RASSEGNA STAMPA gennaio -
giugno 2014
IL PICCOLO - LUNEDI',
30 giugno 2014
Weekend senza auto, via al piano traffico
Da sabato 5 luglio, in occasione della Notte dei saldi, comincia la
sperimentazione con le vie Mazzini e Imbriani chiuse
LA STRATEGIA DEL COMUNE Non c’è un termine per la chiusura delle due arterie, se
il sistema poi funziona può diventare effettivo dicono in Municipio
Torna la notte dei saldi. Una notte ”sui tacchi” che inaugura la
pedonalizzazione di via Mazzini e via Imbriani. Sperimentale, ma non a termine.
La decisione è stata presa e sarà resa nota, nelle sue modalità, domani in una
conferenza stampa. La notte scelta quest’anno per dare il via alle vendite
estive di fine stagione è quella di sabato 5 luglio. La delibera comunale è
stata approvato il 20 giugno. L’edizione 2014 della “Notte dei saldi” ricalca
quella dell’anno scorso (che era incentrata sul tema “vintage”) con la novità
dell’avvio della sperimentazione della pedonalizzazione nei weekend di via
Mazzini (fino via Roma) e via Imbriani. Una sperimentazione che potrebbe
diventare effettiva. Non è prevista, infatti, nessuna scadenza. Basta che
funzioni e non crei troppi problemi. «Non abbiamo dato un termine» fanno sapere
dal Comune. Intanto si parte da sabato: un anticipo del piano del traffico. La
chiusura nei weekend (da sabato mattina a domenica sera) non è una novità
assoluta. Viene già sperimentata con successo in altre città come Bologna, per
esempio, dove le centralissima vie dell’Indipendenza, via Ugo Bassi e via
Rizzoli chiudono al traffico il sabato e la domenica per la gioia dei cittadini
e dei commercianti bolognesi. A Trieste, quindi, la Notte dei saldi diventa il
Weekend dei saldi. Tutti i fine settimana via Mazzini e via Imbriani chiuderanno
al traffico. «Abbiamo scelto di iniziare a luglio. Stiamo definendo con la
Provincia e la Trieste Trasporti i nuovi percorsi degli autobus. Sarà la prova
generale del nuovo piano del traffico» fa sapere l’assessore alla Pianificazione
urbana e alla Mobilità Elena Marchigiani. «In questo modo inauguriamo un doppio
regime di funzionamento della città», aggiunge l’assessore. Per Trieste si
tratta di una sperimentazione nella sperimentazione. Un modello che potrebbe
essere adottato anche in altre situazioni. «Da una parte è un sostegno al
commercio e un inizio di pedonalizzazione che abitua le persone in modo graduale
a muoversi in modo diverso - spiega Marchigiani -. Iniziamo adesso così ci si
abitua per tempo quando partirà il piano del traffico. Gli impatti sulla
mobilità privata sono quasi nulli: si tratta solo di un tratto di via Imbriani.
Non è uno stravolgimento della viabilità privata». Inoltre il provvedimento
riguarda solo il fine settimana. «Si tratta dell’avvio dell’attuazione del piano
del traffico per quelle aree. Abbiamo colto, d’intesa con i commercianti,
l’occasione della Notte dei saldi» aggiunge Marchigiani. Prove generali,
insomma. Sull’avvio delle vendite estive a prezzo ribassato punta molto il
Comune. L’assessore alla Sviluppo economico, Edi Kraus, ha scelto, dopo il
successo della scorsa edizione, di concentrare gli sforzi promozionali per la
Notte dei saldi con una campagna sui media regionale ed esteri, in particolare
nelle località turistiche. Il Comune ha messo in campo 15 mila euro. Ad
AcegasAps spetteranno i servizi di pulizia. A PromoTrieste, invece, spetta la
predisposizione di pacchetti turistici legati all’evento. Lo scopo è quello di
attirare acquirenti dalle località turistiche come Lignano e Grado, e da quelle
dell’Istria, ma anche dalla Slovenia e dall’Austria. E gli intrattenimenti? Per
ora sia che, nell’ambito della Notte dei saldi, è prevista un’iniziativa
pedonale ad alto rischio: “Corsa con i tacchi by Trieste”. E stata proposta da
Radio Punto Zero in Corso Italia, sede dell’emittente radiofonica, nell’area
pedonalizzata che da via San Spiridione a via Roma. L’evento, che replica quello
dell’anno scorso sugli anni Sessanta, non avra alcune costo per
l’amministrazione. La “Corsa coi tacchi by Trieste” sarà accompagnata da
intrattenimenti musicali ed esibizione di ballo. L’aerea della corsa sui tacchi
sarà transennate. La sicurezza sarà a cura della polizia municipale. Una corsa
sui tacchi non è senza rischi riproduzione
di Fabio Dorigo
Rigutti: «Adesso si può cominciare a essere ottimisti»
«L’ottimismo imperversa sempre». Franco Rigutti, vicepresidente di
Confcommercio Trieste, fa sfoggio dell’ottimismo della volontà per questa
edizione della Notte dei saldi. La crisi dei consumi persiste, ma non è
stagnante. Qualcosa si sta muovendo sugli scia anche degli 80 euro messi nelle
buste paga dal governo di Matteo Renzi. «Alcuni segnali a livello nazionale
parlano di una ripresa del dettaglio in Italia. I dati dell’ultimo semestre
parlano si un sentimento più positivo dei consumatori - continua Rigutti -.
L’avvio dei saldi a Trieste potrebbe rispecchiare questa tendenza. Il successo
dello scorso anno fa ben sperare. E dopo vediamo...». Il suo ottimismo è legato
anche alla pedonalizzazione sperimentale che si aprirà con la Notte dei saldi
per le vie Mazzini e Imbriani. «Abbiamo condiviso l’utilità della chiusura al
traffico. Noi crediamo molto nella pedonalizzazione di questa zona (Rigutti, tra
l’altro, ha il negozio d’abbigliamento proprio in via Mazzini, ndr) - conclude
il vicepresidente di Confcommercio -. Noi ci auguriamo che questa
sperimentazione serva per accelerare la chiusura».
Fareambiente - Incarico nazionale assegnato a Cecco
Giorgio Cecco, già responsabile regionale del Fvg e
coordinatore triestino di FareAmbiente, è stato nominato dal presidente
nazionale del movimento ecologista Vincenzo Pepe responsabile nazionale per le
problematiche della casa. Le sue priorità saranno sviluppo sostenibile,
risparmio energetico e riqualificazione del patrimonio esistente.
“Trieste on sight”, giovani e futuro - Campo Sacro
“Trieste on sight” dalle 16 Info su www.arciserviziocivilefvg.orgSi conclude
all’ostello Amis di Campo Sacro “Trieste on sight”, promosso da Arci Servizio
Civile in co-organizzazione con il Comune di Trieste. Di particolare rilievo
sarà l’incontro delle 18 sul tema “Immaginare e sostenere il futuro”:
un’occasione di confronto e condivisione per tracciare assieme le linee delle
politiche per le giovani generazioni dei prossimi anni. Saranno presenti molti
esponenti istituzionali e del terzo settore. Precedentemente, alle 16, si terra
il laboratorio a cura di Arci su “Carbon Footprint: come calcolare e ridurre il
nostro impatto sull’ambiente”. Gran finale musicale con il concerto dei Levisit
(cover Cure, Joe Division, New Order, e composizioni originali),
Bencazzadadiscoparty2 (composizioni originali), You shot a doe (dinamico trio
punk rock) con dj set a cura di Radio Fragola. Durante la giornata saranno
attivi punti di ristoro.
IL PICCOLO - DOMENICA,
29 giugno 2014
Muggia, amianto da rimuovere - Il primo cittadino
Nesladek chiederà contributi alla Serracchiani
Contributi per la rimozione e lo smaltimento di materiali contenenti amianto
e per il risanamento degli edifici pubblici e privati e per la riduzione
dell’inquinamento ambientale. È questa la richiesta che verrà inoltrata dal
sindaco Nerio Nesladek alla Regione dopo il nulla osta arrivato da parte della
Giunta comunale muggesana. «L’attuale normativa prevede che il soggetto pubblico
o privato, proprietario del manufatto, sia obbligato a smaltire correttamente il
rifiuto contenente amianto rivolgendosi direttamente a ditte specializzate ed
autorizzate e sostenendo conseguentemente dei costi non trascurabili», racconta
l'assessore all'Ambiente Fabio Longo. Per questo motivo «è necessario attivare
misure mirate alla salvaguardia dell’ambiente e sensibilizzare i cittadini a
incentivare i controlli e la corretta manutenzione o smaltimento dell’amianto
riscontrabile, al fine di evitare depositi di materiale che possano arrecare
pregiudizio per la salute pubblica, anche attraverso l’erogazione di un sostegno
finanziario». Alla Giunta Serracchiani verranno chiesti contributi, per spese di
recupero, trasporto e smaltimento di materiali contenenti amianto, da destinare
al risanamento di edifici e manufatti, sia pubblici che privati, esistenti sul
territorio comunale e per l’avvio di attività collaterali di controllo e
manutenzione e in materia di prevenzione e riduzione dell’inquinamento
dell’ambiente causato dall’amianto. «Inoltre richiederemo incentivi per attività
di recupero, trasporto e smaltimento di rifiuti contenenti amianto in caso di
abbandono sul territorio comunale che possano arrecare pregiudizio per la salute
pubblica», ha aggiunto Longo. I manufatti in amianto risultano di per sé
pericolosi soltanto quando siano in grado di rilasciare nell’ambiente
circostante fibre aerodisperse estremamente sottili e resistenti, il cui
diametro ridottissimo permette loro una lunga permanenza in sospensione
nell’aria, che mantengono le loro proprietà chimico-fisiche e che possono essere
facilmente inalate attraverso la respirazione, con conseguente pericolosità per
l’uomo, determinando danni gravi, spesso irreversibili, principalmente a carico
delle vie respiratorie. Non risulta sempre facile stabilire le condizioni dei
manufatti ed individuare la presenza dell’amianto in opera, per cui spesso si
rende necessario rivolgersi a personale competente per un’accurata verifica
anche con analisi di laboratorio i cui costi gravano sul proprietario. Tali
analisi devono essere condotte periodicamente perché gli stessi manufatti sono
inevitabilmente soggetti a degrado nel tempo a causa di intemperie o eventi
accidentali.
Riccardo Tosques
IL PICCOLO - SABATO,
28 giugno 2014
Miramare, ticket di 5 euro per entrare al castello
Aumento dal 1.o agosto, la cifra era ferma dall’epoca
della lira.
Intanto il ministero vara una rivoluzione: gli incassi
non prenderanno più la strada per Roma
Per Miramare la povertà forzata è finita. Ai siti culturali di proprietà
dello Stato verrà restituita l’intera somma incassata coi biglietti d’ingresso.
Che dal 1.o agosto, fra l’altro, al castello aumentano. Passando da 4 a 5 euro.
Trattenere gli incassi era quello che Trieste chiedeva con forza per non veder
soffrire di forzato degrado il suo luogo turistico “cult” a causa di scarsi
finanziamenti dallo Stato. Il provvedimento del governo, avviato dal ministro
Massimo Bray, è stato reso esecutivo da Dario Franceschini che della nuova legge
e delle sue conseguenze (tornano già a casa i soldi incassati nel primo
trimestre 2014) ha appena dato conferma. «Ho già dato disposizione agli uffici -
scrive Franceschini ai direttori regionali - affinché giunga alla sua struttura
la prima tranche di risorse. È mia ferma intenzione che gli introiti vengano
integralmente riassegnati a quelle strutture culturali che li hanno generati,
per un utilizzo conforme al disposto della legge, quindi non solo per la
realizzazione di interventi per la sicurezza e la conservazione dei beni
medesimi ma anche per il funzionamento degli istituti e dei luoghi di cultura
statali». «Non abbiamo più alibi» commenta il soprintendente ai Beni storici e
artistici Luca Caburlotto, fra le tempeste di Miramare da sempre. Sono in arrivo
circa 30 mila euro netti di gennaio-marzo. Nel 2013 l’incasso totale era stato
di 400mila, dai quali va sottratta la percentuale per la società che gestisce i
servizi: «Calcoliamo circa 300mila euro all’anno» dice Caburlotto che negli anni
scorsi aveva fatto gesti clamorosi, come lo spegnimento del castello di notte,
per denunciare la scarsità di denari a fronte di ricchi incassi. Con la nuova
formula, meno soldi da Roma per i costi di funzionamento. Ma si farà in proprio.
A ruota è stato deciso di aumentare il prezzo del biglietto. I 4 euro attuali
(traduzione matematica nel 2001 delle vecchie 8.000 lire, dunque cifra
ipersvalutata) era così fuori mercato che, pare, gli stessi turisti ne
ricavassero un’impressione denigratoria. Costa poco chi vale poco? Caburlotto
avrebbe portato i ticket (potendoseli anche tenere...) a 6 euro da subito, e a 8
da gennaio. Oppure e preferibilmente a 8 euro direttamente. Un raddoppio. Dalla
discussione in Comitato regionale per i servizi di biglietteria, e infine con la
firma del direttore regionale Pierpaolo Dorsi, il biglietto per il castello sale
invece di 1 solo euro, passa a 5 (3 euro i “ridotti). Provvedimento necessario
anche per difendere gli stipendi della nuova società di servizi che gestisce il
castello. La percentuale su 4 euro? Insufficiente. L’aumento va di pari passo
con la rivoluzione di Franceschini sulla politica di prezzi e agevolazioni:
l’ingresso nei musei statali resta gratuito fino ai 18 anni e per gli
insegnanti, è ridotto fino ai 25 anni, e torna a prezzo pieno (anziché a costo
zero) per gli over-65. Ma settimanalmente ci sarà un giorno di libera visita per
tutti. «Nel 2013 abbiamo staccato 238mila biglietti, la metà gratis - sottolinea
il soprintendente -, gli stranieri se ne meravigliavano...». La riforma “salva
incassi” ribalta invece una criticata manovra finanziaria del governo Berlusconi
che faceva confluire i cespiti dei biglietti al ministero dell’Economia, che ai
Beni culturali ne girava solo una parte, e la redistribuzione era poi
altalenante nelle cifre. «Si incentiva la managerialità di noi soprintendenti -
afferma Caburlotto -, ci danno i soldi da gestire, vogliono vedere i risultati.
Negli ultimi due anni abbiamo avuto soldi per il parco, non un euro per il
castello. Con fondi nostri, potremo avviare una pulizia di fondo e il restauro
dei dipinti».
Gabriella Ziani
Entro giugno il bando per le serre vecchie e nuove: 800
mila euro
Assegnati da tempo i lavori di restauro dei muraglioni di
fondazione e del parco di Miramare, arriva adesso un’altra buona notizia, da 800
mila euro. La Soprintendenza mette in cantiere il restauro delle serre vecchie,
quelle da cui con infinita, complessa battaglia (anche giudiziaria) è stato
traslocato il Parco tropicale coi famosi colibrì: 200 mila euro di fondi
statali, bando a invito per le imprese entro giugno. In questo stesso periodo
partirà il bando per le cosiddette “serre nuove”, finanziate con 600 mila euro
dalla Regione. «Adesso che abbiamo i soldi riassegnati - commenta il
soprintendente Luca Caburlotto - non abbiamo più alcuna scusa per non fare opere
di valorizzazione nel senso di restauri al castello, da mettere a lustro, e
manutenzione del parco, e nemmeno ne avremo dopo l’aumento del prezzo dei
biglietti: saremo in possesso di tutti gli strumenti per agire».
Dove esiste un inceneritore la differenziata non
decolla
L’INTERVENTO DI Jacopo Rothenaisler (circolo di Muggia Movimento per la
decrescita felice)
La produzione di rifiuti ha implicazioni ambientali, sanitarie ed
economiche. La sensibilità locale per ambiente e sanità è sicuramente elevata,
come grande è l'attenzione sugli aspetti economici , nel caso in oggetto i costi
per le famiglie. Ciononostante il nostro servizio rifiuti, misurato sulle
performance di costo e percentuale di raccolta differenziata, è il peggiore di
tutto il Centro-Nord d'Italia col più alto costo del servizio tra le città
capoluogo. Ciò avviene senza che le sensibilità menzionate facciano scattare una
qualche reazione. Una sorta di indifferenza generale. Lungi dall'essere
contradditoria, si spiega facilmente con la storia di questa città. Trieste non
ha mai vissuto drammatiche emergenze rifiuti. A Trieste l'incenerimento funziona
dal 1912. I Comuni che oggi hanno un ottimo servizio rifiuti sono invece tutti
passati attraverso gravissime crisi, quali l'esaurimento della propria discarica
e l'impossibilità di smaltimento. Dalle crisi è nata la spinta alle soluzioni.
Noi non siamo meno civili o meno virtuosi, è una virtù di cui non abbiamo avuto
bisogno. La modesta attenzione dei media locali in merito ai rifiuti è stata una
conseguenza. E l'Acegas ha continuato nella pratica ben conosciuta
dell'incenerimento. Ne è risultato che, non diversamente dagli altri luoghi dove
c'è un inceneritore, la raccolta differenziata non è stata messa in grado di
funzionare. Le statistiche regionali lo mostrano. Con un analogo dato di
partenza di circa il 20% di R.D. delle 4 provincie, in 15 anni Pordenone è
passata a più del 70%, Udine al 60%, Gorizia al 55% . Trieste è al 26%. Il
servizio rifiuti dipende esclusivamente dalle scelte degli amministratori
locali. Le modalità di raccolta sono decise dai Comuni e il 100% del servizio è
pagato dai cittadini. Però, con le strade non ingombre, con cittadini che non
protestano, agli amministratori dei Comuni della nostra provincia chi glielo fa
fare di cambiare? Il loro incubo è quello di infilarsi in qualcosa che non
funziona, con sacchettini puzzolenti portati via dalla bora. Timori
comprensibili ma ingiustificati. È dalla fine degli anni '80 che Comuni
“disperati” hanno intrapreso un percorso di sperimentazione di raccolte
differenziate. Tentativo dopo tentativo sono state messe a punto metodologie che
oggi possono dirsi perfettamente rodate e funzionanti. Riassumerò i dati di una
di queste esperienze, che, per le sue peculiarità, risponde molto bene a tutti i
dubbi e luoghi comuni. La Contarina spa è un consorzio di proprietà pubblica.
Serve 50 Comuni della destra Piave. Comuni dalle più disparate caratteristiche,
grandi, (Treviso 84.000 abitanti) piccoli, collinari, pianeggianti, con o senza
centri storici importanti, con la più diversa composizione demografica, con le
più diverse amministrazioni, centro destra, centro sinistra, Lega, liste locali.
I risultati del consorzio Contarina sono oggi l'85% di raccolta differenziata e
un costo di servizio pari a 95,50 euro per abitante/anno. A Trieste il costo è
di 165 euro per abitante/anno. 70 euro di differenza per abitante fanno 14
milioni all'anno di minor costo. I posti di lavoro, altro dato molto importante,
sono direttamente più del doppio, cui vanno sommati gli indiretti. Molto vicino
alla nostra città quindi, vengono praticate raccolte rifiuti consolidate da
lunga esperienza che, oltre ad essere tra le migliori al mondo, sono replicabili
e/o copiabili. Dette metodologie hanno saputo coniugare i più alti risultati di
raccolta differenziata con costi molto al di sotto della media nazionale e, se
raffrontati a Trieste, di grande vantaggio per i nostri concittadini. Il
cambiamento a Trieste e provincia è ineludibile, non foss'altro per il rispetto
delle normative europee e nazionali che fissano oggi l'asticella della raccolta
diferenziata al 65%. Quanto tempo ci metteremo a copiare dai più bravi e con
quanti errori dipenderà dal livello di informazione dei nostri concittadini e
dalla spinta che essi sapranno produrre nei confronti degli amministratori
pubblici. Innescare oggi un circuito virtuoso sarebbe estremamente importante
anche per il periodo difficile che tutti affrontiamo.
Salviamo il rondone: oggi è la sua Giornata Eventi in
città e sul Carso - festival eco-turistico
Forse una rondine continuerà a non far primavera ma il rondone, il suo
sottovalutato cugino, riesce persino a dare vita a un festival in campo
nazionale. È quanto accadrà oggi a Trieste e in altre otto città, teatro della
manifestazione organizzata dal Gruppo Rondoni Italia, clan che raduna oltre una
ventina di sigle e che da queste parti viene supportato dai volontari
dell’associazione Liberi di volare. Una giornata intera da spendere in chiave
eco-turistica, scoprendo sul campo come aiutare il rondone e soprattutto i
motivi di un tale spiegamento di forze a suo favore. Questi i temi del festival
che a Trieste, e altrove, prova a portare alla ribalta una specie a rischio che
non vola nella tradizione epica del falco e non vanta nemmeno le “cartoline”
della popolarità della rondine: «Eppure è importante per la nostra biodiversità
urbana - assicura Silvana di Mauro, portavoce di Liberi di volare - il rondone è
un migratore che si ciba esclusivamente di insetti, anche migliaia al giorno,
contribuendo così all’equilibrio dell’ambiente». Anche il rondone entra in crisi
quindi, quasi un precario dell’aria. Ma ad intercettare i rischi di una sua
prematura estinzione entrano in campo oggi i suoi sostenitori, disegnando un
cartellone fitto di appuntamenti: si parte con il ritrovo al campo di volo
Prosecco, alle 17.30, dove il programma prevede la liberazione di alcuni rondoni
da tempo in cura e al conseguente loro inanellamento, ovvero il marchio
(indolore) che segnerà in modo perpetuo la loro provenienza, gli spostamenti e
le sedi percorse. Alle 19 il festival si sposta a Santa Croce, zona Napoleonica,
dove i volontari indicheranno i siti di nidificazione del rondone maggiore,
specie che a Trieste ha dato vita a una “colonia giuliana”. Alle 20 la carovana
si dirigerà invece in Porto Vecchio, nicchia di accoglienza naturale del rondone
comune e quello definito “pallido”, proveniente dalla Dalmazia. E non è finita.
Il tour del festival ha il suo epilogo in città, alle 21, in via Giustiniano,
dalle parti del Dante, dove è stata posizionata una decina di nidi artificiali.
«Speriamo sia una giornata di didattica utile soprattutto ai più giovani - ha
espresso Silvana di Mauro - senza contare che eventi del genere possono
diventare delle vere passeggiate eco-turistiche, dov’è possibile aiutare una
causa ambientalista e conoscere da vicino alcuni angoli del nostro territorio».
Francesco Cardella
IL PICCOLO - VENERDI',
27 giugno 2014
Ferriera, in Consiglio la rabbia dei lavoratori e degli
abitanti
Nella seduta straordinaria Arvedi invia un messaggio:
«Stiamo sottoponendo le nostre proposte al commissario Nardi» (vedi
foto)
Salvaneschi (Fim-Cisl): «La cokeria rischia di chiudere
a luglio»
Non solo mancava l’oste, ma non c’era nemmeno la
cameriera. In questo modo fare i conti sul caso Ferriera è stato impossibile
nell’ambito del Consiglio comunale riunitosi ieri pomeriggio in seduta
straordinaria con la presenza di varie amministrazioni, dei rappresentanti dei
lavoratori e delle associazioi ambientaliste, come era stato deciso già mesi fa,
per valutare il piano industriale di Arvedi che non solo non è stato presentato,
ma per il quale non esiste ancora nemmeno una data. Francesco Semino, segretario
dell’amministrazione straordinaria Lucchini ha annunciato la mancata
partecipazione «perché la procedura di evidenza pubblica non lo consente almeno
fino all’offerta vincolante». E lo stesso Giovanni Arvedi si è scusato
sostenendo nel messaggio inviato che «la situazione non ci consente di essere
presenti perché dobbiamo seguire il disciplinare di gara». Ha anche specificato:
«Dobbiamo sottoporre le ipotesi future all amministrazione straordinaria»,
facendo capire che la trattativa e in pieno corso. Ma non c’era nemmeno la
presidente della Regione Debora Serracchiani «impegnata in Consiglio regionale».
«Ma il Consiglio regionale c’era anche mercoledì - ha attaccato Paolo Menis
(M5s) - eppure mercoledì Serracchiani era a Roma assieme ai vertici del partito
a trattare con la delegazione grillina». É esplosa di conseguenza dapprima la
rabbia dei sindacalisti. «C’è uno splafonamento dei tempi - ha accusato Umberto
Salvaneschi (Fim-Cisl) - e noi non abbiamo più certezza dell’arrivo di altre
navi di carbone, la cokeria rischia di spegnersi a fine luglio. Ci sono 285
persone in cassa integrazione, guardiamo non solo lo stress degli abitanti, ma
anche quello di questi lavoratori con 750 euro al mese, senza prospettive per il
futuro che oggi sentono solo aria fritta. Diamo noi una data: entro una giornata
di luglio ci dovrà essere consegnato il Piano industriale, non vogliamo un
pacchetto pronto quando sarà troppo tardi». «Non so cosa ci faccio qui - si è
lamentato Franco Palman (Uil) - Ci sentiamo presi in giro perché ci attendevamo
alcuni elementi sul Piano industriale. Ci troviamo invece dentro un pollaio con
lavoratori e ambientalisti a guardarsi in faccia senza capire un cavolo. Questo
è un autogol delle istituzioni». Tra le associazioni ambientaliste, Wwf e
Legambiente non hanno preso la parola. Sono intervenuti Romano Pezzetta (Servola
respira), Maurizio Fogar (Circolo Miani) e Alda Sancin (No smog) che ha posto
una serie di domande: se il Comune ha presentato insinuazioni al passivo della
Lucchini per danni ambientali, qual è il piano industriale di Siderurgica
Triestina e quali somme intende spendere per il risanamento ambientale, quali
sonmme ricadranno sui bilanci pubblici per le bonifiche del sito e le migliorie
degli impianti, se all’Arpa sarà affiancato un organo politicamente
indipendente, se accanto alle abitazioni sarà collocato un misurato di Pm 2,5 e
«in base a quali elementi ci viene chiesto ora di credere fideisticamente in un
futuro diverso». Valentino Patussi, responsabile del Dipartimento di prevenzione
dell’As aveva evidenziato che «non siamo in grado di valutare quanti morti in
più ci sono a Servola, ma comunque l’inquinamento c’é. Gli assessori Umberto
Laureni e Edi Kraus hanno fatto la cronistoria di quanto fatto finora dal
Comune. Dopo gli interventi dei consiglieri, la chiusura del sindaco Roberto
Cosolini: «Abbiamo coinvolto nel percorso le associazioni ambientaliste, le
nuove indagini annunciate sui livelli di stress della popolazione e i nuovi
strumenti di monitoraggio e rilevazione sono delle novità. Vigileremo perché gli
investimenti industriali e ambientali annunciati vengano attuati rigorosamente».
Silvio Maranzana
Infrastrutture - L’esecutivo aggiorna l’elenco delle
opere strategiche
TRIESTE Il famigerato “tubone”, vale a dire la penetrazione Nord di Trieste
con la galleria da Prosecco a Porto Vecchio; i progetti di riqualificazione
della statale 13 in provincia di Pordenone e Udine, che prevedevano gallerie e
complanari molto impattanti sul territorio; il by pass ferroviario Sagrado -
aeroporto di Ronchi. Sono solo alcune delle opere escluse dalla giunta regionale
dall’elenco delle infrastrutture considerate strategiche e quindi di “preminente
interesse nazionale”. Un elenco aggiornato ieri dall’esecutivo in vista
dell’Intesa generale quadro tra la Regione e ministero delle Infrastrutture e,
in particolare, dell’approvazione del cosiddetto “XII Allegato infrastrutture”,
che costituirà il punto di riferimento nazionale per la programmazione
comunitaria 2014-2020. Al posto dei progetti bocciati - o perchè incompiuti da
anni o nemmeno mai progettati e finanziati, o perchè semplicemente non ritenuti
più essenziali -, la giunta, su indicazione dell’assessore Mariagrazia Santoro,
ha scelto di inserire altre priorità, a partire dalla terza corsia A4. Compaiono
così il raccordo Villesse Gorizia, il tratto Gonars - Villesse, il ponte sul
Tagliamento e svincolo di Palmanova. Citati poi il collegamento tra la statale
13 "Pontebbana" e la A23- tangenziale sud di Udine. Nell’elenco anche la
piattaforma logistica di Trieste, l’ampliamento della banchina dello scalo di
Monfalcone e il potenziamento dei tracciati ferroviari, compresa l’Alta velocità
tra Venezie e Trieste, e il polo intermodale di Ronchi. Sempre ieri la giunta ha
stanziato 9,7 milioni di per la promozione dell'efficienza energetica dei Comuni
e prorogato fino al 30 settembre gli sconti per l’acquisto di carburanti. Via
libera infine allo schema di un'intesa con parti sociali e enti formativi per
l’apprendistato di alta formazione e di ricerca.
Si apre la maratona sull’urbanistica, grillini
all’attacco
TRIESTE È iniziata in Consiglio regionale la discussione sul disegno di
legge 53 “Misure di semplificazione in materia urbanistico- edilizia”. Il
relatore di maggioranza Vittorino Boem ha riassunto il provvedimento con tre
aggettivi chiave: «Tecnico, concreto, partecipato. Esso offre una chiara
risposta a incertezze normative». Con toni differenti i relatori di minoranza
Alessandro Colautti e Cristian Sergo (M5S) hanno criticato l’eccessiva ampiezza
del provvedimento. Secondo Colautti il testo «avrebbe dovuto rappresentare una
norma semplificatoria della materia urbanistico-edilizia mentre è una vera e
propria legge “omnibus”». Colautti ha specificato che il ddl «contiene anche
risposte concrete alla grave crisi che colpisce in particolare il settore
dell’edilizia». Tra le tante osservazioni Sergo ha osservato che «sull’edilizia
è opportuno intervenire con un testo unico delineando, cifre e dati alla mano, i
contorni della crisi sotto il profilo delle imprese e delle famiglie». Il
relatore di minoranza Roberto Revelant (Ar) ha parlato di risposta «non
esaustiva ma che comunque rappresenta una serie di azioni urgenti atte a dare
regole chiare e tempi certi». Revelant ha annunciato la presentazione di
emendamenti puntuali da parte del suo gruppo. Il consigliere di Sel Giulio
Lauri, pur non nascondendo alcuni punti critici, ha dichiarato: «Chiunque si sia
misurato con le problematiche relative all’edilizia sa quanto sia diffusa
l’esigenza di semplificazione. Essa può contribuire a un’uscita più rapida dalla
grave crisi economica che la regione e il Paese stanno attraversando». In
mattinata il consiglio ha approvato all’unanimità una mozione per la promozione
del sistema intermodale in regione, proposta da Cristiano Shaurli e Mauro
Travanut (Pd), con alcune integrazioni di Sergo. In quella sede l’assessore
Mariagrazia Santoro ha dichiarato che un milione di euro sarà allocato nelle
variazioni di bilancio a sostegno dell’intermodalità.
(g.tom.)
AGRICOLTURA Ordinanza di rimozione delle colture
Ogm Il vicepresidente regionale con delega all’Agricoltura
Sergio Bolzonello, incontrando a Trieste i rappresentanti del coordinamento
delle associazioni “No Ogm”, ha confermato che la giunta regionale ha emesso
ieri l’ordinanza di rimozione delle colture Ogm presenti in Friuli Venezia
Giulia, con l’indicazione del termine di cinque giorni per l’estirpo.
Il 62% dei croati dice no a Fianona 3 - Sondaggio reso
noto da Greenpeace boccia la centrale termoelettrica a carbone
FIUME La centrale termoelettrica a carbone Fianona 3, nell’Albonese, viene
osteggiata non solo dagli istriani ma anche dagli abitanti di tutta la Croazia,
quarnerini e dalmati inclusi. Una contrarietà testimoniata dal sondaggio
compiuto dall’agenzia Ipsos Puls e i cui risultati sono stati pubblicati da
Greenpeace Croazia. Il 62 per cento delle 500 persone intervistate, a cui è
stato chiesto di esprimersi sul megaimpianto istriano, ha detto di essere
fortemente contrario a Fianona 3 alimentata a carbone, ritenendola
pericolosamente inquinante. Il 28 per cento ha invece risposto di essere
parzialmente contrario alla termocentrale, mentre solo una piccola percentuale
ha asserito di essere d’accordo con il progetto. Un 10 per cento che appoggia
Fianona 3 quale sviluppo economico. A detta di Greenpeace Croazia, i cui
attivisti avevano dato vita tempo fa a una performance anti-centrale lungo le
coste orientali dell’Istria, il 92 per cento degli interpellati ha dichiarato
che la Croazia dovrebbe sfruttare maggiormente le fonti di energia rinnovabili,
per ridurre la sua dipendenza energetica dai Paesi esteri. Al di là delle
energie rinnovabili, però, il governo di Zagabria sta cercando di sfruttare i
possibili giacimenti petroliferi nell’Adriatico. Non c’è solo la centrale
termoelettrica a carbone. Il sondaggio ha coinvolto, oltre ai roati, anche
cittadini di Slovenia, Ungheria, Slovacchia, Polonia e Repubblica Ceca.
Andrea Marsanich
GREEN STYLE.it - GIOVEDI',
26 giugno 2014
OGM: chi li coltiva rischia 3 anni di carcere e 30 mila
euro di multa
Chi coltiva OGM in Italia rischia fino a 3 anni di carcere e multe salate. A
stabilirlo è il decreto legge 24 giugno 2014, n. 91, pubblicato in Gazzetta
Ufficiale. Il provvedimento legislativo emanato dal Governo, noto come decreto
Campo libero, punisce severamente gli agricoltori che coltivano colture
geneticamente modificate, mettendo a rischio la biodiversità e le specie
naturali. Nello specifico il periodo di reclusione per i trasgressori va dai 6
mesi ai 3 anni, mentre le multe comminate potranno andare da un minimo di 10
mila euro a una sanzione massima di 30 mila euro.
Oltre alla pena detentiva e alle multe, gli agricoltori che aggirano il divieto
di coltivazione degli OGM, dovranno farsi carico di tutte le altre spese legate
alla trasgressione della legge. Si va da eventuali danni provocati ai campi
coltivati con colture non geneticamente modificate alla rimozione di tutti gli
OGM dai terreni agricoli. Il provvedimento non è eccessivo, se si considera il
grave impatto degli OGM sull’agricoltura biologica. I coltivatori bio rischiano
infatti di vedersi revocare la tanto sudata certificazione, in caso di
contaminazione con gli OGM. Un danno non trascurabile in un momento di così
grave crisi economica in cui è proprio il bio a trainare l’intero comparto
agricolo italiano.
Soddisfazione per le sanzioni e le pene esemplari comminate a chi coltiva OGM in
Italia è stata espressa dall’AIAB, l’Associazione Italiana per l’Agricoltura
Biologica. La vicepresidente Maria Grazia Mammuccini ha commentato:
È la prima volta che nel nostro Paese si individua una sanzione adeguata per la
violazione del divieto di coltivazioni transgeniche. Almeno per tutto il 2014, e
in attesa della normativa comunitaria e nazionale, sulla questione delle
coltivazioni OGM si è finalmente detta una parola chiara, che stabilisce
certezza del diritto.
L’AIAB auspica che il decreto Campo Libero arresti in Italia quelle derive
falsamente scientifiche che inneggiano agli OGM e ai loro presunti vantaggi
produttivi ed economici.
Intanto in Friuli-Venezia Giulia Giorgio Fidenato prosegue la sua battaglia per
la coltivazione degli OGM, violando insieme ad altri agricoltori locali, sia i
decreti interministeriali sia le disposizioni regionali in materia. Oggi il
Coordinamento tutela biodiversità FVG protesterà davanti alla sede della Regione
per chiedere che la legge venga rispettata. Fidenato è già stato sanzionato per
aver coltivato mais Monsanto ma l’iter per la rimozione delle colture
incriminate è troppo lungo e intanto nei campi le piante OGM stanno per fiorire.
I coltivatori biologici dei terreni limitrofi sono oltremodo preoccupati da
eventuali contaminazioni. Il rischio di commistione è altissimo, come fa notare
l’assessore alle risorse agricole e forestali Sergio Bolzonello:
In una regione come il Friuli-Venezia Giulia, per la frammentazione della
proprietà, la convivenza fra coltivazioni OGM e coltivazioni naturali e
biologiche risulta impraticabile.
La speranza è che, con l’inasprirsi delle pene deciso nei giorni scorsi, anche
il gruppo di Fidenato si convinca a rispettare il divieto.
Marco Mancini
Lubiana è la città più verde d’Europa per il 2016
Nel 2016 la capitale ecologica d’Europa, titolo detenuto per il 2014 da
Copenhagen e per il 2015 già assegnato a Bristol, sarà Lubiana, in sloveno
Ljubljana. Ad annunciarlo durante una cerimonia svoltasi il 24 giugno scorso
proprio a Copenhagen è stato Janez Potočnik, Commissario europeo per l’Ambiente:
Come cittadino di Lubiana, è con immenso orgoglio che mi congratulo con la città
per i suoi successi in campo ambientale.
Il capoluogo sloveno, popolato da 274 mila abitanti, è riuscito ad aggiudicarsi
il titolo sbaragliando altre città europee sostenibili arrivate in finale:
Essen, candidata per la Germania, Nijmegen per l’Olanda, Oslo per la Norvegia e
Umea per la Svezia.
A impressionare la giuria è stato il piano Vision 2025, un ambizioso programma
ambientale messo in campo dall’amministrazione locale che affronta la riduzione
dell’impatto su più piani contemporaneamente: dalla mobilità sostenibile alla
protezione delle aree verdi, dall’energia pulita all’elettromobilità. Lubiana ha
già conseguito un grande risultato: rendere verde il 70% dei suoi acquisti.
Negli ultimi dieci anni, inoltre, la città, destinata ad essere sempre più
dominata dalle auto, ha deciso di reagire e di imprimere una svolta alla
circolazione urbana, concedendo più spazio ai pedoni e dando priorità alle bici
e ai mezzi pubblici per decongestionare il traffico e ridurre l’inquinamento.
Dal 2011, il sistema di bike sharing di Lubiana, BicikeLJ, è stato sempre più
usato dai cittadini negli spostamenti per un totale di oltre 1,6 milioni di
viaggi.
Entro il 2020, Lubiana si prefigge di ridurre la circolazione dei veicoli
privati, portandola a un terzo della quota totale di spostamenti. Un altro terzo
sarà occupato dalla circolazione sui mezzi pubblici e il restante dal traffico
su mezzi non motorizzati.
Lubiana va ad aggiungersi alle 6 città che hanno ricevuto il premio Capitale
verde europea dalla sua istituzione, avvenuta nel 2006 per volere di Jüri Ratas,
ex sindaco di Tallinn, in Estonia. Le città premiate finora per i loro sforzi di
riduzione dell’impronta ambientale sono state Stoccolma, Amburgo,
Vitoria-Gasteiz, Nantes, Copenaghen, Bristol e ultima arrivata Lubiana. Al
momento nessuna italiana, nonostante la recente candidatura di Reggio Emilia.
Marco Mancini
IL PICCOLO - GIOVEDI',
26 giugno 2014
«Le Ferrovie devono riaprire la Transalpina»
L’Authority a Fs e ministero: serve una linea fruibile,
il porto potrebbe restare isolato
La tratta ferroviaria della linea Transalpina tra Opicina e Campo Marzio è
inagibile e lo resterà - avevano fatto sapere circa tre mesi fa le Ferrovie
dello Stato - almeno al 2016, a causa di un cedimento strutturale alla galleria
Revoltella e di alcuni guasti sui binari. Ma ora l’Autorità portuale chiede al
governo di intervenire per far sì che le Ferrovie rimettano ben prima in
funzione la tratta. La presidente dell’Autorità portuale Marina Monassi ha
indirizzato infatti nei giorni scorsi una nota «al vertice del Gruppo Ferrovie
dello Stato e, per conoscenza, alla presidente della Regione e alla Direzione
generale per i Porti del ministero delle Infrastrutture e trasporti», precisa
l’Authority. In ballo, appunto, la «temporanea sospensione della percorribilità
sulla tratta ferroviaria Campo Marzio-Villa Opicina». In particolare, spiega
l’Authority, «si è posto l’accento sul fatto che tale provvedimento interno di
Rfi nella sostanza costituisce una rilevante limitazione all’accesso via ferro
alle infrastrutture del Porto di Trieste, in palese contrasto con le
obbligazioni assunte dal nostro Paese in sede internazionale a seguito dei
trattati e dei relativi dispositivi a suo tempo sottoscritti circa l’impegno a
mantenere la più ampia accessibilità al porto stesso». Monassi fa sapere di
avere sensibilizzato «l’attenzione della Direzione generale per i Porti del
competente ministero a verificare se il mantenimento in esercizio delle
infrastrutture in questione, al di là degli aspetti di mero costo di gestione
e/o manutenzione, possa a tutti gli effetti rivestire carattere di
obbligatorietà in capo al gestore della rete»: se dunque le Ferrovie possano
essere obbligate a rimettere in funzione la tratta, viste anche «le
contribuzioni erogate nel tempo dallo Stato al Gruppo Fs a seguito degli accordi
internazionali sottoscritti con l’Austria e l’Ungheria per l’utilizzo del porto
di Trieste» Alle Fs in particolare l’Authority ha «ribadito che la linea in
questione, pur non venendo regolarmente utilizzata per il traffico merci a causa
della rilevante pendenza, rappresenta un’eventuale via di emergenza comunque
fruibile in caso di eventi straordinari che possano incidentalmente interrompere
il collegamento ferroviario costiero, sì da non isolare completamente gli
impianti portuali di Trieste dalla rete nazionale ed europea». Per tutti questi
motivi «la presidente dell’Autorità portuale Monassi ha chiesto un sollecito
ripristino della circolazione sull’infrastruttura ferroviaria in questione,
intervenendo prontamente sugli inconvenienti tecnici che ne hanno determinato la
temporanea interruzione».
Santa Barbara in piazza: «L’antenna sulla diga»
Gli abitanti della frazione muggesana protestano contro il nuovo
traliccio - Il Comune rassicura: «Quello definitivo sorgerà più lontano
dall’abitato»
MUGGIA «No all'installazione dell'antenna a Santa Barbara e no a tutte le
antenne che imperversano sul nostro territorio perché l'elettrosmog fa male
all'uomo, agli animali e all'ambiente». È questo il concetto chiave della
protesta di una delegazione di residenti di Santa Barbara, scesi in piazza
Marconi per portare ancora una volta all'attenzione dell'amministrazione
comunale la propria insofferenza verso i numerosi tralicci presenti sul
territorio muggesano. «Siamo qui per informare il Comune che siamo stufi della
loro ipocrisia e incoerenza e se siamo arrivati a ciò è perché fondamentalmente
il Comune non ci ha mai veramente ascoltato», è stato detto dal Comitato. «Che
ci spieghi il Comune in base a quale principio di coerenza promuove seminari
informativi per la cittadinanza legati alla valorizzazione del territorio se si
permette installazioni di antenne radio e altro su tutto il territorio,
installazioni fatte in zone agricole dove chi coltiva è costretto da norme per
la tutela della salute di non sostare per più di quattro ore: un lasso di tempo
risibile per chi è agricoltore». Tra le altre osservazioni che sono state
avanzate le conseguenze disastrose che le onde elettromagnetiche possono recare
su un apiario. «Ma per il Comune - dice il Comitato - è più importante il
profitto che può avere da installazioni di antenne che la tutela del territorio
e la sua salute. E per quanto riguarda l'antenna a Santa Barbara non si doveva
neppure pensare di collocarla lì vista la vicinanza con il Castelliere e la
necropoli, altra incongruenza da sottolineare nel Piano regolatore che prevede
la tutela dei beni culturali per poter rilanciare un turismo attraverso un
potenziamento delle sue risorse naturali: ma ve lo vedete un agriturismo sotto
l'antenna?» Da qui la proposta di installare il traliccio sulla Diga e di
attivare una centralina di controllo delle emissioni “perché la scusa del
vandalismo a Santa Barbara non attacca, oppure ci reputa talmente sciocchi e
masochisti dal procurarci danno da soli». Pronta la replica dal Municipio:
«Ribadiamo con forza, subito, il nostro massimo rispetto per gli abitanti di
Santa Barbara di cui comprendiamo i timori. Ma non possiamo che rimarcare tre
cose: primo, non si risolve il problema dell'inquinamento elettromagnetico di
tutta la città di Muggia se non spostando alcune emittenti dal rione di
Chiampore: chiunque abbia una soluzione alternativa realistica la proponga e noi
saremo i primi a sostenerla, ma finora nessuno ha proposto niente. Secondo: non
porteremo inquinamento a Santa Barbara grazie alle stringenti e innovative
regole che abbiamo imposto e che garantiranno un'emissione di dieci volte
inferiore ai limiti di legge, anticipando così una direttiva europea. Terzo, a
Santa Barbara sorgerà soltanto un'antenna, una sola, in un luogo che non è
l'attuale, ma ancora più lontano dal centro abitato. Quando entrerà in funzione
l'antenna definitiva, quella provvisoria verrà abbattuta, senza scampo». Per
quanto riguarda la manifestazione in piazza il Comune esprime un giudizio molto
forte: «A parte i toni offensivi ed aggressivi, sono state dette delle palesi
bugie: non è vero, non ci stancheremo mai di ripeterlo, che non abbiamo voluto
ascoltare i cittadini. Prova ne è che l'unica occasione pubblica di incontro
l'ha creata il Comune in sala Millo, mentre non abbiamo mai ricevuto richieste
di incontro da parte del Comitato».
Riccardo Tosques
La giunta “estirpa” la semina Ogm
Pronte l’ordinanza per eliminarli dal territorio. Bolzonello: «Quel mais è
illegale»
TRIESTE La Regione Friuli Venezia Giulia si appresta a emanare ordinanze volte a
estirpare le colture di organismi geneticamente modificati sul territorio
regionale. Lo ha annunciato ieri a Trieste il vicepresidente regionale e
assessore alle Risorse agricole Sergio Bolzonello, tanto ai margini di una
conferenza stampa quanto nell'aula del consiglio regionale. Premettendo la
condanna di chi ha «violato la proprietà privata» per danneggiare quelle
coltivazioni, Bolzonello ha spiegato che sono «attualmente in corso di
predisposizione gli ordini di rimozione delle condizioni che determinano
l'inosservanza» della legge regionale che impedisce quelle coltivazioni. Il
vicepresidente ha rimarcato che «queste semine sono illegali – ha chiarito il
vicepresidente regionale -, non c’e’ alcun dubbio che la regione Friuli Venezia
Giulia sia Ogm-free». Bolzonello ha ricordato che «proprio la settimana scorsa
in un incontro con tutti gli assessori regionali d’Italia il ministro Martina ha
confermato l’intenzione del governo di andare verso un Italia Ogm-free: questo
ci fa molto piacere - ha dichiarato - perché conferma l’impostazione che la
giunta Serracchiani e il sottoscritto hanno sempre sostenuto in quest’anno di
amministrazione». Il vicepresidente regionale ha aggiunto poi che l'imprenditore
Giorgio Fidenato, responsabile delle semine, deve ottemperare alle leggi «della
Repubblica italiana e della Regione Friuli Venezia Giulia. Se così non sarà
credo che l'autorità giudiziaria emetterà qualche provvedimento».
(g.tom.)
South Stream, Putin a Vienna sfida gli Usa
La partita attorno al gasdotto sempre più complicata. Adesso anche la
Merkel appoggia Mosca e si defila da Washington
TRIESTE Oramai South Stream non è più solo un progetto commerciale. Ora
sulle sue sorti si sta giocando un’importantissima partita geopolitica tra
Russia, Stati Uniti con in mezzo l’Europa. L’Austria che in una prima fase aveva
voltato le spalle al gasdotto di Gazprom per dedicarsi a quello europeo
denominato Nabucco, dopo il fallimento di quest’ultimo (forti le pressioni Usa
perché fallisse) è tornata ad abbracciare il “compagno” russo e a Vienna, in
occasione della visita del presidente Vladimir Putin. Le consegne di gas in
Austria attraverso il South Stream partiranno nel 2017 e il gasdotto entrerà
nella piena capacità alla fine dello stesso anno. Lo ha affermato l'ad di
Gazprom, primo operatore dell'infrastruttura a cui partecipa anche l'Eni, Alexei
Miller, in occasione della firma dell'accordo con l'austriaca Omv. Il nodo di
Baumgarten, ha aggiunto Miller, «è un importante hub del gas per alimentare
Italia, Francia, Germania ed Europa dell'Est». South Stream, ha ribadito Miller,
«minimizzerà i rischi di transito (in Ucraina, ndr.) offrendo una rotta
alternativa» e «il progetto è perfettamente in linea con i tempi». Quanto alla
decisione della Bulgaria di bloccare i lavori in attesa di un chiarimento con la
Commissione Ue, Miller ha spiegato che «tutti i progetti più grandi devono
affrontare delle sfide, ma il problema bulgaro è risolvibile: siamo in dialogo
costruttivo con la Commissione e ho fiducia che la tempistica verrà confermata».
In ogni caso, ha concluso riferendosi alla discussione con Bruxelles,
«costruiremo il gasdotto e poi vedremo». Ottimista anche l'ad di Omv, Gerhard
Roiss, secondo cui «la pipeline verrà costruita nel pieno rispetto della legge
europea». L'accordo siglato tra Gazprom e Omv riguarda la costruzione della
sezione austriaca del gasdotto, che va dal confine ungherese al punto finale di
Baumgarten, per una capacità totale di 30-32 miliardi di metri cubi annui e un
costo di 200 milioni di euro. Gli Stati Uniti, come conferma lo stesso Putin
stanno provando a far deragliare il progetto. «I nostri amici americani vogliono
rifornire loro stessi l’Europa di gas - ha detto Putin a Vienna - e fanno
qualsiasi cosa per far deragliare questo contratto», concludendo: «Non c’è
niente di insolito in questo, è competizione e i mezzi politici vengono usati in
questa competizione». Ma Putin ritrova in questa difficile partita a scacchi un
alleato forte, ossia la Germania della Merkel la quale il prossimo 28 agosto sta
organizzando un importante summit sui Balcani occidentali dietro il quale, sotto
il paravento della politica di allargamento a Est dell’Ue, si nascondono proprio
le sorti di South Stream. Nella ridefinizione dello scacchiere mondiale
dell’influenza, infatti, gli Usa hanno deciso di opporsi con ogni mezzo alla
realizzazione del gasdotto. La crisi in Ucraina ha fatto buon gioco
all’interesse americano, cercando di impedire l’avvicinamento strutturale tra
Germania e Russia. L’Italia sembra che non abbia potuto resistere alle pressioni
americane e secondo alcuni report l’Eni avrebbe ridotto le quote nel consorzio
per la costruzione del gasdotto dal 20 al 15%, cedendole a tedeschi e francesi.
Inoltre, alcune informazioni indicano che il nuovo percorso del South Stream non
passerebbe più per l’Italia, nemmeno nella sua deviazione di Tarvisio. Se questo
fosse vero, South Stream sarebbe un “affare tedesco”. Mentre la Bulgaria, su
pressione americana ha chiesto di bloccare la costruzione sul suo territorio, la
Serbia, su pressione tedesca, ha deciso che procederà con la sua costruzione. E
nel gioco si sta inserendo anche la Slovenia (che potrebbe recuperare anche
l’Italia e la direttrice verso Tarvisio) che l’8 luglio a Maribor ospiterà il
ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov. Lubiana vuole mantenere il passaggio
del gasdotto attraverso il proprio territorio . Per la Slovenia un affare
milionario e l’occasione per stringere un rapporto ancora più stretto con
l’economia di Mosca.
Mauro Manzin
IL PICCOLO - MERCOLEDI',
25 giugno 2014
Consulenti “furbetti” - Porta a porta sul Prg -
MARCHIGIANI: IL COMUNE NON C’ENTRA
Diffidate dalle imitazioni. Il celebre slogan sembra calzare a pennello per
gli episodi accaduti nei giorni scorsi a margine dell'iniziativa informativa sul
nuovo Piano regolatore varata dal Comune. Alcune persone si sono viste
recapitare nella cassetta della posta di casa un volantino in cui veniva
precisato che l'area in questione era interessata da variazioni contenute nel
nuovo Prg e dunque, in riferimento alle stesse, veniva illustrata una consulenza
per tutte le delucidazioni del caso, con tanto di indirizzo e recapito
telefonico per contatto immediato. Il tutto naturalmente previo pagamento per il
servizio offerto. I cittadini che hanno ricevuto l'avviso si sono precipitati
agli sportelli attivati dal Comune in piazza Unità, dove è stato loro spiegato
che questa iniziativa non aveva nulla a che vedere con lo stesso punto
informativo. Non una truffa, certo, ma un’operazione “politicamente scorretta”
da parte di qualcuno che in tempi di crisi ha deciso di inventarsi un nuovo
“mestiere”. «La cosa principale è non creare allarmismi inutili alla
cittadinanza», spiega Elena Marchigiani, assessore comunale all’Urbanistica:
«Detto ciò, vogliamo precisare che il Comune non c'entra nulla con questa
iniziativa. L'amministrazione ha già allestito il proprio punto informativo,
attraverso il quale i cittadini possono ottenere tutte le delucidazioni
necessarie. Operazione questa assolutamente gratuita: se poi un cittadino
deciderà di avvalersi della consulenza di uno studio privato per portare avanti
le proprie istanze è un altro discorso, ma non va confuso con il nostro
servizio». Il periodo di deposito del nuovo Prg si concluderà il 22 luglio ed
entro quella data chiunque potrà presentare osservazioni; i proprietari degli
immobili vincolati dallo strumento urbanistico potranno anche presentare
opposizioni. Nei primi giorni di apertura dello sportello comunale nella sala ex
Aiat di piazza Unità 4b, già molti cittadini vi si sono rivolti per dubbi e
spiegazioni. «Siamo soddisfatti per come è partito il servizio - afferma
Marchigiani -. L'informazione che viene fornita è molto specifica e capillare: è
chiaro poi che non tutti sono rimasti contenti delle variazioni apportate, ma è
assolutamente normale che sia così». Lo sportello, dove si può ritirare il
facsimile per la presentazione di osservazioni e opposizioni, peraltro
scaricabile anche dal sito web del Comune, è aperto dal lunedì al venerdì dalle
9.30 alle 12 e nei pomeriggi di lunedì e mercoledì, dalle 15 alle 17.
Pierpaolo Pitich
Borgo S. Sergio - Raccolta dell’umido: falsa partenza -
ACEGAS-APS
L’AcegasAps rileva in una nota che «è iniziata la posa dei
bidoni per la raccolta differenziata degli scarti organici di cucina nel rione
di Borgo San Sergio e purtroppo si stanno registrando diversi conferimenti non
conformi. Probabilmente per troppo zelo, si sta infatti verificando
l’introduzione nei contenitori di ragguardevoli quantità di scarti verdi dei
giardini, che li riempiono sottraendo spazio agli scarti di cucina». La nota
ricorda che «Comune e AcegasAps mettono a disposizione delle famiglie che
abitano in case con giardino due sistemi di conferimento degli scarti verdi. Il
primo prevede l’utilizzo di contenitori in comodato d’uso gratuito, che devono
essere ritirati al sabato dalle 8 alle 10 nella sede di AcegasAps in via Orsera
4». In alternativa gli scarti verdi dei giardini possono essere conferiti ai
quattro centri di raccolta: San Giacomo, via Carbonara 3 dal lunedì al sabato
dalle 7 alle 19 – domenica dalle 8 alle 13; Campo Marzio, Via Giulio Cesare 10
dal lunedì al sabato dalle 6 alle 18; Opicina, Strada per Vienna 84/a dal lunedì
al sabato dalle 7 alle 19; Roiano, Via Valmartinaga 10 dal lunedì al sabato
dalle 7 alle 19. Per i rifiuti organici di cucina invece la raccolta avviene
mediante bidoni di color antracite con coperchio marrone collocati vicino agli
altri contenitori per la raccolta differenziata delle isole ecologiche. La prima
zona interessata dal servizio è quella di Borgo San Sergio e Poggi Paese dove in
questi giorni vengono posizionati 292 contenitori. Cosa conferire: scarti e
avanzi di cibo: verdure, carne, pesce, pasta, pane, gusci di frutta secca, bucce
e semi di frutta, gusci d’uovo; filtri del tè, camomilla e tisane in genere,
fondi di caffè; tovagliolini, salviette e fazzoletti di carta; piccole quantità
di fiori secchi e recisi, piante da appartamento, erba, foglie, ramaglie e
radici; ceneri di legna spenta.
Distrutto il campo di mais Ogm - Raid a Vivaro
Alcuni attivisti disobbedienti hanno distrutto, ieri mattina, un campo dove
è piantato mais Ogm a Vivaro. «Oggi abbiamo liberato la natura dagli Ogm
abbattendo totalmente il campo coltivato col Mon810, per dare così un segnale
preciso alla Monsanto ed a Fidenato», scrivono gli attivisti in un comunicato.
Le coltivazioni Ogm di Vivaro sono state oggetto più volte negli ultimi anni di
danneggiamenti analoghi.
PIANIFICAZIONE - Un meeting sull’energia sostenibile
La direzione regionale Ambiente ed Energia organizza per
venerdì, nella sede della Regione a Udine, il meeting internazionale sulla
pianificazione energetica. Obiettivo dell’incontro, al quale parteciperà
l’assessore regionale Sara Vito, è promuovere il confronto tra diverse Regioni e
Province e proporre un workshop sull’energia sostenibile per i comuni dell’area
dell’Alto Adriatico. Il meeting, in collaborazione con Provincia di Torino e
Environment Park spa, prevede un confronto pomeridiano tra enti pubblici (Fvg.
Toscana, Emilia Romagna, Province di Torino e di Trento e Comune di Udine).
IL PICCOLO - MARTEDI',
24 giugno 2014
Ferriera, un Consiglio comunale straordinario
Invitati anche Arvedi probabile neoproprietario e Nardi
commissario della Lucchini
Anche Giovanni Arvedi, probabile neoproprietario e Piero Nardi commissario
straordinario della Lucchini sono stati invitati al Consiglio comunale
straordinario sull’argomento Ferriera convocato per le 16.30 di giovedì. «Un
Consiglio convocato su richiesta dell’assessore all’Ambiente Umberto Laureni -
specifica Iztok Furlanic presidente dell’assemblea - ma che intende fare il
punto sulla questione di Servola non solo riguardo alle tematiche ambientali, ma
anche con riferimento a quelle occupazionali e industriali. Se i nostri inviti
verranno accolti sono previsti una ventina d’interventi: per questo l’inizio dei
lavori è stato previsto già nel pomeriggio.» Oltre, come detto a Finarvedi e a
Lucchini, a Confindustria, ai sindacati e ai rappresentanti di fabbrica,
dovrebbero infatti intervenire anche la Regione, l’Arpa, l’Azienda sanitaria, la
Provincia, l’Autorità portuale, le associazioni ambientaliste. Sarà forse
l’occasione per capire se, dopo la due diligence, è pronta l’offerta vincolante
da parte della Siderurgica Triestina, la società costituita ad hoc dal Gruppo
Arvedi per rilevare lo stabilimento servolano e se la nuova proprietà intenderà
avvalersi di tutto l’organico o se, come temono i lavoratori, tenterà di
effettuare alcuni tagli. E frattanto all’interno dello stabilimento si è diffusa
la voce, peraltro priva di conferme ufficiali, per cui Arvedi con una spesa che
sfiorerebbe il milione di euro, avrebbe già ordinato i mattoni e gli altri
materiali refrattari per rifare le pareti dell’altoforno dopo che i lavori sulla
bocca sono pressoché conclusi. Un’illazione che ha aperto un tenue spiraglio di
ottimismo perché se la voce sarà confermata, la seconda, ineludibile fase di
lavori potrebbe partire presto evitando che la cassa integrazione, che peraltro
sta per essere rinnovata, si protragga per diversi mesi ancora. Per metà luglio
è attesa l’offerta ufficiale di Arvedi, si conoscerà finalmente il piano
industriale e partirà anche la trattativa con i sindacati. Perfezionato
l’acquisto, sarà firmato l’accordo quadro in base al quale Debora Serracchiani
diverrà commissario straordinario dell’intera area. Per quanto riguarda invece
lo stabilimento più grande della Lucchini, quello di Piombino, il presidente del
gruppo indiano dell'acciaio Jws, Sajjan Jindal ha visto nei giorni scorsi il
premier Matteo Renzi e il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi. Il
gruppo Jws dovrebbe presentare un' offerta vincolante per il laminatoio e
l'impianto marittimo entro il 5 luglio.
(s.m.)
Opposizioni contro il Prg «Così si consuma il suolo»
Muggia, domani seconda puntata del consiglio comunale destinata agli
emendamenti
La giunta difende il suo progetto urbanistico: «È a forte connotazione
ambientalista»
MUGGIA «Nonostante col nuovo Piano si continui a prevedere
nuove superfici commerciali, aree di edificazione turistica e nuove abitazioni
con l'attuale patrimonio invenduto e inutilizzato, non si è riusciti a
considerare la necessità di fermare il consumo di suolo vista l'incapacità di
realizzo dei progetti tra cui la costa, l'incapacità di dialogare col privato ai
fini della ricettività turistica sia temporanea che residenziale e i molti
progetti relativi alle finalità commerciali mai valorizzati ne resi operativi: è
una scelta politica della sinistra e ne prendiamo atto». Daniele Mosetti,
consigliere comunale di Fratelli d'Italia, critica ampiamente il nuovo Prgc.
Mosetti definisce poi "grave la tempistica di gestione amministrativa dedicata a
quest'ultimo Prgc, un mese per presentazione, discussione e approvazione, con
nel mezzo l'approvazione del rendiconto 2013 e il bilancio previsionale 2014,
rispetto ai 4 mesi spesi per il Prgc precedente: la giunta ha voluto metter una
inspiegabile fretta al consiglio». Dopo aver partecipato alle commissioni
tecniche ed aver percepito "un consueto e piuttosto ideologizzato senso di
tutela dell'ambiente come interesse esclusivo di una maggioranza ancora incapace
di portare sviluppo e valorizzazione il nostro territorio dall'infinito
potenziale, ho presentato gli emendamenti assieme ai due consiglieri di Un'Altra
Trieste e Lega Nord nella speranza vengano accolti unanimemente". Domani
verranno esaminati in consilgio e lunedì 30, dopo le dichiarazioni di voto, sarà
votato il dispositivo. La maggioranza ovviamente difende il suo operato. «Il
nuovo Prgc ha una connotazione decisamente ambientalista, che vede la drastica
riduzione del consumo del suolo ed una forte valorizzazione del territorio
agro-forestale, il blocco delle speculazioni edilizie vestite da sviluppo
turistico, previste nel vigente Prgc anche in zone di pregio ambientale». Il
vicesindaco Laura Marzi racconta il nuovo Piano regolatore generale comunale di
Muggia. In base ai dati forniti dal Municipio le speculazioni edilizie verranno
portate da 220 mila a 75 mila metri cubi. Accanto a questo il nuovo Prgc
individua una quota di aree agricole (Zto E) sensibilmente maggiore rispetto al
piano vigente, 30 ettari, attraverso la revisione di alcune aree che avevano
destinazione diversa. «Questa strategia ha permesso di consumare la minor
superficie di suolo agricolo, indirizzando la nuova edificazione all’interno di
lotti interclusi ed attraverso la “densificazione” di quanto già costruito, aree
residenziali e zone industriali/commerciali», aggiunge Marzi. La riduzione delle
grandi aree destinate ad attrezzature turistico ricettive (Zto G), invece, è
finalizzata alla promozione di un turismo maggiormente sostenibile che valorizzi
il territorio nel suo insieme: ad una strategia, infatti, di incentivazione di
grandi complessi turistico-ricettivi, non sostenibili, né dal punto di vista
paesaggistico/naturale né dal sistema viario muggesano, è stata preferita “una
strategia che privilegia piccole strutture ricettive, collegate in qualche modo
al carattere rurale del territorio quali agriturismi, B&B, ristori rurali”. Il
Piano poi prevede una normativa specifica riguardante gli interventi per una
edilizia sostenibile che prevede indicazioni su involucri edilizi, impianti di
raffrescamento e riscaldamento, illuminazione fonti energetiche rinnovabili,
esposizione ai venti. Le zone di espansione (Zto C) previste dal vigente Prgc
sono state trasformate in zone di completamento (Zto B) laddove l’edificazione
prevista era stata completata, mentre non sono state confermate e quindi
trasformate in zone agricole laddove non è stata realizzata alcuna edificazione.
Unica eccezione riguarda, invece, l’abitato di Zaule-Stramare dove viene
individuata una nuova edificazione nell’area di Monte San Giovanni. Nella
formazione degli strumenti urbanistici generali devono essere individuate
adeguate aree da riservare alla realizzazione di servizi ed attrezzature
collettive in relazione alle previsioni di sviluppo residenziale. Secondo i
parametri regionali la domanda di standard minima richiesta è pari a 387.750 mq.
L’offerta di standard nel nuovo Piano Regolatore è di 841.744 mq, quindi più del
doppio.
Riccardo Tosques
IL PICCOLO - LUNEDI',
23 giugno 2014
CONTOVELLO: un progetto per salvare lo stagno - Le
proposte del consiglio circoscrizionale: anzitutto un canale di scolo
L’antico stagno di Contovello è un elemento del paesaggio carsolino amato
non solo dai residenti la frazione ma anche dagli escursionisti e cittadini. Per
tentare di stabilizzarlo e difenderlo dall’incuria e dalla siccità, si muove da
tempo il consiglio circoscrizionale di Altipiano Ovest, a più riprese impegnato
nel coordinare sforzi e contributi che, se estemporanei e occasionali, possono
recare più danno che aiuto al recupero definitivo del sito. «Vi sono stati
diversi tentativi di bonifica e riassetto – spiega il presidente del
parlamentino Roberto Cattaruzza – e pure un immobilismo dettato non certo dalla
pigrizia, bensì dalla paura di causare un danno all’ecosistema sulla scorta di
quanto accaduto nella Val Rosandra. È un fatto – continua – che talvolta, per
incompetenza e poca cultura, anche se in buona fede, si possa intervenire in
modo maldestro e approssimativo. Non per questo si deve rinunciare alla
salvaguardia del pittoresco laghetto». Come procedere dunque per la
valorizzazione dell’area? Partendo dalla zona verde che circonda lo specchio
d’acqua, viene suggerita la regolare manutenzione del verde e la creazione sul
bordo dello stagno di un canale lungo qualche metro provvisto di una griglia
utile all’intercettazione della ghiaia e del terriccio trascinati dalla pioggia.
Si consiglia poi di ripristinare quel canale che un tempo convogliava le acque
in discesa dalla collina posta a ovest, flusso d’acqua utile a mantenere stabile
il laghetto e oggi deviato verso valle. Per quanto riguarda lo stagno,
l’intervento prioritario riguarda l’eliminazione della vegetazione infestante su
consiglio e valutazione degli esperti in materia. Vi è poi la necessità di
asportare il legname galleggiante, in particolare di un grosso tronco che giace
lì da anni. Ulteriore lavoro urgente la sostituzione dei pali in legno oggi
fatiscenti che delimitano le sponde in diversi punti. Lavori da intraprendere
attraverso il coinvolgimento degli enti locali e degli ambientalisti. Maurizio
Lozei
Fondali ripuliti, riemerge anche una bici
Volontari al lavoro per l’intera mattinata nell’operazione di pulizia del
mare della Sacchetta
Si è rinnovata ancora una volta nella giornata di ieri l’operazione “Pulizia
fondali”, organizzata in questa edizione del 2014 dalle società dello sport
della vela e degli amanti del mare come la Triestina Sport del Mare e la Lega
Navale Italiana, con la collaborazione dell’AcegasAps e di vari club
sommozzatori: il Centro sommozzatori Trieste, il Subsea club Trieste, il
Sommozzatori Ghisleri, il Nucleo sommozzatori Guardia di Finanza, Polizia di
Stato e Guardia costiera. La pulizia ha riguardato lo specchio di mare della
Sacchetta antistante il mercato coperto e quello antistante i pontili della Lega
Navale Italiana e della Guardia Costiera. I numerosi volontari dei vari Corpi e
sodalizi si sono dati appuntamento ieri mattina a partire dalle 10. Dopo un
briefing preliminare tra gli addetti ai lavori servito a coordinare l’operazione
pulizia, sono dunque cominciate le operazioni di “bonifica” dei fondali. I
sommozzatori volontari dei tre circoli si sono adoperati a turno nel corso della
mattinata e hanno liberato i fondali dall’inquinamento antropico creato da
svariati oggetti e materiali finiti in acqua accidentalmente o, peggio, per
incuria. A terra un cospicuo numero di volontari (circa 120 persone) a forza di
mani e braccia hanno recuperato i materiali individuati dai sommozzatori e li
hanno depositati nei cassoni messi a disposizione per l’occasione dalla società
Crismani Group che si incaricherà poi di gestire i rifiuti recuperati ieri
destinandoli a corretto smaltimento. L’operazione di pulizia - come sottolinea
la Società Triestina Sport del Mare - ha richiamato un folto pubblico di curiosi
all’iniziativa: l’iniziativa infatti punta anche a sensibilizzare la
cittadinanza sul tema della tutela dell’ambiente e su quello della
sostenibilità, nodo nevralgico per il futuro. Svariati, come si diceva, i
materiali riemersi, così come del resto accaduto in ogni puntata
dell’operazione: transenne, catene, carrelli della spesa - utilizzati peraltro
durante l’operazione pulizia per metterci dentro gli altri oggetti recuperati -,
un numero davvero infinito di pneumatici, perfino una bicicletta, chissà se
finita in mare accidentalmente o gettata da un incivile proprietario che non ha
trovato di meglio che buttarla in acqua per disfarsene. «Il messaggio - si legge
nella nota degli organizzatori - vuole essere esteso a tutti: bastano pochi
gesti per ridare e mantenere l’integrità e la bellezza a una risorsa come il
mare perché anche i nostri figli possano godere di quanto noi abbiamo goduto».
Elettrodotto carinziano L’Unione europea dice sì - DA
WURMLACH A SOMPLAGO
UDINE La società Alpe Adria Energia Spa, fautrice della costruzione di un
elettrodotto da 220 kV da Würmlach (valle del Gail, Carinzia occidentale) a
Somplago, attraverso la Carnia, segna un punto a suo favore. L’Unione Europea,
infatti, ha inserito l’impianto nell’elenco dei cosiddetti “Pci”, sigla che sta
per “progetti di interesse comunitario”. Ciò significa che l’opera, destinata a
fornire energia elettrica alle Ferriere Nord di Pittini, ha la benedizione di
Bruxelles e di conseguenze potrà avvantaggiarsi di procedure più rapide di
approvazione, di condizioni regolamentari più favorevoli e di acquisizione
mediante esproprio dei terreni che saranno attraversati da cavi elettrici e
tralicci. Un brutto colpo per i comitati civici che si oppongono alla
realizzazione dell’impianto, per ragioni di tutela ambientale. Il tracciato
dell’elettrodotto, infatti, così come previsto dal progetto approvato in sede di
Ue, ha una lunghezza di 42 chilometri e in territorio austriaco dovrebbe
attraversare il Kronhofgraben, una vallate nei pressi di Würmlach che gli
ambientalisti definiscono «un gioiello della natura di valore culturale e
storico», candidato perciò a entrare a far parte del Patrimonio culturale
dell’Unesco. In coincidenza, forse casuale, con la decisione europea di inserire
l’elettrodotto nei “Pci” si è svolta sabato una “passeggiata di protesta”
organizzata dal comitato popolare “Pro Gailtal”, con l’appoggio dell’Alpenverein
(il Club alpino austriaco) e dei Verdi. I partecipanti si sono ritrovati alle
7.30 del mattino davanti alla sede dei vigili del fuoco di Weidenburg, per poi
risalire a piedi il Kronhofgraben. È stata una manifestazione di protesta ma,
per unire l’utile al dilettevole, anche un’occasione per illustrare gli aspetti
naturalistici e storici della zona. La manifestazione di sabato precede soltanto
di quattro giorni la riunione pubblica che si terrà domani nel municipio di
Kötschach-Mauthen, in cui sarà discussa la verifica di impatto ambientale
dell’elettrodotto. Per gli oppositori questa rappresenta l’ultima possibilità di
bloccare la realizzazione dell’opera. Si farà leva, molto probabilmente, sul
fatto che il Kronhofgraben è un ambito territoriale protetto dal protocollo
Natura 2000. “Siamo davanti a un’evidente contraddizione dell’Unione Europea –
fa osservare Hannes Guggenberger, del comitato “Pro Gailtal” – che da un latto
sostiene gli ambiti naturali protetti e dall’altro definisce di interesse
pubblico un’autostrada dell’energia, che va a turbare proprio uno di quegli
ambiti”. Da notare che, in contemporanea con l’elettrodotto di Alpe Adria
Energia Spa, esiste un altro progetto presentato dalla società Alpen Adria
Energy Line, di Wilfried Klauss, che riguarda un collegamento con la Carnia da
132 kV, con cavo sotterraneo lungo la strada del passo di Monte Croce Carnico.
Marco Di Blas
IL PICCOLO - DOMENICA,
22 giugno 2014
Ciclisti a rischio: a ottobre in lavoro le prime piste
Si inizia col progetto per i 2 km di collegamento tra
Campo Marzio e la “Cottur” e con il limite dei 30 all’ora per le auto in via
Settefontane (direzione Cumano)
Urtati, cadono. Se cadono, sono a rischio di vita nel traffico. I ciclisti
aumentano, ma sono mine vaganti. Gli incidenti più devastanti accadono in moto:
troppe, e spesso irresponsabili. Ma i fragili ciclisti stanno diventando un
problema in più. Lo si è visto con i seri guai di questi ultimi giorni. Persone
gravemente ferite. E le piste ciclabili, formale e protettiva sede di transito?
Previste dal Piano del traffico come “mobilità del domani” che torna alle lente
modalità di ieri, ma poi messe a calendario a pezzi, in tempi diversi, o
rimandate? Queste le ultime decisioni comunali, di cui tiene le redini Elena
Marchigiani, assessore a Mobilità e Urbanistica. Il progetto. Inizialmente erano
previsti 85 chilometri per i ciclisti rispetto ai 15 attuali, di cui 64 a tenore
turistico. Un percorso raffigurato col “pi greco”: le Rive il lato lungo, e due
percorsi paralleli verso la città alta, destinazione San Giovanni attraverso via
Giulia e via Cumano per viale D’Annunzio. Costo di 344 mila euro, di cui 258
mila già finanziati dalla Regione. Primo lotto. Oggi ha il semaforo verde, con
la previsione di un progetto definitivo tra settembre e ottobre e lavori entro
l’anno, solo il primo lotto, ma da un’altra parte. Da Campo Marzio due
chilometri di collegamento con la ciclopedonale Cottur che parte da via
Orlandini e attraversando San Giacomo arriva fino a Draga Sant’Elia. «Al 90%
sarà a esclusivo uso delle biciclette - spiega Marchigiani -, useremo il
finanziamento regionale e 60 mila euro del Comune, ricavati da quei 12 milioni
da poco resi disponibili per lavori pubblici. Niente patto di stabilità. Li
possiamo spendere». Secondo lotto. Il secondo lotto, Rive, è bloccato dal
diniego dell’Autorità portuale a cedere qualche centimetro di propria area, ora
a parcheggio in gestione Ttp. «Ma abbiamo ovviato rifacendo la segnaletica
esistente dalla Stazione a Campo Marzio. Il ritorno è per via Cadorna verso il
centro. Però su sede stradale». Cioé a filo delle macchine. “Pi” uno. E il
disegno del “pi greco”? Partirà a ottobre la direttrice verso via Cumano
(musei): via Settefontane e tutto il percorso attraverso piazza Perugino
inaugureranno il limite di velocità a 30 chilometri orari. Pista convivente con
le macchine. “Pi” due. Per arrivare in bici a San Giovanni si useranno invece le
vie Mazzini e Imbriani candidate a pedonalità, che intanto si sperimenta nei
week end. Il resto del percorso «va su viale XX Settembre - dice Marchigiani -,
perché non è possibile guadagnare spazi su via Battisti». I bus. C’è un progetto
più ambizioso. Pattuire con Trieste Trasporti che su quelle due vie
pedonalizzate i bus non superino i 30 all’ora. Condividendo la corsia
preferenziale proprio coi ciclisti. Convivenza pericolosa? «No, a Bologna lo
fanno già». Prossimamente. Corsie per biciclette sono previste in via Trento
nell’ambito della riqualificazione piazza Ponterosso-largo Panfili, e in via XXX
Ottobre che già in testa e in coda è ormai pedonale, e in mezzo resta Zona a
traffico limitato: per realizzare questo lotto arriveranno i famosi, tanto
bloccati, fondi Pisus. La Regione li ha “liberati”. Pedalare da queste parti,
però, sarà cosa da 2015 avanzato.
Gabriella Ziani
Settimana della Mobilita’ - Patto di convivenza con chi
viaggia piano
Gli stalli per le biciclette sono arrivati dopo il lungo lavoro di “ricerca
sponsor” e “aspetta permessi” e altri ancora ne verranno incardinati in varie
zone della città ma il Comune più che assecondare vuole spingere a comportamenti
alternativi rispetto al traffico delle macchine. Per esempio sta già cercando
nuove zone di città in cui imporre la velocità “30 chilometri”, l’unica che può
garantire al ciclista maggiori probabilità di non finire schiacciato come una
sardina. In una città peraltro che diventa in salita dietro ogni angolo di
strada, e quindi ha perimetri stretti, tutti estremamente urbani, per chi della
bici fa un mezzo di trasporto e non di sport. «Proprio in questi giorni lo
abbiamo deciso anche assieme alla Provincia - annuncia l’assessore Elena
Marchigiani, tra il 16 e il 22 settembre quando è prevista la “Giornata europea
della mobilità” faremo delle iniziative per creare un “patto di convivenza” tra
ciclisti, disabili e gli altri. Bisognerà fissare, e diffondere, il criterio che
ci sono diritti inderogabili per tutti, anche per chi va lento. Non possiamo
allargare le strade. Dobbiamo usare meno velocità e creare sedi di transito
dedicate, che tutti devono rispettare». Inoltre si metteranno al lavoro gli
scolari. Verranno attivati dei laboratori in cui i ragazzini con l’aiuto di
insegnanti e adulti proveranno a individuare nuove zone di Trieste dove sarebbe
opportuno vietare una velocità superiore ai 30 chilometri. Le mappe verranno
disegnate e poi si faranno anche prove pratiche. «È un processo di costruzione
continua - prosegue Marchigiani -, perché l’utenza in bicicletta è in continuo
aumento, e questo ci dà una motivazione forte a non abbandonare il tema».
(g. z.)
Ogs alla boa del campionamento “mondiale”
Giornata internazionale della biodiversità, coinvolto anche l’Istituto:
rilevamenti sulle acque del golfo
Anche il mare di Trieste è stato protagonista, ieri, in contemporanea in
tutto il pianeta, dell'Ocean Sampling Day. Si tratta di un’attività di
campionamento delle acque oceaniche e costiere effettuato per studiare la
biodiversità dei microorganisimi e le loro funzioni. Sono stati circa 170 i siti
coinvolti, dall'Islanda all'Antartico, da Moorea (Polinesia francese) al
Sudafrica. In Italia i punti di campionamento sono stati una decina, grazie alla
partecipazione di sette realtà scientifiche: l’Ogs, Istituto nazionale di
Oceanografia e Geofisica sperimentale (Sezione di Oceanografia) di Trieste, l’Iamc
e l’Ismar del Cnr (Consiglio nazionale delle ricerche) la Stazione zoologica
Dohrn di Napoli, le Università di Padova, Urbino e Marche. Il Centro tematico
biomolecolare di LifeWatch-Italy produrrà i dati molecolari sulle microalghe.
L’Ogs ha campionato le acque del nostro Golfo nei pressi della boa Mambo,
situata ai limiti della Riserva naturale marina di Miramare. «C'è ancora molto
da scoprire sulla biodiversità dei microrganismi marini. Per la prima volta,
grazie all'Ocean Sampling Day, potremo confrontare acque di tutto il mondo,
campionate nello stesso momento e con lo stesso protocollo. - ha affermato Paola
Del Negro, direttore Oceanografia di Ogs -. È fondamentale che queste iniziative
vengano poi ripetute nel tempo, perché solo dal confronto tra le rilevazioni
effettuate in passato è possibile analizzare come sta cambiando la biodiversità
e affermare se le sue variazioni siano dovute all'attività dell'uomo (scarichi a
mare, pesca indiscriminata, altri comportamenti poco rispettosi dell'ambiente) o
ai cambiamenti climatici». In tema, la banca dati Ogs dei campionamenti nei
pressi della boa Mambo rappresenta, con quella della Stazione Dohrn di Napoli,
la serie storica più importante a livello italiano, con rilevazioni mensili dal
1970. «Un vero e proprio patrimonio che ci distingue anche a livello
internazionale» ha concluso Del Negro. La vita sulla Terra ha un legame
imprescindibile con il mare: il 70% del Pianeta è ricoperto dagli oceani e i
microorganismi marini (batteri, microalghe e altri organismi unicellulari)
rappresentano le forme di vita dominanti la cui biomassa supera di gran lunga
quella degli organismi superiori. Si stima che i microorganismi marini
contribuiscano a oltre la metà della produttività primaria globale, svolgendo un
ruolo analogo a quello delle piante terrestri. Attraverso le loro semplici
attività vitali, quali la respirazione o la fotosintesi, plasmano la
composizione chimica degli oceani e dell’atmosfera, producendo la metà
dell’ossigeno che respiriamo.
ENERGIA - No all’elettrodotto Udine sud-Okroglo
La giunta regionale del Friuli Venezia Giulia invierà ai
ministeri dello Sviluppo economico e dell’Ambiente nonché a Terna, attualmente
impegnata a presentare il Piano di sviluppo 2014, la netta contrarietà rispetto
al possibile elettrodotto 380 KW Udine sud-Okroglo di interconnessione tra
Italia e Slovenia. Si tratta di un atto preventivo, come fa sapere l’assessore
all’Ambiente Sara Vito, dal momento che ad oggi non esiste un progetto concreto
e non è avviato alcun processo amministrativo di autorizzazione. Il motivo del
niet? L’opera non risulta in linea con la visione del nuovo Piano energetico
regionale.
AGRICOLTURA - La Lega ribadisce il no alle coltivazioni
Ogm
«L’agricoltura friulana ha un futuro nella misura in cui
punta sulle proprie specificità: inchinarsi agli organismi geneticamente
modificati significherebbe assassinare la nostra cultura rurale e trasformare il
Friuli in un campicello coltivato dalle multinazionali». Lo afferma la Lega, con
il segretario provinciale di Udine Daniele Moschioni, ribadendo il no agli Ogm.
Operazione “pulizia dei fondali” - Ma quanto sporchiamo
il mare? - Troppo - E oggi lo ripuliamo
Oggi si rinnova l’appuntamento dei volontari del mare. Tante le regate,
manifestazioni e gare sociali che impegnano durante l’anno società
dilettantistiche dello sport della vela e degli amanti del mare come la Società
Triestina Sport del Mare. L’obiettivo comune è quello di vivere e condividere le
emozioni genuine che solo il mare può dare. Ecco che per una città come la
nostra la risorsa mare diventa essenziale e imprescindibile e come tale va
tutelata. Da questa coscienza comune nasce una sensibilità che negli anni sta
crescendo e si sta concretizzando in azioni. Nell’ottica che ognuno può far
qualcosa si rinnova anche quest’anno la collaborazione tra Società Triestina
Sport del mare, Lega Navale Italiana e i club sommozzatori Centro Sommozzatori
Trieste, Sub Sea, e Sommozzatori Ghisleri per l’operazione “Pulizia fondali”. I
volontari dei circoli si sono dati appuntamento per questa mattina a partire
dalle 10. Dopo un briefing preliminare di coordinamento per gli addetti ai
lavori, si darà inizio alle operazioni di “bonifica” dei fondali dello specchio
d’acqua adiacente al Molo Fratelli Bandiera in concessione alla società
Triestina Sport del mare e di quello prospiciente alla base nautica della Lega
Navale Italiana. I sommozzatori volontari dei tre circoli si adopereranno a
turno liberando i fondali dall’inquinamento antropico creato dai svariati
oggetti e materiali finiti in acqua accidentalmente o peggio per incuria. A
terra, altrettanti volontari che a forza di mani e braccia si faranno carico del
materiale recuperato, mentre a chiudere l’operazione Crismani e AcegasAps che
gestiranno i rifiuti recuperati destinandoli a corretto smaltimento.
L’operazione di pulizia ha richiamato negli anni scorsi un gran pubblico di
curiosi e di aderenti all’iniziativa che si spera siano stati a loro volta
sensibilizzati alla tutela delle risorse in un’epoca in cui la sostenibilità
rappresenta una questione nevralgica per l’esistenza di tutti. Lo scorso anno
sono state tantissime le cose ritrovate: transenne, carrelli della spesa, fino a
un motorino. A conferma che c’è ancora tanto da insegnare. Il messaggio vuole
essere esteso a tutti: bastano pochi gesti per ridare e mantenere l’integrità e
la bellezza ad una risorsa come il mare perché anche i nostri figli possano
godere di quanto noi abbiamo goduto.
IL PICCOLO - SABATO,
21 giugno 2014
Spiaggia riabilitata di Grado, tornano le sdraio
Doppia festa per la riapertura e la Bandiera blu. La Git approva bilancio
e piano industriale
GRADO Una festa per i 25 anni di Bandiera Blu, abbinata alla decisione della
conferenza dei servizi che ha stabilito come la sabbia del tratto di 360 metri
di spiaggia principale (esaminata per ipotesi della presenza di mercurio
volatile), sia esenti da qualsiasi rischio per la salute. E per questo motivo,
anziché lungo la diga, quest’anno la cerimonia sarà effettuata nell’area della
spiaggia principale, che per 31 giorni è stata delimitata poiché interdetta
precauzionalmente (alla sosta, ma non al passaggio) in attesa delle analisi.
Dinnanzi agli ombrelloni dei reparti interessati alla vicenda (che già ieri i
bagnini della Git hanno rimesso al loro posto), verrà fissato un grande pennone
dove verrà issato il prestigioso vessillo blu. I dettagli dell’iniziativa sono
ancora in via di definizione. In quanto alla data ci sono due ipotesi: se la
tempistica lo consentirà potrebbe svolgersi alla fine della prossima settimana,
in alternativa nella settimana che va dal 7 al 13 di luglio in quanto quella dal
30 giugno al 6 luglio è dedicata al “Perdòn de Barbana”. È quanto il sindaco,
Edoardo Maricchio, annuncia come segnale forte a dimostrazione della qualità
degli arenili di Grado. «Intendo inoltre invitare per la cerimonia della
Bandiera blu – dice – tutti i 25 sindaci della provincia di Gorizia per dare un
segnale forte a difesa di tutto il nostro territorio». Nel pomeriggio di giovedì
si è svolta invece l’assemblea dei soci della Git - Turismo Fvg, Comune, Camera
di Commercio e privati della Itur. In apertura il presidente Marino De Grassi ha
relazionato sugli esiti delle analisi che hanno accertato l’insussistenza di
qualsivoglia anche minimo pericolo per la salute, assicurando che tutti i
reparti sarebbero stati immediatamente ripristinati. Ma all’ordine del giorno
c’erano argomenti molto importanti, bilancio e piano industriale, che sono stati
anche il motivo (così era stato detto) per il quale è stato deciso di fare una
vera e propria “rivoluzione” in seno al cda che oggi è nuovo per quattro quinti
e con la nuova figura di un amministratore delegato, l’ex presidente della Git,
Mauro Bigot. L’assemblea della Git ha approvato all’unanimità sia il bilancio e
sia il piano industriale deliberato dal precedente consiglio di amministrazione.
Documenti che non andavano bene prima ma che oggi sono stati approvati. Unica
precisazione quella di Bigot che ha ricordato come il nuovo cda abbia deliberato
di approvare un nuovo piano industriale entro i primi mesi del prossimo autunno.
Il bilancio che è di poco meno di 7 milioni di euro, come ricorda De Grassi, ha
chiuso, causa il maltempo e la forzata chiusura della piscina, con una perdita
di 122mila euro che con l’aggiunta dell’Irap si è attestato su circa 233mila
euro.
Antonio Boemo
Ambiente - Pianificazione energetica
Workshop con i Comuni La direzione regionale Ambiente ed
Energia organizza venerdì prossimo a Udine, nel palazzo della Regione, una
conferenza sulla pianificazione energetica. L’obiettivo dell’iniziativa è
promuovere il confronto fra diverse realtà territoriali e proporre un workshop
dedicato all’energia sostenibile, rivolto ai comuni dell’area dell’Alto
Adriatico.
Ogs, oggi il monitoraggio delle acque del golfo
Anche le acque del Golfo di Trieste verranno monitorate oggi nell'ambito
dell'Ocean Sampling Day, evento di campionamento delle acque oceaniche e
costiere effettuato in contemporanea in tutto il pianeta per studiare la
biodiversità dei microorganisimi e le loro funzioni. La Sezione di Oceanografia
di Ogs - Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale è tra i
7 Enti di Ricerca italiani che aderiscono all'iniziativa internazionale
coordinata dalla Jacobs University di Brema (Germania) e dalla Oxford University
(Regno Unito), facente parte del progetto Micro B3 (Biodiversità microbica,
Bioinformatica e biotecnologie), finanziato dall'Unione Europea. L'iniziativa
consisterà nel campionamento degli organismi marini planctonici procarioti ed
eucarioti per studiare la loro biodiversità, approfondire le conoscenze sulle
loro funzioni, valutare gli effetti dei cambiamenti climatici e le conseguenze
dell’impatto antropico. I risultati delle indagini saranno utili per capire la
salute di mari e oceani, per contribuire alla “crescita blu” e per sviluppare
biotecnologie basate su organismi marini.
