamente da quanto ventilato nei giorni scorsi, potranno varcare gli specchi acquei protetti della zona B anche le imbarcazioni (nel massimo di due unità) di pescatori professionali della piccola pesca marittima. E, soprattutto, si è rimossa la parola “esproprio” dal testo, con riferimento all’acquisizione del sentiero Rilke. Un gesto di attenzione verso i della Torre e Tasso, che prevedibilmente non avrebbero gradito l’ingerenza del Consiglio su un tema che ormai da mesi attanaglia Duino: la chiusura della panoramica passeggiata. Giornata campale, dunque, quella di ieri. Non solo per gli sforzi politicamente profusi per arrivare alla quadra, ma anche perché alla fine gli animi sulla vicenda si sono sbollentati, almeno tra i partiti. Alle 16, quanto il the end è calato sulla massima assise, il testo del regolamento è passato coi soli voti della maggioranza, 11; mentre tre i contrari (Romita, Pallotta e Iurman) e tre gli astenuti (Ret, Svara e Humar) nel centrodestra, che ha evidentemente apprezzato il sì all’unanimità incassato proprio sull’emendamento dei pescatori, nonché l’apertura della maggioranza sulla spinosa questione Rilke. «Ora guardiamo avanti - ha commentato il sindaco Vladimir Kukanja -: l’epilogo del Consiglio dimostra che la condivisione s’è avuta e che non c’erano attriti così forti. Questo, non scorderò mai di dirlo, è l’inizio. La riserva può essere un volano economico per il territorio, una grande attrazione. Sarà fruita da tutti, ci saranno attività nel rispetto della natura. Si creeranno nuovi posti di lavoro». «E se ci sarà - conclude - qualcosa da correggere o modificare, lo faremo senza problemi». Soddisfatto anche Maurizio Rozza, presidente della II Commissione e “papà” della prima versione del testo: «Un clima positivo è stato ritrovato. Adesso si parte con la gestione: già il prossimo autunno vedremo i primi turisti inglesi visitare la nostra riserva». E l’esproprio rimosso? «È comunque previsto per legge - replica -, nel caso in cui non si riesca in via bonaria a trovare una soluzione». Il testo votato tornerà ora alla Regione per l’ultima approvazione. «Lo dico francamente - commenta Andrea Humar (Pdl) - non avessero accolto all’unanimità il mio emendamento sui pescatori, realtà storica di Duino, non mi sarei astenuto, ma avrei votato contro, soprattutto per il metodo adottato in questo percorso. Non è stato semplice, abbiamo sospeso il Consiglio per una Capigruppo che è durata quasi due ore, ma alla fine il centrosinistra ha capito l’importanza della correzione e per questo mi ritengo appagato». «Avrei preferito - conclude - che le unità marittime consentite fossero elevate a 4 anzichè due, ma spero si possano intervenire in seguito». Concorde Ret: «Pur critico verso il percorso svolto, ritengo positivo l’assenso espresso sull’emendamento relativo all’esproprio del Rilke che ho presentato. La maggioranza ha votato anche altre modifiche, così, alla fine, si è lavorato in un clima positivo, di confronto. Bene anche la parte relativa al comitato gestore, che sarà tenuto a relazione ogni scelta al Consiglio». «Parliamoci chiaro - conclude l’ex sindaco - tra il primo testo e questo c’è in mezzo un abisso».

Tiziana Carpinelli

 

Battaglia del Prosecco, vertice in Regione

La paradossale situazione del Prosecco torna alla ribalta. Ottenuto, infatti, l’assenso dalla casa madre delle barbatelle della Glera, “madre” di tutti i Prosecchi, il Veneto non ha dato seguito a tutte le promesse fatte per valorizzare il Carso e i suoi produttori.

Domani si terrà nel Palazzo della Regione a Trieste la riunione per fare il punto sullo stato d'attuazione del Protocollo d'intesa per la valorizzazione della Doc Prosecco. Cioè, praticamente, il nulla. Il protocollo è stato firmato nel 2009 tra il ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali, la Regione Friuli Venezia Giulia e le diverse associazioni di categoria agricole e aveva comportato anche la presenza del governatore del Veneto, Luca Zaia, che aveva inserito in un parcheggio (!) a Prosecco una pianta, ormai ampiamente morta. Alla riunione, convocata dal vicepresidente della Regione e assessore alle Risorse agricole Sergio Bolzonello, parteciperanno l'assessore regionale alla Pianificazione territoriale Mariagrazia Santoro, i consiglieri regionali Igor Gabrovec e Stefano Ukmar e il presidente della Camera di commercio di Trieste Antonio Paoletti, accanto ai vertici delle organizzazioni agricole.

 

 

Arvedi: «Emissioni zero dalla cokeria»
In una nota il Gruppo di Cremona si dice convinto di poter mantenere l’area a caldo rendendola compatibile con l’ambiente
«L’area a caldo dello stabilimento siderurgico di Servola è complementare ai nuovi impianti produttivi». Lo sottolinea in una nota il Gruppo Arvedi nella stessa giornata in cui la Terza commissione del Consiglio comunale discute una petizione dei cittadini corredata di 250 firme che ne chiede la chiusura e soprattutto due giorni dopo un’incandescente Consiglio comunale in cui Alessandra Barocci, responsabile del Gruppo Arvedi per gli aspetti ambientali aveva precisato che potrà essere presa in considerazione la chiusura dell’area a caldo solo se l’inquinamento persisterà. Stando alla nota inviata ieri da Cremona però, anche in base alle sperimentazioni che sono state fatte in queste settimane, l’eventualità è con somma probabilità, da escludere fin d’ora. «Il Gruppo Arvedi - si legge nella nota - intende raggiungere i massimi livelli di compatibilità ambientale con la ferma determinazione a ottenere performance ambientali che vadano ben oltre i limiti massimi indicati dalla normativa europea (Bat)». Arvedi precisa che ha deciso «di realizzare un progetto innovativo per l’aspirazione e la captazione delle emissioni fuggitive fisiologicamente prodotte da tutte le cokerie (anche le più moderne) con la fondata consapevolezza di raggiungere gli obiettivi previsti». «La progettazione è terminata - aveva specificato Barocci in Consiglio - abbiamo investito 4 milioni di euro e ordinato l’impianto. Funzionerà a regime alla fine dell’anno». «L’impianto è stato concepito - è stato ribadito ieri da Cremona - per aspirare, captare, depolverizzare e filtrare le emissioni fuggitive di tutte le aree della cokeria: batterie forni, macchina caricatrice, zona movimentazione e selezione coke, zona sottoprodotti. Si tratta solo di un primo passo cui seguiranno ulteriori investimenti. Un progetto innovativo sul quale il Gruppo cremonese investe risorse e applica tecnologie avvalendosi delle migliori professionalità, affinché sia garantita la prosecuzione dell’attività dell’area a caldo in condizioni di totale compatibilità ambientale. Un impegno prioritario - conclude la nota - che potrà assicurare la coesistenza della produzione della ghisa con l’attività logistica e la lavorazione di finitura di prodotti siderurgici». L’area a caldo è stata come detta al centro ieri anche di un’animata discussione in Terza commissione presieduta da Mario Ravalico. La situazione dei residenti, anche a commento della petizione che ne chiede la chiusura, è stata illustrata da Ettore Bellanti dell’associazione Nosmog. Spetterà ora all’aula, nei prossimi giorni, esprimersi sulla petizione con un voto. L’altra sera sono state bocciate dal Consiglio due mozioni che chiedevano la chiusura dell’area a caldo: una dei Cinquestelle e l’altra di Sel. E a proposito di quest’ultima il segretario regionale della Cgil, Franco Belci, sottolinea che «meraviglia che una forza politica come Sel, che fa parte della maggioranza in Comune e dice di aver a cuore l'occupazione, sia in prima fila a sostenere una posizione che fa leva sull'emotività. Sel - commenta Belci - si esprime in due lingue: con una in Comune, con l'altra in Regione, e con altrettanti silenzi dei vertici politici provinciale e regionale: in questo modo ci si tengono aperte tutte le porte ma non si fa chiarezza rispetto ai cittadini».

Silvio Maranzana

 

 

Petrolio in Adriatico, ipotesi referendum
Croazia, l’apertura di Milanovi„ sulla partita delle trivellazioni. Ok dagli ambientalisti. L’opposizione: annunci preelettorali
ZAGABRIA Saranno forse state le critiche sempre più accentuate - in patria e sull’altra sponda dell’Adriatico - alla corsa all’oro nero, e la denuncia dei relativi guasti ambientali. O forse la consapevolezza, seppur tardiva, che un passo così importante va fatto coinvolgendo al massimo l’elettorato. Oppure è solo una mossa populistica, come ha suggerito maliziosamente l’opposizione, pianificata per recuperare consensi. Comunque la si veda, la direzione del vento a Zagabria sta cambiando, in merito agli avanzatissimi piani del governo sullo sfruttamento degli idrocarburi che si nasconderebbero nei fondali dell’Adriatico, in acque croate. Un affare strategico, quello dell’oro nero e del gas, che nelle aspettative dell’esecutivo croato potrebbe portare nelle casse dello Stato più di mezzo miliardo di euro nella sola fase delle esplorazioni. E altri 90-100 miliardi di euro in un quarto di secolo, quando partiranno le trivellazioni da parte dei giganti dell’energia. Ma i soldi non sono tutto, neppure per un Paese da sei anni in recessione. E la cittadinanza dovrebbe esprimere il proprio parere sul delicato tema. Sarebbero queste le intenzioni del premier croato, Zoran Milanovi„, che ha aperto le porte a un referendum popolare sulle trivellazioni specificando, durante una visita all’isola di Arbe, che finora «in Croazia si è andati al referendum» anche «su questioni non di rilevanza nazionale». Poi, la promessa-minaccia. «E allora io dico», ha aggiunto Milanovi„, «andiamo al referendum e vediamo se vogliamo», come nazione, «lo sfruttamento» di materie prime «per le quali si combattono guerre, nel mondo», materie come gas e petrolio che «forse noi possediamo nel sottosuolo». O se il popolo croato, al contrario, desidera congelare tutto, come propone «una minoranza rumorosa». Minoranza che, come accade nelle democrazie moderne, ha tuttavia «il diritto di essere rumorosa». Insomma, una via di mezzo tra il concetto di apertura e quello di prova di forza. Rimangono però confuse questioni non di poco conto. Quando sarà indetta l’ipotetica consultazione popolare, dato che i primi contratti per l’esplorazione in Adriatico dovrebbero essere firmati entro fine mese? E il referendum riguarderà anche i futuri pozzi in Slavonia? Certe sono invece alcune reazioni negative all’uscita a sorpresa di Milanovi„. Il numero uno dell’opposizione, il leader dell’Hdz Tomislav Karamarko, ha parlato di un premier che «ultimamente» fa solo «annunci» che possono contribuire a migliorare «la sua immagine perché stiamo entrando in periodo pre-elettorale». Karamarko ha però ribadito che il suo partito, più che sull’oro nero, ritiene che la Croazia debba puntare su altre risorse, «senza cercare avventure» rischiose. Risorse già collaudate e remunerative, come quelle del turismo. E anche la minoranza rumorosa si è già fatta sentire. Gli attivisti della campagna “Sos za Jadran” – coordinata da Zelena akcija, Sunce, Zelena Istra, Zmergo e Biom assieme a Greenpeace e Wwf – hanno espresso compiacimento per l’apertura del premier. Ma hanno al contempo ricordato che, se referendum sarà, esso dovrà essere preceduto da una campagna informativa «di qualità», mirata a spiegare alla cittadinanza i pro e soprattutto i contro del progetto di sfruttamento dell’Adriatico. Contro come i rischi di «incidenti durante l’esplorazione e lo sfruttamento», ricorda Sos za Jadran, che minaccerebbero «l’ecosistema dell’Adriatico», oltre al «settore turistico». Settore che contribuisce al 15% del Pil annuale, «una delle poche industrie stabili in Croazia».

Stefano Giantin

 

Le tensioni interne si aggiungono a quelle con Lubiana

Il grande affare dello sfruttamento di gas e petrolio in Adriatico non sta provocando critiche e tensioni solo all’interno della Croazia, dove ora il premier Milanovic apre al referendum. Di recente anche Lubiana si è fatta sentire con le esternazioni del ministro dell’Ambiente sloveno, Irena Majcen. L’esponente di governo ha ribadito che Lubiana non vede di buon occhio le aspirazioni di Zagabria a diventare potenza energetica attraverso un programma incentrato sullo sfruttamento dell’Adriatico, un mare chiuso: scelta che potrebbe avere «significative ripercussioni ambientali» in caso di incidenti. Anche un gruppo di famosi cantanti croati, da Meri Cetinic a Oliver Dragojevic, tradizionalmente poco interessati alla politica, ha chiesto al governo di Zagabria di fermarsi in tempo promettendo che farà «di tutto» per sensibilizzare l’opinione pubblica su tema trivellazioni.

(s.g.)

 

 

Un referendum per il primo autodromo
Gli abitanti di Mortegliano si esprimeranno sulla costruzione del “Parco turistico-sportivo” da 37 ettari
MORTEGLIANO Sette anni per decidere se fare un autodromo o no. E fra poco arriverà la decisione definitiva. È quanto accade a Mortegliano dove, fra due settimane sarà la popolazione a esprimersi attraverso un referendum indetto dal sindaco Alberto Comand, se dare via libera o meno alla modifica del piano regolatore di una vasta area che comprende una pista di volo in cemento, dismessa alla fine della Seconda guerra mondiale. Se la maggioranza dei cittadini darà il consenso, il 15 marzo, l’amministrazione comunale avvierà le procedure per la costruzione di un “Parco turistico-sportivo per il Friuli Venezia Giulia”, che comprende un autodromo. A illustrarne le caratteristiche alla cittadinanza i promotori dell’iniziativa: Luca Commessatti, presidente di Pro.Mo. Mortegliano, l’urbanista triestina Fiorella Honsell, l’architetto Luciano Snidar, il forestale Antonio De Mezzo, Walter Franzil (urbanista) e Marco Pini, coordinatore provinciale di Fare Ambiente. Gli imprenditori hanno già acquistato i terreni necessari, hanno redatto un progetto e sono pronti a partire, con l’allestimento del parco e in contemporanea la costruzione dell’autodromo, con una pista in asfalto di circa 3.500 metri, non solo per competizioni, ma anche per raduni storici, corsi di guida sicura, collaudi e presentazioni di auto e moto. Numerosi i piloti triestini e isontini che usufruirebbero dell’impianto per prove, senza dover sottostare a costose trasferte. Un totale di 37 ettari con il 70 per cento di spazi verdi, recintati con siepi. All’interno parco giochi per i bambini, attrezzature per il tempo libero, viali alberati per il passeggio e tutto il necessario per l’attività dell’autodromo, che non servirà solo per far correre auto e moto, ma anche per ciclisti, podisti e maratoneti. L’area potrà pure essere adibita a concerti ed eventi. Dopo i progetti andati in fumo negli ultimi trent’anni per costruire un autodromo a Villesse, a Bordano e ad Amaro, questa di Lavariano è un’altra occasione. Molteplici gli interventi della popolazione, a chiedere lumi sul progetto che, se realizzato (tra tempi tecnici e costruzione quasi 3 anni) porterà nella zona di Mortegliano gente anche da fuori regione, da Austria, Slovenia e Croazia: soprattutto piloti di auto e moto, ma anche amanti della bicicletta e del running.

Claudio Soranzo

 

 

Alpi Giulie Cinema, le premiazioni al Knulp
Premio Alpi Giulie Cinema dalle 18 Ingresso liberoSarà l’assessore comunale alla Cultura Paolo Tassinari a consegnare alle 20, al Knulp, “La Scabiosa Trenta” al vincitore del XXI Premio Alpi Giulie Cinema riservato alle produzioni cinematografiche di autori originari delle regioni alpine del Friuli Venezia Giulia, Slovenia e Carinzia dedicate alla montagna (sport, cultura e ambiente). Il programma della giornata, a ingresso libero, prevede la proiezione alle 18 di “I Magredi, ieri, oggi e domani”, “Na Kriško goro”, e “The Amazon Dive”. Alle 20.30, dopo i riconoscimenti, spazio alle produzioni premiate: si tratta di “Brez mej”(vincitore della Scabiosa Trenta; nella foto), “L’uomo che parlava alle montagne” (premio “Luigi Medeot” per il miglior soggetto), e “Mira Marko” (che ha ricevuto la menzione speciale). Saranno presenti registi, sceneggiatori e protagonisti delle produzioni presentate. Maggior informazioni sul sito www.monteanalogo.net.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 4 marzo 2015

 

 

Firme online contro le trivellazioni in Adriatico

Sul sito avaaz.it: già raccolte 132mila adesioni, l’obiettivo è inviarne a Zagabria 150mila

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ZAGABRIA «La Croazia diventerà una piccola Norvegia», aveva dichiarato un anno fa il ministro croato dell’Energia, Ivan Vrdoljak, immaginando il boom economico che si apprestava a vivere il suo paese, grazie alle risorse petrolifere del mar Adriatico. Ma non aveva fatto i conti con i turisti italiani, che non ne vogliono sapere di veder spuntare delle trivelle al largo delle belle coste dalmate. Il sito di petizioni online avaaz.it ha lanciato qualche settimana fa un appello rivolto proprio a quegli italiani che sono soliti passare l’estate in Croazia, invitandoli a difendere “l’ultima regione incontaminata del Mediterraneo”. L’obiettivo è quello di raccogliere 150.000 firme e di inviarle all’esecutivo di Zagabria. E a oggi sono quasi 132mila gli utenti che l’hanno sottoscritto. «La Croazia accoglie ogni anno 12 milioni di turisti che rapportano all’economia del paese circa 7 miliardi di euro»”, spiega Francesco Benetti, responsabile della campagna croata al sito avaaz.it. «Il ministero dell’Economia di Zagabria spera invece in un guadagno di circa 13 milioni di euro su cinque anni; insomma, simbolicamente, quanto apporterebbero 150.000 turisti italiani in una stagione», conclude Benetti. In realtà i conti non tornano e il ministro Vrdoljak si aspetta incassi ben più alti dall’oro nero croato: 520 milioni di euro durante la fase d’esplorazione e altri 100 miliardi di dollari (circa 90 miliardi di euro) nei successivi 25 anni. Ma i numeri, in questi casi, sono secondari: la battaglia è innanzitutto ecologica e la costa croata non ha prezzo. «Intendiamo raccogliere le 150.000 firme entro il 2 aprile, data in cui il governo di Zagabria firmerà i contratti con le aziende petrolifere», prosegue il militante italiano. Resta quindi un mese per obbligare l’esecutivo socialdemocratico di Zoran Milanovic a fare marcia indietro. Dopo di che, i cinque colossi dell’energia che hanno vinto il bando di esplorazione (Ina, Omv, Marathon Oil, MedOilGas ed Eni) saranno liberi di trivellare tra le chiare, fresche e dolci acque dell’Adriatico. Ma anche se può sembrare improbabile che una petizione fermi l’ormai lanciata avventura petrolifera, non sarebbe la prima volta che avaaz dà prova della sua efficacia. «Il nostro corrispettivo tedesco, avaaz.de, è riuscito a fermare un progetto simile nelle Baleari - assicura Benetti - e dal 2007 abbiamo avuto successo in diverse campagne: ad esempio contro l’accordo anticontraffazione Acta e per una raccolta fondi contro Ebola». Inoltre sul caso croato si prospetta già un’alleanza transfrontaliera.

Giovanni Vale

 

 

Recupero edilizio, 13 milioni dalla Regione
Destinati a privati e aziende in zone centrali. Contributi a fondo perduto fino a 40mila euro
TRIESTE Interventi di recupero, riqualificazione e riuso del patrimonio immobiliare in stato di abbandono o di sottoutilizzo: la Legge regionale 15 dell’agosto 2014 è finalmente dotata del regolamento che consente all’amministrazione di destinare 13 milioni di euro a questo tipo di operazioni. Il relativo bando dovrebbe essere di imminente emanazione. E’ una notizia interessante che coinvolge, a diverso titolo, quattro categorie di potenziali utenti: proprietari, imprese, immobiliaristi, aziende edili. In particolare, per il settore delle costruzioni, che purtroppo ha proseguito nel corso del 2014 in una annosissima china discendente, rappresenta una piccola ma importante boccata d’ossigeno: la norma è il frutto della collaborazione tessuta tra gli uffici redigenti e l’Ance Friuli Venezia Giulia. La filosofia del provvedimento è ispirata da una triplice volontà: intensificare le politiche di recupero, limitare il consumo di suolo, migliorare le condizioni delle zone centrali cittadine. Vediamo come funziona. Innanzitutto il 40% delle risorse disponibili riguarderà le domande presentate da persone fisiche, il 60% da soggetti privati «diversi dalle persone fisiche». Il contributo a fondo perduto copre fino a un massimo di 40 mila euro ad alloggio residenziale, se riguarda una persona fisica; arriva a 30 mila euro ad alloggio, se a richiederlo è un soggetto privato «diverso dalle persone fisiche» (alias un’azienda). Ripetiamo: ad alloggio. Per esempio, in un immobile composto da quattro alloggi, si possono ottenere 160 mila euro di contributo. L’allegato 1 del regolamento riporta 8 criteri sui quali si strutturerà la graduatoria delle domande: per citarne solo alcuni, la classe energetica, la sicurezza sismica, la prima casa, il numero di alloggi. Dal punto di vista urbanistico sono interessate alla contribuzione le zone omogenee A e B0, dunque aree centrali o semi-centrali: per intenderci, in una città come Trieste - “traduce” Donato Riccesi, presidente dell’Ance giuliana - «l’estensione è significativa, arrivando a Barriera Vecchia e a via Giulia». Venerdì scorso le caratteristiche della Legge 15/2014 sono state spiegate all’assemblea triestina dell’Ance, che, alla luce della prolungata magra stagionale, ha favorevolmente recepito il messaggio. Anche perchè la tipologia dell’intervento e del conseguente contributo sembra maggiormente adattarsi alla realtà urbana del capoluogo regionale. La cifra in palio - i 13 milioni citati all’inizio - non è di quelle che cambia il corso degli eventi, ma perlomeno si spera che inneschi un ciclo virtuoso. L’auspicio è di un rapido esaurimento delle risorse, in modo che il prima possibile la legge possa essere rifinanziata. I segnali di provenienza regionale paiono promettenti: sono in arrivo altri 20 milioni per la ristrutturazione delle scuole - in aggiunta ai 30 mln del 2014 -, mentre 11,4 milioni verranno stanziati per il recupero di alloggi Ater (quasi metà dell’importo riguarda la provincia di Trieste). D’altronde sul versante dell’edilizia residenziale privata il flusso dei mutui alle famiglie, dal 2007 al 2013, è sceso di quasi il 60% in Regione. E le compravendite a uso abitativo , dal 2007 al 2014, sono più che dimezzate. Infatti Valerio Pontarolo, presidente dell’Ance Fvg, interpreta come «segnale positivo» i contributi destinati al recupero edilizio: «motore di ripresa» e «iniezione di fiducia» il suo commento. «Le risorse non sono molte - prosegue - ma si si potranno comunque portare a termine opere interessanti».

Massimo Greco

 

Picchione trasferita, se ne va a L’Aquila
Valzer di dirigenti a Roma. Il trasloco non ancora perfezionato dovrebbe essere vicino. Caburlotto sicuro al Polo museale
È una casella come tante altre: 135 a esser pignoli, tanti quanti i posti direttivi messi a bando a gennaio dal ministero per i Beni culturali una volta varata a fine 2014 la riforma Franceschini degli uffici ministeriali. A Trieste e più in generale in Friuli Venezia Giulia, però, è la casella con la C maiuscola, perché la figura che l’ha occupata negli ultimi tre anni è finita più e più volte sui giornali sia per la proverbiale ortodossia nella difesa delle Belle arti di fronte ai cantieri edilizi sia per quei lavori di restauro su alcuni monumenti da lei affidati senza gara a un’impresa di Roma, e per questo censurati di recente dall’Autorità nazionale Anticorruzione. La Casella è la scrivania occupata a Palazzo Economo da Maria Giulia Picchione, la soprintendente ai Beni architettonici e paesaggistici. La quale - nel valzer nazionale dei dirigenti per cui è stata aperta la procedura di trasferimento e sono partite le relative comunicazioni di avvio dell’iter - sta appunto per andarsene. Destinazione L’Aquila, dove in realtà le scrivanie analoghe a quella su cui lei siede qui sono due: una prima speciale, commissariale, dedicata esclusivamente alla ricostruzione, e una seconda ordinaria. Ebbene, Picchione dovrebbe prendersi quest’ultima. Sia chiaro: non si tratta formalmente di una punizione, poiché si dice che la diretta interessata neanche aveva fatto domanda di conferma a Trieste quando a gennaio erano stati aperti i bandi ministeriali, né di un declassamento, in quanto gli uffici di Friuli Venezia Giulia e Abruzzo sono sulla stessa linea per grado e retribuzione. Come dev’essere chiaro che, per intanto, Picchione resta salda in sella a Palazzo Economo. I tempi e i modi del trasloco dipenderanno pure dall’individuazione del sostituto, che andrà a guidare la nuova Soprintendenza regionale ai Beni culturali, frutto della fusione in base alla stessa riforma Franceschini della Soprintendenza regionale ai Beni architettonici e paesaggistici, retta per l’appunto da Picchione, e di quella ai Beni storico-artistici, guidata da Luca Caburlotto. Il quale, a sua volta, è stato scelto - ma in questo caso la cosa era già nota - come responsabile del Polo museale del Friuli Venezia Giulia di Aquileia, Cividale e Miramare, il nuovissimo ufficio contemplato sempre dalla riforma Franceschini. «Non c’è ancora nulla di ufficiale, non sappiamo ancora nulla di certo da Roma», si limita a dire per ora Picchione. Più avanti invece appare la procedura burocratica che riguarda Caburlotto, che conferma come, pur non essendogli ancora arrivato un vero e proprio decreto di nomina dalla capitale, ha comunque ricevuto una comunicazione preliminare, a suo modo irreversibile, se vogliamo, in cui gli viene assicurato che l’iter di nomina «è stato avviato».

Piero Rauber

 

Ora si aspettano i nomi del suo successore e del segretario regionale ai Beni culturali

Se il nuovo ruolo di Caburlotto alla guida del Polo museale del Friuli Venezia Giulia di Aquileia, Cividale e Miramare è pressoché scontato, non c’è fumata bianca invece sul paio di altri ruoli-chiave del nuovo assetto degli uffici ministeriali di Palazzo Economo.

Non si conosce ad esempio ancora il nome del successore unico, come soprintendente regionale ai Beni culturali, delle due soprintendenze fin qui rette dagli stessi Caburlotto (Beni storico-artistici) e Picchione (Beni architettonici e paesaggistici, nella foto), così come non è noto nemmeno il nome di chi andrà ad occupare la casella più importante, ovvero quella del responsabile del nuovo Segretariato ai Beni culturali, sorta di coordinatore di tutti i soprintendenti locali, che va a sostituire in base alla riforma Franceschini quella della Direzione regionale ai Beni culturali. Il posto, al momento, è occupato in prorogatio da Ugo Soragni, direttore in Veneto e ad interim in Friuli Venezia Giulia, già nominato a fine anno dal ministro alla Direzione generale musei a Roma.

(pi.ra.)

 

 

Mozione approvata L’area a caldo andrà chiusa soltanto se inquinerà
Decarli (Trieste cambia) e Patuanelli (M5S) vengono alle mani. Sel vota assieme ai Cinquestelle contro la sua maggioranza
L’area a caldo della Ferriera ha reso incandescente anche il Consiglio comunale. Stava per finire a botte l’altra sera dopo gli interventi di Alessandra Barocci responsabile del Gruppo Arvedi per gli aspetti ambientali, della governatrice Debora Serracchiani, del sindaco Roberto Cosolini e dei vari consiglieri. Dapprima si è scatenata una guerra di mozioni contrapposte che ha sostanzialmente visto un pezzo della maggioranza, cioé Sel, votare assieme ai Cinquestelle e contro il Pd e che ha visto l’assemblea cittadina sposare la tesi secondo cui l’area a caldo deve essere chiusa soltanto se inquina. All’uscita infine la discussione ha preso toni sempre più accesi tanto che Roberto Decarli (Trieste Cambia) e Stefano Patuanelli (M5S) idealmente molto vicini agli operai il primo e agli abitanti il secondo, sarebbero entrati, secondo testimonianze rimbalzate anche sui social network, in contatto fisico con voci non controllate che parlavano addirittura di mani al collo e colpi allo stomaco. «Cose che possono succedere tra chi si appassiona molto ai temi che affronta, ma è tutto passato, ci siamo visti stamattina e abbiamo bevuto un caffé assieme, non è un episodio da enfatizzare», ha commentato ieri Decarli. «È stato lui a chiamarmi per riappacificarci, non intendo dire altro», ha aggiunto Patuanelli. Decarli era stato il primo firmatario dell’unica mozione approvata sull’argomento in tarda serata dal Consiglio. In essa, in particolare si impegnano il sindaco e l’assessore all’Ambiente «a verificare che la messa a punto degli impianti attuali e quelli che verranno progressivamente riconvertiti siano compatibili ed efficaci dal punto di vista ambientale sia per coloro che all’interno dello stabilimento vi lavorano che per l’abitato circostante, in relazione soprattutto ai rilevamenti e ai parametri di garanzia e di sicurezza per la salute» e a «richiedere una relazione semestrale a Siderurgica Triestina sul complesso della situazione ambientale, tempi e progressione della riconversione, numero degli occupati diretti e dell’indotto». Mozione approvata con 16 favorevoli (tutta la maggioranza di centrosinistra tranne Sel) e 5 contrari (Sel e M5S), mentre l’intero centrodestra non era presente in aula. Bocciate invece, entrambe con 15 voti contrari e 6 soli voti favorevoli (Sel, M5S e Paolo Bassi del Gruppo misto) sia la mozione dei vendoliani che quella dei grillini. In quella di Sel, il Consiglio comunale intendeva impegnare il sindaco «a orientare un nuovo sviluppo economico-produttivo del’area Ferriera definendo sul piano programmatico, con l’imprenditore, la chiusura progressiva dell’area a caldo, a compimento del necessario periodo di transizione per la messa a regime delle nuove attività». Secondo quella dei Cinquestelle il sindaco «in sede di rinnovo dell’Autorizzazione integrata ambientale» avrebbe dovuto rappresentare «la necessità di addivenire progressivamente, e comunque entro la fine del 2015, alla chiusura dell’area a caldo, proponendo quindi alla Regione di inserire nelle prescrizioni contenute nell’Aia tutti gli interventi necessari a limitare le emissioni inquinanti nel periodo transitorio». Al termine di una contestazione che si è protratta per tutta la seduta, l'associazione Nosmog, attraverso la presidente Alda Sancin ha precisato che «la sua presenza agli incontri con le Istituzioni, talvolta richiesta e talvolta su invito, non è rappresentativa di una compiacenza, connivenza, assenso o peggio ancora complicità in merito a decisioni prese altrove. Ricorda che i cittadini non hanno mai avuto un ruolo decisionale, né tanto meno propositivo, ai vari tavoli sull'argomento. Già nel luglio 2011 - rileva Sancin - con questa amministrazione, l'associazione Nosmog, nel più totale spirito collaborativo, aveva avanzato al Comune una serie di richieste volte a migliorare i controlli ambientali sull'attività industriale della Ferriera, quali videomonitoraggi gestiti dalla parte pubblica, interventi in loco della Polizia locale per la verifica degli inconvenienti ambientali segnalati dai cittadini, l'acquisizione da parte pubblica delle centraline di rilevamento private e molto altro ancora. A tutt'oggi nulla di tutto ciò è stato ottenuto».

Silvio Maranzana

 

 

Regolamento sulle falesie, no dell’Associazione agricoltori
DUINO AURISINA L’Associazione agricoltori (Kmecka Zvezane), in merito al regolamento della Riserva regionale naturale delle falesie di Duino, esprime forti critiche. E lo fa, in una nota, con il presidente Franc Fabec, sottolineando inannzitutto lacontrarietà alla legge regionale 42/96

«in quanto non contempla in modo esplicito che la parte relativa allo sviluppo sia garantito da un piano economico-finanziario. Abbondante conferma sta nel fatto che tutti i Pcs sinora approvati e di conseguenza i relativi regolamenti non prevedono i necessari strumenti di sviluppo per le aeree interessate». Per l’associazione «ne consegue che, a causa del mancato sviluppo attribuibile anche alle rigide norme di tutela, vi sia un progressivo abbandono del territorio, che porta a risultati diametralmente opposti a quelli auspicati dal legislatore. Viene infatti in larga misura meno l’opera dell'uomo - continua la nota - esercitata nelle zone interessate da secoli, senza la quale si arriva inesorabilmente alla decadenza del territorio. Ecco perché, se si vuole evitare che l’attuale accogliente ed armonico aspetto del territorio, in questo caso il Carso, rimanga intatto è necessaria una tutela attiva». L’associazione, andando al nocciolo del problema, rileva quindi che «nel regolamento della Riserva naturale delle falesie non è previsto uno specifico piano economico finanziario che garantisca lo sviluppo anche delle aree circostanti a cui il sito protetto appartiene. Confermiamo quindi la nostra contrarietà, espressa sin dall'inizio, al Pcs e al relativo regolamento come proposto nella forma attuale». L’Associazione agricoltori (Kmecka Zvezane) condivide «le rimostranze della popolazione e delle organizzazioni locali sulla gestione della Riserva delle Falesie, fermamente convinta che qualsiasi decisione inerente il territorio debba essere presa in sintonia e con l’approvazione della popolazione locale».

 

Censimento faunistico - Meno lupi in Dalmazia, Lika e Gorski kotar

La popolazione è di 200 animali protetti dalla legge. L’esperto: sono troppo pochi

FIUME Sono in circa 200 in Croazia, ma il loro numero è in calo dal 2010, anno in cui nell’ex repubblica jugoslava erano stati registrati 212 esemplari, suddivisi in 49 branchi, esistenti principalmente in Dalmazia, Lika e Gorski kotar, regione quest’ultima dell’entroterra di Fiume. Il documento chiave per questa specie, il Piano croato di gestione del lupo, sottolinea che la causa principale della sua riduzione demografica è da ricercare nelle attività umane. Facile a dirlo e a scriverlo, ma nel piano non si leggono le risposte ai perché avviene una cosa simile, né vengono individuati i colpevoli. L’esperto principale per i lupi nel Paese è Josip Kusak, convinto assertore della tesi secondo la quale 200 lupi sono troppo pochi per la Croazia, che ha una superficie di quasi 57 mila chilometri quadrati. «E dire che i cacciatori croati chiedono che la quota annuale d’abbattimento sia portata dal 10 al 30 per cento della popolazione complessiva – precisa Kusak – e ci mettiamo pure i proprietari di bestiame, alle prese con danni di ogni genere da parte dei lupi. Purtroppo lo Stato non li risarcisce in modo equo e rapido». Secondo Kusak, ciò contribuisce alle uccisioni abusive, quasi sempre impunite e che vedono quali responsabili le doppiette e gli allevatori. Se in Bosnia ed Erzegovina vi sono 400 esemplari, 800 in Serbia e più di 1000 nella piccola Macedonia, la Croazia sta facendo i conti con una destrutturazione che fa del lupo una specie a rischio di estinzione in questo Paese. Un quarto di secolo fa il lupo croato pareva prossimo a scomparire, con una popolazione di non più di 50 unità, presente in Gorski kotar e Lika. Poi vi è stata la ricomparsa in Dalmazia e nel territorio che delimita l’area pannonica. Quando sembrava che la popolazione fosse stabile e in grado di affrontare le sfide dell’uomo e della conseguente riduzione dell’areale in cui vive, per il lupo i rischi di sopravvivenza sono ora altissimi. Viene fatto segno di fucilate, investito da veicoli, avvelenato e ucciso da trappole: troppi i pericoli per un animale che la Croazia ha voluto proteggere con leggi molto severe. La pena pecuniaria per chi abbatte illegalmente un lupo è di 40 mila kune, sui 5.215 euro. Dall’altra parte della barricata, come già detto, vi sono i proprietari di animali d’allevamento, come Ivan Boži„ Bakuši„ di ‹vrljevo (regione di Sebenico), che negli ultimi 15 anni ha visto i lupi portargli via 20 mucche, 50 vitelli, 5 asini e più di 100 tra pecore e capre.

(a.m.)

 

 

Separare Rfi e Trenitalia non è un esercizio di cassa - l’intervento di Luigi Bianchi
Sul Piccolo del 19 febbraio 2013 si potevano leggere le considerazioni che consigliavano di avviare la quotazione in Borsa del Gruppo FS a separazione avvenuta della rete ferroviaria dall’impresa di trasporto.

Il passaggio delle Ferrovie dello Stato da azienda autonoma a ente pubblico economico, per approdare infine a società per azioni, ha prodotto una holding mostro, con la proliferazione di una miriade di società, che è alla base della deriva della rotaia italiana. Per l’economia nazionale sono invece necessari (e sufficienti) due soli strumenti, con distinta responsabilità, sganciati dalla regia unica della holding Fsi: un’azienda di Stato (sì, un’azienda autonoma come erano le FS) in cui ricondurre tutte le attività di carattere infrastrutturale e di produzione dell’intera rete ferroviaria, anche quelle legate allo sfruttamento commerciale delle stazioni che deve essere finalizzato alla valorizzazione dei servizi complementari per i viaggiatori, sganciandolo dalla sola logica speculativa rivolta al consumatore introdotta da Grandi Stazioni e Cento Stazioni a favore del capitale privato; e una società di trasporti in cui ricondurre tutte le attività commerciali (marketing, informazione, promozione, vendita, assistenza post-vendita), idonea a organizzare la vendita del prodotto treno sia per le merci che per i viaggiatori, con una visione multimodale e un’offerta globale, tornando all’impostazione promozionale propria di un’impresa orientata al mercato - nazionale ed estero - quale l’aveva progettata Mauro Ferretti e portata a compimento Giuseppe Pinna. Tutte le altre società e tutte le partecipate non servono: costituiscono solo un pesante fardello e un enorme spreco che il Paese non si può permettere. A quasi due anni da tale data la distinta responsabilità (sciolta dall’unica regia della holding) di Rfi e Trenitalia non è stata affrontata, mentre è stato avviato il processo di privatizzazione di Ferrovie dello Stato italiane spa. Nell’intervento del Piccolo veniva sottolineata invece l’esigenza prioritaria di ricondurre tutte le attività di carattere infrastrutturale in una azienda autonoma, necessariamente pubblica, che - come concessionaria di un monopolio naturale quale la rete ferroviaria nazionale - deve garantire parità di trattamento a tutte le imprese di trasporto abilitate (pubbliche e private, nazionali ed estere). Veniva altresì evidenziata l’urgenza di ricostruire il servizio commerciale FS in un’impresa di trasporto - merci e viaggiatori - competitiva su tutta la rete a livello internazionale in tutti i segmenti di mercato. Impresa di trasporto necessariamente multimodale (per essere in grado di fornire offerte competitive sia in logistica che in mobilità), interessata alla privatizzazione perché solo una gestione manageriale dell’impresa è in grado di garantire servizi appetibili - merci e viaggiatori - di livello europeo, avvalendosi dell’apporto del capitale di rischio e di investimenti privati. Allora Trenitalia non è più attuale: Touritalia è più idonea a presentare un prodotto frutto della collaborazione di tutti i vettori della catena logistica. Alitalia, Ferrovie Italiane, Poste e Tirrenia, unite per offrire alla clientela un’offerta globale, all’insegna del coordinamento e dell’integrazione (la cui forma è il contratto di trasporto unico con un solo recapito di viaggio), che è il più elementare strumento di promozione del traffico. È necessario fare tesoro, a questo proposito, della felice esperienza della Provincia di Bolzano che, con la Mobilcard, ha garantito una mobilità sostenibile con piena soddisfazione di tutti i viaggiatori, turisti e locali. L’ingresso di Poste Italiane consentirebbe, tra l’altro, di recuperare la capillarità del servizio viaggiatori mediante l’affidamento del servizio commerciale in tutte le stazioni e di rientrare nel mercato delle piccole partite merci con bagagli e colli espressi internazionali. Il Messaggero del 3 gennaio annunciava il riassetto delle FS: ora si accelera sulla privatizzazione. Il Sole24Ore del 4 febbraio dava notizia sull’individuazione degli advisor finanziario e legale per la privatizzazione delle FS. Nessuna notizia invece sul processo di riorganizzazione e di privatizzazione che - come ha sottolineato il presidente delle FS, Marcello Messori - devono andare insieme. La mancata separazione di Rfi da Trenitalia rischia di risolvere la privatizzazione in un’operazione di pura cassa rinviando sine die l’obiettivo prioritario: creare un’impresa di trasporto informata ai più moderni criteri di coordinamento e integrazione a livello internazionale, strumento prezioso per l’economia nazionale.

 

 

“Volontari per Trieste pulita” in Municipio
Il gruppo Facebook ricevuto dal sindaco: «Iniziativa utile». Respinto lo sconto Tari proposto da Rovis
I “Volontari per una Trieste pulita” sono stati ricevuti ieri pomeriggio in Municipio dal sindaco Roberto Cosolini. Il gruppo nato su Facebook non ha ricevuto il sigillo trecentesco, ma ha avuto l’encomio dell’amministrazione comunale per il lavoro svolto domenica scorsa al Boschetto (domenica 8 marzo, appuntamento alle 9 in via Marchesetti 13, ci terrà il secondo round). La delegazione era formata da Angelo Sorci (fondatore del gruppo), Max Tramontini (portavoce), Alberto Kostoris (fondatore del gruppo Nimdsm) e l’immancabile Roberto Dubs (consigliere circoscrizionale del Pdl). «La loro iniziativa mi pare lodevole e utile. Per questo credo sia importante creare una forma di collaborazione come è avvenuto domenica con il supporto dell’AcegasApsAmga da me allertata su loro richiesta. Mi sono preso l’impegno di fornire loro un interlocutore che, avvisato due o tre giorni prima, possa programmare l’intervento dell’Acegas» spiega il sindaco. Una procedura corretta a differenza di chi ha messo mano al roseto di San Giusto. «Mi hanno fatto presente che non vogliono nulla in cambio e che sono estranei a ogni iniziativa politica come quella del consigliere Paolo Rovis che chiede una riduzione della Tari. Non ne vogliono proprio saperne» aggiunge Cosolini. E, infatti, la proposta di Rovis è stata respinta ieri al mittente in malo modo tanto da produrre un sfogo notturno del consigliere del Nuovo centrodestra contro l’antipolitica montante. «Non si finisce mai di imparare. In un gruppo Facebook alcuni hanno criticato con veemenza e con attacchi personali una mia iniziativa in Consiglio comunale. Tesa, per altro, a ottenere una particolare riduzione della tassa. Nel gruppo in questione si sputa contro i "politici" locali dimenticando che siamo tutta gente che dalla politica non guadagna un tubo e che ha un lavoro come tanti altri. Ma fa riflettere questa forma di "razzismo" fra concittadini». Una valanga di insulti. «Questi politici oltre a parlare, dare qualche volantino e regalare accendini, non si sono mai rimboccati le mani (proprio così, ndr) per il bene della gente» li manda “imdsm” Danilo Slokar che pure ha in tasca la tessera della Lega e indossa felpe modello Salvini. «Non ci faremo sfruttare da nessun politico, nè faremo salire nessuno di loro sul nostro carro - assicura l’avvocato Kostoris -. Se vogliono possono comprarsi un bel paio di guanti e venire a pulire con noi. Questo potrebbero fare, anzichè offrirci l’elemosina».

(fa.do.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 3 marzo 2015

 

 

Energia - Rigassificatore - In pressing il fronte del no

Proseguono le prese di posizione contrarie al rigassificatore. Da un lato la federazione triestina di Rifondazione comunista esprime «assoluta contrarietà» all’ipotesi di un tale impianto, dall’altro il Circolo Verdeazzurro di Legambiente invita la presidente della Regione Serracchiani, supportata dagli enti locali, a chiedere al ministro Galletti di annullare il decreto di compatibilità ambientale del luglio 2009.

Nel dettaglio, Peter Behrens, segretario provinciale di Rifondazione, afferma che «è assurdo che, dopo decine di voti e pareri contrari da ogni organismo elettivo, che non si sia ancora giunti a un chiaro e definitivo no a questo progetto. Questo caso - rileva - mette a nudo i problemi della riforma regionale degli enti locali: dal prossimo anno a dare il parere su questo tipo di opere finirà per essere un solo uomo, il presidente dell'Unione dei comuni di Trieste, cioè il sindaco di Trieste stesso». Il Circolo Verdeazzurro di Legambiente, invece, si sofferma sul decreto di compatibilità ambientale del 17 luglio 2009, sottolineando che «è stato scritto come conclusione della valutazione favorevole espressa dalla Commissione Via-Vas del ministero. La sospensione del decreto nell’aprile 2013, in attesa di un nuovo sito proposto da Gas Natural e del documento dell’Autorità portuale sull’incremento dei traffici, doveva essere seguita da un decreto di revoca, mai emanato. É chiaro che per chiudere la vicenda è necessaria o la revoca del provvedimento di Via per ragioni sopravvenute di pubblico interesse, o un annullamento d'ufficio».

 

 

«Ferriera, pronti a chiudere l’area a caldo»

Conferma di Arvedi in Consiglio comunale: «Agiremo se la qualità dell’aria non migliorerà» - Nomina di Serracchiani a giorni

«Se la qualità dell’aria non migliorerà chiuderemo tutta l’area a caldo». Lo ha confermato ieri sera in Consiglio comunale nel corso della seduta straordinaria sulla Ferriera, Alessandra Barocci, responsabile del Gruppo Arvedi per gli aspetti ambientali. Tutto dipenderà dalla resa del nuovo impianto di aspirazione studiato per la captazione, la depolverizzazione e la filtrazione delle emissioni nelle diverse aree della cokeria: batterie forni, macchina caricatrice, zona movimentazione e selezione coke, zona sottoprodotti. «Nelle cokerie - ha detto Barocci - ci sono emissioni fisiologiche che non comportano superamento dei limiti ammessi. Ma a Trieste, con lo stabilimento all’interno della città, nemmeno questo potrà accadere per cui abbiamo studiato qualcosa che viene fatto solo in Giappone. La modellizzazione matematica ci ha dato ragione, hanno funzionato anche alcune simulazioni con cappe a scala ridotta. La progettazione è terminata, abbiamo investito 4 milioni di euro e ordinato l’impianto. Funzionerà a regime alla fine dell’anno». Ciò non ha comunque tranquillizzato i rappresentanti delle associazioni degli abitanti che hanno continuato a urlare e rumoreggiare dal settore del pubblico, nemmeno l’opposizione di centrodestra in Consiglio comunale e tantomeno il capogruppo di Sel, Marino Sossi, che ha annunciato la presentazione di una mozione per chiedere l’immediata chiusura, a prescindere, dell’area a caldo: cokeria e altoforno. Di fatto sulla Ferriera, questione clou della politica cittadina, c’è un’altra maggioranza che esclude Sel e imbarca Un’Altra Trieste come si è capito dall’intervento di Alessia Rosolen. Le “chiavi” di tutta la zona intanto, non solo il perimetro dello stabilimento servolano ma anche la parte di Ezit che rientra nell’Area di crisi industriale complessa stanno per arrivare in mano a Debora Serracchiani come lei stessa, partecipando alla seduta, ha confermato. «A giorni - ha annunciato - chiuderemo anche il terzo Accordo di programma quello cosiddetto quadro che riordina il sistema di risorse definendo la cornice giuridica con la nomina del commissario straordinario per l’attuazione dell’Accordo stesso nella persona del presidente della Regione. Il 16 marzo - ha aggiunto - vi sarà un incontro con gli assessori regionale e comunale all’Ambiente per la comunicazione da parte dell’Arpa dei dati delle centraline antinquinamento sui quali vi sarà un confronto anche con le associazioni ambientaliste. Il 6 giugno infine si svolgerà l’Open day e tutti i triestini potranno entrare nello stabilimento e sincerarsi delle operazioni di risanamento che sono state fatte. «È innegabile -ha affermato nel suo intervento il sindaco Roberto Cosolini - che rispetto al passato vi è una novità sostanziale nel continuo rapporto che si è instaurato tra l’azienda, le istituzioni e i cittadini. Un’altra conferma si è avuta sul fatto che l’area a caldo continuerà solo se non sarà inquinante. È vero che nel 2011 era stato preso l’impegno della riconversione, ma non c’era tutto questo (170 milioni di investimenti privati e 42 pubblici, ndr.) all’orizzonte». «L’assessore regionale che nel 2008 avvallò l’Autorizzazione integrata ambientale alla Lucchini - lo ha rimbeccato Everest Bertoli (Forza Italia) - ora siede su questi scranni e fa il sindaco». Dopo una parentesi dedicata al commercio, in tarda serata il Consiglio ha incominciato la discussione su tre mozioni sempre sulla Ferriera.

Silvio Maranzana

 

 

Battaglia delle falesie, nasce un comitato La Comunella di Duino contesta le ultime modifiche al regolamento e lancia la “rivolta spontanea”

DUINO AURISINA Se non è una dichiarazione di guerra, poco ci manca. La Comunella di Duino si smarca dall'azione politica dell’amministrazione comunale e in contropiede lancia la costituzione di un comitato spontaneo per «sostenere le legittime istanze dei paesani, che hanno tutto il diritto di continuare a godere delle nostre Falesie». Capitano della protesta il presidente Vladimiro Mervic, che oltre a presiedere oggi la proprietà collettiva di Duino era stato nel 2012 uno dei capofila della Lista Kukanja, a sostegno della candidatura dell'attuale sindaco. Dunque un rapporto diretto con l'esecutivo di centrosinistra che ora, a quanto pare proprio a causa delle restrizioni a nuotatori, canoisti e pescatori, previste nel nuovo regolamento, si è spezzato. I correttivi emersi nel corso dell'ultima II commissione non sono bastati a riannodare gli estremi recisi, anzi. Prova ne sia che gli emendamenti proposti con urgenza dal comitato spontaneo sorto anche grazie dal trait d'union di Facebook e che raccoglie le simpatie di Luca Marzuzzi, segretario del Principe, e Bianca Mladinovic, titolare della Dama Bianca, sono stati mandati trasversalmente a tutti i consiglieri di Duino Aurisina. Tutti tranne uno, Maurizio Rozza, presidente proprio della II commissione. «Dopo l'ultima seduta sul tema Falesie - scrive in una nota diffusa anche sui social network Vladimiro Mervic -, traspare chiarissimo il programma dell'amministrazione comunale. Sottrarre le Falesie e il prospiciente mare ai cittadini per consegnarli totalmente nelle mani di un'élitedi pseudoambientalisti». «Nonostante l'impegno di molti abitanti - prosegue - e il sostegno della stragrande maggioranza della popolazione (800 firme raccolte, ndr), lor signori non solo non ci hanno degnati nemmeno di un accenno di risposta, ma l'unica preoccupazione è stata quella di accontentare, in parte, il consigliere della maggioranza Walter Ulcigrai e le sue seppie, temendo voto contrario». «Noi cittadini di Duino - aggiunge Mervic - abbiamo intenzione di istituire un comitato spontaneo che si opponga a queste norme liberticide e che tuteli la popolazione residente». «Naturalmente - conclude - è solo il primo passo. In seguito allargheremo la nostra azione in tutti i paesi del Comune e ci dedicheremo anima e corpo affinché questi regolamenti siano modificati. Traspare ormai chiaro che nella nostra amministrazione a decidere non è il sindaco e nemmeno il suo vice, bensì il signor Rozza e il suo braccio destro Cunja». «Non è giusto come si stanno comportando nei nostri riguardi e verso il Principe, che ha dato visibilità al territorio e lavoro a molte famiglie - commenta Bianca Mladinovic, titolare della Dama bianca -: ciò che fanno è indecente. Siamo affezionati ai Torre e Tasso e Duino è anche il Castello». A «titolo personale», come precisa, al comitato spontaneo ha aderito anche Luca Marcuzzi, segretario del principe. Quanto prima avrà luogo un'assemblea coi paesani.

Tiziana Carpinelli

 

 

«Uno sconto sulla Tari a chi pulisce la città» La proposta del consigliere Rovis (Ncd) ricompatta il centrodestra: «Premiamo i cittadini modello»

Altro che vandali travestiti da eroi... Il Comune di Trieste potrebbe dare un riconoscimento “fiscale” ai volontari che ripuliscono la città di loro spontanea iniziativa e a loro spese. A chiederlo, con una mozione urgente firmata da Paolo Rovis (capogruppo comunale Pdl/Ncd), è l’intero schieramento di centrodestra che, per una volta, si ricompatta sul giardinaggio. «Pulire la città dovrebbe essere compito del Comune. Che, naturalmente, lo assolve ma non nella misura che i cittadini si aspetterebbero. Complici i costi del servizio e l’inciviltà di alcuni, molte zone della città diventano ricettacolo di immondizia, con conseguente degrado» scrive il consigliere Rovis che a modello cita il gruppo “Volontari per Trieste pulita” (nulla a che vedere con il gruppo “Oliver Hardy - Coscienza pulita” che ha potato nottetempo in modo radicale, forse troppo, il roseto alabardato della scala dei giganti). «Recentemente, alcuni bravi cittadini - coordinati nel gruppo Facebook “Volontari per Trieste Pulita” - mossi da generosità, senso civico e amore per il proprio territorio, si sono organizzati, rimboccati le maniche e attivati per svolgere puntuali operazioni di asporto dei rifiuti da alcune zone della città. Con risultati eccellenti» ricorda Rovis. L’ultimo intervento, eseguito domenica scorsa, ha visto anche la partecipazione di AcegasApsAmga che, su indicazione del sindaco Roberto Cosolini, ha provveduto con propri mezzi a smaltire quanto i volontari avevano raccolto in zona Ferdinandeo. Da qui la proposta del consigliere Rovis, formalizzata ieri al Comune di Trieste: «Chi si prodiga per il bene comune è un esempio per tutti noi. Ma se le parole di apprezzamento fanno bene, meglio ancora può fare un incentivo economico concreto. Che può realizzarsi sotto forma di riduzione della Tari, la tassa sui rifiuti. La legge numero 164 dell’11 novembre 2014 prevede esplicitamente questa possibilità a favore di chi si dedica spontaneamente al ripristino del decoro urbano. Giustamente, perché i volontari migliorano un servizio verso la collettività che viene già pagato da tutti». Così funziona per esempio nel comune di Massarosa, 23mila abitanti, in provincia di Lucca, dove se tagli l’erba paghi meno tasse. Rovis ha così proposto al Comune di Trieste, sotto forma di mozione, «una significativa riduzione dell’importo Tari per quei cittadini che volontariamente partecipano ad attività di pulizia e recupero del decoro urbano di zone del territorio di Trieste, da applicarsi già per quest’anno». Un’idea che ha fatto breccia nel centrodestra. Al documento hanno aggiunto subito la propria firma di condivisione Alessia Rosolen (Un’Altra Trieste), Manuela Declich (Pdl), Claudio Giacomelli (Fratelli d’Italia) e Everest Bertoli (Forza Italia). «Si applicherebbe così, finalmente, un meccanismo equo: multe a chi sporca, ma anche un premio a chi pulisce» conclude Rovis. Uno sconto sulla Tari di cui potrebbero beneficiare anche i consiglieri comunali. Sempre che si rimbocchino le maniche e si armino di ramazza. E, una volta tanto, non si limitino ai gettoni di presenza.

(fa.do.)

 

Oltre 300 iscritti in un mese e mezzo di vita per il gruppo “Volontari per Trieste pulita”

Non solo “clanfe”, ma neppure roseti da radere al suolo. «Ho creato questo gruppo con l’unico scopo di tentare di rendere più vivibile e pulita nella nostra città. Intendo sottolineare che è aperto a chiunque indistintamente da qualsiasi credo politico e che abbia un poco di tempo da dedicare per migliorare e valorizzare qualche angolo dimenticato o trascurato. Resta intenso che qualsiasi iniziativa sarà fatta di concerto con gli enti preposti, chiedendo autorizzazione e effettuando la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti ai sensi dellr norme in vigore». Questo è il “codice etico” (per loro stessa amissione) del gruppo Facebook “Volontari per Trieste pulita”. Oltre trecento iscritti per il gruppo creato da Angelo Sorci il 20 gennaio scorso in condivisione con il gruppo Nimdvm (Ndeinmonadevostramare) di Alberto Kostoris e Danilo Slokar. Tra le azioni portate a termie la pulizia integrale di Scala Stendhal.

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - LUNEDI', 2 marzo 2015

 

 

Legambiente invita la presidente Serracchiani a chiedere al ministro Galletti di annullare il decreto di VIA/VAS per il progetto di Gas Natural.

Il decreto, emanato il 17/07/2009, aveva espresso il parere favorevole al progetto per il rigassificatore di Zaule.

Sospensione, revoca, annullamento non sono sinonimi. Sul rigassificatore proposto a Zaule da Gas Natural nel 2006 sono stati scritti numerosi documenti di contrarietà da parte di comitati e associazioni ambientaliste, pubblicati inserti articolati sul mensile Konrad, si sono registrate prese di posizione di enti e istituzioni, interventi di autorevoli rappresentanti di istituzioni scientifiche, il tavolo Tecnico Rigassificatore Trieste ha elaborato precisi e dettagliati studi, sono stati presentati ricorsi al TAR da parte di Legambiente e WWF oltre che da altre associazioni e enti locali, l’Autorità portuale di Trieste ha presentato un lungo documento per dimostrare come l’impianto di GNL sia incompatibile con lo sviluppo dei traffici portuali.
Ma il decreto di Compatibilità ambientale del 17/07/2009 del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare è un ostacolo difficile da superare, documento che è stato scritto come conclusione della valutazione favorevole espressa dalla Commissione VIA-VAS del Ministero. La sospensione del decreto 2009 decretata il 18/04/2013 in attesa di un nuovo sito proposto dal proponente e del documento dell’Autorità Portuale sull’incremento dei traffici portuali, in particolare sull’aumento della movimentazione della SIOT, doveva essere seguita da un decreto di revoca, mai emanato. In compenso ora arriva una comunicazione da parte di Minambiente (Galletti) in cui si ritengono deboli le motivazioni dell’Autorità Portuale.
E' chiaro ormai che per chiudere la vicenda (a meno che Gas Natural non rinunci spontaneamente) è necessaria o la revoca del provvedimento di VIA 2009 per ragioni sopravvenute di pubblico interesse (che stando alle premesse del decreto ci sono tutte), ex art. 21 quinquies della legge 241, ma che comporterebbe l'obbligo di indennizzo a favore di Gas Natural, o un annullamento d'ufficio, ex art. 21 nonies, che potrebbe basarsi sui motivi di illegittimità invocati nei vari ricorsi al TAR del Lazio e che non avrebbe come conseguenza l’obbligo di indennizzo.
Quindi è necessario che la Regione FVG rappresentata dalla sua presidente Debora Serracchiani, supportata dai rappresentanti degli enti locali del nostro territorio dimostrino il loro effettivo intendimento di chiudere con il progetto Gas Natural Fenosa chiedendo al Ministro Galletti di emanare un decreto non di revoca ma di annullamento del decreto 17/07/2009.

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 2 marzo 2015

 

 

Fareambiente «Il rigassificatore non è sostenibile»

«Fa bene il presidente di Confindustria a dire che c’è un rischio costante per l'approvvigionamento energetico in Italia, ma non si risolve la questione con l'attuale strategia e nemmeno in assenza degli adeguati strumenti pianificatori locali». Così si esprime il coordinatore regionale di FareAmbiente Giorgio Cecco che sostiene che «sulla bilancia tra costi e benefici per il territorio dell'impianto di rigassificazione in discussione a Trieste, il peso è predominante verso il forte impatto ambientale e l'incompatibilità con uno sviluppo sostenibile».

 

 

La Dina a Veglia una bomba ecologica senza controllo

VEGLIA Qualcuno parla di 700 tonnellate, altri sostengono trattarsi di 200 tonnellate in più e comunque una cosa è certa: si tratta di una bomba ecologica,

 la cui attivazione avrebbe effetti devastanti su una vasta area altoadriatica. È stato lo stesso Sabor, il Parlamento croato, ad occuparsi dell’azienda petrolchimica Dina di Castelmuschio (Omišalj), nell’isola di Veglia, i cui dipendenti non ricevono lo stipendio da ormai 30 mesi. Lo stabilimento è vuoto da tempo (nessuno vuole più lavorare senza ricevere un centesimo) e i suoi serbatoi contengono centinaia di tonnellate di sostanze chimiche, altamente inquinanti, che praticamente sono senza controllo. A vigiliare sulla Dina è un solo guardiano, il cui gabbiotto è situato nella parte esterna dell’azienda, mentre all’interno nulla risulta chiuso a chiave. Tutti, a piacimento, vi possono entrare e uscire, anche i malintenzionati. Lo hanno scoperto i consiglieri comunali fiumani del Partito laburista, che nei giorni scorsi hanno voluto rendersi conto di persona di quanto stia accadendo a Castelmuschio. «Nella sala di controllo, ed è una cosa incredibile – hanno detto in coro i consiglieri laburisti Dina Domjan e Jelena Krpan – il sistema di allarme è attivato in modo continuo e non smette di suonare. Cosa stia segnalando non lo sa nessuno, anche perché non c’è stata finora una verifica approfondita e riguardante le centinaia di tonnellate di sostanze tossiche, retaggio della produzione cessata parecchi mesi orsono». Alla Dina non c’è neanche un vigile del fuoco e dovesse accadere qualcosa di grave, i pompieri potrebbero probabilmente fare ben poco per impedire una catastrofe. Il vice governatore della Regione del Quarnero e Gorski kotar, Marko Boras Mandi„, che è anche presidente del Comando conteale per le emergenze, ha rilevato che la contea può fare ben poco o nulla, essendo la Dina di proprietà privata. (a.m.)

 

«Non abbandonate la spiaggia di Marina Julia»
L’Associazione di Monfalcone sollecita i sindaci, chiede il coinvolgimento della Regione e della Provincia
MONFALCONE Chiedono di «non essere abbandonati» e di «passare dalle parole ai fatti». Si rivolgono al Comune affinchè si giunga alla sottoscrizione di una «carta di intenti condivisi» sullo sviluppo turistico di Marina Julia assieme al Lido di Staranzano. Con ciò coinvolgendo Regione e Provincia. I rappresentanti dell’Associazione Marina Julia rivendicano un salto di qualità per il litorale, perchè «faccia parte, a tutti gli effetti, del turismo regionale». L’associazione, dunque, non demorde all’indomani dell’incontro tenutosi nella sede del Windsurf, a Marina Julia, al quale hanno partecipato diversi assessori di Monfalcone e Staranzano, organizzato proprio per evidenziare le criticità di una spiaggia che da tempo attende risposte. E sottolineano, a proposito del sondaggio di “Caterpillar”, che ha assegnato a Marina Julia l’ultimo posto nella graduatoria delle spiagge italiane: «È inammissibile - scandisce l’associazione - dover sentire parlare di Marina Julia solo in termini ingiustamente denigratori. Quella di “Caterpillar” ha rappresentato una propaganda negativa per l’intera città di Monfalcone». Ma intanto si chiedono misure concrete per un rilancio ritenuto non più derogabile, a fronte di una spiaggia comunque molto frequentata, non solo durante il periodo estivo, che ha i numeri e le potenzialità per essere debitamente valorizzata. L’associazione prende atto: «Dall’incontro avvenuto nella sede del Windsurf, giovedì scorso, è maturato un impegno da parte dell’amministrazione locale di dare risposte effettive alle ormai improrogabili esigenze di Marina Julia. È dal 1990 che la località attende di essere posizionata dove merita, ossia tra i siti di importanza turistica del Friuli Venezia Giulia, considerate le qualità paesaggistiche del litorale, che vanta una spiaggia di 6 chilometri, una natura incontaminata e con il suo epicentro nell’isola della Cona, riconosciuta a livello europeo, oltrechè alla disponibilità di parcheggi e a una facilità di accesso invidiabile, considerata la sua posizione strategica rispetto alla rete viaria». I rappresentanti dell’associazione riferiscono di aver già avuto un incontro con il sindaco di Staranzano, Riccardo Marchesan. Ricordano l’impegno dello stesso sindaco Silvia Altran, che ha «espresso la disponibilità a un ulteriore confronto».

Laura Borsani

 

 

Fianona 3 - Referendum il 29 marzo
ALBONA I consigli delle municipalità dell'area, ossia anche Arsia, Pedena, Santa Domenica e Chersano hanno approvato la delibera sull'indizione del referendum consultivo sulla futura centrale a carbone Fianona 3 di 500 Megawatt, al centro di feroci critiche da parte degli ambientalisti e di buona parte dell'opinione pubblica per via dell'impatto ambientale definito devastante. Tra l'altro la ciminiera sputerà nell'aria qualcosa come 300 tonnellate di biossido di carbonio all'ora. La data fissata per la consultazione è quella del 29 marzo prossimo. È stata una votazione pressochè unanime, su 69 consiglieri complessivi uno solo si è astenuto: è Slavko Rabar di Chersano, del Partito dei pensionati, secondo il quale la centrale sarà costruita indipendentemente dall'esito della consultazione. Non la pensa cosi invece il sindaco di Albona Tulio Demetlika. Egli si è detto convinto che il governo e l'ente elettrico di stato non potranno ignorare il risultato (il “no” al carbone viene dato per scontato), come del resto fatto di recente a Ploce in Dalmazia dove il referendum ha fatto saltare il progetto della centrale a carbone. Fin dalla costruzione della Fianona 1 negli anni '70 dello scorso secolo, il governo di turno ci ha sempre messo di fronte al fatto compiuto ha spiegato Demetlika, una prassi che si è ripetuta 15 anni fa con l'entrata in funzione della Fianona 2. Ora basta».

(p.r.)

 

 

SEGNALAZIONI - Rifiuti - Differenziata obbligatoria

La lettera della signora Anita Zorzi, pubblicata il 19 febbraio con il titolo “Raccolta non differenziata”, fotografa una realtà che rende necessario un preciso chiarimento. Innanzitutto si conferma che il contratto con la ditta che gestisce le pulizie del mercato ortofrutticolo all’ingrosso prevede la raccolta differenziata, per cui il mancato rispetto di questo impegno comporta applicazione di penale contrattuale. Su questo punto, fatte le verifiche del caso, ci si riserva di procedere. Preciso, inoltre, che la raccolta differenziata, e dell'umido in particolare, non ha zone franche e pertanto si applica tanto alle strutture pubbliche (tra cui il mercato oggetto della segnalazione e tutti gli altri mercati cittadini) quanto alle strutture/abitazioni private con le medesime procedure di differenziazione e conferimento del rifiuto. In particolare, è bene ricordare, che sono state organizzate specifiche riunioni di coordinamento con gli operatori e con la direzione del mercato, in cui il tema è stato ampiamente dibattuto e in cui si sono individuate idonee procedure tecnico-organizzative per attuare e favorire la raccolta differenziata (quali, ad esempio, la delimitazione di una zona dedicata allo stoccaggio del rifiuto umido). Il mancato rispetto del contratto di appalto, come qualunque comportamento contrario a quanto previsto dal regolamento di igiene urbana e ulteriormente puntualizzato nelle precitate riunioni, da parte dei soggetti che a vario titolo operano nelle strutture mercatali, fa emergere l'esigenza di una ancor più puntuale attività di controllo da parte della direzione del mercato, il cui ruolo resta fondamentale. Le guardie ambientali procederanno con specifici sopralluoghi, comminando se del caso le sanzioni previste. Il Comune di Trieste non può richiedere ai cittadini di collaborare per garantire un sistema di raccolta più civile, senza pretenderlo a maggior ragione dagli operatori dei mercati che sono produttori di maggiori quantità di rifiuti e che devono proporsi come esempio.

Umberto Laureni - Assessore comunale all’Ambiente

 

 

IN PIAZZA UNITÀ - Parole, musica e danze per la pace

Mattinata per la pace in Ucraina e nel mondo ieri in piazza Unità, con la manifestazione organizzata dal Coordinamento No guerre-Trieste per la pace con la Consulta degli immigrati Movimento studenti e lavoratori. Si è anche esibito il gruppo folkloristico ucraino-russo-italiano “Rodnik” di Trieste. (foto di Andrea Lasorte) Parole, musica e danze per la pace

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 1 marzo 2015

 

 

«Rigassificatore utile e strategico» - Razeto rompe il fronte del no

Il presidente di Confindustria Venezia Giulia conferma la posizione in merito all’impianto: «Alla fine credo che non si farà, ma avrebbe portato occupazione e vantaggi economici»
Non è totalmente compatto, ma non è certo una novità, il fronte locale di opposizione al rigassificatore di Zaule. A romperlo Confindustria Venezia Giulia: il presidente Sergio Razeto, che è anche al vertice di Wartsila Italia, anche ieri ha definito l’impianto «strategico nell’ottica della politica energetica nazionale e utile per i benefici riflessi occupazionali ed economici anche sul tessuto locale». «Sono pressoché certo però - tira il freno Razeto - che il rigassificatore a Trieste non si farà perché troppi anni sono trascorsi dalla presentazione del progetto da parte di Gas Natural e quasi unanime è l’opposizione da parte dei cittadini e delle istituzioni territoriali». Il rappresentante degli industriali non entra nel merito delle questioni che riguardano la sicurezza («se ne sono occupate commissioni molto più edotte di me»), mentre confessa che «mi lasciano un po’ perplesso le affermazioni e gli stessi studi che considerano l’afflusso delle navi gasiere incompatibile con il traffico portuale e anche con lo stesso sviluppo delle infrastrutture dello scalo». Razeto comincia dalla premessa secondo cui è costantemente a rischio l’approvvigionamento energetico da parte dell’Italia che è costretta a fare affidamento sui gasdotti che partono da Russia e Libia, due nazioni non estremamente affidabili. «Il rigassificatore di Zaule dunque - spiega il presidente - risulterebbe altamente strategico nell’ambito della rete energetica nazionale, anche se è vero che l’impianto analogo più vicino, quello di Porto Viro, oggi non è utilizzato al pieno delle proprie potenzialità». Non vanno però affatto sottovalutati, secondo Razeto, i riflessi che l’impianto avrebbe in ambito locale, tanto più preziosi se considerata la lunga crisi economica e occupazionale che sta affliggendo anche il nostro territorio. «Innanzitutto vanno considerate le imprese, soprattutto locali, che concorrerebbero alle elaborate operazioni di costruzione e di insediamento delle strutture, il che ridarebbe ossigeno anche al settore dell’edilizia. Operazione che non sarebbe fruibile invece - precisa Razeto - nel caso di un rigassificatore off shore che prevederebbe l’arrivo di componenti prefabbricate probabilmente in Estremo Oriente. Poi comunque un discreto numero di tecnici e di personale più o meno specializzato potrebbe concorrere al funzionamento, alla gestione, alla sorveglianza della struttura e si metterebbe anche in moto un indotto non indifferente. Va inoltre soppesato anche tutto il discorso legato alla catena del freddo che potrebbe crearsi a vantaggio di aziende alimentari e farmaceutiche». Fra i “pro” erano stati citati negli anni scorsi, l’ipotetica attrazione di nuove aziende, il possibile insediamento di una centrale elettrica a gas e la presumibile vendita all’industria del vapore generato. «Infine - conclude Razeto - potrebbero esserci sconti sulle bollette per tutti i cittadini e anche royalty da versare da parte del gestore al Comune». Difficile però che queste considerazione possano far breccia tra i triestini.

Silvio Maranzana

 

Laureni: «Ora confidiamo in Serracchiani per lo stop» - l’assessore comunale alla conferenza di SEL
Sul rigassificatore il testimone passa alla presidente della giunta regionale, Debora Serracchiani, «anche in qualità di vicesegretario nazionale del Pd, perciò vicinissima al premier Matteo Renzi».

 Lo ha ribadito più volte ieri, nel corso di una conferenza stampa indetta da Sel, l’assessore comunale per l’Ambiente, Umberto Laureni. Dopo aver sottolineato che «stavolta istituzioni e politica sono compatti nel no all’impianto, a cominciare dal nuovo commissario dell’Autorità portuale, Zeno D'Agostino, per il quale il Piano regolatore del porto non è compatibile con il rigassificatore», Laureni, registrando il «secco no della Serracchiani», ha spiegato che «il parere della Regione é determinate anche se non vincolante. La decisione finale sarà nelle mani di Renzi, col quale c'è un'omogeneità di visione politica. Abbiamo superato la fase nella quale l’amministrazione regionale, all’epoca in mano al centrodestra – ha aggiunto Laureni - diede vita a una vergognosa sceneggiata per quanto riguarda la prassi autorizzativa, dimostrandosi possibilista. L'atmosfera oggi è molto diversa». L’assessore ha infine precisato che «lo sviluppo della città va in altra direzione, e questo senza considerare l'altro rilevante elemento della sicurezza». La vice sindaco di Muggia, Laura Marzi, ha ricordato che «oltre ad aver sempre espresso forte negatività sul rigassificatore, il nostro Comune ha indicato al contempo altre direzioni per lo sviluppo del porto». Il consigliere regionale di Sel, Giulio Lauri, ha confermato che «anche se il governo centrale dovesse insistere, la Regione farà una fermissima resistenza, anche perché per l'area indicata quale sede per il rigassificatore esistono altri progetti. Inoltre – ha proseguito - petrolio e gas si esauriranno, perciò è inutile poggiare su queste fonti la pianificazione energetica del futuro. Piuttosto – ha concluso Lauri – bisogna fare attenzione alla modifica del titolo V della Costituzione, che porta a un ridimensionamento del ruolo della Regione nell'iter per la concessione di questi impianti». Marino Sossi, capogruppo di Sel in consiglio comunale, ha affermato che «il segnale dato dal Consiglio comunale è fondamentale. Serracchiani è vice di Matteo Renzi, potrà perciò farsi sentire». Ugo Salvini

 

Ambientalisti - No smog attacca «Pericoloso e obiettivo per i terroristi»
«La riemersione in maniera subdola del pericolo rigassificatore a Trieste» è stata stigmatizzata ieri anche in una conferenza stampa dall’associazione No smog nel corso della quale hanno preso la parola la presidente Alda Sancin e il segretario Adriano Tasso. «Una struttura di questo tipo, già pericolosa di per sè, collocata accanto al terminal marino e alla tank farm dell’oleodotto transalpino della Siot e all’inceneritore e non lontana dalla Ferriera di cui si continua a tenere in vita l’area a caldo - ha sostenuto Sancin - non solo crea una vera e propria bomba ecologico-ambientale con riflessi sulla salute, ma in tempi in cui sono tristemente attive organizzazioni quali l’Isis può costituire un pericolosissimo obiettivo per attacchi terroristici». La presidente ha preso in esame anche le conseguenze che l’immissione in mare di acqua fredda e clorata potrebbe creare all’ecosistema, alla flora e alla fauna marine, oltre ai prevedibili ostacoli allo sviluppo dei traffici dei vari terminal portuali. Il discorso è presto tornato alla Ferriera nei cui confronti l’associazione tiene da anni alta la soglia di attenzione. «La situazione ambientale a Servola continua a essere difficile - ha detto la presidente . mentre restano confusi gli obiettivi del nuovo proprietario. Un giorno si afferma che entro breve la cokeria potrebbe chiudere, quello dopo si progetta addirittura di mettere in funzione anche il secondo altoforno». I militanti di No Smog hanno annunciato anche la propria partecipazione, in veste di spettatori, alla seduta di domani del Consiglio comunale che, convocato alle 18 in seduta straordinaria, avrà nuovamente al centro dei propri lavori la situazione dello stabilimento di Servola. La convocazione è stata richiesta da un folto numero di consiglieri che hanno caldeggiato la presenza sia del cavalier Giovanni Arvedi che della presidente della Regione Debora Serracchiani e/o degli assessori competenti. Lo scopo è discutere della situazione ambientale, dell’attuazione del piano industriale di Siderurgica Triestina e delle previsioni dell’Accordo di programma riguardo appunto alla Ferriera.

(s.m.)

 

 

Montedoro, depositi verso la bonifica - soddisfazione di Prodani

«Apprendo dal Piccolo la presa in carico, da parte del Comune di Muggia, del problema degli ex depositi militari di combustibili di Montedoro.

 La segnalazione all’agenzia del Demanio e la volontà di mettere finalmente in sicurezza il sito sono un buon punto di partenza, dopo decenni di immobilismo delle istituzioni». Lo rileva il deputato Aris Prodani sostenendo che «l’interrogazione al Ministero dell’Ambiente depositata lo scorso novembre e l’esposto consegnato alla Procura della Repubblica una settimana fa hanno quindi già prodotto i primi effetti».

 

 

Rinnovabili: «Italia sulla rotta giusta»

ROMA - Se la crescita delle rinnovabili continuerà come fra 2005 e 2012, l'Italia è sulla rotta giusta per centrare l'obiettivo nazionale del 17% di consumo di energia da rinnovabili fissato a livello Ue per il 2020.

È quanto emerge dall'ultimo rapporto dell'Agenzia europea dell'ambiente (Aea), secondo cui il Belpaese nel 2013 grazie alle fonti verdi ha fatto a meno di 17,2 milioni di tonnellate equivalenti di combustibili fossili, un volume secondo in Europa solo al taglio ottenuto dalla Germania. «Se l'Italia manterrà la stessa ambizione passata, può centrare i suoi target e anche superarli: nel 2012 era a quota 13,5% di consumo di energia da rinnovabili e per il 2013 la stima è al 14,6%, al di sopra di quanto previsto dallo stesso piano d'azione nazionale» spiega Mihai Tomescu, project manager dell'Agenzia europea dell'ambiente. La fetta di energia proveniente da rinnovabili nella media dei 28 Stati membri nel 2013 è arrivata a quota 15%, in linea con l'obiettivo di almeno il 20% per il 2020. Le reginette sono Svezia (56%), Lettonia (36%), Finlandia (34,9%) e Austria (34,5%), dove le energie verdi hanno prodotto oltre un terzo dell'energia consumata. L'Italia con il suo 14,6% si piazza al di sotto della media Ue e della Spagna (14,9%), ma davanti alla Germania (12,9%) e Francia (13,7%). Maglie nere invece Malta, Lussemburgo, Olanda e Gran Bretagna, tutte inferiori ad una quota del 5%.

 

 

L’indotto dell’Expo ci interessa, ma resta il nodo ferrovie

La lettera del giorno di Edi Kraus assessore alle Attività economiche del Comune di Trieste

Rispondo alla segnalazione del signor Fabricci precisando che per quanto riguarda i collegamenti ferroviari con la vicina Slovenia ci siamo mossi con largo anticipo, in primo luogo per permettere una migliore mobilità ai cittadini e ai residenti a Trieste, in secondo luogo perché siamo convinti che collegamenti migliori comportano benefici, anche economici, al territorio. Ed è proprio in quest’ottica che abbiamo lavorato per tempo: per poter sfruttare l’indotto dell’Expo. Già nel 2013 è stato inaugurato il collegamento ferroviario tra Opicina e Lubiana. Risultato arrivato dopo un lavoro difficile: oltre a dover coinvolgere e suscitare l’interesse delle ferrovie slovene, ci siamo dovuti scontrare con non semplici problemi tecnici di sicurezza ferroviaria. Una volta partito il collegamento, purtroppo, il maltempo e il gelicidio, che si sono abbattuti sulla Slovenia a inizio 2014, hanno arrecato gravi danni a quella tratta ferroviaria tanto da renderla inagibile. Nonostante tutto abbiamo mantenuto il collegamento con una linea autobus e lo scorso dicembre le Ferrovie slovene hanno potenziato la tratta arrivando a cinque collegamenti giornalieri. Ma la nostra volontà non è quella di fermarci a Lubiana, da lì esiste già il collegamento diretto con Vienna e con Budapest. Ecco a cosa puntiamo: a un collegamento diretto tra Trieste e Budapest, come esisteva un tempo. Invece, se vogliamo parlare del collegamento tra la stazione di Opicina e quella di Milano, molto dipende dalla Rfi, Rete ferroviaria italiana. L’altra estate ho partecipato a una riunione in Regione (presenti Rfi, ferrovie slovene e austriache) dove ho espresso la ferma volontà di far sì che questo collegamento venga attivato il prima possibile, proprio perché lo considero strategico. Per quanto riguarda il comparto turistico, i risultati - statistiche alla mano - parlano chiaro: le percentuali degli arrivi e dei giorni di pernottamento dei turisti a Trieste sono in crescita e, seppur in tempi di difficoltà economiche, hanno tutti un andamento positivo, in particolare per quanto riguarda i turisti stranieri. Stiamo lavorando nella convinzione che le potenzialità turistiche di Trieste siano notevoli, soprattutto se diventa la città di riferimento per l’Alto Adriatico e il centro Europa. Per questo il sindaco e tutti noi membri di giunta stiamo operando per riaprire le porte della nostra città al suo entroterra naturale. Il nostro impegno è quello di avviare collaborazioni in tutti i settori (non solo in quello turistico) con la Croazia, la Slovenia, l’Austria, e in particolare con Carinzia, il Friuli e il Veneto, proprio perché siamo convinti che siano fondamentali per far recuperare a Trieste il ruolo economico che le spetta. Tutto questo lo stiamo facendo con un po’ di difficoltà in più, perché per troppo tempo i rapporti con i Paesi a noi vicini sono stati trascurati e abbandonati. Infine, in merito ai compensi ricevuti, sono sempre pronto a discutere con lei, signor Fabricci: quando vuole sono disponibile per parlare delle modalità, degli importi, e delle motivazioni.

 

 

Piazza Unità - Russi e ucraini ballano insieme

Russi e ucraini ballano insieme in piazza dell’Unità. Alle 11, per festeggiare la Giornata internazionale dei migranti, su iniziativa del Comitato per la pace

 “Danilo Dolci” e con la partecipazione della Consulta degli immigrati e la presenza del vicesindaco, si esibisce infatti il gruppo folcloristico Rodnik (nella foto), i cui membri sono di origine ucraina, russa e pure italiana, e che propongono danze e canti della rispettive tradizioni. Presenteranno per l’occasione le canzoni popolari ucraine “Chubarikj”, “Oj, cjiorna jasi cjorna”, “Marusja” e la canzone russa “Kazachka”, cantata dalla splendida voce di Ljuba Petrenko. L’accompagnamento musicale sarà di Viktor Guzulak, con la coreografia di Viktorja ShedrovaIl. Il messaggio che vuole lanciare la formazione, che rappresenta la Trieste multietnica, è un appello alla pace, con l’auspicio che la tregua in Ucraina regga e porti a una pace duratura.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 28 febbraio 2015

 

 

«In Porto non c’è spazio per il rigassificatore»

D’Agostino: concordi tutti gli enti locali, redigeremo insieme un documento di risposta. Serracchiani: e non va dimenticata la contrarietà della Slovenia
«È chiaro che il rigassificatore di Zaule è incompatibile già con le attuali strutture portuali. A maggior ragione lo sarà con lo sviluppo di opere e di traffici previsto con il nuovo Piano regolatore». Non ha tentennamenti Zeno d’Agostino, neocommissario dell’Authority, nello schierarsi contro l’impianto progettato da Gas Natural e nel voler ora fare fronte comune assieme a tutte le amministrazioni territoriali per replicare all’informativa con cui al contrario il Governo e per la precisione la Commissione tecnica di verifica Via-Vas certifica che le sue conclusioni «non evidenziano aspetti di incompatibilità ambientale tra il rigassificatore e le previsioni del proposto nuovo Piano regolatore portuale». «Sono un tecnico e replicherò con le cifre perché la mia non è un’opposizione politica - spiega D’Agostino - ma siccome con tutte le istituzioni territoriali siamo d’accordo c’incontreremo nei prossimi giorni per stendere e poi presentare il documento di risposta. Perché il peggior errore che ora potremmo fare - conclude forse riferendosi a quanto accadeva con la gestione precedente dell’Authority - sarebbe procedere slegati, ognuno per conto proprio». Il rigassificatore andrebbe a collocarsi molto vicino alla Siot dove il numero di petroliere, che nel 2014 ha superato quota 500, cresce di anno in anno. Ma sempre in quella zona stanno per cominciare i lavori della Piattaforma logistica, deve svilupparsi il Polo intermodale di Arvedi sulla banchina della Ferriera, dovrà nascere il Terminal traghetti progettato da Teseco nell’area dell’ex Aquila. Per non parlare di quanto lo stesso Piano regolatore renderà possibile: due lotti di allungamento del Molo Settimo, il Molo Ottavo che dovrebbe stagliarsi proprio dalla Piattaforma logistica oltre al tombamento dell’area compresa tra i Moli Quinto e Sesto. «Non è vero che era l’ipotesi del rigassificatore a bloccare il Piano regolatore fermo invece per altri motivi - conclude D’Agostino - tant’è che ora vorrebbero comunque calarci l’impianto dall’alto». «La Regione si è espressa chiaramente sull’argomento - ha ribadito ieri la governatrice Debora Serracchiani - Il rigassificatore è assolutamente incompatibile con il porto di Trieste, con i flussi di traffico, con gli investimenti che si stanno facendo sullo scalo. Non dimentichiamo poi che c’è la contrarietà espressa dalla Repubblica di Slovenia, riguardo alla quale non credo si possa far finta di nulla». La Regione insomma, è posizione nota, non darà l’intesa all’Autorizzazione che dovrà essere emessa dal Ministero dello Sviluppo economico. Ma l’intesa, in base alle nuove leggi, potrebbe anche non essere vincolante. Così come potrebbe essere vera la voce secondo cui Gas Natural se l’Autorizzazione non verrà data procederà nella causa legale contro il Governo, mentre se l’otterrà la venderà a un’altra società che sarebbe interessata a subentrarle. «La stessa procedura che il Governo sta seguendo è paradossale - commenta la presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat - l’ex ministro Orlando, dopo la sospensione di Clini, aveva bloccato l’iter. Ora, come minimo si tratterebbe di incominciare da zero una nuova istruttoria riaprendo la Conferenza dei servizi. Chiaro che noi tutti ribadiamo la nostra contrarietà e affidiamo alla Regione l’incarico di farsi parte diligente di questa unanime opposizione cittadina presso il Governo». «La baia di Zaule è un laghetto ed è impensabile che possano entrarvi navi gasiere soprattutto con la crescita dei traffici alla Siot e il nuovo terminal traghetti all’ex Aquila - afferma il sindaco Roberto Cosolini - restano totalmente valide le ragioni della nostra contrarietà già ripetutamente espressa. Forse tutto questo non è ben chiaro nel documento preparato dall’Autorità portuale. Lo verificheremo nei prossimi giorni preparando assieme a tutti gli enti la nuova opposizione». «Sono preoccupatissimo e ho già avuto un incontro con la Presidente Serracchiani che mi ha ribadito la sua fortissima contrarietà al rigassificatore a Zaule», ha commentato il sindaco di Muggia Nerio Nesladek e ha aggiunto: «È un progetto inutile, pericoloso, inquinante e dannoso per la nostra economia e per il nostro porto. C'è bisogno di una forte e rinnovata unità tra le istituzioni e c'è bisogno ancora una volta che i cittadini si mobilitino. Un grande sforzo unitario è l'unica arma che può ricacciare indietro questo mostro».

Silvio Maranzana

 

Gas Natural: “Via” favorevole già nel 2009

La società catalana Gas Natural nel sito web che traccia la sua attività in Italia, ricorda, dal proprio punto di vista, alcune tappe fondamentali del progetto di rigassificatore a Zaule.

Queste alcune date salienti: 1 luglio 2004, Presentazione al ministero delle Attività produttive dell’istanza di avvio del Procedimento autorizzativo previsto in relazione all’impianto di rigassificazione da localizzare nel porto di Trieste – località Zaule. 17 luglio 2009, Conclusione a livello nazionale del Procedimento di “Via” del Terminale di rigassificazione con provvedimento favorevole con prescrizioni, rilasciato dal ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministero per i Beni e le attività culturali. 24 luglio 2012, il Consiglio di Stato, a seguito del quesito posto dalla Regione Friuli Venezia Giulia, si pronuncia in merito alla competenza per il rilascio dell’Autorizzazione unica che viene attribuita al Ministero dello Sviluppo economico.

 

Così il 22 novembre 2012 la Regione concesse l’Aia - il fattaccio
Il “fattaccio” che ha ora rimesso Trieste nuovamente in situazione di pericolo riguardo alla questione del rigassificatore porta la data del 22 novembre 2012.

 Quel giorno i tecnici dell’amministrazione regionale all’epoca guidata da Renzo Tondo hanno dato il “via libera” all’impianto, concedendo l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) al termine di una seduta svoltasi in un clima grottesco e protrattasi per sei ore. Non solo, il “nulla osta” è stato considerato concesso all’unanimità nonostante le opposizioni chiaramente manifestate dall'assessore comunale all'Ambiente Umberto Laureni e dal dirigente dell'area Ambiente e mobilità della Provincia Fabio Cella che però sono state giudicate inconferenti o comunque ipotizzanti rischi non comprovati. A decidere in questo senso era stato Pietro Giust, allora vicedirettore centrale e direttore del servizio Energia della Regione che aveva condotto la seduta assieme a Pierpaolo Gubertini, il dirigente responsabile del settore Tutela dall'inquinamento. L'assenso all'unanimità era l'unico modo per non far ricadere la responsabilità dell'Aia sulla giunta regionale che sarebbe stata chiamata a decidere in caso di pareri discordanti. «Abbiamo chiesto che si votasse per rendere palese la maggioranza di voti contrari, ma i tecnici della Regione hanno ribattuto che non si poteva farlo perché la contrarietà risultava immotivata», aveva riferito Laureni. «Ci vorrebbe una bella faccia tosta da parte della giunta regionale ad approvare l'Aia sapendo che tutto il territorio è contrario - aveva pure affermato nei giorni precedenti l’allora assessore alla Programmazione Sandra Savino». «È accaduto qualcosa di sconvolgente che in 35 anni che mi occupo di pubblica amministrazione non ho mai visto - aveva commentato l'assessore provinciale Vittorio Zollia - la Regione con un colpo di bacchetta magica ha trasformato due pareri negativi in positivi». «È stato lo stratagemma per far sì che sui politici della Regione non possa ricadere alcuna responsabilità», aveva aggiunto Laureni. (s.m.)

 

«Traffici, trend positivo già partito» - Savino: il Pd si ricordi l’ok dato dalla Regione con Illy. Battista: ora fronte comune
«Deputati, senatori e dirigenti nazionali del Pd - interviene Sandra Savino deputato di Forza Italia - fanno riferimento a un necessario aumento dei traffici portuali per rafforzare le ragioni della contrarietà istituzionale, nella fattispecie quella dell'Autorità portuale, al progetto di Zaule.

Ma questo trend è già ben che iniziato, e non lo dico io, ma l'ufficio statistica della Commissione europea (Eurostat) che colloca il porto di Trieste al primo posto in Italia per tonnellaggio di merce movimentata. Un risultato che solo con un significativo ricorso alla fantasia, o alla malafede, può essere catalogato come immobilismo». E sul rigassificatore, Savino afferma che «il gioco a ritroso, a guardare chi è il più puro dei puri, non conviene a nessuno: specialmente al Pd, perché mentre la giunta Tondo ha espresso un parere contrario al progetto, quella guidata da Illy, oltre ad aver dato un impulso al percorso autorizzativo, annoverava nell'attuale sindaco di Trieste uno dei sostenitori più convinti all'impianto». «Il rigassificatore è come l’amante, tutti dicono che non si fa ma prima o poi ti può accadere - afferma il senatore del gruppo “Per le autonomie” Lorenzo Battista - Mi riferisco a chi ha governato in passato e ora tuona contro la struttura e chi ora tergiversa tra deboli no e confusi forse». E aggiunge: « Il risultato è che Trieste sta per sedersi su una bomba ad orologeria. Se è vero che nessuno lo vuole, si faccia fronte comune e si scongiuri il rischio». «Accogliamo con amarezza la negativa novità del via libera al rigassificatore. Renzi e il Pd calpestano la volontà dei triestini. Fanno poi sorridere le mozioni presentate dal centrosinistra in Consiglio comunale, modo troppo facile per lavarsi la coscienza e fingere di non volere l'impianto». È quanto affermano Andrea Ussai, Paolo Menis e Stefano Patuanelli di M5S.

(s.m.)

 

Consiglio, no secco e unanime - «Il sindaco si opponga»

La mozione urgente firmata da Decarli ha incassato 32 voti con due emendamenti di Paolo Rovis.

Un fronte compatto che vuole farsi valere in tutte le sedi istituzionali

No secco e unanime di tutte le forze politiche presenti in consiglio comunale all’ipotesi rigassificatore. La decisione di opporsi alla possibilità che sia realizzato l’impianto della Gas Natural, impegnando il sindaco, Roberto Cosolini, a rappresentare tale volontà in tutte le sedi istituzionali competenti, è maturata l’altra notte, nel corso della seduta che l’assemblea ha dedicato a questo e ad altri temi. Maggioranza e opposizione sono giunte piuttosto rapidamente all’approvazione all’unanimità di un documento (32 sì su 32 votanti), che ha tratto origine da una mozione urgente, presentata a inizio lavori dal consigliere Roberto Decarli (lista Cosolini) ed emendata in due punti su richiesta del capogruppo del Pdl, Paolo Rovis. Con esso si impegna il sindaco a «continuare a rappresentare con determinazione la volontà del consiglio comunale e gli interessi del territorio in merito alla decisa contrarietà all’impianto del ‘Terminale di rigassificazione’ proposto da Gas natural, invitando in questo senso il Commissario dell’Autorità portuale a redigere e trasmettere ai Ministeri competenti, cioè Ambiente, Sviluppo economico e Infrastrutture e trasporti, ulteriori documenti, dati e proiezioni di transiti marittimi nel golfo di Trieste, che dimostrino il livello di conflittualità operativa e il superamento dei limiti di sicurezza che potrebbero sopravvivere se fosse realizzato il progetto Gas natural. «Il sindaco dovrà inoltre farsi carico – continua il testo – di un attivo coordinamento di tutti gli enti per le iniziative da assumere e, in ultima istanza, se necessario, a promuovere un referendum cittadino a dimostrazione della ferma opposizione al Terminale in oggetto». I due emendamenti proposti e accolti anch’essi all’unanimità riguardavano due passaggi preliminari della mozione urgente presentata da Decarli. Con il primo è stata aggiunta l’Autorità portuale nell’elenco dei soggetti che avevano «dimostrato più volte e con convinzione, oltre con il supporto di documenti, netta contrarietà alla costruzione dell’impianto». Inizialmente comparivano solo Regione, Provincia e Comune. Con il secondo, è stato cancellato l’intero capoverso nel quale si diceva che «da fonti ministeriali trapela la notizia che questa ulteriore sospensione del parere negativo del Comitato tecnico Via al progetto Terminal di rigassificazione è da addebitarsi all’iniziale poco convinta contrarietà della passata amministrazione regionale, congiuntamente alla debolezza contenuta nelle documentazioni fornite al Comitato Via da parte dell’Autorità portuale». Decarli ha accolto gli emendamenti, a nome della maggioranza, spiegando che «davanti a un’ipotesi così allarmante, come la costruzione del rigassificatore, è importante e necessario che la città, attraverso l’espressione unanime del consiglio comunale, esprima un no deciso e perentorio. In questi frangenti – ha concluso – conta il risultato e bisogna superare le diversità ideologiche».

Ugo Salvini

 

«Non inficiare l’azione del commissario» - I democrat Cok e Grim: Trieste deve puntare tutto sullo scalo, non su un impianto di Gnl
«La linea del Pd regionale e provinciale sul rigassificatore a Trieste è stata e continua a essere chiara: siamo contrari al progetto, che non è compatibile con lo sviluppo del porto».

Lo affermano la segretaria regionale del Pd Antonella Grim e il segretario del Pd di Trieste Štefan Cok, sottolineando che «ambizione primaria di Trieste deve essere potenziare al massimo le attività del suo porto e i traffici, non la costruzione di un impianto di Gnl». Secondo Grim e Cok «finalmente, con l’arrivo del nuovo commissario Zeno D’Agostino ci sono le condizioni per rilanciare il nostro scalo a beneficio di tutto il territorio triestino e regionale: ogni azione che possa confliggere o anche solo frenare tale progetto va contrastata con fermezza. Crediamo che la realizzazione del rigassificatore costituisca un sicuro ostacolo allo sviluppo dello scalo e ci impegneremo affinché non venga riconsiderata la possibilità di costruirlo. Oggi è bene che tutta la politica si unisca e si prodighi per difendere gli interessi di Trieste e del Fvg» concludono Grim e Cok. «La risposta del Ministero dell’Ambiente alla mia interrogazione sul rigassificatore di Trieste cade come un’ ascia - commenta Serena Pellegrino, parlamentare di Sel - Il lungo silenzio di questi due anni dava quasi per certa la non realizzazione del progetto della Gas Natural. Ad oggi tutti si dichiarano contro, e di questo ci rallegriamo. Nello stesso tempo però non si può non denunciare il fatto che in passato qualcuno l'ha voluto e promosso. Penso che lo scenario configurato nella mozione, firmata insieme a Sel da parlamentari del M5S e del Pd - continua Pellegrino - avrebbe potuto essere un valore aggiunto, in particolare riguardo l’impegno chiesto al Governo per la rinnovazione integrale della procedura di valutazione di impatto ambientale, per la predisposizione in tempi ristretti di un piano energetico nazionale adeguato alle esigenze del Paese e armonizzato, nel caso di Trieste, con quelle dei Paesi europei immediatamente confinanti e per subordinare ad esso le decisioni in materia. Un’occasione mancata per i governi che si sono succeduti in questi due anni». Sel ha convocato sul tema una conferenza stampa per oggi alle 11 nella sede di via Martiti della LIbertà 18. Di rigassificatore e Ferriera si parlerà anche nella conferenza stampa dell’associazione Nosmog oggi alle 10 in via dei Giardini 48.

(s.m.)

 

 

Falesie, battaglia politica sul Sentiero Rilke La maggioranza compatta: la priorità è la fruizione pubblica, magari espropriando il percorso

DUINO AURISINA Per Maurizio Rozza, presidente II commissione, «è evidente che si tratta di un problema di visibilità politica di qualcuno».

Per Andrea Humar, Pdl, invece è una questione di trasparenza: l'ente locale ha il dovere di esplicitare il proprio intendimento. Tradotto: se vuole espropriare dei terreni a un privato lo deve dire chiaro e tondo, come è sempre avvenuto. Insomma, la trasparenza dovrebbe essere la stella polare dell'agire politico. Perché su questo punto, di politica, in fondo si discetta. E il punto, controverso, è quello dell'articolo 10 comma 4 del nuovo Regolamento delle Falesie (al voto in aula mercoledì), in cui si propone l'acquisizione del Sentiero Rilke da parte dell' Organo gestore, ovvero del sindaco pro tempore, «per garantire la viabilità necessaria all’esercizio delle finalità istituzionali della Riserva di educazione ambientale, vigilanza, monitoraggio e fruizione guidata». Giorgio Ret vorrebbe evitare screzi col privato, vale a dire il principe («nel Pcs si era scritto che non avrebbero avuto luogo espropri proprio per non creare un clima negativo»). Infatti, in tal senso, ha ripetutamente interpellato l'esecutivo Kukanja per sapere se vi è una visione congiunta col proprietario delle progettualità. Neanche Rozza, si capisce, vorrebbe uno scontro con i Torre e Tasso perché come all'unanimità riconosciuto in II commissione avviare una riserva in contrasto coi confinanti privati significa farla abortire all'origine. «Ma come buon padre di famiglia – ha spiegato il presidente dell'assise – io devo fare in modo che il sentiero si riapra e questo è il mio obiettivo. Non possiamo rinunciare alla fruizione guidata dell' area. Per me la proprietà privata non è inviolabile rispetto alla fruizione pubblica». Su questo punto il sindaco Vladimir Kukanja, il vice Massimo Veronese e l'assessore Andrej Cunja, presenti in sala, non hanno aggiunto parola. Della serie: chi tace acconsente. Maggioranza blindata. A dare fuoco alla miccia del dissenso in aula è stato Massimo Romita (Pdl): «Presentando in barba a quanto promesso quello che è un nuovo testo, prendete per i fondelli tutti». L'accusa è di «avere lavorato a vuoto su tutt'altre indicazioni» (Andrea Humar, Pdl). Mi meraviglio molto: questo non è il sistema solito di Rozza. È vero che siamo consiglieri di opposizione, ma anche noi rappresentiamo un certo numero di cittadini». Tra i cambi anche l'inserimento della dicitura bilingue della Riserva: Falesie e Stene ora vanno a braccetto. Rozza ha infine ribadito che gli sarebbe piaciuto procedere nell'operazione-regolamento a un diverso ritmo, ma la richiesta del centrodestra di un'assise straordinaria ha impresso una brusca accelerata. “Prendiamo atto e di conseguenza ci comporteremo”, ha tagliato la testa al toro Romita. Si prevede un Consiglio di fuoco.

(ti.ca.)