IL PICCOLO - VENERDI',
20 giugno 2014
«Revocare le autorizzazioni al rigassificatore»
Intesa col governo per il via libera alla mozione della Commissione
Industria ed energia
(vedi
resoconto stenografico della seduta n. 265 del 18/06/2014)
La Commissione Industria ed energia del Senato aggiunge un
altro metro di terra al progetto, praticamente sepolto, del rigassificatore di
Trieste. Approvata a Palazzo Madama una mozione, frutto di un’intesa tra forze
di maggioranza e governo, che chiede a Palazzo Chigi di «valutare l’opportunità»
a procedere all’emanazione del decreto di revoca delle autorizzazioni concesse
per l’impianto. Il documento parte da una lunga premessa in cui si passano in
rassegna le analisi condotte negli ultimi anni da diverse istituzioni
internazionali (tra cui l'Agenzia Internazionale per l'Energia) che delineano lo
scenario energetico globale nel prossimi decenni. E’ in questo contesto che la
Commissione inserisce le rinnovabili e il gas, oltre che il bisogno di ridurre i
rischi che possono derivare da eventuali interruzioni di approvvigionamento
dall'estero. Ecco perché è necessario adottare «una politica nazionale volta a
garantire prezzi accessibili, competitività, obiettivi ambientali e sicurezza»
nelle forniture. Dunque, osservano i senatori, considerando che il gas naturale
«è riconosciuto da tempo come il più pulito tra i combustibili fossili» è
indispensabile valutare «l'importanza delle infrastrutture nel loro carattere
strategico». Ma su Trieste, in particolare, il Senato ricorda che per il
terminale on-shore è stato adottato un provvedimento di sospensione
dell'efficacia della Via, mentre per quello off-shore è stato adottato il
provvedimento di Via negativa. Di conseguenza Palazzo Madama, pur riconoscendo
la necessità di impianti nel territorio nazionale, sollecita il governo «a
valutare l'opportunità, a seguito della sospensione in essere e ove ne ricorrano
le condizioni -puntualizza la mozione - a procedere alla emanazione del decreto
di revoca delle autorizzazioni concesse per il rigassificatore». Ma di
realizzare comunque, in particolare, «una politica industriale ed energetica che
riduca progressivamente l'uso del carbone per la produzione di energia elettrica
definendo una vera e propria "Roadmap di decarbonizzazione" che riguardi tutti i
settori - è la proposta - dall'elettrico ai trasporti, dall'industria ai
servizi, per perseguire gli obiettivi comunitari previsti al 2050». Perché,
continua la Commissione, il Paese deve disporre di «obiettivi di efficientamento
delle reti di trasporto dell'energia favorendo la transizione delle reti
esistenti in "reti intelligenti”, le cosiddette "smart grid" in grado di
integrare intelligentemente le azioni di tutti gli utenti connessi». Passaggio,
indispensabile, questo, per «distribuire energia in modo efficiente,
sostenibile, economicamente vantaggioso e sicuro».
(g.s.)
Borgo San Sergio - Non confondere “verde” e scarti di
cucina
AcegasAps rileva che è iniziata la posa dei bidoni per la
raccolta differenziata degli scarti organici di cucina nel rione di Borgo San
Sergio: «Purtroppo si stanno registrando diversi conferimenti non conformi. Sono
stati introdotti scarti verdi dei giardini, che li riempiono sottraendo spazio
agli scarti di cucina.
Differenziata: per l’umido i sacchetti sono a spese
nostre - LA LETTERA DEL GIORNO (Famiglia Ivis)
Siamo residenti a Borgo San Sergio dove da poco è iniziata la raccolta del
cosiddetto umido organico. Nel materiale informativo inviatoci a casa dal Comune
e Acegas, non era specificato se i sacchetti biodegradabili necessari a tale
raccolta verranno forniti gratuitamente oppure bisognerà comprarli. Così abbiamo
contattato dapprima Acegas che ha risposto che bisognerà arrangiarsi comprando i
sacchetti al supermercato (circa 1,5 euro per 15 sacchetti) oppure chiederli
alla cassa con la spesa (peccato che ora come ora la maggior parte delle persone
usi la borsa di tela) e che comunque la raccolta differenziata è un obbligo del
cittadino non finalizzato all'abbattimento della tassa sui rifiuti.
Successivamente abbiamo telefonato al Comune (dipartimento ambiente) che ci ha
confermato quanto detto da Acegas e ci ha consigliato di fare una segnalazione
all’Ufficio relazioni con il pubblico per cercare di ottenere qualche
miglioramento (cosa che abbiamo prontamente fatto). Pur essendo dei convinti
sostenitori della raccolta differenziata che in famiglia effettuiamo già da
molti anni senza avere ritorni economici - questo si, lo confermiamo! - non
capiamo come si possa incentivare la cittadinanza a fare tale raccolta se si
prospetta comunque una maggior spesa dovuta all’acquisto di sacchetti che in
molti altri comuni d’Italia vengono forniti gratuitamente. Sarebbe stata cosa
utile e gradita fornire con il materiale informativo recapitato casa per casa,
anche un paio di sacchetti biodegradabili per sensibilizzare il cittadino che,
se non avrà un seppur minimo ritorno economico, continuerà con le medesime
vecchie e brutte abitudini, come testimoniano i bottini “marroni” ancora
inesorabilmente vuoti e quelli “grigi” sempre stracolmi di qualsiasi immondizia.
La spiaggia di Grado non è contaminata
La Conferenza dei servizi, analisi alla mano, certifica
l’assenza di mercurio e agenti tossici e autorizza la riapertura
TRIESTE «La sabbia di Grado non contiene agenti tossici e la spiaggia sarà
completamente agibile già da questo weekend». È il verdetto con cui la
Conferenza dei servizi del Friuli Venezia Giulia libera i 400 metri della
spiaggia interdetti alla sosta da metà maggio dalla Procura della Repubblica di
Gorizia. All’inizio del mese scorso la Procura aveva inviato agli enti locali
una notifica di contaminazione in cui si avvisava del superamento della «soglia
di contaminazione» per il parametro mercurio in sette campioni di sabbia
prelevati dalla spiaggia. Una settimana dopo erano arrivate le transenne. Ora,
alla luce di nuove analisi, la Conferenza dei servizi (organo collegiale
competente a valutare l’analisi del rischio composto da Regione, Provincia di
Gorizia, Comune di Grado, Arpa e Azienda sanitaria Isontina) rassicura i
bagnanti: «Tutta l’attività d’analisi è stata fatta in tempi contenuti ma in
modo molto preciso e puntuale - ha affermato l’assessore regionale all’Ambiente
Sara Vito alla fine dell’incontro - ed ha portato alla conferma,
importantissima, che non c’è assolutamente alcun rischio per la salute delle
persone». Nuove analisi A conforto del via libera si citano i risultati delle
analisi, condotte in circa un mese da Arpa e Multiproject di Gorizia e validate
ieri dalla Conferenza. Il tratto di arenile davanti a Città Giardino, spiega la
Regione in un comunicato, «non risulta interessato dalla presenza di metalli
pesanti, in quanto dagli esiti della caratterizzazione dell’area si rileva in
particolare come la “speciazione” abbia definito che le forme non mobili, non
assimilabili e quindi non bioaccumulabili di mercurio siano il 99 per cento di
quelle presenti». «Nessun pericolo» L’assessore ha commentato: «Sono stati fatti
tutti gli approfondimenti possibili e le conclusioni sono state che se persino
una persona vivesse sulla spiaggia continuativamente per 30 anni consecutivi non
andrebbe incontro ad alcun tipo di rischio». Vito ha poi sottolineato
l’importanza «d’aver fatto chiarezza su questa vicenda grazie al buon lavoro dei
tecnici». L’esponente della giunta regionale ha quindi evidenziato che nella
gestione delle analisi effettuate sono state valutate tutte le possibilità e,
per quanto concerne i soggetti esposti, sono stati considerati sia adulti che
bambini, compresi quelli affetti dalla sindrome “Pica” (disturbi del
comportamento alimentare). Visti i risultati dell’analisi di rischio, la
Conferenza di servizi ha ritenuto di considerare concluso il procedimento anche
se, a maggior cautela, ha imposto un monitoraggio specifico dei vapori outdoor
di mercurio per il sito di durata annuale e con cadenza trimestrale dei
prelievi, in modo da verificare nel tempo la permanenza delle condizioni
rilevate. Il ripascimento La spiaggia al centro delle polemiche era stata
oggetto di un intervento di ripascimento da parte del Comune nel 2013,
operazione portata a compimento dalla cooperativa San Marco di Marghera tramite
il prelievo di sabbia dal canale di accesso a Grado. Il ripascimento, secondo il
documento della Procura, era stato condotto in «palese difformità» rispetto alle
indicazioni del manuale ministeriale per il movimento di sedimenti marini e
senza un parere formale di idoneità rilasciato da un ente pubblico
specializzato. Il Comune aveva replicato che, al contrario, l’iter autorizzativo
per il ripascimento era durato un anno, con tanto di via libera finale da parte
del servizio ambiente della Regione. Il verdetto finale Le analisi di
Multiproject Gorizia e Arpa rovesciano quindi il risultato dei campionamenti
condotti in precedenza da Arpa con la supervisione di quattro tecnici nominati
dalla Procura, e il parere della società Iser di Trento, che consultata in
proposito dalla magistratura aveva rilevato un «rischio non tollerabile» in
seguito a contaminazione. Tirerà ora un sospiro di sollievo la società Git che,
estranea al ripascimento, ha in gestione il tratto di spiaggia in questione.
Giovanni Tomasin
MUGGIA - Inizia la maratona per l’approvazione del
piano regolatore
MUGGIA Inizia la settimana muggesana del Piano regolatore generale comunale.
Oggi alle 14.30 il consiglio comunale si riunirà in seduta straordinaria per
affrontare la presentazione della proposta-discussione da parte della
maggioranza in seno al nuovo Prgc, nonché le repliche-acquisizione degli
emendamenti da parte dell'opposizione. Il lungo iter proseguirà mercoledì 25
alle 14.30 con l'esame degli emendamenti, per concludersi lunedì 30 alle 11.30
con le dichiarazioni di voto e le votazioni. Nel contempo, a partire da domani,
si aprirà il periodo di 30 giorni durante il quale i cittadini potranno
presentare eventuali osservazioni ed opposizioni. Dopo l'approvazione la vera e
propria adozione verrà effettuata nel 2015. «Salvaguardia dell’ambiente, il buon
abitare per migliorare la qualità della vita, una mobilità tesa al miglioramento
degli spostamenti e lo sviluppo economico sotto tutti gli aspetti». Sono questi
i quattro pilastri del documento che oggi verrà discusso in aula. Un argomento
che indiscrezioni danno di alto gradimento anche per gli elementi più
integralisti, da un punto di vista ambientale, presenti all'interno della
maggioranza. Pochi giorni fa è trapelato che un gruppo di professionisti
(geometri e ingegneri in primis) hanno avuto incontro con l'assessore Stefano
Decolle e il vicesindaco Laura Marzi. Raccomandazioni, pare di minima entità,
sono state avanzate dai tecnici per cercare di apportare delle migliorie
tecniche al nuovo Piano regolatore. Come anticipato dalla Marzi il Prgc punta
molto su alcuni aspetti: la riconsiderazione dello sviluppo turistico in termini
di sostenibilità e fruizione pubblica, il recupero delle connessioni e dei
percorsi, il recupero dell’agricoltura, la limitazione al consumo di suolo, la
tutela del sistema idrogeologico, dei beni culturali, ambientali e
paesaggistici, il blocco dell’incremento della popolazione insediabile avviando,
parallelamente, misure di riqualificazione della residenzialità e dei servizi.
«È un Prgc dalla forte connotazione ambientalista», sentenzia Marzi. Un piano
che prevede la riduzione delle speculazioni edilizie vestite da sviluppo
turistico, previste dal Prgc vigente anche in zone di pregio ambientale:
complessivamente è prevista una riduzione totale di tutte le zone turistiche del
48%, con un parallelo aumento della superficie delle zone destinate agli usi
agricoli di circa 30 ettari. Il turismo dunque verrà ridotto ai minimi termini?
No. Secondo i dettami impartiti dal Comune la vocazione turistica e l’importanza
del turismo stesso nello sviluppo economico del territorio è concepita,
all’interno del nuovo Prgc, "attraverso la visione di un turismo teso alla
valorizzazione in chiave sostenibile del territorio nel suo complesso,
attraverso il potenziamento di tutte le sue naturali predisposizioni e risorse".
Riccardo Tosques
Servitù militari - Intesa tra Regione e ministero
Debora Serracchiani, ieri a Roma alla seconda Conferenza nazionale sulle
Servitù militari, ha sottoscritto con il ministro della Difesa, Roberta Pinotti,
un Protocollo d’intesa con l’obiettivo di avviare una collaborazione per
l’utilizzo delle aree militari anche per progetti di interesse delle comunità
locali in modo da attenuare i vincoli delle servitù militari. Serracchiani ha
sottolineato l’importanza del dialogo aperto con le Forze Armate anche per il
piano paesaggistico e le sinergie su progetti avviati con la collaborazione
delle due Università e di Sincrotrone, Ogs e Consorzi industriali.
IL PICCOLO - GIOVEDI',
19 giugno 2014
Spiaggia contaminata, oggi il “verdetto”
Attesa per l’esito delle analisi effettuate sulla
spiaggia di Grado. Alla Conferenza dei servizi il compito di convalidarle
GRADO È in programma stamane a Trieste la Conferenza dei servizi che dovrà
convalidare definitivamente gli esiti - che andranno poi comparati - delle due
analisi effettuate sulla sabbia di Grado dall’Arpa e dalla Multiproject di
Gorizia. Analisi che sono state eseguite nello stesso momento e nei medesimi
punti. È passato poco più di un mese da quel 15 di maggio quando per
salvaguardare la salute delle persone la Procura della Repubblica di Gorizia ha
fatto scoppiare una “bomba” sicuramente devastante soprattutto per gli effetti
dell’immagine, poiché in base ad analisi precedenti ha ravvisato l’ipotesi della
presenza di metalli pesanti. Si parlava ipotesi di presenza di mercurio volatile
dannoso per i bambini che accidentalmente dovessero ingerire la sabbia.
Condizione questa che aveva imposto alla Grado impianti turistici di delimitare
l’area, che come ha spiegato il magistrato, non è mai stata posta sotto
sequestro. La rabbia di tutti i gradesi è emersa quando dalle notizie seguenti
alle prime indicazioni fornite dalla stessa Git dopo gli incontri in Provincia
con tutti gli altri enti competenti alla vicenda, si è parlato di analisi
effettuate ancora all’autunno del 2013. A ogni modo oggi si conoscerà finalmente
l’esito delle analisi effettuate autonomamente sia da Arpa e sia da Multiproject.
A Grado sono tutti ottimisti, ma intanto i danni materiali concreti (disdette,
fortunatamente comunque non molto numerose) ma soprattutto d’immagine e
promozione sono davvero pesanti in quanto possono ripercuotersi anche sul
futuro. Soprattutto per quel che concerne i Paesi stranieri, Austria e Germania
in particolare, dove, purtroppo si è sempre parlato genericamente di spiaggia e
non di un piccolo tratto di arenile sottoposto l’anno precedente a ripascimento.
Generiche dichiarazioni che anche in Italia sono così state riportate da diversi
media. La domanda di tanti è: «Ma chi paga per tutto questo?». Di certo è che
subito dopo l’ufficialità delle analisi effettuate dovrà essere fatta una
notevole campagna di informazione della quale se ne occuperà probabilmente
Turismo Fvg. La Conferenza dei servizi, come detto, è in programma stamane a
Trieste. Nel pomeriggio si svolgerà invece a Grado l’assemblea dei soci della
Git (Turismo Fvg, amministrazione comunale, Camera di commercio, industria,
agricoltura e artigianato di Gorizia e operatori gradesi del consorzio Itur)
dove ovviamente si parlerà anche di questo argomento. A quell’ora, però, se
tutto andrà per il verso giusto, le maestranze della Git potrebbero aver già
iniziato a rimettere al loro posto ombrelloni e cabine che erano state nel
frattempo tolte per essere posizionate temporaneamente in un altro tratto di
spiaggia in modo da soddisfare i bagnanti. L’assemblea della Git era stata
programmata per il mattino, ma considerata l’estrema importanza della Conferenza
dei servizi sulla questione della sabbia, è stata logicamente posticipata.
All’ordine del giorno dell’assise ci sono anche l’approvazione del bilancio e
del piano industriale.
Antonio Boemo-
Comitato contro l’antenna: il sindaco offende
Polemiche per le insinuazioni di Nesladek su presunti vandali all’interno
della comunità di Santa Barbara
MUGGIA Il sindaco Nesladek ha offeso l'intera popolazione di Santa Barbara
insinuando vi siano all'interno della sua comunità gli autori degli atti
vandalici ai danni della proprietaria del terreno dove è stato posto il
traliccio sul Monte Castellier. Torna a graffiare il Comitato antiantenna di
Santa Barbara. Le ultime dichiarazioni del primo cittadino muggesano, rilasciate
alla conferenza stampa organizzata dal Comune per illustrare la situazione
legale concernente i tralicci sparsi nel territorio muggesano, non sono infatti
andate giù al nucleo di residenti della frazione rivierasca. In primis per aver
parlato di atti intimidatori collegandoli ai cittadini di Santa Barbara, atti
che pare abbiano causato parecchi danni a una serie di alberi (uliveti e un
ciliegio) di proprietà dell'affittuaria del terreno ove è stato costruito il
megatraliccio da 30 metri. «Spiace ai cittadini di Santa Barbara leggere
un’ambigua affermazione del sindaco Nesladek che ha parlato di "atti
d’intolleranza e intimidatori che individui isolati hanno portato avanti negli
scorsi mesi nella comunità di Santa Barbara". Riteniamo questa affermazione del
sindaco gravissima e lesiva della popolazione intera di Santa Barbara e che
denota un certo nervosismo verso una popolazione che semplicemente cerca di
essere partecipe, in modo civile e legittimo, del processo decisionale per una
migliore amministrazione della cosa pubblica». Il Comitato ha quindi chiesto a
Nesladek di fare chiarezza: «Il sindaco, se conosce gli autori degli atti
vandalici, faccia "regolare denuncia" piuttosto che tirare in ballo un’intera
comunità insinuando che gli autori degli atti vandalici facciano parte della
comunità medesima». Dal Municipio il sindaco Nesladek ha fatto pervenire una
pronta replica: «In nessun modo si voleva generalizzare un'accusa verso un paese
intero. Ho già avuto modo di esprimere rispetto per i timori e le perplessità
del paese e lo riconfermo nuovamente con tutta la mia forza. In nessun modo
intendevo, pertanto, colpevolizzare dei cittadini semplicemente preoccupati».
Sulla partecipazione della popolazione per un Comune migliore, per Nesladek
«sarebbe bene, anche per evitare incomprensioni di questo tipo, dialogare di
più: la mia porta è sempre aperta per continuare quel dialogo positivo col quale
ci eravamo lasciati l'ultima volta. Credo che col dialogo e un po' di buona
volontà si riuscirà a mettere insieme le necessità di tutti i cittadini e tutto
il territorio, da Chiampore a Santa Barbara». Infine dal Comune fanno sapere che
«regolare denuncia è già stata fatta» dalla proprietaria del terreno. Notizia
che aumenta ancora di più il clima di tensione che aleggia nella frazione
dinanzi all'ennesimo ecomostro costruito sul territorio.
Riccardo Tosques
Enel Cuore Onlus - Agricoltura e inclusione sociale
Fino al 7 luglio Enel Cuore, Onlus del Gruppo Enel, invita
associazioni e imprese sociali del territorio a presentare proposte su sicurezza
alimentare, sostenibilità ambientale e inclusione sociale. Le proposte per “Orti
urbani, agricoltura sociale” vanno presentate compilando la scheda disponibile
sul sito www.enelcuore.org.
IL PICCOLO - MERCOLEDI',
18 giugno 2014
Assegni da 60 a 150 euro ai 500 “virtuosi” della
differenziata
Partite le prime lettere per chi si è classificato nei primi 100 posti
della graduatoria. L’assessore Montesano: serve l’impegno di tutti
Il termine “riciclone” è entrato di recente nel vocabolario della lingua
italiana. È un’espressione positiva, in senso lato indica una persona (oppure
anche un Comune) con un alto senso civico. Si è cominciato a usare questa parola
con la crescita della raccolta differenziata dei rifiuti praticata ormai da
quasi tutti i Comuni. Quello di Trieste, pur in ritardo sul sistema, è andato
oltre: ha deciso di premiare i virtuosi, coloro cioè che con scrupolo la
praticano. È nato così un concorso che a giudicare dai dati, e dai confronti con
il periodo precedente, sta dando risultati molto positivi, soprattutto per
l’ambiente. Si chiama “Trieste premia per vincere la sfida della raccolta
differenziata” il progetto promosso con AcegasAps per sensibilizzare i cittadini
a una corretta differenziazione e disincentivare così l’abbandono dei rifiuti,
specialmente quelli ingombranti o di natura particolare, in qualsiasi luogo. Il
concorso, che si è svolto nei mesi scorsi, ha visto la partecipazione di circa
2.000 persone che si sono impegnate a differenziare correttamente i rifiuti non
conferibili nei contenitori della raccolta stradale e a consegnarli nei quattro
centri di raccolta comunali, contribuendo attivamente a favorire una gestione
sostenibile dei rifiuti domestici e il mantenimento del decoro urbano. E ora il
Comune li premia con un assegno che i “virtuosi” possono ritirare neglii uffici
di Esatto. Si tratta di 500 persone. La società sta inviando in questi giorni le
lettere ai cittadini che si sono collocati nei primi 100 posti della graduatoria
complessiva. I vincitori riceveranno un premio che consiste in un assegno
circolare. Queste le cifre: ai primi 100 classificati andranno 150 euro, a
quelli dal 101 al 350.o posto saranno attribuiti 100 euro, infine chi si trova
dal 351.o al 500.o posto incasserà 60 euro. Complessivamente verranno
distribuiti 49mila euro. L'assegno sarà disponibile fino al 30 giugno appunto
negli uffici di Esatto in piazza Sansovino 2, con in seguenti orari: lunedì,
martedì, giovedì, venerdì dalle 9 alle 16; mercoledì e sabato dalle 9 alle 13.
Per ritirare l’assegno è necessario portare con sé la ricevuta di pagamento
dell’ultima rata degli acconti della Tares del 2013, con scadenza il 30 aprile
scorso. Successivamente, Esatto invierà le lettere per l’attribuzione dei premi
ai cittadini che risultano classificati dalla posizione 101 alla posizione 500
della graduatoria. «Una gestione sostenibile dei rifiuti - afferma l’assessore
al bilancio, Matteo Montesano - è un obiettivo che non può essere raggiunto solo
grazie all’evoluzione e al miglioramento delle tecnologie di smaltimento, ma è
necessario l’impegno di tutti: grazie a piccole attenzioni quotidiane, come
dividere correttamente i rifiuti domestici prima di gettarli, possiamo fare
molto per garantire la qualità della vita nella nostra città». Per eventuali
ulteriori informazioni o comunicazioni, gli interessati possono contattare il
numero verde 800.800.880 oppure possono inviare le proprie richieste di
informazioni via fax al numero 040.3223700 oppure ancora tramite e-mail
all’indirizzo: esatto@esattospa.it.
Ferdinando Viola
Rifiuti: in città numerosi i servizi per la raccolta
A Trieste le raccolta differenziata dei rifiuti raggiunge
percentuali ancora troppo basse (sotto il 30 % dei rifiuti totali). Il Comune di
Trieste ricorda che sono attivi in città i seguenti servizi di raccolta
differenziata. Eccoli: le “isole ecologiche stradali” (destinate al conferimento
dei rifiuti non riciclabili, della carta, della plastica, del vetro e delle
lattine); i Centri di raccolta (per il conferimento dei rifiuti ingombranti,
pericolosi, elettrici, inerti, legno, metalli, materassi, mobili, suppellettili,
ecc.); il servizio di prelievo “a domicilio” dei rifiuti ingombranti; il
servizio di raccolta “porta a porta” del “verde” dei giardini privati; il
servizio di raccolta degli imballaggi in cartone, presso i punti “Src”, dedicato
alle attività commerciali; il servizio di raccolta del rifiuto “umido” riservato
alle grandi utenze (i ristoranti, supermercati, ecc).
IL PICCOLO - MARTEDI',
17 giugno 2014
Mosca blocca il gas, rischi per l’Europa
La Russia sospende le forniture a Kiev dopo il fallimento dei negoziati.
Gazprom avverte la Ue: «Possibili interruzioni»
MOSCA La Russia chiude i rubinetti del gas verso l'Ucraina e fa tremare
l'Europa, che riceve dai metanodotti ucraini metà del gas che compra da Mosca. I
recenti negoziati tra Russia, Ucraina e Ue non sono serviti a trovare un
compromesso sulla questione energetica, e - assieme all'introduzione per Kiev di
un regime di pagamenti anticipati per l'oro blu russo - all'orizzonte si profila
il fantasma di una terza “guerra del gas” dopo quelle del 2006 e del 2009 che
hanno lasciato al gelo mezza Europa. Per il momento il gas destinato all'Europa
continua a raggiungere l'Ucraina, e il ministro dell'Energia di Kiev, Iuri
Prodan, ha assicurato che i flussi diretti verso il cuore del Continente non
saranno messi a repentaglio. Ma come ha sottolineato il commissario Ue
all'Energia Gunther Oettinger, il rischio che quest'inverno l'Europa debba fare
i conti con una carenza di gas è concreto e la Gazprom ha già avvertito la
Commissione europea su «possibili interruzioni» delle forniture, che però
secondo il gigante russo del gas sarebbero da imputare all'Ucraina, che potrebbe
prelevare metano dal volume in transito verso l'Europa. La situazione potrebbe
però essere meno drammatica che nel 2009 perchè l'Ucraina può essere in parte
bypassata attraverso il gasdotto Nord Stream, che passa dal Mar Baltico, e
Oettinger ha a sorpresa rilanciato il progetto del South Stream, che dovrebbe
invece attraversare il Mar Nero. Kiev da parte sua sostiene di avere riserve a
sufficienza fino a dicembre, ma il premier ucraino Arseni Iatseniuk ha comunque
chiesto ai ministeri dell'Energia e della Giustizia di prepararsi a un'emergenza
energetica. Mosca e Kiev intanto si scambiano reciproche accuse: Iatseniuk ha
parlato di «una nuova tappa dell'aggressione russa», mentre per il suo collega
di Mosca Dmitri Medvedev il governo ucraino avrebbe usato il gas per un
«ricatto» politico. Ma le due maggiori repubbliche ex sovietiche, oltre a
sfidarsi a parole, si preparano anche a un duello legale all'arbitrato della
Corte di Stoccolma. Anzi a due. Se Gazprom ha infatti deciso di citare in
giudizio la società energetica statale ucraina Naftogaz per il mancato pagamento
delle forniture di metano per un totale di 4,5 miliardi di dollari, gli ucraini
hanno a loro volta risposto al colosso russo del gas ricorrendo all'arbitrato
affinchè sia stabilito «un prezzo equo», e puntano contemporaneamente a
recuperare quello che ritengono di aver pagato di troppo dal 2010: qualcosa come
4,4 miliardi di euro. La chiusura dei rubinetti del gas russo arriva allo
scadere di un ultimatum lanciato dal Cremlino a Kiev per il pagamento entro
stamane di 1,95 miliardi di dollari come parte del debito accumulato per il gas,
ma il governo ucraino si è rifiutato insistendo per una riduzione sostanziale
del salatissimo prezzo impostogli dalla Russia dopo che a Kiev si è insediato un
governo filo-occidentale: 485 dollari per mille mc, la tariffa più alta
d'Europa.
Lavrov a Belgrado per convincere i serbi a non
rinunciare al progetto South Stream
La Serbia non può e non deve rinunciare a South Stream. È
questa la determinata posizione della Russia, resa pubblica dall’ambasciatore di
Mosca a Belgrado, Alexander Chepurin, alla vigilia dell’attesissima visita di
due giorni del ministro degli Esteri russo, Sergey Lavrov, atterrato ieri
pomeriggio nella capitale serba. Chepurin che ha duramente criticato «le
affermazioni di alcuni attori serbi», leggi uno dei vicepremier del governo,
Zorana Mihajlovic, che nei giorni scorsi «hanno creato la falsa impressione
nell’opinione pubblica in Russia che la Serbia, contrariamente ai propri
interessi e di sua iniziativa», avrebbe deciso «la sospensione dell’inizio della
costruzione» di South Stream, causa diatribe in corso tra Ue e Russia. Un
mutamento di rotta, poi corretto in corsa dal premier Vucic, che Mosca vede come
il fumo negli occhi. Il divisivo tema sarà oggi toccato da Lavrov con il “gotha”
della classe dirigente balcanica.
Sel sferra l’offensiva contro il mais biotech - Esposti
alle Procure di Udine e Pordenone
I deputati di Sel Serena Pellegrino, componente della
commissione Ambiente, e Franco Bordo, componente della commissione Agricoltura,
hanno presentato alle Procure della Repubblica di Pordenone e di Udine un
esposto per chiedere se sia ravvisabile un’ipotesi di reato nelle avvenute
semine di mais Ogm nelle campagne di Vivaro, Mereto di Tomba e Colloredo di
Montalbano. «Ci siamo mossi con la consapevolezza che le norme nazionali e
regionali parlano chiaro: nelle nostre campagne seminare mais geneticamente
modificato è violazione del diritto - ha affermato Pellegrino
presentando a Udine l’esposto presentato alla magistratura -. L'apparato
normativo su cui possiamo far conto nel rivolgerci alla magistratura è una
costruzione solida e non ci sono passaggi segreti per interpretazioni che si
discostino dal divieto».
Acegas - Rifiuti, la differenziata dell’umido parte da
Borgo San Sergio
Al via la raccolta differenziata dell’umido. A partire da
Borgo San Sergio, AcegasAps ha iniziato a collocare i primi contenitori di
colore antracite con coperchio marrone dedicati alla raccolta degli scarti di
cucina e altri rifiuti di origine vegetale o animale facilmente biodegradabili:
il cosiddetto “umido”, appunto, che costituisce la frazione più consistente dei
rifiuti domestici, corrispondente a circa il 25-30% del totale. I primi 56
contenitori per la raccolta dell’organico, dotati di sistema di ancoraggio a
terra “anti-bora” sono stati posizionati nelle vie Forti, Grego, Curiel,
Petracco, piazzale Sartori, via Don Cenati, e piazza XXV Aprile. Nei prossimi
giorni è prevista la posa dei totali 292 contenitori che serviranno i cittadini
di Borgo San Sergio e Poggi Paese. E a partire dal 30 giugno AcegasAps
proseguirà con la collocazione di 211 bidoni per l’umido nelle vie
dell’Altipiano mentre entro novembre tutto il territorio comunale sarà dotato di
circa 2.700 contenitori per la raccolta dell’umido. Contestualmente, AcegasAps
recapiterà alle famiglie degli opuscoli informativi con tutte le informazioni
utili per conoscere il nuovo servizio e le istruzioni dettagliate per
differenziare correttamente la frazione umido-organica dei rifiuti domestici.
«L’antico scalo ha un futuro internazionale»
Nel libro curato da Giovanni Fraziano la linea sul ripristino dell’area:
l’ottica cittadina è troppo stretta
Il Porto Vecchio come grande opportunità di sviluppo e occupazione, ma in
un’ottica che non può prescindere da un contesto internazionale. Si delinea su
questi cardini il volume “Trieste, la misura del possibile”, presentato ieri
alla Centrale idrodinamica: opera, supportata da Confcommercio provinciale,
curata da Giovanni Fraziano, già preside della ex facoltà di Architettura e oggi
delegato del rettore per l’edilizia universitaria, che ha guidato un gruppo di
lavoro formato da docenti ed esperti. A presentare il libro il presidente di
Confcommerco Antonio Paoletti: «Per capire il Porto vecchio - ha affermato
Paoletti -, dobbiamo pensarlo in un’ottica di “misure” per poterlo rapportare ad
altre realtà nazionali e internazionali: abbiamo voluto in sostanza fornire un
ulteriore strumento a chi vuole investire in quest’area. Siamo davanti
probabilmente all’ultimo treno per allargare la città: ben vengano idee e
investitori, a patto che non si faccia un doppione di Trieste». Dunque, prima di
entrare nel merito delle possibili destinazioni dell’area, ecco la necessità di
ragionare in termini di dimensioni: 620 mila metri quadrati, stessa ampiezza del
Central Park di New York, un volume più che doppio rispetto al Borgo teresiano,
mentre il rione di Roiano potrebbe stare comodamente più di tre volte al suo
interno, così come una ventina tra tutti gli edifici più noti di Trieste, da
piazza Unità, alla stazione ferroviaria, dal Teatro romano alla chiesa di
Sant’Antonio, al castello di San Giusto. «Il Porto vecchio è allo stesso tempo
troppo grande per essere assimilato alla città e troppo piccolo per essere
considerato un’area portuale in chiave moderna - ha spiegato Fraziano -, stiamo
parlando di una zona che un tempo rappresentava una grande infrastruttura
dell’impero asburgico e come tale va considerata e ripensata: in sostanza non è
importante con quali contenuti vogliamo riempirlo, quanto piuttosto affrontare
il problema nella scala dimensionale adeguata. Il Porto vecchio non può quindi
essere ricondotto a un ambito comunale, ma va riferito a un contesto nazionale
ed europeo: in caso contrario rischiamo di precipitare in un imbuto senza via
d’uscita». Fraziano ha citato l’esempio dell'Arsenale di Venezia, dove
attraverso un ragionamento che va al di là dei confini della stessa città si è
riusciti a centrare la scommessa della Biennale, un appuntamento di rilevanza
mondiale. Una logica quindi a più ampio respiro che tiene conto della
sostenibilità economica in rapporto a popolazione, bacino di utenza e di
interesse. «Molti dei progetti del passato sulle possibili destinazioni del
Porto vecchio erano buoni e interessanti ma adesso si presentano superati - ha
precisato ancora Fraziano -, negli anni ’70 si pensava a una città da potenziali
500 mila abitanti, oggi il tasso demografico è in costante calo. Non può dunque
essere sufficiente una logica di restauro degli edifici: le condizioni
necessarie sono al contrario rappresentate da accessibilità, collegamenti e
infrastrutture, nell’ottica di una Trieste intesa come centro di scambio e
relazioni. Serve un intervento che collochi la città in un contesto
internazionale e allarghi il bacino di utenza, guardando ben oltre che al solo
territorio locale».
Pierpaolo Pitich
IL PICCOLO - LUNEDI',
16 giugno 2014
Via Rossetti, l’ex caserma “spogliata” - DEGRADO » TRA
RUBERIE E VANDALISMI
Anche segni inequivocabili di bivacchi e scritte sataniche sugli specchi
Nel buio, con un lampo di temporale, rivelerebbe contorni paurosi. Lunghi
corridoi, l’ombra di un lampadario che pende dal soffitto, finestre in frantumi.
Fuori alberi spezzati, i rumori sinistri di porte che si aprono e chiudono. Uno
come Dario Argento ci farebbe un film horror. Peccato, peccato davvero, che
tutto questo però non sia un grande set cinematografico, ma un degrado su scala
industriale preda del saccheggio organizzato. Dove si ruba e distrugge il
possibile. Di giorno e di notte. L’ex caserma Vittorio Emanuele III, che si
estende in un’area compresa tra via Rossetti, via Mameli e via Revoltella, è
stata dismessa nel 2008. Da quella volta è il luogo preferito per le incursioni
di vandali e ladri. La rete è da tempo divelta in più punti del perimetro ed
entrarci è evidentemente un gioco da ragazzi. I muri che circondano i palazzi
crollano, piegati dal tempo, e la vegetazione si sta lentamente divorando i
vialetti. Ma è la mano dell’uomo a fare il peggio. Probabilmente qui qualcuno si
è divertito a prendere a bersaglio le vetrate dei palazzi, forse usando i pezzi
di cornicione che si staccano dai tetti. Un’attività particolarmente allegra,
pare, a vedere la quantità di bottiglie e lattine sparse in giro. Ma la merce
pregiata è il materiale elettrico trafugato da quadri, cassette e magazzini di
servizio. E, soprattutto, i cavi: in ogni angolo del comprensorio sono
accatastate decine di bobine, alcune molto grosse, da cui viene sfilato il rame.
Un’operazione minuziosa, architettata con cura e dedizione. Chi è entrato per
sopralluoghi racconta che uno dei tanti edifici, prima della chiusura, era in
via di ristrutturazione: si dovevano rifare i bagni e, per terra, erano
depositati malta, piastrelle e termosifoni nuovi di zecca pronti per essere
installati. Sparito tutto. Le istituzioni interessate a ottenere gli immobili,
come la Provincia che vorrebbe riqualificare almeno una delle strutture per
farci una scuola, in passato ha segnalato il caso alle forze dell’ordine. Ma le
ruberie e la distruzione non si sono mai fermati. Nei palazzi in cui è possibile
entrare hanno devastato tutto. I muri, le porte e i mobili rimasti.
Un’operazione selvaggia che si è concentrata con particolare accanimento nelle
decine di bagni che si trovano nelle camerate e negli ex uffici della caserma:
lavandini, docce e wc presi a picconate dappertutto. Sulle pareti qualcuno,
beffardo, ci ha lasciato pure la firma. Come i graffittari, con le loro
bombolette colorate abbandonate sul pavimento. E dire che qualche salone di
rappresentanza conserva ancora la sua antica eleganza, con i pavimenti in
parquet di rovere o marmo e gli stucchi sui soffitti. Sulle porte degli uffici
ci sono ancora le targhette con i nomi degli ufficiali. O le insegne del Primo
Reggimento San Giusto. O, nel grande piazzale in mezzo alla caserma, i cippi
commemorativi. Mesi fa il comprensorio di via Rossetti era stato occupato dai
centri sociali. Il gruppo Zlt (Zona liberata di Trieste) aveva organizzato la
spedizione come gesto simbolico. Chiedevano di restituire quegli spazi
abbandonati alla città, per farci «un hub di libertà ed entusiasmo». Le scritte
su porte e finestre sono ancora visibili: «Uno spazio abbandonato funziona
meglio da occupato». Ma tutto pare destinato a un irrimediabile declino.
Rischioso, anche per chi abita intorno alla struttura. Perché le incursioni dei
vandali spesso sono accompagnate dai falò che vengono appiccati all’interno
delle stanze: su varie pareti e in più punti dei pavimenti delle stanze le
tracce sono inequivocabili. Sugli specchi anche scritte sataniche, resti di
bivacchi in camerate e corridoi. E ancora bottiglie, sacchi a pelo, mozziconi e
pacchetti di sigarette. Entrano con le mazze, rubano e distruggono. Se è un film
horror l’unico fantasma, lì, è lo Stato.
Gianpaolo Sarti
In stallo la trattativa per cedere l’area
Lo Stato intende realizzare una cifra sui 30 milioni, mentre gli enti
locali la vorrebbero gratis
Mentre la caserma scivola in un irrimediabile declino, teatro di furti e
saccheggi, le istituzioni sono nella totale impasse. La proprietà dell’immobile
è del ministero della Difesa ma l’eventuale passaggio di mano alle istituzioni
locali, che vorrebbero riqualificare l’area per valorizzarla, è irto di
ostacoli. Il valore stimato dell’intero comprensorio si aggira tra i 30 e i 40
milioni di euro: chi tra Regione, Comune e Provincia può permettersi la cifra?
Sta qui il problema: i soldi. La Vittorio Emanuele III è di fatto destinata a
restare a lungo un immobile del ministero, anche se è stata messa sul mercato
nell’ambito del piano delle dismissioni dei beni demaniali. Il governo, infatti,
aveva più volte annunciato l’intenzione di voler alleggerirsi di strutture del
genere attraverso la vendita, la permuta a privati e la cessione gratuita, ma
solo agli enti del territorio. Una possibilità, questa, prevista all’interno del
Decreto Fare. Ma la norma non si applica alle Regioni a Statuto Speciale.
Dunque, se Comune e Provincia intendono ottenerla devono acquistarla. Ora
l’ipotesi è che la Commissione Paritetica domandi allo Stato la cessione a
titolo gratuito per poi passare parte dell’immobile alla Provincia, pronta a
costruire scuole, e al Comune. «Dopo varie riunioni con il ministero della
Difesa, in cui si puntava a fare un accordo con gli entri locali per un utilizzo
a fini civili degli edifici dell’area - racconta l’assessore provinciale al
Bilancio Mariella De Francesco - la situazione ora è ferma. Il ministero in
realtà non ci dà le strutture perché vorrebbe ricavarci un'entrata creando un
fondo patrimoniale. E c’è anche il problema del Decreto Fare del governo Letta
che ci blocca perché siamo una Regione a Statuto Speciale», conferma ancora
l’assessore. «A questo punto, nelle varie norme possibili, cercheremo comunque
di avere gratuitamente la caserma. Per ristrutturala a fini pubblici, scolastici
ad esempio. Sono edifici vandalizzati, ma non degradati. I vari palazzi che si
trovano all’interno - conclude - non sono strutturalmente ceduti, ma più passa
il tempo più peggiorano». TUTTE LE FOTO DELLA CASERMA SU WWW.ILPICCOLO.IT
(g.s.)
Viaggio nelle caserme fantasma della regione
Domani al cinema Ariston di Trieste il film di Riccardo Costantini e
Paolo Fedrigo sui tempi della militarizzazione a Nordest
C’eravamo tanto armati Il Friuli Venezia Giulia è stata per sessant’anni una
delle aree più presidiate del mondo. Oggi restano i ruderi di 428 siti
TRIESTE Ben 428 siti militari che occupano 102 chilometri quadrati della
nostra regione, più del 50% dell’Esercito dislocato sul territorio: sono i
numeri impressionanti che hanno fatto del Friuli Venezia Giulia una delle terre
più militarizzate del mondo, dalla fine della Seconda Guerra Mondiale alla
caduta del Muro di Berlino. A raccontare l’impatto economico, ambientale, ma
soprattutto sociale ed emotivo di una presenza militare così massiccia arriva il
documentario “Un paese di primule e caserme” del regista friulano Diego
Clericuzio, che domani presenterà il film a Trieste, al Cinema Ariston alle 21,
insieme agli autori Riccardo Costantini e Paolo Fedrigo, in un incontro
organizzato da La Cappella Underground. Con loro interverrà anche l'architetto
Alessandro Santarossa che sta mappando i siti militari in regione: una rete
capillare di caserme, campi volo, fortificazioni, depositi che, quando il Friuli
Venezia Giulia improvvisamente smise di essere il confine italiano affacciato
sulla cortina di ferro, vennero abbandonati in fretta e furia e, per la maggior
parte, lasciati all’oblio fino ad oggi come fantasmi di una guerra mai iniziata.
«Nessuno sa che il Friuli Venezia Giulia è stata una delle zone più
militarizzate d’Europa: volevo raccontarlo soprattutto perché è la storia della
gente di questa terra», dice Diego Clericuzio, già esperto regista di film
industriali e commerciali. «La dismissione delle caserme è un pretesto per
parlare di come 60 anni di presenza militare hanno segnato la vita delle persone
comuni, di tutti noi». Nel documentario, prodotto da Tucker Film, DMovie e
Cinemazero con il sostegno di Arpa Fvg e, in fase di progetto, del Fondo
Audiovisivo Fvg, parlano alcuni ex militari di professione, come un generale di
corpo d’armata e un maresciallo della logistica, ma anche tanti civili che hanno
vissuto gomito a gomito con l’Esercito. Ci sono il ristoratore della trattoria
nei pressi della caserma Spaccamela a Udine (che dice emozionato: «Non faccio
più patate fritte: ne ho fatte troppe coi militari. Erano come miei figli.
Quando si congedavano, sai quanti pianti…»), il fornaio che ricorda come le
caserme fossero a volte il pilastro dell’economia di un intero paese («Facevamo
20-30 quintali di pane militare, dieci di civile: lavoravamo tutti, i tabaccai,
i postini a portar quintali di lettere»), una delle tante coppie che si è
formata grazie alla leva, lei friulana, lui militare meridionale. E c’è anche
l’anziano alpino partito da Ariano Irpino per trovare lavoro nell’Esercito, che
si commuove a rientrare nella caserma di Pontebba in rovina. Si calcola che
circa tre milioni di persone abbiano fatto il militare in Friuli Venezia Giulia.
Per 60 anni, insomma, “ci eravamo tanto armati”: «La reazione di quel tempo era
comprensibile», commenta Clericuzio. «Il nemico era schierato in Ungheria e
davvero si pensava che potesse entrare da un momento all’altro dalla soglia di
Gorizia. Il documentario racconta le conseguenze di questa iper-militarizzazione
da tutti i punti di vista». Per esempio, quello ambientale: «Circa la metà del
territorio era servitù militare: non si poteva costruire, coltivare. Questo ha
permesso anche la conservazione di tanti biotipi naturali della regione». Oggi
però i siti chiusi possono celare situazioni pericolose, come la presenza di
eternit e di amianto, che non risultano nemmeno nei censimenti dell’Arpa. Il
regista ci porta direttamente dentro le caserme dimenticate, tra le quali la
caserma Monte Cimone di Banne, mostrando la loro immobile decadenza con
inquadrature fisse e simmetriche. «Una riconversione di tutti i siti è
impensabile: sarebbe troppo dispendioso per le istituzioni». Di questo “Paese di
primule e caserme”, come Pier Paolo Pasolini definiva il Friuli Venezia Giulia,
la gente vuole di certo saperne di più: lo dimostrano le donazioni spontanee di
150 sostenitori che, attraverso il “crowdfunding” lanciato su internet, hanno
permesso di completare la realizzazione del film.
Elisa Grando
DrinkAdria, una rete europea per tutelare l’acqua -
FINALITÀ SPIEGATE IN COMMISSIONE, VI ADERISCONO 15 PAESI
Si chiama “DrinkAdria” ed è un progetto finalizzato allo studio della
gestione sostenibile e integrata dell’acqua potabile fra i Paesi dell’area
adriatica. Sostenuto con un contributo del valore di 6.643.648 euro, finanziato
all’85 per cento dai fondi europei e per il restante 15 dai Paesi dell’area
interessata, “DrinkAdria”, la cui sede è stata fissata a Trieste, rappresenta
per la città un potenziale di particolare importanza. Il programma è stato
illustrato ai consiglieri della sesta Commissione, presieduta da Mario Ravalico,
da Enrico Altran e Paolo Toscano, ingegneri dell’Acegas Aps. «Sappiamo che
l’acqua sarà nel futuro un bene sempre più prezioso – ha spiegato Altran – con
DrinkAdria siamo nell’ambito di un serio tentativo dell'Ue di costruire una
nuova rete di conoscenza fra tre livelli distinti di soggetti, i legislatori, i
pubblici amministratori, in cittadini dell’area coinvolta. Attualmente – ha
aggiunto – ci sono 16 partner in rappresentanza di 8 Paesi. L'Autorità d'ambito
triestina – ha sottolineato - é la destinataria delle risorse con il compito di
gestirle. Il termine entro il quale bisognerà completare il progetto è il marzo
del 2015. DrinkAdria – ha continuato - sarà l'occasione per sviluppare accordi
bilaterali o anche più ampi, per migliorare la gestione dell'acqua fra i vari
Paesi che insistono sull’area adriatica». Essi sono Albania, Bosnia Erzegovina,
Croazia, Grecia, Italia, Montenegro, Serbia e Slovenia. L’Italia ha creato la
Consulta per l’ambito territoriale ottimale orientale triestino (Cato),
presieduta da Roberto Cosolini, che ha il ruolo di partner di riferimento e vede
nell’Acegas Aps lo strumento operativo. «Obiettivo finale – ha ripreso Altran -
é l’individuazione di protocolli innovativi per la gestione dell'acqua, che
consentano di abbandonare le tradizionali tecniche di gestione e risanamento
delle reti per promuoverne di nuove, socialmente sostenibili. Si tratta di
ridurre gli scavi, perfezionare la tecnologia, attuare il contenimento
energetico e dei costi. Suggeriremo inoltre – ha concluso - un nuovo contesto
normativo per la gestione del servizio idrico transfrontaliero, facilitando
l'armonia delle legislature in materia in un contesto europeo». Toscano si è
soffermato sul laboratorio realizzato nel territorio comunale di San Dorligo
della Valle: «E’ un esperimento – ha detto - in base al quale teniamo sotto
controllo a distanza una rete idrica di 48 km di lunghezza e che serve circa
5mila persone. Disponiamo di un modello matematico che ci indica le correzioni
da fare – ha aggiunto – ogni qual volta si verifica un problema nel circuito».
Ugo Salvini
Centrale idrodinamica Trieste, la misura del possibile
Oggi, alle 10.30, alla Centrale Idrodinamica del Porto
Vecchio di Trieste, verrà presentato lo studio della Confcommercio “Trieste, la
misura del possibile”. Il libro, curato dal professore Giovanni Fraziano preside
della Facoltà di Architettura di Trieste, raccoglie una panoramica sulle
possibili opzioni pe un riuso del Porto Vecchio.
IL PICCOLO - DOMENICA,
15 giugno 2014
«Sul Sito inquinato intervenga Renzi»
«Regole cambiate in corsa» e il sindaco di Muggia
Nesladek scrive al presidente del Consiglio. Cosolini concorda
«Sul Sito inquinato d’interesse nazionale, il Governo ha cambiato le regole
a partita in corso e tutto torna ora a impantanarsi dopo che anche tanti
imprenditori privati hanno speso centinaia di migliaia di euro». L’allarme viene
lanciato da Nerio Nesladek, sindaco di Muggia, nel cui territorio ricade gran
parte del Sin, il quale stressato da una situazione d’impasse che si protrae da
oltre dieci anni ha mandato una lettera al presidente del Consiglio Matteo Renzi,
invocando il suo intervento. Nesladek cita l’Accordo di programma sul
completamento della caratterizzazione del sito e sulla redazione dell’analisi di
rischio del 25 maggio 2012. Uno spiraglio per una possibile via d’uscita. «La
soluzione così faticosamente costruita - rileva Nesladek nella lettera - è ora
di nuovo messa in discussione dall’ennesima modifica normativa (articolo 41
comma 3 della Legge 98/2013) che nell’interpretazione del ministero
dell’Ambiente cambia ancora una volta le carte in tavola: infatti questa
modifica prevede che non si applichi più la normativa sui siti contaminati, ma
quella sui terreni di riporto (con l’esecuzione di ulteriori indagini quali il
test di cessione), dal momento che le aree derivano da vecchi interramenti e
discariche storiche. Situazione questa peraltro già nota anche all’atto della
perimetrazione originaria.» Ma tutto il lungo e complesso lavoro precedente,
mette in luce lo stesso Nesladek, è stato fatto «proprio sulla base della
normativa sui siti contaminati, ora non più applicabile» e in questo senso «sono
stati approvati in questi anni i vari Piani di caratterizzazione e sono state
imposte prescrizioni a tutti i soggetti privati e pubblici che volontariamente
avevano avviato l’iter caratterizzando le aree di competenza poiché i propri
programmi di sviluppo non potevano attendere i tempi di un’azione in via
sostitutiva da parte del pubblico. Prescrizioni la cui attuazione è costata
svariate centinaia di migliaia di euro, inutilmente, da quanto si apprende ora.
Come pure sono considerevoli le risorse impiegate per la redazione di progetti
di bonifica ai sensi di una normativa che non sarebbe più applicabile.» «Potevo
anche insistere - aggiunge Nesladek - sulla concorrenza che ci arriva dalla
Slovenia a un passo: qualsiasi imprenditore pur di non restare stritolato dalle
nostre lungaggini burocratiche, impianta la sua azienda a poche centinaia di
metri di distanza.» «Ricordo come nel 2001, 2002 chi allora amministrava Trieste
aveva giudicato il Sin la più grande opportunità per la provincia - commenta il
sindaco di Trieste Roberto Cosolini - al contrario si è rivelato la peggior
palla al piede. Bisogna ora procedere sulla via che si è finalmente imboccata
con l’Accordo di programma del 2012 e in questo senso condivido l’appello
lanciato da Nesladek.» «Si chiede - afferma ancora il sindaco di Muggia nella
lettera - di valutare le conseguenze delle novità normative introdotte con la
norma citata e di modificarne la portata stabilendo che la stessa non vada
applicata agli interramenti storici né alle aree in cui il ripristino ambientale
è stato già individuato da un Accordo di programma.»
Silvio Maranzana
«Parco archeologico attorno al Teatro Romano»
La proposta in commissione consiliare del soprintendente Fozzati: «Ma va
limitato il traffico»
Realizzare un Parco archeologico urbano di Trieste, di cui il Teatro romano
sarà l’elemento di maggior interesse turistico e il baricentro logistico. Tutto
questo, intervenendo sull’attuale assetto del traffico, per allontanare, laddove
possibile, l’emissione di gas di scarico nelle vicinanze del Teatro stesso,
eliminando cioè transito e sosta dei mezzi privati nella zona. E’ questa la
proposta lanciata da Luigi Fozzati, Sovrintendente per i Beni archeologici del
Friuli Venezia Giulia, nel corso della sua audizione davanti alle Commissioni
consiliari quarta e sesta, riunite in seduta comune sotto la presidenza di Mario
Ravalico. «Il Teatro romano fu quasi completamente ricostruito poco meno di un
secolo fa, ottenendo due risultati – ha spiegato Fozzati - uno eccellente sotto
il profilo spettacolare, uno meno valido sotto quello archeologico. Su di esso
siamo costretti a operare costantemente con interventi di ordinaria
amministrazione, perché è forte la nostra preoccupazione – ha precisato – per lo
smog che si deposita sui ruderi. Ecco perché, in prospettiva – ha proseguito il
Sovrintendente regionale – vorremmo si limitasse il traffico davanti al Teatro
romano. Ulteriore problema è rappresentato dal fatto che sul Teatro insistono
acque sotterranee, provenienti dalla collina retrostante, che peraltro spinge
col suo peso sul muro di sostegno situato a monte della gradinata per il
pubblico». Fozzati ha però annunciato che «con il Comune si sta esaminando la
possibilità di rivalutare le aree che circondano il Teatro e che sono di
proprietà dell’amministrazione, per fare un Parco archeologico urbano di
Trieste. Il progetto é in fase di ultimazione e l’area potrebbe essere
arricchita con quanto sicuramente emergerà nel corso dei lavori per la
costruzione del park San Giusto». Più difficile trasformare il Teatro in sede di
spettacoli all’aperto: “E’ molto costoso mettere in sicurezza l’anfiteatro – è
stato spiegato – e la spesa non sarebbe ammortizzabile, soprattutto se si
trattasse di pochi eventi».
Ugo Salvini
Agricoltura - Esposto di Pellegrino contro il mais Ogm
Domani i deputati di Sel, Serena Pellegrino, componente
della Commissione ambiente alla Camera, e Franco Bordo, componente della
Commissione agricoltura, presenteranno alle Procure di Pordenone e Udine un
duplice esposto per chiedere se le semine di mais Ogm a Pordenone configurino
ipotesi di reato ai sensi della norme vigenti.
Elargizione in memoria di Jorge Garcia Murga, fratello di
Oscar
IL PICCOLO - SABATO,
14 giugno 2014
La scuola del futuro al magazzino 19
L’ente ha risposto al bando dell’Authority. La
struttura, pronta fra circa 2 anni, ospiterà 1200 studenti. L’Istituto Nautico
sarà il primo a traslocare
L’ASSESSORE DE FRANCESCO Svuotiamo l’edificio di tutto quello che c’è dentro e
lo rifacciamo daccapo. Attendiamo il parere del presidente del Porto
Antica e monumentale fuori, moderna e pratica dentro. La scuola del futuro
si appresta a sbarcare in Porto Vecchio: il progetto della Provincia per la
ristrutturazione del Magazzino 19 ormai è pronto. In questi giorni il piano è
già stato presentato al Nautico, il primo istituto che nei prossimi anni
potrebbe fare fagotto per spostarsi per intero nella struttura che la giunta ha
in mente. Un modo, a sentire l’assessore Mariella De Francesco, per dare
ossigeno all’annoso problema dell’edilizia scolastica in città e per cominciare
a sollevare l’area dall’abbandono. La Provincia ha risposto al bando
dell’Autorità portuale pubblicato lo scorso febbraio per ottenere la concessione
dell’hangar ed entro il 30 giugno, come previsto, si farà avanti con la propria
«manifestazione di interesse». Si tratterà di restaurare le pareti esterne,
sottoposte ai vincoli della Soprintendenza, e di rifare completamente gli
ambienti interni conservando le colonne portanti, anche queste tutelate.
«Svuotiamo quello che c’è e rifacciamo tutto daccapo», anticipa De Francesco. Il
palazzo, che sarà costruito con tutti gli accorgimenti per il risparmio
energetico, è su tre piani per un totale di 4.933 metri quadrati. Potrà ospitare
complessivamente tra i 1.100 e i 1.200 studenti. Il pianterreno, stando al
rendering, sarà riservato al pubblico con uffici, biblioteche, segreteria e
direzione. L’atrio potrà trasformarsi anche in una grande ala multifunzione con
pareti mobili per realizzare, all’occorrenza, le riunioni. Il piano superiore
può invece disporre di 25 aule, comprese le sale insegnanti e i laboratori.
Nell’edificio troveranno spazio ascensori e scale di sicurezza. Venticinque aule
anche al secondo piano con altri 6 laboratori. Al terzo un’altra decina di
laboratori, oltre che una palestra di 200 metri quadrati che già si pensa
allargare per rispondere meglio al fabbisogno futuro. «Considerato l’indirizzo
di studi del Nautico, il cui edificio attuale ha bisogno di una radicale
ristrutturazione, ritengo che il Magazzino 19 possa fare il caso di questa
scuola», osserva l’assessore. «E va ricordato che in Porto è già ormeggiata una
nave scuola per gli studenti». Il passaggio da piazza Hortis al Porto Vecchio
interesserebbe ben 400 giovani e potrebbe riguardare anche il Carli che si trova
nella stessa sede. L’altra ipotesi guarda al liceo Petrarca: anche quest’ultima,
almeno la sede succursale di largo Sonnino, ha bisogno di un’ampia
riqualificazione. «Sarebbe un investimento radicale - aggiunge De Francesco -
dal momento che il progetto che abbiamo preparato in Provincia rappresenta una
costruzione nuova in cui si conserva soltanto la parte artistica esterna».
Pareti mobili e in cartongesso, aule multimediali e biblioteche: il costo
stimato si aggira intorno ai 15 milioni di euro complessivi, Sono 1.700 euro a
metro quadrato. Dopo il 30 giugno la palla passerà all’Autorità portuale, che
deciderà sulla concessione. «Non è chiaro entro quando l’Authority risponderà
perché nel bando non c’è scritto - fa notare De Francesco - e noi i loro tempi
non li conosciamo». Incassato il via libera, palazzo Galatti potrà predisporre
un progetto esecutivo che conterrà pure le scuole da spostare. Quindi l’avvio
dell’iter per la gara europea, che può variare dai 6 ai 9 mesi. I lavori sono
stimati in 1 anno. Se tutto fila per il verso giusto, dall’ok dell’Autorità
portuale nel giro di un paio d’anni l’hangar aprirà le porte agli studenti.
Gianpaolo Sarti
Sarà chiesta la sospensione del punto franco
Per l’accesso al Magazzino 19, ad esempio per gli
studenti, la Provincia chiederà una sospensione del regime di Porto franco. Lo
annuncia l’assessore De Francesco. «Così si è fatto per il Magazzino 26 e la
Centrale Idrodinamica - spiega - così si può fare per la scuola. Credo inoltre
che la trasformazione in una sede del Nautico sia un progetto compatibile con
l’attività portuale».
(g.s.)
«Fondi Ue per il recupero immobiliare»
Per il rimanente 20% della spesa l’Amministrazione disposta ad accendere
un mutuo
E’ caccia ai fondi comunitari. Per la trasformazione in polo scolastico del
Magazzino 19 la Provincia cercherà di ottenere fondi dalla progettazione Ue
2014-2020. Il capitolo da cui attingere è quello dedicato alle previsioni di
«riuso e recupero immobiliare» delle aree dismesse «di grande interesse
nazionale ed europea». In questo modo la giunta Poropat punta a coprire l’80%
dell’opera. Per il restante 20% dei costi palazzo Galatti accenderà un mutuo,
«Patto di stabilità permettendo», mette le mani avanti l’assessore alla Finanze
Mariella De Francesco. Altre risorse potrebbero arrivare dalla vendita di alcuni
immobili di proprietà dell’ente. «Il pregio di questo progetto - spiega
l’assessore - è che abbiamo pensato a uno standard architettonico che, per gli
interni, è applicabile a tutti gli altri magazzini». Al piano di edilizia
scolastica predisposto dalla giunta Poropat non mancano però le critiche. E’ il
segretario provinciale di Un’Altra Trieste Francesco Cervesi a puntare l’indice.
«I limiti operativi della Provincia di Trieste non derivano dal Patto di
stabilità - afferma - basti pensare che prima del Patto non si riusciva ad
investire nei cantieri più di 3 milioni di euro all’anno (su una decina a
bilancio) contro gli attuali 2 milioni in regime di Patto. Cifre sostanzialmente
simili che in ogni caso non sono sufficienti a realizzare un piano di rinnovo
del patrimonio edilizio scolastico dal momento che per realizzare i 40 milioni
di opere necessarie ci vorrebbero 15 o 20 anni». A dimostrazione dei «limiti»
dell’ente nella pianificazione di nuove scuole, Cervesi porta il caso dell’ex
Irfop. «Qualche anno fa la Provincia si accordò con la Regione e con
l’Università per avere in comodato l’area in zona Valmaura al fine di
realizzarvi la sede di alcuni istituti - ricorda - ma solo dopo diversi anni,
studi, progetti, trattative e contratti firmati ci si rese conto che la
soluzione era impercorribile e tutto venne buttato all’aria. Perdendo tempo e
denaro». Il segretario provinciale di Un’Altra Trieste cita anche la
ristrutturazione dell’immobile di via Cantù. «Ci sono voluti quasi dieci anni
per realizzare una quindicina di aule e senza laboratori né senza palestre -
rileva - con una spesa di oltre 3.200 euro al metro quadrato». Cervesi fa notare
che la Provincia «è proprietaria soltanto della metà degli edifici che ospitano
le scuole superiori» quindi alla luce di tutto ciò «dovrebbe essere la Regione a
sviluppare un piano di rinnovamento delle scuole con un riordino complessivo che
preveda la realizzazione di tre grandi campus corrispondenti agli indirizzi
dell’istruzione».
(g.s.)
«Centrale idrodinamica e Sottostazione elettrica
lasciate nell’abbandono»
Atto d’accusa contro la presidente dell’Authority Marina Monassi di
Antonella Caroli, direttrice della Fondazione marittimo portuale
«Si sta sgretolando il Polo museale, si sta sfarinando il ricupero del Porto
vecchio». Antonella Caroli, direttrice della Fondazione marittimo portuale nata
all’ombra dell’Authority presieduta da Marina Monassi, rompe il silenzio a cui
si è attenuta per lungo tempo e lancia il suo “j’accuse” per quella che lei
definisce “una situazione sospesa”. I rapporti tra le due “lady” del porto sono
entrati, nei primi mesi del 2014, in un cono d’ombra e si sono fatti gelidi,
contrassegnati dalla mancanza di collaborazione e da un fragoroso silenzio che
si infrange su ogni scelta. Ghiaccio bollente. Al centro della requisitoria di
Antonella Caroli vi sono il futuro del Porto vecchio e del nascente Polo museale
in cui l’archeologia industriale ha un ruolo preminente e per la cui
realizzazione dalle casse europee sono uscite ingentissime somme di denaro. Ma
la direttrice della Fondazione va oltre. Oltre al ”j’accuse” rilancerà a Genova
quanto di buono e importante è stato finora fatto in questo ambito a Trieste.
Venerdì prossimo nel corso del convegno organizzato dall’Associazione italiana
di tecnica navale - una sorta di Stati Generali di tutto ciò che ruota attorno
alla marineria - parlerà del Polo Museale e di ciò che nella sua realizzazione è
rimasto in mezzo al guado. Ma andiamo con ordine. Ecco in dettaglio il contenuto
del “j’ accuse”, messo nero su bianco e inviato tra l’altro a tutti coloro che
negli ultimi due anni hanno lavorato anche gratuitamente per consentire la
realizzazione e la gestione della Centrale idrodinamica e della Sottostazione
elettrica oggi desolatamente ancora chiusa dopo l’effimera inaugurazione e
apertura di 48 ore dello scorso aprile. Lì, in quella sede è stato sancito lo
strappo tra le due “lady” del porto: lì Marina Monassi ha reso pubbliche le
intervenute difficoltà di rapporti impedendo di fatto all’ex collaboratrice di
prendere la parola e di salire – perché non invitata - i due gradini necessari
per raggiungere gli altri vip incaricati di celebrare l’effimera apertura della
restaurata Sottostazione. Un secondo “strappo” è arrivato poche ore dopo con la
sostituzione della stessa Antonella Caroli nella reggenza dell’info point del
Magazzino 26 in cui aveva lavorato per un paio di settimane, spiegando e
imprenditori e tecnici le possibilità di concorrere entro la fine di giugno alle
una della tante concessioni demaniali dello “spezzatino” in cui Marina Monassi
ha deciso di suddividere le il Porto Vecchio. «Ormai si è creata una distanza,
una non comunicazione che parlano molto chiaramente di una palese avversità.
Forse ci eravamo illusi…” sostiene Antonella Caroli nella lettera inviata ai
collaboratori, lettera in cui non si legge nemmeno una volta il nome di Marina
Monassi, ma la cui presenza è costante, evidente, chiarissima. «Tutto è avvenuto
all’improvviso dopo l’inaugurazione della Sottostazione elettrica oggi chiusa.
Non c’è dialogo, non c’è conforto. Siamo scavalcati da un potere che non
conosciamo e che per fortuna non ci appartiene. Ho messo a diposizione tutte le
mie competenze». Nella lettera la direttrice della Fondazione ribadisce di aver
operato “senza alcuna sottomissione alla politica” e con amarezza compie un
bilancio della proprio attività e di quella dei suoi collaboratori. «Noi non ci
siamo riusciti, ma gli altri non lo sanno fare; a noi basta lavorare
indipendentemente dai vertici: li abbiamo passati tutti ma questi prima o poi se
ne vanno, passano e non si interessano più del porto».
Claudio Ernè
Il torrente Farneto e il sentiero abbandonati da tempo
- LA LETTERA DEL GIORNO di Stelio Ziviz (Lega rionale Spi-Cgil di S. Giovanni)
Prendendo spunto dall’articolo pubblicato il 2 giugno, in
cui si parla della tutela dei ruscelli nel nuovo Piano regolatore comunale,
crediamo sia utile portare a conoscenza dei cittadini dello stato di incuria e
degrado del sentiero di fondovalle e del torrente Farneto, il torrente che parte
dall’alta valle di Longera e arriva fino alla zona del Boschetto. Il sentiero,
creato diversi anni fa con la separazione degli scarichi fognari, dall’inizio
del torrente (zona rotonda del Boschetto) fino alla linea ferroviaria di Rozzol,
è in stato a dir poco pietoso per l’assoluta mancanza di pulizia e manutenzione.
Basta citare il fatto che, dei quattro ponti costruiti per l’attraversamento del
torrente, due sono crollati, si tratta proprio di quelli più usabili, perché
vicini alla strada del Cacciatore, nei paraggi della Rotonda del Boschetto. Il ripristino dei due ponticelli e la pulizia e
manutenzione del sentiero d’accesso renderebbero fruibile il bellissimo
sentiero, adiacente a uno dei pochi corsi d’acqua a cielo aperto presenti nella
nostra città, ora raggiungibile con qualche difficoltà dalla parte finale di via
del Farnetello. Allo stato attuale, il sentiero, largo e pianeggiante, dotato di
una dozzina di panchine, avrebbe bisogno, oltre che del ripristino dei
ponticelli già citati, di riparazioni delle staccionate, in parte deteriorate
anche per atti di vandalismo. Anche l’alveo del torrente avrebbe bisogno di
opere di manutenzione, data anche la caduta di diverse piante, che potrebbero in
futuro bloccare il normale deflusso delle acque, che specialmente nei periodi di
forte piovosità scorrono abbondantemente a valle. Ci risulta che, fino a qualche
anno fa, un gruppo di coltivatori della zona, di concerto con la Forestale,
provvedeva al taglio delle piante secche, curando la manutenzione del bosco,
usufruendo del recupero del legnatico (istituzione asburgica). Gli interessati,
interpellata l’amministrazione per continuare il lavoro svolto da diversi anni,
hanno ricevuto però un netto rifiuto con la motivazione che la manutenzione è
stata affidata in appalto: ci sembra che i risultati, visto lo stato di degrado
del bosco, non siano eclatanti. Forse un ritorno all’antico sarebbe auspicabile.
Ancora qualche accenno alle possibilità didattiche che si potrebbero avere con
il ripristino dell’accesso al sentiero in oggetto. La zona vicinissima alla
città è stata oggetto di studio da parte di esperti concittadini, i quali hanno
reperito nel sito diversi esemplari di Cordulegaste Heros, si tratta della più
grande libellula presente nell’attuale Unione europea, nonché una delle specie
meritevoli di maggior tutela. Pensiamo che, senza opere ciclopiche e conseguenti
spese, il ripristino richiesto potrebbe essere eseguito in breve tempo, aprendo
così la strada sia alle possibilità didattiche e anche di semplice passeggiata
dei cittadini in un ambiente a due passi dal centro città, immerso nel verde e
non inquinato.
THE MEDI TELEGRAPH - VENERDI',
13 giugno 2014
Il rapido declino dei combustibili fossili / ANALISI
Secondo le previsioni, la loro quota scenderà infatti dall’attuale 82% al
65% nel 2035 all’interno del mix energetico globale.
Londra - Secondo le ultime previsioni dell’IEA (International Energy Agency)
sui trend energetici, nei prossimi anni si registrerà una significativa “caduta”
dei combustibili fossili. Secondo le previsioni, la loro quota scenderà infatti
dall’attuale 82% al 65% nel 2035 all’interno del mix energetico globale.
Tuttavia l’investimento complessivo riguardante l’offerta di gas, petrolio e
carbone, che attualmente si attesta sui 19mila miliardi, ancora oggi rappresenta
circa la metà dell’investimento totale per soddisfare la domanda globale. IEA
valuta che la spesa della Cina in carbone, nei prossimi 20 anni, rappresenterà
da sola circa il 40% di quella totale. L’investimento necessario stimato per
rifornire India e Cina con petrolio e gas importato, da oggi al 2035, si aggira
intorno ai 2mila miliardi di dollari: una cifra che aiuta a spiegare la spinta
delle compagnie petrolifere indiane e cinesi per assicurarsi opportunità di
investimento all’estero. Dal 2000 ad oggi la spesa capitale annua per petrolio,
gas ed estrazione del carbone, trasporto e raffinatura è più che raddoppiata in
termini reali, oltrepassando la quota di 950 miliardi di dollari nel 2013.
L’investimento nella fornitura di carbone è molto meno caro – a parità di unità
equivalente prodotta – rispetto a quello in petrolio o gas: si tratta di circa
735 miliardi ai quali vanno aggiunti ulteriori 300 miliardi per le
infrastrutture di trasporto, soprattutto ferrovie. Complessivamente mille
miliardi di investimento che però non includono le operazioni di estrazione e
neppure i costi di trasporto che tipicamente influiscono molto sul costo finale.
Il graduale esaurimento delle riserve più accessibili obbliga le compagnie a
sviluppare ambiti più impegnativi e alternativi: tutto ciò mette pressione sui
costi facendo sì che il prezzo del petrolio potrà arrivare a raggiungere i 128
dollari a barile in termini reali nel 2035. L’epicentro dell’accresciuta
attività di investimento in petrolio e gas si è registrato nel Nord America,
grazie alla rapida espansione del gas di scisto e del tight oil. Ma anche in
altre parti del mondo si sono verificati significativi trend al rialzo. È
previsto che l’investimento annuale in petrolio e gas superi gli 850 miliardi
nel 2035, con il gas protagonista. Più dell’80% dei 17mila miliardi investiti
nei nuovi prodotti è necessario per compensare il declino degli esistenti
settori di petrolio e gas.
Circa un quarto del totale è destinato alla produzione di risorse non
convenzionali come ad esempio le sabbie bituminose, il tight oil e gas di
scisto. Gli alti costi di trasporto del gas, comparati ad altri carburanti, sono
un vincolo pesante nell’ottica di un mercato del gas più globalizzato. Più di
700 miliardi investiti in LNG – Gas Naturale Liquefatto – da qui al 2035
rappresentano però una buona accelerazione dell’integrazione dei mercati di gas
regionali e il potenziale per ridurre gli attuali differenziali di prezzo. Gli
alti costi di molti progetti di liquefazione e l’inflazione potrebbero smorzare
le speranze dei buyers di LNG a favore di più abbordabili forniture. Tuttavia
l’Europa deve necessariamente, nel breve periodo, puntare sul LNG. Si tratta di
una strada obbligata, proprio per la necessità di offrire gas disponibili
all’Asia, il primo consumatore globale di LNG.
Elisa Villa
IL PICCOLO - VENERDI',
13 giugno 2014
Trenitalia rinvia il taglio degli Intercity
Salta lo stop estivo dei treni per Roma e Napoli. Lupi:
«Dal governo fondi per garantire le tratte ma vanno ridotti altri servizi»
TRIESTE Gli Intercity diurni da Trieste per Roma e Napoli si salvano ancora.
I due collegamenti compaiono nel sito di Trenitalia anche con il nuovo orario
estivo in vigore da domenica prossima. Un salvataggio, però, ancora a tempo.
Maurizio Lupi, rispondendo a un’interrogazione di Ettore Rosato, condiziona
infatti la futura permanenza dei convogli a lunga percorrenza a concomitanti
risparmi su altri servizi. A ogni cambio orario si diffonde il timore che
qualche altro treno si avvicini all’ultimo viaggio. Tagliato perché, in regime
di mercato, Trenitalia non sopporta più i collegamenti in perdita. Tra questi,
era già noto, gli Intercity diurni in partenza da Trieste alle 7.21 e alle
13.01. Nel dicembre scorso la compagnia ferroviaria mantenne in extremis i due
collegamenti verso Roma con proseguimenti per Napoli in entrambe le direzioni,
ma la soluzione non sembrò per nulla definitiva e, non a caso, già ad aprile
rispuntò il rischio cancellazione. Rischio nuovamente scongiurato, visto che il
nuovo orario li prevede ancora, ma pure stavolta non risulta alcunché di
consolidato. Questione di costi, fa chiaramente capire Lupi nella risposta a
Rosato, il deputato triestino del Pd che aveva rilevato, e non era la prima
volta, «la scelta inaccettabile di isolare il Fvg» e di «fare cassa sulla pelle
dei pendolari, di chi vive nei centri minori e di quanti non possono permettersi
di viaggiare con le costose Frecce». L’interrogazione di aprile proseguiva
evidenziando che Trenitalia «è una società a partecipazione statale e deve
uscire dalle mere logiche di mercato, assicurando un servizio efficiente a tutti
gli utenti» e ancora che, «eliminando la coppia di Intercity diurni che
collegano Trieste e Roma, si ridurrebbero drasticamente i collegamenti del
trasporto interregionale low cost, costringendo i viaggiatori a ricorrere a
opzioni molto più costose o con cambi». Senza dimenticare che quegli Intercity
«garantiscono collegamenti diretti anche con città come Padova, Bologna e
Firenze, coprendo stazioni minori, altrimenti escluse dai percorsi delle
Frecce». Entrando nel merito, Lupi riferisce dunque che «la maggior parte dei
treni Intercity rientra nei “Servizio universale”, comprendente quei treni di
medio-lunga percorrenza che necessitano di un corrispettivo definito nell’ambito
di un contratto di servizio, in quanto presentano un conto economico negativo».
La differenza tra ricavi da traffico, bassi, e costi, alti, la paga lo Stato. Lo
stesso vorrebbe ora fare Trenitalia con gli Intercity “a mercato”, compreso il
Trieste-Roma, che in tutto il territorio accumulano perdite per 29 milioni
all’anno. Insomma, il “buco” se lo copra anche in questo caso Roma. Altrimenti,
come già accaduto dal primo marzo per il Roma-Milano delle 9.40, si taglia.
Lupi, di fronte a questa posizione della compagnia, informa che il dicastero «è
impegnato a individuare tutte le possibili soluzioni che, sia sotto il profilo
tecnico che economico, consentano il mantenimento in attività di quei servizi».
L’impegno, per ora, è servito. Ma, per il futuro, «si sono chiesti a Trenitalia
ulteriori dettagli per valutare i maggiori costi sottesi al contratto qualora i
collegamenti via Intercity venissero riconosciuti di utilità sociale al pari di
quelli che, nelle stesse direttrici, sono già sovvenzionati». Tutto ciò, avverte
tuttavia il ministro, «dovrà ovviamente avvenire in un quadro di invarianza
delle risorse attualmente disponibili e pertanto sarà necessario individuare
eventuali rimodulazioni degli altri servizi inclusi nel perimetro
sovvenzionato». «In un quadro generale di contrazione delle risorse e disimpegno
di Trenitalia sugli Intercity in regime di mercato - è il commento di Rosato -,
il ministero delle Infrastrutture apre alla possibilità di mantenere in servizio
le due coppie di diurni che collegano Trieste e Roma. Un importante segnale e di
interesse e la conferma che c'è un'utenza pendolare che rimarrebbe danneggiata
dal taglio».
Marco Ballico
Consiglio di stato - Secondo stop alla semina di mais
Ogm in regione
TRIESTE Nuova “sconfitta” per gli agricoltori pro Ogm del Friuli Venezia
Giulia. Il Consiglio di Stato ha confermato la decisione del Tar del Lazio di
bloccare le semine biotech in corso nei campi di Vivaro, in provincia di
Pordenone, rigettando la richiesta di sospensiva avanzata dagli esponenti
dell’associazione Futuragra e rinviando la definitiva decisione nel merito al 4
dicembre, quando di fatto sarà già in vigore la normativa europea che lascia la
libertà di non coltivare Ogm ai singoli Stati membri. Ad annunciarlo ieri è
stata la Coldiretti, che ha commentato positivamente la scelta del Consiglio di
Stato di sostenere la linea del Tar del Lazio. Linea, appunto, che aveva portato
alla bocciatura del ricorso presentato contro il decreto interministeriale che
proibisce la semina di mais biotech Mon810 modificato geneticamente. «A questo
punto - conclude la Coldiretti - le amministrazioni coinvolte non hanno più
nessun alibi per intervenire nella repressione delle coltivazioni illegali per
evitare l’aggravarsi delle contaminazioni ambientali in atto». Positivo anche il
commento di Ermete Realacci, presidente della commissione Agricoltura della
Camera. «Dal Consiglio di Stato arrivano nuone notizie per l'agricoltura
italiana e per la sua vocazione all'eccellenza - afferma -. Il Tar del Lazio si
era già espresso in aprile aprile bocciando il pretestuoso ricorso di Fidenato
contro il decreto interministeriale che proibisce la semina di mais Ogm MON810
in Italia. Oggi si scrive dunque una bella pagina a tutela della nostra
agricoltura e del made in Italy di qualità. Al di là di motivazioni di ordine
ambientale e sanitario, infatti, la scelta Ogm è completamente sbagliata per
l'Italia».
La scelta Ogm spetterà a ogni Stato dell’Ue
BRUXELLES I ministri dell’Ambiente Ue hanno raggiunto un accordo politico
che pone le premesse per una nuova base legale che fa ricadere sugli Stati
membri la scelta di restringere o proibire la coltivazione di ogm nei loro
territori. L’accordo raggiunto nella riunione dei ministri a Lussemburgo prevede
la possibilità per gli Stati di tenere conto dei loro contesti nazionali quando
si decide su una coltivazione ogm mentre attualmente possono solo usare le
clausole di salvaguardia per probirla sulla base dei rischi. Le due fasi della
pre-autorizzazione per la restrizione geografica e l’autorizzazione a posteriori
di opt-out sono legate e si prevedono scadenze precise. Se uno Stato inizia la
“fase 1” per chiedere di limitare la coltivazione di un ogm la Commissione
presenterà tale richiesta per facilitare la procedura. Per la deroga alla
coltivazione la parola finale se coltivare o meno l’ogm resta agli Stati membri.
Inoltre, la decisione può essere modificata per restringere o proibire la
coltivazione nel corso dei dieci anni di durata dell’autorizzazione in presenza
di nuovi elementi. Le nuove regole dovrebbero poter essere usate dal 2015. Per
Legambiente si tratta di «un primo passo nella giusta direzione. «Ma servono
miglioramenti - afferma il presidente dell’associazione Vittori Cogliati Dezza -
perché non mancano alcuni inciampi. Innanzi tutto il sistema decisionale che,
tra livelli e tempistica, rischia di imbrigliare la possibilità di divieto a
livello nazionale, poi il rischio Ttip (Transatlantic Trade & Investment
Partnership) che si staglia all’orizzonte e che potrebbe liberalizzare l’accesso
degli Ogm in Europa, aggirando anche gli attuali sbarramenti».
Invasione d’api, colpa del clima
Numerosi interventi dei vigili in questi giorni per sciami d’insetti
“disorientati” dal meteo instabile
“Febbre sciamatoria”: è questa sindrome, che in realtà non è collegata ad
alcuna malattia, la ragione dei numerosi interventi per i grandi gruppi di api
che in questi giorni s’insediano su balconi, sottotetti e altre strutture degli
edifici o nei giardini. “Traslochi” che in varie parti della città, da Muggia a
Roiano passando per il centro come in via Buonarroti ad esempio, inducono i
cittadini a chiamare i vigili del fuoco, che a loro volta fanno intervenire
qualche apicoltore che recuperi gli sciami degli insetti. «La gente non si deve
preoccupare - spiega Virginio Carboni, apicoltore a Grozzana -: crede si tratti
di sciami di vespe, invece sono le api. Più precisamente sono quelle chiamate
bottinatrici, che nella complessa gerarchia e distribuzione di funzioni di ogni
colonia, sono addette a raccogliere nettare, polline, propoli e acqua. Quando le
vediamo su un nostro cornicione o sul nostro albero in giardino, significa che
sono “in parcheggio”, sono in attesa delle api guardiane che sono in
esplorazione alla ricerca di un posto adatto, tranquillo, per impiantare un
alveare. La colonia si ferma quindi il tempo necessario, uno o due giorni, poi
vola via. Se non provocate, non pungono mai». Il fenomeno al quale assistiamo,
non eccezionale, durerà secondo l’esperto fino alla fine del mese, ma è una
circostanza naturale. Per una volta tanto la colpa non è dell’uomo, o almeno non
lo è direttamente, poiché a causarlo è un andamento climatico non regolare, che
tuttavia è in fin dei conti causato dall’inquinamento prodotto dalle attività
umane. «La “febbre sciamatoria - precisa Carboni - si verifica quando, come
quest’anno, le temperature prima divengono piuttosto calde, come in aprile, poi
tornano ad abbassarsi come in maggio e infine risalgono. Le api rimangono
spiazzate, le famiglie si sviluppano ma d’altra parte il raccolto latita. Le
ceraiole non hanno lavoro, perché manca la materia prima. Così gli insetti
“emigrano” per ricercare fonti di sostentamento e formare nuove colonie, con la
prima ape regina vergine emergente. Il maltempo magari impedisce a qualche
apicoltore di effettuare controlli puntuali alle sue arnie e così s’innesca il
meccanismo che produce questi allarmi ingiustificati». Di solito i pompieri,
nell’eventualità che uno sciame stazioni in un posto “a rischio”, fanno
intervenire un apicoltore, che seppure con tecniche che possono richiedere anche
qualche ora non ha difficoltà a fare trasferire gli insetti in un luogo più
opportuno». Lo sciame è usualmente molto calmo: se però è fermo da diversi
giorni e ha esaurito le scorte di miele portate con sé, può diventare
aggressivo. Immediatamente dopo la cattura bisogna nutrirlo o fornirgli favi di
miele. «La gente - termina l’apicoltore di Grozzana - confonde spesso le api con
le vespe: le prime hanno un corpo più tozzo, ricoperto da una peluria molto
fitta; lo stacco tra torace e addome risulta visibilmente più sottile nelle
vespe e infine le api hanno una colorazione scura, quasi dorata».
Pier Paolo Garofalo
Sono indicatori della qualità dell’ambiente - Nel 2007
in Italia ne sono morte la metà
Le api sono indicatori biologici della qualità dell'ambiente e ormai, in
generale, rappresentano una delle emergenze ecologiche. Oltre al ruolo diretto
nella produzione del miele, le api contribuiscono all'economia favorendo la
produzione di frutta e verdura. In Italia nel 2007 sono morte il 50% delle api,
con la perdita di 200mila alveari e di molti milioni di euro nel settore
agricolo. Le api muoiono per varie cause, non sempre del tutto identificate:
cause ambientali, mutamento climatico, la varroa, un acaro parassita, e altri
antagonisti naturali, l'uso indiscriminato dei fitofarmaci. In vari Paesi i
regolamenti fitosanitari e le autorizzazioni all'uso dei fitofarmaci impongono,
da decenni, vincoli ai trattamenti fitoiatrici al fine di tutelare l'attività
delle api e degli insetti che trasportano polline (pronubi) in generale. Uno dei
vincoli più ricorrenti è il divieto di eseguire trattamenti, anche non
insetticidi, nel corso della fioritura.
IL PICCOLO - GIOVEDI',
12 giugno 2014
«Ferriera, offerta di Arvedi entro il 15 luglio»
L’assessore Zollia: «Un passo avanti». Il deputato Rosato: «Al tavolo
c’erano tutti i soggetti interessati»
«Il commissario straordinario della Lucchini Piero Nardi prevede l’offerta
definitiva entro fine giugno, al massimo il 15 luglio. In quella sede Arvedi
dovrà presentare il piano industriale da un lato e il progetto di messa in
sicurezza e bonifica dall’altro». Vittorio Zollia, assessore della Provincia di
Trieste, era presente all’incontro tecnico che si è tenuto l’altro ieri a Roma,
nella sede del ministero dello Sviluppo economico. E aggiunge una data alla
“road map” individuata per la vendita della Ferriera di Servola ad Arvedi dopo
la manifestazione di interesse avanzata dal gruppo siderurgico di Cremona.
L’impressione, insomma, è buona. «Positiva. Si sta andando avanti. Siamo
fiduciosi. Ci sarà questo tavolo per la redazione di una prima bozza
dell’accordo. C’è la disponibilità, se dovesse servire, a fare una preconferenza
di servizi» aggiunge Zollia. Non sono emerse, sembra, particolari criticità
durante il tavolo tecnico al quale ha preso parte la presidente del Friuli
Venezia Giulia, Debora Serracchiani assieme ai soggetti firmatari dell'accordo
di programma riguardante l'area di crisi industriale complessa di Trieste
sottoscritto il 30 gennaio scorso. Nel corso dell'incontro, cui erano presenti
anche la presidenza dell'Autorità portuale di Trieste, Invitalia e la Provincia
di Trieste, è stato messo a fuoco il percorso per giungere alla vendita del ramo
d'azienda di Trieste della Lucchini. Continua intanto la polemica politica sul
coinvolgimento delle istituzioni locali nella vicenda. «La presidente
Serracchiani e la sua giunta sulla questione Ferriera hanno sempre coinvolto
tutti i soggetti istituzionali interessati, in ogni circostanza e allo stesso
modo» afferma il deputato del Pd Ettore Rosato, aggiungendo che «quanti
sostengono il contrario, come la forzista Sandra Savino, o agiscono in malafede
o parlano senza conoscere i fatti». Secondo Rosato «l’attuale giunta regionale
segue un approccio rigorosamente istituzionale e non esclude nessun soggetto che
abbia titolo. Compresa - sottolinea il deputato dem - la presidente
dell'Autorità portuale Marina Monassi, che non mi sembra faccia parte di quella
che sarebbe, per usare le parole di Savino, la "ditta" del Pd. Forza Italia e i
suoi esponenti si sforzino di seguire questo esempio e diano finalmente il
proprio contributo su una questione delicata e cruciale per Trieste».
(fa.do.)
Nuovo Prg, via a osservazioni e opposizioni
Il Piano pubblicato sul Bollettino della Regione:
sportello per la consultazione nella sala ex Aiat
È stato pubblicato ieri sul Bollettino ufficiale della Regione, numero 24,
il nuovo Piano regolatore del Comune: si è aperto così il periodo di deposito
del nuovo Prg, al quale il 16 aprile scorso il Consiglio comunale ha dato il via
libera dopo le modifiche effettuate a seguito dei pareri pervenuti dalle
Circoscrizioni e degli emendamenti accolti. Il periodo di deposito si concluderà
il 22 luglio: entro questa data, informa il Comune, chiunque potrà presentare
osservazioni, mentre i proprietari degli immobili vincolati dallo strumento
urbanistico potranno presentare opposizioni. In questo stesso periodo rimarrà
aperto nella sala di piazza Unità 4b (ex Aiat, sotto i volti del Municipio) lo
sportello dedicato per la consultazione degli elaborati e per fornire
precisazioni e informazioni. I cittadini vi potranno accedere dal lunedì al
venerdì dalle 9.30 alle 12, lunedì e mercoledì anche dalle 15 alle 17. I tecnici
comunali dell'Ufficio di Piano saranno a disposizione per fornire chiarimento:
già ieri hanno parlato con i primi cittadini che li chiedevano. Il modello
facsimile per la presentazione delle osservazioni/opposizioni, e le note per la
loro compilazione e presentazione, sono disponibili sul sito
http://www.retecivica.trieste.it (cliccando su “Nuovo Prgc”) oppure possono
essere ritirate direttamente allo sportello di piazza Unità. Decorre intanto da
ieri anche il termine di 60 giorni per la presentazione delle osservazioni con
riferimento alla procedura di valutazione ambientale (Vas), che si devono
intendere distinte dalle osservazioni/opposizioni del Prg. La consegna delle
osservazioni e/o opposizioni dovrà avvenire con le seguenti modalità.
All’Ufficio accettazione atti del Protocollo generale del Comune, al piano terra
del Palazzo Zois, in via Punta del Forno 2, da lunedì a venerdì dalle 8.30 alle
12.30, lunedì e mercoledì anche dalle 14 alle 16.30; tramite servizio postale
(timbro e data apposti dall’Ufficio postale di spedizione fanno fede ai fini
dell’osservanza del termine esclusivamente nel caso di invio tramite
raccomandata con ricevuta di ritorno, mentre in caso di spedizione semplice fa
fede la data apposta dall’Ufficio Accettazione atti del Comune); tramite la
casella di Posta elettronica certificata (Pec) del Comune di Trieste
comune.trieste@certgov.fvg.it da un indirizzo di posta elettronica certificata);
la spedizione ha il valore legale di una raccomandata con ricevuta di ritorno e,
pertanto, fa fede la data di spedizione; possibile infine consegnare tramite la
casella di posta elettronica certificata comune.trieste@certgov.fvg.it da un
indirizzo di posta elettronica non certificata; in questo caso la spedizione non
ha il valore legale di una raccomandata con ricevuta di ritorno, e fa fede la
data di ricezione nella casella di posta dell’amministrazione.
SEGNALAZIONI - PIANO REGOLATORE - Pessimismo
ingiustificato
Leggendo la nota “Il piano regolatore dei sogni e le
criticità di ogni giorno”, pubblicata l’8 giugno, non riesco a comprendere il
tono negativo, profondamente pessimistico usato dal signor Farinelli, cui
peraltro va riconosciuto il costante impegno civile per il rione di Gretta.
Sembra quasi che nella nostra amata Trieste tutto, sempre e comunque, sia
destinato inevitabilmente al peggio. Eppure a ben guardare non è proprio così;
rimanendo nell’ambito della pianificazione del territorio basterebbero due soli
elementi caratterizzanti di questo nuovo piano regolatore generale adottato dal
Consiglio Comunale lo scorso 16 aprile per affermare che si vuole cambiare
rotta: la riduzione del consumo di suolo e la riqualificazione ambientale con
una nuova attenzione alla mitigazione del rischio idrogeologico; due fattori
positivi ed in controtendenza dai quali, ad esempio, il rione di Gretta potrebbe
trarre non pochi benefici. Tornando al motivo della protesta, l’assemblea
pubblica era stata organizzata per la presentazione del prgc; il piano – come
dalla stessa parola si evince – è uno strumento che definisce le linee di
sviluppo del territorio per i prossimi 10/15 anni, esulando da ciò le
problematiche del quotidiano (di cui nessuno vuole nel modo più assoluto negare
l’importanza). Era presente pertanto l’assessore competente Elena Marchigiani
alla quale potevano essere rivolte tutte le domande e le richieste di
delucidazione riguardanti l’argomento della serata, risultando ovvio che i
chiarimenti sulle scuole, le gallerie, il patto di stabilità, ecc., vanno
indirizzate ad altro interlocutore. Non capisco inoltre perché ci si debba
lamentare del fatto che l’assessore abbia svolto la sua esposizione con
“entusiasmo”; mi sembra più che normale che chi ha lavorato con serietà e
competenza alla redazione di uno strumento urbanistico innovativo e complesso,
nel condividere e diffondere i risultati ottenuti esprima giustificato orgoglio
e ci metta un po’ di passione. Non credo poi che la finalità del nuovo prgc sia
“la futura città delle meraviglie”; certamente dalle linee portanti del piano
traspare la volontà di porre le basi per la Trieste del ventunesimo secolo,
attrattiva in campi diversi e complementari (turismo, ricerca scientifica,
portualità, industria sostenibile, ecc.); per raggiungere questo obiettivo però
la protesta serve ma non basta: è indispensabile se non l’entusiasmo, almeno un
po’ di ottimismo.
Mario Ravalico - Consigliere comunale Pd presidente
Commissione urbanistica
Siot, investimenti in regione pari a 50 milioni entro
il 2018
La società festeggia il mezzo secolo con numeri record: 80 milioni di
fatturato e 502 petroliere nel 2013
La presidente del Gruppo Tal Andres: «Trieste strategica». Altri 13 milioni per
l’impianto di San Dorligo
“Fifty-Fifty”. Cinquanta milioni di investimento in Friuli Venezia Giulia
per festeggiare i primi cinquant’anni della Siot a Trieste. Un bel regalo. Il
Gruppo Tal, che gestisce l'oleodotto transalpino, primo asse per il petrolio in
Europa, prevede investimenti per 120 milioni di euro entro il 2018, di cui 50
sul territorio del Friuli Venezia Giulia. La presidente del gruppo, Ulrike
Andres, l’ha annunciato ieri in occasione della cerimonia per i cinquant'anni
della Siot a Trieste: «Il piano di investimenti consentirà al gruppo Tal di
continuare ad avere un ruolo di primo piano nell'economia centro europea». Alla
festa del compleanno, nella sede di San Dorligo della Valle, c’erano tutti: dal
sindaco di Trieste Roberto Cosolini al neoeletto di San Dorligo Sandy Klun,
dalla presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat al presidente degli
industriali Sergio Razeto incluso il vescovo monsignor Giampaolo Crepaldi. A
cerimonia finita, per colpa del taxi che ha sbagliato indirizzo, è arrivato il
presidente della Cciaa Antonio Paoletti. «Riforniamo l’Europa di energia» è lo
slogan della Siot. Nel maggio del 1964, 50 anni fa, veniva costituita a Trieste
la Siot e tra Italia, Austria e Germania si componeva, forte di tre società, il
Gruppo Tal, che in soli mille giorni – e dopo un iter autorizzativo di soli
quattro mesi – costruiva l’Oleodotto Transalpino (Transalpine Pipeline), che in
mezzo secolo ha condotto nel cuore dell’Europa un totale di 1,3 miliardi di
tonnellate di greggio. I sistemi economici di Austria (90% del fabbisogno),
Germania (40%) e Repubblica Ceca (40%) dipendono largamente dalle prestazioni
del Gruppo Tal. Altro che Ucraina e gas russo. «Trieste è stategica per il
gruppo Tal», ripete Andres. Ma anche la Siot è strategica per Trieste. Per ora è
solo la Siot a collegare concretamente Trieste alla Mitteleuropa e a tenere in
piedi da sola il Porto di Trieste. Numeri da record. Il valore della produzione
del 2013 pari a 80 milioni di euro (+ 13 milioni rispetto al 2012). I traffici
verso il terminal petrolifero sono aumentati nel 2013 (+93 navi rispetto al
2012, per un totale di 502 petroliere) e i primi cinque mesi del 2014 confermano
il livello dei traffici raggiunti lo scorso anno, con 206 navi attraccate, per
un totale di 16,4 milioni di tonnellate di greggio scaricato. E c’è anche chi
conta le petroliere dalla Napoleonica come il sindaco Klun («A volte persino 10
che fanno la fila») o come il vescovo entrando in Costiera dall’autostrada
(«Quando sono poche mi rattristo. Sono segni di speranza»). I volumi di traffico
sviluppati dalla Siot al Terminale Marino sono responsabili di circa il 75% dei
traffici del Porto di Trieste, che grazie alla Siot si conferma il primo scalo
petrolifero del Mediterraneo e il primo porto italiano per volume di merci. Il
territorio regionale ha beneficiato nel 2013 di 7,8 milioni di euro di
tassazione(4,9 milioni di euro nel 2012). In crescita il numero di addetti: nel
2013 le assunzioni hanno aumentato la forza lavoro del 15% rispetto all’anno
precedente, giungendo a quota 117 dipendenti, oltre all’indotto di 600 persone.
Ma non basta. Ci sono altri tre progetti avviati che valgono altri 26 milioni di
investimenti. «Ci stiamo impegnando con oltre 13 milioni di euro per aumentare
la sicurezza e semplificare la manutenzione», ha specificato il presidente
Andres. È in fase autorizzativa il progetto di rilocazione di circa 100 metri di
tubazioni nel Piazzale Porto Petroli: si tratta di un investimento di 3 milioni
di euro, necessario a rendere più facilmente ispezionabili le linee di
collegamento tra il Terminale Marino e il Parco Serbatoi. Attualmente interrate,
le condutture (si tratta di 4 tubi da 36”) verranno portate in luce, mentre le
tubazioni oggi esistenti verranno utilizzate, in caso di necessità, come
drenaggio di sicurezza. L’intervento verrà concluso entro il 2015. Sono stati
avviati nel 2013 e sono in corso i lavori di modernizzazione del “main manifold”,
parco valvole dislocato nell’impianto di San Dorligo della Valle.
L’investimento, pari a 10 milioni di euro, è stato attivato con l’obiettivo di
rispondere alle esigenze di sicurezza e tutela ambientale. «Rispetto alla
situazione attuale, il parco valvole sarà posizionato in una vasca di cemento
armato con una sovrastante tettoia di protezione; in tal modo verrà garantita
piena accessibilità per le operazioni di manutenzione e ispezione». Buon
compleanno Siot.
Fabio Dorigo
Entro l’estate - Al via un piano per abbattere gli
odori dei serbatoi
La presenza della Siot a Trieste non solo si vede, ma si “sente”.
Soprattutto a San Dorligo della Valle. E il problema della “puzza” è sentito
anche dall’azienda. «Il Gruppo Tal - ha assicurato la presidente Ulrike Andres -
si è impegnato in un progetto di ricerca e sviluppo realizzato assieme al
Dipartimento di scienze chimiche e farmaceutiche dell’Università di Trieste al
fine di attivare un sistema di abbattimento degli odori causati dallo stoccaggio
di alcuni particolari tipi di greggio». Alcune soluzioni sono già state
individuate. «La dinamica degli odori nella zona limitrofa al Parco Serbatoi è
stata analizzata nel dettaglio, e i tecnici del Gruppo Tal, assieme ai
ricercatori dell’Università di Trieste, hanno studiato i meccanismi chimico
fisici e le possibili soluzioni, che prevedono una precisa tecnologia di
nebulizzazione e “lavatura” della parete interna dei serbatoi contestualmente
all’abbassamento del “tetto” degli stessi, attraverso una particolare tipologia
di ugelli che spruzzano acqua. Il sistema è stato prima testato su un serbatoio
riprodotto in scala, e in queste settimane installato su una parte dei serbatoi
attivi». Non ci sarà da aspettare molto. «Il sistema - comunica l’azienda - sarà
messo in funzione progressivamente nei prossimi mesi, prima utilizzando dei
generatori di energia, e poi collegandolo a una speciale rete elettrica che sarà
allestita entro luglio, e dalla fine dell’estate sarà completato e gestito in
via remota dalla sala controllo».
(fa.do.)
Legambiente - L’ecomafia fattura quasi 15 miliardi
Sono 29.274 le infrazioni accertate nel 2013, più di 80 al
giorno, oltre tre all'ora. Questa la fotografia dell'ecomafia scattata da
Legambiente nel rapporto 2014 che «monitora e denuncia puntualmente la
situazione della criminalità ambientale», da cui emerge che il fatturato sfiora
«i 15 miliardi di euro» e coinvolge «numerosi clan» (321) del malaffare.
«Vertici di Latterie friulane all’oscuro»
I legali del dg Odorico indagato per adulterazione di sostanze
alimentari: «Non sapevano, ma le analisi sono tranquillizzanti»
UDINE I vertici di Latterie friulane nulla sapevano di quanto accadeva alla
base della filiera, nelle sue varie articolazioni operative. Parola di Franco
Odorico, 56 anni, di Udine, che del Consorzio era ed è il direttore generale e
che adesso, nella bufera giudiziaria che lo vede indagato per adulterazione o
contraffazione di sostanze alimentari insieme ad altre 13 persone, ci tiene a
marcare la differenza tra il proprio operato e le eventuali responsabilità
contestate alle altre persone coinvolte. Lo fa per bocca del proprio difensore,
l’avvocato Maurizio Miculan, che ha annunciato per oggi stesso la presentazione
di un’istanza volta a ottenere l’autorizzazione alla ripresa dell’attività
dell’intero stabilimento di Campoformido. Scattato all’alba di venerdì, il blitz
dei carabinieri del Nas di Udine ha di fatto sollevato il coperchio sul secondo
capitolo di un’inchiesta sul latte contaminato da aflatossine M1 che il pm Marco
Panzeri aveva “inaugurato” l’estate scorsa, con le accuse al presidente del
Consorzio Cospalat, Renato Zampa, finito in carcere, e ad altri 23 indagati, tra
allevatori e tecnici di laboratorio. Questa volta, la posizione più delicata è
quella di Rino Della Bianca, 59 anni, di Tricesimo, responsabile
dell’approvvigionamento del latte per il quale il gip Emanuele Lazzàro ha
ritenuto di accogliere la richiesta della Procura degli arresti domiciliari.
Sua, secondo il castello accusatorio, la regia delle operazioni di miscelazione
del latte buono con quello contaminato in misura superiore ai limiti di legge. E
sua, benchè «con la complicità dei vertici aziendali, il contributo del
responsabile e degli addetti al laboratorio del Consorzio e il concorso di un
autista e di alcuni allevatori consorziati», anche la decisione di eludere i
risultati delle analisi interne. Ebbene, per l’avvocato Miculan si tratta di
vicende estranee a Odorico. «Non per niente - osserva il legale -, il gip ha
respinto la richiesta di arresti domiciliari nei confronti dei vertici del
Consorzio, rilevando come siano indagati sostanzialmente per la funzione svolta
in seno a Latterie friulane. È lo stesso giudice a riconoscere l’insussistenza
di indizi a loro carico». A riprova della «correttezza dell’operato del
Consorzio», il difensore ha ricordato come siano in corso «controlli qualificati
sui prodotti ritirati cautelativamente dal commercio» e sottolineato che «tutte
le analisi ad oggi effettuate da primario laboratorio esterno ufficialmente
accreditato hanno dato esito negativo. Analisi - ha aggiunto - che, a tutela
della salute dei consumatori, proseguirà fino al completo ritiro della merce».
Altrettanto dicasi delle analisi che il laboratorio dell’Associazione allevatori
del Fvg sta svolgendo su tutto il latte in ingresso nello stabilimento. «I
risultati - ha detto Miculan - sono ugualmente tranquillizzanti». Fin qui la
difesa. Da Odorico, però, arriva anche una promessa. «Laddove dovessero emergere
responsabilità dei singoli - continua il difensore -, il Consorzio non esiterà
ad agire nei confronti di chi ha sbagliato. Oltre al gravissimo danno
d’immagine, Latterie friulane sta patendo un rilevantissimo danno economico». Da
qui, l’istanza per la ripresa dell’attività.
Luana de Francisco
IL PICCOLO - MERCOLEDI',
11 giugno 2014
Ferriera, una “road map” per la vendita ad Arvedi
Riunione al ministero, tracciato il percorso: un gruppo di lavoro
redigerà il nuovo accordo di programma che anche il gruppo cremonese dovrà
sottoscrivere
Cessione della Ferriera, un altro passo avanti verso la presentazione
dell’offerta vincolante da parte di Arvedi a Piero Nardi, commissario di
Lucchini in amministrazione straordinaria. Ieri a Roma, nella sede del ministero
dello Sviluppo economico, si è tenuta una riunione che ha visto al centro due
punti salienti: da una parte l’analisi della “road map” da percorrere per
arrivare alla vendita del ramo d’azienda triestino della Lucchini; dall’altra
l’avvio dei lavori per il nuovo accordo di programma che sarà sottoscritto anche
dal gruppo cremonese. All’incontro tecnico hanno partecipato le realtà che lo
scorso 30 gennaio sottoscrissero a Villa Madama l’accordo di programma sull’area
di crisi industriale complessa di Trieste, punto di partenza per l’intera
operazione: c’erano la presidente della Regione Debora Serracchiani, la
presidenza dell’Autorità portuale (che aveva firmato l’accordo stesso 43 giorni
dopo, una volta ottenute garanzie sulla competenza dell'Authority per la
quantificazione e riscossione dei canoni demaniali e sul principio, aveva
ribadito allora la Torre del Lloyd, del «chi inquina paga»), la Provincia
rappresentata dall’assessore Vittorio Zollia , Invitalia, l’Agenzia nazionale
per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa, e lo stesso Nardi.
Analizzato dunque il percorso da seguire per la cessione: nell’ultimo tavolo
convocato dalla Regione lo scorso maggio, si era parlato del termine di fine
giugno per la proposta vincolante di Arvedi, seguita a fine luglio dal
perfezionamento dell’acquisto. Ieri a Roma come si diceva sono stati avviati i
lavori per il nuovo accordo di programma che andrà sottoscritto anche da Arvedi.
Il gruppo cremonese, come è noto, attraverso la Siderurgica Triestina costituita
proprio per la Ferriera è rimasto all’inizio di maggio l’unico in gara per
l’acquisizione dello stabilimento: una seconda manifestazione di interesse era
stata avanzata da una piccola azienda di Hong-Kong che si appoggiava a un grosso
broker cinese, ma la documentazione presentata, anche dopo la proroga dei
termini concessa dall’amministrazione straordinaria di Lucchini, era stata
giudicata carente. Nell’incontro di ieri a Roma sono state affrontate anche
alcune tematiche tecniche, e «tra i punti su cui il commissario Nardi ha intanto
chiesto chiarimenti» - si legge in una nota della Regione - «vi sono anche anche
alcuni aspetti ambientali, per i quali sono attese risposte dal ministeri
dell'Ambiente e dello Sviluppo economico». Un gruppo di lavoro, ora individuato,
nelle prossime settimane sarà impegnato nella redazione dell'accordo di
programma stesso, «anche in considerazione - precisa la Regione - dei tempi
stretti dettati dal commissario per concludere la vendita». Sulla riunione di
ieri intanto interviene la deputata di Forza Italia Sandra Savino, che
stigmatizza «un approccio di chi guida il governo del nostro territorio» secondo
Savino «di tipo esclusivo verso gli altri soggetti istituzionali non
appartenenti alla sfera politica della “ditta” del Pd. Un comportamento del
tutto opposto rispetto a quello tenuto dal centrodestra quando era alla guida
della Regione». E dunque «nessuno dal Pd e dintorni - chiude la parlamentare
azzurra - si permetta di richiamare Forza Italia, e anche le altre opposizioni,
a una disciplina di unità di intenti sulla Ferriera, perché il modo di governare
tutta la questione dello stabilimento di Servola ha sistematicamente tenuto
all'oscuro le parti non appartenenti al perimetro politico del centrosinistra».
Ozono, inquinamento sempre più alto
Il picco previsto venerdì: evitare di esporsi al sole
nelle ore più calde. Nessuna limitazione al traffico
Non accenna a rallentare l’alto tasso di ozono nell’aria in città, anzi.
Secondo le previsioni dell’Arpa, l’Agenzia regionale per l’ambiente, la
concentrazione del gas dannoso all’uomo e agli animali è destinata ad aumentare
nelle prossime ore fino alla giornata di venerdì compresa. Sarà superata,
proprio venerdì, la seconda “soglia d’attenzione”, pari a 180 microgrammi per
metri cubo d’aria, mentre quella di allarme è fissata a 240. Già nei giorni
scorsi il Comune, su suggerimento dell’Azienda sanitaria, come previsto dalle
leggi regionali in presenza di un tasso superiore ai 120 microgrammi al metro
cubo (prima “soglia d’informazione”), aveva diramato un comunicato con le
precauzioni da prendere per evitare possibili effetti dannosi o comunque
negativi derivanti dall’alta concentrazione di O3. Da venerdì, sempre secondo
l’Arpa, capace di ben “interpretare” il nostro microclima, le condizioni meteo
dovrebbero mutare, facendo rientrare nella norma la quantità di ozono nell’aria.
Nel frattempo il Comune non prevede limitazioni al traffico o altri
provvedimenti. Ieri, anche attraverso i mass media, l’Azienda sanitaria aveva
proposto alcune raccomandazioni da prendere, specie da parte delle categorie “a
rischio” quali anziani e bambini, cardiopatici o persone con patologie
polmonari, chi soffre di disturbi respiratori, come gli asmatici: non esporsi al
sole nelle ore centrali della giornata, non praticare sport all’aria aperta
nella stessa fascia oraria, ventilare gli ambienti domestici o di lavoro nelle
ore più fresche della giornata. «In presenza di alte concentrazioni di ozono -
spiega il presidente dell’Ordine dei medici Claudio Pandullo - tali soggetti a
rischio, ma non necessariamente solo quelli, possono riscontrare oltre ai
problemi alle vie respiratorie anche irritazione agli occhi e alle mucose,
sensazione di pressione al torace». Il gas ozono è presente in alte
concentrazioni nella parte alta dell’atmosfera, la stratosfera, e contribuisce a
proteggere dalle radiazioni ultraviolette di origine solare la vita sulla Terra.
Di norma negli strati più bassi è presente in basse concentrazioni, tra i 20 e
gli 80 microgrammi per metro cubo d’aria. Nella tarda primavera e in estate i
gas inquinanti prodotti dal traffico veicolare e dalle industrie innescano una
serie di reazioni fotochimiche che elevano tali concentrazioni. «Abbiamo
provveduto, come da norma, a divulgare tutte le precauzioni necessarie -
rassicura Valentino Patussi, responsabile del Dipartimento di prevenzione
dell’As - che non cambiano neppure nel caso, come previsto venerdì, del
raggiungimento della seconda “soglia di attenzione” del tasso di ozono bnell’aria».
(p.p.g.)
È arrivato il primo “camoscio triestino”
L’esperto Bressi: «Siamo la prima città costiera al mondo ad ospitare
tali animali»
È arrivato in questi giorni in città il primo “camoscio triestino”. Ne dà
notizia il direttore del Servizio musei scientifici del Comune, Nicola Bressi.
«Giorni fa - spiega lo studioso - i signori Leonardo Cervino e Greta Sila (che
ringraziamo) hanno scattato con il cellulare e inviato al Servizio
SportelloNatura del Museo civico di Storia naturale di Trieste tre fotografie,
colte presso una collina nell'immediata periferia di Trieste, a pochi minuti a
piedi dalla zona urbana di via Fabio Severo». «Non riveliamo la località esatta
per evitare disturbi all'animale - continua Bressi - ma i raffronti che abbiamo
potuto eseguire sono corretti e ormai provati: si tratta del primo “camoscio
triestino” della storia». L’esperto racconta anche come si è giunti a tale
traguardo: «Da una ventina d'anni, un branco di camosci d’incerta origine (si
ipotizza che siano scesi dal Monte Nanos in un inverno molto freddo, altri
sospettano che siano fuggiti da qualche recinto privato) si trova tra il Monte
Hermada e Medeazza, nel circondario di Duino». La popolazione è in espansione,
infatti i camosci, fuori dai loro principali habitat delle rupi montane, sono
più lenti di cervi e caprioli e quindi solitamente molto predati da lupi e
linci, che però sul Carso triestino ancora scarseggiano. E quindi i camosci ora
prosperano anche senza rifugiarsi su picchi scoscesi. «Giovani esemplari in
cerca di nuovi territori - aggiunge Bressi - erano stati avvistati a Doberdò del
Lago, presso Opicina e in Val Rosandra. Ma il giovane animale fotografato (si
presenta già con il manto estivo) ha lasciato l'Altopiano carsico ed è sceso
sulle colline di arenaria che cingono la città spingendosi a poche decine di
metri da una strada urbana di Trieste». Secondo i dati del Museo civico di
Storia naturale «si tratta non solo del primo camoscio che abbia mai messo piede
(pardon: zoccolo) a Trieste, ma anche della prima città costiera al mondo che
possa vantare di avere i camosci attorno nei propri parchi di periferia. Una
vera sorpresa». Il camoscio alpino è un mammifero della famiglia dei bovidi. Di
aspetto simile alle capre, viene incluso con esse e con le pecore nella
sottofamiglia dei caprini. La lunghezza totale del corpo, misurata
dall'estremità della testa alla radice della coda, varia tra 130 e 150
centimetri nel maschio, e tra 105 e 125 nella femmina. L'altezza, misurata al
garrese, varia tra 85 e 92 cm nel maschio e tra 70 e 78 cm nella femmina. Il
peso è influenzato dall'età e dal sesso. Il valore massimo viene raggiunto
intorno ai 5-9 anni: i maschi adulti possono pesare fino ai 50 kg, le femmine
adulte i 40–42.
Sequestrate le schede del “latte tossico”
Le analisi oltre i parametri di legge trovate dai Nas nella sede di
Latterie friulane. Allerta dell’Ass per ritirare le partite
UDINE Alle Latterie friulane sapevano che alcuni campioni di latte avevano
valori di aflatossine superiori ai limiti consentiti dalla legge. Lo provano le
schede delle analisi sequestrate dai carabinieri del Nucleo antisofisticazione
nella sede del consorzio di Campoformido. Eppure, alcune partite di latte
sarebbero state commercializzate pur non avendo tutti i requisiti. Proprio per
ritirare e distruggere queste partite, nella tarda serata di lunedì dagli uffici
del Dipartimento di prevenzione dell’Ass4 Medio Friuli è stato diramato un
allerta comunitario che riguarda Austria e Slovenia, oltre a Veneto e Friuli.
Tecnicamente si chiama segnalazione per informazione, si tratta di un
provvedimento a scopo precauzionale che parte dai Servizi veterinari e approda
alla Direzione centrale della salute, dalla quale, previa valutazione, viene
trasmessa al Ministero. Il provvedimento riguarderebbe decine di migliaia di
cartoni di latte fresco commercializzato da Latterie, sia con il proprio brand
sia con altri marchi, che dovrà essere ritirato dagli scaffali, accanto a un
discreto quantitativo di mozzarelle, più modesti i lotti di ricotta inseriti nel
provvedimento e le partite di yogurt che, però, non avrebbero fatto in tempo a
finire nei punti vendita. Si tratta di prodotti che in queste ore vengono
richiamati e che dovranno essere distrutti a scopo precauzionale. Il lavoro dei
carabinieri del Nucleo antisofisticazione ha permesso di intercettare i singoli
lotti e le loro destinazioni. Fra il materiale emerso tra la documentazione
sequestrata, al momento al vaglio degli investigatori, spiccano le schede delle
analisi di laboratorio dei campioni di latte prelevati dai singoli allevatori
che documentavano gli sforamenti al di là della soglia consentita dalla legge,
documenti conservati negli uffici del Consorzio cooperative latterie friulane a
Campoformido. Erano state raccolte in fase di campionamento effettuato dal
laboratorio del consorzio sui singoli campioni prelevati a ciascun allevatore,
non valori di massa quindi, ma prelievi riferiti a specifiche aziende agricole,
e accanto a quelle che rivelavano concentrazioni di aflatossine sotto la soglia
massima, c’erano anche quelle che indicavano gli sforamenti. Si tratta di
evidenze documentarie che sono state sequestrate dai carabinieri del Nas di
Udine coordinati dal capitano Antonio Pisapia, si tratterebbe di svariate decine
di schede secondo quanto si è appreso da fonti investigative. Tanto basta agli
investigatori a sostenere che al Consorzio qualcuno era a conoscenza degli
sforamenti ma non ha agito secondo le norme. Stando a quanto disposto dalla
legge, il latte nei quali viene evidenziato uno sforamento non può in nessun
caso essere commercializzato, può al massimo essere utilizzato come nutrimento
per i vitelli, altrimenti va buttato, in ogni caso la pratica del miscelamento
non è ammessa. In altre parole, non è possibile mescolare del latte che ha alti
valori di contaminazione con latte che invece è al di sotto della soglia per
ridurre il rischio. Non solo, ma gli sforamenti devono essere comunicati. Sulla
base di queste evidenze si è snodata l’indagine dei Nas coordinata dal sostituto
procuratore Marco Panzeri. Un quadro probatorio nutrito che trova rispondenze su
quanto raccolto attraverso le intercettazioni telefoniche e ambientali.
Alessandra Ceschia
I cinquestelle interrogano il governo «Va chiarita
subito la portata dell’allarme»
La questione del latte contaminato delle Latterie friulane
finisce in Parlamento. E a portarcela è il Movimento cinque stelle con i
deputati del Friuli Venezia Giulia Walter Rizzetto, che è anche vicepresidente
della commissione Lavoro di Montecitorio, e Aris Prodani. «In agricoltura il
controllo dello sviluppo di tossine va assicurato attraverso la diffusione di
pratiche di coltivazione e conservazione virtuose. Il governo Renzi deve
attivarsi per prevenire sia le contaminazioni con sostanze tossiche naturali -
come nel caso delle micotossine quali le aflatossine - che altre forme di
contaminazione, che possano minacciare la sicurezza alimentare» affermano i due
parlamentari. Rizetto e Prodani vogliono allo stesso tempo capire se l’esecutivo
nazionale sia a conoscenza di vicende analoghe in altre regioni d’Italia, in
modo da potere comprendere la dimensione complessiva dell’allarme.
Passa a maggioranza la legge sulle foreste - La seduta
Battaglia bipartisan Accolta la richiesta di tutelare la pesca sportiva
TRIESTE La legge di riordino e semplificazione in materia di risorse
agricole e forestali, bonifica e pesca è stata approvata ieri a maggioranza
dall’aula. Venti i voti favorevoli, 12 i contrari e 4 le astensioni. A dire sì
Pd, Sel e Cittadini, contrari M5S, Lega e Forza Italia, astenuti Ncd e Autonomia
responsabile. Tre gli ordini del giorno accolti dalla giunta prima della
votazione finale sul provvedimento. Il primo è del M5S. L'obiettivo a cui
impegna la giunta è contrastare l'uso delle sostanze tossiche nel controllo
delle specie infestanti al di fuori dalla pratiche agricole. Nello specifico si
chiede di bandire dagli interventi lungo le strade tutti gli interventi
diserbanti che non siano meccanici e di informare i cittadini sui rischi
dell'utilizzo di prodotti diserbanti. I consiglieri di Sel, insieme ai dem
Silvana Cremaschi, Vittorino Boem, Stefano Ukmar e Armando Zecchinon, a Eleonora
Frattolin (M5S), a Emiliano Edera (Cittadini) e a Rodolfo Ziberna (Fi) impegnano
la giunta con il loro ordine del giorno a inserire nel Programma di sviluppo
rurale la promozione e gestione di orti urbani. Il gruppo di Autonomia
Responsabile - primo firmatario Roberto Revelant -, Riccardo Riccardi, Roberto
Novelli e Elio De Anna di Fi, Mara Piccin (Lega), Gino Gregoris ed Emiliano
Edera dei Cittadini, Daniele Gerolin e Enzo Marsilio (Pd), Alessandro Colautti (Ncd)
e Renzo Tondo (Misto), hanno visto accolta la loro richiesta alla giunta di
promuovere la pesca sportiva dilettantistica a scopo turistico, anche attraverso
concessioni o affidamenti in gestione di zone di pesca a enti locali,
associazioni pescatori o altri soggetti interessati, e a formulare una legge
organica in materia di pesca professionale e dilettantistica. Il capogruppo di
Sel Lauri è poi intervenuto durante la presentazione di un emendamento sul
dissesto idrogeologico sostenendo la necessità di trovare un equilibrio tra
agricoltura e tutela ambientale: l'emendamento prevedeva una mappatura puntuale
delle aree da tutelare sul Carso triestino e goriziano, con l'identificazione
delle zone ove è possibile un effettivo recupero agricolo. Sel ha ritirato
l'emendamento a seguito dell'impegno dell'assessore Sergio Bolzonello. Al
contrario la Lega ha lanciato un'offensiva contro vincoli reputati eccessivi:
«In Carinzia tutela e sviluppo agricolo convivono agevolmente - ha spiegato la
consigliera Barbara Zilli -. Da noi invece si reintroducono vincoli
anacronistici come quello idrogeologico che danneggiano gli agricoltori». Mara
Piccin ha criticato le norme sulla pesca, reputando eccessive le sanzioni
previste in caso di pesca del novellame (6mila euro), e attende ora il dibattito
sulla caccia: «Meglio nessuna legge, che una legge spot raffazzonata e
imprecisa». L'aula ha infine esaminato e rigettato a maggioranza la mozione di
Valter Santarossa (Ar) sullo stato di crisi industriale complessa per l'area
pordenonese. Bolzonello ha evidenziato come il dispositivo della mozione sia
superato e i requisiti siano venuti meno: «La Regione aveva inoltrato questa
richiesta durante la trattativa per l'Electrolux. Ora è superata dagli accordi».
(g.t.)
Fi interroga sui giacimenti sottomarini «L’Italia
condivide i rischi e non i benefici»
«La Croazia sta per iniziare lo sfruttamento delle proprie
riserve naturali di gas e petrolio in Adriatico e l’Italia, che condivide il
confine marino, che fa? L’impressione è che stia a guardare, rinunciando a
perseguire quegli obiettivi di approvvigionamento energetico indispensabili per
ridurre la nostra dipendenza dall’estero e diminuire i costi per le imprese». È
il quesito dell’interrogazione dalla deputata di Forza Italia Sandra Savino al
Ministro allo Sviluppo Economico, alla luce della gara indetta dal governo di
Zagabria per le concessioni esplorative dell’area in cui sono presenti nel
sottosuolo marino gas e petrolio. «Una quarantina di major petrolifere - spiega
Savino - si sono dimostrate interessate a trivellare per stimare l’entità dei
giacimenti croati e se consideriamo che questi sono vicini alla linea di confine
rischieremo di ricadere nel solito paradosso, già vissuto con la centrale
nucleare slovena di Krsko: ovvero quello di condividere i rischi rinunciando ai
benefici».
IL PICCOLO - MARTEDI',
10 giugno 2014
SEGNALAZIONI - VAL ROSANDRA - Progettiamo insieme il
ripristino
Il 23 maggio di due anni fa, promuovendo un incontro tra
amministrazione e naturalisti in Comune a San Dorligo / Dolina, a due mesi dal
più che discusso intervento di deforestazione realizzato, si era pensato di
giungere a un Piano concordato di recupero dell’area protetta in Glinšcica/Val
Rosandra, sul quale era stato raggiunto un accordo verbale e rinviato poi per
sopraggiunte difficoltà e resistenze, legate al processo in tribunale tuttora in
corso sulla vicenda. La necessità di partire col monitoraggio del sito e la
protezione delle piante pregiate da quelle invasive, era già allora impellente
come gli scienziati coinvolti nel tentativo ricorderanno. Si proponeva allora di
pianificare fra soggetti a vario titolo coinvolti - dopo una dichiarata parziale
disponibilità del sindaco - un Piano di ripristino da attuare nell’interesse di
tutti; le cui linee essenziali si basavano sul percorso in cinque punti proposto
in Comune dai professori Poldini e Nimis: monitoraggio, prevenzione,
coltivazione, progetti formativi, e inserimento nei progetti Interreg esistenti.
Si ipotizzava inoltre quale primo atto, un intervento necessario di pulizia del
sito da ailanto e robinie, col coinvolgimento degli abitanti dei villaggi
interessati e delle persone mobilitatesi a difesa della Valle. Non risulta
essere attivo alcun dispositivo di sequestro o interdizione; sarebbe quindi
possibile intervenire naturalisticamente per la conservazione del Sito protetto
d’importanza comunitaria. A due anni di distanza ed in vista del termine della
procedura processuale, invitiamo i soggetti interessati a incontrarsi in una
pacata assemblea di discussione nel merito di quanto esposto, e proponiamo quale
sede per l’incontro la Casa del Giovane di San Sabba - gentilmente concessa
dalla parrocchia di Valmaura - che si trova a metà strada fra Boljunec/Bagnoli e
il centro cittadino. La proposta è ugualmente indirizzata alla popolazione di
San Dorligo della Valle/Dolina ed ai cittadini mobilitatisi in difesa di Val
Rosandra/Glinšcica; agli scienziati naturalisti Poldini, Dolce, Nimis, Bressi,
Colla e Gasparo; all’Amministrazione uscente di Dolina e ai rappresentanti delle
Comunelle di Boljunec; al Comitato per la salvaguardia della Val Rosandra ed
alle associazioni ambientaliste; ai candidati alle elezioni amministrative ed
europee ed agli operatori dell’informazione, sulla base di un ordine del giorno
semplicissimo: pulizia e monitoraggio del sito, e proposte per un Piano di
ripristino. Con l’invito a collaborare per una gestione solidale dell’incontro.
Alessandro Capuzzo ex consigliere comunale a Dolina
Tiziana Cimolino Comitato per l’acqua bene comune di
Trieste
Lucia Sirocco presidente di Legambiente Trieste
SEGNALAZIONI - Rigassificatore - Chi guadagna e chi
paga
C’è una notiziuola che potrebbe interessare quelli che si
sono occupati del problema del rigassificatore nel golfo di Trieste. Chi ha
avuto la pazienza di ascoltare una delle ultime puntate della trasmissione
televisiva Report ha potuto sentire che un piano energetico nazionale prevedeva
la costruzione di ben tredici rigassificatori. Chissà perché poi tredici? Magari
è stato scelto perché è un bel numero. Bene; di questi tredici ne sono stati
costruiti finora solo due. Uno funziona a ritmo ridotto e l’altro non funziona
affatto. Non arrivano le navi con il gas e questo è quasi rassicurante dal punto
di vista ambientale, però son soldi buttati. Qualcuno potrebbe fare anche una
piccola riflessione sugli esperti che redigono certi piani... La beffa è che lo
Stato per stimolare la costruzione di questi rigassificatori da parte dei
privati aveva una certa idea. La cosa di solito funziona così: il privato tira
fuori i soldi, costruisce e poi ha una concessione di dieci o più anni. I canoni
di concessione ed i noli riscossi lo ripagano, o dovrebbero, dei costi di
costruzione e gestione: credo si chiami project financing (spesso si usa
l’inglese quando si vogliono confondere le idee). Naturalmente esiste il rischio
di non riuscire a recuperare quanto speso. La brillante idea si chiamava fattore
di garanzia. L’impresa costruttrice teme di non avere un volume di traffico
sufficiente e quindi un sottoutilizzo dell’impianto? Niente paura lo Stato si
assume questo rischio e risarcisce l’impresa per tutto il periodo di
sottoutilizzo. L’impresa è tranquilla: se va bene guadagna, se va male non
perde. Tranquilli non siamo noi che magari potremo trovarci a dover pagare con
le tasse un impianto che non serve per un tempo indeterminato.
Ermanno Predonzan
Branchi di lupi fanno strage di cavalli
Più di trenta puledri sbranati alle pendici del Velebit. L’allevatore:
«Mandria distrutta». E gli abitanti chiedono più tutele
I contadini impotenti Non possiamo dare la caccia a una specie protetta perché
altrimenti ci becchiamo una multa di 5mila euro
ZARA Branchi di lupi – specie rigorosamente protetta in Croazia – stanno
terrorizzando la popolazione dell’entroterra dalmata, seminando la morte tra gli
animali domestici. Più di trenta i cavalli già sbranati. Secondo gli esperti, i
lupi si stanno riproducendo in modo incontrollato e il loro incredibile appetito
li sta portando a cercare nuove zone di caccia, spesso e volentieri a stretto
contatto con l’uomo. L’ultima vittima di questi formidabili animali è stato un
esemplare adulto di cavallo, attaccato e sbranato nei pressi della località di
Libinj, sulle pendici del Velebit (Alpi Bebie in italiano) e a nordovest della
regione di Zara. Il cavallo, pesante circa 250 chili, stava pascolando venerdì
mattina nelle vicinanze dell’abitato, quando alcuni lupi – almeno dieci – lo
hanno ridotto a brandelli, mangiando più della metà del corpo. Il proprietario
del cavallo, l’allevatore Petar Kneževi„, si è lamentato con i giornalisti per
il danno subito: «All’inizio dell’anno avevo una mandria composta da una
quarantina di capi. In questi mesi i lupi si sono sbizzarriti senza incontrare
problemi, distruggendo la gran parte del branco. Mi sono rimasti solo sette
puledri. Denunciare lo Stato croato? Non ho i soldi per farlo, né voglio
mischiarmi in faccende del genere. Purtroppo l’iter per ottenere il risarcimento
è lungo e complicato, per un cavallo adulto si possono ricevere un massimo di
200 euro, attendendo in media 3 anni per il pagamento». A detta di Kneževi„,
uccidere un cavallo di simili dimensioni non è per nulla facile. Se poi si
considera che in un’ora e mezzo i lupi sono riusciti a mangiarne un’ottantina di
chili, ne deriva che l’attacco è stato portato a termine da almeno dieci
esemplari. Kneževi„ ha parlato di attacchi continui, che hanno riguardato anche
bovini e ovini, costringendo addirittura gli orsi a cedere il passo ai lupi,
trasferendosi più a valle: «Non possiamo abbattere i lupi perché ciò
comporterebbe la pena pecuniari di 5 mila e 270 euro per ogni esemplare. Le
autorità dovrebbero procedere con l’eliminazione di una quota prestabilita, per
riportare un po’ di equilibrio. Altrimenti, e dopo 50 anni che il sottoscritto e
i miei vivono sul Velebit, saremo costretti ad andarcene da questi monti,
sconfitti dai lupi». Diverse decine di chilometri a sudest, i lupi si sono
cibati di un segugio della Posavina, ucciso nel villaggio di Zagvozd, sulle
alture del Biokovo (regione di Spalato). Il cane faceva la guardia
all’abitazione del suo proprietario, Ivica Mišura. «Ho udito il mio cane
abbaiare nel corso della notte, ma non pensavo neanche lentamente immaginare
l’accaduto. Solo la mattina dopo ho visto i poveri resti».
Andrea Marsanich
Rovigno decide di dichiarare guerra ai gabbiani
ROVIGNO Da fonte d'ispirazione di pittori e poeti ( ha fatto storia “El
cucal Fileipo” di Eligio Zanini) a problema in costante crescita tanto da
diventare un ingombro e un pericolo pubblico. Stiamo parlando del gabbiano reale
(Larus cachinnans), di cui si assiste a un sovrapopolamento della specie grazie
alla sua capacità riproduttiva e al crescente fenomeno dell'urbanizzazione
favorita dalla massiccia presenza di rifiuti alimentari e delle discariche dove
gli uccelli trovano cibo in abbondanza. E succede non di rado vedere i gabbiani
che rubano il cibo direttamente dai tavoli delle terrazze e ristoranti
all'aperto. I sanitari richiamano inoltre l'attenzione sulla possibilità che
tali uccelli possano trasmettere all'uomo varie malattie tenuto conto dei luoghi
che frequentano. Per tutti questi motivi Rovigno ha deciso di correre ai ripari
aderendo al progetto di monitoraggio e di controllo del popolamento varato tre
anni fa dalla Stazione veterinaria di Parenzo che in poco tempo è riuscita
ridurre del 40 % il numero dei gabbiani. Non si parla di sterminio dei volatili
per carità, ma di una specie di controllo delle nascite con uno stratagemma per
così dire indolore. Ne hanno parlato in conferenza stampa ai giornalisti il capo
della Stazione veterinaria Branko Juri„ e Albert Marinculic, docente alla
Facoltà di veterinaria di Zagabria. Da un sopralluogo aereo del territorio
rovignese hanno spiegato, abbiamo individuato 400 nidi di gabbiano dove verranno
posizionate 250 uova false di plastica. Mamma gabbiano, hanno aggiunto,
continuerà a covare e solo dopo alcuni anni si accorgerà della fregatura per cui
deciderà di spostarsi in altri luoghi. L'amministrazione cittadina partecipa al
progetto con 5.000 euro, ma vi hanno aderito anche le grande aziende turistiche
visto che i gabbiani troppo numerosi sono un problema che le riguarda da vicino.
E anche la cittadinanza viene chiamata a contribuire.
(p.r.)
IL PICCOLO - LUNEDI',
9 giugno 2014
Avanzata la candidatura per il geoparco del Carso
TRIESTE Il Geoparco del Carso sostenuto dalla Provincia di Trieste
nell’ambito del programma transfrontaliero Carso-Kras (Programmazione per la
Cooperazione Transfrontaliera Italia – Slovenia 2007-2013) è stato al centro,
nei giorni scorsi, del sesto workshop dei Geoparchi italiani svoltosi a
Castelnuovo di Garfagnana (Lucca). L’obiettivo dell’iniziativa riguarda la
promozione e l’integrazione territoriale dell’area del Carso come uno dei
territori transfrontalieri più importanti fra Slovenia e Italia e lo sviluppo di
una serie di strategie comuni che consentano la gestione sostenibile del
territorio. La Provincia di Trieste è tra gli enti firmatari della
“Dichiarazione per il sostegno e l’adesione alla carta di prosecuzione del
partenariato transfrontaliero di sviluppo del Carso 2014-2020” con l’obiettivo
prioritario di conservare l’identità del Carso ed incentivare la coesione
sociale e lo sviluppo economico. La valorizzazione e il riconoscimento ufficiale
delle peculiarità geo-ambientali ed antropiche del territorio carsico, tramite
la costituzione di un geoparco, rappresentano alcune delle modalità per
raggiungere tali finalità. In considerazione di ciò la giunta provinciale ha
avviato la procedura di candidatura a geoparco del Carso.
Latterie Friulane, riparte il centro di raccolta
Decisivo l’accordo con l’associazione regionale degli allevatori che
controllerà le aflatossine
UDINE Le Latterie friulane ripartono dai controlli del latte e la Regione
revoca la sospensione dell’attività del centro di raccolta. A convincere il
direttore centrale della Salute, Adriano Marcolongo, a firmare il decreto è
stata la sottoscrizione della convenzione con l’Associazione allevatori del
Friuli Venezia Giulia, attraverso la quale l’azienda di Campoformido ha
esternalizzato i controlli sulla presenza delle aflatossine nel latte. Resta
ancora bloccata invece l’attività di manipolazione del prodotto. Questo è il
primo punto segnato sabato sera dal legale, Gianni Ortis, incaricato dalle
Latterie friulane di seguire gli aspetti amministrativi della bufera scoppiata
sul Consorzio cooperative friulane per le partite di latte contaminato da
sostanze ritenute altamente tossiche come le aflatossine. Da qui le otto
perquisizioni che sono state effettuate dai carabinieri del Nas, i 13 indagati e
gli arresti domiciliari del responsabile dell’approvvigionamento, Rino Della
Bianca, e la sospensione del riconoscimento Ce per la raccolta e la
trasformazione del latte. Una bufera che rischia di provocare ricadute pesanti
anche sul progetto di fusione con Granarolo che, nelle ultime ore, ha preso
tempo per chiarire tutti gli aspetti della vicenda. Quella intrapresa dalla
difesa è una sorta di corsa contro il tempo e l’esternalizzazione dei controlli
sulle aflatossine è solo il primo passo per, spiega l’avvocato Ortis, «ottenere
tutte le garanzie necessarie alla ripresa dell’attività». Da sabato sera quindi
a controllare, nel proprio laboratorio di Codroipo, i livelli delle aflatossine
nel latte raccolto dalle Latterie friulane sono i tecnici dell’Associazione
allevatori del Friuli Venezia Giulia. I primi campionamenti sono risultati
regolari. «L’azienda ha esternalizzato tutti i controlli a soggetti terzi,
scientificamente testati, non perché prima i controlli non funzionassero, bensì
per fornire garanzie di salute immediate ai consumatori, ai soci e ai
produttori» insiste l’avvocato Ortis convinto che «solo l’assoluta trasparenza
su questi dati può garantire la fiducia». Alla firma della convenzione è seguito
il sopralluogo del veterinario dell’Azienda per i servizi sanitari Medio Friuli.
Quest’ultimo ha espresso parere favorevole alla revoca condizionandolo, però, al
nuovo contratto con il laboratorio accreditato per le analisi in autocontrollo e
alla ricerca di aflatossine M1 su tutto il latte di massa in entrata. Anche alla
luce di questo parere la Regione ha revocato la sospensione dell’attività del
centro di raccolta. A questo punto, l’azienda punta alla ripresa dell’attività:
«Sarà il lavoro dei prossimi giorni - assicura il legale - partiremo da questo
grosso problema per rimuovere ogni dubbio e riprendere l’attività di
manipolazione del latte».
Giacomina Pellizzari
La Bulgaria blocca “South Stream”
Sofia interrompe i lavori di costruzione dopo le critiche occidentali.
Ue, Kiev e Mosca cercano l’intesa sulle forniture di gas
Nuovi scontri a Sloviansk Poroshenko vuole far cessare i combattimenti entro
questa settimana - I filorussi attaccano l’aeroporto di Lugansk
ROMA Nella partita a scacchi per le forniture di gas dalla Russia c’è una
nuovavariabile impazzita. Bisognerà vedere infatti quale sarà l'impatto del
nuovo blocco di South Stream: «Ho ordinato di fermare i lavori. Decideremo sul
da farsi in funzione dei colloqui che avremo con Bruxelles», ha riferito
Orecharski dopo le critiche arrivate da Ue e Usa. «Abbiamo ricevuto una
richiesta dall'Unione Europea, dopo la quale ho dato ordine di sospendere i
lavori», ha aggiunto, spiegando che lo stop è legato alla procedura d'infrazione
avviata dall'Ue proprio su South Stream per la presunta violazione delle regole
sugli appalti. Oresharski ha assicurato che il South Stream verrà sbloccato dopo
aver ottenuto il via libera dall'Ue. La Russia fa sapere di non aver ancora
ricevuto alcuna notifica ufficiale sullo stop ai lavori, ma la sua posizione sul
gasdotto - che vede impegnate la Gazprom, l'Eni ed altre due società energetiche
europee, una francese e una tedesca - è nota: Putin auspica che la Commissione
Ue assuma «una posizione attiva» su South Stream - un progetto pensato per
portare il metano russo dalla Russia all'Europa bypassando l'Ucraina - alla luce
delle recenti minacce dei radicali ucraini di bloccare il transito del gas. Non
si placano, intanto, le tensioni e le violenze nell'est dell'Ucraina, ma il
neopresidente Petro Poroshenko non ha dubbi: i combattimenti devono finire entro
la settimana. Si apre così una settimana cruciale per il conflitto che vede le
forze di Kiev contrapposte ai ribelli filorussi, ma anche per una possibile
soluzione alla questione del gas: un passo avanti su questo fronte potrebbe
arrivare già oggi, nel corso di un incontro a tre a Bruxelles. Nonostante i
buoni propositi di Poroshenko, la situazione sul terreno nell'Est dell'Ucraina
rimane però tesa. Ieri sono ripresi i bombardamenti sul centro e sulle periferie
di Sloviansk, la città a nord di Donetsk assediata dalle forze ucraine, con
civili uccisi e feriti. Sempre a Sloviansk, secondo i ribelli citati da Russia
Today, una chiesa è stata colpita dall'artiglieria ucraina, mentre durante la
notte e stamani i filorussi hanno attaccato l'aeroporto di Lugansk, tentando di
distruggere l'edificio che assicura il rifornimento elettrico. «Dobbiamo mettere
fine ai combattimenti questa settimana», ha detto Poroshenko, secondo un
comunicato diffuso dalla presidenza ucraina al termine di colloqui con
l'ambasciatore russo in Ucraina, Mikhail Zourabov, l'ambasciatore ucraino in
Germania, Pavlo Klimkine, e un rappresentante dell'Osce, Heidi Tagliavini. In
attesa di vedere gli sviluppi nel Paese, i riflettori sono puntati su Bruxelles,
dove si terrà un incontro tra Ucraina, Russia e Unione europea per cercare di
trovare un accordo su prezzi e arretrati dovuti da Kiev a Mosca.
All'appuntamento si parlerà anche di South Stream, ma al centro dei colloqui ci
saranno le forniture di gas russo a Kiev. Le recenti dichiarazioni di Valdimir
Putin fanno ben sperare. L'obiettivo è di arrivare a un «accordo complessivo che
assicuri le forniture di gas russo all'Ucraina sino a giugno 2015», e su questo
c'è una «intesa di principio tra le parti», aveva sintetizzato all'inizio di
questo mese il commissario Ue all'Energia Guenther Oettinger. Putin è andato
oltre: «Non ho parlato di prezzi del gas con Poroshenko, ma so che Gazprom e il
suo partner ucraino sono vicini a un accordo definitivo».
IL PICCOLO - DOMENICA,
8 giugno 2014
Allerta in mezza Italia per il latte friulano tossico
La “caccia” ai prodotti adulterati si allarga a Veneto,
Lombardia e Toscana - Il responsabile dell’approvvigionamento Della Bianca,
interrogato, non risponde
UDINE Scatta l’allerta in Toscana, Veneto e Lombardia per il latte
contaminato immesso sul mercato dalle Latterie friulane, mentre il responsabile
dell’approvvigionamento del latte del consorzio Rino Della Bianca, agli arresti
domiciliari, nell’interrogatorio di garanzia, si avvale della facoltà di non
rispondere. Ma le intercettazioni dei carabinieri del Nas sono chiare. La
telefonata «Siamo male con le aflatossine lì» dice Della Bianca a un allevatore
l’11 febbraio scorso nel corso di una telefonata intercettata. «Un’altra volta?»
risponde l’interlocutore facendo intendere che non è la prima volta che si trova
alle prese con il problema della contaminazione del latte. «Sì» conferma Della
Bianca e chiede: «Cosa stai usando? Bisogna cambiare (l’alimentazione delle
mucche, ndr) perchè tu sei malissimo». E, dieci giorni dopo, la situazione è
ancora peggiore. Il 21 febbraio Della Bianca: «Siamo sempre male lì, ma stai
dando cotone, qualcosa?». «Stiamo dando solo fieno, che fa bene» ribatte
l’altro. Finalmente, il 25 i valori sono nella norma e Della Bianca dice
all’allevatore: «A posto, a posto». Insomma, la volontà di risolvere il problema
è evidente, il latte è la fonte di guadagno e sostentamento per tutti. Il
problema è il metodo. Le analisi di laboratorio da cui emergevano valori di
aflatossine M1 superiori ai limiti consentiti avrebbero dovuto essere comunicati
all’Azienda sanitaria, in modo da rendere possibili i controlli. E ciò non è mai
avvenuto, salvo una volta, a seguito di un blitz dei carabinieri. Le aziende con
valori anomali avrebbero dovuto sospendere i conferimenti solo per il tempo
necessario per eliminare la criticità. E nemmeno questo è accaduto. Sono stati i
Nas a bloccare la raccolta in tre aziende. Le intercettazioni Si assomigliano un
po’ tutte le conversazioni che Della Bianca (da venerdì agli arresti domiciliari
su disposizione del Gip Emanuele Lazzàro per l’ipotesi di reato di adulterazione
on contraffazione di sostanze alimentari) ha avuto con diversi allevatori
friulani che, a loro volta, sono rimasti coinvolti nell’inchiesta su partite di
latte non conforme che, secondo gli inquirenti, sono state in parte
commercializzate. L’indagine, coordinata dal pm Marco Panzeri, ha indotto la
Regione a sospendere l’attività del Consorzio di Campoformido. In tutto gli
indagati sono 14: i vertici di Latterie e i vari responsabili della gestione del
latte, alcuni addetti al laboratorio, allevatori e un autotrasportatore. A tutti
viene contestato l’articolo 440 del codice penale, adulterazione o
contraffazione di sostanze alimentari. Il Gip «Gli accertamenti documentali e le
conversazioni intercettate attestano che all’interno del consorzio – scrive il
Gip Lazzàro nell’ordinanza –, sotto la regia del Della Bianca, venivano
sistematicamente elusi i risultati delle analisi interne; il latte in entrata
che risultava contaminato non veniva segregato per essere smaltito, ma veniva
miscelato con quello sano per essere commercializzato; in alcuni casi, la
miscelazione avveniva a monte, all’atto della raccolta presso la singola azienda
agricola, suddividendo il quantitativo nelle diverse vasche dell’autocisterna,
in modo da mescolarlo con quello sano; in violazione della normativa, veniva
sistematicamente omessa la comunicazione all’autorità sanitaria dei casi di
positività impedendo l’adozione dei conseguenti controlli». Sempre scorrendo il
provvedimento del giudice, si scopre che «a fronte delle non conformità
riscontrate per superamento dei valori di aflatossine, le partite di latte
contaminato non erano smaltite nei termini di legge, ma mescolate nei silos
unitamente a quello sano, pregiudicando così l’intera massa». E la miscelazione,
«almeno in un caso accertato, ha determinato l’immissione in commercio di una
partita di latte contenente aflatossine in misura notevolmente superiore al
limite di legge. Di tale partita, solo il latte consegnato alla Soligo era stato
restituito, mentre il latte prelevato lo stesso giorno dal medesimo silos e
confezionato sotto altri marchi non è mai stato ritirato dal mercato».
L’interrogatorio Ieri Della Bianca, 60 anni di Tricesimo, in occasione
dell’interrogatorio di garanzia si è avvalso della facoltà di non rispondere, in
attesa che i suoi legali, Federica Tosel e Francesco Luigi Rossi, studino gli
atti contenuti in nove faldoni di indagine, di cui hanno potuto prendere visione
solo ieri per la prima volta. In vista di un probabile ricorso al Riesame, gli
avvocati hanno chiesto al giudice di autorizzare Della Bianca a conferire con
l’avvocato Gianni Ortis incaricato dal consorzio di curare la questione
amministrativa per riprendere l’attività produttiva. La difesa «Dobbiamo ancora
esaminare tutte le carte – sottolinea l’avvocato Tosel –, tuttavia, stando alle
intercettazioni che abbiamo letto, Della Bianca consigliava gli allevatori in
merito ai mangimi, ma non ha mai ordinato di miscelare il latte, nè ha mai usato
quantitativi con aflatossine oltre le soglie di legge per le produzioni.
Comunque, tanti aspetti rimangono da chiarire: dalla determinazione dei valori
in laboratorio ai fatti che hanno portato allo sforamento evidenziato alla
Soligo. Una circostanza talmente eccezionale e strana che all’epoca ci fu
addirittura chi pensò a un sabotaggio. Sarà il bioingegnere Paolo Bartolomeo
Pascolo a chiarire, in un’apposita relazione richiesta dalla difesa, come si
svolgevano i vari procedimenti di gestione del latte». L’allerta sanitario Ieri,
intanto, l’Azienda sanitaria del Medio Friuli ha allertato le strutture di
Veneto, Lombardia e Toscana, le regioni in cui potrebbe essere stato distribuito
il latte tossico. Obiettivo della segnalazione è quella di risalire attraverso
il sistema di tracciabilità ai prodotti eventualmente immessi sul mercato. La
Regione «Quando abbiamo saputo delle indagini alle Latterie friulane, a me e al
vicepresidente Sergio Bolzonello ci veniva da piangere, perché abbiamo faticato
tanto a trovare una soluzione per questa azienda» ha detto la governatrice
Serracchiani ricordando le difficoltà del consorzio di Campoformido, le
trattative e infine l’accordo con Granarolo. Subito dopo, stigmatizzato il
comportamento di «alcuni delinquenti che pensano che si possa trarre profitto
anche mettendo a rischio la salute dei cittadini», ha aggiunto: «Abbiamo
convinto una grandissima azienda a farsi carico di una realtà locale. Ora mi
auguro che il presidente di Granarolo capisca quanto importante sia aiutarci,
tanto più adesso, a risollevare le sorti di questo marchio».
Anna Rosso
Miramare, nessun divieto nella riserva Mab Unesco
Spoto: «Un’opportunità unica per promuovere i prodotti e il turismo
sostenibile» - L’area va dalla Costa dei Barbari a Barcola, si punta a includere
Porto Vecchio
Terra e mare. La Riserva marina di Miramare è stata la prima area marina
protetta d’Italia (30 ettari, gestita dal Wwf) e ora diventa il cuore della
“Riserva Mab (Man an Biosphere)” tutelata dall’Unesco, che diventa dieci volte
più grande (da 300 a tremila ettari). Va dall’inizio della Costa dei Barbari
fino a Barcola passando per Santa Croce. In termini di divieti non cambia nulla.
«Si potrà continuare a fare il bagno, a coltivare mitili. L’area marina protetta
resta quella di prima. Per la zona attorno, che comprende anche il parco di
Miramare e la Costiera Triestina, c’è ora un’opportunità in più per lo sviluppo
della zona», rassicura il biologo Maurizio Spoto, direttore della Riserva marina
gestita dal Wwf Italia da poco meno di trent’anni. Anche l’area Mab, che
comprende da sempre anche il parco di Miramare, è tutelata dall’Unesco dal 1979.
«Bisognava scegliere se ampliarla o rischiare che fosse soppressa vista la sua
scarsa estensione. Mab significa “Man and Biosphere”: una certificazione che
sigla l’armoniosa convivenza tra uomo e biodiversità. Nell’area si promuove
un’economia ecosostenibile che va dalla mitilicoltura alla coltivazione dei
pastini. Non si tratta di una riserva protetta, ma di un’area tutelata che vanta
un pregio storico e naturalistico». Il riconoscimento arriva dopo un lungo
percorso. La Riserva marina di Miramare partecipa al programma Mab dell’Unesco
dai primi anni Ottanta. Nel 2011, in accordo con il comitato nazionale Mab, è
stato proposto un ampliamento che dai 300 ettari iniziali porta a quasi 3.000
ettari, includendo un’ampia zona di transizione marina e terrestre lungo la
Costiera Triestina. Questa fascia è costituita sia dall’altipiano carsico sia
dal tratto di mare. In futuro potrebbe persino includere il Punto Franco Nord
(ovvero il Porto Vecchio di Trieste) a dimostrazione che la riserva Mab non ha
un’impronta esclusivamente naturalistica. «Abbiamo già avviato dei contatti con
l’Autorità portuale per includere il Porto vecchio e ampliare l’area verso la
città», aggiunge Spoto. La riserva Mab dell’Unesco è come un bollino di qualità
attorno al quale costruire dei progetti di marketing territoriale e mettersi a
caccia dei finanziamenti europei e mondiali. «A differenza dei siti dell’Unesco
(vedi Dolomiti o Pompei, ndr), tutelati a livello mondiale perché rimangano
incontaminati, le riserve Mab propongono proprio che la conservazione e lo
sviluppo umano si incontrino in modelli sostenibili». L’originalità della
riserva Mab di Miramare è quella di avere proposto sia mare che terra. Un
unicum. «Potremmo lanciare i mitili e il prosecco (glera) della Mab di Miramare
anche se l’abbinamento a tavola non è dei migliori», aggiunge il direttore della
Riserva Marina. Il vero lavoro sulla Mab di Miramare inizia ora. Soprattutto per
quanto riguarda i finanziamenti. «La nostra idea è stata certificata
dall’Unesco, ma adesso va sviluppata con i vari enti. Abbiamo avuto il via
libera dalla Regione, dalla Provincia e dai Comuni di Duino Aurisina e Trieste.
Con quest’ultimo è possibile sviluppare un turismo naturalistico legato al
territorio carsico, che è la cintura verde di Trieste e va rivalorizzata a
partire dal piano regolatore» spiega Spoto. «La riserva Mab - conclude il
direttore della Riserva marina - non è un’area dove non si possono fare delle
cose, ma può diventare un incubatore di progetti sostenibili e un luogo di
incontro tra i vari enti spesso scollegati nelle iniziative».
Fabio Dorigo
Tra un anno lo sfratto del Wwf dal Castelletto
«Abbiamo la spada di Damocle dello sfratto dal Castelletto
al 30 giugno del 2015». Maurizio Spoto, direttore della Riserva marina di
Miramare del Wwf, ricorda l’urgenza del problema “abitativo”. Non è stato fatto
alcun passo avanti. E il riconoscimento dell’Unesco, che in teoria dovrebbe
facilitare una soluzione, non basta. La Soprintendenza vuole liberare il
castelletto per inserirlo nel circuito museale di Miramare. Il Wwf vi risiede
dal 2001 dopo aver provveduto al suo restauro con 2 miliardi e mezzo di vecchie
lire messe a disposizione del ministero dell’Ambiente. «C’è un tavolo tecnico
che si è costituito e che molto lentamente sta tentando di risolvere il
problema» fa sapere Spoto. «La soluzione di villa Radonetz ha un costo che deve
essere coperto» aggiunge il direttore. E soprattutto necessita di restauri da
eseguire entro un anno.
Nasce l’Aula verde per conoscere la natura
Gli alunni impegnati nella costruzione di un orto urbano e la
sistemazione di aree verdi
MUGGIA Uno spazio polifunzionale che potrà fungere non solo da biblioteca,
ma anche da laboratorio ambientale, attraverso cui avvicinare i bambini
all’orticoltura, all’apicoltura, alla conoscenza dei prodotti agricoli nostrani.
Nasce con queste nobili premesse l'Aula verde, la nuova location inaugurata
ufficialmente a Muggia all'interno della scuola con lingua d'insegnamento
slovena “Albin Bubnic”. L'evento rientra nel “Progetto TreCCCi: Coltivare,
Crescere, Condividere”, progetto del bando Galcarso per lo sviluppo di
iniziative relative alle attività ricreative e culturali e/o di eventi connessi
all’interno del Programma di sviluppo rurale 2007-2013 che può vantare un folto
numero di partner quali BioEst, A.P.S. LaCorte, Viaggiare Slow, Circolo
Verdeazzurro Legambiente Trieste, Circolo Istria, Diportisti Muggia, Società
Nautica Laguna e Banda Musicale San Giuseppe. L'opera ha avuto un costo pari a
63mila 100, ripartiti tra i 43 mila 362 del Gal e i restanti 19mila 737 euro
messi a disposizione dalla Fondazione CRTrieste. Coinvolti, quindi, oltre al
Comune di Muggia, anche realtà del Comune di Trieste, di Duino Aurisina e di San
Dorligo in un progetto che annovera tra gli obiettivi quello di offrire ai
residenti - in particolare ai giovani - strumenti ed occasioni di crescita
culturale ed, allo stesso tempo, ai visitatori e turisti servizi culturali,
diffondendo tra la popolazione la conoscenza del proprio territorio e
consolidando il proprio senso di appartenenza alla comunità. Al mattino i bimbi
della scuola Bubnic si sono dedicati alla sistemazione di alcune aree verdi
della città - quali le aiuole di calle Bachiocco e quelle al museo Carà - anche
attraverso la piantumazione di fiori e piantine. Nel primo pomeriggio si è
svolta l’inaugurazione dell’Aula verde, per la quale la Fondazione CRTrieste ha
offerto al Comune di Muggia, il proprio sostegno. Nello specifico TreCCCi ha
visto la costruzione e l’allestimento di un’aula verde e di un orto urbano
intesi come un edificio dinamico dimostrativo non solo verso il risparmio
energetico e il riutilizzo delle risorse, ma anche come punto di incontro e
condivisione diretta con i coltivatori del territorio per affacciarsi alla
conoscenza delle tecniche e dei metodi di coltivazione propri della tradizione.
Un luogo che ha visto coinvolti i residenti ed in primis i bimbi ed i genitori
della scuola Bubnic - che ospita l’aula verde - ed i giovani della vicina scuola
secondaria, del ricreatorio e delle associazioni giovanili del territorio. (ri.
to.)
Il piano regolatore dei sogni e le criticità di ogni
giorno - LA LETTERA DEL GIORNO di Antonio Farinelli
Si è tenuta una assemblea pubblica nella parrocchia di
Gretta, organizzata dall’Assessorato alla pianificazione urbana e tesa ad
esporre il nuovo piano regolatore. Molti dei presenti si era convinti di una
esposizione di approfondimento dei problemi della terza circoscrizione, vale a
dire, Gretta, Barcola, Monte Radio e Cologna Scorcola. Ci si aspettava la
presenza di tecnici e assessori. Cosi non è stato. L’assessore Marchigiani si è
presentata con tre personaggi da nessuno presentati, quindi sconosciuta la loro
competenza. Forte è stata la delusione di molti presenti nel sentire l’assessore
esporre, sia pure con dovizia, il nuovo piano di tutta la citta, nel mentre i
cittadini delle aree citate erano accorsi per conoscere le novità pertinenti
solo la propria zona onde avere maggior tempo per dibattere sui temi locali. Si
voleva sapere se in zona verranno costruiti altri ecomostri, come i due attuali
sulla via Bonomea, uno dei quali ancora in costruzione. Sapere se in via Bonomea
alta verrà costruito almeno un marciapiede, vista la pericolosità per i
cittadini residenti e non a muoversi a piedi in tale area. Oggi più pericolosa
del passato constatato che molti giovani frequentatori della Scuola Sissa
scendono a piedi lungo la Bonomea a gruppi, attraversando anche il ponte con
ulteriore pericolo. Ciò perché la linea 38 in certe ore della città non è in
condizione di trasportare centinaia di giovani che entrano ed escono dalla
Sissa. Si voleva sapere se l’enorme parco della Rai da tempi immemorabili
chiuso, curato ma inutilizzato, potrebbe assorbire quei quattro vecchi bidoni
esistenti ed inutilizzati che si trovano in Gretta, terreno Rai, di fronte alla
scuola, onde liberare tale area e renderla utile quale parcheggio di cui c’è un
enorme bisogno per portare e prelevare, come detto, i bambini dalla scuola. Si
sperava che forse, con l’assessore giungesse la bella novela della eliminazione
delle vecchie antenne e tralicci lasciati in zona alta dal Ministero
Telecomunicazioni. Le quali antenne e tralicci, oltre a creare enormi quantità
di fulmini nei giorni di pioggia e danni consistenti agli utensili casalinghi
degli abitanti di zona, creano pure forti interferenze alle radio, alle
trasmissioni televisive di tutti i canali, ai telefoni fissi e manco a dirlo ai
portatili. A fronte di queste speranze abbiamo dovuto assistere all’esposizione
di una infinità di tavole figurative di ogni angolo della città e commentate
dall’assessore con tale entusiasmo da fare sembrare l’esposizione “della città
delle meraviglie”. Mancava un sottofondo musicale suonato da un violino per
avere l’impressione di essere su un’altro pianeta. Ben diversa è la realtà.
Leggiamo quotidianamente le sofferenze della città e nella città. Si chiudono
gli asili, le scuole, le gallerie, non si fanno riparazioni in molte strade
eccetera per mancanza di mezzi economici. O meglio, ci sono ma non si possono
spendere. A fronte di quest’ultima dura realtà c’è un pezzo delle istituzioni
che va in giro ad esporre, mediante il computer la futura città delle
meraviglie. Per questo ed altro il 60% dei cittadini non vanno a votare.
RIFIUTI «Differenziata, costi da verificare»
«Dubbi sull’efficacia della separazione differenziata
dell’umido»: FareAmbiente, col coordinatore locale Giorgio Cecco, esprime
«preoccupazione di un aumento dei costi per i cittadini. Il trasporto fuori
provincia del rifiuto non darà benefici alle casse del Comune, il
termovalorizzatore continuerà a trattare rifiuti da altre zone».
Bioest, spettacoli in piazza
Prosegue fino a stasera alle 22 Bioest, annuale fiera dei prodotti naturali,
delle associazioni ambientaliste, culturali e del volontariato. In piazza 130
piccoli produttori da Italia, Austria, Slovenia e Croazia che divulgheranno la
cultura del biologico e oltre 50 associazioni impegnate in vari ambiti del
volontariato. A rallegrare la cerimonia, l'esibizione dell'accademia
folcloristica France Marolt di Lubiana. Il programma di oggi prevede in piazza
S. Antonio alle 11 spettacolo itinerante di giocoleria, alle 12 percussioni
tradizionali africane, conferenze sul tema “Cosa ci racconta la frutta del
mercato Equo e Solidale” (ore 16), su “Biodiversità e Ogm” (alle 17) e
“Biodiversità e Sostenibilità” (ore 19). Sarà presentato (ore 17.30) il Mondo
Doula dedicato alla figura professionale che si occupa del sostegno emotivo e
del benessere della donna. Si ballerà la zumba (ore 18) e alle 21 concerto di
musica tradizionale dal mondo del gruppo etno-folk dei Benandanti. Nell'area
Benessere di via Cassa di Risparmio, ricca offerta di corsi di discipline
energetiche, trattamenti olistici e degustazione di the e tisane. In piazza
Ponterosso alle 10.30 esibizione di danze serbe, Truccabimbi&Riciclart,
laboratorio di panificazione con lievito madre a cura di Giuseppe Siena (ore
11.30), di chitarra per bambini (ore 15) e danza classica (alle 16).
IL PICCOLO - SABATO,
7 giugno 2014
Riserva marina di Miramare, area decuplicata
L’Unesco ha detto sì all’ampliamento che includerà
specchi acquei e zone terrestri
La Riserva marina di Miramare sta per diventare dieci volte più grande: da
quest'anno infatti tutelerà un territorio più ampio passando da 300 a 3mila
ettari coprendo gran parte della Costiera Triestina. Lo annuncia il Wwf
ricordando che la riserva fa parte dei siti tutelati dall'Unesco. «Sulla punta a
Nord Est dell'Adriatico si trova la prima area statale marina protetta (Amp)
statale d'Italia, quella di Miramare» che il Wwf Italia gestisce da poco meno di
trent'anni e che è tutelata anche dall'Unesco in quanto «Riserva MaB», «una
certificazione - spiega l'associazione ambientalista - che sigla l'armoniosa
convivenza tra uomo e biodiversità». Questo ampliamento «è stato possibile
grazie a un lungo percorso - sottolinea il Wwf -. L'area marina protetta di
Miramare partecipa al programma MaB dell'Unesco dai primi anni '80. Nel 2011, in
accordo con il Comitato nazionale MaB è stato proposto un ampliamento che dai
300 ettari iniziali porta a quasi 3mila ettari, includendo un'ampia zona di
transizione marina e terrestre lungo la Costiera Triestina; questa fascia è
costituita sia dall'altipiano carsico calcareo che scende sul Golfo di Trieste
sia dal tratto di mare prospiciente». Lo scorso aprile l'Advisory Commitee di
MaB-Unesco ha accolto le integrazioni presentate dalle autorità italiane
confermando che la nuova proposta di Riserva Mab, che si emana dalla Amp di
Miramare, asseconda i criteri per poter ampliare i propri confini. «Il cuore
della nuova Riserva MaB è costituito dalla Area marina protetta di Miramare,
circondata da una zona buffer marina verso il largo e dal parco di Miramare
verso terra», dove si trova il castello. «All'interno della Riserva MaB si
alternano habitat terrestri e subacquei di grande varietà e pregio e si
integrano le attività umane di fruizione e di produzione creando i presupposti
migliori per un ambizioso progetto di sviluppo sostenibile e conservazione. Ne
sono un esempio - afferma il Wwf - le attività di fruizione e sensibilizzazione
che ogni anno la Amp di Miramare gestisce all'interno dei propri confini, come
il sea watching e le uscite naturalistiche, e che d'ora in poi verranno
ulteriormente implementate anche nella nuova Riserva MaB».
Alveari senza miele ma il Carso si salva dalla morìa
friulana
TREBICIANO Per gli apicoltori triestini l’inizio della stagione di raccolta
del miele per questo 2014 è tutt’altro che incoraggiante. L’inverno tiepido e la
primavera incerta non hanno favorito le piccole operaie nel loro lavoro. Per
questa ragione la produzione del miele d’acacia, il primo a essere raccolto
durante l’annata, risulterà piuttosto scarsa. L’unica consolazione per gli
apicoltori locali è che la situazione complessiva degli alveari si presenta ben
diversa rispetto a quanto sta accadendo nel vicino Friuli e in altre parti del
Paese, dove ignoti agenti di sintesi, presumibilmente, stanno provocando una
terribile moria degli insetti. Una situazione allarmate ancora da chiarire, ma
che deve essere valutata in tutta la sua portata, visto che in natura il 70/80
percento dell’impollinazione viene garantita dalle solerti e instancabili api.
La situazione dell’apicoltura triestina appare diversa, evidentemente perché sul
Carso e dintorni non si pratica l’agricoltura intensiva. «Lungo l’altopiano e
negli immediati dintorni del capoluogo – spiega il presidente del Consorzio
Apicoltori triestini Ales Pernarcic – troviamo un sovrapposizione di diversi
habitat: la macchia mediterranea, la vegetazione tipica dei Balcani, quella
suscitata dal clima continentale. Questa varietà e la particolarità del
territorio garantiscono fioriture diverse. Nella nostra provincia cresce per
esempio il ciliegio canino dal quale si ricava il singolare miele di marasca.
Quello prodotto dal nostro apicoltore Fausto Settimi, qualche anno fa, si è
guadagnato la “Goccia d’Oro”, il massimo riconoscimento nazionale per il nostro
comparto produttivo». Gli apicoltori triestini, una novantina circa (ma il
numero è variabile), operano prevalentemente part time. Sono quasi un migliaio
gli alveari in provincia; le aziende più grandi gestiscono oltre la cinquantina
di arnie, i più piccoli dalle 10 alle 20 a testa. Varia notevolmente il
quantitativo di miele prodotto per alveare. «Siamo piccoli ma capaci di offrire
dei mieli di alta qualità – sostiene Pernarcic – con i quali partecipiamo con
successo ai diversi concorsi promossi in sede nazionale, locale e nelle nazioni
contermini». «L’inizio di stagione purtroppo è tutt’altro che promettente –
interviene Fausto Settimi, convenendo con il proprio presidente e i colleghi la
magra raccolta. Per la verità – continua Settimi – è il quinto anno filato che
ci troviamo a soffrire. Il clima bizzarro è una causa che continua a
penalizzarci. L’inverno anomalo e caldo, la piovosità e i colpi di freddo di una
primavera a corrente alternata hanno compromesso la raccolta del biondo miele
d’acacia. Siamo a 4–5 kg di miele per arnia, un risultato minimo se tentiamo di
paragonarlo a una media normale attorno ai 15 kg e oltre. Ora speriamo di far
meglio con il tiglio ormai prossimo alla fioritura”. Settimi non è solo uno
degli apicoltori di punta del comparto triestino, ma è un sincero ammiratore
delle piccole operaie, tanto da fornire al riguardo dei dati strabilianti. Per
fare un kg di miele, le api devono visitare da 5 a 7–8 milioni di fiori. Un
grammo di miele rappresenta 7.500 fiori visitati.
Maurizio Lozei
Sequestrati 19mila litri di latte tossico
Blitz dei Nas alle Latterie friulane di Campoformido.
Un arresto e 13 indagati. Venduti prodotti contaminati da aflatossine
L’impianto dell’accusa Secondo gli inquirenti le partite non a norma venivano
miscelate sistematicamente con quelle “sane”
Udine Bufera sul Consorzio cooperativo latterie friulane per partite di
latte contaminate da aflatossine, sostanze ritenute altamente tossiche. Ieri
alle 6 sono scattate le perquisizioni dei carabinieri del Nas nella sede di
Campoformido, all’associazione allevatori, alla Soligo di Treviso (l’azienda che
a dicembre rispedì a Latterie friulane 3.504 confezioni di latte con valori di
aflatossine superiori alle soglie di legge) e nelle abitazioni di vari
rappresentanti del Consorzio friulano. Quattordici le persone coinvolte
nell’inchiesta: il responsabile dell’approvvigionamento del latte, Rino Della
Bianca, 59 anni, di Tricesimo, è agli arresti domiciliari su disposizione del
Gip Emanuale Lazzàro e altre 13 risultano indagate. Tra loro il direttore
generale del Consorzio, Franco Odorico di Udine, Roberto Rossi, presidente cda
del Consorzio e il triestino Roberto Gerunda di Trieste, 58 anni, responsabile
produzioni. Secondo le ipotesi degli inquirenti, il latte prodotto da allevatori
consorziati veniva miscelato con latte contaminato da aflatossine M1 in misura
superiore al limite di legge consentito (pari a 50 ppt, parti per trilione o
nanogrammi per chilo). In base alla normativa in vigore, il latte non conforme
va distrutto e non può essere commercializzato, come ha spiegato in conferenza
stampa il comandante del Nas Fvg, il capitano Antonio Pisapia. Invece, sempre
seguendo la ricostruzione dei militari che hanno cominciato a indagare a gennaio
sotto il coordinamento del pm Marco Panzeri, «il responsabile
dell’approvvigionamento, con la complicità dei propri vertici aziendali, con il
contributo del responsabile e degli addetti al laboratorio di analisi del
Consorzio, nonché con il concorso di un autista addetto al trasporto del latte e
di alcuni allevatori consorziati, è riuscito a eludere i controlli sul latte
contaminato addizionandolo ad altre partite di latte, incurante del probabile
danno alla salute dei consumatori». Ma il difensore di Della Bianca, l’avvocato
Federica Tosel che tutela anche l’ad Rossi, respinge con forza tale scenario
spiegando, al contrario, che «non è mai stata messa in commercio nemmeno una
goccia di latte con valori di aflatossine superiori ai limiti di legge. Solo in
un caso - precisa il legale - qualcosa non ha funzionato nel sistema dei
controlli, appunto nel dicembre 2013 nel caso della Soligo. Da allora le
verifiche sono state potenziate». Durante la prima fase dell’inchiesta sono
stati chiusi 2 depositi di stoccaggio del latte perchè privi dei requisiti
igienico strutturali. C’è stata, inoltre, per 3 aziende di Udine, Gorizia e
Treviso la sospensione del conferimento del latte per non idoneità ai fini
alimentari (presenza di aflatossine oltre i limiti), con la conseguente
distruzione di 60 quintali di latte. E sono state contestate sanzioni
amministrative per circa 20mila euro. Ieri l’ultimo sequestro amministrativo di
oltre 19mila litri di latte che, in parte, erano destinati all’Alta qualità.
«Sembra quasi si abbia a che fare con un sistema difficile da disarticolare - ha
osservato il comandante Pisapia -, pensavamo che l’attività dell’anno scorso
riguardante un altro consorzio avesse lanciato un segnale importante. E invece
si è continuato ad agire con pervicacia e incuranza. Solo quando noi andavamo a
fare i controlli nelle aziende in cui sapevamo esserci sforamenti, allora il
consorzio allertava l’autorità sanitaria (la segnalazione è obbligatoria),
peraltro con ritardo anche di 24 ore con i prodotti già in commercio. In un
caso, dopo la miscela tra latte non conforme e latte conforme, sono stati
comunque riscontrati valori 5 volte superiori ai limiti di legge». Attualmente
il Consorzio Latterie friulane, realtà fondata nel 1933 con oltre 250
collaboratori, capace di lavorare oltre 70 milioni di litri di latte ogni anno,
per un fatturato complessivo nel 2012 pari a 62.735.056 euro, opera normalmente.
Anna Rosso
Pordenone - Incursione anti Ogm nei campi di Vivaro
TRIESTE Nuovo blitz ambientalista nei campi del Friuli Venezia Giulia
coltivati con mais geneticamente modificato. Teatro dell’incursione, avvenuta
l’altra notte, sono stati ancora una volta i terreni a Vivaro, in provincia di
Pordenone, di proprietà dell’agricoltore pro Ogm, e vicepresidente di Futuragra,
Giorgio Fidenato. Terreni già presi di mira più volte in passato. L’altra notte
il gruppo di “invasori” ha strappato alcune piante già cresciute per poi
compiere un altro gesto più “politico”: ha infatti piantato nel campo appena
violato un cartello con la scritta «Serracchiani e Bolzonello, ora pensateci
voi». Un riferimento alla linea dura dichiarata dalla giunta contro le colture
Ogm in Friuli Venezia Giulia. E proprio Bolzonello, ieri, ha commentato il blitz
a Vivaro. «L'incursione dell’altra notte è un atto di vandalismo da condannare
con forza, perchè si tratta di violazione e danneggiamento di proprietà
privata». L’assessore all’Agricoltura ha poi ricordato che la Regione, con la
collaborazione di Corpo Forestale regionale, dello Stato e dell'Ersa, sta
concludendo analisi sui terreni interessati dal blitz. «Qualora dai controlli
arrivasse la conferma che quelle sementi sono Ogm, ci dovremo rivolgere alla
Procura della Repubblica di Udine e di Pordenone per evidenziare che quelle
semine sono state fatte contravvenendo alle normative nazionali e a quelle
regionali. E in quel caso - conclude il vicepresidente della giunta regionale -
chiederemo al proprietario di estirpare quelle piante e alla legge di fare il
suo corso». Quello della scorsa notte, come detto, è solo l’ultima di una lunga
serie di incursioni nei terreni dell’agricoltore pro biotech Fidenato. La
precedente era avvenuta a fine marzo ad opera di un gruppo di attivisti dei
centri sociali del Nordest e dell'Emilia. Le tute bianche, fotografate e subito
postate in rete dal triestino Luca Tornatore, avevano danneggiato piante di mais
per poi prendere di mira anche l’abitazione del vicepresidente di Fidenato,
tracciando delle scritte con la vernice spray. Un atto dimostrativo a cui il
proprietario del campo aveva reagito alzando notevolmente i toni. «Siamo vittima
di un'azione squadrista - aveva affermato -. Queste "camicie nere" sono "armate"
dalla giunta e dal consiglio regionale del Fvg, che continua ad emanare leggi in
contrasto col diritto europeo». Ancora una volta un richiamo alla politica di
tolleranza zero voluta da Serracchiani.
Bioest, letture di Roveredo sulla sostenibilià - Fiera
dei prodotti biologici e naturali
Presentazioni di libri, conferenze, letture (alle 17 con lo scrittore Pino
Roveredo), musica, danze e buone pratiche. Parola d'ordine, sostenibilità. Si
apre alle 10 (inaugurazione alle 10.30 con il vicesindaco Fabiana Martini) e
prosegue fino a domani dalle 9 alle 22 “Bioest”, annuale fiera dei prodotti
biologici e del naturale con 180 piccoli produttori provenienti da Italia,
Austria, Slovenia e Croazia. Tre le aree interessate dall'evento, promosso da
associazione Bioest in collaborazione col Comune: conferenze e musica in piazza
Sant’ Antonio, area benessere Spazio Energia Vitale in via Cassa di risparmio e
spazio Arci Servizio civile (ristorazione con prodotti a Km 0, bio e laboratori)
in piazza Ponterosso. Oggi in piazza Sant’ Antonio alle 15 la presentazione del
libro "Erbe e loro usi nella medicina popolare”. Alle 15.30 letture con “Le voci
dell'una e dell'altra”. Alle 16 conferenza di Ferruccio Nilia su "Legge dei Beni
Comuni ed Economia Solidale". Alle 18 Musica di altri luoghi. Si prosegue alle
19 con la conferenza “Geopatie e inquinamenti elettromagnetici - Cosa sono e
come proteggerci”. Alle 20 spettacoli di danze tradizionali greche e alle 21 di
danza e percussioni africane. Nell'area benessere, dalle 11 alle 19 corsi di
discipline energetiche, zona trattamenti olistici e degustazione di the e
tisane. In Ponterosso, alle 11 presentazione del progetto “tool-sharing":
condivisione di attrezzi e competenze e alle 11.30 del "Piccolo manuale
sull'autoproduzione casalinga". Alle 15 laboratorio di chitarra e alle 16.30 di
pittura del benessere emotivo. Alle 17.30 Truccabimbi&Riciclart. Seguirà alle
17.30 la conferenza di Ferruccio Nilia sulla Decrescita. Alle 19.30 musica.
Dalle 10.30 alle 12.30 Shiatsu e Tuina pediatrico ed esperienze e giochi con la
pittura creativa aperta a tutti in collaborazione con Aias (anche dalle 15.30
alle 19).
IL PICCOLO - VENERDI',
6 giugno 2014
Differenziata, via all’umido, obiettivo: 40% entro il
2015 -
La raccolta differenziata dei rifiuti umidi-organici
L’ultima fase del piano parte il 16 giugno, quando
saranno posizionati i primi dei 3.200 contenitori. Nelle case 130mila dépliant
con le istruzioni da seguire
La chiamano «ultima fase»: è, nella forma, l’atto finale delle
diversificazioni possibili delle immondizie. È, nella sostanza, l’ultima
spiaggia, per fare di Trieste un posto “normale” in fatto di differenziata, oggi
al 30%, contro percentuali vicine al 60% nelle città-modello dell’Emilia Romagna
in orbita Hera. A sentir parlare di “umido”, adesso che arriva la calura, ci si
potrebbe mettere paura. Mica è il caso. L’umido in questione - per il quale sta
per scattare l’inserimento “a rate” di appositi contenitori nelle isole
ecologiche già munite di cassonetti per carta, plastica e vetro - è il rifiuto
domestico che incide, sul totale delle “scovazze” di città, per un buon 30%. In
gergo tecnico si chiama Forsu, “Frazione organica del rifiuto solido urbano”:
banalizzando, gli scarti di cucina e i rifiuti di origine vegetale e animale.
Ecco: il Forsu, forse, darà una mano decisiva a Comune e AcegasAps per cambiare
le carte in tavola alla differenziata. Al 31 dicembre passato eravamo al 29,7%,
a fine 2014 l’obiettivo è arrivare al 31,6%, per poi tirare dritti l’anno dopo
verso, o anche oltre, la “soglia psicologica” del 40%. Per farcela bisogna avere
dalla parte del “cambiamento” - ed è questo il target ritenuto plausibile -
grosso modo la metà dei cittadini. L’operazione “umido” è partita ufficialmente
ieri, quando l’assessore all’Ambiente Umberto Laureni - con il direttore
generale e il capo della divisione Ambiente della multiutility, Roberto
Gasparetto e Paolo Dal Maso - ha “chiamato” una conferenza stampa in Municipio
per illustrarne contenuti e tempi. Ne è uscito - bando ai fraintendimenti - un
piano di guerra. Non è un mistero che il decollo della cultura della
differenziata non solo è una crociata di Laureni, ma altrove è già vanto
dichiarato del colosso Hera. Qui a Trieste ci vuole un cambio di passo, di
mentalità. Serve insomma che un triestino “impari” a uscire al mattino di casa
con un sacchetto di differenziata per volta (un giorno il vetro, l’altro
l’umido...) così come gli viene automatico lavarsi i denti. Pertanto, alla
stregua di quanto era avvenuto per la differenziata ingombrante a punti, la
prima cosa è informare. Da oggi, venerdì 6 giugno, inizieranno a essere
recapitate circa 130mila “buste” in cui i cittadini troveranno le varie
istruzioni per l’uso (esempio, per raccogliere bucce di banana e fondi di caffè
si possono utilizzare i sacchetti dei supermercati, tutti biodegradabili per
legge). Già perché l’inizio della “fase Forsu” è questione di giorni. Non
dappertutto, ma a scacchiera. Saranno posati alla fine 3.200 contenitori da 240
litri color antracite con il coperchio marrone: 2.700 quest’anno e gli ultimi
500 il prossimo, in centro città, là dove la sistemazione e l’adeguamento (e al
caso lo spostamento) delle isole ecologiche complete di “bottino” per l’umido
risulta più complessa. Esiste una road map precisissima, da far impressione:
racconta che, per lo meno gli abitanti di Borgo San Sergio e Poggi Paese,
avranno a disposizione i nuovi contenitori già da lunedì 16 giugno. Poi, a tappe
appunto, sarà la volta degli altri quartieri (eccezion fatta per una parte del
centro storico, a regime dal 2015). Contestualmente, spariranno un po’ ovunque,
tra luglio e inizio 2014, 800 cassonetti “isolati” da 240 a 1.100 litri per
l’indifferenziata: saranno sostituiti per pari volumi da una serie di cassonetti
più grandi, da 3.200 litri, ricompresi nelle isole ecologiche per incentivare e
stimolare la differenziata. Della serie: a qualcuno potrà capitare di dover fare
venti metri in più (o anche di meno) prima di mollare il suo sacchetto di
“scovazze”. È il prezzo della civiltà.