 

Serbatoi da bonificare, il Comune scrive al Demanio su Montedoro

L’area presenta tank e una rete di condotte per lo stoccaggio di idrocarburi, abbandonati da anni

La giunta vuole che i manufatti siano posti in sicurezza o inertizzati. Longo: «È un’area di pregio»

MUGGIA «Intervenire con la messa in sicurezza dell'intero sito oppure applicare l'inertizzazione e la dismissione dei vecchi serbatoi». Si è pronunciato così il Comune di Muggia sul risanamento dei depositi di idrocarburi presenti nelle viscere di Montedoro, in un'area verde che delimita di fatto i comuni di Muggia e San Dorligo della Valle. La posizione dell'amministrazione Nesladek è stata anche comunicata ufficialmente all'Agenzia del demanio tramite una lettera in cui il Comune, pur non rivestendo ruolo di parte attiva nel procedimento, ha chiesto informazioni relativa alla questione. La rete sotterranea di depositi militari di combustibili, costruiti negli anni Quaranta, che si estende per chilometri e che comprende una ventina di cisterne, gallerie blindate, condutture interrate o mimetizzate in superficie, è tornata in auge dopo il recente esposto alla Procura della Repubblica da parte del parlamentare Aris Prodani (ex Movimento 5 Stelle). L'argomento non ha lasciato indifferente l'assessore all' Ambiente del Comune di Muggia Fabio Longo. «Stiamo parlando di un’area di alto pregio ambientale dove la gran parte della dorsale collinare è rimasta un luogo di prati e boschi, zona collinare inserita tra aree agricole coltivate e zone residenziali e commerciali». «L’area - precisa Longo - sembra essere interessata dalla presenza di idrocarburi abbandonati facenti parte di una vetusta struttura realizzata intorno agli Anni 40 costituita anche da gallerie blindate e condutture interrate e adibita al contenimento di combustibile per scopi militari, le cui cisterne sarebbero poi state successivamente destinate a deposito di rifiuti industriali». Per questo l’amministrazione comunale, pur non rivestendo ruolo di parte attiva nel procedimento, «non può che auspicarne la pulizia e la bonifica» e sempre in questa direzione va la lettera indirizzata all’Agenzia del demanio. Nella missiva l’ente chiede informazioni sulla questione. «Ovviamente spetterà ai soggetti titolati ogni eventuale azione quale la messa in sicurezza dell’intero sito o l’inertizzazione e la dismissione dei vecchi serbatoi .- aggiunge Longo - e per questo, a nome di tutta la comunità, abbiamo chiesto al Demanio quali siano le azioni intraprese in tal senso o in che modo intenda attivarsi. Da parte nostra resta l’impegno nell’essere vigili all’evolversi della situazione affinché si possa raggiungere quanto prima il risanamento di quella parte della nostra Muggia». A denunciare la presenza della rete di depositi militari che pare avere una capienza di 30 milioni di litri di combustibili fu l'associazione ambientalista Greenaction Transnational che in una nota aveva evidenziato come l’area, classificata come “agricola”, ospiti l’acquedotto comunale di Muggia che «arditamente con le sue condotte si addentra nelle colline della paura: possibile che nessuno abbia pensato che quei terreni all’apparenza così tranquilli possano essere impregnati di idrocarburi? Eppure basterebbe attraversare questo lembo di terra per sentire le esalazioni di carburi... i vapori che continuano a fuoriuscire dalle prese d’aria o dai numerosi pozzetti che sbucano nel fitto della vegetazione...». Nella stessa area si era ipotizzato di creare un deposito di amianto. Il Comitato Monte d’Oro però si opposte strenuamente. E grazie anche al forte “no” lanciato dal portavoce Giorgio Jercog l'ombra dell'amianto venne scongiurata.

Riccardo Tosques

 

 

SEGNALAZIONI - VALMAURA - L’aria pesante

Il 19 febbraio mi sono recato a Valmaura, al Distretto sanitario 3, alle 10.45. Era la prima volta che mi trovavo a piedi in quella zona.

Appena sceso dal bus ho sentito un forte odore di prodotti chimici, di fretta e furia sono salito ed entrato nella sede sanitaria (chissà se costava molto metterci un segnale che per arrivarci bisognava entrare dove sta l’ascensore). Sta di fatto che immediatamente ho capito che in tutto il piano degli uffici l’aria era inquinata da quelle che vengono chiamate polveri sottili: dopo 15 minuti ho dovuto mettermi il fazzoletto sul naso per cercare di attenuare l’intossicazione. Parlando con i presenti ho saputo che c’era un asilo nido lì e ho voluto accertarmi di persona. Quando ho visto la fila di bambini piccolissimi sono stato preso da uno sgomento indescrivibile nel vedere - a poche centinaia di metri - la Ferriera e quei bambini respirare un’aria che personalmente avrei fatto respirare a tutta la giunta comunale e regionale per tutto il tempo che quei bambini ogni giorno respirano. Ho contattato alcune persone facendo loro rilevare la potenziale pericolosità che si respira in quei locali. Tengo a precisare che non era l’odore che avevo sentito in strada, solo che l’aria era pesante, non pura. Non posso credere che una simile struttura sia stata fatta senza tener conto della pericolosità dell’impianto lì vicino. Il mio consiglio è che i residenti si rechino di primo mattino a Muggia Vecchia 2/3 volte la settimana per cercare di disintossicarsi, poi capiranno cosa respirano; e a chi compete di chiudere la struttura. In attesa che ciò non sarà fatto, auguri a tutti di tantissima salute.

Silvio Stagni

 

 

DOMANI - In piazza Unità per chiedere la pace in Ucraina

Iniziativa del Comitato Dolci con altre associazioni, si esibirà anche un gruppo folkloristico

Trieste deve rompere il suo imbarazzante silenzio e attivarsi a tutti i livelli per la pace nel mondo. Questo l’appello che sarà lanciato domani in piazza Unità nella manifestazione “Per la pace in Ucraina e nel mondo”, organizzata nella Giornata internazionale dei migranti dal Comitato pace, convivenza e solidarietà Danilo Dolci e dal Coordinamento Trieste per la pace e contro la guerra. Dalle 11 in poi saranno spiegate le ragioni che hanno portato alla decisione di invitare alla mobilitazione «i triestini e chi vive qui, ma soprattutto le istituzioni locali, finora silenti, a impegnarsi per la pace, per l’integrazione, per una convivenza senza distinzioni. Siamo preoccupati – ha detto Luciano Ferluga, del Comitato Dolci - per l'indifferenza che vede accomunati i cittadini e le istituzioni. Sentiamo gli appelli del Papa, unica voce a tutela della pace, mentre a 1500 chilometri da Trieste si combattono guerre. A Trieste ci sono comunità che convivono, insegnando coi fatti la cultura dell'integrazione. Vorremmo che Trieste finalmente manifestasse, sia da parte dei cittadini, sia da parte dei rappresentanti istituzionali, una grande voglia di pace. Facciamo un forte appello in tal senso anche alla comunità slovena di ispirazione cattolica. Sei mesi di presidenza italiana della Comunità europea – ha concluso Ferluga - non hanno sortito alcun effetto». Lidija Radovanovic, vicepresidente della Consulta degli immigrati che aderirà alla manifestazione, ha detto che «bisogna recuperare la cultura della pace. Sono serba, e ricordo che coi croati si conviveva, salvo scoprire, anni dopo, che i nostri governi hanno lavorato per dividerci. Ora in Ucraina si sta profilando la stessa situazione. L'Europa deve trovare un modo per attuare una politica unitaria». L’ucraina Viktorja Shchedrova, esponente del gruppo folkloristico Rodnik che domattina proporrà danze internazionali, ha evidenziato che «nel nostro gruppo siamo uniti, pur essendo di tante nazionalità. Si può anche discutere ma non c'è odio fra le persone. Sono piuttosto i governi a creare le difficoltà che poi esplodono in guerre». Alessandro Capuzzo, del coordinamento Trieste per la pace, ha ricordato che «in Ucraina è stata modificata la costituzione per poter dichiarare lo stato di guerra più facilmente. Chiediamo la creazione di un Comitato per la difesa civile, che sosterremo con firme in calce a una proposta di legge di iniziativa popolare. E vogliamo anche creare corpi civili di pace. Nei prossimi mesi, 300 giovani andranno nelle zone dove la gente soffre per dare vita a situazioni di pace». Gabriella Taippi ha assicurato la partecipazione del Movimento studenti e lavoratori.

Ugo Salvini

 

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 27 febbraio 2015

 

 

“Sdoganato” il rigassificatore - Il ministero conferma l’ok ambientale: non c’è incompatibilità col Piano regolatore del porto

Cade il decreto temporaneo di sospensione della via firmato allora dal ministro Clini

Siamo alla revoca, clamorosa, di una revoca che veniva data per scontata. Alla ripartenza, dal binario di prima, di un treno che pareva deragliato, o per lo meno sul punto di farlo, benché a Trieste non fossero poi in molti a strapparsi i capelli. Il fantasma del rigassificatore non solo è tornato, ma ora pure s’incarna. Si materializza. Nei giorni scorsi dal Ministero dell’Ambiente è partita in effetti un’informativa indirizzata a tutti gli interlocutori coinvolti nell’iter autorizzativo (dal Ministero dello Sviluppo economico a Gas Natural passando per «le amministrazioni territoriali», così si legge agli atti parlamentari di ieri) in cui viene comunicato che l’impasse è finita. E che il progetto è riabilitato. Avanti popolo. Il cerino passa a un altro dicastero del Governo Renzi, quello dello Sviluppo economico retto dall’indipendente d’estrazione confindustriale Federica Guidi, cui spetta l’ultima parola d’intesa con la Regione guidata dalla vice-Renzi nonché “ministra” delle infrastrutture del Pd nazionale Debora Serracchiani, la quale s’è appena ridetta contraria all’operazione ammettendo però che i giochi sono per forza aperti. Tale informativa d’altronde reca il parere con il quale il 6 febbraio la Commissione tecnica di verifica Via e Vas del dicastero che oggi fa capo al ministro del Governo Renzi in quota Udc, Gian Luca Galletti, ha chiuso l’istruttoria supplementare. Era l’indagine-bis aperta quasi due anni fa, quando l’allora predecessore di Galletti, il triestino acquisito Corrado Clini, davanti alle obiezioni dell’Autorità portuale in merito alle possibili interferenze tra gasiere e traffico portuale, aveva firmato il decreto di sospensione temporanea della stessa Via, la Valutazione d’impatto ambientale, il cui parere favorevole con prescrizioni era stato rilasciato ancora nell’estate del 2009. Ebbene: le conclusioni della Commissione «non evidenziano - recitano ancora gli atti parlamentari con la data di ieri - aspetti di incompatibilità ambientali» tra il rigassificatore e e «le previsioni del proposto nuovo Piano regolatore portuale», che prospetta tra l’altro il prolungamento del Molo VII e più in generale lo sviluppo dello scalo di casa nostra, e che proprio in questi giorni sta per essere rispedito a Trieste col timbro di Roma. La notizia della riabilitazione del progetto è stata resa nelle scorse ore al Piccolo direttamente dall’Ufficio stampa dello stesso dicastero dell’Ambiente ed è stata ulteriormente confermata ieri pomeriggio dall’onorevole Serena Pellegrino, capogruppo di Sel nella Commissione Ambiente della Camera. È la prima firmataria di un’interrogazione a risposta immediata sul rigassificatore, in seguito alla quale è stata redatta appunto una risposta (gli atti parlamentari di cui si diceva) col timbro del Ministero dell’Ambiente, in cui viene ufficializzato il “nulla osta”. È dunque l’ora della svolta, dopo che nello scorso fine settimana un’altra onorevole, la coordinatrice regionale di Fi Sandra Savino, aveva presentato un’interrogazione nella quale chiedeva di conoscere lo stato di un iter autorizzativo caduto nell’oblio, che a Trieste tutti davano per stracciato, e di cui invece, lunedì scorso, nel presentare in città il neocommissario dell’Autorità portuale Zeno D’Agostino, Debora Serracchiani, ribadendo la contrarietà al progetto e rimandando le responsabilità alla precedente Giunta Tondo di cui faceva parte Savino, aveva ammesso una certa recrudescenza: «Ci muoviamo purtroppo in un contesto in cui molto è già stato fatto». Non è balzano presumere che sia l’interrogazione di Savino che la dichiarazione di Serracchiani siano state fatte a ragion veduta, e vedute pure le carte, dato che la revoca della revoca data 6 febbraio. E adesso? All’Ufficio stampa del Ministero dell’Ambiente mutuano la metafora di una quercia in mezzo alla strada: dal punto di vista ambientale è fattibile, la questione ora è capirne l’opportunità, se è vero che più che su rilievi ambientali l’indagine della Commissione di Via aveva esaminato anzitutto la dichiarata incompatibilità dell’impianto col traffico marittimo. La firma del ministro Galletti non implica il sì al rigassificatore. Ripara semmai il suo dicastero da un’eventuale causa plurimilionaria di Gas Natural. Il sì è affare del ministro Guidi, d’intesa con la Regione. Ecco che, fatalmente, la partita, da tecnica, si fa tutta politica.

Piero Rauber

 

Il documento della revoca

«Le determinazioni assunte in sede tecnica non consentono l’adozione di provvedimenti di secondo grado, esse sono state portate a conoscenza nelle sedi competenti per i seguiti autorizzatori». Così la risposta del Ministero dell’Ambiente di ieri a Pellegrino alla Camera. Così, in precedenza, la risposta del viceministro dello Sviluppo economico d’inizio giugno 2014 all’ex cinque stelle Aris Prodani: «Lo schema di decreto di revoca, già firmato dal ministro (dell’Ambiente, ndr) pro tempore, Andrea Orlando, era stato inoltrato per la firma del Ministro dei Beni culturali in data 13 febbraio 2014, ma essendo nel frattempo mutata la compagine governativa (da Letta a Renzi, ndr) lo stesso decreto è stato restituito al Ministero dell’Ambiente ai fini dell’acquisizione della firma dei ministri ora in carica».

(pi.ra.)

 

Il caso esplode a Roma: pressing sul governo Un’interrogazione di Pellegrino (Sel) incalza l’esecutivo: «Ribadisca che era contrario»

Giurastante: «Aveva ragione Monassi». Prodani: «Strana inversione di rotta»

Il rischio, nel comune sentire, era che quell’impianto potesse diventare una bomba. Adesso, almeno metaforicamente, lo sta già diventando. Dopo giorni di mali di pancia su varie sponde politiche, la questione rigassificatore alla fine esplode in Parlamento. Basta un’interrogazione di Serena Pellegrino di Sel, capogruppo della commissione ambiente, per dare la stura a tutte le ipotesi, anche le peggiori. «Il ministero dell’Ambiente - annota - sull’atteso pronunciamento nell’ambito della sospensione del decreto di Valutazione di impatto ambientale, ha reso noto che non sono stati evidenziati aspetti di incompatibilità tra il progetto del rigassificatore Gnl di Zaule e il nuovo Piano regolatore portuale di Trieste». Prego? Ci siamo persi qualcosa? La Pellegrino incalza. «Nessuna parola in merito al fatto che questo Governo sia contro l’attuazione del progetto del rigassificatore della Gas Natural: non era un atto richiesto ma ci auguriamo che le dichiarazioni politiche rese in ogni sede abbiano concreto riscontro con gli atti formali. Speriamo che non siano sempre i cittadini a pagare o in termini di consumo di terra e di sicurezza o in termini di denaro». E ancora: «Restiamo in attesa della posizione che verrà assunta dal ministero delle attività produttive e dalla Regione Friuli Venezia Giulia, alla quale c’è solo un invito da fare - conclude la Pellegrino - nessuna paura, su la testa!». Praticamente una bomba a mano gettata nel mucchio. Prontamente raccolta dagli oppositori a tempo pieno. «I politici nazionali e locali del Governo Renzi - dice ad esempio Roberto Giurastante, che per l’occasione ostenta la doppia cravatta di presidente del Movimento Trieste Libera e dell'organizzazione ambientalista Greenaction Transnational - stanno nascondendo che nei giorni scorsi la Commissione Via del Ministero dell'Ambiente ha già approvato il contestato rigassificatore di Gas Natural Italia nel porto di Trieste». Confermando l’empatia con l’ex presidente dell’Authority Marina Monassi, Giurastante aggiunge che «il progetto di Gas Natural, appoggiato inizialmente dai politici locali, era stato bloccato con deliberazione n. 15 del 26 luglio 2013 dalla presidente dell'Autorità Portuale, Marina Monassi, poiché il traffico delle enormi navi gasiere avrebbe recato gravi danni al porto di Trieste semi-paralizzando il traffico container ed il terminale Siot dell'oleodotto transalpino (Tal) che rifornisce Germania meridionale, Austria e Repubblica Ceca». Insomma, Monassi vittima della sua lungimiranza, secondo l’indipendentista. Che poi ricorda come il 23 febbraio scorso l’ex zarina del porto sia stata sostituita da Zeno d'Agostino». Sull’argomento si fionda immediatamente anche il deputato Aris Prodani. Con toni decisamente duri. «Mentre a parole - sostiene - il Pd esterna la propria contrarietà alla realizzazione dell’ impianto, l’iter autorizzativo del Rigassificatore di Zaule che sembrava indirizzato al definitivo tramonto come esplicitato dal viceministro dello Sviluppo Economico De Vincenti nella risposta data a giugno ad una mia interrogazione - dove indicava che il decreto di revoca fosse nella fase risolutiva - ha subìto un’improvvisa inversione di marcia. «Il parere n.1706 della Commissione Via/Vas, occultato accuratamente dal 6 febbraio scorso da tutte le Istituzioni, non evidenziando aspetti di incompatibilità ambientali tra il nuovo Piano Regolatore Portuale ed il progetto Gas Natural, riapre di fatto i giochi. Ora la palla passa al partito di Governo».

Furio Baldassi

 

Consiglio comunale Decarli impegna l’aula contro l’impianto

Presentata una mozione per protestare con i ministeri. Espulsi gli attivisti “pro casa”

È arrivata anche in Consiglio comunale ieri sera la notizia sul rigassificatore. Convocata per discutere di altri argomenti, l'assemblea a tarda ora ha affrontato il delicato problema originato dal parere espresso in giornata dalla Commissione ministeriale per l'ambiente, sulla base di una mozione urgente, presentata all' inizio della seduta dal consigliere Roberto Decarli, della Lista Cosolini. Nel testo si chiede l'impegno del sindaco Cosolini, «a continuare a rappresentare, con determinazione, la volontà del Consiglio comunale e gli interessi del territorio, in merito alla decisa contrarietà all' impianto Terminale di rigassificazione, proposta da Gas Natural invitando, in questo senso, il commissario dell'Autorità portuale a redigere e trasmettere ai ministri competenti, che sono quelli dell'Ambiente, dello Sviluppo economico, infrastrutture e trasporti, ulteriori documenti, dati, proiezioni di transiti marittimi nel Golfo di Trieste, che dimostrino il livello di conflittualità operativa e il superamento dei limiti di sicurezza che potrebbero sopravvenire se fosse realizzato il progetto Gas Natural». Prima di arrivare a questo punto, in aula ci sono stati momenti di tensione in quanto un folto gruppo di esponenti dell'Assemblea sociale per la casa, quando si è discusso dell' emergenza abitazioni in città, ha dapprima sollevato uno striscione con la scritta "Stop sfratti / casa diritti dignità" e poi ha rumoreggiato, al punto da obbligare il presidente dell' assemblea, Iztok Furlanic, a espellerli dall'aula, con l'intervento delle forze dell'ordine.

Ugo Salvini

 

 

Falesie, pronto il compromesso sulle norme Cadono prescrizioni a tutela dell’ambiente e la giunta canta vittoria: «È la migliore intesa possibile»

DUINO AURISINA -  Guai a definirlo un “nuovo testo”. Il centrosinistra preferisce parlare piuttosto di “un testo modificato” (copyright by Elena Legisa).

Ma vai a dirlo all'opposizione che, sul Regolamento delle Falesie, finalmente al voto mercoledì in Consiglio comunale, annuncia una sfilza così di emendamenti. Benché infatti la maggioranza del sindaco Vladimir Kukanja sia riuscita a trovare la fatidica quadra a fronte di un crescente malumore di Comunella, sportivi e pescatori – che nelle scorse settimane hanno raccolto oltre 800 firme per contrastare tre norme – il centrodestra alla fine è rimasto col cerino in mano. La proclamata condivisione, magari con la stesura di un testo condiviso, del Regolamento (atteso, ricordiamo, dal 1996) per il pidiellino Massimo Romita è andata a farsi benedire, di pari passo alla presentazione del “nuovo testo”. E pazienza se dall'altra parte del tavolo ci si sperticava a ribadire che no, quello «non è un nuovo testo». Molto perplesso anche l'ex sindaco Giorgio Ret, nonostante nel Regolamento Falesie 2.0 ora la parola “espropri”, con riferimento alla scottante questione del Sentiero Rilke in capo ai Torre Tasso non compaia più. Peccato vi sia un diretto rimando all'articolo 14 comma 2 della legge regionale 42/96, che così recita: «L' approvazione del Pcs ha effetto di dichiarazione di pubblica utilità e di urgenza e indifferibilità per gli interventi previsti e legittima l'espropriazione, a favore dell'ente parco o, nel caso di riserve, del soggetto gestore pubblico ovvero del Comune territorialmente competente, dei beni per i quali sia prevista l'acquisizione alla pubblica proprietà». «Dunque cosa cambia?» ha pragmaticamente chiesto Daniela Pallotta (Pdl), pure molto scettica sull'esproprio. Prodigi di Maurizio Rozza, presidente della II Commissione che ieri ha discusso l'articolato, cui davvero non si può imputare di non aver preso alla lettera il suggerimento di Ret di rimuovere il termine dal regolamento. Soddisfazione invece, si capisce, per il centrosinistra che ritiene di aver varato la migliore delle intese possibili, accogliendo in parte, almeno dal suo punto di vista, le rimostranze di Comunella e canoisti. Quale dunque il “compromesso storico” cui si è pervenuti? Complice il pressing di Walter Ulcigrai (Lista Kukanja), sostenitore della pesca della seppia (ma confessa di esserci andato una sola volta lo scorso anno), ai residenti sarà concessa una deroga al divieto, naturalmente nel periodo in cui non è compromessa la posa delle uova. Quanto a canoisti e nuotatori, si è pensato soprattutto a rendere possibile lo svolgimento di queste pratiche in totale sicurezza, ovvero senza il rischio di venire feriti da un'elica o di collidere con una barca a motore. All' interno della zona interdetta (fino a 60 metri dalla linea di costa) nuotatori e kayaker potranno infatti muoversi, purché sufficientemente distanti dalla roccia. La “corsia preferenziale” avrebbe inizio a 50 mt dalla linea di costa fino alle boe di segnalazione, 10 mt più in là. E dunque cade la prescrizione dei 60 mt. Il voto in aula tra cinque giorni: il compromesso è servito.

(ti.ca.)

 

 

«Porto Vecchio, un futuro da pianificare al meglio»

Periti industriali: pensare all’insieme. Architetti: i progetti subito, per essere pronti a iniziare. Costruttori: si partirà per lotti. Il dibattito in una tavola rotonda

Il Porto Vecchio, in un futuro che ci si augura vicino dopo le rassicurazioni dell'Agenzia del Demanio sull'accelerazione dell’iter per la sdemanializzazione, sarà il principale appalto per la città di Trieste. Inevitabile dunque che se ne parlasse anche ieri, al primo convegno regionale su “La gara d'appalto nelle opere pubbliche. La responsabilità sociale delle amministrazioni pubbliche, dei professionisti e delle imprese”. Nella tavola rotonda del pomeriggio, moderata dal vice direttore del Piccolo Alberto Bollis, il tema è stato ampiamente dibattuto per scoprire che anche tra professionisti vi sono pareri contrastanti. C'è chi, come Stefano Ricatti, presidente del Collegio periti industriali di Trieste – che insieme a Assistal e al Consiglio Provinciale dei Consulenti del lavoro ha organizzato il convegno – sostiene che non sia il caso di correre troppo: «Non mettiamoci fretta, ora che non ci sono più lacci pianifichiamo bene cosa vogliamo fare, senza agire a spizzichi. Serve una strategia per far sì che quello che sarà un nuovo quartiere della città si trasformi in volano per l’economia non solo triestina, ma di tutta la regione». Sulla stessa linea Paolo Vrabec, presidente dell’Ordine degli architetti: «Visto che a oggi non ci sono le risorse facciamo i progetti, così quando avremo i fondi saremo pronti per partire». Per Andrea Monticolo, vice presidente Assistal, è una grande occasione per le aziende triestine, che potranno coglierla se verranno loro concessi vantaggi fiscali. Ma mentre ci si chiede che fine faranno quelle 22 “fettine” per cui era già stata fatta la gara per la concessione, c'è chi non apprezza l'attendismo: «È vero che ci vuole una strategia, ma non si può dire aspettiamo – sostiene Luciano Lazzari, presidente del Consiglio degli architetti d'Europa -: non è fattibile avere tutta la scatola pronta prima di iniziare il montaggio, si corre un'altra volta il rischio di avere un'opera già vecchia non appena sia stata finita». «Non si può pensare che 3 milioni di metri cubi possano essere rimessi in gioco, in un momento di forte crisi economica, senza un cliente che paga la progettazione - sottolinea Donato Riccesi, presidente provinciale dei Costruttori edili -. Penso che il destino sarà quello di partire per lotti». Ma se su Porto Vecchio anche tra i professionisti ci sono pareri discordanti, tutti concordano con Lazzari che sostiene che c'è uno scollamento tra mondo politico e tecnico. I politici in effetti non sono presenti alla discussione: l'assessore comunale Andrea Dapretto, inviato da Cosolini a farne le veci, e l'assessore regionale Mariagrazia Santoro se ne sono andati dopo un breve intervento in mattinata. «La Regione ascolta poco, gli ordini professionali vengono sentiti ma non ascoltati», dice Ricatti. E i problemi rilevati da professionisti e imprese in tema di appalti pubblici sono sempre gli stessi: mancanza di certezza sui tempi, legislazione in continuo cambiamento e diversa di regione in regione, difficoltà per le Pmi ad accedere ai bandi, tendenza all'impiego delle gare al massimo ribasso, salite nel solo 2011 dal 79% all'85%, stando all'Osservatorio dei Lavori pubblici della Regione.

Giulia Basso

 

 

Bici e treno, copiamo dalla Val Pusteria. Vedrete i turisti

La lettera del giorno di Mauro Galgaro

Sempre più persone praticano il ciclismo non agonistico come fonte di svago e di allenamento per il proprio benessere psicofisico. La diffusione di piste ciclabili ha contribuito non solo al successo di questo sport, ma anche all’incremento del turismo nelle zone dove vengono tracciate. Mi riferisco soprattutto alla Val Pusteria dove la pista ciclabile da San Candido a Lienz è in tal senso sicuramente un “valore aggiunto”, così come lo è senza dubbio il treno adibito al trasporto biciclette, fattore determinante al successo di quel percorso, che consente ai ciclisti di fare a bordo il percorso in salita e pedalare in discesa. A Trieste abbiamo una pista ciclabile che corre per lunghi tratti nel meraviglioso e unico ambiente naturale della Val Rosandra, in salita da Trieste a Erpelle. Il tracciato non è lungo come quello della Val Pusteria, ma ugualmente farebbe comodo un trenino adibito al trasporto bici che porti i ciclisti fino a Erpelle, per poi consentire loro di tornare indietro pedalando in discesa, senza il vincolo dell’automobile. Il percorso ferroviario potrebbe partire da Campo Marzio e toccare le stazioni di Opicina, Sesana, Divaccia, Rodik, prima di terminare a Erpelle. Scesi dal treno, si potrebbe per esempio anche scegliere di proseguire per il monte Slavnik (Tajano) arrivando freschi e in breve tempo all’attacco. Il servizio potrebbe essere utilizzato anche da chi vuol portare la bici solo fino a Opicina, o in una delle fermate lungo il percorso, per poi pedalare per i sentieri del Carso. Il massimo sarebbe trovare a Sesana una coincidenza per Nova Gorica, Bled e Jesenice, dove poter andare con la propria bici al seguito. Gli utenti triestini senza bici potrebbero approfittare del treno per andare in gita in Carso o per recarsi in una delle tante trattorie dove concedersi un bicchiere di vino senza l’assillo di dover guidare. Ma anche quelli sloveni potrebbero usufruire del treno per venire a Trieste, con o senza bici. Non dimentichiamo che le due stazioni di Trieste Centrale e di Campo Marzio sono collegate da una pista ciclabile, perciò sarebbe comodo, per un visitatore dalla regione e oltre, scendere dal treno in una stazione e recarsi pedalando in tutta sicurezza nell’altra dove trovare un altro treno. Quindi, se adeguatamente promosso, questo “valore aggiunto” potrebbe attrarre turismo da fuori. Il servizio potrebbe servire anche per collegare in 15 minuti Opicina a Trieste nelle ore di punta. La linea Transalpina verrebbe così riutilizzata, forse anche usufruendo di fondi europei destinati al traffico ferroviario transfrontaliero (leggi progetto di mobilità “Adria A”). Si consentirebbe di muovere nuovamente i treni storici del Museo Ferroviario, per la gioia di grandi e piccini. Si potrebbero pure organizzare d’estate dei treni storici per Nova Gorica, in coincidenza con i treni storici a vapore per Bled. Ma la linea sarebbe utile anche per il traffico diretto di merci con la Slovenia e per un traffico di servizio, soprattutto nel caso della chiusura temporanea della linea principale per Monfalcone. Tutto ciò non potrà avvenire se non si effettua sulla linea la normale manutenzione e soprattutto se non si risolvono i problemi della compatibilità tecnica e burocratica delle linee ferroviarie italiane e slovene nelle zone di confine, che adesso impediscono i collegamenti ferroviari transfrontalieri con il centro di Trieste e bloccano i treni sloveni a Opicina. Lancio quindi un accorato appello alla classe politica triestina e regionale, al ministero dei Trasporti e ai dirigenti delle Ferrovie: non mortificate le istanze dei cittadini, ma agevolate e stimolate la domanda di attività nuove e vincenti.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 26 febbraio 2015

 

 

«Sviluppare i traffici portuali per evitare il rigassificatore»

I parlamentari del Pd Rosato e Russo ammettono che «l’iter è avanti» e «il rischio c’è» ma «il Governo non lo vuole imporre».

L’ex M5s Prodani: farò un’altra interrogazione

Se n’è andata Marina Monassi. È ricomparso lo spettro del rigassificatore, che secondo il centrodestra, e ancor di più secondo Trieste libera, il Governo Renzi sarebbe in procinto di ricalare dall’alto. Per il Pd di casa non c’è pace. Nelle ore in cui la troika Regione-Comune-Provincia accoglie il commissario del Porto e successore di Monassi Zeno D’Agostino, l’interrogazione parlamentare dell’onorevole e capo regionale di Forza Italia Sandra Savino, sul ritiro al momento mancato del via libera ambientale in sede ministeriale al progetto di Gas Natural, costringe i “democrats” al potere in ogni dove a prendere, piaccia o no, il toro per le corna. Dopo il sindaco Roberto Cosolini e dopo soprattutto la governatrice Debora Serracchiani (la quale ha sostenuto che la contrarietà degli enti territoriali, Regione in testa, potrebbe non bastare in quanto in epoca Tondo l’atteggiamento del centrodestra verso l’impianto non era stato ostativo e l’iter è andato avanti) a predicare ottimismo, un ottimismo cauto, sono i parlamentari del Pd che respirano l’aria che tira dal Governo. È un’aria che odora di partita aperta. Sia il deputato Ettore Rosato che il senatore Francesco Russo, però, non avvallano l’immagine d’un Governo Renzi pronto a calare, per l’appunto, il rigassificatore su Zaule e su Trieste. «A me non risulta sia così», attacca Rosato. «Che poi l’iter sia per così dire avanti - aggiunge - è un dato di datto cui la Regione guidata fino al 2013 da Tondo ha contribuito. Posso solo dire che ci stiamo muovendo nel silenzio, con serietà, per tutelare le posizioni che le amministrazioni locali hanno espresso». Cioè no al rigassificatore. Basterà? Il Governo vuole farlo? «Non credo proprio», si sbilancia secco Russo. «Il Governo - prosegue - sa qual è l’aspettativa del territorio e ritengo sia disponibile ad accompagnare il territorio stesso verso qualcos’altro». Tipo il terminal ro-ro, il porto industriale e, più in generale, «lo sviluppo delle attività portuali, in modo da saturare quell’area con i traffici e rendere a quel punto inopportuna l’installazione di un rigassificatore». «Credo anch’io - si spiega il senatore - che il rischio ci sia, che le condizioni per portare avanti l’iter da un punto di vista tecnico ci siano. Inviterei però Savino a un minimo di coerenza, ricordandole anche il cambio d’opinione sulla sdemanializzazione del Porto Vecchio. Il vero errore è stato quello di non aver identificato per tempo la vocazione di quelle aree. Il modo migliore, forse l’unico, per spiegare l’incompatibilità dell’impianto col nostro Porto è realizzare opere e infrastrutture in grado di aumentarne i traffici, di velocizzarne appunto la saturazione. Sono convinto che così la buona economia batterà il rigassificatore. Il Governo si è già dimostrato sensibile verso il nostro territorio, abbiamo già lavorato bene, come ad esempio quando abbiamo promosso la sdemanializzazione del Porto Vecchio. So che si sta lavorando anche ora». E dopo quella di Savino, anche l’ex pentastellato Aris Prodani annuncia un’altra interrogazione alla Camera sul rigassificatore: «Bisogna starci dietro - osserva Prodani - capire a che punto è l’iter. Certo se ci si attiene alle informazioni rese finora dal Governo tale iter, la scorsa estate, pareva sostanzialmente avviato a conclusione, il rigassificatore non sembrava più previsto. A ciò va aggiunta la posizione espressa recentemente in un’audizione parlamentare dall’Eni, secondo cui la domanda di energia non motiverebbe un impianto del genere. L’unica eventuale novità potrebbe forse essere rappresentata dal Piano regolatore portuale, di cui l’ok è imminente».

Piero Rauber

 

Da Letta a Renzi: nuovi ministri e firme da rifare - nel 2014
L’ultimo colpo battuto dal Governo sul tema rigassificatore risale al 3 giugno dello scorso anno.

E sembrava da ko, benché con la variabile dei tempi per il cambio di Governo avvenuto solo tre mesi prima. Era la risposta resa come sottosegretario allo Sviluppo economico Claudio De Vincenti a un’interrogazione proprio di Aris Prodani. «Il Ministero dell’Ambiente - si legge in tale risposta - per quanto di sua competenza ha precisato che lo schema di decreto di revoca in questione, già firmato dal ministro pro tempore, Andrea Orlando, era stato inoltrato per la firma del ministro dei Beni culturali, in data 13 febbraio 2014, ma, essendo nel frattempo mutata la compagine governativa (da Letta a Renzi, ndr) lo stesso decreto è stato restituito dal Ministero dei Beni culturali al Ministero dell’Ambiente ai fini dell’acquisizione della firma dei ministri ora in carica. Lo schema di decreto è attualmente al vaglio del nuovo Gabinetto, in quanto il ministro dell’Ambiente appena insediato (Gian Luca Galletti ha preso il posto di Orlando, passato al Ministero della Giustizia, ndr) sta procedendo ai controlli e agli approfondimenti procedurali e amministrativi di rito sulla questione prima della firma».

(pi.ra.)

 

 

Petrolio in Adriatico, l’ira della Slovenia
Lubiana cita la Convenzione internazionale e reclama il coinvolgimento negli studi d’impatto ambientale sulle perforazioni
TRIESTE Ci risiamo. Gli screzi tra Slovenia e Croazia sembrano non finire mai. Stavolta a scatenare le proteste di Lubiana sono le trivellazioni che saranno effettuate in Adriatico alla ricerca di giacimenti di gas e petrolio e per le quali Zagabria ha già distribuito le concessioni alla statunitense Marathon Oil, agli austriaci della Omv, all’italiana Eni e alla croata Ina. Ad alzare la voce è il ministro dell’Ambiente della Slovenia, Irena Majcen la quale sostiene che dei progetti croati è venuta a conoscenza solamente dalla stampa. Lubiana chiede dunque ufficialmente di essere cooptata nella valutazione transfrontaliera relativa all’impatto ambientale e questo in base alla Convenzione internazionale sugli impatti transfrontalieri sull’ambiente e una direttiva del Parlamento europeo. Insomma si è ripetuto, per la Slovenia, quanto avvenne con l’Italia al tempo del progetto dei rigassificatori nel golfo di Trieste. «La Slovenia ritiene - afferma il ministro Majcen - che l’attuazione di questo programma potrebbe avere significative ripercussioni ambientali transfrontaliere che interesserebbero anche il nostro territorio per cui la Croazia avrebbe dovuto avvisarci in modo ufficiale di quanto stava accadendo». Bisognerà, secondo Lubiana, informare anche tutte le istituzioni governative locali nonché l’opinione pubblica slovena. Da sottolineare anche che le aree settentrionali date in concessione da Zagabria per le ricerche petrolifere si trovano a ridosso del confine marittimo tra Slovenia e Croazia a tutt’oggi non ancora stabilito e che anzi è in attesa della decisione dei giudici internazionali che decideranno sull’arbitrato in corso. Proprio per questo motivo il ministero degli Esteri sloveno aveva già fatto le sue rimostranze nell’aprile del 2014 a quello croato guidato dal ministro e vicepremier Vesna Pusi„. Da sottolineare come anche alcune istituzioni italiane con la Regione Veneto su tutti hanno espresso perplessità sulle perforazioni in Adriatico e hanno chiesto informazioni più dettagliate in merito al progetto croato, mentre la Farnesina, già qualche mese fa, ha dichiarato di tenere nella dovuta attenzione quanto sta accadendo nella parte croata dell’Adriatico, anche se, non dobbiamo dimenticare, di mezzo c’è anche l’Eni. In tutta questa vicenda inoltre c’è una sorta di convitato di pietra, ossia il rigassificatore che sarà costruito a Veglia sotto un fortissimo impulso americano che vuole essere una risposta alla rinuncia di Mosca a costruire il gasdotto South Stream. Nei Balcani occidentali è in corso una grande partita relativa al fondamentale gioco degli approvvigionamenti energetici con la Russia che punta a giungere sull’Adriatico attraverso Serbia e Croazia e Washington impegnata a tamponare tutti i vulnus che si sono creati grazie anche alla crisi in Ucraina. Dunque tra rigassificatore e pozzi petroliferi off-shore l’Adriatico sembra improvvisamente diventato una specie di nuovo golfo del Messico da dove “succhiare” la linfa vitale dell’oro nero. Ma l’Adriatico è un mare chiuso e qualsiasi incidente che possa coinvolgere petroliere o gassiere rischierebbe di diventare un disastro ambientale di grandi proporzioni che nè la Croazia (che dal turismo in Dalmazia trae linfa ancor più vitale dell’oro nero per la sua economia), né la Slovenia, né tantomeno l’Italia (leggi isole Tremiti) possono permettersi. Vigilare, dunque, è la parola d’ordine senza dimenticare che dietro alle concessioni ottenute in Croazia da alcune società petrolifere c’è un gioco molto più grande che coinvolge il futuro della geopolitica dello sfruttamento energetico in Occidente.

Mauro Manzin

 

 

BIOEST - Si cercano giardinieri urbani

Cercasi associazioni ma anche singoli cittadini disposti ad adottare uno spazio verde da gestire.

Le semplici modalità sono state presentate ieri da  Associazione Bioest, LegambienteTrieste e TriesteAltruista. Info: www.retecivica.trieste.it

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 25 febbraio 2015

 

 

SEGNALAZIONI - TRAFFICO - Le scelte coraggiose

È necessario fare un po’ di chiarezza sulla pedonalizzazione delle vie Imbriani e Mazzini,

anche alla luce delle polemiche comparse sulla stampa locale ad opera di alcune categorie. Il Piano del traffico del Comune contiene delle novità di approccio alla viabilità e alla mobilità nel centro cittadino, avvicinando Trieste a modelli virtuosi in Italia e in Europa. Le pedonalizzazioni hanno portato ovunque dei benefici plurimi: miglior qualità della vita, meno inquinamento, rilancio economico di interi quartieri. Questi sono dati incontrovertibili, e rappresentano le premesse per le scelte operate in tal senso dalla Giunta. Consapevole altresì che un’applicazione totale e immediata del Piano del Traffico avrebbe potuto provocare disagi alla cittadinanza, quest’amministrazione comunale ha saggiamente optato per una sua attuazione graduale, con iniziale chiusura al traffico delle vie Imbriani e Mazzini nei week end per un periodo di un anno. E’ curioso che le polemiche emergano solo adesso, quando per i primi mesi di sperimentazione non si sono registrate particolari rimostranze, se non in alcuni giorni critici e per casi spesso eccezionali (ad esempio in concomitanza con manifestazioni politiche non autorizzate). La maggioranza della cittadinanza – quella forse meno organizzata e più silenziosa - apprezza il centro chiuso al traffico, perché la città così è oggettivamente più bella e attrattiva, anche in chiave turistica. E le categorie che si lamentano dei disagi pensino a com’era via San Nicolò prima della sua pedonalizzazione e a tutte le polemiche che ne accompagnarono la chiusura. Oggi la via San Nicolò è una delle strade più vive ed eleganti del centro, e nessuno la vorrebbe nuovamente aperta al traffico. Il dialogo con tutte le categorie è doveroso, e non mancherà di certo. Ma non deve essere un pretesto per fare retromarcia su scelte coraggiose fatte dall’amministrazione comunale e che proiettano finalmente questa città nel futuro.

Cesare Cetin - consigliere comunale Idv

 

 

 

 

GREENSTYLE.it - MARTEDI', 24 febbraio 2015

 

 

Efficienza energetica traina mercato immobiliare di pregio
Quando si tratta di acquistare un immobile di pregio gli acquirenti mostrano particolare interesse per la certificazione energetica dell’edificio. Nel 2014 le compravendite di immobili di pregio di classe A+ e A sono state il 10% del totale, con una crescita del 4% rispetto ai dati registrati nel 2013.
A rivelare un’attenzione maggiore del mercato immobiliare di pregio per la classe energetica deli edifici è una recente indagine realizzata dall’Enea in collaborazione con I-Com e Fiaip. Dallo studio, purtroppo, non sono emersi solo dati positivi. Se nella compravendita di immobili di pregio l’efficienza energetica è un parametro sempre più rilevante, il mercato immobiliare italiano è ancora dominato da edifici con una classe energetica bassa.
Grazie ai dati forniti da oltre mille agenti immobiliari è stato possibile tracciare un quadro dello stock immobiliare italiano. Dall’analisi appare evidente che gran parte degli edifici in Italia sono vecchi e con una qualità energetica piuttosto scadente. La speranza degli analisti è che la maggiore importanza attribuita dagli acquirenti all’efficienza energetica nel segmento degli immobili di pregio si trasferisca presto anche alle altre categorie edilizie favorendo un orientamento più sostenibile dell’intero mercato.
Il report sottolinea la crescita delle vendite di nuovi immobili con una qualità energetica alta. Nella compravendita di edifici ristrutturati invece l’efficienza energetica non sembra assumere un particolare rilievo.
Chi ha comprato una casa nuova nel 2014 ha preferito nel 49% dei casi edifici di classe A+, A e B. Nel 2013 la percentuale si attestava sul 40%. Per gli immobili ristrutturati invece la percentuale di acquirenti che ha preferito edifici riqualificati è di appena il 6%. Nel 2013 era il doppio.
Secondo gli esperti del settore, lo strumento della certificazione energetica andrebbe valorizzato ulteriormente per favorire l’acquisto di immobili efficienti. Per riuscire a conseguire questo obiettivo è importante adottare standard a livello nazionale ed evitare la confusione generata dal continuo cambio di norme sull’efficienza energetica degli edifici.
Marco Mancini

 

 

SISTRI, Galletti: dal 1 aprile sanzioni per le imprese
Stop ai ritardi per l’avvio del SISTRI. A darne conferma il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, che dichiara terminato il tempo dei rinvii e delle proroghe: entro il 1 aprile saranno attivate le sanzioni per le aziende che non avranno provveduto a mettersi in regola con il Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti.
In merito al SISTRI il ministro dell’Ambiente Galletti smentisce le voci diffuse in merito a un possibile ulteriore rinvio dell’attivazione del controverso sistema di gestione dei rifiuti, la cui presentazione iniziale risale ormai a oltre 5 anni fa (gennaio 2010):
La legge di conversione del Milleproroghe ha previsto uno slittamento di due mesi per le sanzioni su iscrizione e contributi. Dopo quella scadenza non sono previsti altri interventi, da aprile si paga.
Il nuovo assetto messo a punto dall’attuale Governo prevede sanzioni per le aziende dal 1 aprile, mentre una gara europea per l’individuazione del nuovo gestore verrà gestita mediante il supporto di Consip.
Data prevista per il completamento della procedura l’anno 2016, come conferma lo stesso ministro:
Entro giugno saremo pronti a farla partire e il nuovo sistema sarà avviato ufficialmente dal 2016.
Claudio Schirru

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 24 febbraio 2015

 

 

«Rigassificatore, siamo contrari ma la partita non è chiusa»

Serracchiani: «Il nostro esecutivo regionale non lo vuole, a differenza di quello precedente. Ci muoviamo in un contesto in cui molto è stato già fatto».

Cosolini: «Faremo valere le nostre ragioni in tutte le sedi»

E se fosse troppo tardi per tirarci indietro? E se rischiassimo come minimo una maxicausa per danni da Gas Natural se non, peggio, la ricomparsa del progetto del rigassificatore? «Ci muoviamo purtroppo in un contesto in cui molto è stato già fatto». Tradotto: sì, forse è troppo tardi, ma non è colpa nostra bensì di chi era prima. Debora Serracchiani, nel pomeriggio (quello di ieri) in cui fa gli onori di casa al commissario del Porto Zeno D’Agostino insieme a Roberto Cosolini e alla presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat, parla già con lui pure di questa grana e, in presenza dei giornalisti, giura che la Regione farà di tutto per scongiurare la possibilità che sia, appunto, troppo tardi. A poche ore dal problema del mancato ritiro dell’ok ministeriale all’impianto di Zaule sollevato dagli indipendentisti e dall’onorevole di Forza Italia Sandra Savino - la Via, la Valutazione d’impatto ambientale positiva non risulta cestinata nonostante il parere negativo spedito a suo tempo a Roma dall’Autorità portuale - il centrosinistra che oggi comanda, rappresentato dalla governatrice della Regione e vice-Renzi del Pd nazionale, s’impegna insomma pubblicamente a battagliare contro un’eventuale ricomparsa dello spettro del rigassificatore: «Quest’amministrazione regionale ne è fortemente contraria». Ma, nel contempo, punta il dito contro il centrodestra che comandava prima, e segnatamente contro l’ex presidente della Regione Renzo Tondo, di cui la stessa Savino era assessore. «Abbiamo ereditato - così Serracchiani - una situazione pesante dal punto di vista dell’autorizzazione di Via nazionale sul rigassificatore, in considerazione del fatto che il precedente esecutivo regionale non aveva espresso fin dall’inizio una sua posizione di contrarietà all’impianto. All’atto del nostro insediamento abbiamo cercato di far rivedere la posizione al ministero dell’Ambiente». «L’Autorità portuale di Trieste avrebbe dovuto presentare al Comitato tecnico ministeriale tutta una serie di analisi e di dati sugli andamenti dei traffici portuali (l’incrocio con le movimentazioni Siot era in testa alle controdeduzioni ad esempio, ndr) e sulle prospettive di investimenti che, a nostro avviso, avrebbe senza ombra di dubbio indicato l’incompatibilità tra attività portuali e rigassificatore, portando lo stesso dicastero dell’Ambiente a revocare il precedente parere favorevole. Quei dati non sono stati ritenuti sufficienti per far cambiare posizione al Comitato», aggiunge sempre Serracchiani, che chiama evidentemente in causa pure Marina Monassi, oltre a ricordare anche «la contrarietà della Slovenia all’impianto». «Come Regione - chiude Serracchiani - che deve esprimere la cosiddetta intesa sul progetto assieme a Provincia e Comune di Trieste ribadiamo dunque nuovamente la contrarierà all’insediamento del rigassificatore a Zaule». Dichiarazioni cui fanno eco quelle di Roberto Cosolini, il quale a sua volta ribadisce «l’assoluta contrarietà dell’amministrazione comunale alla realizzazione dell’impianto così come proposto», nonché «la validità delle motivazioni già formalizzate in questi anni tra cui quelle sulle possibili interferenze dell’impianto con le nuove prospettive di sviluppo che si stanno concretizzando per il porto di Trieste». «Intendo operare - dichiara il sindaco- insieme alle altre istituzioni, Regione, Provincia e gli altri comuni interessati, in tutte le sedi per far valere le ragioni della nostra comunità».

Piero Rauber

 

Savino: basta scaricabarili - Roberti: in piazza
Per Forza Italia è uno scaricabarile «poco credibile». Per la Lega c’è dietro un’ambiguità del Pd cui bisognerà rispondere con la «mobilitazione in piazza». «Forse mi sono distratta - si legge in una nota di Savino, dopo la presentazione della sua interrogazione parlamentare sull’iter autorizzativo a Gas Natural - ma Serracchiani, che scarica per l’ennesima volta ad altri le proprie responsabilità, è la stessa persona che ricopre il ruolo di vicesegretario nazionale di quel Pd che è alla guida di questo Governo?». «Essendo questo il Governo, non un altro, che intende riproporre il progetto del rigassificatore di Zaule - sottolinea Savino - appaiono poco credibili, per non dire improbabili, le parole della governatrice la quale, essendo ben dentro i gangli del potere renziano, visto il suo ruolo, oltre a non poter non sapere, era in grado di intervenire». «C’è un nesso - si chiede Pierpaolo Roberti, annunciato candidato sindaco leghista - tra la fallimentare politica estera del Pd, la probabile rinuncia a Southstream e la miracolosa ricomparsa del rigassificatore? Non scherziamo con la salute dei cittadini e con i traffici portuali che alimentano l’economia di Trieste: se non vi sarà una pronta presa d’atto della volontà popolare da parte della politica scenderemo in piazza per far sentire la nostra voce».

(pi.ra.)

 

«Forza Italia e Mtl, sodalizio verso il 2016»
Un’Altra Trieste: dichiarazioni simili su Gas Natural, non è una coincidenza
Sandra Savino? Campionessa del cambio di idea, guarda caso la stessa degli indipendentisti. Lo annota Un’Altra Trieste, che - senza mai citarla - attacca la deputata di Forza Italia che ha espresso preoccupazione per il mancato ritiro della Via al rigassificatore. «Il tempo è galantuomo per qualcuno, per altri è solo il paravento dietro cui nascondere i propri errori e i propri cambi di rotta. È questo il caso del deputato regionale di Forza Italia, strenuo difensore dal primo all'ultimo giorno del progetto del rigassificatore» di Zaule «e oggi improvvisamente preoccupato per il ritardo del ritiro della Via “atteso a seguito del parere negativo a suo tempo espresso dall'Autorità Portuale”». Fatte salve le preoccupazioni legate all'atto del ministero dell'Ambiente, precisa Un’Altra Trieste, «ci sono almeno due dati che dovrebbero balzare agli occhi dei triestini. Il primo riguarda questo atto alla luce del sole di un sodalizio che cova sotto la cenere da anni tra Forza Italia e il Movimento Trieste Libera», che aveva sollevato il caso Gas Natural poche ore prima di Savino: «Non crediamo al caso che sul tema gli uni abbiano agito ignorando gli altri ma siamo certi si tratti di un'azione concertata in virtù di un percorso che si svilupperà da qui alle elezioni comunali dell'anno prossimo». Un’Altra Trieste evidenzia poi «la velocità e indifferenza con cui il deputato - ascrivendosi sempre meriti non suoi (qui i no al rigassificatore giunti da Comune, Provincia e Autorità Portuale) - cambia idea: è successo di recente sulla sdemanializzazione» di Porto Vecchio «(prima ha provato a bloccarla con un emendamento notturno alla Camera salvo poi dirsi favorevole) succede oggi col rigassificatore».

 

 

Uno squalo elefante avvistato a Lisignano
POLA L'Adriatico si sta rivelando un piccolo mare però con abitanti di dimensioni ragguardevoli. Dopo i cinque capodogli avvistati nel settembre scorso al largo di Sebenico, stavolta finisce in prima pagina niente meno che uno squalo gigante fotografato dal noto pescatore Mario Ligovic nella baia di Lisignano.

 In tantissimi anni di vita in mare, spiega, non avevo mai visto un bestione del genere, della lunghezza di oltre 10 metri. Si muoveva lentamente e goffamente, ha detto ancora, e dopo averlo fotografato mi sono allontanato con la barca alla chetichella per non spaventarlo e soprattutto per non farlo arrabbiare. Al momento non sapeva esattamente di che pesce o mammifero marino potesse trattarsi. Le risposte sono arrivate dopo che la foto è stata pubblicata sul portale Regionalexpress. Pressochè unanime la valutazione dei lettori secondo cui l'animale sarebbe uno squalo elefante, detto anche cetorino, dal nome latino Cetorhinus maximus, il secondo pesce esistente più grande al mondo, dopo lo squalo balena. Qualcuno ha ipotizzato trattarsi proprio dello squalo balena. Entrambe sono innocui per l'uomo, si nutrono di plancton nonchè di piante e animali microscopici. L'avvistamento è stato segnalato all'Istituto di ricerche marine “Rudjer Boskovic” di Rovigno dal quale in base alle foto e al breve filmato girato dal pescatore, ci si attende l'identificazione dell'animale. Qualora si trattasse dello squalo elefante va detto che è una delle specie più a rischio di estinzione fra gli squali.

(p.r.)

 

Marina Julia la spiaggia più brutta
Votata nel sondaggio sui lidi italiani di Caterpillar con Rosignano Solvay. Protestano i monfalconesi
MONFALCONE Balneabile, anche se con qualche incertezza, e decisamente migliore di una ventina d’anni fa, Marina Julia si è conquistata forse un immeritato posto nella finalissima a due tra le spiagge più brutte d’Italia nel concorso alla rovescia “Operazione ultima spiaggia” lanciato da “Caterpillar”, storica trasmissione di Radio2, sulla propria pagina Facebook. In lizza per il poco ambito titolo sono rimaste la livornese Rosignano Solvay con la sua sabbia bianca in stile Maldive (merito dei vicini stabilimenti che lavorano, tra le altre cose, il bicarbonato), e Marina Julia, a un passo, per onor di verità, da un enorme cantiere navale, un porto e da una centrale termoelettrica a carbone. Dopo intense giornate di votazioni a colpi di “mi piace” e condivisioni, si è giunti così alla finalissima. Per ora è in un poco lusinghiero vantaggio Marina Julia, anche se tinto di giallo. Sulla pagina di “Caterpillar” le foto di Marina Julia e Rosignano sono invertite rispetto ai nomi. La spiaggia monfalconese rischia quindi di aver attratto voti a causa del qui pro quo. Chi, in città e non solo, conosce e frequenta Marina Julia ammette che, è vero, il lido non è forse il massimo, ricordando in alcuni casi la canzone dedicata dai Thc alla spiaggia dal titolo, che si commenta da solo, “La pantigana”. In tanti, però, si stanno dicendo sorpresi da un verdetto così impietoso, soprattutto dopo gli interventi realizzati negli ultimi anni e caratteristiche, come quella dell’arrivo periodico della Bora, che la rendono un vero e proprio regno per i kitersurfer. «E poi c’è tanto spazio a disposizione, tranquillità, un panorama incredibile nelle giornate limpide e tanti parcheggi gratuiti a disposizione», sottolineano due affezionate frequentatrici di Marina Julia. Insomma, tanti monfalconesi non ci stanno a vedere denigrata in questo modo la loro spiaggia. «L’acqua non è proprio trasparente, ma è a causa del fondale sabbioso e delle Poseidonie, alghe molto delicate che se il mare fosse davvero inquinato non potrebbero vivere - sottolinea la monfalconese Ondina -. E poi abbiamo i delfini e le tartarughe Caretta Caretta anche molto grandi. E vicino alla marina abbiamo l’isola della Cona paradiso di animali acquatici ed uccelli. E c’è anche una colonia infinita di cigni...». Come dire: se questi animali vengono qui non sarà poi così male. «E comunque - aggiunge Ondina - con la bassa marea si va a vongole e capelonghe, si passeggia e si torna a casa con un’abbronzatura da Caraibi». Ma il sondaggio impietoso ormai non dà scampo suscitando anche un dibattito. Interviene ad esempio Gabriele Bonetti dell’associazione Windsurfing Marina Julia che ha sede proprio lungo la spiaggia: «Mostrare immagini vecchie di Marina Julia è un insulto a chi ha cercato - sostiene -, in questi anni, di portare delle migliorie alla spiaggia con non pochi sacrifici. Forse diamo fastidio, perché è l’unica spiaggia libera della regione e si sa è più facile prendersela con i più poveri».

Laura Blasich

 

 

Il Wwf illustra ai giovani i segreti delle risorse naturali - VISITE » PROGRAMMA
Primavera, tempo di visite guidate a cura del WWF Area Marina Protetta di Miramare.

Oggetto, il percorso dei rifiuti, dal camion di raccolta al forno di combustione e il viaggio di una goccia d'acqua dalla fonte al rubinetto. Oltre alle attività marine, riprendono da sabato anche gli incontri, gratuiti e aperti a tutti previa prenotazione (allo 040224147 interno 3 dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 13), per scoprire i segreti degli impianti di AcegasApsAmga, che gestisce i servizi di igiene ambientale per il Comune di Trieste e la rete idrica per la Provincia di Trieste e parte dei Comuni dell’Isontino. Sabato 28 febbraio e domenica 1 marzo saranno aperti al pubblico l'acquedotto Randaccio e il termovalorizzatore. Si parte sabato con l’impianto di termovalorizzazione dei rifiuti. La una visita guidata, della durata di un'ora e mezza, all'interno e all'esterno dell'impianto di via Errera, farà conoscere ai partecipanti il percorso compiuto dai rifiuti, dal camion della nettezza urbana al forno di combustione. Lo scopo è mostrare ai cittadini dove vanno a finire i rifiuti non differenziati e soprattutto incentivare la riduzione nella produzione dei rifiuti a partire dalla scelta degli acquisti e la raccolta differenziata. Il percorso di visita permette di osservare da vicino le diverse fasi di trattamento e smaltimento dei rifiuti, soffermandosi nella sala di controllo, la sala gruisti con la fossa di scarico dei rifiuti, quella che ospita le linee dei forni dove avviene la combustione e infine gli impianti di trattamento dei fumi in uscita dal camino. La visita successiva, domenica all’Acquedotto Randaccio di San Giovanni al Timavo, condurrà per due ore alla scoperta del lungo viaggio di una goccia d’acqua dai luoghi di captazione, al trattamento e alla distribuzione fino al rubinetto di casa. L’acquedotto sorge all’interno di un parco che si sviluppa su una superficie di 77.000 mq. e costituisce il sito principale di tutto il sistema acquedottistico di Trieste. L’acqua che beviamo proviene interamente dalle falde sotterranee dell' Isonzo e viene convogliata dall’omonimo acquedotto, realizzato nei primi anni '90. Rientrante nella categoria delle acque oligominerali, viene prelevata da falde collocate tra i 100 e i 300 metri di profondità, a garanzia di purezza e ricchezza di sali minerali. «La visita permette di comprendere la storia e l'evoluzione delle tecniche di potabilizzazione dell’acqua a Trieste – spiega lo staff del Wwf - dal primo nucleo dell’impianto risalente al '29 a oggi, scoprendo tutti i passaggi che deve compiere prima di essere fornita alle famiglie». Si vedranno le sale dei filtri e delle pompe, si conosceranno le riserve attualmente utilizzate e si scoprirà il grande lavoro svolto per la realizzazione della rete di distribuzione. E’ prevista anche un'escursione nel parco che racchiude varie specie arboree di bosco umido (una rarità in area carsica) e sarà visibile un eccezionale ritrovamento archeologico: una mansio romana del I sec. a. C. con pavimentazione a mosaico venuta alla luce durante i lavori di ampliamento.

Gianfranco Terzoli

 

 

 

 

GREENSTYLE.it - LUNEDI', 23 febbraio 2015

 

 

Clima: scoperti finanziamenti a negazionisti da lobby dell’energia
I negazionisti dei cambiamenti climatici hanno vita sempre più dura. Uno smacco clamoroso viene ora da alcuni documenti ottenuti da Greenpeace grazie al Freedom of Information Act. Si tratta di carte che descrivono l’attività soprattutto dello scienziato Wei-Hock Soon, per tutti Willi Soon.
Secondo i dati diffusi da Greenpeace Willi Soon, ricercatore presso la Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics, avrebbe ricevuto negli ultimi 14 anni circa 1,25 milioni di dollari da Exxon Mobil, Southern Company, American Petroleum Institute (API) e dalla fondazione gestita dai fratelli Koch. ultra-conservatori, per sostenere con la sua opera scientifica fatta di pubblicazioni peer-reviewed e interventi in dibattiti pubblici, che l’uomo non è responsabile del surriscaldamento del clima, ma che esso è causato da variazioni dell’attività solare.
Dal 2005 principale finanziatore è stata la Southern Company, che ha dato a Soon 410 mila dollari, ma anche Exxon Mobil avrebbe fatto lo stesso con 335 mila dollari fino al 2010. L’API avrebbe messo in campo 274 mila dollari, mentre 230 mila sarebbero arrivati dalla Fondazione Charles G Koch, che deriva gran parte delle proprie ricchezze proprio dalla raffinazione del petrolio. A questi soldi si aggiungerebbero poi 324 mila dollari di donazioni anonime e centinaia di migliaia di dollari dalla DonorsTrust, un’organizzazione con sede ad Alexandria, in Virginia.
Soon sarebbe inoltre accusato di aver violato le linee guida relative al conflitto di interessi imposte per la pubblicazione nelle riviste scientifiche e questo proprio per avere tenuto nascosti questi finanziamenti.
Christine Pulliam, portavoce per l’Harvard-Smithsonian Centre for Astrophysics afferma che Soon non è stipendiato dall’istituto, ma riceve soldi da concessioni esterne, mentre Charles R. Alcock, direttore dello stesso, ha riconosciuto come il dottor Soon abbia violato i principi di trasparenza relativamente ad alcune riviste.
Il Dr. Soon dal canto suo non ha mai concesso molte interviste e ora non risponde alle mail e alle telefonate, mentre in recenti apparizioni aveva reagito con nervosismo alle domande circa le sue fonti di finanziamento.
Ovviamente in passato Willy Soon ha avuto notevole consenso, soprattutto dal mondo politico repubblicano degli Stati Uniti: il senatore James M. Inhofe, repubblicano dell’Oklahoma, che ha più volte definito il cambiamento climatico come una “bufala”, l’ha citato sempre con ammirazione; l’intervento del controverso scienziato è stato chiesto quando i repubblicani nella legislatura dello stato del Kansas hanno cercato di bloccare le misure per la promozione dell’energia eolica e solare e l’Heartland Institute, che fa parte del mondo del negazionismo, ha dato a Soon un premio per il coraggio.
Ora però la sua attività potrebbe subire uno stop. Molte delle riviste sulle quali sono apparsi i suoi lavori, venute a conoscenza dell’origine dei fondi sui quali si basa la sua attività, promettono di esaminare bene la questione e si potrebbe arrivare al ritiro dalle riviste delle sue pubblicazioni.
Secondo quanto ha affermato Kert Davies, direttore esecutivo del Climate Investigations Center, finanziato da fondazioni che cercano di limitare i rischi del cambiamento climatico:
Quello che si vede è la continuazione di una campagna a lungo termine da parte di specifiche aziende e di interessi nel campo dei combustibili fossili, per minare il consenso scientifico sul cambiamento climatico.
Un po’ quello che era successo dal 1960 nella lotta contro i danni causati dal tabacco, lotta in cui le aziende produttrici avevano tirato fuori le unghie per contrastare una legislazione che mettesse in primo piano la salute, ma avevano fallito, così come si spera falliranno le lobby del petrolio.
Rossana Andreato

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 23 febbraio 2015

 

 

«Gas Natural, l’ok da Roma non è mai stato cancellato»

Sos di Savino e Mtl, la deputata al ministro: spada di Damocle, eppure l’Authority ha detto no.

Serracchiani: preoccupati, dalla Torre del Lloyd motivazioni inadeguate

Un fantasma gassoso si aggira su Trieste. Quello del rigassificatore della Gas Natural che, messo alla porta dalla protesta popolare e da una reazione politica quasi unanime, rischia di rientrare dalla finestra, complici misteriosi ritardi romani e, soprattutto, la possibilità di una maxi-causa per danni alla quale il gruppo spagnolo non avrebbe ancora rinunciato. L’allarme lo lanciano, quasi contemporaneamente, la deputata Sandra Savino e gli indipendentisti di Trieste Libera. «Chiedo al governo quale sia lo stato dell'iter autorizzativo del progetto» dell’impianto di rigassificazione di Zaule, «in considerazione del ritardo del ritiro della Valutazione di impatto ambientale (Via) atteso a seguito del parere negativo a suo tempo espresso dall'Autorità portuale di Trieste», sollecita in un’interrogazione al ministero dell’Ambiente l’esponente di Forza Italia, magari dimenticando che quel parere non era certo stato espresso solo dall’Authority... Il decreto di revoca della Via, in effetti è vero, avrebbe dovuto scattare nel momento in cui non si erano verificate le due condizioni previste dalle disposizioni di legge: nessuna proposta di un sito alternativo da parte della società Gas Naturál, così come nessuna rivisitazione dall'Autorità portuale del danno che il rigassificatore avrebbe causato all'attività e allo sviluppo dello scalo. «Il territorio triestino - osserva Savino - non può permettersi di sottostare a una spada di Damocle di questo tipo, in un'area per altro che rappresenta l'unico perimetro di sviluppo industriale della provincia». E ancora: «Se è pur vero che il rigassificatore è stato depennato dalla lista dei potenziali progetti di interesse europeo, non appaiono però trascurabili le possibili conseguenze della richiesta di risarcimento danni annunciata dalla società spagnola, considerando che stiamo parlando di un iter autorizzativo che si protrae da oltre dieci anni». Roberto Giurastante va oltre. L’esponente di Mtl assicura che «secondo notizie ufficiose da Roma, il Governo Renzi ritarda senza spiegazioni la cancellazione del progetto» di Gas Natural Italia «nel porto di Trieste perché starebbe manovrando per reimporlo alla città contraria». In piena sintonia con Savino afferma che «l'annullamento del progetto era stato ottenuto dall'Autorità portuale di Trieste perché danneggerebbe il porto, ma la firma del ministro è bloccata da oltre un anno», e ora «il Governo ha affidato il porto per sei mesi a un commissario voluto da Debora Serracchiani». E non è finita, c’è persino il risvolto “mafiosetto”. «Non si hanno dichiarazioni da Gas Natural Italia», commenta infatti, precisando che il 24.5.2014 la Procura di Palermo avrebbe posto, a suo dire, la società spagnola «sotto amministrazione giudiziaria su richiesta della Direzione distrettuale antimafia». Cauto ma non ignaro della vicenda il sindaco Cosolini. «Da Gas Natural ad oggi non è arrivato nessun documento né anticipazione di eventuale causa. Vero è che si sente aleggiare questa voce e che la delibera di eliminazione è effettivamente ferma a Roma. Per quanto ci riguarda rimane la contrarietà all’impianto già ratificata a suo tempo con le delibere del Consiglio comunale, che non posso fare altro che ribadire. Posso solo augurarmi che l’iter arrivi alla scelta finale quanto prima». Sulla vicenda si fa viva anche la presidente del Fvg, Debora Serracchiani. Che, più vicina di altri alle segrete stanze romane avrebbe manifestato la propria preoccupazione ad alcuni fedelissimi già nei giorni scorsi. Ma ora interviene col consueto grintoso cipiglio. Tirando in ballo proprio quell’Authority uscente esaltata da Savino e dagli indipendentisti. «La posizione di questa amministrazione regionale rimane assolutamente contraria anche solo all'ipotesi di un rigassificatore a Zaule». E poi «in base a notizie informalmente pervenute - spiega Serracchiani - le argomentazioni addotte finora dall'Autorità portuale non sarebbero state adeguate al fine di far modificare il parere della commissione tecnica costituita ad hoc, e sussiste dunque una fondata preoccupazione che la Via possa non essere definitivamente ritirata dal ministero dell'Ambiente. La Regione è pronta far valere di nuovo le ragioni del no». E visto che i tempi, anche alla Torre del Lloyd, stanno cambiando, non manca l’affondo finale. «Allo scopo di valutare nel modo più approfondito questa situazione - annuncia la presidente - lunedì (oggi ndr) ho già programmato un incontro con il commissario dell'Autorità portuale Zeno D'Agostino, con il quale faremo un primo punto anche sulla Ferriera e sulle altre partite strategiche che riguardano lo scalo».

Furio Baldassi

 

 

 

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 22 febbraio 2015

 

 

Verde pubblico in affido: cittadini a difesa dei parchi

Il Comune punta a coinvolgere scuole, associazioni e singoli privati: dai giardini agli spartitraffico, aree da mantenere con la formula della compartecipazione
Spazi per attività di giardinaggio, orti sociali urbani e ancora aree verdi da curare tramite forme di sponsorizzazione. Sono le tre tipologie di affidamento contenute nel nuovo regolamento comunale sul verde pubblico: una novità, quella disciplinata dagli articoli del titolo V del documento, sulla quale l’amministrazione comunale vuole spingere sempre di più con l’obiettivo di coinvolgere i cittadini nella tutela del bene collettivo. Aree e soggetti L’affidamento avviene dopo la compilazione del modulo che si può scaricare dalla Rete civica del Comune e, una volta completate le verifiche da parte degli uffici di palazzo Cheba, attraverso la stipula di una convenzione fra le parti. Le aree che possono essere affidate: quelle verdi già attrezzate, aiuole stradali spartitraffico e rotatorie, aree di pertinenza di edifici scolastici, fioriere, aiuole fiorite, orti sociali urbani e spazi verdi patrimoniali. Chi può chiedere di potersene occupare, previo completamento dell’iter istruttorio? Cittadini singoli o in forma associata (comitati, associazioni, circoli e così via, specificando il nome di un referente), organizzazioni di volontariato, istituzioni scolastiche, parrocchie ed enti religiosi, operatori commerciali. Il Comune «Vogliamo creare sempre più le condizioni per un’amministrazione partecipata e far sì che i cittadini riescano a lasciare un ambiente in una condizione migliore, o comunque non peggiore, di come l’hanno trovato», ha spiegato ieri il vicesindaco Fabiana Martini. «Il nuovo regolamento - le ha fatto eco il collega di giunta Andrea Dapretto, assessore con delega anche al Patrimonio - apre alla partecipazione di un ventaglio amplissimo di soggetti. Sottolineo che non si tratta di privatizzazioni di aree, che mantengono il valore e la fruibilità pubblici. Gli interventi ammessi sono su beni che appartengono alla collettività, e devono quindi rispettare certi crismi. Il quadro - ha osservato Dapretto - c’è, con un regolamento aperto e inclusivo in vigore, e ora non resta che riempirlo di volontà e colori. L’autointervento (senza autorizzazione e accordo con il Comune, ndr) non è la strada». Rilievo conclusivo non casuale: «Il tema dell’Alabarda di Montuzza? È esattamente lo stesso - ha aggiunto Dapretto -. Esistendo uno strumento per l’assegnazione di aree verdi e con un’amministrazione disposta ad ascoltare le istanze di tutti, se si aveva intenzione di effettuare un’attività del genere, c’era un passaggio da fare per gli uffici comunali. Poi - la conclusione del componente della giunta Cosolini - esistono sempre responsabilità civili e penali, verso terzi, se stessi e il patrimonio collettivo». I dettagli Il regolamento vieta qualsiasi attività a scopo di lucro, ad eccezione di quelle di somministrazione di alimenti e bevande in forma stabile, dentro strutture esistenti: anche in questo caso, è ovvio, serve il via libera del Municipio. Ammessi progetti di riqualificazione e animazione, se ritenuti coerenti con i programmi dell’amministrazione comunale. Gli affidamenti, come accennato, sono di tre tipi: di spazi per giardinaggio (in questo caso il Comune potrà determinare anche un eventuale contributo per l’affidatario, quale rimborso forfetario annuale dei costi vivi sostenuti) con contratto annuale rinnovabile fino a un massimo di cinque anni; di orti sociali urbani per la sola coltivazione di ortaggi, piccoli frutti e fiori (contratto triennale, con possibilità di rinnovo sino a sei anni), che prevede la definizione di un importo annuale da versare al Comune per concorrere alle spese derivanti dai consumi e di gestione; infine, di spazi verdi con il sistema della sponsorizzazione (contratto annuale): opere di pulizia, manutenzione o restyling svolte da privati in cambio della pubblicità del nome della ditta con installazione di targhe.

di Matteo Unterweger

 

Mercoledì alle 18 un incontro pubblico con l’assessore Dapretto
Ventisette orti sociali urbani e più di 250 persone coinvolte. Sono i numeri di “Urbi et Horti”, l’iniziativa promossa dal Municipio per il riutilizzo di terreni comunali con attività di coltivazione e socializzazione all’aria aperta. Tiziana Cimolino, consigliere comunale del Pd, ha riassunto ieri le risposte al progetto, intervenendo alla conferenza stampa del vicesindaco Fabiana Martini e dell’assessore Andrea Dapretto. Cimolino ha anche ricordato che «mercoledì prossimo alle 18 nella sede della Banca Etica in via Donizetti 5/b si terrà un incontro aperto ai cittadini, durante il quale l’assessore Dapretto illustrerà le modalità per richiedere l’affidamento di uno spazio verde. Gli interessati potranno partecipare e porre domande precise». Inoltre, è stato ribadito che nell’ambito delle attività negli orti urbani l’amministrazione comunale promuove e sostiene iniziative a carattere didattico.

(m.u.)

 

 

Falesie, Consiglio speciale sulle norme salva-natura
Venerdì in sede di commissione il confronto tra i protezionisti e i contrari. Possibili allentamenti sulle limitazioni. Rozza: «Se cambia tutto mi dimetto»

DUINO AURISINA Ha sortito l'effetto sperato la richiesta formulata da sei consiglieri all'opposizione per ottenere un Consiglio comunale straordinario sulla Riserva regionale delle Falesie, in particolare sul nuovo regolamento da adottare. Così il presidente Maurizio Rozza ha infatti protocollato venerdì la convocazione della II.a commissione, per un confronto tra schieramenti. Il testo da votare in data da definirsi contiene tre norme contestate da Comunella di Duino, Associazione Kayak d'amare e pescatori: i primi due hanno attivato petizioni per modificare le limitazioni negli specchi acquei della riserva a nuoto, pagaia e barche. Oltre 800 le firme fin qui raccolte. La commissione è convocata martedì e in seconda battuta giovedì alle 8.30. Non si esclude, secondo voci, l'annuncio di possibili correzioni alla bozza di regolamento, pur se Rozza ha annunciato dimissioni nel caso in cui le norme venissero significativamente cambiante snaturando lo spirito di tutela delle aree protette. Rozza così replica alla Comunella, contraria alle tre norme: «Quando ho citato la “piccola minoranza” che ha ostacolato le forme di sviluppo economico ecocompatibili sul Carso non mi riferivo certo a Pupo Mervic. A lui, nonostante prese di posizione intollerabili nei toni, riconosco comunque la buona fede e, semmai, imputo un eccesso d’ingenuità. Ma rispetto a taluni attacchi venuti da certi oppositori, non posso non rilevarne la strumentalità». «Per esempio l’architetto Danilo Antoni – così Rozza - ha sollevato il problema che nella bozza di regolamento la denominazione della riserva “Falesie di Duino” non è bilingue. Premesso che sono d’accordo sul ripristino dei toponimi, egli è un tecnico e sa che la denominazione ufficiale è stata attribuita con legge regionale del 1996, quando è stata istituita l’area. A quel tempo l’amministrazione di Duino Aurisina, che come dimostrano i documenti è stata coinvolta nell’iter, avrebbe potuto e dovuto chiedere l’applicazione del bilinguismo. Ma evidentemente chi governava l'ente non ne ha colto l’importanza. Antoni dovrebbe dunque cambiare bersaglio e prendersela con chi nel '96 era ai vertici, magari con le funzioni di capogruppo del partito che governava, ossia egli stesso». «Oggi – aggiunge - difendendo gli interessi legittimi del principe della Torre e Tasso, Antoni si oppone anche alle ipotesi di acquisizione della sentieristica dell’area presenti nel regolamento, definendole illegittime. Ma ancora una volta l’architetto, delle cui capacità tecniche e giuridiche non dubito, pare avere memoria corta. È la stessa norma regionale, quella del '96, a prevedere che il Piano di conservazione e sviluppo contenga tale possibilità». E a suo dire sempre il documento relativo, il Pcs prevede pure le integrazioni del Sentiero Rilke da adibire a collegamenti. «Sorge dunque il dubbio – sono le parole di Rozza - che le posizioni di Antoni, che tra l’altro dirige gli interminabili lavori di messa in sicurezza del sentiero che ne hanno comportato la chiusura, potrebbero essere strumentali a bloccare il regolamento, avente finalità pubbliche, per portare avanti il progetto privato da lui redatto». Rozza cita, come avversi all'ipotesi acquisizione, anche «vari altri soggetti, tra cui la Kmecka zveza». «Sono abbinamenti apparentemente inspiegabili – prosegue -. Certo, rispetto a molti degli attuali oppositori mi separa una profonda diversità di visione». E ricorda anche il voto del consigliere Ulcigrai alle varianti del progetto di Portopiccolo. «Normale dunque – conclude - che in questa e altre occasioni ci si scontri. L’importante è che il confronto rientri nell’ambito delle norme, della democrazia e dell’onestà intellettuale».

Tiziana Carpinelli

 

Esposto di Prodani su depositi di idrocarburi abbandonati
Il parlamentare triestino Aris Prodani, da poco fuoriuscito dai grillini, ha inviato un esposto alla Procura della Repubblica sui depositi di idrocarburi abbandonati.

«Un’iniziativa presa affinché si proceda allo scopo di verificare lo stato in cui si trovano i depositi abbandonati sotto indicati, con particolare riguardo alla possibile presenza di pericoli per la cittadinanza e per l'ambiente, procedendo ad accertare l'esistenza di eventuali violazioni per quanto riguarda la messa in sicurezza dei luoghi segnalati, nel pericolo concreto e attuale di inquinamento. «In località Montedoro, in un'area collinare che interessa i Comuni di Muggia e di S. Dorligo della Valle - Dolina , il sottosuolo cela un sistema di depositi militari di combustibili attualmente dismesssi. Le aree in questione, inserite tra zone agricole abitualmente coltivate e zone residenziali e commerciali, non incluse nel Sin ( sito di interesse nazionale ) di Trieste, risultano appartenenti al Demanio Militare dello Stato. Nel corso del 2014, diversi tentativi di intavolazione del territorio da parte dell'Agenzia del Demanio del Friuli Venezia Giulia sono stati rigettati», scrive Prodani. «L'infrastruttura, realizzata nel 1941 ed utilizzata quale deposito di combustibili anche durante il periodo della c.d. Guerra Fredda, e successivamente adibita a deposito per rifiuti industriali, è costituita da quindici cisterne di capienza stimata in almeno 30 milioni di litri, a cui si aggiungono gallerie blindate, condutture interrate e mimetizzate in superficie. Si ignora se la rete sia collegata per mezzo di tubazioni interrate all'ex "Raffineria Aquila" e al sottostante sito di serbatoi militari strategici di Monte S. Giovanni» «Si rammenta che nel 1995 si propose di creare nel deposito sotterraneo un centro regionale per lo stoccaggio dell'amianto, che si sarebbe dovuto triturare e pompare nei serbatoi. La proposta fu, poi, accantonata»

 

Il “magico” elicriso diventa specie protetta
Il ministero dell’Ambiente decide di vietare la raccolta della preziosa pianta officinale nel Quarnero
FIUME Niente più raccolta di elicriso italico sulle isole di Veglia, Cherso, Lussino, Arbe e Pago. Lo ha deciso il ministero croato dell’Ambiente, che sulla questione ha diffuso un comunicato firmato dal ministro Mihael Zmajlovi„ e in cui si precisa che il divieto è di natura permanente. La decisione del dicastero è arrivata dopo lo scempio causato l’anno scorso – dall’estate e fino a dicembre inoltrato – da migliaia di raccoglitori abusivi, calatisi in riva al mare dalle regioni interne della Croazia perché attratti da facili e consistenti guadagni. L’elicriso, pianta medicinale mediterranea, ha garantito mensilmente (così gli addetti ai lavori) da 1.000 a 1.200 euro a ciascun raccoglitore. In un Paese falcidiato dalla crisi, si tratta di una cifra enorme, praticamente il doppio dello stipendio medio. Da qui l’invasione delle zone costiere da parte di migliaia di persone che, in modo brutale e incontrollato, hanno privato enormi zone di questo prezioso vegetale, pagato 1 euro e 30 centesimi al chilogrammo. Oltre ad avere proprietà terapeutiche (il suo olio viene usato pure in profumeria), l’elicriso può essere utilizzato per dare un sapore del tutto speciale a risotti, ripieni di carne, ministre e pollame. La sua raccolta indiscriminata ha provocato la reazione di diverse associazioni isolane, che dopo i mesi estivi hanno inscenato un paio di manifestazioni di protesta, bloccando parzialmente anche il ponte che collega Veglia e la terraferma. Molti in casi di raccoglitori colti in flagrante mentre agivano in terreni privati, senza chiedere alcun permesso. Il competente dicastero ha voluto pertanto bloccare del tutto la raccolta sulle cinque isole altoadriatiche, mentre nella Regione raguseo–narentana e sulle isole dello Zaratino, Sebenzano e Spalatino sarà possibile dal primo giugno al primo agosto. Altrove i raccoglitori, dotati di regolare licenza, potranno entrare in azione dal porimo giugno al 15 agosto. Chiamato a commentare la decisione ministeriale, Goran Marevi„, presidente degli olivicoltori di Veglia, ha parlato di mossa apprezzabile ma che purtroppo non darà gli effetti sperati. «Sì, il divieto fino a tempo indeterminato è una cosa buona, però ci saranno sempre i furboni, pronti ad aggirare la legge. È che mancano controlli a tappeto sul territorio, con la polizia che non ha un numero sufficiente di agenti da sguinzagliare nelle nostre zone. Sappiamo che la raccolta di elicriso è stata proibita a partire dal primo dicembre scorso in tutta la Croazia, ma nonostante ciò siamo riusciti a bloccare, con l’aiuto delle forze dell’ordine, un paio di raccoglitori illegali che agivano a metà dicembre. Non li puoi praticamente fermare in quanto il magnete dei lauti guadagni è per loro irresistibile».

Andrea Marsanich

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 21 febbraio 2015

 

 

Ferriera e salute, scontro esperti-residenti

Dibattito organizzato da M5S. I servolani contestano gli studi epidemiologici: «Chi vive qui si ammala»
Ferriera di Servola, inquinamento e salute pubblica. Sono stati questi gli ingredienti dell’incontro organizzato dal gruppo consiliare regionale del Movimento 5 Stelle in un'affollata Sala Tessitori. Un confronto su un tema di grande attualità che ha avuto anche momenti animati e nel quale sono stati messi a confronto i risultati degli studi epidemiologici e delle analisi sulla salute della popolazione effettuati negli ultimi anni, con quelle che sono le percezioni, spesso molto diverse, dei residenti di Servola e dei rappresentanti delle associazioni ambientaliste, e dove non è mancato il contributo delle istituzioni: un dibattito moderato da Andrea Ussai, portavoce dei pentastellati in Consiglio Regionale. «Siamo indubbiamente di fronte a una situazione critica per quel che riguarda la presenza della Ferriera in un contesto urbano - ha affermato Valentino Patussi, direttore Dipartimento di prevenzione Ass 1 -. Ma se da un lato, come riportato dalla stessa Procura, si riscontra un evidente assorbimento di sostanze inquinanti (Ipa) tra i lavoratori dello stabilimento siderurgico, dall’altra parte, l’indagine effettuata sulla popolazione non ha portato a differenze significative in tal senso tra gli abitanti di Servola e quelli di altre aree urbane». Concetti ripresi da Diego Serraino, del Cro di Aviano: «La nostra indagine voleva stabilire se esiste un aumento di incidenza di tumori associabili all’inquinamento nell’area del Sin di Trieste - ha spiegato Serraino -. La risposta che possiamo trarre è quella di un no sia pur condizionato: questo perché a ridosso di quell’area (800 metri), abbiamo riscontrato un aumento del rischio di tumore al polmone del 35 per cento, ma solo, ed è questo il punto cruciale, nella popolazione maschile e non in quella femminile e questo non ci può dare nessuna certezza assoluta». Punti di vista diversi per l'associazione “No Smog”. «A Servola ci sono delle persone che abitano a poca distanza dalla cokeria e che devono fare i conti con sostanze inquinanti 24 ore al giorno, ben più dei lavoratori dello stabilimento - ha puntualizzato Alda Sancin, presidente No Smog -. In altri Paesi queste fabbriche vengono costruite fuori dai centri abitati e dotate di nuovi sistemi tecnologici. Qui invece si è optato per una soluzione tampone che non risolve il problema ambientale». Concetti ripresi da Adriano Tasso, segretario No Smog, per il quale «le indagini epidemiologiche serie non sono mai state fatte: chi abita a Servola va incontro a malattie gravi e ad una qualità della vita pessima. La politica sta perdendo un’occasione storica che è quella di chiudere l’area a caldo dello stabilimento». Infine le istituzioni. «Il problema va diviso in due parti: i limiti di inquinamento previsti per legge e il disagio vissuto dalle persone - spiega Umberto Laureni, assessore comunale all'ambiente -. Ed è su questo secondo aspetto che abbiamo deciso di concentrarci, andando ad individuare degli indicatori scientifici che misureranno lo stress patito dalle persone, che poi altro non è che l'anticamera della malattia».

Pierpaolo Pitich

 

 

Piazza Ponterosso, in partenza i lavori di riqualificazione
Costo 1,2 milioni di euro, 300 giorni di cantiere: lunedì la consegna all’impresa, a breve nell’area niente più posteggi. Gli ambulanti fra due settimane si sposteranno in piazza Sant’Antonio
Conto alla rovescia per il restyling di piazza del Ponterosso. Lunedì prossimo il Comune affiderà infatti il cantiere all’impresa che si occuperà della riqualificazione dell’area, uno dei due che - assieme all’intervento su via Trento e largo Panfili, in partenza anch’esso a breve - porterà a dare nuovo volto a parte del Borgo Teresiano. Inizia così ufficialmente l’imponente opera pubblica che interesserà per quasi un anno la zona: i lavori, più volte annunciati e rimandati, hanno per piazza del Ponterosso un costo complessivo di un milione e 230mila euro (una somma analoga sarà sborsata per via e largo). «Possiamo dire che finalmente si comincia - conferma l’assessore comunale ai Lavori pubblici Andrea Dapretto -. Lunedì ci sarà l’atto formale, la presa in consegna dei lavori da parte della ditta che da quel momento in poi potrà iniziare l’intervento: prima di partire saranno posizionati i dovuti divieti e le transenne nell’area. Ricordiamo che anche i parcheggi a pagamento verranno tolti - si tratta di una cinquantina di stalli in tutto - per consentire il regolare svolgimento dell’intervento». Devono fare attenzione anche quegli automobilisti e centauri che spesso lasciano i propri mezzi nelle aree limitrofe alla piazza, in sosta non regolare: i veicoli saranno rimossi. Non verranno invece adottati provvedimenti per limitare o modificare la viabilità lungo via Roma. Ma come cambierà il look di tutta l’area? La pavimentazione sarà realizzata con masegni di recupero nell’area monumentale che circonda la fontana e in lastre nuove di arenaria dall’altra parte, dove ora si trovano i parcheggi e dove troverà posto anche un filare di sette alberi affacciato su via Roma. Il progetto prevede anche la ripavimentazione dei marciapiedi di via Genova, operazione per la quale verrà utilizzata la pietra arenaria. «Saranno risistemati e riposizionati i masegni - spiega Dapretto - e, d’accordo con la Soprintendenza, valuteremo quali si possono recuperare e quali invece sono troppo danneggiati. Se le pietre non saranno sufficienti, si ricorrerà ai masegni presenti nei magazzini. Ma dovremo capire durante i prossimi mesi se le pietre rovinate sono in numero elevato o meno». La durata complessiva del cantiere sarà di 300 giorni per Ponterosso e di 360 per via Trento-largo Panfili. «Ovviamente si tratta di una tempistica indicativa, che dipenderà come sempre dalle condizioni meteo - conclude l’assessore -. Si inizierà prima con Ponterosso, poi seguirà subito dopo l’altro intervento. Entrambe le opere correranno in parallelo». E con l’avvio dell’opera si profila anche il trasloco per i venditori ambulanti che sostano nella fetta di piazza attorno alla fontana. Ieri hanno incontrato l’assessore comunale allo Sviluppo e alle Attività economiche Edi Kraus, per discutere delle ipotesi alternative. E hanno individuato come nuovo sito la vicina piazza Sant’Antonio, nella parte attorno alla fontana. Una ventina di commercianti si sposteranno quindi tra due settimane: resta invece ancora da individuare una soluzione per alcuni camion più grandi, impossibilitati a sostare nella nuova area scelta come location provvisoria dello storico mercato nel centro cittadino.

Micol Brusaferro

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 20 febbraio 2015

 

 

«Ferriera, via al piano di risanamento»

Illustrata ai capireparto e alle Rsu l’operazione di bonifica, da smaltire una montagna di 21mila tonnellate di rifiuti

Il progetto industriale del Gruppo Arvedi per l’area dello stabilimento di Servola è stato presentato ieri, in due incontri, ai capireparto e ai componenti delle Rappresentanze sindacali unitarie (Rsu) – presente la dottoressa Alessia Zeppa, responsabile risorse umane di Siderurgica Triestina – con l’obiettivo di illustrare il programma «che porterà, in una prima fase - rileva una nota di Siderurgica Triestina - al risanamento dell’ambiente e degli impianti e, successivamente, alla realizzazione di un polo logistico e di nuovi impianti produttivi. Questa prima iniziativa rientra nel percorso informativo voluto dal cavalier Giovanni Arvedi e dai responsabili di Siderurgica Triestina, per avviare un dialogo costante e «trasparente», dentro e fuori lo stabilimento, rispettivamente con i tutti lavoratori, attraverso i loro rappresentanti, e con le associazioni ambientaliste e le organizzazioni rappresentative dei cittadini. Durante gli incontri di ieri, la dottoressa Alessandra Barocci, responsabile del Gruppo Arvedi per tutti gli aspetti ambientali, illustrando la prima fase (già avviata) di attività, si è soffermata sulla messa in sicurezza del sito e sul risanamento degli impianti, in particolare cokeria, agglomerato, altoforno e macchina a colare. «Dopo aver analizzato la situazione per quanto riguarda gli inquinanti organici e inorganici – ha affermato la dottoressa Barocci spiegando l’uso dei piezometri posizionati nelle aree a più alta criticità – procederemo con la messa in sicurezza, che prevede il “capping” e la pavimentazione dell’intero sito, e con la rimozione del cumulo storico di rifiuti (circa 21mila tonnellate) e il suo smaltimento in appositi impianti autorizzati. Per quanto riguarda la falda, seguiremo un modello concettuale, che sarà predisposto dal professor Bevilacqua dell’università di Trieste, per la progettazione di una barriera idraulica per le acque di falda». Dopo aver ricordato le attività di risanamento già effettuate su diversi impianti, che sono già note ai capi reparto e alle Rsu, Alessandra Barocci si è soffermata in particolare sugli interventi in atto sulla cokeria, in base a quanto stabilito dall’Accordo di programma, dalle “Bat” e dalla volontà del Gruppo Arvedi «di raggiungere dei livelli di compatibilità ambientale efficaci - sottolinea ancora la nota di Siderurgica Triestina - con la realizzazione di un progetto innovativo per la captazione anche delle emissioni fuggitive che consentirà di ottenere performance ambientali che andranno ben oltre ai limiti indicati dalla normativa europea (Bat)». «Il nuovo impianto di aspirazione – ha detto la dottoressa Barocci – è progettato per asservire a captazione, depolverizzazione e filtrazione le diverse aree della cokeria: batterie forni, macchina caricatrice, zona movimentazione e selezione coke, zone sottoprodotti. Per quanto riguarda il Polo logistico sono previsti il risanamento della banchina esistente e la pavimentazione, con raccolta delle acque meteoriche, del retrobanchina. La terza fase del progetto industriale del Gruppo Arvedi – che oggi, con le aziende del gruppo, produce e trasforma circa 3,5 milioni di tonnellate di prodotti, con un fatturato annuo di 2,2 miliardi e circa 3530 dipendenti – prevederà infine la realizzazione di nuovi impianti per la produzione siderurgica. In particolare, pare di capire, il laminatoio.

Silvio Maranzana

 

Regione e Provincia «Massimo impegno per ricollocare gli operai ex Sertubi»

«Regione e Provincia confermano l’attenzione e l’impegno nel percorso di ricollocazione dei lavoratori precedentemente occupati nell’area a caldo della Jindal Saw Italia S.p.A. (ex Sertubi)». È l’impegno espresso ieri, in una nota congiunta, dagli assessori al Lavoro di Regione e Provincia Trieste Loredana Panariti e Adele Pino. «Le istituzioni del territorio, in costante raccordo - sottolineano Panariti e Pino - hanno sia accompagnato fattivamente il percorso che ha consentito l'utilizzo, a favore dei 136 lavoratori ex Sertubi interessati, della cassa integrazione per 24 mesi, sia la predisposizione di un articolato percorso di politiche del lavoro che ha consentito la presa in carico dei lavoratori interessati e l'avvio di iniziative mirate alla loro riqualificazione e ricollocazione. Iniziative che potranno essere ulteriormente sviluppate nell'ambito delle opportunità offerte dal Progetto Pipol». Quanto al futuro «Regione e Provincia di Trieste condividono la necessità strategica di sostenere il settore manifatturiero».

 

Siderurgia - Incontro pubblico sulla Ferriera

“Ferriera e salute” è il titolo dell’incontro pubblico che si terrà oggi alle 16 nella sala Tessitori del Consiglio regionale (piazza Oberdan), organizzato da M5S. All’incontro - introdotto e moderato dal portavoce M5S in Consiglio regionale Andrea Ussai - interverranno tra gli altri il direttore del Dipartimento di prevenzione dell’Ass Valentino Patussi, che parlerà dello studio epidemiologico condotto dall’Azienda per i servizi sanitari e il docente del Dipartimento di Scienze mediche e biologiche dell’Università di Udine Fabio Barbone, che si soffermerà sui risultati dello studio regionale sulla salute della popolazione residente.

 

 

Falesie, oltre 800 firme contro le nuove regole
Prosegue la raccolta avviata da Comunella di Duino e Kayak d’amare. In Comune l’opposizione chiede la convocazione di un Consiglio straordinario sul testo
DUINO AURISINA Hanno superato quota 800 le firme complessivamente raccolte dalla Comunella di Duino, attraverso una petizione cartacea, e dall’associazione Kayak d’amare, tramite il web. Le due realtà, ricordiamo, si erano mobilitate nelle scorse settimane per contrastare le tre norme contenute nel regolamento (da votare ancora in Consiglio) che pongono limitazioni al nuoto, alla pagaia e alle imbarcazioni sugli specchi acquei della riserva regionale delle Falesie. Lunedì, intanto, scadranno i 60 giorni fissati ai sensi della legge 42/96 sulle aree protette, articolo 18, per l’adozione in aula del testo “con le eventuali modificazioni necessarie alla specifica realtà del parco o riserva”. La comunicazione dalla Regione era infatti pervenuta lo scorso 23 dicembre. Altrimenti, trascorso il termine, sempre per la norma “il regolamento è approvato con decreto del Presidente della Giunta regionale, su conforme deliberazione della Giunta medesima, su proposta dell’Assessore regionale ai parchi, sentito, limitatamente alle modificazioni introdotte, il Comitato tecnico-scientifico”. A febbraio, però, la massima assise non sarà convocata in via ordinaria. Di qui la richiesta, proprio ieri, formulata da un quinto dei consiglieri comunali (tutti all’opposizione) di un Consiglio straordinario sul tema delle Falesie. Il sindaco, come recita lo Statuto, è tenuto a indirlo entro 20 giorni. Pdl, Lista Ret e Progetto civico sono allarmati dall’imminenza della scadenza, temendo un eventuale – ma secondo il centrosinistra assai poco probabile – colpo di mano della Regione, che motu proprio potrebbe approvare il testo così com’è. «Nell’immediatezza dell’incontro alla Casa della pietra – spiega Massimo Romita, capogruppo Pdl – c’era stata la promessa di riconvocare con urgenza una Seconda commissione, per illustrare il testo e aprire un confronto in aula. Invece sono passati giorni e non abbiamo ricevuto alcuna convocazione. Già prima volevamo richiedere un Consiglio straordinario, ma abbiamo indugiato finora proprio in virtù di quella rassicurazione. Rimaste disattese le parole, abbiamo proceduto ai sensi dello Statuto». Rispetto alla scadenza dei 60 giorni, comunque, il sindaco Vladimir Kukanja ha confermato martedì la volontà di chiedere una proroga alla Regione: «Non l’abbiamo ancora fatto ma la domanderemo senz’altro». Comunque Kukanja ha confermato la volontà di portare in aula, dunque affidarlo al voto, il regolamento sulla Riserva regionale delle Falesie.

Tiziana Carpinelli

 

Mervic: noi rispettiamo il territorio
Scintille a distanza con Rozza. «Si coinvolga davvero la popolazione autoctona»
DUINO AURISINA Le scintille proseguono tra Comunella di Duino e il vertice della II commissione Maurizio Rozza. Così il presidente Vladimiro Mervic, che ritiene “offensive” le ultime dichiarazioni del consigliere comunale: «Noi non facciamo assolutamente nessun affare quando esprimiamo osservazioni contro alcune norme del Regolamento delle Falesie. L’unico principio, quello che peraltro contraddistingue la nostra attività, è di rispettare il territorio, le tradizioni e consuetudini di chi lo abita». «E lo abbiamo - prosegue - ampiamente dimostrato la scorsa estate, col lavoro volontario svolto, cioè ripulendo e risistemando gran parte del paese, senza chiedere nulla a nessuno. Naturalmente quelli che si ergono paladini nella difesa del territorio, quando c’è da lavorare e fare fatica si sciolgono come neve al sole o hanno il super-potere di rendersi invisibili». «Il signor Rozza – attacca Mervic – dimostra molto senso dell’umorismo quando afferma che si tratta di una piccola, ma potente, minoranza anti-falesie. In verità la gran parte della popolazione di Duino e paesi limitrofi è a favore delle norme di modifica che abbiamo proposto». «Egli (Rozza, ndr) mette in dubbio le capacità culturali di chi abita il Carso e il litorale da centinaia di anni – afferma - e pone se stesso quale unico difensore locale della biodiversità». Per Mervic, «non esiste nessun movimento anti-Falesie, né anti-Carso», bensì «un forte movimento di promozione di un diverso e più democratico modo di gestire la tutela della biodiversità e dell’ambiente». «Rozza - sostiene - sta da tempo speculando sulla terminologia, specialmente sul termine “portatori di interesse”, di solito suoi amici, e anche sul concetto di “audizioni”, generando inaccettabili tensioni. Penso sia giunto il momento di coinvolgere democraticamente anche la popolazione autoctona».

(ti.ca.)

 

 

Trieste-Erpelle, alla scoperta dei vecchi binari
L’8 marzo escursione lungo la pista ciclopedonale Cottur, un tempo linea ferroviaria
Quanti sono i triestini che transitando sulla pista ciclopedonale Giordano Cottur si sono chiesti quali siano le sue origini? Ora sarà possibile saperlo scoprendo la storia di questa ex linea ferroviaria, riqualificata e riutilizzata per un nuovo fine. Domenica 8 marzo si svolgerà infatti anche a Trieste per la prima volta la Giornata nazionale delle ferrovie dimenticate che riguarderà l'ex Trieste - Erpelle, meglio nota come la ferrovia della Val Rosandra. Un'escursione sul vecchio tracciato con spiegazione dal vivo, ma soprattutto con un nuovo libro alla mano. Con queste premesse è stata presentata l'iniziativa, promossa dall'agenzia viaggi Mittelnet in collaborazione con FerStoria. «Si tratta dell'ottava Giornata nazionale - spiegano da Mittelnet Viaggi - anche se a Trieste l'iniziativa si svolge per la prima volta, con lo scopo di sensibilizzare l'opinione pubblica sull'utilizzo di questi tracciati per scopi turistici». Ma nel contesto triestino la proposta assume un duplice ruolo per l'opportunità di presentare il nuovo libro realizzato da Roberto Carmeli e Roberto Carollo, intitolato "Il treno della Val Rosandra". «Si tratta di un nuovo testo - racconta Roberto Carollo - realizzato assieme all'amico e socio del Museo ferroviario Roberto Carmeli, purtroppo scomparso a fine dicembre, per raccontare in modo esaustivo la storia di questa linea. L'idea di questo nuovo volume nasce dal fatto che Carmeli aveva già dato alle stampe un primo libro sull'argomento quasi vent'anni fa, che oggi risulta introvabile». Con l'inaugurazione della nuova pista ciclopedonale Cottur è rinata la curiosità per questa ferrovia dismessa, dopo decenni di abbandono e incuria. «Costruita nel 1887 - continua Carollo - quale alternativa all'unica linea privata presente sul territorio per spezzarne il monopolio, perse dopo soli 19 anni la sua funzione primaria a causa della realizzazione di una nuova arteria più moderna e fu quindi destinata al solo servizio locale verso l'Istria e Pola. Dopo il 1918, con l'arrivo dell'Italia e con la gestione delle Ferrovie dello Stato, questo suo ruolo venne riconfermato. A seguito del ridisegno dei confini - conclude l'autore - dopo la Seconda guerra mondiale, e spezzata da un confine tra entità nazionali allora ostili, divenne in poco tempo un "ramo secco" e fu soppressa il 31 dicembre 1958, dopo soli 71 anni». Smantellata nel 1966 e abbandonata per oltre 35 anni, è stata trasformata in pista ciclo pedonale appena nel 2010. Si può aderire all'iniziativa contattando Mittelnet allo 040.9896112 oppure il 393.4552120 entro sabato 7 marzo.