Piero Rauber
In AcegasAps nasce un settore specifico: venti addetti
per il servizio
L’umido differenziato fa nascere un piccolo “settore”
operativo in seno ad Acegas: venti addetti, fa sapere la multiutility, saranno
impiegati in un servizio a sé che contemplerà, fra le altre cose, tre turni
giornalieri di raccolta. Da un’isola ecologica il ritiro del rifiuto “speciale”
avverrà quindi di media tre volte a settimana con otto nuovi mezzi, e poi via
verso la “stazione” intermedia di via Querini, in zona Canale navigabile, dove
una batteria di elettrocompattatori preparerà i “cubetti” che poi partiranno ,
con due autotreni al giorno, alla volta dell’impianto di recupero di Maniago.
Qui le “scovazze” Forsu saranno in parte trasformate in biogas, quindi in
energia elettrica, e in parte in compost, in fertilizzante per terriccio. Da una
tonnellata di scarti da cucina - scrive una nota di Acegas - si ricavano 100
metri cubi di biogas, con cui si producono 200 kWh, e 400 chili di compost.
(pi.ra.)
I COSTI - Investito oltre un milione di euro
Per l’operazione “raccolta dell’umido” sono stati spesi un milione e 316mila
euro. «Abbiamo approfittato dell’occasione – ha spiegato il responsabile della
divisione Ambiente dell'Acegas Aps, Paolo Dal Maso - per una revisione di tutti
i cassonetti». Ma nel corso della seduta della commissione Trasparenza, che ha
preceduto la conferenza stampa di ieri, sono state numerose le critiche. Stefano
Patuanelli, consigliere di M5S, ha confermato perplessità «sui costi sostenuti e
sulla qualità del servizio che sarà offerto ai cittadini. Il Comune è comunque
in ritardo di sei mesi nella predisposizione del Pef rifiuti». I dirigenti del
Comune presenti hanno assicurato che «la rendicontazione del Pef 2014 è in
dirittura d'arrivo», ma Franco Bandelli (Un’altra Trieste) ha provocatoriamente
chiesto come mai «sui colori dei cassonetti, a differenza degli ombrelloni del
dehors, la Soprintendenza non ha avuto niente da ridire?». Da Everest Bertoli (Fi)
riserve «perché i triestini sono stati tartassati lo scorso anno con la Tarsu,
che ha portato nelle casse del Comune una trentina di milioni, mentre il Pef
nasce solo oggi». Marino Sossi (Sel) ha auspicato che «siano mantenuti i livelli
occupazionali all’interno di AcegasAps, come promesso all’epoca della sua
privatizzazione. Non vorremmo che si ricorresse con troppa disinvoltura
all'esternalizzazione dei vari servizi». Sul punto Dal Maso ha assicurato che
«esiste un limite fissato per contratto, in base al quale non si può superare la
soglia del 5% del totale per quanto concerne le mansioni svolte da operatori di
cooperative esterne o simili». La presidente della commissione Manuela Declich
ha ricordato «le forti lamentele dei commercianti sul costo della Tarsu».
Ugo Salvini
«Nel Nord Italia Trieste arriva ultima»
Dall’azione volontaria di grandi utenze e pubblici esercizi si passa
all’obbligo. Laureni: niente più alibi
Lo sapevate che altrove - a differenza del nostro “Comune” - l’umido
differenziato è già una pratica “comune”? «Trieste è l’unica città del Nord
Italia dove non c’era (perché ora sta per partire, ndr) una raccolta massiccia
dell’umido organico, dato che finora valeva per grandi utenze e pubblici
esercizi che avevano aderito in forma volontaria. Adesso diventa un obbligo per
tutti». Parola del capo della divisione Ambiente di Acegas Paolo Dal Maso,
intervenuto ieri a una conferenza stampa che ha lanciato segnali, per così dire,
perentori. Lo stesso assessore all’Ambiente Umberto Laureni è stato, come da
abitudine, inequivoco. «La città - ha detto - ora non ha più alibi. Tutto ciò
che è differenziabile si può differenziare. Vogliamo arrivare almeno al 40% di
differenziata entro la fine del 2015». Percentuale, questa, che a sua volta il
direttore generale di AcegasAps, Roberto Gasparetto, ha definito comunque
«assolutamente intermedia. Nelle città servite da Hera la quota di recupero dei
rifiuti già oggi supera quella di smaltimento, ne consegue che pure qui dobbiamo
puntare ad almeno il 50% di differenziata, per trasformare pure Trieste in città
dove il recupero dei rifiuti prevale sul puro smaltimento». E in effetti la
lettera che accompagna le 130mila “buste” con le istruzioni per l’uso contiene
anche una lettera, a firma di Roberto Cosolini e della presidente della
Provincia Maria Teresa Bassa Poropat, in cui sta scritto proprio che «la
raccolta degli scarti di cucina è una tappa fondamentale per avvicinarci al 65%
di raccolta differenziata, obiettivo che le due amministrazioni (Comune e
Provincia stessa, tra le cui competenze finché esiste c’è pure il coordinamento
della gestione ambientale d’area vasta, ndr) hanno condiviso». Gasparetto e Dal
Maso, a questo proposito, hanno mirato al cuore storico di Hera, tipo Rimini e
Modena, dove la differenziata oggi arriva al 60% e al 58%. Ma non solo a quello,
pure all’altra “sponda” di AcegasAps: se l’obiettivo a regime di Trieste sono
10.300 tonnellate l’anno di umido, Padova attualmente ne fa 12mila. Solo che a
Padova, con l’umido, hanno cominciato all’inizio degli anni Duemila. Ma allora
noi dove eravamo fino a ieri? «Guardiamo al futuro, ricordandoci la morfologia e
la storia complessa di Trieste dove negli anni Settanta gli inceneritori erano
stati salutati come la soluzione al problema delle discariche sul Carso», la
risposta di Laureni. «Chi ha dato ha dato, chi ha avuto ha avuto», la battuta
finale di Gasparetto.
(pi.ra.)
Il mondo economico vuole una Ferrovia a livello europeo
- INTERVENTO DI Luigi Bianchi
Ferrovie, continuità o ricostruzione? La preoccupante deriva della rotaia
italiana non può essere attribuita ad un solo capro espiatorio. L’isolamento
dell’Italia ferroviaria dall’Europa ha invece molti padri ed ha una matrice
tutta politica. È ingeneroso scaricate tutte le responsabilità sul ferroviere
“risanatore” che viene dalla gavetta, nominato da Prodi per salvare le Ferrovie
dello Stato (malridotte da una gestione manageriale di stile privatistico, senza
lacci e lacciuoli, ma lontana dalle problematiche di logistica e mobilità
europee), e che successivamente ha dovuto attuare le direttive di Berlusconi (il
cui dicastero dei trasporti, in pratica diretto da Tremonti, ha sperimentato
anche nelle FS la dottrina dei tagli lineari senza sviluppo e della finanza
creativa che non si preoccupa della produzione), alla base dei guasti procurati
non solo alle ferrovie ma a tutta l’economia nazionale. Mauro Moretti, dopo un
ministro come Bersani che si occupò seriamente del Piano generale dei trasporti
in una logica europea, si è trovato un Matteoli preoccupato solamente di
promuovere il Ponte sullo Stretto di Messina (considerato prioritario rispetto
anche ai quattro Corridoi europei che interessano l’Italia, promossi dall’Unione
Europea) e da un Castelli, convinto che il trasporto delle merci per ferrovia è
ormai superato e risolutivo è solo il camion. Il vertice delle Ferrovie italiane
si è incaricato di portare a termine un processo che però non è iniziato con
Berlusconi. Il vero inizio della deriva va attribuito a Burlando, quando
interruppe bruscamente il piano Pinna di fare delle ferrovie un’impresa
orientata al mercato: Giuseppe Pinna aveva portato a compimento il progetto di
Mauro Ferretti, impostato nel 1970, di una rete di vendita capillare con agenzie
commerciali in tutte le regioni italiane e con rappresentanze commerciali
all’estero (Parigi, Bruxelles, Berna, Monaco di Baviera, Vienna), aveva
predisposto il programma per il pieno sfruttamento della nuova ferrovia
Pontebbana Venezia – Udine - Tarvisio (la più moderna linea di valico
dell’Italia) che avrebbe consentito di alleggerire la linea del Brennero per
affrontare nuovi traffici. Chi venne incaricato di sostituire Pinna alla
direzione commerciale merci delle FS esordì affermando che le Ferrovie non erano
in grado di affrontare la domanda di trasporto e pertanto andava ridimensionata
l’offerta, anticipando il sapiente pensiero di Castelli, in pratica decretando
la morte dell’impresa orientata al mercato per riesumare quella orientata alla
sola produzione. Non a caso scompare il servizio commerciale capillare, in
Italia e all’estero, per fare posto a una miriade di società e di partecipate
completamente accentrate e lontane dai clienti reali e potenziali. Con la
promozione di Moretti e l’affermazione di Renzi nelle ultime consultazioni è
auspicabile che si apra per le Ferrovie italiane la stagione del ritorno
all’impresa orientata al mercato di Mauro Ferretti e di Giuseppe Pinna,
obiettivo che passa per l’attuazione delle direttive comunitarie in tema di
liberalizzazione dei trasporti. L’economia nazionale, al posto del mostro Fsi,
con il coacervo di partecipate sempre più lontane dalla missione affidata nel
1905 alle Fs “Trasporto di persone e cose”, ha bisogno di: un’Azienda autonoma
per la gestione di tutta la rete ferroviaria nazionale, in cui siano ricondotte
tutte le attività di carattere infrastrutturale: il Paese deve garantire, con il
suo monopolio naturale, una rete ferroviaria che offra parità di trattamento a
tutte le imprese di trasporto abilitate (pubbliche e private, nazionali ed
estere) e che non può che essere pubblica; un’ impresa di trasporto, in cui
siano ricostruite tutte le attività commerciali, che operi in una logica
intermodale e sia in grado di fornire offerte competitive in tutti i segmenti di
mercato – merci e viaggiatori - nazionali ed esteri; strumenti che vanno
svincolati dalla regia unica, retaggio di un monopolio anacronistico. Governo e
Ministro non possono eludere questa necessità. Il mondo economico si aspetta da
molto tempo la ricostruzione di una Ferrovia a livello europeo.
IL PICCOLO - GIOVEDI',
5 giugno 2014
Prg, Paoletti chiede al Comune «meno vincoli e più
certezze»
Incontro alla Confcommercio tra Cosolini e Marchigiani
e le categorie che vogliono uno strumento per favorire gli investimenti.
Il sindaco a Padovan: «L’urbanistica su richiesta porta
al Coroneo»
Confcommercio convoca sindaco e assessore alla
Pianificazione di buon mattino per un pubblico “civile” processo al Piano
regolatore e il presidente della Camera di commercio Antonio Paoletti chiede
subito le caratteristiche preferite dalle categorie: che lo strumento
urbanistico consenta investimenti e cambiamenti veloci, flessibili. Il suo vice
Manlio Romanelli che ha seguito i lavori di consultazione sul Prg per le
categorie incalza: «Meno vincoli, più certezze». Ma poi in due ore serrate la
saletta si riempie soprattutto di «problemi vecchi come il cucco», così li ha
definiti Cosolini, e cioé la perenne rissa se aprire l’Ezit al commercio (e di
quale tipo), e come inglobare nel disegno della città un Porto vecchio di cui
l’Autorità portuale ha appena chiuso le porte, «che è come se per ogni buca in
strada, per motivi di sicurezza, io chiudessi il transito» ha detto il sindaco
definendo i lucchetti «simbolo di una distanza e separatezza dalla città». Ma il
permesso di costruire pontili a Barcola piace anche a Confcommercio. Le piste
ciclabili vengono apprezzate. La mobilità sostenibile è accolta. Interessa agli
operatori economici l’idea innovativa dei “crediti” edilizi che si potranno
acquisire modificando in senso energetico case e zone dove la densità di cemento
non è più aumentabile, spendendo quel tesoretto di metri cubi dove invece il Prg
lo consentirà. In casa dei commercianti però è il commercio il terreno più
scivoloso. Cosolini ha usato termini duri per Ezit che vuole accogliere
investitori-venditori e per il concessionario Fabio Padovan che accusando il
Comune di “protezionismo” vorrebbe vendere a fondi d’investimento che bussano
per aprire fori commerciali in area industriale: «L’urbanistica su richiesta
porta direttamente in Foro Ulpiano o anche più in su (tribunale e carcere, ndr),
mentre se l’Ezit vuole liberalizzare l’area prima di tutto chieda il proprio
scioglimento, perché annulla la sua stessa ragion d’essere». Alla fine
l’assessore Elena Marchigiani, dal tono prudentemente flessibile su tutti i
temi, ha avuto uno scatto: «Ma se chiudono i centri commerciali in città perché
estendere commercio generico in zone distanti dal centro e dai rioni, che
morirebbero, e dove vive popolazione anziana che in Ezit non arriverebbe?».
Marchigiani ha invitato l’Ezit a cercare piuttosto aziende innovative da
insediare, nell’unica zona produttiva della città. E Paoletti si è detto
completamente d’accordo. Accordo e disaccordo in continuo zig-zag su questo
argomento. E Cosolini si è fortemente smarcato anche dalle accuse di aver
sfavorito certe aree di città, dove per esempio Godina sta chiudendo. «L’ente
pubblico non può dire a nessuno dove deve comprare che cosa, sarebbe da Nord
Corea. È il mercato che comanda». Ma in Ezit deve essere “moderato”, anche
perché «liberalizzare completamente, se mai le categorie economiche trovassero
un accordo in tal senso - ha proseguito il sindaco - significa far schizzare i
prezzi dei terreni molto in alto, «sfavorendo l’industria e l’artigianato». Fra
tante ombre, e con un Ezit sottoposto due o tre piani urbanistici assieme, «il
Comune ha di fatto confermato la situazione che c’è ora». Commercio senza
alimentari e senza abbigliamento, solo nella zona di cerniera su via Flavia. Il
più deluso, però, è stato Roberto Bettin, responsabile dei “Centri in via”. «Una
lettera al sindaco, con cui chiediamo quanto prima la pedonalizzazione di via
Mazzini e via Imbriani». Non si può fare. Piano del traffico frenato dal patto
di stabilità. Cosolini: «Per pedonalizzare via Mazzini dovremmo aver realizzato
tutti i nuovi sensi di marcia attorno. Ma ci è impedito di spendere per farlo. E
mentre si avvicina la gara per il trasporto pubblico locale, né Trieste
trasporti né Provincia vogliono sentir parlare di cambiamenti nel tragitto degli
autobus».
Gabriella Ziani
«Piste ciclabili per attrarre turismo europeo»
Ma gli operatori sollecitano sui paletti per le case “di pregio” e sulla
sede dell’ortofrutticolo
«L’ultimo Piano regolatore risale al 1997, quando c’era ancora il Muro di
Berlino e chi parlava di città turistica sembrava un visionario. Ora vogliamo
fare le piste ciclabili non perché andare in bicicletta su per via Commerciale,
ma perché la ciclabilità di un luogo determina l’interesse o meno di larghe
fette di turismo europeo. Abbiamo concesso la costruzione di pontili a Barcola
perché su quelle terrazze si possono anche bar e ristoranti: su tutta la costa a
Trieste c’è un solo posto dove si può mangiare in riva al mare. Il resto sono
parcheggi e club nautici». Parcheggi in area di demanio portuale, peraltro, che
l’Autorità portuale ha rifiutato di stringere e così la pista ciclabile lungo le
Rive è saltata. Cosolini e Marchigiani spiegano a Confcommercio i pregi del
disegno urbanistico e vengono punzecchiati non solo su Ezit. Ma sull’ampliamento
del perimetro del centro storico («più vincoli?»), sulla classificazione
“d’interesse” e “di pregio” con cui sono state configurate ville e residenze, e
le belle case Ater di cui Trieste è ricca («dovrà intervenire la
Soprintendenza?»). Marchigiani: «È solo la nostra indicazione,quelle case vanno
mantenute, mentre in cambio si segnalano case e interi quartieri che si possono
abbattere e rifare». Infine è la nuova destinazione del mercato ortofrutticolo
in via Brigata Casale a turbare i vertici di Confcommercio. La destinazione non
è stata ancora scritta nel piano. «Stiamo lasciando gli edifici in affitto per
risparmiare - ha spiegato il sindaco - e dopo una ricognizione via Brigata
Casale è risultato il luogo adatto, anche raggiungibile dai cittadini. Al
“Gattile” troveremo una sede adatta, l’ho promesso. E i camper, che finora si
lamentavano di non avere una presa d’acqua, avranno un parcheggio con l’acqua. O
vogliono lamentarsi comunque?». Anche qui, come un destino, è tornata in campo
l’Ezit: «Perché non l’ortofrutticolo all’Ezit? Avremmo dovuto comprare un
capannone, e bonificare l’area». E spendere è proprio la voce proibita. Per
questo è meglio incassare: «L’area di Campo Marzio - ancora Cosolini - porterà
20-25 milioni, ed entrando “in conto capitale” sono soldi che potranno essere
spesi, mentre adesso abbiamo ancora 38 milioni disponibili ma bloccati per
legge, e siamo due volte beffati dal patto di stabilità: lo Stato proibisce di
spendere anche soldi dati dallo Stato stesso per progetti precisi, se non spesi
però lo Stato se li fa ridare. E a quel punto ancora lo Stato ce li addebita
come superamento del patto di stabilità». Uno direbbe: è la logica di “Comma
22”.
(g. z.)
Via Donizetti pedonale: finito l’intervento per
rilanciare la zona
Molto gradita l’operazione del Comune dalla Comunità ebraica. Nuove
iniziative all’aperto del Caffè San Marco
Via Donizetti nuova isola pedonale. Il primo passo attuativo del Piano del
traffico griffato Cosolini-Marchigiani è stato compiuto. Paletti sui due
versanti - lato via Battisti e dalla parte di via San Francesco - a chiudere
ogni possibile accesso ai mezzi e segnaletica verticale che battezza il tratto
secondo il suo nuovo status di “area pedonale”. Così appare ora via Donizetti,
anche «con una vista sulla Sinagoga che adesso è pienamente godibile - mette in
evidenza l’assessore comunale alla Pianificazione urbana, Elena Marchigiani -.
Su future asfaltature e migliorie, ragioneremo. Sono state inoltre riposizionate
le aree di carico e scarico merce su via San Francesco e via Battisti, e
realizzati nuovi stalli per il parcheggio delle automobili delle persone
disabili». La fase attuativa del Pgtu continuerà, senza pause, con il primo
capitolo di interventi: «Partiremo al più tardi all’inizio della prossima
settimana con via delle Erbette e via della Sorgente - riprende Marchigiani -.
In quella dopo, meteo permettendo, toccherà alla parte alta di via Foschiatti».
E sempre in applicazione dei Piani di dettaglio, «verso il 20 giugno a via del
Toro e via Nordio. Dopo, nell’ultima settimana del mese, a via Torrebianca, e
all’inizio di luglio a via Trenta Ottobre da piazza Oberdan verso piazza
Sant’Antonio. Questo programma - conclude l’assessore - dovrebbe essere ultimato
entro metà luglio». Intanto, la pedonalizzazione di via Donizetti viene salutata
con soddisfazione dal gestore dello storico Caffè San Marco, Alexandros
Delithanassis: «Finalmente, dopo anni, una raccolte di mille firme portata
avanti dai vecchi gestori assieme a un vicino negozio, e i sopralluoghi della
precedente amministrazione, la via è chiusa. Grazie all’assessore Marchigiani.
Siamo entusiasti anche del fatto che la Sinagoga venga “riqualificata”: la
facciata principale è proprio quella che dà su via Donizetti». L’auspicio di
Delithanassis è che la nuova area pedonale possa servire da «volano per
rivalorizzare l’intera zona. In via Battisti hanno chiuso infatti tanti esercizi
commerciali». Il Caffè San Marco (che si trova proprio all’angolo con via
Battisti) si accinge a sfruttare subito il rinnovato assetto del tratto con
«concerti, dal jazz alla musica classica, presentazioni di libri all’aperto, e
pianoforte», spiega il gestore. Il cambiamento è gradito pure alla Comunità
ebraica di Trieste: «Senz’altro ci fa piacere - le parole del presidente della
Comunità, Alessandro Salonicchio -, anche se la richiesta non era partita da
noi. Speriamo ora sia valorizzata la zona intera per farne un bacino culturale
cittadino. Dal nostro punto di vista non possiamo che essere soddisfatti anche
per quanto riguarda una migliore tutela della sicurezza del luogo di culto».
Matteo Unterweger
I lavori di scavo della via per il bacino di Monfalcone
non offrono garanzie ambientali
Secondo “no” del Comune al progetto del canale
DUINO AURISINA Era un “no” a settembre e resta un “no”, otto mesi dopo, a
giugno. La seconda commissione consiliare di Duino Aurisina, presieduta da
Maurizio Rozza, ha reiterato ieri mattina il parere negativo - “fino al
superamento delle residue criticità evidenziate” - allo Studio di impatto
ambientale sui lavori di approfondimento del canale di accesso e del bacino di
evoluzione del porto monfalconese. Nel dettaglio l'organismo (presenti i
consiglieri Gotter, Humar, Kobau, Pallotta, Ulcigrai e Ret) ha preso in esame i
36 punti oggetto delle integrazioni predisposte, su sollecito del ministero
dell'Ambiente, dal proponente del progetto, cioè il Consorzio per lo sviluppo
industriale, e formulato il parere. Diversi gli aspetti contestati da Rozza
nella sua relazione: dall'assenza di garanzie economiche in caso di danni alle
mitilicolture fino alla necessità di predisporre monitoraggi dell'aria. La
commissione ha nuovamente espresso preoccupazione per il mancato coinvolgimento
delle rappresentanze di itticoltori e del turismo costiero. Quindi si è
rimarcata la necessità di attuare un “monitoraggio dell'aria sui siti di
stoccaggio”. Per quanto riguarda il tratto prospiciente la costa del Comune,
comprensivo anche della Riserva regionale delle Falesie e del previsto Parco del
Timavo, la commissione ha reiterato con forza “la richiesta che – anche alla
luce dei preoccupanti dati di contaminazione da mercurio rilevati nei sondaggi –
su tutto il tratto e in tutto il periodo di escavazione siano utilizzate
attrezzature e metodologie allo stato dell'arte per limitare la dispersione di
inquinanti e fanghi”. L'approfondimento va realizzato con “esclusivo utilizzo di
sistemi aspiranti delle migliori tecnologie”, ciò per evitare la dispersione di
sedimenti anche della più fine granulometria. Inoltre, come sottolineato da
Rozza, “il cronoprogramma dei lavori va redatto tenendo conto delle correnti
prevalenti e del ciclo delle maree, fermando l'attività nei periodi di maggior
rischio di dispersione fanghi”. A tutela della riproduzione dei mitili – come
del resto previsto anche dal Consorzio – deve sospendersi l'escavo tra giugno e
ottobre. E sempre alla luce di una tale tutela, per il Comune, vanno “date
preventivamente garanzie fideiussorie a copertura di eventuali danni a
maricoltura, pesca e turismo costiero”. Infine la commissione ha rilevato come
sia stata “nuovamente ignorata la presenza di due distinte Iba (Important bird
areas)”, e dunque gli impatti potenziali, nell'area interessata da dragaggi e
stoccaggio. «Pur non impattando direttamente sul territorio comunale – così la
seconda commissione - si ritiene che la previsione di usare parte del grande
canneto del Lisert quale punto di stoccaggio dei fanghi possa creare impatti
indiretti sulla qualità degli habitat». Alla luce delle perplessità, pur
esprimendo soddisfazione per il superamento dei precedenti rilievi e ribadendo
la valenza strategica dell'intervento sul canale di Monfalcone, la Seconda
commissione ha reiterato il parere negativo allo studio. Ora il documento sarà
fatto proprio dalla giunta e inviato dalla Regione. Toccherà poi al Ministero
concludere l'istruttoria e pronunciarsi sul progetto dell'escavo.
Tiziana Carpinelli
Krsko supera l’esame e si assicura dieci anni di
attività
BELGRADO Krsko, esame superato, si va avanti. La centrale slovena ha passato
l’obbligatorio «secondo test periodico di sicurezza», un’indagine «intensa»
durata la bellezza di «tre anni». La pagella è stata resa pubblica dall’Agenzia
per la sicurezza nucleare slovena (Ursjv), che ha specificato che l’ispezione ha
riguardato «tutti i rilevanti aspetti di sicurezza» dell’impianto nucleare, nel
rispetto «degli standard internazionali e delle best practice» mondiali. Krsko è
stata esaminata da «decina di esperti di centrali nucleari», hanno illustrato le
autorità slovene, che hanno prodotto poi rapporti e analisi «vagliate da un
gruppo internazionale di esperti indipendenti». E come dieci anni fa, anno
dell’ultimo controllo periodico, anche questa volta l’Ursjv ha dato il suo
beneplacito a Krsko, condizione necessaria per la centrale per mantenere la
licenza di operazione. Beneplacito che include anche una serie di «esami
addizionali» e di «altri migliorie» che i gestori dell’impianto dovranno
eseguire «nei prossimi cinque anni». Secondo quanto ha specificato sempre l’Ursjv,
l’ultimo test periodico di sicurezza è stato messo in agenda contemporaneamente
agli «intensi sviluppi» seguiti a Fukushima, nel 2011. Proprio dopo il disastro
della centrale nucleare giapponese, Krsko «ha condotto stress-test» per
verificarne la resistenza a «incidenti gravi». Il prossimo esame periodico, il
terzo, è previsto tra dieci anni. Il «superamento con successo» anche di questa
verifica «sarà una delle condizione per l’estensione della durata operativa»
della centrale. Centrale che serve sia la Slovenia sia la Croazia, Paesi
coproprietari dell’impianto, e che fu collegata alla rete nel lontano 1983. Lo
scorso ottobre, durante operazioni di manutenzione, era stata accertata
un’avaria a tre barre di combustibile. Dopo un mese e mezzo di stop e il
miglioramento dei sistemi di sicurezza, Krsko aveva poi ripreso a lavorare a
pieno regime.
(s.g.)
Il petrolio adriatico “offerto” a Obama
Josipovi„ a colloquio con il presidente Usa sottolinea le potenzialità
dei giacimenti sottomarini in chiave antirussa
BELGRADO Prima una lunga intervista alla Cnn, concessa già nel marzo dello
scorso anno. Poi, a inizio maggio, il viaggio negli Stati Uniti, con tappa in
Texas per partecipare a un forum sull’energia. Infine, una chiacchierata
informale a Varsavia, martedì sera, con il presidente americano Barack Obama,
compagno di tavolata alla cena dei leader europei intervenuti a celebrare i 25
anni delle prime libere elezioni in Polonia. Sono sempre più frequenti le
strizzatine d’occhio all’indirizzo di Washington del presidente croato, Ivo
Josipovic, in prima fila per promuovere la Croazia come futura “mini potenza”
energetica grazie ai giacimenti di gas e petrolio che custodirebbe l’Adriatico.
Josipovic che, ieri, ha postato sul proprio profilo Facebook una grande foto
della stretta di mano con l’omologo americano, sorridente mentre osserva il
politico più amato e rispettato, secondo tutti i sondaggi, del 28esimo membro
Ue. Josipovic che, alla cena polacca, ha preso la palla al balzo per «informare»
Obama «del potenziale della Croazia in termini di energia e sicurezza
energetica», ha specificato una nota di Zagabria. «Appena ci siamo seduti a
tavola - ha raccontato lo stesso Josipovic - ho avuto l’onore e l’opportunità di
parlare con il presidente Obama, seduto accanto a me». «Abbiamo discusso alcuni
temi particolari e io ho posto l’accento su quello dell’energia», le sue parole.
«In cooperazione con altri» - perché no, proprio con gli Usa - «la Croazia può
contribuire alla diversificazione delle fonti di approvvigionamento» del Vecchio
continente, ha ribadito il presidente croato, sottolineando come l’oro nero e il
gas di Zagabria potrebbero garantire «l’indipendenza energetica all’Europa
centrale e orientale», tra le aree più delicate e più a rischio a causa della
crisi ucraina e del problematico «monopolio della Russia» sui mercati europei.
Non è dato conoscere la reazione del presidente Usa alle parole di Josipovic, ma
è chiaro che la Croazia guarda verso ovest, anche verso l’America, per trovare
partner – Exxon e Shell in testa - interessati all’esplorazione dei 29 blocchi
di esplorazione in cui Zagabria ha suddiviso l’Adriatico. Obiettivo della
Croazia, da sei anni in recessione, quello di incassare già nei primi cinque
anni almeno 2,5 miliardi di dollari dalle attività di esplorazione, fortemente
criticate dagli ambientalisti. Neppure i problemi sulla demarcazione dei confini
– a Nord con la Slovenia, a sud, nella penisola di Prevlaka, con il Montenegro –
devono fermare la corsa all’oro nero e al gas. «Faremo di tutto affinché
l’esplorazione inizi al più presto», ha dichiarato il premier Milanovic durante
l’incontro di lunedì con l’omologo montenegrino Milo Djukanovic. Sarebbe
«irresponsabile» che per vecchi attriti si bloccasse lo sviluppo economico di
Podgorica e Zagabria, gli ha fatto eco l’inossidabile Milo. Parole che fanno
intuire quanto valore si attribuisca al tesoro nascosto nei fondali adriatici.
Stefano Giantin
Transalpina, la tratta bloccata è una porta chiusa per
Trieste - L’INTERVENTO DI Mauro Galgaro
Ho appreso con preoccupazione che la linea ferroviaria Campo Marzio – Villa
Opicina, tratta italiana della gloriosa linea Transalpina da Campo Marzio a
Villaco, via Nova Gorica- Jesenice, viene “temporaneamente” chiusa per assenza
di manutenzione. Tutti sappiamo che è l’anticamera della dismissione. Non si sa
quali lavori dovrebbero essere fatti e quanto dovrebbero costare e nessun perito
di fiducia dei cittadini ha visionato i lavori da fare. Per quanto ne sappiamo,
un secchio di malta potrebbe risolvere il problema. Un’opera meravigliosa frutto
dell’ingegno di menti eccelse, costata tempo, denaro e fatica, viene così
destinata all’oblio. Ma accadeva un secolo fa; appunto... Ogni giorno un pezzo
di Trieste viene smantellato. È l’unico collegamento del Museo Ferroviario, che
viene così isolato e impossibilitato a organizzare treni storici. Si sottovaluta
il fatto che in caso di interruzione della galleria sotterranea di
circonvallazione, questa tratta sarebbe l’unico collegamento ferroviario del
porto. Non si tiene conto che il tempo di percorrenza della linea è di 15
minuti, molti meno dell’autobus e del tram (del quale comunque festeggiamo
l’imminente ripresa della sua attività!) e collegherebbe il centro con il Carso
sia per il servizio pendolari durante la settimana (dov’è finito il progetto
della metropolitana leggera?) che per il turismo locale e non, nel week end. Il
treno può essere adibito al trasporto biciclette meglio del tram e potrebbe
essere utilizzato sia da chi va in Carso sia da chi viene in centro, che
troverebbe fuori dalla stazione di Campo Marzio la progettata pista ciclabile
che si andrebbe a collegare con il tracciato della Val Rosandra, similmente alla
ferrovia del Val Pusteria che tanto successo riscuote fra i cicloturisti.
D’estate i turisti troverebbero invece a pochi passi due stabilimenti balneari
per passare la giornata al mare da noi. Lungo la linea, oltre a Opicina,
troviamo Monrupino, Duttogliano, Stanjel, dove si potrebbeo organizzare delle
manifestazioni culturali enogastronomiche per proporre i prodotti locali: eventi
che, se adeguatamente promossi, potrebbero vedere anche la partecipazione di
turisti d’oltralpe, che tanto apprezzano i treni storici e la gastronomia di
queste latitudini. Ma non solo: si potrebbe pensare di coinvolgere allo stesso
modo anche l’Istria con la sua bella e sottoutilizzata linea che da Erpelle va
fino a Pinguente, Pisino e Pola. Sarebbe auspicabile che qualche imprenditore
volonteroso e capace (ma dove sono?) valutasse la possibilità di acquisire la
linea Campo Marzio – Villa Opicina e, in collaborazione con il Museo Ferroviario
e magari coinvolgendo sapientemente qualche sponsor privato, far muovere dei
treni per queste finalità. Sicuramente ci sarebbe la possibilità di usufruire
anche di finanziamenti europei per i collegamenti transfrontalieri. C’è una
compagnia ferroviaria austriaca che organizza viaggi con costosi ma affollati
treni storici in tutta Europa: per venire a Trieste devono utilizzare il
pullman... Si parla di un nuovo collegamento di Trieste con Divaccia lungo il
corridoio pan-europeo dell’alta velocità. A parte che il progetto sembra essere
messo in secondo piano rispetto ad altri più urgenti, l’opera sarebbe faraonica,
costosissima e farebbe guadagnare ai convogli pochi minuti rispetto alle linee
preesistenti. Perché non si riapre al traffico passeggeri verso la Slovenia la
stazione di Campo Marzio? I treni sloveni che adesso si fermano a Villa Opicina,
potrebbero scendere facilmente fino in centro città in pochi minuti. Anche
nell’ottica di collegare Trieste al nord-est Europa, Vienna, Praga,Varsavia,
Zagabria, Budapest, dalle quali oggi Trieste è totalmente scollegata. Vogliamo
diventare una città che attrae turismo da tutta Europa e non abbiamo un treno,
dico uno!, internazionale. Mentre per Udine transitano giornalmente ben tre
treni per Vienna e uno per Monaco, più i treni transfrontalieri finanziati dalla
Regione. Il corridoio Baltico-Adriatico (Villaco-Udine-Venezia), oggi tanto in
voga e tanto promosso dalla Regione, da una parte protegge il porto di Trieste a
scapito di Capodistria, ma dall’altra taglia fuori la città dal traffico
passeggeri a vantaggio di Udine. Vogliamo capire che senza una buona relazione
con la Slovenia, Trieste rimarrà sempre isolata dal mondo? Oltre a ciò, Trieste
sconta l’ostilità delle Ferrovie e i conseguenti rapporti tesi con le
amministrazioni locali. Possibile che, adesso che sono cambiati i vertici delle
Ferrovie, non ci sia modo di instaurare buoni rapporti diplomatici? Firmate per
la Transalpina! (al Museo Ferroviario, 5 Star Travel, Lint Editoriale, Cammina
Trieste)
Torna Bioest, la natura è protagonista
Sabato e domenica dalle 9 alle 22, con 180 espositori, l’edizione
battezzata “Seminiamo la città”
Natura in vetrina, biodiversità e ambiente alla ribalta, anzi in piazza. È
quanto caratterizza il cartellone di “Bioest 2014”, manifestazione in programma
in Piazza Sant’Antonio nelle giornate di sabato 7 e domenica 8 giugno, dalle 9
alle 22, il festival annuale delle tematiche che riguardano l’agricoltura
biologica, l’artigianato ecocompatibile, il commercio equosolidale, le frontiere
salutiste del cibo, della biodinamica e della cultura animalista. Varie nicchie,
molti spunti e un titolo ideato per l’edizione 2014 - ovvero “Seminiamo la
città” - termine emblematico per riassumere e ribadire il manifesto
cultural/ambientalista proposto dalla sigla organizzatrice, l’Associazione
Bioest - Gruppo Ecologista Naturista di Trieste, coadiuvata nell’allestimento
dal Comune di Trieste, assessorato allo Sviluppo e Attività Economiche. Fiera,
mercato e teatro di intenti. Bioest riformula il suo progetto pubblico con
un’edizione sulla carta arricchita rispetto alle precedenti annate, ampliando in
tal modo il quadro degli appuntamenti, anche quelli collaterali rispetto alla
fase di mercato, grazie a conferenze, laboratori, animazione, mostre,
dimostrazioni, o di canali verso alcuni versanti della filosofia e della
spiritualità, anche in chiave marziale, con i tributi al Kung Fu, al Qi Gong,
allo Shiatzu e allo stesso Yoga, voci che troveranno spazio nell’area “Energia
Vitale”. Tanti frammenti quindi, collocati nel sentiero lastricato dalla ricerca
del benessere, condiviso tra cultura e commercio ma rivolto a un diverso
approccio all’alimentazione, alla quotidianità, al rapporto con la natura.
Saranno 180 gli espositori in piazza. Ospiti “eccellenti” e qualche singolare
novità. L’edizione 2014 di Bioest regala anche un intervento dello scrittore
triestino Pino Roveredo, atteso sabato a un momento di letture a tema (alle 17),
giornata che include, tra le varie tappe in programma dal mattino alla sera,
anche la presentazione del libro “Erbe e loro usi nella medicina popolare” (alle
15) a cura di Tiziana Cimolino e di Liubina Debeni Soravito. Domenica i
caroselli collaterali debuttano verso le 11 con lo spettacolo di giocoleria
targato Uisp Trieste e proseguiranno sino in serata a base di musica etnica,
laboratori e conferenze, tra cui l’introduzione al corso di apicoltura della
EcoLab (17) e l’incontro “Cosa e come poter scegliere in pescheria”, con in
cattedra Salvatore Pugliese del Progetto RiGecoS. Non è tutto. La due giorni
verrà inaugurata sabato in piazza Sant’Antonio con apposita cerimonia (alle
10.30) cui prenderà parte il vicesindaco Fabiana Martini. L’intero programma
della manifestazione figura sul sito www.bioest.org, informazioni scrivendo a
info@bioest.org.
Francesco Cardella
IL PICCOLO - MERCOLEDI',
4 giugno 2014
Il museo “prigioniero” in Porto vecchio
Alla centrale idrodinamica restaurate con fondi europei 4 macchine a
vapore ma con i nuovi divieti chi le vedrà?
Off limits, irrragiungibili o quasi ai triestini e ai turisti. Le drastiche
limitazioni all’accesso del pubblico alla bretella del Porto Vecchio introdotte
di recente dalla presidente dell’Authority Marina Monassi, si ripercuotono sulla
Centrale idrodinamica, sulla appena restaurata sala macchine e sulla
Sottostazione elettrica. Quest’ultima è stata inaugurata ad aprile dopo
un’attesa di almeno sei mesi ed è stata aperta solo per un paio di giorni. Poi
porte sbarrate e silenzio fragoroso sul futuro. Questi tre siti, restaurati con
denaro pubblico per il loro valore a livello di archeologia industriale, ora
sono ostaggi delle drastiche misure di presunta “sicurezza” varate dall’Autorità
portuale senza nemmeno informare la Prefettura. Chi oggi percorre la bretella
che collega Largo Santos al cavalcavia di Barcola, lo fa rischiando le salate
multe previste dal Codice della navigazione. Le procedure di accesso non sono
chiare: ottenere le autorizzazioni appare ferraginoso e inutilmente penalizzante
per chi, come tanti ciclisti e podisti ha eletto quest’area a proprio spazio di
ricreazione e allenamenti. Va aggiunto che parecchi milioni di euro usciti dalle
casse europee per realizzare questi restauri, appaiono spesi in malo modo perché
i musei chiusi al pubblico hanno breve vita. Anche l’impegno dei volontari che
per almeno due anni hanno garantito ogni giorno le visite del pubblico alla
Centrale idrodinamica, appare svuotato, umiliato. Tutto questo accade a pochi
giorni della fine dei lavori di restauro della quattro enormi macchine a vapore
che dal 1891 al 15 giugno 1988 hanno fornito l’energia necessaria alle 100 e più
gru ad acqua del Porto Vecchio. Le macchine “compound” e le caldaie a carbone
che le alimentavano, si offrono in tutta la loro bellezza agli occhi dei
visitatori della Centrale idrodinamica. Acciaio lucido, bruniture perfette,
ottoni che sembrano oro, rame nelle sue variegate sfumature di rosso. Un
risultato che va al di là di ogni aspettativa. Ora nella grande sala che le
ospita assieme a una quinta di minori dimensioni, il profumo di olio rubricante
si mischia a quello delle vernici. L’originale funzionalità è stata ripristinata
a beneficio dei visitatori e degli appassionati di archeologia industriale. Le
bielle, i pistoni, gli assi, i volani della macchina numero 4 dopo una
lunghissima sosta inoperosa valutabile in almeno 35 anni, hanno ripreso a
muoversi e mostrano come funzionava il cuore tecnologico del porto, progettato
alla fine dell’800 dagli ingegneri asburgici della “Danek & Com.” di Praga. I
lavori affidati alle “Officine navali Quaiat” e costati 150 mila euro, sono
stati eseguiti attingendo, come dicevamo, ai Fondi europei per la cultura. Il
finanziamento è stato scovato e fatto arrivare a Trieste dall’architetto
Antonella Caroli, direttore dell’Istituto di cultura marittimo portuale. Sei
anni sono stati necessari perché si compisse l’iter burocratico fra i tanti
palazzi del frammentato potere italiano. Il traguardo è ora raggiunto, le
macchine sono restaurate ma non si sa come le drastiche misure di limitazione
all’accesso alla bretella si ripercuoteranno sulla fruibilità per il pubblico.
Il restauro delle macchine a vapore della Centrale idrodinamica ha il merito di
aver riportato alla ribalta il nome della “Danek & Com.” di Praga. La presenza
di questo costruttore all’inizio dello scorso secolo non si era limitata al
cuore tecnologico del Porto vecchio ma aveva coinvolto anche gli impianti della
Ferriera di Servola. Nel 1905 il consiglio di amministrazione della società
aveva deliberato di costruire un secondo altoforno da 240 tonnellate giornaliere
esclusivamente riservato alla produzione di ferromanganese. Questo altoforno -
come si legge nel volume edito nel 1997 dal Comune di Trieste- “era servito da
una seconda centrale a vapore con otto caldaie, tre macchine soffianti a vapore
orizzontali “Danek”e cinque dinamo”. La macchina venne messa in funzione nel
1906. Ecco le caratteristiche: due cilindri, alta e bassa pressione il vapore
surriscaldato agiva sul cilindro più piccolo ad alta pressione , quindi passava
nel cilindro grande a bassa pressione: infine si scaricava nel camino. Secondo i
tecnici queste macchine orizzontali avevano l’inconveniente di occupare uno
spazio considerevole e anche per questo motivo nel 1912, furono sostituite da un
grande motore a scoppio a quattro cilindri costruito dalla Skoda. “La macchina
della Danek – scrive Aldo Sturari nello stesso volume - era un capolavoro di
ingegneria meccanica , e occupava da sola un capannone. Era lenta nel senso che
non face più di 65 giri al minuto, ma aveva una potenza di compressione molto
alta. Il vapore proveniva dalla vicine caldaie: pistoni bielle e manovelle si
muovevano con un ritmo che si potrebbe dire sinuoso, sembrava che intrecciassero
tra loro una danza”. I macchinisti rabboccavano l’olio contenuto in ampolle di
vetro, anche con la macchina in movimento, accompagnando il ritmo rotatorio con
le braccia”. Questa macchina è stata fatta colpevolmente a pezzi. Al contrario
le sorelle installate 25 anni fa all’interno della Centrale idrodinamica, oggi
sono ritornate in splendida forma.
Claudio Ernè
Incontri sul nuovo Prg con le circoscrizioni
In previsione dell’apertura della fase di osservazioni/opposizioni al Piano
regolatore generale, l’assessore comunale alla Pianificazione urbana Elena
Marchigiani, insieme ai tecnici dell’Ufficio di piano, si recherà nelle diverse
circoscrizioni del territorio comunale per illustrare i contenuti del nuovo
strumento urbanistico, nonché le modalità e i tempi per presentare le eventuali
osservazioni/opposizioni. Gli incontri pubblici sono iniziati ieri con le
Circoscrizioni I (Altipiano ovest) e II (Altipiano est), alla Casa della Cultura
di Prosecco. Si continuerà oggi per le Circoscrizioni III (Roiano Gretta Barcola
Cologna Scorcola), VI (San Giovanni Chiadino Rozzol) e VII (Servola Chiarbola
Valmaura Borgo San Sergio), alle 17.30, alla sala riunioni della chiesa di Santa
Maria del Carmelo, in via Carmelitani 10 (attigua alla Chiesa). Domani invece
l’appuntamento è per le Circoscrizioni IV (Città Nuova Barriera Nuova - San Vito
Città Vecchia) e V (Barriera Vecchia San Giacomo), alle 17.30, al Ricreatorio
“Pitteri” (via San Marco 5). L’Ufficio di piano aprirà al pubblico uno specifico
sportello nella sala ex Aiat di piazza Unitàin cui potranno venir direttamente
visionati tutti i documenti del Prgc e richieste precisazioni e informazioni.
Duino, le spiaggette private nel mirino della
Capitaneria
Gli uomini della Marina hanno acquisito documenti relativi a sette
concessioni - Da tempo la giunta aveva dichiarato guerra a recinzioni e
manufatti abusivi
DUINO AURISINA Sono per il momento sette, ma il numero potrebbe ancora
crescere, le concessioni finite sotto la lente della Capitaneria di porto, che
nei giorni scorsi almeno in un paio di occasioni ha fatto capolino negli uffici
del Comune di Duino Aurisina per richiedere puntuale documentazione dopo le
verifiche eseguite via mare. Al centro dell'attività le svariate strutture
“private” – scalette, recinzioni, manufatti o costruzioni vere e proprie –
erette sulla fascia costiera demaniale. Da tempo, infatti, amministrazione,
Comunella e cittadini denunciano la presenza di situazioni irregolari. Al punto
che qualche mese fa il vicesindaco Massimo Veronese aveva annunciato
l'intenzione di raccogliere tutti gli atti inerenti presenti in municipio per
costituire un dossier da sottoporre a chi di dovere. Ebbene, secondo quanto
riferito in aula dall'assessore ai Servizi sul territorio, Andrej Cunja, che ha
fatto il punto - su sollecito del comitato “L'altra baia” - della situazione “Cernizza”,
la Capitaneria di porto si è già mossa autonomamente per dare risposta ai
solleciti. «Ho incrociato almeno un paio di volte il personale della Capitaneria
nei nostri uffici – spiega Cunja – e per quanto ne so l'attività prosegue ed è
tuttora in corso. Mi risulta che per il momento sia stata richiesta
documentazione relativamente a sette situazioni, ovvero concessioni. L'analisi
in via generale riguarda sia quelle comunali che regionali, per vedere se i
permessi siano tutti regolari». Stando all'assessore gli uomini della
Capitaneria in precedenza avrebbero svolto controlli via mare, fotografando lo
“status” della costa locale e fissando così le situazioni in essere.
Successivamente si sarebbero mossi acquisendo per l'appunto le informazioni
negli uffici comunali. Per ora gli esiti di questo tipo di attività restano
sconosciuti, ma se vi saranno ulteriori novità l'esecutivo Kukanja ne darà
conto. Cunja ha anche riepilogato la recente attività della Comunella di Duino,
che ha liberato un varco sulla Cernizza. Il problema degli accessi a riva si
ripropone puntualmente all'arrivo della bella stagione, quando i vacanzieri si
dirigono verso il litorale nostrano. Recinzioni abusive, secondo gli esponenti
della maggioranza Kukanja, sarebbero state innalzate negli ultimi trent'anni dai
proprietari delle ville sulla Cernizza per ostruire il passaggio dei bagnanti.
Dunque una vera e propria “guerra alle spiagge privatizzate”, quella avviata
dalla giunta, per restituire i piccoli arenili alla collettività, così regalando
nuovi sbocchi al mare. Insomma, stop alla spiaggia fai-da-te. Come detto, anche
in quest'ottica la Comunella avevano ripristinato a fine marzo un primo
camminamento, situato a soli cinque minuti dalla grotta Fioravante, appena
riaperta al pubblico dopo decenni di oblio. I consorti erano partiti dalla
pulizia del sottobosco. Quindi la sostituzione di parti del corrimano corroso
dalla ruggine, saldandolo al suolo, e il “rattoppo” di alcuni gradini e porzioni
di strada. Il bosco della Cernizza tra Duino e il Villaggio, secondo quanto a
suo tempo sostenuto da Cunja, “è quasi totalmente proprietà privata”: fa unica
eccezione parte della viabilità interna, sulla quale insiste anche la
recentemente riaperta grotta Fioravante, che in un punto, incuneato tra due
ville, giunge fino al mare. La strada lì si restringe in una scalinata che
conduce all'acqua.
Tiziana carpinelli
SEGNALAZIONI - Ciclisti - Pista da completare
Svanita la possibilità di creare una vera pista ciclabile
sulle Rive (il business dei venditori di parcheggi evidentemente ha la
precedenza sulla mobilità urbana dei cittadini) chiedo all’assessore alla
mobilità Marchigiani ed al sindaco Cosolini di attivarsi per completare
l’esistente pista ciclopedonale con la prescritta segnaletica orizzontale, il
logo con il pedone in alto e la bicicletta sotto, da dipingere ad intervalli
regolari specialmente in prossimità delle fermate dei bus. Ritengo che il 90%
dei pedoni sia convinto di trovarsi su un marciapiede, considerando peraltro che
ne ha le sembianze. La conseguenza è che tutti i sempre più numerosi ciclisti
che utilizzano la pista ciclopedonale per andare al lavoro sono oggetto di
continui rimbrotti da parte dei pedoni, suonando il campanello in presenza di
più pedoni affiancati, invece di favorire il passaggio spesso questi si alterano
e ne nascono continue discussioni. Mi viene il sospetto che neanche gli
amministratori sappiano di questo percorso ciclopedonale, non è mai stato da
loro menzionato, forse perché creato dalla precedente giunta. Ricordo che inizia
dal ponte sul canale di Ponterossofino quasi alla stazione di Campo Marzio,
regolarmente segnalato da appositi cartelli alle estremità di ogni sezione, ed è
ovviamente bidirezionale, cioè percorribile in entrambi i sensi. Chiedo solo un
po’ di pittura bianca, non servono finanziamenti per milioni di euro.
Giampaolo Bressan
IL PICCOLO - MARTEDI',
3 giugno 2014
Dai marciapiedi alle piste ciclabili -
Tremila opere bloccate in regione
Mappati dalla giunta tutti i cantieri fermi che
potrebbero ripartire con il piano “Salva Italia” di Renzi
Serracchiani: «Iter già avviato per superare
l’impasse». E Nimby censisce 19 progetti contestati in Fvg
TRIESTE Dal marciapiede di un Comune di montagna alla nuova caserma dei
carabinieri di Pordenone. C'è di tutto fra le tremila opere ferme mappate dalla
Regione e che la presidente Debora Serracchiani intende rimettere in moto con lo
strumento del cosiddetto “Sblocca Italia” di Matteo Renzi. In fondo è dai tempi
dei tiranni della Grecia antica che l'opera pubblica è un mezzo principe per far
macinare l'economia e accontentare la popolazione. «Il Friuli Venezia Giulia ha
già avviato un percorso per rimettere in moto la realizzazione di opere rimaste
ferme», ha ricordato la presidente a margine delle celebrazioni per la Festa
della Repubblica a Redipuglia. Serracchiani ha calato nella realtà locale
l'annuncio di Renzi sull’avvio e lo sblocco dei cantieri per un totale di oltre
2 miliardi di investimenti: «In Friuli Venezia Giulia si tratta complessivamente
di 3 mila interventi di cui abbiamo già realizzato una scheda tecnica e di cui
stiamo monitorando lo stato di avanzamento - ha detto -. Abbiamo anche deciso di
revocare le risorse a disposizione di quelle amministrazioni che non riescono a
spenderle per darle a quelle che invece hanno già avviato i cantieri». La
presidente ha sottolineato come l'iniziativa non possa disgiungersi dalla
questione del patto di Stabilità: «Concordiamo con il governo nazionale sulla
necessità di intervenire, di semplificare, di mettere le amministrazioni locali
nelle condizioni di fare le opere. C'è naturalmente un tema più generale che è
quello del patto di Stabilità. Su questo aspetto vi è l'impegno del Paese per
cercare di escludere dal patto le spese per gli investimenti». Riferendosi
ancora alla mappatura delle opere in Fvg, la presidente ha parlato di
«un’operazione che sta dando risultati positivi, in un contesto in cui rimane
però ancora aperto il problema più grande, quello dell'assenza degli spazi
finanziari. Un aspetto su cui abbiamo avviato una trattativa serrata con il
governo nazionale. Entro il 30 giugno dobbiamo chiudere l'accordo sul patto di
Stabilità 2014 e parallelamente dobbiamo rivedere il Patto Tremonti-Tondo».
L'assessore regionale ai lavori pubblici Mariagrazia Santoro scende nel
particolare: «Il processo di mappatura va avanti da tempo - commenta -. Ci serve
capire quali e quante sono le opere già finanziate ferme nella pancia dei Comuni
per via del patto di stabilità». Tra queste sono emersi interventi di ogni
genere, dal più piccolo al più grande: «Ogni paese ne ha qualcuno». La Regione
sta raccogliendo informazioni sul livello di avanzamento e sui finanziamenti
stanziati per ogni progetto. Tra i desideri dell'ente pubblico ci sarebbe anche
un utilizzo più razionale dei fondi stanziati. A questo scopo è necessario
prevedere la revoca e il riassegno dei fondi, spiega Santoro: «Stiamo studiando
come fare», dice. La Regione punta a far sì che un Comune che ha ottenuto fondi
per un'opera mai realizzata possa venir privato di quei finanziamenti, ma anche
che uno stesso Comune possa spostare fondi da un'opera “A”, irrealizzabile o non
più necessaria, a un'opera “B”. «Stiamo cercando di mettere in atto tutte le
strategie possibili - afferma Santoro -. Presenterò una lista di queste
operazioni domani (oggi ndr) al Consiglio delle autonomie locali». A volte basta
un semplice decreto per risolvere un intoppo: «Ad esempio qualche tempo fa
abbiamo concesso a un Comune di spostare i fondi destinati alla manutenzione del
municipio, a un parcheggio e a una pista ciclabile sul restauro di un edificio
storico appena acquisito dal Comune e nel quale si voleva collocare il nuovo
municipio. In quel caso siamo riusciti a consentire lo spostamento del
finanziamento, ma non è sempre facile». Serve quindi un grande coordinamento fra
realtà locali e uffici regionali: «Il collega Paolo Panontin dà gli spazi
finanziari alle opere segnalate come prioritarie dai Comuni proprio sulla base
della mappatura da noi realizzata. È un lavoro serrato e molto complesso»,
conclude Santoro. L'annuncio di Renzi si aggancia alla questione delle opere
incompiute. Quelle censite in Fvg da Nimby Forum - think tank finanziato da
aziende come A2a, Enel, Terna-, sono in tutto 19. Nell’elenco strutture già
esistenti, come la centraletermoelettrica di Monfalcone, oppure soltanto
progettate, fra cui diverse centrali a biomasse (segnalate quelle di Opicina,
Sedegliano, Mereto di Tomba, San Daniele del Friuli e San Quirino), centrali
idroelettriche (sull’Isonzo, a Somplago e a Resia), nonchè e tratti autostradali
ed elettrodotti.
Giovanni Tomasin
URBANISTICA Incontri sul Piano regolatore
L’assessorato alla Pianificazione urbana organizza degli
incontri per illustrare il Piano regolatore adottato, le modalità e i tempi per
presentare eventuali osservazioni o opposizioni. Oggi alle 17.30 incontro alla
Casa della Cultura di Prosecco, per le Circoscrizioni Altipiano ovest e
Altipiano est. Domani incontro nella chiesa Santa Maria del Carmelo, in via
Carmelitani 10, per le Circoscrizioni III (Roiano Gretta Barcola Cologna
Scorcola), VI (San Giovanni Chiadino Rozzol) e VII (Servola Chiarbola Valmaura
Borgo San Sergio). Giovedì alle 17.30 incontro al ricreatorio Pitteri per le
circoscrizioni IV (Città Nuova Barriera Nuova San Vito Città Vecchia) e V
(Barriera Vecchia San Giacomo)
IL PICCOLO - LUNEDI',
2 giugno 2014
Più tutela agli antichi ruscelli nel nuovo Prg
Alvei e sponde dei torrenti di periferia saranno
curati. E si pensa di riaprire alcuni canali del centro
“Prova a pensare un po’ diverso”, cantava Francesco di Giacomo in un vecchio
disco del Banco del Mutuo Soccorso. E dunque immagina una via Carducci dove, ai
bordi della carreggiata, scorra lieve un piccolo fiume d’acqua affiancato da una
lunga teoria di alberi dalle chiome ombrose. Qualche panchina utilmente
posizionata per la sosta ristoratrice, nuove aiuole e arredi, alcuni bar con
tavolini e sedie disposti ai bordi del rinato corso d’acqua. È il vecchio
torrente Settefontane, che un tempo raccoglieva le acque di Cattinara, Melara e,
più a valle, di Rozzol e Montebello, ripristinato in superficie all’altezza di
piazza Garibaldi, che scorre tranquillo lungo una Barriera Vecchia dove i
cittadini passeggiano senza affanno, e si congiunge ai portici di Chiozza con
l’antico “Starebrech”, giunto al capolinea dopo aver raccolto le acque dei
ruscelli del Farneto e dei versanti a est di Cologna e Scorcola. Il torrente
“Grande” prosegue la lungo l’ultima parte della via Carducci – un tempo
“Contrada del Torrente” – per trovare il suo sbocco al mare nell’area di
Portovecchio. Un sogno? Per la Trieste odierna, senz’altro. «Ma in altre città
europee c’è una nuova attitudine, si riscopre il ruolo dei torrenti nei centri
urbani», spiega il direttore dei Civici musei scientifici triestini e
naturalista Nicola Bressi. «Si riconosce - continua - una funzione importante e
rigeneratrice ai corsi d’acqua cittadini, la loro funzione ricreativa e
ristoratrice, i suoni meravigliosi e soavi che l’acqua sa produrre, donando
all’uomo quella serenità che consente l’elaborazione del pensiero. A Vienna –
continua Bressi – l’amministrazione locale ha riportato alla luce alcuni
torrenti sepolti sotto l’asfalto». Così sta succedendo in altri centri del
vecchio continente: il corso d’acqua ritorna alla sua naturale funzione di
raccolta delle acque piovane e di ambiente utile a ospitare fauna e flora oggi
relegate ai bordi di metropoli sudice e nevrotiche. Nella provincia di Trieste
la gran parte degli antichi torrenti è scomparsa, oppure occultata in sarcofagi
di calcestruzzo. Eppure rivoli di preziosa acqua continuano a solcare diversi
fondovalle cittadini, quelli stessi che rappresentano per la fauna selvatica
quei corridoi faunistici che consentono a caprioli e ad altre creature del bosco
di far capolino in orti periferici e piazze suburbane. Purtroppo colpevoli
vandali scaricano nei letti dei torrenti immondizie e inerti. Non sanno, per
esempio, che le acque triestine favoriscono gli insediamenti della rara
libellula eroe (la più grande d’Europa), della salamandra pezzata, della felce
di capelvenere. E che i vecchi “patoc” custodiscono lavatoi e altri manufatti
dove le popolane lavavano quotidianamente i panni. Sono ambienti di alto valore
naturale e storico che nel nuovo Piano regolatore risultano tutelati.
Particolare attenzione è stata dedicata agli impluvi e agli alvei, sponde e
scarpate dei torrenti. Lo scopo del Comune è di tutelare le aree e di captare e
regimentare le acque, salvaguardare le biodiversità e le aree naturali pregiate.
Un primo passo per tentare di evitare disastri come quelli accaduti recentemente
in Liguria e in altre parti del Paese, che non vieta di sognare il ritorno di
placide e dolci acque non inquinate nel cuore del capoluogo.
Maurizio Lozei
IL LIBRO - Segrè si rivolge ai giovani col “bignami”
anti-spreco
TRIESTE Non sprecare è il suo primo comandamento. Un istinto, più che una
parola d’ordine. Andrea Segrè, classe ’61, triestino fino ai suoi vent’anni e da
allora bolognese di adozione, saggista e agroeconomista, guru riconosciuto della
lotta allo spreco alimentare in Italia e in Europa, non spreca un attimo fra
impegni accademici, campagne di sensibilizzazione, incarichi a salvaguardia
dell’ambiente e progetti a cavallo fra cibo e sostenibilità. Ideatore e oggi
presidente di Last Minute Market, lo spin off dell’ateneo bolognese che da
quindici anni recupera in Italia le eccedenze alimentari, ha varato in questi
mesi l’idea di allestire a Bologna un grande parco agroalimentare permanente,
«per spiegare a giovani e adulti cosa sono e come funzionano le filiere del
cibo: la produzione, la trasformazione, la distribuzione, la vendita delle
eccellenze agroalimentari italiane». Proprio da questa intuizione è nato il
progetto Fico: la Fabbrica Italiana Contadina che prenderà il testimone di Expo,
da novembre 2015 al Centro Agroalimentare di Bologna, sarà griffata da Oscar
Farinetti e si chiamerà Eataly World. «È un altro modo per ridare valore al cibo
e far capire che il cibo non va sprecato, perché ha tanto valore. Anzi, di
valori ne ha più d’uno: economico, ambientale, sociale, nutrizionale, sanitario,
culturale, relazionale, conviviale, artistico, storico». Di tutto questo si
parla nel suo ultimo libro “Spreco” (Rosenberg & Sellier, pagine 124, euro
9,50), che sarà presentato oggi al Festival Cinemambiente di Torino (ore 19.15,
Cinema Massimo), mentre domenica 6 luglio sarà al centro dell'incontro al
Festival Vegetariano di Gorizia. «’Spreco’ – spiega Segrè - è un volumetto che
esce come preludio alla Giornata Mondiale dell’Ambiente che si festeggia il 5
giugno. Un vademecum sulle buone abitudini di consumo: uno screening di
informazioni, dati, consigli e buone pratiche». Proprio dall’Europa, con la
richiesta di cogliere l’obiettivo indicato nel 2012 dalla Risoluzione del
Parlamento Europeo - «abbattere del 50% lo spreco alimentare nei Paesi membri
entro il 2025 e proclamare un Anno europeo contro lo spreco di cibo» - è
ripartita, nelle scorse settimane, la campagna 2014 “Un anno contro lo spreco”,
promossa da Segrè e griffata dalla geniale matita di Altan anche per questa
edizione che mette al centro i giovani. «Dai ragazzi dobbiamo ripartire per un
radicale rinnovamento culturale sui temi legati alla sostenibilità e allo
spreco», racconta Segrè, che inserirà l’educazione alimentare come materia di
insegnamento nelle scuole nelle misure del Pinpas, il Piano nazionale di
prevenzione dello spreco alimentare che il 5 giugno presenterà a Roma, con il
ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti.
IL PICCOLO - DOMENICA,
1 giugno 2014
L'Italia non ostacolera' le trivellazioni dell'Adriatico
Parole del ministro all’Ambiente italiano Gian Luca
Galletti. «Io non sono nè favorevole nè contrario» a trivellare in Adriatico,
«io applico la legge - sostiene il ministro - entro le 12 miglia dalla costa e
dalle aree marine protette nessuno può trivellare, e già questa è una garanzia
assoluta.
IL PICCOLO - SABATO,
31 maggio 2014
Bocciata dalla regione la centrale biomasse - Doveva
sorgere a Opicina
Progetto archiviato perché l’impresa non ha presentato per ben due volte
la Valutazione d’impatto ambientale
Archiviata. Bocciata. Anzi no, tecnicamente non è proprio una bocciatura ma
che sulla centrale a biomasse di Opicina si sia messa una bella pietra sopra sì,
questo sì. E a farlo è stata la Regione (e a comunicarlo la Provincia). Dunque,
ricapitoliamo: su richiesta della vicepresidente del consiglio di palazzo
Galatti, Maria Monteleone, l’assessore alla Pianificazione territoriale e
ambientale Vittorio Zollia ha comunicato che “la Regione ha archiviato il
fascicolo relativo alla richiesta di costruzione di una centrale a biomassa
nell’ex sito delle officine Laboranti ad Opicina presentata nel 2012”.
Archiviazione “dovuta” dopo che per ben due volte la Regione ha chiesto
all’impresa (la Società investimenti industriali triestini, con sede a Roma) di
presentare l’istanza di Via, acronimo che sta per Valutazione di impatto
ambientale. Senza, addio progetto. E difatti l’assenza di questa documentazione
(che sostanzialmente consente, come si può intuire, una valutazione più
approfondita dei vari aspetti relativi alla tutela della salute e dell’ambiente)
ha decretato la fine del procedimento e quindi la “naturale” archiviazione. La
storia è questa: la centrale elettrica avrebbe dovuto bruciare olio di palma
proveniente dalla Costa d’Avorio “con discutibili vantaggi economici e con
probabili ricadute negative sulla salute dei residenti”, fa notare la stessa
Monteleone. Erano previsti ben 39 serbatoi di olio combustibile, olio
lubrificante e biodiesel. Un investimento da 50 milioni di euro, 36 i megawatt
di potenza per due camini da 35 metri. La centrale sarebbe stata a emissioni
zero, grazie all’olio di palma africano. Peccato che per trasportarlo ci siano
di mezzo qualcosa come seimila chilometri. Ecco il problema: il trasporto
avrebbe annullato l’effetto ecologico, con la presenza di ben 270 tir con il
motore acceso e accelerato al massimo 24 ore su 24 nel centro di Opicina. Altra
lacuna: nel progetto non si faceva menzione della necessità di bonifica del
sito, che risulterebbe inquinato da idrocarburi, amianto e metalli pesanti. E,
cosa mica da poco, l’area destinata alla centrale sarebbe confinata con una zona
di protezione speciale e con un sito di importanza comunitaria. Flora e fauna
pertanto ringraziano di cuore per lo scampato pericolo. Ma ringrazia pure per
l’addio a quello che veniva chiamato “ecomostro” la popolazione dell’Altipiano,
che si era ribellata presentando ben due petizioni con circa tremila firme
raccolte in pochissimo tempo. Due i “no” belli grossi: per le dimensioni della
centrale e per il forte impatto in quanto di “bio” ci sarebbe stato ben poco.
“Le 58mila mila tonnellate di olio bruciato - ricorda la Monteleone - avrebbero
emesso una enorme quantità di CO2 valutabile intorno alle 150mila tonnellate
annue”. Beh, adesso pare proprio che il problema sia risolto.
Donatella Tretjak
«Porto vecchio chiuso, un segnale contrario alle idee
del territorio»
Per Poropat (Provincia): «Scoraggia l’avvertimento implicito
nell’ordinanza dell’Autorità portuale»
Peroni (Regione): «Atto formalmente lecito ma politicamente fuori dal dialogo
con le istituzioni»
«È un segnale. Il segnale che dà chi dimostra di non voler più prendere in
mano il tema dell’apertura di Porto vecchio alla città. Chiuderne l’accesso è
fare un gesto di avvertimento a tutti: questo è porto, ci riprendiamo quello che
è nostro. Ma è un gesto che scoraggia, dopo che con la Biennale nel 2011 s’era
parlato di arrivare a una restituzione dell’area alla città, e non solo perché
tanta gente e anche turisti l’andavano a vedere, ma perché ci sono due edifici
appena ristrutturati in funzione museale e il Magazzino 18 degli esuli appena
diventato meta di visite». Non ha gradito Maria Teresa Bassa Poropat, presidente
della Provincia, quello che descrive come l’ultimo capitolo di un “non dialogo”
con l’Autorità portuale, che con una ordinanza ha stabilito divieti di ingresso
e circolazione nel comprensorio del porto dismesso, dove però fino al 31
dicembre vige la sospensione del Punto franco firmata dal prefetto. Motivi di
sicurezza, dice quella ordinanza, che consente deroghe a molti (concessionari,
loro fornitori, frequentatori di eventuali manifestazioni culturali, autorità,
esponenti di amministrazioni, chi fa lavori di manutenzione e così via) ma non
lascia libero accesso ai “senza funzione”. Cosa che già il sindaco Roberto
Cosolini aveva interpretato come «un andare in direzione opposta rispetto alle
aspirazioni di tutta la città». «Alcune cose, in Porto vecchio - prosegue
Poropat che ha da tempo opzionato il Magazzino 19 per una sede scolastica con
tanto di progetto già pronto - cominciavano a vivere di vita propria, e comunque
su spazi pubblici di tale portata (non solo questo) sarebbe d’obbligo avere un
tavolo istituzionale per decidere assieme le linee strategiche. Visto che i
soldi sono tanto pochi». «No, non siamo stati informati di questa decisione,
anche la Regione l’ha appresa dai giornali - afferma Francesco Peroni, assessore
regionale al Bilancio che spesse volte è stato delegato dalla presidente Debora
Serracchiani a prender parte al Comitato portuale -, confermo però che mi sembra
segnale che si colloca sulla scia di una linea di comportamento dell’Autorità
portuale del tutto autoreferenziale, aliena da qualsiasi rapporto col sistema
istituzionale di contesto. È un atto che certamente rientra nelle sue potestà
quindi non è contestabile formalmente. Politicamente però - prosegue Peroni -
ribadisce una linea di comportamento che è stata già più volte contestata, e che
mette l’Autorità portuale fuori dal dialogo con le istituzioni e con la città,
che invece sarebbe essenziale per lo sviluppo del territorio. L’Autorità
portuale un’altra volta è indifferente a qualsiasi dialogo e relazione con la
rete delle istituzioni del territorio».
Gabriella Ziani
Picchione su Portopiccolo: «Quella strada non va fatta»
La Soprintendenza chiede al Comune di revocare l’ok alla riqualificazione
del collegamento tra il complesso e la baia: la giunta Kukanja risponde picche
La Soprintendenza ha chiesto al Comune di Duino Aurisina di revocare
l'autorizzazione paesaggistica rilasciata l’11 aprile a Serenissima Sgr,
titolare del fondo Rilke che detiene la proprietà di Portopiccolo, per la
realizzazione di alcune opere di urbanizzazione connesse al maxi-cantiere di
Sistiana. Ma l'amministrazione Kukanja, a fronte anche della possibile
«insorgenza di risarcimento danni per la sospensione illegittima dei lavori»,
oltre che per l'incolumità dei fruitori dell'area, ha respinto la richiesta. Con
atto giuntale e nota inviata via raccomandata alla Soprintendenza per i Beni
architettonici e paesaggistici del Fvg lo scorso 26 maggio. Come riferito dal
vicesindaco e assessore all'Urbanistica Massimo Veronese - e confermato anche da
Portopiccolo con il procuratore Cesare Bulfon - il richiesto annullamento
dell'atto «riguarda la strada pubblica destinata a collegare l'area di
Castelreggio al nuovo complesso turistico». Dunque la riqualificazione
dell'accesso all'ex cava con posa di illuminazione, marciapiedi e toilette.
Opere in attuazione del piano particolareggiato di iniziativa privata-Ambito A8
della baia, concordate nella convenzione stipulata nel 2006. Racconta Veronese:
«La prassi è che per effettuare i lavori la proprietà debba richiedere e
ottenere l'autorizzazione paesaggistica e presentare l'atto abilitativo
edilizio, la Scia, nel caso nostro regolarmente depositata». I componenti della
Commissione paesaggistica, organismo intercomunale (con Sgonico e Monrupino),
esaminato il progetto avevano dato l'ok. Perciò il servizio preposto, da iter,
aveva spedito documentazione alla Soprintendenza per il parere. «Ma la
Soprintendenza – spiega Veronese - in maniera inusuale, anziché esprimere parere
favorevole o sfavorevole, come di solito avviene, ha inviato all'ente un
preavviso di diniego, peraltro dopo 48 ore dalla scadenza del tempo a
disposizione, fissato in 25 giorni. Il termine era l'8 aprile, l'avviso ci è
arrivato il 10 alle 15.30. A quel punto l'ufficio comunale competente ha
comunque rimandato l'atto alla Soprintendenza, cui spetta il potere di
annullarlo o accettarlo. Quest'ultima invece ha chiesto al Comune, in via di
autotutela, di revocarlo (il 9 maggio, ndr)». Di qui la decisione della giunta
duinese di respingere al mittente la richiesta: come si legge nella delibera,
per il «preminente interesse pubblico alla non interruzione delle opere di
urbanizzazione primaria e secondaria, già da tempo avviate e in fase di
conclusione» e la «tutela della sicurezza pubblica dei numerosi fruitori della
strada»; e per la «non apparente legittimità» e «la possibile insorgenza di
risarcimento danni». Un'assunzione di responsabilità, sottolinea Veronese, per
motivi formali e di merito: «È una strada pubblica, d'interesse per il Comune di
Duino Aurisina e fissata come opera di urbanizzazione in Convenzione. Siamo
all'avvio della stagione balneare di Castelreggio. Avremo presto una massa di
turisti in baia e ritrovarci con un cantiere tra Portopiccolo e lo stabilimento
ci sembra una situazione di difficile gestione». Concorde l'ex sindaco Giorgio
Ret: «La giunta ha preso una decisione forte ma corretta: quella strada è
fondamentale per la collettività. Ora bisogna parlare con la Soprintendenza».
Interpellata, la soprintendente Maria Giulia Picchione - precisando di essere
assente dalla sede - si è riservata di rispondere dopo martedì, dopo aver
parlato col responsabile del procedimento. «Bene ha fatto il Comune - dice
intanto Bulfon – a difendere le determinazioni prese da un organo comunale
competente, che conosce a fondo il territorio».
Tiziana Carpinelli
MOBILITÀ - Dieci nuovi stalli per bici installati
davanti al Dante
Gli accessori sono gli ultimi dei 104 installati in città grazie alla
generosità di Italspurghi, Logica, Salfem, Cooperative operaie e Azienda
ospedaliera
Dieci nuovi stalli per le biciclette urbane, un nuovo tassello nella
definizione della mappa legata alla mobilità ciclabile ideata dal Comune. Gli
stalli, presentati dall’assessore al traffico e mobilità Elena Marchigiani, sono
collocati in via Giustiniano, proprio nell'area antistante l'ingresso
dell’istituto comprensivo Dante Alighieri: la zona da ieri fruisce dei nuovi
mini parcheggi per biciclette, innovazione che al momento ha costretto al
trasloco forzato il comparto degli scooter e affini, destinati comunque a breve
a nuovi spazi, per altro sempre poco distanti dalla sede scolastica. A
consentire l'installazione dei portabici è stata la generosità di cinque realtà
cittadine – Italspurghi, Logica, Salfem, Cooperative Operaie e Ospedali Riuniti
– scesi in campo per supportare l'intervento del Comune, avviato lo scorso
dicembre con il bando mirato alla riqualificazione urbana degli spazi pubblici e
alla promozione della mobilità ciclabile sul territorio comunale. L’operazione
ha consentito l'acquisto di 104 stalli (valore 30mila euro) di cui la decina di
via Giustiniano rappresenta l'ultima porzione della prima tornata, integrando
così una copertura che riguarda anche piazza Dalmazia, Stazione Rogers, via
Carducci, Largo Barriera, via Stock, via Rossetti e via Tor Bandena: «Lo
credevamo un vero azzardo all'inizio – ha premesso Marchigiani - e invece sono
giunte le adesioni da parte di veri benefattori cittadini, i quali hanno
permesso la piena realizzazione di questa prima parte della iniziativa attuata
tra l’altro in tempi record e prima dell'arrivo del Giro d'Italia a Trieste.
Così si conclude una prima parte dell’ installazione, dopo aver concordato il
modello con la Soprintendenza e con le associazioni dei ciclisti. Ripeto,
sembrava una azzardo – ha ribadito l’assessore – e invece le cose si sono mosse
bene, dando vita a un segnale di civiltà». L’iniziativa ora va proseguita.
Stando alla mappa abbozzata dal Comune, resterebbero ancora 32 postazioni da
allestire e quindi da finanziare. Il bando è ancora valido. La formula prevede
che i nuovi benefattori di turno aprano il portafogli sostenendo la spesa per la
messa in opera (una targa attesta la sigla della donazione), mentre il Comune si
riserva la progettazione e le rimanenti procedure: «Si tratta di un lavoro
coordinato – ha concluso Marchigiani – che nel caso di via Giustiniano ha visto
all'opera anche il polo scolastico».
Francesco Cardella
Muggia, nuova antenna inizia le trasmissioni
Proteste nel rione di Santa Barbara, il Comune si difende: «Stiamo
monitorando» - Ma attorno all’impianto non ci sono cartelli di pericolo.
Nesladek polemico
MUGGIA L'antenna per le trasmissioni radio montata sulla collina muggesana
di Santa Barbara è entrata in funzione. A dare l'annuncio delle trasmissioni è
stato il Comitato formatosi nella frazione muggesana contro il traliccio di
quasi 30 metri posto sul Monte Castellier. «Oramai l'antenna trasmette già da
qualche giorno, eppure l'accordo tra Comune e gestore dell'antenna prevedeva la
presenza di un centralina e un display affinché la popolazione potesse in ogni
momento vedere e controllare il livello di emissione delle onde
elettromagnetiche», spiega in una nota il Comitato. Di questa attrezzatura,
però, non c'è alcuna traccia, come non c'è traccia dei cartelli di sicurezza e
avviso a non sostare in prossimità dell'antenna prescritti dai vari enti. «Non
ci risulta nemmeno ci sia stato in questi giorni un intervento di qualche organo
di vigilanza o di polizia, magari municipale teso a far rispettare la
prescrizione: inoltre in questi giorno più volte abbiamo chiesto di parlare con
gli organi comunali e con il sindaco di Muggia. Ovviamente nessuno si è fatto
trovare e nessuno ha richiamato», tuona il comitato antiantenna. Sulla querelle
è intervenuto l'assessore all'Ambiente, Fabio Longo: «L'antenna ha in effetti
ricevuto l'autorizzazione per la fase di prova da parte del ministero dello
Sviluppo economico, ma dal 26 maggio gli uffici hanno installato all'interno di
una abitazione uno strumento per misurare l'inquinamento elettromagnetico
proveniente dalla nuova antenna. Ci vorranno circa una decina di giorni prima di
terminare questa misurazione che ovviamente è un atto dovuto verso la salute dei
nostri cittadini». La centralina mobile in pratica sta memorizzando in questi
giorni costantemente i dati emessi dall'antenna: l'obbiettivo è verificare che
non vi siano sforamenti rispetto a quanto concordato con la società proprietaria
del traliccio. «Posso assicurare che la nostra sarà una verifica puntuale, come
sempre. Tra qualche giorno comunque potremo parlare dei numeri rilevati dalla
strumentazione», aggiunge l’assessore comunale Longo. Rimane il fatto che non
sono stati ancora apposti i cartelli per segnalare di non sostare in prossimità
dell'antenna. «Sui cartelli - aggiunge l’amministratiore - presumo che la
società proprietaria si stia attrezzando, anche perché sono stati prescritti
dall'Arpa. Spiace sapere che la società sia inadempiente, ma confido davvero che
sia questione di pochi giorni». Per quanto riguarda la mancanza di risposte da
parte del Comune, Longo ha ricordato che “diversi membri del Comitato hanno il
mio cellulare, e come è noto a tutto do la massima disponibilità a tutti per
essere rintracciato”. Più duri i toni del sindaco di Muggia, Nerio Nesladek:
«Quella del Comitato è una bugia, non siamo mai stati contattati dopo l'inizio
delle prove di trasmissione dell'antenna. A questo punto sono io ad invitare i
cittadini di Santa Barbara a contattare il Comune. Dovrebbero sapere che
lavoriamo per il bene di tutto il territorio, compreso il paese di Santa
Barbara, quindi devo dire che sono decisamente stupito quando sento dire che noi
non ci siamo fatti trovare. Auspico di sentirli il prima possibile».
Riccardo Tosques
IL PICCOLO - VENERDI',
30 maggio 2014
Rifiuti, M5S va alla Corte dei conti
Menis e Patuanelli: possibile un danno erariale per il
Comune
I portavoce e consiglieri comunali di M5S Paolo Menis e Stefano Patuanelli
hanno presentato una segnalazione alla Corte dei Conti «per chiedere di
verificare - si legge in una nota - se esiste un danno erariale per il Comune in
relazione al prezzo pagato ad AcegasAps per il servizio di raccolta e
smaltimento rifiuti nel 2013». Nel documento di dieci pagine si evidenzia come
«parte dei 31.875.800 del costo richiesto da AcegasAps non sia giustificato
dalla legge in materia e da dati di fatto». «Ci pare errato - sottolineano Menis
e Patuanelli - il calcolo dell'ammortamento e del valore residuo
dell'inceneritore. Nel piano economico finanziario del 2013 viene calcolato
l'ammortamento di tutto il valore residuo dell'inceneritore, invece i
conferimenti di rifiuti provenienti dal Comune rappresentano solo il 43,3% del
totale». Ancor più grave, per M5S, l'aver inserito nel calcolo della
remunerazione del capitale il “tax rate”, il carico fiscale gravante su
AcegasAps. Il “tasso di rendimento" - ricordano i grillini - viene calcolato
sommando il valore medio di rendimento dei titoli di stato, una maggiorazione di
due punti (e queste due voci sono previste dalla norma) e, in più, il cosiddetto
“tax rate”. La somma delle tre voci, nel Pef approvato dal Comune, determina un
tasso di rendimento finale del 12,07%. «La norma di riferimento però - dicono i
due grillini - non prevede l’ulteriore aumento per il “tax rate” che risulta
essere un ingiustificato aumento di costo». In pratica, secondo l’esposto
presentato da M5s, su una base di calcolo di 23 milioni 837mila euro (pari al
capitale netto investito per erogare il servizio) AcegasAps avrebbe applicato un
tasso del 12,07% invece che del 5,422%.
Acque pulite, Croazia sul podio europeo
Solo Cipro e Malta vantano una qualità migliore. Bandiera blu a 98
stabilimenti balneari distribuiti tra Istria e Dalmazia
FIUME Il verdetto, uno tra i più attesi e ambiti dagli
operatori turistici e non solo, è stato emesso dall’Agenzia europea dell’
Ambiente. Tra i Paesi comunitari, la Croazia si piazza al terzo posto nella
classifica stilata in base alla qualità delle acque di mare, preceduta soltanto
da altre due “perle”: Cipro e Malta. Gli esperti dell’agenzia hanno effettuato
campionamenti nelle acque antistanti poco meno di mille spiagge (927 spiagge per
la precisione) istriane, dalmate e quarnerine e hanno concluso che nel 95 per
cento dei casi si tratta di mare di alta qualità. Quest’ anno poi la bandiera
blu, il prestigioso e ambito riconoscimento ambientale, è stata assegnata a 98
stabilimenti e marina croati. A recitare la parte del leone, con nove vessilli
ciascuna, sono state tre importanti aziende alberghiere dell’Istria, le
parentine Plava laguna e Riviera Adria e la rovignese Maistra. Non male, anzi,
con tre bandiere a testa, l’umaghese Istraturist, la Laguna di Cittanova e l’
Arenaturist di Pola. Quattro i riconoscimenti toccati alla municipalità di
Albona e tre a quella di Parenzo. Prossimamente vedremo le bandiere blu
sventolare anche in diversi stabilimenti quarnerini, compresi quelli presenti
sulle isole di Veglia, Lussino, Cherso e Arbe. Per quanto riguarda Abbazia, è
stata premiata la struttura di Icici, mentre Fiume – ormai ex centro industriale
– può vantare due spiagge con tanto di vessillo blu, entrambe situate a
Costabella. Si tratta dello stabilimento Ploce (che il concessionario ha deciso
di chiamare Fiumana beach), sovrastato dal polo natatorio e di Kostanj,
attrezzato per i diversamente abili. Nella vicina Kostrena (o meglio dire a
Žurkovo) il premio è andato alla spiaggia Svežanj. In riferimento a Cherso, il
riconoscimento è toccato alla spiaggia del campeggio Kovacine. A Lussino tre le
strutture che vedranno la presenza della caratteristica bandiera: Poljana, Punta
e Veli Žal. Ad Arbe si è voluto encomiare in questo modo la spiaggia Suha Punta
- Karolina, mentre l’isola di Veglia ha conquistato il titolo di campione
quarnerino, con nove riconoscimenti riguardanti il capoluogo: si tratta di
Castelmuschio, Malinska, Ponte, Dobrinj e Bescanuova. Quanto alle spiagge
dalmate, merita una sottolineatura particolare quella leggendaria delle
Botticelle (Bacvice) a Spalato, nota soprattutto per attirare ogni anno migliaia
di amanti del “pizzighin”. Si tratta del gioco che vede uomini e donne in
costume da bagno lanciarsi una pallina di gomma con colpi di mano e di altre
parti del corpo e il cui obiettivo è l’evitare il più a lungo possibile che la
piccola sfera tocchi la superficie del mare.
Andrea Marsanich
IL PICCOLO - GIOVEDI',
29 maggio 2014
Museo di campo marzio - Ferrovie in degrado - Volontari
in bus
I volontari del Museo ferroviario di Trieste Campo Marzio
sono stati costretti a noleggiare un autobus per raggiungere Gorizia, in
occasione del Festival “èStoria – Trincee”, nell’impossibilità di organizzare il
treno programmato, utilizzando la storica Transalpina all’andata e la
Meridionale al ritorno.
Via dai parchi 15mila carcasse d’auto
Operazione organizzata dal fotografo Ibriševi„. Ripulite anche le isole
del Quarnero e della Dalmazia
FIUME La pregevole iniziativa ha un padre, il fotoreporter croato Romeo
Ibriševi„ e in dieci anni ha dato risultati più che apprezzabili. Avviata nel
2004, la rimozione di carcasse d’auto dai parchi nazionali e naturali in Croazia
ha permesso di liberare queste aree in regime di speciale tutela dalla presenza
di ben 15 mila macchine, abbandonate dai soliti furboni e balordi di turno.
Ibriševi„ si è rivolto giorni fa ai colleghi, spiegando di aver voluto avviare
quest’azione perché in alcuni parchi la situazione era ormai diventata
insostenibile, a tutto danno della cosiddetta immagine verde e azzurra della
Croazia: «Debbo dire che la rimozione delle vetture e di altri rifiuti solidi
urbani non si è avuta in modo organizzata, bensì ha visto agire i singoli che
hanno dimostrato un alto grado di civiltà e coscienza ambientale». Quindi
Ibriševi„ ha specificato che le carcasse sono state tirate via dai fiumi Zrmanja,
Kupa e Sava, da cascate (Zareški krovi), da laghi (Ba›insko jezero e Imotska
jezera), da fondali marini (Santa Maria Maddalena, Obi›aj e Lisi›arka), da
alture (Monte Maggiore, Velebit o Alpi Bebie, Dinara, Papuk e Medvednica), dalla
pianura slavone, da grotte e colline in tutto il Paese. Le rimozioni hanno
riguardato anche un sacco di isole dalmate e quarnerine che citiamo in ordine
sparso: Lussino, Veglia, Ugliano, Isola Lunga, Lesina, Lissa, Curzola, Lagosta e
Meleda. In questi giorni Ibriševi„ è a Busi (Biševo), in Dalmazia, dove assieme
ad un gruppo di amici sta facendo quanto fatto nell’ultimo decennio: portare via
le inguardabile e arrugginite automobili, la cui presenza deturpa il paesaggio.
Come le 15 mila precedenti, anche le carcasse di Busi saranno trasportate negli
appositi centri di riciclaggio. «Abbiamo ancora tanto lavoro da fare – ha
ammesso il noto ecologista – ma intanto siamo di fronte a risultati tangibili,
che ci rendono particolarmente orgogliosi». Restando in tema, c’è da segnalare
l’azione denominata RiMar 2014 che pochi giorni fa ha visto una sessantina di
subacquei italiani, sloveni, statunitensi, olandesi e croati ripulire il fondale
del porto di Fiume. L’iniziativa è stata firmata dal locale ente turistico e da
Kvarner diving, l’associazione che riunisce i club per le attività subacquee
della regione quarnerino–montana. I sub sono stati supportati dai volontari
dell’ associazione “La Riva dei nostri nipoti” e dagli allievi del Nautico di
Buccari. In circa due ore, in superficie è stato riportato di tutto: pneumatici,
carrelli della spesa, sedie, ringhiere, un frigorifero, una bicicletta, reti da
pesca, nasse e tante, tante bottiglie di plastica. Il tutto è stato trasportato
nelle apposite discariche.
Andrea Marsanich
IL PICCOLO - MERCOLEDI',
28 maggio 2014
Porto Vecchio, non si passa - Ai varchi tornano i
divieti
Un’ordinanza dell’Autorità portuale vieta il passaggio a veicoli e
persone per motivi di sicurezza. Dalle mostre ai concessionari, previste deroghe
Di porto praticamente non ha più nulla, ma sono tornati in vigore i divieti
d’ingresso e di circolazione, pur con una serie di deroghe, che si addicono a un
vero scalo anche nell’area dove il prefetto Francesca Adelaide Garufi ha
prolungato la sospensione del regime di Punto franco fino al prossimo 31
dicembre. La frattura del Porto Vecchio con la città dunque torna ad essere
totale nonostante la presenza interna anche di un Polo museale che ha nella
Centrale idrodinamica il suo principale insediamento. Così vuole l’ordinanza
della presidente dell’Autorità portuale Marina Monassi che porta la data del 17
aprile, «immediatamente esecutiva», ma mai pubblicizzata se si esclude il sito
web dell’Authority. Entrerà in funzione nei prossimi giorni quando sarà
terminata la collocazione della segnaletica anche se l’ingresso dal lato di
viale Miramare risulta sguarnito. In queste settimane hanno continuato ad
entrare ciclisti, jogger, curiosi, fidanzati in cerca di intimità e addirittura
turisti. Secondo l’Authority anche senzatetto, clandestini e potenziali vandali.
La decisione di chiudere dopo che sono tornate libere le aree restituite da
Portocittà sarebbe stata presa per motivi di sicurezza, per salvaguardare i
manufatti, ma soprattutto per prevenire possibili incidenti dati evidentemente
gli edifici pericolanti, le rotaie e altre fonti di pericolo. L’ordinanza dunque
impone il divieto di accesso e di transito veicolare e pedonale dalle 0 alle 24.
In deroga, per tutto l’arco delle 24 ore possono comunque entrare i mezzi delle
autorità e delle amministrazioni, quelli di soccorso, dell’Autorità portuale,
quelli che eseguono interventi manutentivi, che sono di concessionari o che
comunque sono stati autorizzati dalla stessa Authority. Tra le 8 e le 20 possono
entrare anche i fornitori dei concessionari, chi è coinvolto in manifestazioni
sportive, culturali, espositive e di intrattenimento autorizzate dall’Autorità
portuale o dall’Istituto di cultura marittimo-portuale, i visitatori degli
edifici museali della Centrale idrodinamica, della Sottostazione elettrica e del
Magazzino 26, i corsisti dell’Istituto di cultura marittimo-portuale, i mezzi e
le persone espressamente autorizzati dalla stessa Autorità portuale. La deroga
può essere estesa fino alle 24 in caso di eventi serali. L’ordinanza fa anche
presente che i contravventori saranno sanzionati ai sensi dell’articolo 1174 del
Codice della navigazione che riguarda l’inosservanza di norme di polizia e
afferma nel secondo comma che «se l’inosservanza riguarda un provvedimento
dell’autorità in materia di circolazione nell’ambito del demanio marittimo o
aeronautico, si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da
euro 51 a a euro 309». In questo modo comunque Marina Monassi afferma la propria
potestà sul Porto Vecchio e forse intende mettere al riparo da occhi indiscreti
il trasferimento di arredi, mezzi e personale dalla Torre del Lloyd al Magazzino
26 dove dovrebbe sorgere la nuova sede della stessa Autorità portuale. Tutto
mentre manca solo un mese alla scadenza del bando per le domande delle nuove
concessioni.
Silvio Maranzana
Il prefetto: chiederò i motivi ma l’Ap ha poteri
sull’area - il sindaco: cosÌ si riallontana la citta'
I divieti di accesso e transito nell’area del Porto Vecchio in cui vige la
sospensione temporanea del punto franco, l’area riaperta al pubblico nel 2011
con l’occasione della Biennale al Magazzino 26, sono stati introdotti
sostanzialmente per questioni di sicurezza delle persone ma anche di autotutela
dell’Autorità portuale. Da una parte quell’area - e quanto vi può accadere,
compresi incidenti a ciclisti o pedoni - dopo il ritiro di Portocittà è tornata
alla disponibilità e alla responsabilità dell’Authority. Dall’altra, la stessa
area di sera si può popolare anche di senzatetto e malintenzionati. Da qui
appunto - fanno sapere dagli uffici della Torre del Lloyd - l’ordinanza,
«immediatamente operativa» dalla data di emissione del 17 aprile ma per la cui
applicazione in realtà si sta attendendo il posizionamento, ai varchi, di nuova
cartellonistica (oltre a quella già esistente), che dovrebbe avvenire nel giro
di pochi giorni. Resta il fatto che agli ingressi non ci sono controlli: almeno
non fino al 31 dicembre prossimo, data nella quale infatti scadono tanto la
validità dell’ordinanza quanto la sospensione del regime di punto franco
concessa dal prefetto Francesca Adelaide Garufi. Una sospensione rinnovata
appunto fin dal 2011 di anno in anno, con l’effetto pratico di aprire alla città
la zona su cui ora si pongono limitazioni. Il prefetto premette di non essere a
conoscenza dell’ordinanza: «Non parlo di cose che non so. Chiederò all’Authority
di avere il provvedimento e di conoscerne le ragioni, così da sincerarmi che non
vi sia contraddizione con il decreto» di sospensione del punto franco. Ma «devo
presupporre - precisa subito Garufi - che essendo stata adottata da un’autorità
che su quelle aree ha competenza, ci saranno motivazioni che rendano l’ordinanza
in questione necessaria ovvero utile. Perché è vero che in regime di sospensione
del punto franco la gente potrebbe entrare liberamente nell’area», ma i due
fattori - annota il prefetto - non sono consequenziali. «L’ordinanza può avere
molte motivazioni, ma attiene alla circolazione all’interno di un ambito
portuale sulla cui regolamentazione - ribadisce Garufi - l’Authority ha ampi
poteri. La competenza è sua». Il sindaco Roberto Cosolini intanto «prende atto»
dei nuovi divieti di cui ha saputo da poco: «Ci saranno sicuramente motivi di
sicurezza e di responsabilità a monte, ma certo questo e tutto un insieme di
altri fattori allontanano quella che era l’aspirazione di tutta la città:
tornare a vivere il Porto Vecchio. Così si va in direzione opposta, si richiude.
Credo sarebbe giusto se la presidente dell’Autorità portuale spiegasse
pubblicamente le sue ragioni. Anche perché la sensazione - chiude Cosolini - è
che eventuali malintenzionati in Porto Vecchio continueranno a entrare, mentre a
sentirsi inibiti all’ingresso saranno semmai i “normali” cittadini».
(p.b.)
IL PICCOLO - MARTEDI',
27 maggio 2014
Nuova pista ciclabile: niente più Rive - Parte da Campo
Marzio
Cosolini ha incontrato l’associazione di ciclisti
urbani, si studia il limite di 30 all’ora in un pacchetto di vie
«A causa del dialogo difficile con l’Autorità portuale non si potrà
sviluppare lungo le Rive la prevista nuova pista ciclabile del centro cittadino,
bensì collegherà Campo Marzio a via Orlandini da dove già parte la ciclopedonale
Giordano Cottur». Lo ha dichiarato ieri pomeriggio il sindaco Roberto Cosolini
al termine di un incontro avuto assieme all’assessore alla Pianificazione urbana
Elena Marchigiani con una delegazione dell’associazione di ciclisti urbani
Ulisse Fiab. «Sono state anche prese in esame una serie di vie lungo le quali
per questioni di sicurezza in particolare per chi si muove in bicicletta
potrebbe essere introdotto il limite di velocità di 30 chilometri orari -
aggiunge il sindaco - e infine si è esaminata la questione degli stalli per il
parcheggio delle biciclette che il Comune ha già incominciato a collocare». Il
dialogo è proficuo, ma dalle parole dello stesso sindaco e dal fatto che Ulisse
Fiab non ha recapitato un preannunciato comunicato si capisce che le posizioni
non sono ancora coincidenti. Già in mattinata il Comune in una nota ha comunque
annunciato, e poi se ne è discusso nell’incontro, che entro l’anno partiranno i
lavori per la realizzazione appunto della pista ciclabile tra Campo Marzio e via
Orlandini, «il cui progetto - viene rilevato - è in fase di studio da parte
degli uffici comunali e sarà condiviso con le associazioni di ciclisti».
L’opera, finanziata da Comune e Regione, sarà completata nel primo semestre del
2015. Sono anche partiti, come ha informato lo stesso Comune, i lavori per
installare la segnaletica stradale che evidenzia l’itinerario ciclabile (non la
pista) che si sviluppa dalla stazione ferroviaria di piazza Libertà fino alla
stessa pista ciclopedonale Cottur, nella zona appunto di via Orlandini. È questa
la diramazione che si diparte verso il centro di Trieste delle ciclovia
regionale chiamata Fvg2-Adriabike, un percorso transnazionale che toccherà le
città di Kranjska Gora e Capodistria in Slovenia e in Italia, oltre a Trieste,
anche a Venezia e a Ravenna e che attualmente è in fase di pianificazione per
alcuni tratti e di realizzazione per altri. «L’itinerario - si legge nella nota
- è stato studiato e condiviso tra Comune, Regione e le associazioni ciclistiche
Ulisse-Fiab con l’obiettivo di individuare un percorso agevole, ma al contempo
interessante per i cicloturisti sia dal punto di vista paesaggistico che da
quello storico-artistico.» Di conseguenza, il percorso di andata si snoda lungo
le rive cittadine e tocca Passeggio Sant’Andrea, viale Campi Elisi, via D’Alviano,
via Lorenzetti e via Orlandini. Il percorso di ritorno per un tratto si discosta
da quello di andata toccando punti di particolare interesse turistico quali
piazza Venezia, piazza Unità, piazza della Borsa, il canale di Ponterosso e
piazza Libertà. Un secondo itinerario ciclabile è già stato evidenziato alcuni
mesi fa dal Comune con apposita segnaletica: è il percorso di collegamento tra
la stessa ciclopedonale Cottur e la “Parenzana” in Slovenia che segue un
itinerario che si sviluppa lungo via Costalunga, via della Pace, via dell’Istria
e via Flavia per continuare poi nel territorio comunale di Muggia. In questo
modo il centro della città è collegato per via ciclabile anche con la Slovenia.
(s.m.)
«Val Rosandra, nessuno sfregio»
Sentiti i consulenti della difesa. Il 30 giugno testimonierà Premolin
Non c’è stato sfregio della Val Rosandra nel 2012. Anzi: la Valle, più che
vittima della “tosatura”, è esposta ad accesso incontrollato dell’uomo e dei
suoi cani, che possono - quelli sì - incidere sulla vita della fauna. È quanto
hanno sostenuto i consulenti della difesa chiamati ieri pomeriggio a deporre
davanti al giudice Marco Casavecchia nel processo per presunto disastro
ambientale in concorso a carico dell’allora vicegovernatore Luca Ciriani più il
capo, la funzionaria e il dipendente della Protezione civile regionale Guglielmo
Berlasso, Cristina Trocca e Adriano Morettin. Secondo il professor Giuliano
Sauli, ingegnere naturalista, il preteso danno è reversibile, pressoché
spontaneamente, in 10, 15 anni, e non c’è stata invasione di piante infestanti
dopo il taglio degli alberi. Per il dottor Luca Lapini, zoologo, la fauna
dell’alveo non è stata “rivoluzionata” dal taglio stesso. Prossima udienza il 30
giugno, quando - riferisce l’avvocato dello Stato Marco Meloni, che rappresenta
il Ministero dell’Ambiente come parte civile - saranno sentiti i testi della
difesa, tra cui l’ex sindaco di San Dorligo Fulvia Premolin.
(pi.ra.)
SAN DORLIGO - «Discutiamo il recupero della Val
Rosandra»
SAN DORLIGO DELLA VALLE Un piano di recupero per la Val Rosandra da
discutere tutti assieme. Lo propongono Alessandro Capuzzo, ex consigliere
comunale di San Dorligo, Tiziana Cimolino del Comitato per l’acqua bene comune
di Trieste, e Lucia Sirocco, presidente di Legambiente. «Il 23 maggio di due
anni fa - scrivono i tre nella nota - promuovemmo un incontro tra
amministrazione e naturalisti a San Dorligo a due mesi dal discusso intervento
di deforestazione: si era pensato di poter giungere a un piano di recupero
concordato ed era stato raggiunto un accordo verbale. Tutto è stato poi rinviato
per difficoltà e resistenze legate al processo in tribunale, tuttora in corso.
Le linee essenziali del piano di recupero si basavano su cinque punti, e cioè
monitoraggio, prevenzione, coltivazione, progetti formativi e inserimento nei
progetti Interreg esistenti. Si ipotizzava inoltre, quale primo atto, un
intervento necessario di pulizia del sito da ailanto e robinie. A due anni di
distanza e in vista del termine del processo, invitiamo pertanto i soggetti
interessati a incontrarsi, e proponiamo quale sede per l’incontro la Casa del
giovane di San Sabba». Proposta d’incontro che è indirizzata alla popolazione di
San Dorligo e ai cittadini mobilitatisi in difesa della Val Rosandra, agli
scienziati naturalisti Poldini, Dolce, Nimis, Bressi, Colla e Gasparo che hanno
partecipato agli incontri ma anche all’amministrazione di San Dorligo e ai
rappresentanti delle Comunelle di Boljunec. E poi al Comitato per la
salvaguardia della Val Rosandra e alle associazioni ambientaliste, al nuovo
consiglio comunale e alle forze politiche provinciali. «Con l’invito a tutti -
concludono nella nota - a collaborare per una gestione solidale dell’incontro».
Peculato, arrestato l’ex ministro Clini
Secondo l’accusa avrebbe distratto 3,4 milioni da un finanziamento
governativo destinato alle risorse idriche dell’Iraq
TRIESTE L’ex ministro dell’Ambiente Corrado Clini, che in provincia di
Trieste - dove è stato anche presidente di Area science park - ha una seconda
residenza, è stato arrestato ieri e messo agli arresti domiciliari dalla Guardia
di finanza con l’accusa di peculato. Assieme a un ingegnere di Padova, Augusto
Calore Pretner, avrebbe distratto 3,4 milioni di euro dal finanziamento di 54
milioni, con cui il ministero, del quale Clini è direttore generale dal 1989 (e
lo è ancora oggi con l’incarico di Direttore per lo sviluppo generale, per il
clima e per l’energia, dopo la parentesi da ministro con Monti premier) supportò
il progetto “New Eden” per la protezione di ambiente e risorse idriche nel
bacino del Tigri e dell’Eufrate in Iraq. Secondo la ricostruzione fatta dalla
Finanza nell’ambito di un’inchiesta coordinata dalla Procura di Ferrara, grazie
a false fatturazioni emesse da società olandesi e caraibiche, i soldi sarebbero
finiti, tra settembre 2007 e gennaio 2011, in banche svizzere su conti
riferibili agli arrestati. L’ultimo atto di rilievo preso da Clini nei confronti
di Trieste, di cui riferiamo nel riquadro, riguarda la sospensione per sei mesi
del via libera ambientale dato dal governo precedente al rigassificatore di
Zaule, ma si ha notizia di un suo intervento all’Area di ricerca di Padriciano
già nel lontano 28 febbraio 2001. Riappare in città il 26 luglio 2010, accanto
all’allora sottosegretario triestino all’Ambiente Roberto Menia, per presentare
una serie di progetti per la produzione e l’uso di energie alternative concepiti
in Area science park, che entrano a far parte del Piano energetico del Ministero
dell’Ambiente. I tempi stanno diventando maturi affinché Clini divenga
presidente di Area science park e la nomina da parte dell’allora ministro
Mariastella Gelmini arriva il 5 agosto 2011. Ma la scalata continua e l’incarico
viene lasciato quasi subito, dopo che Mario Monti il 16 novembre dello stesso
anno lo nomina ministro dell’Ambiente. Nel frattempo però Clini è divenuto un
habituè di Trieste e in particolare di Duino dove in una residenza di prestigio
abita la sua fidanzata, la triestina Martina Hauser che diventa anche consulente
dello stesso ministero, oltre che assessore a Cosenza. Clini non lesina presenze
nel palazzo della Regione e in quello dell’Autorità portuale impegnato anche
sulle questioni delle bonifiche e della riconversione della Ferriera con
rapporti sempre cordiali e collaborativi con i media. Ha raccontato Fabrizio
Fabbri capo segreteria dell’ex ministro Pecoraro Scanio: «Nel 2008 tentammo di
sostituirlo, dimostrò di avere robusti appoggi politici e perdemmo la partita.
Col tempo scoprimmo che aveva costruito una rete di relazioni importanti non
solo in Italia, ma in tutto il mondo. In Cina e nei Balcani è il regista di una
diplomazia parallela a quella del ministero degli Esteri. È capace, preparato,
ambizioso. L'obiettivo principale di Clini? È Clini».
Silvio Maranzana
Nell’aprile 2013 sospese per sei mesi il Via per il
rigassificatore di Zaule
Il 4 aprile 2013 Corrado Clini, allora ministro
dell’Ambiente, firmò il decreto con il quale venne sospesa per sei mesi
l’efficacia della Valutazione d’impatto ambientale (Via) rilasciata nel luglio
2009 alla società catalana Gas Natural riguardo al rigassificatore di Zaule. Si
trattò in sostanza dello stop a un progetto che aveva visto esprimersi in
maniera contraria tutte le amministrazioni elettive del territorio. In questo
lasso di tempo secondo Clini la soluzione si sarebbe potuta sbloccare in due
modi soltanto: l’indicazione da parte della stessa Gas Natural di un sito
alternativo a Zaule, oppure la rideterminazione del proprio Piano regolatore da
parte dell’Autorità portuale che aveva definito il rigassificatore incompatibile
con lo sviluppo dei traffici marittimi. Il 15 aprile scorso il viceministro
Claudio De Vincenti ha affermato che il procedimento si concluderà
presumibilmente con la revoca dell’autorizzazione.
(s.m.)
IL PICCOLO - LUNEDI',
26 maggio 2014
«Commercio, dalle categorie una posizione condivisa»
Cosolini sui nuovi insediamenti in zona industriale
stoppati dal Prg: disponibili a sederci a un tavolo ma davanti a un orientamento
preciso. E attenti ai rischi
Investitori pronti a mettere sul piatto decine di milioni di euro per nuovi
insediamenti commerciali in zona industriale via Flavia - Ezit, ma costretti a
rinunciare da un Piano regolatore a maglie troppo strette? Alla denuncia di
Fabio Padovan - che però vede concordi su questa posizione Dario Bruni e Paolo
De Alti, presidente e direttore di Ezit - il Comune risponde dicendosi
disponibile a un tavolo di discussione sul Prg per quella zona. Purché - ed è un
purché preciso - le varie categorie economiche ci arrivino con una posizione
unitaria, o quantomeno prevalente. E purché ci sia coscienza delle ricadute che
una eventuale liberalizzazione su più fronti comporterebbe. A dirlo è il sindaco
Roberto Cosolini, non prima di avere sottolineato in premessa come
«l’urbanistica non si fa su commissione, in relazione alle esigenze dell’una o
dell’altra proprietà». Il sindaco chiarisce le premesse in base alle quali il
nuovo Prg ha previsto per quell’area insediamenti commerciali a basso impatto,
esclusi alimentare o abbigliamento: «Da un lato per evitare lo spostamento del
baricentro commerciale verso la periferia, consci che tra l’altro la rete,
soprattutto nell’alimentare, è già estesa e con alcune situazioni di crisi;
dall’altro per evitare una generale crescita dei prezzi dei terreni che
diverrebbero fuori portata per artigiani o piccoli industriali». E poi:
«Liberalizzazione totale? Si può fare, ma se si prende questa scelta - e la si
deve prendere anche con la Regione - si sancisce la fine dell’Ezit, ente nato
appunto per gestire lo sviluppo industriale del territorio e che in questa
situazione non avrebbe più senso». Ma se «è piuttosto normale che un
imprenditore voglia comprare a prezzo politico e poi magari realizzare prezzi di
mercato quando rivende», osserva Cosolini, c’è anche un altro nodo. Quello delle
posizioni in campo assai diverse l’una dall’altra. Confcommercio presenta
ricorsi contro i monomarca approvati dal Consiglio comunale, Confindustria i
monomarca li approva ma deve tutelare anche gli insediamenti industriali, Bruni
(anche presidente di Confartigianato) dall’Ezit sottolinea di essere costretto a
rifiutare investimenti commerciali. Ebbene, «esiste una casa dell’economia -
dice il sindaco - dove tutte queste associazioni di categoria sono
rappresentate, ed è la Camera di commercio intesa appunto come forma di
autogoverno delle categorie. Limitarsi al vittimismo e all’additare le
istituzioni non è un buon modo di rappresentare imprenditori né lavoratori: sono
in grado le diverse categorie di discuterne in Camera di commercio e di uscire
con una posizione prevalente, che sarà poi quella che il presidente (Antonio
Paoletti, ndr) dovrà rappresentare? Perché se non c’è questa capacità,
dell’autogoverno rimane molto poco. Nessuna intenzione di far decidere a
qualcuno per noi, beninteso: ma certo una proposta unitaria sarebbe meglio che
una recriminazione da divisi...» Il sindaco torna infine sull’annunciata
chiusura di Godina, dopo che il segretario dell’Ugl Matteo Cernigoi ha invitato
il Comune e le altre istituzioni a considerare nuove politiche commerciali a
difesa dei posti di lavoro, additando come «le ultime iniziative comunali in
merito alla creazione del "salotto buono" triestino stiano facendo andare nel
dimenticatoio le periferie e le botteghe di quartiere». «Via Carducci - replica
Cosolini - non può considerarsi periferia: vicina a tre sedi della Regione, alle
principali fermate del bus, a parcheggi. La prima amministrazione comunale ad
avere esteso la Notte dei saldi con iniziative anche in quella zona è stata la
nostra - prosegue Cosolini - e se il Comune può continuare a lavorare su
turismo, trasporti pubblici, riqualificazione, la promozione - e so che Godina
la faceva - spetta alle imprese, e a chi come la Camera di commercio ha risorse
affidate allo scopo». Quanto alla chiamata in causa dall’Ugl, «prendo volentieri
le critiche dei lavoratori che perdono il posto ma a certi rappresentanti
sindacali potrei fare una proposta», dice Cosolini: «Facciamo un accordo per cui
le maestre dell’infanzia fanno nove settimane di riposo all’anno invece che 11 e
lavorano nei centri estivi. I soldi che il Comune risparmierebbe sugli appalti
esterni li potrebbe investire in iniziative mirate a tutela e sviluppo del
lavoro in commercio e servizi. Vediamo se il sindacato comincia a essere in
grado di governare anche le contraddizioni al suo interno...»
(p.b.)
IL PICCOLO - DOMENICA,
25 maggio 2014
«Zona industriale, pronti investitori con 80 milioni»
L’Ezit conferma: cinque proposte, anche da gruppi
sloveni, e centinaia di posti di lavoro. Padovan: «Ma bisogna modificare il
Piano regolatore»
Il commercio in centro arranca e la bandiera bianca alzata da Godina è solo
l’ultimo e il più clamoroso degli esempi? «In periferia potrebbe invece
prosperare ma è strozzato proprio a causa del protezionismo che la politica
adotta nei confronti dei dettaglianti del cuore della città. Soltanto nell’area
compresa tra via Flavia e via Pietraferrata si stanno buttando via 80 milioni di
investimenti e 250 posti di lavoro». L’accusa viene da Fabio Padovan, titolare
della concessionaria Peugeot, che occupa una delle aree su cui hanno messo gli
occhi i nuovi investitori, ma trova perfettamente concorde l’Ezit con il suo
presidente Dario Bruni e il direttore Paolo De Alti. È la prosecuzione della
battaglia apertasi con i cosiddetti monomarca alla fine approvati dal Consiglio,
ma stavolta Ezit e potenziali investitori non trovano ostacoli essenzialmente in
Confcommercio e Forza Italia com’era accaduto all’inizio dell’anno, ma anche
nella stessa giunta comunale di centrosinistra, a causa del nuovo Piano
regolatore recentemente adottato. «La destinazione d’uso della zona in questione
è rimasta sostanzialmente la stessa - spiega Padovan - ammette solo il
commerciale a basso impatto escludendo alimentari, casalinghi, abbigliamento
vanificando tutte le nuove richieste di insediamento, mentre qui potremmo avere
non solo supermercati, ma anche centri di distribuzione alimentare, negozi di
complementi d’arredo, centri servizi e wellness, laboratori medici, palestre,
piscine, oltre alle botteghe artigianali e alle forniture di materiali per
l’edilizia. Ci sono gli imprenditori e i soldi, ma vengono messi in fuga. Credo
che il Piano regolatore si possa cambiare, oppure si possa fare un nuovo
regolamento, non vi sono leggi nazionali o europee che lo impediscono». Anzi,
secondo De Alti, la direttiva europea Bolkenstein liberalizzerebbe ogni forma di
commercio. L’Ezit conferma che per l’area compresa tra via Flavia e via
Pietraferrata, al di fuori del Sito inquinato di interesse nazionale, sono state
presentate cinque proposte di potenziali investimenti commerciali non ancora
completamente dettagliati, ma che comunque confliggono tutti sia con la
normativa urbanistica comunale-regionale tuttora in vigore che con il nuovo
Piano regolatore adottato dal Comune. La prima arriva da investitori sloveni
interessati all’area di 20mila metri quadrati dell’ex Cotonificio Olcese, tra le
vie Follatoio e Flavia di proprietà dell’Ezit. Per realizzare un centro di
commercio al dettaglio di generi non alimentari ad alto impatto previsti un
investimento di 15 milioni con 100-150 assunzioni. Sull’area della
concessionaria Padovan, 8mila metri quadrati, hanno messo gli occhi investitori
tedeschi per un centro di commercio al dettaglio di alimentari con 14milioni di
investimento e 80 assunzioni. Altre attività nel settore commerciale sono state
ipotizzate da altri investitori sloveni nell’area di 9mila metri quadrati della
Dino Conti in strada della Rosandra: 8 milioni di investimenti e 50-70
neoassunti. La società del Gruppo Conad, Commercianti indipendenti di Forlì,
intende invece realizzare su 6mila metri quadrati in via Carletti un
supermercato rionale con 30 nuovi assunti. A questi interessi, si aggiunge
quello della Porta Rossa spa che intende realizzare una struttura per la grande
distribuzione, esclusi gli alimentari, su 2.500 metri quadrati, progetto questo
incluso tra i cosiddetti monomarca.
Silvio Maranzana
Bruni: ricorso della Confcommercio anche contro la
Conad
Dario Bruni, presidente dell’Ezit, lo ripete da tempo:
«Sono anni che non ci arriva una richiesta di nuovo insediamento industriale,
mentre piovono quelle per insediamenti commerciali: non è autolesionistico
continuare a respingerle rinunciando a centinaia di posti di lavoro?» Il
direttore De Alti è ancora più esplicito: «Stiamo forse aspettando che ci arrivi
il progetto per mettere in via Flavia una seconda Ferriera? Mentre oltretutto
sull’altro lato della stessa strada già sorgono molti esercizi commerciali». Ma
l’opposizione della Confcommercio è a tutto campo. «Abbiamo licenziato una
delibera con cui autorizzavamo il rogito per la vendita dell’area di via
Carletti al Gruppo Conad pur sottolineando che lì non è possibile fare un
supermercato -rivela Bruni - Bene, la Confcommercio ha avanzato ricorso al Tar
anche contro questa delibera».
(s.m.)
Tiare shopping potrà solo raddoppiare
La giunta stoppa ulteriori ampliamenti del polo commerciale di Villesse.
Santoro: «Il territorio non reggerebbe l’impatto»
VILLESSE Le sue dimensioni potranno raddoppiare grazie alle autorizzazioni
che risalgono ancora alla precedente giunta regionale targata Tondo. Ma oltre al
raddoppio, il già oggi gigantesco parco commerciale di Villesse non potrà
espandersi ulteriormente. A decretarlo l’amministrazione regionale che ha
impresso, di fatto, uno “stop” alla nuova richiesta d’ampliamento. Tecnicamente,
l’esecutivo regionale (su proposta dell’assessore alle Infrastrutture e alla
Pianificazione territoriale Maria Grazia Santoro) ha deciso di stralciare dalle
proposte di modifica del Piano-struttura del Comune di Villesse le direttrici di
espansione dell’ambito del parco commerciale Ikea: ciò per il rispetto delle
scelte e degli impegni assunti in sede di “Accordo di programma” sottoscritto
nel 2006 (e della sua successiva novazione del 2011) tra la Regione Fvg, i
Comuni di Villesse e Romans d’Isonzo e gli imprenditori privati. Ogni previsione
pianificatoria relativa a possibili sviluppi del Parco commerciale, ammonisce la
Regione, dovrà essere preventivamente sostenuta da «una valutazione complessiva
degli effetti di tipo ambientale-paesaggistico e viabilistico che tali scelte
potrebbero determinare, in primis, rispetto ai contenuti dell’Accordo di
programma. Soltanto in tale sede, andranno (previa verifica delle possibili
ricadute) eventualmente riviste le previsioni e rinegoziati gli impegni
reciproci assunti da tutti i partecipanti all’accordo stesso». Sin qui le
comunicazioni ufficiali che sembrano lasciare ancora semiaperta una porta. Ma a
chiuderla ci pensa l’assessore regionale Maria Grazia Santoro che abbiamo
contattato e che chiarisce il pensiero della giunta. «Forse non tutti sanno che
la struttura attualmente realizzata a Villesse è soltanto la metà di quello che
si può ancora costruire. E la proprietà ha già in tasca tutte le autorizzazioni
per poter raddoppiare la superficie di vendita. Fatta questa precisazione, alla
Regione è giunta la richiesta di poter ampliare ulteriormente il parco
commerciale, oltre il raddoppio già previsto. Lascio immaginare ai lettori quale
potrebbe essere l’impatto di una simile struttura. Ritengo che in questo momento
non ci siano le condizioni per poter dare il via libera a un simile programma.
Ulteriori ampliamenti non possono essere autorizzati a cuor leggero, considerato
anche il “peso” che la grande distribuzione già oggi ha in Friuli Venezia
Giulia». L’assessore Santoro chiude con una preghiera. «Non deve passare il
concetto che la nostra amministrazione ammette il raddoppio del parco
commerciale perché l’autorizzazione risale a prima del nostro arrivo: quindi, la
nostra è stata una presa d’atto».
Francesco Fain
Già in aprile l’allarme cementificazione lanciato dalle
associazioni ambientaliste
Era il 29 aprile scorso e il Wwf bocciò senza se e senza
ma il nuovo piano regolatore di Villesse. Il motivo? «Il nuovo strumento
urbanistico - sostennero gli ambientalisti - lascia ampio margine a ipotesi di
ampliamento del Parco commerciale, per ulteriori 154.296 mq, una volta
completati gli spazi già realizzati: un'ipotesi da rigettare senza appello,
perché condannerebbe un territorio già fortemente provato». Per l'associazione
ambientalista «le nuove scelte pianificatorie di Villesse, che dovranno dare gli
indirizzi per il futuro del Comune, non esprimono la volontà intrinseca del
territorio ma derivano di fatto da un accordo politico (stipulato tra degli enti
pubblici e un privato) che prevedeva la costruzione del parco commerciale, poi
effettivamente realizzato». La decisione della giunta regionale sembra andare
nella direzione degli auspici formulati dal Wwf.
IL PICCOLO - SABATO,
24 maggio 2014
Gazprom riduce i prezzi del gas all’Eni
L’accordo con il colosso russo rivede i contratti per
l’approvvigionamento. E la società italiana guadagna l’1,7% in Borsa
ROMA Un atto importante nella politica energetica nazionale, che potrà anche
riflettersi sulla bolletta del gas. Il nuovo amministratore delegato di Eni,
Claudio Descalzi, che ha recentemente preso il posto di Paolo Scaroni alla guida
del colosso partecipato dal Tesoro, ha firmato con l'omologo del gigante russo
Gazprom, Alexey Miller, un accordo sulla revisione dei contratti di
approvvigionamento del gas. L'accordo - si legge in una nota - prevede una
riduzione dei prezzi delle forniture e un cambiamento importante nelle modalità
di indicizzazione assicurando il pieno allineamento con il mercato. Inoltre, nel
2014 la capacità di Eni di recuperare gas prepagato all'interno delle clausole
di “take or pay” sarà significativamente aumentata. I termini dell'accordo si
applicano retroattivamente dall'inizio del 2014. L'accordo, sottolinea il
comunicato, «rappresenta un cardine dell'impegno di Eni di rinegoziare tutti i
contratti di fornitura gas a lungo termine con terze parti, con l'obiettivo di
disporre di un portafoglio di approvvigionamenti pienamente competitivo».
L’annuncio dell’accordo è stato accolto in modo significativamente positivo in
Piazza Affari, dove il titolo Eni è salito dell'1,7%. Ricordiamo che il colosso
russo e la China National Petroleum Corporation (Cnpc) hanno concluso l’altro
giorno un’intesa da 400 miliardi di dollari per l’approvvigionamento del mercato
cinese e hanno concordato un pagamento anticipato di 25 miliardi di dollari.
Tornando a Eni, il gruppo petrolifero italiano saggia sempre nuove opportunità
per implementare i luoghi di approvvigionamento della materia prima. Ha eseguito
con successo la campagna di delineazione della scoperta di Agulha, situata
nell'Area 4 nell'offshore del Mozambico. La delineazione - spiega una nota - è
avvenuta tramite il pozzo Agulha 2, perforato in 2.603 metri d'acqua e che ha
raggiunto la profondità complessiva di 5.645 metri. Il pozzo è localizzato nella
parte meridionale dell'Area 4, circa 12 chilometri a sud del pozzo di scoperta
Agulha 1 e a circa 80 chilometri dalla costa di Cabo Delgado. Agulha 2,
dodicesimo pozzo perforato con successo in Area 4 - prosegue la nota - ha
incontrato circa 25 metri di mineralizzazione a gas in reservoir di età
paleocenica di buona qualità, confermando l'estensione a sud del campo di Agulha.
Dopo Agulha 2 Eni sta considerando la perforazione di ulteriori pozzi
esplorativi nella parte meridionale dell'Area 4. Le risorse complessivamente
scoperte nell'Area 4 sono stimate in circa 85 Trillion cubic feet di gas in
posto (pari a 2.407 miliardi di metri cubi).
Le Marche rilanciano l’allarme per le trivellazioni
croate nell’Adriatico
«L'Adriatico è un mare particolare, semichiuso e con un
lento ricambio delle acque: l'Europa lo guarda infatti con molta attenzione.
Quindi per quanto riguarda il petrolio e le trivelle la sicurezza è la strategia
principale». Lo ha detto il presidente della Regione Marche, Gian Mario Spacca.
Spacca, riferendosi allo sfruttamento petrolifero iniziato dalla Croazia, ha poi
proseguito spiegando che «questo mare è una comunità e dobbiamo ragionarne in
termini di macroregione adriatica e di ecosostenibilità di tutti gli
interventi». «Per sicurezza non intendo solo quella fisico-tecnica - ha
proseguito - ma anche quella di una valutazione economica. Se in Adriatico si
decide di fare grandi investimenti turistici è chiaro che il territorio verrebbe
penalizzato da una intensa attività perforatrice». Quindi la macroregione
Euroadriatica che verrà costituita dovrà allargare l'orizzonte anche a paesi
come la Croazia che sta investendo molto sull'offshore.
(m. man.)
IL SOLE 24ORE - VENERDI',
23 maggio 2014
Infiltrazioni mafiose, sotto sequestro le attività di
Gas Natural Fenosa
Il tribunale di Palermo ha posto sotto il controllo
dell'autorità giudiziaria le filiali italiane della società iberica Gas Natural
Fenosa in seguito a un'inchiesta nel corso della quale sarebbero emerse
contiguità con attività del crimine organizzato. La notizia è stata data da un
comunicato della società spagnola.
IL PICCOLO - VENERDI',
23 maggio 2014
«Ferriera, garanzie sul piano industriale»
Borini: le istituzioni intervengano subito per evitare brutte sorprese in
futuro
La Fiom Cgil vuole precise garanzie sul piano industriale di Arvedi, che ha
manifestato interesse ad acquisire la Ferriera di Servola. E chiede alle
istituzioni locali, in primis la Regione, di essere affiancata in questo
passaggio. Lo ha sottolineato ieri Stefano Borini, segretario della Fiom:
«L'annuncio dell'arrivo del gruppo Arvedi è oramai dato per certo. Incerte
invece sono le caratteristiche del piano industriale che l'azienda vorrà
allestire. Come Fiom chiediamo una serie di risposte sulle garanzie di
mantenimento dei livelli occupazionali e delle condizioni economico-normative in
essere per i lavoratori. Chiediamo inoltre – ha proseguito Borini - che le
istituzioni intervengano subito per evitare brutte sorprese in futuro.
L'investimento su Servola implica l'impiego di notevoli risorse pubbliche
accanto a quelle private, perciò controlli e garanzie devono essere in primo
piano. Bisogna ottenere rassicurazioni sia per i lavoratori sia per i cittadini
di Servola, per quanto concerne la tutela dell'ambiente». Borini ha colto
l’occasione per insistere sull’impegno delle istituzioni «che devono chiarire
cosa vogliono fare non solo della Ferriera ma anche della città, in particolare
del suo tessuto produttivo industriale. Non vorremmo che si ripetessero amare
vicende già vissute, con imprenditori che sono arrivati qui, hanno spremuto le
risorse pubbliche a disposizione e poi se ne sono andati. Chiediamo alla
presidente Serracchiani e all'assessore regionale per il Lavoro Loredana
Panariti di convocare il tavolo di concertazione prima dell’avvio delle
procedure sindacali relative alla vendita dello stabilimento e di fornire le
necessarie garanzie politiche, industriali e occupazionali sull’intera
operazione. La politica – ha concluso Borini - deve rispondere ai lavoratori e
non c'è molto tempo, perciò prima della fine di giugno vogliamo risposte». La
Fiom Cgil chiede di conoscere la visione del gruppo Arvedi sul progetto
complessivo dell’area soggetta alla crisi industriale complessa, quanti nuovi
posti di lavoro intendono garantire alla città in funzione degli aiuti pubblici,
quali sono i piani di risanamento ambientale legati al progetto industriale e le
strategie per attrarre nuovi investitori a Trieste.
Ugo Salvini
Grado, via ai prelievi sul tratto di spiaggia
chiuso ai bagnanti
La conferenza dei servizi, riunita nella sede della
Regione, dà l’ok all’operazione per sospetta contaminazione
GRADO Inizieranno lunedì i prelievi, con le successive analisi, sulla sabbia
di quei 400 metri di arenile indicati come contaminati. Al momento, infatti, si
sospetta che, in base ai risultati di alcune verifiche, che vi sia la presenza
di mercurio. Ieri pomeriggio la conferenza dei servizi, riunita nella sede della
Regione a Trieste, ha dato il via all’operazione. Il progetto presentato dalla
Multiproject di Gorizia era già stato visionato dalle parti interessate, e
pertanto la riunione, incentrata unicamente su aspetti di carattere tecnico, non
si è protratta a lungo. All’incontro hanno partecipato Regione, Provincia,
Comune, Git, Azienda sanitaria e Arpa. Per il Comune, che ha effettuato il
ripascimento a seguito del contributo della Protezione civile e dopo aver
ottenuto le autorizzazioni necessarie, era presente il dirigente Andrea De
Walderstein. Per la Git c’erano il vicepresidente Ruggero Marocco, che è anche
un esperto geologo, e il direttore Sergio Schiavi. Alla fine della riunione la
Regione ha predisposto il decreto autorizzativo. Se i tempi saranno rispettati,
i campionamenti dureranno qualche giorno. Tutta l’operazione, analisi comprese
verrà completata nell’arco di 15 giorni. Poi toccherà all’Arpa validare i
risultati. E’ evidente che qualche interrogativo se lo siano posto i bagnanti,
anche stranieri, dopo aver appreso la notizia, anche perché qualcuno ha
inopinatamente parlato di spiaggia inquinata, quando in realtà sotto esame ci
sono solo 400 metri dei circa 5 chilometri complessivi di arenile. Su questo
aspetto ha puntato anche Turismo Fvg, che ha diffuso una nota diretta,
principalmente all’estero, iniziando col dire a chiare lettere che “Grado è
pronta ad accogliere i turisti italiani e d’oltre confine con la consueta
attenzione”. Ha fatto quindi riferimento a “una limitatissima area antistante
Città Giardino, che è al momento monitorata per consentire alcuni controlli. I
quasi cinque chilometri restanti di spiaggia, così come tutta la costa del
Friuli Venezia Giulia, non sono in alcun modo interessati dal monitoraggio e
sono pertanto accessibili ai bagnanti in totale sicurezza”. C’è poi
un’ulteriore, forte precisazione di Turismo Fvg, ovvero che non è inibita al
transito dei bagnanti, “poiché ciò non costituisce pericolo”. La zona “è stata
comunque sgomberata a titolo precauzionale e in attesa che gli organi competenti
verifichino il percorso scientifico relativo all’analisi dei rilevamenti di
metalli pesanti dovuti a un precedente ripascimento”.
Antonio Boemo
IL PICCOLO - GIOVEDI',
22 maggio 2014
Ozono, previsto il superamento dei limiti.
Ai sensi del Piano di Azione Comunale per il contenimento
degli effetti delle alte concentrazioni di ozono (O3) in atmosfera, il Comune di
Trieste informa che tra oggi e domenica si verificherà nel territorio comunale
il superamento della soglia di attenzione (120 microgr / mc) di ozono
atmosferico. Si invito pertanto la cittadinanza, in particolare le fasce più
sensibili della popolazione, ad adottare adeguato precauzioni per limitare
l'esposizione a questo inquinante. Più a rischio sono considerati bambini,
anziani, asmatici, chi soffre di patologie polmonari e cardiologiche, lavoratori
e sportivi che svolgono attività all'aperto. Soprattutto queste persone sono
invitate a ventilare gli ambienti domestici e a svolgere lavori pesanti o
attività sportive nelle ore più fresche cioé di prima mattina o in serata. Si
suggerisce inoltre un'alimentazione ricca di antiossidanti, consumando in
particolare frutta, peperoni, pomodori, verdura a foglia verde, pesce,
molluschi, crusca, legumi, germogli di grano, di soia, olio crudo di oliva, di
soia, di mais, di girasole, fegato, uova.
IL PICCOLO - MERCOLEDI',
21 maggio 2014
Ferriera, si allunga a tutto il 2014 lo spettro della
cassa integrazione
Dopo la vendita, due mesi per la presa in carico dei dipendenti e tre per
altri lavori sull’altoforno
E intanto Giovanni Arvedi conferma l’interesse a entrare nella cordata per
rilevare l’Ilva di Taranto
«Se come sembra l’operazione di vendita dello stabilimento potrà essere
conclusa a fine giugno, ci vorranno poi almeno due mesi per completare le fasi
burocratiche di passaggio in carico dei dipendenti nella nuova azienda.» Si
allunga, forse per tutto il 2014 la cassa integrazione alla Ferriera di Servola
e la frase detta ai rappresentanti di fabbrica in videoconferenza da Piombino da
Riccardo Grilli direttore delle Risorse umane della Lucchini, attualmente in
amministrazione straordinaria, ha preoccupato, ma non ha sorpreso i
rappresentanti di fabbrica invitati al collegamento. Considerando infatti che a
carico di Arvedi vi saranno almeno altri tre mesi di lavori sull’altoforno, si
rischia di arrivare fino a fine anno con l’altoforno spento. Domenica nel corso
della cerimonia in cui il Gruppo di Cremona ha firmato un contratto da un
miliardo di euro con la cinese Rizhao Steel e con Siemens per la realizzazione
di quattro linee produttive da 8 milioni di tonnellate, il cavalier Giovanni
Arvedi ha pronunciato una frase anche su Servola. «Trieste - ha detto - è
un’operazione di completamento per Cremona sia a livello logistico che
industriale. Ci stiamo lavorando.» Trattativa ben avviata dunque sia sullo
stabilimento che sulla Ferriera, ma giochi non ancora chiusi. Nei giorni scorsi
Francesco Rosato, amministratore unico di Siderurgica Triestina, la società al
100% di Finarvedi, appositamente creata per puntare su Servola, si è nuovamente
trincerato dietro al “no comment” relativamente in particolare al Piano
industriale che sta per essere presentato al commissario straordinario Piero
Nardi unitamente all’offerta vincolante d’acquisto, ma che dovrà anche essere
discusso con i sindacati. Lo stesso Rosato però sarebbe stato visto recentemente
passare più di una volta i cancelli di Servola, segnale che la due diligence è
avviata e anzi forse si sta concludendo. Ma le manovre di Arvedi, che sembra
avviato a divenire il marchio di riferimento dell’intera siderurgica italiana,
non si limitano certo a Trieste. Lo stesso presidente ha confermato l’interesse
del gruppo a entrare nella cordata alla quale sono interessati anche Marcegaglia
e Arcelor-Mittal per il riassetto proprietario dell’Ilva dopo la scadenza, il 4
giugno, del commissario Enrico Bondi che secondo alcune voci potrebbe essere
sostituito dallo stesso commissario della Lucchini, Piero Nardi. A Servola
intanto i lavori sull’altoforno sono in dirittura d’arrivo, ma solo per quel che
riguarda questa fase. La cappa infatti che è stata smontata non verrà
ricollocata subito al proprio posto. Si attenderà che entri il nuovo
proprietario che a propria volta dovrà finanziare una seconda operazione, che
sembra non durerà meno di tre mesi, ripristinando il rivestimento delle pareti
refrattarie e rifacendo il sistema di raffreddamento. Se per quel che riguarda
la cokeria, il carbone per alimentarla dovrebbe venir assicurato in sequenza
dapprima da Lucchini e poi da Arvedi, i tempi per la rimessa in funzione
dell’altoforno sono destinati ad allungarsi e con essi la cassa integrazione.
Nel corso della videoconferenza sarebbe stato anche ribadito che la cassa
integrazione è estensibile fino a un massimo di quattro anni. E mentre i
sindacati si apprestano a chiedere un nuovo incontro alla Regione la
preoccupazione tra i dipendenti è stratificata su un doppio grado: il primo
riguarda l’incertezza non ancora dissolta sul buon esito dell’operazione di
acquisto; il secondo concerne il mantenimento dei livelli occupazionali: non è
scontato infatti che Siderurgica Triestina assumerà tutti gli operai, gli
impiegati e i dirigenti che cesseranno il rapporto di lavoro con la Lucchini. È
su questo che i sindacati stanno perparando la principale battaglia.
Silvio Maranzana
Muggia, un Prgc ambientalista - Il documento, oggi in
Commissione, punta sull’agricoltura e sulla tutela del sistema idrogeologico
Il Piano regolatore generale comunale di Muggia di stampo prettamente
ambientalista sta prendendo vita. Dopo essere stato presentato lunedì alla
maggioranza consigliare, oggi l'attesissimo documento - già consultabile sulla
pagina internet del Comune - verrà discussa dalle Commissioni consiliari. Il 20
giugno il primo vero step significativo: l'adozione da parte del Consiglio
comunale. In seguito si aprirà il periodo di 30 giorni durante il quale i
cittadini potranno presentare eventuali osservazioni ed opposizioni. A
illustrare il Prgc è il vicesindaco Laura Marzi: «Il documento che stiamo
andando ad adottare nasce dalle direttive espresse da questa amministrazione, in
linea con il proprio programma politico, e votate in consiglio comunale nel
2009, i cui temi principali possono essere sintetizzati in 4 punti fondamentali:
salvaguardia dell’ambiente, il buon abitare per migliorare la qualità della
vita, una mobilità tesa al miglioramento degli spostamenti e lo sviluppo
economico sotto tutti gli aspetti». Questi temi, a loro volta, sono stati
declinati in obiettivi specifici come la limitazione del consumo di suolo, la
riconsiderazione dello sviluppo turistico in termini di sostenibilità e
fruizione pubblica, il recupero delle connessioni e dei percorsi, il recupero
dell’agricoltura, la tutela del sistema idrogeologico, dei beni culturali,
ambientali e paesaggistici, il blocco dell’incremento della popolazione
insediabile avviando, parallelamente, misure di riqualificazione della
residenzialità e dei servizi. «Per quanto riguarda la mobilità e lo sviluppo,
gli obiettivi hanno riguardato lo sviluppo dei trasporti via mare, via ferro,
pubblici e transfrontalieri - prosegue Marzi - ed il rilancio dello sviluppo
commerciale, artigianale e terziario accanto alla cantieristica ed ai servizi da
diporto, pensando ad una riqualificazione dell’area industriale e allo sviluppo
del tema degli impianti a energie rinnovabili a servizio sia della residenza che
del territorio». Obbiettivi secondo i quali sono stati costruiti il Piano
struttura e il Piano regolatore. Marzi non ha dubbi: "È un Prgc dalla forte
connotazione ambientalista, che vede la drastica riduzione delle speculazioni
edilizie vestite da sviluppo turistico, previste dal Prgc vigente anche in zone
di pregio ambientale, il che si traduce in una riduzione totale di tutte le zone
G (turistiche) del 48%, con un parallelo aumento della superficie delle zone
destinate agli usi agricoli di circa 30 ettari». La vocazione turistica e
l’importanza del turismo stesso nello sviluppo economico del territorio è
concepita, all’interno del nuovo Prgc, «attraverso la visione di un turismo teso
alla valorizzazione in chiave sostenibile del territorio nel suo complesso,
attraverso il potenziamento di tutte le sue naturali predisposizioni e risorse».
Attraverso le norme di attuazione, infatti, è prevista l’incentivazione alla
realizzazione di piccole strutture ricettive collegate in qualche modo al
carattere rurale del territorio. Ad esempio? Agriturismi, ristori rurali e bed
and breakfast, e la realizzazione di strutture ricettive più classiche, come gli
alberghi. «Le strutture ricettive alberghiere, però, sono state previste ai
margini delle aree di pregio naturale e paesaggistico conclude Marzi -
prevedendo anche le loro caratteristiche dal punto di vista edificatorio, che
dovranno essere poco impattanti ed in armonia con l’ambiente nel quale dovranno
inserirsi».
Riccardo Tosques
Cava Faccanoni polmone per le imprese edili - I
costruttori potranno scaricare i materiali di risulta. Investimento da 3,6
milioni
Lo ha deciso la giunta: entro giugno un bando di gara per
“rinaturalizzare” il sito
La giunta comunale ha approvato il progetto preliminare relativo ai lavori
di “rinaturalizzazione morfologica e naturalistica” della dismessa Cava
Faccanoni. Ora gli uffici competenti si attiveranno per bandire la procedura
aperta per l'affidamento dei lavori, che sarà completata a giugno. Poi gli
stessi lavori saranno aggiudicati con il criterio dell'offerta economicamente
più vantaggiosa, a mezzo di concessione di costruzione e gestione, ai sensi
degli articoli 143 e del D. lgs. n. 163/2006. In pratica l’ex cava sarà riempita
con terra, materiali di risulta, di scavo, laterizi e di altro tipo, comunque
sempre inerti e quindi non tossici né pericolosi, derivanti da lavori edili.
Alla fine, dopo un massimo di 17 anni, verrà allestito uno strato superficiale
di terra per facilitare la crescita del verde naturale. In questo arco di tempo
il concessionario guadagnerà dai canoni per il conferimento dei materiali, a
fronte di un investimento stimato in 3,6 milioni di euro, per strutture di
monitoraggio, contenimento, stivaggio, per il personale e altro. Oggetto della
concessione sarà lo sviluppo dei successivi livelli di progettazione,
l'acquisizione dei necessari pareri e autorizzazioni, l'esecuzione dei lavori e
la gestione, quale unica fonte di remunerazione del concessionario a fronte di
un investimento iniziale di 3.600.000 euro, dell'impianto di recupero e del
relativo servizio di ricevimento del materiale costituito da terre e rocce da
scavo e da inerti. Il periodo di concessione è fissato in 17 anni, al termine
dei quali l’area interessata, rinaturalizzata, dovrà tornare senza oneri nella
completa disponibilità del concedente, cioè il Comune. Tra l'espletamento della
gara, l'aggiudicazione e le tempistiche necessarie al concessionario per
l'ottenimento dell'autorizzazione tramite procedura ordinaria per l'impianto di
recupero, il Comune stima che si potrà dare inizio ai lavori non prima di un
anno, «avviando così un progetto ambizioso che garantirà alle imprese locali un
luogo dove potere conferire il materiale di risulta dei lavori di
ristrutturazione edilizia. «Con un notevole risparmio - precisa l’assessore ai
Lavori pubblci Dapretto - sia per le imprese, che ora devono portare i materiali
in discariche in Friuli e Veneto, che per la collettività. Si pensi, a riguardo,
il nimore inquinamento derivato dalla soppressione dei viaggi degli appositi
camion». Sempre in tema di lavori pubblici, la giunta comunale ha approvato
anche la terza fase del progetto esecutivo e definitivo per il ripristino delle
opere di consolidamento e messa in sicurezza del versante collinare instabile
che sovrasta alcune abitazioni tra le vie Udine e Commerciale, con una spesa
complessiva che supera di poco i 215mila euro. La Protezione civile della
Regione Fvg ha autorizzato la realizzazione dell'intervento urgente, a
salvaguardia della pubblica incolumità, per il ripristino delle opere di
consolidamento e di messa in sicurezza del versante instabile, mettendo altresì
a disposizione un cospicuo finanziamento. In regime di somma urgenza sono stati
affidati all'impresa Alpi i lavori consistenti nel monitoraggio della parete
instabile e nell’esecuzione dei sondaggi necessari per la determinazione delle
misure da adottare e negli interventi di messa in sicurezza.
Rifiuti zero a Muggia: incontro pubblico
MUGGIA Strategia “Rifiuti zero” in provincia di Trieste cominciando da
Muggia: è questo l’argomento al centro della discussione dell’incontro in
programma domani alle 10.15 nella sala Millo di piazza della Repubblica a Muggia
su iniziativa del circolo muggesano del Movimento per la Decrescita Felice (Mdf).
Interverranno Maurizio Pallante, saggista presidente e fondatore del Movimento
per la Decrescita Felice, che parlerà di “Fermare gli incentivi”; Paolo Contò,
direttore del Consorzio, che illustrerà come si programma 85 per cento di
raccolta differenziata dei Consorzi Priula e Tv3; Dario Parisini, presidente
Querciambiente che interverrà sulle “Buone pratiche e posti di lavoro”.
Concluderà la serie di interventi Jacopo Rothenaisler, presidente del circolo di
Muggia del Movimento per la Decrescita Felice che lancerà “Una proposta per
Muggia”. L’incontro dovrebbe concludersi poco dopo le 12. A interventi di
carattere tecnico seguiranno proposte e iniziative su un problema di grande
rilevanza sociale e politica.
E anche le api sono in forte crisi - San Marco
“La fine del miele?” alle 16 Ingresso liberoLe api sono in crisi. La
“misteriosa” sindrome dello spopolamento degli alveari è stata identificata nel
2006 e da allora non dà tregua. Il problema è grave non solo per quel che
riguarda la salvaguardia della biodiversità, o per gli amanti del miele. In
pericolo è anche l’agricoltura che ha un bisogno vitale della preziosa opera di
impollinazione di questi insetti. Per approfondire l’argomento, gli studenti del
Master in comunicazione della scienza della Sissa organizzano un incontro al
Caffè San Marco, alle 16. Interverrà Francesco Nazzi, dell’università di Udine,
che spiegherà che cos’è la sindrome dello spopolamento degli alveari; seguirà
l’intervento sul ruolo dell’impollinazione di Claudio Porrini, esperto di
insetti dell’università di Bologna, e sarà presente anche Livio Dorigo,
apicoltore e presidente del Circolo Istria, che porterà anche degli assaggi di
miele locale per il pubblico. L’incontro sarà moderato da Elena Rinaldi,
giornalista free-lance.
IL PICCOLO - MARTEDI',
20 maggio 2014
Contro la crisi ritorniamo al sistema dei monasteri
Domani alla Lovat e giovedì a Muggia incontri col
“profeta” della decrescita felice Maurizio Pallante
Il circolo di Muggia del Movimento per la decrescita felice ospiterà il
presidente nazionale del movimento Maurizio Pallante domani alle 17.30, alla
libreria Lovat , per presentare il libro “Monasteri del terzo millennio”.
Seguirà, alle 19.30, un incontro conviviale del circolo con l’autore al caffè
del teatro Verdi. Giovedì invece alle 10.15 a Muggia, in sala Millo, si svolgerà
un incontro pubblico sul tema “Strategia rifiuti zero in provincia di Trieste
cominciando da Muggia”. Oltre a Pallante, che interverrà sul tema “Fermare gli
inceneritori”, parleranno Paolo Contò, direttore dei consorzi Priula e Tv 3
(“85% di raccolta differenziata”), Dario Parisini (“Buone pratiche e posti di
lavoro”) e Jacopo Rothenaisler, presidente del Circolo muggesano per la
decrescita (“Una proposta per Muggia”). Maurizio Pallante, fondatore nel 2007
del Movimento per la decrescita felice, si definisce «un eretico e irregolare
della cultura». Laureato in lettere, si occupa di economia ecologica e
tecnologie ambientali. Nel suo saggio “Monasteri del terzo millennio” propone,
in sintesi, di tornale ai modelli economici che fecero dei monasteri medievali
delle isole felici e autosufficienti perché - sostiene - tutti i tentativi di
far ripartire la crescita per superare l’attuale crisi economica mondiale non
hanno prodotto, fino ad ora, l’effetto desiderato. Non solo: la potenza
raggiunta dalla megamacchina industriale sta esaurendo gli stock di risorse non
rinnovabili ed emette quantità crescenti di scarti inquinanti. Da qui la
necessità di puntare su modelli economici e produttivi alternativi,
autosufficienti e solidali. Utopia o saggezza?
Muggia - Conferenza su orti ed ecosistemi
Seminari informativi e divulgativi sull’orticoltura. Dopoil primo incontro
del 14 maggio, domani è in programma il secondo appuntamento. Nella sala
“Millo”, dalle 17 alle 19, il professor Alfredo Altobelli parlerà del territorio
del comune di Muggia “tra orti ed ecosistemi”.
IL PICCOLO - LUNEDI',
19 maggio 2014
Progetto Ogs per la sicurezza sismica di case e scuole
- Presentato al ministro Giannini
Un nuovo progetto nazionale per la sicurezza sismica degli edifici
scolastici e di quelli residenziali per gli studenti promosso da Ogs - Istituto
nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale è stato presentato dalla
presidente Maria Cristina Pedicchio a Stefania Giannini, ministro
dell'Istruzione, Università e Ricerca in occasione del convegno su “La nuova
frontiera della mobilità studentesca europea”, organizzato dalla Fondazione
Andisu (Agenzia nazionale per il diritto allo studio e per i servizi agli
studenti) a Urbino. Il contesto da cui nasce il progetto è la consapevolezza che
l'Italia tutta è un paese sismico. Il riadeguamento antisismico - si legge in
una nota di Ogs - è necessario perché non si ripetano più episodi come quello
dell’Aquila. Affrontare il rischio sismico significa ridurre i danni dei
terremoti di domani, i cui effetti si possono minimizzare con una strategia
basata su conoscenza, prevenzione, informazione e capacità di pronto intervento.
In quest'ottica Ogs ha messo le proprie competenze scientifiche, esperienze e
pratiche metodologiche in ambito sismico a favore del mondo universitario,
promuovendo un progetto ad hoc per la sicurezza sismica degli edifici scolastici
con iniziative di controllo, conoscenza e consapevolezza sul rischio sismico.
Partner del progetto la Fondazione Crui (Conferenza dei rettori delle Università
italiane), la Fondazione Andisu (Ente nazionale per il diritto allo studio e per
i servizi agli studenti), e il Consorzio interuniversitario ReLuis (Rete dei
laboratori universitari di ingegneria sismica). Il progetto, che ha durata
triennale, ha due tipologie di finalità. La prima, tecnologica e innovativa,
prevede il monitoraggio degli edifici per la didattica, la ricerca e la
residenza degli studenti. La seconda, culturale ed educativa, prevede la
formazione di esperti e la promozione della sicurezza fra gli addetti ai lavori
e gli utilizzatori delle strutture. In particolare, d'intesa con i partner del
progetto, verranno avviate attività di valutazione del rischio sismico delle
strutture; di promozione della conoscenza e consapevolezza sul rischio sismico
attraverso la formazione del personale e la diffusione di buone pratiche; di
produzione di supporti formativi e informativi da mettere a disposizione degli
utilizzatori delle strutture. Il progetto prevede che ciascuna delle attività si
svolga in raccordo con il Dipartimento della protezione civile e le altre
istituzioni centrali e territoriali competenti.
IL PICCOLO - DOMENICA,
18 maggio 2014
«Porto tra carenze e risse- Così si frena lo sviluppo»
Busan: bene i traffici complessivi ma per tre quarti si tratta di
petrolio - Crociere in calo, manovra ferroviaria poco efficiente, stallo
sull’area antica
In settimana è stato confermato per altri due anni presidente
dell’Associazione agenti marittimi del Friuli Venezia, che sono sostanzialmente
coloro che portano i traffici nel porto, e si appresta a fare da padrone di casa
nell’assemblea nazionale di Federagenti che si svolgerà proprio a Trieste il 19,
20 e 21 giugno mettendo il nostro scalo al centro dell’attenzione nazionale.
Anche per questi motivi la relazione annuale che Pietro Busan (che è anche
l’amministratore delegato della Tarabochia&co.) ha tenuto ai soci a chiusura del
precedente mandato assume un valore particolare. Tasse portuali troppo alte,
scoordinamento tra i sistemi informatici, manovra ferroviaria poco efficiente,
utilità del Napa tutta da dimostrare, clima teso tra Autorità portuale e
istituzioni, flessione del traffico crocieristico, mancato sviluppo del Porto
Vecchio, abbandono del progetto del rigassificatore, nessun incremento del
business legato allo yachting sono le principali criticità che Busan riscontra.
Non rinuncia a evidenziare che i 56 milioni di tonnellate di merci movimentate
mettono il porto di Trieste al primo posto in Italia (con un incremento del 13%
rispetto al 2012) come volumi complessivi, ma non si esime dal sottolineare che
tre quarti di questi volumi, cioè 41 milioni di tonnellate, sono petrolio.
Nell’opinione degli agenti, e non solo, il porto non può più essere un elemento
a sé stante, ma va considerato come un segmento dell’attività produttiva. «Anche
nel recente passato - evidenzia Busan - abbiamo sollecitato la soluzione
definitiva della questione ferroviaria locale a partire dalla cessione di
Adriafer da parte dell’Autorità portuale in tempi rapidi affinché si realizzino
quelle condizioni indispensabili per avere una manovra ferroviaria efficiente e
dai costi contenuti e comunque in linea con le esigenze del mercato. Diventa
fondamentale ridefinire al più presto - aggiunge anche - la gestione della
Piastra ferroviaria secondo logiche privatistiche». Le due questioni però non
sembrano prossime alla soluzione. «Le navi passeggeri - rileva ancora il
presidente degli agenti - dopo un discreto risultato nel 2013 stanno registrando
una flessione nell’anno in corso e Trieste è quasi al ventesimo posto nella
graduatoria degli scali italiani». Ma in numerosi settori non sarebbe stata
fatta «una vera e propria politica tesa allo sviluppo». «Basti pensare - scrive
ancora Busan - alla gestione per la riqualificazione del Porto Vecchio, alle
lungaggini dovute alle disquisizioni sul Punto franco, all’abbandono del
progetto del rigassificatore in un momento in cui gli armatori stanno
cominciando a puntare sul gas per tagliare i costi del carburante e
l’inquinamento, alle difficoltà di un vero e proprio incremento del business
legato allo yachting che continuo a ritenere un mercato dal potenziale
straordinario per l’indotto che crea (nel 2012 valeva più di tre miliardi di
euro) e che qui a Trieste resta assolutamente inespresso a causa della vicinanza
di Slovenia e Croazia». Un passaggio è più strettamente “politico”: «Non si può
certo affermare che negli ultimi mesi - rileva il presidente - si respiri un
clima di distensione tra l’Autorità portuale e le istituzioni. Il confronto tra
le parti porta sempre, inevitabilmente, a prese di posizione diverse innescando
dibattiti dai toni accesi, talvolta anche aspri. Sicuramente non giovano
all’immagine della città prese di posizione forse anche plausibili ma che,
riteniamo, dovrebbero essere gestite in un clima di confronto più sereno e
costruttivo».
Silvio Maranzana
E il TAR respinge il ricorso contro l'aumento della
tariffa d'imbarco
Nella sua relazione Pietro Busan riferisce anche che il
Tar del Lazio ha recentemente respinto il ricorso presentato dagli agenti
marittimi assieme ad alcuni privati contro il decreto ministeriale del 24
dicembre 2012 che ha disposto l’adeguamento Istat della tassa portuale sulle
merci imbarcate e sbarcate nella misura del 100% per il Porto franco di Trieste
e del 75% per tutti gli altri porti italiani con la motivazione di evitare la
distorsione di concorrenza con gli altri scali italiani. «Nonostante gli
elementi da noi portati fossero stati considerati sufficientemente
circostanziati e sostenibili - ha riferito Busan - il Tar del Lazio ha rigettato
il ricorso adducendo motivi di natura procedurale. Tra breve saremo chiamati a
verificare la possibilità di continuare questo contenzioso presso il Consiglio
di Stato.»
(s.m.)
IL PICCOLO - SABATO,
17 maggio 2014
«In quel tratto di spiaggia c’è mercurio»
Concentrazione oltre i limiti a Grado. Lo afferma la
Procura nella notifica inviata a Regione, Provincia e Comune
GRADO Il mercurio è tossico, sarebbe buona norma evitare che finisca su una
spiaggia. Ecco il motivo per cui due giorni fa la Procura di Gorizia ha messo
sotto sequestro circa 400 metri della spiaggia antistante Città Giardino. La
“notifica di contaminazione” inviata il 9 maggio dal sostituto procuratore
Valentina Bossi al Comune, alla Provincia e alla Regione, è cristallina: gli
studi effettuati in loco dai tecnici delegati della Procura identificano senza
dubbi il metallo che contamina il tratto di spiaggia in questione. E secondo uno
studio realizzato da una società specializzata esiste «un rischio non
tollerabile relativamente al suolo superficiale per inalazione outdoor e per
ingestione da parte di bambini Pica (soggetti a un disturbo alimentare che porta
a ingerire la terra, ndr)». Nel documento la frase è in grassetto, ed è facile
capire perché. Il documento inizia informando gli enti che nella campagna di
analisi «è stato riscontrato il superamento delle Csc (la "Concentrazione soglia
contaminante" fissata nel decreto legislativo 152/2006, ndr) relativamente al
parametro mercurio in sette campioni di sabbia, prelevati a varie profondità
fino a un massimo di due metri». I campionamenti vengono condotti dall'Arpa con
la supervisione di quattro tecnici nominati dalla Procura. In uno dei campioni
si riscontra un valore superiore anche a quello fissato dalla legge nella
tabella delle Csc sui siti «da bonificare in base alla destinazione d'uso». Dati
preoccupanti, in seguito ai quali la magistratura consulta una società
specializzata in indagini ambientali: la Iser di Trento. Lo scopo è «valutare in
via preliminare i possibili rischi (...) e ciò anche in considerazione della
particolare utenza che utilizza quei luoghi». La conclusione del documento è il
«rischio non tollerabile» riportato più sopra. Non basta. Secondo la Procura, in
un documento commissionato dalla Git «si riscontrano superamenti dei limiti
anche superiori a quelli riscontrati dagli incaricati della Procura». L’Istituto
superiore di sanità A quel punto la magistratura richiede un parere all'Istituto
superiore di sanità. L'Iss chiarisce che per avere una corretta stima del
rischio sanitario, «stante l'accertata presenza di mercurio nel primo metro di
spiaggia determinata dall'intervento di ripascimento», sarà necessario procedere
con ulteriori esami. La notifica si conclude rilevando che il ripascimento
effettuato nel 2013, causa pressoché certa della contaminazione, mancava del
parere formale di idoneità della zona di scarico: secondo la legge il parere
dovrebbe venir rilasciato da un istituto scientifico pubblico specializzato.
«Peraltro si dubita» che la zona di scarico «potesse essere la spiaggia», chiosa
il documento. Si sottolinea inoltre la «palese difformità» rispetto alle
indicazioni del manuale ministeriale per il movimento di sedimenti marini (Icram).
Le analisi dell'Arpa relative al campionamento dei sedimenti nell'area di
dragaggio hanno rilevato, si legge, un valore di fenantrene (un idrocarburo)
«quattro volte superiore al limite Icram». Nelle stesse analisi si rileva anche
un alto valore di mercurio. La Procura sottolinea come non «sia seguita alcuna
procedura» prevista dalla legge in caso di risultati analoghi. La notifica si
chiude ricordando che il mercurio è «tra i dieci inquinanti da tenere in
particolare riferimento per escludere l'utilizzo di materiali da dragaggio,
allorché sia in "quantità, concentrazione o stato chimico-fisico tali da poter
compromettere la fruizione delle spiagge e la balneazione"». Al momento l'area è
sotto sequestro per trenta giorni.
Giovanni Tomasin
Porto Vecchio, a rischio i fondi per il recupero -
L’INTERVENTO di Barbara Fornasir, architetto
Vicini alle elezioni europee assistiamo giornalmente a dibattiti pro e
contro euro ed unione europea che,a detta di molti, stanno ammazzando la nostra
economia; sarà veramente così o siamo noi incapaci di utilizzare le opportunita'
che l'Europa ci offre e che altri Paesi europei non si lasciano scappare? A tal
proposito chiedo ai candidati alle elezioni europee di raccontare ai cittadini
se qualcuno di loro si è mosso e se sarà possibile ottenere quella quota di
fondi europei, di cui si era parlato mesi orsono, derivanti dal "disavanzo 2013"
per la messa in sicurezza dei magazzini vincolati del Porto Vecchio. Mi risulta
che, a tale scopo, sia stato elaborato da Italia Nostra e vidimato per
competenza dall'Autorita' portuale e dal ministero dei Beni culturali un "Masterplan"
necessario allo scopo. Ho avuto occasione di parlarne sia con l'ex ministro Bray,
sia con la parlamentare europea Silvia Costa che mi avevano confermato questa
possibilità. Chiedo perciò alle istituzioni locali se hanno provveduto a
inoltrare tale richiesta: a quanto ne so, infatti, i fondi devono essere
attribuiti entro il 30 giugno, pena la loro ridistribuzione ad altri Paesi
europei. Si parla di centinaia di milioni di euro che, se arrivassero qui,
potrebbero, oltre che rilanciare immediatamente lavoro ed economia, consentirci
il recupero di quell'immenso patrimonio inutilizzato che, se non sottoposto a
manutenzione, rischiamo di perdere. Sono sempre più convinta che un simile
finanziamento fungerebbe da traino, restituendo credibilità e voglia di fare,
stimolando il risveglio e la marcia verso il futuro di questa nostra
Trieste,così bella e scontrosa, ma sempre piu addormentata. Si creerebbero cosi
nuove opportunità di lavoro pulito e di sviluppo sostenibile rivalutando e
recuperando quel tesoro a nostra disposizione. Chiedo perciò,a chi ha il potere
per farlo, di porre in atto subito tutte le azioni possibili per raggiungere
questo significativo obbiettivo che, ne sono sicura, verrà premiato da un largo
consenso e da una enorme soddisfazione non solo personale. *
GREEN STYLE.it - VENERDI',
16 maggio 2014
Incentivi rinnovabili: Legambiente contro i tagli del
Governo Renzi
Circa 2 o 3 miliardi di euro a regime. Tanto spera di risparmiare il
governo sulla bolletta elettrica degli italiani, in base al piano messo a punto
dal Ministero dello Sviluppo Economico. Il taglio principale riguarderà gli
incentivi alle rinnovabili a cominciare dal fotovoltaico (700-900 milioni di
risparmio), ma è prevista anche una nuova spalmatura volontaria dei sussidi alle
altre rinnovabili elettriche.
Per gli impianti fotovoltaici sopra i 200 kW, in particolare, il piano del
MISE stabilisce una spalmatura obbligatoria e senza interessi degli incentivi,
la cui durata passerà da 20 a 25 anni. L’assenza di interessi determinerà un
calo delle tariffe incentivanti erogate.
Proprio questo nuovo taglio dei sussidi statali ha scatenato la reazione di
associazioni ambientaliste e addetti ai lavori, contrari al provvedimento allo
studio del governo. Commenta ad esempio il vicepresidente di Legambiente Edoardo
Zanchini:
Tagli retroattivi agli incentivi per il solare fotovoltaico anche per famiglie e
agricoltori, tasse sull’autoproduzione da nuovi impianti da fonti rinnovabili
anche senza incentivi, ma pure soldi pubblici presi dalle bollette per salvare
il fallimentare progetto di rigassificatore a Livorno: i contenuti del
provvedimento che il Governo dovrebbe approvare nei prossimi giorni, anticipati
ieri dal Ministero dello Sviluppo economico, per mantenere la promessa di
riduzione del 10% delle bollette alle piccole e medie imprese vanno in una
direzione esattamente contraria agli interventi di cui il Paese avrebbe bisogno.
Secondo l’ambientalista, in particolare, le proposte del ministro Guidi puntano
a tagliare le bollette elettriche delle PMI fermando la crescita delle
rinnovabili. Le misure, sostiene Zanchini, servirebbero soprattutto a dare
sostegno ai grandi gruppi energetici in crisi, più che ai contribuenti. La
richiesta di Legambiente al Governo Renzi è dunque quella di:
Fermare un provvedimento sbagliato nel merito delle scelte e nel messaggio che
viene inviato alle famiglie e alle imprese, perché l’Italia avrebbe tutto
l’interesse a investire nelle fonti rinnovabili per ridurre importazioni di
fonti fossili e spesa energetica. Tutti condividiamo la necessità di ridurre la
spesa energetica, e per questo riteniamo non accettabile che si scelga una
strada che va solo nella direzione degli interessi dei grandi gruppi energetici
legati alle fonti fossili.
Il piano proposto dal ministro Guidi prevede anche altre misure come la
riduzione degli sconti alle Ferrovie; l’addebito progressivo (a partire dal 10%)
degli oneri di sistema anche a Riu, Seu, Seseu e l’abolizione degli sconti agli
ex dipendenti di aziende di distribuzione elettrica. Eliminati infine le
agevolazioni per Vaticano e San Marino e i contributi alle centrali a olio.
Silvana Santo
IL PICCOLO - VENERDI',
16 maggio 2014
«Delusi da via Mazzini pedonale part-time»
Rigutti: «Senza certezze, niente investimenti».
Vesnaver: «Perché i problemi tecnici non sono stati individuati prima?»
Moderatamente scontenti. Però scontenti. «Delusi», insomma. Negozianti eppoi
soprattutto tassisti ma anche ristoratori e pedoni - per lo meno i loro delegati
- vedono il bicchiere mezzo vuoto. Il Comune l’ha provato a rabboccare, quel
bicchiere, anticipando la pedonalizzazione di via Mazzini in estate anziché,
come da road-map del Piano del traffico, in inverno. Non è bastato. O, meglio,
non è sfuggito. Non è sfuggito, alle categorie più o meno interessate, che
questo bruciare le tappe sarà parziale, poiché la chiusura al traffico avverrà
il sabato, la domenica e nei festivi infrasettimanali. Punto. La completa
rivoluzione sette giorni su sette si farà, ma è molto probabile che bisognerà
aspettare ben più dei prossimi botti di San Silvestro, così ha fatto capire
l’amministrazione Cosolini, dando l’idea di sentirsi “inchiodata”. Da una parte
dal Patto di stabilità, che, inutile far finta di nulla, frena fra le altre cose
il maquillage strutturale di Corso Italia destinato ai soli bus e taxi. E
dall’altra dalle incertezze sul come adeguare le mappe dei bus al bando per la
gestione su scala regionale dal 2015 del Trasporto pubblico locale. Bando di cui
Trieste Trasporti e Provincia restano in attesa. «Peccato, si sperava meglio,
possiamo solo augurarci a questo punto che la pedonalizzazione integrale possa
avvenire quanto prima», fa spallucce Bruno Vesnaver, numero uno della Fipe, la
Federazione dei pubblici esercenti, da cui arriva una considerazione algida: «Se
sussistono dei problemi tecnici non c’è che da prenderne atto e aspettare. Ma
non capisco una cosa. Perché, prima di promettere, questi problemi tecnici non
sono stati individuati?». Sergio Tremul, a capo del Coped-Camminatrieste, non
affonda il colpo, ma si allinea al Vesnaver-pensiero: «Per noi, certo, era
auspicabile che si andasse avanti coi metodi previsti. Meglio sarebbe rispettare
le cose annunciate prima. Detto questo riconosco che il Comune sta cercando di
perseguire costantemente gli obiettivi di nuove pedonalizzazioni, su cui noi
come associazione abbiamo dato i nostri ok». I negozianti, quelli proprio di via
Mazzini, ribaltano il senso delle considerazioni. Se la prendono meno con ciò
che era stato previsto in passato e non viene confermato nel presente, e puntano
più sul futuro, sulla necessità di garantirne uno stabile. «Nel momento in cui
si hanno certezze possono prendere corpo nuovi investimenti, nuove aperture,
difficile che arrivino se, di certezze, non ce ne sono», sentenzia in effetti
Franco Rigutti, vicario di Paoletti da vicepresidente di Confcommercio. Il quale
si definisce più «perplesso» che contrario rispetto alla scelta del Municipio di
procedere «a spizzico magnifico». «Quando si dicono che si fanno le cose -
osserva Rigutti - a un certo punto andrebbero fatte in via definitiva e gli
autobus andrebbero spostati per sempre là dove si era detto che sarebbero stati
spostati. Dopodiché, per l’amor di Dio, se si ritiene che servano ancora dei
test facciamoli, ma facciamo presto. Per quanto ci riguarda le domeniche e i
festivi non sono molto significativi, per il nostro mondo resta solo il sabato».
Sabato che - secondo Maurizio Moretti, responsabile di Corner, che condivide
l’idea di Rigutti sull’«importanza delle certezze affinché si possano generare
nuovi investimenti commerciali nelle zone interessate» - «in estate poco senso
ha, d’inverno invece, pure da solo, può aiutare, fare comunque la differenza.
Penso poi che quando riusciranno a fare una pedonalizzazione completa, pur
difficile da gestire, la via sarà effettivamente un’altra cosa».
Piero Rauber
I tassisti: no a chiusure parziali se non si adegua
Corso Italia - LA CATEGORIA PIU' CRITICA
I più critici sulla giocata d’anticipo ma parziale di via Mazzini sono i
tassisti, che la giudicano, «in assenza di tempi certi per il raggiungimento
dell’obiettivo vero», «un puro spot», per dirla alla Mauro Detela, il presidente
di Radiotaxi. «In estate - aggiunge Detela - probabilmente non ci saranno grossi
problemi di traffico, ma d’inverno questi emergeranno se, contestualmente, non
verrà già disposta la circolazione preferenziale in Corso Italia, anzitutto,
invertendo pure il senso di via Roma. È proprio il Corso che rischia il
sovraccarico al sabato, in particolare, e che rischia di conseguenza d’intasare
mezza città. Dal nostro punto di vista il nodo più complesso è la postazione dei
taxi oltre piazza Tommaseo: senza un nuovo regime che preveda da subito Corso
Italia preferenziale e via Roma al contrario rischiamo di prendere a bordo un
cliente in quella zona e di dovergli far fare un giro lunghissimo per via
S.Spiridione e via Valdirivo anche per portarlo, che ne so, a due passi appena,
davanti all’ex Pescheria, sulle Rive. Se un cliente assiste a un giro del genere
non ci viene più, sul taxi. Noi daremo poi battaglia fino in fondo anche e
soprattutto a proposito della possibilità di addentrarci di più almeno in alcune
delle aree soggette a futura pedonalizzazione allargata. Non ci possiamo veder
costretti a far scendere i clienti, magari la vecchietta che non cammina bene,
troppo lontano dalla destinazione richiesta».
(pi.ra.)
Metalli sospetti a Grado, spiaggia chiusa
Analisi dalla Procura su un quarto del litorale della Git. In attesa del
dissequestro pronto l’allestimento alternativo
GRADO Una porzione di spiaggia principale “blindata” dalla Procura a causa
della sospetta presenza di metalli. In attesa di conoscere gli esiti di
specifiche analisi della sabbia, il tratto in questione - circa 400 metri dei
1.650 metri totali del litorale gestito dalla Git - è da oggi interdetto
all’utilizzo da parte dei bagnanti. Il periodo di “stop” (è inibita la sosta, ma
non il passaggio lungo il bagnasciuga) dovrebbe essere contenuto in circa trenta
giorni, il tempo necessario per l’effettuazione del supplemento di analisi
richiesto. Si tratta solo di inagibilità temporanea, dunque, per quell’unico
pezzo di arenile fortunatamente, in questo periodo di bassa stagione, poco
frequentato. Il tratto situato tra il sesto e il settimo “pennello” della
spiaggia all’altezza di Città Giardino, è stato interessato dal ripascimento di
sabbia eseguito nel mese di marzo dello scorso anno. Come si legge in una nota
diramata ieri pomeriggio dalla Git, tutto ciò avviene a seguito di una serie di
analisi predisposte “dalle competenti autorità” (appare evidente che si stia
parlando della Procura della Repubblica di Gorizia, ndr). Autorità che hanno
ravvisato, per avere una maggiore garanzia di sicurezza, la necessità di
procedere a «un piano di caratterizzazione dei materiali sabbiosi», chiaramente
al fine di verificare la presenza di eventuali fattori inquinanti. In questa
vicenda la Git è indubbiamente parte lesa in quanto l’intervento di
ripascimento, come riportato dalle cronache del 2013, è stato fatto
evidentemente dopo le autorizzazioni da parte delle competenti autorità di
verifica, dalla Protezione civile con il Comune di Grado. In quel tratto di
arenile interessato al provvedimento temporaneo di inagibilità, l’anno scorso
erano stati sistemati 680 ombrelloni, quelli delle file che vanno dal numero 271
al 382. Lungo tutto l’arenile gestito dalla Git si contano complessivamente
4.200 ombrelloni. Non ci sarà tuttavia alcun problema per la clientela poichè
già ieri la Git ha predisposto un piano di emergenza. Come ha spiegato il
presidente Marino De Grassi le attrezzature del tratto in questione verranno
utilizzate in un nuovo reparto che verrà creato nella zona situata nelle
vicinanze del Lido di Fido. Per l’esecuzione delle analisi la Git ha incaricato,
raccomandando la massima urgenza, la ditta specializzata Multiproject di Gorizia
che dovrebbe concludere l’operazione nell’arco di una ventina di giorni. Gli
esiti dovranno poi essere consegnati alle autorità competenti, che dovranno
validarne l’esito. La sabbia, che dovrà essere sottoposta ad analisi, nel marzo
dello scorso anno era stata prelevata dal canale d’accesso a Grado da parte
degli incaricati della Cooperativa San Marco di Marghera (intervento costato
300mila euro) per essere depositata in quella porzione di arenile della Git
eroso dalle mareggiate. Un tratto che è stato utilizzato nella scorsa stagione
da migliaia di bagnanti. Il presidente De Grassi, che a nome dell’Azienda
Turistica si scusa con la clientela per «tali fatti, indipendenti dalla propria
azione», ha inoltre spiegato che in caso di necessità, verranno sistemati lungo
l’arenile principale anche altri ombrelloni. «Nella denegata ipotesi che le
analisi dovessero protrarsi oltre i tempi previsti – ha detto De Grassi -
l’Azienda Turistica è pronta ad ulteriori allestimenti, nell’ambito dell’area
sportiva». Va ricordato, tra l’altro, che proprio da domani la spiaggia assumerà
l’aspetto prettamente estivo con l’obbligo del pagamento della carta servizi per
accedere al comprensorio balneare. Gli orari delle casse-ingressi in spiaggia
sono per sabato e domenica dalle 8.30 alle 16, mentre da lunedì a venerdì dalle
9 alle 16.
Antonio Boemo
IL PICCOLO - GIOVEDI',
15 maggio 2014
“Salviamo la Transalpina”, partono le firme
Servono lavori di manutenzione, linea chiusa fino al 2016: si è
costituito un comitato
Quale scenario si aprirebbe se la linea ferroviaria Trieste - Monfalcone
fosse improvvisamente impraticabile? Risposta: c'è la Transalpina come
alternativa. E se impraticabile fosse la galleria di circonvallazione che unisce
il porto nuovo alla linea per Monfalcone? Anche qui stessa risposta. Questo in
teoria ma non in pratica, in quanto oggi la linea è chiusa perché necessita di
lavori di manutenzione e la data di riapertura è preventivata appena per il
2016. Da qui la costituzione del comitato "Salviamo la Transalpina". «Dopo la
notizia della chiusura fino al 2016 - spiega Luigi Bianchi, uno dei promotori -
tutti i volontari del Museo ferroviario di Campo Marzio hanno sentito la
necessità di mobilitarsi per difendere la Transalpina, patrimonio non soltanto
dei volontari ma di tutti». Per contrastare il monopolio della società della
Ferrovia Meridionale che incideva negativamente sui traffici portuali, l’Austria
decise di costruire una strada ferrata a gestione statale. I benefici di questa
nuova arteria non tardarono. «In tutti questi anni - continua Bianchi - le
Ferrovie dello Stato hanno abbandonato tutte le attività di manutenzione di
questa linea, tanto da far venir meno le condizioni per esercitare il servizio
in sicurezza. Così si è giunti alla momentanea chiusura dell'infrastruttura. La
linea appartiene alle Ferrovie, la gestione è affidata a Rfi: l'assurdo è che lo
Stato paga una manutenzione che non viene fatta». La goccia che ha fatto
traboccare il vaso è stata l'impossibilità di organizzare un treno passeggeri
speciale per presenziare all’inaugurazione di "èStoria 2014" a Gorizia.
«Volevamo raggiungere - conclude Bianchi - Nova Gorica con un treno speciale
passando per il Carso triestino e goriziano, teatro della Grande Guerra.
Ovviamente non sarà possibile». Numerose le associazioni che hanno già aderito
al comitato. «È fondamentale tenere alta l'attenzione - ha ricordato Ronald
Kuchler del Museo ferroviario - anche per tutelare il nostro Museo, vista la
situazione in cui esso si trova, ricordando che la Transalpina partiva proprio
da qui». A sottolineare l'importanza della stazione di via Giulio Cesare anche
Claudio Vianello, presidente del Dlf Trieste, rammentando che da qui muoveva
anche la linea per Erpelle e poi Fiume. «Mi auguro - ha scherzato Vianello - che
un amico dell'Orlando Furioso raggiunga la luna su un ippogrifo per recuperare
il cervello perduto, dato che qui si stanno sprecando numerose occasioni per
attirare i turisti». Aperta la petizione "Salvare la Transalpina". La raccolta
firme si svolge al Museo Ferroviario nei giorni di apertura, nella sede di
CamminaTrieste in via Carducci 35 (martedì orario 10-12), presso Lint editoriale
in via Udine 59 (9-14) e a 5 Star Travel di via Torrebianca 29.
Andrea Di Matteo
Nell’Adriatico in Croazia petrolio per 3 miliardi di
barili
TRIESTE Il sogno dell’oro nero continua a imperversare in Croazia Il
ministro dell’Economia, Ivan Vrdoljak annuncia che solo nella fase in cui è
stata resa fruibile la documentazione degli studi effettuati dalla società
norvegese Spectrum sui fondali marini dell’Adriatico si sono fatte avanti 40
società petrolifere tra le più quotate del continente. L’affare dunque è serio
al punto che lo sfruttamento petrolifero dell’Adriatico croato è uno dei punti
centrali all’ordine del giorno della visita che in questi giorni il presidente
della Repubblica della Croazia, Ivo Josipovi„ farà negli Stati Uniti. A soffiare
ottimismo sull’intera vicenda ci ha pensato anche l’autorevole Financial Times
che in un articolo con l’emblematico titolo “Il petrolio eil gas salveranno la
Croazia” scrive come in base agli studi e ai rilevamenti della Spectrum Zagabria
avrebbe sotto il mare un vero e proprio tesoro costituito da 3 miliardi di
barili di petrolio che la trasformerebbero in uno dei principali produttori
energetici d’Europa. E sulle trivelle in Mare Adriatico, c’è la disponibilità
della Croazia a soluzioni per la tutela ambientale: lo ha detto il presidente
della Commissione per le Politiche Ue della Camera Michele Bordo, del Pd, al
termine dell’incontro con la delegazione parlamentare del Gruppo di Amicizia Uip
Croazia-Italia e l’ambasciatore di Croazia a Roma, Damir Grubiša. «C’è la piena
disponibilità del Parlamento croato a impegnarsi, di raccordo con l’Italia,
nella tutela ambientale dell’Adriatico, risorsa fondamentale per i nostri due
Paesi», ha detto Bordo. «Mi convince anche l’idea di un report trilaterale
continuo tra Croazia, Italia e Slovenia - ha precisato - per mettere a punto
politiche di salvaguardia per l’ecosistema».
(m. man.)
STAFFETTA QUOTIDIANA - MERCOLEDI',
14 maggio 2014
Gas Naturale - GPL - GNL - Rigassificatori, Tar conferma
no a E.On su Trieste
Il Tar del Lazio ha respinto il ricorso di Terminal
Alpi Adriatico (E.On) contro il provvedimento di VIA negativa del ministero
dell'Ambiente sul progetto di rigassificatore offshore da 8 mld mc progettato
dalla società a Monfalcone
IL PICCOLO - MERCOLEDI',
14 maggio 2014
Via Mazzini pedonale già a partire da luglio ma solo
nei weekend
In attesa della chiusura definitiva soluzione-ponte allo studio per
dribblare i nodi ancora da sciogliere sul trasporto pubblico
Aspettare l’anno nuovo per dare “100”, cioè via Mazzini e via Imbriani
pedonali 365 giorni l’anno, come peraltro già promesso, ben sapendo però che
incombe il rischio di non farcela? O giocare d’anticipo dando subito almeno
“30”, ovvero una pedonalizzazione part-time di quelle due vie al sabato e alla
domenica oltre che nei festivi (di norma 116 giorni su 365, il 31 e mezzo per
cento) e poi si vedrà? In Municipio sono per il carpe diem: minacciati dal Patto
di stabilità, che del domani non dà certezza, e vincolati dalle incognite del
bando (che ancora non c’è) per la futura gestione del Tpl, il Trasporto pubblico
locale, l’amministrazione Cosolini ha scelto la busta numero due. Via Mazzini,
questa per lo meno è l’intenzione del Comune, diventerà pedonale in anticipo
rispetto al cronoprogramma del Piano del traffico: già da luglio anziché da
gennaio. In cambio, tuttavia, questa pedonalizzazione sarà valida due giorni su
sette più festivi, a tempo indeterminato. A quel punto la chiusura integrale di
via Mazzini potrebbe compiersi comunque entro San Silvestro, ma non è per niente
scontato che possa accadere. Anzi, potrebbe volerci chissà quanto ancora. La
notizia del cambio di rotta causa grane contingenti - complici alcuni confronti
informativi promossi in questi giorni dal Comune medesimo con le categorie
coinvolte - salta come il tappo di una bottiglia di bollicine. «Resta ferma la
nostra volontà di pervenire alla chiusura integrale il prima possibile, non è
affatto una retromarcia», ha tenuto a sottolineare Roberto Cosolini ieri mattina
prima di lasciare che fosse l’assessore Elena Marchigiani, la mamma del Piano
stesso nato nel 2013, a entrare al pomeriggio nei particolari. «I presupposti
del Piano del traffico - ha premesso Marchigiani - sono com’è noto intesi a
favorire la mobilità pedonale e ciclabile. Noi stiamo ancora lavorando
all’obiettivo di addivenire a una pedonalizzazione completa delle vie Mazzini e
Imbriani entro l’anno». C’è però un “ma”: «Provincia e Trieste Trasporti ci
hanno presentato la problematica legata al bando per il Tpl (il nuovo appalto di
rango non più provinciale bensì regionale, con Trieste Trasporti in gara
presumibilmente “consorziata” con le omologhe di Gorizia, Udine e Pordenone, che
quanto meno sulla carta dovrebbe scattare nel 2015, ndr) e la loro istanza non
può essere messa da parte». Da qui, parola di assessore, la soluzione-ponte: «È
stata pensata un’opzione che ci potesse traghettare verso l’obiettivo, che
continuiamo a mantenere fisso». Quanto ai week-end pedonali, guarda avanti
Marchigiani, «lavoreremo con le associazioni di categoria, vorremmo partire da
quest’estate, in concomitanza con la Notte bianca dei saldi», il 5 luglio,
dunque in regime di orario estivo dei bus. Non chiamatela, però,
sperimentazione: «Non sono prove di chiusura di certe vie mantenendo invariata
la mobilità nelle altre (chiaro il riferimento al centro ingolfato in un
pomeriggio prenatalizio, ndr). Stiamo studiando una riorganizzazione
complessiva, da via Carducci a via Valdirivo, da via Roma a Corso Italia, dal
trasporto pubblico all’approccio, più severo, verso i parcheggi irregolari,
nelle giornate di applicazione delle pedonalizzazioni in questione. Un po’ come
già avviene nei fine settimana a Bologna, ad esempio».