Andrea Di Matteo

 

A ruota libera - Pedalando tra vigneti e campanili

Itinerari con la bici da corsa per conoscere il Carso sloveno

Tra vigneti e campanili, ovvero in bici da corsa sul Carso sloveno. Pedalare in Carso di solito significa prendere una mountain bike e affrontare sentieri più o meno sassosi o sterrati, tra pascoli e bosco. O almeno questo è ciò che si aspetta solitamente un triestino. Questa volta invece, il Carso lo ammiriamo sfilando tra le curve delle strade di paese, su una snella e leggerissima bicicletta da corsa: partendo da Sesana, dove ho noleggiato la bici nel nuovo centro Mathitech appena aperto. Quindi case, semafori, un paio di incroci: superato il "passo" di Sesana, si apre alla vista il panorama sul Carso sloveno con il Monte Nanos, le colline e i campanili dei paesi che mi aspettano. Il primo, Šmarje pri Sežani, che sfoggia una piccola chiesetta con un campanile a vela, che merita già una tappa; poi, Križ dove mi fermo a fotografare la chiesa dedicata alla Santa Croce: i campanili spuntano uno dopo l'altro che quasi "interrompono" la pedalata. Ora mi riprometto di "tirar dritto" e non farmi ammaliare e ce la faccio solo per qualche chilometro. Già a Tomaj mio malgrado mi fermo, tiro fuori la macchina fotografica ma questa volta dal sacro passo al profano… ed ecco la Gostilna che porta il nome del paese: mi ci fermo solo per un caffè, ma mi ripropongo di tornarci per un pranzo! Prossimo campanile, prossimo scatto: la chiesa di Duttogliano è la più bella che abbia incontrato durante l'itinerario. Ancora due tornanti quasi da montagna (per fortuna in discesa) e a sinistra si biforca una strada più piccola, il cui cartello indica Komen, Gorjansko e Pliskovica, meta di questa gita. Le vigne sembrano brillare alla luce del tramonto e appena il sole si nasconde, l'aria si fa più fredda: superata Krajna Vas, pochi chilometri e Pliskovica mi accoglie al margine della sera, nella valle ormai quasi all'ombra sotto il monte Lanaro. Per chi, come me, arriva a quell'ora, la scelta migliore è quella di fermarsi a dormire nell'ostello della gioventù del paese, antica casa carsica splendidamente rinnovata. Infondo, perché voler andare lontano per concedersi "una notte fuori"? Anche questo regala la bicicletta: permette di trasformare località vicine in destinazioni lontane, tappe da un pranzo e via in vere e proprie mete di piccoli viaggi. Troverete un'accoglienza degna di un vero International youth hostel, mappe per nuovi itinerari e un panorama da gustare insieme ad un bicchiere di Terrano. Per la cena, assicuratevi con anticipo che l'agriturismo del paese, Petelin, sia aperto: io non ho avuto la fortuna di provarlo e attendo curiosa i vostri commenti online! La mattina seguente, potrete visitare il paese che, con le sue oltre venti aziende vinicole artigianali, ha molto da offrire: ma questo, e l'itinerario del ritorno, avrò il piacere di raccontarvelo la prossima settimana.

Chiara Meriani

 

 

Convegno sulle ferrovie

L’Associazione Convegni di cultura Maria Cristina, in collaborazione con la fidapa Sezione Storica, organizza alle 17.30 nella sede del Circolo Unicredit- via Valdirivo 42 1.o piano la conferenza “Dalla rotaia orientata al mercato e al sociale alla ferrovia ostaggio della finanza”, relatore luigi Bianchi.

 

 

 

 

GREENSTYLE.it - GIOVEDI', 19 febbraio 2015

 

 

Rifiuti: nuova classificazione mette a rischio intera gestione
Con l’entrata in vigore delle nuove norme sui rifiuti speciali, introdotte dal decreto legge Competitività, in Italia si corre il rischio di una nuova emergenza: il collasso di molti impianti. A lanciare l’allarme su un imminente blocco totale della gestione dei rifiuti in Italia sono le associazioni degli operatori del settore. La denuncia è stata presentata congiuntamente da Fise Assoambiente (imprese servizi ambientali), Fise Unire (imprese recupero), Federambiente (igiene urbana) e Atia-Iswa (tecnici gestori).
Secondo quanto lamentano i rappresentanti delle categorie il sistema per la gestione dei rifiuti rischia di implodere a causa della norma che trasforma molti rifiuti speciali in rifiuti pericolosi. Le associazioni spiegano che nella maggior parte dei casi i rifiuti ora classificati come pericolosi non richiederebbero in realtà un trattamento speciale.
Il rischio, più che concreto, è che gli impianti si ritrovino all’improvviso a gestire una mole di rifiuti pericolosi superiore alle proprie capacità. Le associazioni avvertono che la situazione rischia di precipitare da un momento all’altro:
Se non s’interviene tempestivamente nel giro di alcune settimane i pochi impianti autorizzati a trattare i rifiuti pericolosi saranno saturi e aumenterà esponenzialmente il ricorso all’esportazione dei rifiuti riclassificati.
Secondo le associazioni di settore, il principio di precauzione applicato dalle nuove norme è ingiustificato da un reale pericolo. Per effetto delle nuove norme in vigore, circa due terzi dei rifiuti speciali non pericolosi prodotti in Italia lo diventeranno. La filiera sarà costretta a gestire in un anno 85 milioni di tonnellate di rifiuti pericolosi. Una mole che trova il sistema completamente impreparato.
Nei prossimi mesi potrebbero venirsi a creare diverse situazioni di emergenza in tutta Italia, a causa del numero insufficiente di impianti per il trattamento dei rifiuti speciali pericolosi. Come spiegano le associazioni:
L’applicazione della nuova norma sconvolgerà l’operatività quotidiana non solo dei produttori dei rifiuti, ma anche delle migliaia d’imprese impegnate nell’ordinaria gestione dei rifiuti e produrrà, a breve, diverse situazioni d’emergenza in tutta Italia, perché rifiuti che fino a ieri erano considerati non pericolosi non potranno più essere gestiti negli impianti che li hanno sinora trattati.
A preoccupare le associazioni sono anche i tempi burocratici della revisione dei contratti tra produttori e operatori. Il cambio di status dei rifiuti andrà infatti indicato. L’iter per il trattamento sarà diverso e bisognerà richiedere nuove autorizzazioni che potrebbero necessitare di tempi lunghi per l’approvazione, con il rischio di accelerare il collasso del sistema aggravando l’emergenza.
Fise Assoambiente spiega che il decreto legge Competitività otterrà l’effetto contrario per cui è nato, mettendo in ginocchio la filiera dei rifiuti in Italia e favorendo l’affidamento degli appalti ad aziende straniere. Per le associazioni le nuove norme altro non faranno che alimentare un turismo dei rifiuti tanto oneroso quanto poco auspicabile per un Paese che intenda favorire uno sviluppo consapevole e sostenibile della filiera.
Senza contare che le nuove norme entrate in vigore contrastano apertamente con le disposizioni comunitarie in materia di rifiuti speciali pericolosi. Le norme dell’UE dovrebbero essere adottate già tra tre mesi in Italia. Le associazioni si mostrano dunque interdette dalla confusione generata dalla riclassificazione dei rifiuti speciali voluta dal Governo Renzi.
Marco Mancini

 

Ambiente, ISTAT: verde urbano e raccolta differenziata in aumento
L’ISTAT ha pubblicato l’edizione 2015 del report “Noi Italia”, una fotografia del Paese dal punto di vista economico, ambientale e sociale. Per quanto riguarda l’ambiente, l’istituto di statistica ha rilevato dei progressi dell’Italia sul fronte della raccolta differenziata e del verde urbano.
I dati raccolti dagli analisti, riferiti al 2013, svelano infatti che le aree verdi in città sono aumentate dello 0,7% rispetto al 2012, pari al 2,7% del territorio complessivo occupato dai Comuni italiani capoluogo di provincia.
Per quanto riguarda la raccolta differenziata nel 2013 si è registrato un lieve calo della media pro capite rispetto al 2012. Nel 2013 ciascun abitante ha differenziato 491,3 kg di rifiuti urbani, pari a circa 12,5 kg in meno rispetto all’anno precedente.
Le regioni più virtuose sono quelle del Centro Italia che avviano al riciclo la quantità maggiore di rifiuti urbani. Il 58,8% della frazione totale raccolta proviene dal Nord-Est. Malgrado il leggero decremento registrato nella raccolta pro capite, l’Italia è tra i Paesi europei leader nella raccolta differenziata. La media europea non supera i 215 kg per abitante.
Grazie allo sviluppo della filiera del riciclo nel 2013 è leggermente diminuita la fetta di rifiuti conferiti in discarica, pari al 36,9%. In Italia nel 2013 è stato avviato a raccolta differenziata ben il 42,3% dei rifiuti urbani, 2,3 punti percentuali in più rispetto al 2012.
Il report dell’ISTAT Noi Italia 2015 dipinge un quadro decisamente più sconfortante sul fronte dell’inquinamento. Lo scorso anno a segnalare la presenza di cattivi odori o aria irrespirabile nell’area di residenza è stato infatti il 34,4% delle famiglie italiane.
L’inquinamento da fertilizzanti risulta invece in calo. Nel 2013 su ciascun ettaro coltivato sono stati impiegati 0,94 quintali di fertilizzanti semplici, pari a 0,3 quintali in meno rispetto al 2012. Il calo registrato tra il 2001 e il 2013 è di quasi il 40%.
Dal rapporto dell’ISTAT emerge inoltre che l’attenzione crescente dei consumatori per i prodotti di qualità ha portato il numero di specialità agroalimentari italiane certificate a quota 261. In aumento anche le aziende agrituristiche che nel 2013 hanno raggiunto le 21 mila unità.
Il primato per numero di agriturismi lo detiene la Toscana che ospita un quinto delle strutture agrituristiche presenti in tutta Italia. L’imprenditoria femminile sta mostrando grande interesse per il settore, tanto che un terzo degli agriturismi italiani è gestito da donne.
Gli italiani si scoprono più attenti e consapevoli anche sul fronte del risparmio energetico. I consumi di elettricità nel 2013 si sono attestati su 4.856,0 kWh pro capite. Incoraggianti i dati sulla produzione di elettricità da fonti rinnovabili. Nel 2013 la fetta di energia prodotta in Italia impiegando energie pulite è salita al 33,7%, facendo segnare una crescita del 6,8% rispetto al 2012. Come riporta l’ISTAT:
Nella distribuzione territoriale delle fonti rinnovabili prevalgono l’apporto idrico nelle regioni montuose e la fonte eolica nel Mezzogiorno; lo sviluppo della produzione elettrica da biomasse risulta invece sostanzialmente uniforme sul territorio nazionale, mentre la Toscana è la sola regione a produrre energia geotermica.
Sul fronte dei trasporti l’Italia detiene la maglia nera in Europa: gli italiani non rinunciano all’automobile. Il nostro Paese è uno dei più motorizzati dell’Unione Europea, secondo solo al Lussemburgo. L’ISTAT evidenzia che ogni mille abitanti si contano 608 autovetture.
Va meglio invece sul fronte delle aree naturali protette. Nel 2014 il 19,3% della superficie nazionale è risultata tutelata dalla Rete Natura 2000, mentre la media UE 28 non ha superato il 18,1%. Solo il 3,7% delle aree marine italiane risulta invece protetto.
Marco Mancini

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 19 febbraio 2015

 

 

«Porto Vecchio, procedure rapide» - L’impegno dei dirigenti dell’Agenzia del Demanio in visita in Municipio
L'Agenzia del Demanio ha garantito al Comune di Trieste «la massima disponibilità ad accelerare tutte le procedure necessarie, per far sì che tutti i pur complessi aspetti conseguenti» alla sdemanializzazione del Porto Vecchio di Trieste «vengano affrontati e risolti nel più breve tempo possibile».

È quanto ha affermato oggi il dirigente della Direzione centrale dell'Agenzia, Antonio Giannangeli, incontrando il sindaco di Trieste, Roberto Cosolini. Nell'incontro con il nuovo direttore regionale dell'Agenzia, Pierluigi Di Blasio, Cosolini ha osservato che tutte le operazioni necessarie per avviare la riconfigurazione del Porto Vecchio, compreso naturalmente lo spostamento del Punto Franco, «non si potevano iniziare se non in presenza di un nuovo governo del Porto». Il primo cittadino ha ricordato che «anche il Comune dovrà opportunamente attrezzarsi per affrontare l'impegnativo compito della restituzione del Porto Vecchio alla città, anche adeguando in parte la sua organizzazione interna, dotandosi di una specifica struttura con un insieme di uffici a ciò dedicati». Si è trattato di un cordiale incontro. La visita, programmata per la presentazione del nuovo Direttore regionale dell'Agenzia del Demanio ing. Pierluigi Di Blasio, ha visto la presenza anche del dott. Antonio Giannangeli Dirigente presso la Direzione Centrale del Demanio di Roma nonché responsabile, nello specifico, della "pratica" relativa al Porto Vecchio di Trieste, e in tale contesto ha assunto un carattere - come detto - ancor più significativo, all'indomani della nomina di Zeno D’Agostino.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 18 febbraio 2015

 

 

Il M5S contro le trivelle nel mare Adriatico

«Le trivellazioni petrolifere nel mare della Croazia rischiano di metter in pericolo anche l’ecosistema marino italiano e di compromettere irrimediabilmente le attività turistiche su cui si sostengono decine di migliaia di famiglie italiane. Per tali motivi chiediamo al governo italiano di aprire un contezioso con la Repubblica di Croazia per fermare lo scempio del mare Adriatico». Così i senatori del M5S Gianni Girotto e Gianluca Castaldi in un’interrogazione urgente presentata ai ministri per gli Affari esteri e dello Sviluppo economico dopo l’allarme lanciato dalle associazioni ambientaliste nei giorni scorsi. Ci sono ormai evidenze scientifiche che le piattaforme a mare rilasciano «fluidi di perforazione e scarti metallici, che includono sostanze tossiche, fra cui cromo, mercurio e benzene», direttamente nelle acque marine sostengono i rappresentanti grillini, «basterebbe questo per bloccare la follia delle perforazioni nell’Adriatico.

(m. man.)

 

 

Punto Franco via dal Porto Vecchio: convegno - oggi alle 18 all’hotel greif
Non è esclusa la presenza di Zeno D’Agostino già al convegno sul tema “Spostamento del Punto Franco dal Porto Vecchio, nuove opportunità di sviluppo economico per il territorio: le ipotesi in merito” che si terrà oggi alle 18 all’hotel Greif di viale Miramare organizzato dal Propeller club presieduto da Fabrizio Zerbini. Nel corso della tavola rotonda sono previsti gli interventi del senatore del Pd Francesco Russo, autore dell’emendamento sulla sdemanializzazione dell’area, dei sindaci di Trieste Roberto Cosolini e di Muggia Nerio Nesladek, del presidente di Confindustria Venezia Giulia Sergio Razeto, dell’esperta di Diritto doganale Sandra Primiceri, del presidente del Terminal intermodale di Fernetti Giacomo Borruso e del presidente dell’Associazione spedizionieri del porto Stefano Visintin. Moderatore il giornalista Riccardo Coretti.

 

 

Alpi Giulie Cinema ospita tutte le saghe dell’alpinismo
Parte domani la rassegna delle produzioni dedicate a montagna e turismo - Dallo sci estremo al tentativo di giro del mondo focus sulle vite avventurose
Edizione numero 25, tre nuovi appuntamenti e una cerimonia di premiazione.“Alpi Giulie Cinema”, la rassegna promossa dalla sigla Monte Analogo, riapre i battenti per l'ultima tornata di proiezioni e riconoscimenti della stagione 2014/2015. Le saghe dell'alpinismo, dello sci d'avventura e della esplorazione in quota tornano alla ribalta da domani, giovedì 19 febbraio, nella sede del Teatro “Miela” di Piazza Duca degli Abruzzi, lo scenario canonico della manifestazione che pone in luce alcune delle maggiori produzioni cinematografiche internazionali del settore, tra film documentari e cortometraggi. Copione consolidato, con serate (a pagamento) suddivise in due fasi, una prima dalle 18 e una coda in programma in “prima serata”. La tappa pomeridiana del 19 febbraio è colorata da tre opere in cartellone, a partire da “ Vigia”, produzione svizzera basata sul tema ambientale, a “Janpar: Love on a bike”, pellicola inglese incentrata su un tentativo di giro del mondo in bicicletta, sino a “Chiedilo a Keinwunder”, film italiano caratterizzato dal racconto delle gesta di Hermann Keinwunder, storico alpinista trentino. La fase serale (20.30) si avvale di altri tre lavori, un programma che si traduce con il film di produzione canadese “Into the mind”, tratto dai risvolti onirici di uno sciatore estremo, per poi passare a “Fallet” ( opera norvegese basata sugli intrecci sentimentali della coppia di alpinisti Ragnar e Agnes ) sino a “ Cerro Torre – A snowball's chance in hell” (Austria) ambientato in Patagonia e disegnato sulle imprese di David Lama, talento del Climbing. Giovedì 26 febbraio, sempre al Teatro “Miela”, regna invece la speleologia e la vetrina della quarta edizione della “Hells Bells Speleo Award”, manifestazione collaterale ideata da Monte Analogo in collaborazione con la Commissione Grotte “E.Boegan” Società Alpina delle Giulie, sezione CAI di Trieste. Anche la serata del 26 appare strutturata in due momenti, aprendo i lavori alle 18 e riprendendoli attorno alle 21, collocando nel mezzo la premiazione delle opere internazionali pervenute, tutti incentrate sulla sfera della speleologia. L’appuntamento è in programma giovedì 5 marzo ( ingresso libero) ma spostando la sede al Bar Libreria Knulp di via Madonna del Mare 7/a (alle 18) il salotto scelto per la consegna dei riconoscimenti legati alla 21° edizione del Premio Alpi Giulie Cinema “Scabiosa Trenta”. Ulteriori informazioni viaggiano sul sito www.monteanalogo.net, telefonando alla segreteria di via Fabio Severo 31 ( 040/761683) o al 335/5279319

Francesco Cardella

 

 

Venditori di fumo
Oggi alle 17.30 Giuliano Pavone sarà a Trieste in via Filzi 14 nell’Aula Magna del Dipartimento di traduttori e interpreti, per presentare il suo nuovo libro “Venditori di fumo”. Quello che gli italiani devono sapere sull’Ilva e su Taranto (Barney edizioni, 2014).

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 17 febbraio 2015

 

 

MANIFESTAZIONE - “Adriatico”, quando la storia viene scritta sull’acqua
Ritornano gli appuntamenti di "Adriatico, una storia scritta sull'acqua" la manifestazione su natura, cultura, economia e paesaggio del mondo adriatico, organizzata dall'Associazione ambientalista Marevivo con la collaborazione del Gruppo/Skupina 85 e del quotidiano Primorski Dnevnik, il contributo della Samer & Co. Shipping e del Vis A Vis Grand Hotel Duchi D’Aosta. Oggi pomeriggio alle 18, nella Sala degli incontri del Vis A Vis/Duchi D' Aosta - piazza dello Squero vecchio, 1 ci sarà l’incontro su: “Trivelle in Adriatico? No grazie!” con Carlo Franzosini, biologo della Riserva Marina di Miramare e Wwf Trieste, Dusica Radojcic, Zelena Istra e Aurelio Juri. Presenta Marino Vocci. Sarà lui a fare il punto sugli annunciati sondaggi annunciati lungo le coste croate, che hanno allertato da mesi il mondo ambientalista, già mobilitato per la vicenda dei rigassificatori e particolarmente attento ad ogni intervento che possa modificare anche di poco questo delicato ecosistema. Sul tema “Ferma le trivelle croate”, l’Associazione ambientalista Marevivo che un mese fa ha manifestato a Palermo contro le trivelle nel mare di Sicilia, ha ripreso la petizione pubblicata dalla Comunità on-line “AVAAZ.org Il mondo in azione”. Un appello indirizzato al Primo Ministro, al Ministro del turismo e al Ministro dell'economia della Croazia, in cui si chiede di fermare il progetto di ricerca di idrocarburi e trivellazioni nell'Adriatico, e salvaguardare questo spazio naturale tra Italia e Croazia che ha un enorme potenziale naturalistico e turistico. Un appello che in una decina di giorni ha quasi raggiunto la quota che si era prefissata inizialmente, raggiungendo cioè le centocinquantamila firme. Questa situazione internazionale non riguarda solamente la Croazia, ma da quando sono caduti i confini che lo dividevano, l’Adriatico è diventato geograficamente un bene comune europeo e da più parti si sottolinea l’importanza e la necessità di attivare politiche comuni e condivise per affrontare le problematiche che toccano questo nostro mare. Ma se si parla per esempio di pesca, di sicurezza, di turismo o di energia, l’Adriatico è veramente Uno? In questo incontro attraverso il contributo del biologo Carlo Franzosini del Wwf Trieste, della project manager di Zelena Istra e di Aurelio Juri si cercherà di fare il punto sulla situazione attuale e sulle prospettive di cooperazione transfrontaliera per il futuro.

 

 

ENERGIA Stop a South Stream

Il costo per Saipem «L'impatto dell'eventuale chiusura definitiva del progetto South Stream potrebbe essere attorno a 1 miliardo di euro a livello di ricavi».

Lo ha precisato Umberto Vergine, ad di Saipem, durante la conference call con gli analisti a commento dei dati 2014, Sempre in conference call, il direttore finanziario Alberto Chiarini ha allontanato l'ipotesi di un aumento di capitale

 

 

SEGNALAZIONI - Commercio - C’è accordo sulle vie pedonali

Con riferimento all'articolo comparso sul quotidiano Il Piccolo del 10/02/2015 dal titolo «Tassisti e negozianti: “Non chiudete le vie Mazzini e Imbriani”»

mi preme fare alcune precisazioni doverose. I commercianti hanno più volte espresso la loro totale condivisione rispetto all'ipotesi di chiudere al traffico le vie Imbriani e Mazzini, soluzione che ha sensibilmente rivitalizzato l'area nel periodo della sperimentazione avviata dal giugno scorso per i soli fine settimana. E' stata da poco avviata una raccolta di firme per chiedere l'applicazione integrale del Piano del Traffico dopo la fine dell'ordinanza in vigore di chiusura delle due strade per i week end: dei 27 esercenti che svolgono la propria attività commerciale in via Imbriani, 18 hanno già sottoscritto la petizione, mentre solo uno si è pubblicamente espresso contrariamente. Per quanto riguarda la cittadinanza, non c'è stato un solo riscontro negativo da quando è stata avviata questa prima fase sperimentale, a dimostrazione della bontà della scelta e della sua sostanziale condivisione di cui traggono beneficio certamente i commercianti in termini di aumento dell'attività lavorativa, ma credo anche i triestini tutti in relazione alla vivibilità della città. Risulta inoltre che la Federazione Italiana Pubblici Esercizi di Trieste (la massima espressione dell'associazionismo di categoria) si sia anch'essa espressa favorevolmente rispetto alla chiusura delle due arterie in discussione. Arrivati a questo punto, chiarezza e soprattutto certezze sul futuro sono richieste legittime e non più eludibili, e la petizione va proprio in questa direzione: non è più tempo di tentennamenti ma di decisioni finali e definitive che non smentiscano quanto il Consiglio comunale ha votato nel 2013 con un ampia e soprattutto trasversale maggioranza, di fatto rappresentativa non solo della maggioranza delle forze politiche ma anche dell'opinione pubblica cittadina.

Cinzia Silvestri -Titolare Bar Haiti Via Imbriani 7

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 16 febbraio 2015

 

 

Maxi galleria commerciale a Campo Marzio

Nel complesso residenziale “Verdemare” ricavata un’area di 5mila metri quadrati dedicata a supermercati
Non solo appartamenti. Il complesso residenziale Verdemare, in fase di ultimazione nell'area in cui un tempo sorgeva la concessionaria Fiat di Campo Marzio, è pronto a svilupparsi in una doppia direzione. A fianco dei tre edifici che ospitano complessivamente 184 appartamenti, ci sarà anche uno spazio commerciale che potrà contare su una superficie di circa 5 mila metri quadrati. Per la precisione, stiamo parlando della zona che si affaccia su via Campo Marzio e che sarà suddivisa in una parte riservata alla grande distribuzione ed in un'altra dedicata ai singoli negozi. Dunque una sorta di centro commerciale inserito nel contesto residenziale. O, più precisamente, una galleria dedicata allo shopping per i residenti e non solo. Nello specifico, sorgerà un supermercato che si estenderà su una superficie di 1500 metri quadrati. La parte restante, circa 3500 metri quadrati, magazzini compresi, sarà occupata da una serie di negozi che spazieranno in tutti i settori extra alimentari: dall'abbigliamento alla tecnologia. Troppo presto per snocciolare nomi di marchi e catene che troveranno posto in Campo Marzio. Qualche contatto a dire il vero nei mesi scorsi era stato avviato (per quel che riguarda la grande distribuzione si era parlato della Supermercati Pam), ma al momento tutto il progetto commerciale rimane in stand-by. «In questa prima fase del progetto abbiamo deciso di orientare il focus sull'aspetto residenziale» - afferma Michelangiolo Hauser, vice presidente Cmc -. «Priorità dunque agli appartamenti che sono terminati e pronti alla consegna, mentre l'apertura della zona commerciale avverrà in un secondo tempo, quando sarà completato l'iter del piano comunale del commercio al quale ci siamo allineati». Dunque il complesso Verdemare vivrà di due momenti distinti. Tra poche settimane, con l'avvio della primavera, ed in linea con il cronoprogramma, ci sarà la consegna de primi appartamenti, mentre bisognerà aspettare probabilmente il prossimo anno per veder realizzata la parte dedicata al commercio. Gli appartamenti, la cui metratura varia dai 50 fino ai 240 metri quadrati, in pratica dal monolocale fino all'attico, potranno contare anche su oltre 600 parcheggi interrati, tra box e posti auto, e su un'ampia area verde , dotata di aiuole, viali alberati, panchine, zona relax e parco giochi per i bambini. Al momento è stato venduto circa un terzo degli appartamenti, con richieste che arrivano da tutta Italia, ma anche da Slovenia, Austria e Germania. «La nostra filosofia è quella della qualità abitativa che presta attenzione ai piccoli particolari che poi sono quelli che fanno la differenza», conclude Hauser. «Tra poche settimane il complesso residenziale Verdemare prenderà vita a tutti gli effetti ed a beneficiarne sarà l'intero quartiere, compresi coloro che in un primo tempo hanno guardato con diffidenza e occhio critico al nostro progetto, ma che adesso dovranno giocoforza ricredersi».

Pierpaolo Pitich

 

Un progetto che prevede un investimento di 80 milioni

Un progetto che conta su un investimento complessivo di circa 80 milioni di euro e che si sviluppa su una superficie che sfiora i 20 mila metri quadrati, più della metà dei quali destinati ad aree verdi. Sono i numeri di “Verdemare”, il maxicomplesso residenziale che sorge nel cuore di Campo Marzio e che nel corso degli anni ha dovuto affrontare e superare una serie di problematiche. Dal contenzioso con una delle ditte appaltatrici, fino ad intoppi burocratici che avevano rallentato il cantiere per parecchi mesi, passando per le battaglie con il Comitato dei residenti che si era opposto al megaprogetto. Poi, un paio d'anni or sono, il cambio di rotta deciso dai vertici Cmc, nell'ottica del miglioramento della qualità abitativa e della riqualificazione dell'intero quartiere.

(p.p.).

 

 

Il senatore Battista «Più intransigenti sulla Ferriera»

«Quando si parla di tutela della salute e dell'ambiente dobbiamo essere severi ed intransigenti.

Se l'impianto della Ferriera, da qui a un anno, non rispondesse ancora ai criteri di risanamento ambientale e continuasse ad emettere ancora i suoi fumi inquinanti e polveri, cosa succederà?» Lo chiede il senatore Lorenzo Battista (Per le Autonomie). «Prendo per buono l'impegno che il sindaco: se la Ferriera continuerà ad inquinare sarà inflessibile. Se saranno sforati i parametri di inquinanti spero che sarà quindi il primo a pretendere, come fanno i cittadini di Servola, la chiusura dell'area a caldo».

 

 

Referendum popolare sulla centrale Fianona 3 - Coinvolti cinque comuni
ALBONA - Sull’esempio di Ploce in Dalmazia dove gli abitanti tramite referendum hanno detto “no” al progetto della centrale elettrica a carbone sotto il naso, anche gli abitanti di una parte dell’Istria potranno dire la loro opinione sulla contestata Fianona 3, un impianto di 500 Megawatt, del costo di oltre 800 milioni di euro. La data è quella del 29 marzo prossimo quando alle urne saranno chiamati gli elettori delle municipalità dell’area: Albona, Arsia, Santa Domenica, Pedena e Chersano i cui sindaci hanno convocato una conferenza stampa sul tema. Il prossimo passo, hanno spiegato, sarà l’approvazione della relativa delibera da parte di ciascun consiglio comunale dell’area. La domanda referendaria sarà: «Siete favorevoli alla costruzione della centrale a carbone Fianona 3?» Per quel che riguarda i costi del referendum finora sempre osteggiato da Zagabria, ad Albona saranno pari a 6.600 euro, nelle altre località, 4.000 euro ciascuno. Piu’ o meno sui livelli delle spese per le elezioni dei comitati di quartiere. Abbiamo deciso il referendum, ha spiegato il sindaco di Albona Tulio Demetlika, poichè il progetto che Zagabria vuole imporre non è compatibile con il piano ambientale del territorio e per il fatto che non è mai stato definito un elaborato serio sull’impatto ambientale e sulla salute dell’uomo, della nuova centrale. Va detto che il risultato della consultazione non sarà vincolante, però avrà sicuramente il suo bel peso, probabilmente determinante. A Ploce per esempio, il “no” al carbone dei cittadini ha fatto saltare il progetto. E poi ci sono altri elementi che rafforzeranno il peso del probabile “no”. Come spiegato dallo stesso Demetlika e scritto sulla stampa croata, le trattative con l’investitore prescelto ossia la compagnia giapponese Marubeni vanno troppo per le lunghe per cui si deduce che il governo e l’azienda elettrica di Stato stanno ammorbidendo le posizioni iniziali. In secondo luogo la Commissione europea ha incluso il rigassificatore sull’Isola di Veglia tra i progetti prioritari gradito anche agli Stati Uniti e in linea con il piano ambientale della Regione istriana. Il relativo metanodotto partirà da Veglia con arrivo a Fianona dove si potrebbe attingere per l’alimentazione della futura centrale. In merito alla consultazione l’ex parlamentare istriano Dino Debeljuh ora a capo del comando anticorruzione in Istria, ha rinfacciato al presidente della regione Valter Flego di non aver indetto il referendum a livello istriano e non solo albonese poichè, come dice, l’inquinamento della futura centrale non sarà limitato a una piccola area.

(p.r.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 15 febbraio 2015

 

 

Più contenitori, differenziata al 36%

Aumentati i giri di raccolta e le isole ecologiche. «Nel 2014 ammende per 42mila euro, 20mila anche ad Acegas»
È stata una risposta alle lamentele dei cittadini riguardo il posizionamento o l’assenza di contenitori per i rifiuti la conferenza stampa sulla differenziata tenuta ieri da Comune e AcegasApsAmga. «Abbiamo tenuto conto delle segnalazioni - spiega il sindaco - abbiamo valutato le criticità segnalate e ora, con gli aggiustamenti fatti il piano può sostanzialmente dirsi completo». Ciò mentre la differenziata sta raggiungendo la quota del 36% e l’obiettivo prefissato del 40% a fine anno non è un miraggio. «Rispetto al progetto originario - è stato detto nell’incontro cui hanno partecipato anche l’assessore all’Ambiente Umberto Laureni e il direttore della Divisione Ambiente di AcegasApsAmgaPaolo Dal Maso - sono stati già posati cassonetti per circa 310mila litri in più, che, oltre a integrare isole ecologiche esistenti, formano anche 7 isole ex-novo (via Canova, via Cantù, passo Pecorari, via di Monrupino, via Alpi Giulie, via Caprin, via Tor San Piero). A ciò si aggiunge il raddoppio dei giri di raccolta di carta e plastica nel centro città (Borgo Teresiano e Borgo Giuseppino) e in altri punti della città (ad esempio Campo San Giacomo e via Giulia). Fino ad oggi avvenivano 3 raccolte alla settimana, adesso si passa a 6. In questo modo la maggior frequenza di svuotamento determinerà un aumento della volumetria di circa 700mila litri. Entro le prossime settimane vi sarà anche la posa di ulteriori nuove isole ecologiche o adeguamenti delle stesse, per complessivi 183mila litri, (vie Aldegardi, Beccaria, Cicerone, Bosco, Madonnina, Montasio, San Francesco bassa, Raffineria, Tesa, Rivalto, Padriciano e Trebiciano), a cui si aggiungeranno 33 cassonetti piccoli per l'indifferenziato accoppiati a contenitori per l'umido (via Madonna del Mare, via Marconi, via Refosco/via di Basovizza, strada di Rozzol presso via Beda, pendice Scoglietto). Complessivamente la volumetria media (fra differenziato e indifferenziato) a disposizione di ciascun cittadino sale di circa il 9%». In più da dicembre è stata istituita in aggiunta ai normali turni di servizio un’unità denominata Rao (Rinforzo operativo ambiente) attiva anche nei giorni festivi per risolvere criticità legate alla pulizia e ai contenitori. Ancora, a breve sarà disponibile un’applicazione web sul sito www,acegasapsamga.it, denominata “il rifiutologo” per risolvere i dubbi dei cittadini riguardo alla differenziata. «Ma la stragrande maggioranza delle foto postate su facebook per segnalare il degrado di rifiuti evidenziano le brutte abitudini di alcuni cittadini e non disservizi nella raccolta», ha accusato Cosolini. «Ma siamo severi con tutti - ha aggiunto il sindaco - se ai cittadini nel 2014 sono state fatte ammende per 42mila euro, abbiamo anche multato AcegasApsAmga di 20mila euro per mancato rispetto di accordi». La spesa annuale per raccogliere rifiuti, ingombranti o meno, abbandonati fuori dai cassonetti ammonta a ben 500mila euro, come confermato da Dal Maso che ha anche specificato che «riceviamo dai nostri addetti tremila segnalazioni di questo tipo all’anno e due nostre squadre, che potrebbero essere impiegate ben più proficuamente in altre situazioni, sono obbligate invece a svolgere solo questo compito».

Silvio Maranzana

 

FareAmbiente incalza su modi e orari di raccolta
Da un lato la soddisfazione per la scelta di rivedere e migliorare il “pianeta differenziata”, semplificando la vita ai cittadini. Dall’altro un monito forte e chiaro sulla necessità di proseguire sulla strada intrapresa.

Strada ancora lunga e non senza ostacoli. Sono le posizioni espresse dai vertici provinciali dell’associazione Fare Ambiente. «Valutiamo positivamente che il Comune e l’AcegasAsp-Hera facciano un passo indietro ed ascoltino i cittadini, incrementando il numero di bottini per il conferimento dei rifiuti - afferma il coordinatore del sodalizio ambientalista, Giorgio Cecco - ma si faccia molta attenzione al servizio ed alla tipologia dei cassonetti messi a disposizione della città». Un richiamo, precisa Cecco, necessario alla luce delle osservazioni fatte dagli stessi utenti della differenziata. «Riceviamo molte segnalazioni da parte di cittadini, non solo per la mancanza di bottini, ma anche per problematiche nella gestione degli orari di raccolta, per esempio nelle ore di punta in centro e soprattutto per molti dei nuovi cassonetti che sono inadeguati e pericolosi per l'utente - sottolinea Cecco - con le aperture prive di guarnizioni e quindi in evidenza la lamiera tagliente».

 

 

«Intimidazioni e denunce per Porto vecchio»

Il senatore Francesco Russo citato in Tribunale dall’indipendentista Parovel. «Mi dà più carica»
«Dopo le intimidazioni verbali – urla e insulti di fine dicembre all’incontro pubblico al San Marco all’indomani dell’emendamento approvato in Legge di Stabilità, le costanti e ricorrenti minacce - anche di morte – che ricevo sui social network da parte di alcuni attivisti adesso arrivano anche quelle per via giudiziaria». Così il senatore Francesco Russo in merito alla denuncia per presunti reati di turbativa delle concessioni nel Porto Franco di Trieste presentata nei suoi confronti da Paolo Parovel ideologo di uno dei movimenti indipendentisti di Trieste. «A tutti coloro che, in mille modi stanno disperatamente cercando di difendere l’immobilismo che ha portato l’area di Porto Vecchio allo stato di degrado attuale voglio rispondere pubblicamente lanciando un segnale molto chiaro e deciso. Per quanto mi riguarda possono continuare ad utilizzare tutte le tipologie di intimidazioni che il confine della loro fantasia è in grado di produrre: sappiano fin d’ora che non otterranno alcun tipo di effetto. Anzi», soggiunge Francesco Russo. «Se possibile ogni minaccia, intimidazione o insulto che ricevo da alla mia azione maggior forza, convinzione ed energia per continuare a lavorare a testa bassa per quella che considero la partita più importante che questa città si sta giocando dal dopoguerra ad oggi: liberare definitivamente Porto Vecchio da tutti quei lacci e lacciuoli che hanno impedito a Trieste di sviluppare le enormi potenzialità di cui dispone». «Nel caso specifico della denuncia presentata da Parovel e Giurastante - obietta - trovo, peraltro, quantomeno curioso che abbiano scelto di appellarsi a quelle autorità italiane che non riconoscono e che ripetutamente non perdono occasione di denigrare». «Mi fa sorridere, inoltre, che tra i vari destinatari ci sia anche quell’autorità anticorruzione presieduta da Raffaele Cantone che io stesso, fin da subito, ho interessato per vigilare su Porto Vecchio e dalla quale ho ottenuto l’assenso affinché abbia un ruolo effettivo all’interno della nuovo soggetto che nascerà per gestire la riqualificazione dell’area». «Al Movimento Trieste Libera lascio le polemiche sterili e le roboanti iniziative utili a fare solo un po’ di rumore, a ingolfare i Tribunali di inutili denunce e ricorsi – tutti fino ad oggi puntualmente persi - e a galvanizzare quella sparuta minoranza di persone che continuano a favoleggiare su ridicoli progetti indipendentisti. Io preferisco continuare a lavorare e a parlare con i fatti per quella stragrande maggioranza di cittadini triestini che ogni giorno per strada mi chiede di andare avanti, di non fermarmi e di abbattere quel muro di immobilismo costruito negli anni da vari soggetti con l’unico intento di difendere i propri interessi a scapito della collettività».

 

Fiera dell’editoria - Porto Vecchio svelato in un libro

Si intitola “Portovecchio, la misura del possibile” (Fresco Editore, 2014) il volume scritto da Giovanni Fraziani e Giovanni Damiani

 con il contributo di Confcommercio, dedicato alla storia e al futuro dell’antico scalo. Il volume, curato da un gruppo di lavoro nato nella facoltà di Architettura e che raccoglie una serie di riflessioni sulla dimensione della città di Trieste e delsuo Portovecchio, sarà presentato oggi alle 11 al Caffè San Marco alla presenza degli autori, oltre che del sindaco Roberto Cosolini e del senatore Pd Francesco Russo. L’incontro rientra nella settima edizione della Fiera dell’editoria di progetto Bobi Bazlen.

 

 

«La Comunella incassa affitti di terreni non suoi»
Chiesta al Comune in commissione trasparenza un’azione legale per recuperare i soldi su proprietà di Opicina in attesa di una sentenza definitiva
La Commissione Trasparenza del Comune di Trieste invita l’assessorato al Demanio, Patrimonio e Affari Legali a inviare alla Comunella di Opicina una lettera di diffida, affinché non continui a riscuotere somme derivanti da affittanze, concessioni e altri servizi su particelle e fondi di cui ritiene non possa essere considerata proprietaria. Questo in attesa che la Corte d’Appello di Roma si pronunci definitivamente su di una sentenza con la quale viene rigettato un reclamo proposto dalla Comunella opicinese nei confronti del Comune, della Regione e del Comitato per l’Amministrazione Separata dei beni civici della stessa frazione, attraverso il quale veniva chiesto un accertamento circa l’esistenza, la natura e l’estensione di diritti di uso civico su una serie di immobili di riferita proprietà della citata Comunella. Comunella che, al pari di altri organismi simili esistenti in provincia e altrove, possiede però personalità giuridica con provvedimento della Regione Autonoma del maggio 2001, e risulta, come da statuto, una comunione di diritto privato tra i discendenti e eredi degli antichi titolari di fondi di proprietà collettiva indivisa dei comuni censuari di Opicina, Rupingrande e Gabrovizza. La sentenza definitiva dovrebbe essere emessa entro l’anno, ma nel frattempo la Commissione Trasparenza, per voce del suo presidente Everest Bertoli e per richiesta dei consiglieri comunali Claudio Giacomelli e Michele Lobianco intende approfondire alcune questioni. «La sentenza del Commissario degli Usi Civici regionale recita che tali terreni non appartengono alle Comunella – ha puntualizzato Giacomelli. In attesa dell’ultimo e definitivo grado di giudizio, tale ente continua a incassare affittanze e altre entrate da questi terreni. Ci troviamo di fronte dunque a dei soggetti privati che traggono beneficio da fondi la cui proprietà deve essere definita. Mi risulterebbe – ha continuato Giacomelli – che quell’ente incamera entrate pure per l’affitto di un terreno a un gestore telefonico. Alla luce di un definitivo rigetto del reclamo inoltrato dalle Comunelle, che ne sarà di quei terreni e dei frutti che attualmente se ne vengono ricavati? E ci chiediamo ancora se è lecito affittare terreni in contenzioso e dove, in definitiva, risultino posizionati». «La questione è intricata e spinosa, ha risposto l’assessore Andrea Dapretto. Certo la sentenza precedente ci dice che il bando con il quale nel 1955 si sancì l’appartenenza di quei terreni all’Uso Civico non può essere messa in discussione da chi ha posto il reclamo, tanto più lo stesso ente richiedente a quei tempi non aveva personalità giuridica. Personalità giuridica che la Regione ha successivamente attribuito alla Comunella all’alba del nuovo millennio, e che indubbiamente complica la situazione.

Maurizio Lozei

 

Vremec ribatte: «Ci prendiamo cura dei boschi del Carso»

«Al di la della sentenza che tutti attendiamo, sarebbe opportuno che chi ci rivolge tanti quesiti si adoperasse concretamente in favore della manutenzione del comprensorio carsico».

La considerazione è di Drago Vremec, presidente della Comunella di Opicina, perplesso rispetto alle richieste formulate dalla Commissione Trasparenza. A suo giudizio nessuno delle quindici osservazioni rivolte dalla Comunella al Commissario degli Usi Civici ha avuto risposta. «Di fatto noi siamo i diretti eredi della Comune di Opicina – sostiene Vremec – in sostanza quattrocento famiglie che risultano proprietarie dei terreni compresi nella Comune vera e propria, e non nella frazione come recita il Bando alle partite tavolari». Attualmente della Comunella opicinese fanno parte 246 famiglie per circa un migliaio di persone. Vremec spiega che sono loro a gestire un territorio che altrimenti rimarrebbe lasciato all'incuria. Si assegnano i diritti al legnatico, la cura del pascolo, l'allevamento di percore e bovini che permettono la cura di quella landa carsica utile a prevenire gli incendi nei boschi. È la Comunella a lottare per l'annientamento dell'Ailanto, pianta invasiva di origine orientale, seguendo le indicazioni della Forestale. «I soldi che provengono dalle affittanze vengono utilizzati per tutelare e valorizzare il territorio – afferma Vremec – non vi sono persone in paga, tutto si regge sul volontariato. «Chi ci contesta le entrate non si rende conto che la tutela di questa area del Carso dipende da noi, a sopperire da sempre a chi, dal Municipio, continua a disinteressarsi del nostro Altipiano». E’ un dibattito e una questione che restano aperti e che generano polemiche finchè non arriverà una sentenza definitiva.

ma.lo

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 14 febbraio 2015

 

 

Ferriera, istituzioni e Arvedi spiegano l’iter di risanamento

Resta la preoccupazione dei cittadini e degli ambientalisti: «É indispensabile la chiusura dell’intera area a caldo» (foto)
Nella sede della Regione si è tenuto un incontro per illustrare alle associazioni ambientaliste il progetto di messa in sicurezza, riconversione industriale e sviluppo produttivo della Ferriera di Servola predisposto da Siderurgica Triestina. «La preoccupazione dei cittadini è legittima - ha detto la governatrice Debora Serracchiani - ed è un dovere per le istituzioni essere qui per cercare un dialogo, ma anche per chiedere all'azienda di dare tutte le spiegazioni utili. Vengono qui date le prime risposte, che dovranno essere seguite dalle autorizzazioni per il risanamento ambientale dell'area e riavviare l'attività industriale; dobbiamo dare garanzie ai cittadini e ai lavoratori in termini di sicurezza di salute e naturalmente anche di compatibilità con l'ambiente». Soddisfazione del sindaco Cosolini perché si è avviato «un metodo nuovo, che consente una verifica passo per passo della situazione. Credo che ciò possa consentire di superare anche una storica distanza e sfiducia, perché l'obiettivo è che l'industria possa continuare a fare l'industria, senza più inquinare l'ambiente». Gli interventi previsti da Arvedi sono stati presentati dal consulente del Gruppo Scaglia e dall'ingegner Alessandra Barocci. I principali interventi consistono nello smaltimento e rimozione dei rifiuti che si sono accumulati negli anni, nella messa in sicurezza dei suoli e delle acque sotterranee. Per quanto riguarda lo smaltimento e rimozione dei rifiuti, è stato precisato che questo avverrà previa nuova caratterizzazione del “cumulo storico” di diverse migliaia di metri cubi, mentre lo smaltimento avverrà all'esterno dello stabilimento. Per la messa in sicurezza dei suoli sono previsti interventi di ripavimentazione di strade e piazzali in calcestruzzo e con geomembrane. Per la messa in sicurezza delle acque è prevista una nuova rete di raccolta e di trattamento, oltre all'installazione di nuovi piezometri. Questi interventi si realizzeranno contestualmente alla messa in sicurezza degli impianti, anche con l'installazione di cappe aspiranti in grado di captare le cosiddette emissioni diffuse “fisiologiche”.Particolare rilievo è stato dato alla spiegazione degli interventi tesi a eliminare completamente i fumi provenienti dall’area a caldo. La volontà, è stato ribadito, rimane quella di far sì che «l'impianto siderurgico sia tra i più avanzati al mondo in termini di compatibilità ambientale». Al termine le associazioni No smog e Comitato salvaguardia golfo di Trieste hanno emesso una nota in cui chiedono un ulteriore Accordo di programma che scandisca la tempistica della progressiva chiusura dell’area a caldo. «Resta il timore - ha commentato Giorgio Cecco di FareAmbiente - che gli interventi di contenimento delle emissioni possano contenere le problematiche normative e burocratiche, ma non essere sufficienti per garantire una sostenibile qualità della vita dei cittadini interessati».

(s.m.)

 

 

In Provincia sì quasi unanime al Porto Vecchio

La mozione è stata approvata a larghissima maggioranza (20 favorevoli, 2 contrari) dal Consiglio Provinciale nella seduta di giovedì 12 febbraio.
«Esprimo vivo apprezzamento per l’importante risultato raggiunto dal Consiglio provinciale che ha approvato a larga maggioranza una mozione unitaria sul futuro del Porto vecchio che conferma la comune volontà di avviare un’opera di sdemanializzazione dell’area, per consentire lo sviluppo dell’intero territorio provinciale. E confermo la piena disponibilità nel farmi carico di quanto richiesto alla Provincia, di svolgere cioè un ruolo attivo nel processo e al contempo di vigilanza e di controllo». Così Maria Teresa Bassa Poropat, presidente della Provincia, commenta l’approvazione dell’aula di una mozione sul Porto Vecchio, frutto di un lavoro di sintesi tra maggioranza e opposizione. E aggiunge: «È necessario che tutte le forze politiche si uniscano nell’intento di sbloccare rapidamente una situazione in stallo da troppi anni. In tal senso non aiuta l’inspiegabile ritardo con il quale si sta procedendo alla formalizzazione della nomina del nuovo presidente dell’Autorità portuale. La mancata designazione infatti, sta di fatto bloccando l’operatività dello scalo e creando seri problemi a terminalisti, spedizionieri e agenti che lavorano a Trieste». La mozione è stata approvata a larghissima maggioranza (20 favorevoli, 2 contrari) dal Consiglio Provinciale nella seduta di giovedì 12 febbraio. Il testo finale è il frutto di un importante lavoro di confronto e sintesi, scaturito da due mozioni a prima firma Debenjak (Pd) e Grizon (Pdl) al quale ha voluto partecipare la stragrande parte del Consiglio Provinciale, aldilà delle differenze fra maggioranza e opposizione.

 

 

DUBS (PDL-FI) - «Raccolta dei rifiuti: è il Comune a dover vigilare sul servizio»

«Il contratto per la gestione del servizio igiene pubblica e raccolta rifiuti solidi urbani stipulato tra il Comune di Trieste e Acegas/Hera indica chiaramente che in caso di scarsa qualità dei servizi e quindi inadempimento delle clausole contrattuali il Comune può applicare ad Acegas delle sanzioni sotto forma di penali». Lo ricorda il consigliere circoscrizionale di Pdl-Fi, Roberto Dubs. «Ho avuto l’occasione di chiedere all’assessore Laureni quante sono ed a quanto ammontano le sanzioni che il Comune ha applicato ad Acegas come previsto dal contratto in caso di disservizi - prosegue Dubs -. L’assessore, ben informato sulle multe applicate ai cittadini per errato conferimento dei rifiuti, 47mila euro, non ha saputo rispondere però sulle penali applicate o non applicate ad Acegas. A questo punto formalizzerò la richiesta con una interrogazione scritta». L’esponente forzista (eletto in Quinta circoscrizione) conclude così: «Credo che il disservizio sia sotto gli occhi di tutti, spero anche sotto gli occhi della giunta comunale alla quale ricordo infine che il suddetto contratto specifica chiaramente che il Comune ha il dovere di vigilare sulla qualità del servizio reso da Acegas/Hera: finiamola quindi di scaricare responsabilità sui cittadini chiedendo, come ha fatto più volte il sindaco, di segnalare i problemi».

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 13 febbraio 2015

 

 

Dove spostare il Punto Franco?

Le risposte di sindaci e categorie interrogati mercoledì 18 dal Propeller club
“Spostamento del Punto Franco dal Porto Vecchio, nuove opportunità di sviluppo economico per il territorio: le ipotesi in merito”. È questo il tema di stringente attualità al centro del prossimo incontro organizzato dal Propeller club che si terrà mercoledì 18 alle 18 all’hotel Greif di viale Miramare. Relatori della serata saranno il senatore Francesco Russo (autore dell’emendamento per la sdemanializzazione del Porto Vecchio), i sindaci di Trieste, Roberto Cosolini e di Muggia, Nerio Nesladek, il presidente di Confindustria Venezia Giulia Sergio Razeto, l’esperta di diritto doganale Sandra Primiceri, il presidente del Terminal intermodale di Fernetti Giacomo Borruso e il presidente dell’Associazione spedizionieri del porto Stefano Visintin. Moderatore il giornalista Riccardo Coretti. Il Propeller club in una nota del suo presidente Fabrizio Zerbini, sottolinea come le recenti decisioni a livello legislativo affidino al Comune aree del Porto Vecchio «che potranno diventare private ma i cui ricavi di vendita dovranno comunque essere investiti per le attività del Porto commerciale. Si tratta di una svolta per la città - afferma Zerbini - che riconoscendo come l’area del Porto Vecchio non sia più ascrivibile nel novero di quelle da dedicare alle attività portuali, apre nuovi importanti scenari. Tra questi lo spostamento del regime di Punto Franco oggi applicato su quelle stesse aree. Dove indirizzare questa nuova opportunità per il porto e quindi per l’economia del territorio? Quali sono le ipotesi in campo e quali le eventuali controindicazioni?». La risposta ai relatori che dovranno anche far comprendere iter e tempistiche dello spostamento.

 

 

AMBIENTE - Ddl sulla difesa del suolo - Sì delle Autonomie

Il Consiglio delle autonomie locali ha concesso l’intesa con 14 voti a favore e 2 astenuti allo schema di disegno di legge sulla “Disciplina organica in materia difesa del suolo e di utilizzazione delle acque”, illustrato dall’assessore regionale all’Ambiente Sara Vito.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 12 febbraio 2015

 

 

Restyling dei marciapiedi - Scatta il piano triennale - il Piano Marciapiedi del Comune

Completato il monitoraggio delle criticità in centro e periferie. Fabbisogno stimato in sei milioni. Già finanziati nel 2015 due lotti di lavori per 850mila euro

L’impegno di Cosolini Inseriremo a bilancio 1,5 milioni per eliminare dossi e buche
Da Roiano a San Vito, da Barcola al Borgo Teresiano. Senza tralasciare Cologna, San Giacomo e Barriera. “Colpirà” praticamente ovunque, in centro come in periferia, l’offensiva sferrata dal Comune contro buche, avvallamenti e pavimentazioni sconnesse. Una guerra senza quartiere, nel vero senso della parola, pianificata nel dettaglio e inserita nel nuovo “Piano marciapiedi”: un censimento di tutte le criticità esistenti, messo a punto dallo staff di tecnici guidati dal direttore del Servizio strade Enrico Cortese, su input della giunta Cosolini. Un’operazione di ampia portata che, nell’arco di tre-quattro anni, dovrebbe vedere ruspe e operai in azione in circa 200 vie cittadine. Per la gioia dei tanti residenti che ogni giorno, camminando per strada, rischiano di rimetterci una caviglia. Costi e risorse L’investimento complessivo da affrontare per riuscire a realizzare interamente il piano è stimato in 6 milioni di euro. Ma a disposizione, per il momento, il Municipio ne ha molti di meno. L’assestamento di bilancio approvato lo scorso anno ha stanziato per il 2015 850mila euro, che verranno impiegati per realizzare due lotti. Il primo, del valore di 450mila euro, scatterà in aprile (i lavori di ripavimentazione non partono mai in inverno, per evitare intoppi legati a condizioni meteo sfavorevoli), e interesserà le vie Roma, San Spiridione e Filzi, Madonna del Mare, Carducci, Mascagni, Solferino, Besenghi, Navali, Baiamonti, Marchesetti, Franca e San Patrizio, oltre a viale Miramare, tra Tor San Piero e largo Roiano. La seconda tranche di 400mila euro interesserà a partire da giugno le aree di viale XX Settembre, via Venezian, largo Nicolini, via Stuparich, via Slataper, via San Maurizio e viale Miramare, da via Boveto a piazzale 11 settembre. Il prossimo impegno finanziario Fin qui, come detto, le risorse disponibili, che si sommano agli 800mila euro già spesi nel 2014 e utilizzati per completare tre lotti per un totale di 45 vie interessate da lavori di riqualificazione. Vista però la determinazione nel proseguire l’opera iniziata, il Comune ha scelto di “opzionare” altri fondi. «L’impegno - spiega il sindaco Roberto Cosolini - è mettere a bilancio nel 2015 (tra manovra e assestamento) 1,5 milioni per opere sui marciapiedi da realizzare tra la seconda metà dell’anno e la primavera del 2016. Con questi soldi, più precisamente, contiamo di realizzare quattro lotti (coinvolte, tra le altre, le zone di via Settefontane, via Madonnina, via Crispi, via Molino a Vento, via Costalunga e via Flavia, ndr). Con i fondi 2016, e vedremo se a reperirli per proseguire l’intervento sarà ancora l’attuale amministrazione o meno, il Comune dovrà poi coprire altre zone, tra quelle mappate nel piano dei tecnici». Gli anni a venire Le priorità 2016 inserite nel documento sono Altipiano, Roiano/ via Udine, D’Annunzio/Ippodromo/Cumano, Borgo Teresiano, San Giacomo/ San Vito, zona Ospedale Maggiore e San Luigi/Rozzol. «Procederemo anno per anno - continua Cosolini -, con l’obiettivo di arrivare dappertutto. Naturalmente seguiremo i criteri di urgenza, senza fare preferenze tra centro e periferia. Ai cittadini, che fin dall’inizio del mandato mi hanno segnalato quello dei marciapiedi come uno dei temi più sentiti, chiedo solo un po’ di pazienza: di qui al 2018 contiamo di completare tutto il piano».

(m.r.)

 

Lo schema d’azione

Metter mano ai marciapiedi non significa solo passare uno strato di asfalto e livellare le superfici.

Il piano ad hoc elaborato dall’amministrazione comunale contempla infatti anche una serie di ulteriori opere accessorie. «Oltre che alla ripavimentazione - spiega l’assessore ai Lavori pubblici Andrea Dapretto -, provvederemo a realizzare anche abbassamenti e scivoli per disabili e portatori di handicap, così come segnalazioni tattilo-plantari in prossimità delle discese, pensate specificatamente per agevolare i cittadini con disabilità visive. Come già avvenuto in passato, poi, agiremo per lotti, seguendo una modalità operativa più agile e flessibile rispetto al mega appalto, dando priorità alle zone più dissestate e a quelle in prossimità di luoghi d’attrazione. Contiamo quindi - conclude l’esponente della giunta Cosolini - di dare una risposta pronta e efficace ad una delle esigenze, da sempre, e più sentite dall’intera popolazione. Siamo convinti che la città meriti un’operazione di questo tipo».

 

«Il Piano del traffico va oltre il nodo Mazzini-Imbriani» - Replica di Ravalico (pd)
«È decisamente incomprensibile la "preoccupazione" che i consiglieri Menis e Patuanelli del M5S esprimono nel merito di un'asserita mancata attuazione del Piano del traffico urbano» replica il consigliere comunale del Pd Maro Ravalico, rilevando che «i due pentastellati solitamente si caratterizzano per interventi molto dettagliati e precisi ma non possono ignorare che il Piano del traffico non si esaurisce con le pedonalizzazioni e segnatamente con le soluzioni ipotizzate per il nodo Mazzini/Imbriani. È evidente che questo Piano, tra l'altro da loro ritenuto meritevole di approvazione nel luglio 2013 in Consiglio comunale, si concretizza mediante la realizzazione graduale di una molteplicità d’interventi il cui scopo finale è il raggiungimento di un livello più alto della qualità urbana». «Il Piano - prosegue Ravalico - va considerato in un quadro più ampio che, nell'ottica della mobilità sostenibile, esamina le esigenze dei vari utenti della strada, con priorità per quelli "deboli" (pedoni e ciclisti)». Senza considerare il crescente non rispetto delle regole da parte dell’ultima categoria.

 

 

M5S incalza il ministro sulla Tav balneare
«Il tracciato è ancora in commissione Via». De Monte incontra Elia: «Priorità alla Trieste-Venezia»
TRIESTE Dopo l’ex commissario Bortolo Mainardi, anche i grillini pongono più di un interrogativo sulla Tav Venezia-Trieste. Questione di risorse e tracciati su cui la deputata veneta M5S Arianna Spessotto chiede informazioni al ministero dei Trasporti. Proprio al Mit, sostiene la parlamentare citando un accordo Serracchiani-Zaia, «resta aperto il paradosso dell’Alta velocità Venezia-Trieste per la quale sarebbero stati stanziati 1,8 miliardi». Paradosso, spiega Spessotto, perché «della progettazione dell’ennesimo tracciato, questa volta di quadruplicamento della linea esistente, non sono state rese note né le modalità di realizzazione né le previsioni di spesa». Nessun dettaglio dal ministro Maurizio Lupi nemmeno sulla velocizzazione della linea storica Venezia-Trieste, «al di là di un generico “interventi funzionali di ammodernamento”». E c’è poi da risolvere il nodo del tracciato balneare, «incardinato dal 2012 in commissione Via e tuttora presente, con i relativi finanziamenti, nel Piano investimenti del governo nonostante le delibere contrarie al progetto delle Regioni Veneto e Fvg, oltre che della stessa Rfi». Di qui la lettera del M5S al Mit con richiesta «di fornire i dettagli progettuali inerenti le ipotesi di Alta velocità per la Venezia-Trieste e di risolvere una volta per tutte il caso della linea balneare, spingendo per un esito negativo della procedura di Via o facendo decadere la necessità del progetto originario». Dal fronte Pd arriva invece la sollecitazione a «proseguire rapidamente con la velocizzazione della linea ferroviaria esistente Trieste-Venezia» dato che è «prioritario investire sui tracciati che insistono lungo i corridoi europei, i cui collegamenti con i porti più importanti, a partire da Trieste, devono essere rafforzati, a beneficio di tutto il sistema produttivo regionale». L’europarlamentare Isabella De Monte lo rileva al termine di un incontro con Michele Mario Elia a Strasburgo, dove l’ad di Ferrovie dello Stato ha partecipato a una riunione ristretta con alcuni componenti della commissione Trasporti e Turismo per presentare alla Commissione il piano industriale 2014-2017 del gruppo Fs, illustrare le strategie di sviluppo della società in Europa e il percorso verso la privatizzazione. Nel merito delle questioni chiave per il Nordest, fa sapere De Monte, Elia «ha sottolineato più volte con chiarezza la necessità e la volontà di rafforzare i collegamenti ferroviari soprattutto con i porti disposti lungo le direttrici dei corridoi europei. Come quelli di Trieste e Monfalcone, che insistono sul corridoio Adriatico-Baltico. È solo così, rafforzando i collegamenti e adottando una visione d’insieme degli scali e dell’entroterra - conclude l’europarlamentare del Pd - che si favorisce concretamente quel ruolo di propulsori di sviluppo che i nostri porti possono avere per l’intero tessuto produttivo regionale».

(m.b.)

 

Sì alla Divaccia-Capodistria, ma senza soldi
Lubiana decide di presentare la richiesta a Bruxelles anche se non sa dove trovare 1,4 miliardi
TRIESTE Lo faremo, ma non abbiamo i soldi. In estrema sintesi è questa la sorte del raddoppio della linea ferroviaria tra Capodistria e Divaccia, opera strategica per lo sviluppo portuale del capoluogo del Litorale. Il governo ha deciso di presentare la documentazione necessaria per accedere ai finanziamenti europei del programma Connecting Europe Facility (Cef) in relazione alla realizzazione dell’infrastruttura ferroviaria. Da Bruxelles, se tutto va bene e al progetto viene concesso il “bollino” transfrontaliero Lubiana potrà ricevere 385 milioni di euro. Il problema sta nel fatto che l’intera infrastruttura viene a costare qualcosa come 1,4 miliardi di euro. Dove trovare il resto? Il ministro delle Finanze Dušan Mramor ha dichiarato che la cifra necessaria non sarà messa a bilancio per il 2015 e non prevede neppure un possibile indebitamento pubblico per realizzare l’opera. Fatto questo confermato dallo stesso premier, Miro Cerar, il quale ha altresì affermato che è realistico pensare a una partnership pubblico-privato. «La coalizione è compatta - ha spiegato poi Cerar - per attuare una manovra di modernizzazione delle ferrovie slovene e per questo faremo tutto il possibile, ma ancor più vi lavorerà il ministro delle Infrastrutture, Peter Gašperši›, per presentare tutta la documentazione necessaria per accedere ai fondi europei». Con queste parole Cerar ha voluto in qualche modo “blindare” lo stesso Gašperši› dato per “traballante” nei giorni scorsi proprio in relazione alle decisioni sul raddoppio della Capodistria-Divaccia. Sta di fatto però che un vero e proprio piano finanziario per portare a termine l’opera a tutt’oggi non c’è. E i soldi europei diventeranno utilizzabili solamente se l’opera sarà immediatamente cantierabile. Un dilemma che né il premier Cerar, né il ministro Gašperši› hanno saputo precisare o sciogliere al punto che il presidente del governo ha affermato che per questo problema c’è ancora un anno di tempo per pensarci. Una delle possibili fonti di finanziamento, secondo il ministro Gašperši›, potrebbe essere quello del dare in concessione la linea ferroviaria. Da notare che fino a qualche giorno fa lo stesso Gašperši› affermava che non vi è la disponibilità di tutta la documentazione necessaria per accedere ai fondi europei, mentre ora, dopo la riunione di governo, assicura che saranno fatti tutti gli sforzi necessari affinché la Slovenia si presenti a Bruxelles con e carte in regola e nei termini previsti (fine febbraio). E così facendo ha salvato la sua poltrona che, come dicevamo, aveva subito pesanti attacchi all’interno del governo da parte dei socialdemocratici e del Partito dei pensionati (Desus). Fatto confermato peraltro dallo stesso premier Cerar. «Il ministro (Gašperši› ndr.) continua a godere della fiducia mia e dell’intera coalizione». Ma, intanto, i soldi non ci sono.

Mauro Manzin

 

 

Domani “M’illumino di meno” - Per accendere il cervello
Torna la campagna ideata da Caterpillar per sensibilizzare sull’importanza del risparmio energetico. E così per un’ora e mezza piazze e palazzi al buio
Domani pomeriggio, alle 18 in punto, l’illuminazione della facciata del municipio verrà spenta. Assieme ai lampioni della piazza, alle luci esterne di Monte Grisa, di quelle perimetrali dell’ex Pescheria, del monumento a colonna in piazza Goldoni e, ancora, a quelle di piazza Vittorio Veneto e dell’impianto di illuminazione decorativa del Museo Revoltella. Un black out improvviso? Niente di tutto ciò. Il motivo dello spegnimento programmato che tra le 18 e le 19.30 oscurerà piazze e palazzi si chiama “M’illumino di meno”, l’iniziativa nel nome del risparmio energetico lanciata nel 2005 dalla trasmissione radiofonica Caterpillar di Rai Radio 2. Anche quest’anno il Comune di Trieste aderisce alla campagna sul tema dell’energia, declinata nelle diverse ramificazioni. E dunque sullo spreco, sulla razionalizzazione delle risorse, sul futuro (incerto) delle fonti energetiche, sul riciclo, sulla raccolta differenziata, sulla mobilità sostenibile. Insomma, tutto ciò che è riconducibile alle “best practice” in tema energetico. Ma siccome, come hanno spiegato alla presentazione dell’iniziativa l’assessore all’Ambiente Umberto Laureni e Massimiliano Caratù, per AcegasAps, partner della campagna nazionale, «l’obiettivo è quello di creare una nuova cultura in materia perché le buone pratiche non siano un momento spot ma entrino a far parte della quotidianità». «E per dare concretezza a questa linea di pensiero – ha aggiunto Laureni - abbiamo aderito al protocollo “Eco Courts-Cortili ecologici”, che sarà inserito sul sito Rete civica del Comune». “Cortili ecologici” è un misuratore di CO2 dove sono indicati gli eco-consigli da adottare a casa propria, divisi per elettrodomestici, riscaldamento, illuminazione e via discorrendo. Quanto consumano, come utilizzarli al meglio, e quindi quanto è possibile risparmiare sulle bollette, ma soprattutto qual è il risparmio in termini di risorse e di minor emissione di CO2 nell’ambiente. “M’illumino di meno”, l’eco-giornata dell’energia, presenta anche il decalogo del buon risparmiatore: dal lapalissiano spegnere le luci quando non servono al non lasciare gli apparecchi in stand-by, a sbrinare frequentemente il frigorifero. A confermare il teorema per cui il risparmio va di pari passo con l’efficienza energetica, anche alcuni dati congiunti forniti da Comune e AcegasAps: i punti luce pubblici di via Fabio Severo e Borgo S. Sergio equipaggiati dal 2012 con tecnologia a led hanno portato a un risparmio annuo rispettivamente del 75 e del 66%.

Patrizia Piccione

 

 

Fermeglia e lo sviluppo sostenibile - Caffè Tommaseo
“Energia, cibo, acqua e cambiamenti climatici” alle 17.15

Info su www.caffedellescienze.euCrescita della popolazione mondiale e conseguenti necessità di energia da ottenere con il massimo rendimento e con il minimo impatto sull’ambiente. Sono questi gli argomenti che il rettore Maurizio Fermeglia affronterà nel corso della conversazione con il pubblico prevista dai Caffè delle scienze, organizzati dal Dipartimento di scienze della vita dell’università in collaborazione con l’Ogs, in programma alle 17.15 al Caffè Tommaseo. Fermeglia, docente di ingegneria chimica e nanotecnologie, si confronterà su argomenti che riguardano non solo la sopravvivenza, ma anche la diffusa richiesta di miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni, che rendono opportuno il ricorso allo sfruttamento di fonti energetiche non esauribili. E possibilmente queste fonti dovrebbero avere una diffusione tale da limitare al massimo strumentalizzazioni da parte di Stati e governi.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 11 febbraio 2015

 

 

«Piano traffico zoppo: la giunta ha paura di perdere consensi»

L’attacco dei grillini Menis e Patuanelli: «Lo abbiamo approvato ma non viene attuato. A luglio già scade»
«C'è una precisa volontà dell'amministrazione comunale nel non voler portare a termine l'attuazione del Piano del traffico per il timore di perdere consensi in vista delle prossime elezioni». Ad affermarlo sono i consiglieri comunali del Movimento 5 Stelle Paolo Menis e Stefano Patuanelli che, in sede di conferenza stampa, hanno lanciato una sorta di grido d'allarme. «Abbiamo sempre sostenuto e votato questo Piano», hanno spiegato i consiglieri pentastellati. «Il problema è che c'è un punto della circolare ministeriale, nel quale si specifica che tale Piano perde la propria efficacia e dunque decade, se entro due anni dall'approvazione non viene attuato nel suo complesso. Ed è questo il motivo della nostra grande preoccupazione: considerato che l'approvazione definitiva risale al luglio del 2013, è evidente che i tempi sono ormai stretti, per un Piano del traffico che prevedeva ben cinque fasi intermedie, ma che ad oggi è stato attuato solo in minima parte». Dunque una questione squisitamente normativa, ma che poi, per i consiglieri del M5S, si è trasformata in un problema politico. «Se in origine i ritardi accumulati nel percorso di attuazione potevano essere ricondotti ad una serie di difficoltà nel confronto con le diverse categorie», hanno aggiunto Menis e Patuanelli, «adesso sembra evidente che non c'è nessun interesse del Comune di accelerarne l'iter: questo perché non c'è più il tempo materiale di far metabolizzare i cambiamenti alla cittadinanza, con tutte le conseguenze che ne deriverebbero in sede di campagna elettorale. Questo è un fatto molto grave: il nostro auspicio è che si possa recuperare il tempo perduto e che questa occasione non venga gettata al vento, con inevitabile spreco di denaro pubblico. Siamo disposti ad assumerci le nostre responsabilità e chiediamo che l'amministrazione comunale faccia altrettanto». Infine un accenno ai parcheggi a pagamento in superficie gestiti dal Comune che, secondo i consiglieri pentastellati, sono stati quasi dimezzati nel corso degli ultimi cinque anni, a causa di cessioni ad altri operatori o soppressi per far spazio a pedonalizzazioni, con relativo calo degli introiti. «Al di là dell'aspetto economico» - hanno concluso Menis e Patuanelli - si va incontro ad una frammentazione nella gestione e viene a mancare una regia complessiva da parte del Comune sul fronte dei parcheggi a pagamento». Secca la replica dell'amministrazione comunale: «Sono i consiglieri pentastellati che stanno inventando argomenti di campagna elettorale», ribatte il sindaco Roberto Cosolini. «La gradualità nell'attuazione del Piano del Traffico è semplicemente dovuta al Patto di Stabilità: stiano tranquilli che il Piano che loro stessi hanno sostenuto sarà attuato nel suo complesso, senza timori di perdita di consensi elettorali, altrimenti non avremmo portato avanti scelte difficili e di grande impatto come quelle dei P-Days».

Pierpaolo Pitich

 

La replica di Marchigiani: «Non ci siamo mai fermati»
«Dopo che si sono attesi più di 15 anni per avere un nuovo Piano del Traffico comunale, credo che spendere qualche mese in più per la sua completa attuazione, non costituisca un grosso problema». L'assessore comunale alla pianificazione urbana Elena Marchigiani respinge al mittente le accuse di “melina” sul nuovo documento municipale lanciate dai consiglieri pentastellati Menis e Patuanelli e passa al contrattacco. «Noi stiamo andando avanti per la nostra strada in modo trasparente come abbiamo fatto fino ad oggi» - precisa Marchigiani -. «Non siamo mai stati fermi, ma anzi abbiamo lavorato per mettere attorno ad uno stesso tavolo tutti gli attori interessati alle modifiche previste dal Piano. Gli interventi sul fronte delle pedonalizzazioni e quelli a sostegno della mobilità sono ben avviati. È chiaro che altre manovre più complesse, come la chiusura di Corso Italia, che prevedono la revisione di tutti gli impianti semaforici, hanno dovuto essere posticipate per questioni di bilancio». Dunque un progetto che continua, al di là della tornata elettorale. «Assolutamente sì. E lavoreremo su questo fino al giorno delle elezioni» - chiude Marchigiani -. «È evidente che a luglio il Piano non potrà essere attuato totalmente, ma questo non è un problema perché si potrà andare avanti tranquillamente anche dopo quella data. E voglio precisare che non siamo di fronte a nessuno spreco di risorse pubbliche».

 

Muggia, la zona 30 all’ora in vigore in via Battisti
Emessa l’ordinanza che istituisce il limite di velocità sulla strada ad alto flusso - L’assessore Finocchiaro: «Rispettiamo gli standard europei sulla sicurezza»
MUGGIA Ora è ufficiale: il limite di velocità di 30 km/h è entrato in vigore in via Battisti. Continua senza tregua e con attenzione per la mobilità urbana sostenibile l'impegno dell'amministrazione Nesladek. Dopo il significativo intervento realizzato sulla nuova rotonda delle sei vie in località Pilon e dopo la prima zona 30 del Comune di Muggia progettata «secondo i più elevati standard attuati in tutta Europa», come ha voluto sottolineare l'assessore ai Lavori pubblici Marco Finocchiaro, è entrata, infatti, in vigore in questi giorni l'ordinanza che istituisce il limite di velocità di 30 km/h anche in via Battisti. Sull'arteria stradale, infatti, esistono molti condomini densamente abitati con diversi accessi carrai, due supermercati, un cantiere navale, la Società Nautica Pullino, due studi medici, un bar, la nuova stazione delle biciclette, il parcheggio Caliterna e l'hotel al Lido. Una zona quindi ad alto flusso che, a breve, vedrà anche l'ultimazione del complesso residenziale "Le Dimore", con un accesso carraio condiviso con la Pullino e ulteriori 30-40 nuovi parcheggi privati o ad uso pubblico, che si immetteranno ovviamente su via Battisti. «Non si deve sottovalutare, inoltre, che attualmente i mezzi che entrano a Muggia non hanno nessuna percezione di entrare in una zona della città densamente abitata e frequentata da diverse categorie deboli e ciò comporta inevitabilmente velocità di molto superiori al limite di 50 km/ora», puntualizza Finocchiaro. In tal senso, risale a non più tardi di un anno fa l'infelice episodio nel quale un bambino è stato investito sulle strisce pedonali. «Un incidente fortunatamente senza gravi conseguenze - ricorda Finocchiaro- ma che non può che rafforzare ancor più la nostra convinzione che sia necessario porre sempre maggior attenzione alle categorie deboli ed intervenire in tutte quelle aree della città che potrebbero rappresentare delle zone di rischio per i nostri cittadini». Dopo aver recepito all’interno dell’adeguamento del Piano parcheggi gli interventi atti a dare continuità al marciapiede di via Battisti in direzione Trieste – Mandracchio nella zona dell’ex distributore “Esso” (ora “stazione delle biciclette”) - creando un percorso riservato ai pedoni su tale direttrice, molto utilizzato non solo dai normali pedoni, che si recano agli ambulatori medici posti sulla via, ma anche da numerosi atleti per recarsi agli allenamenti e per fare footing, l'amministrazione comunale ha mantenuto alta l'attenzione anche su quest'area portando avanti un ragionamento a favore della mobilità sostenibile. In quest'ottica e nell'attesa, pertanto, dell'approvazione dl Prgc, che contiene al suo interno la pianificazione degli interventi di realizzazione delle Zone 30 e Zone Residenziali, è stata prevista l'istituzione del limite di 30 km/h su via Battisti al fine di intervenire nell'immediato a tutela degli utenti più deboli dello spazio urbano. «In futuro – conclude l'assessore Finocchiaro - l'intenzione della giunta è quella di riprendere le parti della riorganizzazione della viabilità già previste dal Pisus, dal nuovo Prgc e dal piano parcheggi, per potenziare il trasporto pubblico locale su via di Trieste, per valorizzare il parcheggio gratuito dell'alto Adriatico, per creare un collegamento tra il piazzale e Fonderia, per ipotizzare una serie di sensi unici in ingresso per realizzare una pista ciclabile che entri ed esca dal centro di Muggia e si colleghi alla rete ciclabile delle Noghere-Parenzana».

Riccardo Tosques

 

 

L’Europa pensa al dopo South Stream - il vertice

Un piano d'azione entro l'inizio dell'estate con una serie di progetti infrastrutturali concreti da realizzare per rendere la regione dell'Europa Sudorientale sicura dal punto di vista delle forniture di gas.

È quanto deciso dalla prima riunione a Sofia del Gruppo di alto livello sui collegamenti gas nell'Europa Centrorientale e meridionale (Cesec), composto da tutti gli “ex” paesi South Stream, tra cui l'Italia oltre ad Austria, Bulgaria, Croazia, Grecia, Ungheria, Romania, Slovenia e Slovacchia. L'obiettivo è che ciascuno stato abbia accesso ad almeno tre diverse fonti di gas. Le discussioni, con la guida del vicepresidente e del commissario Ue responsabili per l'energia Maros Sefcovic e Miguel Canete, si sono concentrate sulle interconnessioni e l'uso ottimale delle infrastrutture già esistenti nella regione.

(m. man.)

 

 

Municipio “M’illumino di meno” ritorna a Trieste

L'adesione del Comune di Trieste a "M'illumino di meno 2015" e alle iniziative collegate saranno al centro della conferenza stampa che si terrà oggi, alle 11, nella sala giunta del palazzo municipale. L'incontro sarà introdotto dall'assessore all'Ambiente Umberto Laureni e da rappresentanti di AcegasApsAmga. L’iniziativa sul tema del risparmio energetico è promossa dalla trasmissione di Radio 2 "Caterpillar".

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 10 febbraio 2015

 

 

Tassisti e negozianti: non chiudere alle auto via Mazzini e Imbriani

Radio Taxi lancia una raccolta firme con il sostegno di alcuni commercianti: «Follia pedonalizzare già in giugno»
L’assessore Marchigiani - Dopo la prova del traffico off-limits durante i weekend, riapriremo un confronto per valutare la situazione e studiare migliorie
Tassisti sul piede di guerra contro la chiusura al traffico di via Mazzini. La categoria, unita, sta organizzando per le prossime settimane una raccolta di firme per invitare l'amministrazione comunale a fare un passo indietro, a cambiare idea. «A noi - spiega Mauro De Tela, presidente della cooperativa Radio Taxi Trieste, la realtà che riunisce il maggior numero di tassisti - era stato promesso che la chiusura di via Mazzini sarebbe avvenuta in concomitanza con la trasformazione di corso Italia in corsia preferenziale in entrambi i sensi di marcia. Invece, senza che nessuno ci abbia convocato o ci abbia chiesto un parere in merito, siamo venuti a conoscenza dai mezzi di informazione della decisione del Comune di chiuderla già dal prossimo giugno: una follia. Con questo sistema corso Italia si riempirà anche dei mezzi che scaricano la merce - continua il presidente - e l'ingorgo durante la settimana sarà peggiore di quello al quale assistiamo ora il sabato e la domenica. Senza contare il caos che si scatenerà con gli autobus in via Valdirivo». A breve i tassisti comunicheranno le modalità con cui i cittadini contrari alla pedonalizzazione di via Mazzini potranno sottoscrivere la petizione promossa dalla categoria. Per ora è certo che si potrà sottoscrivere rivolgendosi a tutti i tassisti, sia salendo su un taxi sia rivolgendosi a una delle vetture ferme agli appositi parcheggi. Alcuni negozianti di via Mazzini e via Imbriani hanno già confermato la disponibilità a esporre i moduli per la raccolta firme. Perché a lamentarsi non sono solo i tassisti ma anche diversi commercianti, specialmente quelli sistemati nella parte alta della via. «Il sabato, da quando hanno introdotto la chiusura - dichiara Emanuela Rossetti, titolare del negozio Braccobaldo - è diventato la giornata peggiore delle settimana. La via è deserta, lo stop a taxi e bus ci isola. Le pedonalizzazioni si fanno in modo serio con pavimentazione e arredi, altrimenti il progetto non ha senso». Fanno eco i commercianti di via Imbriani. «L'idea è stata assurda - spiega Michele Lionetti dell'omonima pasticceria casalinga - io con la chiusura al sabato e alla domenica ho dimezzato le entrate del fine settimana, perdo quasi mille euro a weekend. Spero il Comune cambi idea». «Il fatto che lo scorso fine settimana causa il maltempo abbiano deciso di riaprire Mazzini e Imbriani - osserva De Tela e come lui gli altri tassisti - è la riprova che con quelle strade aperte il traffico è più scorrevole. Hanno smentito così le loro convinzioni e le loro tesi». «Il sabato qui ora c'è il deserto - assicura la titolare di un negozio di abbigliamento sistemato nella parte alta di via Mazzini - è diventata la giornata peggiore della settimana, è un'agonia». «Ci tengo a tranquillizzare i tassisti, - interviene Elena Marchigiani, assessore comunale all'Urbanistica - non è stata presa ancora alcuna decisione definitiva e ora, dopo la prova della chiusura al sabato e domenica, riapriremo un confronto per valutare la situazione e studiare soluzioni migliorative. E loro in questo contesto restano tra i nostri interlocutori primari».

Laura Tonero

 

Consiglio, basta maxi penali per le soste
Se si prolunga non oltre le due ore il posteggio solo tariffa raddoppiata. Costantino garante detenuti
Da giugno chi sforerà di non più di due ore il tempo di sosta nelle aree pubbliche di superficie destinate a parcheggio non dovrà più pagare una penale piuttosto pesante, che variava a seconda delle zone, ma soltanto il costo orario raddoppiato. Così si è espresso ieri sera il Consiglio comunale, approvando una delibera presentata da Marino Sossi (Sel) ed emendata su proposta dei consiglieri Paolo Menis (5S) e Marco Toncelli (Pd). Maurizio Costantino è intanto il nuovo Garante dei diritti dei detenuti del Comune di Trieste. È stato eletto nel corso della seduta, scelto nell'ambito di una rosa di 15 candidati. Classe '48, oggi pensionato dopo essere stato dapprima dipendente comunale nell'area dei Servizi educativi e poi operatore sociale all'ex Opp negli anni di Franco Basaglia, Costantino ha conseguito una laurea in Psicologia a Parigi. Prima del voto, Piero Camber (Fi), aveva detto di ritenere «più corretto riaprire il bando o nominare direttamente il secondo della graduatoria esistente». La maggioranza del Consiglio ha bocciato la sua pregiudiziale. È passata all'unanimità invece la delibera che prevede il riscatto finale, per compiuto percorso del leasing immobiliare, dell'immobile situato in area Ezit e utilizzato come laboratorio per scenografie dalle maestranze dei teatri “Verdi” e “Rossetti”. L'assessore Andrea Dapretto ha evidenziato che il costo totale per l'amministrazione è stato di 2.868.587,00 euro. Prima della seduta, nell'ambito delle interrogazioni, Paolo Rovis capogruppo del Pdl ha chiesto lumi sul perché «tutti i testi descrittivi della mostra “1891-1914 La Grande Trieste” appena inaugurata al Salone degli Incanti, siano esclusivamente in lingua italiana. Considerato che il tutto costa ben 280mila euro, 50mila euro dei quali coperti da sponsor, 30mila dalla Regione e i restanti 200mila dal Comune, una traduzione decente non ci stava?». Dall'ufficio stampa del Comune è subito arrivata una nota nella quale si spiega che «le traduzioni saranno a breve disponibili sulle brochure stampate e distribuite gratuitamente in mostra». Roberto Decarli, della lista Cosolini, ha presentato una mozione urgente in ricordo della tragedia dell'Arsa e del sacrificio del triestino Arrigo Grassi. «Intendo ricordare i minatori dell'Arsa rimasti vittime del disastroso scoppio avvenuto il 28 febbraio 1940 - ha spiegato Decarli - in cui persero la vita 186 uomini, ma soprattutto perché la triste vicenda evidenzia l'eroica figura di Arrigo Grassi, minatore nato a Trieste nel 1912 che sacrificò la sua vita a 28 anni per salvare i suoi compagni di lavoro». Lorenzo Giorgi (Pdl) ha invece ricordato Giorgio Candot, scomparso domenica, già presidente della Lista per Trieste, e a lungo consigliere circoscrizionale.

Ugo Salvini

 

 

«In aumento il Pm 10, giù il riscaldamento»
Il Comune: limitare l’uso delle auto e ridurre la temperatura in casa. Ma fa freddo
Le temperature non sono proprio tali da abbassare volentieri il termostato della caldaia di casa, ma il Comune dirama ugualmente l’invito a farlo. Motivo? «Il centro di calcolo dell'Arpa - si legge in una nota - prevede a partire da oggi (ieri, ndr) e per i prossimi giorni incrementi di concentrazione delle polveri sottili». Smog in aumento, dunque. Le condizioni meteorologiche, «caratterizzate da rilevante variabilità, vengono attentamente monitorate per l'adozione dei provvedimenti di restrizione del traffico» che potrebbero scattare nel caso di sforamenti rilevanti delle polveri sottili. Nel frattempo comunque l’amministrazione «raccomanda alla cittadinanza di adottare comportamenti idonei a ridurre l'esposizione individuale» all’inquinamento « e a contenere le emissioni, limitando l'uso dei mezzi di circolazione privati e, per quanto possibile, riducendo temperatura e durata di accensione degli impianti di riscaldamento», almeno nei prossimi giorni.

 

 

La città sommersa dai sacchetti dei rifiuti

Raccolta ritardata causa il maltempo, scoppiano i cassonetti. Ma anche inciviltà e maleducazione Una vera e propria emergenza rifiuti.

L'ultimo fine settimana, caratterizzato dalle potenti raffiche di bora che hanno toccato i 160 km all'ora, oltre a provocare una serie infinita di danni, è andato ad incidere in modo pesante sul fronte della raccolta rifiuti in città. Cassonetti spostati, divelti e scoperchiati, bottini stracolmi di immondizie, ma soprattutto una quantità industriale di sacchetti della spazzatura abbandonati sul suolo e volati lungo le strade. Un'immagine certamente poco edificante, dovuta alle difficoltà cui sono andati incontro i mezzi della raccolta a causa del maltempo, ma anche da un mix di maleducazione ed inciviltà di certa parte della cittadinanza. San Giacomo Siamo in via Caprin, all'altezza di piazza Puecher, nel cuore di San Giacomo. L'isola ecologica è sommersa da una trentina di sacchetti della spazzatura abbandonati vicino al marciapiede. Accanto si notano anche una serie di cartoni, assi di legno ed un materasso. I contenitori dell'umido e della carta sono traboccanti, ma quelli dell'indifferenziata e della plastica si presentano semi vuoti. Barriera Scendiamo in viale D'Annunzio dove molti cassonetti sono strapieni di immondizie: accanto ad uno di questi spuntano bottiglie di birra, taniche di plastica ed un set di pantofole. Poco distante, in via Settefontane, a fianco dei contenitori, c'è un intero mobile in legno smontato: tra mensole, cassetti e pannelli. In via Raffineria non si contano i sacchetti della spazzatura a terra, confusi tra rami e sterpaglie. Immondizie che volano in strada anche in via Carducci. Coroneo-Fabio Severo Situazione analoga anche nelle vie Coroneo e Fabio Severo. Nel primo caso, all'incrocio con via del Ronco, tra l'immondizia depositata accanto ai contenitori, ci sono anche cornici, vasi di pittura, rulli e attrezzi da giardino. Montagne di sacchetti della spazzatura in via Fabio Severo, all'altezza del bivio per Villa Ara: accanto ai bottini, anche assi di legno e una stampante per computer. San Giovanni Quadro simile nel rione di San Giovanni. In viale Sanzio, vicino ai contenitori stracolmi di immondizia, spuntano addirittura sedie da cucina. Poco distante, in via Giulia, nell'isola ecologica di fronte alla chiesa, i sacchetti della spazzatura quasi sommergono i contenitori. Ci sono anche cassette di legno ed una coperta. Roiano Non va meglio a Roiano. All'inizio di via Tor San Piero, ancora nel primo pomeriggio, all'esterno dei cassonetti, si trova di tutto: dai sacchetti di carta a quelli di plastica, cui si aggiungono quintali di rifiuti organici e scarti di cucina. I bottini dell'umido sono scoperchiati e stracolmi, così come quelli di carta e indifferenziata.

Pierpaolo Pitich

 

«Critiche pretestuose, eravamo in emergenza»
Laureni ribatte alle lamentele: ignorati i nostri appelli a tenere in casa le immondizie
«A fronte di numerose problematiche che effettivamente esistono e di una serie di osservazioni che ci sta vengano sottolineate, in questo caso direi che le lamentele della cittadinanza davanti ad una tangibile emergenza venutasi a creare sul fronte della raccolta rifiuti, mi sembrano francamente pretestuose e difficili da accettare». Non usa troppi giri di parole l’assessore comunale all’Ambiente Umberto Laureni nel commentare le innumerevoli segnalazioni dell'utenza, che hanno rimarcato la situazione precaria che ha coinvolto molte isole ecologiche a causa del maltempo di questi giorni. «Avevamo chiesto ai cittadini di non conferire i rifiuti per un paio di giorni proprio in ragione delle difficoltà, ed in alcuni casi di vero e proprio pericolo, cui sarebbero andati incontro i mezzi della raccolta - spiega Laureni -. Ma così non è stato e in molti non hanno avuto la pazienza di aspettare e di tenersi in casa i rifiuti: cosa che peraltro sarebbe normale nel sistema della raccolta porta a porta, dove le immondizie vengono ritirate in un giorno e in un’ora prestabilite. Ripeto: ci sono tante cose che non vanno e che si possono migliorare. Qui però eravamo di fronte ad una situazione contingente che non lasciava spazio a molte alternative». A spiegare cosa sia effettivamente accaduto dal punto di vista tecnico ci pensano i responsabili Acegas. «Precisiamo subito che le previsioni parlavano di una allerta meteo diversa e più problematica, caratterizzata da neve e ghiaccio e dunque i nostri mezzi hanno iniziato ad operare in tal senso - afferma Paolo Dal Maso, Direzione Ambiente AcegasApsAmga -. Poi le cose sono andate diversamente, e a farla da padrona è stata la Bora che ha creato innumerevoli danni, oltre ad aver sposato molti cassonetti, che poi abbiamo provveduto a recuperare e a legare tra di loro: voglio rimarcare che i contenitori che usiamo qui a Trieste sono peraltro più pesanti e rinforzati alla base». «È chiaro che poi ci siamo trovati di fronte a situazioni complicate, anche a causa della mancanza di senso civico da parte di qualcuno - continua Dal Maso -. Ad esempio c'è chi è andato a parcheggiare la propria autovettura al posto del cassonetto spostato dal vento, oppure altri che hanno lasciato la spazzatura fuori dai raccoglitori. Tutto questo significa un maggior dispendio di tempo e di energie per completare la raccolta dei rifiuti. In ogni caso, nel giro di 48 ore, siamo riusciti a completare l'opera e adesso possiamo dire che la situazione è rientrata nella normalità».

(p.pit.).

 

 

AGRICOLTURA - La battaglia degli Ogm Sel contro Fidenato

«Chi semina mais transgenico, seppur in una serra, si mette fuori dalla legalità. Quindi deve sapere che la magistratura agirà di conseguenza, come ha già provveduto a fare l’estate scorsa. I cittadini italiani, in stragrande maggioranza no Ogm, possono stare tranquilli». Lo dichiara Serena Pellegrino, deputato di Sel, condannando l’ultima azione dell’agricoltore Giorgio Fidenato.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 9 febbraio 2015

 

 

Il grande patto per salvare la fortezza di Palmanova

Torrenti conferma il pressing sul ministero per ottenere un cofinanziamento Il critico d’arte Sgarbi si impegna a tornare e dare il suo contributo.
il pienone a teatro - Tutto esaurito per l’iniziativa sul futuro della città stellata
PALMANOVA Riscattare Palmanova, recuperare le sue bellezze storiche e culturali, è un impegno. Un impegno che si è fatto concreto ieri al convegno organizzato dal Messaggero Veneto e dal Comune “Incontriamoci a Palmanova tra 20 anni. Quale sviluppo per la città stellata”. In un teatro Modena gremito, con persone in attesa nel foyer e in coda all’ingresso, ogni protagonista ha assunto un pezzetto di responsabilità per dare rilancio a Palmanova. Prima di tutto la Regione, con l’assessore alla Cultura Gianni Torrenti, che sta lavorando con il ministero per stanziare risorse. Ma anche il Messaggero Veneto perché il direttore, Tommaso Cerno, ha garantito attenzione, attenzione e ancora attenzione alla città, fino a quando, ha sottolineato, non si vedranno segni concreti del rilancio. E poi il critico e storico dell’arte Vittorio Sgarbi, pronto a dare il suo contributo per Palmanova in un progetto a lungo termine, quel progetto di ampio respiro che ritiene indispensabile Simonetta Minguzzi, coordinatrice del corso di laurea in scienze e tecniche del turismo culturale all’università di Udine. Il sindaco della città stellata, Francesco Martines, non nasconde affatto la soddisfazione per un’iniziativa che come mai prima accende i riflettori su Palmanova. La città stellata ha un enorme patrimonio, ma non solo. Ha le idee, come ha detto Martines, per darsi una nuova identità puntando sui servizi, pubblici e privati, e sul turismo culturale. Mancano le risorse. Ecco l’impegno di Torrenti. «Dal nostro insediamento, poco più di un anno e mezzo fa – ha spiegato l’assessore – abbiamo rimesso la fortezza al centro degli interessi, ripulendola e così abbiamo un po’ alla volta scoperto ciò che serviva per la città. Ma in questo caso più che ognuno faccia la propria parte serve che tutti facciano tutto, è necessaria una consapevolezza collettiva. Per questo siamo subito andati a parlare con il ministro, Dario Franceschini, perché è importante che Palmanova venga riconosciuta come un problema collettivo e quindi un bene per il Paese. Non sarebbe giusto – ha aggiunto Torrenti – che solo la Regione intervenisse. Noi, certo, siamo pronti a essere co-finanziatori, ma è indispensabile fare le cose assieme». Sul lavoro comune hanno insistito anche Cerno e Sgarbi. Il direttore del Messaggero Veneto ha ricordato la filosofia dell’iniziativa. «Palmanova non è solo dei suoi cittadini, è di tutti e di tutta Italia. I sassi che cadono sono il segno dell’abbandono di questo luogo meraviglioso che ha protetto e ora ha bisogno di essere protetto, con l’aiuto di ognuno di noi, gridando più alto che si può. La nostra voce – ha affermato Cerno – si è alzata altissima, ha scatenato la ricerca di collaborazione del sindaco e ha portato qui Sgarbi, a parlarci di bellezza e del perché questo Paese costruisce idiozie usando i nostri soldi. Siamo qui contro l’indifferenza e l’anestesia. Ognuno di noi si assumerà un pezzo di responsabilità per compiere questo percorso assieme». Un cammino nel quale, ne è convinta Minguzzi, serve un progetto di lungo termine e idee forti. «Non c’è futuro se non c’è conservazione del bene culturale – ha spiegato la docente dell’ateneo friulano –, perché un popolo senza memoria non ha futuro e un popolo che non sa conservare tutto il suo patrimonio di cultura non può avere un futuro. Per questo quando un Governo taglia i finanziamenti alla Cultura tutti noi dovremmo insorgere, perché significa tagliare un pezzo di futuro». Dopo quasi due ore di dibattito e confronto sono stati Cerno e Sgarbi a strappare applausi, protagonisti di uno sketch tra il serio e il faceto. Utilizzando l’ironia in un progetto che veda Palmanova diventare città “gay friendly”, Cerno ha strappato l’impegno del critico d’arte. «Ho te come un figlio – ha detto Sgarbi a Cerno – e so che mi terrai sveglio il ricordo di Palmanova e di ciò che si deve fare per la città, dove tornerò e alla quale sono disponibile a dare il mio contributo». Salvare Palmanova è dunque una promessa.

Anna Buttazzoni

 

Una lunga serie di crolli iniziata nel 2014

Sos Palmanova nasce dai ripetuti crolli che, a partire dallo scorso anno, hanno interessato la fortezza patrimonio dell’Unesco.

Dalla frana dell’11 febbraio 2014 dell’antica muratura del rivellino secentesco al crollo di ampie porzioni del tetto della caserma napoleonica Filzi del 25 novembre, passando attraverso le pessime condizioni riscontrate sul manufatto di porta Udine a seguito della caduta di una tavella il 10 novembre, quei crolli avevano indotto il sindaco della città stellata a convocare gli Stati generali sulla fortezza, invitando attorno ad un tavolo i politici di ogni schieramento. Da quell’incontro era uscito un documento, inviato alle massime cariche dello Stato, in cui si chiedeva di salvare Palmanova

 

 

Semina il mais Ogm nella serra segreta
L’agricoltore ribelle Fidenato: «Non dirò a nessuno dov’è». Poi annuncia la distribuzione di chicchi transgenici in piazza
PORDENONE La semina, in una serra segreta, è stata fatta. Come promesso Giorgio Fidenato, leader di Futuragra, ha proseguito la sua battaglia pro Ogm e, ieri mattina, ha effettuato una nuova coltura di mais Mon 810. E così, visto che le temperature gelide non permettevano la semina in campo, Fidenato lo ha fatto all’interno di una serra, ospitata in un terreno di proprietà di un coltivatore suo amico, in un luogo top secret. «È una semina simbolica di soli due plateau. Un’operazione molto breve che ho fatto personalmente e da solo, con me c’era solo un amico che si è occupato delle foto, per evitare ripercussioni nei confronti della persona che mi ha messo a disposizione la serra. La semina - spiega Fidenato - non l’ho effettuata all’interno di uno dei miei campi, in quanto la serra sarebbe stata facilmente rintracciabile, ma all’interno di una proprietà che mi è stata messa a disposizione. Proprio per evitare problemi legali e soprattutto per proteggere i proprietari non rivelerò dove è il campo». Non basta. «Fra quindici giorni - continua Fidenato - manderò come previsto per legge la lettera di segnalazione, ma nemmeno all’Ersa dirò dove è stato seminato il mais Mon 810 visto che, in cinque anni, non sono mai riusciti a garantirmi la sicurezza necessaria e a proteggermi da persone malintenzionate. Nel frattempo la crescita delle piantine sarà documentata e divulgata, passo dopo passo». Fidenato ammette poi che, quanto deciso dal Consiglio di Stato in merito alla semina Ogm, non lo ha stupito più di tanto: «Non mi sarei mai aspettato una sentenza diversa – prosegue il pasdaran del mais transgenico – visto i trascorsi della Corta di Cassazione che in passato, per ben tre volte, ha mosso ad alcuni miei colleghi e a me personalmente delle accuse assurde poi ribaltate dalla Corte di giustizia europea. È infatti impensabile che 18 giudici si siano espressi con una sentenza all’unisono per poi essere smentiti dalla Corte di giustizia europea. Questo sta chiaramente a significare che l’Italia non sa applicare correttamente il diritto europeo su questo tema come, invece, fa in maniera ferrea per altri casi. Le condizioni per applicare le misure d’emergenza, infatti, non c’erano». Ora, a semina fatta, è probabile che anche a causa dell’applicazione della nuova legge regionale il Corpo Forestale regionale pretenda di sapere la collocazione della serra e che, una volta scoperta la sua posizione, prenda immediatamente i provvedimenti del caso: «Che vengano pure. Così mettiamo subito alla prova la nuova legge regionale. Una norma fatta senza coinvolgere i diretti interessati che invece, secondo la raccomandazioni europea, doveva essere fatta con gli addetti ai lavori. Ho mandato una raccomandata in Regione per poter consultare la proposta di legge e mi è stato risposto che, se non mi fosse andata bene così come è stata pensata, mi sarei dovuto rivolgere al Tar di Trieste, senza tener conto che c’è una petizione di quattrocento agricoltori pronti a seminare Ogm. Una delle tante domande alle quali abbiamo ricevuto risposte parziali o addirittura il silenzio come quella in merito al numero di ettari presenti in regione di mais biologico». Fidenato, di certo, non si arrende. E già prepara la prossima iniziativa. Per sensibilizzare la popolazione sulla questione mais transgenico, entro la fine del mese sia a Pordenone che a Udine gli agricoltori favorevoli agli Ogm scenderanno in piazza per effettuare la distribuzione di alcuni chicchi di mais Mon 810: «Così - conclude Fidenato – faremo conoscere alla gente il “diavolo” Ogm».

Luciana Idelfonso

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 8 febbraio 2015

 

 

Il ministro Galletti: «Sbloccato il Prg del porto»

L’assicurazione a Russo (Pd). E Savino (FI) interroga Lupi sulla nomina che tarda: «Irritato con Debora?»
«Voglio personalmente rassicurare tutti i cittadini, gli operatori portuali e gli industriali triestini sul fatto che non esiste più alcun tipo di impedimento concreto all’imprimatur definitivo da parte della Commissione Via/Vas: il Piano regolatore del porto di Trieste sarà in tempi rapidi a disposizione del nuovo commissario dell’Autorità portuale Zeno D’Agostino». Questa la risposta che il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti ha dato al senatore triestino del Pd Francesco Russo che gli ha chiesto informazioni in merito e che in una nota sottolinea ora di essere «felice di poter annunciare ringraziando fin da subito il Ministro dell’Ambiente Galletti per il suo decisivo contributo, che, un altro baluardo dell’immobilismo triestino, è stato scardinato: l’iter del piano regolatore del Porto di Trieste, infatti, è stato definitivamente sbloccato». Il ministro ha comunque precisato che «è necessario avere ancora un attimo di pazienza per permettere al Ministero di completare gli ultimi adempimenti formali». «Questa – aggiunge Russo – è la miglior risposta che la politica, quella seria che lavora per costruire opportunità e sviluppo per Trieste, dà al partito dell’antipolitica, del populismo e delle false promesse infarcite di tanta retorica. Lascio agli altri le polemiche, le dietrologie, le manifestazioni di piazza e le insinuazioni: continuo a lavorare con i fatti insieme al sindaco Cosolini, alla presidente Serracchiani e al Governo nazionale per dare a Trieste e alla Regione Friuli-Venezia Giulia un Porto capace di competere da protagonista sui mercati internazionali. Sulla governance alla Torre del Lloyd interviene invece polemicamente la parlamentare di Forza Italia Sandra Savino ponendo il seguente quesito in un’interrogazione al ministro di Infrastrutture e trasporti Maurizio Lupi: «Chiedo al ministro se corrisponde al vero che, nella dinamica della nomina del Commissario dell'Autorità portuale di Trieste, come apparso sulla stampa, la Presidente Serracchiani, annunciando pubblicamente attraverso una nota dell'ufficio stampa della Regione la firma del decreto pur senza avere la titolarità dell'atto, abbia commesso un grave incidente istituzionale». L’Authority è ancora guidata in proroga tecnica da Marina Monassi, ma Serracchiani ha annunciato il prossimo insediamento del commissario Zeno D’Agostino. «È mio parere - premette Savino - che Lupi stia autorevolmente guidando con competenza un dicastero strategico. Non si capisce perché Serracchiani abbia voluto bypassare ruoli e responsabilità, se non per arricchire il proprio Pantheon degli annunci ad effetto. È una vicenda - sottolinea la Savino - che sta degenerando in una rappresentazione di comicità involontaria tutta interna al centrosinistra, che paga la fuga in avanti della Governatrice. A tal proposito - aggiunge Savino - interrogo anche il Ministro se per caso la Costituzione preveda che la responsabile dei Trasporti del Pd abbia un ruolo di soggetto istituzionale sovraordinato al ministro stesso. Perché se così non fosse è evidente che il precoce proclama della Governatrice non sia stato apprezzato. Una mania di protagonismo alla quale noi in regione siamo abituati, ma che a Roma suscita imbarazzi ed irritazione. In tutto questo - conclude Savino - c'è l'evidente disagio della nomenklatura triestina di centrosinistra, che non riesce ad attribuire ogni colpa agli avversari politici». (s.m.)

 

Porto Vecchio, Italia Nostra presenta ricorso
«I nostri volontari devono tornare nella Centrale idrodinamica per garantirne l’apertura»
Ormai lontani i tempi della collaborazione felice, Italia Nostra ha depositato nei giorni scorsi un ricorso al Tribunale civile che ha nel mirino l’Autorità portuale «in persona del suo rappresentante legale pro tempore», e Alessandro Merlo come liquidatore dell’Istituto di cultura marittimo portuale (Icmp). L’associazione, con il presidente di Trieste Marcello Perna delegato da quello nazionale Marco Parini, chiede che il Tribunale con provvedimento d’urgenza «disponga il reintegro immediato di tutti i volontari di Italia Nostra già operanti nella Centrale idrodinamica» di Porto Vecchio, «secondo la convenzione» a suo tempo sottoscritta, «onde assicurarne l’apertura e le visite come in precedenza». E «speriamo che alla Torre del Lloyd arrivi un commissario e le cose cambino», comunque «l’udienza è fissata per il 27 febbraio», annota Perna. Italia Nostra passa dunque alle vie di fatto, dopo avere denunciato la «desertificazione» del Polo museale di Porto Vecchio e averne chiesto conto - «senza mai ottenere risposta», precisa Perna - a Marina Monassi, presidente dell’Authority attualmente in proroga tecnica. Il ricorso parte dalla convenzione stipulata nel giugno 2013 con l’Icmp per consentire all’Istituto stesso di «tenere adeguatamente aperta e accessibile» al pubblico la Centrale idrodinamica, il cui restauro accanto a quello della Sottostazione elettrica è stato sostenuto - e qui sta il nodo del ricorso - con soldi pubblici: dunque «obbligo» di apertura al pubblico. In base a quella convenzione Italia Nostra con i propri volontari ha mantenuto aperta la Centrale «ogni giorno», «non esistendo ovviamente sufficiente personale dell’Icmp» per farlo: da qui, ricorda l’associazione, un’apposita convenzione. Invece, «dopo più di un anno e mezzo di piena e fruttuosa collaborazione», l’Authority ha deciso di liquidare l’Istituto dando il via al lungo silenzio nei confronti di Italia Nostra: niente comunicazioni, nessuna risposta alla richiesta di poter subentrare all’Istituto costituito come fondazione nel 2009. Solo, il liquidatore Merlo ha comunicato ad Antonella Caroli, «segretaria della fondazione e direttrice del polo museale, che i volontari di Italia Nostra non potevano più entrare nella Centrale», a dispetto della convenzione. Convenzione in cui l’Authority, argomenta il ricorso, avrebbe dovuto subentrare all’Icmp «che non pare d’altronde neppure essere stato effettivamente “liquidato”, dal momento che sembrerebbe lo si voglia far sopravvivere sino alla costruzione della statua di mons. Santin» alla testa del Molo IV. Vero che l’Authority ha reso noto che la Centrale resta aperta due giorni a settimana grazie a due «non meglio precisati funzionari» di cui però «s’ignora competenza e professionalità». E insomma, Italia Nostra rivendica il «rispetto della convenzione strettamente connesso all’interesse pubblico» della fruibilità del polo museale e chiede appunto al Tribunale di intervenire. Già annunciando l’audizione di alcuni testi, fra i quali la vicepresidente di Italia Nostra di Trieste Giulia Giacomich e la stessa Caroli, che peraltro dopo avere lavorato come direttrice dell’Icmp era stata rimossa a sorpresa da Monassi lo scorso anno.

(p.b.)

 

 

Scontro infinito sugli Ogm - Fidenato torna a seminare - una lunga storia
L’agricoltore pordenonese non si arrende dopo il verdetto del Consiglio di Stato
E annuncia che oggi pianterà mais transgenico in una serra presa a noleggio

UDINE «Seminerò mais Ogm in serra». Neanche esaurito il clamore della sentenza del Consiglio di Stato che vieta la coltivazione di Organismi geneticamente modificati, Giorgio Fidenato, imprenditore agricolo e presidente di Agricoltori Federati, rilancia annunciando per oggi la nuova semina. In “piccolo”, visto che «saranno solo pochi semi, e in serra perchè fa troppo freddo». Ma il segnale è preciso: la battaglia va avanti, così come la sfida allo Stato e alla Regione. Dopo la sentenza «La sentenza del Consiglio di Stato è scandalosa - tuona Fidenato - si scomoda ancora il principio di precauzione per varare provvedimenti di emergenza che non hanno alcuna base scientifica. Sono davvero cose dell’altro mondo. L’Unione europea ha chiarito in più occasione che gli Stati membri devono collegarsi con l’Efsa (ovvero l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, acronimo di European food safety authority,un’agenzia dell’Unione europea che ha sede a Parma, e fornisce consulenza scientifica in materia di rischi, esistenti ed emergenti, associati alla catena alimentare). Bene – prosegue Fidenato - l’Efsa si è pronunciata sul mais Ogm, e che fa l’Italia? Ignora e vara decreti». Decreti, scaduti e nuovi Proprio quel decreto interministeriale firmato dai ministeri della Sanità, dell’Ambiente e delle Politiche agricole nel luglio 2013, che l’imprenditore aveva impugnato prima davanti al Tar del Lazio e poi al Consiglio di Stato, che vietava la coltivazione di Mais Ogm per un tempo definito di 18 mesi, è scaduto il 12 gennaio, e il 23 il Governo ha provveduto ad emanarne un altro che proroga il divieto per altri 18 mesi. «Si prende tempo», considera Fidenato. E nell’attesa «io semino». Il luogo Dove Fidenato metterà a dimora i semi di Mon 810, non è dato sapere. La serra è stata noleggiata ma dove verrà installata, non si sa. Il riserbo è d’obbligo per proteggere serra e seminato dalle devastazioni che, in passato, sono avvenute a danno dei campi coltivati a mais Ogm a Vivaro e a Mereto di Tomba. Il segreto resterà tale per un tempo definito, perché la legge prevede l’obbligo di comunicazione da parte dell’imprenditore, che dovrà informare le autorità competenti circa il luogo e la quantità di semi Ogm messa a dimora. La tesi L’agire di Fidenato è finalizzato ad uno scopo: costringere l’Italia a rispettare i trattati internazionali e le regole della Ue. Compresa quella sugli Ogm, la cui coltivazione, in particolare del mais Mon 810, è consentita sull’intero territorio dell’Unione. E quindi, secondo Fidenato, «anche in Italia». In realtà in Europa il vento pare essere un po’ cambiato. Negli ultimi giorni del semestre di presidenza italiano, l’europarlamento ha infatti approvato una direttiva che consente a ogni singolo Paese membro di limitare o proibire la coltivazione di organismi geneticamente modificati sul proprio territorio, anche se questi sono autorizzati a livello europeo. Ovviamente la direttiva va recepita ed è per questo che molte associazioni ambientaliste avevano già posto il problema del rinnovo del decreto interministeriale che vietava la coltivazione di Ogm. Ma anche sollecitato una normativa nazionale chiara. Le reazioni «La sentenza del Consiglio di Stato è la vittoria degli agricoltori del territorio contro le multinazionali dell’Ogm, è la vittoria delle produzioni di qualità e del Made in. Fidenato la smetta di anteporre i suoi interessi a quelli della maggior parte dei cittadini e dei piccoli agricoltori che con grandi sacrifici lavorano per contribuire alla vera ricchezza del Friuli Venezia Giulia». È questo il commento di Marco Zullo, europarlamentare dell’Efdd-Movimento 5 Stelle alla sentenza del Consiglio di Stato. Ma nonostante i pronunciamenti «l’imprenditore agricolo dichiara di voler fare ricorso anche alla Corte di giustizia europea. La smetta – dice Zullo -. Invece di difendere gli interessi della multinazionale del biotech Monsanto, rifletta sui danni che i prodotti Ogm provocherebbero ai nostri agricoltori e al nostro Made in. Una loro contaminazione significherebbe la fine di un modo di fare agricoltura etico e rispettoso dell’ambiente e sarebbe anche un colpo tremendo per l’agricoltura del Fvg e dell’Italia perché è la qualità a farci sopravvivere sul mercato». La proroga In Italia, come detto, il Governo ha prorogato per altri 18 mesi il divieto di coltivazione di mais Ogm Mon 810, in attesa dell'entrata in vigore della nuova direttiva comunitaria. Direttiva europea che il Movimento 5 Stelle «giudica fortemente negativa, tanto da essersi opposto alla la sua approvazione in Parlamento europeo. Dietro quella che appare una generosa cessione di sovranità su un argomento di tale importanza per la nostra salute e per il nostro ambiente, si nascondono degli enormi favori alle multinazionali del biotech, che potranno ricorrere in Corte di Giustizia e nei tribunali del Wto in caso di divieto alla coltivazione di Ogm da parte dei singoli Stati. Per questo, il Parlamento italiano dovrà continuare a lavorare». Il “no” nella Costituzione L’ex ministro dell’ambiente e dell’agricoltura Alfonso Pecoraro Scanio, plaude alla sentenza del Consiglio di Stato che conferma la bontà del divieto Ogm in Italia. «Ma sarebbe bello, e utile, che l’Italia fosse il primo Paese a dichiararsi libero da Ogm». Un “no” agli organismi geneticamente modificati che per l’ex esponente di governo dovrebbe entrare «nella Costituzione».

Elena Del Giudice

 

 

Infrastrutture «Tav Venezia-Trieste, i fondi ci sono»

«I finanziamenti e il cronoprogramma per la realizzazione delle tratte della Tav Brescia-Verona, Verona-Padova e Venezia-Trieste sono stati confermati dal ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi e procedono a ranghi serrati». Lo dichiara il consigliere regionale del Ncd Paride Cargnelutti dopo aver partecipato a Verona a un incontro con il ministro e i consiglieri regionali di Veneto e Lombardia. «Il ministero - aggiunge Cargnelutti - sta lavorando con l’Europa anche per la proroga delle concessioni autostradali per limitare l'aumento delle tariffe».

 

 

«Ferriera, il 2015 è un anno di verifica sulle emissioni» - BATTISTA, PRODANI E NO SMOG
«L'incontro con il sindaco sui temi della Ferriera e della tutela ambientale e della salute dei cittadini di Servola è stato proficuo.

Sono state fatte proposte che, se troveranno attuazione, potranno portare reali benefici». Lo dicono in un comunicato congiunto il senatore Lorenzo Battista del Gruppo per le Autonomie, il deputato Aris Prodani di Alternativa Libera, e Adriano Tasso, dell'associazione NoSmog onlus. «Il sindaco - si legge nella nota riferita all’incontro di ieri - ci ha fatto sapere che il tema ambientale della Ferriera è uno dei "dossier caldi" sulla sua scrivania, e che anche lui considera urgente una soluzione. Siamo quindi tutti d'accordo nella necessità di considerare il 2015 un anno di verifica e rodaggio per gli impianti e le loro emissioni, al fine di prendere decisioni e attuarle per il 2016. Se veramente ci sarà un'azione condivisa tra proprietà, Comune, Regione, sindacati e associazioni ambientali - chiude la nota - possiamo portare la siderurgia triestina dentro un'ottica di sviluppo ecocompatibile».

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 7 febbraio 2015

 

 

Arvedi a Trieste: «Così eliminerò l’inquinamento della cokeria»

L’industriale lombardo rassicura la governatrice Serracchiani sul risanamento della Ferriera
«Durante un open day prima dell’estate i triestini potranno visitare lo stabilimento e verificare»
«La cokeria della Ferriera non inquinerà». Mentre sono tornati a crescere timori e proteste degli abitanti e delle associazioni ambientaliste, il cavalier Giovanni Arvedi, presidente dell’omonimo gruppo che attraverso Siderurgica Triestina ha acquistato lo stabilimento servolano, ha voluto venire a Trieste per rassicurare personalmente la presidente della Regione Debora Serracchiani e attraverso di lei i cittadini. «La cokeria non deve inquinare e non inquinerà - ha ripetuto Arvedi - Per noi è una assoluta priorità, sul piano etico e sul piano morale. Adotteremo tecnologie di assoluta avanguardia, impianti eccezionali in grado di abbattere tutte le emissioni». «Ho l'ambizione di essere il primo al mondo - aveva annunciato il presidente nell’intervista rilasciata tre settimane fa al Piccolo a Cremona - che adotterà un sistema in grado di aspirare tutti i fumi della cokeria. È un nostro progetto studiato da ingegneri liguri che sulla carta funziona perfettamente. Non dubito che funzionerà anche in pratica, lo adotteremo a Servola e sarà il progetto pilota per estenderlo poi anche all'Ilva di Taranto (stabilimento sul quale Arvedi ha avanzato una manifestazione di interesse, anche se non potrà effettuare l’operazione da solo, ndr.). «Abbiamo deciso di venire a Trieste alla sola condizione di non inquinare. La nostra priorità è la salute dei cittadini. L'uomo oggi è in grado, grazie alle tecnologie, di risolvere i problemi che crea. Anche quelli legati alla presenza della cokeria. Si tratta solo di investire le risorse adeguate. Ed è quello che stiamo facendo», ha spiegato il presidente, sostenendo che il gruppo già a Cremona (dove ha i propri principali stabilimenti tra cui l’acciaieria) ha dimostrato che l'inquinamento può essere pari a zero». Sul fronte ambientale il gruppo siderurgico lombardo, che assicura che a Servola agirà spinto dalla stessa filosofia e dalla stessa impostazione etica con cui opera a Cremona, arriverà tra breve a completare la spesa di una trentina di milioni mentre l’impegno finanziario complessivo pianificato è di 187 milioni di euro. Un progetto che il cavalier Arvedi ha definito «costoso ma vincente», che prevede innanzitutto di garantire la sostenibilità ambientale della cokeria, prima di mettere in funzione il laminatoio e riavviare la produzione della ghisa. Secondo l’industriale cremonese la cokeria «è il cuore del ciclo integrale» e, risanata, permeterrà all’intera area a caldo di restare in funzione di modo che, affancandole il laminatoio a freddo e il polo logistico, l’occupazione potrà crescere fino a 700-800 dipendenti. «A Servola adotteremo le soluzioni migliori - ha promesso Arvedi - Dopo di che avremo l'orgoglio e la soddisfazione di aprire le porte dello stabilimento e di dimostrare quanto abbiamo fatto», ha detto, annunciando un “open day” prima dell'estate, evidentemente differendolo un po’ rispetto alla data di marzo prospettata a Cremona. «L'incontro è stato particolarmente importante. Abbiamo avuto le rassicurazioni che sapevamo di poter avere dopo la firma dell'Accordo di programma», ha sottolineato con soddisfazione la presidente Serracchiani. «Si può produrre in quel sito - ha aggiunto - soltanto se si dà la garanzia ai cittadini e ai lavoratori di non inquinare. L'impegno che si è preso il cavalier Arvedi è fondamentale: la cokeria potrà lavorare soltanto se sarà “pulita”. Ciò sarà garantito da un impianto modernissimo, che prevede l'eliminazione delle emissioni e dei fumi», ha commentato con soddisfazione Serracchiani, evidenziando come «tutto procede come previsto nell'Accordo di programma, che ha messo al primo posto la salute dei cittadini e dei lavoratori».

Silvio Maranzana

 

 

Il Consiglio di Stato: no agli ogm
In una sentenza ha rigettato il ricorso di Fidenato. Ciascun Paese decide nelle more di una norma Ue
TRIESTE Il Consiglio di Stato, con una decisione depositata ieri, ha rigettato il ricorso di Giorgio Fidenato mantenendo quindi il divieto di seminare mais ogm. L’imprenditore agricolo aveva impugnato di fronte al Tar del Lazio il decreto ministeriale con il quale nel 2013 era stata vietata la semina di organismi geneticamente modificati, dopo avere più volte tentato di seminare il mais transgenico sfidando il Governo e la Regione Friuli Venezia Giulia che sono intervenuti per impedire questa azione. Già il Tribunale amministrativo aveva respinto l’istanze di Fidenato, il Consiglio di Stato ha confermato quella decisione, dopo che lo scorso 23 gennaio il Governo aveva in ogni caso prorogato il divieto di coltivazione per altri 18 mesi con un nuovo decreto. Dal canto suo, la Commissione europea sta lavorando per rivedere, entro la fine di aprile, il futuro processo decisionale sugli ogm nell'Unione europea. La sentenza del Consiglio di Stato ha ricordato che, in attesa dell'adozione delle misure a livello comunitario, il singolo Stato «può decidere se e per quanto tempo mantenere in vigore le misure d'emergenza nazionali adottate». Il Giudice ha riconosciuto che i Ministeri della Salute, dell'Agricoltura e dell'Ambiente hanno «correttamente ritenuto che il mantenimento della coltura del mais Mon 810 senza adeguate misure di gestione non tutelasse a sufficienza l'ambiente e la biodiversità, così da imporre l'adozione della misura di emergenza contestata». Fidenato tuttavia non intende mollare la presa: «Non nutrivo grandi speranze nel Consiglio di Stato, come del resto in ogni situazione in cui ad esprimersi è un Tribunale italiano, visto che siamo il Paese della disapplicazione dei trattati europei» ha affermato l’imprenditore annunciando di rivolgersi alla Corte di Giustizia Europea, «l'unica che ha riconosciuto la bontà delle nostre istanze e del nostro operato. Questa sentenza – ha aggiunto Fidenato - mi fa riflettere ancora una volta su un'altra delle circostanze tutte italiane: i giudici, a prescindere dal caso specifico e odierno, non pagano mai per eventuali errori. Probabilmente, se fosse introdotta una norma ad hoc, pronunciamenti che vanno in netto contrasto con la legge comunitaria, che è sovrana in questa materia, sarebbero meno frequenti». «Questa sentenza conferma che la Regione Friuli Venezia Giulia ha agito bene, quando per prima e da sola ha dovuto far fronte alle semine di mais transgenico», afferma il vicepresidente della Regione Fvg, Sergio Bolzonello. Esulta anche il presidente del Veneto, Luca Zaia, che parla di «una nuova vittoria per l’agricoltura di qualità, quindi per il Veneto e per i suoi agricoltori. Quella contro gli ogm - sottolinea Zaia - è una battaglia storica, per difendere la vera agricoltura, i veri agricoltori, le vere produzioni, il cui valore sta nella loro diversità e non nell’omologazione ai livelli più bassi. Occorre comunque tenere la guardia alta». Soddisfazione anche da parte delle associazioni ambientaliste. Per il presidente di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza, «è uno stop alle semine biotech e un ulteriore passo verso un’Italia Ogm free. Aspettiamo -prosegue- la pubblicazione dell’annunciato decreto firmato il 23 gennaio dai ministri della salute Beatrice Lorenzin, delle politiche agricole Maurizio Martina e dell’ambiente Gianluca Galletti, che proroga per altri 18 mesi il divieto di coltivazione di mais ogm sul territorio italiano, in vista dell’entrata in vigore della nuova direttiva Ue». Per Greenpeace «questa sentenza conferma ancora una volta la validità del decreto recentemente prorogato e della corretta applicazione del principio di precauzione a salvaguardia di agricoltura e ambiente, contro i rischi legati al rilascio in ambiente di colture ogm».

Roberto Urizio

 

 

Ministro “deraglia” sulla Capodistria-Divaccia
Il titolare delle Infrastrutture, Gašperši› si gioca la poltrona. In ballo fondi europei ma insufficienti
TRIESTE Il caso del raddoppio della linea ferroviaria tra Capodistria e Divaccia fa barcollare il ministro delle Infrastrutture, Peter Gašperši› il quale sono pronti a “sacrificare”anche alcuni colleghi di governo con in prima fila il potente ministro delle Finanze, Dušan Mramor. Come scrive il quotidiano lubianese Dnevnik, il ministro Gašperši› la prossima settimana dovrà illustrare alla coalizione di governo le modalità in base alle quali è intenzionato a trovare 1,4 miliardi di euro necessari alla realizzazione dell’infrastruttura. L’interrogativo che costituisce la chiave di volta dell’intero problema è se entro il 26 febbraio prossimo, data in cui scadrà il termine, il ministero delle Infrastrutture depositerà la domanda per accedere ai fondi europei del programma Connecting Europe Facility (Cef). Sta di fatto però che le pressioni di media e lobby guidate dalla società che gestisce il Porto di Capodistria, ossia Luka Koper, e, seppur in grado minore, dalla società Ferrovie slovene, stanno spingendo il ministro in una trappola. La sorte di Gašperši› sembra, dunque, legata a un filo. Se non inserirà il progetto del raddoppio della linea Capodistria-Divaccia nel programma Cef lo attendono gli attacchi dei membri di coalizione dei socialdemocratici (Sd) e del Partito dei pensionati (Desus) ai quali, vista la debole difesa di cui politicamente gode all’interno dei suoi compagni di partito della Smc (formazione del premier Miro Cerar), sicuramente non “sopravviverebbe”. Se dovesse, invece, inserire il progetto nel programma europeo le difficoltà dovranno appena iniziare. Siamo di fronte, infatti, a un progetto che non ha ancora una sua costruzione finanziaria definita e questo accresce il rischio che il governo, col passare del tempo, perda il controllo su di esso come è avvenuto, del resto, per il progetto della costruzione del sesto blocco della centrale termoelettrica Teš. Mentre negli ultimi giorni si è accresciuto il pressing su Gašperši› l’impressione è che, all’interno del governo nessuno lo copra alle spalle. Nè il ministro delle Finanze, Dušan Mramor il quale nella preparazione del bilancio ha chiaramente fato sapere che lo Stato non ha i soldi per finanziare il progetto, nè il premier Miro Cerar il quale peraltro si attende una spinta al progetto con la quale si guadagnerebbe dei punti politici. Inoltre anche il commissario Ue ai Trasporti, la slovena Violeta Bulc che proviene dalle fila della Smc, sembra essere alquanto indifferente nei confronti di Gašperši› mentre giovedì scorso del progetto si è discusso nella riunione di governo senza peraltro prendere decisione alcuna. Il problema dei fondi europei è un problema di tempi. Appena la Slovenia accedesse a questi dovrebbe essere in grado di partire con la realizzazione dell’opera, cosa che sembra abbastanza irreale. E di quantità. Nel senso che da Bruxelles, se il progetto riceverà lo status di transfrontaliero, arriveranno al massimo 380 milioni per un anno. Briciole insomma.

(m. man.)

 

 

Bollette in calo: risparmi fino a 2,7 miliardi
É la cifra individuata dal ministero dello Sviluppo: «Effetto del calo del petrolio e riforme del governo»
ROMA Il pacchetto taglia-bollette, ma anche il calo del petrolio, altre misure già operative e alcune che devono ancora scattare. Il ministero dello Sviluppo economico ha fatto la somma e ha individuato la cifra che, se tutto girerà per il verso giusto, famiglie e imprese potranno risparmiare nel 2015 sulle bollette elettriche: fino a 2,7 miliardi, 1,7 per le pmi e 1 per i consumatori. Le elaborazioni messe nero su bianco dal ministero di Federica Guidi, che parla di «numeri molto positivi», tengono in considerazione in primo luogo il decreto Competitività varato a giugno dello scorso anno: da qui arriveranno risparmi per un totale di circa 1,2 miliardi. Il grosso arriverà dal nuovo regime previsto per gli impianti di produzione energetica dal fotovoltaico: 600 milioni per la rimodulazione del meccanismo di pagamento e 420 milioni per la riorganizzazione degli incentivi. Voci minori riguardano invece l'estensione della platea di soggetti tenuti al pagamento degli oneri di sistema, estesi all'energia autoprodotta e autoconsumata (70 milioni), gli oneri di funzionamento del Gse spostati a carico dei beneficiari degli incentivi (30 milioni), la cancellazione dello sconto per i dipendenti del settore elettrico (23 milioni) e la rimodulazione delle agevolazioni per le Fs (80 milioni). Tra le altre misure già operative ci sono la riduzione dei benefici al sistema di interrompibilità (140 milioni), la riduzione dei benefici al Vaticano (1,5 milioni), la riduzione della spesa per i certificati verdi (456 milioni) e le risoluzioni anticipate per le convenzioni Cip6, da cui è atteso un risparmio di 614 milioni, ma solo se non ci saranno ulteriori richieste, per le quali c'è tempo fino al 30 settembre. Della lista, infine, fanno parte anche due misure in corso di attuazione: la rimodulazione degli incentivi alle altre rinnovabili e il trasferimento a beneficio delle tariffe di 104 milioni di extragettito della Robin Tax. Da tutto ciò, conclude il ministero, si potrà dunque arrivare a un risparmio totale fino a 2,7 miliardi. Gli effetti di alcune di queste misure, insieme al calo del prezzo del petrolio, si sono già visti a partire dal primo gennaio, con le tariffe elettriche stabilite per il mercato tutelato (vale a dire la maggioranza di famiglie e pmi) dall'Autorità per l'energia il 29 dicembre scorso: per l'elettricità, infatti, è stata decisa una riduzione del 3%.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 6 febbraio 2015

 

 

Pisus, ecco gli 8,5 milioni: via ai cantieri - il piano

Da Palazzo Biserini ai tracciati ciclo-pedonali, i fondi sbloccati saranno utilizzati per riqualificazioni e sostegno al turismo
Da possibile eterna incompiuta, scivolata come l’olio verso il dimenticatoio senza che nessuno quasi se ne accorgesse, a maxi-pratica da aprire in fretta perché sennò ci si dovrà mettere una pietra sopra per davvero. Il treno Pisus sta finalmente passando, col suo carico imperdibile di otto milioni e mezzo di euro per una serie di progetti mirati alla riqualificazione urbana e al rilancio turistico. E il Comune ci sale di corsa dopo averlo chiamato e aspettato invano fin dai primi mesi del mandato Cosolini. LA DELIBERA È di questi giorni una delibera della Giunta Cosolini che dà mandato alla dirigenza del Municipio di firmare subito la convenzione con la Regione con cui vengono sostanzialmente sbloccati (con un travaso contabile resosi necessario altrimenti tutto rischiava di finire in cavalleria, si legga qui sotto, ndr) gli eurofondi Pisus conservati finora sotto vetro. Erano i fondi per la realizzazione dei progetti per i quali proprio la Regione aveva già detto sì a suo tempo al Comune di Trieste, arrivato secondo dopo Tarvisio nella graduatoria degli enti del Friuli Venezia Giulia che per l’appunto avevano chiesto e ottenuto dei finanziamenti previsti dal cosiddetto Bando Pisus. I SOLDI Entrano nelle reali disponibilità di spesa dell’amministrazione cittadina, dunque, i cinque milioni e 748mila euro già ammessi a finanziamento dalla Regione, per cantieri e progetti turistici in chiave ecosostenibile, secondo la graduatoria uscita quasi due anni fa che prevedeva da regolamento un tetto di sei milioni. Poco sotto il massimo consentito insomma. A questi, ed ecco la novità che sta nei numeri oltre che nello sblocco dei soldi, vanno aggiunti i due milioni e 762mila euro (sempre esistiti a loro volta ma molto meno citati negli annunci del passato) che il Comune viene chiamato a dare contribuendo nella misura dovuta secondo il bando medesimo, vicina in questo caso a un terzo del totale. I CANTIERI URBANI Ma a cosa servirà questo maxi-fondo? Anzitutto a lanciare una serie di cantieri, tra Cittavecchia, Borgo Giuseppino e Borgo Teresiano: centro e non periferie perché il bando imponeva questo. In attesa che se ne conoscano i dettagli (Cosolini cova l’idea di una conferenza stampa nei prossimi giorni, in seguito alla controfirma della Regione sulla convenzione attesa per oggi, alla presenza dei quattro assessori coinvolti, Elena Marchigiani per i Progetti complessi, Andrea Dapretto per i Lavori pubblici, Edi Kraus per lo Sviluppo economico e Paolo Tassinari per la Cultura) si sa al momento, anche in base a quanto era stato comunicato all’epoca dal Municipio, che parte dei fondi sarà impiegata per cinque interventi prioritari. Il primo: dieci nuove stazioni di “bike sharing”, per l’utilizzo comune di bici che già tira in altre città europee. Il secondo porterà al rinnovo di tre tracciati stradali anche in chiave ciclo-pedonale: in via Duca d'Aosta (da piazza Hortis al Museo Sartorio di largo Papa Giovanni), eppoi in via XXX ottobre e via Ghega, in una sorta di prosecuzione ideale dei progetti di riqualificazione, coperti invece da altre poste ministeriali, di Ponterosso e via Trento, che finora si sono concretizzati nel celeberrimo Ponte Curto. Il terzo intervento sarà l’annunciata copertura del Salone degli incanti con pannelli solari (il cui costo dell’operazione si aggira sui 500mila euro), il quarto la ristrutturazione del piano terra di Palazzo Biserini, il quinto il rilancio degli spazi verdi di piazza Hortis e Campagna Prandi, sopra il giardino di via San Michele verso l’Orto lapidario. TURISMO E BANDO PRO-PMI I due successivi filoni di finanziamento Pisus hanno invece l’obiettivo dichiarato di spingere e far girare il volano turistico. Uno si richiama specificatamente alla cultura e prevede in primo luogo una cosiddetta “certificazione museale”, da accompagnare a un ampliamento di orari e servizi in genere per qualificare l’offerta triestina, oltre che un coordinamento più stretto tra i vari poli museali. L’altro filone, legato alla dicitura “risorse economiche”, contempla per l’appunto una serie di finanziamenti per progetti mirati a coordinare e migliorare l’attività del comparto turistico. Si va dunque dal futuro piano di marketing per le crociere (dove evidentemente il Comune intende ribattere un colpo in casa Ttp) ad altre iniziative meno settoriali di promozione turistica e pubblicizzazione d’eventi. Ed è proprio qui che s’inserisce una delle “pensate” più attese del Pisus. È il bando da un milione e 200mila euro dedicato a Pmi e imprese artigiane per contributi a fondo perduto da investire proprio in vari progetti di supporto all’attività e alla promozione turistica. I TEMPI Il bando per le Pmi sarà pubblicato a inizio marzo e darà a sua volta un mese per la presentazione delle domande, in modo tale da consentire al Municipio di chiudere l’istruttoria per l’autunno e staccare gli assegni entro l’anno. Ma è tutta l’operazione Pisus che l’amministrazione Cosolini punta a “istruire” e far partire tra la fine del 2015 e l’inizio del 2016, prima delle prossime elezioni amministrative chiaramente. La chiusura dell’intera “partita”, anche se alcuni cantieri potranno finire pure molto prima, è fissata quindi per il 2019. Da lì non si scappa, anche perché è proprio quello il termine ultimo per la rendicontazione. Pena la perdita della pecunia.

Piero Rauber

 

Marchigiani: «L’obiettivo è fare presto». Cosolini: «Finanziamento che vale doppio»
OGGI A UDINE LA CONTROFIRMA “CUMULATIVA” DI BOLZONELLO
«Aspettiamo solo la controfirma della Regione: noi siamo già pronti, è vero che per la rendicontazione ci sarà tempo fino al 2019 ma il nostro obiettivo è fare veloci, non è colpa nostra d’altronde se si è perso così tanto tempo». Promesse e polemiche di Elena Marchigiani (assessore degli assessori dall’alto della delega ai Progetti complessi qual è il Bando Pisus, nella foto qui a sinistra) che chiama in causa la precedente amministrazione regionale Tondo per un iter iniziato in Regione a metà 2011 e sbloccato di fatto solo a fine 2014. «Su questo tipo di operazione - chiude Marchigiani - l’interesse di questa amministrazione è a mille. La consideriamo prioritaria. E il fatto che il Comune sia pronto a lanciare ad esempio già il bando per le Pmi è la dimostrazione che, per noi, gli interventi del Pisus erano e sono assi strategici». E la controfirma della Regione, sorta di sigillo più che altro mediatico, ormai, è attesa proprio per oggi a mezzogiorno a Udine, alla presenza del vice-Serracchiani Sergio Bolzonello, che nella Giunta regionale detiene appunto la delega alle Attività produttive, e dei delegati di tutti i comuni ammessi al finanziamento. «Dal nostro punto di vista - aggiunge in proposito il sindaco Roberto Cosolini - in primo luogo c’ è tanta soddisfazione, come avevamo già espresso in passato, per aver partecipato con successo a un bando piuttosto folto di pretendenti. Dopo aver dovuto sopportare un periodo carico di preoccupazione perché la Regione aveva rallentato l’iter si può finalmente cominciare a lavorare a un progetto integrato tra lavori pubblici, riqualificazione urbana, interventi su cultura e turismo e, più in generale, sullo sviluppo economico. Il tutto in un’epoca in cui acquisire risorse per via ordinaria è un problema. Averle ottenute con competizioni di questo tipo è doppiamente importante, dato che vanno ad arricchire un Piano delle opere cui abbiamo cercato di dare, nonostante tutto, a cominciare dal Patto di stabilità, una bella spinta.

(pi.ra.)

 

Un iter preliminare durato tre anni e mezzo
La Regione lanciò nel 2011 il bando europeo, il Comune rispose classificandosi secondo
Pisus è l’acronimo di “Piani integrati di sviluppo urbano sostenibile”. È un Programma complesso come lo era il Piano Urban, che ha portato anzitutto alla rivitalizzazione di Cittavecchia, per intendersi, e di cui il Pisus è l’erede naturale. Eurofondi in entrambi i casi. Il fatto è che, per utilizzare le risorse Pisus, l’amministrazione Serracchiani è stata chiamata a travasare, su stessa autorizzazione dello Stato, quelle che erano in origine poste comunitarie all’interno di voci di finanziamento nazionali, altrimenti sarebbero andate perdute. I fondi europei cui il Pisus si legava infatti si riferivano al periodo 2007-2013, pertanto non si sarebbero neanche potuti spendere perché il tempo era scaduto. E così è stato congegnato il trasferimento della dicitura “Progettazione integrata per uno sviluppo territoriale sostenibile - Pisus” all’interno di un più italiano Pac, il Piano di azione e coesione della Regione Fvg, che dà tempo da qui al 2019. Nella delibera della Giunta comunale che autorizza i dirigenti a firmare la convenzione c’è d’altronde tutta la cronistoria, come a voler ribadire politicamente, in un provvedimento tecnico, che questa era una delle prime scommesse del mandato Cosolini. Proprio il primo giugno 2011, mentre il successore di Dipiazza entrava in Municipio, la Regione lanciò il Bando Pisus. Il Comune rispose, partecipò e si classificò secondo. Nel frattempo, così si legge nell’ultima delibera della Giunta Cosolini, «visti i ritardi riscontrati nel corso del 2011 nell’avanzamento finanziario della programmazione comunitaria», «in data 27 febbraio 2012» gli organismi dello Stato preposti alla vigilanza sull’impiego degli eurofondi aprirono a possibili «riprogrammazioni anche mediante l’adesione al Pac». E l’adesione avvenne per delibera di Giunta regionale il 21 marzo 2014, dopo il passaggio del 15 giugno 2013 con cui la stessa Giunta regionale, a due mesi dall’insediamento di Serracchiani, formalizzò il Comune di Trieste tra i cosiddetti «organismi intermedi del Bando Pisus». Il 29 luglio 2014 la Regione approvò «la graduatoria definitiva del Pisus», a «conferma» dei «dati già pubblicati sul Bur in data 2 maggio 2013». L’ultimo capitolo il 23 dicembre 2014, quando sempre la Regione inviò al Comune la convenzione da firmare. Totale: tre anni e mezzo di iter preliminare. Ora si può partire.

(pi.ra.)

 

 

«Non c’è un solo euro per l’alta velocità»
Mainardi, ex commissario della Tav Venezia-Trieste, smonta le certezze regionali sul piano di Rfi
TRIESTE «Nel piano industriale Rfi 2014-17 non c’è un euro per l’alta velocità in Friuli Venezia Giulia, ma nemmeno per il Nord Est. Né ci sono fondi nello Sblocca Italia e nella legge di Stabilità». Bortolo Mainardi, commissario della Tav Trieste-Venezia dall’agosto 2011 al marzo dell’anno scorso, smonta le certezze della Regione sull’avvio della progettazione preliminare della velocizzazione della linea ferroviaria (un investimento da 1,8 miliardi condiviso anche dal Veneto) rese note al termine dell’incontro della scorsa settimana tra Debora Serracchiani, l’assessore alle Infrastrutture Mariagrazia Santoro e l'amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato Michele Mario Elia. «Dopo 13 anni non c’è ancora un tracciato definito, condiviso, progettato, approvato», rileva l’architetto bellunese ricordando che, prima che la politica decidesse la sua mancata riconferma, «fu lo stesso ministro Lupi, muovendo dalla mia proposta di modernizzazione/potenziamento per fasi del tracciato esistente, ad affermare l’opportunità di abbandonare il progetto del dicembre 2010 di Rfi e di avviare gli studi per velocizzare la linea in modo da portarla a 200 km all’ora». Mainardi dice però di essere perplesso sui numeri che Ferrovie aveva trasmesso rispetto a quel ridimensionamento (dai 7,4 miliardi iniziali a 1,8 miliardi): «Quest’ultima cifra a oggi non si sa su quale documentazione tecnica di fattibilità è stata definita. Nelle oltre trenta relazioni mandate al ministero ho sempre sostenuto che, per la prima fase di modernizzazione, con interventi mirati appunto alla velocità di crociera di 200 km/h da Mestre a Trieste, i costi complessivi, compresa la Linea dei Bivi in Veneto e la variante in galleria a Latisana, si aggirano attorno agli 800 milioni». Fatto sta che, prosegue l’ex commissario, «al febbraio 2015 nemmeno l’iter procedurale/autorizzativo si può dire concluso. Il progetto preliminare Rfi del 2010 previsto nelle quattro tratte da Venezia a Trieste è ancora in fase istruttoria in commissione speciale Via e rimane quindi in attesa di un parere. Nessuna richiesta ufficiale di sospensione è stata depositata mentre Rfi ha già versato al ministero dell’ambiente più di 3 milioni di euro e per la progettazione a Italferr altri 11,3 milioni». Detto che, «per quanto di mia conoscenza nessun “lotto costruttivo” è immaginabile cantierabile entro il giugno 2015, e dunque non sono previsti fondi neppure nello Sblocca Italia», Mainardi conclude: «In Italia si continua a non capire che anche per le linee ad alta velocità dei Corridoi europei bastano e avanzano interventi di tipo upgrading. E si continua a non obbligare gli attori che progettano e realizzano le opere al rispetto dei contratti e dei tempi, in assenza pure di una “responsabilità terza” che controlli la qualità tecnica delle scelte dei tracciati di progetto e verifichi costantemente i costi».

m.b.

 

COLLEGAMENTI - Luka Koper:  «Non ci serve  la ferrovia  con Trieste»

Il collegamento Trieste-Capodistria non interessa a Lubiana, possibilista soltanto per quanto concerne una metropolitana leggera per passeggeri.

Non trova conferme l’illazione secondo cui Luka Koper, la società statale che gestisce il porto di Capodistria, delusa per le difficoltà a reperire finanziamenti da parte dello Stato sloveno per il raddoppio della linea ferroviaria Capodistria - Divaccia starebbe valutando la possibilità di collegare via ferrovia i due scali di Capodistria e di Trieste.Anche se nulla sarebbe escluso in una prospettiva a lungo termine. «Al Porto di Capodistria non stiamo lavorando sull'ipotesi del collegamento ferroviario Capodistria - Trieste. Almeno non per ora». È quanto ha fatto sapere al Piccolo il presidente di Luka Koper Dragomir Matic attraverso il responsabile delle relazioni esterne Sebastjan Sik. «Il nostro interesse, così come l'interesse di tutte le aziende slovene che lavorano nel settore portuario e logistico - è stato specificato da Capodistria - è la costruzione della nuova linea Capodistria - Divaccia che è, citando il premier Miro Cerar, uno dei principali progetti strategici del suo governo». Il collegamento Trieste - Capodistria, proposto da parte italiana ha sempre trovato una certa avversione di Lubiana possibilista soltanto per quanto concerne una metropolitana leggera per trasporto passeggeri, ma contraria a un collegamento merci. La possibilità di un mutamento di rotta si era palesata nei giorni scorsi in occasione della visita a Lubiana del commissionario europeo per la Politica regionale, Corina Cretu allorché è stato evidenziato che il costo complessivo per il raddoppio Capodistria - Divaccia è stato stimato in circa 1,35 miliardi di euro, cifra per la quale però non è ancora stata identificata la possibile copertura. Date le difficoltà di reperire le risorse era trapelato che l'amministrazione del porto starebbe valutando valide alternative tra le quali il collegamento ferroviario con Trieste, al cui finanziamento Luka Koper potrebbe addirittura partecipare in proprio. Emerge però ora che la mezza affermazione sarebbe stata fatta quasi come una sorta di provocazione per indurre il governo di Lubiana ad attivarsi più incisivamente per il reperimento dei fondi per la Capodistria - Divaccia.

(s.m.)

 

«Museo ferroviario, serve una Fondazione»
Denunciata in un incontro l’incertezza sul futuro della stazione di Campo Marzio
Creare una fondazione che gestisca il Museo Ferroviario di Campo Marzio, intitolata a Marcello Spaccini. Il comitato “Salviamo la Transalpina” ha organizzato un incontro per lanciare la proposta affinchè la futura fondazione possa portare il nome del sindaco - ferroviere. Il discorso si era arenato al 2013, al momento del progetto iniziale, con il silenzio da parte degli entii locali. Luigi Bianchi, promotore del comitato ha ricordato che il sindaco ferroviere ha sempre operato a favore del nodo ferroviario di Trieste strategico sul piano europeo per il porto italiano leader nei traffici estero per estero. Fra i segni del suo operato non si possono dimenticare la Grande viabilità triestina, opera necessaria per collegare il porto al sistema viario, il Piano regolatore che diede un assetto moderno alla città, il Piano del traffico urbano e la galleria di circonvallazione ferroviaria con l'eliminazione del trasporto merci lungo le Rive. Ma la destinazione d'uso dell'immobile di Campo Marzio resta un mistero perché non rientra fra le 41 stazioni che le Ferrovie vorrebbero cedere ad associazioni o enti: eppurea risulta importante non solo quale sede del Museo Ferroviario, ma anche quale capolinea della ferrovia transalpina che s'inquadra nel Progetto Adria A. A rilanciare l’allarme sul possibile futuro del Museo sono arrivate le parole di Roberto Carollo, responsabile della struttura: «Al momento gli interlocutori preposti al discorso Fondazione sono scomparsi e non abbiamo idea quale sia la destinazione d'uso di questa stazione» Nessuna buona notizia dunque anche se sono in corso i lavori di messa in sicurezza della facciata dello storico edificio.

Andrea Di Matteo

 

Stazioni di Draga Sant’Elia e Rozzol, le salvi la Sovrintendenza
LA LETTERA DEL GIORNO di Massimiliano Di Biagio

Ho letto con grande interesse, nel corso del 2014, la serie di articoli pubblicati sul Piccolo inerenti le piccole stazioni ferroviarie che insistono sul territorio della provincia di Trieste. Ho colto così l’occasione, dopo qualche tempo, di andare a dare un’occhiata a due realtà architettoniche che mi sono sempre state più a cuore delle altre: la stazione di Draga Sant’Elia e quella di Rozzol. La prima è ormai dismessa da tempo, vittima della chiusura della ferrovia Trieste-Erpelle. Tuttavia è un esempio di architettura ferroviaria unico nel suo genere, con la sua struttura sopraelevata a due livelli, la pietra bianca, l’essere stata l’estrema stazione italiana al confine orientale nei tempi bui della fase critica della Guerra Fredda. L’edificio giace in uno stato di pietoso abbandono, con il tetto in parte crollato. Eppure, la sua ubicazione appare molto utile dal punto di vista turistico, con la pista ciclopedonale al posto del vecchio sedime a pochi metri dall’entrata di quella che era la biglietteria e la sala d’aspetto. Un vero esempio di un “no se pol” tutto nostro, quando è facilmente immaginabile la creazione di una struttura di ristoro o di un centro visite per il parco della Val Rosandra, o comunque di un’entità presenziata di qualche tipo (accoglienza e controllo), magari con le strutture adiacenti a valle, anch’esse deserte, tenendo conto che la ciclabile è anche strada d’accesso per quell’umanità in fuga da guerre e devastazioni; basta uscire di qualche metro dalla via principale per rendersene conto. Forse peggiore è la situazione della stazione di Rozzol. Unico esempio di architettura delle Ferrovie dello Stato austriache rappresentante una stazione di media importanza nel comprensorio triestino, l’ho visitata (o meglio ho cercato di farlo) approfittando dell’apertura dello splendido Museo de Henriquez. Via Cumano, nella sua parte finale, è un luogo magico per l’appassionato dei trasporti triestini: la strada nella sua parte finale presenta ancora ai lati la vecchia palificazione della linea aerea delle rimpiante “filovie” e - sulla destra della rotonda dove il filobus effettuava l’inversione - volgendo lo sguardo verso monte si vede la prima costruzione di matrice ferroviaria, a testimonianza della vicinanza della stazione. Non è difficile immaginare, in questo senso, un pacchetto di offerta turistica che permetta ai visitatori di vedere il Museo di Campo Marzio e da lì, tramite mezzo storico, trasferirsi lungo la Transalpina fino a Rozzol, essendo il comprensorio museale di via Cumano a 10 minuti di cammino dalla stazione. In questo modo, quella inerente al comprensorio delle caserme non sarebbe più una zona abbandonata e povera di servizi, come si è letto.Ma la Transalpina è di fatto chiusa, alla faccia di chi pensa alla metropolitana leggera, e la stazione di Rozzol giace abbandonata, le finestre nel migliore dei casi aperte o assenti, chiusa in un cantiere che - anche lui - sembra abbandonato. Ricordo, all’interno della stazione, visitata in uno dei vari “Binari sconosciuti” di una volta, le scritte originali in ceramica smaltata, in italiano e tedesco, i piani originali della stazione, le suppellettili e gli arredamenti - anch’essi originali - in legno della biglietteria. Alla Soprintendenza, che dimostra particolare attenzione ai dettagli architettonico-paesaggistici della città, al punto di controllare il colore delle traversine in cemento del tram, chiedo rassicurazioni sugli arredamenti e lumi sul futuro di questi due manufatti.

 

 

«Piccola ma potente la minoranza anti-Falesie» - RISERVA, IL regolamento “CONGELATO”
Rozza: «Gruppo che per affari o per principio ha sempre ostacolato questa possibilità di sviluppo»

DUINO AURISINA «Si andrà in Consiglio non appena sarà terminata l'operazione di chiarezza e verità che abbiamo avviato e che stiamo conducendo con i vari portatori di interesse, anche in questi giorni. Sono fiducioso che il consenso sarà molto ampio». A intervenire sulla questione-Falesie, il cui regolamento della Riserva naturale non passerà in aula a fine febbraio e forse neppure a marzo, è ora il presidente della Seconda Commissione Maurizio Rozza. Il quale, nonostante le spaccature in maggioranza circoscritte peraltro alle limitazioni sugli specchi acquei per nuotatori, canoe e barche, non perde il consueto sense of humour. «Dopotutto - sorride - siamo in ritardo solo di 19 anni nell'attuazione della riserva. Tutto è prorogabile in Italia... Si può prorogare all'infinito». «Ma il punto vero - aggiunge Rozza - lo ha toccato la consigliera Legisa: culturalmente il Carso è in grado di seguire le indicazioni mondiali, europee, nazionali e regionali sulla tutela della biodiversità? I 19 anni trascorsi a colpi di deroghe su questa e altre aree protette parlano chiaro. Per essere ancora più comprensibili – conclude Rozza - la stragrande maggioranza della comunità è assolutamente in grado di gestire aree protette ma esiste una piccola minoranza che, per questioni di affari o principio, ha sempre ostacolato questa possibilità di sviluppo. Ed è una minoranza con grande capacità d’incidere sulla politica». Dunque il “congelamento” del voto per 60 giorni non è passato indolore all'interno del centrosinistra. Ciò non significa che alla fine non si riesca a trovare la quadra, la Lista Kukanja anzi ci sta lavorando, pur se al momento preferisce rimanere abbottonata sulle soluzioni. «In linea di massima – così Walter Ulcigrai, capogruppo – il regolamento va bene. Ciò su cui dissento sono le limitazioni a nuotatori e pescatori: non dimentichiamo che quella è una riserva terrestre e non marina. Non fare arrampicare la gente o non consentirle di compiere qualche bracciata equivale al vietare il transito dei bus sulla 14 perché le vibrazioni sulla strada potrebbero infastidire il falco pellegrino. Che, per inciso, è lì da 30 anni almeno. Infatti mi chiedo: che fastidio può arrecargli una barca a 300 mt dalla linea di costa?». Quanto agli espropri Ulcigrai ammette si tratti di una «questione ancora da approfondire». «Comunque – conclude – credo si riuscirà, tutti insieme, a trovare una soluzione condivisa». Fiducioso in merito alla questione anche il vicesindaco Massimo Veronese, cui però il termine “congelamento”, riferito al voto sul regolamento-Falesie, non piace: «Più che congelamento si tratta di una prosecuzione del percorso partecipativo avviato un anno fa e in cui io stesso, avendovi preso parte, mi riconosco. Un percorso che riteniamo di implementare, perché bisogna approfondire alcuni temi».

Tiziana Carpinelli

 

 

Ferriera, Sossi contro Lauri: «Non parla per Sel»
Scintille all’interno del partito. Shaurli (Pd): da M5S solo ricerca di visibilità
Ancora bagarre politica sulla Ferriera. «Giulio Lauri è fuori dalla linea del partito. Esiste la mozione - da noi depositata in Consiglio comunale e bocciata dall’aula - in cui chiedevamo che alla fine del percorso di riconversione della Ferriera venisse superata l’area a caldo». Lo sostiene Marino Sossi: il capogruppo di Sel in Comune non ha gradito che in Consiglio regionale il collega di partito Lauri, assieme al Pd, abbia affossato l’altro ieri l’emendamento con cui M5S mirava alla chiusura dell’area a caldo della Ferriera. Quella cui punta il gruppo di Sel in Comune. «Questa linea - afferma Sossi - è stata concordata col responsabile nazionale di Sel per l’ambiente Marco Furfaro. Continueremo questa battaglia, che sta nel programma di coalizione della maggioranza. Lauri? Una posizione personale». «La salute dei lavoratori e dei cittadini è, assieme all’occupazione e alla sua difesa, una delle priorità di questa maggioranza. Questo vale in particolare per tutta l’area di crisi industriale complessa di Trieste e per la Ferriera di Servola» replica invece Lauri, rispondendo alle accuse rivolte alla giunta regionale da parte del consigliere del M5s Andrea Ussai. «Oltre ai 26,1 milioni di euro già previsti in finanziaria, con il Rilancimpresa - precisa - la maggioranza ha stanziato altri 10 milioni di euro, e queste risorse, su proposta della maggioranza, primi firmatari il capogruppo del Pd Shaurli e il sottoscritto, saranno utilizzate per le esigenze di risanamento ambientale e di riconversione industriale dell’area previste nell’accordo di programma. Per la riduzione delle emissioni dell’area a caldo l’accordo prevede che vengano realizzati da subito per la cokeria e per l’altoforno il revamping, il tamponamento e l’adeguamento della torre di spegnimento, e la captazione localizzata delle polveri e delle emissioni diffuse, il potenziamento del sistema di aspirazione e di irrorazione dell’agglomerato e la pavimentazione delle aree di messa a parco e delle strade interne». «Le dichiarazioni del M5S sulla Ferriera si possono definire solo come ricerca di visibilità. Credo sia irresponsabile giocare su salute e aspettative lavorative, chiedendo l’immediata chiusura della cokeria»., aggiunge Cristiano Shaurli (Pd) rispondendo a sua volta alle accuse di Ussai. Ma ancora dai grillini, i portavoce del Movimento in Comune Stefano Patuanelli e Paolo Menis precisano che «la proposta del M5S di convocare un Consiglio comunale straordinario sulla Ferriera con la presenza del cavalier Arvedi e della presidente Serracchiani è stata sottoscritta da molti altri consiglieri (di maggioranza e opposizione) ed è stata protocollata il 4 febbraio. Ora il presidente Furlanic ha 20 giorni di tempo per fissare la data del Consiglio».

 

 

I datteri ricompaiono nelle acque di Zara
Il miglioramento della rete fognaria produce i primi risultati. Presenti anche pinne nobili e ricci
ZARA Pinne nobili, datteri e ricci di mare. Sono molluschi presenti nelle acque del porto di Zara, a conferma che i recenti interventi di miglioria alla rete fognaria della città del maraschino hanno dato risultati tangibili. A detta dei biologi e di coloro che capiscono (e scrutano attentamente) il mare, parliamo di tre specie che non vanno assolutamente d’accordo con acque inquinate. Proprio nei giorni scorsi un lettore del portale zaratino Zadarski.hr, Ivan Sikiric, ha pubblicato una serie di foto scattate nei fondali del porto e dalle quali si capisce che i “datoli” abitano ancora in questa piccola porzione dell’Adriatico. A questo rinvenimento si era aggiunta una decina di giorni fa un’altra, importante scoperta: nelle acque antistanti Val dei Ghisi (Jazine), sempre a Zara, sono riapparse le pinne nobili, altra specie rigorosamente protetta dalla legge sulla pesca marittima e che negli ultimi anni sembravano definitivamente scomparse. Se a ciò aggiungiamo i ricci marini – anch’essi prediligono acque pulite – il quadro si presenta davvero incoraggiante. E’ il risultato, sostengono gli esperti, dell’opera di rinnovo delle fognature cittadine, lavori che durano tuttora e vedono mezza Zara “sotto assedio”, con numerose vie e piazze transennate e trasformate in cantieri. Tornando al dattero di mare, l’estrazione, commercializzazione e consumo di questo prelibato bivalve sono vietati dal 1995. Nonostante le pene draconiane, si calcola che ogni anno nelle acque croate dell’ Adriatico vengano portate in superficie circa 25–30 mila tonnellate all’anno. Nei tempi di crisi, sono numerose le persone che si occupano di questa proibita attività’, che garantisce ottimi guadagni e (in parecchi casi) anche multe salatissime e persino pene detentive. Se pizzicati dalle forze dell’ordine, le persone fisiche saranno condannate a pagare da 6 a 30 mila kune, che al cambio fanno da 778 a 3890 euro. Per le persone giuridiche la multa va da un minimo di 30 (3890) ad un massimo di 300 mila kune (38900 euro). Oltre a ciò, per ogni dattero si pagano 50 kune (6,5 euro) aggiuntive. Se poi la polizia riesce a fermare singoli o gruppi che vendono i “datoli” all’estero, si può anche essere condannati da un minimo di 6 mesi ad un massimo di 8 anni di reclusione. I “punti caldi” nel versante croato dell’ Adriatico? Sicuramente i fondali delle coste occidentali dell’Istria, dove l’attività estrattiva pare non conoscere soste. Ci sono poi le aree nei dintorni di Spalato e Sebenico, mentre negli ultimi anni sono di “moda” anche le isole. Il mercato nero, così da fonti ufficiose, offre un chilo di “datoli” da 150 a 200 kune (da 19,5 a 26 euro), mentre i ristoratori, quelli sprezzanti del pericolo, chiedono 500 kune (65 euro) per un chilo di questo frutto proibito.

(a.m.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 5 febbraio 2015

 

 

Ferriera, è bagarre in Consiglio regionale

M5S tenta il blitz contro l’area a caldo. Dipiazza: si parla di accordi da 22 anni. Travanut: ex sindaco correo
Bagarre sulla Ferriera ieri in Consiglio regionale. Tra M5S, Pd, Sel e buona parte del centrodestra sono volate accuse. Roberto Dipiazza, nell’accarezzare l’idea di un terzo mandato da sindaco, promette addirittura la «cittadinanza onoraria» alla presidente Debora Serracchiani nel caso riuscisse nel non facile compito di assicurare lavoro e salute. E lei sfida l’aula tutta «a vincere le elezioni» e a provarci. Si dibatte sui 10 milioni di euro contenuti nel “Rilanciaimpresa”, la legge della giunta che dà ossigeno al sistema industriale del Fvg. Un intero articolo è dedicato all’area di crisi complessa di Trieste. I milioni vanno ai progetti di ricerca, innovazione, efficientamento energetico, riconversione e tutela ambientale, con un occhio di riguardo per la siderurgia. Dunque la Ferriera. I grillini vogliono arrivare al sodo – «di parole ne abbiamo sentite tante, i soldi devono avere una destinazione precisa», graffia Andrea Ussai - e tentano il blitz con un emendamento «per la chiusura e la riconversione dell’area a caldo». La norma, che non passerà, avrebbe fermato la cokeria. Pd e Sel, con il sostegno del centrodestra, affossano il tentativo partorendo un subemendamento che in sostanza, ricalcando le premesse dell’accordo di programma con Arvedi, afferma che gli incentivi sono concessi «considerando le esigenze di risanamento e di riconversione». Il dibattito che si innesca porta a galla le contraddizioni che hanno segnato l’annosa vicenda. Dipiazza: «La Ferriera è un cancro per la città – dice – siate seri... sono 22 anni che si parla di accordi. E le centraline venivano controllate dall’azienda. Era l’azienda che ci dava i dati sull’inquinamento». Ancora: «Sono passati anni dalla concessione dell’Aia (Autorizzazione integrata ambientale, ndr), ma non è cambiato nulla. Avete dato l’Aia con Cosolini assessore regionale, una vergogna». Il Pd lo stoppa, con Mauro Travanut: «Sei correo di questa situazione». Giulio Lauri di Sel è più duro. Prima ricorda al M5S che «la maggioranza non ha bisogno di aiuto dai grillini per risolvere la questione visto che l’accordo di programma prevede investimenti per arginare le emissioni», e poi prende di mira Dipiazza. «L’Aia era stata sottoscritta dalla Regione d’intesa con il Comune, di cui lui era sindaco. Dovrebbe spiegare perché aveva fatto campagna elettorale promettendo la chiusura dello stabilimento...». Intervengono in tanti, ma è Serracchiani a spiegare: «La Ferriera potrà continuare a produrre solo se prima sarà stato completato il risanamento ambientale», puntualizza. Per poi evidenziare come anche Arvedi «intende proseguire l'attività solo se viene parallelamente definito il risanamento. Non illudiamoci - aggiunge - che se non fosse arrivato quell'imprenditore avremmo risanato comunque l'ambiente. Quel sito sarebbe rimasto una cloaca a cielo aperto».

Gianpaolo Sarti

 

 

Fi interroga Cosolini: perché l’orto del Pd è sempre più verde?

Everst Bertoli prende di mira Anna Mozzi, consigliere comunale, presidente in carica in quota Pd della Quarta commissione Lavori pubblici.

Scartabellava elenchi a caccia di una cosa (qualche testa eccellente tra i proprietari dei terreni “scalati” da non edificabili a edificabili e dunque valorizzati nell’iter del Piano regolatore tuttora in corso) ma in realtà il capogruppo di Forza Italia, Everest Bertoli, ne ha pescata un’altra: il nome di una collega del Consiglio comunale, in forze al partito “rivale” oggi al potere, titolare dell’affitto di un pezzo di terra da circa 240 metri quadrati a Chiadino, datole pur in tempi non sospetti (e di cui non se n’è mai disfatta poi) proprio dal Comune. Collega che è, al secolo, Anna Mozzi, presidente in carica in quota Pd della Quarta commissione competente in materia di Lavori pubblici, Patrimonio immobiliare e Verde pubblico Bertoli, a quel punto, non ha perso tempo, e ha infatti depositato giusto l’altro giorno un’interrogazione diretta a Roberto Cosolini in prima persona, scorporata in tre punti. Primo: è politicamente «opportuno che un consigliere comunale, componente della maggioranza e peraltro anche attuale presidente della commissione Patrimonio immobiliare, abbia ottenuto in affitto un terreno di proprietà del Comune di Trieste da utilizzare come orto giardino?». econdo: perché rinnovarle quella locazione se l’ultima volta in cui c’era da confermare il rinnovo Mozzi non ha rispettato il «Regolamento per la locazione e l’alienazione dei terreni di proprietà del Comune», secondo cui «sei mesi prima della scadenza contrattuale il conduttore comunicherà tramite lettera raccomandata la volontà di rinnovare il contratto, altrimenti lo stesso si intenderà automaticamente risolto», mentre lei in realtà «si è limitata a rispondere per e-mail al secondo sollecito del Municipio»? Terzo: «come spiega la discrepanza tra l’autocertificazione rilasciata in data 17 novembre 2009 dal consigliere in questione, con cui autocertificava il proprio status di pensionato ai fini dell’ottenimento dei benefici previsti (la riduzione del canone da tre a un euro e 17 al metro quadrato l’anno, ndr) e la dichiarazione conservata agli atti degli organi istituzionali relativa allo status degli amministratori locali, sottoscritta in data 5 ottobre 2011, dalla quale risulta invece il pensionamento a partire dal primo settembre 2011?». «Mi risulta che la professoressa Mozzi abbia in affitto quel piccolo terreno da più di vent’anni mentre lei è entrata in Consiglio nel 2011, chissà, forse qualcuno in Comune già negli anni ’90 voleva favorirla... mah, eppoi dicono che in Municipio non si guarda sufficientemente lontano», ironizza Cosolini. Il quale poi si fa più serio, rimandando in effetti direttamente a Mozzi: «Su eventuali incongruenze nelle autocertificazioni mica posso rispondere io, non è compito del sindaco». «È vero, ho quel terreno dal ’92 - replica Mozzi - ma ultimamente, pur continuando a pagare l’affitto, l’ho messo a disposizione di altri cittadini nell’ambito dei progetti dei cosiddetti “Orti urbani” promossi dalla stessa amministrazione comunale. Quanto alla lettera con cui mi veniva chiesto se ero ancora interessata all’affitto, il Comune le manda a tutti i locatari, è la prassi». Già ma le autocertificazioni che non coincidono? «Di fatto - la spiegazione di Mozzi - io nel 2009 ero già in pensione, ma lo ero per metà, nel senso che ho continuato a insegnare (al Petrarca, ndr) fino al 2011 a mezzo servizio, come consente la legge, percependo metà pensione e metà stipendio. Posso fornire anche la documentazione del caso, se serve. Non le ricordavo neanche, quelle autocertificazioni».

(pi.ra.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 4 febbraio 2015

 

 

Falesie, “congelato” il regolamento

«Troppa disparità di vedute sui limiti da imporre» sentenzia il vicesindaco Veronese. Rischio di un “diktat” della Regione
DUINO AURISINA Colpo di scena: si “congela”, senz'altro per il prossimo Consiglio comunale e probabilmente anche per quello di fine marzo, l'approvazione del nuovo regolamento della Riserva naturale delle Falesie. «Così non si può andare al voto», conferma il vicesindaco Massimo Veronese. Troppo spaccata la collettività, con ambientalisti da un lato e Comunelle, pescatori e canoisti dall'altra, a darsi battaglia. Ed evidentemente ancora troppo divisa la maggioranza, che se ora dovesse andare in aula rischierebbe, almeno per una frangia del centrosinistra, di avallare gli annunciati emendamenti dell'opposizione (contraria alle limitazioni di nuoto, kayak e pesca delle seppie) o, peggio, di votare contro il testo, aprendo di fatto una crisi politica. E allora? Si ritorna alla partecipazione, con una serrata scaletta d’incontri pubblici assieme a tutti i portatori d’interesse per arrivare alla quadra. Dunque, nel rispetto delle diverse opinioni e sensibilità dei cittadini, sottolinea Veronese, l'amministrazione Kukanja decide di approfondire ancora, dopo l'iter di un anno fa, i temi contenuti nel regolamento, per arrivare a una sintesi condivisa. In questo caso, però, il nemico diventa lo scorrere delle lancette sul quadrante, perché ai sensi della legge 42/96 sulle aree protette, precisamente l'articolo 18, il testo inviato dall'amministrazione regionale (previa consultazione del Comitato tecnico-scientifico) va adottato dall'organo gestore «entro 60 giorni dalla comunicazione, con le eventuali modificazioni necessarie». Cioè entro il 23 febbraio (la comunicazione da piazza Oberdan è giunta al Comune il 23 dicembre). Altrimenti, trascorso il termine, «il regolamento è approvato con decreto del Presidente della Giunta regionale, su conforme deliberazione della Giunta medesima, su proposta dell'Assessore regionale ai parchi, sentito, limitatamente alle modificazioni introdotte, il Comitato tecnico-scientifico». Insomma, se il Consiglio non adotta, potrebbe scattare una sorta di “silenzio-assenso”. Cosa che non verrebbe comunque presa bene da chi è contrario alle disposizioni. La soluzione? Il vicesindaco non ha dubbi. «Chiederemo una proroga alla Regione - replica -, almeno di 60 giorni. Del resto non ritengo, vista anche la mobilitazione della cittadinanza, che la giunta Serracchiani intenda forzare la situazione, adottando motu proprio il regolamento. Inoltre il termine va interpretato in modo ordinatorio, non perentorio». Quanto alla necessità di riavvolgere il nastro della partecipazione per farlo ripartire così commenta Veronese: «Evidentemente il percorso intrapreso non è stato sufficiente e va ancora approfondito. Con l'assessore Cunja e il presidente di commissione Rozza stabiliremo quanto tempo dare al processo partecipativo d'ora in avanti, ma penso che la proroga sarà almeno di 60 giorni». «Prendo atto - aggiunge - che una parte della comunità ha riserve su qualsiasi cosa venga interpretata come un vincolo sul Carso, probabilmente esasperata da tutta una serie di prescrizioni, paesaggistiche e ambientali. Intuisco vi sia una sorta di preconcetto: da un lato le normative pongono molte prescrizioni a chi vuole intraprendere iniziative, anche il banale cambio di un serramento o la tinteggiatura di una facciata, dall'altro su un progetto come quello del rigassificatore c'è ancora silenzio dalla Regione». «Queste dinamiche - conclude il vicesindaco - possono apparire incomprensibili. Ma noi dobbiamo discutere in aula il regolamento, solo che a queste condizioni non si va da nessuna parte: non c'è unanimità». E un voto contrario sarebbe un boomerang. La Riserva intanto attende il regolamento di attuazione dal lontano 1996. Un rinvio di 60 giorni, se accordato dalla Regione, pare a questo punto una quisquilia.

Tiziana Carpinelli

 

DOMANI - Val Rosandra, natura che cambia - Teatro comunale Bagnoli della Rosandra - Ingresso libero
Al teatro comunale di Bagnoli (piano superiore), domani alle 20.30, si parlerà degli aspetti naturalistici della Riserva naturale della Val Rosandra.

Sarà il forestale, alpinista e fotografo Roberto Valenti, ospite del circolo Prešeren, a introdurre con “Aspetti naturalistici della Val Rosandra” uno degli ambienti più amati e delicati del territorio provinciale. Grazie alla sua professione e alle sue passioni, che lo portano quasi giornalmente nell’area protetta, Valenti riesce a cogliere il modo in cui il paesaggio, la flora e la fauna si modificano nel tempo. Cambiamenti legati sia alle dinamiche di evoluzione naturale, sia alle contingenti condizioni socioeconomiche della popolazione che in quell’area vive e lavora. Una testimonianza che potrà dare un contributo nel ricercare un equilibrio sostenibile tra conservazione e sviluppo. Sarà visitabile la sua mostra fotografica “Carso”, nel foyer del teatro.

 

 

AMBIENTE - M5S consulta i cittadini su “Rifiuti zero”

«Da oggi la proposta di legge del M5S “Rifiuti Zero”, che punta all’eliminazione degli sprechi e alla totale reimmissione dei materiali trattati nei cicli produttivi può essere discussa e migliorata da tutti gli iscritti al Movimento abilitati al voto in Friuli Venezia Giulia direttamente sul blog di Beppe Grillo». Lo annuncia la capogruppo regionale pentastellata Eleonora Frattolin. E spiega che, andando all’indirizzo https://sistemaoperativom5s.beppegrillo.it «è possibile partecipare alla costruzione del progetto di legge. Èun sistema di partecipazione diretta che utilizziamo per la prima volta».

 

Muggia, ancora elettrodomestici tra i rifiuti
Una lavastoviglie piazzata tra le immondizie, l’assessore Decolle: «Si mobilitino tutti i cittadini»
MUGGIA «Muggia non vuole subire silenziosamente questi episodi incivili». Stefano Decolle, assessore alla Promozione della città di Muggia, è inviperito. Il motivo del rimbrotto è l'ennesimo caso di abbandono di elettrodomestici e mobili nelle strade muggesane. Ieri è stata rinvenuta una lavastoviglie in via Colarich, piazzata “agevolmente” tra due bidoni delle immondizie. Poco più in là un altro pezzo di elettrodomestico. Purtroppo nell'ultimo anno tali fenomeni sono stati in crescita esponenziale. E per una cittadina civile come Muggia la misura inizia a diventare davvero colma. «Anche i più piccoli gesti, che all'apparenza sembrano innocui, rappresentano egoismo e maleducazione verso un’intera comunità - spiega Decolle -. Se insieme riusciamo a fare sentire la nostra condanna morale a chi compie questi gesti, forse non sarà più così frequente trovare deiezioni canine in strada, interi sacchi di immondizie nei piccoli cestini, mozziconi di sigarette a terra o nei tombini». Evidenziando poi il concetto che la maleducazione di qualcuno è degrado a spese di tutti per Decolle «ciascuno di noi dovrebbe far sentire la propria disapprovazione verso chi non ha senso civico perché un cattivo esempio può e deve essere messo in risalto da tutti i cittadini virtuosi a cui, invece, il nostro territorio sta a cuore». Esiste un servizio a domicilio e chiamando il numero verde 800329669, si ha la possibilità di vedere ritirato il proprio rifiuto ingombrante gratuitamente. In alternativa, gli orari di apertura al pubblico del Centro di raccolta di Vignano sono dal lunedì al giovedì 8.30-14.30, venerdì e sabato 10-16 e la prima domenica del mese 8-12. Rimane ora da capire se l'amministrazione comunale prenderà qualche altra iniziativa. Le telecamere di videosorveglianza sono state potenziate nei punti nevralgici della cittadina, che però evidentemente si trovano tutti nel centro. La periferia e i borghi più lontani rimangono invece scoperti dall'occhio del Grande Fratello. Di sicuro, come evidenziato dalla giunta Nesladek per voce di Decolle e in generale da tutte le persone di alto senso civico, la maleducazione non può più essere tollerata. Ma in questo caso la collaborazione da parte di tutti i cittadini appare fondamentale.

Riccardo Tosques

 

 

Delfino trovato morto nelle acque del Golfo
Il cetaceo, avvistato davanti alla diga Rizzo, è stato poi recuperato nel Canale navigabile. Misteriose le cause del decesso
La carcassa di un delfino della specie tursiope, la più comune nell’Alto Adriatico, è stata recuperata ieri nelle acque del Canale navigabile. L’esemplare, un maschio della lunghezza di circa un metro e ottanta e di età compresa tra i due e i tre anni, era in perfette condizioni e sembrava morto da poco, forse un paio di giorni. A trovarlo, lunedì pomeriggio, i vigili del fuoco durante un’uscita in mare: il cetaceo galleggiava a pelo d’acqua nel tratto antistante la diga Luigi Rizzo. Immediata la comunicazione inoltrata alla Capitaneria di porto e agli esperti dell’Area marina protetta di Miramare, con cui è stato concordato il trasferimento dell’animale in un luogo più sicuro. La scelta è caduta appunto sul Canale navigabile, nell’area di proprietà della Crismani: lì il delfino è stato assicurato alla banchina con una cima. Per riuscire a recuperarne il corpo, però, è stato necessario l’intervento dei patologi veterinari dell’Università di Padova, allertati dallo staff di Miramare subito dopo il ritrovamento insieme al servizio veterinario dell'Azienda sanitaria di Trieste, con cui esiste da sempre un protocollo di collaborazione in caso di spiaggiamento di cetacei e tartarughe marine. E sempre agli esperti del Dipartimento di Biomedica comparata dall’ateneo patavino - intervenuti ieri in zona industriale con un furgone dotato di argano e attrezzato per il recupero di carcasse animali -, spetterà ora il compito di fare chiarezza sulle cause della morte. Al momento dell’avvistamento, infatti, il cetaceo non presentava segni di traumi o di sofferenza. Solo la necroscopia, in programma nei prossimi giorni a Padova, riuscirà quindi a trovare la soluzione del rebus. Nel frattempo i biologi della Riserva di Miramare consulteranno i database fotografici delle pinne dorsali - parti che contengono le “impronte digitali” dei cetacei, e si rivelano preziose quindi per identificarli -, confrontando l’animale trovato morto con gli altri esemplari monitorati e censiti sia a Trieste sia nelle acque slovene. Un’operazione che consentirà di stabilire se il delfino recuperato ieri era già stato visto in precedenza nel nostro mare. Possibilità non da escludere, dal momento che i tursiopi sono la specie più presente nelle acque del Golfo, proprio perché più abituati a muoversi vicino alla costa rispetto ad altri “cugini”, amanti invece dei fondali particolarmente profondi. «Il comportamento sociale dei tursiopi - spiegano dall’Area marina protetta - prevede la creazione di unità familiari costituite da un gruppo di una decina di femmine adulte, che vivono in associazione con i loro piccoli non ancora svezzati. Una volta raggiunta l'indipendenza dalla madre, intorno all'anno e mezzo di età, i giovani si staccano dal gruppo originario per formare nuovi gruppi misti di pari età». Le informazioni che si possono ottenere sia da esemplari vivi sia da individui spiaggiati vivi o morti sono di fondamentale importanza per lo studio e la conservazione di questi mammiferi marini, sempre più minacciati dagli effetti della pesca intensiva che elimina le loro prede, oltre che dal traffico marittimo e dall'inquinamento delle acque. Per questo gli esperti raccomandano a chiunque avvistasse cetacei, di segnalarli alla Capitaneria o direttamente allo staff di Miramare.

(m.r.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 3 febbraio 2015

 

 

Ridendo ti educo all’alimentazione

Esce “All you can eat”, libro di Parassole e Piferi con postfazione del triestino Andrea Segrè
Diego Parassole è un comico. «Un comico serio». Perché facendoci ridere, ci informa e ci fa riflettere sul cibo. Il libro «All you can it. Mangiare meglio oggi per non stare a dieta domani», scritto a quattro mani con Riccardo Piferi per la casa editrice di Trieste Scienza Express, è «nientepopodimeno che un manuale di educazione alimentare». Materia che dovrebbe essere insegnata obbligatoriamente nelle scuole di ogni ordine e grado, per imparare a tirar fuori il meglio del cibo e alimentarsi bene, sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo. Lo sostiene Andrea Segrè, direttore del Dipartimento di scienze e tecnologie agro-alimentari dell’Università di Bologna, sottolineando nella postfazione l’importanza di (ri)scoprire il valore del cibo. Perché se è vero che mangiare soddisfa un nostro bisogno primario, è altrettanto vero però che non sempre sappiamo ciò che mangiamo, che troppe volte buttiamo cibo ancora buono e, troppo spesso, sulle nostre tavole finisce cibo spazzatura, il cosiddetto «junk food», povero di nutrienti e ipercalorico. Tanto che gli autori, scrivono: «Una volta mangiavamo per sopravvivere, oggi il problema è sopravvivere a ciò che mangiamo». Complice anche la televisione e la pubblicità. Secondo uno studio condotto dai ricercatori dell’Università del Michigan, infatti, la dieta televisiva influenza la dieta alimentare, incentivando cattive abitudini. E non è l’unico. Anche altri studi, pubblicati su International Journal of Behavioral Nutrition and Physical Activity e sulla rivista Pediatrics, additano la tv «cattiva maestra», evidenziando come il marketing alimentare influenzi negativamente le scelte di bambini e adulti, promuovendo l’acquisto e il consumo di snack, merendine, bevande gassate e cibi da fast-food, oltre al fatto che le ore trascorse davanti al piccolo schermo sono ore rubate ad altre attività meno sedentarie. La cavalcata affabulatoria dei due autori, condita di battute esilaranti, inizia con la domanda provocatoria «C’è pizza su Marte?». «Se c’è pizza, allora c’è acqua, c’è farina, c’è pomodoro, c’è mozzarella, quindi c’è mucca, quindi c’è vita…e c’è anche da mangiare» scrive ironicamente la collaudata coppia che ha realizzato numerosi spettacoli dedicati ai temi della sostenibilità ambientale (come Che Bio ce la mandi buona o I Consumisti mangiano i bambini). Ma la domanda fondamentale che Parassole e Piferi pongono riguarda il futuro: ci sarà da mangiare e, se sì, come si mangerà? Nelle pagine che seguono, ironia, dati e informazioni accompagnano dunque i lettori a riflettere sulla sostenibilità della filiera alimentare, sull’impatto dei pesticidi sulla biodiversità («le api, per esempio, rischiano di scomparire… e se sparissero sarebbe un vero problema, perché quasi tutta la frutta e la verdura che mangiamo dipende dall’impollinazione»), sul fatto che viviamo in un mondo dove da una parte si muore d’indigestione e dall’altra di fame («non vorrei morire senza aver sentito un bambino del Bangladesh che dice: basta, mamma, non ho più fame!»). E sempre strappando un sorriso, ricordano i benefici nutrizionali e ambientali che, secondo la Fao, ha una dieta a base di insetti. Del resto, l’agenzia delle Nazioni Unite stima che sono oltre 1900 le specie che, a pieno titolo, fanno già parte della cucina tradizionale in Asia, Africa e America latina. E potrebbero diventare il cibo del futuro, per sfamare, in maniera economica e sostenibile, la popolazione mondiale in continua crescita.

Simona Regina

 

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 2 febbraio 2015

 

 

Nuovo piano delle acque - Inquinato il 39% dei fiumi

La Regione ha approvato il primo documento di tutela in linea con le direttive Ue

Il 74% del mare gode di buona salute. La metà delle falde montane in sofferenza

TRIESTE Mare, fiumi, lagune e falde sotterranee: in Friuli Venezia Giulia la metà dell’acqua che ci circonda non gode di buona salute. E il 39% dei fiumi convive con l’inquinamento. Scarichi civili e industriali, infrastrutture e attività agricole le cause che incidono di più sulla qualità del sistema idrico. Un’istantanea che emerge dal nuovo Piano di Tutela di cui la giunta si è appena dotata varando una delibera. Il primo per il Friuli Venezia Giulia secondo gli standard europei, anche perché l’ultimo risale all’85, preparato proprio con l’obiettivo di migliorare le risorse di cui disponiamo. Il documento dell’assessorato all’Ambiente guidato da Sara Vito è poderoso e articolato: quattordici allegati per centinaia di pagine zeppe di analisi, studi, statistiche e indicazioni su come agire nel futuro per raddrizzare un quadro certamente non incoraggiante. «Nulla di disastroso ma – spiega l’esponente dell’esecutivo – se in passato la Regione avesse elaborato un Piano, saremmo qui a commentare un altro scenario». Il piano La delibera è la 2641, fresca di approvazione in giunta. «Uno strumento pianificatorio fondamentale – spiega Vito – il Fvg era una delle poche regioni senza. Forse arriviamo tardi, è vero, ma nessuno in passato si era occupato di ciò». Il punto di riferimento, finora, era un documento dell’85, ormai superato dalle direttive Ue. Dopo il via libera dell’esecutivo possono partire le consultazioni pubbliche che gli uffici raccoglieranno per ricalibrare il testo. Il Piano, prima di delineare le possibili azioni per favorire la tutela, presenta un affresco dettagliato sull’itero sistema idrico. A livello generale, tra fiumi, laguna, mare e falde, il 51% dei “corpi idrici” risulta almeno in stato di qualità buono, mentre il 49% non lo è. I fiumi Il reticolo idrografico del Fvg è stato suddiviso in 417 tratti, denominati “corpi idrici”. Il 41% è in uno stato buono o ottimo, il 27% sufficiente, il 13% scadente o “cattivo”. In montagna la maggior parte è in condizioni positive, ma il 6% presenta criticità. Nella pianura friulana nessun tratto supera l’esame dei tecnici a pieni voti ma il 24% comunque è buono, il 44% sufficiente e il 32% sotto livelli accettabili. Nel Carso e nella fascia costiera, invece, nessun corpo idrico si presenta negativamente. Tra i principali motivi di impatto ambientale l’inquinamento. Il 39% dei corsi d’acqua (163 su 417: 130 in pianura e costa, 33 in montagna) ha a che fare con scarichi civili, industriali, agricoltura e la mancanza di un’adeguata rete fognaria. A ciò va aggiunta l’attività di prelievo a uso domestico, produttivo e idroelettrico nel 10% dei casi; e, ancora, le infrastrutture (38%, 159 su 417), come le opere di difesa idraulica, argini, dighe, canalizzazioni e interventi di bonifica. Mare e laguna Il 74% del tratto di mare che bagna le coste del Fvg risulta buono. In quel 26% che non raggiunge i livelli di qualità si trova ad esempio il Porto di Trieste, che comprende la parte prospiciente la Diga Vecchia e la Ferriera. Ma anche Muggia, da Porto San Rocco fino a Punta Sottile, Villaggio del Pescatore, la zona tra Duino e Grignano e quella tra Grado Pineta e Punta Sdobba. Incide soprattutto il Tbt, una vernice utilizzata per dipingere gli scafi, o altre sostanze chimiche. Un problema diffuso nelle aree portuali, identificato con strumenti di dettaglio. Le aree balneari, tuttavia, «rispettano i parametri dettati dalle direttive di settore», assicurano i funzionari dell’assessorato. Quasi il 90% della laguna di Marano e Grado, catalogata in 17 aree omogenee, presenta uno stato di qualità “non buono”, soprattutto a causa delle alterazioni morfologiche determinate dalle infrastrutture e dall’inquinamento di tipo chimico. Acque sotterranee La metà delle falde di montagna è a posto, l’altra metà invece è penalizzata da agenti inquinanti di vario genere. Si fa l’esempio dell’atrazina, una sostanza dispersa tra gli anni ’80 e ’90 da un’azienda di lavorazioni. Anche l’attività di estrazione per uso domestico è un problema, soprattutto per la bassa pianura friulana: in assenza di acquedotti, l’approvvigionamento avviene con le falde artesiane. Un’operazione che porta in superficie più liquido del necessario, provocando un depauperamento idrico e un ricambio che fa emergere anche quanto dilavato dal terreno, meno pulito.

Gianpaolo Sarti

 

Le strategie - Stop alle nuove derivazioni - Regole più dure sui prelievi
TRIESTE - Non solo l’analisi, ma anche una proposta di indirizzo su come agire in futuro.

Il Piano regionale di tutela delle acque (Prta) individua una serie di misure, sia per le risorse di superficie che per quelle sotterranee. L’obiettivo è raggiungere e mantenere gli obiettivi di qualità definiti dalle norme nazionali e dalle Direttive Ue, con particolare attenzione all’uso sostenibile tenendo conto di fabbisogni, disponibilità e utilizzi. Quattro le linee d’azione: interventi sugli impianti di scarico, una disciplina sui prelievi dalle sorgenti e dalle falde, indicazioni su come perseguire risparmi e provvedimenti per le aree sottoposte a specifica tutela. Il Piano, inoltre, introduce il divieto di nuove derivazioni idriche nei tratti classificati “in stato ecologico elevato”, ad eccezion fatta per gli utilizzi idro-potabili. Per quanto riguarda invece i pozzi artesiani, per l’uso domestico si stabilirà un volume medio giornaliero e un volume massimo prelevabile da ogni singolo pozzo. L’iter del Prta prevede che il documento, dopo il passaggio in quarta commissione consiliare, sia approvato con una delibera della giunta. Il materiale sarà poi pubblicato sul Bur, consentendo la consultazione pubblica per un periodo di sei mesi. «In Friuli Venezia Giulia un piano era atteso da tempo – rileva l’assessore regionale all’Ambiente Sara Vito - È l’Europa che ci impone di migliorare la qualità dei corpi idrici, un lavoro che abbiamo portato avanti assieme all’Autorità di Bacino». Ma l’iter non convince tutti. Il Comitato per la vita del Friuli Rurale, rappresentato da Aldevis Tibaldi, si è già scagliato contro l’esecutivo giudicando il Piano e i prossimi provvedimenti per il settore «un maldestro tentativo della Regione di farsi beffe della volontà popolare della Bassa». Il Comitato cita una petizione sottoscritta da cittadini della Bassa e accusa la Regione di aver accelerato l’iter e di essere stato escluso dal tavolo tecnico di consultazione. Ciò «è rivelatore di una sostanziale disistima della partecipazione plurale e della ricerca della verità, nell’interesse comune di un bene insostituibile come quello delle risorse idriche».

(g.s.)

 

 

La sfida dei rifiuti, il M5S gioca d’anticipo
«Premi ai Comuni virtuosi e addio inceneritori». La giunta presenterà la sua legge a metà anno
TRIESTE Dopo il Piano di tutela delle acque e una norma ad hoc per la difesa del suolo contro i rischi di dissesto idrogeologico, toccherà ai rifiuti. Una legge in materia sarà predisposta dalla giunta a partire dalla seconda metà dell’anno. «È ancora troppo presto per anticipare i contenuti veri e propri, ma ci stiamo lavorando» spiega l’assessore Sara Vito. Quel che è certo è che l’esecutivo riscriverà la norma esistente: «Un piano già c'è – puntualizza Vito – ma cercheremo di individuare obiettivi ancora più precisi, anche attraverso un confronto politico». L’esecutivo, con il suo testo, punterà innanzitutto a metter mano sulla raccolta differenziata per migliorare le performance sull’intero territorio regionale; accanto a ciò anche un programma apposito per ridurre la produzione di spazzatura. «Faremo una strategia complessiva», annuncia l’assessore. «Ci sono delle zone in cui la differenziata è a livelli importanti, anche attorno al 70%, ma in altre parti si può fare di più. Per abbassare la produzione di rifiuti apriremo un ragionamento anche con la grande distribuzione e incentiveremo la promozione della diffusione dei distributori d’acqua. Un’abitudine che sta cominciando a prender piede in molte località del Friuli Venezia Giulia». Anche il Movimento Cinque Stelle è intenzionato a fare la sua parte. «Prepareremo un provvedimento destinato a rivedere l’intera materia – annuncia Eleonora Frattolin – miriamo al principio “rifiuti zero”, analogamente alla proposta di legge nazionale, ma anche a valorizzare il porta a porta. Pensiamo inoltre di introdurre la premialità per tutti quei Comuni della regione che riducono la produzione pro-capite. Stop, infine, agli impianti di incenerimento con la possibilità, anche qui, di sostenere chi converte gli impianti con sistemi di recupero del materiale». I Cinque Stelle, inoltre, illustreranno a fine mese in terza commissione una proposta di valutazione di “danno sanitario” per i grandi impianti industriali che si trovano in regione. «Sarà un modo per verificare quanto incidono alcune attività produttive fortemente inquinanti e far sì che queste aziende rientrino nei limiti di legge, con bonifiche o adeguamenti impiantistici». L’assessore non chiude le porte ai grillini. «Aspettiamo il provvedimento e poi valuteremo – afferma Vito – ben vengano la collaborazione e il contributo di tutti».

(g.s.)

 

 

Fareambiente «Ferriera, resta l’allarme emissioni»
«La preoccupazione continua per la troppa incertezza e i molti punti non chiari anche sulle tempistiche dei lavori inerenti il fronte ambientale per la Ferriera di Servola, aumentata dalle perplessità degli stessi sindacalisti che fanno emergere situazioni di apprensione diffuse anche tra i lavoratori». Così si esprime Giorgio Cecco coordinatore regionale di FareAmbiente . «In questi mesi - fa rilevare - sono continuati fumi ed imbrattamenti, bene evidenziati e segnalati dai cittadini, anche in zone della città non propriamente vicine allo stabilimento, mentre siamo ancora in attesa della nuova Autorizzazione integrata ambientale (Aia)». «L’attenzione deve rimanere alta - continua Cecco - è importante valutare positivamente un mantenimento o addirttura un aumento dei posti di lavoro, come promesso dalla proprietà, ma la priorità deve essere la salute pubblica, dei residenti e dei lavoratori». «Vista la situazione attuale - conclude il responsabile del movimento ecologista - continuiamo a temere l’inefficacia degli interventi di tutela ambientale soprattutto in relazione alle emissioni che continuano a venir diffuse nell’atmosfera».

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 1 febbraio 2015

 

 

I “verdi”: da Falesie protette benefici anche economici

Una lunga lista di associazioni ambientaliste sollecita l’approvazione rapida del regolamento della Riserva naturale: «Ci sono già limiti entro i 30 metri»
DUINO AURISINA Le associazioni ambientaliste fanno quadrato sulle Falesie e sollecitano l'amministrazione Kukanja ad approvare, sic et simpliciter, le norme del nuovo regolamento per la gestione della Riserva naturale, istituita nel 1996 e da allora in attesa di disposizioni attuative. L'istanza intende corroborare le stringenti limitazioni imposte a barche, canoe e nuotatori: emerge in un lungo comunicato elaborato nei giorni scorsi da Lipu, Wwf, Lav, Lac e Legambiente (circoli “Verdeazzurro” e monfalconese). Cofirmatarie le associazioni Studi ornitologici e ricerche ecologiche del Fvg (Astore) e Canoa Kayak Friuli (Ckf). Il regolamento da approvare – ricordano i sodalizi “verdi” - prevede, tra le altre norme spesso comuni alle riserve naturali, il divieto di accesso e navigazione a qualunque mezzo (a motore e non) in una fascia "A" ampia 60 metri dalla linea di costa, per la lunghezza di 1,8 chilometri; mentre in una fascia "B" esterna (di ulteriori 440 metri) la navigazione è regolamentata e molto limitata. Le autorizzazioni verrebbero concesse direttamente dall'organo gestore della Riserva, cioè il Comune, imponendo una ridotta velocità e una navigazione perpendicolare alla costa, per ridurre al minimo l'impatto sull'ambiente. «Si ritiene che questi provvedimenti possano avvantaggiare chi pratica il nuoto e la canoa nella fascia "B" – sottolineano le associazioni - in quanto avranno a disposizione uno specchio d'acqua con un traffico ridotto di mezzi a motore, obbligati a basse velocità». Le associazioni rammentano che «è già in vigore un'ordinanza del 2014 della Capitaneria che sancisce lo stesso divieto di accesso per una fascia di 30 metri dalla linea della costa», dunque «estenderlo di ulteriori 30 metri non rappresenta un cambiamento radicale per canoisti e nuotatori, specie se il fine ultimo è la conservazione della natura e favorire l'insediamento di nuove specie di uccelli nidificanti». E ricordano che l'obiettivo del provvedimento è preciso e motivato: «la tutela di un habitat unico in regione e raro sulla sponda italiana dell'Adriatico». Quanto agli animali, «la zona delle Falesie rappresenta un ecosistema in cui, oltre a specie di risaputo pregio quali il falco pellegrino e il passero solitario, ci sono le condizioni ecologiche adatte alla nidificazione di ulteriori specie tutelate da apposite norme Ue, quali il marangone dal ciuffo (in Italia nidifica solo in Sardegna), l'edredone (presente solo alla Cona) e la valpoca». «Per questi anche la "sola" presenza di persone a bordo di mezzi ecocompatibili è fonte d’inequivocabile, sebbene involontario, disturbo, che spesso provoca l'abbandono dei nidi. Pur comprendendo parzialmente le ragioni della protesta, riteniamo che il provvedimento possa portare ulteriori benefici a un'area unica. Benefici anche di natura economica: il turismo naturalistico, infatti, negli ultimi anni è in crescita costante».

Tiziana Carpinelli

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 31 gennaio 2015

 

 

Regolamento falesie - Torre e Tasso: «Mi sento vessato»

Il proprietario del Castello e del Sentiero Rilke contesta la legittimità di eventuali espropri: «Vorrei vivere in pace»
Con questi metodi “talebani” si rischia di spingere anche coloro che amano la natura a contravvenire alle regole. E manca una trasparenza totale
DUINO AURISINA Il nuovo regolamento della Riserva naturale delle Falesie? Se resta così, meglio “insabbiarlo”. Gli espropri per pubblica utilità del Sentiero Rilke? Non se ne parla. Anche perché - particolare non irrilevante - sarebbe tutto da capire il destino della florida pineta: quella parte sostanziale dei terreni non è forse acquisibile al pari della sentieristica? È amareggiato, Carlo Alessandro della Torre e Tasso. Al punto da lanciarsi andare, nel mezzo della conversazione, a uno sfogo: «Arrivati a questo - dice il principe -, preferirei che mi ignorassero: per una volta vorrei vivere in pace. Non credo di avere procurato chissà quali danni a Duino, anzi ritengo di avere fatto del bene». Allora il principe inizia a sentirsi quasi «vessato» da certe scelte amministrative. «Mi hanno già stralciato l'edificabilità (dei terreni a ridosso del castello, ndr) – afferma - e ora questo». Ma facciamo un passo indietro. Già al mattino, l'architetto e urbanista di Duino Danilo Antoni, che a proposito del Piano di conservazione e sviluppo-Pcs della Riserva delle Falesie aveva all'epoca prodotto numerose osservazioni (tutte lasciate cadere), poneva l'accento su una questione a suo dire cruciale. «A pagina 161 della relazione al Pcs, varato nel 2009 – riferiva – viene esplicitato che non sono previsti espropri nell'area della riserva. Inoltre, pure nella bozza di regolamento circolata un anno fa la possibilità di acquisizione della sentieristica non veniva contemplata». Insomma, un “giallo”. Chi ha inserito l'articolo nella versione 2015 del regolamento, che tanto ha agitato il Castello? Di chi è, stavolta, la “manina”? «Quest'ultimo testo – ha concluso Antoni – è da buttare e riscrivere. Non c'è un ruolo dei proprietari nel documento: è come se la riserva fosse già pubblica al 100%». Alle stesse conclusioni arriva anche il principe: «Sono d'accordo con Antoni. Se passa questo principio di esproprio chiunque può portare via il terreno al vicino. Non so chi mai vorrebbe una cosa del genere. Neanche la maggioranza. Forse l'idea piace a Rozza. E forse forse a Cunja. Ma diversi consiglieri, pure del centrosinistra, che stimo e che abitano qui sono sbalorditi e capiscono perfettamente il nostro punto di vista». Il principe, oltretutto, rileva diverse contraddizioni nel testo che dovrebbe andare in Aula: «Qualcuno mi deve spiegare perché l'arrampicata sul lato Collegio non disturba il falco pellegrino, mentre il nuoto sotto le Falesie sì. E perché per alcuni privati ci possono essere delle convenzioni e per altri no? O si estendono a tutti, in maniera trasparente, o niente». Della Torre e Tasso è sensibile alla tutela degli animali, che ritiene gusta, ma con «questi metodi “talebani” si rischia di spingere le persone, pur amanti della natura, a schierarsi contro le regole». «Per conto mio – aggiunge -, questa cosa puzza. C'è qualcosa che non mi convince a livello di trasparenza e anche sotto il profilo giuridico». L'ultimo incontro con l'amministrazione è avvenuto a giugno e forse, in questo senso, è mancato un confronto. Quanto alla recente II Commissione, cui il principe non ha direttamente partecipato, il commento è che «in 600 anni la mia famiglia non ha mai visto cose del genere». Ma cosa accadrà ora? «Per conto mio – conclude il principe – un politico intelligente, rendendosi conto di non avere il popolo dalla sua parte, terrebbe in sospeso la questione, rinviandola a quando i tempi saranno maturi». E se la Regione approvasse comunque? «Credo che la Regione – conclude della Torre e Tasso – abbia cose più importanti da fare per questo povero Paese piuttosto che occuparsi delle beghe locali».

Tiziana Carpinelli

 

 

Volontariato in allarme per le nuove regole
Il Comitato regionale denuncia i tagli e il tetto sulle assicurazioni: «Messe a rischio le piccole realtà»
TRIESTE Un regolamento «da migliorare e perfezionare, magari con una nostra più attiva partecipazione, per dare i contributi e formulare le proposte che ci stavano e ci stanno a cuore». È l’avvertimento di Giorgio Volpe, presidente del Comitato regionale del volontariato, dopo la pubblicazione, sull’ultimo Bollettino ufficiale, del regolamento per il sostegno alle associazioni di volontariato, in attuazione della legge 23 del 2102. «Quest’anno, come previsto nella finanziaria regionale 2015, saranno distribuiti soltanto 800mila euro per formazione, acquisto attrezzature, copertura assicurativa e sostegno a progetti di particolare rilevanza. Cioè meno della metà - spiega Volpe - dello stanziamento regionale di tre anni fa, a fronte di bisogni sociali che sono invece in costante aumento». Una critica alla Regione fatta dal presidente «a nome dei volontari» che, nell’esprimere soddisfazione per un provvedimento atteso, si lamentano però nel merito: «Il Comitato non ha avuto né la possibilità di un confronto allargato - sottolinea - né di un preventivo scambio con gli uffici». Il prossimo passo è la convocazione dell’assemblea delle associazioni di Promozione sociale e l’insediamento del Comitato regionale. Ma le critiche di Volpe non si fermano qui. «Suscita dubbi il limite minimo di 200 euro - aggiunge - introdotto al contributo che la Regione garantisce alla voce assicurazioni, che rischia di tagliare fuori molte piccole realtà». La legge stabilisce che per ogni associato si debba spendere 20 euro di assicurazione. «Se il limite minimo per associazione è di 200 euro - prosegue Volpe - quelle con meno di 10 volontari saranno escluse dal contributo. Inoltre per i progetti sono ridotti gli anticipi concessi ed è chiesto un maggiore cofinanziamento alle associazioni, introducendo un sistema di premio, ma si dovrà valutare se riuscirà davvero a favorire un migliore uso delle risorse, favorendo le collaborazioni». Una serie di problematiche che hanno spinto le associazioni di volontariato a chiedere all’assessore Gianni Torrenti di considerare l’attuale regolamento sperimentale per un solo anno. Torrenti ha replicato che «la Regione effettua un costante monitoraggio dell’efficacia dei propri regolamenti», precisando che «il mondo del volontariato è sempre stato sentito».