Piero Rauber
Barriera e Borgo Teresiano da giugno via le auto - fase
di attuazione, cartelli in arrivo
E dopo il Giro d’Italia, da giugno dunque, le nuove pedonalizzazioni di
Largo Barriera e Borgo Teresiano cominceranno a esistere non più solo sulla
carta del Piano del traffico ma anche su strada, quella vera. Nel giorno (ieri)
in cui all’amministrazione Cosolini tocca confermare una notizia ritenuta
prematura (siamo in fondo in periodo elettorale, pur se per l’Europa) lo stesso
“governo” della città ne può rendere pubblica un’altra, che riguarda sempre il
Piano del traffico e le amatissime pedonalizzazioni, considerata invece
assolutamente positiva, puntuale. «Con oggi (ieri, ndr) abbiamo chiuso le prime
due fasi di attuazione del Piano del traffico così come le abbiamo ricalibrate»,
ha annunciato Marchigiani nel pomeriggio, dopo che la giunta aveva appena
approvato il Piano di dettaglio di via XXX ottobre e via Torrebianca, dando così
seguito a quello varato in precedenza per Largo Barriera. Trattasi, mutuando per
pura semplicità le regole di funzionamento dello Stato, di “decreti attuativi”
che il Governo vara per rendere viva una “legge generale” del Parlamento.
Tradotto: adesso le pedonalizzazioni del Borgo Teresiano, oltre che quelle di
Barriera, si possono fare. Manca un solo particolare, per cui però siamo - anche
in questo caso - in dirittura: la posa della segnaletica. «Abbiamo già ordinato
la cartellonistica, dovrebbe arrivare e dovremmo cominciare a installarla entro
fine maggio, inizieremo da Largo Barriera chiaramente e poi passeremo al Borgo
Teresiano», la promessa dell’assessore. Che, come detto, era fresca reduce
dall’aver incassato il sì dei colleghi di giunta al Piano di dettaglio di via
XXX ottobre, via Torrebianca e dintorni. «Dopo aver consultato le circoscrizioni
e le rappresentanze dei disabili e dei negozianti - la puntualizzazione di
Marchigiani - procediamo con la stessa modalità già adottata per Barriera, dando
dunque la priorità agli interventi che ricadono in zone soggette ad attività
commerciali». Si parte così - al di là delle pedonalizzazioni “pure” di via
Torrebianca e dei due “poli” di via XXX ottobre verso Sant’Antonio da via
Machiavelli e verso piazza Oberdan, da via Milano a via del Lavatoio - con la
classificazione della stessa via XXX ottobre in “Ztl a elevata pedonalizzazione”
(con accesso riservato a taxi e mezzi per disabili) tra via Milano e via
Valdirivo e tra via Valdirivo e via Torrebianca, con l’aggiunta nel primo caso
del carico-scarico merci. Tra via Torrebianca e via Machiavelli il traffico
resta «in questa fase aperto, nell’ambito di un percorso a zig-zag tra via
Carducci e via della Zonta, altrimenti avremmo dovuto chiudere proprio via
Machiavelli e eliminare tutta una serie di parcheggi della zona», chiude
Marchigiani. Che precisa inoltre che «pur negli spostamenti tra una via e
l’altra non saranno persi stalli per i motorini».
(pi.ra.)
Zollia: impossibile per ora spostare tutti i bus
Né Cosolini né Marchigiani, ieri, hanno chiamato in causa
il Patto di stabilità, che già l’estate scorsa il Comune aveva preconizzato
potesse diventare la causa di un rallentamento dell’attuazione del Piano del
traffico. Lo ha fatto stavolta l’assessore provinciale ai Trasporti Vittorio
Zollia: «Il presupposto di via Mazzini pedonale era che vi fosse un insieme di
attività e interventi strutturali tali da consentire lo spostamento di tutti i
bus, ad esempio, su Corso Italia. Cosa che al momento non si riesce a fare,
credo anche per ragioni finanziarie».
(pi.ra.)
L’Isola d’oro e Lignano blindano la Bandiera blu
Le due perle del Fvg nel “ghota” delle località più attente al turismo
sostenibile - Premiate qualità del mare e dei servizi. A Grado il record dei
riconoscimenti
TRIESTE Grado festeggia le “nozze d’argento” con la Bandiera blu. Lignano,
invece, arriva a quota 24. Anche quest’anno sventolerà sui pennoni più alti
delle due perle balneari del Friuli Venezia Giulia l’ambito vessillo rilasciato
dalla Fee (Fondazione per l'educazione ambientale, fondata nel 1981 che ha sede
centrale in Danimarca). Un riconoscimento che premia le località più impegnate
sul fronte del turismo sostenibile. Nella nostra regione, inoltre, potranno
issare la Bandiera Blu anche undici approdi nautici, tutti riconfermati. La
cerimonia ufficiale dell’assegnazione dei riconoscimenti si è svolta ieri
mattina a Roma nella sede della Presidenza del Consiglio dei Ministri, alla
presenza di amministratori e dirigenti comunali provenienti da ogni parte del
Paese. Ad illustrare loro scelte e motivazioni, il presidente di Fee Italia,
Claudio Mazza. È stato lo stesso Mazza ad annunciare al pubblico una prima,
importante notizia: rispetto allo scorso anno, sono state insignite della
Bandiera blu 15 località italiane in più, a riprova dell’accresciuta sensibilità
del Paese per il turismo sostenibile. Altre 10, però, si sono viste togliere il
vessillo, uscendo così dall’elenco dei riconfermati. Il saldo finale passa
dunque dalle 135 Bandiere blu del 2013 alle 140 di quest’anno, per un totale di
140 spiagge. Fra le new entry figurano Chioggia-Sottomarina, Gaeta e Rodi
Garganico. Tra le località non riconfermate Sanremo-Imperatrice, Porto Recanati,
Ortona, Giulianova, e quattro località che si trovano lungo i laghi del Trentino
Alto Adige. Quanto ai parametri presi in esame per assegnazione il
riconoscimento, particolare attenzione viene posta sempre alla qualità delle
acque di balneazione, che devono risultare eccellenti. Fanno fede i risultati
delle analisi che, nel corso degli ultimi quattro anni, le Arpa regionali
effettuano nell’ambito del Programma nazionale di monitoraggio del ministero
della Salute in collaborazione con il ministero dell’Ambiente. «Il Friuli
Venezia Giulia - ha dichiarato il presidente Mazza - si riconferma come regione
storica per le Bandiere Blu, a dimostrazione che si può rilanciare la mission
turistica puntando sempre sull’attenzione ambientale. I grandi risultati -
aggiunge Mazza - si ottengono intensificando gli sforzi a livello di turismo
sostenibile e puntando ovviamente anche sul miglioramento della qualità della
vita dei cittadini. E il Friuli Venezia Giulia dimostra di aver ampiamente
lavorato in questo senso». Un giudizio lusinghiero, confermato anche dal
“pedigree” di Grado e Lignano, che guidano la classifica delle località con più
Bandiere Blu: l’Isola del Sole, premiata appunto da 25 anni, conquista il primo
posto insieme a Moneglia, in provincia di Genova e Lignano. Un primato assoluto
che Lignano si prepara a festeggiare a breve: la località balneare friulana ha
ottenuto il vessillo Fee per 24 edizioni. Traguardo che le consente di piazzarsi
al secondo posto nella classifica nazionale delle spiagge più “blasonate”.
Antonio Boemo
IL PICCOLO - MARTEDI',
13 maggio 2014
Nuove regole per i prodotti bio
All’esame delle commissioni i nuovi paletti fissati dal
Parlamento europeo
TRIESTE Riflettori puntati a Palazzo sull’agricoltura biologica. La seconda
commissione del Consiglio regionale ha ascoltato ieri l’illustrazione, nonchè
esaminato e valutato l'impatto, della proposta di Regolamento del Parlamento
europeo e del Consiglio, relativa alla produzione biologica e all'etichettatura
dei prodotti biologici. Alla riunione, organizzata a Udine, hanno preso parte
anche consiglieri della terza e quinta commissione consiliare e del Comitato di
controllo. In regione esistono attualmente circa 291 produttori e 200
trasformatori biologici. Le differenze tra il Regolamento attualmente in vigore
e quello in esame è la previsione di un indirizzo comune in un contesto più
uniforme e maggiori certezze normative. Per l'etichettatura si prevede
l'esplicita dicitura della provenienza dei prodotti. Migliorie anche nel sistema
di controlli per aumentarne l'efficacia. In fase di esame è stata ribadita da
più parti l'opportunità che la produzione biologica offre per uno sviluppo del
settore agricolo regionale. Utile, inoltre, l'applicazione del principio di
sussidiarietà da parte del Consiglio regionale in fase ascendente della
formazione della normativa comunitaria. Il Regolamento sarà in settimana
all'attenzione delle commissioni terza e quinta, che lo valuteranno tenendo
conto delle osservazioni espresse dalla giunta Serracchiani. Sul documento la
commissione ha anche sentito in audizione le associazioni Aiab (Associazione
italiana per l'agricoltura biologica) e Aprobio (Associazione dei produttori
biologici e biodinamici del Friuli Venezia Giulia).
IL PICCOLO - LUNEDI',
12 maggio 2014
In centro 100 nuovi portabici sponsorizzati
Operazione finanziata da quattro ignoti (al momento) benefattori. Una
quarantina installati entro l’arrivo del Giro d’Italia
ALTRE POSTAZIONI Nelle scorse settimane sono stati intanto collocati in 5 punti
più defilati i manufatti che il Comune conservava nei propri magazzini
Una città che si sposta - sempre più - sui pedali. O almeno questo è il
desiderio della giunta Cosolini. Che punta forte, anche in un’ottica proprio di
promozione dell’uso delle bici, sull’arrivo del Giro d’Italia, in città per la
sua tappa finale domenica 1.o giugno. Non a caso nelle scorse settimane è
partita l’“operazione portabiciclette”, con la sistemazione di cinque nuove
postazioni. Ma l’azione dell’amministrazione è destinata a entrare ancora di più
nel vivo nei prossimi giorni, non appena giungerà l’ultimo ok della
Soprintendenza ai beni architettonici e paesaggistici su alcune modifiche di
minima alla mappa dei punti nel centro storico dove ne saranno collocate di
altre. Quattro benefattori, dall’identità al momento ignota, hanno infatti
risposto all’avviso per le manifestazioni di interesse per acquisto e copertura
delle spese di posa (100 euro a stallo, del lavoro si occuperanno i tecnici
comunali) di portabici pubblicato dal Comune: grazie al loro intervento,
arriveranno così 100 stalli, a copertura di 26 postazioni (con un minimo di tre
spazi “di sosta” per ognuna). In particolare, uno dei quattro finanziatori - da
indiscrezioni pare si tratti di un imprenditore molto conosciuto - ne ha
assicurati più della metà. A fronte della spesa, il Municipio garantisce che le
“stazioncine” per due ruote a pedali finanziate saranno griffate con il
“marchio” del benefattore che di fatto ne avrà propiziato la collocazione.
Portabici sponsorizzati e, inoltre, con occupazione suolo pubblico gratuita.
«Abbiamo effettuato i sopralluoghi con i tecnici, ci siamo confrontati con le
associazioni e il 16 aprile scorso abbiamo inviato la documentazione con alcune
piccole variazioni alla Soprintendenza, da cui attendiamo a breve riscontro»,
conferma l’assessore alla Pianificazione urbana Elena Marchigiani. «Entro
l’approdo del Giro - aggiunge - l’obiettivo è di garantire dieci nuove
postazioni con una quarantina di stalli portabici». A seguire, le altre sedici.
La distribuzione nel centro andrà a toccare le zone delle Rive (con più “tappe”
fra cui la stazione Rogers), di via Cadorna, piazza della Borsa, via del Teatro
romano, piazza Verdi, del Canale di Ponterosso, di piazza Sant’Antonio Nuovo,
via di Cavana, piazza Hortis, piazza dell’Ospitale, viale XX settembre nei
pressi del Teatro Rossetti e ancora di Foro Ulpiano e vicino alla stazione
ferroviaria. Il totale dei “bici-park” composti da stalli modello “a P” dovrebbe
essere sulla carta di una cinquantina, ma per ora il quadro economico
delineatosi grazie ai quattro misteriosi benefattori consente di pianificarne
l’insediamento di 26. Intanto, fa sapere dal canto suo l’assessore ai Lavori
pubblici Andrea Dapretto per la fase di propria competenza, si è proceduto
all’allestimento di postazioni in cinque posizioni sì più defilate ma comunque
rilevanti da un punto di vista del quotidiano passaggio di un gran numero di
persone. Qui è stato usato un modello più datato di portabici, considerata anche
l’assenza di vincoli di tipo paesaggistico cui prestare attenzione: peraltro,
nello specifico, sono manufatti che il Comune aveva in dotazione, conservati nei
propri magazzini dal 2007 e “in attesa” di essere utilizzati. «Abbiamo aggiunto
agli stalli già presenti in via Locchi, vicino alla sede della circoscrizione -
illustra Dapretto -, altri in cinque punti: vicino alle piscina Bianchi e a
quella di San Giovanni, al PalaRubini, all’altezza di una delle aree-giochi
della pineta di Barcola e infine al giardino di via Orlandini». La dotazione va
da un minimo di cinque-sei stalli a un massimo di otto-nove. «È la prima parte
di un intervento complessivo - conclude l’assessore ai Lavori pubblici - che ora
andremo a completare con le installazioni nel centro storico. E che poi, in ogni
caso, vorremmo implementare ulteriormente nelle periferie e nei giardini
pubblici».
Matteo Unterweger
Il modello “a P” con design firmato Hammer & Runge
L’assessore Elena Marchigiani l’ha definito «modello “a
P”». Si tratta del tipo di portabici che saranno collocati a Trieste nell’area
del centro storico. Le caratteristiche tecniche del manufatto sono riepilogate
anche in una delle schede allegate all’avviso pubblico per le manifestazioni di
interesse per finanziarne acquisto e installazioni. Si tratta di struttura
«tubolare di acciaio inox Ø 42 millimetri, che avvolge la ruota anteriore»,
completa «di piastra di base bombata in acciaio inox, per impedire la
fuoriuscita della ruota una volta posizionata». «Il fissaggio della struttura -
si legge nella scheda - è da predisporsi su un piccolo plinto di fondazione o
comunque su pavimentazione solida (materiale di fissaggio incluso)». Infine, i
dettagli in numeri: altezza 86 centimetri, profondità 68, lunghezza 225
millimetri e peso di 11 chilogrammi. Il design è firmato Hammer & Runge, con
disegni di proprietà della Modo Srl.
Duino, stop ai depuratori: tutte le acque a Servola
Saranno così evitati gli scarichi a mare dei tre impianti esistenti del
Comune - Per i lavori ci vorranno sei anni. Rozza: «Garanzie sul sistema di
pompaggio»
DUINO AURISINA Gli impianti di depurazione del Villaggio del Pescatore, di
Duino e soprattutto di Sistiana, con i relativi scarichi a mare, saranno
definitivamente dismessi. «La decisione più rilevante presa all'ultima assemblea
Cato – annuncia l'assessore ai Servizi sul territorio, Andrej Cunja – è stata
quella di far confluire tutti i reflui raccolti dalla rete fognaria comunale al
depuratore di Servola». Al consesso, per la verità, l'amministratore duinese
risultava eccezionalmente assente, né sono intervenuti altri esponenti “per
concomitanti e inderogabili impegni”. «Ma non è corretto – dice Cunja – dedurre
che in tale occasione si sia deciso qualcosa in nostra assenza (come rilevato
dal centrodestra con una recente interrogazione sul punto, ndr), si è insomma
proceduto a deliberare quanto preventivamente concordato per vie informali,
com'è consuetudine in qualsiasi assemblea». Dunque gli impianti di depurazione
del Villaggio, di Duino e Sistiana verranno presto eliminati e la rete fognaria
duinese sarà collegata direttamente al depuratore triestino. “Senza slittamenti”
sul cronoprogramma dei lavori, precisa Cunja. I tempi, allora. «Il completamento
di tale operazione è previsto per il 2020. Per giungere a questo risultato
finale - spiega l’assessore comunale - è stabilita la realizzazione della tratta
di collegamento da Duino a Sistiana, con avvio degli interventi già quest'anno.
Mentre quella dal Villaggio a Duino è fissata a inizio 2015. Infine la tratta da
Sistiana a Santa Croce, programmata per inizio 2018. In particolare – sottolinea
Cunja – la tratta dal Villaggio a Duino è stata anticipata di due anni, dal
preventivato 2017 al 2015, mentre su richiesta dell'amministrazione comunale si
sta valutando di spostare la tubazione da sotto la sede stradale al suo fianco,
in maniera da potervi ricavare al di sopra un marciapiede di collegamento del
Villaggio alla strada regionale, tanto agognato dalla popolazione del borgo. «I
contatti – conclude l'assessore – con Acegas e la proprietà del terreno sul
quale verrebbe spostato il collettore, ovvero la B.Fri di Mario Sartori, sono
già stati intrapresi con riscontri positivi». Per le infrastrutture idriche,
invece, il rifacimento della condotta per Sistiana mare rimane previsto per il
2017. Il collegamento al depuratore di Servola sarà prevedibilmente reso
possibile grazie all'ausilio di pompe e condotte sotterranee. Ma proprio ciò,
stando al presidente della Seconda commissione consigliare, Maurizio Rozza,
rappresenterebbe una criticità. «Come noto – chiarisce – il percorso delle
tubature sarà in salita, poiché i nostri paesi carsici si trovano a un livello
d'altezza sul mare più basso rispetto all'area triestina. E pertanto si dovrà
ricorrere a un sistema di pompaggio. Quanto costerà tutto ciò da un punto di
vista energetico? Lo sappiamo? Inoltre l'impianto potrebbe risultare più
vulnerabile: se si romperà un dispositivo elettrico, per esempio, cosa accadrà?»
Intanto, a disposizione dei consiglieri, nella segreteria del Comune, ci sono
sia il nuovo che il vecchio piano degli interventi, per una consultazione
trasparente.
Tiziana Carpinelli
IL PICCOLO - DOMENICA,
11 maggio 2014
Tracce di amianto in 70 scuole
Dapretto assicura: «Niente allarmismi, non ci sono
rischi». Da domani bonifica alla Roli
Sono 89, su un totale di 159, le scuole cittadine che
ricadono sotto la competenza del Comune di Trieste nelle quali è esclusa la
presenza di amianto. Nelle altre 70, invece - in punti della
pavimentazione in pvc o ad esempio dentro soffitte in disuso - è stata
riscontrata. Questi i dati complessivi emersi dal “Piano di rilevamento amianto
nelle scuole cittadine”, i cui esiti sono stati presentati ieri in Municipio
dagli assessori ai Lavori pubblici Andrea Dapretto e all’Educazione Antonella
Grim, dal neo-capoarea dei Lavori pubblici Enrico Conte e dal direttore del
Servizio Edilizia scolastica Giovanni Svara. Da domani partirà il primo
intervento di bonifica, alla sede dell’Istituto comprensivo Roli in via Forti, a
Borgo San Sergio. Al report generale i rappresentanti dell’amministrazione
Cosolini hanno immediatamente aggiunto un chiarimento volto a evitare il
diffondersi di allarmismi o apprensione che inevitabilmente possono crearsi
nelle famiglie: «Siamo in una situazione di sostanziale sicurezza - le parole di
Dapretto -, lo sottolineiamo in modo che non si generino preoccupazioni». «Non
c’è alcun rischio per la salute degli studenti - ha aggiunto Grim -, le scuole
del Comune sono sicure e lo sono sempre state». Rilievi, questi, basati su due
elementi. Il primo è quello dei campionamenti dell’aria effettuati negli
istituti: la presenza di amianto è stata in media di una fibra per litro d’aria
quando la soglia di legge è fissata a 10 dalla Regione e a 20 dallo Stato. «Già
nell’ambiente, all’esterno - osserva in merito Dapretto -, i valori di amianto
sono spesso più alti». «Non si parte da condizioni di pericolo o di gravità», ha
sentenziato Conte. Il secondo motivo su cui si fonda la tranquillità del Comune
è che, laddove è stato necessario (dopo sopralluoghi e accertamenti), si è già
provveduto a lavori di messa in sicurezza anche con riparazioni e rattoppi
temporanei «sui quali - ha spiegato Svara - c’è un controllo periodico» perché
non si può e non si deve abbassare la guardia. Un’eventuale dispersione
nell’aria può verificarsi solo in casi di friabilità di pezzi di pavimentazione
o delle sottostanti colle contenenti vinilamianto, ma al momento - grazie
appunto all’azione-tampone già attuata dai tecnici comunali - «non vi sono
situazioni border line», il rilievo di Svara. Agli interventi di messa in
sicurezza realizzati, seguirà ora l’azione di bonifica che prenderà il via da
domani con la scuola Roli di via Forti, dove già nel dicembre scorso un intero
piano era stato giudicato inagibile e quindi chiuso. Seguirà, poi, l’analoga
operazione alla scuola dell’infanzia “Isola dei tesori” di vicolo delle Rose 5 e
via via negli altri istituti secondo l’ordine di priorità individuato
dall’amministrazione. Per procedere a questi lavori il Comune ha a disposizione
la somma totale di un milione e mezzo di euro, «anche se in tutto ne
servirebbero oltre sei - osserva Dapretto - considerato che stimiamo di avere
circa 40-50mila metri quadrati di pavimenti che presentano vinilamianto. Vi è
l’assoluta necessità di uno sblocco di risorse, soprattutto su edilizia
scolastica e temi sensibili: sono opere che devono uscire dal Patto di
stabilità». Cinquecentomila euro sono arrivati grazie al Decreto del Fare 2013,
firmato dall’allora governo Letta, per bonifiche, campionamenti e analisi. Di
questi, 120mila serviranno per la Roli. L’altro milione di euro, che fa salire
la cifra globale a 1,5 milioni, è derivante dal Fondo Trieste e verrà impiegato
per scuole dell’infanzia e primarie.
Matteo Unterweger
L’assessore Grim garantisce «L’attività didattica non
viene intaccata»
«Nessuna chiusura di scuole per gli interventi di bonifica. Non viene
intaccata in alcun modo l’attività didattica. Il prosieguo dell’anno scolastico
è regolare». L’ha certificato ieri l’assessore Antonella Grim. Gli esponenti
dell’esecutivo hanno anche spiegato che per gli interventi saranno chiusi e
isolati solo i locali dove vi è la pavimentazione da rimuovere e sostituire. E
che per quanto possibile si tenterà di accelerare al massimo in estate, «durante
il periodo delle ferie - ha chiarito Dapretto -, per impattare il meno possibile
sull’attività».
(m.u.)
«Ok Arvedi, ma rilanciare tutta l’area»
Gli iscritti Fiom: i lavoratori vanno impiegati anche per il risanamento
ambientale
Nessuna preclusione ad Arvedi, ma anche un invito alle istituzioni ad
accompagnare i lavoratori nel percorso non solo di mantenimento dei livelli
occupazionali, ma anche di rilancio delle attività industriali e logistiche
nell’intera area che rientra nell’ambito della crisi industriale complessa. È
quanto sostanzialmente rimarcano in una nota le Rsu e il Comitato degli iscritti
alla Fiom Cgil della Ferriera. Ciò dopo l’uscita del segretario provinciale
della Fiom, Stefano Borini, che aveva invitato a non dare carta bianca ad
Arvedi. «I Lavoratori confermano di non avere alcun pregiudizio e contrarietà
all’acquisto da parte del gruppo Arvedi in quanto la manifestazione di interesse
è garanzia della continuità produttiva del ciclo siderurgico integrale dello
stabilimento. Tuttavia permangono le riserve sulla valutazione del piano
industriale ancora non reso noto dall’azienda. La posizione sindacale - si
sottolinea - è vincolata a un mandato preciso dell’assemblea dei lavoratori nel
quale è previsto il mantenimento di tutti i livelli occupazionali e il
mantenimento delle condizioni economico normative in essere. In questo contesto
- fanno rilevare gli iscritti alla Fiom - pur registrando positivamente l’azione
istituzionale fin qui svolta da tutti i soggetti tranne che per la posizione
assunta nella vertenza dall’Autorità Portuale, vanno sciolti i nodi ancora
aperti: alle Istituzioni chiediamo di accompagnare il percorso sul progetto
complessivo dell’area soggetta alla crisi industriale complessa, al fine di
iniziare a risolvere anche a fronte degli ingenti finanziamenti pubblici, il
grave problema occupazionale che riguarda la città, realizzando una politica
industriale in grado di rilanciare le attività industriali e logistiche
utilizzando di fatto anche i finanziamenti previsti dall’Europa.» Riguardo a
quanto previsto dall’Accordo di programma, i lavoratori Fiom sottolineano che
«si dovrebbe considerare l’ipotesi di un forte rafforzamento con uomini e mezzi
dedicati a tutte le attività necessarie al risanamento ambientale quali per
esempio: pulizie e manutenzioni strade, verde e quant’altro che tanto potrebbero
favorire la riduzione dell’impatto ambientale. Tale fase potrebbe essere
accompagnata direttamente dalle Istituzioni pubbliche. Nel contempo - conclude
la nota - vogliamo impegnare tutti i soggetti coinvolti ad assicurare la ripresa
della continuità produttiva delle attività e quindi cogliere le opportunità di
beneficiare di tutte le linee di finanziamento che saranno attribuite dall’Ue,
nonché dalle risorse economiche previste dall’Accordo di programma.
IL PICCOLO - SABATO,
10 maggio 2014
Via Cumano, il museo nasce nel deserto
Solo due bar nella lunga via. I residenti: «Poche corse
di un unico autobus, per il “de Henriquez” servirebbero navette»
La strada è lunga lunga, vuota e silenziosa. La imbocca chi ci abita, magari
in qualche villetta fiorita. L’ultimo pezzo va verso il nulla. Una volta c’era
la caserma, e adesso gli ultimi operai stanno asfaltando almeno il quadrato di
piazzale interno della parte ristrutturata che porterà i visitatori all’ingresso
del Museo della pace e della guerra Diego de Henriquez che si inaugura il 28
giugno. Ma si animerà, per l’eventuale entusiasmo che possono suscitare enormi
armamenti e mezzi militari in mostra, questa zona di città a suo tempo
identificata solo per la sede dell’Aci nella parte iniziale, il cui palazzetto
chiuso da anni è lì abbandonato e pure con tutte le finestre aperte? Dove a
pochi passi c’è non solo l’Ippodromo (in crisi) ma l’enorme comprensorio della
Fiera altrettanto chiuso, e poco più in là va a pezzi l’ex fabbrica Sadoch? È
una strada che può accendersi di nuove attività e comodità? E dove? E come?
Questo dice via Costantino Cumano, intitolata al medico-politico antiaustriaco e
combattente nelle guerre d’Indipendenza, amico di Massimiliano d’Asburgo. Luogo
di comodo parcheggio gratuito per residenti, ma anche per le roulotte, via
Cumano (salendo) ha il marciapiede sinistro ben percorribile, e anche segnato
dai percosi “Pedibus”, e il destro tutto a buche, ma tanto si vede poco perché è
occupato dalle auto in sosta stipate come sardine. C’è lì un’altra caserma
ancora, in funzione, la “Generale Sani” che ospita il Circolo sottufficiali di
Trieste e al n. 3 l’Ufficio tecnico territoriale delle costruzioni e degli
armamenti navali di Venezia, “nucleo tecnico di Trieste”. Un solo bar-buffet è
attivo in tutta via Cumano, escludendo il nuovissimo “wine bar” sorto ai piedi
del nuovo megacomplesso dell’Ater che però fa già angolo con piazzale De Gasperi
dove i parcheggi gratuiti sono altrettanto tutti occupati, e ci mancherebbe.
«Col museo aperto il lavoro andrà certamente meglio - dice il titolare Diego -,
già adesso, noi che abbiamo anche cucina, serviamo pranzi veloci al personale
comunale che lavora al “de Henriquez”, al personale dell’Ater, dell’Ippodromo...
A me pare che il problema dei parcheggi e della viabilità non sia così grave -
aggiunge il barista -, c’è il piazzale dell’Ippodromo, c’è l’autobus». Nella via
si contano ancora solo un “Discount” e un negozio di radiofonia. E qualche bel
gatto in un orto dietro casa. «Senza una forte pubblicità c’è il rischio che qui
arrivino pochi visitatori, la strada è fuori dai percorsi, lontana dal centro»
dicono invece Cristiana Rosa e Massimo Noachig che vivono al di là di piazzale
De Gasperi. Una volta proprietari del bar sotto casa, che faceva ottimi affari
con la Fiera oggi dismessa. «Serve una navetta per le scuole» dice la signora
che spera anche in un riuso proprio del palazzo della Fiera, «dove una volta
erano attive scuole di pattinaggio e di tennis per i ragazzini quando non
c’erano eventi, e che potrebbe essere trasformato in un luogo adatto ai giovani:
farli divertire in un luogo ben preciso evita che vadano in giro, nei centri
commerciali o fuori città, e sono più controllabili...». Che si apra il museo?
Sono contenti. Ma già temono l’effetto-deserto. «Secondo me era meglio fare il
museo in centro - afferma lui -, dove arrivano e girano i turisti». «L’autobus -
aggiunge lei - è uno solo, il 18, e passa ogni 20 minuti, la domenica è
sostituito dal 5, altrettanto ogni 20 minuti. Io - conclude - vado sempre in
macchina». La fermata del 18 è quasi a metà via. Il percorso “raccoglie” però
comodamente: Corso Italia, via Roma, via Mazzini, piazza Goldoni, Largo
Barriera, piazza Garibaldi, viale D’Annunzio, piazza Foraggi, viale Ippodromo,
via Fittke, via Tominz (e qui c’è l’ingresso del Museo di storia naturale,
sempre nell’ex caserma) e via Cumano capolinea. Il 5 parte da Roiano e tocca via
Mazzini, piazza Goldoni, piazza dell’Ospedale. Il turista in fondo è abituato ad
assoggettarsi a orari, spostamenti, mezzi pubblici, ma la coppia che si gode col
cane la panchina di piazzale De Gasperi si dimostra molto consapevole dell’aria
che tira in zona: «Per viverci, molto bene. Per arrivarci, è difficile. Ma non
crediamo proprio che aumenteranno gli autobus e le navette. È impossibile. Fondi
non ce ne sono». E qui non solo hanno ragione in pieno, ma lo dicono coi termini
burocratici che usano gli amministratori. Lezione appresa.
Gabriella Ziani
Il Comune: «Qualche rattoppo, nulla di più»
Esclusi per ragioni economiche l’ampliamento dei trasporti e la creazione
di nuovi parcheggi
contatti in corso - Chiesti a Trieste trasporti lo spostamento del capolinea per
la linea 18 e indicazioni esplicite sui percorsi turistici. Pullman, ipotesi
piazzali
«Intanto apriamo il museo. Che già non è poco». Il sindaco Cosolini, che
ieri già sopportava il peso del crollo in galleria Foraggi («e abbiamo progetto
e soldi, e siamo impediti a fare i lavori rischiando problemi di sicurezza...»)
non usa il facile viottolo delle promesse, del “vedremo, faremo”. Perché la
situazione finanziaria è più o meno sempre quella, con una pietra sopra
(anticipi a parte, per poche cose urgentissime). Perciò mentre la direzione dei
Musei civici sta lavorando a segnaletiche dentro e fuori il Museo “de Henriquez”
che s’inaugura esattamente fra 49 giorni, il sindaco ammette subito: «Autobus e
parcheggi nuovi? Soluzioni immediate non ce ne sono». Una trattativa in corso
con Trieste trasporti però c’è, per spostare più in fondo a via Cumano il
capolinea del bus 18, e cioé esattamente di fronte all’ingresso del museo.
Adesso la sosta è quasi a metà via. «Chiediamo inoltre - aggiunge il sindaco -
che gli autobus migliorino le informazioni sui percorsi, con la citazione degli
itinerari turistici». Il 18 dunque potrebbe portare in giro la dicitura “Museo
de Henriquez”. L’assessore ai Lavori pubblici Andrea Dapretto avrebbe intenzione
di usare dei piazzali interni, più a monte del museo, che fanno parte integrante
della ex caserma “Duca delle Puglie” per far sostare almeno i prevedibili
pullman, dei turisti ma soprattutto delle ancora più prevedibili scolaresche.
«Bisogna però controllare che siano in sicurezza, non son sicuro che siano
automaticamente a disposizione...» frena Cosolini. Ma se i pullman dovranno
invece entrare dall’ingresso del museo, in via Cumano, come potranno convivere
pedoni e megabus? «Quei musei - prosegue Dapretto - è chiaro che scontano la
loro posizione decentrata, li abbiamo trovati in quella sede e certo non
cambieremo. Speriamo al contrario che l’area diventi un nuovo punto di
riferimento culturale per la città». L’asfalto si “rattoppa” davanti
all’ingresso, e si rattopperà un poco, dice l’assessore, nel piazzale adiacente.
Dove sono state anche rimosse masserizie e immondizie ammassate nei lunghi anni
di chiusura della ex caserma. E i mezzi pubblici? Appunto, «cosa da discutere,
ma non oggi». Ben nota la situazione del trasporto locale, del resto, con
migliaia di chilometri già tagliati che non hanno nemmeno assorbito i tagli di
finanziamento.
(g. z.)
IL PICCOLO - VENERDI',
9 maggio 2014
Borgo Teresiano, il rilancio in due fasi - Le opere
puntano a incrementare la qualità della vivibilità dell’intera zona
Pedonalizzazioni nelle vie XXX Ottobre e Torrebianca e lavori anche in
via Trento e largo Panfili per allargare il “salotto buono”
All’orizzonte c’è quella riqualificazione che potrebbe partire già in
autunno, dopo il lancio da parte del Comune - alla faccia del Patto di stabilità
e con “ipoteca” delle proprie azioni Hera “libere” (non quelle inalienabili in
base al Patto di sindacato) - del “Piano cantieri” da 12 milioni e mezzo di
euro. Ma non solo: già per i prossimi mesi si attendono i primi effetti
sull’area del nuovo Piano del traffico. Due binari che portano alla stessa
destinazione, al medesimo obiettivo: la rivitalizzazione dell’area di Ponterosso
e del Borgo Teresiano. Il Municipio vuole infatti “allargare” la pianta del
cuore cittadino, rendendolo sempre più a misura di pedone. Commercianti ed
esercenti della zona attendono, da anni ormai. E ora però con rinnovata fiducia
grazie a queste prospettive, da sommare al pienone che nelle giornate di sole
come ieri si vede ai tavolini di bar e locali ai bordi del Canale e che
evidentemente fa ben sperare e rappresenta una base di partenza importante.
Secondo le previsioni dell’assessore comunale ai Lavori pubblici Andrea
Dapretto, l’opera di restyling di piazza Ponterosso, di via Trento (con primo
isolato completamente pedonale e tratto da via Machiavelli verso largo Panfili
che conterà sull’allargamento dei marciapiedi e sulla creazione dello spazio per
la pista ciclabile da un lato) e proprio di largo Panfili (che si tramuterà in
area dedicata ai pedoni, allo svolgimento di attività culturali a cielo aperto e
allo stesso tempo adeguata ad assolvere le funzioni di sagrato dell’edificio di
culto, cioè la Chiesa evangelica luterana) si potrebbe concludere fra la fine
del 2015 e l’inizio del 2016. Con costo complessivo di 3,9 milioni di euro, di
cui 1,9 per piazza Ponterosso e 2 per via Trento e largo Panfili. Interventi che
«vanno a completare - ribadisce una volta di più Dapretto - una certa
sistemazione dei punti pedonali della città. La zona di Ponterosso è un ambito
fondamentale, una delle parti più significative in chiave di possibile
miglioramento dei servizi. Queste opere - conclude -, anche in prosecuzione con
il cosiddetto Ponte curto, puntano a incrementare la qualità della vivibilità di
una zona dalle potenzialità enormi». Prima dei citati cantieri, già in estate,
altre vie poco lontane muteranno aspetto, grazie qui agli interventi previsti
dal nuovo Piano del traffico: la prossima settimana infatti l’assessore con
delega alla Pianificazione urbana, Elena Marchigiani porterà in giunta - per la
relativa approvazione - il piano di dettaglio inerente alle vie XXX Ottobre e
Torrebianca. Dopo l’ok dell’esecutivo Cosolini, si passerà all’attuazione,
preceduta da un passaggio informativo in commissione consiliare. Il Pgtu prevede
per via XXX Ottobre un assetto a zone diversificate: il tratto iniziale fra
piazza Oberdan e via Milano sarà pedonalizzato, come pure l’ultimo cioè quello
che sbuca in piazza Sant’Antonio; mentre diverranno ztl (zone a traffico
limitato) a elevata pedonalità le porzioni via Milano-via Valdirivo e via
Valdirivo-via Torrebianca, con accesso consentito in entrambe ai mezzi delle
persone diversamente abili, ai taxi e - solo nella prima - anche ai veicoli con
compiti di carico e scarico merci al servizio degli esercizi commerciali della
zona. In via Torrebianca, poi, tratto pedonale fra via della Zonta e via San
Lazzaro. «In un momento di crisi in termini di risorse - osserva Marchigiani -,
è fondamentale si lavori in maniera coordinata fra chi si occupa di traffico, di
lavori pubblici e di commercio. Questi tasselli, messi assieme, fanno massa
critica». Agli operatori dell’area, adesso, non resta che attendere i
cambiamenti promessi. Novità che, conclude Marchigiani, «daranno respiro alle
attività economiche, e assicureranno uno spazio pubblico vivo, e quindi con
maggiori sicurezza e qualità».
Matteo Unterweger
«Ok i provvedimenti. Ma i rioni soffrono»
Vesnaver (Fipe) preoccupato per le periferie. Rigutti (Confcommercio):
«Sì alle riqualificazioni»
«Il fatto che via XXX Ottobre e via Torrebianca saranno in parte
pedonalizzate è già positivo. Prima o dopo partiranno poi anche i lavori in
piazza Ponterosso e dintorni: se non sarà quest’anno, sarà il prossimo. Intanto
è stato fatto un passo avanti». Bruno Vesnaver, presidente provinciale della
Fipe, non nasconde il proprio favore - a nome della categoria degli esercenti
pubblici che rappresenta - all’operazione di rivitalizzazione dell’area di
Ponterosso e del Borgo Teresiano voluta dal Comune. Osservando, ieri, gli arredi
esterni di bar e ristoranti pieni di clienti lungo il Canale e non solo,
Vesnaver ha esultato riagganciandosi peraltro alla recente questione dehors:
«Con o senza pedane, intanto tavoli e sedie sono tutti fuori. E ora godiamoci i
turisti e l’estate. Poi se sarà necessario faremo un investimento (il
riferimento è all’adeguamento degli attuali arredi al nuovo regolamento dehors,
da effettuare non oltre il 15 ottobre per chi avrà presentato la relativa
domanda di occupazione suolo pubblico entro il 15 maggio, ndr)». Il Borgo
Teresiano ha tratto sinora, sottolinea il presidente della Fipe, grande
giovamento già dall’apertura di Passaggio Joyce, il cosiddetto “Ponte curto” su
cui, «piaccia o non piaccia - afferma -, passano migliaia di persone ogni
giorno», e attende dunque i nuovi provvedimenti per un’ulteriore crescita. A
preoccupare Vesnaver è invece la situazione nelle periferie cittadine: «Sono le
zone rionali - osserva allarmato - che stanno soffrendo». Dal versante del mondo
del commercio, il vicepresidente vicario della Confcommercio provinciale Franco
Sterpin Rigutti ribadisce il proprio appoggio al progetto di un centro sempre
più pedonalizzato: «La prima considerazione - apre il ragionamento - è che tutto
ciò che fa parte di una riqualificazione non può non essere visto in maniera
positiva. Sia per la zona di Ponterosso, nella quale sono insediati soprattutto
esercizi pubblici, che per quella di via XXX Ottobre - aggiunge Rigutti -
l’importante è che i provvedimenti siano funzionali alla pedonalizzazione
complessiva del centro. E noi auspichiamo - conclude - che i posti auto che
andranno persi possano essere recuperati nelle vie limitrofe. Sono potenziali
parcheggi per la clientela».
(m.u.)
il dialogo
Sono state, quelle scorse, anche settimane di confronto fra
l’amministrazione comunale e gli operatori (negozianti ed esercenti) con
attività che si affacciano su via XXX Ottobre e via Torrebianca, nei tratti
oggetto dei nuovi provvedimenti del Piano del traffico. Specie a chi fra i
gestori di locali, in vista delle pedonalizzazioni, ha intenzione di procedere
all’allestimento di arredi esterni, l’assessore Elena Marchigiani e i tecnici
degli uffici municipali hanno spiegato come muoversi per la relativa richiesta
da predisporre in base al nuovo Regolamento sui dehors. Trattandosi in questi
casi di nuove occupazioni di suolo pubblico, gli esercenti in questione non sono
chiamati ad attenersi al vincolo di dover presentare la domanda entro la
data-limite del prossimo 15 maggio: considerato infatti che non hanno
installazioni esterne già in essere e che necessitano di essere messe in
“salvaguardia” (con adeguamento entro il 15 ottobre), potranno fare richiesta
anche dopo. E comunque non prima dell’approvazione del Piano di dettaglio da
parte della giunta.
(m.u.)
IL PICCOLO - GIOVEDI',
8 maggio 2014
Fiera e caffè dentro Porto Vecchio: fondi chiesti prima
delle concessioni
La Camera di commercio: il mezzo milione congelato dalla Regione non
mette in discussione TriestEspresso Expo ma serve per la successiva
trasformazione in polo espositivo dei magazzini 27 e 28
Gli «spazi espositivi» sono «già prenotati» per un buon «70%». Eppoi è
«confermata la presenza dei più importanti brand di settore, che stanno
spingendo oltre 200 il numero degli espositori», al che «si stima che il
pubblico supererà» il risultato «dell’ultima edizione del 2012, «quando a
Trieste giunsero oltre 10mila visitatori professionali da 85 paesi». Antonio
Paoletti, con un comunicato stampa diffuso ieri da Aries, braccio fieristico
della Camera di Commercio, tranquillizza standisti di mezzo mondo e se stesso:
TriestEspresso Expo 2014, in agenda dal 23 al 25 ottobre ai magazzini 27 e 28 di
Porto Vecchio, non è in discussione nonostante martedì la Regione abbia messo in
ghiaccio, in attesa semmai di cuocerlo in un secondo tempo, il mezzo milione che
lo stesso ente camerale ha chiesto all’amministrazione Serracchiani proprio per
i magazzini 27 e 28, proprio la sede di TriestEspresso Expo 2014. La fiera del
caffè - fanno sapere da piazza della Borsa - non rischia nulla: i lavori di
adattamento dei due hangar dell’antico scalo a tale manifestazione sono già
iniziati e si concluderanno «entro inizio ottobre», e quelli sono già coperti -
finanziariamente parlando - in casa. I 500mila euro stralciati dal
vice-Serracchiani e assessore regionale alle Attività produttive Sergio
Bolzonello, su segnalazione del suo predecessore di epoca Tondo Luca Ciriani, la
Camera di Commercio li ha chiesti in effetti - come si legge tra le righe di una
nota tecnica scritta dal segretario generale dell’ente Stefano Patriarca e
inoltrata agli uffici di Bolzonello ai fini della richiesta di finanziamento -
per la ristrutturazione di quei due magazzini in ottica espositiva futura. Gli
hangar 27 e 28, d’altronde, sono gli spazi per cui Paoletti intende ottenere per
conto della “Camera”, dall’Autorità portuale, una concessione di lungo periodo
per poterci mettere e gestire, un domani, la nuova fiera di Trieste. La scadenza
delle manifestazioni d’interesse per Porto Vecchio scade il 30 giugno. Il mezzo
milione per mettere a posto quegli spazi, se ne deduce, è stato chiesto prima di
avere in mano la concessione “lunga” degli stessi. Potrebbe essere questo,
forse, il motivo per cui la richiesta di finanziamento è stata stralciata per
«una verifica aggiuntiva», per essere presumibilmente ripresa in sede di manovra
finanziaria estiva a luglio, come aveva giustificato Bolzonello martedì. Ma
veniamo alla nota tecnica del segretario generale di Paoletti: parte da
TriestEspresso Expo e arriva alla constatazione che bisogna fare qualcosa per
Porto Vecchio. «La Camera di Commercio - vi si legge - per la realizzazione
dell’edizione 2014 della Trieste Espresso Expo ha passato in rassegna diverse
ipotesi logistiche. In particolare sono stati verificati gli spazi relativi
all’area esterna del Molo IV, la Stazione marittima, il Magazzino 26, l’ex
Stock, l’area dell’Adriaterminal e l’ex Manifattura tabacchi. Nessuna delle
ipotesi menzionate era, per diverse motivazioni, funzionale e praticabile ma la
soluzione è stata rinvenuta nei magazzini 27 e 28 dati in concessione
dall’Autorità portuale». Da cosa nasce cosa: «Da un’analisi complessiva degli
immobili e della loro collocazione è risultato che questi due magazzini,
opportunamente riadattati, potrebbero costituire una soluzione ideale per la
realizzazione di un importante polo espositivo-museale con finalità economiche,
turistiche ed esperienziali. La struttura polifunzionale potrà essere destinata
a differenti iniziative sia di carattere temporaneo che permanente. Tra le
iniziative di carattere permanente, la Camera di Commercio, di concerto con le
istituzioni locali e i rappresentanti della filiera produttiva, ha in animo di
realizzare un Museo dedicato al caffè (il riferimento è all’aggancio all’Expo
2015 a Milano, ndr). La Cciaa sta lavorando, di concerto con le istituzioni, per
l’individuazione delle concrete modalità realizzative del Museo del caffè (al
Comune piace l’idea del Carciotti, ndr) ma non vi è dubbio che l’utilizzo di
parte degli spazi dei magazzini 27 e 28 potrebbe costituire un’opportunità
rilevante per prestigio e collocazione». Senza contare che, e si giunge alle
conclusioni, «la riqualificazione dei magazzini e il miglioramento dello spazio
circostante hanno un forte valore simbolico nell’apertura a breve termine di una
parte di area degradata che attualmente non ha immediate prospettive di
conversione».
Piero Rauber
IL PICCOLO - MERCOLEDI',
7 maggio 2014
Amianto-killer, niente soldi per le bonifiche dei
privati
Investiti finora circa 400mila euro che sono stati
suddivisi tra 600 interventi
Denuncia degli assessori all’ambiente di Monfalcone e della Provincia di Gorizia
- Una tecnica rivoluzionaria potrà favorire l’inertizzazione della micidiale
fibra
TRIESTE Non c’è soltanto l’amianto che è stato usato nei cantieri e nelle
aziende metalmeccaniche durante la costruzione di navi e motori, per isolare
pareti, tubi e altro ancora, c’è tutta quella fibra-killer utilizzata in passato
in Italia (ma attualmente usata ancora in grande quantità in tanti altri paesi
del mondo) per le costruzioni industriali, civili, per le tubazioni di fognature
e addirittura di acqua potabile. Un mare di amianto (qualcuno azzarda stime in
Italia di circa 23 milioni di tonnellate) in cui la popolazione vive ancora, che
dovrebbe essere messo in sicurezza e reso inerte. Un quadro incredibile ed
interessante emerso ancora una volta ieri pomeriggio durante un
incontro-convegno promosso in Biblioteca dall’assessorato all’ambiente del
Comune, presente ieri con l’assessore Gualtiero Pin, intitolato “Il fine vita
dell’amianto: bonifica, rimozione, prospettive future” dove è stato evidenziato,
da numerosi interventi di rappresentanti istituzionali ed esperti che mentre
sugli esposti all’amianto stanno procedendo inchieste, censimenti, processi e
iter di risarcimento danni per malattie e morti, sul fronte delle bonifiche
siamo quasi all’anno zero. Tutta colpa dei fondi che mancano per queste
operazioni di pulizia e “eradicamento”, altamente costose, e mentre sul fronte
industriale si sta lavorando a fatica (sono 597 i siti industriali con amianto
individuati in Fvg, per il 77% coperture in eternit) e le bonifiche sono in
corso, per quanto riguarda il privato, case ed edifici, la situazione oltre che
altamente frammentata, è ancora in alto mare, per non parlare della situazione
delle discariche (ce n’è una autorizzata a Porcia, con problemi e contestazioni)
o dei cumuli abbandonati nell’ambiente. E dire che in Fvg, ma in particolare in
provincia di Gorizia si era iniziato molto bene con un provvedimento pilota
promosso dalla Provincia di Gorizia. Lo ha spiegato ieri l’assessore provinciale
all’ambiente Mara Cernic annunciando che grazie a due bandi negli scorsi anni
con misure di incentivi ai cittadini è stato possibile investire per le
bonifiche puntuali, casa per casa, circa 400mila euro (in due tranche da 200
mila) e sono stati fatti ben 600 interventi di bonifica. Una procedura semplice,
ha spiegato Cernic, veniva assicurata a chi bonifica la casa la copertura del
50% delle spese con l’assistenza a domicilio di una ditta pronta a portar via
l’amianto e a seguire tutte le complicate procedure di smaltimento. Lavori
piccoli da mille, due mila euro (per la sola bonifica, dopo le spese di
ripristino della casa erano a carico del proprietario) che hanno confermato una
«grande sensibilità al problema amianto» da parte dei cittadini. Un vero
successo che è stato copiato, con forme di incentivi diversi, anche dal Comune
di Trieste e quello di Udine. Niente invece si è mosso in quello di Pordenone.
Ora, hanno denunciato sia l’assessore Cernic e l’assessore Pin, tutto è fermo e
servirebbe un vero «Piano regionale per le bonifiche da amianto» da parte della
Regione che dovrebbe assicurare anche le coperture finanziarie necessaria. Una
priorità messa in evidenza anche da Enrico Bullian, consigliere provinciale, che
ha parlato come esponente della Commissione regionale amianto dando un quadro
desolante e ancora work in progress, ferma al 2010 dopo un’iniziale vivacità di
iniziative. Ma la parte più interessante e innovativa è giunta da una bellissima
relazione-lezione del professor Norberto Roveri, professore di chimica e
biologia all’Università di Bologna che assieme a un gruppo di ricercatori, uno
dei quali ha aperto un centro-deposito di amianto nel Pordenonese, dopo lunghi
studi ha scoperto e messo a punto una tecnologia rivoluzionaria per
“inertizzare” e rendere innocuo l’amianto con l’utilizzo di siero di latte che
funziona perfettamente. E che potrebbe rivelarsi vincente per il futuro visto
che quello dei depositi di amianto stoccati in discarica è una strategia che si
è rivelata oltre che altamente pericolosa (c’è il rischio di inquinamento delle
falde) ormai senza futuro: anche la Ue ha già detto di no allo smaltimento in
discarica, l’unica strada è l’inertizzazione.
Giulio Garau
IL PICCOLO - MARTEDI',
6 maggio 2014
La Ferriera fuori pericolo: in attività verso la
vendita
Al Tavolo il commissario Nardi conferma l’arrivo del
coke fino a fine luglio - Entro giugno la proposta di Arvedi per l’acquisto da
chiudere il mese dopo
Non si ferma l’attività produttiva della Ferriera: in base alle novità
annunciate ieri pomeriggio al Tavolo sulla riconversione di Servola riconvocato
dalla Regione la fornitura di nuova materia prima dovrebbe essere assicurata
fintantoché non sarà perfezionato l’acquisto da parte del Gruppo Arvedi di
Cremona. Ciò dovrebbe accadere, è stato anche rilevato, alla fine di luglio e
quindi con uno slittamento di un paio di mesi rispetto a quanto ottimisticamente
prospettato dal momento che è necessario seguire le procedure della legge
Marzano (prende il nome del ministro delle Attività Produttive del governo
Berlusconi II, Antonio Marzano), che contiene misure per la ristrutturazione
industriale di grandi imprese in stato di insolvenza. Il commissario
straordinario Piero Nardi che al termine della riunione, chiusa ai media, non ha
rilasciato dichiarazioni, secondo quanto riportato dalla presidente della
Regione Debora Serracchiani, ha assicurato che due navi destinate a Piombino
scaricheranno a Trieste metà del fossile trasportato. In questo modo la cokeria
di Servola, che altrimenti si sarebbe spenta a fine maggio, potrà continuare a
lavorare perlomeno fino a fine luglio, contemporaneamente al passaggio di mano
dello stabilimento. Al Tavolo è stata riconfermata la validità della
manifestazione di interesse presentata da Arvedi e il rigetto della seconda,
avanzata da una piccola azienda di Hong-Kong che si appoggiava a un grosso
broker cinese ma la cui documentazione, anche dopo la proroga concessa,
risultava fortemente carente, oltre ad essere mancante di adeguate referenze
industriali e finanziarie. Per Siderurgica Triestina, la società appositamente
costituita per Servola dal Gruppo di Cremona, si apre ora la fase della due
diligence (il potenziale acquirente verifica il valore e le condizioni
dell’azienda da acquistare anche con la possibilità di visite in loco e incontri
con il management) che si prevede piuttosto rapida dal momento che
l’amministratore unico di Siderurgica Triestina, Francesco Rosato è anche un ex
direttore della Ferriera. Entro fine giugno, sempre in base al cronoprogramma
abbozzato ieri, verrà presentata l’offerta vincolante d’acquisto corredata da
piano finanziario, piano industriale e piano ambientale. Qui si aprirà la
trattativa con i sindacati che non si prospetta facile anche perché le
originarie generiche affermazioni di completo mantenimento dei livelli
occupazionali non sono più state ufficialmente confermate e le stesse
dichiarazioni fatte ieri dagli esponenti sindacali dimostrano come una linea
comune non ci sia, o debba appena essere trovata. Una volta perfezionato
l’acquisto, sarà firmato con i rappresentanti delle istituzioni e lo stesso
Arvedi l’Accordo quadro in base al quale Debora Serracchiani diverrà commissario
per l’area di Servola (banchina compresa) e quella dell’Ezit inclusa
nell’Accordo di programma. All’incontro di ieri Serracchiani era affiancata
dagli assessori al Lavoro Loredana Panariti, alla Programmazione Francesco
Peroni e all’Ambiente Sara Vito. Presenti, oltre a Nardi e a Rosato, il prefetto
Francesca Adelaide Garufi, il sindaco Roberto Cosolini, la presidente della
Provincia Maria Teresa Bassa Poropat e ampie rappresentanze di Fiom-Cgil,
Fim-Cisl, Uilm, Ugl e del sindacato autonomo Failms.
Silvio Maranzana
Serracchiani: «Non vedo più ostacoli insormontabili»
«Non credo vi saranno ostacoli insormontabili ora per la
vendita della Ferriera - ha commentato a margine dell’incontro la governatrice
Debora Serracchiani - nemmeno sul fronte delle bonifiche. L’Accordo di programma
mette in campo 72 milioni, 15 dei quali per le aree dell’Ezit per la cui
disponibilità la Regione sta già trattando con Invitalia. Dei 57 che riguardano
la Ferriera, 26 saranno messi dalla Regione che li attingerà dal Fondo di
coesione europeo e al Cipe e già stata avviata la short list dei progetti
ammessi alla procedura. «A questi andranno aggiungersi altri fondi ancora, in
parte statali e in parte che devono essere stanziati dalla stessa Arvedi. Non
credo però - ha aggiunto la governatrice - che per quanto riguarda questa parte
degli stanziamenti, indispensabile per arrivare a un completo risanamento,
sorgeranno questioni con l’acquirente.»
(s.m.)
IL PICCOLO - LUNEDI',
5 maggio 2014
Ferriera, si riunisce il tavolo in Regione
Convocato da Serracchiani dopo l’interesse manifestato da Arvedi, unico
in campo
Gli ordinativi delle forniture di carbon fossile indispensabili per tenere
accesa la cokeria. E i primi dettagli del Piano industriale della Siderurgica
Triestina (Gruppo Arvedi), unica candidata in lizza per l’acquisizione dello
stabilimento della Ferriera di Servola. Su questi due versanti i sindacati
attendono di avere notizie dal Tavolo sulla Ferriera convocato per questo
pomeriggio alle 16.45 nel palazzo della Regione in piazza Unità. È annunciata
anche la presenza del commissario straordinario della Lucchini, Piero Nardi. La
presidente della Regione, Debora Serracchiani, ha rilevato nei giorni scorsi
sull’esclusione della seconda cordata che aveva manifestato interesse per la
Ferriera come «l’esame di questa seconda manifestazione di interesse non ha
comportato un’eccessiva dilazione temporale e il fatto che ora ci si trovi a
confrontarsi su un’unica richiesta mantiene il percorso entro uno schema non
gravato da troppe incognite». Così Franco Palman, rappresentante di fabbrica per
la Uilm, in vista dell’odierno vertice: «C’è da iniziare un percorso, vedremo i
tempi per sviluppare il Piano industriale. E ricordo che dal 31 marzo scorso 36
persone sono a casa perché sono scaduti i contratti a tempo determinato: per il
99% si tratta di persone che hanno una professionalità acquisita con anni in
fabbrica. Alla fine del Piano industriale, non dovrà esserci neanche un posto di
lavoro in meno, ma almeno uno in più». I sindacati hanno da tempo annunciato di
non voler rinunciare, nel passaggio di proprietà, a nemmeno un posto di lavoro e
anzi puntano a riportare in fabbrica anche gli stessi lavoratori con contratto a
termine scaduto a fine marzo. Oggi alle 16.30 è previsto un presidio all’esterno
del palazzo regionale, a cui parteciperanno pure i lavoratori della Sertubi per
sensibilizzare una volta di più la Regione anche su quel fronte. «Dovrà emergere
da subito - osserva Umberto Salvaneschi (Fim-Cisl) a proposito della riunione
del Tavolo sulla Ferriera - la garanzia dell’arrivo della nave con il coke per
la prosecuzione dell’attività della cokeria. Vi sono forti aspettative da parte
dei lavoratori. E inoltre attendiamo quantomeno qualche macro-dato sul Piano
industriale di Arvedi». Infine, il sindaco Roberto Cosolini sull’incontro di
oggi: «Verrà fatto l’aggiornamento della situazione. È noto come stiano andando
avanti le cose. Vediamo che tipo di richieste ci saranno».
(m.u.)
L’orto urbano va di moda e fa il “tutto esaurito”
Da Trieste a Udine diventa “cool” coltivare piante e
ortaggi tra i palazzi - Le domande superano in ogni provincia il numero di spazi
verdi disponibili
TRIESTE «Conosci tu il paese dove fioriscono i limoni?», chiede Goethe nel
suo Viaggio in Italia. Oggigiorno lo Stivale non è più il giardino edenico
incontrato dal sommo letterato tedesco ma, nel bel mezzo di uno dei paesi più
cementificati d’Europa, spunta un fenomeno che prova come la cura del territorio
sia un patrimonio non del tutto perduto: gli orti urbani. E il Friuli Venezia
Giulia è una regione all’avanguardia. L’orto urbano è una tradizione consolidata
e in espansione in tutti i capoluoghi provinciali: le domande superano
puntualmente la disponibilità di spazi. Una regione, insomma, in cui il bisogno
di ritorno alla terra è molto sentito. La presidente di Coldiretti Fvg Rosanna
Clocchiatti tratteggia una panoramica molto positiva: «Da tempo siamo attivi in
questo campo e sono tante le realtà locali che ci hanno contattato per avere
sostegno e supporto». Il motore del fenomeno sono proprio i Comuni: «Diverse
amministrazioni si stanno mettendo in moto e le ragioni sono svariate: vuoi per
l’avvicinamento delle persone alla coltivazione, per l’interesse verso prodotti
sani e stagioni, oppure per esigenze di carattere sociale». Non più tardi di 20
giorni fa è stato avviato l’ultimo progetto di collaborazione fra Udine e
Coldiretti: «Sono un po' di anni che lavoriamo assieme ormai, Udine è capofila a
livello nazionale di tutta una serie di attività - dichiara Clocchiatti -. Noi
li seguiamo dal punto di vista tecnico, mettendo in campo corsi di formazione e
fornendo il supporto e l’esperienza dei nostri agricoltori». Ma gli orti urbani
sono ormai una realtà in tutta la regione: «Non credo ci siano province del
Friuli Venezia Giulia più o meno interessate al fenomeno. La differenza è semmai
tra località grandi o piccole: ovviamente nelle città maggiori c’è un’attenzione
maggiore verso la possibilità di coltivare piccoli appezzamenti». Anche a
Trieste si tratta di un fronte importante. Il Comune ha avviato numerose
attività, contemplando i diversi impieghi dell’orto: educativo, sociale,
terapeutico. Ecco perché diversi assessorati sono in campo con progetti che è
possibile consultare sul sito www.ortitrieste.it. L’assessore comunale Elena
Marchigiani commenta: «Il nostro è un progetto articolato e il più possibile
trasversale. Esiste un aspetto culturale con seminari e corsi di formazione, c’è
poi il coinvolgimento delle scuole, delle famiglie, dei centri per anziani e dei
centri diurni, delle associazioni». Un sistema che comporta benefici su più
livelli, non ultimo «il recupero leggero e a basso costo di territori che
altrimenti sarebbero preda del degrado mentre così rispondono a una richiesta
che viene dalla popolazione». Udine dispone di quattro aree deputate agli orti
pubblici, e la loro gestione ha guadagnato al Comune diversi riconoscimenti.
Durante la conferenza di conferimento del premio nazionale “Comuni virtuosi”,
l’assessore comunale Carlo Giacomello ha definito così il progetto friulano:
«Non si tratta infatti di “semplici” lotti da coltivare ma di un vero e proprio
movimento culturale che offre alla città mostre, corsi, visite guidate, eventi».
Ogni primavera si svolgono corsi gratuiti aperti a tutti, organizzati dal Comune
e da vari operatori del settore agricolo (Coldiretti, Aiab, aziende udinesi e
altri), mentre diverse associazioni assegnatarie degli orti offrono esempi
pratici come percorsi di orto terapia, orti botanici, sussistenza economica,
attività sociali. A Gorizia l’orto urbano è una realtà decennale, spiega
l’assessore Silvana Romano: «Gli spazi sono all’interno della casa di riposo
cittadina. Ci apprestiamo però a consegnare una ventina di nuovi lotti, per le
quali sono già arrivate sessanta richieste: contiamo nel futuro prossimo di
soddisfare tutti, ricorrendo magari anche ai privati volontari in possesso di
terreni bisognosi di coltivazione». Lo schema è valido anche per Pordenone dove
gli orti esistono da diversi anni. Anche lì sono stati eseguiti corsi di
formazione molto seguiti.
Giovanni Tomasin
IL FENOMENO - Dai corsi di formazione organizzati dalla
Coldiretti alle iniziative dei Comuni
Coldiretti, rilevando un aumento d’interesse verso gli
orti urbani in Friuli Venezia Giulia, presta assistenza diretta e offre corsi di
formazione ai Comuni. A Trieste diversi assessorati lavorano agli orti urbani.
Secondo l’assessore Marchigiani consentono il recupero del territorio e
rispondono a necessità sociali. In tutti i Comuni capoluogo della regione le
domande per avere accesso a un appezzamento di terreno superano la
disponibilità, segno della vitalità del fenomeno. A Gorizia, dove gli spazi si
trovano all’interno della casa di riposo, sono “in consegna” una ventina di
nuovi lotti. Ma le domande arrivate sono già una sessantina.
Duino, tutti d’accordo sul Mercato contadino
Approvato il regolamento che disciplina la vendita di prodotti locali non
Ogm - Partecipazione aperta anche ai produttori da oltreconfine, cadenza da
decidere
DUINO AURISINA Primo passo compiuto verso l'istituzione del Mercato
contadino a Duino Aurisina: il Consiglio comunale all'unanimità ha approvato il
regolamento che disciplina l'iniziativa tesa alla vendita diretta, da parte di
imprenditori agricoli, di colture e prodotti tipici di qualità, in particolare
quelli biologici e stagionali, non sempre valorizzati nella grande distribuzione
alimentare. A promuovere la novità all'insegna del “km 0” è il Comune, sentite
le associazioni di categoria in Regione. Bandito tutto ciò che non è autoctono,
nonché gli organismi geneticamente modificati o alimenti derivanti da Ogm. Ogni
azienda aderente (la facoltà di partecipare è estesa ad agricoltori e contadini
di Oltreconfine) dovrà esporre in un apposito cartello che gli articoli
presentati al pubblico sono stati realizzati in azienda, indicando in quali
stagioni o in quale periodo dell'anno siano stati ricavati e resi disponibili.
L'intento del Mercato, come sottolineato in aula da tutta la maggioranza, è di
creare un'opportunità per produttori e consumatori d'accorciare la filiera
d'acquisto, riducendone i passaggi intermedi e diminuendone il prezzo finale.
«L'obiettivo – così l'assessore Marija Brecelj –, col Mercato contadino, è di
promuovere i nostri prodotti, bio e stagionali, tagliando di conseguenza i costi
dei trasporti e il consumo di benzina». Soddisfatta pure l'opposizione
consiliare, con Massimo Romita (Pdl): «Questo lavoro fa riferimento a un
precedente regolamento impostato dall'ex giunta, che tuttavia non era riuscito
ad andare in porto per la scarsa disponibilità, all'epoca, degli operatori a
realizzare il mercato. Dunque un plauso all'assessore per avere portato in aula
il regolamento, se ha la sicurezza della presenza degli operatori a questa
iniziativa. Credo sarà importante trovare un sito munito di collegamenti idrici
e toilette: in passato noi avevamo pensato a San Giovanni in Tuba». Edvin Forcic
dell’Unione slovena (Slovenska Skupnost) ha sottolineato l'importanza di
coinvolgere nell'iniziativa anche gli imprenditori sloveni, mentre Michele Moro
(Pd) ha rimarcato la necessità di scegliere una sola sede, piuttosto che indire
un mercato itinerante, poiché potrebbero esserci difficoltà nella comunicazione
corretta dell'evento all'utenza. «Sono felice di quest'opportunità perché sono
trascorsi ben cinque anni da quando presentai una mozione per realizzare il
primo Mercato contadino sul territorio – ha commentato Maurizio Rozza del Gruppo
misto -. Oltre a calmierare i prezzi e a garantire un rapporto diretto tra
produttore e cliente, l’iniziativa creerà occupazione. Vale la pena rammentare i
numerosi fondi europei a disposizione per valorizzare le attività agricole e
come queste risorse siano spesso rimaste inutilizzate, per la scarsa
informazione circolata tra gli addetti ai lavori. È stato un fallimento per
tutti l'Asse 4 del Programma di sviluppo rurale vigente: ora ci deve essere uno
scatto culturale, perché si possono fare cose di qualità, anche in ambito
zootecnico, ma alcune condizioni vanno cambiate, penso al fenomeno dei porchi in
affitto». Frequenza di svolgimento, sede e numero di stand sono da stabilirsi.
L'ente punta a un mercato bisettimanale o mensile, durante la bella stagione,
quando anche i flussi turistici sono maggiori.
Tiziana Carpinelli
Caccia, uccisi 610 cinghiali e oltre 340 caprioli
Gran parte degli ungulati “centrati” nella zona Est da Prosecco a Muggia.
Cervi in aumento
TRIESTE Anche quest’anno si è tenuta a Jamiano la mostra dei trofei di
caccia prelevati nelle 12 riserve della provincia di Trieste. Una manifestazione
pubblica organizzata dalla sezione locale della Federcaccia in ottemperanza a
quanto previsto dalle normative nazionali. Lo scopo è di dare informazione alle
amministrazioni pubbliche competenti in materia di fauna selvatica sulla
gestione del patrimonio faunistico territoriale da parte dei cacciatori
triestini. Accanto alla mostra, la pubblicazione di un catalogo degli ungulati
prelevati durante la stagione venatoria, completo di tutti i dati biometrici per
ogni esemplare abbattuto, suddiviso per specie e singola riserva di caccia con i
diagrammi corrispondenti a densità di prelievo, proporzione degli abbattimenti
per classi di sesso e età. Un dato fotografa globalmente la massa di prelievo
realizzato dalle 12 riserve secondo quanto previsto dai piani di abbattimento
stilati dall’amministrazione regionale. In provincia di Trieste, per l’annata
venatoria 2013–2014, sono stati abbattuti circa un migliaio di capi tra
cinghiali, caprioli e camosci per una percentuale di 10–12 ungulati per 100
ettari di superficie. Numeri che pongono il Distretto Carso tra i più puntuali
della Penisola. Sono stati uccisi 610 cinghiali sui 772 previsti dai piani (80%
di quanto previsto, 100% per l’areale muggesano). «Dai dati di abbattimento si
evince che la presenza dei cinghiali riguarda soprattutto la parte a Est della
provincia – spiega Fabio Merlini, presidente provinciale Federcaccia – con 494
cinghiali prelevati da Prosecco a Muggia mentre 116 riguardano le riserve a
Ovest. I cinghiali infatti si muovono a ridosso della zona urbana cittadina, che
offre loro rifugio, protezione e cibo». Per quel che concerne il capriolo, sono
stati 342 i capi ammazzati rispetto ai 331 dell’annata precedente. La
popolazione di questa specie soffre la competitività ambientale e territoriale
del cervo e del cinghiale, per cui i suoi piccoli, probabilmente, risultano
disturbati e spesso predati. Tra le altre specie provinciali, appare in crescita
la popolazione dei camosci, presente in modo stabile nella riserva di Duino e in
fase di espansione territoriale. In costante aumento pure la presenza del cervo,
spesso avvistato in prossimità della rete viaria. «I cacciatori continuano a
gestire e monitorare il patrimonio faunistico locale – osserva Merlini – forti
delle loro competenze faunistiche e della loro conoscenza del territorio
provinciale».
Maurizio Lozei
IL PICCOLO - DOMENICA,
4 maggio 2014
Terrazzamenti del Carso: via il vincolo ambientale
Disegno di legge della giunta regionale: rimboschimento
naturale per 20 anni - Giudizi positivi dei viticoltori. «È un primo passo,
anche se si poteva fare di più»
TRIESTE Anche il concetto di bosco tende a cambiare. La definizione (dei
vocabolari) di “un'ampia superficie di terreno coperto da alberi, solitamente
d'alto fusto” va leggermente modificata. L’ultima ridefinizione è stata data da
un disegno di legge approvato dalla Giunta regionale che tratta di "Disposizioni
di riordino, semplificazione e razionalizzazione in materia di risorse agricole
e forestali, bonifica, caccia e pesca". Il nuovo concetto, così come è stato
scritto nell’articolo 81, avrà ripercussioni non di poco conto sul Carso
triestino. In quanto sarà possibile avviare l'atteso (da troppo tempo) recupero
dei terrazzamenti sul ciglione carsico, come pure di molti prati in montagna e
riportarli alla funzione originaria. Il disegno del legge afferma che per
considerare bosco le aree nelle quali è in atto un processo di rimboschimento
naturale devono passare 20 anni non i 10 di oggi. Inoltre non è più bosco dove
sono coltivati frutteti e tartufaie. Dal momento poi che boschi e foreste sono
sottoposti a vincolo paesaggistico, e quindi la loro eventuale modifica va
sottoposta una (lunga) procedura autorizzativa, con la nuova norma non si
considerano più bosco i terrazzamenti artificiali e i prati coinvolti in
processi di imboschimento naturale. Il disegno di legge che passerà all’esame
del Consiglio regionale il 6 o il 7 giugno è stato proposto dal vicepresidente
Sergio Bolzonello e dall’assessore Paolo Panontin. «Per il ciglione del Carso
triestino - afferma Bolzonello - questo provvedimento avrà un impatto importante
sull’agricoltura e consentirà di perseguire un suo sviluppo, in particolare
quello vinicolo. Ci saranno più spazi e meno vincoli con la possibilità di
recuperare aree lasciate abbandonate nel passato. Il disegno di legge che
abbiamo approvato in giunta giungerà tra un mese all’esame dei Consiglio
regionale e credo che nel mese di giugno possa diventare legge e perciò essere
operativo. Positivi i primi commenti dei viticoltori del Carso triestino. «Una
decisione decisamente positiva - sottolinea Beniamino Zidarich, dell’azienda
agricola di Prepotto - che aspettavamo da tempo e che in alcune regioni italiane
già esiste. Giusto recuperare i terrazzamenti e togliere il vincolo
paesaggistico. È una semplificazione che favorisce il nostro lavoro. Oltre alla
indiscussa qualità dei nostri prodotti, sarà ora anche più facile coltivarli.
Almeno speriamo...». Per Andrej Bole dell’azienda agricola a Roiano è un passo
avanti «anche se si poteva fare di più». «Soprattutto - sottolinea Bole - per
quanto riguarda l’imboschimento naturale. Dieci erano niente, ma pochi sono pure
20 anni, Sarebbe stato meglio portali a 30-40. Tanto terreno è andato perso
negli ultimi 50 anni. Terreno che non è servito all’agricoltura e che, incolto,
ha provocato danni. Le frane non nascono dal niente. Certo, tolti i vincoli
paesaggistici, aumentate le aree agricole, qualcosa si è fatto, ma non vorrei
che poi nelle norme attuative della legge si nascondano inghippi di varia
natura».
Ferdinando Viola
SEGNALAZIONI - comune / 1 Un Piano regolatore pro
natura - Elena Marchigiani assessore alla Pianificazione urbana del Comune di
Trieste
Colgo l’occasione della segnalazione pubblicata il 27
aprile per richiamare alcuni dei contenuti del nuovo Piano regolatore generale.
Il territorio triestino è senza dubbio un territorio fragile e a rischio di
smottamenti. La frana di qualche giorno fa non è che l’ultimo di una serie di
episodi analoghi che ha interessato la fascia costiera. Per evitare che in
futuro la situazione peggiori, anche a causa dei cambiamenti climatici che
rendono sempre più intensi i fenomeni di piovosità, abbiamo fondato le scelte
del nuovo Prg su uno studio geologico attento ed estremamente dettagliato,
probabilmente mai così prima d’ora. Ogni Piano comprende tra i suoi elaborati
uno studio geologico: la differenza sta nell’importanza effettiva che si decide
di assegnare ai suoi contenuti, nella rilevanza che essi assumono nell’orientare
le scelte di zonizzazione che il Piano stesso compie. Il nuovo Piano di Trieste
ha limitato drasticamente la nuova edificazione ma soprattutto ha deciso di
assegnare alla fascia costiera un ruolo diverso rispetto a quello che rivestiva
nelle precedenti varianti. Non viene infatti più vista come una riserva di aree
edificabili di pregio, bensì come un ambito di elevato valore paesaggistico, da
tutelare attraverso lo sviluppo di nuove attività agricole e il recupero delle
strutture a pastino. Purtroppo non si può porre rimedio ai danni che sono già
stati fatti, ai permessi a costruire che sono già stati rilasciati in ossequio
alle disposizioni pianificatorie finora vigenti. L’impegno è perciò che in
futuro il nostro territorio venga rispettato, nei suoi equilibri geologici,
idrogeologici e ambientali. I valori di un territorio sono infatti molti e
diversi, per troppo tempo li si è riduttivamente associati alla sola capacità
edificatoria. L’arresto demografico, la sempre più forte presenza di alloggi e
fabbricati inutilizzati ci dimostrano però come i tempi siano cambiati. Il
nostro Piano regolatore fa di questi cambiamenti il motore per un approccio
rinnovato al governo della città: si può infatti avere sviluppo anche puntando
sul riutilizzo e sulla riqualificazione dell’esistente, senza continuare a
consumare suolo e a esporre il territorio a rischi che poi inevitabilmente si
pagano nel tempo medio lungo, come appunto frane e smottamenti ci dimostrano.
«Fino alla stazione centrale il treno in arrivo da
Lubiana»
Ora si ferma a Opicina: missione dell’assessore Kraus per convincere gli
sloveni - Sostegno a un progetto austriaco per ripristinare il convoglio fino a
Vienna
Riconquistare il ruolo di hub internazionale delle principali linee
ferroviarie da e per il Centro e l’Est Europa anche sul fronte passeggeri.
Obiettivo ambizioso per Trieste, già mal collegata con il resto d’Italia, che la
città però incomincia a porsi seriamente. Va in questa direzione la missione a
Lubiana che sta preparando l’assessore comunale allo sviluppo economico Edi
Kraus per incontrare nei prossimi giorni i principali dirigenti delle Ferrovie
slovene. «Il primo step da raggiungere dal nostro punto di vista - spiega Kraus
- è la modifica degli orari dell’attuale collegamento Trieste-Lubiana che così
come sono congegnati adesso non permettono di andare e tornare in giornata, ma
soprattutto la necessità che il capolinea sia portato alla Stazione centrale di
Trieste e non si fermi, com’è oggi, a Opicina. Il secondo step è la verifica di
un interesse da parte slovena a prolungare il percorso fino alla capitale
austriaca ripristinando lo storico tracciato della ferrovia meridionale
Vienna-Lubiana-Trieste». Il collegamento da Lubiana è stato riaperto dalle
Ferrovie slovene il 15 dicembre, ristabilendo un percorso transfrontaliero
inesistente nei tre anni precedenti dal momento che l’euronight Venezia-Budapest
(via Opicina) era stato soppresso nel dicembre 2011. Ma i mezzi sloveni non sono
provvisti di alcuni accorgimenti che Rfi considera obbligatori per arrivare fino
alla Stazione centrale di Trieste e cioé locomotive provviste dello Scmt
(Sistema controllo marcia treno) e vagoni con porte “lateralizzate” per
consentire la loro apertura esclusivamente dal lato della banchina. E portare i
treni fin nel cuore della città è l’unico modo efficace per far concorrenza alla
strada e far sì che il traffico sia economicamente redditizio. Il progetto di un
collegamento Vienna-Lubiana-Trieste è stato recentemente lanciato dal
giornalista di Salisburgo Karl Schambureck che ne ha parlato anche in un
articolo pubblicato sul periodico ferroviario “Regionale schienen” di cui è
coeditore oltre a essere un componente dell’associazione “Probahn”. «Sarebbe un
Eurocity di prestigio - afferma Schambureck - e potrebbe chiamarsi Miramare
perché oltre quarant’anni fa esisteva un rapido proprio con questo nome. Le
Ferrovie austriache (Obb - Osterreichische Bundesbahnen) dovrebbero gestire i
treni e pagare il pedaggio della linea tra Opicina e Trieste a Rfi. Trieste e il
Friuli Venezia Giulia dovrebbero contribuire economicamente, ma il miglioramento
dei collegamenti per la Slovenia e l’Austria rappresenterebbe un grande
vantaggio economico e di prestigio per Trieste». Il progetto è supportato dai
volontari del Museo ferroviario di Trieste e Maurizio Fontanot dice che «è
indispensabile ora coinvolgere i rappresentanti politici che purtroppo negli
ultimi anni non dimostrano particolare interesse per questo settore». La
proposta di Schambureck è però arrivata in tempo reale sul tavolo dell’assessore
Kraus che non solo l’ha ritenuta importante, ma ha subito contattato i
reponsabili sloveni ottenendo però la risposta che il collegamento
Trieste-Lubiana-Vienna non era all’ordine del giorno. Da qui la decisione della
missione nella capitale slovena. È indispensabile che il collegamento risulti
utile a entrambi. Sul fronte merci, nonostante le note tradizioni storiche, oggi
il primo porto dell’Austria è Capodistria.
Silvio Maranzana
«Solo così Trieste può tornare a contare in ambito
europeo»
«I collegamenti ferroviari sono un fattore indispensabile
perché Trieste possa tornare ad avere un ruolo importante in Europa - afferma
l’assessore comunale allo Sviluppo economico Edi Kraus - e perché abbia un
rapporto più stretto con le regioni centrali e orientali del continente.» In
questo quadro già un collegamento che dal centro della città arrivi fino a
Lubiana è definito fondamentale perché da lì poi è possibile prendere le
coincidenze dirette per Zagabria, Belgrado, Budapest e Praga. «Ma che Trieste e
Vienna siano collegate direttamente - sostiene Kraus - è cruciale per questioni
di turismo, di affari, di supporto alle attività del porto. Assieme alla Regione
stiamo già lavorando anche lungo l’altra direttrice, quella della Pontebbana,
per ripristinare un collegamento diretto tra Trieste e Villaco.»
(s.m.)
South Stream, Gazprom cambia tracciato
Accordo con l’Austria. Il gasdotto non arriverà più a Tarvisio ma a
Baumgarten. Tagliata fuori Lubiana
TRIESTE Gazprom cambia la sua strategia geopolitica e ridisegna il percorso
del gasdotto South Stream nella sua parte finale, quella europea. Un po’ i veti
dell’Unione europea, un po’ la crisi ucraina, hanno spinto l’intellighenzia
russa del progetto (ricordiamo che sono soci anche l’italiana Eni, 20%, la
francese Edf, 15%, e la tedesca Wintershall, 15%) a rivedere le proprie
strategie per non vedere compromesso l’intero progetto. A dire il vero del
rischio che South Stream mutasse la sua politica aveva avvertito l’ex presidente
Eni Paolo Scaroni il 20 marzo scorso. Scaroni, rivolto ai membri della
commissione Attività produttive della Camera, fece professione di pessimismo:
«Il futuro del gasdotto South Stream lo vedo piuttosto fosco perchè la crisi
russo-ucraina metterà a rischio le autorizzazioni necessarie dell'Ue; non so se
si farà». E Scaroni fu buon profeta in patria. Crisi ucraina (ritorsione alle
sanzioni contro Mosca), ma anche il veto Ue che fa valere il suo Terzo pacchetto
energia che impone ai produttori di gas di non controllare in esclusiva la rete
di distribuzione (salvo che non abbiano ottenuto una speciale esenzione da
Bruxelles) bloccando di fatto il passaggio del gasdotto attraverso i Paesi
europei hanno accelerato la svolta di Gazprom. Gazprom che con il colosso
austriaco Omv hanno firmato un protocollo d'intesa sulla realizzazione della
sezione austriaca del gasdotto South Stream. Il braccio del gasdotto che
dovrebbe raggiungere in futuro l'Austria via Mar Nero, Bulgaria, Serbia,
Ungheria, con terminal a Baumgarten, e non a Tarviso come in precedenza, avrà
una capacità di 32 miliardi di metri cubi all'anno di gas naturale. Gazprom e
Omv vogliono ottenere tutti i permessi necessari alla costruzione dell'opera
entro la fine del 2015. Il Ceo di Gazprom, Alexey Miller ha ricordato che,
grazie all'accordo intergovernativo firmato da Austria e Russia nell'aprile del
2010, esiste già una «solida base di diritto internazionale» che permette la
realizzazione del progetto in Austria. Le prime consegne di gas sono previste
per il 2017, la piena operatività della parte austriaca di South Stream entro il
gennaio 2018. Per l’Italia non ci dovrebbero essere grosse conseguenze visto che
la Cassa depositi e prestiti detiene l’89% (il resto è dell’austriaca Omv) del
Tag, il gasdotto che collega Baumgarten a Tarvisio. Chi precipita nel dramma,
invece, è la Slovenia che, tagliata fuori dal tracciato, vede sfumare circa 1,5
miliardi di potenziali investimenti. Senza dimenticare che Gazprom assieme alle
tubature per il trasporto del gas interrerà anche una vera propria autostrada
telematica che potrebbe poi proseguire verso i ghiotti mercati dell’Asia.
Esserne tagliati fuori significa perdere un importante treno verso il futuro,
oltre che un buon pacchetto di investimenti utili a far ripartire la macchina
produttiva della Slovenia inceppata almeno dal 2008.
(m. man.)
Ma Saipem si aggiudica un maxi-contratto
Saipem si è aggiudicata un contratto da South Stream Transport B.V. per
fornire i lavori di supporto alla costruzione della seconda linea del gasdotto
sottomarino South Stream per un valore totale di circa 400 milioni di euro.
L’intero progetto del gasdotto sottomarino South Stream consiste in quattro
condotte parallele, lunghe 931 chilometri ciascuna, che attraverseranno il Mar
Nero dalla Russia alla Bulgaria e che saranno posate fino a 2.200 metri di
profondità. Sulla base di questo contratto, Saipem realizzerà i lavori di
supporto aggiuntivi inclusi l’ingegneria, il coordinamento dei cantieri di
stoccaggio, la predisposizione degli attraversamenti sottomarini dei tubi e il
collegamento del gasdotto sottomarino alle sezioni di approdo attraverso i
cosiddetti «tie ins». I lavori di supporto relativi alla costruzione della
seconda linea saranno completati alla fine del 2016.
(m. man)
IL PICCOLO - SABATO,
3 maggio 2014
“Ipotecate” le quote Hera Via a opere per 12,5 milioni
Varato un “Piano cantieri”, in testa Ponterosso, che
aggira il Patto di stabilità dietro l’impegno del Comune a cedere titoli della
multiutility in caso di necessità
IL TESORIERE DEL MUNICIPIO Matteo Montesano: mal che vada il patrimonio
finanziario, a differenza degli immobili, è vendibile immediatamente
Più lavoro, meno finanza. Né al sindaco né tantomeno agli assessori
coinvolti scappa uno slogan del genere. Ma la sostanza pare questa. Non dicono
insomma una cosa di sinistra, però la fanno. O, meglio, per intanto la scrivono.
Giurano d’essere pronti a farla, se dovesse servire. Questa “cosa” è la vendita
delle quote Hera che il Comune possiede come libero azionista, al di là di
quelle inalienabili del Patto di sindacato firmato all’ingresso di AcegasAps nel
colosso emiliano-romagnolo. Siamo alle porte dell’extrema ratio. Che ha una
ratio. L’eventuale sacrificio del patrimonio mobiliare torna in effetti sin
d’ora utile per sbloccare, con effetto immediato, una serie di lavori pubblici,
in parte strategici e in parte urgenti, già annunciati nel precedente Piano
delle opere (alcuni anche in più d’un piano...) ma bloccati finora, a tempo
indeterminato, dal Patto di stabilità. A cominciare, per dirne il più celebre,
dalla riqualificazione di Ponterosso, per cui il bando di gara ora diventa solo
questione di settimane, e il cui taglio del nastro si fa ragionevole - guarda in
prospettiva l’assessore ai Lavori pubblici Andrea Dapretto - tra fine 2015 e
inizio 2016. Alla vigilia della campagna elettorale. La “sfida” lanciata da
Roberto Cosolini e i suoi è stata messa nero su bianco l’altro giorno dalla
giunta comunale, che ha approvato una delibera-quadro che contiene, nella forma,
disposizioni finanziarie e, nella sostanza, un “Piano cantieri” straordinario.
Nel provvedimento - traduce in parole povere l’assessore al Bilancio Matteo
Montesano - vengono dichiarati subito cantierabili interventi per 12 milioni e
mezzo, nonostante, ad oggi, il Patto di stabilità non ne consenta la
movimentazione. I lacciuoli dei parametri anti-indebitamento - che legano come
in questo caso le mani anche ad enti “sani” - vengono sciolti stavolta da una
dichiarazione d’intenti. Da un’impegno formale senza precedenti: se nel corso
del 2014 non dovessero liberarsi spazi finanziari di spesa in conto capitale per
pari importo né per “concessione” di Stato o Regione, né attraverso le
alienazioni immobiliari in programma, a partire da Campo Marzio,
l’amministrazione cittadina si dichiara «disposta» a liquidare parte delle sue
quote non vincolate di Hera, a copertura proprio del “Piano cantieri”. Il Comune
insomma, con una quota del suo “portafogli” azionario, ha deciso di garantire
un’assicurazione “sulla vita” alle opere pubbliche, morte da quasi un paio
d’anni, di fatto. Ora come ora il Municipio è “padrone” di circa 25 milioni di
quote Hera libere. La prima metà la impegna, la ipoteca per il 2014, lasciandone
la seconda eventualmente per il 2015, perché - quando viene fatto partire un
cantiere - è essenziale essere in grado di portarlo a termine. «Il più delle
volte - spiega Montesano - la liberazione degli spazi finanziari di Regione o
Stato è improvvisa, e ciò non consente una vera programmazione. Altro problema
sono poi le alienazioni immobiliari, il cui buon esito e i cui tempi dipendono
dall’eventuale acquirente interessato. Abbiamo così trovato il modo di poter
programmare comunque. Mal che vada le azioni, a differenza degli immobili, sono
vendibili immediatamente». Il risultato concreto di questa delibera di “finanza
creativa” è dunque lo sblocco di determinate opere, da tempo nella lista delle
priorità indifferibili. Si parte con la riqualificazione di Ponterosso e,
assieme, con quella di via Trento e largo Panfili, che Dapretto ritiene «di alto
significato anche in relazione al necessario sviluppo di tutto il Borgo
Teresiano». I bandi di gara sono attesi nell’arco di qualche settimana: verso
autunno si potrebbe salutare la posa della prima pietra. L’elenco (si legga la
tabella, ndr) comprende poi urgenze di edilizia scolastica e
socio-assistenziale, ma anche varie manutenzioni straordinarie per troppo tempo
rimandate, in primis per marciapiedi, strade e verde pubblico. «Con questo
sforzo - la chiosa di Dapretto - riusciamo a dare una boccata d’ossigeno alle
categorie che lavorano nel settore. Ritengo sia stato apprezzato sia dalle sigle
sindacali sia dalle rappresentanze di categorie con cui abbiamo avuto degli
incontri franchi e proficui».