Ugo Salvini

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 30 gennaio 2015

 

 

Falesie, il “Rilke” è a rischio esproprio

Nel regolamento in discussione prevista l’annessione di sentieri e viabilità. Ret: non introdussi io limiti alle attività umane

Passeggiata riattivabile L’Articolo 10 prevede poteri “forti” per l’organo gestore. Potrebbe fare superare l’impasse della chiusura del tratto panoramico
DUINO AURISINA Sarà che se ne è parlato tanto, sarà che il centrodestra è all'opposizione a Duino Aurisina e non ci sta a fare da capro espiatorio dell'ira dei pescatori (con annessi canoisti e nuotatori) e sarà anche che le intenzioni originali erano davvero difformi ma chiamata a “battere un colpo” l'opposizione consiliare si fa subito viva e nega risolutamente ogni addebito circa le limitazioni, in via di deliberazione, sugli specchi acquei della Riserva delle Falesie. Di più, tira fuori un'altra “bombetta”, prevedibilmente allo scopo di disinnescarla, contenuta del nuovo regolamento: la possibilità, messa nera su bianco, da parte del futuro Organo gestore dell'area protetta di ricorrere «all’acquisizione anche mediante espropriazione per pubblica utilità delle porzioni di viabilità e sentieristica ricadenti in proprietà privata», individuati negli elaborati del Piano di conservazione e sviluppo come “Sentiero Rilke e Sentieri/percorsi di educazione ambientale”, già approvato. L'articolo in questione, precisamente il 10 punto 2 del regolamento da portare in Aula, se votato potrebbe in un futuro fungere da grimaldello per superare l'impasse della chiusura del “Rilke”. Sia chiaro: nessuno l’ha detto esplicitamente. Anche se qualcuno, a Duino, ci ha già fatto un pensiero. E a pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca, diceva Andreotti. «Perché mai – chiede Ret – dovrebbe essere il Comitato di gestione della riserva, composto da esperti ambientalisti, funzionari comunali e rappresentanti dell'imprenditoria, dunque da persone investite concretamente della cura dell'area protetta, a occuparsi di espropri? Ritengo che una tale responsabilità dovrebbe semmai ricadere sul Comune o sulla Regione, no? Una cosa del genere non si è mai sentita, né mai se n'era discusso prima». Ma ciò che ha irritato l'ex sindaco è stata la lettura, o dal suo punto di vista il “revisionismo”, data sul Piano di conservazione e sviluppo della riserva (Pcs), varato dalla sua giunta nel 2009. Nel corso dell'incontro ad Aurisina, infatti, è stato detto in sostanza che l'attuale regolamento discende dalle disposizioni contenute in quel documento. «Il Pcs – sottolinea Ret – è stato da me fatto con tutt'altro scopo rispetto a quanto presentato nella triste e infausta serata di martedì. Da una seduta di Capigruppo dove ci sono state sì delle scintille ma sostanzialmente costruttive, si è arrivati a una riunione pubblica non solo deludente ma decisamente penosa nella forma e nei contenuti». Ret si dice «personalmente dispiaciuto» per il fatto che è stato tirato in ballo «un Pcs approvato unanimemente dall'allora Consiglio comunale, con l'elogio da parte di tutte le componenti economiche, ambientali e scientifiche». «E di questo – aggiunge -, ne vado fiero. Le parole scelte per quel documento dicono tutto: conservazione e sviluppo, mentre l'attuale regolamento è solo conservazione. Senz'altro se n'era discusso tanto ma mai si è detto fosse un'azione integralista, come invece è stata presentata. Ora si parla di eliminazione totale delle attività economiche tradizionali e della fruizione umana, turistica o sportiva ma il Pcs ragionava esattamente al contrario. Il regolamento doveva, dovrebbe e dovrà educare a un approccio diverso l'uomo e il suo operare, nella conservazione e sviluppo di quel territorio». «Spero – conclude - che questo resti l'obiettivo per la stesura delle regole da inviare al Consiglio per l'approvazione di un testo rivolto a un futuro di crescita culturale ed economica in un ambiente ideale. Le premesse per un'ottima soluzione condivisa c'erano e mi auguro ci siano ancora. Ma non è vero che il Pcs impone quel regolamento, altrimenti non avrebbe senso disporre un regolamento di attuazione. E se, come preannunciato, la Regione dovesse respingere le nostre proposte, bè, che vada a cercarsi un altro sito. Il Fvg è tanto grande, con posti meno belli ma più adatti a una tutela integrale».

Tiziana Carpinelli

 

 

Il “Far West” dei rifiuti tra distrazione e inciviltà - IMMONDIZIA »VIAGGIO NEI RIONI
Carta gettata nei cassonetti del vetro e resti di cibo negli spazi per la plastica

La raccolta differenziata fatica a decollare. Avvio flop per i contenitori dell’umido
Più che una questione di abitudini, una vera e propria sfida culturale. Una battaglia che per essere vinta presuppone un vero e proprio cambio di mentalità. Stiamo parlando della raccolta differenziata dei rifiuti che, nella nostra città, rimane tuttora una sorta di montagna da scalare. L'obiettivo dichiarato dell'amministrazione comunale è quello di varcare a fine anno la fatidica soglia del 40 per cento. Proprio per questo, dalla scorsa estate è partita la raccolta dell’umido, con la posa sul territorio di oltre 2500 contenitori destinati ai rifiuti organici. A distanza di sei mesi, siamo andati a curiosare se il comportamento dei triestini in fatto di differenziata è migliorato. Ed abbiamo scoperto che, in parecchi casi, c'è ancora molto da lavorare. Gretta Il nostro viaggio della “differenziata” inizia dal rione di Gretta. Ci soffermiamo davanti alle isole ecologiche sistemate tra via Aquileia e largo Osoppo: notiamo subito che, se una parte dei cittadini fa il proprio dovere, altri continuano a comportarsi in modo indisciplinato. Nei cassonetti della carta ad esempio spuntano dei sacchi neri che contengono ogni genere di rifiuto: dalla plastica all'organico. I nuovi contenitori dell'umido, per molti, è come se non esistessero. Arriva una signora anziana che tiene in mano un sacchetto trasparente, nel quale si intravedono chiaramente degli avanzi di cibo, in particolare bucce di mandarini e di banane, oltre a salviette di carta: supera due contenitori dell’umido senza nemmeno guardarli, per poi gettare l'immondizia nell'indifferenziata. Roiano Scendiamo a Roiano per vedere se le cose migliorano e ci piazziamo alla fine di via Barbariga, a due passi dalla Chiesa del rione. Passa un signore in tenuta sportiva che porta con sé due sacchi neri: nel primo ci sono dei rifiuti che poi con cura vengono differenziati nei diversi contenitori di carta, vetro e plastica. L'altro viene invece scaricato così come sta nel cassonetto dell'indifferenziata, ma all'interno c'è una notevole quantità di rifiuti organici. Anche questa volta nessuno si cura dell'umido. Pochi minuti dopo, una signora con un cane al guinzaglio fa la stessa cosa. E in effetti, sbirciando nel cassonetto grigio, c’è un po’ di tutto: dalle bucce di arance ai filtri del tè. Nel contenitore color antracite riservato all'umido invece solo pochi sacchetti trasparenti. San Giacomo Arriviamo a San Giacomo, uno dei rioni più popolati della città. Diamo un'occhiata all’isola ecologica di via Caprin, all’altezza di piazza Puecher. In questo caso, non si può certo dire che i contenitori non siamo usati, visto che si presentano tutti stracolmi. Ben quattro peraltro per l’umido ed altri otto per gli altri tipi di rifiuti. Ma non vengono però sempre utilizzati nel modo corretto: nei sacchetti di rifiuti gettati nell’umido c’è anche qualcosa di troppo, come pacchetti di sigarette o pannolini. Mentre nel cassonetto dell’indifferenziata, tanto per gradire, spuntano cartoni, vetri, sacchi di plastica, oltre a vestiti e due borse piene di appendiabiti. Barriera Scendiamo nel cuore di Barriera, in largo Sonnino, all'imbocco tra via Settefontane e viale D'Annunzio. Qui, al contrario, si capisce subito che i due bottini per l'umido sono poco utilizzati rispetto agli altri contenitori dell'immondizia. Anche in questo caso però se ne fa un uso non corretto: all'interno dell'indifferenziata ci sono infatti anche cartoni del latte, vasetti di yogurt e scarti di cucina. «Qui ognuno fa quello che vuole e se ne frega del senso civico - commenta un signore che abita da quelle parti -. Così non si va da nessuna parte». San Giovanni Chiudiamo il nostro “tour delle scovazze” a San Giovanni, all'isola ecologica di Rotonda del Boschetto. I due contenitori dell'umido sono completamente vuoti: al loro interno non c'è nulla. In pratica invisibili. A fianco, nel cassonetto grigio dell'indifferenziata, si trova un po' di tutto, anche quello che non ci dovrebbe essere: dai cartoni alle ramaglie, passando per bottiglie e lattine. Poco più giù, all'altezza del giardino di piazza Volontari Giuliani, un’altra scena che non passa certo inosservata. Una decina di sacchetti di immondizie sono stati abbandonati a terra, a fianco dei bottini: peccato che tutti i contenitori per i rifiuti fossero vuoti o quasi.

Pierpaolo Pitich

 

I controlli - Elevate nel 2014 224 sanzioni per materiali abbandonati
Sono state complessivamente 224 le sanzioni comminate dalle guardie ecologico-ambientali del Comune sul fronte del decoro urbano, per un totale di 42.220 euro. Sanzioni che vanno, a seconda dell’infrazione commessa, da un minimo di 50 ad un massimo di 500 euro. Di queste, ben 82 hanno riguardato l’abbandono sul suolo di rifiuti, immondizie o mozziconi di sigarette, mentre in 40 casi si è trattato di multe per non corretto conferimento di differenziata, tra rifiuti domestici e imballaggi dei negozi. «Sono sinceramente preoccupato, non tanto per quel che concerne la quantità che sta peraltro crescendo come ci aspettavamo, quanto piuttosto per la qualità percepita: per assurdo possiamo anche arrivare al 60% di raccolta differenziata, ma quello che vorrei vedere è un maggior indice di civiltà sul fronte del corretto smaltimento dei rifiuti». Così l'assessore all'Ambiente Umberto Laureni commenta il comportamento dei triestini in tema di conferimento dei rifiuti che, come abbiamo visto, non è sempre impeccabile. «Sono convinto che il sistema di raccolta che abbiamo messo in piedi sia efficace - spiega Laureni -. Indubbiamente la riorganizzazione della differenziata ha creato qualche disagio alla cittadinanza, ma credo ci sia anche una percentuale di inciviltà, dovuta ad una mentalità sbagliata da parte di qualcuno che pensa sia giusto agire nel non rispetto delle regole. «Non parlo mai volentieri di azioni repressive, anche se stiamo studiando un maggior coordinamento con la Polizia locale - aggiunge Laureni -. Preferisco invece pensare ad ulteriori strumenti di comunicazione e sensibilizzazione attraverso confronti con commercianti e scuole». Intanto, sul fronte del posizionamento dei contenitori dell'umido, resta il nodo del centro storico. «In questo senso siamo in ritardo - ammette Laureni -, proprio per le caratteristiche più complesse dell’area».

(p.pit.).

 

Tari, variazioni entro domani
Devono essere comunicate agli uffici di Esatto in piazza Sansovino
Il Comune di Trieste ricorda in tema di Tari (tassa sui rifiuti) che entro domani, 31 gennaio, vanno presentate le dichiarazioni di inizio, variazione o cessazione dell’occupazione o della detenzione dei locali e delle aree scoperte. Nella Rete civica del Comune nella sezione dedicata ai Tributi (Tari – moduli) sono stati pubblicati i relativi moduli di dichiarazione. Si ricorda che le dichiarazioni devono contenere anche l’indicazione degli identificativi catastali, l’indirizzo di ubicazione comprensivo del numero civico e del numero d’interno, ove esistente. Le dichiarazioni vanno presentate agli uffici della società Esatto spa in piazza Sansovino 2 nei seguenti nell’ambito degli orari di sportello previsti che per quanto riguarda oggi sono dalle 9 alle 16 e domani dalle 9 alle 13. Il Comune ricorda anche che in base al decreto legge 24 gennaio 2015, n. 4 a partire dall’anno 2014 sono esenti dal pagamento dell’Imu i terreni agricoli nonchè quelli non coltivati, posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali, previsti dall’art. 1 del d.lgs. 99/2004, iscritti alla previdenza agricola, insistenti nei Comuni classificati dall’Istat (Legge 991/1952) parzialmente montani, tra i quali il Comune di Trieste. Per tutti gli altri terreni agricoli e non coltivati si dovrà pagare l’imposta entro il 10 febbraio. Le modalità di calcolo e di versamento dell’Imu sono le seguenti. La base imponibile dell’imposta è rappresentata dal valore degli immobili.Per i terreni agricoli e quelli non coltivati, che non rientrano nella fattispecie di aree edificabili, il valore si ottiene applicando all’ammontare del reddito dominicale risultante in catasto, vigente al 1° gennaio dell’anno di imposizione, rivalutato del 25 per cento ai sensi dell’articolo 3, comma 51, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, un moltiplicatore pari a 135. L’aliquota è del 10,6 per mille. Il versamento va effettuato con Mod. F-24 utilizzando il codice tributo 3914.

 

 

Il laminatoio in Ferriera - Già a maggio i macchinari
L’annuncio nel confronto di ieri tra l’azienda e i rappresentanti dei lavoratori che però denunciano scarsità di personale e mancato rinnovo delle attrezzature
La riorganizzazione del lavoro all’interno della Ferriera di Servola che secondo buona parte dei dipendenti starebbe procedendo in modo più lento e incompleto rispetto a quanto inizialmente previsto è stata ieri mattina al centro di un lungo confronto tra i vertici aziendali impersonati dal responsabile delle Risorse umane del Gruppo Arvedi Bruno Falanga, l’amministratore delegato di Siderurgica Triestina Francesco Rosato, la dirigente Alessia Zeppa e i rappresentanti di fabbrica e i segretari delle organizzazioni sindacali di categoria. L’azienda alla fine si sarebbe dimostrata disponibile a verificare la situazione diurna e notturna in ogni singolo reparto anche sul fronte della sicurezza. Ha illustrato il piano degli investimenti in particolare sul fronte ambientale confermando quanto anticipato al Piccolo dallo stesso cavalier Giovanni Arvedi: entro un anno dovrebbe essere operativo il rivoluzionario sistema del costo di 4 milioni di euro in grado di operare una captazione totale delle emissioni dalla cokeria. È stato dettagliato anche il programma di lavori messi in atto sull’altoforno e in particolare sulla bocca dell’impianto e sul sistema di raffreddamento. Sarebbe stato anche sottolineato da parte aziendale che da novembre non vi sono più stati sforamenti nelle rilevazione di emissioni nocive da parte delle centraline, il che contrasterebbe con le nuove reiterate proteste che sono arrivate dagli abitanti della zona. I rappresentanti dei lavoratori hanno messo in rilievo in particolare carenze, secondo loro fin qui evidenti, in alcuni reparti con personale scarso (è stato annunciato il rientro in servizio dalla cassa integrazione entro febbraio al massimo di 11 unità) e con mancato rinnovo e implementazione di strutture e macchinari, attualmente obsoleti o mancanti. Ma il clima alla fine è apparso comunque più rasserenato. Dove i lavori sembrano senz’altro procedere piuttosto celermente è nell’area dell’ex acciaieria dove si stanno completando le opere preliminari, le coperture e anche il collegamento ferroviario per quello che sarà il nuovo laminatoio a freddo che, è stato annunciato ieri, già a maggio verrà attrezzato con tutti i macchinari necessari. L’entrata in produzione era stata annunciata per la fine del 2015 e secondo le linee di Piano industriale presentate l’anno scorso da Siderurgica Triestina a regime la struttura dovrebbe contare 340 dipendenti mentre in 40 unità era stato fissato l’organico per le operazione di banchina dove a propria volta sono partiti una serie di lavori. Per questo, se l’area a caldo verrà mantenuta in toto e verranno assolte le prescrizioni della nuova Autorizzazione integrata ambientale, lo stesso presidente Arvedi ha parlato di un possibile futuro organico allargato a 700-800 dipendenti. Sul fronte sindacale intanto le Rsu sono scadute e si sta entrando in clima “elettorale” perché il rinnovo delle rappresentanze dovrebbe avvenire tra marzo ed aprile.

Silvio Maranzana

 

 

«Rischio frane, la guardia non va abbassata»
Intervento del geologo Grego in commissione. Sotto accusa speculazioni edilizia e incuria
Trieste per la natura del terreno sul quale è sorta e cresciuta, il cosiddetto flysch, non è a grande rischio frane. Ma i processi di urbanizzazione, particolarmente intensi soprattutto negli ultimi decenni e che continuano, possono creare «gravi danni al suolo e al sottosuolo, modificando la situazione originaria di relativa tranquillità». Questa l'opinione espressa dal geologo Bruno Grego, autore dello studio che sarà allegato al Piano regolatore generale, intervenuto in sesta commissione. «Due sono gli elementi naturali di rischio - ha spiegato Grego - l’alternanza di strati di arenaria e marna, cioè l'argilla, che caratterizzano la quasi totalità del territorio e il dislivello che contraddistingue molte zone di Trieste. La marna in particolare, se sottoposta a infiltrazioni di acqua piovana, ridiventa fanghiglia, con tutti i rischi del caso. Non bisogna creare inutili allarmismi però va ricordato che spesso l'intervento dell'uomo può aumentare il rischio frane». In sostanza, Grego ha spiegato che «la proliferazione di costruzioni degli ultimi decenni, non sempre accompagnata da una realistica valutazione delle modifiche al sottosuolo causate dagli scavi, è elemento di rischio aggiunto». Il geologo ha poi indicato le aree più vulnerabili sotto questo profilo: l'intero tratto della linea ferroviaria in uscita da Trieste, la zona a monte di via Udine, via Monte Valerio, salita di Contovello. «In tutte queste zone - ha precisato - c’è un forte dislivello e le acque piovane che scendono verso il mare una strada devono trovarla. Se le costruzioni abbondano e non seguono un adeguato criterio di incanalamento delle acque piovane stesse, i problemi possono moltiplicarsi, provocando anche frane». Due quindi gli elementi da tenere sotto rigoroso controllo per il geogolo: «Servono un costante controllo delle caditoie e della rete delle fognature, e una disciplina nello svuotamento delle piscine private non collegate alla rete fognaria e le cui acque si disperdono nel terreno». A questo proposito il presidente di commissione, Mario Ravalico, ha ricordato che «esiste un regolamento sulla costruzione delle piscine private, ma mancano regole per il loro svuotamento». Vuoto che l’aula intende colmare al più presto.

(u.s.)

 

 

Con l’e-bike alla conquista di Trieste
Grazie ai contributi regionali la bicicletta elettrica si fa strada
Franco la usa da 2 anni al posto di una moto per andare a lavoro da San Giacomo all'ex-Opp e ha già fatto più di 3000 km; Marko l'ha comprata per portare il figlio all'asilo e poi raggiungere velocemente Dolina dove lavora; Simonetta per esplorare i dintorni di Trieste nei fine settimana; Giovanni ci pedala sulle ciclabili con la figlia nel rimorchio posteriore; Elena per tornare a casa risalendo via Molino a Vento senza stress. Tutti l'hanno comprata approfittando dell'eco-bonus, un contributo di 200 euro erogato dalla Regione; e tutti hanno raccontato la propria esperienza al Knulp dove Ulisse-Fiab, associazione triestina di cicloturisti e ciclisti urbani, ha organizzato una serata dedicata alle e-bike, ricca di testimonianze che dimostrano come questo tipo di bicicletta possa dare un utile contributo alla mobilità di Trieste, rendendola più leggera, ecologica e sana. Prima di tutto, sono state descritte le caratteristiche tecniche delle bici a pedalata assistita, che ne determinano tipo e qualità, per permettere a chi volesse comprarne una di destreggiarsi nella scelta. Le e-bike sono dotate di un piccolo motore elettrico con una potenza massima di 250W che si può attivare quando si pedala, per rendere minore lo sforzo, e che smette di erogare energia sia quando vengono raggiunti i 25km/h sia quando i pedali non girano: ciò significa che non si possono mai usare "come un motorino". Per andare avanti si deve pedalare e dunque il beneficio della pedalata resta e si eliminano soltanto fatiche inutili: una cosa infatti è allenarsi, un'altra pedalare per spostarsi in città, magari andando al lavoro dove non si può arrivare né stanchi né sudati. Inoltre le e-bike permettono di affrontare salite che altrimenti risulterebbero improponibili, rendendo così molto più ampia la scelta di itinerari anche "da weekend". La tecnologia, in continua evoluzione, offre motori e batterie sempre più efficienti e leggere e il successo dell'e-bike si descrive facilmente con questi numeri: in soli sei anni, la loro vendita in Europa è aumentata del 900%. In Italia lo scorso anno ne sono state vendute oltre 52mila con un aumento del 12% rispetto all'anno precedente. Se l'idea vi stuzzica ma non volete affrontare la spesa "ad occhi chiusi", provate a noleggiarla: lo potete fare nel centro Bikeways - Mathitech di viale Miramare 5 dove troverete sia mtb che city bike in versione elettrica. Se poi riterrete che val la pena affrontare la spesa, fatelo entro il 30 aprile, dead line per poter usufruire dell'eco-bonus regionale. E fatelo sperando in un futuro più green. A Trieste oggi c'è una densità veicolare superiore alla media italiana: per ogni 100 abitanti ci sono ben 53 auto e 21 motocicli. A Parigi e Amsterdam 25 macchine ogni 100 abitanti. Che bella sarebbe la nostra città meno intasata dal traffico…

Chiara Meriani

 

 

Corsi di orticoltura e frutticoltura

Il Comune di Muggia informa che intende avviare un corso sull'agricoltura e la forestazione.

Il corso, gratuito, prevede lezioni in aula ed uscite sul campo su: orticoltura, frutticoltura, viticoltura, olivicoltura, agricoltura biologica e piante officinali, forestazione. In caso d’interesse da parte dei potenziali utenti, i cittadini, gli operatori privati e le aziende sono invitati a lasciare il proprio nominativo entro il 31 gennaio all’Ufficio eelazioni con il pubblico del Comune di Muggia, piazza Marconi 1, (lunedì, martedì, giovedì, venerdì dalle 10-12 e mercoledì dalle 14-150) o telefonando nello stesso orario al numero 040- 3360200, ovvero inviando una e-mail a: urp@comunedimuggia.ts.it. L'avvio del corso verrà valutato in relazione al numero di manifestazioni d’interesse.

 

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 29 gennaio 2015

 

 

Scontro sulla Riserva delle Falesie - Rozza: «Intimidazioni gravissime»

L’esponente dei Verdi e autore della bozza di regolamento che istituisce il Parco respinge le accuse del “partito” dei contrari.

«Ci vuole coerenza. Non si può trasformare quell’area in un luna park» (vedi foto)
DUINO AURISINA Maurizio Rozza, presidente della secondo commissione in Comune a Duino, sveste i panni della figura “super partes” e, all'indomani dell'infuocata seduta pubblica sul contestato regolamento delle Falesie, parla apertamente di «intimidazioni inaccettabili». A diversi consiglieri non sono andati giù i toni assunti nel corso della discussione, quasi un match di pugilato. Elena Legisa (Fds), la prima a denunciarli alla Casa della pietra: «Mi preoccupo molto per questo modo di discutere, perché la convocazione ha intenti propositivi, che qui non noto. Mai nessuno ha detto che non si vuole una soluzione. Ciononostante, ognuno agita la sua verità, quella della tutela del falco pellegrino o della pesca, con 25 famiglie a rischio lavoro. Rispetto entrambe, ma sarà difficile accordarle. Io dico questo: se la cittadinanza non vuole la riserva, allora aboliamola. Mi sono sentita offesa e molto amareggiata: avrei voluto andarmene senza parlare». «Come consiglieri - ha concluso -, non siamo venuti a un incontro di boxe, eppure siamo stati trattati come se fossimo contro questi o quelli. Peccato, la volontà nostra è di affrontare i problemi». L'intervento di mercoledì, per il presidente Rozza, ha centrato il punto focale dell'intera questione: «Bisogna fare delle scelte, sono il primo a dirlo: o si è coerenti con le zonizzazioni o togliamo la riserva. L'importante è esser chiari. Non sono disposto a far diventare una riserva naturale, che peraltro occupa appena l'1% del territorio comunale, un parco giochi». Rozza conferma il rispetto per qualsivoglia scelta della maggioranza, ma se si rinunciasse alla riserva, ne discenderebbe un allontanamento dal centrosinistra e le dimissioni dalla commissione. «Perché, visto che si è parlato di preferenze - aggiunge -, io ne ho avute 80 e sono stato tra i consiglieri più votati: ho degli obblighi verso il mio elettorato, che mi ha appoggiato anche per dare un regolamento alle Falesie. E se non si è fatto dal 1971 un problema c'è». All'indomani della commissione, Rozza ammette che la “manina” cui si deve la stesura della bozza di regolamento versione 2013-2014, prima cioè delle modifiche apportate dal comitato scientifico regionale, è la sua («Tutta colpa mia»). E ricostruisce l'iter: «Un primo testo, anni addietro, era stato mandato dalla Regione all'ex giunta Ret, che lo lasciò nel cassetto. L'ho ripreso in mano e adattato ai tempi, armonizzandolo al Pcs varato sempre dall'ex esecutivo». Di qui «l'invio della bozza illustrata ai consiglieri a Veronese e Cunja per un’analisi». «A mia insaputa - spiega ancora Rozza - è stata spedito alla Regione senza altri passaggi, che io invece avrei voluto, in commissione». Perciò si ritiene che la paternità originale del regolamento debba ricondursi anche alla Regione. «Se i toni sono stati così accesi - così Andrea Humar (Pdl) - è perché l'incontro andava fatto molto prima. A ogni modo, le proposte delle persone sono state interessanti e verranno da noi portate in aula: il regolamento ha carenze sia sulla parte terrestre che marina. No alle restrizioni, le Falesie devono essere un patrimonio godibile per tutti». Ma ora cosa accadrà? La commissione sarà riconvocata la prossima settimana, per il confronto politico. Ne dovrebbe scaturire un documento da votare in Consiglio comunale e inoltrare poi a piazza Oberdan. Priorità: trovare la quadra, visto che la Lista Kukanja ha già detto a chiare lettere di non essere d'accordo con Rozza.

Tiziana Carpinelli

 

 

Cittadini e associazioni curano il verde pubblico - Comune
Cittadini, associazioni, circoli, comitati, fondazioni, organizzazioni di volontariato potranno gestire direttamente spazi verdi pubblici ottenendoli in concessione d'uso saltuario. L’iniziativa del Comune - spiega l'assessore ai Lavori pubblici Andrea Dapretto - vuole essere un'occasione per riqualificare e animare piccole aree verdi pubbliche favorendo attività di giardinaggio, ricreative e d'interesse socio culturale. Gli interessati potranno contribuire alla manutenzione ordinaria delle aree (dalla pulizia allo sfalcio periodico dei prati alla sistemazione delle aiuole) e potranno riqualificarle piantando fiori, alberi, arbusti e siepi o prevedendo la collocazione di nuovi arredi urbani. Le aree verdi conserveranno ovviamente destinazione a uso pubblico e libera fruibilità collettiva. Chi fosse interessato a partecipare all’iniziativa ottenendo in concessione un’area o uno spazio verde può visionare le modalità sul sito www.retecivica.trieste.it e http://verdepubblico.comune.trieste.it/regolamento. Le domande di concessione dovranno essere presentate al Protocollo del Comune (per info tel. 040 6754282, cell. 345 7482123; o via mail a pecchiar@comune.trieste.it).

 

 

Associazionismo - Il mondo del volontariato a confronto

Il Comitato regionale per il volontariato chiama a raccolta le associazioni della provincia di Trieste e dell’intero Friuli Venezia Giulia.

L’incontro è fissato per mercoledì 11 febbraio alle 18 nella sede del Centro servizi volontariato in via Besenghi 16, nella sala Matteucci. All’ordine del giorno le linee tracciate dalla Regione per il volontariato per il periodo 2014-2017, l’attuazione della legge regionale 23/2012 (nuova normativa regionale su volontariato), l’informativa sul nuovo regolamento per la concessione di contributi alle organizzazioni attive nel mondo del volontariato e la definizione delle priorità per l’anno 2015.

 

 

Da Trieste a Venezia in un’ora, progetto al via
Serracchiani incontra l’ad di Ferrovie Elia che annuncia l’avvio dell’iter per velocizzare la linea esistente
TRIESTE Da Trieste a Venezia, in treno, in un’ora. Entra nella fase della progettazione preliminare la promessa velocizzazione della linea ferroviaria esistente: un investimento da 1,8 miliardi di euro che, condiviso dalle Regioni Friuli Venezia Giulia e Veneto, consentirà appunto di ridurre a una sola ora la percorrenza della tratta, in attesa della realizzazione dell’alta velocità. Lo ha confermato ieri, in un incontro a Roma con la presidente della Regione Debora Serracchiani e con l’assessore alla Mobilità e Infrastrutture Mariagrazia Santoro, l’amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato, Michele Mario Elia. «L’incontro - ha dichiarato, al termine, la presidente - è stato caratterizzato da un clima di grande collaborazione e sintonia attorno ai progetti di alcune infrastrutture ferroviarie che interessano certamente il Friuli Venezia Giulia ma che sono strategiche per il sistema-Paese». Sulla velocizzazione della Trieste-Venezia è stato concordato di promuovere una riunione a breve alla presenza anche del presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, che ha condiviso sin dall’inizio l’investimento sulla linea esistente. Non è l’unica questione affrontata. Ferrovie ha infatti assicurato che è «imminente» la presentazione al Cipe per il cofinanziamento del progetto per il potenziamento dello scalo ferroviario di Campo Marzio, un’infrastruttura al servizio del porto di Trieste, su cui è stato proprio ieri riconfermato il carattere strategico sia da parte della Regione che di Rete Ferroviaria Italiana, la società del Gruppo Ferrovie dello Stato che ha già stanziato per quest’opera 28 milioni di euro nel contratto di programma. Sono in corso, così è emerso al tavolo romano, alcune precisazioni in merito al progetto già trasmesso al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, in modo da presentarlo alla prossima riunione del Cipe, al quale saranno richiesti ulteriori 22 milioni di euro necessari per completare il potenziamento di Campo Marzio. Nella riunione di ieri con l’amministratore delegato di Ferrovie dello Stato, Serracchiani e Santoro hanno avuto anche modo di approfondire le questioni che riguardano il Trasporto pubblico locale. In particolare è stato ribadito l’impegno a mettere in servizio entro l’estate i treni realizzati dall’azienda spagnola Caf e acquistati dalla Regione per i pendolari.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 28 gennaio 2015

 

 

Falesie, è rissa tra pescatori e “verdi”

Sul regolamento posizioni inconciliabili tra chi vuole sfruttare, anche economicamente, l’area e chi vuole proteggerla
DUINO AURISINA È vero, come ha detto la consigliera di Rifondazione comunista Elena Legisa, «che non siamo venuti qui a fare la boxe», ma la seduta di ieri sul nuovo regolamento della Riserva delle Falesie di Duino a tratti è parsa a tutti un vero e proprio incontro di pugilato. Con ambientalisti e pescatori ai guantoni per rivendicare rispettivamente la tutela dell'avifauna - su tutti l'ormai mitico falco pellegrino, senza però trascurare marangoni dal ciuffo, edredoni e volpoche – e il diritto a tirar su seppie ai piedi delle “Stiene”, come gli autoctoni chiamano la candida roccia a strapiombo sul mare. Una sintesi delle posizioni verrà prevedibilmente messa a fuoco nei prossimi giorni, perché la seduta della II commissione consiliare, presieduta da Maurizio Rozza del Gruppo misto, relatore l'assessore al Turismo Andrej Cunja, è proseguita per oltre due ore. Comunque, della serata nella straripante sala della Casa della pietra resteranno: l'abilità politica di Rozza nello scaricare sulla precedente giunta Ret, cui si deve il Pcs-Piano di conservazione e sviluppo delle Falesie e a cascata l'istituzione della zonizzazione, l'origine delle attuali restrizioni (si attende che nelle prossime ore l'opposizione batta un colpo); l'ira del consigliere Walter Ulcigrai (Lista Kukanja) verso l'alleato Rozza, che sicuramente lascerà strascichi sul campo della maggioranza, se è vero che già in mattinata, nel corso della Capigruppo, tra i due erano volate scintille. E infine la sensazione che mai come stavolta le posizioni tra ambientalisti e i soggetti che a vario titolo si scagliano contro il nuovo regolamento si trovino a distanze siderali. Per inciso la protesta di nuotatori, canoisti, cittadini, Comunella e pescatori, con tanto di petizioni on-line e alla vecchia, cioè porta a porta, è sorta sulla decisione di istituire un'area off-limits a mezzi e uomo di 60 metri. Una zona a tutela integrale per far sì che le specie vegetali e animali possano svilupparsi, senza disturbo antropico. L'avvio della seduta è toccato a Rozza e Cunja, che hanno ripercorso tutte le tappe normative dell'istituzione della Riserva naturale delle Falesie, nel bel mezzo interrotti da un furioso Ulcigrai (“Semo consiglieri membri della commission e dovemo star ziti? Il problema xè le sepe e ti, Maurizio, no te lo rivi a capir”). Quindi ha preso la parola Vladimiro Mervic, presidente della Comunella di Duino, che all'assessore non ha risparmiato critiche: «Caro Cunja, perché ti impegni con tanta foga per questa causa, che non faceva parte del programma politico della Lista Kukanja, della quale entrambi facevamo parte? Potevi avvertirmi allora di questa tua volontà: avrei risparmiato soldi per la campagna elettorale, tempo e salute. E tu non avresti ottenuto le 10 preferenze con cui adesso vieni qui, naturalmente da un altro Comune, a decidere cosa possiamo e non possiamo fare». L'intervento di Mervic è stato articolato, ha ricordato le pulizie ambientali svolte dai soci, la battaglia intrapresa contro il rigassificatore e la richiesta che «sia rispettato il diritto e la consuetudine dei nuotatori», noché la possibilità delle barche a remi di frequentare gli specchi acquei in questione. «Da Barcola ai Filtri – ha ricordato Guido Doz per i pescatori – c'erano 50 famiglie che vivevano con la pesca, prima della Riserva di Miramare. Ora sono scomparse e lo stesso toccherà ai 25 nuclei che a Duino si sostentano col mare. I pescatori hanno solo da perderci, con questo regolamento: il nostro è un no». Idem Paolo Decarli, ex presidente Cogepa: «Non ci sono più barche perché non c'è più ricambio generazionale. Con questi provvedimenti rischiate di segare le gambe ai quattro giovani che si avvicinano ancora al nostro mondo. Confido nella lungimiranza della Bortotto a rigettare il regolamento e di Bolzonello a non invalidarlo». Ma gli ambientalisti non si sono fatti intimidire dalla voce grossa dei pescatori. «Abbiamo una riserva di appena 107 ettari e il 96% del territorio per svolgere tutte le attività che voi sollecitate – così l'ornitologo Paolo Utmar -. L'attività antropica presente sul Sentiero Rilke e quella, sottostante, sul mare accerchia gli animali, che rischiano di andarsene per sempre. Il pericolo è che la Riserva naturale non svolga il compito per il quale è stata istituita». «Non è vero che la Riserva di Miramare ha bloccato i pescatori – ha replicato il direttore Maurizio Spoto, che “per le intimidazioni” non voleva intervenire – ci sono persone che devono il loro stipendio anche da un utilizzo diverso dell'ambiente». Matteo Giraldi delegato Lipu ha ricordato infine come il regolamento servirà ad aumentare il «bene naturalistico, incentivando l'ulteriore presenza di volatili».

Tiziana Carpinelli

 

 

Muggia, da Cerei la prima Zona 30
Fino alla rotonda del Pilon abbassata la velocità permessa, anche con strettoie
MUGGIA Da Cerei alla rotonda del Pilon. Sarà questa la prima Zona 30 del comune di Muggia, ossia una strada urbana di quartiere dove il limite di velocità viene ridotto a 30 km/h attraverso interventi strutturali e di segnaletica di moderazione del traffico. Realtà forse non ancora abbastanza diffuse in provincia, le Zone 30 rappresentano un’importante forma d’intervento urbanistico della viabilità urbana permettendo, con la riduzione della velocità, una migliore convivenza tra auto, biciclette e pedoni. «È un intervento fortemente voluto e di cui andiamo fieri - fa sapere l’assessore ai Lavori pubblici Marco Finocchiaro -, mirato a creare una diversa gerarchia modale in quella zona. Così facendo, abbiamo innalzato il valore della pedonalità e della ciclabilità in un’area vicina, tra l’altro, a scuole e impianti sportivi, frequentata quotidianamente dai nostri ragazzi. Così potenziamo l’attenzione sulla sicurezza stradale ma anche aumentiamo la qualità della vita». Un intervento di risanamento della strada, di arredo urbano e riqualificazione dell’intera area, abbinato dunque alla nuova limitazione della velocità. Nello specifico, si sono introdotte in prossimità delle fermate del bus quattro strettoie con attraversamenti pedonali protetti, che obbligano gli autoveicoli a rallentare istituendo di fatto un senso unico alternato. Sono stati, inoltre, adottati tutti gli accorgimenti che permetteranno l’orientamento e la riconoscibilità dei luoghi e delle fonti di pericolo per chiunque ma in particolare per i portatori di disabilità: dalle rampe con adeguate pendenze per gli accessi strada-marciapiede-casa, alle mattonelle tattiloplantari per ipovedenti su tutti gli attraversamenti pedonali, i passi carrai e sulla rotonda delle sei vie. Il progetto ha dovuto fare i conti con le sezioni ristrette della via dei Crevatini e di conseguenza non sempre si è riusciti a realizzare i marciapiedi su entrambi i lati, a meno che non si fossero espropriati i giardini delle case. «Ma la mobilità diversa è proprio questa. Paradossalmente ribaltando le gerarchie d’utilizzo della strada a favore delle categorie deboli, a volte i marciapiedi non servono» puntualizza Finocchiaro. Il tutto è stato reso possibile, «da una gestione oculata del ribasso d’asta del Progetto Tradomo, che aveva come finalità il miglioramento dei collegamenti sostenibili tra due Stati – aggiunge l'assessore -. Non solo, dunque, siamo riusciti con quel progetto a meritare fondi europei ma, operando con accortezza, abbiamo potuto intervenire con altri lavori complementari e l’abbiamo fatto con la massima trasparenza, attraverso gare a evidenza pubblica, offrendo la possibilità di far lavorare ben quattro imprese e relativo indotto in un momento d’indubbia crisi del settore». I lavori complementari del Progetto Tradomo verranno ultimati entro il mese di marzo.

Riccardo Tosques

 

 

Via alla pannolinoteca  nel nome del riciclo - L’INIZIATIVA DI COMUNE E ALTRI ENTI
In prestito alle famiglie un kit di 20 panni lavabili da restituire entro un mese. La sperimentazione proseguirà fino a giugno e verrà proposta da tre asili nido
Sono in molti a non saperlo: i normali pannolini dei nostri bebé non sono riciclabili e non si possono smaltire facilmente. Un problema di cui occorre essere al corrente in un periodo storico nel quale i temi del riciclo e del riuso, oltre a quelli dello smaltimento del rifiuto, appaiono importanti per una società alla ricerca di nuove soluzioni economiche e eco compatibili. In questa direzione si muove il Comune di Trieste, che con il nuovo anno ha attivato una singolare «pannolinoteca» che consentirà alle famiglie di provare un nuovo tipo di pannolini lavabili prendendoli... in affitto. L’iniziativa viene promossa dall’assessorato comunale all’Educazione, scuola, università e ricerca guidato da Antonella Grim in collaborazione con l’Azienda per l’assistenza sanitaria n. 1 Triestina, l’Arpa, il Laboratorio regionale di educazione ambientale, l’associazione Nonsolociripà e con il contributo della Provincia. Le modalità sono semplici. Mamme o genitori potranno chiedere informazioni e il prestito gratuito di un kit di 20 pannolini lavabili alla stregua della richiesta di prestito di un libro a una biblioteca. Le famiglie potranno verificare così la qualità del nuovo prodotto e dovranno restituirlo entro un mese. Un periodo sufficiente per comprendere la validità del sistema e per decidere di provvedersene in proprio. «I nuovi pannolini - spiegano dall’assessorato - sono confezionati con materiali all’avanguardia che consentono maggiore comfort ai neonati e ai piccolini, oltre a consentire un risparmio economico. Si calcola che in circa due-tre anni di necessario utilizzo, sono circa duemila i pannolini usati. Quelli lavabili costerebbero circa la metà rispetto a quelli attualmente in commercio». Inoltre la loro durata è piuttosto lunga e possono essere riutilizzati per i futuri fratellini o sorelline, oppure ceduti ad altre famiglie con prole in arrivo. «Le mamme non devono preoccuparsi – spiegano dal Comune – qui non stiamo tornando al passato, ma va sfruttata la nuova opportunità». La sperimentazione andrà avanti sino ai giugno e verrà proposta da tre asili nido: i nidi comunali Acquerello di via Puccini 46 e il nido aziendale di via Tigor 24, e il nido aziendale della Regione La bacchetta magica di via Cantù. Per informazioni si può anche andare su www.triestescuolaonline.it e www.retecivica.trieste.it
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Maurizio Lozei

 

 

SEGNALAZIONI - Nucleare - I perché del no

Gentile signor Dario Predonzan, no, i sedici consiglieri regionali pro-nucleare della giunta Tondo non hanno ragione, anche se circa la smemoratezza dei cittadini-elettori si potrebbero versare fiumi d’inchiostro. Per quanto riguarda la sottoscritta, ricordo benissimo la loro posizione sulla questione. Era tuttavia una posizione assunta prima del disastro di Fukushima; concediamo quindi loro almeno il beneficio del dubbio, ammettendo la possibilità che dopo quel disastro epocale si siano ravveduti o che, più semplicemente, abbiano cambiato idea. Ma tornando a Krsko, condivido e sostengo appieno il suo intervento e aggiungo qualche dato sull’argomento a beneficio di una maggiore presa di coscienza del problema. Nel corso degli anni la centrale nucleare è stata interessata da vari interventi d'emergenza: ricordo, in particolare, quello più recente del 4 giugno 2008 (perdita nel sistema di refrigerazione primario del reattore), a seguito del quale le autorità slovene tentarono di far passare l’attivazione della procedura di spegnimento del reattore per un’esercitazione. Solo dopo le incalzanti richieste di chiarimenti da parte austriaca si decisero a rivelare la verità sull’accaduto, respingendo, tuttavia, la successiva richiesta d’ispezionare l’impianto da parte di esperti dell’Ue. Il disastro di Fukushima ha definitivamente dimostrato – qualora ce ne fosse stato ancora bisogno – che l’energia nucleare è un rischio troppo elevato da correre e, tuttavia, è proprio questo il punto: purtroppo chi ha il potere di decidere della cosa pubblica, decide anche “quanto” rischio possiamo assumere. Ossia: quanti morti per conseguenze derivanti da disastri nucleari o più semplicemente da emissioni radioattive possiamo tollerare? Come detto, è risaputo e documentato che gli impianti nucleari inquinano anche senza dover arrivare al disastro. Ma, ancor più banalmente, non vi è alcun dubbio che nessuno oggi sia in grado di quantificare i reali costi dell’energia nucleare: tali costi non sono solo quelli connessi alla sua produzione ed erogazione. Vanno infatti computati anche quelli sostenuti per lo stoccaggio delle scorie radioattive. E si dovrebbero includere pure gli oneri di uscita: una centrale nucleare ha una vita media di trenta anni (faccio notare che quella di Krsko è funzionante dal 1983), e i costi del decommissioning, ossia della dismissione dell’impianto alla fine della suo ciclo di vita, non sono oggi inclusi nel costo medio dell’energia. Lo smantellamento di una centrale richiede tempi lunghi. Per fare un esempio, l'Autorità inglese per il decommissioning ritiene che per il reattore di Calder Hall a Sellafield in Gran Bretagna, chiuso nel 2003, i lavori potranno terminare all'incirca nel 2115. Sì, avete capito bene, circa 160 anni dalla sua inaugurazione! Quest’ultimo dato, a mio modesto parere, avrebbe dovuto essere sufficiente a far ritenere non percorribile questa strada.

Consuelo Simone

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 27 gennaio 2015

 

 

«Falesie, Natura speciale che tutti devono tutelare»

Perco (Riserva): con un minimo sacrificio per canoisti e nuotatori si consentirà una maggiore presenza di uccelli e altre specie marine, dai delfini alle tartarughe
Ma come fanno i canoisti e i nuotatori a restare fermi lì, attaccati all'idea di difendere il diritto di pagaiare o allungarsi in bracciate sotto la roccia a strapiombo delle Falesie, quando di spazio per praticare quegli sport se ne può trovare altrove, distante da questa riserva minuscola e bellissima che invece andrebbe avviata il prima possibile per preservare fauna e ambienti? Fabio Perco ha la passione di chi ha dedicato una vita a osservare ali librarsi nell'azzurro. E per questo si accalora, spiegando che no, non è possibile spezzare quell'unità d'intenti a grande fatica trovata per “recintare” e istituire questa piccola area protetta, ovunque circondata dall'uomo e dalle sue attività. Zoologo naturalista, esperto in progettazione e gestione di siti tutelati, oggi direttore della riserva delle Falesie e della stazione biologica dell'Isola della Cona, per inciso anche canoista, Perco è convinto che tutto questo polverone sollevato sul nuovo regolamento delle Falesie rasenti il paradosso, perché dopotutto «si parla di 30 metri in più da vietare all'accesso, dalla costa, rispetto a quelli già vietati per ragioni di sicurezza dalla Capitaneria di porto» e che «forse molti canoisti ignorano. Tutto il resto nello specchio d'acqua della riserva – aggiunge - escludendo le barche a motore, verrebbe destinato agli "appassionati di natura"». Premettendo che l'istituzione della riserva risale al 1996 ed è «giustificata da una serie di ragioni storiche, paesaggistiche e naturalistiche, ratificate con legge regionale 42 di quell’anno», ed è inoltre «riconosciuta di speciale interesse comunitario ai sensi delle direttive europee Habitat e Uccelli», l'area protetta «racchiude l’unica zona con alte pareti rocciose a picco sul mare del nord-Adriatico italiano: un ambiente di falesia del tutto peculiare, anche perché il più settentrionale del Mediterraneo». «Ospita – prosegue Perco - flora e fauna che necessitano della massima tutela. Dunque applicare su almeno una parte di un’area così piccola, ma tanto rilevante, misure speciali di conservazione appare obbligatorio. La riserva possiede infatti dimensioni molto ridotte: è un quadrato di un chilometro circa di lato, che esclude da vincoli particolari il castello, la spiaggetta sottostante e varie aree rocciose frequentate dagli sportivi, per una lunghezza, lungo la costa, di mille metri appena. Qui – afferma Perco - è già in vigore il divieto di navigazione imposto dalla Capitaneria a meno di 30 metri dalla sponda, per ragioni di sicurezza. Si discute pertanto di soli altri 30 metri (60 in tutto, ndr) da interdire all’accesso e del rimanente specchio d’acqua incluso nella riserva, dove canoisti e nuotatori potranno invece godere dell’assenza di barche a motore». Ma perché queste limitazioni sono strategiche? «La finalità è, tra l’altro, di consentire una maggiore presenza di specie di uccelli – spiega Perco - alcune delle quali già ora nidificano o potrebbero farlo; altre sono migranti o svernanti». Tra quelle che depongono qui e risultano sensibili al disturbo umano Perco cita falcone pellegrino, gheppio, colombo selvatico, passero solitario e corvo imperiale. Tra i nidificanti potenziali marangone dal ciuffo, volpoca, edredone, gufo reale. Infine, tra i migratori e svernanti strolaga mezzana e minore, svassi, smergo minore. Ma «anche altri animali marini – riflette il direttore - frequentano o hanno di recente frequentato l’area protetta. Ad esempio almeno due specie di delfini e le tartarughe marine». Gli uccelli nidificano in primavera-estate, proprio quando il mare diventa meta prediletta degli sportivi. Il Marangone, per esempio, ama stare sulle “pedocere” e fare nido vicino all'acqua: per questo avvistando un kayak potrebbe volare via e non tornare. Per evitarlo Perco chiede «un minimo sacrificio, così da mantenere un’area di speciale pregio nelle condizioni più prossime, per quanto possibile, a quelle originarie».

Tiziana Carpinelli

 

L’esempio virtuoso di Miramare
Salvalaggio (Guide ambientali): in quell’area un forte ripopolamento ittico
Non tutti i canoisti si scagliano contro le nuove limitazioni fissate nel regolamento proposto dalla giunta comunale di Duino Aurisina. Claudio Salvalaggio, una laurea in Scienze forestali, presidente dell'associazione delle guide naturalistiche e coordinatore regionale dell’Aigae (associazione italiana guide ambientali escursionistiche) è convinto che «la zonizzazione della riserva abbia un senso. È giusto – spiega – che all'interno di un'area protetta vi siano zone a tutela integrale e altre di rispetto, così come avviene per esempio a Miramare. Ritengo che l'ente gestore, vale a dire il Comune di Duino Aurisina, bene abbia fatto a regolamentare gli spazi. Giova dal punto di vista faunistico? Certamente. Basta vedere cosa è accaduto, in particolare sotto il profilo del ripopolamento ittico, a Miramare, ora ricchissima di numerose varietà di pesce». «È fondamentale – chiarisce ancora Salvalaggio – porre le condizioni per favorire lo sviluppo di “nursery” che andranno a potenziare la riproduzione delle specie. Noi, come guide, frequentiamo le Falesie con le canoe canadesi. Vorrà dire che quando entreranno in vigore le regole staremo più al largo». Per kayak&co. forse è più semplice, ma un nuotatore come fa? «Credo che molte persone – conclude Salvalaggio – partano a nuoto dal porticciolo di Duino e arrivino fino alla spiaggetta del Principe, esclusa dall'area off-limits. Non penso che proseguano oltre molti sportivi, perché fino a Sistiana è lunga e le Falesie non offrono, in quella zona, spuntoni di rocca su cui fare una sosta. Quel tratto è decisamente meno frequentato». Del resto, come sottolineato dall'ornitologo Fabio Perco, «l'istituzione di aree interdette all’accesso umano è prassi comune nelle zone protette, per di più espressamente prevista dalle normative», vedi le riserve della Foce Isonzo, Valle Cavanata e molte altre. Si deve all’esistenza di queste limitazioni, in parecchi casi, la presenza di specie faunistiche rare (perché timide e diffidenti) in zone fortemente antropizzate. E d'altro canto - così ancora il direttore della Riserva delle Falesie - molte aree di proprietà pubblica, anche marine, sono precluse al libero accesso sulla base di motivazioni varie, prevalentemente di carattere economico, senza che si sollevino troppe proteste. Un esempio? Le concessioni demaniali per le mitilicolture.

(ti.ca.)

 

MORO (PD) «Disponibili al confronto ma il progetto va avanti»
Democrats a difesa del nuovo regolamento delle Falesie.

«L'area marina interessata – spiega Michele Moro, segretario e capogruppo del Pd nel Consiglio comunale di Duino Aurisina - si estende, nello sviluppo del sovrastante Rilke, dalla spiaggia del Principe (esclusa, ndr) fino alla Caravella. Su disposizione della Capitaneria di Porto esistono già due limitazioni: di navigazione e ormeggio a 60 metri dalla costa e, dal 2013, il divieto di ogni transito, anche a nuoto e in canoa, e di ogni attività di superficie o sottomarina per 30 metri dalla costa. Quest'ultimo punto per motivi di sicurezza e, precisamente, per la possibile caduta di massi. Dunque il limite ripreso nel regolamento, che porta a 60 metri per tutti, non modifica sostanzialmente l'attuale situazione per la stragrande maggioranza dei fruitori. Chi parte da Duino può arrivare a nuoto o in canoa fino alla spiaggetta, che è - ricordiamolo - proprietà privata al pari del tratto del Rilke, oggi chiuso. L'interdizione alla pesca invece in un'ulteriore fascia di circa 300 metri – chiarisce Moro - è necessaria e funzionale soltanto al ripopolamento ittico: riteniamo evidente il beneficio a medio-lungo termine per tutti gli appassionati». Il segretario ricorda gli incontri, anche pubblici, effettuati a fine 2013: «Si erano chiariti tali aspetti e da allora è solo passato il tempo "burocratico" necessario all'iter, ma i contenuti sono i medesimi. L'opposizione e chiunque altro affermi che le cose siano state cambiate o non discusse lo fa con diversa intenzionalità, che esula dal regolamento». I partiti all'opposizione attendono la riunione della Seconda commissione (oggi alle 17.30 alla Casa della pietra "Igo Gruden" di Aurisina) per capire cosa sia stato mandato alla Regione e cosa sia uscito da lì. «Se tutti, come più volte detto, concordiamo con l'opportunità che la riserva sia il mezzo con cui preservare una parte pregiata del territorio – continua Moro -, alcune limitazioni all'impatto antropico stanno nell'ordine delle cose». Il Pd apprezza che «i nostri concittadini dimostrino un legame forte col territorio e l'uso che se ne fa: questo legame è vivo, quotidiano e appassionato. I toni possono essere anche forti o esagerati, ma si riconosce la buona fede di utilizzatori attenti dell'ambiente». Per questo le istanze emerse non vengono interpretate come contrarie all'istituzione della riserva, ma come «critiche verso l'applicazione di alcuni aspetti a oggi previsti nel regolamento, che possono essere discussi». I democratici si impegnano al confronto per «trovare ulteriori aggiustamenti: l'importante è che vi sia il reale intento di proseguire nel progetto della riserva».

(ti.ca.)

 

 

Duino, fognature collegate all’impianto di filtraggio di Sistiana
Lavori in tre fasi per eliminare totalmente gli scarichi a mare - L’obiettivo è il risanamento ambientale della costa
DUINO AURISINA Grandi progetti, fogne e depuratori: parte il risanamento ambientale della costa a Duino Aurisina. Tra meno di una settimana AcegasApsAmga – la multiutility del Gruppo Hera - darà avvio ai lavori per l'estensione della rete fognaria a servizio del Comune. L'obiettivo è di «realizzare una nuova condotta che collegherà la rete di Duino al depuratore di Sistiana», spiega la società. Lo start è ufficialmente puntato sulla data del 2 febbraio, lunedì prossimo. La prima opera, va detto, si inserisce in un «più ampio progetto di adeguamento degli impianti fognari per il risanamento ambientale della costa locale, che prevede la progressiva dismissione degli scarichi a mare». Tre le distinte le fasi del progetto. La tranche iniziale, che appunto si svilupperà tra sei giorni per concludersi nell'arco di un mese, prevede la posa del primo tratto di condotta a collegamento tra il depuratore di Sistiana e il tratto della Strada regionale 14 antistante l'ingresso del Campeggio Marepineta, in prossimità dell'abitato. FASE DUE Tra marzo e aprile, invece, sarà realizzata la nuova condotta a Duino. Il cantiere si sposterà nel paese che ospita il Collegio del Mondo Unito: qui sarà realizzato il tratto di rete che, partendo dal depuratore a servizio della frazione, situato sulla costa, salirà fino alla piazzetta di accesso al Castello, in centro storico. «L'inizio dei lavori è previsto per la prima settimana di marzo – sottolinea AcegasApsAmga - e, come concordato con l'amministrazione comunale, l'intervento terminerà entro il 30 aprile per non interferire con le attività turistiche di Duino». TERZA FASE Il cantiere riprenderà ad autunno, quando secondo il cronoprogramma sarà ultimata la nuova condotta Duino-Sistiana. Al termine della stagione estiva, saranno concluse le opere finalizzate a completare il collegamento del collettore fognario dal centro di Duino al nuovo impianto posato nella prima fase dei lavori, a Sistiana. Si tratta di «un'opera propedeutica a un sistema fognario-depurativo più sostenibile»: nel 2016, infatti, verrà costruita un'ulteriore condotta fognaria che raccorderà quella tra Sistiana e Duino al Villaggio del Pescatore. Il tutto si inserisce nel piano di adeguamento del sistema fognario che prevede la futura dismissione del depuratore attualmente in funzione al Villaggio e il conseguente convogliamento dei reflui del paese all'impianto di depurazione di Sistiana. «In parallelo – conclude AcegasApsAmga - tra il 2015 e il 2016 l'impianto di Sistiana sarà potenziato al fine di aumentarne la capacità di trattamento». COMUNE L'assessore ai Lavori pubblici Andrej Cunja non ha dubbi: «Questi lavori di razionalizzazione della rete fognaria, con la progressiva dismissione dei piccoli depuratori e il conferimento a lungo termine di tutti i reflui all'impianto di Servola, sono più che benvenuti. Così nelle acque delle coste prospicienti il territorio comunale non verranno più direttamente immessi liquidi di scarico». «La condotta da Duino a Sistiana – precisa - verrà posizionata parzialmente sotto la Strada regionale 14 e parzialmente a lato della carreggiata, mentre, relativamente alla rete che dal Villaggio raggiunge Duino, l'amministrazione sta dialogando con Acegas per un suo posizionamento interamente a lato della provinciale, in maniera da ricavarci sopra il sedime per il marciapiede tanto atteso dai residenti».

Tiziana Carpinelli

 

 

Via ai volontari per curare i parchi pubblici
Un regolamento del Comune sugli interventi di chi vuole contribuire alla manutenzione dei beni
Curare un giardino, sistemare un monumento, migliorare un parco giochi - ma al contempo anche le relazioni sociali - favorendo il mutuo soccorso e la reciprocità. Tutte queste attività saranno disciplinate da uno specifico regolamento predisposto dal Comune, che permetterà ai cittadini animati da spirito volontaristico di contribuire gratuitamente a tutto ciò che è definito, in senso ampio, il bene comune. Se ne è discusso nei giorni scorsi durante la seduta che la Prima commissione consiliare, presieduta da Giovanni Barbo, ha dedicato alla mozione sul tema firmata da quattro consiglieri del Pd, il capogruppo Marco Toncelli, lo stesso Barbo, Anna Maria Mozzi e Manuel Zerjul e che ha trovato subito il consenso della vicesindaco, Fabiana Martini. «Interventi di genitori volontari in alcune scuole della città hanno già avuto successo - ha ricordato Martini - a conferma che l'amministrazione guarda con positività a questa prospettiva. Siamo d'accordo su un regolamento, purché in linea con i principi che disciplinano l’attività del Comune». Mozzi ha suggerito di «mettere in rete tutte le iniziative, attraverso l'istituzione di un centro di coordinamento unico». Piero Camber (Fi) ha proposto di «fare interagire le Circoscrizioni nel progetto», mentre Tiziana Cimolino (Pd) ha auspicato che «si colga l'occasione per snellire la burocrazia e non per appesantirla, attraverso un Regolamento che semplifichi». Nel corso della stessa seduta c’è stata l’audizione di Odinea Zupin, presidente del Comitato locale dell’associazione Salaam i ragazzi dell’Olivo, che si batte per i diritti dei palestinesi, accompagnata da Giorgio Stern, anch’egli attivista. Spunto per l’invito, la mozione che Anna Maria Mozzi aveva presentato a novembre, in occasione della Giornata mondiale di solidarietà con il popolo palestinese, con la quale aveva chiesto che Consiglio comunale e sindaco si impegnassero «perché il governo italiano riconosca lo Stato della Palestina». Subito si sono delineate due posizioni. Da un lato i consiglieri del centrodestra Everest Bertoli e Piero Camber (Fi), Lorenzo Giorgi (Pdl), Carlo Grilli (Udc), ai quali si sono aggiunti Patrick Karlsen e Roberto Decarli, delle liste civiche di centrosinistra, che hanno giudicato «incompetente in materia il Consiglio comunale». Dall’altro Daniela Gerin (Sel), Anna Maria Mozzi e Loredana Lepore (Pd), Iztok Furlanic (FdS) e Paolo Menis (5Stelle) che hanno giudicato «utile una presa di posizione dell’assemblea, per quanto il Comune di Trieste rappresenti un piccolo tassello nel contesto istituzionale generale». La mozione sarà nuovamente discussa in Consiglio comunale.

Ugo Salvini

 

 

Ferriera, in bilico la sorte della centrale Elettra

Arvedi intenderebbe rinunciarvi sostituendola con turbine meno potenti - Il contratto con Siderurgica Triestina scade a fine anno: dipendenti in allarme
È in vendita da tempo Elettra, la centrale elettrica da 170 megawatt che fornisce energia alla Ferriera di Servola e che si trova all’interno del perimetro dello stabilimento. Quella che sembrava però essere la soluzione più logica della questione, e cioé il suo acquisto, come del resto era stato anche ipotizzato, da parte del Gruppo Arvedi che attualmente attraverso Siderurgica Triestina è proprietario della stessa Ferriera, molto probabilmente non si realizzerà. «È una centrale da 170 megawatt, ma a noi ne bastano 20 o 30 - ha affermato lo stesso cavalier Giovanni Arvedi nel corso dell’intervista rilasciata a Cremona al Piccolo - Ho localizzato in Germania due o tre turbine inutilizzate: le farò recuperare e trasferire a Trieste». Dichiarazioni che hanno sollevato non pochi timori in particolare tra i 25 dipendenti di Elettra e le loro famiglie. «Tra Elettra e Siderurgica Triestina - specifica Michele Piga, segretario provinciale Filctem, il sindacato elettrici della Cgil - è stato firmato un accordo commerciale che ha vigore fino al 31 dicembre 2015. Poi non sappiamo esattamente cosa accadrà, ma di certo se rimarrà in funzione l’area a caldo, la Ferriera avrà bisogno della centrale. Riguardo alla potenza, quelle dichiarazioni significano poco o nulla. Per fare un paragone, si può anche voler passare dalla Ferrari alla Cinquecento, essenzialmente per ridurre i costi, ma anche la Cinquecento non ha solo un motore, ma la carrozzeria e vari accessori. Non bastano dunque due turbine meno potenti, c’è bisogno di caldaie, generatori, compressori, alternatori e strutture varie. Si tratterebbe dunque di dover costruire una nuova centrale». Elettra, costruita da Ansaldo Energia nel 2000 e funzionante dall’anno seguente, è tuttora proprietà di Alix partners, fondo inglese con investimenti ramificati in tutto il mondo. Elettragroup, che controlla anche un’altra centrale, nel sito siderurgico di Piombino e di cui è presidente del consiglio di amministrazione Luca Ramella, a causa della sua situazione debitoria è stato avviato alla procedura concorsuale. La situazione dovrebbe definitivamente chiarirsi a primavera. Elettra è stato l’elemento cruciale che ha ritardato le trattive per l’acquisto della Ferriera da parte di Arvedi dall’amministrazione straordinaria della Lucchini. Dapprima infatti ha dovuto essere risolta la questione del cosiddetto Cip6. Quindi è stato necessario attendere che il pool degli istituti creditori di Elettra formato da cinque banche di cui tre estere con capofila il Banco di Bilbao desse il via libera all’accordo con Siderurgica Triestina (gas di risulta del processo produttivo della Ferriera a fronte della fornitura dopo la trasformazione del fabbisogno energetico dello stabilimento siderurgico) che però scadrà già a fine anno.

Silvio Maranzana

 

 

Discarica nel bosco, “caccia” ai responsabili
Non ancora rimossi i rifiuti avvistati lungo la ciclabile. Laureni: «Rilievi per inchiodare chi li ha gettati»
Non solo non è stata rimossa, ma è addirittura cresciuta, arrivando ad ospitare altri improbabili rifiuti, come un vecchio scarpone da sci, sistemato ad arte sopra il frigo sgangherato già immortalato nelle foto di una lettrice. A una settimana dall’ultima segnalazione, la discarica abusiva creata lungo la pista ciclabile, fa ancora bella mostra di sè (si fa per dire) nel bosco vicino alla galleria di San Giuseppe. Un caso di totale negligenza da parte delle autorità competenti? Assolutamente no, si affretta a precisare l’assessore comunale all’Ambiente, Umberto Laureni, assicurando che quello scempio verrà sanato al più presto. Non prima, però, di aver compiuto tutta una serie di passaggi obbligati. «Il problema era all’attenzione della Polizia locale già prima della segnalazione di sette giorni fa - chiarisce l’esponente della giunta Cosolini -. Se in questo lasso di tempo non abbiamo provveduto a rimuovere i materiali, è perché stiamo cercando elementi che consentano di risalire ai responsabili. Non si è assolutamente perso tempo, quindi. Al contrario si stanno completando tutti gli accertamenti richiesti in casi simili». Sul “giallo” della discarica, infatti, sono state avviate delle vere e proprie indagini. «Bisogna capire ad esempio da dove arrivano quei cavi elettrici, probabilmente rubati in qualche cantiere - prosegue Laureni -. E va chiarita anche la provenienza dei tanti documenti scoperti all’interno del vecchio frigo. Tutti nodi che vanno risolti prima di far sparire i rifiuti, per tentare appunto di dare un nome a chi li ha gettati tra gli alberi. Rimuovere i materiali, insomma, non è poi così semplice. Lo sarebbe stato solo nel caso in cui fossero stati trovati rifiuti altamente inquinanti, cosa che avrebbe fatto scattare una procedura d’urgenza. I cittadini comunque possono stare tranquilli - conclude Laureni -, la volontà di ripulire il bosco non è in discussione. Provvederemo a farlo il prima possibile».

 

Muggia, continua la lotta ai rifiuti abbandonati - campagna del comune
Appello del consigliere dell’opposizione Grizon a usufruire dei fondi della Regione. Il sindaco Nesladek replica: «Sono briciole, facciamo da noi»
MUGGIA L'amministrazione Nesladek deve partecipare al bando regionale per la rimozione di rifiuti abbandonati in aree pubbliche. È l'appello lanciato dal consigliere comunale muggesano del Pdl Claudio Grizon in virtù dei 230mila euro che la Regione ha stanziato per interventi volti alla rimozione e allo smaltimento dei rifiuti abbandonati su aree dei territori comunali. «Anche se le risorse sono quelle che sono per tutta la Regione, spero che l'amministrazione Nesladek presenti una propria istanza per affrontare le spese che anche il Comune di Muggia deve affrontare a tal proposito causa la maleducazione dei cittadini, o forse, anche di persone non residenti che usano le aree dei cassonetti come discariche non autorizzate» spiega Grizon. Il termine per presentare le domande, come si evince dal sito della Regione, scade lunedì 2 marzo. «Per cui non si dica che non c'è stato il tempo necessario», puntualizza Grizon. Saranno ammissibili a contributo le spese per gli interventi di rimozione di rifiuti abbandonati da ignoti su aree pubbliche, mediante operazioni di raccolta, trasporto e smaltimento, compreso l’eventuale recupero dei rifiuti stessi, anche nel caso in cui tali interventi vengano effettuati mediante appalto di servizi. «Auspico inoltre che con la prossima gestione del servizio di raccolta e smaltimento rifiuti - conclude Grizon, che sul tema ha preannunciato un’interpellanza al sindaco Nesladek - si pongano maggior attenzione e sensibilità anche sul mantenimento della pulizia delle discariche abusive sul territorio e, se proprio dovessero rimanere anche con il prossimo modello di raccolta, in prossimità alle aree in cui saranno collocati i cassonetti». Pronta la replica del sindaco Nerio Nesladek: «Siamo felici che ancora una volta il consigliere Grizon approvi le nostre scelte e appoggi le domande di contributo che l’Ente presenta, ma ci spiace dovergli fare notare, ancora una volta e pubblicamente, che è arrivato tardi. Per quanto, quindi, sia apprezzabile che stavolta sia riuscito a guardare a tutto il territorio, per evitargli delusioni cogliamo l’occasione per ricordargli che, a fronte di un contributo di 230mila euro, i Comuni del Friuli Venezia Giulia sono 222... Non se la prenda a male, pertanto, se nel frattempo continuiamo a intervenire sul territorio con le nostre forze ricordando che Muggia è di tutti e non esistono “piccoli” gesti d’inciviltà ma solo grandi maleducati».

Riccardo Tosques

 

 

 

 

VOCE ARANCIO - LUNEDI', 26 gennaio 2015

 

 

Incentivi per la produzione di energia da rinnovabili: tutte le novità
Impianti eolici, idrici, a biomassa: ecco che cosa cambia sull’erogazione e sull’entità delle incentivazioni.
Le novità introdotte dall’Autorità. Il Gestore Servizi Energetici ha recentemente introdotto alcune novità per gli incentivi di cui godono gli impianti che producono energia elettrica da fonti rinnovabili (i cosiddetti “Fer”). Le modifiche riguardano gli impianti fotovoltaici sopra i 200 Kw e le infrastrutture idroelettriche, geotermiche, eoliche, a biomassa ecc. Per richiedere la rimodulazione è necessario inviare entro il prossimo 17 febbraio una mail all’indirizzo spalmaincentiviTO-CV@cc.gse.it, messo a disposizione dall’Autorità, allegando il format di richiesta e la copia di un documento d’identità valido.
Chi ha diritto al ricalcolo degli incentivi. Possono usufruire del ricalcolo degli incentivi dell’opzione i produttori di energia elettrica proprietari di impianti alimentati da fonti rinnovabili che accedono agli incentivi sotto forma di certificati verdi, tariffe omnicomprensive o tariffe premio.
Confermati gli importi per impianti fotovoltaici domestici. Per gli impianti solari fotovoltaici a dimensione domestica –che non superano i 3 Kw di potenza – la novità riguarda principalmente il modo in cui, da fine 2014, i bonus sono erogati (il sistema di acconto e saldo a conguaglio di cui si parla poco più avanti). Nessun cambiamento, invece, sull’ammontare degli importi. Modifiche sono previste anche per il sistema dello scambio sul posto e, più in generale, per quanto riguarda la semplificazione amministrativa (ci sarà un modello unico per comunicare a Comuni, gestori e Gse la realizzazione di impianti).
Rimodulati gli incentivi per eolici, idrici e biomassa. Le novità maggiori riguardano gli impianti che producono energia elettrica da fonti rinnovabili diverse dal fotovoltaico, cioè impianti eolici, a biomassa, impianti idrici ecc. Per questi impianti scatta un ricalcolo degli incentivi che deve essere chiesto entro il 17 febbraio. Un ridimensionamento graduale delle tariffe incentivanti ci sarà anche per gli impianti solari fotovoltaici di grosse dimensioni, che superano cioè i 200 kw.
Come chiedere il ricalcolo degli incentivi.. I beneficiari possono, alternativamente:
– continuare a beneficiare del regime agevolato di cui godono (quindi non introdurre alcuna modifica). In questo caso, nei 10 anni successivi alla scadenza del regime incentivante, non potranno accedere ad altri incentivi anche in caso di realizzazione di interventi di miglioramento sullo stesso sito. .
– scegliere la rimodulazione dell’incentivo. In questo caso si potrà godere della tariffa agevolata anche per altri 7 anni dopo la scadenza naturale del periodo incentivante, ma per lo stesso periodo il beneficiario non potrà accedere ad altri incentivi.
Nuovo sistema di erogazione delle tariffe. Dal secondo semestre del 2014 il Gestore eroga le tariffe del Conto Energia (quell’incentivo che dura vent’anni riservato a privati, imprese e enti pubblici che installano un impianto solare fotovoltaico) attraverso un sistema di acconto e conguaglio diverso rispetto al passato e in cui:
– l’acconto è calcolato sulla base della produzione storica, cioè delle ore di produzione dell’impianto relative all’anno precedente, oppure utilizzando stime regionali. Il pagamento avviene in rate quadrimestrali per gli impianti di potenza fino a 3kW e in rate trimestrali per gli impianti di potenza tra 3 e 6 kW, con rata minima di 100 euro;
– il saldo a conguaglio è calcolato sulla base di misure valide prevenute dal proprietario dell’impianto, entro 60 giorni e comunque prima del 30 giugno di ogni anno, a partire dal 2015.
Scambio sul posto, che cosa cambia. Novità anche per il sistema dello “scambio sul posto”, quello che permette di compensare l’energia elettrica consumata con quella prodotta. Lo scambio sul posto non è una vendita, consiste più che altro in un rimborso parziale delle bollette pagate, in relazione all’energia immessa in rete. In particolare, dal 2015:
– possono fruire del sistema gli impianti di potenza fino a 500 kW entrati in funzione dal 1/1/2015 (in precedenza la soglia era a 200 kW);
– per gli impianti di potenza fino a 20 kW (inclusi quelli già in esercizio al 1/1/2015) non sono applicati i corrispettivi tariffari a copertura degli oneri generali di sistema sull’energia consumata e non prelevata dalla rete.
– per gli impianti diversi dal punto precedente i corrispettivi invece si applicano, sull’energia elettrica consumata e non prelevata dalla rete, in misura pari al 5 per cento dei corrispondenti importi unitari dovuti sull’energia prelevata dalla rete.
 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 26 gennaio 2015

 

 

La grande invasione delle oche nordiche
Boom di visitatori all’Isola della Cona per l’osservazione di oltre duemila uccelli che stanno svernando nella riserva
STARANZANO L’Isola della Cona fa il pieno di visitatori e di famiglie, provenienti da tutta la regione, con lo spettacolare primo appuntamento delle attività invernali. In programma, infatti, ieri c’era la “Giornata dell’oca”, favorita da sprazzi di sole e da una tiepida mattinata, oltre che dalla tranquillità di un ambiente lontano dai centri urbani. Sul grande palcoscenico in mostra la natura con lo straordinario “tappeto” di oltre duemila oche arrivate dal Nord Europa per svernare nella riserva. La maggior parte era ben visibile alla foce. Altre si spostavano come pendolari dalla riserva nei campi agricoli circostanti per beccare i di mais rimasti tra le zolle dopo la mietitura. Una volta sazie, facevano subito ritorno, forse impaurite dai colpi di fucile dei cacciatori, ma soprattutto per proteggersi dalle volpi affamate, le quali difficilmente si avventurano sugli isolotti in cerca delle loro prede. Dall’osservatorio della Marinetta, si potevano toccare quasi con mano oche selvatiche, oche “lombardelle” arrivate dalla tundra artica, ma anche “folaghe”, “mestoloni” (anatre di suprefici), “alzavole”, “morette”, “tuffetti” e “volpoche”, (nidificano nelle tane abbandonate dalle volpi) e anche qualche rapace, “poiana” e “falco di palude”. Compresi cormorani e cigni. Dalla parte opposta, pascolava un branco di cinque “Camargue”. I visitatori sono stati accompagnati nell’escursione durata oltre due ore nel circuito ad anello, da una guida espertissima, Paolo Utmar, che ha fornito ogni dettaglio tecnico e scientifico, rispondendo alle domande dei visitatori. «In questo mese di gennaio – spiega Utmar - alla Cona sono state osservate 101 specie. Una delle zone più ricche d’Italia. Un record nazionale di presenze, è uno “spot” importante per la riserva, poiché vuol dire che l’ambiente è ideale per la diversità delle specie come rifugio invernale. Tra le rarità osservate qualche giorno fa – ricorda - anche un cigno selvatico». Gli ospiti, inoltre, hanno potuto ammirare gli splendidi boschi golenali, i canneti, il mare, la foce del fiume, le “velme” (piccoli stagni di mare fangosi) e “barene” (isolotti che emergono con le basse maree), preferiti della maggior parte dei volatili. Sabato prossimo alle 10, ci sarà l’inaugurazione di tre capanni fotografici per l’osservazione dei volatili. Le strutture daranno la possibilità a fotografi e birdwatchers di godere di nuovi scorci sulla riserva. Il “turismo fotografico” unito a quello naturalistico, è in forte crescita.

Ciro Vitiello

 

 

Le mani della Mol sulla slovena Petrol

La società petrolifera ungherese è pronta all’acquisizione ma attende una risposta dal governo
TRIESTE La società petrolifera ungherese Mol, proprietaria anche della croata Ina, è interessata all’acquisizione della slovena Petrol. Lo scacchiere geoenergetico nei Balcani, dunque, continua a essere in costante movimento confermando così l’importanza della posta in palio soprattutto dopo la rinuncia al gasdotto South Stream da parte dei russi di Gazprom. Mol, sempre attraverso la sua controllata Ina, è attivo relativamente alla realizzazione di un rigassificatore sull’isola di Veglia e ha ottenuto una concessione esplorativa dal governo croato in Adriatico. Alla luce di tutto ciò, soprattutto i depositi di greggio presenti a ridosso dell’area portuale di Capodistria e di proprietà della Petrol diventano un investimento molto appetibile per i possibili sviluppi in quest’area relativamente alla ricerca di gas e greggio e relativamente ai flussi di gas verso l’Europa centrale. «Il gruppo Mol ha già in passato espresso il proprio interesse al governo della Slovenia per una partnership strategica con la Petrol - rispondono i vertici della società ungherese a una domanda del quotidiano lubianese Dnevnik - ma finora non abbiamo ancora ricevuto una risposta definitiva». La società ungherese ha così indirettamente confermato che dietro il proprietario di un conto fiduciario in Cechia stanno, in verità, banche e società direttamente collegate a Mol che quindi, già a oggi, avrebbe nel suo portafoglio azionario il 12,8% di Petrol pari a 75 milioni di euro ai valori attuali di Borsa. Ricordiamo che Petrol resta anche nei desiderata della società russa Rosnjeft che ha da tempo messo gli occhi sulla croata Ina controllata però da Mol. La strategia targata Mosca era però strettamente legata alla realizzazione di South Stream al punto che durante il secondo governo Janša lo stesso premier sloveno andò a Mosca dove sul tavolo ci fu anche la vendita di Petrol. Ora però gli scenari cambiano anche a seguito della crisi ucraina. L’Europa, o forse meglio, gli Stati Uniti hanno deciso di non lasciare mano libera a Putin e ai suoi accoliti (il premier magiaro Orban è solito amoreggiare con lo zar russo) nel delicato scacchiere dell’Europa orientale e balcanica. La principale conferma è costituita dal grande interesse manifestato da Washington proprio per la realizzazione del rigassificatore di Veglia al quale guardano anche altri Paesi dell’area orfani di South Stream con la Slovenia, come confermato di recente in un’intervista dal ministro degli Esteri Karl Erjavec, in prima linea. Quel che resta da scoprire è se la Mol potrebbe essere una sorta di “cavallo di Troia” per le società energetiche russe e questo dipenderà dalla politica estera che il premier magiaro Orban vorrà mettere in campo nei prossimi mesi.

Mauro Manzin

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 25 gennaio 2015

 

 

AURISINA - Falesie, piano in commissione già martedì

DUINO AURISINA La Seconda commissione consiliare permanente, presieduta da Maurizio Rozza, si riunirà martedì alle 17.30 alla Casa della pietra "Igo Gruden" di Aurisina. Al centro della discussione il nuovo regolamento della Riserva naturale delle Falesie, dispositivo atteso dal 1996 e recentemente oggetto di contrapposizione tra diversi soggetti e realtà associative per alcune limitazioni d'accesso agli specchi acquei ivi contenute. Si comincerà con la relazione del presidente Rozza e dell'assessore competente, Andrej Cunja. Seguirà l'audizione di tutti i portatori di interesse. «L'intento della convocazione – ha spiegato il sindaco di Duino Aurisina, Vladimir Kukanja – è quello di fare chiarezza e rappresentare a tutti il contenuto del regolamento. Per quanto mi riguarda, l'iter parte da oggi. Non scordiamo infatti che il testo dovrà passare in Consiglio, per la sua ratifica, e ritornare poi in Regione». Per quanto riguarda i portatori di interesse, va precisato, non è stato fatto alcun invito specifico. Lo spiega il presidente Rozza: Chiunque si riconosca tra i portatori di interesse è chiamato a partecipare alla seduta. Di prassi non vengono svolti inviti proprio per non rischiare di escludere alcuno, ma si dà visibilità all'evento di modo che chi si sente chiamato in causa possa prendervi parte liberamente. Senz'altro il Principe e la proprietà del Castello, per esempio, sono tra questi ultimi».

(ti.ca.)

 

 

«Un Patto del Nazareno per Porto Vecchio»
Savino : «Noi di Forza Italia siamo per la sdemanializzazione. Serve una commissione bipartisan per gestire il processo»
«Tutti noi di Forza Italia siamo completamente favorevoli allo spostamento del Punto franco e alla sdemanializzazione del Porto Vecchio di Trieste». Improvvisamente, un tranquillo sabato mattina, Sandra Savino, parlamentare e coordinatrice regionale di Forza Italia, getta la maschera sua e dei suoi colleghi di partito. Non solo, lancia anche una proposta azzardata: «Sigliamo un altro Patto del Nazareno per gestire congiuntamente, centrosinistra e centrodestra, la realizzazione del processo». Ma onorevole Savino, non ha appena presentato assieme al leghista Fedriga e al grillino Prodani un emendamento, poi bocciato, per abrogare subito la sdemanializzazione innescata invece dall’iniziativa del senatore Pd Francesco Russo? Un’accusa che mi è stata rivolta in particolare da Roberto Antonione. Ci pensi due volte quando parla di comportamenti in fase di votazioni. Tutti ricordano come un suo tragico errore di voto valse a salvare il governo Prodi. Ma ha votato o no per abrogare la sdemanializzazione? Certo, ma non era un voto perché sono contraria, ma una protesta contro il metodo usato da Russo: un emendamento alle tre del mattino senza alcuna condivisione in città. Non è così che si fa. Fedriga e Prodani però sono contrari anche nel merito. Lei invece nel merito è favorevole cioé è molto distante dalle idee di Fedriga e Prodani? Confermo. Ma Forza Italia ha mai fatto qualcosa a favore della sdemanializzazione? Una cosa sono i proclami e le marce, un’altra i fatti concreti. Questi ultimi li ha portati il centrodestra. Mi sono rotta le scatole del fatto che sta prendendo piede in città una vulgata comune secondo la quale Forza Italia è il partito del “no se pol”. La sdemanializzazione nasce con due episodi: il primo sono le intese del Piano regolatore del Comune con la variante Barduzzi del 2007 che rende possibili vari tipi di insediamenti nell’ambito della portualità allargata: ebbene sono state portate al voto del Consiglio comunale (e poi approvate anche dal centrosinistra) dalla giunta di centrodestra guidata da Roberto Dipiazza. Il secondo è l’apertura della bretella, con “abbattimento” dei varchi per permettere l’accesso del pubblico alla Biennale diffusa: è stata decisa nella primavera 2011 da Marina Monassi. È esattamente in questo modo che è partito il percorso di riutilizzo dell’area. A questo punto però non posso non inserire una postilla sul Piano regolatore del porto: dicono lo stia bloccando Marina Monassi. Se fosse vero, sarebbe onnipotente, dal momento che lo stop prosegue con tre governi, Monti, Letta e Renzi, che non sono certo guidati da Forza Italia. A maggior ragione voi di Forza Italia siete favorevoli allo spostamento del Punto franco? Ci mancherebbe non fosse così. Il Punto Franco può venire molto opportunamente spostato nell’area acquisita dall’Autorità portuale a Prosecco o al terminal di Fernetti. Ancora meglio, sulla banchina della Ferriera o sulla Piattaforma logistica i cui lavori, va ricordato, possono ora partire soprattutto grazie all’opera svolta da Marina Monassi. Non le sembra che se Monassi avesse dialogato con gli enti territoriali questa operazione sul Porto Vecchio sarebbe potuta partire ben prima? Faccio il deputato e mi sto impegnando molto. Non ho avuto tempo per vagliare di chi sia stata la colpa per questo mancato dialogo. Quando Forza Italia era alla guida del Comune, intese con la variante Barduzzi a parte, non è che si fosse spinta molto avanti su questa strada. Era una decisione da ponderare e condividere che ha anche risvolti negativi. Ammesso e non concesso che la completa infrastrutturazione, 80-90 milioni di euro si stima, sia a carico di ipotetici megainvestitori, nella prima fase peseranno sul Comune spese enormi per assicurazione degli immobili, transennamento di quelli pericolanti, vigilanza, illuminazione. La gente deve sapere che con le limitazioni imposte dal Patto di stabilità il Comune dovrà sottrarre soldi alle manutenzioni ordinarie o magari a quelle che già oggi sembrano difficilmente rimandabili come il rifacimento della volta della galleria di piazza Foraggi. C’è il tema complesso di come raccordare il Porto Vecchio alla città e al Porto Nuovo anche se mi trova completamente favorevole la proposta di destinare allo sviluppo delle infrastrutture dello scalo i proventi che il Comune introiterà dalla vendita dei Magazzini storici sui quali, oltretutto, pesano i vincoli della Soprintendenza ai Beni architettonici che, se sarà necessario rispettare in toto, comporteranno aggravi di tempi e di spesa. Potrebbe essere il primo obiettivo di sviluppo della città addirittura per i prossimi decenni? Credo proprio di sì, per questo serve un coinvolgimento della città intera e di tutte le sue principali rappresentanze politiche nella gestione e nel controllo del processo. Io avevo fatto così quando da assessore regionale avevo aperto il Tavolo sulla riconversione della Ferriera. Poi anche su questo argomento il centrosinistra ha chiuso il dialogo. Il capogruppo di Forza Italia in Consiglio comunale Everest Bertoli ha accennato all’ipotesi di costituire una sorta di Commissione tecnica. È questo che propone? Sì, una Comissione in cui vi siano politici esperti della materia di entrambi gli schieramenti o comunque tecnici che facciano riferimento alle principali forze politiche. Potrebbe essere una sorta di Patto del Nazareno? La definizione mi pare ottima: propongo un Patto del Nazareno per il Porto Vecchio di Trieste. Anche perchè il prossimo anno vi saranno le elezioni comunali. Lei si candida a sindaco? Vedremo. Farete le primarie? Non credo, penso che prima di doverle fare troveremo una sintesi tra le forze di centrodestra, ma quelle vere non le protesi di Cosolini, per un programma e un candidato comuni. Insomma, se lei sarà sindaco il processo di sdemanializzazione del Porto Vecchio andrà avanti? Certo che sì.

Silvio Maranzana

 

«Ma tra i berlusconiani c’è tanta ambiguità»
Antonione, Un’Altra Trieste e Civica Indipendente: «Stiamo con chi vuole abbattere il muro»
«Non siamo la stampella del centrosinistra». I consiglieri comunali di Un'Altra Trieste, Gruppo Misto e Lista Civica Indipendente respingono al mittente le accuse lanciate da una parte del centrodestra e ribadiscono con forza il proprio sostegno alla sdemanializzazione del Porto Vecchio, «fondamentale per il futuro della città». Ma la conferenza stampa congiunta è stata anche l'occasione per passare al contrattacco. «Coloro che hanno distrutto il centrodestra a Trieste cercano oggi di screditare chi non è in sintonia con loro» - afferma Roberto Antonione, l’ex sottosegretario oggi capogruppo del Misto -. «L'opposizione portata avanti da Forza Italia non è costruttiva, né univoca e ha il sapore dell'ambiguità, visto che sulla questione Porto Vecchio i loro rappresentanti in Parlamento vanno da una parte e quelli in Consiglio comunale da un'altra. La nostra posizione invece è chiara ed è quella che porta allo sviluppo di questa città: siamo dunque pronti a sostenere chiunque vada in quella direzione». Concetti ribaditi da Roberto De Gioia (Lista Civica Indipendente) secondo cui «una parte del centrodestra è stata la causa di decenni di immobilismo in Porto Vecchio: adesso però quelle stesse forze politiche sono state spiazzate da un atto concreto dal quale non si torna più indietro. Mettere mano ai decreti attuativi del Punto Franco è pericoloso perché si rischia una interpretazione riduttiva e la perdita della specialità di un'area preziosa per il futuro della città». Il punto di vista normativo è stato sviluppato da Alessia Rosolen, di Un'Altra Trieste: «La mozione che abbiamo presentato e che è stata approvata chiede espressamente un progetto di sviluppo organico di quell'area e non una soluzione spezzatino» - precisa Rosolen -. «E non si può parlare di speculazione edilizia in quanto il Piano regolatore in questo momento non può più essere modificato. Non accettiamo le bugie dette ad arte solo per screditare una certa parte politica: la vera stampella del centrosinistra, almeno a livello nazionale, è proprio Forza Italia». L'ultima stoccata da Franco Bandelli, capogruppo di Un’Altra Trieste. «Il vero progetto di una certa parte politica è sempre stato l'immobilismo e il defilarsi dalle responsabilità di sviluppo reale del territorio» - chiosa Bandelli -. «Noi invece vogliamo abbattere quel muro che divide la città per il recupero di un'area fondamentale e vogliamo farlo non con chi governa ma con chi ci sta. Ma al centro dell'agenda politica dovrà esserci anche il progetto della città metropolitana: solo così avremo un rilancio dell'economia cittadina e un futuro per le nuove generazioni».

Pierpaolo Pitich

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 24 gennaio 2015

 

 

Porto Vecchio, nei weekend la Finanza abbandona i varchi

Il generale Padula: «Ottimizzati i servizi, siamo presenti solo dove ci sono flussi commerciali»

Indirettamente un altro segnale di come l’area non può che diventare parte della città
L’emendamento alla Legge di stabilità del senatore del Pd Francesco Russo che già nel giro di qualche mese potrebbe portare allo spostamento del Punto Franco in questo caso non c’entra nulla, ma anche la Guardia di finanza ha dovuto tenere in qualche modo in considerazione il fatto che l’attività commerciale all’interno del Porto Vecchio (e di conseguenza anche l’utilità del Punto Franco in questo sito) è abbastanza prossima allo zero. Tant’è che il servizio di vigilanza doganale ai varchi da parte dei finanzieri (altra cosa è il ruolo svolto dall’Agenzia delle Dogane, ndr.) solitamente nel corso dei week-end non viene più effettuato. Non si tratta in questo caso dei varchi della bretella che porta al Polo museale e al Magazzino 26, che recano soltanto cartelli di divieto, ma di quelli da sempre presidiati che da largo Santos danno l’accesso alle banchine e ai magazzini. «In epoca di spending review non possiamo permetterci di avere ovunque postazioni fisse ogni giorno - spiega il generale Giovanni Padula, comandante provinciale della Guardia di Finanza - dobbiamo ottimizzare i servizi ed essere presenti dove effettivamente vi sono i flussi commerciali. Questo accade non soltanto ai varchi del porto, ma anche ai valichi di confine, nei retrovalichi e così via. All’ingresso di Porto Vecchio attualmente abbiamo un servizio flessibile che solitamente non prevede la nostra presenza nelle giornate festive e prefestive proprio perché non vi sono appunto flussi commerciali». Indirettamente un altro inequivocabile segnale della direzione verso cui si sta andando con il ricongiungimento del Porto Vecchio alla città, anche se l’intera area risulta ancora un deserto in abbandono. L’Autorità portuale ha recentemente ribadito anche sul proprio sito web che «la Fondazione Istituto di Cultura marittimo portuale è stata posta in liquidazione» e ha annunciato che «al fine di mantenere accessibile al pubblico il Polo museale, l’Authority garantisce l’apertura al pubblico della Centrale Idrodinamica a decorrere dal 12 gennaio nelle giornate del lunedì e del giovedì, dalle 9 alle 13». Sempre chiusa ai visitatori evidentemente la Sottostazione elettrica. Ma un’ordinanza emessa ancora nell’aprile scorso sancisce il “Divieto di transito e accesso veicolare e pedonale 0-24” anche sulla bretella dove il Punto franco è sospeso. La stessa ordinanza prevede una serie di deroghe tra cui quella per i visitatori dello stesso Polo museale e per i soggetti che organizzano e curano eventi di qualsiasi tipo all’interno dello stesso Porto Vecchio. È formalmente precluso l’ingresso a ciclisti e runners che però in alcuni casi ignorano il divieto. A questo proposito va rilevato che il consiglio della IV Circoscrizione ha approvato a maggioranza una mozione che chiede la restituzione al transito da parte della cittadinanza della bretella e un suo utilizzo per lo svolgimento di attività sportiva. «È significativo – ha affermato il presidente Luca Bressan - che anche la Circoscrizione abbia espresso un voto favorevole ad una mozione che prevede la riapertura della bretella del Porto Vecchio. Questo è un modo per garantire il miglior collegamento tra viale Miramare e le Rive decongestionando il traffico». Il Movimento 5 stelle sottolinea invece che «la non partecipazione al voto sulla mozione presentata dalla maggioranza di centrosinistra (allargata ad Antonione e Bandelli) sul tema della sdemanializzazione del Porto vecchio «ha un significato più forte di un semplice voto contrario». «Il cosiddetto “emendamento Russo” - sostengono Paolo Menis e Stefano Patuanelli - è un provvedimento illegittimo e inopportuno. Siamo convinti che la strada intrapresa dal Pd locale sia completamente sbagliata perché non rispetta impegni internazionali che il nostro paese si è assunto con il Trattato di pace del 1947».

Silvio Maranzana

 

 

Petrolio in Adriatico, Zagabria detta le regole
Ricerca vietata nella Fossa del Pomo e paletti sull’inquinamento acustico a tutela di delfini e tartarughe

FIUME Durerà fino a metà febbraio il dibattito pubblico in Croazia sullo studio di impatto ambientale riguardante le future attività di prospezione ed estrazione di greggio e gas nelle acque croate dell’Adriatico. Al documento, redatto dall’azienda Ires Ekologija, dovranno attenersi le compagnie a cui il governo di Zagabria ha assegnato le concessioni per 10 campi di ricerca ed eventuale sfruttamento. Come da noi già riportato, al consorzio formato dall’americana Marathon Oil e dall’ austriaca Omv sono andati 7 campi di esplorazione, situati nel Nord, Centro e Sud Adriatico. Al consorzio dell’italiana Eni e della britannica Medoilgas è stata assegnata in concessione un’area nell’Adriatico centrale, mentre alla croata Ina (in mano all’ungherese Mol) sono toccati due campi nel profondo meridione dell’Adriatico. In 6 delle 7 zone spettanti al gruppo austro–americano, lo studio impone che non potranno essere effettuate prospezioni sismiche nei periodi quando le specie ittiche vanno in frega. Nessuna limitazione in tal senso nell’unico campo dato in concessione ad italiani e britannici, come nemmeno nei due assegnati all’Ina. Lo studio proibisce però ricerche contemporanee in più di tre aree. Quindi è stato confermato che le trivellazioni non potranno avvenire nella Fossa di Pomo, area di 305 chilometri quadrati, importantissima per la riproduzione di numerose specie di pesci e crostacei. Nelle 500 pagine dello studio si rileva inoltre che i concessionari dovranno prestare la massima attenzione all’inquinamento acustico, riguardante soprattutto i delfini e le tartarughe marine. Sono animali particolarmente sensibili ai forti rumori. Tra le tante limitazioni per proteggere un bacino chiuso e dunque molto vulnerabile come l’Adriatico anche il divieto di vedere le piattaforme petrolifere–metanifere dalla terraferma e dalle isole. Se invece le tipiche costruzioni potranno essere notate, il che avrebbe un grave impatto sull’industria turistica, si ordinerà ai concessionari di rimuovere le loro piattaforme, collegandole successivamente ai pozzi con gli appositi tubi. Niente “mostri” dunque all’orizzonte, né ora, né quando nei prossimi 5 anni saranno assegnati in concessione i restanti 19 campi. Per questi ultimi, come specificato da Barbara Dori„, direttrice dell’Agenzia croata per gli idrocarburi, sarà necessario formulare singoli studi di impatto ambientale. Regole severe quelle ordinate da Zagabria e non poteva essere diversamente. L’opinione pubblica nazionale, le forze politiche, tante altre istituzioni e specialmente gli ambientalisti sono sul chi vive: gli affari sono affari, ma l’Adriatico è un bene troppo prezioso e non solo per i croati.

Andrea Marsanich

 

 

OGM -  Arriva il decreto “No” al mais Ogm

Il ministro della Salute Beatrice Lorenzin, delle Politiche agricole Maurizio Martina e quello dell’Ambiente Gian Luca Galletti, hanno firmato il decreto che sancisce il divieto di coltivazione di mais Ogm MON810. È prorogato per 18 mesi il divieto del 12 luglio 2013, anticipando la norma sul diritto per stati europei di scegliere liberamente. La decisione del governo italiano è arrivata infatti in anticipo rispetto al recepimento in Italia della nuova direttiva in materia di Ogm che sancisce il diritto degli Stati Membri di limitare o proibire la coltivazione di organismi geneticamente modificati sul territorio nazionale.

 

 

La giunta approva il testo preliminare sul monitoraggio del patrimonio idrico
Per difendere il suolo e il patrimonio idrico della regione serve un monitoraggio continuo. Sara Vito, assessore all’Ambiente, affida quel compito al “Sistema informativo regionale”, contenitore del Catasto dei corsi d’acqua, dei luoghi naturali e degli invasi, delle opere idrauliche e degli sbarramenti fluviali, strumento che consentirà la rilevazione e il censimento delle utilizzazioni in atto sui corpi idrici. A gestire la raccolta dei dati invitati delle direzioni al “Sistema informativo” sarà la Protezione civile, si legge nel ddl “Disciplina organica in materia di difesa del suolo e di utilizzazione delle acque”, approvato ieri in via preliminare dalla giunta, 65 articoli che superano la legge regionale 16/2002. Nel testo, tra l’altro, un nuovo modello di governance. «La ripartizione delle funzioni tra Regione, Comuni e Consorzi di Bonifica – spiega Vito – garantisce una copertura del territorio analitica ed adeguata, calibrata sulle caratteristiche e sulla posizione geografica».

(m.b.)

 

 

In Fvg sprechi sull’illuminazione pubblica
Hera Luce stima oltre 33 milioni di spese annue in regione. Possibili risparmi tra il 35 e il 50 per cento
UDINE L’illuminazione pubblica in Friuli Venezia Giulia costa oltre 33 milioni di euro all’anno. Spese comprimibili, fa sapere l’amministratore delegato di Hera Luce Walther Sirri, «tra il 35 e il 50%». Il risparmio possibile dunque, con un’oculata gestione dei corpi illuminanti, è di una decina di milioni di euro. Partendo da questi dati, e con l’obiettivo di aprire il dibattito su principi, tecniche e normative per l’efficientamento energetico, la progettazione della luce e l’abbattimento dell’inquinamento luminoso ed evidenziare il ruolo pubblico nella scelta delle strategie più mirate per il raggiungimento degli obiettivi di risparmio, i Collegi dei Periti industriali, assieme agli Ordini degli Ingegneri e degli Architetti (previsti 3 crediti formativi per i partecipanti), d’intesa con la Regione, hanno organizzato nell’Auditorium di via Sabbadini a Udine il convegno “Criteri ambientali minimi per l’illuminazione pubblica” per un approccio sostenibile alla riqualificazione degli impianti di illuminazione. Facendo l’esempio di un Comune medio della regione, 5mila abitanti, i professionisti stimano tra i 1.100 e i 1.400 il numero di corpi illuminanti (uno ogni 27/29 metri di strada, il 70% di tipo tecnico, il restante 30% ornamentale) e tra i 32 e i 38 km l’estensione della rete di illuminazione pubblica. In questa situazione il Comune consuma circa 187 kw all'ora per un costo annuo di 140mila euro (5,7 milioni a Trieste, 1 milione a Gorizia). Un piccolo Comune già parzialmente adeguato, che provvede a ridurre il livello di illuminazione nelle ore meno frequentate della notte e quindi si limita a contenere ed efficientare i corpi illuminanti attraverso la loro sostituzione con altri più performanti, riprogettando i tratti di viabilità più energivori, può puntare a un risparmio del 30-35% e quindi di 40-50mila euro all’anno (2 milioni a Trieste, 350mila euro a Gorizia). Mentre un Comune che deve iniziare da zero un percorso virtuoso potrà avere margini di miglioramento fino al 40-50%. «Dobbiamo essere attenti alla gestione delle risorse e all'infrastrutturazione pubblica - è stato il commento del presidente del Consiglio Regionale Franco Iacop in apertura di convegno - appuntamento che si inserisce, oltre che nel processo di qualificazione professionale delle diverse figure coinvolte nella progettazione, anche nel rapporto tra tecnici e stazioni appaltanti per puntare a una progettazione dell'illuminazione delle nostre città e del nostro territorio sempre più qualificata ed efficiente e a un utilizzo di risorse pubbliche secondo scienza e coscienza». Una rivoluzione green a cui ha contribuito anche Hera Luce, attraverso un tavolo di lavoro al ministero dell’Ambiente che ha definito i nuovi standard del risparmio energetico nell’illuminazione pubblica delle nostre città.