Piero Rauber
Svincolati anche i quattro milioni del “Piano città”
I 12 milioni e mezzo di euro (12.567.226,07 per la
precisione) “svincolati” dalla giunta consentiranno - come si può leggere a lato
- di rimettere in moto la “macchina” dei lavori pubblici. A questi soldi -
puntualizza una nota del Comune - vanno aggiunti otto milioni e 700mila euro di
spazi finanziari messi a disposizione di recente tra Stato (sette milioni a
inizio anno) e Regione (un milione e 700mila euro appena riconosciuti)
indispensabili a onorare contratti e cantieri in corso, se non già ultimati, e a
sgravare l’amministrazione del “debito” accumulato verso le imprese.
Un’ulteriore “buona notizia” - annuncia tale nota - è che «fra circa sei mesi»
potranno partire altre due opere, da due milioni ciascuna: il nuovo Archivio
all’ex Beleno e il completamento del Museo de Henriquez. I quattro milioni
attesi dal “Piano città” finanziato dal Ministero delle Infrastrutture, infatti,
hanno passato lo scoglio dell’ultima verifica contabile della Corte dei conti.
Nulla di nuovo, invece, sul fronte Pisus, “affare” da sei milioni, di cui cinque
per opere, dove «l’amministrazione comunale non ha ancora avuto lo sblocco dei
finanziamenti da parte della Regione».
(pi.ra.)
«Azioni o città migliore? Scelgo la seconda»
Cosolini: puntiamo a tutelare la qualità urbana ridando nel contempo
lavoro a imprese e maestranze
Un sacrificio già celebrato? Ma no. Un’ipoteca, semmai. Una fideiussione
firmata più con ottimismo che con speranza. Questo traspare dalla spiegazione
che Roberto Cosolini in persona dà dell’operazione. «È chiaro - mette le mani
avanti il sindaco - che eviteremo questa cessione, nel momento in cui nel
biennio 2014-2015 gli spazi finanziari, oggi non ancora programmati, si
apriranno. Quindi puntiamo a mantenere integralmente le azioni. Ma altrettanto è
chiaro che, se devo scegliere tra dieci milioni di azioni in più e avere
pavimentazioni rifatte, piazze più belle, marciapiedi più sicuri e mantenere i
finanziamenti che altrimenti ci verrebbero revocati, la scelta mi pare
obbligata». Il progetto alternativo era stato illustrato in via preliminare, nei
giorni scorsi, a Collegio costruttori edili, Confartigianato, Cna, Cigl, Cisl e
Uil, nel corso di due incontri. «Per il momento - parola di Cosolini - non si
profilano miglioramenti sul versante Patto di stabilità, ciononostante abbiamo
costruito le premesse per stilare un piano capace di far ripartire i cantieri in
città. È un’azione che abbiamo ritenuto fondamentale per quattro importantissime
ragioni. La prima è la tutela del nostro patrimonio urbano di piazze, strade,
marciapiedi, edifici pubblici. La seconda è la qualità della nostra città nel
suo insieme. La terza, invece, è la necessità di dare lavoro alle imprese e alle
maestranze e, così, di contrastare la crisi. La quarta, infine, è evitare il
paradosso, che si verifica in alcuni casi, per cui da un lato lo Stato impedisce
i lavori a causa del Patto di stabilità, e dall’altro, se non si attivano i
cantieri finanziati con bandi ministeriali, è sempre lo stesso Stato a revocare
tali finanziamenti».
(pi.ra.)
Agricoltura - Slow Food promuove lo stop agli Ogm
Forte soddisfazione per il rigetto del ricorso presentato
da Giorgio Fidenato contro il decreto del luglio 2013 che vieta la semina di
mais Gm Mon 810 in Italia. Ad esprimerla è Slow Food Fvg, che ora auspica
soluzioni positive e chiare durante il semestre europeo di presidenza italiana
dell’Ue. «Siamo coinvolti da vicino nella vicenda, evidentemente anche per
motivi territoriali – spiega il presidente regionale di Sf Max Plett –. E
accogliamo con sollievo la decisione del Tar, che riteniamo fondata sul
“semplice” rispetto delle regole e non figlia di chissà quali macchinazioni».
IL PICCOLO - GIOVEDI',
1 maggio 2014
Ferriera, fuori la cordata-civetta - Resta solo il
gruppo Arvedi
La società esclusa aveva basi a Hong-kong e in Cina ma
la sua documentazione si è rivelata insufficiente.
Neanche i requisiti economico-finanziari erano
adeguati. Ora però manca il carbone
Resta solo il Gruppo Arvedi, attraverso la Siderurgica Triestina, in gara
per acquisire la Ferriera di Servola. Ieri l’amministrazione straordinaria della
Lucchini attraverso il segretario Francesco Semino ha dato comunicazione
ufficiale dell’esclusione decisa nei confronti del secondo candidato che aveva
presentato una manifestazione d’interesse. «Anche dopo la proroga concessa - la
motivazione precisa - la documentazione presentata dal secondo soggetto è
rimasta nettamente carente e oltretutto la società non risulta possedere
requisiti economico-finanziari adeguati ad acquisire e a gestire una realtà
articolata e complessa come quella dello stabilimento servolano.» É emerso che
si trattava di un gruppo estremo-orientale con basi a Hong-Kong e in Cina, false
dunque le voci circolanti su presunti interessamenti dall’India.
L’amministrazione straordinaria della Lucchini ha anche annunciato che il primo
soggetto (non vengono forniti nominativi, ma è certo che si tratta del Gruppo
Arvedi) è stato avviato alla fase della due diligence con la facoltà di visitare
gli impianti e di incontrare, su richiesta e d'intesa con il commissario, il
managment. Dovrà presentare anche i piani industriale e finanziario e avrà
qualche settimana di tempo per formulare l'offerta vincolante d'acquisto.
«Potrebbe esserci qualche giorno di slittamento - ha precisato ieri Semino - ma
l’intenzione è comunque di arrivare alla stretta finale già a fine maggio».
Nessuna assicurazione ufficiale sulle forniture di fossile (le scorte
termineranno a fine mese) indispensabili per tenere accesa la cokeria. Le rsu di
Fiom-Cgil, Fim-Cisl e Uilm hanno già denunciato il pericolo del loro esaurimento
e il fatto che la Lucchini abbia provveduto in questo senso a favore di
Piombino, ma non abbia fatto altrettanto per Trieste. Ma l’annuncio degli
ordinativi fatti dall’amministrazione straordinaria anche per Servola dovrebbe
essere dato dallo stesso commissario Piero Nardi la cui presenza è annunciata al
Tavolo sulla Ferriera che la Regione ha riconvocato per lunedì 5 maggio alle
16.45 nel palazzo di piazza Unità. In quella sede dinanzi ai rappresentanti
delle istituzioni e dei lavoratori potrebbero finalmente emergere anche i primi
elementi del Piano industriale della Siderurgica Triestina in vista del prossimo
avvio della trattativa con i sindacati che da sempre hanno annunciato di non
voler rinunciare, nel passaggio di proprietà, a nemmeno un posto di lavoro e
anzi puntano a riportare in fabbrica anche i lavoratori con contratto a termine
scaduto a fine marzo. Arvedi sarà anche tenuto ad aderire alle clausole previste
dall’Accordo di programma che prevede importanti impegni anche sul fronte del
risanamento ambientale.
Silvio Maranzana
IL PICCOLO - MERCOLEDI',
30 aprile 2014
Ferriera, oggi Arvedi può restare solo
L’amministrazione straordinaria comunica l’esito delle verifiche sul
gruppo asiatico che ha fatto l’altra proposta
IL TIMORE DEI SINDACATI L’allarme: in maggio finiranno le scorte di fossile per
la cokeria. A provvedervi però potrebbe essere la stessa Lucchini
Questa mattina l’amministrazione straordinaria della Lucchini comunicherà al
gruppo asiatico, in concorrenza con Arvedi per la Ferriera di Servola, l’esito
dei controlli svolti sulla documentazione presentata che secondo voci filtrate
già un paio di giorni fa, nonostante le integrazioni fatte entro domenica,
risulterebbe ancora carente e tale da portare a un’esclusione della candidatura.
Nemmeno ieri però è giunta la notizia ufficiale e Francesco Semino, segretario
amministrazione straordinaria, ha affermato che «è sorto qualche problema in
sede di traduzione e di confronto con gli avvocati. Domani (cioé oggi, ndr,)
comunque i media saranno certamente informati sull’esito della verifica
immediatamente dopo la notifica che avverrà già in mattinata alla società
interessata.» Ancora un breve rinvio dunque mentre sta per aprirsi il mese di
maggio che porterà all’esaurimento delle scorte di carbone arrivate con la nave
pagata dallo stesso Arvedi con il rischio che si fermi l’unico reparto a caldo
rimasto in funzione, quello della cokeria. Ma in ambiente industriali già ieri
mattina si è diffusa la voce secondo cui sarebbe la Lucchini a garantire materia
prima ancora almeno per il mese successivo. Una risposta indiretta ai timori
espressi in un comunicato stampa emesso poche ore prima dalle rsu di Fim, Fiom e
Uilm che affermano di «essere venute a conoscenza dell’acquisto dal parte
dell’amministrazione straordinaria del Gruppo Lucchini di una nave di carbon
fossile per continuare l’alimentazione e quindi la produzione della cokeria di
Piombino. Nell’esprimere soddisfazione per tale atto - si specifica - le rsu si
vedono costrette a manifestare viva preoccupazione nel verificare che eguale
misura non sia ancora stata adottata (sempre dal commissario) anche per lo
stabilimento di Trieste. Le rsu hanno infatti presente che allo stato attuale
non ci sono ordini analoghi per la cokeria di Servola e che il fossile
attualmente in giacenza a parco è appena sufficiente alla continuità produttiva
solo per il mese di maggio.» I rappresentanti dei lavoratori comunicano di aver
già informato le segreterie nazionale, chiedono un intervento urgente della
Regione e soprattutto del commissario straordinario della Lucchini Piero Nardi
perchè le conseguenze di una fermata della cokeria «avrebbe irrimediabili
conseguenze dirette che ricadrebbero sulla trattativa in corso per la cessione
dello stabilimento.» E proprio ieri è giunta notizia ai sindacati di una nuova
seduta del Tavolo sulla Ferriera che è stato riconvocato dalla Regione per
lunedì 5 maggio alle 16.45. Se non altro in quella sede si potrà discutere delle
o più probabilmente della manifestazione di interesse che ha superato il primo
scoglio e sarà ammessa alla due diligence prima di essere invitata a formulare
l’offerta vincolante. E in un altro comunicato, il sindacato autonomo Failms ha
manifestato una certa delusione per il fatto che il sito di Servola risulti poco
appetibile a confronto con quello di Piombino che in prima battuta aveva
registrato addirittura 23 manifestazioni d’interesse. «Ora i partecipanti
presenteranno il piano industriale e le credenziali finanziarie - rileva la
Failms - che gli organi ministeriali valuteranno secondo l’Accordo di programma
e gli indirizzi contenuti nel Piano europeo per la siderurgia che prevede
bonifiche, riconversioni, inserimento giovani. Anche il commissario Nardi sarà
costretto a recuperare le massime risorse economiche cioé a fare cassa nelle
operazioni di vendita per cui il nostro timore - chiude la Failms - e che si
palesino limiti e difficoltà di questa operazione.» E al Comitato portuale di
ieri è emerso che l’Authority sta rinnovando per altri tre mesi la concessione
già provvisoria rilasciata alla Lucchini e che scade oggi. Successivamente su
quell’area, quando sarà stato firmato anche l’Accordo quadro acquisirà i poteri
di commissario straordinario la governatrice Serracchiani.
Silvio Maranzana
IL PICCOLO - MARTEDI',
29 aprile 2014
Arvedi, carte in regola per la Ferriera
Completata la documentazione relativa all’offerta di acquisto. Verifiche
in corso sulla seconda manifestazione di interesse
Il Gruppo Arvedi ha tutte le carte in regola per fare la propria offerta di
acquisto per la Ferriera di Servola, si stanno invece completando i controlli
sulla documentazione presentata dal secondo concorrente, il gruppo asiatico che
secondo voci non confermate sarebbe al contrario prossimo a venir escluso dalla
gara. Entrambe le società che avevano presentato le manifestazioni d’interesse
per lo stabilimento siderurgico triestino hanno allegato in prima battuta
documenti definiti carenti per cui erano state invitate a completarli entro
domenica. «I documenti richiesti a corredo delle manifestazioni di interesse -
aveva spiegato mercoledì scorso in una nota l’amministrazione straordinaria
della Lucchini - erano principalmente i requisiti proprietari e di solidità
finanziaria dei proponenti». «Uno dei due proponenti ha opportunamente
completato la documentazione richiesta e risulta avere in toto i requisiti
richiesti - è stata la dichiarazione ufficiale rilasciata ieri da Francesco
Semino, segretario amministrazione straordinaria - sull’altro sono in corso
verifiche del cui esito daremo comunicazione presumibilmente domani (cioé oggi,
ndr.)». Nessun dubbio sul fatto che a essere in regola sia la Siderurgica
Triestina, la società al 100 per cento di Finarvedi, di cui è amministratore
unico Francesco Rosato, appositamente costituita dal gruppo di Cremona per
puntare su Servola. Quanto alla proposta concorrente, già ieri mattina nello
stabilimento triestino giravano voci su una sua presunta prossima esclusione che
si sono aggiunte alle illazioni in base al quale il misterioso concorrente fosse
indiano del Gruppo Jindal al quale fa riferimento anche la società che ha preso
in affitto la Sertubi riducendo di quasi due terzi i dipendenti. Nessuna
conferma ufficiale però è giunta ieri di queste due “notizie”. In fabbrica
intanto la cassa integrazione che interessa un paio di centinaia di dipendenti è
stata prorogata fino al 31 maggio. I lavori programmati sulla bocca
dell’altoforno che è stata smontata si sono già conclusi all’80 per cento e
sembra dovrà esser cura del nuovo proprietario completarli con il rifacimento in
particolare del rivestimento interno di mattoni, fortemente consumato, e del
sistema di raffreddamento. Alla società subentrante (ma già ora è Arvedi che lo
sta facendo) spetterà anche ordinare le nuove navi di carbone per la cokeria che
continua a funzionare, ma che ha materia prima a disposizione solo per un mese
ancora. Probabilmente oggi si saprà se sarà soltanto Arvedi (oppure avrà anche
un concorrente) a partecipare alla fase successiva, quella della due diligence
con la facoltà di visitare gli impianti e di incontrare, su richiesta e d’intesa
con il commissario, il managment. Poi ci sarà qualche settimana di tempo per
formulare l’offerta vincolante d’acquisto.
Silvio Maranzana
Censimento antenne, polemiche a Muggia
Accuse di Gretti (Ncd) all’amministrazione comunale. Longo: «La richiesta
al Ministero atto dovuto»
MUGGIA «Dopo tre anni di assessorato Longo e dopo otto di amministrazione
Nesladek appena oggi ci comunicano che si metteranno a verificare il numero
delle emittenti radiotelevisive presenti a Muggia». Christian Gretti,
consigliere comunale del Pdl-Ncd, è incredulo dinanzi alla richiesta inviata dal
Comune di Muggia al Ministero dello Sviluppo economico per ottenere il
censimento dei tralicci e delle antenne ad esse collegate presenti (perlopiù) a
Chiampore. «Chiedono ora se queste emittenti hanno il titolo autorizzativo per
trasmettere: direi che le tempistiche sono state “molto veloci” - attacca ancora
Gretti -. Ma è evidente che sulle tempistiche l'assessore Longo e
l'amministrazione Nesladek fanno un po’ di confusione, basti vedere i 18 mesi
che l’assessore spiega serviranno per spostare il traliccio di Santa Barbara
dimenticando però di dire che questa tempistica decorrerà solo “dalla messa in
esercizio dell’impianto” come recita esplicitamente l'articolo 3 dell’accordo
procedimentale stipulato tra Comune, società e Sopraintendenza». Con tale
stipula dunque non vi è alcuna data certa sullo smantellamento del traliccio. Ma
per Gretti non è solo un problema di date. «Nello stesso accordo al punto 4 è
stato scritto che l’Amministrazione comunale e le società si impegnano a
raggiungere un eventuale accordo in merito alla copertura, anche parziale, degli
oneri per il ripristino e il trasferimento dell’impianto: è evidente che ci
saranno dei costi per l’amministrazione, come è altrettanto evidente che se non
ci fosse l’accordo la palla passerebbe ai tribunali dove, ricordo, abbiamo già
perso con una spessa di 12mila euro per ben due volte». Gretti chiude il suo
intervento con una battuta: «Qualcuno forse avrà dichiarato guerra alle antenne,
ma mi pare stia andando in battaglia senza cartucce». Pronta la replica
dell'assessore all'Ambiente Fabio Longo. «Il Comune di Muggia risulta da sempre
informato circa il numero delle emittenti radiotelevisive presenti sul suo
territorio - afferma Longo -. La recente richiesta di informazioni al Ministero
dello Sviluppo economico è semplicemente dovuta al fatto che con la recentissima
realizzazione di due nuovi tralicci, società Dcp a Chiampore per il quale stiamo
aspettando la sentenza del Consiglio di Stato e società Monte Barbaria a Santa
Barbara da ulteriormente delocalizzare, la presenza delle stesse emittenti sul
territorio potrebbe essere variata». Per Longo spetta al Mise fornirci le
indicazioni richieste: «L'antenna posta sul Monte Castellier dovrà, come da
accordo liberamente sottoscritto da tutte le parti, essere ulteriormente
delocalizzata entro 18 mesi dalla sua messa in esercizio. Per quanto riguarda
eventuali spese da parte comunale voglio semplicemente ricordare che non c'è
alcun obbligo in tal senso ed il punto 4 dell'Accordo Procedimentale, stipulato
tra il Comune di Muggia, la Soprintendenza archeologica ed il privato gestore
del traliccio, prevede soltanto la possibilità di un eventuale accordo, appunto,
non obbligatorio per il Comune di Muggia».
Riccardo Tosques
Mare sempre più povero per colpa di chi vuole solo
pesce “nobile”
Delle settecento specie commestibili solo il 10 per cento finisce sulle
nostre tavole: uno spreco che ci costerà caro
Molte sono le specie ittiche a rischio, per colpa della pesca intensiva e
della poca informazione. Manca poco al crollo della produzione ittica nel
Mediterraneo: il momento della crisi irreversibile dovrebbe arrivare nel 2048,
fra meno di 34 anni. Delle oltre 700 specie di pesci commestibili solo il dieci
per cento ha accesso ai mercati ittici del nostro Paese: tutto ciò avviene per
la responsabilità della popolazione italiana, spesso viziata a livello
alimentare. Queste scelte gastronomiche difficili da estirpare rappresentano uno
dei fattori che giocano a favore dell’estinzione di alcune specie. L’ignoranza
dei consumatori dunque, che chiedono sempre gli stessi pesci scartando quelli
che non conoscono, è alla base del progressivo crollo della produzione. In
sintesi fa la da padrone. La diffidenza coinvolge anche il pesce azzurro: alici
(da noi “sardoni”), sgombri e sardine sono abbondanti nel mar Mediterraneo.
Inoltre, queste specie contengono molti grassi omega3, una sostanza che secondo
gli studi dell’ Associazione nazionale medici cardiologici ospedalieri è
importante per la diminuzione del rischio di ictus e infarto tanto da essere
diventata una importante sostanza per la creazione di farmaci e integratori
alimentari. Anche altre specie sono viste con gli stessi occhi sospettosi pur
avendo carni delicate e saporite: lo scorfano, la mormora e il tordo sono
discriminati per il loro alto numero di spine. Un’altra causa della crisi è
collegata alla pesca intensiva delle specie più ricercate; difatti la maggior
parte dei pescatori professionisti si ostina a portare sui banchi delle
pescherie pesci inferiori alla taglia minima consentita dalla legge o pesci in
fase di riproduzione, danneggiandone la proliferazione, stroncando la vita dei
piccoli perché più facili da vendere degli adulti che essendo di grossa o media
taglia sono meno richiesti. Un altro importante fattore determinante è quello
dell’inquinamento dato dallo scarico di sostanze inquinanti nei fiumi che a loro
volta le trascinano fino ai mari: oppure il petrolio rilasciato dalle navi nelle
acque marine che forma enormi macchie difficili da bonificare. Ma non solo,
anche l’immondizia gettata nei mari uccide i pesci, gli uccelli e anche l’uomo.
Infatti, alcuni animali marini mangiano i rifiuti prodotti dagli esseri umani, e
spesso sono gli stessi pesci che poi ci troviamo sulla tavola. Al complesso si
aggiungono i problemi globali come l’acidificazione dei mari a causa dell’
aumento di anidride carbonica nell’aria, l’innalzamento delle temperature che
portano alcune specie ittiche a migrare in mari più freddi e all’insediamento di
pesci alloctoni, spesso pericolosi per i nostri ecosistemi. Tutto ciò
contribuisce alla morte di moltissimi pesci per intossicazione e quindi
esaltando l’estinzione di molteplici specie marine. Fortunatamente però c’è chi
sta cercando di sensibilizzare le persone ad un consumo delle specie ittiche più
sconosciute. Ad esempio in Liguria, nel luglio del 2013, è stato promosso un
progetto che punta a promuovere il pescato locale. “Pescato nel mar ligure“ è il
nome dell’iniziativa che vuole sensibilizzare le persone all’acquisto dei pesci
pescati in Liguria e delle specie dimenticate. In conclusione per salvare il
mare italiano c’è bisogno di controlli più severi per i professionisti da parte
delle autorità competenti, ma soprattutto il buon senso dell’uomo, che deve
rivelarsi meno egoista e più interessato a tutelare le proprie risorse in modo
da non finire con il piangere sul latte versato, valorizzando una pesca
selettiva e controllata ed evitando di prelevare elementi non ancora pronti ad
essere posti sul mercato.
Simone Fazzolari - Classe IV C Istituto tecnico per
geometri Max Fabiani
Cinghiali e cervi, due emergenze sul Carso
Abbattimenti insufficienti per norme troppo restrittive. E gli ungulati
più grandi scacciano i caprioli
L'anno venatorio si è concluso il 31 gennaio e si tirano le somme. Per
quanto riguarda i cinghiali i primi numeri non ufficiali si aggirano intorno
alle cinque-seicento unità abbattute. Tuttavia non siamo fuori dal pericolo:
infatti molti di questi sono di età pre-adulta e quindi non ancora riproduttivi,
pertanto non influenti sul numero di nascite di quest'anno. Solo in quel di
Basovizza ci si aspetta che il numero di nascite diminuisca sensibilmente, in
quanto fra i circa 200 capi abbattuti ben 25 erano femmine di età superiore ai
quattro anni. Infatti un grande apporto al numero di nascite viene dato da
queste ultime, con una media di circa cinque piccoli ciascuna. Comunque va detto
che le norme di regolamentazione vigenti in ambito venatorio non hanno aiutato i
cacciatori nel loro compito. Infatti la legge prevede che il cacciatore possa
effettuare l'abbattimento non oltre due ore dopo dal momento del tramonto totale
del sole. Per di più in queste due ore non è possibile utilizzare dispositivi di
illuminazione sui fucili, rendendo veramente arduo il compito del cacciatore. Se
la legge fosse più elastica il numero degli abbattimenti avrebbe sfiorato senza
dubbio le settecento unità, rendendo inoltre possibile un maggior impegno
rivolto alla diminuzione della specie sul territorio. Infatti, dopo le cifre
dell'anno venatorio 2012-2013, la riunione del distretto della caccia si è
fissata l'obbiettivo di far diminuire la specie sul territorio fino al
raggiungimento di 300 capi abbattuti all'anno. Inoltre i cinghiali potrebbero
non essere i soli a creare grane agli agricoltori, in quanto sono sempre più
frequenti gli incontri dei cacciatori con gruppi di cervi. Questi grandi
ungulati si stanno spostando dalla limitrofa Slovenia e da circa due anni sono
visitatori abitudinari della provincia durante gli autunni e gli inverni. Il
cervo non fa che portare altri grattacapi agli agricoltori in quanto ha bisogno
di molto più cibo rispetto al cinghiale, arrivando ogni capo a consumare il cibo
quotidiano di due cinghiali. L'unica barriera che può fermare il cervo è quella
ambientale, poiché il territorio dell'altopiano carsico è molto arido e secco,
offrendo poca acqua ad un animale che ha bisogni d'acqua giornalieri molto
elevati. Questa specie pone un altro problema di tipo faunistico, cioè la
rivalità con la specie autoctona del capriolo. Seppur parente del cervo, il
capriolo è in rivalità per il pascolo, soffrendo molto la presenza sul
territorio del cervo che con la sua presenza porta automaticamente alla
diminuzione del “cugino” più piccolo. Insomma, l'anno venturo bisognerà
monitorare con attenzione entrambe le situazioni.
Fulvio Glavich - Classe IV G Liceo scientifico G.
Oberdan
Il riscaldamento globale avanza ma l’uomo fa finta di
niente - AMBIENTE
Il riscaldamento globale non si arresta: nel settembre scorso a Stoccolma è
stato presentato il nuovo Ipcc (Intergovernamental panel on climate change)
dell’ Onu (l’Organizzazione delle Nazioni unite). In questo ultimo rapporto è
stato rilevato un notevole aumento della temperatura media nelle aree del Polo
Nord negli ultimi 30 anni per gli esperti attribuibile alle attività umane che
stanno cambiando il clima della terra. Questo “Global warming” (riscaldamento
globale) è dovuto solo in minima parte a influssi naturali, come i raggi
cosmici: il vero artefice è infatti soprattutto l’influenza umana sull’ambiente.
L’ecosistema si sta degradando e ciò influisce sulla salvaguardia del pianeta e
anche sul benessere umano. Negli obiettivi del Millennio rientra anche la
salvaguardia dell’ambiente, il quale sta cambiando a vista d’occhio
all’avvicinarsi della scadenza, prefissa nel 2015, per portare a termine ciò che
era stato prefisso insieme a tutte le nazioni unite ormai quattordici anni fa.
L’atmosfera ci sta scaldando sempre più. Andremo in contro a estati sempre più
calde quindi? Sì, la stagione a venire porterà picchi di elevate temperature, l’Ipcc
conferma un futuro riscaldamento, che annualmente potrebbe non essere
percepibile ma in ogni caso è inevitabile, proiezione che vede un innalzamento
minimo di temperatura attorno ai due gradi della scala Celsius entro la fine del
secolo. Anche gli scettici convinti di un fattore ciclico naturale dovranno
ricredersi. Perché non si tratta di un momento della storia che con il tempo
passerà e poi si ritornerà alla normalità.. ormai si è giunti a un punto di non
ritorno in cui ogni azione contro l’ambiente e l’ecosistema che ci circonda non
potrà più perdonarci altri disastri ambientali causati dall’uomo.
Anna Schiulaz - Classe IV B Liceo scientifico G.
Oberdan
Barcellona, la città “smart” che guiderà l’Europa
Inizia dalla capitale catalana l’esperimento delle “città intelligenti”,
meno inquinanti e più funzionali
Quando si pensa alle situazioni di degrado ambientale che lo sviluppo
economico e industriale ha causato soprattutto nel corso degli ultimi decenni,
lo sconforto è inevitabile. L’Unione europea ha proposto ora una soluzione, non
semplice, una sfida forse, ma non manca la determinazione a raggiungere
l’obiettivo prefissato. La realizzazione di tale progetto basa la sua efficacia
su un modello innovativo di città: la “smart city”, che coniuga tutela
dell'ambiente, efficienza energetica e sostenibilità economica. L’obiettivo è
quello di migliorare la qualità della vita in queste città, grazie
all’applicazione innovativa delle tecnologie dell’informazione e della
comunicazione (Tic), diminuire gli sprechi energetici e ridurre l’inquinamento
attraverso il miglioramento della pianificazione urbanistica e dei trasporti.
Tra gli Stati europei che partecipano alla sfida delle città intelligenti
proposta dall’Ue, la Spagna offre probabilmente il contributo più concreto allo
sviluppo sostenibile grazie alla sua Reci (Red Española de Ciudades Inteligentes).
La Reci inizia a formarsi a partire dal giugno 2011 con l’obbiettivo di creare
una rete aperta di smart cities che permetta lo sviluppo economico, sociale e
urbano. Barcellona fa parte della Reci ed è diventata rapidamente un punto di
riferimento a livello internazionale come smart city. Ad oggi, la strategia
proposta dalla città catalana continua a suscitare un forte interesse ed è
riconosciuta come una pratica di successo da cui prendere esempio. In questa
città infatti giocano un ruolo fondamentale le numerose iniziative e progetti,
la cui realizzazione è favorita anche da un’infrastruttura di rete costituita da
una rete Wi-Fi pubblica con circa 680 punti di accesso sparsi per la città. Essa
garantisce la connessione fra le varie zone, lo scambio di dati e informazioni,
e l’utilizzo dei servizi digitali. Secondo il progetto “Smart lighting”, parte
del risparmio energetico proviene dall’utilizzo nelle strade di un’illuminazione
con tecnologia Led. Il progetto “Smart Transportation” prevede, invece, una
maggior efficienza dei trasporti pubblici grazie a un sistema di linee dei bus
ortogonali che copre l’intera città. La netta riduzione delle emissioni viene
favorita dal progetto “Zero emissions mobility”, che prevede il solo utilizzo di
veicoli elettrici e la conseguente costruzione di numerose stazioni di servizio
dove caricare le autovetture. Finora è stata stimata la circolazione nella città
di oltre 500 taxi ibridi, 294 automobili elettriche pubbliche, 130 motociclette
elettriche e oltre 400 veicoli elettrici privati; 262 i rispettivi punti di
ricarica. Tra le altre iniziative ed innovazioni introdotte nella città si
possono trovare le bici elettriche solari, piste ciclabili, sensori intelligenti
per i parcheggi pubblici e una piattaforma “smart” di erogazione dei servizi per
i cittadini e i dipendenti comunali, che possiede un magazzino di dati nel quale
i vari sensori memorizzano le loro informazioni. Nell’ambito della gestione dei
rifiuti la soluzione proposta dalla città è un sistema di punti di raccolta
connessi ad una rete che, attraverso le pompe nel sottosuolo, trasporta i
rifiuti nell’impianto di raccolta dove una pressa ne diminuisce il volume.
Attualmente la Reci è formata da 49 città, tra cui Madrid, Siviglia, Santander,
Malaga e Valencia, ed è forse questo uno degli aspetti fondamentali. E così
l’immagine di un’Europa “smart” inizia a diventare sempre più nitida.
Margherita Caiffa - Classe IV GL Liceo classico F.
Petrarca
Differenziata, poco senso civico e troppa pigrizia
Perché la nostra città è la cenerentola in regione in questo importante
settore ambientale
Ogni triestino produce in media 490 kg di rifiuti l’anno (dati Istat 2011),
ma solo poco più del 23 per cento sono riciclati, mentre nel resto della regione
tale percentuale è molto più alta: 60 per cento a Udine e a Gorizia e
addirittura 74 per cento a Pordenone. Come mai la nostra è così bassa sebbene la
raccolta differenziata sia obbligatoria dal 1.o gennaio 2011? Perché la nostra è
una città di vecchi, di pigri e di persone senza senso civico. Ma molti non la
fanno semplicemente perché, dopo aver separato tutti i rifiuti e aver perso
tempo (davvero poco, vista la semplicità dell’operazione), si sono visti passare
davanti il camion dei rifiuti che rovesciava tutti i cassonetti insieme
mischiando la carta con la plastica e il vetro. Il Comune di Trieste obbliga i
suoi cittadini a raccogliere la plastica, il vetro e le lattine, la carta e i
cartoni e gli scarti di giardino (per chi ne abbia uno); tutto ciò che non è
riciclabile deve essere buttato nell’indifferenziata mentre pile elettriche,
indumenti usati, medicine, i rifiuti pericolosi e quelli ingombranti devono
essere smaltiti negli appositi contenitori o portati in uno dei quattro centri
di raccolta del comune che si trovano a Opicina, a Campo Marzio, a Roiano e a
San Giacomo. Nonostante lo smaltimento dei rifiuti ingombranti (come
elettrodomestici o pneumatici) sia assolutamente gratuito, c’è ancora chi
preferisce caricare ciò di cui deve liberarsi sulla macchina per abbandonarli in
Carso, non calcolando di fare solo del male a se stesso poiché queste azioni
hanno ripercussioni sull’ambiente in cui dobbiamo vivere, ma anche sulle nostre
tasche poiché una bonifica è un’operazione non indifferente sia come mezzi sia
come costi. Fare la raccolta differenziata non costa niente se non qualche
minuto al giorno speso in più a separare le immondizie e dividerle nei vari
cestini; le uniche scomodità sono il dover portare più sacchetti con se quando
si deve gettarli (sebbene la quantità di rifiuti contenuti in essi sia sempre la
stessa, che li si separi o no) e il fatto che organizzare in casa diversi
cestini può essere difficoltoso a causa del maggiore spazio richiesto: in
entrambi casi qualche piccola inconvenienza è ampiamente ripagata dai benefici
ambientali. Inoltre per le utenze commerciali è disposto un servizio
specializzato di raccolta d’imballaggi in cartone (uno dei punti cardine di
raccolta è la recente installazione in Piazza della Borsa) affinché gli imballi
piegati e accatastati sul marciapiede (condizioni meteo permettendo, in caso di
sospensione del servizio gli imballi dovranno essere conservati all’interno dei
locali commerciali) possano essere raccolti tre giorni a settimana dai camion
predisposti.
Gianluca Bassanese - Classe IV H Liceo scientifico
G. Oberdan
Bicicletta che passione, se non fosse per le salite
Il mercato delle due ruote è in espansione anche in una città “difficile”
come Trieste
Quello che oggi emerge a Trieste è che il mercato di bici è cresciuto e
crescerà ancora; difatti oltre a una decina di negozi storicamente impegnati
nella vendita di biciclette, stanno proliferando qua e là piccoli graziosi
negozi molto specializzati in cui si riparano solo biciclette. Una nuova
speranza di lavoro poggiante sulla previsione di crescita dell’acquisto e
dell’uso della bicicletta. Sarà la crisi che avanza inesorabile? Saranno le
notizie sul petrolio in esaurimento? Certamente è la crescente consapevolezza in
ognuno di noi che la bici non inquina e non rovina nulla. Il fenomeno è sotto
gli occhi di tutti, la bicicletta sta affascinando sempre più i Triestini di
ogni età. Oltre ai vari circoli sportivi e ricreativi che organizzano gare o
gite, per contemplare la bellezza della natura pedalando, quella che emerge è
proprio una sana e contagiosa voglia di bici. Se da un lato c’è la voglia di
tenersi in forma con un movimento completo e corroborante per il fisico, c’è
forse anche un bisogno di sfogarsi pedalando. C’è troppo stress in giro, viviamo
un ritmo di vita disumano che però questa società ci indica come giusto e
necessario. Un ritmo che impedisce di riflettere serenamente su quanto ci viene
propinato ogni giorno dai media, quotidiano incalzante, condito di imprevisti e
difficoltà tali da imporre di dosare con il contagocce persino il parlare in
famiglia. Oggi siamo tutti stressati, è un dato di fatto. A volte persino
l’automobile ci stressa, quindi molti appena possono inforcano la bici. Perché è
correre con l’aiuto delle tue gambe, e anche se hai il fiatone dopo pochi
minuti, sai che stai facendo la cosa giusta per te e per il tuo corpo, sai che
stai reagendo alla stretta invalidante della staticità. Nella nostra città la
bicicletta è sempre stata amata; ricordiamo gli anni dell’austerity degli anni
Settanta, in cui certe domeniche per risparmiare era proibito usare
l’automobile. Tutti si organizzavano con pattini, monopattini, monoruote,
qualcuno a cavallo. La gente si divertiva a creare mezzi di locomozione nuovi e
simpatici. Ma il pezzo forte era la bici. Gruppi interi di famiglie in
bicicletta, dal più grande al più piccolo, senza alcun pericolo, coloravano le
strade insolitamente vuote e larghissime come piazze. Uno sfogo fisico, ma anche
psicologico perché è la gioia di riprendersi in mano il proprio tempo; correndo
ad una giusta velocità, puoi permetterti di cogliere e gioire per quello che c’è
intorno a te. Insomma, com’è da rivedere in questi ultimi tempi l’idea
circolante tra i triestini che dice più o meno così: «A Trieste non se pol andar
in bici perché xe troppe salite e poche discese».
Deborah Bertoni - Classe II A Liceo classico D.
Alighieri
IL PICCOLO - LUNEDI',
28 aprile 2014
L’Ortofrutticolo trasloca in via Brigata Casale
Il Comune ha individuato il sito in cui spostare il
centro all’ingrosso avviando così il piano di rilancio dell’area compresa tra le
vie Ottaviano Augusto e Giulio Cesare
SODDISFATTO IL SINDACO Cosolini: decisione importante per il futuro di Trieste,
viste le incertezze che investono Porto Vecchio. Grazie agli uffici e a Dapretto
Fosse stato Renzi, Roberto Cosolini in questo caso non si sarebbe
risparmiato una twittata del tipo #lavoltabuona. Niente hashtag trionfali. Però
ora che è passata in giunta la cosiddetta delibera di generalità, condivisa con
l’assessore Andrea Dapretto che ha la delega al Patrimonio, sulla futura
localizzazione del Mercato ortofrutticolo - per cui è stato scelto il trasloco
in via Brigata Casale, al posto dell’attuale parcheggio di camper all’altezza
dell’ultimo pezzo di via Costalunga, vicino alle cosiddette “case dei Puffi” di
Borgo San Sergio - il sindaco nulla fa per nascondere un certo sollievo. E pure
una certa convinzione: d’aver risolto il rebus meglio di quanto non avesse
tentato di fare Dipiazza prima di lui, con quell’area individuata alle Noghere
che non era di proprietà comunale (ma Ezit) e dunque costava, a differenza
invece di quella pescata proprio in via Brigata Casale. Un terreno che oltre
tutto, ricadendo contemporaneamente nel Sito inquinato d’interesse nazionale e
su suolo muggesano, sarebbe stato subordinato a caratterizzazioni ed eventuali
bonifiche e avrebbe portato altrove parte della fiscalità locale. Si smuove così
uno dei macigni sopra le voglie e le necessità di rilancio in chiave turistica
(nonché residenziale e di pubblico servizio) di Campo Marzio, il “Polo Sud”
delle Rive cittadine, bloccato proprio (ma non solo) dalla presenza,
anacronistica, del vecchio Ortofrutticolo. Il Comune, o meglio l’amministrazione
di centrosinistra in carica, ha infatti deciso. Anzi: ha rimesso in moto la
macchina delle decisioni. Qui ferma da tempo, se è vero che la pubblicazione del
bando per la raccolta delle manifestazioni d’interesse per la riqualificazione
del triangolo da 28mila metri quadrati - chiuso tra le vie Ottaviano Augusto e
Giulio Cesare, che il Piano regolatore appena adottato inserisce tra le future
«aree» strategiche «della grande trasformazione» cittadina - era attesa
addirittura dalla primavera 2013. Adesso che non ci sono più dubbi sul dove
mettere il Mercato per liberare Campo Marzio, e che nelle more dello stesso Prg
sono stati superati i vincoli per quel 30% di superfici che coincide grosso modo
con il Museo del mare e che stanno per smettere d’appartenere al Demanio dello
Stato, il bando si può finalmente preparare per davvero. E «sarà pronto entro
l’autunno, tra settembre e ottobre», annunciano in stereo, come sono soliti fare
su questo delicatissimo argomento, Cosolini e Dapretto. A quel punto, stando tra
il ragionevole e il “largo”, in circa due anni, quindi entro fine 2016, il
trasloco dell’Ortofrutticolo in via Brigata Casale si potrà compiere, dando il
via - come un effetto domino - alla trasformazione di Campo Marzio. Per la
quale, di anni, ce ne vorranno altri due, almeno. Ma facciamo un passo alla
volta e torniamo a quello appena mosso. In giunta, come s’è detto, quella di via
Brigata Casale è stata condivisa come la migliore opzione possibile per il
trasferimento del Mercato. È il frutto dell’analisi costi-benefici tra più
alternative, conseguente a un report commissionato dal ticket Cosolini-Dapretto
a un gruppo di lavoro di dirigenti e funzionari comunali, coordinato
dall’attuale direttore dell’area amministrativa Walter Cossutta, che aveva il
compito di individuare e poi “radiografare” una serie di aree di proprietà
comunale in cui risultasse possibile, a tavolino, l’insediamento del nuovo
Ortofrutticolo. Alla fine la scelta è caduta sul sito di via Brigata Casale, in
funzione pure della facile accessibilità viaria (oltre che della non eccessiva
lontananza dal centro città e della concomitante vicinanza a rioni popolosi),
che era uno dei requisiti-chiave su cui battevano gli stessi grossisti. «Molto
presto - promette il sindaco - presenteremo questa soluzione agli operatori e
chiederemo loro una valutazione, anche per cercare di migliorare insieme le
funzionalità della futura struttura. Si tratta di una decisione importante,
ringrazio per questo gli uffici e l’assessore Dapretto, che al di là dei
problemi del Patto di stabilità è fortemente impegnato sul fronte della
razionalizzazione e dell’ottimizzazione del patrimonio comunale. È stato fatto
un serio lavoro di ricognizione che ci ha consentito di perseguire uno dei
nostro obiettivi, che è quello di trovare il modo di valorizzare i nostri beni
immobiliari e di dismettere certi affitti una volta accertata la loro natura non
strettamente necessaria. Si apre così concretamente una partita dallo
straordinario valore strategico per il futuro della città, cioè la
riqualificazione di Campo Marzio, anche alla luce delle incertezze che investono
oggi Porto Vecchio». «Troveremo - gli fa eco lo stesso Dapretto - le migliori
alternative possibili per gli attuali fruitori del parcheggio dei camper e pure
per il gattile che ricade nella medesima area. Riteniamo di aver trovato la
soluzione ottimale, a nostro avviso quella delle Noghere non lo era».
Piero Rauber
Sfuma l’ipotesi dell’ex Manifattura insieme a Ezit e
Bic
Di fronte alle scelte prese e comunicate al momento
dall’amministrazione Cosolini pare ormai tramontata quella che, nell’ultimo
anno, pareva essere l’opzione più accreditata. Era quella che prevedeva il
trasferimento dell'ingrosso sia di frutta e verdura che del pesce all'ex
Manifattura tabacchi (foto), in zona Canale navigabile. Il sito è di proprietà
Fintecna e ha un valore immobiliare stimato di questi tempi attorno ai 15
milioni. L’abbattimento dei costi d’acquisto sarebbe stato eventualmente
possibile con un intervento congiunto assieme all'Ezit e all'incubatore
d'imprese Bic, i cui vertici nel 2013 si erano detti interessati a prendere una
parte dell’area. Ma ora per il polo all’ingrosso di domani è spuntata
l’alternativa di via Brigata Casale. E, al Comune, prenderla per usarla non
costa proprio nulla.
(pi.ra.)
Per chi lo fa Campo Marzio è a metà prezzo
L’entità dello “sconto” dipende dall’inserimento o meno del Mercato
ittico nel trasferimento
Dei 28mila metri quadrati del “triangolo” di Campo Marzio che nelle
intenzioni dell’amministrazione municipale va riqualificata, più della metà -
quasi 15mila - è oggi occupata dal Mercato ortofrutticolo. L’area “del futuro”
di via Brigata Casale ne ha quasi 12mila: una metratura che, osserva Dapretto,
dovrebbe bastare adottando tecniche e pratiche logistiche moderne. Un po’ più
vasta potrebbe diventare l’operazione, in termini di superfici da trasformare,
nel caso in cui il Comune decidesse - alla luce di «ulteriori valutazioni con
gli operatori del settore che si faranno nel prossimo mese e mezzo», per dirla
alla Cosolini - di costituire in via Brigata Casale un unico grande polo
dell’ingrosso alimentare spostandoci, assieme, pure il Mercato ittico, oggi
all’ex Gaslini. È un sito “mangiasoldi”, quest’ultimo, tra continue manutenzioni
alle banchine e costi fissi - stimabili attorno ai 150mila euro l’anno solo
questi - legati a canoni di concessione e servitù di passaggio, da corrispondere
ad Autorità portuale e Gaslini. L’inserimento o meno del Mercato del pesce in
via Brigata Casale inciderà sull’entità di quella che è l’altra grande strategia
per cui ha optato il Comune. Nel bando che sarà pronto in autunno, infatti, il
“triangolo” di Campo Marzio non sarà con tutta probabilità oggetto di project
financing bensì verrà messo in vendita, per una cifra vicina ai 25 milioni. Ma
sarà acquisibile sostanzialmente per la metà. Dal valore immobiliare di
compravendita è previsto - a spanne - uno sconto che potrebbe oscillare tra i 12
(nel caso in via Brigata Casale si dovesse fare solo l’Ortofrutticolo) e i 14
milioni (qualora invece lì venisse realizzato il polo all’ingrosso integrale) in
favore del privato pronto a prendersi Campo Marzio e a costruire
contemporaneamente il nuovo Mercato proprio in via Brigata Casale. Una sorta di
onere d’urbanizzazione per il Comune in cambio della cessione di un suo bene. Un
pagamento in parte con soldi e in parte in natura. «Una soluzione del genere -
chiude Cosolini - genererebbe un’entrata straordinaria in coonto capitale e
potrebbe consentirci così di liberare spazi finanziari allegerendo i vincoli del
Patto di stabilità, per portare avanti anche altre opere pubbliche».
(pi.ra.)
“Adotta uno spazio” per una Muggia più verde
I volontari propongono di curare aiuole e giardini del centro piantando
anche alberi da frutto
MUGGIA «Vogliamo contribuire, da semplici cittadini, a riqualificare e
mantenere nel tempo gli spazi verdi pubblici della nostra cittadina».
Un’iniziativa spontanea nata per iniziativa del circolo muggesano che aderisce
al “Movimento decrescita felice”, come spiega Jacopo Rothenaisler, uno degli
attivisti. «Il progetto - dice - nasce dalla consapevolezza che la cura e il
decoro degli spazi pubblici di ogni comune non può essere demandata al solo
intervento pubblico, ma deve ricevere lil contributo fattivo dei cittadini».
L’obbiettivo del progetto “adotta uno spazio” è quindi quello di riqualificare
le aree verdi del centro storico di Muggia perché - secondo il “decalogo” del
Movimento, la qualità e l’estensione del verde urbano sono di primaria
importanza per la vivibilità di una città, oltre a rappresentare un fondamentale
biglietto da visita, specialmente per una cittadina che punta molte delle sue
aspettative sul turismo. «Ma,pur in totale condivisione sull’introduzione e
messa a dimora di piante non solo ornamentali - continua Rothenaisller - un
ulteriore obbiettivo del nostro progetto è legato alla “commestibilità”: nella
valorizzazione di alcune aree proporremo infatti sistemazioni che comprendono
piante commestibili del nostro territorio, anche per ricreare un rapporto con la
storia e il contesto rurale». Facile fare gratuite ironie sugli “orti di guerra”
che tornerebbero di moda in tempi di crisi. Ma alberi da frutto autoctoni
(susini, fichi, melograni, per esempio) potrebbero benissimo abbellire le aiuole
spesso disastrate del verde pubblico cittadino. Adesso il circolo muggesano, in
attesa di un finanziamento regionale (se arriverà) cerca di coinvolgere altre
realtà associative locali mentre il Comune- dice lo stesso Rothenaisler - ha già
risposto favorevolmente per bocca del vicesindaco Marzi e dell’assessore Decolle.
L’elenco delle aree da risistemare è lungo, fra strade principali e centro
storico. L’elenco sarebbe lungo, ma si potrebbbe così riassumere: tutte.
«Trivellazioni in Adriatico, Roma si tuteli»
La senatrice del Pd De Monte interroga il governo: «L’Italia deve
chiedere garanzie alla Croazia»
TRIESTE La Croazia, dopo gli studi della società norvegese “Spectrum” che
hanno confermato la presenza di grandi quantità di petrolio e di gas sotto i
fondali dell’Adriatico, ha intenzione di cominciare una campagna di
trivellazioni che inquietano gli ambientalisti e preoccupano le attività del
turismo e della pesca del Friuli Venezia Giulia. Se ne è fatta interprete la
senatrice del Pd Isabella De Monte che ha presentato una interrogazione urgente
(condivisa da più di trenta colleghi) al ministro italiano dell’Industria per
sapere se la Croazia abbia informato il governo italiano dell’intenzione di
avviare attività di prospezione geologica di dettaglio e se siano stati
intrapresi «i provvedimenti giuridici, amministrativi o altri», necessari per
attuare le disposizioni della convenzione di Espoo del 1991, ratificata dalla
Croazia l'8 luglio 1996, «che possono avere un impatto pregiudizievole
transfrontaliero importante». La convenzione prevede che il governo italiano
possa applicare «ogni misura appropriata ed efficace per prevenire, ridurre e
combattere un impatto transfrontaliero pregiudizievole importante che potrebbe
derivare all'ambiente da attività previste». È infatti noto che il governo di
Zagabria abbia cominciato a elaborare le procedure per dare il via allo
sfruttamento dei giacimenti sottomarini come riportato negli ultimi mesi da
molti organi di stampa, nazionali e internazionali. L’attività di esplorazione
idrogeologica è già stata soggetta a critiche e dubbi sull’impatto ambientale da
parte delle comunità locali. «È in gioco non solo l’economia di una vasta area –
evidenzia la senatrice del Pd De Monte – ma si mette a rischio un ambiente già
fragile come il mar Adriatico e in particolar modo le lagune di Marano e di
Venezia». L’Italia, tra l’altro, non risulta aver opposto nessuna misura
cautelativa durante il non breve lavoro della “Spectrum” conisisito, in poche
parole, in veri e propri bombardamenti con onde sonore dei fondali
dell’Adriatico con le associazioni ambientaliste criate ma anche autorevoli
esperti che hanno messo in allarme per i danni che tale tecnica può causare ai
delfini ma anche ai cetacei più grandi. Ma si sa, petrolio o gas equivale a
energia che è sinonimo di affari e di soldi. Tanti soldi. Per cui qualche
delfino sordo ci può anche stare...
(m. man.)
IL PICCOLO - DOMENICA,
27 aprile 2014
«La Fiera in Porto vecchio»
L’annuncio di Paoletti: già partiti i lavori per
ospitare TriestEspresso Expo
Senza che nessuno se ne accorga, sono partiti i lavori per la realizzazione
della nuova Fiera di Trieste. Almeno questo nelle intenzioni della Camera di
commercio e del suo presidente Antonio Paoletti. La ruspa è entrata in azione la
settimana scorsa al Magazzino 28 del Porto Vecchio, poi si è subito fermata
dapprima per le festività di Pasqua, quindi per il 25 aprile e seguente
week-end. Questo hangar e quello adiacente contrassegnato con il numero 27 sono
i locali designati per far in qualche modo rinascere qui il comprensorio che
storicamente era insediato a Montebello e puntare per il futuro logicamente non
più sull’obsoleta campionaria, ma su rassegne di forte specializzazione. «I
lavori li stamo facendo noi - “confessa” Paoletti - la Camera di commercio ha
ottenuto dall’Autorità portuale una concessione provvisoria dei due Magazzini
fino alla fine di ottobre per poter ospitare qui dal 23 al 25 ottobre
TriestEspresso Expo, la più importante manifestazione al mondo e non esagero
quanto la definisco così nel settore del caffé: avremo 230 espositori
provenienti da 85 Paesi». I due Magazzini sono sostanzialmente sgombri e in
buono stato e con qualche decina di migliaia di euro o forse meno la Camera di
commercio ritiene di poterli adattare alle esigenze necessarie all’importante
rassegna. Bisogna anche riallacciarli alle reti elettrica, di riscaldamento e
dotarli dei supporti informatici. «Si tratta comunque di un restauro di base con
lavori che si protrarranno per un mesetto soltanto - specifica Paoletti - ma
saranno anche propedeutici a quelli definitivi che potranno partire subito dopo
TriestEstpresso Expo per trasformare i Magazzini 27 e 28 nella nuova sede della
Fiera di Trieste». La Camera di commercio sta infatti lavorando anche alla
manifestazione d’interesse per ottenere una concessione di lunga durata. La
richiesta verrà presentata nell’ambito del nuovo bando per il Porto vecchio
aperto dall’Authority e che scade il 30 giugno. Un bando che fino a un paio di
settimane fa risultava ancora vuoto di richieste per cui è presumibile che la
Camera di commercio non si troverà a fronteggiare concorrenze particolarmente
agguerrite dal momento che oltretutto quell’area è destinata a scopi
espositivo-museali ed è contigua all’ex Centrale idrodinamica e all’ex
Sottostazione elettrica recentemente restaurate. Il Magazzino 28, quello su cui
si è già incominciato a lavorare, come risulta anche dalla guida recentemente
redatta dalla stessa Autorità portuale, è a un piano, alto sette metri con una
superficie complessiva di 2mila 994 metri quadrati totalmente coperti e una
cubatura di 20mila 950 metri cubi. Viene definito: utilizzabile. Così come
altrettanto “utilizzabile” è descritto alla voce Stato di conservazione anche il
vicino Magazzino 27 anch’esso a un piano, alto mezzo metro in più cioé 7 metri e
50 e sensibilmente più ampio con una superficie coperta di 3mila 525 metri
quadrati e 24mila e 600metri cubi di volume. Il 28 sembrava destinato alla
demolizione per ricavarne una zona di parcheggi, la testata del 27, rifatta
nell’immediato dopoguerra quando vi si insediò una filiale della Ford, è sotto
la tutela della Soprintendenza ai beni architettonici. «Qui - specifica Paoletti
- intendiamo trasferire non soltanto TriestEspresso Expo, ma anche le altre due
rassegne specializzate che può vantare Trieste (dedicate rispettivamente
all’olio e al Prosecco, ndr.) e altre ancora che stiamo progettando.» Il via ai
lavori ha potuto essere dato dopo la risoluzione del contenzioso tra l’Authority
e Portocittà. Per la nuova sede della Fiera, come lo stesso presidente camerale
aggiunge sono state nuovamente valutate tutte le ipotesi possibili: la Stazione
marittima e il retrostante Magazzino 42 (scartati causa le crociere), il Molo
Quarto (spazi insufficienti), i piani superiori del Freetime di Montedoro
(location troppo decentrata), di nuovo il Magazzino 26 (troppe colonne e
pavimenti da rinforzare), l’ex Manifattura Tabacchi (restauri troppo lunghi).
Silvio Maranzana
Il Comune frena: così è uno spezzatino senza coperture
Sulla sospensione del Punto franco, il prefetto Garufi ottimista: si può
fare anche per un lungo periodo
Ma al progetto di un immediato insediamento della nuova Fiera di Trieste ai
Magazzini 27 e 28 del Porto Vecchio arriva già una prima frenata da parte del
Comune. Ad esplicitarla è l’assessore a Sviluppo e attività economiche Edi Kraus.
«Vi sono due questioni da affrontare preventivamente - afferma Kraus - la prima
riguarda la mancanza di un progetto globale che abbracci perlomeno gran parte
dell’area del Porto Vecchio. Pensare a due hangar sede della Fiera senza sapere
cosa ci sarà accanto significa andare in direzione del peggiore spezzatino.
Serve dapprima un progetto globale e organico all’interno del quale non è
escluso che possano trovare collocazione non solo la Fiera, ma anche un Acquario
avanzato senza esagerare parlando di Parco del mare. La seconda questione -
specifica l’assessore - riguarda la l’autosostenibilità economica di
un’operazione di questo genere che evidentemente deve guardare a fondi sia
pubblici che privati. Nell’era del dominio dell’informatica poche fiere
attraggono un numero sufficiente di visitatori, forse quelle del caffé e
dell’olio possono rientrarvi, ma non è nemmeno pensabile che una struttura del
genere possa vantare un attivo con due fiere all’anno di tre o quattro giorni
ciascuna.» Perplessità che del resto sarebbero state evidenziate dal sindaco
Cosolini e dalla presidente della Provincia Bassa Poropat in un recente incontro
in cui il presidente della Camera di commercio Antonio Paoletti ha esposto la
sua idea. Resta un terzo punto oscuro, annoso e noioso ed è l’esistenza del
Punto Franco il cui regime su quell’area è stato sospeso anche per quest’anno
dal prefetto Francesca Adelaide Garufi. «Se c’è l’intenzione concorde di tutte
le istituzioni triestine compresa quella dell’Autorità portuale - ha spiegato
ieri il prefetto - e se si tratta di un’area ridotta come quella che include i
due magazzini ritengo che si possa pensare a una sospensione di lunga durata che
può essere decretata dallo stesso commissario del governo (incarico che ricopre
la stessa Garufi) senza dover per forza passare attraverso una legge.» È
un’ipotesi che non piace al sindaco Cosolini: «L’ho detto più volte che dal
Porto Vecchio il Punto franco deve essere spostato completamente e
definitivamente.»
(s.m.)
Authority nell’ala Nord del 26 si pianifica un “open
space”
Quasi una corsa contro il tempo per traslocare gli uffici prima di
gennaio - Nello scalo antico operano ancora Saipem, rimorchiatori e pochi altri
Una ruspa nel deserto: così appare anche in questi giorni il Porto Vecchio
dove l’annunciato trasferimento degli uffici dell’Autorità portuale non è
nemmeno incominciato. In un ampio salone al secondo piano del Magazzino 26, la
presidente Marina Monassi ha fatto trasferire i tavoloni attorno ai quali si è
già svolta l’ultima seduta del Comitato portuale, un po’ di sedie e alcuni
computer. Per il resto sono in corso misurazioni e acquisizioni di documenti per
verificare se per l’insediamento degli uffici già esistono i nulla osta da parte
degli enti preposti (Vigili del fuoco, Azienda sanitaria, eccetera.) Secondo
voci, l’intenzione sarebbe quella di creare un grande open space nell’area Nord
del Magazzino 26, ma il progetto specifico sembra debba appena essere
commissionato: non sembrano prospettarsi tempi fulminei per il trasferimento
dalla Torre del Lloyd deciso questo sì come un fulmine a ciel sereno dalla
stessa presidente il cui mandato scade a gennaio 2015. L’Authority comunque ha
emanato una nota in cui specifica che richieste di concessione per il Magazzino
26 potranno essere prese in considerazione soltanto se non andranno a
interferire con gli spazi riservati agli uffici. All’esterno sotto la freccia
che indica il Polo museale, una cartella plastificata con la scritta Autorità
portuale ha coperto un segnale di divieto di sosta. All’ingresso del Magazzino
26 soltanto l’Infopoint per il bando sul Porto vecchio dal quale è stata
recentemente sfrattata la direttrice del Polo museale, Antonella Caroli che ha
dovuto ritirarsi nel suo ufficio alla Centrale idrodinamica. Accanto, la
Sottostazione elettrica che dopo l’inaugurazione, è stata nuovamente chiusa. L’Adriaterminal,
nello stesso fascicolo recentemente curato e distribuito dall’Autorità portuale,
è definito una moderna struttura portuale per merci varie. Su un’area di 7mila
metri quadrati sulla quale è operativo il capannone 23 opera la Saipem, società
del gruppo Eni titolare di una concessione decennale che ha realizzato una base
operativa «dove vengono montati, assemblati e testati i sistemi di scavo
subacqueo, di interro e tutti i sistemi utilizzati in ambito offshore. Si tratta
di un centro di test e di manutenzione di sofisticati apparecchi destinati a
riparare le condotte energetiche sottomarine.» Ma la maggior parte dell’Adriaterminal,
e cioé un’area di circa 70mila metri quadrati di cui 25mila coperti con 570
metri lineari di banchina con fondali di quasi 12 metri è in concessione per 15
anni, fino al 2022 a Genoa metal terminal, società del Gruppo Steinweg
specializzata in spedizioni, trasporto, stoccaggio e movimentazioni soprattutto
di metalli non ferrosi, acciai, ferroleghe e rottami. Alcuni dei magazzini (12,
13 e 14) sono autorizzati dal London metal exchange, la Borsa dei metalli non
ferrosi più importante del mondo e il Magazzino 13 è autorizzato anche dal Liffe
per lo stoccaggio di caffé e cacao. In realtà negli ultimi mesi ben poche navi
sono state viste attraccare a quella banchina, ma avere informazioni sullo stato
di salute del terminal è impossibile: da Trieste rimandano a Genova dove però i
responsabili non si fanno trovare. Gli ultimi contatti con i media risalgono
alla fine del 2012 quando la società puntava a superare il numero complessivo di
116 navi attraccate nel 2011 e a raggiungere il mezzo milione di tonnellate di
merci movimentate. In Porto Vecchio resiste, pur dopo uno spostamento anche la
base operativa dei rimorchiatori della Tripmare e un operatore del settore del
legno. Con il nuovo bando ora alcuni piccoli ex concessionari potrebbero però
far richiesta per tornare. Silvio Maranzana
«Mettere subito in sicurezza Chernobyl» - Allarme
Legambiente
«Nel giorno del 28esimo anniversario dell’incidente di Chernobyl (foto)
vogliamo esprimere tutta la nostra preoccupazione per la situazione che si sta
creando in Ucraina, tanto più che questo conflitto rischia di rendere ancora più
precaria la messa in sicurezza della centrale di Chernobyl e la realizzazione
del nuovo sarcofago che dovrebbe ricoprire il reattore esploso il 26 aprile
1986». Così in una nota Angelo Gentili, responsabile Legambiente Solidarietà,
che poi aggiunge: «I lavori per la messa in sicurezza dell’impianto vanno molto
a rilento, con difficoltà anche dal punto di vista dei finanziamenti e del
reperimento delle risorse economiche necessarie. L’attuale drammatica situazione
nel Paese certamente non facilita ma anzi potrebbe rendere più difficili le
attività di controllo e di messa in sicurezza dell’area e per questo chiediamo
all’Europa di impegnarsi affinchè le indispensabili operazioni di gestione della
centrale vengano effettuate con efficienza e rapidità». «Il reattore in pessime
condizioni - ha continuato Gentili - è una vera bomba a orologeria: bisogna
agire subito per disinnescarla. È necessario, inoltre, aiutare le popolazioni
che vivono nell’area colpita dal disastro nucleare che stanno pagando un caro
prezzo in termini sociali e sanitari». Si tratta di 5 milioni di persone -
spiega Legambiente - che vivono in zone contaminate tra Russia, Bielorussia e
Ucraina, dove i livelli di contaminazione continuano a essere elevati
soprattutto nelle derrate alimentari e che continuano a determinare un aumento
delle patologie legate alla radioattività: tumori e leucemie in modo
particolare, soprattutto nei bambini che sono i soggetti più vulnerabili.
IL PICCOLO - SABATO,
26 aprile 2014
«Ferriera, prevalga il buon senso»
Cernigoi: no a interessi particolari, si guardi al bene della comunità
Matteo Cernigoi, segretario Fvg dell’Ugl, lancia un appello sulla Ferriera:
«Prevalga il buonsenso per la conservazione dei posti di lavoro». Sulle due
offerte - una di Arvedi, l’altra di un gruppo straniero - presentate per lo
stabilimento, Cernigoi pone due questioni: «Garantire il proseguimento
dell’attività industriale con salvaguardia dei posti di lavoro interni e
dell’indotto; e garantire bonifiche e tutela della salute e dell’ambiente, un
dovere per un Paese civile». «Chiunque rilevi lo stabilimento - osserva il
sindacalista - non avrà compito facile. Ma lo spazio di manovra potrà esserci
grazie all’impegno della Regione e delle altre istituzioni. Non lasciamo che
prevalgano gli interessi particolari di qualcuno ma il bene della collettività».
E sul piano di Alpe Adria, cui l’Authority aveva affidato uno studio che ha
previsto la riconversione dell’area con manifattura e banchina in alternativa
all’arrivo di Arvedi, Cernigoi precisa: «Interessante, peccato sia vecchio e non
tenga conto dei posti di lavoro in essere, in quanto la logistica non potrà
essere considerata una valvola di sfogo idonea per garantire l’occupazione».
Servizio civile, c’è “Trieste on Sight”
Giovani, istituzioni e terzo settore: fino a giugno una serie di
manifestazioni
Prenderà il via mercoledì 7 maggio “Trieste on Sight 2014”, promosso da Arci
Servizio civile del Friuli Venezia Giulia in coorganizzazione con il Comune e il
patrocinio di Regione e Provincia. Fino a tutto giugno i giovani “futuro della
sostenibilità e sostenibilità del futuro”, attraverso varie azioni si metteranno
in gioco e collaboreranno con le istituzioni e il terzo settore, arricchendo le
loro conoscenze e scambiando idee, energie, creatività, spirito solidale. La
prima azione è prevista dalle 17 alle 22 del 7 maggio al Polo di aggregazione
giovanile Toti, in via del Castello 1. Per i ragazzi sarà un momento di incontro
e confronto pubblico con esponenti delle istituzioni e del terzo settore ma
anche con giovani coinvolti personalmente in un percorso di cittadinanza attiva
e partecipata. Un’occasione per farsi sentire e discutere con chi governa la
città, dare voce alle idee, raccontare la città che i giovani vorrebbero
cambiare. Al dibattito su “La città che vorremmo” parteciperanno il vicesindaco
Fabiana Martini, l’assessore comunale all’Educazione Antonella Grim e
rappresentanti della Consulta Giovanile di Trieste. Si potrà anche provare la
palestra d’arrampicata sportiva, partecipare a un minilaboratorio di tecniche di
mixaggio, ricevere informazioni sul servizio civile e sul servizio volontario
europeo. In programma l’esibizione di gruppi di break dance e un concerto di due
band musicali. I successivi appuntamenti saranno un incontro sul tema “Capire i
conflitti – praticare la pace” che si terrà mercoledì 11 giugno, dove
dall’esperienza storica della Grande Guerra si vuole ritrovare le motivazioni
per la pace e la convivenza pacifica; e il “Villaggio Trieste on Sight”
all’Ostello di Campo Sacro (Prosecco) dal 28 al 30 giugno, dove saranno
sviluppate altre tematiche richieste dai giovani coinvolti nelle esperienze di
cittadinanza attiva ma che diventerà anche una tre giorni non stop di musica,
teatro, workshop, ristorazioni, mostre... La prima edizione di “Trieste on sight”,
aperta nel 2013 in via sperimentale a una collaborazione diretta con le scuole
superiori e con le associazioni, ripropone con forza - si legge in una nota
dell’Arci - il lavoro di rete come modalità e la comunità come luogo di
crescita. Obiettivo è porre attenzione al volontariato, una «scuola di
partecipazione e responsabilità, un'occasione di incontri e relazioni vitali e
stimolanti». Arci Servizio civile, associazione di promozione sociale, è la più
grande associazione di scopo italiana dedicata esclusivamente al servizio
civile. In regione ne fanno parte Arci, Legambiente, Uisp, Auser, Unione dei
Circoli culturali sloveni (Zskd), Unione delle Associazioni sportive slovene in
Italia (Zssdi), Monte Analogo, Il Progetto, Itis, Ics – Consorzio Italiano di
Solidarietà, Bioest, Cooperativa Bonawentura, Consulta Immigrati del Comune e
Unione italiana.
Moto, auto e treni a sostegno del tram di Opicina
“Parlotti”, Venti all’Ora e Ferroviario pronti a iniziative culturali per
rivitalizzare la trenovia
Il Moto Club Trieste (1906) e la gara automobilistica Trieste-Opicina (1911)
sono nate quasi contemporaneamente al tram di Opicina (1902): quegli anni
vedevano il massimo fulgore della Stazione di Campo Marzio, ora sede del Museo
ferroviario, e di quella di Villa Opicina, prima fermata sui percorsi ferroviari
Trieste-Vienna e Trieste-Jesenice. Logico quindi che ci sia da parte delle tre
associazioni Museo ferroviario di Trieste, Motoclub Trieste e Club dei Venti
all'Ora-Trieste Opicina Historic particolare attaccamento al percorso tra
Trieste e Opicina ed al vecchio tram in via di ripristino. In attesa che quest'
ultimo venga inaugurato e debitamente festeggiato da tutta la cittadinanza e a
titolo di incoraggiamento affinchè tutto ciò avvenga in tempi davvero
brevissimi, una rappresentanza degli oltre 450 soci dei tre Club si sono riuniti
davanti a un esemplare di motrice del tram esposta presso il Museo ferroviario,
per sottolineare la collaborazione in atto tra i tre sodalizi, a disposizione
della comunità per il sostegno dei simboli e dei valori della città. «Trenovia
compresa - afferma Francesco Di Lauro, presidente dei Venti all’Ora -: si
potrebbero programmare e gestire iniziative culturali, sia “a spot” che a
carattere più continuativo, che ruotino attorno al nostro amato tram, in modo da
creare un ulteriore indotto nel turismo, creare nuove occasioni di lavoro e
generare nuovi introiti che giustifichino ancora di più il mantenimento della
linea». I tre sodalizi nel rinsaldare i vincoli tra loro, sono tra gli
interpreti di un associazionismo sempre votato anche alla comunità del
territorio.
AGRICOLTURA «Siamo i primi in regola con gli Ogm»
«Mi pare che abbiamo fatto tutto bene: siamo la prima
regione in Italia che è in ordine sia rispetto al decreto interministeriale, sia
rispetto alla normativa comunitaria». Lo ha detto la presidente della Regione
Debora Serracchiani commentando a Udine la sentenza del Tar del Lazio, che ha
rigettato il ricorso presentato da Giorgio Fidenato, agricoltore di Arba
(Pordenone) il quale per primo seminò mais Ogm in Fvg, contro il decreto
interministeriale del luglio 2013 che ne stabiliva il divieto. «Vuol dire che
avevamo lavorato bene sin dall’inizio».
Il Museo delle saline di Sicciole amplia l’offerta
TRIESTE Il Museo delle saline di Sicciole inserito nell’omonimo parco si
rifà il look e presenta ai suoi visitatori un aspetto più moderno e più nuovo. E
questo nonostante la perenne mancanza di fondi che non permette, ad esempio, di
ristrutturare l’antica casa delle saline per cui esiste già il progetto e la
concessione edilizia. Il rinnovamento è stato fortemente voluto dal direttore
del museo, Franco Juri. È stata così “aggiornata” la collezione etnologica e
l’esposizione si è arricchita di nuovi modelli di barche storiche che operavano
nelle saline per il trasporto della materia prima verso i mercati. Il Parco
riesce ad attingere importanti fondi per la sua sopravvivenza dai programmi
europei quali “Openmuseums” e “Adriastorical Lands”. Ma, come spiega il
direttore Juri alle Primorske Novice, resta fondamentale il contributo dello
Stato sloveno. Il progetto più ambizioso per ora sulla carta resta, spiega Juri,
la ristrutturazione di due case delle saline. «Per una abbiamo già la
concessione edilizia - precisa - ma i lavori devono partire quanto prima
altrimenti l’edificio rischia di crollare». I visitatori (sono circa 10mila a
stagione), quest’anno, avranno anche a disposizione delle biciclette per poter
“esplorare” l’intero perimetro delle saline. C’è poi la questione aperta del
riconoscimento del Parco da parte dell’Unesco. E qui la situazione è molto ma
molto in ritardo. La prima documentazione è stata depositata nel 2004 e da
allora nulla è stato fatto di concreto per ottenere il prestigioso
riconoscimento. Anche perché Sicciole dovrà sconfiggere avversari agguerriti
quali i croati di Nin o Ston oppure gli italiani di Comacchio e di Cervia.
Mauro Manzin
IL PICCOLO - VENERDI',
25 aprile 2014
Il Tar del Lazio boccia il mais Ogm in Friuli
Respinto il ricorso contro la Regione dei coltivatori.
Bolzonello: «Confermato l’indirizzo della giunta»
TRIESTE No ai semi Ogm nelle campagne regionali: ieri sia il Tar del Lazio
che il Tar del Friuli Venezia Giulia hanno definito in tali termini la
questione. In particolare, con sentenza n. 178/2014 il Tar del Friuli Venezia
Giulia ha rigettato il ricorso proposto da Giorgio Fidenato, in qualità di
titolare dell’azienda agricola In Trois, avverso l’ordine imposto dalla
Direzione delle attività produttive della Regione Servizio del Corpo forestale
regionale del 31 ottobre 2013 e del 20 novembre 2013, che dettava disposizioni
in materia di raccolta e movimentazione del mais geneticamente modificato. Il
Tar Fvg ha ritenuto legittimi i provvedimenti emanati dalla Regione che, in
conformità alla normativa comunitaria, hanno previsto accorgimenti tecnici nella
fase di raccolta idonei a evitare la commistione di prodotti Ogm e prodotti
naturali. Sempre ieri il Tar del Lazio (sentenza n. 4410/2014), ha respinto il
ricorso di Fidenato e di Dalla Libera contro il decreto ministeriale del 12
luglio 2013 che vietava per 18 mesi la coltivazione di varietà mais
geneticamente modificato Mon 810, ritenendo il provvedimento ministeriale
perfettamente legittimo. L’assessore alle Risorse agricole Sergio Bolzonello ha
espresso soddisfazione per le sentenze che, «pur nelle loro diverse portate,
danno ragione all'azione della giunta, il cui indirizzo si dimostra così essere
sempre stato coerente». Il vicepresidente ricorda che la giunta è stata l’unica
in Italia ad affrontare con coraggio il problema Ogm e a trovare soluzioni
normative quando il clima anche nazionale era ben diverso da oggi. La Regione
constata con soddisfazione che le sentenze riguardano sia la semina dello scorso
anno sia il divieto di semina in generale. «La sentenza del Tar del Lazio
definisce una volta per tutte che non un seme transgenico può essere seminato
nelle campagne friulane» Per la deputata Sel Serena Pellegrino, della
Commissione ambiente della Camera, «la soddisfazione è grande, anzitutto per gli
agricoltori friulani decisi a tutelate le proprie coltivazioni tradizionali e
biologiche e per la galassia di associazioni italiane della rete Per un’Italia
libera da Ogm, rappresentative di cittadini, coltivatori e consumatori. Non
fermiamoci però ai campi di mais di Fidenato: svariati altri Ogm finiscono in
maniera occulta nei nostri piatti, come la soia importata e usata per i mangimi
degli animali». Diverge, invece, il presidente nazionale di Confeuro Rocco Tiso:
evidenzia «ancora una volta il paradosso della legge italiana che da una parte
permette l’importazione di Ogm (specie dall’America) per i mangimi dei nostri
allevamenti, mentre dall’altra ne impedisce totalmente la coltivazione sul suolo
nostrano».
Ferriera, i sindacati: «Con due offerte rischio tempi
lunghi»
Belci (Cgil): scettico. Palman (Uilm): temiamo azioni di disturbo - Ma il
viceministro De Vincenti: le manifestazioni ottimo segnale
Sindaco e parlamentari si esprimono con cautela in attesa di chiarimenti (si
veda qui a lato). Da Roma il viceministro allo Sviluppo economico Claudio De
Vincenti, augurandosi «che il bando abbia successo», giudica intanto «le due
manifestazioni di interesse un ottimo segnale» ponendo come obiettivo «l’ambientalizzazione
della filiera con un nuovo piano industriale per l’area siderurgica». Sul fronte
sindacale, invece, altri toni. «Siamo perplessi e guardinghi», dice da Servola
Franco Palman, rappresentante di fabbrica della Uilm. Anzi «preoccupati», alza
il tiro Umberto Salvaneschi, segretario di Fim-Cisl per Trieste e Gorizia.
Preoccupati anche «per le reazioni da parte di Arvedi», esplicita il segretario
regionale Cgil Franco Belci. I tre esponenti sindacali si pongono molti
interrogativi, all’indomani della nota con cui Lucchini in amministrazione
straordinaria ha comunicato l’esistenza non di una, ma di due manifestazioni
d’interesse pervenute per la Ferriera: «una italiana e una estera», è l’unica
indicazione ufficiale fornita. Quella italiana porta appunto come già noto il
nome di Arvedi, l’altra pertiene a un gruppo definito «asiatico» da una fonte
autorevole. Nel mistero sull’identità del soggetto estero - che si è fatto
avanti attraverso emissari italiani - Palman parla di «fulmine a ciel sereno:
eravamo convinti che in ballo ci fosse solo Arvedi, non vorremmo spuntasse
un’azione di disturbo che peraltro non so chi avrebbe interesse ad attuare.
Situazione strana, ma mi preoccupa che tutto questo vada in qualche modo a “fare
melina” su un processo di vendita che ora avrebbe potuto prendere velocità. Da
molti anni viviamo situazioni in cui a un passo da svolte concrete subentra
qualche intoppo. Arvedi ha già un progetto, un percorso individuato, nell’altro
caso resta tutto da capire». E infatti, aggiunge Salvaneschi dalla Fim-Cisl,
«non ci preoccupa tanto il fatto che vi sia un’altra manifestazione d’interesse
quanto che si sia palesata all’ultimo momento. Temiamo che si allunghino i tempi
dell’operazione di vendita». Entrambe le proposte, va ricordato, sono giunte
incomplete rispetto agli allegati richiesti; il commissario straordinario Piero
Nardi ha dato tempo fino a domenica per completarle. Da lunedì, ha spiegato il
segretario di Lucchini in amministrazione straordinaria Francesco Semino, verrà
valutata soprattutto la solidità finanziaria dei proponenti da ammettere, se la
valutazione sarà stata positiva, alle fasi successive tra cui quella della due
diligence che darà facoltà di visitare gli impianti e incontrare il management,
valutando dunque la situazione. Da qui la preoccupazione dei sindacati su
possibili «ritardi». Non solo: «Arvedi - aggiunge Salvaneschi - ha pagato
l’arrivo della nave di carbone che ha permesso il mantenimento della cokeria.
Sono programmazioni che vanno fatte per tempo, e non vorremmo che ora da Cremona
le si volesse affrontare in modo diverso... Auspichiamo che Nardi faccia tutto
quanto possibile per accelerare sulla procedura». «Arvedi lo abbiamo visto più
volte in città. E da Cremona, visto anche l’Accordo di programma, arriva l’unica
reale garanzia di avere una Ferriera con un prodotto più pulito e un minore
impatto ambientale», interviene Belci: «Trovo singolarissima tutta questa
improvvisa attenzione dall’Asia, non vorremmo trovarci con una Severstal cinese
che spunta all’improvviso. Sono scettico sulla serietà dell’offerta estera
pervenuta, ma è anche grave che da Lucchini in amministrazione straordinaria
siano arrivate comunicazioni incomplete. Il sindaco Cosolini e la governatrice
Serracchiani si diano da fare per verificare subito chi sia quel misterioso
gruppo», chiude Belci.
Paola Bolis
IL SINDACO «Bene poter scegliere se ci sono i requisiti
di affidabilità»
Il sindaco Roberto Cosolini attende di capire chi sia il gruppo straniero
interessato a Servola. Per ora «in termini di principio», afferma, «ho sempre
detto che andava evitato il rischio che non ci fossero manifestazioni, e la
possibilità di scegliere tra più interessati - se danno requisiti di solidità,
affidabilità e concretezza - va considerata positivamente. Di un gruppo sappiamo
che ha i requisiti, sull’altro bisogna capire di più. Certo non possiamo correre
il rischio di avventure come quelle di Piombino, con manifestazioni poi
scioltesi come neve al sole. Da questo punto di vista l’invito
all’amministrazione straordinaria di Lucchini è quello di scegliere non solo in
base alle condizioni economiche, ma anche in base agli obiettivi, per assicurare
continuità occupazionale con persone che si assumono le proprie responsabilità
su inquinamento e ambiente». «Se ci sono interessi imprenditoriali seri, il
fatto che vi siano più offerte è un successo: si potrà scegliere al meglio»,
dice il senatore del Pd Francesco Russo. Mentre il deputato Pd Ettore Rosato
giudica «positivo» che vi siano più cordate in campo, «salvo che è dirimente
verificare se vi sia un piano industriale alle spalle». «La politica va messa
nelle condizioni di fare - dice la deputata Sandra Savino (Fi) – ma per ora di
piani industriali non ce ne sono».
IL PICCOLO - GIOVEDI',
24 aprile 2014
Spunta un gruppo asiatico nella gara per la Ferriera
Il commissario comunica che sono giunte due
manifestazioni d’interesse - Arvedi ha un competitor, ma resta il riserbo sui
nomi dei potenziali acquirenti
FRANCESCO ROSATO Ora produrremo anche il piano industriale e quello finanziario:
non era previsto che venisse fatto nella prima fase
Arvedi non è l’unico pretendente alla Ferriera di Servola. L’amministrazione
straordinaria della Lucchini ha infatti ieri reso finalmente noto che sono due
le manifestazioni d’interesse presentate entro il termine del 21 aprile e che
provengono rispettivamente da un gruppo italiano e da uno straniero. Le
informazioni ufficiali finiscono qui, ma mentre sul primo vi è la certezza che
si tratti del Gruppo cremonese, per il secondo concorrente le uniche illazioni
provenienti da fonte autorevole rimandano a un gruppo asiatico, definito
esattamente «orientale». Entrambe le proposte, pur in questa fase preliminare,
come sottolinea la nota firmata dall’amministrazione straordinaria di Lucchini
spa e Servola spa, sono incomplete rispetto agli allegati richiesti. Il
commissario straordinario Piero Nardi ha dato tempo fino a domenica prossima per
completarle. La presenza di Arvedi, confermata già venerdì scorso dalla Regione
in base alla comunicazione fatta dallo stesso commissario anche al Ministero per
lo sviluppo economico, è stata ieri ammessa anche da Francesco Rosato,
amministratore unico di Siderurgica Triestina la società creata ad hoc dal
Gruppo cremonese per puntare su Servola. «In questa prima fase abbiamo
presentato quasi esclusivamente la manifestazione d’interesse - ha specificato
Rosato - ora ci apprestiamo a produrre anche il piano industriale e quello
finanziario.» La proposta concorrente, presumibilmente concretizzatasi negli
ultimi giorni, sembra aver parzialmente preso in contropiede la stessa Regione.
«Forse inaspettata ma non da leggersi, in questa fase, in termini negativi - ha
rilevato ieri la presidente del Friuli Venezia Giulia Debora Serracchiani - la
presentazione di una seconda manifestazione d’interesse, in questo caso
proveniente dall’estero, per l’acquisizione del complesso siderurgico della
Ferriera di Trieste. Finora le istituzioni del territorio si sono confrontate
con la proposta formulata dal gruppo Arvedi - ha aggiunto - Ora non si può che
attendere di valutare con attenzione i contenuti di questa seconda
manifestazione d’interesse per uno stabilimento industriale su cui la Regione ha
da sempre mostrato la massima attenzione». Nel giro di poche ore sono nate e
tramontate due piste sviluppatesi però da basi stabili e in particolare dal
sopralluogo fatto in città da top manager dei gruppi logistici Contship Italia e
Dubai ports. Non è sfuggita in particolare la presenza nelle settimane scorse in
piazza Unità, dove vi sono i palazzi della Regione e del Comune, dei due
vicepresidenti di Contship Italia, Marco Simonetti (terminal marittimi) e
Sebastiano Grasso (attività logistiche e intermodali), mentre viene dato per
certo anche un sopralluogo di top manager di Dubai ports. La banchina della
Ferriera del resto era stata oggetto di momentanea attenzione anche da parte di
Apm terminals, la società terminalistica di Maersk, società leader mondiale nel
settore dei container, ma era stata scartata «per la complessità dell’area e i
tempi troppo lunghi necessari per la sua riconversione, bonifiche comprese.»
Nell’asta fatta per Piombino per rilevare i quattro laminatoi si erano fatti
avanti anche i fratelli indiani Naveen e Sajjan Jindal a nome della Jindal Power
Limited, società che fa parte dello stesso gruppo familiare cui appartiene
Jindall Saw che ha preso in affitto per cinque anni la Sertubi. Non è escluso
che la pista “orientale” possa portare a questa società. Sia Contship che Dubai
ports invece si occupano pressoché esclusivamente di logistica, mentre la nota
stessa emessa ieri dall’amministrazione straordinaria rileva che «il presupposto
per partecipare era la volontà di proseguire con l’attività siderurgica nel sito
di Servola.» «Chi non prosegue con la siderurgia - specifica Francesco Semino,
segretario amministrazione straordinaria - perde i 22 milioni previsti dal
bando.» Sono quelli derivanti dalla risoluzione anticipata del cosiddetto Cip6 e
che Elettra deve alla Servola spa.
Silvio Maranzana
L’Amem di Vienna: il nostro terminal può coesistere
«Il progetto di un nuovo terminal container in versione
flottante (Vlfs) non interferisce con il piano di Arvedi, ma è sinergico e
complementare in una visione dell’area della Ferriera del dopo-siderurgia e del
dopo-Cip6 come ulteriore estensione del comprensorio in chiave logistico
intermodale, magari di interesse dello stesso Gruppo Arvedi.» Lo precisa
Johannes Kuehmayer, presidente della società viennese Austrian maritime
equipments e presentatore per Servola di un estemporaneo progetto che in
sostanza propone di realizzare nello specchio acqueo antistante la Ferriera una
grande struttura galleggiante che funga da megaterminal container per ormeggiare
navi di 18 mila e più teu. «Amem - specifica Kuehmayer - non vuole essere un
competitor di Arvedi.»
«Documenti incompleti, riparare entro domenica»
Mancherebbero già le basi per stimare la solidità economica delle due
società proponenti
«I documenti richiesti a corredo delle manifestazioni di interesse erano
principalmente i requisiti proprietari e di solidità finanziaria dei
proponenti», ha specificato ieri il comunicato stampa dell’amministrazione
straordinaria della Lucchini. Ma questa documentazione è stata giudicata carente
e i due concorrenti hanno ora quattro giorni per completarla. «A partire da
lunedì valuteremo in particolare la solidità finanziaria delle società
proponenti e ipoteticamente potremmo anche decidere per l’esclusione - ha
specificato il segretario dell’amministrazione straordinaria Francesco Semino -
Non è detto che entrambi infatti siano ammessi alla fase successiva, quella
della due diligence.» «Ai soggetti che saranno ammessi a proseguire - continua
la nota - verranno inviati i seguenti documenti da sottoscrivere: impegno alla
riservatezza, disciplinare di gara e regolamento della Data room virtuale. I
soggetti che sottoscriveranno i tre documenti saranno abilitati alla due
diligence e avranno la facoltà di visitare gli impianti e incontrare, a loro
richiesta e d’intesa con il commissario, il managment.» «Nella fase della due
diligence - spiega ancora Semino - sono soprattutto i potenziali acquirenti che
valutano la situazione dello stabilimento». Nella Virtual data room il
venditore, in questo caso l’amministrazione straordinaria, rivela agli
interessati dati riservati inerenti l’acquisto. È una fase che si prevede
piuttosto rapida. «Dopo di che - conclude Semino - i proponenti rimasti avranno
qualche settimana di tempo per formulare, presumibilmente entro fine maggio o
inizio giugno, l’offerta vincolante d’acquisto.» (s.m.)
IL PICCOLO - MERCOLEDI',
23 aprile 2014
Ferriera, Arvedi più vicino a concludere l’acquisto
Ma nemmeno il giorno dopo la chiusura del bando di vendita dello
stabilimento il commissario della Lucchini comunica l’esistenza o meno di altri
pretendenti
«Ho la netta sensazione che le manifestazioni d’interesse per acquisire la
Ferriera di Servola si limitino a quella sola già presentata da parte del Gruppo
Arvedi», afferma il sindaco Roberto Cosolini. «Ci fosse un secondo pretendente
lo avremmo saputo - aggiunge Franco Palman, rappresentante di fabbrica della
Uilm - così com’è avvenuto la settimana scorsa per Arvedi quando la notizia si è
diffusa rapidamente anche in ambienti sindacali». «Dobbiamo fare una serie di
verifiche - è stata la scarna comunicazione di Francesco Semino, segretario
dell’amministrazione straordinaria della Lucchini - sull’esito del bando faremo
un comunicato stampa domani (cioé oggi, ndr)». Lo stesso commissario
straordinario Piero Nardi ieri non avrebbe comunicato nulla né al ministero
dello Sviluppo economico né alla Regione Friuli Venezia Giulia come invece ha
fatto venerdì scorso sempre relativamente ad Arvedi. Oppure, se lo ha fatto,
nulla è trapelato a vantaggio dei media. Da parte sua il quartier generale di
Arvedi group di Cremona ha scelto ancora una volta la via del silenzio e
Francesco Rosato, amministratore unico di Siderurgica Triestina, la
neocostituita società attraverso la quale Arvedi ha presentato la propria
proposta, ha scelto ancora di non rispondere al telefono. Anche dopo la chiusura
di tutti i termini del bando (le manifestazioni di interesse dovevano pervenire,
e non essere inviate, al commissario straordinario entro le 18 di lunedì scorso)
le questioni legate alla riconversione o meglio reindustrializzazione dell’area
di Servola, continuano ad essere accompagnate da stretto riserbo. I
rappresentanti di fabbrica hanno in programma un incontro con i responsabili
della Servola spa appena per la fine del mese, in una giornata che non è stata
nemmeno ancora fissata, e presumibilmente appena in quella data sarà loro
comunicato ufficialmente l’esito del bando di vendita. Se l’offerta di Arvedi
sarà giudicata congrua, all’Accordo di programma firmato anche da cinque
ministri il 30 gennaio a Roma, dovrà seguire l’Accordo quadro e in quella fase
la governatrice Debora Serracchiani assumerà anche l’incarico di commissario
straordinario dell’area di Servola e di quella dell’Ezit comprese nell’Area di
crisi industriale complessa così come definita nello stesso Accordo di
programma. Frattanto non è sfuggita la dichiarazione fatta ieri al Sole 24 ore
da Antonio Gozzi il quale ha affermato che «la siderurgia italiana in questi
anni difficili ha retto su vere punte di eccellenza tecnologica come nel caso
dell’Arvedi di Cremona». Oltre che essere presidente di Federacciai, Gozzi è
anche leader del Gruppo Duferco proprietario della Sertubi attualmente data in
affitto agli indiani di Jindal che hanno smesso l’attività produttiva la quale
secondo le rsu di Sertubi potrebbe però essere ripresa trasferendo l’azienda nel
comprensorio di Servola e acquisendo la ghisa da Arvedi. Il gruppo cremonese ha
già pianificato un investimento di 20-22 milioni di euro per ammodernare gli
impianti servolani dove i lavori cominciati già da qualche settimana sulla bocca
dell’altoforno potrebbero proseguire senza soluzione di continuità su tutto
l’impianto nel caso la vendita dello stabilimento venisse conclusa entro il 31
maggio, obiettivo temporale che si è posta la stessa amministrazione
straordinaria della Lucchini.