 

 

Ma quello della Ferriera rimane un incubo senza fine - la lettera del giorno di Alda Sancin (presidente dell’associazione Nosmog)

Forse non è abbastanza noto all’opinione pubblica che in questa civilissima “città della scienza” esistono persone, e non in numero esiguo, che vivono da molti anni e continuano a vivere in condizioni indegne di un Paese civile. Mi riferisco a quelle migliaia di persone che, chi per storico affetto verso il proprio luogo natale, chi per impossibilità economica di trasferirsi in zone più salubri, si “ostina” ad abitare nei rioni di Servola, Chiarbola e Valmaura. La vita di costoro è funestata da esalazioni gassose, polverose e rumori che si insinuano in ogni dove nelle loro case. Le istituzioni, pressantemente sollecitate, qualche anno fa sembravano aver compreso che un’industria siderurgica, per sua stessa natura fortemente inquinante, non poteva rimanere collocata nel cuore della città, e come da tempo avvenuto in Paesi più civili, si era parlato di riconversione, cioè di una sua trasformazione in una attività produttiva di natura meno inquinante e meno impattante sull’ambiente. Orbene, quella che doveva essere una riconversione si è trasformata prima in una prosecuzione dell’attuale situazione per “almeno” due anni attraverso la firma di un accordo di programma in tal senso. Si era allora accesa la speranza nei cittadini che, terminati i due anni, si sarebbe finalmente passati a una produzione, sia pure di tipo siderurgico, ma meno impattante con l’ambiente e quindi con le conseguenti loro difficili condizioni di vita. Purtroppo è stata solo una speranza fugace. Dalla stampa apprendiamo che sarebbe intenzione del nuovo “padrone delle Ferriere” non solo di proseguire con l’attività dell’area a caldo, cioè quella che produce le esalazioni, ma addirittura di potenziarne l’attività, più che raddoppiare la produzione e rimettere in funzione un altoforno obsoleto dismesso ormai da molti anni. Vengono promessi mirabolanti miglioramenti alle strutture esattamente come era stato promesso negli anni passati, a ogni avvicendamento di proprietà, promesse che ovviamente sono cadute nel vuoto, poiché è di tutta evidenza che strutture preposte a lavorazioni usuranti come quelle a caldo necessitano oltre che di una costante manutenzione anche di una periodica sostituzione con impianti di nuova generazione, il che naturalmente non può avvenire senza un massiccio esborso in danaro da parte della proprietà. Bene: dal Piccolo apprendiamo che il nuovo proprietario, evidentemente dotato di poteri taumaturgici, sarà in grado di resuscitare le strutture. Ma non c’è una parola su come, in quali tempi e con quali cifre il nuovo padrone intende risanare i singoli impianti, quali tipi di nuove strutture intenda mettere in opera per produrre il milione di tonnellate di ghisa dichiarate (sembrerebbe i due altoforni vecchi di decine di anni), quanto è disposto a metterci di tasca sua e non di fondi pubblici e quali tipi di controlli ambientali intende fare per eliminare il disagio arrecato ai cittadini residenti. Né tantomeno è stata chiarita la destinazione delle cifre dichiarate già spese per le migliorie ambientali, migliorie di cui a oggi i cittadini non si sono accorti.

 

 

WWF - Un’escursione in Valle Averto
Domenica 1° febbraio, nell’ambito della campagna Stop ai Crimini di Natura e nella Giornata mondiale delle Zone umide, il Wwf di Trieste organizza un’escursione all’oasi di Valle Averto, uno dei presidi storici del Wwf Italia per la tutela dell’avifauna e contro il bracconaggio. Si raggiungerà questa tipica valle da pesca della laguna veneta, poco distante da Venezia, ove si trascorrerà la mattinata nell’osservazione della ricca avifauna che qui sverna (alzavole, oche selvatiche, falchi di palude, ecc), guidati dal direttore dell’Oasi. Potremo altresì apprezzare gli ampi specchi d’acqua salmastra e i boschi igrofili planiziari. La giornata proseguirà incontrando vari amici del Wwf Veneto e con il pranzo conviviale a base di pesce in un tipico locale. Info: prenotazioni entro giovedì 29 gennaio: wwftrieste@gmail.com - tel. 329 2223133 Roberto.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 23 gennaio 2015

 

 

Falesie, spazio alle altre specie «Abbiamo già sottratto quasi tutta la Terra, e anche il mare» - nota di LEGAMBIENTE

«Sul nuovo regolamento per la Riserva regionale Falesie di Duino, spiace trovarci su un fronte opposto a quello del gruppo dei Cittadini per il Litorale»
«Sul nuovo regolamento per la Riserva regionale Falesie di Duino, per il quale viene vietato l'accesso con imbarcazioni anche a remi per un tratto di mare di 60 metri antistante alla linea di costa, spiace trovarci su un fronte opposto a quello del gruppo dei Cittadini per il Litorale che, con una petizione, chiedono che questo divieto venga eliminato» afferma una nota di Legambiente. «Non sempre - continua - una regola è una vessazione: in un territorio ampiamente antropizzato, prevedere spazi pur limitati di pura naturalità è un'azione fortemente democratica e giusta. Non siamo gli unici abitatori del pianeta e neppure della nostra vituperata costa! Se è necessario per la conservazione e la ripresa in termini numerici e qualitativi delle specie che abitano questi dirupi scoscesi, dovremo farci da parte senza rivendicare il diritto di "godere" della natura che nessuna legge naturale ci ha assegnato. Viceversa vale il diritto naturale delle specie, specie quelle rare, a esistere con l'auspicio che si espandano, e che almeno in limitate porzioni di territorio sia la presenza umana a fare un passo indietro. È azzardato affermare che andare in canoa e pagaiare non può arrecare disturbo alcuno per le specie di uccelli che magari stanno nidificando e i cui pulli si dibattono per cibarsi e apprendere il volo: è meno facile accontentarsi di sapere che ci siano, osservarli da lontano con il binocolo, decidere che si può amare e apprezzare la natura anche senza "esserci" per forza, consapevoli che la nostra sola presenza può essere davvero pericolosa per il difficile equilibrio ambientale. Come specie, abbiamo già sottratto quasi tutta la Terra, e anche il mare, a tutte le altre».

 

 

«Ferriera, l’inquinamento crescerà ancora»
Alda Sancin: «Hanno promesso la riconversione, invece vogliono raddoppiare l’altoforno»
«Apprendiamo dalla stampa che sarebbe intenzione del nuovo “padrone delle Ferriere” non solo di proseguire con l’attività dell’area a caldo, cioé quella che produce le esalazioni, ma addirittura di potenziarne l’attività, più che raddoppiare la produzione e rimettere in funzione un altoforno obsoleto dismesso ormai da molti anni». Alda Sancin, presidente dell’associazione No smog lancia un nuovo grido d’allarme dopo che il cavalier Giovanni Arvedi ha annunciato al Piccolo che è allo studio l’opzione di potenziare la produzione dell’altoforno oggi in funzione a Servola o, in alternativa, di rimettere in funzione il secondo. Arvedi ha ribadito che sta attuando investimenti tra i 20 e i 30 milioni sul fronte ambientale e ha annunciato che verranno attuati accorgimenti all’avanguardia per eliminare le emissioni anche dalla cokeria. Ma tutto ciò non tranquillizza affatto i comitati dei cittadini. «Le istituzioni pressantemente sollecitate qualche anno fa sembravano aver compreso che un’industria siderurgica, per sua stessa natura inquinante - fa rilevare Sancin - non poteva rimanere collocata nel cuore della città, al centro di una zona urbanizzata e densamente abitata e, come da tempo avvenuto in Paesi più civili, si era parlato di riconversione, cioé di una sua trasformazione in una attività produttiva di natura meno inquinante e meno impattante sull’ambiente e di conseguenza sulla salute dei cittadini, anzi gli amministratori locali lo avevano perfino garantito nei loro programmi elettorali». «Orbene - tira le somme No smog - quella che doveva essere una riconversione si è trasformata prima in una prosecuzione dell’attuale situazione per almeno due anni attraverso la firma di un Accordo di programma in tal senso. Si era accesa allora la speranza nei cittadini - conclude Alda Sancin - che, terminati i due anni, si sarebbe finalmente passati a una produzione, sia pure di tipo siderurgico, ma meno impattante con l’ambiente e quindi con le conseguenti loro difficili condizioni di vita. Purtroppo è stata solo una speranza fugace».

(s.m.)

 

 

«Rifiuti, a Duino bocciamo il porta a porta»
In un incontro del Lions Club, il gruppo Fareambiente insiste invece sulle aree per la differenziata
DUINO AURISINA Pollice verso al porta a porta, sì a un potenziamento delle isole ecologiche a Duino Aurisina. Promotore dell'istanza il gruppo Fareambiente, che alla sala congressi del complesso sportivo di Visogliano ha tenuto una conferenza sul tema dei rifiuti, nell'ambito di un'iniziativa promossa dal Lions Club. «A Duino Aurisina siamo contrari al porta a porta - ha dichiarato Fabio Coretti, presidente della sezione locale di Fareambiente –: sistema non adeguato alle peculiarità del territorio. Crediamo invece sia indispensabile incrementare il numero di aree ecologiche della raccolta differenziata, avviando quella dell'umido. Le aree deputate al conferimento dell'immondizia divisa per genere sono insufficienti ed è quindi importante, nei punti già attivi per conferire il rifiuto indifferenziato, aggiungere i relativi cassonetti per carta, plastica e umido». «È importante puntare su un ciclo virtuoso del rifiuto e sulla raccolta differenziata, con grande attenzione all'ambiente, ma anche alla qualità del servizio per i cittadini - ha affermato Giorgio Cecco, coordinatore regionale di Fareambiente -.Visto che la nostra associazione è da tempo radicata su tutto il territorio nazionale con tante sezioni locali, abbiamo rilevato e attuato azioni di sensibilizzazione sulle principali problematiche». «Criticità che si evidenziano in due punti fondamentali, ovvero la gestione da parte delle amministrazioni e la cultura dei cittadini – ha proseguito -. Siamo soddisfatti, dopo la promozione di uno specifico disegno di legge, del fatto che i ministeri dell'Ambiente e dell'Istruzione si stiano attivando per portare il prossimo anno l'obbligo dell'educazione ambientale nelle scuole: tutto ciò gioverà sicuramente anche a una formazione sul ciclo virtuoso del rifiuto, fra l'altro attività già spesso avviata nelle scuole della nostra provincia, grazie a insegnati sensibili e illuminati». Quello che ora serve, stando a Cecco, è una gestione adeguata da parte degli enti locali, anche nel controllo dei servizio. «Abbiamo visto – ha concluso - le difficoltà e i disagi che si sono verificati a Trieste, con la riduzione dei cassonetti e il loro riposizionamento: ora attendiamo la promessa modifica nella mappatura delle aree ecologiche e l'incremento dei cassonetti, questi ultimi spesso inadeguati e pericolosi per la sicurezza e l'igiene pubblica». A conclusione del dibattito sia Cecco che Coretti hanno ribadito l'utilità di un coordinamento provinciale nella gestione dei rifiuti, per ottimizzare le risorse, contenere i costi e dare un servizio migliore ai cittadini nel rispetto dell'ambiente.

Tiziana Carpinelli

 

 

Wwf, a Miramare si riparte - E si pensa sempre alle scuole
Nel 2014 ai laboratori e alle escursioni organizzate dall’Area marina protetta hanno partecipato quasi settemila studenti di 326 classi. Ma anche turisti
“Settimane azzurre”, progetti “3R”, “Aula Blu”, Spurg. Riparte, forte di importanti numeri, l’attività didattica della Riserva marina di Miramare, svolta in particolare a beneficio delle scuole e dei ragazzi di centri estivi e ricreatori, ma non solo. In 12 mesi, quasi 10mila studenti sono stati a lezione dagli esperti dell’Area marina protetta, 2.000 persone accompagnate in visita ad acquedotto e termovalorizzatore e 1.000 in escursioni naturalistiche. E anche per quest’anno scolastico sono in programma laboratori, visite ed escursioni. Iniziate in autunno, le attività 2015 prevedono più di 20 percorsi didattici diversi, adeguati alle richieste formative di tutti i livelli d’istruzione. Le scuole interessate possono ancora prenotare, scegliendo il percorso ludico-didattico più adatto - tra moduli e visite specifiche, attività al chiuso, all’aperto e presso le scuole - dal catalogo di proposte “Mare e Carso” e approfittare dei laboratori gratuiti dei Progetti 3R finanziati dalla Provincia o delle attività educative sostenute finanziariamente da AcegasApsAmga. Si potrà anche accedere al Centro visite del castelletto di Miramare, che però a gennaio sarà aperto solo su prenotazione. Per informazioni e prenotazioni le mattine da lunedì a venerdì risponde lo 040-221417 interno 3, o si può inviare una mail a info@riservamarinamiramare.it. Il 2014 è stato un anno positivo per l’unica oasi del Wwf della regione. Le attività, i laboratori e le escursioni organizzate dal settore educativo dell’Amp hanno riguardato centinaia di classi e scuole di ogni ordine e grado di tutta la provincia e oltre. Sono stati 6.748 gli studenti di 326 classi coinvolti in altrettante attività didattiche sull’ambiente marino. I bambini e ragazzi che hanno preso parte ai laboratori e alle uscite promosse dal settore Carso sono stati 2.050, mentre altre 2.750 persone, in prevalenza bambini e famiglie, ma anche gruppi di appassionati e turisti provenienti pure da fuori regione, hanno partecipato a escursioni, uscite storico-naturalistiche e visite tematiche. Sono state riproposte attività sperimentate come la visita breve al castelletto, con le mezze e le giornate intere sull’ambiente marino, e i soggiorni residenziali “Settimane azzurre”. O percorsi più articolati, come i progetti “3R-Riduco, Riuso, Riciclo” promossi dalla Provincia e dal Comune di Trieste. La campagna didattica “Aula Blu” ha coinvolto 951 alunni di 49 classi e i laboratori didattici e le escursioni naturalistiche svolte all’interno di campagne di sensibilizzazione promosse dalle Riserve naturali della Val Rosandra e delle Falesie di Duino più di un migliaio di persone, in prevalenza bambini.

Gianfranco Terzoli

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 22 gennaio 2015

 

 

«Il Punto franco? Fernetti o area Ezit o anche niente»

Divisi i principali operatori del comprensorio portuale - Pacorini: «È una jattura, eliminiamolo, come Amburgo»
La sdemanializzazione? In arrivo, ma praticamente già fatta. Lo spostamento del punto franco del Porto vecchio? Un dibattito si impone. Perchè è vero che la recente (e inaspettata) decisione governativa stimolata dal senatore Russo apre scenari inaspettati per le aree a mare. Ma lo è altrettanto che la sua tempestività ha spiazzato, in primis, gli addetti ai lavori, quelli che nel porto e del porto ci vivono. E che adesso, come minimo, dovranno fare lavoro di lobby per trovare soluzioni soddisfacenti per le loro imprese. Facile individuare le parti interessate. Più complesso individuare una scelta che soddisfi tutti. Sentiamo. «Per quanto riguarda lo spostamento delle aree - annota Enrico Samer, deus ex machina dei traffici dei traghetti con e dalla Turchia - l’aspetto su cui noi prevediamo sviluppo è quello legato al discorso di Fernetti, soprattutto con i traffici extracomunitari (vedi Turchia, appunto ndr). Ci sono interessanti possibilità in quella zona, tutte da sfruttare. E non dimentichiamoci il porto industriale, che una volta era già in realtà porto franco. In questo caso - aggiunge Samer - ci potrebbero essere possibilità e privilegi da sfruttare per quelle industrie che fanno un certo tipo di lavorazione». Insomma, pare di capire, recuperare aree decotte o quantomeno sottoutilizzate potrebbe risultare interessante. «Il periodo del porto-emporio - sintetizza Samer - è scomparso. Il punto franco, invece, può offrire dei privilegi che a tuttora risultano interessanti. Pensiamo all’insediamento di alcune industrie a Fernetti, con quel regime: io posso solo pensare a vantaggi interessanti». In linea si dimostra anche Francesco Parisi, dell’omonima azienda. «Noi, nel nostro microcosmo, abbiamo partecipato con una cordata d’imprese alla gara della piattaforma logistica. Contratto assegnato e sottoscritto con l’Authority. A questo punto è logico che chiederemo l’estensione del punto franco alla piattaforma logistica. È una cosa concreta, anche se sarà utilizzabile solo a partire dal 2018». Parisi non si limita a questo. «In passato - ricorda - avevo considerato anche che sarebbe stato vantaggioso per lo stoccaggio merci disporre di un’estensione del punto franco su Fernetti, non sviluppato in assenza di questo regime. Sono d’accordo, anche il porto industriale, per certe aree potrebbe essere assai utile. Anche in questo caso certe attività non si sono potute realizzare proprio per la mancanza di certezze legislative». Tutti d’accordo, allora? Non proprio. Roberto Pacorini, dell’omonima azienda, fa il bastian contrario, come faceva fin da tempi non sospetti. Ma le sue parole pesano. «La jattura più grande - assicura - è quella di avere il punto franco! Facciamo come ha fatto Amburgo, eliminiamolo! O, in alternativa, sistemiamolo nell’ufficio della presidenza portuale. Piantino lì la bandiera, così un domani chi afferma che potrebbe venir sviluppato troverà risposte...Magari, forse, troveranno qualcosa di concreto da fare...». Il pessimismo di Pacorini sembra nascere su basi concrete. «Lo sviluppo dei porti del Nord Europa si è verificato a prescindere dal porto franco. Amburgo, ad esempio, ci ha rinunciato. Ribadisco il concetto: quel regime è sempre stato negativo per lo sviluppo dei traffici. Mettano una bandiera da qualche parte e la facciano finita».

Furio Baldassi

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - MERCOLEDI', 21 gennaio 2015

 

 

Legambiente: sulle Falesie di Duino giusto lasciare spazio alle altre specie

«Sul nuovo regolamento per la Riserva regionale Falesie di Duino, spiace trovarci su un fronte opposto a quello del gruppo dei Cittadini per il Litorale»
In merito al nuovo regolamento per la Riserva Regionale Falesie di Duino, per il quale viene vietato l’accesso con imbarcazioni anche a remi per un tratto di mare di 60 metri antistante alla linea di costa, spiace trovarci su un fronte opposto a quello del gruppo dei Cittadini per il Litorale che, con una petizione, chiedono che questo divieto venga eliminato.
Non sempre una regola è una vessazione: in un territorio ampiamente antropizzato, prevedere spazi pur limitati di pura naturalità è un’azione fortemente democratica e giusta. Non siamo gli unici abitatori del pianeta e neppure della nostra vituperata costa! Se è necessario per la conservazione e la ripresa in termini numerici e qualitativi delle specie che abitano questi dirupi scoscesi, dovremo farci da parte senza rivendicare il diritto di “godere” della natura che nessuna legge naturale ci ha assegnato. Viceversa vale il diritto naturale delle specie, in particolare quelle rare, a esistere con l’auspicio che si espandano, e che almeno in limitate porzioni di territorio sia la presenza umana a fare un passo indietro.
E’ azzardato e superficiale affermare che andare in canoa e pagaiare non può arrecare disturbo alcuno per le specie di uccelli che magari stanno nidificando e i cui pulli si dibattono per cibarsi e apprendere il volo: è meno facile accontentarsi di sapere che ci siano, osservarli da lontano con il binocolo, decidere che si può amare e apprezzare la natura anche senza “esserci” per forza, consapevoli che la nostra sola presenza può essere davvero pericolosa per il difficile equilibrio ambientale.
A chi ribatte che la costa è stata ed ancora è oggetto di tanti interventi distruttivi, rispetto ai quali qualche canoa silenziosa non può certo tenere il confronto, diciamo che tanto più questo è vero, e la colpa non è certo nostra nè degli amanti della canoa, tanto più è necessario salvaguardare quel che è rimasto e permettergli di svilupparsi, senza pretese nei confronti della natura, né di lesa maestà nei confronti di chi pone delle regole, pur se vanno contro il nostro “diletto”.
In qualsiasi riserva naturale ci sono aree che possono essere utilizzate da visitatori, e altre di protezione integrale che sono loro interdette, in virtù dello scopo stesso per cui tale riserva viene istituita: nella bellissima spiaggia Ducale della Riserva Marina di Miramare non si può arrivare neanche a nuoto, e neppure sdraiarsi a prendere il sole: ci si entra solo a scopo di ricerca o didattico, sempre accompagnati. Lo stesso vale per la spiaggia di Val Cavanata, delimitata da un recinto, dalla quale è vietato prelevare anche una sola conchiglia, qualora si vada in visita accompagnati degli operatori, e così via.
Dobbiamo con umiltà imparare a fare un passo indietro, almeno in quelle piccole aree che abbiamo deciso di restituire alla natura, consapevoli che, come specie, abbiamo già sottratto quasi tutta la terra, e anche il mare, a tutte le altre specie che condividono con noi la vita su questo maltrattato Pianeta.
Legambiente circolo “Green Gang”  -  Legambiente circolo “Verdeazzurro”

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 21 gennaio 2015

 

 

Porto vecchio liberato anche in Consiglio

Via libera alla mozione della maggioranza su sdemanializzazione e spostamento del punto franco anche con i voti dei “bandelliani”.

Nessun no, neanche Fi

Gli integralisti del Punto Franco Nord alla fine vengono “scaricati” da tutti e restano senza nemmeno un sostenitore all’interno del Consiglio comunale i cui componenti, va ricordato, sono democraticamente eletti da tutti i triestini. Al termine di una maratona, pur a tratti grottesca, terminata all’una e 43 del mattino, la mozione della maggioranza che, riprendendo l’intervento del sindaco Roberto Cosolini, traccia la road map dello spostamento del Punto Franco e della sdemanializzazione dell’area, non raccoglie nemmeno un voto contrario. Non solo, la cosiddetta maggioranza della jota che al centrosinistra già assommava Roberto Antonione pur leader del centrodestra alle elezioni e Franco Bandelli e Alessia Rosolen di Un’Altra Trieste, si arricchisce anche di Roberto De Gioia, della Lista civica indipendente ex rappresentante della Lega Nord. Il documento ottiene così 25 voti favorevoli, astenuto Claudio Giacomelli di Fratelli d’Italia in Comune nel gruppo misto, mentre sette consiglieri non prendono parte al voto: Everest Bertoli e Piero Camber di Forza Italia, Lorenzo Giorgi del Pdl, Michele Lobianco di Impegno civico, Paolo Menis e Stefano Patuanelli di M5S e Paolo Bassi del Gruppo misto. Nessun voto contrario. La mozione, tra l’altro impegna sindaco e giunta sull’identificazione assieme agli altri enti interessati dei siti idonei al trasferimento del Punto Franco, a realizzare un’Unità di progetto all’interno del Comune e una cabina di regia per gestire le fasi attuative del processo, a coinvolgere un soggetto specializzato per la presentazione del progetto su scala internazionale e i cittadini e lo stesso Consiglio comunale in un confronto continuo sullo sviluppo delle varie fasi. Approvata anche con 18 voti favorevoli e 14 astenuti la mozione di Marino Sossi, Daniela Gerin e Mario Reali di Sel che impegna il sindaco a richiedere al governo la definizione dei decreti attuativi del regolamento dei Punti franchi anche se emendata laddove si prevedeva che ciò fosse propedeutico al loro eventuale spostamento. Via libera anche alle due mozioni presentate da Franco Bandelli e Alessia Rosolen di Un’Altra Trieste. Quella che prevede l’istituzione di un organismo in grado di valorizzare l’area e di disegnarne uno sviluppo armonico ha ottenuto 24 voti favorevoli, 6 contrari e 4 astenuti, quella che implica il coinvolgimento del presidente dell’Anticorruzione Raffaele Cantone ha totalizzato 31 voti favorevoli, 2 contrari e 2 astenuti. Questo il commento finale di Bandelli-Rosolen: «Forza Italia ha abbandonato la Lega lasciandola da sola nella battaglia contro la sdemanializzazione sconfessando l’unico deputato regionale di FI (Sandra Savino, ndr.) che alla Camera ha presentato un emendamento contro la sdemanializzazione assieme a Lega Nord e ai Cinquestelle. Forza Italia ha cercato più volte e apertamente sponda - commentano ancora i consiglieri di Un’Altra Trieste - nei movimenti autonomisti uscendo alla scoperto: alla fine ha scelto di sconfessare anche loro, astenendosi dal voto». Bocciate invece, con soli 8 voti favorevoli, la mozione presentata dai Cinquestelle e quella del centrodestra. La prima ha avuto 20 contrari e 4 astenuti, la seconda 24 contrari e 4 astenuti. Altre due mozioni, di Paolo Rovis del Nuovo Centrodestra e di Lorenzo Giorgi del Pdl sono state ritirate dai rispettivi proponenti per fare prima il passaggio in Commissione. «Una mozione che fondamentalmente recepiva quella che era stata la relazione del sindaco - è stato ieri il commento di Roberto Cosolini - non ha avuto nemmeno un voto contrario. Questo dimostra non soltanto la compattezza della maggioranza, ma mette in evidenza come anche una parte dell’opposizione intenda lavorare assieme a noi. Forse non è vero che all’interno del Consiglio comunale - ha aggiunto il sindaco - non vi è più nemmeno un consigliere contrario alla sdemanializzazione, ma chi lo è, è in tale difficoltà che questa posizione non ce la fa più nemmeno a rappresentarla». Secondo Cosolini dunque è ora di mettersi a lavorare «per arrivare nel giro di qualche mese a spostare il Punto Franco e a creare poi all’interno del Comune l’Unità di progetto, essendo ormai chiaro a tutti - specifica il sindaco - che si tratta di un grande progetto politico e non di una speculazione immobiliare, una grande operazione che riporta Trieste al ruolo di capoluogo di un territorio vasto e alla quale guarda con interesse l’intero sistema-Paese e nella quale può essere coinvolto lo stesso governo nazionale anche con lo scopo di valorizzare l’attrattività dell’area nei confronti di grandi investitori anche stranieri».

Silvio Maranzana

 

L’emendamento di Russo a base del procedimento

Il procedimento è stato innescato da tre commi aggiunti all’articolo 272 della Legge di stabilità con un emendamento del senatore Francesco Russo.

I passi principali affermano che «il Commissario di governo previa intesa con il presidente della Regione e con il sindaco di Trieste, adotta i provvedimenti necessari per spostare il regime giuridico internazionale di Punto Franco dal Porto Vecchio ad altre zone opportunamente individuate». Il secondo aggiunge: «In conseguenza dei sopracitati provvedimenti, le aree, le costruzioni e le altre opere appartenenti al Demanio marittimo comprese nel confine della circoscrizione portuale, escluse le banchine, l'Adriaterminal e la fascia costiera del Porto Vecchio, sono sdemanializzate e assegnate al patrimonio disponibile del Comune di Trieste per essere destinate alle finalità previste dagli strumenti urbanistici».

 

LE REAZIONI - «La sfida di trasformare il degrado in opportunità»
Nel dibattito su Porto vecchio si inserisce anche il consigliere comunale degli alfaniani Paolo Rovis.

«La mozione approvata che traccia la via per il recupero dell’area è stata preceduta da un dibattito intenso, affrontato da maggioranza e opposizione in termini del tutto propositivi. La sfida comincia ora. È quella di trasformare il degrado in opportunità, il rudere in sviluppo economico. Un percorso tutt'altro che facile», sostiene Rovis. «Ma è un obiettivo che Trieste tutta deve perseguire con forza, dimostrando di avere chiuso una quarantennale stagione di contrapposizioni, baruffe, sgambetti reciproci. Il punto di arrivo può e deve essere uno soltanto: vedere insediate in Porto Vecchio attività economiche in grado di generare reddito e, quindi, nuovi posti di lavoro per i Triestini. Occupazione vera, produttiva, stabile». «È quindi una partita che non riguarda solo la politica, ma la città intera in tutte le sue composite forme: economiche, sociali, culturali. Nessuno è escluso, tutti hanno il diritto e, aggiungerei, il dovere di partecipare alla costruzione di un pezzo del nostro futuro. Porto Vecchio è il nostro blocco di marmo da scolpire. Starà a ciascuno di noi evitare di ridurlo in cocci per trasformarlo, invece, in un'opera d'arte», conclude Rovis. Così il consigliere comunale Michele Lobianco (“Impegno civico”) rileva che «la richiesta di una condivisione sulla mozione di maggioranza sul tema della sdemanializzazione, mozione pirandelliana e suggestiva che impegna il Sindaco a "se stesso" sulla relazione che lo stesso Cosolini aveva appena finito d'illustrare all'aula, è stata disattesa alla prova dei fatti e cioè alla richiesta dell'opposizione dell'inserimento di emendamenti a garanzia della trasparenza di metodo e merito del percorso di sdemanializzazione. Da qui la non partecipazione al voto».

 

«Il progetto Greensisam modello per tutta l’area»
Vittorio Sgarbi ha “disegnato” gli spazi per Maneschi: «Qui dovrà sorgere una Trieste2, una nuova città che sarà in centro anziché in periferia»
«Una grande vittoria della Trieste laica»: così Vittorio Sgarbi ha definito ieri la sdemanializzazione del Porto Vedcchio. Venuto a Trieste anche per presentare il suo ultimo libro, “Gli anni delle meraviglie” all’Impact hub di via Cavana, il noto critico ha tenuto prima una conferenza stampa in doppia veste: come colui che nel 2001 da sottosegretario pose i vincoli sull’area e come progettista, assieme alla triestina Barbara Fornasir della cittadella Greensisam che occupa proprio i primi cinque Magazzini più vicini alla città. «Sarebbe un grave errore - ha commentato Sgarbi - considerare in modo sacro portuale un’area che non può più essere tale. Qui c’è bisogno di un intervento dinamico di laicizzazione dello spazio. Trieste sarà l’unica città italiana che avrà una città nuova che non è periferia, una Trieste 2 che sarà in centro». La cittadella Greensisam è stata data in concessione per novant’anni a Pierluigi Maneschi (proprietario della società terminalista del Molo Settimo e presidente di Italia Marittima, ndr.) che, presente, ha sottolineato la grande differenza che passa tra avere l’area con i cinque magazzini in concessione oppure diventarne proprietario, obiettivo al quale adesso Greensisam punta. Ora dovrebbe essere più semplice la vendita della maggioranza delle azioni della società un gruppo immobiliarista europeo con il quale Maneschi è in trattative da mesi. «Noi abbiamo un progetto già pronto e partiamo in anticipo su tutti - ha specificato Sgarbi - il nostro intervento potrà essere un modello per l’intero Porto Vecchio dove io vedrei con favore insediamenti di qualsiasi tipo, dover poter andar a comprare un libro o un maglione, dove potrebbero esserci anche residenze e che pur rischiando di essere tacciato come sacrilego vedrei volentieri ospitare anche outlet di un certo pregio. Insomma deve esserci tutto ciò che di dinamico, pulsante e vivo si trova in una città». L’architetto Barbara Fornasir ha sottolineato come Greensisam sarà la cerniera tra città e il Porto Vecchio, contigua alla stazione centrale e a soli cinquecento metri da piazza Unità, «insomma - ha specificato - l’area più interessante della Trieste vecchia e nuova». Il progetto prevede la creazione di una straordinaria passeggiata frontemare per triestini e turisti con una pavimentazione in pietra locale e una copertura a tre navate trasparenti di due viali e anche la creazione di una piscina di acqua di mare, un percorso per il jogging e magari la creazione di una completa area wellness. Nel magazzino più arretrato rispetto al mare sarà creato un parcheggio multipiano, mentre gli altri saranno adibiti a funzioni turistiche, direzionali, commerciali. Dunque negozi, botteghe, studi professionali, uffici. «Non dovrebbero venir escluse le residenze - ha concluso Fornasir - perché gli abitanti vivificano e sorvegliano l’area». Per quest’ultima possibilità però bisognerà fare i conti con la variante Barduzzi e con le decisioni politiche.

Silvio Maranzana

 

 

Numeri da record per le casette dell’acqua
Le tre “fontanelle tecnologiche” situate in città hanno distribuito 178mila litri in meno di cinque mesi
L’esperimento, almeno a giudicare dai numeri, è perfettamente riuscito. Le “casette dell’acqua”, installate dal Comune in tre rioni cittadini lo scorso settembre, hanno cioè centrato perfettamente l’obiettivo: offrire ai cittadini la possibilità di portare a tavola acqua microfiltrata a prezzi vantaggiosissimi e ridurre il consumo di bottiglie di plastica, limitando allo stesso tempo le emissioni inquinanti prodotte durante la loro produzione, trasporto e smaltimento. La riprova arriva proprio dai dati diffusi dall’amministrazione municipale a consuntivo della fase sperimentale, partita appunto il 5 settembre 2014 e conclusa lunedì scorso. In meno di cinque mesi, per la precisione in 129 giorni, sono stati prelevati nelle tre “fontanelle tecnologiche” posizionate in via Giulia, via Castiglioni e via Grego ben 177.634 litri d’acqua, di cui 70.820 liscia e 106.814 gasata. A riscuotere maggior successo è stata la casetta collocata a San Giovanni, che ha erogato la bellezza di 39.450 litri di acqua liscia e 52.209 gasata. Al secondo posto la postazione di Borgo San Sergio (15.509 litri di acqua liscia e 29.678 di frizzante), seguita da via Castiglioni, a Rozzol, che ha chiuso il periodo di prova con la distribuzione di 15.852 litri di acqua naturale e 24.927 gasata. Ma a inorgoglire doppiamente il Comune è un altro tipo di dato, quello relativo ai benefici prodotti sull’ambiente grazie a questa operazione. I 177.634 litri di acqua distribuita, equivalgono infatti ad altrettante bottiglie di plastica da un litro risparmiate. Numeri che, nel caso in cui il trend dei primi mesi venisse confermato, sull’intero anno farebbero salire a 502.607 i contenitori in Pet (polietilentereftalato) “salvati”. E visto che produrre, trasportare e smaltire ogni bottiglia di plastica, ha un costo in termini di emissioni inquinanti liberate nell’aria, il ritorno ecologico del progetto diventa più che mai evidente. Secondo i dati forniti da Confindustria-Aqua Italia, per assicurare la “vita” complessiva di una bottiglia in Pet (prozione, trasporto, consumo e conferimento dei vuoti) vengono emessi in media 0,033 chilogrammi di anidride carbonica. Questo significa che, nel caso in cui i venissero confermarti i volumi attuali di accesso alle casette, in un anno i chilogrammi di CO2 risparmiati diventerebbero addirittura 15.630, vale a dire quasi 16 tonnelate. Risultati in linea con le attese del Comune, esplicitate al momento del lancio dell’iniziativa dall’assessore Umberto Laureni. «L’acqua erogata nelle casette offre condizioni vantaggiose ai cittadini e, oltre al risparmio, migliora il nostro ambiente urbano. I grandi risultati si vedono passo dopo passo e anche in questa caso, un po' alla volta cerchiamo di apportare quei necessari benefici che ci aiutino a vivere meglio la quotidianità».

 

 

Dazzi: «Troppi animali sulla provinciale 11»
Il consigliere di Uniti nelle Tradizioni critica la Provincia: «C’è pericolo, dovrebbe intervenire di più»
SAN DORLIGO DELLA VALLE La strada provinciale 11 è teatro di costanti incidenti automobilistici causa la ricca fauna selvatica che soprattutto di notte attraversa il tratto che va da Bagnoli a Moccò. La denuncia di una situazione che per una parte degli utenti e dei residenti della zona sembra oramai insostenibile è stata avanzata dal consigliere comunale di Uniti nelle Tradizioni Massimiliano Dazzi. In una interpellanza l'esponente della lista civica ha evidenziato come la Sp11 «è costantemente frequentata da fauna selvatica, in questo caso da animali quali caprioli e cinghiali ma anche volpi, soprattutto nelle ore notturne. Sul medesimo tratto gli investimenti da parte degli automobilisti sono praticamente all’ordine del giorno con gravi conseguenze sia per gli investitori, quali danni fisici alle persone e ingenti danneggiamenti ai mezzi, che per la fauna investita». Ricordando che la Legge regionale 31 dicembre 1999, n.30 (Gestione ed esercizio dell’attività venatoria nella Regione Friuli Venezia Giulia), all’art. 19 prevede che l’amministrazione regionale provveda, alla «gestione del Fondo regionale per il miglioramento ambientale e per la copertura rischi» mentre le Province svolgono «attività di vigilanza in materia venatoria e in materia di protezione e tutela della fauna», secondo Dazzi l’ente gestore della strada coinvolta può essere citato in giudizio e ritenuto responsabile, ex art. 2043 c.c., «per aver colposamente omesso di adottare mezzi idonei a salvaguardare la collettività dai possibili danni da animali selvatici». Anche se il regolamento citato tutelerebbe espressamente la fauna selvatica, non gli automobilisti. In ogni caso, a tale proposito il consigliere comunale di Uniti nelle Tradizioni ha evidenziato come l’ente gestore «si è solamente prodigato, a sua esclusiva tutela, ad apporre la segnalazione, minima prevista, con apposti cartelli di pericolo della presenza di animali selvatici, quando l’alta casistica dei sinistri causa fauna selvatica impone ben più idonei e specifici interventi al fine di scongiurarne il ripetersi». Da qui la richiesta di Dazzi al sindaco Sandy Klun di impegnarsi con la Provincia e/o l’ente gestore della strada affinché siano poste in essere «tutte le misure necessarie per la protezione del tratto stradale oggetto e degli altri eventuali ritenuti a forte rischio, impegnandosi qualora ogni sollecito risultasse vano, affinché il Comune di San Dorligo con fondi propri provveda ad allestire adeguati sistemi antintrusione tra i quali i “pastori elettronici” molto funzionali e dai costi contenuti.

(r.t.)

 

 

Siderurgia - Arvedi nell’Ilva «con una piccola quota»

Il gruppo Arvedi, che controlla la Ferriera di Servola, sarebbe disposto a entrare nella newco che gestirà gli stabilimenti dell'Ilva «anche con una piccola quota in un'ottica di razionalizzazione del sistema italiano dell'acciaio». Lo ha detto lo stesso Giovanni Arvedi in commissione industria al Senato. Sempre in questa ottica auspicherebbe un accordo fra lo stabilimento Ilva di Taranto e lo stabilimento Arvedi di Cremona. Quanto ai concorrenti indiani di Arcelor Mittal Arvedi ha detto: «È naturale che Arcelor Mittal approfitta della debolezza di Ilva per non perdere quote di mercato».

 

 

Servizio Civile - Il governo annuncia 50mila occasioni
Se agli annunci corrisponderanno i fatti, il 2015 potrebbe essere l’anno di grazia del Servizio Civile in Italia.

I numeri, di per sé, sembrano più che incoraggianti: le oltre 46mila partenze previste dal governo triplicherebbero i circa 15mila posti a disposizione lo scorso anno e staccherebbero di gran lunga la penuria delle 1.200 occasioni del 2013. E una gradita novità dell’ultima ora, annunciata dal sottosegretario con delega alle Politiche giovanili e al Servizio civile Luigi Bobba, potrebbe addirittura ampliare il bottino: «Mi ha appena comunicato il sottosegretario Graziano Delrio che i circa 7-10 milioni derivati dal risparmio sulle spese della presidenza del Consiglio verranno destinati al Servizio Civile». I fondi corrisponderebbero, secondo il sottosegretario, a circa 2mila volontari in più. L’obiettivo fissato dal premier Matteo Renzi, raggiungere i 100 mila volontari per il 2017, non sembra più così lontano. Almeno nel mondo dei progetti.

 

 

SEGNALAZIONI - NUCLEARE Scarsa attenzione su Krsko

È episodica, quindi superficiale, l’attenzione che la politica locale riserva al problema della centrale nucleare in funzione da un trentennio a Krško, teatro di numerosi incidenti e guasti. Abrogate dal referendum del 2011 le leggi nucleariste di Berlusconi e dei suoi alleati, la questione di Krško - su cui solo alcuni gruppi ambientalisti avevano cercato di tener desta l’attenzione - si ripropose grazie al Piccolo, che nel marzo 2013 rivelò l’esistenza di una lettera del direttore dell’Irsn (l’Istituto francese per la sicurezza nucleare) all’ente elettrico sloveno, che descriveva in modo allarmante il rischio sismico del sito, in cui il governo di Lubiana aveva previsto di costruire un secondo reattore nucleare. Scarsissima attenzione - per usare un eufemismo - ebbero nel mondo politico i tentativi degli ambientalisti di sollevare un dibattito su questa clamorosa novità. La questione è stata ripresa, a distanza di tempo, da alcuni esponenti politici e tutti chiedono più o meno la stessa cosa: studi più approfonditi - e una decisa azione in questo senso delle istituzioni italiane - sulla sismicità di Krško e sui rischi che ciò comporta per la sicurezza della centrale esistente, che sorge a 125 km in linea di Bora da Trieste e la cui vita utile è stata prorogata fino al 2043 (mentre non è stato affatto abbandonato il progetto del secondo reattore). Silenzio totale invece finora, dalla presidente del Friuli Venezia Giulia, pur chiamata in causa. Serracchiani ha cose più importanti a cui pensare, in regione e (soprattutto) a Roma? Parlano invece i consiglieri regionali del Centrodestra regionale: una mozione firmata da sedici esponenti di Pdl, Ncd e Lega Nord, chiede alla giunta di attivarsi perché tecnici italiani partecipino al Comitato scientifico (non è però dato sapere se esista) per valutare il rischio sismico della centrale nucleare. I consiglieri appartengono tutti a partiti sostenitori delle norme pro-nucleare del governo Berlusconi, e tra i firmatari della mozione compare - sorpresa! - anche Renzo Tondo, lo stesso che da presidente della Regione si batté tenacemente affinché l’Italia, o almeno il Friuli Venezia Giulia, entrasse nel “business” della centrale di Krško: quella esistente, ma soprattutto la nuova prevista. Eppure dei problemi sismici in quel sito e della pericolosità dell’impianto si sapeva già… I sedici contano, evidentemente, nella smemoratezza dei cittadini-elettori. Hanno ragione?

Dario Predonzan

 

 

CICLOTURISTI FIAB - Usare la bici elettrica in città

Bici elettrica in città - Domani alle 18.30 -  Knulp via Madonna del Mare 7.

Domani alle 18.30 al Knulp in via Madonna del Mare 7 la Fiab Trieste Ulisse, associazione di cicloturisti e ciclisti urbani, organizza un incontro per conoscere qualità e usi delle bici a pedalata assistita, cioè bici dotate di un piccolo motore elettrico che si può attivare quando si pedala per rendere lo sforzo minore. La tecnologia di queste bici, in continua evoluzione, offre oggi motori e batterie sempre più efficienti e leggeri. La prima parte dell'incontro sarà dedicata ad approfondire proprio quegli aspetti tecnici che determinano caratteristiche e qualità delle bici elettriche, per aiutare nella scelta del modello più adatto, anche in relazione alla specifica situazione orografica di Trieste. Si parlerà di batterie e loro durata, del sistema di rilevazione della pedalata, di motori e loro localizzazione. Quindi la parola andrà ai racconti dell'esperienza diretta di chi ha già scelto la bici elettrica come mezzo di trasporto a Trieste.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 20 gennaio 2015

 

 

Consiglio comunale, Porto Vecchio scatena una pioggia di mozioni

Seduta con molte interruzioni. Forza Italia: l’emendamento Russo avrà il merito di accelerare l’iter, raccogliamo la sfida.

M5S e Ncd: no alle residenze nell’area. Cosolini: confronto continuo sul percorso

 Il dibattito in Consiglio comunale su otto mozioni riguardanti Porto Vecchio ha permesso ieri sera al sindaco Roberto Cosolini di annunciare le linee sulle quali si muoverà ora il Comune al quale verrà trasferita l’immensa area in degrado. La seduta è stata continuamente interrotta e a tarda sera doveva appena incominciare il dibattito sui singoli documenti. «Comune e Regione concorreranno rapidamente a definire con il Commissario di Governo - ha specificato il sindaco - i siti idonei per il trasferimento del Punto Franco: saranno importanti le indicazioni degli addetti ai lavori. Ma se ci sono progetti d'impresa interessati ad avvalersi di questo regime speciale è bene si facciano avanti. Si darà quindi avvio - ha proseguito - a un lavoro tecnico-amministrativo che vedrà impegnati Comune, Agenzia del Demanio e Autorità portuale per definire il passaggio e, insieme con la Regione, individuare banchine e fasce di costa che rimarranno Demanio portuale». Quindi la fase vera e proprio del passaggio di un’area portuale che non può essere più tale, alla città che prevederà, sempre secondo le parole di Cosolini: «una lettura e un confronto delle più significative trasformazioni di aree ex portuali che, pur tenendo conto di diversità normative ed amministrative, possano fornire elementi utili; la rapida costituzione di una Unità di progetto all'interno del Comune e ciò per garantire una centralità e un'efficienza all'altezza della sfida per l'amministrazione; una cabina di regia permanente con gli altri soggetti interessati con la definizione anche della natura e degli obiettivi dello strumento specialistico controllato dal Pubblico per gestire le fasi attuative; il coinvolgimento di un soggetto specializzato per la presentazione su scala internazionale, la promozione dell'opportunità, la valutazione di partner ed eventuali investitori; il coinvolgimento dei cittadini con momenti di presentazione e di ascolto di proposte; il coinvolgimento del Consiglio Comunale con un confronto continuo sulla proposta strategica e l'aggiornamento sullo sviluppo di tutte le fasi». Illustrando la mozione presentata assieme a Paolo Menis, Stefano Patuanelli (M5S) ha rilevato come in Porto Vecchio «c’è forse bisogno di tutto fuorché di residenze» e ha sottolineato come «la variante Barduzzi ne garantisce il riuso senza prevedere residenze». Il documento presentato da Paolo Rovis (Ncd) assieme a Paolo Menis (M5S) invita il sindaco a fare pressioni sul governo affinché emani il regolamento attuativo dei Punti franchi previsto già dalla legge 84 del 1994. Sulla necessità che il regolamento venga attuato prima dello spostamento del Punto franco ha insistito Marino Sossi nella mozione presentata assieme ai colleghi di partito Daniela Gerin e Mario Reali. Garanzie riguardo al percorso di sviluppo dell’area vengono chieste da Un ’Altra Trieste attraverso i consiglieri Alessia Rosolen e Franco Bandelli il quale ha chiesto che il presidente dell’Anticorruzione Raffaele Cantone venga anche in Consiglio comunale a illustrare le procedure. «L’emendamento del senatore Russo avrà il merito di accelerare l’iter - ha dichiarato forse a sorpresa Everest Bertoli (Fi) illustrando la mozione presentata assieme a Piero Camber - Già il 5 gennaio avevo chiesto la costituzione di una commissione simile alla società pubblica prefigurata da Russo. Raccogliamo la sua sfida e vogliamo parteciparvi anche noi come forza politica». La mozione di Lorenzo Giorgi e Manuela Declich (Pdl), Piero Camber (FI) e Michele Lobianco (Impegno civico) chiede, ha sottolineato Giorgi che «per lo spostamento del Punto franco si tengano presenti la Piattaforma logistica e l’area di Prosecco, che siano rispettate le funzioni previste dalla variante Barduzzi e che il governo preveda agevolazioni fiscali per le imprese che si insedieranno in Porto Vecchio. Alle 22.20 anche la maggioranza ha presentato una propria mozione.

Silvio Maranzana

 

 

Discarica abusiva lungo la pista ciclabile
Cavi elettrici, rottami e vecchi mobili gettati nel bosco. Laureni convoca i tecnici
Una vecchia lavatrice, pezzi di un armadio che ha conosciuto tempi migliori, un groviglio di cavi elettrici lungo decine di metri. E ancora cuscini e schienali di un divano bianco, ombrelli sfondati, cartoni e stracci di ogni tipo. Non è l’elenco dei materiali ospitati all’interno di un centro di raccolta per rifiuti ingombranti, bensì lo spettacolo apparso davanti agli occhi di alcuni frequentatori abituali della pista ciclabile che da Ponziana porta verso Draga Sant’Elia. In una stradina sterrata che collega la ciclabile alla strada asfaltata per Borgo San Sergio (per la precisione, all'altezza dell'uscita della galleria di San Giuseppe), qualcuno ha infatti pensato bene di accatastare montagne di immondizia, trasformando un angolo di bosco in una discarica a cielo aperto. Una scena indecorosa, che una lettrice del Piccolo ha immortalato con la macchina fotografica. E le foto lasciano davvero poco spazio all’immaginazione, rendendo bene l’idea dell’inciviltà dei responsabili. Persone che, evidentemente per nulla spaventate all’idea di essere scoperte, hanno continuato per giorni a gettare rottami e rifiuti tra gli alberi. Lo scempio peraltro, fa notare la lettrice che ha fatto gli scatti, era già stato segnalato a chi di dovere. La presenza delle discarica abusiva, infatti, sarebbe stata evidenziata alla Polizia locale la settimana scorsa da un parente della donna e, circa un mese fa, anche da altre persone. Ora però il Comune, assicura l’assessore all’Ambiente Umberto Laureni, intende correre ai ripari. E intende farlo in tempi rapidissimi. «Di fronte a simili spettacoli, provo un grande sdegno - afferma Laureni dopo aver visto le immagini della discarica -. È inaccettabile che qualcuno violenti in questo modo l’ambiente, specie se si pensa ai servizi di smaltimento rifiuti ingombranti che offriamo. Purtroppo assicurare una vigilanza in ogni punto del territorio è impossibile. Di certo, però, non prenderemo la cosa sotto gamba. Ho già convocato per domattina (oggi, ndr) i tecnici per risalire alla proprietà dell’area, passaggio essenziale per capire come muoversi, e stabilire le modalità operative per ripulire la zona».

 

 

«Siot, forti miasmi: il sindaco intervenga»
Drozina: il fenomeno si è ripresentato. L’azienda: ma le sostanze inquinanti non dipendono da noi
SAN DORLIGO «Dopo un recente periodo nel quale gli episodi odorigeni di matrice Siot si sono sensibilmente mitigati, anche se non cessati, a partire dall’inizio del corrente anno il fenomeno si è marcatamente ripresentato nelle sue forme più moleste ove anche non nocive». Roberto Drozina, capogruppo consigliare della lista civica Territorio Ambiente, torna a denunciare il disagio provocato dallo stabilimento di San Dorligo della Valle in una vasta zona del territorio comunale che interessa Domio, Lacotisce, Mattonaia, Dolina, Montedoro, Francovec, Caresana e pure la via Flavia. Un rapido confronto di questi dati meramente olfattometrici con quelli rilevati dai sensori della centralina di Mattonaia consente di «verificare una notevole corrispondenza delle percezioni olfattive con un aumento di presenza nell’aria di biossido di azoto No2, biossido di zolfo So2, idrogeno solforato H2s oltre che di Pm10, con uno sforamento del limite di legge, per queste ultime, nella giornata del 4 gennaio sul dato della media giornaliera». Da qui l'affondo: «Poiché sono stati superati i limiti della normale tollerabilità da parte dei cittadini e che l’attività della Siot, da molti anni ormai, costituisce molestia certa, se non anche danno alla salute e comunque al benessere dei cittadini, non oltre sopportabile s’interpella il sindaco Klun affinché intervenga anche utilizzando i suoi poteri ordinatori, per far cessare definitivamente uno stato di fatto che per troppi anni è stato variamente denunciato senza esiti significativi». Sull’interpellanza al sindaco, la Siot è intervenuta rimarcando che «gli inquinanti che hanno evidenziato uno sforamento dei limiti alla centralina di Mattonaia non sono in alcun modo emessi da Siot nell’ambito del trasporto del greggio. Sono sostanze non collegate al processo produttivo. La concomitanza tra emissioni inquinanti rilevate dalla centralina e odori fastidiosi potrebbe richiedere da parte delle istituzioni un’analisi in relazione a qualche fonte emissiva diversa da Siot». Per quanto attiene, in generale, la situazione degli odori, come evidenziato nella stessa interpellanza, «il sistema sperimentale di abbattimento attivato nei mesi scorsi e realizzato in collaborazione con l’Università ha risposto alle aspettative». Tanto da «garantire - precisa la presidente del Gruppo Tal, Ulrike Andres - un abbattimento che la stessa Università ha quantificato nell’85%». Per Siot, dunque, gli odori non sono connessi all’esalazione di sostanze pericolose o inquinanti.

Riccardo Tosques

 

 

Antenne di Conconello - Intesa per spostarle
«Una firma storica: finalmente riusciamo a dare una risposta concreta ai cittadini» ha detto la presidente della Regione Debora Serracchiani che ieri a Trieste, con l'assessore all'Ambiente Sara Vito, ha sottoscritto con il Comune il Protocollo d'intesa per lo spostamento delle antenne radio-tv dal sito di Conconello al Monte Belvedere, lì vicino. Per il Comune ha firmato il documento l'assessore all'Ambiente Umberto Laureni. «Su Conconello - ricorda la presidente Serracchiani come già aveva dichiarato Vito in sede di pre-accordo - vi era stato un preciso impegno programmatico di questa giunta, assieme al Comune, un impegno a cui oggi con questo Protocollo diamo attuazione». Con la firma Regione, Comune e soggetti privati che utilizzano gli impianti, si impegnano a definire condizioni, tempi e obblighi reciproci per il risanamento da inquinamento elettromagnetico dell'abitato di Conconello, nel rispetto degli interessi pubblici e in particolare della salute. In sostanza si prevede di delocalizzare le antenne sul Monte Belvedere, in parte utilizzando impianti esistenti, in parte realizzandone di nuovi. «Già aver messo assieme tutte le parti - commenta l'assessore regionale - è di per sé un grande risultato. Ma questo accordo ha un ulteriore valore aggiunto: stabilisce tempi certi, con precise garanzie sotto forma di fidejussione».

 

«Hera, il controllo deve rimanere pubblico»
Sel lancia l’allerta dopo che il Comune di Forlì ha deciso di vendere quote
Fidarsi è bene, mettere le mani avanti è meglio, soprattutto quando in ballo c’è la salvaguardia dei servizi essenziali per i cittadini. Sembra essere questa la linea di Sel, che attraverso il suo capogruppo in Consiglio comunale Marino Sossi e la coordinatrice provinciale Sabrina Morena ha ribadito quanto espresso già ai tempi della fusione Hera-AcegasAps: «Le quote di maggioranza del colosso che fornisce servizi energetici in mezza Italia devono rimanere in mano pubblica». Il sindaco Roberto Cosolini già lo scorso dicembre aveva detto no all’alienazione delle azioni di Hera attraverso una delibera del Consiglio comunale che approvava il Contratto di sindacato di voto e di disciplina dei trasferimenti azionari per sei mesi, dal primo gennaio al 30 giugno 2015. E di recente ha ribadito la posizione: «La governance di Hera deve restare pubblica almeno per il 50% più uno». «Riconosciamo al sindaco – precisa Sossi – di avere fatto scelte in linea con le nostre intenzioni». La fiducia però non può essere un assegno in bianco e un periodo di soli sei mesi, secondo Sel, «potrebbe nascondere una volontà di uscire dalla maggioranza di quote, quel 51% che è in mano ad alcune centinaia di comuni italiani». Le prime crepe alla gestione pubblica della multiutility emiliano-romagnola si sono intraviste con la scelta della holding Livia Tellus Governance del Comune di Forlì di vendere 21.397.024 di azioni Hera, andando a squilibrare il Patto di sindacato che garantisce la maggioranza pubblica. Il Comune di Trieste, che detiene una partecipazione in Hera di 71.833.706 azioni, pari al 4,823 per cento del capitale sociale, per scongiurare questo sbilanciamento - ha ripercorso Sel - è intervenuto vincolando nel nuovo Contratto di sindacato, in vigore dal primo gennaio, 5 milioni di azioni. Lo stesso hanno fatto Modena (12 milioni), Ravenna (5 milioni), Imola (2 milioni), Udine (3 milioni) e Cesena (1 milione). «La nostra riflessione – continua Sossi – è che se il Comune di Bologna, come sembra, dovesse optare per l’alienazione di parte delle sue quote crollerebbe il sistema di azionariato pubblico». Sossi ha poi riportato alla memoria i motivi per cui, pur in contrasto con la linea del partito nazionale, i vendoliani triestini si erano schierati a favore della fusione di AcegasAps con Hera. «In quel momento era l’unica cosa da fare - ricorda il capogruppo in Comune - . L’azienda aveva un buco terrificante di 520 milioni di euro, frutto di scelte finanziarie molto discutibili, e stava per essere fatta a pezzi. La fusione ha permesso di mantenere in vita la società e di salvaguardare i posti di lavoro che altrimenti sarebbero andati persi di lì a poco». Adesso, però, Sel non vuole correre rischi di vedere la «completa privatizzazione» di beni pubblici quali l’acqua e l’energia.

Luca Saviano

 

 

Camminatrieste «Presenti ma inascoltati a Roiano»

Sergio Tremul, presidente di Camminatrieste, ricorda «a tutti che da oltre un anno e con ben tre incontri siamo stati presenti nel rione di Roiano e abbiamo presentato proposte per risolvere i problemi esistenti che nostro malgrado a un anno di distanza non vediamo venire attuati. L'incendio avvenuto e i danni recati al parco giochi dietro la chiesa di Roiano preso di mira dai vandali e distrutto più volte continuano, mentre non abbiamo mai avuto un intervento definitivo nonostante le promesse». «Quello del parco giochi - continua - si affianca al problema del prolungamento della Linea 5 in via Moreri alta, come i problemi della Linea 6».

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 19 gennaio 2015

 

 

Porto Vecchio al Comune con la vigilanza di Cantone

Russo (Pd): «Prevista la costituzione di una società pubblica, il presidente dell’Anticorruzione verrà a Trieste entro febbraio per illustrare il percorso»
Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, affiancherà e seguirà tutto il processo di sdemanializzazione del Porto Vecchio ed entro febbraio verrà a Trieste per illustrarlo. Lo annuncia, riferendo di un “accordo” raggiunto con Cantone già giovedì scorso, il senatore del Pd Francesco Russo che con un emendamento inserito nella Legge di stabilità aveva dato il via al processo che scuote un immobilismo che durava da decenni. Russo gioca d’anticipo anche per prevenire le obiezioni che usciranno dalle audizioni e dalle mozioni previste in Consiglio comunale per questa sera «perché - sostiene - oltre ai cittadini, anche il 90% della politica è con me, ma c’è una piccola parte che non intende rassegnarsi e Marina Monassi e Giulio Camber che oggi sembrano spariti in realtà hanno la faccia di Massimiliano Fedriga della Lega, di una parte dei Cinquestelle e di alcuni indipendentisti». Nelle sedi che contano però si sta già predisponendo l’iter che prevede una fase A con lo spostamento del Punto Franco e una fase B con la costituzione di una società pubblica («non privata come succedeva con Maltauro», sottolinea) che sarà chiamata a presiedere al processo. «Lo spostamento del Punto franco - sottolinea il senatore - potrà avvenire entro Pasqua con un atto del Commissario del governo dopo aver raccolto i pareri di Autorità portuale, Regione e enti territoriali. Non se ne perderà nemmeno un centimetro quadrato perché sarà portato in aree del Porto nuovo dove non c’è, al Terminal di Fernetti e potrebbe restare anche in qualche punto del Porto Vecchio se verrà dimostrato che è utile allo stato attuale. Si tratta poi - prosegue - di stabilire le modalità organizzative e ammnistrative del passaggio per avere certezza del diritto e dei tempi. Proprio sulla struttura che sarà incaricata di gestire questo snodo delicato (Magazzini e aree passeranno dal Demanio marittimo a quello del Comune, ndr.) ho parlato a lungo con Cantone e abbiamo preso in esame una serie di casi analoghi in realtà diverse e quanto si sta ora facendo in riferimento all’Expo di Milano. Cantone mi ha dato la propria disponibilità - annuncia Russo - a essere a Trieste nelle prossime settimane, comunque entro febbraio, per un sopralluogo sul posto, per un confronto con le autorità locali e anche per incontrare i cittadini. Sarà costituita una società pubblica composta da Comune, Regione, probabilmente Ministero di Economia e Finanze nella quale la stessa Autorità nazionale anticorruzione avrà un proprio rappresentante per accompagnare tutto il processo, vigilare affinché tutto si svolga nella massima trasparenza, evitare speculazioni, interferenze della politica e logicamente infiltrazioni della criminalità. Sarà applicato il sistema cosiddetto della “Vigilanza collaborativa” che è quanto l’Anticorruzione sta facendo anche in altre realtà». A questo punto Russo rilancia la propria idea di affidarsi a dei “cacciatori di teste” per scegliere il presidente che dovrà guidare questa società e che sceglierà l’advisor che predisporrà il progetto complessivo e la gara in base alla quale verranno scelti i finanziatori finali. «In modo simile - specifica il senatore Pd - si è agito ad Atene, Amburgo, Bilbao e Belfast, solo per fare alcuni esempi. Il mondo è pieno di fondi e gruppi sauditi, indiani, cinesi, russi e statunitensi che aspettano occasioni come quella di Trieste per poter fare i propri investimenti. Logicamente saranno questi investitori e non il Comune, come afferma chi agita falsi problemi, a finanziare anche l’infrastrutturazione dell’area». Secondo Russo, poi, anche Fincantieri si è già dimostrata interessata all’operazione, mentre le Generali dovranno essere nuovamente coinvolte per riparare agli errori di Polis e per ripagare la città della loro fuga (per quanto riguarda la direzione italiana, ndr.) a Mogliano Veneto. «In meno di due anni - conclude - si può arrivare alla firma dei contratti, tenuto conto che i soldi incassati dal Comune dovranno essere reinvestiti nel Porto nuovo, magari proprio là dove sarà stato spostato il Punto franco».

Silvio Maranzana

 

Questa sera in Consiglio si votano le mozioni - doppia seduta
L’appuntamento con il futuro del Porto Vecchio è oggi duplice in municipio e, pare di capire, fornirà l’occasione per dare voce soprattutto per chi si oppone al processo di sdemanializzazione o comunque vi nutre ancora forti dubbi. Alle 17.30 nell’aula del Consiglio e in seduta pubblica si riunirà la Conferenza dei capigruppo per l’audizione dei segretari dei partiti e dei movimenti politici (in particolare quelli indipendentisti) su questo tema. Si riunirà quindi lo stesso Consiglio che dopo un’ora (dalle 18.30 alle 19.30) dedicata alle domande di attualità, a propria volta concentrerà tutta la seduta sulla questione Porto Vecchio. In particolare saranno discusse e votate alcune mozioni. Quattro sono già state trattate dalle Commissioni e sono: Sdemanializzazione del Porto Vecchio e spostamento del Punto franco internazionale (Paolo Menis - M5S), Futuro delle aree sdemanializzate del Porto Vecchio di Trieste (Everest Bertoli - FI)), Decreto sull’organizzazione amministrativa per la gestione dei Punti franchi di Trieste (Paolo Rovis - Ncd) e Gestione processo di sdemanializzazione e valorizzazione del Porto Vecchio (Alessia Rosolen e Franco Bandelli - Un’Altra Trieste). Oltre a queste ce n’è una quinta presentata sabato da Sel, mentre altre ancora potrebbero aggiungersi immediatamente prima della seduta. Il voto è previsto comunque in serata molto tarda. C’è un’altra questione che riguarda il porto e che è bloccata da numerosi anni ed è quella che riguarda il Piano regolatore generale all’interno del quale però la cosiddetta variante-Barduzzi per il Porto Vecchio è già vigente. A questo proposito il senatore del Pd Francesco Russo informa di aver incontrato qualche giorno fa a Roma anche il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti che gli ha assicurato il proprio interessamento per far superare al Piano regolatore del porto di Trieste l’ultimo step per l’approvazione.

(s.m.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 18 gennaio 2015

 

Il Veneto impugna alla Consulta le trivellazioni in Adriatico

VENEZIA La Regione del Veneto ha impugnato davanti alla Corte Costituzionale, entro i termini previsti, alcune disposizioni del decreto “Sblocca Italia”, in particolare le norme che legittimano le trivellazioni in Alto Adriatico. Il ricorso è stato notificato anche al Presidente del Consiglio dei Ministri. Lo annuncia il presidente Luca Zaia, sottolineando che «queste disposizioni nazionali, calpestando tutte le competenze regionali in materia di governo del territorio, turismo, protezione civile, salute, produrranno irrilevanti benefici economici e sociali ed elevati pericoli ambientali per il territorio italiano, già caratterizzato da rilevanti rischi geologici e ambientali». «Si favorisce così - aggiunge Zaia - una nuova e irragionevole colonizzazione del territorio e del mare italiano da parte dell'industria petrolifera, mettendo a rischio aree di pregio naturalistico e paesaggistico e fiorenti attività economiche legate al turismo e alla pesca, con lo scopo di estrarre idrocarburi di dubbia qualità, che agli attuali tassi di consumo, valutate le riserve certe a terra e a mare censite dal Ministero dello Sviluppo Economico, potrebbero coprire il fabbisogno nazionale per un periodo non superiore ad un anno». Cancellando i divieti normativi attualmente in vigore in queste zone, con il decreto si legittimano soprattutto le trivellazioni nella fascia dell'Adriatico davanti al Veneto e a Venezia. «E questo - sottolinea Zaia - senza che sia mai stata accertata l'assenza di rischio di subsidenza delle coste. Anzi è accertato il contrario». La decisione del Veneto potrebbe avere anche ripercussioni sulle trivellazioni in Adriatico da parte della Croazia che ha appena concesso le autorizzazioni a tre consorzi petroliferi tra cui l’italiana Eni per la ricerca di giacimenti di petrolio o di gas naturale sotto il fondale marino.

 

 

Ecobonus per famiglie e imprese
In arrivo la guida all’efficienza energetica realizzata dall’Enea
MILANO Tutte le novità sugli ecobonus del 65%, ma anche le scadenze e gli obblighi di legge che scattano da quest'anno per famiglie, imprese e amministrazioni pubbliche in tema di efficienza energetica. Sono in arrivo con la Guida all'efficienza per il 2015, realizzata dall'Enea e disponibile on line all'indirizzo efficienzaenergetica.acs.enea.it/. Su questo sito, curato dall'Enea in collaborazione con il Mise, sono anche disponibili informazioni sugli ecobonus e numeri di telefono per richiedere indicazioni sugli incentivi rinnovati dal Governo anche per l'anno in corso. Da quest'anno valgono anche per l'acquisto e la posa in opera delle schermature solari, ovvero per le spese sostenute nei prossimi 12 mesi fino a un valore massimo di 60.000 euro; saranno detraibili le spese per tende esterne, chiusure oscuranti, dispositivi di protezione solare in combinazione con vetrate, ed in generale le schermature. Inoltre, l'ecobonus del 65% è stato ampliato alle spese per l'acquisto e la posa in opera di impianti di climatizzazione invernale dotati di generatori di calore alimentati da biomasse combustibili. Le spese devono essere sostenute nei prossimi 12 mesi fino a un valore massimo della detrazione di 30mila euro. La legge di stabilità rinnova, inoltre, le detrazioni del misura del 50% per le ristrutturazioni e del 65% per gli interventi di efficienza energetica. Confermata la proroga anche per gli interventi di efficientamento energetico che interessano le parti comuni degli edifici condominiali. Anche questi godranno dell'agevolazione maggiorata al 65% fino al 31 dicembre 2015.

 

 

Muggia, 3 milioni appaltati per risparmiare energia
Operativo il contratto per la fornitura e l’ottimizzazione delle fonti: l’obiettivo è ridurre i consumi del 10%. Previsti pannelli solari e regolazioni in tempo reale
MUGGIA Un appalto del valore di 3 milioni 16mila 870 euro (più Iva), della durata di 10 anni che vedrà un unico referente per l’approvvigionamento di fonti energetiche primarie, per la loro trasformazione e gestione ottimale dei relativi impianti al fine di conseguire i migliori standard di sicurezza, risparmio energetico e salvaguardia dell’ambiente. È diventato ufficialmente operativo il contratto Servizio energia Plus applicato dal Comune di Muggia che introduce per la prima stipula contrattuale l’impegno di riduzione di almeno il 10% dell’indice di energia primaria per la climatizzazione invernale e con il metodo pratico che darà conto dell’evolversi dell’effettivo risparmio nel tempo. Questa la lista degli edifici comunali gestiti da un contratto di Servizio energia Plus: il Municipio, la sede di via Roma, il Centro Millo, il Comando della Polizia locale e la cucina, i nuovi magazzini comunali, il Museo archeologico, il “Carà”, il Teatro Verdi ma anche la Palestra Pacco, le scuole “De Amicis”, “Biancospino”, “Giardino dei Mestieri”, “Loreti”, “Zamola”, “Bubnic”, “Sauro”, l'Asilo Iacchia e la Casa di riposo. Il servizio di ottimizzazione dell’energia era stato affidato a novebre con una procedura a evidenza pubblica. Il proponente, l’impresa “Cristoforetti” di Lavis (Trento), avendo esercitato il diritto di prelazione è divenuto aggiudicatario del bando. Gli interventi da realizzare hanno un valore di 681mila 880 euro (più Iva), dei quali oltre 290mila di interventi obbligatori e oltre 382mila di proposti. Il Comune di Muggia è il primo ente in regione ad aver realizzato un contratto di questo tipo attraverso un project financing. Un contratto che, quindi, non solo garantirà una riduzione del 10% dei consumi ma che, entro il primo anno realizzerà una serie di opere a dir poco significative. Tra queste, la più importante sarà indiscutibilmente, per portata, l’intervento d’isolamento termico esterno della Casa di riposo, l’edificio più energivoro dell’Ente, che vedrà anche la realizzazione dell’impianto di climatizzazione. Sempre in salita Ubaldini ma anche sulla Palestra Pacco e su quella della Scuola media Sauro sarà, inoltre, installato un impianto solare termico, con produzione di acqua calda. Altri sei edifici vedranno, invece, l’installazione di numerose valvole termostatiche che permetteranno la manutenzione costante della temperatura in ciascun ambiente. La regolazione su misura garantirà di evitare sprechi operando in modo mirato in tutti quegli edifici come il Municipio, per esempio, nel quale non vi è un uniforme esposizione al sole. Previsti inoltre interventi di sostituzione delle caldaie con nuovi gruppi termici più efficienti, sempre per risparmiare energia. Al fine di condividere i benefici di una efficiente gestione dell’impianto termico, infine, sarà prevista la stima di un tetto di energia termica erogata oltre il quale nessun ulteriore compenso verrà richiesto al Comune.

Riccardo Tosques

 

 

AGRICOLTURA - Zullo: Fidenato coltivi Ogm nei vasconi

«Giorgio Fidenato intende procedere con una nuova semina di Mon 810? Lo faccia, ma utilizzando vasconi sollevati da terra: altrimenti, infrangerà le norme». A sostenerlo provocatoriamente è l’europarlamentare dell’Efdd-Movimento 5 Stelle, Marco Zullo, che risponde così all’imprenditore agricolo pordenonese. L’agricoltore Fidenato, infatti, non intende mollare la sua battaglia sugli Ogm e ha annunciato di essere pronto a inoltrare alla Regione la comunicazione preventiva che preannuncia la ripresa della semina di mais geneticamente modificato.

 

 

Ambiente «No alla caccia per tre specie di uccelli»

«È necessario che le Regioni interrompano immediatamente la caccia ad almeno tre specie - la beccaccia, la cesena e il tordo bottaccio - che sono in periodo ultraprotetto». Lo ha chiesto la Lipu-BirdLife Italia dopo il “question time” alla Camera dove si è dibattuta un'interrogazione della deputata Serena Pellegrino (Sel).

 

 

Il futuro di Porto Vecchio in Consiglio comunale
Audizioni e mozioni sulla sdemanializzazione e sullo spostamento del Punto Franco
Un pomeriggio e una serata interamente dedicati alla sdemanializzazione del Porto Vecchio e allo spostamento del Punto franco domani in Consiglio comunale come conferma il presidente Iztok Furlanic. Alle 17.30 in seduta però pubblica si riunirà la Conferenza dei capigruppo per l’audizione dei segretari dei partiti e dei movimenti politici su questi temi. Quindi si riunirà il Consiglio che dopo un’ora (tra le 18.30 e le 19.30) riservata alla domande di attualità, dedicherà tutta la seduta proprio a questo tema. In particolare sarano discusse e votate una serie di mozioni. Quattro sono già state trattate dale Commissioni e sono: Sdemanializzazione del Porto Vecchio e spostamento del Punto franco internazionale (Paolo Menis - Cinquestelle), Futuro delle aree sdemanializzate del Porto Vecchio di Trieste (Everest Bertoli - FI), Decreto sull’organizzazione amministrativa per la gestione dei Punti franchi di Trieste (Paolo Rovis - Ncd) e Gestione processo di sdemanializzazione e valorizzazione del Porto Vecchio (Alessia Rosolen e Franco Bandelli - Un’Altra Trieste). Oltre a queste ce n’è una quinta presentata ieri da Sel, mentre altre potrebbero aggiungersi immediatamente prima della seduta. Il passaggio del Porto Vecchio dal Demanio marittimo dello Stato a quello del Comune è divenuto possibile con una norma inserita nella Legge di stabilità del senatore Francesco Russo che prevede anche la possibilità dello spostamento del Punto Franco. L’obiettivo è farlo diventare parte integrante della città, ma l’iter si prospetta lungo.

(s.m.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 17 gennaio 2015

 

 

Silos, riparte il progetto - Centro congressi nel 2017

Coop Nordest e Unieco confermano l’investimento da 120milioni: quest’anno però se ne andrà tutto per l’iter burocratico.

Eliminato il teatro, sala da 1100 posti il centro multifunzione Un albergo 5 stelle, negozi, uffici, vasta area wellness e parcheggi.

Possibile la realizzazione di un giardino d’inverno

I tempi del cantiere - Dovrà essere ultimata dapprima la parte pubblica dell’operazione. Confermato l’ingresso di Virgin Active
Visto in prospettiva futura sarà anche una prestigiosa e strategica cerniera tra la Trieste1 e la Trieste2, cioè tra la città e il Porto Vecchio e sulla carta era già stato definito la Covent Garden sull’Adriatico. È il grande Silos a lato della Stazione centrale, da decenni in degrado e attualmente semioccupato dai clochard, per la cui riqualificazione le Coop Nordest assieme a Unieco hanno costituito la società di scopo Silos spa che ieri in municipio ha rilanciato in grande stile il progetto degli omonimi Magazzini. Un’operazione da 120 milioni di euro che su quasi 50mila metri quadrati distribuirà il nuovo Centro congressi di Trieste, un albergo, ristoranti, negozi, botteghe artigianali, uffici, una vasta area wellness e fitness, parcheggi e forse un ampio giardino d’inverno con vista mozzafiato sul golfo. Sembra la reale svolta per un’idea nata nel 1999 su un fabbricato che a questo proposito le Coop Nordest acquistarono dalle Ferrovie dello Stato addirittura quindici anni fa e per riconvertire il quale fu fatto un Accordo di programma datato 2009 ai tempi del sindaco Roberto Dipiazza e dell’assessore Paolo Rovis. «Il primo nostro progetto è del 2003 - ha ricordato ieri Attilio Grazioli, consigliere delegato di Silos spa - poi siamo entrati nel vortice della crisi». La ripartenza dell’iniziativa sta forse a significare che anche per Trieste il culmine della fase depressiva è dietro le spalle. «Confermiamo un investimento di 120 milioni di euro - ha detto ancora Grazioli - ma non posso dire chi è il nostro partner finanziario». Nei mesi scorsi erano rimbalzate voci su una trattativa ben avviata con un fondo d’investimenti svizzero. Silos spa ha ora fatto istanza di modifica del vecchio Accordo di programma. Tra nuovi accordi, progetti esecutivi e licenze a costruire, dato che siamo in Italia, se ne andrà tutto il 2015. Poi però lo stesso Grazioli e Aldo Pavoni, l’architetto responsabile del progetto, assicurano che i lavori partiranno realmente. Entro il 2017 Trieste avrà all’interno dello stesso Silos il suo nuovo Centro congressi come ha annunciato con una punta di orgoglio il sindaco Roberto Cosolini che era affiancato dall’assessore allo Sviluppo economico Edi Kraus. In base alla convenzione che Comune e Silos spa stanno per stipulare quest’ultima sarà infatti obbligata a ultimare dapprima proprio la parte pubblica dell’operazione. «Il progetto originario - ha spiegato il sindaco - prevedeva la realizzazione di un teatro in contemporanea con l’abbattimento della Sala Tripcovich, ma dato che questo non avverrà il teatro non serve per cui saranno eliminati il palcoscenico e il backstage e la sala grande potrà contenere 1.100 persone anziché 900. Logicamente potrà essere anche smezzata, ma saranno create anche tre sale più piccole di cui una da 200 e due da 100 posti». Investitori-utilizzatori dell’area a questo punto non mancano, secondo quanto ha fatto capire Grazioli e Pavoni ha confermato l’ingresso della Virgin active che secondo indiscrezioni dei mesi scorsi occuperebbe un’area di cinquemila metri quadrati con palestre con attrezzature Technogym all’avanguardia, una piscina, laboratori con personal trainer, aree relax con idromassaggio, saune e zone attrezzate anche per bimbi di appena 18 mesi. Per l’albergo era circolata la voce di un cinque stelle della catena statunitense Marriott international, mentre interesse era stato manifestato anche da Zara, H&M e Mango abbigliamento. I Magazzini Silos saranno lunghi 240 metri con internamente, ha sottolineato Pavoni «una pelle in vetro che lascerà in evidenza le arcate monumentali in pietra». Vi sarà anche un foyer di 500 metri quadrati con soffitti alti 5 metri e 60, mentre rimangono ancora una serie di incognite sulla possibilità di utilizzare un grande terrazzo panoramico all’ultimo piano. La parte puramente commerciale occuperà soltanto un terzo degli spazi, circa 18mila metri quadrati. «Più funzioni verranno associate - ha commentato Pavoni - e i Magazzini Silos diverranno un luogo di riferimento urbano e sociale. È una scommessa, ma sarà vincente».

Silvio Maranzana

 

«Convegnistica, un grande salto di qualità»

«Il nuovo Centro congressi permetterà alla città di fare un grande salto di qualità anche riguardo a questo tipo di offerta turistica».

Lo ha affermato il sindaco Roberto Cosolini che prima della conferenza stampa ha convocato operatori congressuali e turistici per illustrare il progetto. Non solo, d’accordo con Silos spa, ha concesso loro una ventina di giorni per proporre integrazioni o piccole modifiche all’idea originaria. Al Centro congressi si potrà arrivare sia tramite l’ingresso dedicato che attraversando la galleria commerciale. Sarà fornito anche di due scale monumentali e di ascensori e dotato, oltre che di cabine per gli interpreti e bar, anche di foyer dove allestire esposizioni e fornire servizi di catering.

(s.m.)

 

Rimodernata anche la stazione dei pullman
L’architetto: sarà collegata con quella ferroviaria. Cosolini: strategica la vicinanza a Porto Vecchio
Oltre che Centro congressi, centro commerciale, albergo, e area per servizi di ristorazione e wellness, il Silos diverrà indirettamente anche il polo nevralgico dei collegamenti intermodali di Trieste. La stazione delle autocorriere rimarrà all’interno dello stesso complesso, ma verrà spostata, completamente rimodernata e messa direttamente in collegamento con quella ferroviaria, «in particolare - ha spiegato l’architetto Aldo Pavoni - con il primo binario dove arriveranno i treni dell’Alta velocità». Va inoltre considerato che in piazza Libertà hanno il capolinea molte linee di autobus urbani, mentre dal Molo Quarto partono gli aliscafi per l’Istria, ma in futuro forse anche altre linee di rapidi collegamenti marittimi. «Il Silos acquisisce oggi ulteriore valore strategico - ha sottolineato il sindaco - che deriva dal percorso avviato di sdemanializzazione del Porto Vecchio». Viene infatti a trovarsi in diretta contiguità con questa immensa area che nei prossimi decenni potrebbe venire finalmente riqualificata e in particolare con la cittadella Greensisam di cui fanno parte i primi cinque magazzini che nuovi investitori europei potrebbero a breve riqualificare e mettere a reddito dato che nella società l’attuale proprietario, Pierluigi Maneschi manterrà solamente una quota di minoranza. Proseguendo verso Barcola, potrebbe presto partire anche il progetto per il nuovo Museo del mare al ristrutturato Magazzino 26, mentre sul versante opposto del waterfront cittadino è annunciata per la fine dell’anno l’insediamento di Eataly al Magazzino vini.

(s.m.)

 

 

«Conservare i vantaggi del Punto franco»
La cautela degli spedizionieri: si può spostare, ma in un’altra area portuale già attrezzata
Critici sulla sdemanializzazione di Porto Vecchio «perché deve essere prima delineato un dettagliato progetto per quell'area, finalizzato alla crescita della città e della sua economia». Strenui difensori del Porto franco «risorsa per il futuro di Trieste, che può essere trasferito solo se prima si individua una nuova localizzazione strutturata e non inferiore per superficie». Così si sono espressi gli operatori del porto che ieri hanno partecipato alla seduta congiunta delle Commissioni terza e sesta, coordinata dal presidente di quest'ultima, Mario Ravalico. A parlare così è stato per primo il presidente degli Spedizionieri locali, Stefano Visintin: «È indispensabile garantire un'area già attrezzata che possa accogliere il Porto franco – ha detto - strumento fondamentale per la crescita del porto. Rispetto alle zone franche del resto d'Europa i vantaggi di questo regime sono soprattutto di natura doganale, nel senso che dentro il perimetro del Punto franco le merci sono considerate estere, perciò non pagano le tasse di sbarco e imbarco e possono restare in tale sito senza dover produrre altra documentazione che non sia quella doganale. È evidente – ha sottolineato Visintin – che si tratta di un vantaggio enorme per Trieste, che va preservato. In definitiva, se si vuole spostare il Porto Franco bisogna andare da zona portuale ad altra portuale e senza riduzione di superficie». Sulla sdemanializzazione il presidente degli Spedizionieri ha ribadito che «si tratta di una vastissima area per la quale bisogna predisporre un progetto definito e funzionale allo sviluppo di Trieste». Sul tema si è espresso anche Danilo Stevanato, consigliere dell'Agenzia imprenditoriale operatori marittimi (Aiom): «Un adeguato utilizzo di Porto Vecchio non può prescindere da una sua funzione di calamita di interessi di imprenditori internazionali». Stevanato ha poi sottolineato che «nei contratti di concessione in essere è previsto che sia garantita una nuova collocazione in caso di spostamento. La sdemanializzazione è un processo in linea con i tempi, da fare però con le giuste attenzioni, in funzione del futuro di Trieste. A questo proposito – ha concluso – ritengo utile istituire una commissione tecnica che segua l'evolversi del processo». Ampelio Zanzottera, segretario generale delle Associazioni degli spedizionieri, ha affermato che «il Punto Franco deve restare funzionale al porto e alle attività portuali», ammonendo poi a «fare attenzione nel buttare sul mercato un milione di metri cubi di edifici in una situazione già difficile sul piano immobiliare». L'architetto William Starc ha ricordato che «La sdemanializzazione non è processo semplice né rapido. Prima di parlare di nuove destinazioni d'uso – ha continuato - bisogna individuare quali sono le aree che resteranno nelle competenze del Demanio marittimo. Serve anche definire il piano delle urbanizzazioni soprattutto in una città che evidenzia un calo demografico e indici socio economici non tutti positivi». Nel corso della seduta, il presidente del Consiglio comunale Iztok Furlanic ha comunicato che lunedì, alle 17.30, prima della seduta del Consiglio, si svolgerà una seduta straordinaria dei capigruppo aperta a partiti, associazioni e movimenti nel corso della quale si discuterà dell'argomento di ieri.

Ugo Salvini

 

 

«L’alt a South Stream rilancia il rigassificatore sull’isola di Veglia»
Il ministro sloveno degli Esteri Erjavec: «Duro colpo da Mosca - Serbia in Europa solo se risolverà la questione del Kosovo»
INVIATO A LUBIANA Se i rapporti con l’Italia hanno raggiunto i massimi storici di cordialità e affiatamento è la “rivoluzione” della geopolitica energetica determinata dalla cancellazione del progetto South Stream a non far dormire sonni tranquilli a Lubiana come conferma anche il suo ministro degli Esteri, Karl Erjavec. Ministro, nuovo governo italiano e nuovo governo sloveno, qual è lo stato dei rapporti? I rapporti tra governi sono ottimi e ad altissimo livello e collaboriamo fattivamente in vari settori. In politica estera Lubiana è d’accordo con l’Italia per quanto concerne la soluzione della crisi in Libia e riguardo il tema dell’immigrazione che è un problema non solo dell’Italia ma di tutta l’Unione europea. E solo normalizzando la situazione in Nord Africa si riuscirà se non a fermare per lo meno a frenare questo flusso di persone. Collaborazione che avviene anche sul piano militare? Dove la Slovenia partecipa alle missioni internazionali lo fa a fianco dell’esercito italiano. E il sempre delicato tema delle minoranze? Direi che la situazione è molto buona e nonostante anche l’Italia stia vivendo una pesante crisi economica i fondi destinati alla minoranza slovena non sono diminuiti. E poi nella riforma degli enti locali nel Friuli Venezia Giulia non è stata danneggiata la minoranza slovena grazie al dialogo attivo che sussiste così come si parla costantemente con il Viminale. Qual è invece la situazione sul versante economico bilaterale? L’Italia è il secondo partner commerciale della Slovenia e l’interscambio tocca quota sei miliardi di euro, direi che questo è sufficiente per capire quale sia l’importanza di una buona cooperazione tra Roma e Lubiana». Quali conseguenze determina per la Slovenia e la regione intera la cancellazione del progetto South Stream? Ne siamo dispiaciuti. Sarebbe stato un progetto importante anche per l’Italia per quanto concerne i rifornimenti di gas. Già a dicembre in un incontro economico a Lubiana con gli operatori russi siamo stati informati della volontà di Gazprom di annullare South Stream. Quali sono le possibili alternative a South Stream? Ci sono altre possibilità, penso alla direttrice adriatica con il rigassificatore che si dovrebbe costruire in Croazia sull’isola di Veglia anche se sia Slovenia che Italia sono molto attente alle ricadute ambientali che tutto ciò potrebbe determinare. Certo è stato un duro colpo per la Slovenia l’annullamento di South Stream ma di fronte all’attuale situazione internazionale la decisione russa era nell’aria. La Serbia si sta muovendo verso l’Unione europea pensa che potrà aderire entro il 2020? È difficile dire la data quando ciò avverrà ma sono sicuro che ciò avverrà. Perché ne è così sicuro? Perché se vogliamo proseguire nell’idea di un’Europa unita non concepisco un’Europa unita senza i Paesi dei Balcani occidentali. Qual è la posizione della Slovenia in questo percorso verso l’adesione? Tutti questi Paesi devono soddisfare i criteri indispensabili che sono molto importanti e non sempre di facile soluzione. Difficilmente penso che sarà il 2020 la data per le nuove adesioni. Quali sono gli scogli più difficili che Belgrado dovrà superare? Penso ai diritti politici, ai temi della giustizia, la lotta al crimine organizzato e, non ultimo, il capitolo della trattativa con Bruxelles che riguarda i rapporti con Priština. Cosa può dire in base all’esperienza vissuta dalla Slovenia durante il processo di adesione? Noi per diventare membri a pieno di diritto dell’Unione europea abbiamo impiegato più di dieci anni. Qual è invece la situazione politica interna della Slovenia? I rapporti all’interno della coalizione di governo, per ora, sono buoni. C’è il rischio che il partito di maggioranza relativa, ossia la Smc del premier Miro Cerar, inizi a scricchiolare per problemi al suo interno? Non lo so, certo c’è il preoccupante precedente di Slovenia positiva che dopo aver vinto le elezioni politiche pian piano è implosa. Mi auguro che ciò non succeda di nuovo anche se è un rischio con il quale prima o poi si confrontano tutte le giovani formazioni partitiche che non hanno una lunga storia alle spalle e che non hanno neppure la struttura organizzativa e gestionale dei partiti politici diciamo così tradizionali. Ministro se lei dovesse riassumere con una sola parola la chiave del successo dei rapporti bilaterali tra la Slovenia e il Friuli Venezia Giulia, quale termine userebbe? Fiducia.

Mauro Manzin

 

Via libera agli scavi nel canale di Monfalcone
Non dovranno essere rifatte le caratterizzazioni dei fanghi effettuate nel 1999 e validate dall’Arpa
MONFALCONE Ok all’escavo del canale di accesso al porto di Monfalcone senza dover rifare la caratterizzazione dei fanghi. La Commissione Via (Valutazione di impatto ambientale) ha dato ieri «parere favorevole» al progetto di escavo. A darne notizia è stato il presidente dell’Azienda speciale, Paolo Maschio, soddisfatto perché il ministero ha fatto chiarezza sul giallo delle caratterizzazioni scadute, fatte nel 1999. Sono state date per “buone” le validazioni dell’Arpa dopo una campionatura nel 2011. «L’approvazione contiene delle prescrizioni importanti, più volte discusse - fa sapere Maschio - che saranno pur nella loro onerosità rispettate. Ma in particolare la Commissione non ha richiesto di rifare la caratterizzazione dei fanghi riconoscendo valida la richiesta di Aspm e del direttore (Responsabile unico del processo) che d’intesa con la direzione regionale Infrastrutture aveva promosso la validazione dell’Arpa nel 2011». Secondo l’Aspm un «percorso ingegnoso, tecnicamente valido» che ha permesso, facendo considerare valide le caratterizzazioni del 1999, di ottenere l’ennesimo obiettivo «risparmiando notevoli risorse». Maschio fa anche una cifra (sostiene che è stata stimata dal Consorzio per lo sviluppo industriale) che è di circa 1 milione di euro, tanto sarebbe costato rifare la caratterizzazione. «Abbiamo fatto come qualsiasi buon padre di famiglia avrebbe fatto con le proprie limitate risorse» ha aggiunto il presidente Aspm. Un ok da parte di Roma che però (la notizia attesa da giorni, si è diffusa immediatamente tra operatori portuali ed economici di Monfalcone) non tranquillizza il gruppo Smart Gas che ha in corso, allo stesso ministero, la valutazione di un altro progetto di escavo per il mini-rigassificatore che si vuole realizzare al Lisert con accanto una nuova piattaforma portuale e logistica su cui vuole investire il gruppo Maneschi. Smart Gas ha dovuto investire notevoli cifre per le caratterizzazioni e le analisi, e per non correre rischi di vedersi bloccare i lavori dalle autorità giudiziarie ha annunciato che eseguirà anche le caratterizzazioni nell’area di competenza dell’Aspm. Il project leader Alessandro Vescovini teme altri problemi in porto (dopo un sequestro che ha bloccato lo scalo per 10 anni) e per questo ha presentato «Formale richiesta di accesso agli atti al ministero dell'Ambiente, al fine di tutelare i propri interessi e quelli di altri operatori portuali coinvolti nel progetto di escavo da 11.30 a 13.30 che verrà pubblicato tra le integrazioni del progetto la prima settimana di febbraio e che verrà presentato alla stessa commissione Via». Sin dall’inizio lo stesso presidente Maschio si era detto ottimista sul parere dell’Arpa e questa volta invita a fugare dubbi e preoccupazioni. «Si potrà ora dare corso e richiedere tutte le autorizzazioni necessarie al lancio della gara europea di appalto per i lavori» aggiunge Maschio.

Giulio Garau

 

L’attentato in Francia e quei “rischi” così sottovalutati - la lettera del giorno di Dario Gasparo

I rischi connessi alla realizzazione del rigassificatore nel golfo di Trieste non sono stati opportunamente considerati possibili nella VIA.

Il 13 gennaio leggo che, al termine di un vertice sulla sicurezza convocatosi e tenutosi nella prefettura di Trieste, si è considerata opportuna una “maggiore allerta sui cosiddetti obiettivi sensibili dopo la strage di Parigi. Nell’incontro - continua il comunicato - è stato stilato un elenco dei siti cittadini che potrebbero essere, appunto, possibili bersagli di atti terroristici”. Deputata a questa funzione sarà soprattutto la questura, che ha già predisposto un piano specifico per scuole ebraiche e sinagoga, consolato francese, terminal petrolifero Siot, via mare e via terra, fino ad alcune chiese particolari. Desidero in questa occasione ricordare che quando, molto recentemente, si discuteva dei rischi connessi alla realizzazione del rigassificatore nel golfo di Trieste (nella foto, il progetto che doveva sorgere a Zaule), chi esprimeva contrarietà sottolineando anche il rischio di attentati terroristici - non opportunamente considerati possibili nella Valutazione di impatto ambientale - veniva tacciato di esagerato e pretestuoso allarmismo. Eppure già il 4 agosto del 1972 Trieste era stata oggetto di attentati eclatanti. Constato amaramente che continuiamo ad avere la memoria corta e che, purtroppo, continuiamo ad avere bisogno di un “ripasso” per prendere delle decisioni basate sulla conoscenza degli errori passati. È stato così per Chernobyl, dimenticato dopo venticinque anni: sono convinto che se non fosse accaduto il terribile incidente di Fukushima nel marzo del 2011 («in Giappone non è possibile», si diceva), tre mesi più tardi il referendum non si sarebbe vinto. È così oggi per il rischio “grandi impianti” a Trieste. Dobbiamo assistere a tragici atti terroristici nella vicina Francia per scoprire che la possibilità di un attentato non è così remota nemmeno nella nostra città. Spero che almeno gli amministratori abbiano buona memoria.

 

 

Il principe boccia la Riserva delle Falesie
Contrari ai divieti imposti dall’amministrazione Kukanja anche i proprietari del Castello di Duino. «Scelta sbagliatissima»
DUINO AURISINA Pollice verso anche dal Castello di Duino alle nuove disposizioni che riguardano la zonizzazione degli specchi acquei su cui si affacciano le Falesie. «Le limitazioni poste - spiega l'architetto Danilo Antoni, storico consulente dei Torre e Tasso -, da un punto di vista squisitamente tecnico, sono da discutere. Mentre sotto il profilo strategico, invece, paiono sbagliatissime. L'ho già detto all'assessore al Turismo Andrej Cunja e lo ribadisco ora, pubblicamente». A margine dell'analisi della bozza di regolamento della Riserva regionale delle Falesie di Duino, inviato dalla giunta Kukanja alla Regione, il Comitato tecnico scientifico Aree protette ha infatti approvato, stando a quanto riferito dallo stesso Cunja, la zonizzazione, così come richiesto dall'ente locale. Pertanto «verranno istituite tre zone: una fascia di tutela integrale fino a 50-60 metri dalla costa, a sua volta suddivisa in due aree; in quella più ampia (da Duino verso Sistiana, ndr) l'accesso sarà totalmente interdetto, a tutela dell'avifauna presente sulle falesie stesse, mentre nell'area adiacente alla Caravella, quella coi fondali più interessanti, sarà possibile l'attività subacquea turistico-sportiva». Nello spazio rimanente e fino a 500 metri dalla costa sarà possibile l'accesso e l'ancoraggio ai natanti provvisti di autorizzazione, che verrà rilasciata dal Comune. «Il sottoscritto, in qualità di consulente dei Torre e Tasso, e il principe non sono mai stati invitati in qualsivoglia sede per approfondire tali temi - prosegue Antoni -, eccezion fatta per la seduta in assise pubblica della seconda commissione consiliare, dove comunque, si sa, i partecipanti possono solo ascoltare, senza intervenire. Invece ritengo – sottolinea - che sarebbe stato opportuno convocare a un tavolo Regione, Comune, principe e anche Diego Lenarduzzi, gestore del campeggio presente nell'area, in quanto titolari e gestori del sito. Personalmente prosegue Antoni - sono d'accordo a regolamentare le diverse situazioni, ma non mi trovo concorde sui divieti tout court». Okay dunque a una gestione delle aree marine, sulla scia della disciplina sulla parte superiore, vedi anche Rilke, ma pollice verso a un insieme di norme “calato dall'alto”. Perché questi, afferma sempre Antoni, «sono sì dei regolamenti tecnici, ma soprattutto culturali e dunque bisogna coinvolgere massimamente le persone». «Invece, questa volta, l'amministrazione ha purtroppo sbagliato - conclude -. Cosa accadrà? L'amministrazione varerà il regolamento e poi noi dovremo aggiustarlo. Il risultato? Una perdita di tempo». Intanto le polemiche hanno registrato le prime reazioni, al punto da spingere il presidente della Comunella, Vladimiro Mervic, a una precisazione: «Per rispondere a chi ci accusa di fare “casino”, voglio ribadire che, per noi, è una faccenda seria, tremendamente seria e ingiusta. Non si prendono decisioni così importanti senza interpellare la popolazione. Viviamo in un'altra era, la cittadinanza rimane, le Comunelle rimangono, nessuno le fa sparire. Quelli che invece di sovente vengono sostituiti o svaniscono senza lasciare traccia alcuna - conclude il numero uno della Comunalle - sono certi burocrati o i loro suggeritori».

Tiziana Carpinelli

 

 

 

 

LA VOCE.info - VENERDI', 16 gennaio 2015

 

Se i pendolari non sono tutti uguali
Il rapporto di Legambiente sui pendolari è lodevole e ricco di informazioni. Peccato che si occupi solo di chi si sposta in treno. E che consideri come positivo qualsiasi aumento dell’utenza, anche quando richiede elevati sussidi. Senza contare gli effettivi benefici ambientali e distributivi.

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PENDOLARI SOLO IN TRENO
Il rapporto “Pendolaria 2014” di Legambiente è sicuramente un documento lodevole e straordinariamente ricco di informazioni. Tuttavia, l’analisi si occupa di una frazione molto piccola dei pendolari, ossia quelli che si spostano con il mezzo ferroviario: il 13 per cento del totale, se per “pendolare” si intende chi cambia giornalmente comune per ragioni di studio o lavoro. Non sarebbe stato meglio chiarirlo ai lettori? E non sarebbe stato meglio estendere, almeno per sommi capi, l’analisi a tutti i pendolari, dei quali circa il 22 per cento si sposta in autobus o metropolitana e il 65 per cento in auto? Una importante novità è che per la prima volta il rapporto esplicita che questi pendolari pagano molto poco, cioè generano un peso elevato sui bilanci pubblici, sottraendo risorse ad altri servizi sociali. Si può stimare che il 70 per cento dei loro costi sia a carico della collettività, la maggior quota europea, ma questa stima non è stata evidenziata nel rapporto. I pendolari in auto, invece, garantiscono allo Stato rilevanti risorse con tasse e accise sui carburanti. Pendolaria 2014, poi, approfondisce molto l’importante questione del taglio ai sussidi e dell’aumento delle tariffe, ma mai quella relativa agli elevati costi di produzione dei servizi ferroviari: per esempio si stima che il costo del lavoro sia almeno del 30 per cento maggiore rispetto a mansioni simili nel settore privato. Sembra così potersi dedurre che l’unica strada per migliorare le condizioni dei viaggiatori sia quella dell’aumento dei sussidi o della riduzione delle tariffe, e non siano invece possibili riduzioni dei costi di produzione, come per esempio è avvenuto nel trasporto ferroviario locale in Germania quando si sono fatte gare vere per piccoli lotti. Non sarebbe stato meglio porre maggiormente in luce anche questa dimensione del problema? Emerge anche un giudizio implicito sulle diverse regioni: chi più sussidia e meno taglia è più virtuoso. Siamo sicuri che non esistano priorità sociali più urgenti della mobilità? In più, alcune realtà locali (la provincia di Bolzano, mai abbastanza lodata dal rapporto) godono di trasferimenti dallo Stato del tutto eccezionali, tanto da sussidiare persino l’edilizia privata. Una valutazione come quella di Pendolaria si fonda sull’assunzione implicita che qualsiasi incremento di utenza debba essere considerato come positivo, anche qualora derivi dall’aumento dell’offerta o da una riduzione delle tariffe e, al contrario, un suo calo costituisca sempre un’evoluzione negativa. È un presupposto che però sembra privo di ragionevolezza laddove il servizio non viene prodotto su base commerciale, ma gode di elevati contributi pubblici. L’entità dei contributi dovrebbe essere confrontata infatti con i benefici sociali che ne derivano, di cui i due maggiori sono sicuramente quelli connessi alla distribuzione del reddito e alla riduzione delle esternalità negative del modo stradale (ambiente e congestione).
I BENEFICI PER L’AMBIENTE
Iniziamo a considerare questi ultimi. Proprio dove l’utenza dei servizi è più limitata e i sussidi per passeggero trasportato maggiori, ossia sulle linee a scarso traffico, i benefici esterni sono più modesti, sia in termini di riduzione delle emissioni e dei consumi, che di congestione evitata. Più volte nel rapporto di Legambiente viene quantificata la riduzione della CO2 prodotta dalle auto che si potrebbe conseguire se l’utenza dei servizi ferroviari aumentasse. Dove le linee ferroviarie hanno un ruolo importantissimo nel ridurre congestione ed esternalità, cioè in prossimità dei centri maggiori, anche con le attuali basse tariffe italiane e la loro modesta efficienza, richiedono assai pochi sussidi, dato il buon livello di utilizzazione. Proviamo ora a confrontare il costo per la collettività di un servizio ferroviario su una linea secondaria e i benefici in termini di minori emissioni. Il sussidio si attesta oggi intorno agli 11 €/treno-km. Ipotizziamo, con un certo ottimismo, che la frequentazione media dei convogli su una ferrovia locale a scarso traffico sia pari a 100 passeggeri (sulle linee chiuse negli scorsi anni in Piemonte la frequentazione media era pari a 37 persone per corsa) e che, qualora il servizio venisse soppresso, ciascuno di loro scegliesse l’auto (molti, in realtà opterebbero per l’autobus). Considerato che le emissioni medie delle auto in Italia si attestano oggi intorno ai 130 g/km, le emissioni aggiuntive, ipotizzando un coefficiente di occupazione pari a 1, sarebbero pari a 13 kg per ogni km di servizio non più effettuato. Assumiamo in via prudenziale un costo per tonnellata di CO2 emessa pari a 100 euro (il livello massimo di lungo periodo del costo sociale valutato dalla Commissione Europea, che si colloca molto al di sopra dei valori proposti dalla maggioranza degli studi internazionali). Con questa assunzione, la riduzione del costo esterno correlato alle emissioni di CO2 risulterebbe pari a circa 1,3 euro a treno-km (13 kg /treno-km * 100 €/t CO2 / 1.000), ossia inferiore al 15 per cento del sussidio (trascurando i costi per la manutenzione della linea). In questo caso specifico, ma anche in quello delle metropolitane (di cui, correttamente, il rapporto evidenza la minor dotazione dell’Italia rispetto alla media europea), i benefici ambientali rappresentano quindi una quota molto modesta dei sussidi. Peraltro, nel lungo periodo, l’evoluzione delle emissioni è strettamente correlata all’evoluzione tecnologica dei veicoli e solo marginalmente influenzabile da una diversa ripartizione modale della mobilità. Tra il 2007 e il 2013, le emissioni di CO2 medie delle auto immatricolate in Europa si sono ridotte del 20 per cento: per ottenere “a regime” la stessa riduzione di emissioni totali, la ferrovia dovrebbe sottrarre all’auto una quota di mobilità pari al 16 per cento, ossia quadruplicare l’attuale domanda.
Non è dunque possibile presumere, senza una previa analisi costi-benefici, che “più sia meglio” ed è verosimile che, in molti casi, il taglio dei servizi sia socialmente desiderabile anche in considerazione del fatto che, come evidenziato da una recente analisi dell’Fmi, in media, il prelievo fiscale sull’auto copre già interamente le esternalità prodotte.
E LE RICADUTE SOCIALI
Quanto al secondo obiettivo dei sussidi, quello distributivo, sarebbe opportuna una assai più attenta valutazione delle ricadute sociali dell’uso di risorse pubbliche a favore del trasporto ferroviario. Anche alla luce del fatto che la parte largamente prevalente dei pendolari che usano il treno sono impiegati e soprattutto studenti che si dirigono verso le aree centrali delle maggiori città, mentre categorie con redditi del tutto paragonabili, come operai e artigiani, e più in generale chi effettua spostamenti in aree periferiche e lungo percorsi “tangenziali” spesso non ha alternativa all’uso dell’auto, come confermato da una ricerca del Censis del 2008 (“Pendolari d’Italia”). E, come evidenziato dall’Istat, le imposte sui carburanti hanno carattere di regressività, ossia colpiscono maggiormente i redditi bassi: la quota di spesa per benzina e gasolio rappresenta infatti in media il 5,5 per cento del totale per il primo e il secondo quintile della popolazione e si riduce progressivamente fino al 3,8 per cento del quintile più ricco.
Confidiamo che tali elementi di giudizio, a nostro avviso essenziali, saranno inseriti nel rapporto del prossimo anno.
Marco Ponti e Francesco Ramella
 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 16 gennaio 2015

 

 

Arvedi: «Risano la cokeria - Lavoro per 800 persone»

Il presidente a Cremona scopre le carte: altoforno potenziato oppure due - La banchina verrà allungata per un ruolo di terminalista a tutto campo
INVIATO A CREMONA Quando l’amministrazione controllata della Lucchini doveva vendere la Ferriera di Servola, al primo incontro programmato a Trieste con tutte le parti sociali si presentò tra i primi un signore anziano che in maniche di camicia cominciò a tirare righe a matita su un foglio di carta. Gli davano del tu e così incominciarono a fare anche i sindacalisti triestini che a un certo punto chiesero: «Ma arriverà anche il cavalier Arvedi?». «Veramente è questo signore qua», fu loro risposto. Chi racconta l’aneddoto riferisce che seguì mezz’ora in cui nessuno osò più aprire bocca. L’approccio democratico è lo stesso anche quando il cavalier Giovanni Arvedi accoglie l’ospite quasi sull’uscio di Palazzo Lodi Zaccaria, sontuosa residenza cremonese del XVI secolo con soffitti e pareti decorati con stucchi e affreschi. È la sede di Finarvedi, la holding di un gruppo che produce e trasforma ogni anno 3 milioni e mezzo di tonnellate di prodotti siderurgici con un fatturato annuo di 2 miliardi e 200 milioni di euro e 2mila 600 dipendenti. L’ultima società entrata a farne parte è Siderurgica Triestina, proprietaria della Ferriera di Servola. «E a Servola si arriverà a 700, forse 800 dipendenti nel giro di due o tre anni», annuncia. Attualmente sono in 470, quasi un raddoppio se tutto andrà bene. «Ma a domande specifiche risponderò punto per punto e nei dettagli la prossima settimana perché alcuni progetti devo ancora illustrarli anche al sindaco Cosolini», mette le mani avanti, ma poi parla a cuore aperto per quasi un’ora. «Per Servola abbiamo un progetto estremamente serio che tiene conto di due premesse fondamentali. La prima è che non dobbiamo assolutamente inquinare, la seconda che lo stabilimento triestino deve diventare competitivo». Dopo aver sottolineato di ritenersi estremamente soddisfatto della collaborazione avuta sia in ambito ministeriale che dalle amministrazioni territoriali, entra nel merito, incominciando dal laminatoio a freddo: «Entro un mese completeremo un capannone, poi nell’arco di quest’anno ne sistemeremo altri due. L’area avrà oltre 60mila metri quadrati. Produrremo acciaio per motori elettrici e trasformatori, ci rivolgeremo soprattutto al mercato dell’auto. Un prodotto di questo tipo si faceva a Terni, poi quando i tedeschi della Krupp acquistarono quello stabilimento trasferirono in Germania quella produzione che oggi qui non esiste più: saremo noi a riportarla in Italia grazie a Trieste». Le lamelle per i motori elettrici sono infatti realizzate con un acciaio particolarmente duttile che la nostra industria manifatturiera è costretta ad acquistare all’estero. Tra un anno però basterà comprarlo a Servola. Ma la chiave di volta per Trieste è la cokeria. «É il cuore del ciclo integrale», sostiene il cavalier Arvedi, svelando il punto portante di tutto il progetto, foriero anche di applicazioni in altri siti: «Ho l’ambizione di essere il primo al mondo che adotterà un sistema in grado di aspirare tutti i fumi della cokeria. È un nostro progetto studiato da ingegneri liguri che sulla carta funziona perfettamente. Non dubito che funzionerà anche in pratica, lo adotteremo a Servola e sarà il progetto pilota per estenderlo poi anche all’Ilva di Taranto (stabilimento sul quale Arvedi ha avanzato una manifestazione di interesse, anche se si tratta di un’operazione che non potrà fare da solo, ndr.). Il coke - spiega il presidente - è un materiale speculativo, non va comprato perché ce lo fanno pagare due o tre volte il prezzo reale. Dunque dobbiamo produrlo. Se la cokeria sta in piedi senza inquinare, e sono convinto che sarà così, a Servola terremo in piedi tutto il ciclo a caldo. Altrimenti, senza cokeria, chiuderemo tutta l’area». Altre due questioni sono da risolvere a Servola, in base al progetto Arvedi: l’altoforno è troppo piccolo, la centrale elettrica, al contrario, troppo potente. «Vorremmo arrivare a produrre un milione di tonnellate all’anno di ghisa - spiega il presidente - ma per com’è strutturato oggi quell’altoforno, che già ora non inquina ma sul quale comunque perfezioneremo i sistemi per evitare le emissioni, non ce la fa. Tecnici inglesi e tedeschi hanno tre mesi per studiare una soluzione: un revamping per aumentarne la produttività oppure l’accensione con l’utilizzo contemporaneo anche del secondo altoforno». Arvedi rinuncerà invece alla centrale elettrica di cogenerazione che oggi funziona all’interno del perimetro dello stabilimento: «È una centrale da 170 megawatt, ma a noi ne bastano 20 o 30. Ho localizzato in Germania due o tre turbine inutilizzate. Le farò recuperare e trasferire a Servola».

Silvio Maranzana

 

«A marzo l’Open Day nell’impianto di Servola»
Sul fronte ambientale già spesi tra i 20 e i 30 milioni ma l’impegno finanziario complessivo del gruppo per lo stabilimento arriverà a 187 milioni
CREMONA Sul numero di dipendenti che nel giro di due o tre anni potrebbe quasi raddoppiare il cavalier Giovanni Arvedi nel corso dell’amabile chiacchierata a Palazzo Lodi Zaccaria ci mette però un “se”: il numero è legato alla prosecuzione dell’attivita' della cokeria che implicherebbe la prosecuzione a Trieste con il ciclo a caldo. Se ciò invece non sarà possibile potrebbe funzionare soltanto il laminatoio a freddo che in base al piano industriale prevede 340 dipendenti. Ma il presidente punta forte anche sulla logistica. «Sulla banchina bisogna fare dei lavori - racconta - ma sto pensando a un pontone galleggiante che forse farò costruire dalla Clerici di Genova per portarne la lunghezza a quasi un chilometro. Già da gennaio vi arriveranno tre o quattro navi al mese. Ma penso, com’era stato accennato, anche a un unico megaterminal con la Piattaforma logistica, mentre nell’attesa della sua realizzazione potremmo chiedere di utilizzare la banchina dello Scalo Legnami. Perchè vorremmo svolgere anche l’attività di terminalisti nel senso pieno del termine e in futuro a questo scopo potremmo creare una seconda società slegata dalla Siderurgica Triestina». Tutto ciò logicamente oltre all’arrivo delle navi con le materie prime per i vari stabilimenti del gruppo e all’invio dei prodotti finiti nelle più varie destinazioni. «Sul fronte ambientale a Servola abbiamo già speso tra i venti e i trenta milioni - specifica il cavalier Arvedi - mentre il nostro impegno complessivo sullo stabilimento sarà di 187 milioni. Stiamo sistemando le fognature, tutte le pavimentazioni, i parchi dei materiali, raccoglieremo le acque. Ma non basta: all’interno dell’area dello stabilimento voglio piantare filari di alberi. Voglio che tutto avvenga nella massima trasparenza, l’area sta già cambiando volto, ma i triestini non lo sanno anche perché difficilmente possono venirne a conoscenza». Ecco dunque un annuncio importante che il cavalier Arvedi lancia a tutti i triestini: «A marzo faremo “open doors”, una giornata almeno durante la quale tutti i cittadini potranno entrare nello stabilimento e rendersi personalmente conto della situazione e vedere ciò che si sta facendo in questi mesi soprattutto sotto l’aspetto ambientale. Per festeggiare l’evento vorrei anche portare nel cuore di Trieste, in piazza Unità un gruppo di archi, musicisti cremonesi che per l’occasione si esibiranno gratuitamente.

Silvio Maranzana

 

Tecnologia rivoluzionaria esportata nel mondo
Nella fabbrica padana in quattro minuti l’acciaio liquido si trasforma in rotoli
CREMONA “Arvedi Isp/Esp” è il nome della tecnologia rivoluzionaria di processo che Arvedi Group sta esportando in tutto il mondo. In questi giorni se ne sono andati i ben settanta tecnici cinesi che erano venuti a studiarla e che ora la applicheranno a Rizhao nella provincia cinese di Shandong. «La stiamo esportando in Cina, in Sudafrica, in Olanda e in Corea - specifica il cavalier Arvedi - e abbiamo avviato trattative anche con Stati Uniti e Messico». Una visita nella grande acciaieria che si trova su un’area collocata sul territorio di ben tre comuni: Cremona, Spinadesco e Sesto cremonese, guidata dall’ingegner Federico Mazzolari e dal responsabile delle relazioni esterne Renato Crotti, fa comprendere anche ai meno esperti l’ingegnosità del sistema. L’Isp-Esp si basa sul colaggio dell’acciaio in bramma sottile laminata in linea e in continuo fino al prodotto in rotoli. Sviluppata dalla fine degli anni Ottanta a partire da idee originali dello stesso Giovanni Arvedi è oggi coperta da 460 brevetti, estesi ai principali Paesi industriali, relativi sia alla tecnologia nel suo insieme che ai singoli componenti d’impianto. Con la linea Isp (Inline strip production) si realizza la trasformazione diretta, in soli 180 metri di lunghezza e in 15 minuti, dell’acciaio liquido in rotoli di qualità tramite colata e laminazione. É realta' nello stabilimento di Cremona fin dal 1992. Recentemente è stata sviluppata anche una nuova tecnologia denominata Esp (Endless strip production) che in 180 metri e in soli 4 minuti trasforma il liquido in coils (rotoli) di acciaio di spessore fino a 0,8 millimetri. L’Acciaieria di Cremona, che da sola conta 1.400 dipendenti, realizza dunque coils a caldo in acciaio al carbonio decapati e zincati. Ma la holding raggruppa anche altre sei società: sempre a Cremona l’Arvedi tubi acciaio (tubi saldati in acciaio al carbonio neri, zincati e rivestiti) e la Metalfer (tubi trafilati a freddo in acciaio al carbonio), a Robecco d’Oglio la Ilta Inox (tubi saldati in acciaio inossidabile), a Sestri Levante la Arinox (nastri di precisione laminati a freddo in acciaio inox) e ora anche, a Trieste, la Siderurgica Triestina (ghisa in pani e, in futuro, prodotti speciali laminati a freddo). Il Gruppo complessivamente produce e trasforma circa 3,5 milioni di tonnellate di prodotti siderurgici con un fatturato annuo di circa 2,2 miliardi di euro e impiega complessivamente oltre 2.600 dipendenti.

(s.m.)

 

È proprietario di un settimanale e di una Tv
Giovanni Arvedi è nato nel 1937 a Cremona da una famiglia di commercianti di acciaio. Nel 1963 comincia la sua carriera imprenditoriale fondando due aziende: una commerciale, Arvedi Commercio e una produttiva, Ilta. Nel 1973 apre a Cremona la Acciaieria Tubificio Arvedi, moderna miniacciaieria dedicata alla produzione di acciaio e tubi laminati a caldo. L'anno cruciale è il 1992 quando entra in funzione il nuovo impianto nell'acciaieria di Cremona specializzato nella produzione di nastri di acciaio molto sottili. È intervenuto nel salvataggio della Rizzoli, attualmente è editore del settimanale cremonese Mondo Padano e della Tv locale Cremona1 TV.

 

Le origini - Discende da una famiglia di commercianti del ferro trentini
Originari della trentina Val di Sole, gli Arvedi si trasferirono a Cremona agli inizi del '700 per avviare la lavorazione del rame e la fabbricazione e il commercio di attrezzature in ferro. Nel corso dell'Ottocento l'attività venne ulteriormente diversificata attraverso la fabbricazione di macchine agricole e industriali, utensili in ferro e macchinari per caseifici. Tra i diversi rami della famiglia, Daniele Arvedi s'indirizzò, sempre a Cremona, verso il commercio di prodotti siderurgici. Nel 1921, con la sua scomparsa, l'impresa venne proseguita dai figli Leonardo e Dante fino al 1933, anno in cui Leonardo Arvedi si ritirò. Nel 1939 il fratello Dante avviò un'altra azienda attiva nel commercio di ferro, ferramenta, metalli e lamiere che in seguito all'ingresso dei figli Giovanni e Daniele, nel 1961, venne trasformata nella Dante Arvedi e Figli. Sempre nello stesso anno il padre si ritirò dall'attività e di conseguenza l'impresa assunse la denominazione Dante Arvedi di Daniele e Giovanni. Quest'ultimo, con una forte inclinazione verso le novità tecnologiche, già nel 1963 fondò le sue due prime aziende, una commerciale, l'Arvedi rag. Giovanni commercio prodotti siderurgici e una produttiva a Robecco d'Oglio, la Ilta che fabbricava, utilizzando nuove tecnologie, tubi saldati in acciaio e, dal 1970, tubi in acciaio inossidabile. Nel 1973 entrò in funzione nella nuova zona industriale di Porto Canale il Tubificio Arvedi (che poi diventerà Acciaieria Tubificio Arvedi), che lavorerà a ciclo integrato dal rottame di ferro al tubo saldato. Nel 1980 Giovanni Arvedi acquistò dalla famiglia Falck la società Celestri, una delle più importanti aziende commerciali e centro di servizi di prodotti siderurgici. Negli anni Ottanta il gruppo Arvedi continuò la sua politica espansiva attraverso l'acquisizione di altre aziende del settore, confermandosi leader sul mercato italiano di tubi di qualità.

 

Museo del violino donato alla città
Gli abitanti hanno però formato anche comitati per combattere i fumi e i rumori della fabbrica
CREMONA Anche l’acciaieria Arvedi ha comunque fatto registrare negli anni scorsi una serie di proteste e di petizioni corredate da centinaia di firma da parte degli abitanti della zona. «La situazione è migliorata nel 2014 ritengo soltanto a causa delle favorevoli situazioni climatiche e per il fatto che la giunta comunale di Cremona è ora molto più attenta agli aspetti ambientali - afferma Maria Teresa Puliti che ha guidato il comitato “Star bene in ambiente sano” - ma in passato i valori della centralina che rileva le Pm 10 e le Pm 2,5 sono stati spesso superati, ci sono stati episodi di fumi e soprattutto di rumori che disturbano la vita quotidiana complessivamente di cinquemila persone. Ultimamente nello stabilimento vi sono stati incendi e infortuni anche mortali». Il 4 giugno 2014 il caporeparto Marco Rezzani di 44 anni è morto dilaniato da una macchinario e nelle ore successive si è addirittura infortunato durante il sopralluogo il sostituto procuratore Fabio Saponara. L’inchiesta è poi passata alla Procura di Venezia. Tra ottobre e novembre secondo le emittenti televisive locali, vi sarebbero stati anche una serie di boati e in particolare un incendio che ha messo momentaneamente fuori uso la produzione e in cassa integrazione 950 dipendenti. Non risulterebbero però esposti alla magistratura, né sforamenti dei parametri tali da identificare uno stato di inquinamento. I benefici dell’attività imprenditoriale di Giovanni Arvedi non si limitano all’occupazione con i tanti posti di lavoro creati soprattutto per gli abitanti della zona, ma si riflettono anche in una serie di operazioni benefiche a favore del territorio. Da ultimo il nuovo Museo del violino, inaugurato nel 2013, che racconta la storia del violino, i sistemi di costruzione, le vicende delle famiglie di liutai cremonesi, ed espone capolavori delle collezioni che fino ad allora si trovavano nel Palazzo comunale, nel Museo civico Ala Ponzone e nelle esposizioni temporanee di strumenti storici Friends of Stradivari. Il Museo ospita anche un Auditorium da 500 posti, progettato dagli architetti Palù e Bianchi e supportato dal contributo di Yasuhisa Toyota che ha curato l’acustica.

s.m.

 

 

AGRICOLTURA - Legambiente approva la direttiva sugli Ogm

Legambiente Fvg esprime «soddisfazione» per il via libera dell’europarlamento alla direttiva «che consentirà ai Paesi membri dell’Ue di limitare o proibire la coltivazione di Ogm sul territorio nazionale, anche se autorizzata a livello europeo. Intanto, però, per salvaguardare l’agricoltura italiana va subito prorogato il decreto di divieto di coltivazione degli Ogm».

 

 

Il “popolo delle canoe” lancia la sfida alla Riserva
Avviata una raccolta di firme bis contro i divieti imposti dalla giunta Kukanja - «Restrizioni assurde. Chi nuota o va in kayak non danneggia l’ecosistema»
DUINO AURISINA Le immagini delle Falesie, per usare le parole di Emilio Rigatti «quell’incredibile, spigolosa massa di pietra sputata fuori dal mare», hanno invaso web e riviste specializzate, rendendo Duino Aurisina un Comune da cartolina, idilliaca meta di viaggio dove l’asperità del Carso si scioglie come zucchero tra le onde. Ma tu prova a dire a un duinate, discendente dei primi abitanti del paese, che per tutelare la fertilità del falco pellegrino quei candidi strapiombi di roccia diventano off-limits a nuotatori locali e amanti della pagaia e si scatena l’inferno. Lo sta provando sulla propria pelle la giunta Kukanja, cui pur va riconosciuta la titanica impresa di voler finalmente consegnare un regolamento alla Riserva regionale delle Falesie. Per inciso, una svolta agognata dal lontano '96. Come se non bastassero gli strali dell'opposizione e le proteste di sportivi, kayakers e semplici nuotatori della domenica, l'esecutivo si trova bersagliato anche dal fuoco “amico” della Comunella di Duino, capeggiata da Vladimiro Mervic (a suo tempo candidato con la Lista Kukanja alle amministrative 2012), che ha lanciato lo scorso fine settimana una petizione di protesta. Firme pervenute? Oltre 200 solo in paese. Non contraria alla riserva, la proprietà collettiva contesta tre punti del regolamento, avviato verso l'ultima fase dell’iter approvativo: quello «che proibisce a chiunque di nuotare entro i 60 metri dalla costa; poi quello, che nella stessa fascia, proibisce a imbarcazioni a remi, canoe e kayak di entrarvi; e infine la norma che “discrimina” i turisti desiderosi di ancorarsi al largo delle Falesie coi loro natanti». Di ieri la notizia che Rinaldo Stradi ha avviato come privato cittadino analoga petizione al Villaggio (una trentina di firme raccolte). La protesta ha percorso il palazzo fino al secondo piano, dove l'assessore al Turismo, Andrej Cunja, per ora si mantiene ufficialmente abbottonato, spiegando di voler prima confrontarsi con la giunta: in seguito uscirà un comunicato. Ma a taccuini chiusi ribatte che bisogna capire «cosa si vuol fare da grande». Insomma, se si persegue l’istituzione di una riserva naturale (e sul punto tutti paiono d’accordo), allora ci si piglia anche le fisiologiche limitazioni per preservare la riproduzione, tra gli altri, del mitico falco. Altrimenti si fa altro. Fin qui, l'anticipazione del Cunja-pensiero. Gli sportivi, dunque. A mobilitarsi per prima la 53enne triestina Paola Bruni, presidente dell'associazione Kayak d'amare, con sede nazionale in Sicilia. Da trent’anni frequenta le Falesie: «Che tu esca da Duino, dal Villaggio o dal Cedas - dice -, passi sempre per di lì, perché è il tratto più bello e certamente il più fotografato. Francamente queste restrizioni paiono incomprensibili perché stridono con la filosofia abbracciata dagli amanti della pagaia e dalle regole adottate in altre riserve, per esempio quella dello Zingaro o del Monte Cofano, dove si può tranquillamente andare in kayak. Idem per le Eolie e le Incoronate, che personalmente ho percorso con la mia imbarcazione». «Canoisti e kayakers sono per eccellenza amanti della natura - prosegue - impiegano mezzi a propulsione umana, non inquinano o fanno rumore e spesso promuovono le raccolte di rifiuti sulle spiagge. I nostri sono strumenti che impattano pochissimo sott'acqua e per questo si spingono a lambire le rocce. Sono silenziosissimi». «Il provvedimento che si vuole adottare sembra un po' una cattiveria - conclude Bruni che già su Facebook aveva avviato più di un anno fa una prima petizione -: vietare l'arrampicata perché può arrecare disturbo alla nidificazione è logico, ma la pagaia che fastidio dà? Andare sotto costa ti fa invece apprezzare il valore della natura, amare il mare e le sue acque limpide».

Tiziana Carpinelli

 

Gli anziani del paese passano al contrattacco
Storici frequentatori della costa pronti a disobbedire al regolamento. «Xè una stupidada grande»
DUINO AURISINA L'idea della giunta Kukanja di istituire una fascia di tutela “integrale” fino a 50-60 metri dalla costa è un'idea tipica dei nostri tempi, in cui le libertà dell'uomo si trovano inevitabilmente a confliggere con la tutela di ambiente&fauna. Ma l’uomo, la giunta se ne sta rendendo conto in queste ore, è un osso duro. Specialmente se ha superato le sessanta primavere e ha sempre vissuto a Duino. «Sono un duinate - spiega un cittadino, Fulvio Zollia - nato nel '49 in una casa di fronte alla chiesa e ho vissuto sempre qui in paese, osservando lo sviluppo di un territorio in cui la natura è imperante e a portata di mano». Ciclista per almeno tre giorni alla settimana, d'estate si diletta col nuoto e assieme a un gruppetto di amici si tuffa a Duino e arriva alla spiaggetta: mezzo miglio abbondante al giorno, andata e ritorno, schivando le meduse, fino al tramonto. Ma a 16 anni, ricorda, deteneva «il miglior tempo nelle gare di velocità amatoriali che si facevano sui 50 metri». «Che fastidio può dare, ai volatili, un gruppetto di persone che nuota? Non inquina, non si porta dietro bicchieri o lattine, manco l'asciugamano - afferma Zollia -. Per contro sono parecchi gli sportivi, anche da Monfalcone, che vengono qui a fare lunghe bracciate. Funziona un po' come il ciclismo vent'anni fa: all'inizio si era in pochi, poi il numero di appassionati è cresciuto diventando un fenomeno. Lo stesso accadrà col nuoto, ne son certo». E prosegue nell'arringa: «Neppure il principe, tollerante per cultura, ha mai protestato con chi si ferma sulla sua spiaggetta per una sosta o la tintarella, diversamente da quanto avviene per alcuni titolari di ville affacciare al mare... Lo dico fin d’ora: io ci andrò lo stesso, a nuotare sotto le Falesie, anche se cala il divieto. Lo creo io, il caso!». «Una stupidada grande, proibir il passaggio sotto costa», sentenzia in dialetto l'81enne Elio Zoli, che con buona pace di colombi e falchi fin da giovane ha esercitato la pesca come grande passione («no li go mai disturbadi, giuro»). «Ma dove dovrebbe nuotare un cittadino? Sul canale del cantiere? - dice l'anziano -. Ho amici anche più anziani di me, di 84 anni, con cui vado lì a pescar le seppie: adesso si vuole togliere anche questo, a noi veceti?. Mi pare - conclude Zoli - che l'ordinanza della Capitaneria sia più che sufficiente a regolamentare la faccenda». D'estate macina miglia da Duino a Sistiana, sull'unica barca a remi ormeggiata in porticciolo (scafo giallino di tre metri e mezzo, proprietà della zia che glielo presta), anche Giovanni Gruden, 55 anni: «Ci vado da solo o con i miei tre figli e assicuro che non si disturba nessuno a navigare lungo la costa: la roccia è per lo più brulla - dice -. E poi penso anche a chi viene da fuori, da un altro paese: arriva qui, non ha autorizzazione, non sa che c'è il divieto e si becca la multa. Ebbene, questo turista tornerà mai? Non credo. Visto che a Duino si parla molto di turismo, sarebbe il caso di riflettere pure su tali aspetti».

(ti.ca.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 15 gennaio 2015

 

 

Park in piazza Foraggi intesa Comune-Riccesi dopo il flop Ponterosso

Transazione in arrivo a 13 anni dallo stop alla struttura interrata - Quattro livelli e 132 posti. E il Municipio dovrà versare 2 milioni
Non si è fatto in Ponterosso? Si farà in piazza Foraggi. Era il febbraio del 2002 quando l’allora sottosegretario ai Beni culturali Vittoro Sgarbi calò a Trieste per decretare di persona la morte definitiva del progetto di parcheggio interrato nel cuore della città, inserito fin dal 1996 nel programma urbano parcheggi della giunta Illy. In quel 2002 l’impresa di costruzioni Riccesi già da tempo aveva rilevato le spoglie della fallita Società edile adriatica, e con esse il progetto. Per la cui realizzazione restava in attesa di firmare la convenzione con il Comune. La parola di Sgarbi rese felici ambientalisti e comitati di cittadini che si battevano contro il park, cavando peraltro - al momento - le castagne dal fuoco alla giunta Dipiazza stretta tra le opposizioni dei residenti e le pressioni dell’impresa costruttrice. Al momento, appunto, perché da lì è partita una vicenda che si sta per concludere soltanto oggi. Fin dal 2006 - e già di tempo ne era passato e di carte avvocati e uffici ne avevano accumulate tante - Comune e Riccesi si erano accordati per una transazione novativa e avevano iniziato la caccia a siti alternativi a Ponterosso in cui l’impresa potesse operare: siti che significavano per Riccesi un cantiere da non perdere, e per il Comune una somma ingente da non sborsare. Non totalmente, almeno: giacché in quello stesso 2006 l’impresa indicava in oltre tre milioni e mezzo di euro l’importo totale preteso quale risarcimento del danno subìto. L’era Dipiazza si è chiusa, la grana è passata alla giunta Cosolini. «Abbiamo sondato tutta la città e molte alternative sono state scartate, ma Trieste non è infinita», commentava quasi un anno fa l’assessore ai lavori pubblici Andrea Dapretto. Un’alternativa, almeno, ha però resistito. Ora dunque - tredici anni dopo lo stop a Ponterosso - ecco la soluzione: l’area su cui si sta per chiudere la trattativa è quella di piazza Foraggi, in uno spicchio fra la fine di viale D’Annunzio, l’imbocco della galleria e via della Tesa. Già contemplata nel Piano parcheggi di Dipiazza, il Piano regolatore in approvazione l’ha etichettata come Zp - parcheggi e autorimesse di piazza Foraggi; il Consiglio comunale nel 2013 l’ha inserita fra i beni da alienare; per partire dopo la chiusura della trattativa - che dovrà tradursi ovviamente in un atto vero e proprio - basta una concessione diretta a costruire. «I tempi dovrebbero essere relativamente brevi», tira le somme l'assessore ai Lavori pubblici Andrea Dapretto. Anche se «i tempi non li facciamo noi», precisa con l’ormai più che dovuta prudenza Donato Riccesi. Il progetto, già visionato dal Comune, è pressoché pronto. Il contenitore su quattro livelli (di cui uno interrato), e con un doppio ingresso (da via della Tesa e da piazza Foraggi) prevede 132 posti auto di cui 28 scoperti sul lastrico solare, tutti pertinenziali, non richiederà opere di sbancamento rilevanti, dovrà rispettare le prescrizioni del limite di dodici metri d’altezza e dei dieci quale distanza minima dalle case. Una dozzina di mesi di cantiere al massimo, stima Riccesi, per un investimento fra i 2,5 e i 3 milioni di euro. L’intera operazione, come si legge in una recente determinazione dirigenziale innescata da un ok della giunta, si chiuderà comunque con un esborso di rilievo per il Comune. Il parcheggio di piazza del Ponterosso prevedeva 689 posti auto. Nel 2006 si erano individuati quali siti alternativi via Cereria, largo Roiano e via del Teatro Romano. Cassato quest’ultimo vista l’attiguità con il Park San Giusto, non più d’interesse Roiano perché nei tempi biblici della trattativa altre strutture sono state costruite in zona, è stata abbandonata anche l’area di via Cereria, per l’«altissimo rischio archeologico» ma anche per la contrarietà dei cittadini allo smantellamento di un’area verde. Fatti i calcoli in base ai criteri stabiliti nella transazione, le cifre nel documento del Comune risultano queste: Riccesi acquisterà dal Comune l’area di piazza Foraggi sborsando poco meno di 600mila euro, ma il Comune stesso - per la rifusione del danno che deriva dal minore numero di posti auto da realizzare - verserà in tre rate a Riccesi poco meno di due milioni 600mila euro. Già accantonata dunque nel bilancio la somma che alla fine il Comune dovrà scucire. E che coprirà in gran parte i costi di costruzione per Riccesi. Ma l’imprenditore non la vede proprio in questi termini: «Per chiudere questa novazione - sottolinea Riccesi, che è anche presidente provinciale dell’Ance - abbiamo rinunciato a oltre un milione di oneri finanziari. Diciamo che la soluzione è onorevole per entrambi, e forse di più per il Comune».

Paola Bolis

 

IL COSTRUTTORE - «Tempistiche incompatibili con la società»
«La vicenda trascinatasi per 13 anni non può che confermare le difficoltà di operare in questo sistema: non parlo solo di quello cittadino, ma nazionale. Sono tempi assolutamente incompatibili con le esigenze della nostra società, tanto più in un momento di stagnazione e di crisi». Dice così Donato Riccesi, peraltro presidente provinciale dell’Associazione costruttori. «Pensiamo al Park San Giusto: proposta di project financing presentata nel giugno del 2000, opera terminata nel 2015. Quindici anni in cui una parte del mondo è corsa al galoppo, un’altra è rimasta ferma. Ecco, noi stiamo nella parte ferma. O comunque in quella che si muove con l’andatura di un bradipo...»

 

«Porto Vecchio, va rivisto il Piano regolatore»
Patuanelli (M5S): struttura da modificare. Cosolini: la variante urbanistica per ora non serve
Sdemanializzare Porto Vecchio significa cambiare l'aspetto dell'intera città, aggiungere 60 ettari all'attuale area urbana. In definitiva, «avere un'altra città da ristrutturare e costruire, rendendo indispensabile una modifica della struttura del Piano regolatore cui si sta lavorando». Questo il ragionamento proposto ieri da Stefano Patuanelli, consigliere comunale di M5S, nella seduta congiunta delle Commissioni consiliari terza e sesta coordinata dai due presidenti, Mario Ravalico e Manuel Zerjul, e che promette di diventare il nodo - o uno dei nodi - da sciogliere in Consiglio comunale. «Il Piano su cui stiamo ragionando – ha precisato Patuanelli – è figlio della cosiddetta variante Barduzzi che prevedeva per Porto Vecchio un uso funzionale o comunque legato alle attività portuali. Il sindaco Roberto Cosolini ha accennato invece alla possibilità di creare anche spazi residenziali. Siamo perciò preoccupati e dichiariamo contrarietà, con la nostra mozione, a questa eventualità, che rende necessaria una revisione del Piano regolatore». Cosolini ha subito spiegato che «è presto per valutare l'opportunità di adottare nuovi strumenti urbanistici dopo la sdemanializzazione, e il Piano regolatore va avanti così com'è. Non serve per ora una variante urbanistica. Sarà comunque il Consiglio a valutare se aprire o meno a insediamenti residenziali. Considero negativa – ha sottolineato il sindaco – l'ipotesi di orientarsi solo su residenzialità di alto livello e ritengo invece che l'area debba accogliere nuovi servizi per la città. In un contesto generale potrebbe anche essere inserita una nuova residenzialità, ma in una prospettiva di crescita del numero dei residenti». Il sindaco ha poi colto l'occasione per ribadire che «tutta la città sarà coinvolta nel processo decisionale» e che «gli esperti chiamati per esprimere un parere sulla nuova collocazione del Punto Franco sono esponenti dell'economia locale che vantano esperienza in materia». L'assessore Elena Marchigiani ha osservato che «lo sviluppo di Porto Vecchio implicherà la revisione di alcuni parametri, ma questo è un aspetto positivo, perché va visto nella prospettiva di un'integrazione delle nuove aree con la città». Alessia Rosolen e Franco Bandelli di Un'altra Trieste hanno presentato una mozione che chiede di «costituire un organismo per gestire il processo di sdemanializzazione». Di «istituzione di una commissione con funzioni di consulenza, controllo e vigilanza» parla una mozione presentata da Everest Bertoli, capogruppo di Forza Italia, mentre Paolo Rovis (Ncd-Pdl) ha chiesto «l'emanazione di una legge che riconosca la specificità del regime di Porto Franco di Trieste». I consiglieri di maggioranza Roberto Decarli, Patrick Karlsen e Cesare Cetin, hanno ricordato che furono loro, già nel 2012, a sollecitare la sdemanializzazione di Porto Vecchio.

Ugo Salvini

 

 

Processo Val Rosandra Il tecnico di S. Dorligo in aula con l’interprete
Il geometra Lovriha chiede e ottiene di poter deporre in sloveno - Giacomelli (FdI): «Spesi soldi pubblici». Il legale: «È un suo diritto»
La prima domanda, a Lovriha, l’altra mattina gliel’ha fatta direttamente il giudice Casavecchia. Non riguardava ciò che era accaduto nella primavera di tre anni fa lungo il Torrente Rosandra, ma mirava più che altro a “inquadrare” la situazione. «Ma lei, l’italiano, lo parla e lo capisce bene?». Non c’è stato bisogno di aspettare che l’interprete aprisse bocca. Il geometra sotto giuramento ha detto sì. «In questi giorni - ha tenuto a precisare ieri al telefono, dal suo ufficio nel Municipio di San Dorligo - si sta facendo molta confusione. Anche il giudice mi ha chiesto se so o non so l’italiano. Non è assolutamente vero che io non so l’italiano, mi sono semplicemente voluto avvalere di un diritto. Mi pareva coerente farlo, soprattutto dopo che con il mio avvocato avevo sollevato una serie di eccezioni per il fatto che gli atti dell’inchiesta che mi riguardavano avrebbero dovuto essere tradotti». «Non c’erano intenti polemici nella mia scelta», ha chiuso Lovriha. Il quale, ricorda più d’un presente all’udienza dell’altra mattina, in alcune occasioni s’è dovuto visibilmente trattenere nel rispondere, aspettando che l’interprete concludesse la sua traduzione, poiché, in fondo, la domanda l’aveva già ben che capita... (pi.ra.)di Piero Rauber Quando il funzionario d’un cosiddetto comune “minore” riesce là dove ci ha invece provato (invano) financo il presidente del Consiglio comunale del capoluogo di provincia. Qui è il contesto d’altronde, e non il ruolo, a fare la differenza. Entrambi “portavalori” orgogliosi della minoranza slovena di cui fanno parte, mentre Iztok Furlanic ha rispolverato addirittura le truppe di Tito che «liberarono» la città nel ’45 motivando il proprio tentativo d’introdurre il bilinguismo nelle sedute d’aula di piazza Unità (e scatenando il finimondo nella “sensibile” Trieste di frontiera), al tecnico dell’ente “piccolo” non è servito agitare i fantasmi del passato per pretendere, e ottenere, l’interprete sloveno per la sua deposizione a un processo. E che processo: quello per la “rasata” della Val Rosandra. Al geometra Mitja Lovriha, caposervizio dell’area Lavori pubblici, Ambiente e Cultura del Comune di San Dorligo, è stato in effetti sufficiente “appellarsi” al diritto. Una mossa tecnicamente ineccepibile, ma nel contempo passibile d’interpretazioni e polemiche dei giorni dopo. L’altra mattina, davanti al giudice Marco Casavecchia, era in agenda proprio la prima udienza del 2015 del processo sulla Val Rosandra. Il cuore di tale udienza era, per l’appunto, l’atteso esame di Lovriha, come teste e non come imputato (nell’autunno scorso infatti il gup Laura Barresi aveva disposto il non luogo a procedere nei suoi confronti). E le attese della vigilia non sono andate a farsi benedire, né nel merito (come si può leggere sotto, ndr) né nel metodo. Nel metodo, in particolare, il geometra del Comune di San Dorligo ha potuto rispondere alle domande rivoltegli dapprima dal pm Antonio Miggiani e dall’avvocato Alessandro Giadrossi per il Wwf (costituitosi parte civile) e poi dagli avvocati delle difese (si faccia riferimento sempre all’articolo in basso, ndr) esclusivamente in lingua slovena, facendosi tradurre in “presa diretta” le domande da un’interprete, la quale poi “ritrasformava” le dichiarazioni di Lovriha in italiano a beneficio del resto dei presenti. Il tutto mentre un’altra interprete, accanto al giudice, prendeva nota, a garanzia della correttezza delle traduzioni a fini squisitamente giuridici. Un’ora e mezza la durata di una deposizione che, c’è da scommetterci, avrà strappato pure una lacrima d’orgoglio al professor Samo Pahor, ad esempio. Sì perché la notizia del funzionario di un comune italiano che in un tribunale italiano si fa “interrogare” avvalendosi dell’interprete sloveno (gli altri precedenti “testi” del processo venuti da San Dorligo hanno parlato in italiano, dall’ex sindaco Fulvia Premolin al suo vice Antonio Ghersinich, compresi i “capi” della Comunella di Bagnoli) ha fatto il giro del Foro. Ben presto, tra gli altri, l’ha saputa anche Claudio Giacomelli, avvocato nonché coordinatore locale di Fratelli d’Italia. «Ci sono due possibilità. La prima - ha ironizzato su Fb Giacomelli - è che davvero questo dirigente non parli bene l’italiano e capisca perfettamente solo lo sloveno, ma allora mi domando come possa svolgere la sua funzione pubblica in Italia, e come abbia fatto a vincere il concorso. La seconda è che parli perfettamente la lingua italiana, ma allora perché il bisogno di chiamare una traduttrice che, detto per inciso, paghiamo con soldi pubblici?». «Stiamo parlando - ha spiegato ieri l’avvocato Andrea Frassini, legale di Lovriha - di un diritto costituzionalmente garantito. Avevo già sollevato il difetto procedurale della mancata traduzione in sloveno del decreto di fissazione dell’udienza preliminare e della relativa imputazione, quando il mio assistito era sotto inchiesta, poi avevo rieccepito la mancata traduzione di una perizia in cui lui veniva chiamato in causa. Il geometra Lovriha ha dunque deposto in lingua slovena coerentemente con quanto è stato fatto in precedenza nell’ambito della sua difesa».

 

«Richiesta del Comune scritta sotto dettatura»
La deposizione bilingue chiama in causa il funzionario della Protezione civile Morettin, uno degli imputati
Quella del geometra di San Dorligo - l’ex indagato diventato “teste” al pari dell’allora sindaco Premolin e del vice Ghersinich - era una deposizione attesa. C’era la sua firma d’altronde sulla lettera di fine gennaio 2012 in cui l’amministrazione Premolin chiedeva “aiuto” alla Protezione civile regionale, definendo urgente lo sfalcio del Torrente Rosandra affinché la vegetazione, in caso di piogge insistente, non lo facesse straripare. Ebbene, Lovriha ha raccontato in sostanza d’aver scritto, e poi firmato quella carta che sarebbe poi partita alla volta del quartier generale della stessa Protezione civile regionale, sotto dettatura telefonica, pur condividendone i contenuti. Insomma: la lettera del geometra di Dolina che avrebbe innescato l’intervento di fine marzo “sul campo” - per cui sono a processo per presunto disastro ambientale l’ex vicegovernatore Luca Ciriani nonché il capo, la funzionaria e il tecnico della Protezione civile regionale Guglielmo Berlasso, Cristina Trocca e Adriano Morettin - secondo la versione dello stesso Lovriha era farina del suo sacco nella sostanza, ma non nella forma. Di quest’ultima, della forma s’intende, se ne sarebbe occupato proprio Morettin, posto che Lovriha ha dichiarato davanti al giudice che a dettargli le cose da scrivere era stato appunto Morettin. «Fa specie - così l’avvocato Caterina Belletti, che assiste Ciriani - che un funzionario riferisca d’aver sottoscritto un documento asseritamente dettatogli da un altro funzionario in lingua italiana, mentre in Tribunale ha chiesto l’interprete di lingua slovena. Credo poi che il “teste” abbia dato versioni differenti, ma aspetto di esaminare le trascrizioni. Ad ogni modo, anche da questa testimonianza, vi è la chiarezza sulla necessità e l’urgenza dell’intervento, giudicato appunto urgente dal “teste” medesimo». «Nel controesame delle difese dopo che in occasione dell’esame di pm e parte civile aveva dichiarato di aver scritto sotto dettatura e di non aver fatto sopralluoghi nonostante le mappe da lui firmate - il rilievo dell’avvocato Luca Ponti, difensore di Berlasso - il geometra Lovriha ha precisato comunque di aver scritto secondo verità, condividendo per l’appunto l’urgenza del taglio, oltre ad aver puntualizzato di non aver fatto sopralluoghi perché lui quei luoghi li conosceva molto bene». «Non si può parlare di vera e propria dettatura con punti e virgola - ancora l’avvocato Andrea Frassini, il legale di Lovriha - ma piuttosto di una dettatura veloce per determinate diciture tecniche da parte del funzionario di un organo superiore, di cui lui si fidava, che gli ha fatto presente come, affinché quella lettera fosse corretta, dovessero essere inserite certe precise espressioni». «La deposizione del geometra Lovriha non trova rispondenza nelle evidenze istruttorie, oltre a risultare illogica», la chiosa dell’avvocato Paolo Pacileo, il difensore di Morettin.

(pi.ra.)

 

 

Sissa assediata dai cinghiali - Il parco diventa a rischio
Una circolare della sicurezza dell’Istituto scientifico spiega come ci si deve comportare in caso di antipatici incontri ravvicinati con i suini selvatici
«Warning: Wild Boars». Neppure la scienza può molto contro i cinghiali. L’avvertimento, in italiano e in inglese, è stato diramato alla vigilia di Natale dal direttore della Sissa Guido Martinelli. La Scuola internazionale superiore di studi avanzati, da quando nel 2010 si è trasferita all’ex ospedale Santorio, è assediata dai cinghiali. Tanto che per un certo periodo è stato interdetto il campus della Sissa, l’ex parco dell’ospedale di via Bonomea, sotto l’obelisco. Dieci ettari di verde, immersi nella vegetazione incontaminata del Carso italiano, dove è possibile, come si legge sul sito, «fare bellissime passeggiate e godere della meravigliosa vista su Trieste e il suo golfo». «Cari tutti, dopo aver analizzato la situazione relativa alla sicurezza causata dalla presenza di cinghiali nel parco e nel giardino della Scuola e sentita la Provincia, responsabile del servizio prevenzione e Protezione, vi informiamo che è di nuovo possibile praticare gli spazi del comprensorio della Sissa prestando però estrema attenzione: in caso di incontri, si raccomanda di attenersi alle linee guida indicate nella brochure della provincia. Si prega inoltre di segnalare eventuali avvistamenti a direzione.amministrativa@sissa.it» scrive nell’email inviata a tutti i frequentatori del parco, studenti, ricercatori, professori e anche cittadini mettendo in guardia rispetto a possibili incontri ravvicinati con un “sus scrofa”. Il campus della Sissa, infatti, è un parco pubblico (aperto d’inverno dalle 9 alle 16.30 e d’estate dalle 9 alle 18), che comprende anche un giardino all'italiana con fontane, panchine e tavoli dove si può studiare o rilassarsi, e un bosco con percorsi segnati per piacevoli passeggiate nella natura. Dal 2012, nel giardino si trovano delle opere interattive sulla fisica del suono oltre a un teatro all'aperto che può ospitare eventi pubblici, da concerti a conferenze. Il direttore aveva prima di Natale espressamente vietato a tutti i membri della Sissa di entrare all’interno del Parco a titolo precauzionale a seguito sembra di alcuni avvistamenti. Nell’area si sarebbero insediati diversi cinghiali arrivati dall’esterno. A fine marzo, tra l’altro, fu scoperta un’intera cucciolata di cinghiali a non più di 3 metri dalla palazzina di Sissa Medialab (esiste in rete anche un video dei cinghialini made in Sissa) Nessun incontro ravvicinato. Nessuno si è fatto male con i cinghiali anche se rimane la massima allerta. «È un provvedimento precauzionale. Non possiamo fare molto. Si tratta di un evento eccezionale come un terremoto. Possiamo solo dire come comportarsi. Non sappiamo neppure quanti sono. L’ultimo avvistamento risale alla scorsa settimana. Qualcuno li ha visti attraversare la strada, probabilmente provenivano dalla Napoleonica» - spiega Tullio Bigiarini, responsabile della sicurezza della Sissa - Il parco è aperto anche per la popolazione. Quindi questi avvisi sono stati messi in giro anche per i triestini. Purtroppo dobbiamo fare i conti con la presenza dei cinghiali». Cosa si deve fare allora quando se ne incontra uno? «Meglio evitare incontri ravvicinati» si legge, visto che i cinghiali possiedono una potente mascella con lunghi e affilati canini. Quindi? «È sempre prudente mantenersi ad una distanza di sicurezza tale da non innervosire l’animale - continuano le istruzioni -. Nel caso d’incontri ravvicinati non serve scappare di corsa ma è meglio allontanarsi con lentezza e attendere che sia l’animale stesso a spostarsi». Darsela a gambe, magari alla velocità della luce, non sarebbe una buona idea.

Fabio Dorigo

 

Attenzione può mordere

«Il cinghiale generalmente non è pericoloso per le persone ma, se si trova in trappola e non riesce ad allontanarsi, se è ferito o se una femmina avverte un pericolo per i suoi piccoli, allora può manifestare la sua aggressività.

Tale comportamento di solito si esplicita con un paio di passi rapidi in direzione della persona che lo minaccia, emettendo qualche grugnito e rizzando i lunghi e rigidi peli della schiena. Generalmente si tratta di avvertimenti per allontanare l’intruso e se ignorati, l’animale può aggredire con qualche morso più o meno deciso. I casi di persone ferite senza provocazione sono comunque molto rari. Va tuttavia tenuto presente che possiedono una dentatura assai robusta, temibile negli adulti, caratterizzata dalla presenza di lunghi ed affilati canini, sporgenti e ricurvi in forma di “zanne”». Sono alcune delle istruzioni contenute nella guida della Provincia di Trieste.

 

 

ENERGIA - Gazprom: gas a rischio in Europa
Il colosso russo Gazprom ha stimato che le forniture di gas all'Ue via Ucraina rischiano sempre di essere perturbate quest'inverno nonostante l'accordo provvisorio raggiunto fra Mosca e Kiev: «Le riserve di gas negli stoccaggi sono nettamente diminuite» ha detto il numero uno del gruppo russo, Alexei Miller.

 

 

Rifiuti, sotto tiro il pasticcio del Sistri - Confartigianato

«Hanno sospeso l’operatività ma non il pagamento del canone». Lo denuncia Confartigianato Fvg, evidenziando l’ennesimo pasticcio all’italiana su un provvedimento, quello che istituisce il Sistri (un sistema di controllo per il trasporto dei rifiuti), che è diventata ormai una barzelletta. «Se il governo ha compreso l’inutilità di questo sistema, non obbligando più le imprese a servirsene, non rinuncia, però, a pretendere i soldi dalle imprese a fronte di un servizio inesistente» denuncia Confartigianato Fvg, sollecitando «una proroga complessiva per operatività e pagamenti».

 

 

Treni dei pendolari, arriva la proroga
Accordo da 40 milioni tra Regione e Trenitalia in attesa della gara. A fine mese la società incontrerà i comitati sui disservizi
TRIESTE Pronta la proroga del contratto tra Regione e Trenitalia per il trasporto dei pendolari in Friuli Venezia Giulia. Ieri l’assessore alle Infrastrutture Mariagrazia Santoro ha incontrato a Roma il neo direttore della Divisione passeggeri della società, Orazio Iacono. L’intesa, che vale complessivamente oltre 40 milioni di euro annui e che era scaduta lo scorso 31 dicembre, consentirà alla giunta Serracchiani di assicurare il servizio per i prossimi mesi, in attesa dell’affidamento al gestore unico con il nuovo bando di gara europeo per il Tpl su ferro. «Durante la riunione abbiamo definito gli ultimi dettagli del documento», fa sapere Santoro a fine giornata. Da Trenitalia, come rende noto l’assessore, anche garanzie di maggior impegno con gli utenti per alzare il livello di qualità e arginare il più possibile soppressioni e ritardi, oltre che a offrire una comunicazione più puntuale su arrivi, partenze o eventuali cambi di orari. «Ci attendiamo condizioni più adeguate – ha spiegato Santoro – perché i numerosi disservizi segnalati e che abbiamo riportato ai vertici non sono stati ritenuti più accettabili». Sono oltre 20 mila i passeggeri che, in tutto il Friuli Venezia Giulia, si muovono quotidianamente in treno. Una svolta nei servizi è attesa da tempo. Con il cambio di dirigenza in Trenitalia l’assessore auspica innanzitutto «un nuovo corso» nelle relazioni con i cittadini. Il primo passo tra pochi giorni, con il faccia a faccia programmato per 30 gennaio nella sede della Regione a Udine tra la società, Rfi e i comitati. «Sarà presente pure il neo direttore – anticipa l’assessore – perché la soddisfazione di tutta l’utenza deve diventare uno degli elementi portanti dell’intero servizio ferroviario in Friuli Venezia Giulia, che deve essere migliorato». Si avvia a una soluzione pure l’annosa questione degli otto elettrotreni Caf-Civity che la Regione aveva acquistato nel 2012. Un’operazione da 48 milioni di euro per le casse pubbliche che, al momento, non ha portato alcun beneficio per i viaggiatori: i mezzi, ancora sottoposti alle procedure di collaudo tecnico da quanto si è saputo, non sono stati mai utilizzati. Il tema è stato posto con forza proprio da Santoro nel corso della riunione di ieri a Roma con il direttore Iacono. «Su questo punto Trenitalia attuerà tutte le possibili azioni che contengano le tempistiche delle fasi rimanenti alla messa in circolazione dei mezzi», rileva l’esponente dell’esecutivo. Dopo l’omologazione, stando a quanto si sono detti ieri le due parti, la società dovrà prendere subito in carico i convogli e li impiegherà per i trasporti quotidiani all’interno della rete regionale. «Ci sarà una collaborazione concreta tra Trenitalie e Rfi, per quanto di competenza – afferma sempre l’assessore – affinché le prove che si rendono necessarie continuino nel modo più spedito possibile. Si deve accelerare». Santoro, in giornata, ha preso parte anche alla commissione Infrastrutture delle Regioni nella sede romana della Basilicata: al centro soprattutto le normative nazionali sul trasporto pubblico, compreso il piano aeroporti «in cui – rimarca la responsabile dei trasporti della giunta – si conferma la vocazione nazionale dello scalo di Ronchi dei Legionari. Siamo presenti nei tavoli che contano dove si prendono le grandi decisioni».

Gianpaolo Sarti

 

 

Educazione ambientale a scuola obbligatoria da settembre

Mini rivoluzione sui banchi di scuola: l’educazione ambientale diventa materia obbligatoria, dalla materna alla secondaria superiore, dall’anno prossimo.

Dal riciclo dei rifiuti alla tutela del mare e del territorio, dalla tutela della biodiversità all’alimentazione sostenibile, i temi ambientali entreranno in aula durante l’insegnamento di altre materie, come geografia, scienza, arte, in attesa di imporsi con un’ora strutturale tutta per loro.

 

 

 

 

SLOWFOOD.it - MERCOLEDI', 14 gennaio 2015

 

 

Contadini Usa lasciano gli Ogm

Già dallo scorso novembre gli ordini di sementi non modificate geneticamente erano molto più alti rispetto al 2013. Un'inversione di tendenza.
Mentre in Europa ancora non abbiamo le idee chiare sugli Ogm – e le ultime svolte legislative ancora lasciano troppo spazio ai capricci multinazionali – cresce il numero di contadini negli Stati Uniti che sta valutando di piantare mais e soia non geneticamente modificati e di coltivare in regime biologico. Una combinazione di fattori, tra cui il più alto costo delle coltivazioni gm e il fallimento delle promesse transgeniche, il prezzo basso a cui si vendono le granaglie in genere e il mercato sempre più orientato verso prodotti Ogm free se non bio, stanno spingendo molti coltivatori a intraprendere questa strada.
La conferma, secondo quanto riportato da organicconnectmag.com, arriva dai rivenditori di semi in Illinois e Minnesota: già a partire dallo scorso novembre gli ordini di sementi non modificate geneticamente erano molto più alti rispetto al 2013, e per la soia si parla di un aumento del 50%, una tendenza inversa rispetto a quella degli ultimi 5 anni.
Dunque, perché i contadini stanno cambiando strada? Il primo motivo è sicuramente una faccenda di soldi: il calo dei prezzi dei cereali, al momento molto bassi, invita a produzioni più remunerative che rispondono alle nuove esigenze di mercato. Insomma, in tanti hanno capito che la qualità paga e l’idea di guadagnare qualche dollaro in più con una produzione specifica gradita dal mercato sembra a tutti una buona opportunità. A ciò si aggiunge la delusione circa le promesse non mantenute dalle colture transgeniche (le infestanti imperano e aumenta anche la resistenza degli insetti) e il fatto che in tanti si siano stufati di pagare per i brevetti.
Ma c’è altro: secondo un recente articolo del Des Moines Register i bassi prezzi di vendita dei cereali hi-tech stanno spingendo molti contadini verso il biologico: al di là degli aspetti economici che sono tutt’altro che trascurabili, questo tipo di produzione assicura benefici alle famiglie contadine e alle comunità rurali (ne abbiamo parlato in dettaglio qui). Lo conferma anche il fatto la forte ascesa del comparto bio a stelle e strisce: le previsioni indicano una crescita di oltre il 15% sui 32 miliardi di dollari del 2014. Tutti i giganti dell’american food, da Wal-Mart a Target fino a General Mills si stanno ingegnando per avere una propria offerta di cibo bio e addirittura McDonald’s ha recentemente preso in considerazione questa opzione…
A cura di Elisa Virgillito -
e.virgillito@slowfood.it - Fonte: organicconnectmag.com
 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 14 gennaio 2015

 

 

Meno morti sulle strade - Pedoni sempre “a rischio” - gli incidenti stradali a Trieste
La “fotografia” della polizia locale: si torna ai minimi storici di incidenti mortali dopo l’inquietante rialzo dell’anno precedente. Casi con feriti dimezzati dal 2001
L’inquietante rialzo del 2013 si è rivelato, alla prova dei numeri, estemporaneo. Il conto degli incidenti mortali di cui si sono dovuti occupare i vigili urbani nel corso dell’anno appena finito, in effetti, ridiscende ai minimi storici, pareggiando così la statistica del 2012, quando le persone che ci rimisero la vita, sulle strade di Trieste, furono quattro. Dai quattro decessi del 2012 ai quattro del 2014, dunque, passando per i 12 (su 11 incidenti) del (più) tragico 2013. L’anno andato in archivio due settimane fa, insomma, torna a essere meno sinistro, rientrando nei ranghi di una tendenza al ribasso, tanto degli incidenti in generale quanto, più nello specifico, di quelli con feriti, se non peggio. Una tendenza figlia, indiscutibilmente, di maggiore cultura, sensibilità, coscienza, prevenzione. La ridiscesa ai minimi in fatto di morti, abbinata alla prosecuzione della riduzione dei sinistri, è il soggetto principe della fotografia sugli incidenti stradali del 2014 a Trieste, di cui ieri in Municipio hanno dato conto la vicesindaco con delega alla Polizia locale Fabiana Martini e il comandante della stessa Polizia locale Sergio Abbate. Una fotografia che, è bene chiarirlo, non è lo spaccato perfetto, al 100%, di ciò che è successo l’anno scorso (se è vero che dei rilievi di legge si possono al caso occupare altri Corpi di sicurezza, come le vicine Municipali, la Polstrada o i Carabinieri) però ci va molto vicino, è quasi sovrapponibile alla realtà dei fatti posto che - così ha ricordato Abbate - proprio i vigili urbani agli ordini del Comune capoluogo eseguono «oltre il 90%» degli interventi sul territorio provinciale e «circa il 95%» di quelli nei confini del capoluogo medesimo. Il report presentato ieri parla di 1.814 incidenti stradali catalogati nel 2014 dai vigili comandati da Abbate. Più o meno il totale del 2013 (rispetto al quale si può constatare una lieve crescita dei casi con soli danni, senza feriti, che l’anno passato sono stati, per la precisione, 1.244). Più o meno la metà del 2001, quando si erano contati oltre 3.500 sinistri complessivi. La proporzione all’ingiù a lungo termine è rispettata anche restringendo il campo ai sinistri con feriti, dove al 50% abbondante in meno in confronto all’inizio degli anni Duemila: nel 2001 ne erano stati certificati 1.160, nel 2014 sono stati 566. Restando al terzo millennio, l’andamento statistico degli incidenti mortali mostra sì una generale discesa, ma più contrastata, a mo’ di grafico di mercato azionario, e meno armonica e lineare rispetto al totale dei sinistri. Non va dimenticato, comunque, è l’osservazione di Abbate, che voltandosi indietro agli «anni ’70 e ’80», ad esempio, i dati della municipale potevano toccare i «30, 40, 50 decessi l’anno». Ma chi è che purtoppo muore, limitandoci ai giorni d’oggi, sulle strade di Trieste? Negli ultimi quattro anni, recita una delle schede del report, tra le 26 vittime dei 25 incidenti mortali di cui si sono occupati i vigili (in uno del 2013, appunto, sono morti due giovani su una moto sbandata in Costiera) non compaiono automobilisti o passeggeri d’auto. La peggio ce l’hanno, nei due terzi dei casi, i pedoni: 16, otto uomini e altrettante donne, età media 78 anni, hanno pagato con la vita tra il 2011 e il 2014 altrettanti investimenti, sette avvenuti sulle strisce e altri sette fuori (due episodi non sono etichettabili in queste due casistiche). Gli altri dieci decessi dell’ultimo quadriennio (causati in un solo caso da uno scontro con altri mezzi) hanno riguardato altri cosiddetti «utenti deboli della strada»: un ciclista e otto centauri (tutti uomini, età media 42) più una ragazza di 23 anni che è morta come si è detto in seguito allo sbandamento in Costiera della moto guidata dal suo compagno, il quale a sua volta ci ha rimesso la vita.

Piero Rauber

 

FIAB ULISSE - Incontro dedicato alle bici elettriche

Giovedì 22 gennaio alle 18.30 al Knulp in via Madonna del Mare 7/a la Fiab Trieste Ulisse, associazione di cicloturisti e ciclisti urbani, organizza un incontro su qualità e utilizzo delle bici a pedalata assistita, cioè bici dotate di un piccolo motore elettrico che si può attivare quando si pedala per rendere lo sforzo minore. Si parlerà di questo mezzo di trasporto anche in relazione alla specifica situazione orografica di Trieste.

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 14 gennaio 2015

 

La Comunella di Duino contro i limiti alle Falesie
Raccolta di firme per fare abolire tre norme del nuovo regolamento della Riserva che vieterebbero il nuoto, la pesca sportiva d’inverno e l’ormeggio nella zona

DUINO AURISINA La Comunella di Duino dichiara guerra al nuovo regolamento della Riserva regionale delle Falesie. O meglio, a tre sue prescrizioni, che riguardano le limitazioni al nuoto e all’uso della canoa sotto costa e alla possibilità di ancoraggio solo con autorizzazione in tasca. Già oltre 200 le firme raccolte in una manciata di giorni. «Perché vogliono toglierci anche questo? Noi amiamo gli animali ma qui pare che a subire le maggiori restrizioni sia l'essere umano – protesta il presidente Vladimiro Mervic, che reputa il testo “illogico e incoerente”, mentre approva la creazione della Riserva -. Si vuole colpire la nostra gente, la povera gente, che con poca spesa gioisce in mezzo alla natura. E pure i turisti». La Comunella di Duino, con alcuni soci, ha iniziato lo scorso week-end a raccogliere firme contro tre precise norme del prospettato regolamento della Riserva delle Falesie, che si avvia a conclusione di un iter atteso dal '96. «Le regole cui intendiamo opporci con tutta la nostra forza – prosegue Mervic - sono in primis quella che proibisce a chiunque di nuotare entro i 60 metri dalla costa, poi quella, che nella stessa fascia, proibisce a imbarcazioni a remi, canoe e kayak di entrarvi, e infine la norma che “discrimina” i turisti desiderosi di ancorarsi al largo delle Falesie coi loro natanti». La petizione, per il presidente della Comunella, procede «spedita e con successo», pur limitata per ora a Duino. «Ma quanto prima ci organizzeremo per estenderla ai paesi limitrofi ed eventualmente alle società nautico-sportive - aggiunge -. Noi consideriamo queste norme liberticide e illogiche, in quanto proibiscono alla nostra gente e ai patiti del mare di fare ciò che hanno sempre fatto, senza mai arrecare danni. Quale fastidio può causare la decina di nuotatori al giorno che, d'estate, lì transita? O ancora: che problema possono provocare i pochi pescasportivi che d'inverno praticano attività in quel tratto di mare? E perché noi, informati di queste assurdità, muniti di permesso comunale, avremmo il diritto di ancorarci, mentre un ignaro turista che decidesse di affiancare la propria imbarcazione alle altre, in possesso di permesso, rischierebbe una contravvenzione da 3mila euro? Se arrivasse da Lignano, Pirano o Parenzo chi lo avvertirebbe che è un “discriminato”, dunque senza i nostri privilegi, e che lì non può ormeggiare?». «Bisogna poi considerare – spiega Mervic – che le Falesie sono uno degli ultimi angoli frequentabili nel nostro specchio di mare. Tra le coltivazioni di mitili, gli ingressi ai vari porti, l'impossibilità a ormeggiare davanti alla Costa dei Barbari senza dover assistere a evoluzioni amatorie di ogni tipo, il continuo viavai di carboniere e forse in un futuro anche di gasiere, l'unico punto, assieme a Punta Sdobba, in cui si possa ammirare un panorama mozzafiato è proprio rappresentato dalle Falesie duinesi». «Anche se non abbiamo altre armi per contrastare questa insensatezza - conclude il presidente della Comunella -, oltre a quella d’informare le persone e raccogliere firme, proseguiremo con caparbietà. E non vogliamo che ci venga propinata la solita storiella del finanziamento europeo, con il quale le tre norme, anche se abrogate, non interferirebbero assolutamente. Ci auguriamo, invece, che prevalga il buon senso e si rivedano queste tre norme».

Tiziana Carpinelli

 

 

Verifiche sulle scuole a prova di rischio
Nel progetto di sperimentazione illustrato dal professor Panza coinvolti “Carli”, “Nautico” e “Nordio”
«I terremoti sono fenomeni naturali e non prevedibili con precisione. Non si possono evitare, ma ci si può difendere minimizzando i rischi. Fare prevenzione significa infatti prendere coscienza del problema e agire in modo da ridurre al minimo i danni che la sismicità può generare". Lo ha ribadito il sismologo Giuliano Panza, professore del Dipartimento di matematica e geoscienze dell'Università di Trieste, in occasione della presentazione del progetto "Scuole a prova di sisma". Grazie al contributo regionale di 40mila euro, è stato avviato dalla Provincia di Trieste in collaborazione con l'ateneo. L'obiettivo? Innalzare gli standard di sicurezza degli edifici scolastici attraverso una valutazione della loro pericolosità, effettuando cioè verifiche sismiche con il nuovo metodo sviluppato dal team internazionale del professor Panza. Il metodo, noto con l'acronimo Ndsha (Neo-deterministic seismic hazard assessment), si basa sulla caratterizzazione geotecnica del suolo, l'analisi vibrometrica e il calcolo della sollecitazione sismica. «Un metodo nuovo, da affiancare a quelli tradizionali, che può garantire la migliore allocazione delle risorse pubbliche nell'individuare gli interventi correttivi necessari per evitare danni alle persone quando c'è un terremoto», ha sottolineato l'assessore provinciale al patrimonio e edilizia scolastica Mariella Magistri De Francesco. Oltre a Palazzo Galatti, sono stati sottoposti a verifica i due edifici scolastici che ospitano gli istituti Carli e Nautico e il Nordio, ma l'analisi proseguirà su tutto il patrimonio scolastico gestito dalla Provincia: le scuole di istruzione secondaria superiore. L'intento è caratterizzare la pericolosità sismica di ogni edificio in base alle caratteristiche del sottosuolo e al peggior terremoto prefigurabile della zona, per adottare di conseguenza le migliori scelte progettuali necessarie a garantirne l'adeguamento strutturale. Per far sì, cioè, che siano adeguati in modo tale da resistere a eventuali futuri forti terremoti. Il metodo può essere applicato su scala nazionale, per microzonazioni e studi di dettaglio. «E ha riscosso grande interesse in India (Gujarat), dove si vuole procedere a un'attenta analisi del rischio sismico per una corretta gestione del territorio. E l'esperienza maturata dalla Provincia di Trieste può essere di riferimento per le amministrazioni locali indiane», conclude Panza. Per l’Università e in generale per gli Istituti di ricerca impegnati in questo campo la sperimentazione del metodo su casi reali di primario interesse per gli Enti proprietari o comunque gestori di immobili e in generale per la pubblica amministrazione rappresenta il modo migliore per la validazione e la conferma sul piano scientifico del metodo stesso.

 

 

Ogm, sì alla libertà di scelta per gli Stati Ue
STRASBURGO Dopo quattro anni di negoziati, gli Stati membri dell’Unione europea hanno raggiunto l’obiettivo di poter scegliere se limitare o vietare la coltivazione di organismi geneticamente modificati (Ogm) sul proprio territorio nazionale. A segnare una tappa chiave della nuova normativa il voto finale dell’Europarlamento, che con una solida maggioranza ha messo il sigillo all’accordo dello scorso dicembre fra le istituzioni Ue. Ora mancano solo l’imprimatur del Consiglio e la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale Ue, poi toccherà a ogni Paese, in primavera, recepire le nuove regole. L’agenda ha voluto che il voto arrivasse il giorno in cui si tirano le somme del semestre di presidenza italiana dei 28. E un accordo sullo spinoso dossier Ogm «non era scontato» fa notare il ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina, a cui segue a ruota il tweet del ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, secondo cui questa direttiva costituisce un «grande risultato» per l’Italia. «Fino a pochi mesi fa eravamo in una situazione di stallo» ricorda Frederique Ries, la relatrice liberale belga dell’Europarlamento, che forte di 480 voti a favore attacca i 159 contrari, leggi pentastellati e verdi, giudicati «non credibili» perché avrebbero mantenuto uno status quo «inaccettabile», dove un Paese che vuole essere “Ogm free” finisce di fronte alla Corte di giustizia Ue. Oggi sono nove i Paesi, come l’Italia, che hanno bandito la coltivazione del mais MON810, l’unica coltura alimentare consentita in Europa, mentre sono cinque Paesi Ue e sopra tutti la Spagna, a coltivarlo.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 13 gennaio 2015

 

 

Museo del mare, il Comune punta sul Magazzino 26

Dopo l’avvio dell’iter di sdemanializzazione, al vaglio l’idea di trasferire la struttura in una parte dell’hangar. Il nodo della mostra del Lloyd Triestino
IL SINDACO COSOLINI - da affrontare il riordino dell’intero polo culturale dedicato al mare nell’ambito della riorganizzazione generale del sistema

L’ASSESSORE TASSINARI - Situazione fluida, quello dei tempi è uno dei fattori-chiave: nel 2015 l’esposizione dell’archivio della società di navigazione
Mentre ancora era in restauro - un restauro costato quasi 16 milioni di euro - le destinazioni d’uso alle quali si pensava erano molteplici: scuole, centri direzionali, uffici, cantieri navali, foresterie... Non se ne è mai fatto nulla, e il Magazzino 26 di Porto Vecchio, il secondo più grande silos portuale d’Europa con i suoi 32mila metri quadrati su quattro piani d’altezza, da simbolo della rinascita dell’area con la Biennale d’arte diffusa usata nel 2011 come cavallo di Troia, è diventato simbolo di un futuro congelato. Ma ora che l’iter per la sdemanializzazione dello scalo antico si è messo in moto, potrebbe essere quello lo spazio in cui incrociare le esigenze di un Museo del mare assolutamente bisognoso di nuovi spazi espositivi per la collezione del Lloyd Triestino, con l’opportunità di inserire un tassello in un polo museale già enucleato con la Centrale idrodinamica e la Sottostazione elettrica. Nell’ultima seduta della giunta comunale si è discusso di questa soluzione, da attivare nell’ambito dell’irrisolto puzzle dei contenitori culturali cittadini. «È inevitabile - dice il sindaco Roberto Cosolini - che alla luce delle novità su Porto Vecchio si affronti il problema di una ricomposizione strategica dell’intero polo museale culturale dedicato al mare; e considerata la valenza dell’area quale luogo simbolo del rapporto forte tra città e mare, avvieremo una riflessione nell’ambito di quella che è una delle priorità dell’assessorato alla Cultura, cioè la riorganizzazione del sistema museale nel suo insieme». A Cosolini piacerebbe vedere cantierato l’allestimento del 26 entro il primo scorcio del 2016 (e prima delle elezioni amministrative, va da sé). Ma i fattori da valutare, interviene l’assessore alla Cultura Paolo Tassinari che ha ora il compito di valutare le opzioni in ballo, sono più d’uno. Perché su un punto Tassinari è fermo: per la mostra della collezione del Lloyd Triestino, un tesoretto da 6.200 pezzi inventariati e catalogati in attesa di esposizione, l’orizzonte deve essere il 2015. E allora, «mentre finora il fattore-chiave era quello degli spazi, ora diventa quello dei tempi possibili e realistici». Tassinari - e la stessa posizione ha espresso da tempo il direttore dei Musei scientifici Nicola Bressi - preferirebbe evitare di allestire una mostra temporanea della collezione del Lloyd Triestino per poi dover riporre, anche se temporaneamente, i materiali in magazzino. O se la soluzione fosse questa, dovrebbe trattarsi di un costo da mettere a investimento. Una mostra al 26 quale primo nucleo di esposizione museale permanente, dunque. Anche se «stiamo valutando più possibilità», precisa Tassinari, tenendo presente peraltro che il Magazzino all’interno «è restaurato per un terzo». Vanno incrociati insomma tempi, costi e un iter amministrativo-giuridico di passaggio delle aree al Comune che resta tutto da definire. «La situazione è di fluidità estrema: dovremo prendere una decisione entro l’inizio della primavera», dice Tassinari che non scarta, non ancora, l’ipotesi di un Museo del mare destinato a rimanere in Campo Marzio, ma con una superficie ampliata per accogliere anche la collezione del Lloyd. Naturalmente quella del Magazzino 26 è un’ipotesi cui il direttore dei Musei scientifici guarda con entusiasmo: «Calcoli tutti da fare, è ovvio, ma credo che tremila metri quadrati per una prima parte dell’esposizione museale dovrebbero bastare, senza contare che ci sarebbe poi modo di espanderci in seguito con tutti i servizi che oggi, in tutto il mondo, sono una componente fondamentale dei musei, dal bookshop alle sale didattiche. La mostra del Lloyd? In 6-9 mesi è pronta». I tempi insomma per non oltrepassare l’anno in corso ci sono. Ad ogni modo la decisione sul Museo del mare comporterà un effetto-domino. L’immobile attiguo al Mercato ortofrutticolo può rientrare nella partita della cessione dell’ex caserma Vittorio Emanuele III di via Rossetti dal Demanio alla Cassa depositi e prestiti. In questa operazione che prevede per legge una “premialità”, il Comune era intenzionato ad acquisire proprio l’edificio di via di Campo Marzio. Un’opzione che potrebbe essere abbandonata.

Paola Bolis

 

Un “tesoro” già interamente catalogato

Trasferito dalla Regione al Comune nel 2012, l’archivio del Lloyd Triestino è stato inventariato e catalogato.

Ma non esposto in una mostra dedicata, sebbene il sindaco Cosolini ne avesse auspicato una parziale rassegna già nel 2013. Rassegna poi rinviata al 2015, orizzonte temporale che l’assessore Paolo Tassinari non vuole superare. Senza escludere che la sede temporanea sia il Salone degli incanti. Tempo fa le liste civiche in Consiglio comunale avevano proposto di esporre il patrimonio nella galleria interna del Palazzo della Regione, già sede della compagnia di navigazione. Il materiale - dice il direttore dei Musei scientifici Nicola Bressi - è in via di totale digitalizzazione (e analogo lavoro è partito per la collezione del Museo del mare): «Abbiamo richieste da tutto il mondo, presto saremo pronti a mettere tutto in rete».

 

«Allontanati i volontari di Italia Nostra»
Perna: centrale idrodinamica aperta solo poche ore a settimana, nessuna spiegazione dall’Authority
Italia Nostra ha chiesto chiarimenti molte volte, dall’Autorità portuale nessuna risposta. È arrivata però in via informale la comunicazione che i volontari nel polo museale di Porto Vecchio non servono più. Via le dieci persone, via anche le tante altre - di più sodalizi - che organizzavano mostre e attività, garantendo l’apertura al pubblico ogni mattina (lunedì escluso). E anche se la sdemanializzazione potrà aprire nuove prospettive, a oggi la «desertificazione» è partita. «È volonta dell’Authotiry interdire l’accesso alla centrale dei volontari che ne garantivano l’afflusso quotidiano al pubblico, e affidarne l’apertura, ridotta a poche ore settimanali, ad alcuni funzionari che s’ignora quale competenza abbiano in materia». Così scrive il presidente provinciale di Italia Nostra Marcello Perna: «Si rifiuta senza spiegazioni una collaborazione che avrebbe consentito di garantire le visite giornaliere al polo, e si azzerano gli obiettivi culturali raggiunti oscurando il sito dell’Istituto di cultura marittimo portuale e creando il presupposto di una pressoché totale desertificazione dell’area». «Ci hanno mandato via - aggiunge a voce Perna - attraverso un’informazione data dal liquidatore» dell’Icmp, il commercialista Alessandro Merlo, «alla direttrice del polo museale Antonella Caroli». Eppure, già mesi fa Italia Nostra nazionale aveva assicurato la disponibilità a entrare nella Fondazione Icmp, con cui era stata stipulata una convenzione per consentire ai volontari di operare. In liquidazione l’Icmp, Italia Nostra si era detta pronta a subentrare. A fine novembre ha poi chiesto alla Torre del Lloyd di conoscere «il piano sulla futura gestione del polo museale», nonché la posizione rispetto «agli impegni presi con la Regione e con il ministero in relazione agli obblighi dettati dai fondi Ue per i restauri», costati (centrale idrodinamica e sottostazione elettrica) una dozzina di euro di fondi pubblici. Senza contare che l’Autority ha il «pieno obbligo di portare a compimento l’opera e mantenerla idonea ai fini per i quali è stata finanziata»: allestimento interno del museo, apertura della sottostazione (inaugurata e poi richiusa) e fruizione pubblica. Se è «rottura senza giusta causa della convenzione», Italia Nostra rilancia su possibili azioni legali. Anche se all’Authority al posto di Marina Monassi sta per arrivare Zeno D’Agostino: «Ci stiamo domandando - dice Perna - se convenga attendere di conoscere la posizione che assumerà il nuovo commissario».

 

 

L’inquietante “profezia” dell’anno più bollente - Il 2014 è stato il più torrido della storia con un autunno eccezionalmente caldo
«Ma è un dato ricorrente. Se diventerà la norma, grossi cambiamenti in Italia»

TRIESTE Secondo gli esperti tra qualche giorno tornerà il freddo ma il caldo quasi primaverile di questi giorni, con picchi di 26 gradi in Piemonte, pare in linea con quello dei mesi scorsi. Il 2014 è stato infatti un anno record. Secondo Carlo Carraro, professore di econometria e direttore del International Centre for Climate Governance (Iccg) «non ci sono dubbi che quello appena passato sia stato un anno eccezionale, i dati parlano chiaro». Secondo diversi centri studi l’anno scorso è stato il più caldo in assoluto negli ultimi due secoli (come afferma Isac-Cnr, vedi articolo a parte). Questo dato, preso singolarmente, non basta a destare preoccupazione, ma se inseriamo il 2014 nel contesto generale del riscaldamento del pianeta c’è la possibilità che sia soltanto un’anticipazione dei tempi a venire. Clima e meteo In particolare l’autunno 2014 è stato singolarmente caldo. «Le misurazioni indicano che è stato uno degli autunni più caldi nella storia della misurazione delle temperature, ovvero dalla fine del Settecento ad oggi», dice il professor Carraro. Di per sé è già una notizia, anche se il collegamento con il riscaldamento globale non è automatico: «Il legame fra eventi meteorologici e climatici è molto complesso: i dati climatici sono il risultato dell’accumularsi di quelli meteorologici, per cui è difficile stabilire quando i secondi derivano dai primi». Quello che sappiamo con certezza, precisa Carraro, «è che i cambiamenti climatici stanno portando ad autunni caldi sempre più frequenti: cento anni fa una stagione come quella del 2014 era un evento eccezionale e molto raro. Nei prossimi anni saranno sempre più frequenti». Cambiamenti in arrivo Il segnale del cambiamento climatico, quindi, consiste proprio in questo passaggio a norma degli eventi eccezionali. E negli ultimi anni gli autunni caldi sono stati un fatto ricorrente. «Se questa diventerà la norma - dice Carraro - cambieranno molte cose». Abbiamo già toccato con mano alcune ripercussioni: «Se si parla con gli agricoltori che conoscono da vicino la realtà dei nostri territori si ottengono molte conferme: fenomeni di fioritura prematura e produzioni agricole precoci stanno già avvenendo anche in Italia». La frequenza delle precipitazioni è una prova ulteriore: «Le piogge intense sono ormai la regola - prosegue lo studioso -, negli ultimi anni le abbiamo viste più volte in azione tanto nel Nordest quanto sulla costa tirrenica, con gli effetti che conosciamo». In futuro vedremo altri fenomeni come ad esempio precipitazioni nevose più rare o ad altitudini più elevate. Gli effetti sociali «Ma non dobbiamo essere troppo italocentrici - dice l’esperto -. Nel Nord Europa ad esempio gli effetti non saranno così drammatici. In aree di cerniera l’impatto sarà invece molto forte: il sud del Mediterraneo soffrirà scarsità di risorse idriche, siccità frequenti, calo della produzione agricola». Cambiamenti ambientali che porteranno a conseguenze sociali, come l’aumento dei flussi migratori. La conferenza di Lima La ventesima Conferenza sul Clima delle Nazioni unite (Cop20), ormai in archivio, è stata un evento preparatorio alla conferenza mondiale che si terrà a Parigi nel dicembre di quest’anno, che molti sperano possa segnare una svolta nella limitazione delle emissioni inquinanti. Il fine del summit peruviano era preparare il terreno affinché fra un anno possano venir prese precauzioni per evitare un innalzamento della temperatura superiore ai due gradi. «A Lima qualcosa è stato fatto - afferma il professore -. Non tanto in termini di riduzione delle emissioni, risultato che dovrebbe venir raggiunto dalla conferenza di Parigi, quanto in termini di paesi aderenti: nazioni come Usa, Cina, Russia e India hanno sottoscritto l’accordo di Lima». Trattandosi di stati responsabili di una fetta importante delle emissioni globali è un passo in avanti importante, anche gli impegni presi sono ancora modesti. «Se non altro si sono poste la basi per una svolta nel 2015», dice il direttore. Le contromisure urgenti Ma siamo ancora in tempo per evitare il disastro? «Dobbiamo prendere atto del fatto che ormai un innalzamento di almeno due gradi è inevitabile - dice Carraro -. Quel che possiamo fare è limitare il danno impedendo che la temperatura media del pianeta salga di tre o addirittura quattro gradi». Per farlo dovremo ridurre le emissioni del 40-70% entro il 2050. Ma la comunità internazionale dovrà attrezzarsi anche per affrontare le conseguenze dell’aumento di due gradi, due gradi e mezzo: «Nell’ultimo secolo la temperatura è aumentata di 0,8 gradi - conclude il professor Carraro - con effetti che vediamo già ora. E che diventeranno ancora più incisivi quando raggiungeremo e supereremo i due gradi». Considerati gli effetti catastrofici che le piogge degli ultimi anni hanno avuto sulle città italiane, «è decisamente arrivato il momento di prendere delle contromisure».

Giovanni Tomasin

 

Il pazzo novembre con 3,3° sopra la media
Il Cnr conferma il record assoluto del 2014 che ha visto anche il 34% di piogge in più al Nord
TRIESTE Non è soltanto un impressione di quest’autunno, l’anno 2014 è stato davvero il più caldo degli ultimi due secoli. Lo conferma ufficialmente l’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Consiglio nazionale delle ricerche (Isac-Cnr) di Bologna. L’anno meteorologico si è concluso con il novembre più caldo dal 1800 ad oggi: nel complesso il 2014 ha stabilito un record assoluto superando l’ultimo picco del 2003. «L’anno meteorologico cominciato nel dicembre 2013 si chiude per l’Italia come il più caldo della serie, con una anomalia di +1.4°C al di sopra della media del periodo di riferimento (1971-2000). In particolare novembre, con un’anomalia di +3.3°C sopra la media, risulta il novembre più caldo dal 1800 ad oggi», spiega Michele Brunetti, responsabile della Banca dati climatologica Isac-Cnr che cura le serie storiche omologate dal 1800 a oggi per temperature e precipitazioni. Nel 2003 l’estate caldissima innalzò la temperatura media annuale. Nel 2014, invece, a una bella stagione piuttosto fresca e piovosa (luglio è rimasto oltre un grado e mezzo sotto la media), è seguito un autunno incandescente: «Sono stati invece eccezionalmente caldi l’inverno 2013-2014 e l’autunno 2014: il primo con una anomalia di quasi due gradi sopra la media è secondo solo all’inverno 2006-2007, mentre l’autunno è stato il più caldo di sempre con +2.1°C», spiega ancora Brunetti in un testo pubblicato sul sito del Cnr. Le registrazioni si inseriscono nel quadro di un inizio di millennio eccezionale: «Se guardiamo i 10 anni più caldi dal 1800 ad oggi, ben nove sono successivi al 2000». Novembre 2014 ha fatto registrare precipitazioni molto abbondanti, dice il sito del Cnr. «Il 74% di piovosità in più rispetto al 1971-2000 - afferma Brunetti -. Le piogge si sono concentrate soprattutto al Nord, dove sono state il triplo del normale, con picchi di oltre 5 volte la media in alcune zone del Nord-ovest. Per l’Italia settentrionale, il novembre 2014 è risultato il quarto più piovoso di sempre e bisogna andare al 1926 per trovarne uno superiore. Ma tutto il 2014 è risultato particolare al Nord: undicesimo anno più piovoso con un’anomalia pari a +34% rispetto alla media, a cominciare dall’inverno che è il più piovoso di sempre con oltre il doppio delle precipitazioni tipiche stagionali; seguono poi l’autunno e l’estate (entrambe +30%)».

(g.tom.)

 

 

E.On vende le centrali al gruppo ceco Eph - Addio all’italia del gruppo tedesco

Primo passo nella direzione dell'addio all'Italia. I tedeschi sbarcarono nel 2008 acquisendo alcuni asset di Endesa.
MILANO - Parte lo spezzatino di E.On Italia. Il gruppo tedesco, che aveva in piedi una trattativa con Edison per la cessione in toto dei propri asset italiani, ha trovato un accordo con la ceca Eph per la vendita di sette centrali (una a carbone e sei termoelettriche), rinunciando di fatto all'opportunità di vendere in blocco e uscire dal Paese, dove era entrata all'epoca dell'opa di Enel su Endesa. Perde così quota, forse definitivamente, l'ipotesi di una vendita in blocco di E.On Italia a Edison, visto che per gli asset più pregiati del gruppo tedesco in Italia, l'idroelettrico di Terni e i 900mila clienti, ci sono giù sul tavolo le offerte vincolanti di Erg ed Hera. L'accordo prevede la cessione della centrale a carbone di Fiume Santo, in Sardegna, e delle sei centrali a gas di Livorno Ferraris (Vercelli), Tavazzano (Lodi), Ostiglia (Mantova), Cef (Ferrara), Trapani e Scandale (Crotone), al gruppo energetico ceco Eph, holding che fa capo al patron dello Sparta Praga Daniel Kretinsky. Si tratta di 4.500 megawatt circa, in una transazione il cui valore non è stato annunciato ufficialmente, ma che secondo alcune indiscrezioni si aggirerebbe sui 300 milioni di euro, anche se alcuni analisti arrivano a ipotizzare una cifra pari a 500-600 milioni. Con questa mossa Kretinsky prosegue la propria campagna di acquisizioni in Europa, che potrebbe, tra l'altro, non fermarsi qui. Dopo essersi aggiudicato una centrale e una miniera di lignite in Germania, ma anche la centrale a carbone di Eggborough nello Yorkshire, e, soprattutto, il 49% di Eustream, società che porta il gas russo in Europa attraverso la Slovacchia, l'uomo d'affari ceco punterebbe anche agli asset slovacchi che l'Enel ha messo in vendita, proponendosi così come il nuovo operatore forte in un settore travolto dalla crisi tra Russia e Ucraina e dal crollo dei consumi. L'accordo annunciato, intanto, consente alla Eph di sbarcare in Italia, dove, ha assicurato Kretinsky, la strategia del gruppo ceco «è a lungo termine e focalizzata sullo sviluppo. Per E.on, invece, si tratta del primo passo nella direzione dell'addio all'Italia, dove è rimasta per nemmeno sette anni. I tedeschi sbarcarono nel 2008 acquisendo alcuni asset di Endesa.

 

 

Riciclo dei rifiuti, la Regione premia otto scuole

Concorso sul tema del riciclo dei rifiuti denominato “A nuova vita”, organizzato dalla direzione centrale dell’Ambiente, con la collaborazione dell’Arpa.
UDINE «Questo concorso è stato ideato per dare, ai giovani, non solo l’opportunità di sviluppare la propria creatività, ma anche di cimentarsi con una tematica così importante come quella del riciclo dei rifiuti». Lo afferma l’assessore regionale all’Ambiente, Sara Vito, intervenendo all’evento conclusivo del concorso progettuale sul tema del riciclo dei rifiuti denominato “A nuova vita”, organizzato dalla direzione centrale dell’Ambiente, con la collaborazione dell’Arpa. Evento che si svolge, nella mattinata di ieri, nell’auditorium del palazzo della Regione di Udine, alla presenza degli studenti delle otto scuole superiori del Friuli Venezia Giulia premiate. Alla cerimonia partecipa anche la presidente della Regione Debora Serracchiani soffermandosi sui temi della sostenibilità dell’ambiente e del riuso dei rifiuti: «Temi sui quali l’amministrazione è molto attenta». Serracchiani ricorda poi che la Regione sostiene numerose start up di aziende impegnate sul tema del riutilizzo dei rifiuti. Le scuole premiate sono Carniello di Brugnera; G.Brignoli-L.Einaudi-G.Marconi di Staranzano; G.A. Pujati di Sacile; Marinelli di Udine; Cossar-Leonardo Da Vinci di Gorizia; Preseren di Trieste; D’Aronco di Gemona del Friuli e Nordio di Trieste. A ciascuna delle otto scuole vincitrici andrà il premio di 5mila euro da reimpiegare in progetti di educazione ambientale. Protagonisti indiscussi i ragazzi che hanno realizzato elaborati, invenzioni, prodotti presentati nel corso della mattinata all’auditorium. Lavori, che andavano da contenitori per occhiali creati con i tetrapak a una macchina per comprimere le lattine delle bevande; dall’abbigliamento e dagli accessori con il materiale di riciclo a uno spot sul riutilizzo degli imballaggi; da un cortometraggio sul riciclo dei rifiuti alla realizzazione di un filamento plastico da utilizzare nelle stampanti 3D dai tappi di plastica delle bottiglie sino a un video sulla raccolta differenziata.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 12 gennaio 2015

 

 

Sos degli speleologi: inquinate 374 grotte e i fondi non bastano

Dodici cavità versano in un grave stato di degrado ambientale tra cui il Pozzo dei colombi con le scorie dell’incendio alla Siot
La provincia triestina dispone di un patrimonio ipogeo sensazionale, con almeno 15 grotte per chilometro quadrato, di cui 374 sono inquinate vari livelli. Eppure nessun è ancora riuscito a valorizzare questa eccezionale risorsa naturalistica per fini turistici, mentre i gruppi speleologici locali languono per mancanza di contributi utili a finanziare esplorazioni, verifiche, controlli. Quest’autentico grido di dolore è di Fulvio Premiani, presidente della Federazione Speleologica regionale e di quella triestina, esprime alla comunità e agli enti tutti. L’ente raggruppa 24 associazioni speleologiche del Friuli Venezia Giulia su di un totale di 26, e di queste nove sono attive nel comprensorio triestino. Premiani pone l’accento sulle difficoltà dei diversi gruppi speleologici, prive di quei contributi peraltro previsti dalla legge 27/1966 che vedeva il finanziamento dei gruppi speleologici al fine della realizzazione del Catasto delle grotte. Dal 2007, con la devoluzione delle competenze sul tema dalla Regione alle Provincie, i fondi sono passati dai 62.000 ai 15.000 euro odierni. «Praticamente ogni nostro gruppo riceve una cifra attorno ai 1.500 euro, del tutto insufficiente – sostiene Premiani – per finanziare l’acquisto delle attrezzature necessarie a scendere nelle cavità del Carso: s’intende le corde, gli imbraghi, gli impianti di illuminazione e altro ancora». Qualcosa ora sembrerebbe muoversi. Il Comune di Trieste ha deliberato nel bilancio 2014 di stanziare 30.000 euro per condurre delle indagini sullo stato di salute delle proprie grotte. E in chiusura d’anno un segnale importante arriva pure dalla Provincia che, con una mozione urgente sulla base di quella delibera 33 del 2011 che prevedeva un progetto di valorizzazione storica e ambientale delle grotte carsiche che la federazione doveva realizzare assieme ai comuni transfrontalieri, impegna l’ente a sollecitare la Regione a rintracciare le risorse necessarie alla caratterizzazione e alla bonifica delle grotte inquinate. A proposito: qual è la stato di salute degli abissi triestini? «Se ne parla spesso – risponde Premiani – ma è difficile inquadrare il problema con dati certi e precisi. E’ universalmente noto che alcuni ipogei sono stati utilizzati per disfarsi di inquinanti liquidi e non solo. Questi disastri ecologici sono stati denunciati, è intervenuta la Forestale per gli accertamenti, la Magistratura è stata informata, ma la questione rimane lì, irrisolta. Chiariamo subito che non è compito nostro provvedere alla pulizia dei siti. Certo è importante continuare gli accertamenti, anche perché nelle cavità i materiali alieni scendono, si insinuano, vengono coperti dal fogliame. Per pulire il Pozzo dei colombi dalle scorie dell’incendio della Siot sono stati spesi tanti soldi, ma la bonifica del sito è ben lungi dall’essere completa. E il tappo nero formato dai residui del petrolio continuo a scendere nel ventre di un territorio che in basso consta di un reticolo di corsi d’acqua. E’ un grave problema di cui nessuno vorrebbe sentir parlare. Ogni tanto la questione torna a galla, ma poi tutto torna a tacere. Così, certo, non si può andare avanti. Senza aiuti economici possiamo fare pochissima strada».

Maurizio Lozei

 

«Falde acquifere in grave pericolo sul Carso»
Franco Gherlizza: contaminate anche da eternit, vernici, vari agenti chimici e medicinali»
E’ difficile quantificare lo stato d’inquinamento del patrimonio sotterraneo triestino visto la presenza quasi capillare di grotte lungo l’Altopiano Carsico. Tuttavia un bilancio può essere tentato grazie al lavoro svolto dal Club Alpinistico Triestino, un dossier sulle criticità riscontrate negli ipogei locali appena presentato lo scorso dicembre alla Provincia e alla Regione. Un documento articolato e ricco di particolari dal quale si evince la gravissima situazione in cui versano oltre 370 grotte triestine, con i conseguenti gravi pericoli per le falde acquifere. «Stiamo monitorando il sottosuolo provinciale dal 1991, e documentiamo con dati, foto e video lo stato in cui versano le nostre cavità – spiega Franco Gherlizza, responsabile assieme all’ex direttore dei Civici Musei scientifici Sergio Dolce dell’attività didattica del Club Alpinistico triestino. Al momento attuale abbiamo individuato 374 grotte che risultano inquinate a livelli diversi. Dodici di queste sono caratterizzate da un alto grado di degrado, e risultano contaminate con olii e carburanti esausti, dall’Eternit e da vernici e altri agenti chimici». Tra queste il responsabile cita quel “Pozzo dei colombi” di Basovizza che ospita i residui dell’attentato di “Settembre Nero” del 1972 alle cisterne della Siot, il pozzo del Cane di Gropada, la caverna 17 VG di Trebiciano con il suo sinistro laghetto composto da olii e vernici. Altri spechi gravemente compromessi si trovano ancora nei pressi di Gropada e Basovizza e pure nelle cava Boschetti di Santa Croce; nell’abisso di Precenicco, ancora, sono stati scaricati negli anni Settanta medicinali scaduti. Tutti disastri ecologici sottostimati i cui effetti nefasti potrebbero far capolino nella catena alimentare e essere assimilati dalle generazioni future. Nel dossier del Club Alpinistico Triestino si fa poi menzione di ben 84 grotte tipicizzate dalla presenza di rifiuti di tutti i tipi: carcasse arrugginite di auto e moto, pneumatici, elettrodomestici e mobilia, inerti e infissi, reti e recinzioni. «Nell’ultima che abbiamo visitato e pulito per un totale di 4 metri cubi di immondizia – afferma Gherlizza – abbiamo trovato addirittura una vecchia canoa». Un altro capitolo del dossier informa come 260 ipogei risultino ostruiti per diversi motivi, causati principalmente da interventi antropici: costruzione di strade, gallerie e altre infrastrutture. Vi sono infine tante grotte che risultano distrutte, spesso a causa di fronti di cava che avanzano. Accanto al dossier, il Club Alpinistico Triestino ha iniziato a produrre delle schede sulle grotte a rischio ambientale, riportando i dati tecnici dell’ipogeo, le criticità riscontrate, foto e panoramica dell’ingresso, il rilievo dello speco con i suoi punti problematici. Ove possibile, i redattori segnalano i metri cubi di immondizia rintracciati e prospettano un’ipotesi e la tempistica per la bonifica del sito. Sinora è stato completato il profilo di 30 grotte; a lavoro concluso, verranno trasmesse a tutti gli enti locali, alla Regione e al Catasto regionale delle grotte del Friuli Venezia Giulia. «In sintesi ci troviamo di fronte a una situazione decisamente allarmante – sostiene Gherlizza. Nel nostro lavoro di indagine riscontriamo talvolta delle esagerazioni nella descrizione dell’inquinamento di alcuni siti. Purtroppo ci imbattiamo più spesso nella sottostima delle condizioni delle grotte. Un esempio è la grotta Mattioli di Gropada, i cui interni sono ricolmi di carcasse di vetture e motorini. Rischiamo tutti di pagare un alto prezzo per questi diffusi episodi di vandalismo. Inquinare gli abissi significa contaminare inevitabilmente i corsi d’acqua sotterranei»

Maurizio Lozei

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 11 gennaio 2015

 

 

Cigni reali dimezzati all’Isola della Cona

Lo evidenzia il censimento appena concluso sulla riserva naturale: erano 1.400 nel gennaio 2014 mentre ora sono 600
Un’oasi perfetta Sono 15mila gli uccelli rilevati tra cui 1800 oche e numerose migliaia di anatre e folaghe. Non mancano gli aironi.

La new entry - Quest’anno sono stati contati 700 “svassi maggiori” concentrati nel mare non lontano dalla foce dell’Isonzo.
STARANZANO L’Isola della Cona è stata “promossa” ancora una volta come habitat naturale regionale per la conservazione delle specie protette: tre giorni di censimento hanno confermato la consistente presenza dell’avifauna acquatica nella Riserva naturale Foce Isonzo, nell’area della Cona e nelle zone marine circostanti. Per la gioia degli appassionati sono stati rilevati circa 15mila uccelli tra i quali oltre 600 cigni reali che tuttavia risultano dimezzati rispetto al gennaio 2014 quando erano circa 1.400, 1.800 oche e svariate migliaia di anatre e folaghe, senza dimenticare le specie presenti in numero più limitato come cormorani, strolaghe e aironi. Non basta: quest’anno sono stati contati 700 “svassi maggiori” concentrati nel mare poco profondo non lontano dalla foce del fiume Isonzo. Il censimento è stato guidato dagli esperti della Sbic, la Stazione biologica dell’Isola della Cona, direttore Fabio Perco, a riprova che l’area protetta gode della massima vivibilità per tante specie faunistiche. Hanno partecipato alla rilevazione dieci operatori che tradizionalmente effettuano questo lavoro su incarico regionale e in collaborazione con l’Istituto superiore di protezione e ricerca Ambientale (Ispra) e l’organizzazione “Wetlands International” con sede in Olanda. «I censimenti di metà inverno degli uccelli acquatici (IWC - International Waterbirds Count) – spiega il direttore Perco - vengono effettuati a livello regionale a partire dal 1975 e hanno consentito di documentare anno dopo anno l’aumento o la riduzione di parecchie specie, anche in relazione all’istituzione di un’efficiente rete di aree protette di notevole rilevanza ed estensione oggi presenti sulla costa e in laguna. Quest’inverno non si rilevano differenze di grande rilevanza rispetto agli anni scorsi. E il numero complessivo degli uccelli presenti e osservati non risulta essere alto». C’è un’eccezione, però, e Perco lo evidenzia: «Nell’area della Foce Isonzo – Cona è stata registrata una minore presenza di cigni. Va detto che nel gennaio 2014 i cigni erano eccezionalmente numerosi, segnando un vero “record” a livello locale. Ma, trattandosi di uccelli migratori, sarà necessario attendere i risultati complessivi a livello regionale e internazionale per tentare di interpretare correttamente i motivi alla base delle significative fluttuazioni». Comunque dai dati ottenuti, emerge che la Riserva mantiene sempre alta la presenza della fauna selvatica, e in particolare di uccelli migratori che in questo periodo per sfuggire ai freddi polari del Nord Europa si rifugiano alla Cona dove molte specie si fermano anche per nidificare. Suggestivo è sempre il “manto bianco” formato dai cigni sul lato ovest della Cona.

Ciro Vitiello

 

Undici “paradisi” in Friuli Venezia Giulia

In Friuli Venezia Giulia ci sono undici riserve naturali: tre sono statali, ovvero quella marina di Miramare, quella del Monte Cucco e quella del Rio Bianco,

mentre tutte le altre sono regionali. Istituite con le leggi regionali del 1996 e del 1998 le undici riserve naturali rappresentano un territorio più piccolo rispetto ai parchi, caratterizzato da elevati contenuti naturali, in cui le finalità di conservazione sono prevalenti rispetto al perseguimento dello sviluppo sociale, economico e culturale. Anche le riserve naturali promuovono lo sviluppo delle attività educative, informative, divulgative, di formazione e di ricerca al fine di incrementare la cultura naturalistica. Oltre alle tre riserve statali, dunque, in Friuli Venezia Giulia ci sono le riserve Forra del Cellina, Lago di Cornino, Valle Canal Novo, Foci dello Stella, Valle Cavanata, Foce dell’Isonzo - Isola della Cona, Laghi di Doberdò e Pietrarossa, Falesie di Duino, Monte Lanaro, Monte Orsario, Val Rosandra e Val Alba. I parchi naturali istituiti sempre nel 1996 sono invece quello delle Dolomiti friulane e quello delle Prealpi Giulie e costituiscono un sistema territoriale di particolare interesse per valori naturali, scientifici, storico-culturali e paesaggistici.

 

Panontin inciampa nella caccia alla beccaccia
Le associazioni ambientaliste: «L’assessore ha votato con le doppiette contro Ue, ministro e Regione»
TRIESTE Tutte unite contro Paolo Panontin. Le associazioni ambientaliste del Friuli Venezia Giulia Lipu, Lac, Legambiente, Wwf e Lav denunciano in un comunicato congiunto il comportamento dell’assessore regionale alla Caccia “reo” di essersi schierato «dalla parte del peggior mondo venatorio, contro il mondo scientifico e della ricerca, il ministro dell’Ambiente e i propri uffici, in antitesi con l’interesse pubblico». Tutto si consuma l’8 gennaio quando si riunisce il comitato faunistico regionale presieduto proprio da Panontin. Ebbene, scrivono le associazioni, l’assessore regionale decide in quella sede di esprimersi contro la chiusura anticipata della caccia a tre specie di uccelli migratori: la beccaccia, la cesena e il tordo bottaccio. «Ma la richiesta di anticipazione era stata avanzata lo scorso dicembre dal ministero dell’Ambiente al fine di evitare l’ennesima procedura di infrazione comunitaria contro l’Italia» ricordano Lipu, Lac, Legambiente, Wwf e Lav. E aggiungono: «Già nel 2001 la Commissione europea aveva adottato un documento tecnico, elaborato con il contributo delle istituzioni scientifiche degli Stati membri e degli esperti tra ambientalisti e cacciatori europei, per determinare quali fossero i periodi di caccia compatibili con la conservazione delle specie migratrici. Uno dei principi base era ed è quello di evitare di intaccare le popolazioni nel periodo riproduttivo. Ma in Italia, paese che detiene da anni il triste primato di infrazioni in materia ambientale (sono attualmente 16), molte regioni non si sono adeguate. Tra queste primeggia il Friuli Venezia Giulia, dove addirittura è possibile cacciare cesena e beccaccia sui terreni coperti dalla neve, una pratica vietata e pesantemente sanzionata nel resto d’Italia, perché colpisce gli animali in un momento di gravissima difficoltà». Nel dettaglio, per la beccaccia, il documento della Commissione europea impone la chiusura entro la prima decade di gennaio. E l’Ispra caldeggia il 31 dicembre: «Sulla stessa linea l’Ufficio studi faunistici della Regione, i due rappresentanti delle Università di Udine e Trieste in seno al comitato ed il dirigente del servizio Caccia regionale» raccontano, ancora, le associazioni. Di diverso avviso l’assessore Panontin, presidente del Comitato, che vota con i cacciatori. Risultato: sei favorevoli e sei contrari (l’Ispra, i due rappresentanti dell’Università di Udine e Trieste, i due rappresentanti delle associazioni ambientaliste, il dirigente del servizio regionale Caccia). Ma in caso di parità, il voto del presidente vale il doppio. E Panontin, quindi, si rivela decisivo: la caccia a beccaccia, tordo bottaccio e cesena può continuare.

 

Torino - Guariniello indaga sull’amianto dall’India

In Italia l'amianto è vietato. Eppure lo si importa a tonnellate dall'India. A Torino Il pm Raffaele Guariniello, ha disposto una serie di accertamenti.

Nel solo biennio 2011-2012 l'India ha esportato in Italia 1.040 tonnellate di asbesto.

 

 

SEGNALAZIONI - PORTO VECCHIO - Tanti incontri tutto fermo

Il 16 marzo 1995 partecipai in qualità di dirigente regionale a un incontro tecnico presso l’Autorità portuale per definire il nuovo piano del porto.

Esattamente come Sgarbi oggi, dissi che il Porto vecchio doveva ritornare alla città, e ciò perché la sua struttura antiquata e la mancanza di un collegamento autostradale non gli consentivano più di fungere da porto commerciale. Inoltre è assurdo che due porti, di cui uno ormai inutilizzato, stringano la città verso il mare lasciando solo la stretta finestra delle Rive. Calò il gelo. Non fui più invitato. Ma poi il clima cambiò e nel 2002 il nuovo Presidente del porto, avv. Maresca, concesse a Italia Nostra, Legambiente e WWF una sala della Stazione marittima per un affollato convegno sul futuro del Porto vecchio. Le associazioni presentarono un documento intitolato “Le 14 tesi sul Porto vecchio e il futuro di Trieste” in cui ribadivano che quell’area doveva tornare alla città assumendo soprattutto funzioni culturali, scientifiche, museali, di ricettività turistica, di nautica per la pesca e il diporto. Letto il documento, il sindaco Di Piazza disse: “Lo firmo!” e venne al tavolo mettendovi la sua firma. Ma gli anni passano, il piano del porto non è ancora vigente e qualcuno dice ancora che il Porto vecchio deve restare com’è, mentre nelle altre città portuali (Amburgo, Londra, ad esempio) i porti vecchi sono stati restaurati e riconvertiti a nuove funzioni urbane. Però forse in Porto vecchio una cosa si riuscirà a farla: una statua di mons. Santin che, come fosse un lupo di mare, guarderà il golfo da un alto piedestallo.

Arch. Roberto Barocchi - presidente di Triestebella www.triestebella.it

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 10 gennaio 2015

 

 

Provincia, stop a Trieste Trasporti: «I tesserini bus non servono»

Zollia blocca l’iniziativa dell’azienda: «Niente documenti, nemmeno per l’abbonamento annuale.
E credo che chi ha già speso i 5 euro abbia titolo a farsi rimborsare». Paparo: perplessi, valuteremo
Il tesserino d’identità obbligatorio? Non esiste. Nel grande caos di fototessere, cartellini plastificati, prese di posizione da parte delle associazioni di consumatori e polemiche aspre nel mondo politico, l’assessore provinciale ai Trasporti Vittorio Zollia - da subito fortemente contrario alla novità introdotta sugli autobus da Trieste Trasporti (Tt) - entra di netto e, scritta una lettera a presidente e amministratore delegato della società, nonché al direttore del Servizio mobilità della Regione, dirama una nota: «La Provincia blocca l’applicazione dei tesserini d’identità da parte di Trieste Trasporti per qualsiasi titolo di viaggio, compresi gli abbonamenti annuali. L’intervento istituzionale decisivo di Palazzo Galatti chiarisce in via definitiva la questione dei tesserini imposti dal primo gennaio dalla società concessionaria». Società che ha assunto quella decisione in maniera autonoma, laddove qualsiasi cambiamento delle regole sarebbe dovuto passare al vaglio della Provincia, «unico ente preposto alla verifica della corretta applicazione di norme e contratti» nel trasporto pubblico locale. Tesserino cancellato d’un botto, dunque, superato anche l’esito dell’incontro tenuto giorni fa fra Tt e il sindaco Cosolini, nel quale si era giunti a concordare l’obbligo per il solo abbonamento annuale. Trieste Trasporti, alla richiesta di chiarimenti da parte di Zollia, aveva argomentato con la necessità di uniformarsi alla delibera regionale che 14 anni fa prevedeva la possibilità del tesserino, evocando al contempo l’esigenza di scoraggiare i “furbetti” dell’abbonamento passato di mano in mano. Motivazioni «del tutto insufficienti», secondo Zollia, tanta confusione e nessuna trasparenza verso i cittadini. È vero, spiega l’assessore, che la delibera dà facoltà alle aziende di imporre agli utenti il tesserino - d’obbligo solo per gli abbonamenti annuali - valido per cinque anni al prezzo di cinque euro. Ma è anche vero che l’unico scopo è identificare chi viaggia sul bus. Infatti Tt da anni applica la norma: sull’abbonamento annuale c’è la foto. Ma un altro dato sottolinea Zollia: il documento che norma i rapporti fra azienda e utenza è il “Regolamento di vettura”, adottato nel 2013 dal Consiglio provinciale. E già prevede la necessità di esibire un documento di identità a richiesta del controllore. L’azienda voleva il tesserino? Il cda avrebbe dovuto proporre a Palazzo Galatti la modifica del Regolamento. Cosa che non ha fatto. Pertanto «continua ad applicarsi il Regolamento di vettura vigente che prevede di accompagnare qualsiasi titolo di viaggio esclusivamente con un valido documento d’identità, e solo l’eventuale mancanza di questo o la presenza delle altre irregolarità previste fa scattare» la multa. La Regione, aggiunge Zollia, ha confermato «in via di prima analisi la validità giuridica» della decisione «definitiva». Anzi, risponde l’assessore a chi lo chieda, «è un problema di Tt, ma chi ha già sborsato i 5 euro secondo me ha titolo a vedersi rimborsato». Dunque - lo conferma l’ad di Trieste Trasporti Cosimo Paparo - chi esibirà un documento assieme all’abbonamento non corre pericolo di multe. Precisazione importante, visto che i vertici di Tt - aggiunge Paparo - si dicono «perplessi» per la decisione della Provincia, e anzi rilanciano: «Ci sembra necessario un approfondimento, il Regolamento lascia secondo noi margini di interpretazione che ci riserviamo di analizzare al più presto». Ma Zollia parla di «un pasticcio per niente, tanto più incomprensibile a 14 anni da quella delibera regionale, e in un periodo di proroga per Tt...» E il sindaco? «Il Comune non ha competenze in materia di trasporto pubblico locale, con Tt avevo voluto farmi interprete del malessere dei cittadini: a me premeva che non si introducessero obblighi non previsti. Se qualcuno è in grado di dire che non c’è obbligo alcuno, tanto meglio».

Paola Bolis

 

FIAB - Via al tesseramento dei ciclisti

 "Dalla parte di chi pedala ogni giorno" è lo slogan della campagna tesseramento 2015 di Fiab Trieste Ulisse, associazione di ciclisti urbani e cicloturisti.

Dal 1996 pone al centro delle sue attività i diritti e la sicurezza di chi va in bici, promuovendo l'uso delle due ruote. Questi i primi appuntamenti: Giovedì 22 gennaio alle 18.30 al Knulp si parlerà di bici a pedalata assistita, con consigli per la scelta e testimonianze di chi la usa a Trieste. Il 29 gennaio alle 20 al Caffè San Marco ci sarà una proiezione su “New York in bicicletta”. Il 5 febbraio dalle 20 nella sede dell'associazione in via del Sale 4/b chi sarà un incontro in cui si parlerà di manutenzione.

 

 

Prodani (M5S) «Ferriera, rischio per gli accordi»
Ferriera ancora in evidenza, in un’interrogazione presentata da Aris Prodani, parlamentare del M5S .

Ricordando che nel novembre scorso era stato firmato a Palazzo Chigi l'accordo di programma per la messa in sicurezza, la riconversione industriale e lo sviluppo economico produttivo nell'area della Ferriera di Servola (Trieste) Prodani attacca l’amministratore della Siderurgica Triestina Srl, Francesco Rosato, in quanto non avrebbe le caratteristiche relative ai cosiddetti “requisiti soggettivi” pur essendo stato parte attiva nella trattativa. Nel dettaglio, come era già emerso nei giorni scorsi, Prodani ricorda che «Rosato era stato rinviato a giudizio nel 2013 – presso il tribunale di Grosseto – con l’accusa di smaltimento illecito di rifiuti in relazione a un’indagine che coinvolge la sua direzione dello stabilimento di Servola sotto la precedente gestione Lucchini». Insomma, a detta di Prodani, se la posizione di Rosato risultasse effettivamente tale « potrebbe, pertanto, configurarsi la nullità dell’Accordo sottoscritto il 21 novembre 2014 in quanto alcuni dei requisiti previsti dal Codice dell’ambiente appaiano disattesi».

 

 

APPELLO - Inquinamento: aumentano le polveri sottili

Si segnala alla cittadinanza la necessità di ridurre l'esposizione e contenere le emissioni limitando l'uso  dell'auto e degli impianti di riscaldamento.

Il Comune di Trieste informa che, a seguito del protrarsi di condizioni climatiche caratterizzate da aria stagnante, è previsto un incremento della concentrazione delle Polveri Sottili (PM10), con un moderato superamento del valore limite nelle giornate odierna e di domani. Anche se l'andamento nei giorni successivi non fa prevedere la necessità della chiusura del centro secondo quanto previsto dal Piano di Azione Comunale, si segnala alla cittadinanza la necessità di adottare comportamenti idonei sia a ridurre l'esposizione, sia a contenere le emissioni per quanto concerne l'uso dei mezzi di circolazione privati e, per quanto possibile, l'accensione degli impianti di riscaldamento. Eventuali evoluzioni climatiche ulteriormente negative, tali da rendere necessaria l'adozione dei previsti provvedimenti restrittivi, saranno tempestivamente comunicate. La traduzione è che dovessero aumentare le polveri sottili l’amministrazione si vedrà costretta a chiudere il centro storico in certe fasce orarie per le auto vecchie che inquinano. Esiste in tal senso una normativa che il sindaco di ogni città deve rispettare per non andare incontro a sanzioni di natura penale.

 

 

«Sdemanializzazione conquista per tutto il Fvg»
Colautti (Ncd): si tratta di un’occasione storica in termini di crescita commerciale e turistica
«Mai come ora jota e frico possono andare a braccetto attraverso sinergie territoriali per la crescita di tutto il Friuli Venezia Giulia. Attraverso il Porto di Trieste, in un'ottica di sviluppo regionale, jota e frico possono mettere assieme le rispettive culture dando con i fatti una risposta di unità». Lo sostiene Alessandro Colautti, presidente del Nuovo Centrodestra in Consiglio regionale. «La sdemanializzazione del Porto Vecchio è una grande conquista - sostiene Colautti - è un'occasione storica in termini sia di crescita commerciale che turistica, arrivata in ritardo probabilmente a causa di alcune posizioni che nel tempo hanno creato un corto circuito tra la Trieste legata al passato e la Trieste che guarda al futuro, ma che comunque non dobbiamo farci sfuggire ora. Nell'ottica di Porto regione - continua l’esponente di Ncd - i Punti Franchi, assodato che si possono spostare, sono un'occasione non banale di potenziamento della nostra autonomia e specialità statutaria. Sarà l'intelligenza a trovare le soluzioni più adeguate senza dimenticare che quando nacque la Legge sulle aree di confine, questa si fondava su tre pilastri: Finest, Informest e l'Offshore di Trieste forte dei Punti franchi per creare una grande area di scambi free tipo Londra. La cosa non è andata a buon fine ma resta la vocazione della missione di Trieste legata ai Punti franchi. In chiave turistica, come affermava Sgarbi, il Porto Vecchio può diventare la carta per lo sviluppo di Trieste e di rilancio per tutto il Fvg». «Senza fare le guerre di campanile con Venezia - conclude Colautti - è chiaro che i Punti franchi possono essere un potenziamento del porto collegato al sistema delle merci e container, soprattutto nel momento in cui a livello nazionale siamo al rush finale sulla riforma del sistema portuale italiano che andrà a creare delle Autorità portuali razionalizzandole senza baruffe chiozzotte. In questo scenario è chiaro che il nostro competitor non è Venezia, ma bisogna creare un sistema dell'Alto Adriatico verso i competitor che sono Rotterdam e il sistema Capodistria-Fiume. Qui la Serracchiani, anche in forza di essere la numero due del partito di maggioranza con la delega ai trasporti, deve mostrare i muscoli e sfruttare la riforma nazionale della portualità per inserire il Porto di Trieste e quindi il Fvg nel piano Junker».

 

 

Il boom delle energie pulite: ma l’Europa è indietro

A trainare il mercato è stata la Cina, uno dei maggiori inquinatori della Terra, con una fetta di investimenti del 32% per 89,5 miliardi di dollari.
MILANO Boom delle energie pulite nel mondo nel 2014. Gli investimenti - soprattutto per impianti solari ed eolici off shore - hanno raggiunto quota 310 miliardi di dollari, con un balzo del 16% rispetto al 2013 e di cinque volte superiore rispetto ai 60,2 miliardi di dieci anni prima. Il record storico resta ancora quello del 2011 a 317,5 miliardi, ricorda Bloomberg New Energy Finance (Bnef) che ha diffuso l'ultimo rapporto sul settore, rilevando che comunque l'andamento del 2014 è stato migliore delle aspettative. A trainare il mercato è stata la Cina, uno dei maggiori inquinatori della Terra, con una fetta di investimenti del 32% per 89,5 miliardi di dollari. Modesto, solo l'1%, l'aumento segnato in Europa, per un totale di 66 miliardi di dollari. Male l'Italia, dove c'è stato un crollo del 60% a 2 miliardi di dollari, soprattutto per i tagli retroattivi degli incentivi agli impianti fotovoltaici. A livello globale, negli Stati Uniti la crescita degli investimenti nelle energie rinnovabili è stata dell'8% (per un totale di 51,8 miliardi), in Giappone del 12% (41,3 miliardi), in Canada 26% (9 miliardi), in India del 14% (7,9 miliardi), in Sud Africa del 5% (5,5 miliardi). Guardando all'Europa, gli investimenti in Francia sono aumentati del 26% a 7 miliardi in particolare grazie al finanziamento del progetto Cestas, il più grande impianto europeo da 300MW; in Gran Bretagna e Germania sono cresciuti del 3% (oltre i 15,2 mld ciascuno). L'eolico in mare ha visto una scalata del 232% in Olanda a 6,7 miliardi. Il solare ha fatto la parte del leone (+25% sul 2013) concentrando la metà degli investimenti, in tutto il mondo, pari a 149,6 miliardi di dollari; subito dopo l'eolico (+11% a 99,5 miliardi) e al terzo posto le «tecnologie energetiche intelligenti» (che comprendono smart grid, stoccaggio di potenza, efficienza e trasporto elettrico), con una crescita del 10% e impegnando 37,1 miliardi. Finanziamenti in crescita anche per i progetti di energia pulita, afferma Bnef: per i grandi +10% (a 170,7 mld) mentre per i piccoli il balzo è stato addirittura del 34%.

 

 

Grandi navi a Venezia, stop annullato
Il Tar cancella i limiti ma nel 2015 i passeggeri sono in drastico calo dirottati anche a Trieste. Il ministero annuncia ricorso
VENEZIA Il Tar Veneto cancella i limiti per le grandi navi in bacino San Marco, ma nei fatti per il 2015 non sono previsti passaggi di “grattacieli del mare” con migliaia di passeggeri sui ponti a salutare Venezia. Le compagnie, al di là dei tempi della giustizia e dei confronti polemici, hanno già scelto altri scali per le loro crociere. Nel giorno della pubblicazione di una sentenza che annulla i decreti della Capitaneria di Porto lagunare riguardo ai transiti delle navi da crociera nel cuore della città, riaprendo le polemiche, Sandro Trevisanato, presidente di Venezia Terminal Passeggeri, la società che aveva presentato ricorso e già ottenuto una sospensiva nel marzo scorso, esprime soddisfazione ma snocciola dati pieni di preoccupazione: «Quest'anno perderemo 200-300 mila passeggeri grazie a una misura che limitava l'accesso al porto di Venezia per navi sopra le 96mila tonnellate. Le compagnie di crociera, che calendarizzano con due anni di anticipo, hanno già spostato gli scali a Trieste, Genova o in Grecia. A Venezia arriveranno navi più piccole, meno moderne, con meno passeggeri». Sul tavolo di un confronto destinato a non spegnersi - il ministero dei Trasporti ha annunciato che farà appello in Consiglio di Stato - una sentenza di una quindicina di pagine della prima sezione del Tar Veneto, presieduta da Bruno Amoroso, che di fatto smantella l'ordinanza della Capitaneria di Porto evidenziando, tra l'altro, due questioni. Una riguarda «un difetto assoluto di istruttoria», in quanto non sarebbe stata fatta una valutazione degli interessi «pubblici e privati» toccati dai divieti riportati nel'ordinanza; l'altra, l'assenza del presupposto previsto dal decreto Clini-Passera del 2012, il quale indicava che i divieti di transito potevano applicarsi solo dopo l'entrata in funzione di una via di navigazione alternativa. In questi mesi si parla del canale Contorta, ma di fatto sono necessari lavori per renderlo praticabile e i tempi delle opere sono più lunghi di quelli dell'entrata in vigore dei divieti. Adesso la palla passa in mano agli enti preposti per trovare le soluzioni. Lo stesso Trevisanato chiede al Governo di «varare quei provvedimenti che potranno servire dal 2016 alle compagnie di crociera a fare ritorno a Venezia. Per quest'anno, intanto, registreremo che non arriverà nessuna nave sopra le 96mila tonnellate, anche se la decisione dei giudici amministrativi lo permetterebbe». La necessità di accelerare i tempi della soluzione è espressa dallo stesso Ministero dei Trasporti quando evidenzia che la sentenza «rende ancora più urgente» la realizzazione dell'iter proposto dal governo sul percorso alternativo per l'accesso alla stazione marittima di Venezia. Nella prima metà di marzo, come ricorda lo stesso ministero, arriverà il risultato della valutazione di impatto ambientale per il progetto di adeguamento del canale Contorta Sant'Angelo.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 9 gennaio 2015

 

 

La corsa al petrolio insidia le Incoronate

Il direttore del Parco nazionale denuncia: «Nessuno ci ha informati. Le piattaforme sono un grave rischio per l’arcipelago»
SEBENICO Autorevole e forte, la voce del direttore del Parco nazionale delle Incoronate, Robert Bobinac, si è levata in questi giorni contro l’ormai quasi certa presenza in futuro di piattaforme nelle acque croate dell’Adriatico. Contattato dai media, Bobinac non è stato proprio diplomatico nei suoi interventi, benchè sia dipendente del ministero croato dell’Ambiente. «Ho letto nei giornali che nei pressi del nostro arcipelago ci saranno tre campi di prospezione e sfruttamento di greggio e gas, la cui concessione è stata assegnata dal governo Milanovi„ all’americana Marathon Oil e all’austriaca OMV – così Bobinac – posso confermare senza timore di smentita che finora non sono stato informato su cosa sia stato fatto, prima delle concessioni, in materia di salvaguardia ambientale. È vero che i tre campi sono al di fuori dei confini del nostro parco nazionale, ma è altrettanto vero che la presenza di piattaforme costituisce un grave rischio potenziale per l’ambiente. Come non ricordare il disastro nel Golfo del Messico, ben sapendo che l’ Adriatico è un bacino quasi chiuso, molto sensibile, vulnerabile e poco profondo». Quindi il direttore del parco ha voluto rammentare i disagi, le paure patite l’anno scorso in seguito all’incidente che vide protagonista un peschereccio con reti a strascico, incagliatosi nell’arcipelago. Furono adottate tutte le misure utili a impedire che un centinaio di litri di carburante fuoriuscisse dal serbatoio dell’imbarcazione. «L’ accaduto per fortuna non ebbe conseguenze – ha aggiunto Bobinac – ma cosa succederebbe se qualcosa dovesse andare storto con una piattaforma e in presenza di scirocco? Per le Incoronate, così come sono oggi, sarebbe la fine. Sarebbe bene che Zagabria informasse meglio i diretti interessati e l’opinione pubblica sui rischi derivanti dal progetto». Soffermandosi sugli altri problemi ambientali presenti nell’arcipelago – parco nazionale dal 1980 – Bobinac ha rilevato che in diverse occasioni si è tentato di cancellare la rotta marittima che attraversa le Incoronate proprio lungo il canale centrale. Un tragitto che vede protagonisti tutti i tipi di nave, inclusi i rimorchiatori che trainano le enormi gabbie degli impianti di maricoltura. «Diverse direzioni del parco e il competente dicastero del governo croato si sono impegnati in questa direzione – ha concluso Bobinac – ma non ce l’hanno fatta». Ad esprimersi contro il progetto è stata anche l’associazione per lo sviluppo sostenibile dell’isola di Lesina e del suo omonimo capoluogo intitolata Dignitea, i cui responsabili hanno asserito che le piattaforme petrolifere e metanifere in Adriatico sono destinate a dare un colpo forse anche mortale all’industria turistica istro–quarnerino–dalmata.

Andrea Marsanich

 

 

Mostra di Wwf e Cites prorogata - FINO AL 25 GENNAIO
Museo Civico di Storia Naturale via dei Tominz 4 Info Wwf Trieste: 040-360551, wwftrieste.altervista.orgÈ prorogata fino al 25 gennaio la mostra “Stop ai crimini di Natura”, organizzata dal Wwf Trieste e dal Servizio Cites del Corpo forestale dello Stato, in collaborazione con il Museo Civico di Storia Naturale di Trieste. Continuano anche le visite guidate per le scuole a cura del Nucleo Operativo Cites. Per la prima volta sono esposti al pubblico alcuni reperti confiscati, provenienti da sequestri fatti dal Cites di Trieste: avorio, pelli di rettili, coralli, trofei di caccia e molto altro. L’iniziativa si inserisce nella campagna del Wwf nazionale e internazionale “Stop ai crimini di Natura” volta a denunciare il traffico illegale di fauna e flora selvatiche. Si potrà firmare la petizione per chiedere sanzioni più severe per l’uccisione di animali selvatici e precise garanzie per il mantenimento e il rafforzamento del Corpo Forestale dello Stato, che svolge un ruolo essenziale di contrasto ai reati ambientali. La mostra è visitabile dalle 10 alle 17 tutti i giorni, escluso il martedì.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 8 gennaio 2015

 

 

Abbattute le antenne abusive di Muggia

Demoliti i tralicci sul monte San Michele e nella zona di San Floriano. Nesladek: «Successo storico»
MUGGIA I tralicci abusivi più inquinanti sono stati abbattuti. Lo annuncia il Comune di Muggia che, come preannunciato qualche mese fa, ha ultimato l'iter di demolizione delle antenne-obbrobrio presenti nel territorio comunale. Dopo la demolizione di una prima antenna abusiva nell'abitato di Chiampore, vicino alla caserma dei carabinieri e di una seconda nei pressi di via Vivoda, l'amministrazione Nesladek è riuscita a demolire anche due tralicci posti sul monte San Michele e l'antenna nei pressi dell'abitato di San Floriano–Ligon. «Sono andati giù, dunque, tutti i tralicci abusivi, quelli più inquinanti poiché la loro altezza ridotta faceva sì che l'inquinamento elettromagnetico colpisse pesantemente gli edifici residenziali posti nelle vicinanze - spiega il sindaco di Muggia, Nerio Nesladek -. È un traguardo storico, frutto, come promesso, di una battaglia tenace da parte di questa amministrazione, che da sempre considera la delocalizzazione delle antenne un compito prioritario per la tutela del diritto alla salute, anche se si tratta di scontrarsi con le potenti lobby radiotelevisive, e tenendo anche conto delle indicazioni dell'Arpa (che ha competenza sul controllo delle emissioni elettromagnetiche, ndr) che aveva chiaramente affermato che se prima non si fossero regolarizzati tutti gli abusivi non sarebbe stato possibile riportare a livelli di legge le emissioni a Chiampore», puntualizza l'assessore all'Ambiente Fabio Longo. Spetterà ora all’Arpa una nuova misurazione dei segnali sul territorio da effettuare sia in banda larga (per verificare l'inquinamento complessivo) che in banda stretta (per verificare l’inquinamento di ogni singola emittente). L’abbattimento dell'inquinamento elettromagnetico a Chiampore prosegue dunque a vele spiegate. «È un fatto storico, un'inversione di tendenza che pone fine a quello che sembrava un sistema imbattibile - puntualizza Nesladek -. Passo dopo passo ci stiamo muovendo verso il fine più importante dell’intenso lavoro che da anni stiamo portando avanti, che è quello di riportare a livelli di normalità l’inquinamento elettromagnetico di Chiampore. Ma non ci accontenteremo dei limiti di legge: perseguiremo con tutti gli strumenti possibili l’obiettivo di ridurre ulteriormente le emissioni seguendo i criteri del principio di precauzione che prevede limiti ancora più bassi». Da qui anche l’impegno verso una delocalizzazione maggiore da Chiampore per rendere più accettabile l’area sul piano paesaggistico. «Ho preso contatto con le autorità della Repubblica di Slovenia - fa sapere l’assessore Longo - che sta compiendo verifiche sul proprio territorio a seguito delle interferenze che illegittimamente giungono da una parte dalle radio italiane in violazione dell'accordo internazionale di Ginevra». Anche per quanto riguarda l'antenna presente sul Monte Castellier vicino a Santa Barbara, l’impegno continua. «Sono in corso tutte le azioni necessarie al fine del suo spostamento in un ulteriore sito ancora più lontano dall'abitato - ha precisato l'assessore Fabio Longo -. E anche la società proprietaria sta collaborando in questo senso al fine di accorciare il più possibile i tempi del trasloco».

Riccardo Tosques

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 7 gennaio 2015

 

 

Sgarbi: «Il Porto vecchio liberato deve diventare parte della città»

Il critico d’arte plaude all’intervento di Russo e sostiene che lo spostamento del punto franco non è il problema principale.

«In quell’area si può costruire di tutto ma con armonia e bellezza»

«Visto che lo Stato si è rivelato inefficiente e in tanti anni non è riuscito a portare avanti un progetto per il Porto vecchio, bene ha fatto l'onorevole Francesco Russo a liberalizzare, a far sdemanializzare quell'area per consentire che quella parte di Trieste torni alla città». Vittorio Sgarbi, ex sottosegretario ai Beni culturali, ha da anni preso a cuore la questione del nostro Porto vecchio. Si è speso in mille modi a favore di un suo recupero. Con la Biennale al Magazzino 26 aveva realizzato una delle poche esperienze di apertura di quella invalicabile cortina che divide quella zona abbandonata a se stessa, bellissima, affascinante, dal resto della città. È stato di fatto tra gli artefici della parziale riapertura di quell'area così vicina ma così distante dal centro città. Le mostre e le iniziative che negli ultimi anni hanno vivacizzato qualche magazzino, non sono bastate a togliere quella patina di città fantasma da quella fetta di Trieste. «Ora - valuta il critico d'arte - se il Comune ha la volontà, si presenta la realistica prospettiva di rendere quell'area commerciale, residenziale, industriale. E senza tutti i vincoli che venivano imposti dallo Stato, sarà più facile trovare investitori interessati. Quella zona va desacralizzata e resa parte vera, pulsante, viva di Trieste». Ma cosa ci vede Sgarbi in quella porzione di città? «Tutto, se si ha un minimo di buon senso si riesce a fare di tutto, - osserva - quella deve essere una parte di Trieste come le altre. Dalle residenze agli alberghi, dai negozi agli spazi culturali, ai ristoranti, teatri. Deve esserci spazio per tutto, anche per il salone di una parrucchiera se esiste l'esigenza: basta il buon gusto e il buon senso». E la proposta dell'onorevole Sandra Savino di portare in Porto vecchio l'ospedale di Cattinara? «Non ha senso, va contro il principio che ha ispirato Russo - obietta - quello in area dello Stato si poteva fare anche prima. La novità di oggi è che in Porto vecchio si porta quello che prima era impensabile portare». Sgarbi ribadisce che in quell'area va realizzata «la continuazione della città - spiega il critico d'arte - con uno sviluppo rigoroso e pregevole dove la Soprintendenza avrà il ruolo di vigilare che i vincoli vengano rispettati». «Malgrado i vincoli tutto è fattibile - valuta Sgarbi - un albergo da 300 camere non si eleverà in altezza ma rispettando le dimensioni dei vecchi magazzini si svilupperà in lunghezza. Le grandi città sono piene di alberghi che si sono sistemati dentro a vecchi palazzi, il nuovo deve coniugarsi con il vecchio, l'antico. Il Porto vecchio è un luogo versatile, meraviglioso che ora deve venir gestito da persone laiche che mirino alla sua rinascita, - continua Sgarbi - e per il Comune il compito di disegnare il piano regolatore che detterà le regole per quella zona, è più semplice del previsto visto che la "griglia" spettacolare sulla quale costruire è già praticamente disegnata. Non servono i grandi architetti, basta seguire quello che la storia ha già tracciato regalando armonia e bellezza». Il sindaco Cosolini ha dichiarato che ora la priorità è decidere dove spostare il porto franco, per sgombrare subito il campo da equivoci sul fatto che ci sia la volontà di eliminarlo. «Ritengo che quello sia un problema marginale - constata Sgarbi - visto che del porto franco non si è fatto niente da decenni. Si può mettere dove si vuole, questo non è un reale problema». Vittorio Sgarbi ha realizzato, assieme all’architetto Barbara Fornasir e in accordo con l’ex direttore regionale dei Beni culturali Giangiacomo Martines, la progettazione delle coperture della viabilità interna dell’ipotetico Villaggio Greensisam, proprio in Porto vecchio. Un lavoro finito nel nulla. «Maneschi è sparito, non si è fatto più sentire - commenta - ed è un peccato perché quel progetto era bellissimo».

Laura Tonero

 

 

«Su Ferriera troppe promesse non mantenute»
«Troppe le promesse non mantenute in passato, anche con tavoli di lavoro e prescrizioni Aia, per non avere ancora dubbi e preoccupazioni». Così si esprime Giorgio Cecco coordinatore regionale di FareAmbiente sulla situazione della Ferriera di Servola. «Gli enti territoriali preparano appena la fase di sorveglianza e preparazione dell'autorizzazione integrata, intanto continuano fumi, odori e rumori che creano rischi e disagi ai cittadini, inoltre resta il timore di tempistiche incerte – sottolinea Cecco – basti pensare all'Aia ormai scaduta da quasi un anno e alle successive proroghe. «Apprendiamo che l'assessore comunale Umberto Laureni ha intenzione di incontrare anche le associazioni ambientaliste, non abbiamo dubbi sulla disponibilità dello stesso, ma sui tempi e sull'effettiva esecuzione delle opere di risanamento ambientale, nonché su diversi punti dell'Accodo di programma, per poi arrivare ad una effettiva riconversione – evidenzia il responsabile del movimento ecologista – attendiamo fatti concreti e opere utili alla tutela della salute pubblica», aggiunge Giorgio Cecco nella sua breve nota a tutela degli abitanti della zona di Servola.

 

 

Temperature record nel 2014 è l’anno più caldo dal 1891 - dati japal meteorological agency
ROMA È arrivata dal Giappone la conferma: il 2014 è stato l’anno più caldo mai registrato da oltre un secolo. Secondo l’Agenzia meteorologica del Sol Levante, per riscontrare un livello simile a quello raggiunto nei passati 12 mesi si deve risalire al 1891. Il riscaldamento è costante e senza l’effetto «El Ninò»: la temperatura globale superficiale è stata di 0,63 gradi oltre la media del Ventesimo secolo, la più alta in assoluto. La Japan Meteorological Agency è la prima delle quattro principali agenzie del pianeta a rilasciare l’elaborazione dei dati sul riscaldamento globale relativo al 2014. Dagli altri tre enti, le americane Nasa e National Oceanic and Atmospheric Administration e la britannica Hadley Center, ci si aspetta una conferma sul preoccupante trend delle temperature. Alcuni scienziati temono un ulteriore aumento a breve. I forti alisei nel Pacifico hanno avuto l’effetto frenante sulle temperature medie globali, consentendo all’oceano di immagazzinare più calore del previsto. Il loro indebolimento naturale porterà al rilascio del calore più rapido del previsto.

 

«Riserva delle Falesie un blitz calato dall’alto»
Opposizione all’attacco sul nuovo regolamento. Ret: tenuti all’oscuro di tutto - E la Comunella di Duino avvia una raccolta di firme contro le limitazioni previste
DUINO AURISINA Per la giunta Kukanja è un grande passo in avanti, come il primo saltello di Armstrong sulla Luna. Ma per l'opposizione, invece, il nuovo regolamento sulla riserva delle Falesie, atteso dal '96, è «l’ennesima dimostrazione che questa maggioranza si riempie la bocca con parole come trasparenza e partecipazione, mentre nei fatti cala dall’alto i suoi indirizzi, senza tener conto dei contributi del centrodestra». E non è solo il Pdl - notoriamente intransigente verso Kukanja&co - a pensarla così, anche la Lista Ret, in genere più morbida verso l'esecutivo, stavolta commenta duramente. Davanti a un provvedimento strategico, l’opposizione è rimasta col cerino in mano: in attesa da mesi di una relazione prima dell'invio della bozza di regolamento alla Regione, che per inciso non è mai avvenuta nonostante l'impegno assunto in commissione, l’altro giorno è letteralmente trasecolata nell'apprendere le novità sulle Falesie. Ma anche la cittadinanza si mobilita: Vladimiro Mervic, presidente della Comunella di Duino, sta avviando una raccolta firme per contrastare: il divieto di nuoto e di accesso a kayak e canoe entro 60 metri dalla linea di costa; la limitazione dell'ancoraggio, oltre i 60 m, ai soli natanti autorizzati dal Comune. «Siamo molto delusi - attacca intanto Andrea Humar (Pdl) -. C’era l'impegno, dopo alcuni incontri pubblici in cui sono sorte perplessità, a compiere un passaggio in commissione, per apportare modifiche, prima di trasmettere tutto alla Regione. Personalmente ho incontrato diversi soggetti, tra cui la Fipsa che rappresenta i pescatori sportivi, e chi opera nell'ittico, promettendo che avrei portato avanti le loro istanze e invece non ho potuto farlo». «Non so - prosegue - se sia colpa di Cunja o Rozza, ma c’era la garanzia assunta da questa maggioranza. Il nostro contributo, è evidente, non è stato ritenuto utile. Per quel che ne so, togliere un così ampio specchio acqueo alla navigazione, in un punto in cui i margini di manovra sono già stretti e il pregio ambientale non è rilevante, mi pare assurdo. E lasciare l'accesso solo su autorizzazione equivale a negare la pesca sportiva. Sul punto presenterò senz’altro un’interrogazione. Questi della maggioranza si riempiono tanto la bocca di trasparenza e partecipazione, ma di fatto calano dall'alto i loro indirizzi, senza alcuna condivisione». Ret non è più tenero: «Sono rimasto allibito: prima di inviare alla Regione la bozza ci sarebbe dovuto essere un tavolo, anche informale, se il problema è dei gettoni...E pure in seguito, col Comitato tecnico-scientifico, una riunione andava fatta: perché è vero che gli esperti sono qualificati, ma taluni aspetti sono così localistici che necessitano di una spiegazione da chi risiede qui». «Che non si sognino, giunta e maggioranza, di mandare al voto un atto così - avverte l'ex sindaco -, perché altrimenti, e io non lo faccio mai, questa è la volta che presento 5mila emendamenti. Alla ripresa dei lavori in municipio, subito chiederò documentazione alla segreteria: nemmeno una mail ho ricevuto. E auspico vi sia una relazione immediata dell'assessore: la gente chiede informazioni e non so che dire. Ci facciamo tutti la figura dei “pimperle”! Forse questa maggioranza è in vacanza da troppo tempo».

 

 

Gli irlandesi studiano la produzione biogas Made in Fvg - la cooperativa drinagh STUDIA La greenway
UDINE Il biogas made in Italy fa scuola: per studiare il modello di attività su cui, negli ultimi anni, hanno puntato diverse aziende agricole in Italia, gli agricoltori della storica cooperativa irlandese Drinagh, attiva dal 1923 in West Cork, hanno scelto la friulana Greenway. La società agricola ha infatti realizzato e completato nel 2012 nel Comune di Bertiolo (Udine) un impianto a biomasse alimentato da una filiera corta di una quindicina di imprese agricole che hanno reagito alla crisi del settore convertendo la propria attività tradizionale nella produzione di biogas. Una scelta che sta pagando in termini di risultati e che rappresenta una via locale all'energia pulita in cui l'Italia, per produzione, può vantare un terzo posto nel mondo alle spalle di Cina e Germania con 1,8 miliardi di metri cubi di metano equivalente annui, 12 mila addetti e 4,5 miliardi di euro di investimenti. «Quello di Greenway è un modello vincente che vogliamo provare ad applicare in Irlanda - ha affermato il responsabile della cooperativa Drinagh, Maurice ÒCallaghan. Anche in Irlanda gli agricoltori conoscono le difficoltà che hanno investito il settore in Italia e stanno provando a riorientare parte della propria attività». Nei suoi primi tre anni di attività, cominciata all’inizio del 2012, la centrale a biomasse Greenway ha prodotto circa 25mila Mwh, risparmiato 4,5mila tonnellate equivalenti di petrolio, realizzato un fatturato complessivo di circa 6 milioni di euro. Un bilancio positivo, secondo Marco Tam, presidente di Greenway Agricola: «Siamo in linea con il nostro piano industriale. La centrale è ben dimensionata, la scelta della filiera corta ha creato una rete locale molto efficiente intorno all’impianto».

 

 

Il querceto recuperato dai ragazzi disabili - Monrupino, un antico bosco rinato grazie al lavoro dell’associazione Terra del Sorriso onlus

Dopo il ripristino dell’ovile di basovizza
Non si fermano mai, neppure col freddo. E con gli anni il loro lavoro sul territorio acquista valenza sempre maggiore, regalando occasioni di aggregazione alla comunità locale. I ragazzi diversamente abili dell'associazione Terra del Sorriso (TdS) Onlus, dopo aver ripristinato l'ovile di Petrovizza si sono impegnati nel recupero dell'antico bosco di querce del colle del Mocilo, seguendo un progetto partito nel marzo 2014 e finanziato dalla Regione. Il boschetto di circa 6mila metri quadrati nel comune di Monrupino, che ospita anche cornioli, carpini e ornielli, mostrava segni di abbandono: sottobosco incolto, crescita arborea selvaggia e fruibilità umana al minimo. Così Haron Marucelli, imprenditore agricolo e tutor dei ragazzi dell'associazione, ha deciso di far intervenire la sua squadra, un gruppo di volontari diversamente abili ormai ben collaudati. «Il recupero dei boschi autoctoni - spiega Marucelli - è in linea con le indicazioni della Comunità europea. Per questo lo scorso marzo abbiamo presentato alla Regione un progetto, con annessa domanda di contributo, grazie alla legge regionale 12/95 per il volontariato». «Arrivare in fondo non è stato semplice», aggiunge Bianca Mestroni, presidente di TdS, «ci siamo dovuti misurare con una burocrazia spesso più grande di noi: inizialmente credevamo di dover sottostare a vincoli di natura idrogeologica e alla direttiva europea che disciplina i Siti di interesse comunitario. Non è stato così. Abbiamo però dovuto superare lo scoglio del vincolo paesaggistico, ma per fortuna abbiamo ottenuto parere favorevole». Così la determinazione di tutti e l'entusiasmo dei ragazzi hanno fatto il miracolo. Le piante troppo giovani sono state eliminate per irrobustire quelle già cresciute, eliminati cespugli e rovi, ramaglie e materiali di scarto sono stati distribuiti agli anziani e ai bisognosi del paese. «Il successo è in realtà frutto di un lavoro di squadra cui hanno partecipato il sindaco di Monrupino Marko Pisani, la Comunella di Repen, il Corpo forestale e l'assessorato per i Servizi sociali del Comune di Trieste, che da tempo sostiene il nostro percorso», precisa ancora Mestroni ricordando l'evento con cui il nuovo bosco è stato ufficialmente festeggiato, nei giorni scorsi, con accompagnamento del coro locale Kraski Dom diretto da Vesna Gustin e la partecipazione delle associazioni Cenacolo Onlus e Girasoli Onlus. Oltre a fortificare il territorio e a ridurre il rischio estivo di incendi, il recupero del bosco è cruciale anche per gli ecosistemi del vicino stagno di Mocilo. Ora toccherà alle pecore tenerlo pulito, mentre agli umani non resterà che godere degli spazi attrezzabili alla bisogna con panche e tavoli, per condividere momenti di integrazione e serenità.

Cristina Serra

 

 

OGGI - Brindisi per “Ogm Free”

Oggi alle 19 nella sede di Legambiente in via Donizetti 5/B si terrà un brindisi per festeggiare Trieste Ogm Free, cioè l’approvazione in Consiglio comunale di una mozione che esprime netta contrarietà alla sperimentazione e coltivazione in tutto il territorio comunale di organismi ottenuti con manipolazione genetica.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 6 gennaio 2015

 

 

Ferriera, sotto la lente lo stato degli impianti - Via all’iter per l’Aia

Giovedì incontro Regione, Comune, Provincia, Ass e Arpa - Situazione difficile in cokeria ancora tutta da “risanare”
Scatta, perlomeno nelle intenzioni degli enti territoriali, la fase di preparazione e sorveglianza sul risanamento ambientale dell’area di Servola connesso all’insediamento del Gruppo Arvedi nello stabilimento della Ferriera. Regione, Comune, Provincia, Azienda sanitaria e Arpa si ritroveranno infatti giovedì attorno a un tavolo, come informa l’assessore comunale all’Ambiente Umberto Laureni, per far partire l’iter che dovrebbe concludersi con l’emissione da parte dell’amministrazione regionale dell’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) a Siderurgica Triestina. «Giovedì si tratterà in particolare - spiega Laureni - di comparare gli interventi di minima già previsti con il primo Accordo di programma con la situazione di fatto degli impianti all’interno dello stabilimento descritta in una relazione dell’amministratore della società Francesco Rosato nella relazione trasmessa subito dopo la firma del secondo Accordo di programma, quello di novembre e, più in generale, di incominciare a dettagliare le prescrizioni che saranno contenute nell’Autorizzazione integrata ambientale». L’articolo 7 dell’ultimo Accordo fissa alcuni degli interventi già individuati necessari ai fini del rinnovo dell’Aia. Sono, per quanto concerne l’altoforno, il revamping completo che riguarda il rifacimento della bocca di carica, dei presidi di aspirazione sul foro di colata e il rifacimento della torre di granulazione della loppa, il ripristino del piano di colata e della macchina a colare, la captazione completa delle emissioni diffuse e il sistema di trattamento dedicato. Per l’agglomerato si prevede il potenziamento del sistema di aspirazione in corrispondenza del rompizolle. Nel settore logistico, la pavimentazione di tutte le aree di messa a parco e delle strade interne allo stabilimento, il confinamento e la copertura delle aree mese a parco, l’adozione di sistemi di contenimento delle polveri durante le fasi di scarico navi, compreso il potenziamento del sistema di irrorazione. Obbligatorie anche captazione e depurazione delle acque meteoriche. La situazione più delicata sembra essere però in cokeria, sulla quale pesa già un atto di diffida del marzo scorso e dove non è stato fatto ancora alcuno degli interventi di maggior rilievo. Il rinnovo dell’Aia potrà essere ottenuto con un revamping completo che riguarda la sostituzione dei montanti deformati, il rifacimento completo di tutte le porte della batteria, il ripristino degli elementi di refrattario danneggiati, la sostituzione dell’asta spianatrice e il ripristino della funzionalità dei sistemi di pulizia automatica delle tenute delle porte. Ancora, il tamponamento parziale del basamento della torre di spegnimento e il suo adeguamento in altezza, l’automazione delle operazioni di carica dei forni, la captazione localizzata delle polveri nei punti di trasferimento del coke e la captazione completa delle emissioni diffuse e sistema di trattamento dedicato, l’adozione di un piano di manutenzione programmata. L’Accordo prevede che «Siderurgica Triestina si impegna a comunicare alla Regione la conclusione sugli interventi della cokeria e a non riprendere la produzione di coke, fatto salvo il mantenimento in temperatura per la sicurezza degli impianti prima della verifica ispettiva da parte di Arpa Fvg». «L’ultima Autorizzazione scaduta a febbraio e le proroghe con cui la Ferriera continua a operare - afferma Laureni - non sono del tutto soddisfacenti. Dovremo essere più scrupolosi riguardo ai picchi di inquinamento sul breve periodo che sono quelli che più allarmano la popolazione e inoltre fin da giovedì dovremo stabilire dei parametri che Siderurgica Triestina dovrà rispettare e che varranno in questa fase ancora di transizione». Lo stesso Accordo afferma anche che «ai fini della continuazione dell’attività, fino all’adozione del provvedimento di rilascio dell’Aia, la Regione potrà imporre al gestore prescrizioni atte a contenere nei limiti di legge le emissioni, all’interno e nelle aree limitrofe allo stabilimento siderurgico, anche mediante temporanee limitazioni dell’attività produttiva qualora tale misura sia ritenuta necessaria, anche in via precauzionale, per la tutela della salute pubblica».

Silvio Maranzana

 

Indagine sullo stress degli abitanti di Servola - Annuncio di Laureni

«Non ho certo timore di un confronto diretto con gli ambientalisti e gli abitanti - afferma l’assessore comunale all’Ambiente Umberto Laureni - Anzi, ho intenzione di incontrare tutte le associazioni e incomincerò giovedì 15 confrontandomi con “No smog”». «Secondo i politici - ha affermato ieri Alda Sancin, presidente di “No smog” - con Arvedi sarebbe incominciata tutta un’altra storia. Ma per noi è solo un altro capitolo della stessa storia, sempre uguale. Sebbene dicano che la cokeria sta funzionando a mezzo servizio, continuano i fumi, continuano gli odori forti e la vita per noi resta estremamente disagiata. Siamo molto curiosi di sapere quello che di nuovo potrà dirci l’assessore Laureni». «Tra le varie iniziative - anticipa Laureni - stiamo firmando una convenzione con l’Azienda sanitaria per un’indagine che anche con l’ausilio di analisi del sangue e delle urine valuterà lo stato fisico, ma anche lo stress psichico degli abitanti. Sarà anche quantificato l’effetto odorigeno, cioé il livello degli odori nell’area.

(s.m.)

 

 

EDILIZIA - Riqualificazione urbana nel piano casa regionale

Una legge sulla casa finalizzata all’identikit dei nuovi bisogni. È la missione che si pone l’assessore regionale ai Lavori Pubblici ed Edilizia, Mariagrazia Santoro, che sposa la promozione di interventi di riqualificazione urbana, senza l’utilizzo di nuovo suolo edificabile, con l’obiettivo di creare semmai un nuovo patrimonio di edilizia sociale.

 

 

Agricoltura - Brindisi animalista per il bando degli Ogm

Domani alle 19 nella sede di Legambiente in via Donizetti 5/B si terrà un brindisi per festeggiare Trieste Ogm Free, vale a dire l’approvazione a larga maggioranza in Consiglio comunale di una mozione che esprime netta contrarietà alla sperimentazione e coltivazione in tutto il territorio comunale di organismi ottenuti mediante manipolazione genetica.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 5 gennaio 2015

 

 

Provincia, in vendita l’ex campo profughi - gli immobili della Provincia da dismettere

Per la vasta area di Padriciano, valutata 7 milioni, si prospetta un futuro come struttura turistica per tutto il Carso
A qualcuno interessa un ex campo profughi al prezzo ribassato di 7 milioni e 66mila euro? Il complesso immobiliare di Padriciano, immerso nel verde Carso, viene di nuovo inserito nel piano annuale di alienazioni immobiliari 2015-2017 della Provincia di Trieste a un prezzo di 300 mila euro inferiore al valore d’inventario del 2013-2014 (il valore di mercato rimane ancora da individuare). La Provincia di Trieste in via di liquidazione, insomma, ci riprova mettendo in vendita uno dei luoghi-simbolo dell’esodo istriano. Potrebbe essere l’ultima occasione. Un piano che assomiglia a quello dello scorso anno se si esclude l’operazione da un milione per la casa della torture di via Cologna. «L’unica cosa seria che siamo riuscita a fare è stata quella con la Cassa depositi e prestiti per l’ex caserma di via Cologna. La prima tra l’altro in Regione - spiega l’assessore provinciale al Patrimonio, Mariella Magistri De Francesco -. A Cassa depositi e prestiti avevamo offerto anche il campo profughi di Padriciano. Per il 2014 però non c’era spazio. Quest’anno glielo riproporremo visto che ora all’attivo c’è anche l’esempio virtuoso di via Cologna». La convenzione con Cassa depositi e prestiti sembra l’unica in grado di valorizzare un bene come l’ex campo profughi e di piazzarlo sul mercato. Prima fanno un progetto e poi tentano di piazzare il bene. E nel caso l’operazione non riesca si impegnano ad acquistarlo come hanno fatto con l’ex caserma di via Cologna. «In ogni casa l’operazione va a buon fine - spiega l’assessore De Francesco -. Dobbiamo riuscire a catturare il loro interesse. E quasi ci siamo. L’ex campo profughi è interessante vista sua collocazione sul Carso nei pressi della Grande viabilità». Ovviamente si pensa a un progetto di valorizzazione turistica. «Vorrei davvero riuscire a portare in porto il progetto di Padriciano. Esiste un turismo medio basso che attraversa Trieste passando solo sul Carso (di tipo religioso, ma anche scolastico). E per questi mancano le strutture» illustra De Francesco. L’ex campo profughi di Padriciano è stato uno dei più grandi degli oltre cento luoghi di accoglienza che in Italia ospitarono dopo il 1947 parte dei 350 mila esuli dall’Istria, Fiume e Dalmazia. Il comprensorio venne progettato quale installazione periferica per le forze armate angloamericane di stanza nel Tlt. Ben presto dismesso, venne prontamente riutilizzato per far fronte all’emergenza profughi. L’intera superficie del centro, abbandonato nei primi anni ’70, è tutt’ora delimitata dalla recinzione originaria ed il campo, pur essendo state demolite le baracche in legno, conserva la struttura originaria. Per la quarta volta, invece, viene messa in vendita Villa Hecht (1400 metri quadrati e 3300 di parco) di via Ginnastica 53 che, costruita agli inizi del '900, fu residenza del console svizzero prima di passare al demanio e diventare quindi sede di istituti superiori. Tre le aste andate deserte. La prima volta, nel 2001, per 2 milioni di euro, la seconda per 1,8 milioni, lo scorso anno il prezzo era già sceso a 1 milione e 377 mila euro. E a questo valore resta sul mercato adesso, anche se il "prezzo d'inventario" è pari a 323.573 euro. La provincia, spera che il 2015 sia la volta buona per Villa Hech come anche per i complesso immobiliare di via Margherita (nove appartamenti sfitti pari a 648mila euro). «Pensiamo di poter vendere anche i complessi residenziali di via Donatello, viale Sanzio, via Vespucci e via Pisani visto che siamo riusciti finalmente ad accatastarli. Faremo una proposta di vendita con prelazione agli inquilini. Alcuni sono dipendenti provinciali interessati all’acquisto» spiega l’assessore.

Fabio Dorigo

 

Resta uno dei simboli dell’esodo
All’interno del comprensorio un museo ricorda l’odissea vissuta dagli istriani
Quello di Padriciano fu uno dei più grandi degli oltre cento luoghi di accoglienza (ex caserme, scuole, magazzini) che in Italia ospitarono dopo il 1947 (questo dal 1948 al 1976) per molti anni parte dei 350 mila esuli dall’Istria, Fiume e Dalmazia; questo campo mantiene larga parte della struttura originaria, custodisce gli arredi ed accessori originali, a testimonianza delle terribili condizioni in cui erano costrette le famiglie di profughi. Il comprensorio venne progettato quale installazione periferica per le forze armate angloamericane di stanza nel Territorio Libero di Trieste. Ben presto dismesso, venne prontamente riutilizzato per far fronte all’emergenza profughi, sempre più pressante a partire dagli anni ’50, con dei picchi nel 1954-55 (Esodo dalla Zona B). Fu una delle infrastrutture militari alleate che, come previsto dai protocolli connessi al passaggio della Zona A del Territorio Libero di Trieste all'Italia, venne destinata al ricovero ed all'assistenza dei profughi istriani che transitavano sul territorio per venire smistati nei Centri raccolta profughi della penisola. L’intera superficie del centro, dismesso definitivamente nei primi anni ’70, è tuttora delimitata dalla recinzione originaria ed il campo, pur essendo state demolite le baracche in legno modello “Pasotti”, conserva inalterata la struttura originaria. Si tratta di uno dei pochissimi campi profughi del territorio nazionale che non abbiano subito modifiche o stravolgimenti dopo la cessazione del loro utilizzo. Il campo era dotato di un ingresso principale situato nella zona centrale del complesso, dotato di un varco a doppia cancellata, ove era situato anche il posto di controllo della Polizia Civile, annesso alle palazzine in muratura dell’amministrazione. L’accesso al campo era strettamente regolamentato sia in ingresso che in uscita e la circolazione non era libera. Nelle ore notturne i varchi venivano chiusi senza eccezioni di sorta persino per i profughi residenti. Sono ancora ben visibili gli edifici a più piani che erano parte delle strutture centrali del campo, nelle quali trovavano posto la mensa comune ed alcuni magazzini ed uffici amministrativi.

 

Sarà ceduta la sede della Fondazione Lucchetta

All’elenco dei beni da alienare si è aggiunto all’ultimo momento anche l’immobile di via Valussi 5 in locazione attualmente alla Fondazione Luchetta Ota D’Angelo Hrovatin. «Non erà tra le nostre priorità. L’abbiamo messo in vendita su loro richiesta - spiega l’assessore De Francesco -. Non possono continuare a investire su un bene che non è loro. Così ci hanno sollecitato più volte ammetterlo in vendita. E soprattutto non riescono a utilizzare fondi ottenuti». L’immobile di via Valussi è stato affidato all’Agenzia del territorio per una valutazione (32.791 euro il valore d’inventario). Tra le novità dei beni in dismissione c’è anche l’immobile di via San Marco (con relativo piazzale), già centro della Motorizzazione civile, che non viene più utilizzato a fini istituzionali. «Uno spazio sprecato per essere adibito ad archivio e fare solo questa attività di revisione. Il piazzale può essere affittato». La valutazione è stata affidata all’Agenzia del Territorio e dopo sarò posta in gara (20mila euro circa il valore d’inventario).

 

 

Da oggi cinque treni per Lubiana
Risolti i problemi sulla tratta italiana da parte delle Ferrovie slovene. Per due mesi il collegamento con il pullman da Sesana
Da oggi cinque collegamenti ferroviari giornalieri diretti tra Trieste e Lubiana. Si potrà finalmente andare e tornare in giornata dalla capitale slovena. La notizia è stata battuta ieri dall’agenzia di stampa slovena Sta che ha diramato un comunicato delle Ferrovie slovene. La novità positiva però si scontra con il fatto che la stazione triestina è quella di Opicina (come è noto, scollegata dalla città) e che la linea slovena è ancora fuori uso dopo il gelicidio dello scorso inverno. E quindi i 5 collegamenti (prima erano solo due) saranno in treno fino a Sesana e poi in pullman fino Lubiana. Almeno per un paio di mesi. «La notizia positiva è che le Ferrovie slovene sono riuscite ad avere da parte della Rfi (Rete ferroviaria italiana) il nulla osta per arrivare fino alla stazione di Opicina con l’elettrolocomotiva. I collaudi fatti negli ultimi mesi hanno avuto esito positivo sulla compatibilità dei messi sloveni con le linee italiane. I mezzi sloveni, infatti, non sono provvisti di alcuni accorgimenti che Rfi considera obbligatori e cioé locomotive provviste dello Scmt (Sistema controllo marcia treno) e vagoni con porte "lateralizzate" per consentire la loro apertura dal lato della banchina. «Il problema è stato risolto e ora, almeno in teoria, lo stesso treno può partire da Opicina e arrivare fino a Lubiana senza cambiare più a Sesana», spiega l’assessore comunale allo Sviluppo economica Edi Kraus. Purtroppo a causa del gelicidio dello scorso anno la linea Sesana-Lubiana non è stata ancora ripristinata e quindi i passeggeri dovranno continuare in pullman da Sesana a Lubiana devono continuare in pullman. La consolazione, per ora, è che potranno evitare il tragitto con la locomotiva diesel di vecchia generazione e che avranno a disposizione cinque collegamenti al giorno, uno addirittura in coincidenza con Vienna. «Il servizio diciamo è ancora un po’ scadente - ammette Kraus - ma il passato avanti è stato fatto. E soprattutto dimostra l’interesse delle Ferrovie slovene a investire sul collegamento con Trieste ancora più importante nell’anno dell’Expo di Milano. E un collegamento di importanza nazionale». Resta un’impresa, invece, ill collegamento tra Opicina a Trieste per via della strada sconnessa e delle linee di Trieste Trasporti. Villa Opicina resta una stazione nel nulla. Perché se vuoi prendere il bus per la Stazione centrale di Trieste (linea 4) devi farti 500 metri a piedi fino a via di Prosecco (altezza pizzeria Brigantino) per poi scoprire che il bus della Trieste Trasporti arriva in piazza Oberdan (altri 500 metri fino alla Stazione centrale, altro chilometrino a piedi. «Su questo bisogna lavorarci - ammette Kraus -. Dobbiamo capire cosa fare con le Ferrovie italiane e la Trieste Trasporti. Con le Ferrovie slovene è più facile dialogare».

Fabio Dorigo

 

L’obiettivo dell’assessore comunale Kraus «Portare il capolinea alla Stazione centrale»
«Il primo step da raggiungere dal nostro punto di vista è la modifica degli orari dell'attuale collegamento Trieste-Lubiana che così come sono congegnati adesso non permettono di andare e tornare in giornata, ma soprattutto la necessità che il capolinea sia portato alla Stazione centrale di Trieste e non si fermi, com'è oggi, a Opicina. Il secondo step è la verifica di un interesse da parte slovena a prolungare il percorso fino alla capitale austriaca ripristinando lo storico tracciato della ferrovia meridionale Vienna-Lubiana-Trieste». Così parlò l’assessore Edi Kraus (nella foto) lo scorso aprile. Il collegamento con Lubiana è stato riaperto dalle Ferrovie slovene il 15 dicembre 2013, ristabilendo un percorso sospeso per quasi tre anni (l'euronight Venezia-Budapest, via Opicina, era stato soppresso nel dicembre 2011). Il collegamento in giornata con Lubiana è stato risolto con i 5 collegamenti giornalieri. Quello, invece, di portare i treni fin nel cuore della città rimane un obiettivo da perseguire.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 4 gennaio 2015

 

 

«Ferriera, vita breve per l’area a caldo»

Sindacato Failms e ambientalisti: incassano i fondi e tra due anni chiudono. Gli abitanti: stop subito alla cokeria
Il sindacato autonomo Failms già qualche settimana fa ha sollevato il pericolo e ieri il segretario Cristian Prella lo ha ripetuto: «L’ultimo accordo di programma obbliga Siderurgica Triestina a proseguire l’attività per due anni soltanto e i lavori fatti sull’altoforno non sembrano adeguati ad assicurare una continuità operativa superiore: c’è il pericolo che tra due anni l’area a caldo venga completamente dismessa con conseguente crollo dei livelli occupazionali ed espulsione proprio dei lavoratori della fascia più debole, cioé affetti da menomazioni e malattie professionali». Ieri, da un altro punto di vista, lo spauracchio è stato agitato in una nota congiunta da Legambiente e Wwf: «Il sostegno alle aree di crisi industriale complessa prevede la continuazione dell’attività siderurgica, con gli impianti attuali, per almeno due anni al fine di accedere ai finanziamenti dei Fondi europei che transitano attraverso la Regione e il Mise e ai soldi della soluzione anticipata del Cip6. Non andrà a finire che si aspetteranno i famosi due anni prima di rendere compatibile la cokeria con il territorio per decidere dopo di chiudere tutta l’area a caldo come richiesto nella mozione Sel (bocciata dagli altri partiti di maggioranza in Comune) anche perchè più volte è emerso - rilevano gli ambientalisti - che solo la banchina attuale e la futura Piattaforma logistica (il cui secondo stralcio per adesso non ha ancora alcun finanziamento) a risultare appetitose per Arvedi più che l’attività siderurgica a caldo?» Contestualmente nel braccio di “ferro” sulla produzione siderurgica tornano a inserirsi anche i cittadini della zona con una nuova petizione corredata da 250 firme che uno dei più battaglieri abitanti di Servola, Nevio Tul ha consegnato nei giorni scorsi al Comune e in cui si chiede che «venga ridiscussa l’eventualità di una chiusura programmata dell’area a caldo della Ferriera con assoluta precedenza all’impianto di cokeria». La petizione richiama il comma dell’ultimo Accordo di programma sottoscritto a Roma il 21 novembre in cui «Siderurgica Triestina si impegna a comunicare alla Regione Friuli Venezia Giulia la conclusione degli interventi sulla cokeria e a non riprendere la produzione di coke, fatto salvo il mantenimento in temperatura per la sicurezza degli impianti prima della positiva verifica ispettiva da parte di Arpa Fvg», ma rileva anche che «è di pubblica visibilità che la produzione del coke non è mai stata interrotta stanti i palesi fumi periodici inondanti la zona e provenienti dalla torre di spegnimento coke». A questo proposito Legambiente e Wwf ricordano anche che l’Accordo impegnava St a presentare entro l’11 dicembre alla Regione gli interventi di risanamento ambientale per contenere le emissioni nei limiti previsti «al fine di attivare la procedura di rinnovo dell’Aia e per poter continuare l’attività».

Silvio Maranzana

 

L’Accordo di programma del 21 novembre fissa anche i requisiti per ottenere l’Aia

L’Accordo di programma del 21 novembre, all’articolo 7, cita anche gli interventi necessari al rinnovo dell’Autorizzazione integrata ambientale. Per quanto riguarda la cokeria, si fa riferimento al revamping completo che riguarda in particolare la sostituzione dei montanti deformati, il rifacimento completo di tutte le porte della batteria, il ripristino degli elementi di refrattario danneggiati, la sostituzione dell’asta spianatrice, il ripristino della funzionalità dei sistemi di pulizia automatica di tenuta delle porte. E ancora, il tamponamento parziale del basamento della torre di spegnimento e suo adeguamento in altezza, l’automazione delle operazioni di carica dei forni, la captazione localizzata delle polveri nei punti di trasferimento del coke e la captazione completa delle emissioni diffuse e sistema di trattamento dedicato e infine l’adozione di un piano di manutenzione programmata.

 

 

Taxi, arrivano gli aumenti dopo 6 anni di calma piatta

Varato dal Comune l’aggiornamento delle tariffe, che prevede un +6,62% medio

Significa che una corsa da 15 euro costerà circa un euro in più. Invariati i forfait

Un “passaggio” da 15 euro di media a bordo di un’auto bianca presto ne costerà più o meno 16. Giusto il tempo di reimpostare i tassametri e di farli “piombare” dai vigili urbani come regola comanda: ragionevolmente entro la fine di gennaio. Martedì scorso, 30 dicembre, nell’ultima riunione del 2014, la Giunta Cosolini ha varato su proposta dell’assessore allo Sviluppo economico Edi Kraus e all’unanimità dei presenti (tutti tranne l’assessore alla Cultura Paolo Tassinari) l’aggiornamento delle tariffe dei taxi triestini. In realtà la stragrande maggioranza delle “voci” rimane inchiodata ai valori di prima: dai due euro del supplemento notturno e/o festivo ai sei della corsa minima, dai 58 euro di forfait per farsi portare dal centro all’aeroporto (idem per i 35 per Sistiana e/o Duino e per i 12 d’importo massimo per Cattinara) fino al confermatissimo sconto rosa del 10% per le donne sole in fascia notturna, tra le 22 e le 6. A cambiare in effetti è un paio di parametri-base, che non risultavano esser stati più toccati addirittura dalla primavera del 2009. Sono quelli compresi nella cosiddetta «tariffa chilometrica a tassametro». Il parametro numero uno destinato ad aumentare è il primo scatto valido per i primi 91 metri di tragitto: da tre euro a tre e mezzo per un incremento percentuale nell’ordine dell’11,7%. Il secondo sono gli scatti successivi: continueranno a costare 10 centesimi l’uno ma scatteranno ogni 83,3 metri e non più ogni 91, dando alla fine un valore di un euro e 20 a chilometro anziché di un euro e 10, per un +10% circa. Per pure questioni tecniche d’arrotondamento, infine, gli scatti in «seconda tariffa», ovvero quelli oltre il perimetro del centro, fatti spesso coincidere con determinate salite (come ad esempio via Bonomea, Scala Santa, via Commerciale e strada per Longera ma dal “sovraprezzo” sono escluse le vie che portano all’ospedale di Cattinara), scatteranno di 10 centesimi ogni 66,6 metri e non ogni 69. Tale inezia, abbinata al resto delle “voci” rimaste invariate (e in mezzo a quelle che non cambiano c’è pure l’indennità per le soste d’attesa: 10 centesimi ogni 15 secondi), mitiga insomma i rincari riguardanti appunto primo scatto e successivi in prima tariffa, comportando in definitiva «per la corsa media ponderata», per un “passaggio” tipo, «un incremento stimato del 6,62%». Un “salto” «che risulta essere inferiore all’indice di rivalutazione calcolato da aprile 2009», come si legge nella delibera di Giunta del 30 dicembre, che sentenzia che «l’aumento richiesto è pertanto compatibile con il coefficiente di rivalutazione Istat». Un +6,62%, per la cronaca, pesa un euro in più ogni 15, da qui l’esempio di inizio articolo. Sempre per la cronaca, va rilevato che l’aggiornamento delle tariffe per il servizio taxi cittadino è stato formalizzato dalla Giunta Cosolini in attuazione di quanto discusso, otto mesi prima, come si evince dalla medesima delibera, «nel corso della riunione della Commissione consultiva per l’esercizio degli autoservizi pubblici non di linea, servizio taxi, tenutasi in data 24 aprile 2014». In quell’occasione, «seduta stante, con il rappresentante dei consumatori presente in Commissione», è stato «valutato che l’adeguamento risulta ragionevole».

Piero Rauber

 

Dagli sconti per le donne ai supplementi per chi viaggia con Fido - il regolamento

Il regolamento definisce con precisione le maggiorazioni per le corse notturne e nelle giornate festive: in entrambi i casi i clienti pagheranno 2 euro in più.La tabella approvata dal Comune prevede agevolazioni per le donne. La tariffa “Taxi rosa” prevede sconti del 10% per chi viaggia da sola dalle 22 alle 6.Supplementi contenuti per il trasporto animali. Per ogni gatto nell’apposito trasportino e ogni cane dotato di museruola il padrone pagherà 80 centesimi in più

 

Dopo Forza Italia anche il Pd boccia il provvedimento di Trieste Trasporti: «Balzello inutile e dannoso»
Critiche bipartisan al tesserino per i bus
Bocciato senza appello da Forza Italia, ma criticato sonoramente anche dal centrosinistra. Sta suscitando accuse bipartisan l’idea dei vertici della Trieste Trasporti di introdurre per gli abbonati l’obbligo di dotarsi di un tesserino di riconoscimento, da esibire in caso di controlli. Una soluzione, secondo i consiglieri comunali del Pd Mario Ravalico, Manuel Zerjul e Alessandro Carmi, che rischia di penalizzare inutilmente gli utenti, specie i più anziani. «Il tesserino di riconoscimento per gli abbonamenti mensili agli autobus, che è una facoltà, con tutta franchezza non ci convince affatto alla luce della normativa e della tariffazione attuale - affermano i tre dem -. Lo riteniamo un doppione e crediamo sia non solo un balzello ma un impegno ulteriore per le persone anziane e per coloro che non hanno internet a disposizione, e dovrebbero pertanto andare di persona agli sportelli. Crediamo che questo strumento non sia in linea con le strategie finora attuate e quindi chiediamo alla Trieste Trasporti un supplemento di riflessione». Una richiesta che però, precisano Ravalico, Zerjul e Carmi, non va letta come una condivisione delle «critiche pretestuose» mosse da Forza Italia. «A noi le polemiche strumentali non interessano - concludono i dem - e guardiamo alle questioni per cercare di affrontarle con spirito costruttivo. Il tesserino di riconoscimento per l'abbonamento annuale era previsto da anni e questo lo sa anche chi dal centrodestra oggi ci critica». «Non possiamo che concordare con quanto sostenuto dal capogruppo di Forza Italia in Consiglio Comunale - rincarano la dose i consiglieri Pd Giovanni Barbo e Marco Toncelli -; purtroppo, infatti la previsione della tessera esiste come indicazione della giunta regionale già dal 2000! Ad Udine, Gorizia e Pordenone è in vigore da anni per tutti gli abbonamenti, ma essendoci la facoltà del gestore ad attuare la disposizione chiediamo fin da subito a Trieste Trasporti di limitare l'adeguamento ai soli abbonamenti annuali per i quali sussiste l'obbligo». A bocciare il nuovo “patentino” è, infine, anche l’associazione ambientalista Fare Ambiente. «I cittadini sono già vessati dalla burocrazia - afferma il coordinatore provinciale Giorgio Cecco -, inutile e dannoso quindi incrementarla con l'obbligo del tesserino. Tale incombenza, in una città con una forte presenza di utenti anziani, provoca sicuramente disagi e non aiuta l'incentivazione all'uso del mezzo pubblico».

 

Tariffe calibrate per invogliare all’uso del mezzo pubblico
la lettera del giorno di Carlo Genzo Membro Direttivo Coped - CamminaTrieste

Un altro anno è iniziato insieme al solito inevitabile aumento delle tariffe dei trasporti pubblici. CamminaTrieste, associazione sorta a difesa dei pedoni e per una città a misura d’uomo, si chiede se a tale aumento dei costi corrisponda un miglioramento del servizio dei Trasporti pubblici per quanto riguarda un aumento della frequenza delle corse, dei servizi in orario notturno, nel rinforzo di linee collegato a determinati eventi quali spettacoli, manifestazioni, incontri culturali, ecc. La risposta, purtroppo, in generale risulta negativa. Senza la pretesa di voler fare un elenco completo dei disagi sopportati da chi utilizza il servizio pubblico, è ammissibile che nei giorni festivi una linea importante come la “20” debba accollarsi il servizio di altre tre linee soppresse in tale giornata (linee “19”, “21” e “23”) con intervalli tra una corsa e l’altra che superano i 20 minuti anche nelle ore di maggiore frequentazione?! In tali casi, un sovraffollamento delle vetture diventa inevitabilmente la regola! Per non parlare di norme burocratiche astruse, appena introdotte, come il fatto di munirsi di uno specifico documento fotografico di riconoscimento, rilasciato da Trieste Trasporti, in concomitanza con l’uso di un abbonamento mensile. Non sarebbe in tal caso sufficiente esibire al controllore un qualsiasi documento con fotografia rilasciato dagli appositi enti pubblici (carta d’identità, patente, ecc.?) Per brevità tralascio qui altri importanti aspetti di funzionamento del servizio di trasporto pubblico, come le annose vicende relative alla richiesta di un prolungamento della linea “5” a Roiano fino a via dei Moreri alta, mai attuata, ecc. CamminaTrieste, associazione che sempre si è battuta a favore dei pedoni e di una città vivibile, ritiene che un efficiente servizio di trasporto pubblico sia la premessa indispensabile per una città a misura d’uomo, dove sia bello muoversi, percorrendo strade più pulite e con minore inquinamento. A tal fine le tariffe dovrebbero essere non aumentate indiscriminatamente, ma piuttosto calibrate in modo da invogliare i cittadini all’uso del mezzo pubblico, favorendo chi usa l’abbonamento (mensile o annuale) rispetto al biglietto singolo, o chi è in condizioni economiche più deboli, come ad esempio gli studenti, i pensionati, le persone anziane. Questo potrebbe essere l’inizio di un nuovo modo di governare che, se non nell’immediato, porterebbe comunque a un miglioramento complessivo e tangibile nei riguardi del luogo in cui viviamo la maggior parte della nostra vita. Con rammarico CamminaTrieste deve notare come finora, nonostante le sue numerose prese di posizione e richieste di incontri con le Autorità, spesso non sia corrisposta adeguata pubblicità e attenzione.

 

 

«Subito un pool di esperti per Porto vecchio»

Il sindaco: bisogna individuare quale può essere la migliore destinazione per il trasferimento del punto franco. Nel 2015 riqualifichiamo il centro storico
AVVERSARIO INDIVIDUATO Il candidato uscirà dall’ultima foto di gruppo con Camber. Dipiazza? Ci ha abituato a cambiare opinione con disinvoltura
Jota, frico e rock’n’roll. Potrebbe essere questa la sigla di chiusura del defunto 2014 con un sottotitolo però appena più serio (salvata la Ferriera e trovate le chiavi per riaprire Porto vecchio. Tutto in una notte). Ogni riferimento a fatti e persone non è puramente casuale. Senza questi due eventi l'anno vecchio per Trieste si sarebbe rivelato un romanzo modesto e noioso, uno di quei libri che si lasciano riposare sul comodino dopo aver letto forse sette pagine. Ma chissà se il sindaco Roberto Cosolini è d’accordo o se dissente. Vediamo, vediamo. «Sicuramente la sintesi è efficace - sbotta - ma c’è anche altro. Il Silos che riparte, la caserma di via Rossetti, il Prg, la crescita del turismo, quest’anno per la prima volta anche a dicembre...». Marketing a parte, sembra che jota a Trieste faccia rima con Porto vecchio, anche se l'uomo che ha trovato le chiavi del “porton”, il senatore Russo, non era neanche presente a quella cena da Suban... Sta diventando un cult forse perché a differenza di tanti incontri e cene di nascosto che si fanno in questa città, con presenze insospettabili, questa era alla luce del sole: lo era perché mi confronto e mi confronterò anche in futuro con chi condivide obiettivi per il futuro di Trieste, per lavorarci insieme. E di pranzi e cene su Porto vecchio se ne sono fatti tanti, si potrebbe scrivere un libro di cucina. Quello che è importante è che un lavoro partito da lontano - ricordo due anni fa la marcia in Porto vecchio - è approdato a un importante risultato. Discorso che riprenderemo dopo, ora passiamo al frico e al rock’n’roll dei Pearl Jam... Una festa bellissima in piazza per la polenta e frico con tantissima gente tanto che il sindaco di Forni di Sopra vuole ripetere l’esperienza l’anno venturo. Il rock’n’roll, invece, fa parte dei grandi eventi che fanno conoscere la città e che lasciano il segno. Ci sarà il grande rock al Rocco anche nel 2015. Metallica, si dice. Facciamo questo annuncio? No, i nomi sono tanti, basta che ne arrivi uno che riesca a riempire lo stadio. I Metallica sono comunque in questa rosa di papabili. Sindaco, faccia un po’ il mago (non di Umago): quale potrebbe essere lo slogan del 2015 per la città? Ci vada però piano, stiamo ormai entrando nel clima agonistico della campagna elettorale e quindi niente spottoni. Se il 2014 ha visto lo sblocco di cose ferme da molti anni nel 2015 devono partire gli investimenti che poi devono tradursi in opportunità di lavoro. Qualche esempio concreto, please. La ripartenza del Silos in primis. Penso che avremo novità conseguenti al piano del commercio, il 2015 sarà un anno decisivo per tracciare la strada per il Porto vecchio. In più il piano Arvedi prevede il laminatoio e quindi nuovi posti di lavoro. Proviamo a incatenare i lettori a questa intervista con qualche domanda cattivella: il centrodestra, quando si sveglia dal suo torpore, sostiene che in tre anni e mezzo da parte della sua amministrazione non s'è vista neanche una nuova opera pubblica. Vero o falso? Più falso che vero. Il centrodestra sa bene che ci ha bloccato il Patto di stabilità e in ogni caso il 2015 sarà un anno di cantieri. A volte voi sindaci usate il Patto di stabilità come un alibi, brutto vizio... Direi proprio di no, è un problema con cui i sindaci in questi anni fanno ogni giorno i conti. Qui siamo riusciti a farcela solo con un consistente piano di alienazioni che ci ha consentito di reperire spazi finanziari. Per usare una metafora calcistica, si potrebbe dire che la sua giunta è come quelle squadre che attaccano attaccano senza mai arrivare in porta. Con rispetto parlando, l’unico centravanti di sfondamento è lei, sindaco, e a volte è costretto a fare anche il mediano o il terzino in questa giunta... Intanto abbiamo un pivot di ruolo e di grande consistenza come Edi Kraus, e non possiamo dimenticare che Elena Marchigiani è una fantasista pura, una trequartista con l’estro che richiede il ruolo... Scherzi a parte, lavorano tutti seriamente e i risultati si vedono. Talora sono penalizzati perché non hanno la smania di apparire rispetto all’amministrazione precedente. Più squadra che solisti. A proposito di Marchigiani, sul fronte del piano traffico tutto bene? Assolutamente sì. Ha lasciato però Trieste per oltre un anno senza un assessore allo Sport in una città dove anche gli ottantenni corrono ancora e vanno in bicicletta o in palestra. Il povero dirigente Dugulin ha dovuto fare l’assessore-ombra passando in pochi mesi dai musei al campo di San Sergio... Oggi c’è l’assessore Kraus ma credo sinceramente di aver ricoperto io questo ruolo se non altro affrontando le emergenze e dando grande spazio alle esigenze dello sport nel piano delle opere pubbliche. Dica la verità sindaco, se potesse permettersi un asse di centrocampo come quello della Provincia, formato da De Francesco-Pino-Zollia l’amministrazione con ogni probabilità funzionerebbe meglio e lei qualche volta potrebbe spegnere il telefonino.... Cita tre persone che stimo molto e di grande esperienza così come stimo molto gli assessori della mia giunta. C’è forse un po’ di esperienza in meno ma ci sono grandi motivazioni. Il telefonino sempre aperto? Un vizio tutto mio... Restando nel ranch delle domande cattive, pur non avendo perso Barcola, né il Pedocin, né la Val Rosandra, abbiamo perso il primato per la qualità della vita scendendo quasi a metà classifica. Un bel danno per l’immagine turistica della città. Il “Sole 24 Ore” ci ha declassato quasi fosse una società di rating. Ha chiesto spiegazioni? Non li ho contattati. Intanto mi piacerebbe giocare un campionato solo visto che in questi giorni “Italia Oggi” ci ha fatto salire di una ventina di posizioni. Sulla graduatoria del “Sole” ritengo ci siano degli aspetti surreali come considerare Trieste meno sicura delle città dei racket ma alcuni indicatori sono proprio sballati: tipo il numero di cinema, sembra che ne abbiamo solo due! E magari non si considerano i teatri. L’unico vero dato preoccupante della graduatoria che figurava anche quando eravamo in alto è la scarsa propensione all’impresa. Cambiamo gioco. La politica per il momento cambia solo a parole e non è populismo. Un consigliere regionale che ha zero responsabilità continua a percepire 1500 euro in più rispetto a un sindaco di una città di oltre 200mila abitanti. Non le fa rabbia? Forse doveva continuare a fare l’assessore regionale... Credo sia evidente a tutti che le responsabilità e l’impegno di un sindaco di una città capoluogo siano maggiori di quelle di un consigliere regionale o di altri che si potrebbero citare. Sono soddisfatto della mia condizione e sono soprattutto contento di fare il sindaco. Grandi temi. Dopo il blitz notturno di Russo su Porto vecchio, da Antonione fino ad arrivare a Fedriga ne abbiamo lette di tutti i colori. Una volta liberata quell’immensa area bisognerà veramente restituirla alla città e soprattutto bisognerà smentire la Lega. Niente speculazioni edilizie altrimenti solo chi avrà molti soldi potrà prendersi una casa sul waterfront o questo le sembra un ragionamento troppo di sinistra per una giunta targata Pd... Ho detto più volte e ribadisco che quell’area è destinata a diventare una parte della nuova Trieste, non un residence di lusso. Questo tema della speculazione mi pare francamente stucchevole, soprattutto da chi difende il degrado e l’abbandono da molti anni. Fedriga in particolare sostiene che è stato tolto il demanio per il nulla, che non c’è nessun progetto... Chiariamo una cosa: l’area è stata data alla città, quindi alla comunità che oggi può deciderne il destino. Tanto per fare un paragone alcuni anni fa era stata data direttamente a una società, la Porto Vecchio Srl. Ci rendiamo conto della differenza? Oggi la città può progettare e decidere cosa farne per creare sviluppo e lavoro. Quali sono le priorità? Decidere subito dove spostare il punto franco così sgombriamo subito il campo da equivoci come quello che lo vogliamo eliminare. Nei prossimi giorni chiamerò operatori ed esperti di portualità e di punto franco a esprimere pareri sulla migliore destinazione per il trasferimento. Ma questa nuova città la vedranno appena i nostri nipoti... Questa è forse la più importante trasformazione di un fronte mare in Europa. Richiederà i suoi tempi ma si può iniziare a recuperare il troppo tempo perso. Già che tocchiamo questo tema, come vede la partita a poker per la presidenza del porto? Tre nomi e il quarto per il poker non sarà sempre Monassi? In giro si sente odore di commissariamento... Credo che il commissariamento non sarebbe un bene. C’è una terna, non è stata chiesta una seconda e quindi secondo le norme esistenti il ministro deve scegliere un nome d’intesa con il presidente della Regione. Non penso proprio che nel futuro di Marina Monassi ci sia il porto di Trieste. Quello del porto resterà un tema buono per la sua campagna elettorale. A proposito: è convinto che tutto il Pd regionale e locale sia d’accordo su un Cosolini-bis? In giro si sentono anche altri nomi, probabilmente messi ad arte, ma anche Barcola o la Barcolana vorrebbe il proprio sindaco... Chiacchiere da bar? Premesso che ho apprezzato il convinto sostegno di Rosato e di Russo, ritengo che un sindaco in carica fa i conti soprattutto con il bilancio che presenta a fine mandato e su questo nonostante i tempi difficili, sono convinto che sarà un buon bilancio. Dopo si decide insieme ma non in bar. E neanche a Barcola... Si decide a Trieste anche perché il Territorio libero di Barcola celebrato da una canzone dei Sardoni Barcolani Vivi non è stato ancora istituito.... L’altra volta ha avuto vita facile contro un candidato in cui non credeva la sua stessa coalizione: chi si aspetta di trovare ora come sfidante? Dipiazza? Fedriga? Savino? Non c'è tanto altro in giro... Se la compagine avversaria è quella della foto del gruppo per l’immobilismo di Porto vecchio dovrebbe candidarsi uno di loro. Anche perché la disinvoltura a cambiare opinione a cui ci ha abituato Dipiazza su Porto vecchio diventerebbe un triplo salto carpiato. Per associazione di idee, dopo Dipiazza possiamo fare un salto in supermercato. Caso Coop: la sensazione è che la politica si sia distratta o che si sia preso un colpo di sonno. Pur essendo la situazione critica da mesi, nessuno si è sognato di chiedere le dimissioni del cda di Livio Marchetti. Senza l’intervento della Procura della Repubblica di Trieste l’impresa sarebbe andata a picco... Come ho già avuto modo di dire, un’operazione insieme con Coop Italia per affrontare la situazione delle Coop Operaie era in corso. La Procura poi è intervenuta valutando la situazione come molto compromessa. Resta il fatto che nessuno ha azionato l’allarme per fermare il treno Coop che stava deragliando... Preoccupazione ce n’era e quindi ribadisco che c’era un lavoro preparatorio per una svolta radicale. Non credo però che fosse compito della politica chiedere dimissioni di una carica che dipende dai soci della Cooperativa. Prima ha detto che sarà l’anno dell’apertura dei cantieri e dei tagli di nastro. Da dove si comincia? A brevissimo partono i lavori per la riqualificazione di Ponterosso e quindi si completa la valorizzazione del centro storico. In parallelo tanti lavori nelle scuole. Come detto il 2015 sarà l’anno di inizio dei lavori del Silos, Trieste riavrà un centro congressi. Bene, guardi che tra un anno andremo a controllare... D’accordo, allora vuol dire che ci andremo insieme.

Maurizio Cattaruzza

 

«Non possiamo perdere altro tempo prezioso»
Il senatore Francesco Russo pungola il ministro Lupi: «In 90 giorni in Cina si fa un grattacielo...»
Sulla probabile proroga tecnica di 45 giorni a Marina Monassi si scatena il senatore del Pd Francesco Russo, l’uomo che con un gioco di prestigio ha portato via il demanio da Porto vecchio. «Mentre in Cina 90 giorni bastano per costruire un grattacielo di 220 piani, a Trieste non sono sufficienti nemmeno per decidere chi debba essere il prossimo Presidente dell’Autorità Portuale: se la rosa di nomi è pronta da metà ottobre qual è il vero motivo che impedisce la scelta finale?» «E’ impossibile pensare di competere sui mercati internazionali con processi decisionali così lenti: Trieste e il suo porto, a partire dal 2015, hanno davanti sfide ambiziose - penso alla riqualificazione di Porto Vecchio, l’ampliamento del Molo VII, la valorizzazione del punto franco – che richiedono visione, capacità di scelta, dinamismo e coraggio. Ecco perché non possiamo perdere altro tempo prezioso. Al timone del Porto triestino, abbiamo bisogno fin da subito di qualcuno che, pienamente legittimato, sia capace di dare una virata netta rispetto al passato: a tal proposito la notizia della proroga di Marina Monassi, purtroppo, non incoraggia a essere ottimisti», aggiunge Russo. «Ma ancor più preoccupanti sono le voci che continuano a rincorrersi rispetto a un possibile commissariamento del nostro scalo: sarebbe davvero una scelta incomprensibile, l’ennesima vittoria del partito dell’immobilismo. Mi piacerebbe che il Ministro Lupi desse chiarimenti inequivocabili rispetto ai tempi e alle modalità con cui verrà individuato il prossimo presidente dell’Authority: per questo sono convinto che, nei prossimi giorni, tutti i parlamentari della regione assieme alla Presidente Serracchiani abbiano il dovere di sollecitarlo ad un impegno più deciso affinché risposte soddisfacenti arrivino in tempi rapidi e certi». Russo è come un fiume in piena. «E credo sia giusto che queste risposte vengano date pubblicamente, alla luce del sole e con la massima trasparenza. Lo dobbiamo non solo ai cittadini di Trieste ma anche a tutti gli operatori già presenti nel nostro scalo. Solo con regole certe, processi e tempi decisionali snelli - conclude Russo - il nostro Porto potrà affrontare in maniera adeguata le difficili sfide a cui tutto il sistema della portualità alto-adriatica andrà incontro».

 

 

Inquinamento Appello del Comune contro le Pm10

Il Comune di Trieste comunica che, a seguito del quadro meteo caratterizzato da aria stagnante, è previsto un incremento delle polveri sottili (PM10) con un massimo indicato per la giornata di domani. In tal senso, pur non essendosi ancora verificate condizioni tali da far scattare le necessarie chiusure del centro alle auto, l’amministrazione rivolge un appello alla cittadinanza affinchè adotti comportamenti idonei a ridurre al minimo le emissioni, soprattutto per quanto concerne l'uso dei mezzi di trasporto privati e, per quanto possibile, degli impianti di riscaldamento.

 

 

Brindisi animalista per Trieste Ogm free

Il Consiglio comunale ha approvato a larga maggioranza una mozione in cui esprime la propria contrarietà alla sperimentazione, coltivazione e allevamento di organismi ottenuti mediante manipolazione genetica. L’ingresso di Trieste nel gruppo dei comuni Ogm free verrà festeggiato mercoledì alle 19 con un brindisi nella sede di Legambiente in via Donizetti.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 3 gennaio 2015

 

 

In cinque a caccia del petrolio in Adriatico

La Croazia assegna concessioni e 10 aree esplorative. All’italiana Eni la zona centrale. Accordo di Zagabria col Montenegro
TRIESTE L’avventura petrolio in Croazia è ufficialmente iniziata ieri. Il governo guidato dal premier Zoran Milanovi„ (centrosinistra) nella prima riunione dell’anno ha stabilito a quali società offerenti concedere la concessione per lo sfruttamento dei giacimenti di oro nero e di gas presenti sotto i fondali del mare Adriatico. La licenza per l’esplorazione e lo sfruttamento in complessive dieci aree è stata concessa a cinque società: Marathon Oil (Usa), Omv (Austria), Eni (Italia), Medoilgas (sede a Londra) e Ina (Croazia). Il valore stimato dei piani di investimento delle società “appaltatrici” è di 53 milioni di euro e il periodo di esplorazione durerà 5 anni. Il consorzio formato dalla Marthon Oil e la Omv si è aggiudicato lo sfruttamento di sette aree, di cui una nella parte settentrionale dell’Adriatico, quattro in quella centrale e due nell’area meridionale. Il consorzio costituito dall’italiana Eni e dalla Medoilgas ha ottenuto la concessione per una sola area nella parte centrale dell’Adriatico mentre alla Croata Ina sono andate due aree nella parte meridionale. Il ministro dell’Economia, Ivan Vrdoljak ha annunciato che nelle casse dello Stato saranno immediatamente versati 100 milioni di kune (13 milioni di euro) dopo la firma dei contratti in termini di compensazione. «Anche in queste condizioni geopolitiche instabili, con la crisi economica in atto e l’incertezza relativa ai prezzi del petrolio - ha dichiarato il ministro Vrdoljak - la Croazia ha dimostrato di essere uno dei Paesi di maggior successo nella gara per l’esplorazione e lo sfruttamento di idrocarburi nel mondo». Egli ha altresì precisato che quella croata è stata la principale “gara” per l’ottenimento di concessioni petrolifere al mondo nel 2014 e che posiziona il Paese come uno degli Stati leader dell’energia nel Sudest europeo. La decisione di concedere dieci licenze per l’esplorazione e lo sfruttamento di idrocarburi nell’Adriatico è stata assunta dal governo a porte chiuse e giunge dopo la conclusione il 3 novembre scorso della gara pubblica. Ricordiamo che all’esecutivo di Zagabria erano allora pervenute le richieste di sei società, riguardanti 15 zone di sfruttamento nel sottosuolo marino. Adesso, come spiega la direttrice dell’Agenzia per gli idrocarburi della Croazia, Barbara Dori„, saranno avviate le trattative che si concluderanno con la firma dei relativi contratti di esplorazione e sfruttamento. Il termine ultimo per la firma dei contratti scadrà il prossimo 2 aprile. Le società che hanno ottenuto la concessione già in fase di offerta sono state obbligate ad accettare le disposizioni contenute nel progetto di accordo incluse nei documenti di gara e hanno dovuto indicare i punti che si sono riservate di chiarire. Il ministro Vrdoljak ha altresì precisato come la Croazia sia costantemente in contatto con le autorità governative del Montenegro in quanto si sta lavorando a un progetto comune che si concretizzerà in un memorandum d’intesa per lo sfruttamento di idrocarburi, petrolio e gas in Adriatico. «Fino alla fase operativa - ha concluso Vrdoljak - che sarà il momento cruciale per attuare l’accordo sicuramente i nostri due Paesi avranno definitivamente risolto le questioni ancora aperte in tema di confini nazionali». Da notare come le società concessionarie siano tutte europee o statunitensi e già questa è una risposta all’avanzata geopolitica russa in tema di sfruttamento energetico soprattutto dopo l’abbandono del progetto South Stream. E il progettato rigassificatore di Veglia potrebbe essere una sorta di ciliegina sulla torta della controffensiva nell’area balcanica targata Washington soprattutto se da oltre oceano arriveranno gli indispensabili dollari per la realizzazione.

Mauro Manzin

 

 

Riserva delle Falesie al via, 19 anni dopo
Pronto all’approvazione del consiglio di Duino Aurisina il regolamento. Tra le prescrizioni anche aree off limits ai natanti
DUINO AURISINA Ormai è cosa fatta: questione degli ultimi recepimenti e della loro ratifica al primo Consiglio comunale utile e la Riserva naturale delle Falesie di Duino uscirà dalla carta per iniziare a funzionare sul serio. È infatti in via di conclusione l'approvazione del suo regolamento, un iter di lunga gestazione - per usare un eufemismo -, visto che il provvedimento si attende dal 1996. Tra le prime conseguenze di rilievo: la creazione di una zonizzazione degli specchi acquei, con aree off-limits ai natanti per la tutela delle specie aviarie radicate. Qualche giorno fa è giunta al municipio una lettera del Servizio regionale di Tutela del paesaggio e delle biodiversità per informare il Comune, in qualità di ente gestore della riserva, che il Comitato tecnico-scientifico per le Aree protette, riunitosi in seduta il 23 giugno scorso, aveva espresso parere favorevole alla bozza di regolamento predisposto dall'ente locale e trasmesso alla Regione con preghiera di approvazione. Il Comitato, come si apprende, ha però introdotto alcune modifiche con richiesta che vengano formalmente recepite, oltre a un elenco di cinque punti da integrare. «A una prima lettura – spiega l'assessore al Turismo Andrej Cunja - le proposte di modifica e integrazione appaiono di rilevanza più formale che sostanziale e non sembrano affatto stravolgere l'impianto originale della bozza che il Comune aveva a sua volta redatto, grazie a un percorso partecipato con vari incontri pubblici, a conferma quindi della bontà del lavoro svolto dall'ente». «L'amministrazione – annuncia - è ora chiamata a rispondere alla Regione sui punti sollevati; come fatto in precedenza interpellerà sia la maggioranza che la commissione consiliare competente. Una volta concordato con la Regione il testo finale, circostanza che alla luce dei fatti sembra cosa quasi fatta, il Consiglio comunale lo ratificherà e la Regione lo approverà, chiudendo così l'iter, in attesa di una conclusione dal lontano 1996». A margine della vicenda il comitato regionale ha comunque «approvato la zonizzazione dello specchio acqueo antistante le falesie così come è stato richiesto dal Comune». Pertanto verranno istituite tre zone: una fascia di tutela integrale fino a 50-60 metri dalla costa, a sua volta suddivisa in due aree. In quella più ampia (da Duino verso Sistiana) l'accesso sarà totalmente interdetto, a tutela dell'avifauna presente sulle falesie stesse come da indirizzo di Maurizio Rozza, presidente della Seconda commissione consiliare; mentre nell'area adiacente alla Caravella, quella coi fondali più interessanti, sarà possibile l'attività subacquea turistico-sportiva. «Nell'area rimanente – chiarisce l'assessore Cunja – e fino a 500 metri dalla costa sarà possibile l'accesso e l'ancoraggio ai natanti provvisti di autorizzazione, che verrà rilasciata dal Comune». «A questo punto - aggiunge - si rende necessaria la perimetrazione fisica delle varie zone, mediante la posa di boe di segnalazione: ciò verrà messo in atto con una delle misure del Gruppo di azione costiera Fvg, che troverà applicazione nel 2015 con le risorse già stanziate dal Fondo europeo della Pesca in perfetta concordanza temporale». Ampia la soddisfazione: “Il cerchio dunque si chiude ed era, finalmente, ora», conclude.

Tiziana Carpinelli

 

Inquinamento da polveri sottili: appello del Comune
Il Comune di Trieste comunica che, a seguito del determinarsi di condizioni climatiche caratterizzate da aria stagnante, è previsto un incremento delle polveri sottili (PM10) con un massimo indicato per la giornata di lunedì 5 gennaio. Anche se non si dovesse arrivare alla chiusura del centro secondo quanto previsto dal Piano di Azione Comunale, si segnala quanto sopra affinchè la cittadinanza adotti comportamenti idonei a ridurre al minimo le emissioni, specificamente per quanto concerne l'uso dei mezzi privati e, per quanto possibile, degli impianti di riscaldamento. Eventuali provvedimenti restrittivi saranno tempestivamente comunicati.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 2 gennaio 2015

 

 

Muggia, Piano regolatore attento alle reti

Riconoscimento nazionale per la sensibilità nel preservare e stimolare turismo, marchi e bandiere blu
MUGGIA Prosegue l'iter che nei primi mesi di questo anno porterà Muggia all'approvazione del nuovo Prgc, il Piano regolatore. Dopo essersi conclusa la fase di presentazione delle opposizioni e osservazioni, arrivate in un numero tale da confermare che le scelte attuate dalla giunta Nesladek nel pianificare il proprio territorio sono state complessivamente ben accolte anche da parte della cittadinanza, il Piano pare aver confermato un carattere innovativo da molti punti di vista. In particolare per la sua evidente attenzione alla limitazione del consumo del suolo e alla valorizzazione del territorio, “riconosciuta” anche a livello nazionale. Un'importante conferma del fatto che proprio da questo punto di vista la metodologia applicata alle strategie di pianificazione del territorio muggesano rappresenta un importante elemento distintivo giunge dalla pubblicazione di un articolo, scritto dai progettisti che hanno redatto la parte ambientale del Piano stesso, Cordara e Trentanovi, sull'autorevole rivista tecnico-scientifica “Reticula”. È una rivista on-line di riferimento primario nel panorama nazionale, coordinata dal Settore pianificazione del Dipartimento della difesa della natura. Nel testo è stata sottolineata l'attenzione riservata al miglioramento della qualità ambientale e della valorizzazione della qualità paesaggistica, attuate anche attraverso la limitazione del consumo del suolo, seguendo le direttive e le successive indicazioni che questa amministrazione ha voluto dare per la redazione del Piano. Al solo ragionamento relativo alle zonizzazioni si sono aggiunti altri parametri di connessione del territorio, impostando un approccio con una visione di più ampio respiro del territorio stesso, che è stato visto attraverso «la prevalenza delle reti». Reti reali o fisiche, come la rete ecologica, la rete della mobilità, la rete del paesaggio o quella relativa al sottosuolo ma anche pensando a reti virtuali di grande valore strategico, come quella rappresentata dal Patto tra i sindaci, le bandiere blu, le reti dei marchi territoriali alimentari, dando al concetto di reti un valore maggiormente eco-sociale. L'applicazione di questo approccio è leggibile, per esempio, nel concetto di turismo sostenibile contenuto nella 31esima variante al Prgc. «La questione della connessione delle reti dovrebbe, così come viene evidenziato nell'articolo, essere elemento centrale della pianificazione di tutte le amministrazioni, poiché l'attenzione agli ecosistemi non deve tramutarsi esclusivamente in un blocco all'espansione dell'edificazione – ha commentato il vicesindaco e assessore all’Urbanistica Laura Marzi - ma deve servire a responsabilizzare l'amministrazione comunale a pensare allo sviluppo sostenibile del proprio territorio senza compromettere il patrimonio paesaggistico e naturalistico ma valorizzandolo, anche a fini turistici nel medio e lungo periodo».

Riccardo Tosques

 

 

 

 

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