Silvio Maranzana
Provincia: «Sì a Ezit per le bonifiche»
Le aziende protestano, hanno fatto ricorso al Tar, perché bonificare le aree
Ezit su cui “siede” la loro impresa potrebbe nonostante le nuove norme di
garanzia comportare spese sgradite e giudicate non pertinenti. Invece la
Provincia, proprietaria di strade e anche di alcune zone boschive che ricadono
nel Sito inquinato d’interesse nazionale (Sin), tutte in territorio di Muggia,
questo problema non ce l’ha, perché le azioni di controllo dei terreni e di
eventuale bonifica saranno pagate dalla Regione. Inoltre la Provincia stessa è
proprio uno degli enti non solo più attivi nel tentativo annoso di risolvere il
pesante problema ambientale, ma pure uno degli enti che ha firmato l’accordo di
programma assieme all’ex ministro Corrado Clini, che ha sollevato i Sin
dall’indebito pedaggio del “danno ambientale” a prescindere dalle colpe
d’inquinamento commesse. Un atto, si ricorderà, che nel 2012 fu salutato con
degli esultanti osanna dopo oltre 10 anni di penose trattative mai andate a buon
fine col ministero dell’Ambiente. Sono passati esattamente due anni da allora.
L’altro giorno la Giunta provinciale ha dunque deliberato di approvare lo schema
di convenzione con l’Ezit, delegata dalla Regione a occuparsi di ogni procedura
relativa alla caratterizzazione dei terreni ancora non sondati, alle operazioni
di bonifica, ai rapporti con l’Arpa, alla definizione anche del livello di
“rischio” che l’eventuale inquinamento rilevato comporta per una zona
industriale. La Provincia corrisponde così alla richiesta di Ezit di autorizzare
l’ingresso e l’azione nelle sue proprietà. Facile, del resto, si tratta di 26
particelle quasi tutte ubicate sulle provinciali 14 e 15 di Muggia, di cui
quattro già dotate di piezometri, gli strumenti cioé che si usano per prelevare
i campioni di acqua dal terreno. Le indagini dovranno fornire un modello
idrogeologico dell’intero sito, prevedranno il completamento della
caratterizzazione delle aree (cioé l’analisi del terreno), l’inserimento di ogni
informazione in una unica banca dati, la redazione dell’analisi di rischio
quando necessaria, oppure la dichiarazione di “svincolabilità” delle aree. In
particolare la Provincia ha individuato 12 aree “inquinate dal pubblico” e 14
“non inquinate dal pubblico”. Perché l’operazione è a costo zero? La risposta è
proprio nei termini dell’accordo col governo, ed è richiamata nella delibera:
«Le attività non comportano oneri a carico della proprietà - scrive la Provincia
- perché i relativi costi saranno sostenuti con fondi erogati dalla Regione
Friuli Venezia Giulia, la quale si rivarrà sul responsabile dell’eventuale
inquinamento, qualora identificabile». E la Provincia, nell’ambito dei suoi
compiti istituzionali, non sarà esentata dalla ricerca dell’eventuale
responsabile. La “ratio” della legge è che è più importante disinquinare che
farsi subito pagare.
(g. z.)
IL PICCOLO - MARTEDI',
22 aprile 2014
Ferriera, si svela la nuova proposta industriale
Il Gruppo Arvedi presenta il proprio Piano, compresa la
messa in sicurezza dell’area
Si apre oggi la fase 2 per il possibile passaggio di proprietà della
Ferriera di Servola. Si sono infatti chiusi ieri alle 18 i termini per la
presentazione all’amministrazione straordinaria della Lucchini delle
manifestazioni d’interesse per rilevare il complesso aziendale triestino e a
causa della giornata festiva non è stato possibile ottenere la conferma del
fatto che l’unica richiesta d’acquisto sia quella ufficializzata venerdì scorso
da parte del Gruppo Arvedi di Cremona attraverso la neocostituita società
Siderurgica Triestina. Nei prossimi giorni però, e questo è certo, le carte
saranno scoperte completamente. Le offerte infatti dovranno essere corredate da
un Piano industriale contenente la descrizione della proposta di
reindustrializzazione e di sviluppo economico dell’area, di un Progetto di messa
in sicurezza del complesso aziendale e di un Piano finanziario che evidenzi
«grazie alle risorse rivenienti di una parte dei crediti vantati da Servola che
saranno trasferiti all’acquirente dalla procedura di amministrazione
straordinaria, la disponibilità da parte dell’offerente di mezzi finanziari
adeguati» per sostenere appunto il Piano industriale e il progetto di messa in
sicurezza. I crediti vantati da Servola sono stati certificati in 22 milioni di
euro e sono quelli derivanti dalla risoluzione anticipata del cosiddetto Cip6. I
Piani dell’acquirente dovranno però essere redatti in stretta conformità con le
indicazioni dell’Accordo di programma che è stato sottoscritto il 30 gennaio a
Roma e che porta la firma anche di cinque ministri. Era stato quello il primo
step fondamentale per il recupero occupazione e ambientale dell’area di Servola;
il secondo, com’è stato riconosciuto dai sindacati e dalla maggior parte dei
partiti, è il fatto che il bando di gara non sia andato deserto. L’offerente,
per ottenere l’aggiudicazione dovrà anche impegnarsi a mettere in atto tutte le
attività necessarie a ottenere il rinnovo dell’Autorizzazione integrata
ambientale e tutti gli interventi di messa in sicurezza previsti dall’Accordo di
programma e dagli altri accordi che ad esso seguiranno. Intenzione
dell’amministrazione straordinaria della Lucchini, com’è stato sottolineato più
volte, è giungere alla cessione della Ferriera di Servola entro il 31 maggio,
quindi in termini estremamente rapidi. Nel frattempo dovrà anche partire la
trattativa della Siderurgica Triestina con i sindacati che puntano a non perdere
nemmeno un posto di lavoro.
(s.m.)
Terrapieno di Barcola - Dietro la recinzione solo
erbacce e degrado
Tanti i progetti di bonifica e riuso nel corso degli
anni ma per ora l’area resta inaccessibile e senza futuro
La visuale offerta dall'alto, vale a dire dalla postazione privilegiata di
Strada del Friuli, rende già bene l'idea. Ma la sensazione maggiore del degrado
del sito la si può percepire una volta giunti all'altezza del semaforo di viale
Miramare, all'angolo con via del Boveto. Stiamo parlando dell'area del
terrapieno di Barcola, situata all'interno del Porto Vecchio e di proprietà
dell'Autorità portuale: zona che confina con una serie di società nautiche e che
rimane tuttora inaccessibile, delimitata da reti di protezione alte più di tre
metri, ma dove la vegetazione ha preso il sopravvento. Arbusti ed erbacce hanno
invaso l'intera superficie coprendo un po' tutto. Le uniche sagome che si
riescono a intravedere all'interno sono quelle dei gradoni in pietra arenaria
accatastati ovunque e semi nascosti dal verde: si tratta degli antichi masegni
parte della pavimentazione cittadina che, una volta sostituiti, sono stati
posizionati “provvisoriamente” nel terrapieno recintato, adibito a magazzino. Ma
non si esclude che lì dentro, sia pure ormai non più visibili, siano stati
depositati nel tempo materiali di vario genere: dagli scarti edili agli inerti.
Va ricordato anche che la Procura anni fa aprì un’inchiesta, ponendo l’area
sotto sequestro per un periodo - dopo che erano state individuate tracce di
diossina in percentuale ben superiore al consentito. In sostanza quello che
doveva essere un deposito temporaneo si sarebbe trasformato in una sorta di
discarica a cielo aperto. Un tratto della recinzione risulta divelto:
all'interno spuntano ciotole di cibo per gatti lasciate a terra per quelli che
ormai sono diventati gli unici abitanti della zona proibita. Zona che da tempo
avrebbe dovuto essere oggetto di bonifica, almeno nelle intenzioni: negli anni è
stata ipotizzata una lunga serie di progetti innovativi per la riqualificazione,
che prevedevano insediamenti sia di tipo residenziale che commerciale. Per un
certo periodo la Camera di commercio puntò a costruirvi il Parco del mare, da
ultimo - nell’ambito del progetto per Porto Vecchio poi naufragato - Portocittà
mirava a indire un concorso internazionale di architettura per dare un nuovo
volto al terreno. Ma finora non si è mossa foglia. E la situazione viene vissuta
con un certo disagio anche dalle stesse società sportive confinanti. «I
carotaggi eseguiti finora hanno stabilito che nella nostra concessione demaniale
non c'è nessun tipo di inquinamento, almeno fino a cinque metri di profondità»,
afferma Walter Plossi, presidente Gruppo windsurf del Cral, che conta su una
cinquantina di iscritti e che divide la zona con l'altra società sportiva del
SurfTeam: «Ma tutto quello che eventualmente si trova nell'area delimitata, che
permane tuttora inaccessibile per tutti i soggetti privati, non lo possiamo
sapere: voglio precisare che la nostra società usufruisce di un accesso a mare
per le pratiche sportive, ma vige comunque in loco il divieto di balneazione».
Poco più in là si trova la società del Club del Gommone, presente nell'area
ormai da 25 anni e che ha all'attivo più di 200 soci. «Si tratta di una
situazione spiacevole che si protrae da troppi anni - spiega Giorgio Franco,
presidente del sodalizio -. Di progetti e di chiacchiere se ne sono sentite
parecchie, ma finora non è stato fatto nulla: speriamo davvero che adesso sia la
volta buona e che le iniziative di cui si sente parlare trovino attuazione.
Sarebbe auspicabile che venisse finalmente messa in atto una riqualificazione
globale dell'area: intervento dal quale troverebbero giovamento tutte le società
sportive della zona, compresa la nostra».
Pierpaolo Pitich
IL PICCOLO - DOMENICA,
20 aprile 2014
Prime azioni legali sul Prg appena adottato
Diffida e richiesta di risarcimento da parte
dell’impresa Perco, rappresentata dall’avvocato Di Lullo. Contestato il cambio
di destinazione d’uso di due aree
Il nuovo Piano regolatore, adottato dal Consiglio comunale, è già oggetto di
contestazioni. Non solo quelle politiche di parte dell’opposizione, ma anche
legali. Proprio nell’imminenza del voto in aula - iter completato nella tarda
serata dello scorso mercoledì -, infatti, il sindaco Roberto Cosolini,
l’assessore alla Pianificazione urbana Elena Marchigiani e i consiglieri
comunali tutti si sono visti recapitare due lettere a firma dell’avvocato
Giovanni Di Lullo e del legale rappresentante dell’impresa di costruzioni “Ingg.
F. e G. Perco” snc, l’ingegner Giorgio Perco. La prima, che include una
costituzione in mora e nel contempo preannuncia possibili azioni legali, ruota
attorno allo status di un’area che inizia dall’angolo fra via Bonomea ed Erta
dei Pruni e scende verso il Faro della Vittoria. In particolare per ciò che
riguarda la parte di proprietà della Perco ancora non edificata e di superficie
pari a 13.659 metri quadrati. Uno spazio compreso nell’ambito “zona B4 via
Bonomea” e classificato come edificabile dal precedente Piano. Il nuovo Prg -
riassume l’avvocato Di Lullo - lo trasforma sostanzialmente in area verde,
riducendovi del 90% la possibilità di costruire. Soluzione che - rileva
l’avvocato - penalizza l’impresa Perco. Pertanto nella lettera viene chiesto al
Comune che il tratto in oggetto «sia conservato come edificabile e che
l’utilizzazione edificatoria dello stesso sia regolamentata da una disciplina
già fissata dalla Variante parziale n. 78 (approvata nel 2004, ndr), con le sole
due eccezioni seguenti: If max pari a 1,20 mc/mq; modalità di attuazione degli
interventi edificatori: con strumento diretto». Cose che, evidentemente, non
sono invece state previste dall’amministrazione Cosolini. Già rispetto alla
delibera approvata il 22 novembre 2011, relativa alle “Direttive per la
predisposizione del nuovo Piano regolatore”, la Perco aveva presentato ricorso
(ancora pendente) al Tar il 16 aprile 2012, chiedendone l’annullamento. Ma la
missiva giunta a palazzo Cheba non verte solamente sui contenuti del Prg targato
Cosolini-Marchigiani. La questione del terreno di via Bonomea e dintorni affonda
le proprie radici nel lontano 1968: nel giugno di quell’anno è infatti iniziata
l’attività della Perco nella zona. Un primo intervento edilizio è stato
completato, un altro effettuato dall’immobiliare Sasa spa - cui la Perco aveva
venduto una frazione - in comunione con l’Immobiliare Erta dei Pruni srl. Sugli
altri lotti del terreno di proprietà della Perco è poi iniziato un lungo tira e
molla burocratico, con appendici giudiziarie, che non ha consentito alla società
di avviarvi alcuna opera: di tutto ciò la Perco ritiene responsabile il Comune e
per questo, nella costituzione in mora, ha richiesto un risarcimento danni
(patiti e patendi) al Municipio pari a 20 milioni di euro e, inoltre, di essere
sollevata dalle conseguenze del Lodo arbitrale che aveva dato ragione alla
Valdadige Costruzioni spa. Quest’ultima è la società che avrebbe dovuto rilevare
la proprietà del terreno dalla Perco entro il 30 giugno 2007, passaggio che non
si era poi concretato per la mancata approvazione del piano particolareggiato
necessario per l’intervento edilizio: da qui la decisione della Valdadige di
procedere al giudizio arbitrale. Nell’altra lettera, l’impresa diffida il Comune
dal modificare - come previsto nel nuovo Prg - la disciplina delle aree
costituenti il compendio immobiliare di vicolo Rio Martesin già di proprietà
della Perco, con la richiesta di risarcimento degli eventuali danni che da
questa variazione dovessero derivare nella causa in corso fra la Perco stessa e
le società Gia srl e Airone 85 srl, entrambe di Roma, sul complesso di vicolo
Rio Martesin.
Matteo Unterweger
Marchigiani ribatte: «Esiste un periodo per le
osservazioni»
Dalla gioia per l’adozione del nuovo Prg al fastidio per
la doppia lettera inviata dalla Perco, tramite l’avvocato Giovanni Di Lullo, al
Comune: Elena Marchigiani non lo nasconde. «Credo sia stata una cosa scorretta -
osserva l’assessore alla Pianificazione urbana -, dal momento che potranno
presentare osservazioni e opposizioni come tutti gli altri cittadini. L’invio di
quella nota alla vigilia dell’adozione del Piano è stato quasi un’intimidazione.
Premesso che i diritti edificatori uno non li ha all’infinito - aggiunge
Marchigiani -, non è questa la fase per le osservazioni. Che potranno presentare
secondo l’iter legittimo e ordinario». Intanto, i consiglieri circoscrizionali
di Pdl-Fi, Roberto Dubs e Alberto Polacco, attaccano: «Nel rione di Gretta vi
sono spazi che vengono trasformati in zone verdi senza nessuna apparente
coerenza. C’è poco da festeggiare per un Piano inadeguato».
(m.u.)
Ferriera, ora va svelato il Piano Arvedi
Rosato (Pd): «Ma il più è stato fatto». Prodani (M5s): «Restano i dubbi
sulla bonifica dell’area»
Un imprenditore leader nel proprio settore interessato a Trieste rappresenta
un fatto eccezionale, quasi incredibile in epoca di crisi. Il contenuto
dell’offerta presentata dal Gruppo Arvedi per la Ferriera di Servola è però
ancora racchiuso dentro una scatola, ed è il motivo per cui non abbondano i
commenti il giorno dopo la manifestazione d’interesse presentata al commissario
straordinario della Lucchini. Un secondo motivo è rappresentato dal fatto che i
termini del bando non sono chiusi, ma rimarranno aperti fino alle 18 di domani.
Solo dopodomani, come ha affermato il segretario dell’amministrazione
straordinaria Francesco Semino, si tireranno le prime somme e soprattutto si
scoprirà, ipotesi che appare poco probabile, se altre manifestazioni d’interesse
sono state presentate nelle ultime ore. Il deputato del Pd Ettore Rosato esprime
comunque fin d’ora «grande soddisfazione perché anche se alcune questioni
prioritarie, quali la piena occupazione, il risanamento ambientale e alcune
garanzie chieste dall’investitore, non sono ancora compiutamente definite il più
sembra essere stato fatto. Ma ciò non è certamente avvenuto per caso - continua
Rosato - bensì lo si deve a un lavoro estremamente impegnativo di preparazione e
di pressione che è stato svolto in particolare dalla governatrice Serracchiani e
dal sindaco Cosolini. La presentazione della manifestazione d’interesse è
l’elemento cardine sul quale costruire anche l’ultima parte della trattativa.»
«Che vi siano ancora molte ombre sulla questione Ferriera - interviene il
deputato del Movimento 5 stelle, Aris Prodani - lo si desume anche dal fatto che
nemmeno i principali promotori dell’opzione Arvedi, e non mi sembra sia soltanto
una mia impressione, hanno avuto reazioni propriamente entusiastiche alla
notizia del deposito della manifestazione d’interesse. Infatti bisogna appena
vedere se arriverà in extremis qualche proposta alternativa e soprattutto cosa
contiene effettivamente il Piano Arvedi. Anche sul fronte ambientale lo stesso
Accordo di programma prevede azioni a carico dell’imprenditore subentrante,
bisognerà scoprire se c’è l’effettiva intenzione di ottemperare anche a questi
obblighi.» «Il rischio per salute e ambiente è alto e attendiamo i piani
industriali, chiedendo la massima attenzione da parte degli enti pubblici
coinvolti - afferma Giorgio Cecco, coordinatore locale di FareAmbiente - Fermo
restando che sussitono tutti i dubbi sulle risorse per le bonifiche, se ci deve
essere un periodo transitorio di continuità con l'attuale tipologia industriale
che sia più breve possibile, in modo da avviare con tempistiche accettabili una
fase di riqualificazione».
(s.m.)
In cammino per la pace dal Carso a Sarajevo
Incontri e tavole rotonde organizzati dai comitati del Fvg. Appuntamento
clou nella capitale bosniaca
TRIESTE La tavola rotonda “La via della pace: da Sarajevo al Carso” darà
vita a una serie di appuntamenti che porteranno al “Peace Event” internazionale,
in programma tra il 6 e il 9 giugno nella capitale bosniaca. Ieri sono stati
presentati questi appuntamenti in una conferenza stampa a cui hanno preso parte,
tra gli altri, il senatore Francesco Russo, il consigliere regionale Franco
Codega e la vicesindaco di Trieste Fabiana Martini. Il primo incontro è in
agenda martedì alle 18, ospitato dal Collegio del Mondo Unito di Duino e
organizzato dal Kulturni Dom di Gorizia. Sarà incentrato sugli interventi non
violenti nelle zone di guerra e sui corpi civili di pace che operano nella zone
belliche. «Saranno presenti – ha anticipato il presidente del Kulturni Dom, Igor
Komel – rappresentanti della comunità slovena in Italia e della minoranza
italiana in Slovenia a simboleggiare l'atmosfera di pace e convivenza che
intendiamo promuovere». Venerdì 25 aprile alcuni pullman partiranno dal Fvg alla
volta di Verona per la “Arena di Pace e Disarmo” contro gli armamenti. Ma
l'evento clou, nell'anno del centenario dello scoppio della Prima Guerra
Mondiale, sarà a Sarajevo per il “Peace Event” 2014, appuntamento a cui
parteciperanno persone da tutta Europa e da tutto il mondo per quattro giorni di
dibattiti e confronti di esperienze legati alla pace. «Un secolo fa l'Europa è
entrata in un grande buco nero da cui è uscita massacrata - ha affermato
Federico Pirone - presidente del Coordinamento regionale degli Enti locali per
la pace -. Oggi Sarajevo diventa il luogo in cui si gettano le basi per altre
idee di convivenza, dialogo e rispetto. La nostra volontà è quella di fare in
modo che il centenario della Grande Guerra non sia soltanto un momento
celebrativo e retorico ma anche e soprattutto un'occasione di pace». Lo slogan
dell'evento, ha ricordato il coordinatore del Tavolo regionale per la pace
Alessandro Capuzzo, sarò «mai più guerra» e nei quattro giorni bosniaci ci si
concentrerà soprattutto su modalità e risultati delle politiche per la pace nel
mondo. Per aderire all'iniziativa si può contattare il Comitato Pace Convivenza
e Solidarietà “Danilo Dolci” ai numeri 3381652364 e 3388423488 o alla mail
comitatodanilodolci@libero.it o, ancora, sulla pagina facebook del Comitato.
(r.u.)
Binari smantellati, Trieste rischia di rimanere
bloccata - la lettera del giorno di Ronald Kuchler
In relazione alla recente sospensione "sine die" del
traffico ferroviario sulla linea a binario unico (detta "Transalpina") Trieste
Campo Marzio-Opicina, può essere utile evidenziare quanto può accadere sulla
abbastanza trafficata linea a doppio binario Trieste Centrale-Monfalcone ovvero
Trieste Campo Marzio-Monfalcone (nota anche come "Meridionale") a seguito di
alcuni interventi attuati dal gestore dell'infrastruttura (Rfi, società del
gruppo Ferrovie dello Stato italiane Spa) in epoche più o meno recenti. Come è
noto, qualche anno fa, sono stati smantellati tutti i binari della ex stazione
di Grignano e pochi mesi addietro, nella stazione di Bivio d'Aurisina, sono
stati tolti alcuni collegamenti diretti tra i binari, cosiddetti di corsa, sui
quali si svolge la normale circolazione ferroviaria, con i treni che, talvolta,
si seguono a pochi minuti (circa 6 al minimo) l'uno dall'altro. A mio modesto
avviso, se oggi dovesse accadere che su uno di questi si determini un blocco al
passaggio dei convogli, non essendoci più la possibilità di far transitare un
treno in senso inverso solo su una tratta intermedia (ad esempio tra Monfalcone
e Bivio d'Aurisina ovvero tra Bivio d'Aurisina e Grignano, eccetera) a cavallo
del blocco, gli scenari con cui affrontare questa situazione di emergenza
potrebbero essere due, entrambi con pesanti ripercussioni sul traffico. Uno
sarebbe il fermo di tutto il movimento dei convogli che interessa il binario
ostruito fino all'eliminazione della causa, ovvero, l'altro, potrebbe prevedere
la circolazione a senso unico alternato tra Trieste e Monfalcone, con tempi
d'attesa di circa 20' per i treni viaggiatori (Trieste Centrale) che
diventerebbero almeno 40' per quelli merci (Trieste Campo Marzio) prima di
inoltrare un treno in direzione opposta. Per chiarezza, 20' e 40' sono i tempi
medi di percorrenza dell'intera tratta da e per Monfalcone! Se poi l'ostruzione
dovesse essere presente all'interno della galleria di circonvallazione, dove si
svolge tutto il traffico merci, in uno con il blocco della Transalpina, è facile
immaginare quanto pesanti conseguenze si possano verificare nella movimentazione
dei carichi del Porto! Non occorre pensare a cause catastrofiche che possono
determinare delle irregolarità nella circolazione, è sufficiente un guasto ad un
convoglio al quale il pur volonteroso personale di condotta non riesca a porre
rimedio, per cui sia necessario provvedere al suo traino con altro mezzo! Chissà
se queste elucubrazioni di un viaggiatore abituale tra Bivio d' Aurisina e
Trieste possano essere smentite categoricamente da qualche esponente di Ferrovie
dello Stato italiane Spa?
IL PICCOLO - SABATO,
19 aprile 2014
Ferriera, Arvedi presenta la richiesta d’acquisto
Serracchiani conferma: manifestazione d’interesse
inviata al commissario che ribadisce di voler vendere lo stabilimento entro la
fine di maggio
Alla fine la manifestazione d’interesse del Gruppo Arvedi per la Ferriera di
Servola è stata avanzata. La notizia ha incominciato a circolare ieri mattina e
poco dopo le quattro di ieri pomeriggio è arrivata la conferma da parte della
presidente della Regione Debora Serracchiani che ha specificato che l’interesse
è stato manifestato attraverso la Siderurgica triestina, srl al 100% di
Finarvedi di cui è amministratore unico Francesco Rosato, che era stata
appositamente costituita per prendere in affitto già nell’autunno scorso la
Servola spa, passaggio poi rivelatosi impercorribile. Lo stesso Rosato, in
passato direttore della Ferriera e successivamente consulente del Comune per la
riconversione dell’area di Servola, ieri ha rimandato ogni dichiarazione a dopo
Pasqua. «Nulla da aggiungere», le uniche parole che sono invece uscite
direttamente da Cremona. Francesco Semino, segretario amministrazione
straordinario Lucchini spa, ha affermato che qualsiasi dichiarazione gli è
tassativamente vietata, ma ha ribadito come già fatto in precedenza che
intenzione del commissario straordinario Piero Nardi è chiudere l’operazione di
vendita della Ferriera triestina entro fine maggio. Alla base del riserbo
soprattutto il fatto che i termini per avanzare le manifestazioni d’interesse
sono ancora aperti e scadranno appena alle 18 del 21 aprile, Lunedì di Pasqua.
Anche se appare poco probabile, non può essere escluso che si faccia avanti
qualche altro imprenditore. Quanto al riapparire delle voci sulla Danieli di
Buttrio è possibile che siano riemerse ad arte per rendere più indisturbata la
marcia di avvicinamento della stessa Arvedi. La più loquace è stata ancora una
volta la governatrice Serracchiani che è stata informata direttamente dal
proponente assieme al Ministero dello Sviluppo economico e ha immediatamente
espresso soddisfazione «per questo atto di un investitore privato che, pur
essendo parte di un iter tuttora complesso, conferma la positività dei passi fin
qui compiuti dai soggetti istituzionali in vista di una soluzione praticabile
per l’annoso e difficile nodo costituito dalla Ferriera.» La presidente ha
comunque assicurato il permanere «di un’alta vigilanza da parte della Regione,
come richiesto dalla gestione di una situazione di crisi industriale,
occupazionale e ambientale.» La questione è infatti ancora ben lontana
dall’essere definitivamente risolta e la famosa frase di Giovanni Arvedi, venuto
personalmente l’estate scorsa a Trieste a evidenziare il proprio forte
interessamento per la Ferriera: «Neanche un euro per le bonifiche», frase
ripetuta anche da Francesco Rosato, avrà sicuramente un forte peso ora nel
prosieguo della trattativa. A smussare le asperità potrebbero contribuire i 22
milioni che, come si è scoperto il 28 marzo al momento della pubblicazione del
bando, potranno essere incassati da chi garantirà la continuità produttiva. I 22
milioni sono il credito che la Servola spa vanta nei confronti di Elettra, la
società che gestisce la centrale elettrica all’interno del comprensorio
servolano e che in virtù della risoluzione anticipata del cosiddetto Cip6 potrà
ottenere una somma complessivamente ben superiore. A partire dal 22 aprile sulle
manifestazioni d’interesse che saranno state depositate il commissario
straordinario avvierà una due diligence e quindi inviterà i proponenti a
formulare la propria offerta che potrà essere valutata ed eventualmente accolta
in tempi brevi.
Silvio Maranzana
Cosolini: soluzione vicina. Palman (Uilm): salvare
tutti i posti di lavoro
«Un sospiro di sollievo perché nonostante i tempi di crisi
il bando per la Ferriera di Servola non è andato deserto - il commento del
sindaco Roberto Cosolini - prima di passare con determinazione alla fase
successiva attendiamo di vedere se ci sarà anche qualche altra manifestazione di
interesse, ma la riconversione ambientale e industriale si avvicina.»
«Finalmente abbiamo qualcuno dall’altra parte del tavolo con cui incominciare a
confrontarci - afferma Franco Palman storico rappresentante di fabbrica per la
Uilm - attendiamo ora la presentazione del Piano industriale augurandoci
sostanzialmente due cose: la piena salvaguardia dei livelli occupazionali con il
recupero anche dei 36 lavoratori a termine che dal 31 marzo non hanno più un
contratto e la sistemazione della questione ambientale per continuare a lavorare
in pace con i servolani e i cittadini dei rioni vicini.»
(s.m.)
«Porto Vecchio, accessibili i fondi europei»
Italia Nostra: è stata ribadita la validità della linea che continuiamo a
sostenere
Italia Nostra comunica di aver ricevuto del Direttore generale per il
Paesaggio, Belle Arti, Architettura ed Arte contemporanea del Ministero dei Beni
culturali, Stefano D’Amico una lettera in cui si riconosce «pregevole e
necessario per la riqualificazione del Porto vecchio sia l' impegno di restauro
leggero dei magazzini storici con l'opera di sviluppo dell'area proposta
dall'associazione attraverso le linee del proprio masterplan, sia il rinnovo del
protocollo d'intesa tra le istituzioni scaduto nel 2010 e sin'ora inutilmente
riproposto. La direzione generale del Ministero ritiene infine opportuna
l'iniziativa di promuovere i finanziamenti europei, al fine di rivitalizzare
l'architettura ottocentesca del Porto vecchio, in conformità alla linea che
Italia Nostra - afferma ancora l’associazione - ha sempre caldeggiato e
sostenuto, e secondo anche quanto ribadito nel recente convegno organizzato
dall'Associazione sui distretti portuali storici e per il recupero di quest'area
di ben 60 ettari, tra le più belle di Trieste «Preso atto della documentazione
pervenuta - afferma il direttore del Ministero - concernente il restauro
‘leggero’ e la valorizzazione del porto Vecchio di Trieste - un’area di 60
ettari, cinque moli, banchine di carico e scarico e raccordi ferroviari, il cui
impianto rispecchia il modello dei porti del Nord Europa - ed esaminato il
dettagliato e accurato Masterplan Porto Vecchio 2013 di Italia Nostra per la sua
futura riutilizzazione, questa Direzione generale ritiene pregevole, oltre che
necessario, sia il progetto di riqualificazione dell’area, presentato
dall’Associazione Italia Nostra, sia l’iniziativa culturale intrapresa
attraverso il rinnovo di un Protocollo d’intesa scaduto nel 2010» Il Ministero
afferma anche di ritenere «opportuna l’iniziativa di ricorrere agli strumenti
finanziari dell’Unione Europea per gli interventi proposti in sede progettuale a
sostegno della rivitalizzazione di un’architettura emporiale-industriale che già
nell’Ottocento risultava tecnologicamente fra le più avanzate in Europa e che
oggi occorre tutelare come testimonianza storica rilevante e come volano per uno
sviluppo culturale polifunzionale».
Il Magazzino 26 tolto dal bando di gara
Il Magazzino 26, quello della Biennale diffusa e della mostra su Nereo
Rocco, è stato sostanzialmente levato dal bando di gara per il Porto Vecchio i
cui termini rimarranno aperti fino al 30 giugno. Con mossa a sorpresa infatti la
presidente dell’Autorità portuale Marina Monassi ha deciso di trasferire in
questo hangar gli uffici dell’Authority. Il procedimento ha già preso avvio, ma
la presidente non ha voluto riferirne in Comitato portuale. In una nota
pubblicata ieri sul proprio sito web l’Autorità portuale specifica che «ai fini
del contenimento delle spese di funzionamento dell’Autorità portuale mediante la
concentrazione dell’apparato burocratico in un’unica sede sono state avviate le
procedure volte al trasferimento nel Magazzino 26 coincidente con la Umc (Unità
minima di concessione) 18. Pertanto eventuali istanze di concessione dell’Umc 18
potranno essere prese in esame solo compatibilmente con le esigenze
istituzionali dell’Autorità portuale non essendo in ogni caso possibile la
concessione dell’intero Magazzino.»
M5S: «Con questo Prg nuove inutili costruzioni»
Molto critici Menis e Patuanelli. Mentre Ferrara (Lci): «Piano più idoneo
della variante 118»
Il nuovo piano regolatore di Trieste lasciava perplesso il MoVimento 5
stelle già nella sua prima formulazione. Il giudizio finale è diventato negativo
dopo gli emendamenti fatti propri dall’assessore Elena Marchigiani. «Questo
piano, se ha un’idea di città, è un’idea non compatibile con i principi di buon
senso che ispirano M5S», spiegano i consiglieri comunali grillini Paolo Menis e
Stefano Patuanelli. «La riduzione del consumo di suolo non significa che non si
consumerà altro suolo per costruire nuovi inutili edifici - osserva Menis -.
Penso alle oscenità che si perpetreranno nell’area dell’ex Fiera-piazzale De
Gasperi dove potrebbe venir realizzato un nuovo parcheggio interrato, o alla
zona del mercato ortofrutticolo di Campo Marzio dove si prevede altra
residenzialità». «La puntuale analisi del fabbisogno insediativo - continuano i
due M5S - e lo screening del patrimonio edilizio residenziale esistente, hanno
evidenziato in modo chiaro che per Trieste era possibile pensare un Piano a
cemento zero. Ed invece ci sono 14 aree di espansione (chiamate Prosecco, Salita
di Miramare, Salita di Contovello nord, Salita di Contovello sud, Opicina - via
dei Fiordalisi, Opicina - via dei Salici, Opicina - via del Refosco, ex cava
Faccanoni, via Damiano Chiesa, Strada per Longera, via Cesare dell’Acqua, Erta
Sant’Anna, via Scarlicchio nord, via Scarlicchio sud) e molte aree della grande
trasformazione che daranno il via libera a nuove edificazioni di cui la città
non ha assolutamente bisogno, invece di puntare alla riqualificazione degli
edifici esistenti». Per Maurizio Ferrara (Lista civica indipendente) si tratta
invece di un Prg «più idoneo alle esigenze di Trieste rispetto alla variante 118
della giunta Dipiazza che, grazie a una mia mozione approvata trasversalmente, è
stata fatta decadere». La non partecipazione al voto di Lci, spiega Ferrara, è
dovuta al fatto che «l’amministrazione comunale, per evitare ogni ipotesi di
ricorso, avrebbe dovuto cautelativamente comunicare l’elenco dei parenti e
affini fino al 4.o grado degli amministratori e l’elenco delle proprietà degli
stessi coinvolte dalle modifiche del piano. Al fine di evitare che il
consigliere coinvolto partecipasse al voto di emendamenti interessati a tali
proprietà».
«Penalizzati da chi ha inquinato ma non può più pagare»
Imprenditori di area Ezit spiegano i motivi del ricorso al Tar contro le
bonifiche e fanno appello a Paoletti
È diventato un dibattito acceso il secondo incontro al Bic dell’iniziativa
“La Confcommercio incontra i territori” condotto dal presidente Antonio Paoletti
che ha toccato tutti i temi caldi per la categoria: l’opposizione ai centri
monomarca deliberati dal Comune, la pressione fiscale definita “insostenibile”,
i consumi stagnanti, il costo del lavoro elevato, le difficoltà di accesso al
credito. Il discorso non poteva non cadere sulle bonifiche in area Ezit, una
quindicina di imprese ha fatto causa al Tar perché considera la procedura di
risanamento nelle aree del Sito inquinato nazionale penalizzanti. Paoletti ha
riconfermato che «Confcommercio dà la propria disponibilità a supportare le
imprese associate interessate dal problema, per portare a termine alcuni iter
burocratici». Ma è stato soprattutto Fabio Muiesan a illustrate le motivazioni
che hanno indotto una quindicina di aziende a presentare il ricorso. «L’azione
legale - ha detto l’imprenditore - vuole mettere in luce l’iniquità di un
provvedimento foriero di oneri economici per le imprese proprietarie di un’area
nella quale vengono riscontrate sostanze inquinanti e delle quali sono
responsabili invece soggetti produttivi privati precedentemente insediati, e non
più in grado di accollarsi i costi per il risanamento ambientale del danno da
essi provocato». «Quadro normativo paralizzante, al di là della questione
economica - ha denunciato invece Claudio Barducci -, perché non consente, anche
pagando di tasca propria, di uscire dall’”impasse”, congelando perciò ogni
eventuale intervento di ristrutturazione aziendale». Renato Guercio ha fatto
notare come la mappatura delle aree inquinate risulti essere alquanto complessa:
«Alcune passate rilevazioni nell’area delle Noghere hanno evidenziato assenza di
sostanze inquinanti». Gli imprenditori dell’area Ezit hanno chiesto a Paoletti
di farsi portavoce del disagio delle imprese, sul Sito inquinato e altre
criticità. Sul tema delle bonifiche peraltro Confcommercio aveva già avuto un
incontro con la Direzione regionale all’Ambiente. Quanto al commercio, lo stesso
Paoletti e il direttore generale di Confcommercio Pietro Farina hanno ribadito
le ragioni dell’opposizione ai monomarca, pur dicendosi non contrari a
iniziative che portino sviluppo e occupazione, «per palesi errori procedurali,
evidenti scelte politiche e strategiche sbagliate e assenza di una vera
programmazione». È stato ricordato però che il nuovo Prg «darà impulso al
settore, nelle zone D1 e D3 contempla insediamenti anche commerciali, con e
senza vincolo dei 1500 metri quadrati».
Opicina - A maggio l’invasione di “Bimbinbici”
Sabato 10 maggio torna Bimbinbici, una giornata tutta
dedicata a bambini e biciclette. L’allegro serpentone invaderà ancora le strade
di Opicina . Il ritrovo per partecipare all'evento, organizzato dal Comitato
Genitori Scuola di Banne e l’associazione di ciclisti urbani Ulisse Fiab, è
previsto alle 15 presso il ricreatorio Fonda Savio di Opicina.
IL PICCOLO - VENERDI',
18 aprile 2014
«Un Piano che recupera edifici e aree dismesse»
L’assessore Marchigiani: «Campo Marzio ed ex caserme in
zona via Rossetti da rilanciare. A Barcola nuovi pontili. L’approvazione? Nel
giro di un anno»
Elena Marchigiani gongola. Ma non si siede sugli allori. Il nuovo Piano
regolatore, che mira «a recuperare aree dismesse, alla rigenerazione energetica
degli edifici» ed è diverso - sottolinea l’assessore alla Pianificazione urbana
della giunta Cosolini - dalla variante 118 dell’era-Dipiazza in primis perché
«partecipato», è stato sì adottato dal Consiglio comunale. Però di strada da
fare fino all’approvazione ce n’è ancora. Assessore, cosa cambia con l’adozione
del nuovo Prg per cittadini e imprese? Siamo entrati nel vero e proprio regime
di salvaguardia: significa che finché il Piano non è approvato, e il nostro
obiettivo è di portarlo in approvazione nel giro di un anno, le istruttorie
vengono fatte su un doppio regime, tenendo conto della variante precedente, la
66, e di quella adottata. Vale la destinazione d’uso più restrittiva: la più
limitativa dal punto di vista di cubature e altezze. Bene, ma in termini di
contenuti del Piano? Ovviamente il Piano consente anche a possibili investitori
di avere le idee chiare sulle destinazioni d’uso, specie delle aree di
trasformazione. Ovvio che non vi può essere certezza assoluta sino
all’approvazione. Ma almeno c’è un’esplicitazione della progettualità. In
particolare si punta a rivoluzionare le “aree di trasformazione”: Campo Marzio,
ambito di via Rossetti (ex caserme ed area ex Fiera) ed ex caserma di Banne. Ci
sono prospettive e programmi di valorizzazione di quelle aree strategiche,
alcune ora dismesse. Nuovi spazi pubblici, aree verdi (e residenze, ndr), con il
delinearsi di un progetto di recupero e di nuova polarità delle zone. Campo
Marzio, ad esempio, come termine del sistema delle Rive. E ancora l’ex Fiera e
l’ex caserma di via Rossetti. O la caserma di Banne e l’ex Campo profughi di
Padriciano: nella prima si potranno insediare attività anche della ricerca, e
poi artigianali e del terziario. Di fondo, c’è poi un obiettivo di una nuova
vivibilità degli spazi cittadini? Sì, anche in questo senso è previsto un
regolamento sugli incentivi energetici, che dovrà essere predisposto al massimo
entro sei mesi così da entrare in vigore col Prg. Si vuole incentivare il
recupero energetico degli edifici, anche quelli dismessi, concedendo in cambio,
a chi interviene, delle piccole premialità volumetriche su altre aree, già
edificate e più periferiche. Un meccanismo molto innovativo con cui un privato
si ripaga in qualche modo dell’intervento di rigenerazione energetica e che dà
respiro pure alle attività dell’edilizia. C’è chi obietta che l’amministrazione
lasci campo libero alla speculazione edilizia proprio in aree quali ex Fiera ed
ex caserma Rossetti, nonostante si parli di riduzione complessiva
dell’edificabilità. Non c’è speculazione edilizia nel momento in cui vi è una
regolamentazione di un sano rapporto fra pubblico e privato. Quelle sono aree da
riqualificare con il concorso del privato, stabilendo che spazi vuole il
pubblico. È ovvio che non si possa fare con investimenti pubblici. Ed è
importante si recuperino tali zone e non sia pura speculazione immobiliare: il
Piano media diversi interessi, con una limitazione del consumo di suolo e lo
sviluppo di altre possibilità orientate sul recupero. In un momento di crisi non
si può bloccare una città. Da questo Piano non sono penalizzati i piccoli
privati? Quella della casa da costruire per il figlio è la metafora della
piccola espansione edilizia diffusa lotto dopo lotto. Questo Prg non ha seccato
tutte le possibilità di costruire, ma ha limato la zonizzazione. C’è chi potrà
edificare, e chi no perché su aree agricole, zone verdi o non raggiungibili
sotto il profilo delle infrastrutture. Altra critica che vi viene mossa: le
lungaggini burocratiche non sono superate. Non è così. Abbiamo anzi cercato di
eliminare il ricorso ai piani attuativi nella maggior parte delle situazioni in
cui era possibile. Forse parla di lungaggini chi vorrebbe avere il Piano già
approvato. Stiamo facendo tutto il possibile per accelerare. Sviluppo e turismo:
cosa cambia per Barcola e lungomare? Ad esempio il Piano prevede con intervento
diretto, senza piani attuativi, di poter realizzare i servizi igienici dei
chioschi di Barcola. E c’è un progetto unitario per l’estensione degli spazi a
mare con pontili: meno impattante sotto il profilo ecologico e più fattibile
economicamente. Ora cosa prevede l’iter? Dalla pubblicazione sul Bur, scatterà
il periodo di 30 giorni lavorativi per osservazioni e opposizioni dei cittadini
(dopodiché via all’iter consiliare, ndr). Apriremo all’ex Aiat un punto
informativo sul Prg per aiutarli, un Urban center. Si sono sentiti apprezzamenti
bipartisan per il suo lavoro: non è scontato. Credo al lavoro del Consiglio
comunale. Queste sono grandi responsabilità, né di destra né di sinistra, un
lavoro per tutta la città. C’è stato chi è intervenuto in maniera più
costruttiva e chi meno in aula, ma l’impegno è stato generale e non ha minato i
principi del Piano. Ha esultato dopo l’adozione. Ma anche la variante 118 era
stata adottata nell’estate 2009 (e poi mai approvata): fin qui avete fatto come
l’amministrazione Dipiazza. Non abbiamo fatto come loro: almeno questa variante
è stata condivisa, discussa, oggetto di confronto fin dall’inizio. Non è
arrivata come novità in fase di adozione, ma come punto di un processo noto a
tutta la città. Tante questioni sono state risolte all’origine, creando rapporti
di fiducia con molti portatori di interesse in modo da perfezionarne i
contenuti. Una novità che ha permesso lavori consiliari sereni.
Matteo Unterweger
Il Pd esulta: «Tassello importante». Ma Forza Italia e
Un’Altra Trieste: «Rischio ricorsi» - LE REAZIONI
«L’adozione del nuovo Piano regolatore rappresenta un tassello importante in
quello sforzo di pianificazione e di visione di medio-lungo termine che
l’amministrazione di centrosinistra ha saputo mettere in campo in questi anni»:
esultano il capogruppo del Pd in Consiglio comunale, Giovanni Maria Coloni, e il
segretario provinciale dei democrat, Stefan Cok. «Una pianificazione -
proseguono - che è venuta del tutto a mancare durante il governo del
centrodestra, basti pensare che il precedente Piano regolatore, così come quello
del traffico, risalivano alla giunta Illy. Un Piano regolatore che si
caratterizza nel metodo, frutto di un lungo e paziente lavoro di ascolto e
partecipazione, e nel merito, con grande attenzione al tema del consumo del
suolo, alla chiarezza delle scelte fatte anche per favorire lo sviluppo
economico della città, alle diverse necessità di centro storico, periferie,
altopiano. Un piano che punta con convinzione - concludono - sulla
riqualificazione del grande patrimonio edilizio di cui la nostra città dispone».
Di tutt’altro tenore il commento di Everest Bertoli, capogruppo di Forza Italia
in Municipio: «Il nuovo Prg appena adottato darà il colpo di grazia all’economia
triestina e in particolare al settore edilizio. Un Piano basato sulla saccenza.
Non solo elimina e riduce fortemente le aree edificabili ma non semplifica
nemmeno iter e procedure burocratiche elefantiache. Colpisce duramente migliaia
di famiglie triestine rendendo non edificabili piccoli terreni sufficienti a
costruire una singola casa magari per i propri figli mentre fa salvi pochi
grandi interessi. E spunta - attacca Bertoli - una lista di persone che si sono
rivolte al Comune prima della presentazione delle opposizioni e che si sono
viste trasformare i propri terreni da agricoli in edificabili. È facile
prevedere che per il futuro ci sarà tanto lavoro per gli avvocati». «Ci siamo
astenuti - spiegano dal canto loro Franco Bandelli e Alessia Rosolen,
consiglieri di Un’Altra Trieste - anche per la mancata prospettiva data a due
grandi contenitori cittadini: il Gasometro, per il quale da anni proponiamo una
destinazione culturale, e il Palazzo Carciotti che l’attuale maggioranza intende
trasformare in albergo. Soluzione che da un punto di vista tecnico ci lascia
perplessi. E ci siamo astenuti perché, per quanto concerne le nuove norme di
Piano, l’effetto sarà quello di aumentare il carico di burocrazia per cittadini
e imprese. Le norme, infatti, non solo si limitano alle materie di competenza
del Comune ma travalicano i confini delle competenze di Stato e Regione oltre
che del Ministero dei Beni Culturali. Tutte queste sovrapposizioni espongono il
Piano al concreto rischio di numerosi ricorsi».
Cosolini e la città sostenibile «Arrestato il declino»
La presentazione pubblica del lungo lavoro al Ridotto del Verdi ma senza
dibattito. «Per 17 anni, mentre tutto cambiava, Trieste è rimasta ferma»
A poche ore dall’adozione, il Prg si è presentato (ma senza dibattito, ci
sarà ben tempo) al Ridotto del Verdi ieri sera, con la sintesi di tutte le
novità della “città del futuro”, sostenibile, verde, collegata, trasformata,
soppesata nelle sue densità, valorizzata nelle aree carsiche, studiata nel
sottosuolo per evitare rischi, chiamata per nome come “città degli oggetti”,
“dei giardini”, “degli orti”, dove si dà spazio al mare, espansione alle
attività di scienza e produzione high tech. Elena Marchigiani riassume,
proietta, parla col magistero della sua professionale sicurezza ed enfatizza la
grande condivisione con cittadini e categorie da cui è scaturito «l’enorme
lavoro di tanti», ma prima di lei è il sindaco Roberto Cosolini che prendendo il
pulpito ritrova lo spazio per rilanciare le esatte parole con cui si era
candidato e per stilettare chi «per 17 anni, mentre tutto il mondo, e la città
profondamente, sono cambiati, non ha dato un Piano regolatore a Trieste». «Per
governare una città come Trieste - ha scandito mettendo in prima fila le immense
difficoltà del governare nella più pesante crisi del secolo - ci vuole il
coraggio del sogno, risvegliarsi da quel sogno e realizzarlo, anziché come era
stato fatto in precedenza governare in maniera rassicurante, accentuando il
declino, farlo sposare con la crisi attuale, mentre ancora oggi c’è chi nel
declino sta bene, lo capitalizza e prospera sulla crisi della città». Dunque il
Prg «è parte del sogno». E sognare, ha aggiunto il sindaco, «non è azione
velleitaria, slogan evocativo, ma grande sforzo quotidiano tra le minime e le
massime cose, che non può avere scorciatoie, ma è lavoro teso a riportare a
valore le enormi potenzialità di Trieste (storia, patrimonio, cultura, ambiente,
scienza, intelligenza diffusa che ha creato terziario e servizi avanzati), che
fanno ancora fatica a emergere». Soddisfatissimo di un Prg che esprime la sua
idea di città, Cosolini (confermando la bocciatura al tentativo fallito di
Dipiazza «perché Trieste non poteva avere un Piano di ordinaria
amministrazione») ha rispolverato un altro capitolo del tempo di elezioni: «La
città torna grande: per qualità della vita, dimensione internazionale, capacità
di attrarre persone e investimenti». Lodi, emozioni. Alle quali Mario Ravalico,
presidente della commissione Urbanistica, ha dato l’ultimo tocco, politico: «Tra
maggioranza e opposizione un positivo confronto, il Piano è davvero di tutti».
Da martedì il documento sarà sul web.
Gabriella Ziani
«Sì a incentivi per riqualificare l’esistente»
In una lettera Donato Riccesi, presidente dell’Ance di Trieste, propone
al sindaco un elenco di soluzioni
L’ha detto chiaramente: l’Ance non farà una guerra di religione sul Piano
regolatore adottato dal Consiglio comunale, ma neppure starà a guardare e a
subire. Qualche vago suggerimento il presidente dell’associazione triestina dei
costruttori, Donato Riccesi, l’aveva già espresso all’assessore Marchigiani in
occasione del convegno sul recupero edilizio urbano svoltosi alla Camera di
Commercio. Ora Riccesi mette nero su bianco alcune proposte e le invia in busta
chiusa al sindaco Roberto Cosolini. Il presidente dell’Ance non critica
l’importante riduzione dell’indice fondiario conseguente alle ridotte capacità
insediative e quindi al consumo del suolo previsto nel Piano regolatore - «lo
fanno in tutta Italia» - ma chiede che almeno si incentivino gli interventi di
manutenzione e ristrutturazione degli edifici che qui a Trieste ne hanno urgente
bisogno. Ricesi scrive al sindaco che su questo c’è la necessità di lavorare
insieme per riqualificare il patrimonio immobiliare esistente. In particolare
«per raggiungere un traguardo che ci permetta di contrastare la perdita di
attrattiva del centro storico e di rendere più urbane alcune parti semi-centrali
della nostra città». Oggi, nota Riccesi, oltre il 36% degli edifici di Trieste
risale a prima del 1943 e il 43,5% risulta realizzato tra il 1946 e il 1971. «Si
tratta quindi di un patrimonio immobiliare stanco o vecchio e quindi bisognoso
di riqualificazione di vario grado che deve riguardare, come minimo, le parti
comuni degli stabili e supportato, per far partire su larga scala le attività di
questo segmento di mercato, da un sistema mirato di incentivi a livello locale
che risultino sinergici con quelli già esistenti a livello nazionale». Questo
obiettivo - sottolinea ancora Riccesi - risulterebbe coerente con lo sviluppo
turistico della città, la cui bellezza si limita allo straordinario fronte mare
e a poche aree pedonali ma che dovrebbe riguardare tutto il patrimonio
immobiliare privato e non, realizzato prima del 1971. Per fare questo chiede
“una situazione di convenienze”. Quali? Nella lettera a Cosolini, il presidente
dell’Ance le enumera concretamente: esenzione della tassa di occupazione del
suolo pubblico delle aree adibite a cantiere per il periodo della durata dei
lavori; concessione di spazi pubblicitari sulle impalcature a titolo gratuito;
riduzione delle imposte comunali (proprietà, asporto rifiuti, ecc.) per un arco
di tempo decennale; una premialità che potrebbe riguardare, in misura maggiore,
chi si avvale di aziende iscritte alla Cassa edile della Provincia di Trieste.
Sono richieste costose per le casse comunali, soprattutto in periodi come
questo. Riccesi lo sa, ma i vantaggi non mancherebbero: «Come sempre si tratta
di scommettere che il minor gettito, solo teorico in quanto gli interventi che
non si fanno non lo producono, possa essere bilanciato vantaggiosamente dagli
investimenti derivanti da nuove attività e da maggiore occupazione».
Ferdinando Viola
Ferriera: lunedì scade il bando - Su Danieli nuove voci
e smentite
Entro il 21 aprile bisogna presentare le manifestazioni di interesse e
Arvedi continua a tacere
Salvaneschi (Fim-Cisl): «Abbiamo carbone per la cokeria fino a fine maggio, poi
sarà la fine»
Tre giorni alla chiusura del bando per la Ferriera di Servola, ma nemmeno
ieri dal Gruppo Arvedi di Cremona è giunta la conferma della presentazione della
manifestazione d’interesse. In compenso, come avviene quasi ciclicamente da
anni, è tornata a riaffiorare la voce di una possibile discesa in campo della
friulana Danieli. Era successo già nel maggio 2010 allorché la Severstal di
Alexei Mordashov aveva messo il Gruppo Lucchini all’asta con l’advisor Deutsche
Bank e si era parlato di un possibile coinvolgimento della Danieli attraverso
Abs-Acciaierie Bertoli Safau, ma anche nel giugno scorso all’emergere
dell’interessamento di Arvedi, quella della Danieli veniva considerata una pista
alternativa. Negli ultimi giorni la voce è sembrata riprendere quota negli
ambienti politici, mentre dal fronte sindacale Umberto Salvaneschi segretario di
Fim-Cisl per Trieste e Gorizia, oltre che dipendente della Ferriera ieri ha
confermato un riaffacciarsi dell’ipotesi Danieli addirittura all’apertura del
bando, cioé non più tardi degli ultimi giorni di marzo. «Voce però - specifica -
che non poggia su alcun dato concreto.» E nel primo pomeriggio di ieri dallo
stesso quartier generale della Danieli di Buttrio è uscita una dichiarazione
ufficiale: «Smentiamo qualsiasi tipo di interessamento alla Ferriera di Servola»
che potrebbe anche mettere la parola fine alle ripetute illazioni che hanno
chiamato in causa il colosso friulano. Di conseguenza è ulteriormente cresciuta
l’apprensione all’interno dello stabilimento dove però a seguito della chiusura
dell’altoforno in questi giorni sono assenti duecento dipendenti di cui la
maggioranza in cassa integrazione straordinaria e una minima parte per lo
smaltimento delle ferie residue. «Il bando per presentare le manifestazioni di
interesse è soltanto questo - specifica Salvaneschi - per cui siamo dinanzi a
giornate decisive per la sopravvivenza stessa dello stabilimento e ci auguriamo
che la proposta di Arvedi sia formalizzata proprio in queste ore. Attendiamo con
ansia la data del 21, ma ci auguriamo di apprendere buone notizie già prima.» La
questione stavolta è veramente alla stretta finale e anche la cokeria potrebbe
essere giunta alle ultime settimane di attività. «I lavori sulla bocca
dell’altoforno proseguono e presto termineranno - spiega Salvaneschi - ma per
questioni di sicurezza e di salvaguardia ambientale bisognerà intervenire anche
su altri parti dell’impianto e sarebbe meglio fare i lavori in un unica
soluzione. Il carbone per la cokeria si esaurirà invece alla fine di maggio: o
entro quella data arriverà nuova materia prima, che però non ci risulta essere
già stata ordinata, oppure sarà la fine. Per questo sono indispensabili
immediate novità sull’acquisto dello stabilimento.»
Silvio Maranzana
“Deledda”, studenti a caccia d’inquinamento - Con l’application
Dermap per i loro smartphone e tablet i ragazzi diventeranno detective
Studenti sguinzagliati in città “a caccia” di fenomeni d’inquinamento o
delle loro fonti, usando i loro stessi smartphone o tablet, che diventano oltre
che strumenti di comunicazione e ludici, anche mezzi per fare crescere la
sensibilizzazione all’ambiente e il senso civico. È questa la molteplice valenza
del progetto “Active people in a smart city”, nato da una convenzione tra le
scuole pubbliche e la Dermap, azienda specializzata in nuove tecnologie per il
monitoraggio ambientale. «Il progetto coinvolge molte scuole in Friuli Venezia
Giulia, a Trieste l’Istituto tecnico Deledda» spiega il triestino Daniele Gulic,
responsabile dell’azienda con sede nel Parco scientifico e tecnologico Luigi
Danieli a Udine. I tecnici della Dermap formeranno gli studenti del “Deledda”,
sulle tematiche ambientali e la partecipazione attiva, come “operatori sul
campo”. «Con la nostra applicazione per smartphone e tablet - sottolinea Gulic -
gli studenti attiveranno un monitoraggio ambientale riguardante l'inquinamento
acustico e odorigeno (cioè la verifica della presenza di odori anomali dovuti a
esempio a emissioni inquinanti) su tutto il territorio comunale della città. I
risultati saranno poi evidenziati sul Social Gis, la nostra piattaforma
tecnologica, e potranno essere integrate nei siti istituzionali comunali,
provinciali o regionali, rendendoli pubblici». L’iniziativa vuole dare enfasi
alla partecipazione attiva di studenti e cittadini per una gestione attenta e
puntuale del proprio territorio a supporto delle amministrazioni pubbliche e
private. È il primo esempio, inoltre, di attività partecipativa scuola-impresa
che porta a risultati tangibili: il progetto sarà presentato in occasione di “Go
on Fvg”, l’iniziativa per l’alfabetizzazione tecnologica, il 5 maggio. Al
“Deledda” sono state programmate due giornate formative il 29 aprile e 13
maggio, oltre a una giornata di campionamento operativa di esempio sul
territorio, quando gli studenti useranno il proprio smartphone o tablet con
l'applicazione Dermap installata. Gli stessi studenti, per un tempo definito (un
mese, due mesi, o addirittura l'intero anno scolastico) raccoglieranno sul
territorio le informazioni ambientali prescelte, in questo caso rumore e odori.
Potranno fornire la base per provvedimenti e strategie anti-inquinamento.
(p.p.g.)
Vengo, acquisto e pianto - Ritorna “Horti Tergestini”
Al parco di San Giovanni la mostra-mercato di piante e arredi da giardino
- Una tre giorni fitta di incontri, conferenze e laboratori per i più piccoli
Ritorna l’appuntamento di primavera con Horti Tergestini, l’ormai
tradizionale mostra mercato di piante e arredi per giardino. Domani, domenica e
lunedì, dalle 9 fino al tramonto, adulti, bambini e amici a quattro zampe
potranno aggirarsi tra le bancarelle della nona edizione della manifestazione,
che come sempre si terrà nel comprensorio del parco di San Giovanni e sarà a
ingresso libero. Per festeggiare in modo insolito la Pasqua e godere delle
fioriture e degli odori della primavera quest’anno ci saranno ben tre giorni a
disposizione per curiosare tra i numerosi stand e fare incetta di piante e
arredi per giardino, aggiornandosi con le ultime novità in fatto di libri o
“indossando la natura” con le creazioni degli artisti presenti. A fare da
corollario alla mostra mercato ci saranno anche in questa edizione numerosi
incontri di approfondimento e conferenze. Dopo l’inaugurazione prevista alle 10
di domani, alle 15 si partirà con tre appuntamenti dedicati alle piante. Di
piante acidofile e della loro coltivazione parlerà Ugo Laneri, biologo vegetale
e ricercatore dell’Enea, mentre l’erborista Christel Garassich, l’esperta in
etnobotanica Nawal Taha e il botanico Marco Paparot proporranno un percorso
guidato all’interno del parco per insegnare a riconoscere le piante spontanee in
ambienti antropizzati, con le loro proprietà medicinali e gli usi terapeutici.
Allo stand del Club amatori bonsai Trieste i visitatori potranno invece
apprendere le tecniche di coltivazione dei bonsai. I bambini dai 3 ai 13 anni
potranno passare il pomeriggio, dalle 15 alle 17, in compagnia del Gruppo
Immagine, che li coinvolgerà nei laboratori “Giocare con l’arte” (è necessaria
la prenotazione al 3332611573 o a info@mini-mu.it). Alle 17, con l’agronomo e
arboricoltore Andrea Maroè si discuterà di “Alberi agli antipodi”, mentre Matteo
Giraldi della Lipu accompagnerà il pubblico in una passeggiata a testa in su
alla scoperta degli uccelli del parco. Domenica si partirà alle 11, con una
passeggiata nel parco tra storia e arte, architettura e urbanistica, guidati da
alcuni docenti dell’università. Nel pomeriggio spazio a Mariangela Barbiero, che
alle 15 parlerà di “Roberto Burle Marx: il vero creatore del giardino moderno”.
Alle 17 Barbara Isidoro insegnerà a grandi e piccoli come realizzare un profumo
con gli oli essenziali, mentre Gaia Viola proporrà una conferenza-passeggiata
nel parco alla ricerca di erbe aromatiche commestibili. E poi ancora lezioni
teorico pratiche di compostaggio, un incontro dedicato al tè, una conferenza
sulle api. Il programma della manifestazione su www.hortitergestini.it.
Giulia Basso
Sopra e sotto il mare - Dal Carso al golfo assieme al
Wwf - appuntamenti
Anche la Riserva marina di Miramare si sta preparando a queste festività
pasquali. Ed è ricco il calendario di alternative per trascorrere qualche ora
all’aria aperta sul Carso, oppure a scoprire il nostro mare al Centro visite,
che per l’occasione sarà aperto dalle 10 alle 13 e dalle 14 alle 17. Ecco gli
appuntamenti: domani si parla di “L’alimentazione nel mondo sommerso”. Tutti a
tavola, insomma! Ma come si nutrono gli organismi marini? E soprattutto di cosa?
Si tratta di una visita guidata a tema (al Centro visite), adatta ad adulti e
famiglie, che introdurrà i visitatori alla vita marina del golfo di Trieste.
Appuntamento alle 11, durata un’ora circa. Domenica, invece, ecco “L’eleganza
della corvina”: con la sua elegante nuotata, la corvina è uno dei pesci più
affascinanti del golfo. Ma nasconde ancora molti segreti... Anche in questo caso
visita guidata a tema adatta ad adulti e famiglie: si parte alle 11. E così
siamo arrivati a lunedì di Pasquetta, e l’evento in programma è “Il mimetismo in
mare”. L’ambiente marino attraverso gli occhi delle prede e dei predatori: come
mi nascondo dai miei predatori? Come mi avvicino alle prede senza farmi vedere?
Le strategie sono molto diverse tra loro: un viaggio alla scoperta di come si
difendono e attaccano gli organismi marini, sfruttando forme e colori.
Appuntamento sempre al Centro visite del castelletto di Miramare, e si parte
sempre alle 11. Ma sempre a Pasquetta c’è un altro evento in calendario, una
bella escursione dal titolo “Pionieri della botanica”: la passeggiata
naturalistica condurrà i partecipanti alla scoperta di quali e quante specie
vegetali abbiano ripreso il sopravvento nei luoghi cardine degli scontri tra
l’esercito austriaco e italiano, lungo le pendici del monte Ermada, durante la
Grande Guerra. L’escursione - in italiano e sloveno - è organizzata dal Comune
di Duino Aurisina in collaborazione con il Wwf e durerà 3 ore circa (la
mattina). Il target, adulti e famiglie e bambini dai 6 anni in su. Per info e
prenotazioni in italiano telefonare al 3669571118, dalle 14 alle 17 (info e
prenotazioni in sloveno tel. allo 040-2017374 , dalle 9 alle 12). Per tutte le
altre visite guidate tematiche al Centro visite potete telefonare allo
040-224147 .
Caserme dismesse, contenitori di morte - Un
documentario di Diego Clericuzio prodotto da Cinemazero e Dmovie con Tucker
Pasolini parlava di “un paese di temporali e primule” viaggiando dal Veneto
al Friuli dove il paesaggio si fa tutto pianura e cielo. Quel passo offre oggi
lo spunto per parlare di dismissione militare nel Nord-Est Italia nel
documentario di Diego Clericuzio “Un paese di primule e caserme”, che sta per
vedere la luce grazie alla produzione di Cinemazero e Dmovie, con la
partecipazione di Tucker Film e il sostegno dell’Arpa LaRea Fvg. Il progetto
nasce durante “Le voci dell’inchiesta” del 2009, quando il triestino Fabrizio
Giraldi presentò una fotoinchiesta su alcune delle caserme dismesse in regione
che meritava un approfondimento. Il Friuli Venezia Giulia, terra di dominazioni
e battaglie, dopo la fine della Seconda guerra mondiale e con la Guerra fredda,
venne completamente militarizzato. Per difendere i confini fu schierato più del
50% dell’Esercito Italiano. Dopo la caduta del Muro, la situazione geopolitica
dell’area cambiò nel giro di pochi anni e l’Italia scelse di abrogare la leva
obbligatoria mentre cadevano anche i confini a Est. A quel punto l’Esercito
smobilitò circa 400 siti militari in poco tempo abbandonati, lasciando dietro di
sé un paesaggio mutato e un passato di storia e di storie. «Il documentario
attraversa i luoghi - spiega Riccardo Costantini, produttore e sceneggiatore -
ma intercetta anche persone la cui è vita è radicalmente cambiata da un momento
all’altro. Chi lavorava grazie alle caserme, come il fornaio o il pizzaiolo, si
è trovato di colpo senza lavoro, i militari vedono dimenticati i posti dove
hanno speso la loro vita». Un tessuto di voci e di luoghi in cui si inserisce la
questione ambientale. «Abbiamo lavorato a una ricerca con architetti paesaggisti
mappando le caserme dismesse - aggiunge Costantini. Molte di queste sono passate
ai Comuni, ma le amministrazioni non hanno strumenti né politici né economici
per gestire il problema e il risultato è l’abbandono”. Torna in mente il
bellissimo documentario “Materia Oscura”, girato al poligono militare di Salto
di Quirra in Sardegna, in cui Martina D’Anolfi e Massimo Parenti (ma anche lo
stesso Giraldi che aveva scattato una serie di foto negli stessi luoghi)
affrontavano il problema dello smaltimento delle scorie che hanno distrutto nel
tempo il territorio circostante. «Ci siamo posti anche questo problema -
assicura Costantini - e speriamo che il film possa essere un utile strumento di
denuncia. Al poligono del Dandolo, vicino a Maniago, si sparava con qualsiasi
pezzo d’artiglieria, questo deve aver avuto sicuramente un impatto. Moltissime
caserme sono strapiene di amianto e non è ancora stato fatto niente. Il problema
comunque sta a monte, queste aree sono inquinanti di per sé. Abbiamo più di
cento km/q di “resti”. Le sostanze inquinanti (amianto, uranio impoverito,
piombo, depositi medici abbandonati) andrebbero mappate per poi investire in una
bonifica. E il resto? Alla fine sarà la Natura a inglobare tutto». Le riprese (a
bassissimo costo) sono durate tre anni, ma per ultimare la post-produzione si è
resa necessaria un’operazione di crowdfunding che nell’ultimo mese ha registrato
ben 155 adesioni, grazie alle quali il documentario sarà presentato nel mese di
maggio all’Adunata degli Alpini che si terrà a Pordenone, per poi essere
proiettato in altre sedi ancora da definire. Poi qualche festival legato
all’ambiente e si passerà presto alla stampa del dvd perché questo vuole essere
soprattutto uno strumento importante di divulgazione “nella maniera più lirica
possibile”.
Beatrice Fiorentino
IL PICCOLO - GIOVEDI',
17 aprile 2014
Comune, adottato il nuovo Prg Marchigiani: «Ringrazio
tutti»
I grillini contrari: «Nell’area ex Fiera e a Campo Marzio lasciapassare
per nuovi inutili edifici»
Sossi (Sel): «Serve un piano strategico, la città sta morendo». Bertoli (Fi) :
«Garantiti solo i cimiteri»
«Adottato il Piano regolatore. Applausi per Elena Marchigiani» Aureo Muzzi,
consigliere del Pd, batte tutti sul tempo e twitta la storica notizia. Alle 22 e
8 minuti il Consiglio comunale vota la delibera di adozione del nuovo Prg.
Ventun voti a favore, 10 contrari e 3 astenuti. Tra gli astenuti il gruppo di
Un’Altra Trieste e il Nuovo Centrodestra (Paolo Rovis). Il Movimento 5 Stelle,
nonostante alcuni apprezzamenti in corso d’opera, voto contro. «Ringrazio l’aula
per il lavoro costruttivo svolto. È un Piano che deve traghettare questa città
in un periodo di crisi. Ringrazio maggioranza e opposizione: questo è il Piano
di tutti, il Piano della città di Trieste» esulta l’assessore che ha ricevuto i
complimenti bipartisan per il lavoro svolto. «Credo che l’assessore Marchigiani
abbia fatto in tre anni quello che le giunte precedenti non hanno fatto in 10
anni» riconosce Alessia Rosolen (Un’altra Trieste). «Stasera dalle 19.30
Consiglio con fase finale del Piano regolatore e delibera integrazione Hera-Amga.
Piatto ricco mi ci ficco» scherzava su Facebook ieri pomeriggio il consigliere
comunale del Pd Pietro Faraguna. Alla fine, in effetti, il piatto non piange.
L’adozione del Prg parte lenta. Al rallentatore. Con molte eccezioni. Diversi
preliminari. Parecchie spiegazioni. L’assessore Elena Marchigiani illustra le
ultime modifiche, le svariate specifiche e le rettifiche (la confusione tra
metri quadri e metri lineari regna sovrana all’interno del nuovo Prg). Articolo
dopo articolo spaziando dal mare e Carso. Una lettura di quasi mezz’ora durante
la quale si apprendono cose incredibili. Tipo: «Le terrazza a vasca non sono
ammesse per gli immobili di pregio sulla pubblica via». Oppure: «Le tettoie in
legno per il ricovero degli animali non possono essere più di una». «Forse sto
dando i numeri» dice a un certo punto l’assessore. E, ad ascoltarla, il dubbio
viene. I numeri fioccano fino alle 20.17. Poi una pausa di 15 minuti che
triplica. Si ricomincia alle 21. Senza fretta. Con le dichiarazioni di voto.
Apre le danze Paolo Bassi (gruppo misto ex Idv) che annuncia il primo voto
contrario dal fronte della maggioranza. Michele Lobianco (Impegno civico)
annuncia il voto contrario. Patrick Karlsen (Libertà civica) annuncia un voto
assolutamente favorevole e si lancia in lodi sperticate (come il collega civico
Roberto Decarli) nei confronti dell’assessore Marchigiani. Marino Sossi (Sel)
annuncia un voto favorevole venato di pessimismo: «Sono preoccupato dal consumo
del suolo ma anche dal fatto che nessun imprenditore verrà a edificare in una
città che sta morendo. Oltre al Prg serve un piano strategico». Cesare Cetin,
dell’Idv, vota a favore sulla scia di Karlsen. Giovanni Maria Coloni, capogruppo
del Pd, non ha dubbi: «Finalmente Trieste ha un Piano adeguato, che interviene
in un momento di crisi». Stefano Patuanelli, consigliere del Movimento 5 Stelle,
boccia un Piano che si avvicina ai principi del movimento ma non abbastanza.
«Nonostante lo slogan "riduzione del consumo di suolo", propone 14 area di
espansione e molte grandi "aree di trasformazione" (Fiera e Campo Marzio in
primis) che saranno il lasciapassare per la costruzione di nuovi inutili
edifici» spiega Paolo Menis, l’altro grillino. Everest Bertoli (Forza Italia)
vota contro preoccupato dal consumo dei suolo dei camposanti: «Un Piano
fantasioso. Viene tolta l’edificabilita' a tutto, meno ai cimiteri non
cattolici. Un casa per l’aldilà serve sempre». Una pietra sopra, insomma, al
nuovo Prg. Claudio Giacomelli, Fratelli d’Italia, lo boccia con ironia perché
non in linea con il programma del sindaco: «Non mi sembra il Prg di una città
che ha l’ambizione di tornare grande». Cosolini, insomma, è servito.
Fabio Dorigo
Presentazione pubblica con il punto di domanda -
i contenuti
Il Comune ha annunciato per questo pomeriggio alle 18 al Ridotto del teatro
Verdi un incontro pubblico dedicato al Piano regolatore. Obiettivo, presentare
ai cittadini, alle associazioni e alle categorie interessate i contenuti
principali del ponderoso documento. Previsti gli interventi del sindaco Roberto
Cosolini, dell’assessore alla pianificazione urbanistica Elena Marchigiani e del
presidente della commissione consiliare urbanistica Mario Ravalico. Appuntamento
fissato, dunque, ma con riserva: e annullato nel caso in cui il Consiglio
comunale non avesse infine approvato la delibera.
«Linea interrotta, rischio paralisi» Edera: Campo
Marzio-Opicina, la Regione si attivi con le Ferrovie
La linea Campo Marzio-Villa Opicina è oggetto di un'interpellanza presentata
alla giunta regionale dal consigliere Emiliano Edera (Cittadini). Edera esprime
«preoccupazione» per il fatto che - già a fine marzo - le Ferrovie hanno
interrotto la linea per problemi su alcune gallerie. Edera chiede alla giunta di
attivarsi subito con Rfi per capire nel dettaglio le ragioni della sospensione
del servizio e, soprattutto, per sapere quali siano gli interventi programmati
dal gestore per garantire nel minor tempo possibile la rimessa in esercizio
della linea. «Sorge il dubbio - dice Edera - sull'effettiva volontà dell'azienda
di procedere alla riattivazione e cresce il timore che l'interruzione in atto
sia da interpretare come l'anticamera della definitiva soppressione, secondo una
politica dei rami secchi, già operante negli anni '50 e 60 nel nostro Paese e
che ora rischia di rinnovarsi nella nostra regione». Trieste Campo Marzio
rappresenta il principale scalo ferroviario merci a servizio dell'intera
portualità del Punto Franco Nuovo di Trieste. La linea che lo collega alla
stazione di Villa Opicina - come sottolineato già da più parti - è il solo
percorso alternativo alla principale litoranea che da Trieste Centrale si
connette con Bivio Aurisina e da qui a Monfalcone, per le direttrici Venezia e
Udine/Tarvisio. «L'interruzione della linea - aggiunge Edera - espone l'intero
nodo ferroviario di Trieste al rischio di paralisi totale nel caso dovesse
verificarsi un qualsiasi inconveniente sulla tratta litoranea Trieste Centrale -
Bivio Aurisina, specie se di grave entità, ovvero un'interruzione accidentale
che coinvolga entrambi i binari».
IL PICCOLO - MERCOLEDI',
16 aprile 2014
Il rigassificatore a un solo passo dallo stop
definitivo
Il sottosegretario De Vincenti risponde a Pellegrino
(Sel): verso la revoca l’ok alla valutazione d’impatto ambientale
ALTERNATIVE FALLITE Non si sono verificate le ipotesi possibili: modifica al
Piano regolatore del porto o diversa localizzazione dell’impianto
Dopo anni di pericolosi tiraemolla, stavolta è proprio finita: il
rigassificatore di Trieste muore prima di nascere. «Il procedimento avviato dal
Ministero dell’Ambiente presumibilmente si chiuderà con la revoca della
Valutazione d’impatto ambientale positiva a suo tempo adottata e
conseguentemente il Ministero dello Sviluppo economico dovrà rigettare la
domanda di autorizzazione alla costruzione dell’impianto». È la risposta data
ieri dal sottosegretario del Mise Claudio De Vincenti alla deputata di Sel
Serena Pellegrino che oltre un anno fa, per la precisione il 9 aprile 2013,
aveva presentato un’interpellanza sull’impianto di Zaule. Il 17 ottobre, il
direttore generale del ministero dell’Ambiente Mariano Grillo aveva annunciato
che il suo dicastero era sul punto di revocare il decreto di compatibilità
ambientale, a Gas Natural a cui dava dieci giorni per replicare. Poi da Roma
solo silenzio con in mezzo il passaggio dal Governo Letta al Governo Renzi.
Resta in piedi soltanto la causa intentata da Gas Natural dinanzi al Tar del
Lazio per invalidare la sospensione di sei mesi al decreto di compatibilità
decretata dall’ex ministro Clini. All’udienza del 18 marzo però è stata la
stessa società di Barcellona a chiedere un rinvio. «Lo schema del decreto di
revoca - ha riferito ieri De Vincenti - era già stato firmato dall’ex ministro
dell’Ambiente Andrea Orlando e inoltrato il 13 febbraio per la firma del
ministro per i Beni culturali, ma essendo nel frattempo mutata la compagine
governativa lo stesso decreto è stato restituito al ministro dell’Ambiente ora
in carica (Gian Luca Galletti, ndr.) che sta procedendo ai controlli e agli
approfondimenti procedurali e amministrativi prima della firma». Non ci fosse
stato il cambio di governo, pare di capire, la domanda sarebbe già stata
rigettata. E per l’impianto di Gas Natural non vi è alcuna speranza nemmeno in
siti alternativi. «La delocalizzazione dell’impianto - ha specificato infatti il
sottosegretario - poteva essere valutata dal ministero dell’Ambiente alla
scadenza del termine, cioé il 18 ottobre, in funzione del verificarsi o meno di
una delle due circostanze alternative previste nel decreto ministeriale, cioé lo
spostamento dell’impianto in altra località da parte della società proponente o
la revisione del Piano regolatore portuale per renderlo compatibile con la
presenza dell’impianto». «Ma nessuna delle due ipotesi - si sottolinea più
avanti - si è realizzata e il ministro dell’Ambiente ha avviato il procedimento
di revoca». In una nota, Serena Pellegrino ha sottolineato come «l’azione di
Sinistra Ecologia Libertà abbia ottenuto una fondamentale presa di posizione da
parte del ministero dello Sviluppo economico». De Vincenti ha anche comunicato
che «proseguono i lavori del Tavolo di coordinamento trilaterale (Italia,
Slovenia, Croazia) di tutte le iniziative infrastrutturali dell’Alto Adriatico
nel corso dei quali sono esaminati anche i progetti di terminali di
rigassificazione in Slovenia, nel porto di Capodistria e nell’isola di Veglia in
Croazia». Se il progetto di Capodistria avanzasse per Trieste sarebbe
un’autentica beffa.
Silvio Maranzana
Tralicci a Chiampore, Longo promette: «Niente sconti»
MUGGIA Verificare il numero delle emittenti presenti a Chiampore e far
rispettare l'impegno di spostamento del traliccio del Monte Castellier. Sono
questi i due impegni presi da parte dell'assessore all'Ambiente del Comune di
Muggia Fabio Longo alla luce delle ultime vicende che stanno interessando la
travagliata vicenda tralicci del territorio muggesano. «A seguito dei lavori che
i gestori del traliccio abusivo, presente a Chiampore nei pressi di via Vivoda,
hanno recentemente fatto nonostante l'ordinanza del Comune di Muggia che impone
invece la demolizione del traliccio entro 90 giorni, ho deciso di verificare al
ministero dello Sviluppo economico il numero delle emittenti attualmente
presenti a Chiampore nonchè la loro precisa ubicazione anche al fine di
accertare l'esistenza o meno dei relativi titoli autorizzativi», ha spiegato
l'assessore. Riguardo a Santa Barbara e al traliccio del Monte Castellier, Longo
"a seguito delle richieste pervenute dai cittadini di Santa Barbara, tenute
sempre nella massima considerazione dal Comune, e del ritrovamento del muro di
epoca romana”, precisa che tra il Comune di Muggia, la Soprintendenza
archeologica ed il gestore, proprietario di tre emittenti, che ha costruito
l'antenna sul Monte Castellier “è stato sottoscritto un impegno definitivo per
spostare il traliccio in un altro sito ben lontano da Santa Barbara, entro 18
mesi, auspicando così la soddisfazione di tutte le parti”. Un impegno che Longo
ha promesso di far rispettare a tutte le parti interessate davanti anche alle
aspre proteste da parte del Comitato antiantenne di Santa Barbara che aveva
evidenziato come l'abbattimento del traliccio vicino alla caserma dei
Carabinieri in zona Chiampore abbia significato in realtà il trasferimento del
nuovo manufatto proprio sul Monte Castellier. Motivo per cui l'assessore Longo
ha promesso di far rispettare l'accordo per il trasferimento del nuovo
contestatissimo traliccio.
(ri.to.)
STASERA - Piano regolatore in Consiglio comunale
Si riunisce oggi alle 19 nell’aula di piazza Unità il
Consiglio comunale. Dopo interrogazioni e domande di attualità, alle 19.30 il
via alla fase dedicata alle delibere. All’ordine del giorno l’adozione del nuovo
Piano regolatore generale comunale, con relatore l’assessore all’urbanistica
Elena Marchigiani. Tra le proposte di deliberazione in discussione figurano
anche la fusione per incorporazione di Amga in Hera spa, la cessione di un
terreno a titolo gratuito a La Fonte Comunità famiglia onlus e l’individuazione
annuale delle zone non metanizzate nell’ambito territoriale del Comune
COMUNICATO STAMPA - MARTEDI',
15 aprile 2014
Pellegrino: piu' vicino rigetto del progetto
rigassificatore di Zaule. Governo riconosce criticità denunciate da tempo da SEL.
L’azione parlamentare di Sinistra Ecologia Libertà contro il
rigassificatore di Zaule, nel golfo di Trieste, ha ottenuto quest’oggi una
fondamentale presa di posizione da parte del Ministero delle attività
produttive: e cioè il riconoscimento in aula delle criticità e incongruenze del
progetto, ampiamente evidenziate ormai un anno fa, con il coinvolgimento di ben
tre dicasteri, Ambiente, Trasporti, Attività produttive.
Lo spiega la parlamentare Serena Pellegrino (Sel) che dopo aver depositato,
nella primavera del 2013, una mozione e una interpellanza alla Camera dei
deputati , successivamente aveva coinvolto sul problema del progetto di Zaule la
vicepresidente della Commissione europea , richiamando così l’attenzione dell’UE
sull’allarmante situazione di Trieste e della circostante area transfrontaliera
tra Italia e Slovenia.
“ Oggi – dichiara Pellegrino – il Sottosegretario alle Attività produttive
Claudio De Vincenti ci ha anticipato che il Ministero dell’Ambiente con tutta
probabilità revocherà la Valutazione d’impatto ambientale positiva a suo tempo
concessa al progetto. E conseguentemente il Ministero delle Attività produttive
rigetterà la domanda di autorizzazione alla realizzazione dell’impianto di
Zaule.”
“Abbiamo ovviamente sottolineato la necessità di una diversa inquadratura del
ruolo dei rigassificatori all’interno di un Piano energetico nazionale che
preveda di produrre quanto effettivamente occorra al Paese, coerentemente con le
ottime politiche di efficientamento energetico che questo Governo sta mettendo
in atto.”
“ L’urgenza di questo formale rigetto – conclude Pellegrino - ha importanza
anche perché proseguono i lavori del coordinamento trilaterale Croazia,Italia e
Slovenia rispetto tutte le iniziative infrastrutturali dell’Alto Adriatico,
inclusi quindi anche i progetti dei rigassificatori proposti nel porto di
Capodistria-Koper e sull’isola di Veglia-Krk.”
Serena Pellegrino
IL PICCOLO - MARTEDI',
15 aprile 2014
PAES «Sei anni di tempo per ridurre le emissioni»
Obiettivo del 20% in meno entro il 2020. Laureni:
importante lavorare in rete
Un vero e proprio patto con la città e una sfida che si può vincere solo
attraverso un calibrato gioco di squadra. Ma soprattutto imprimendo
un’accelerazione al lavoro ancora da fare per raggiungere l’obiettivo finale. È
questo il messaggio lanciato nel corso del convegno che si è tenuto al
Revoltella, in cui è stato ufficialmente illustrato il Paes, il Piano di azione
per l'energia sostenibile, da poco varato dal Comune. L'impegno, che rientra nel
Patto dei sindaci - il documento che fa capo alle direttive comunitarie - è
quello di ridurre del 20 per cento le emissioni di anidride carbonica (Co2)
entro il 2020: il che tradotto in numeri significa scendere dalle 918 mila
tonnellate di Co2 prodotte a partire dall'anno di riferimento, il 2001, fino a
730 mila tonnellate, vale a dire 183 mila in meno. Al momento ci troviamo a metà
strada, nel senso che ad oggi la riduzione delle emissioni di anidride carbonica
è stata del 10 per cento: rimangono dunque solo sei anni per completare l'opera.
«Resta da portare a termine la parte più difficile - ha affermato Umberto
Laureni, assessore comunale all'ambiente, nel suo intervento seguito ai saluti
del sindaco Cosolini e degli assessori omologhi della Provincia Zollia Vittorio
e della Regione Sara Vito -. Ecco allora l'importanza del lavoro in rete e del
coinvolgimento nel percorso di attuazione del Piano di tutta la cittadinanza:
dagli enti pubblici, che peraltro stanno già collaborando con noi, fino alle
categorie professionali ed ai soggetti privati». Tre i cardini sui quali si
fonda il Piano, che conta su 24 azioni complessive: in testa c'è il risparmio
energetico (che passa per la riqualificazione degli edifici privati e di quelli
del terziario), poi la limitazione della circolazione dei veicoli, soprattutto
quelli più datati (responsabili sia delle emissioni di Co2, sia
dell'inquinamento urbano), e infine la produzione di energia da fonti
rinnovabili (ad esempio gli impianti fotovoltaici), cui si aggiunge il percorso
di sensibilizzazione e informazione su temi energetici e ambientali. Tra gli
interventi più attesi quello del premio Nobel Filippo Giorgi, del Centro
internazionale di fisica teorica Abdus Salam e membro del Comitato
intergovernativo sui cambiamenti climatici, che ha parlato dei rischi collegati
all'alta concentrazione dei gas serra nell'atmosfera. «La più importante delle
soluzioni per contrastare il problema è certamente quella dell'efficienza
energetica, se pensiamo che oggi viene sprecato complessivamente il 60 per cento
dell'energia prodotta - ha spiegato Giorgi -. È importante partire, e la cosa
vale anche per Trieste, dagli incentivi alle nuove tecnologie: una città che
però al contempo si presenta molto congestionata e deve fare i conti con un
grosso problema, quello dell'inquinamento urbano, tra i più elevati in Italia».
Pierpaolo Pitich
Ezit, via al piano di bonifica per le aree del Sito
inquinato
L’Ente zona industriale effettuerà il piano di caratterizzazione della
zona - Stipulata una convenzione quinquennale col Comune muggesano
MUGGIA L'Ezit attuerà il Piano di caratterizzazione realizzando il progetto
di bonifica per le aree pubbliche e per quelle il cui inquinamento è
attribuibile ad attività pubbliche. Nuovo importantissimo passo dunque per il
futuro del Sito inquinato di interesse nazionale (Sin) di Trieste ricadente nel
territorio comunale muggesano. Su proposta dell'assessore all'Ambiente del
Comune di Muggia Fabio Longo, la giunta comunale del sindaco nerio Nesladek ha
approvato una convenzione della durata di cinque anni da stipulare tra il Comune
di Muggia e l'Ezit per l'attuazione delle attività ambientali relativamente alle
aree, ubicate nella parte a terra del Sito inquinato di interesse nazionale di
proprietà pubblica. Dopo l'individuazione dell'area inquinata ufficializzata con
decreto ministeriale del 2003, continua pertanto l'attività per giungere alle
bonifiche dei terreni inquinati. Il 25 maggio 2012, il Ministro dell'Ambiente
Corrado Clini e tutti gli enti interessati - ministero dell'Ambiente, Regione,
Provincia, Comuni di Trieste e Muggia, Autorità Portuale ed Ezit - avevano
firmato un Accordo di programma necessario per dar corso all'iter relativo alle
bonifiche nel Sin. Quella che, all’epoca, era stata salutata come la soluzione
decisiva che cancellava il vituperato danno ambientale, comprensivo di sanatoria
transattiva a carico delle imprese insediate a prescindere dalle colpe, con
pagamenti da 80 euro al metro quadrato. Ai sensi della legge regionale 15/04 la
Regione ha affidato in delegazione amministrativa lo svolgimento delle attività
previste da detto Accordo per quanto riguarda l'esecuzione del Piano di
caratterizzazione generale e l'Analisi di rischio sanitario ed ambientale. Per
le verifiche sulle aree pubbliche, come quelle di proprietà del Comune di
Muggia, l'Ezit deve sottoscrivere gli appositi accordi con i vari enti
interessati. «Siamo così giunti alla firma dell'accordo in base al quale l'Ezit
attuerà il Piano di caratterizzazione redigendo e attuando il progetto di
bonifica per le aree pubbliche e per quelle il cui inquinamento è attribuibile
ad attività pubbliche», racconta l'assessore all'Ambiente di Muggia Fabio Longo.
In particolare verrà elaborato il modello idrogeologico e redatta l'analisi di
rischio sito-specifica. La notizia arriva proprio mentre sta per partire la
class action contro il meccanismo che, in caso d’inquinamento accertato
dall’imminente Piano di caratterizzazione all’interno di una particella
catastale, qualora le ricerche storiche non riescano a trovare i responsabili di
tale inquinamento, obbliga gli odierni proprietari ad accollarsi oneri per circa
12 euro al metro quadrato. Una class action che parte da un gruppo di aziende
che paiono addirittura contro il piano di caratterizzazioni come dichiarato
qualche giorno al Piccolo: «Non si possono spendere soldi pubblici per fare
carotaggi in un terreno che si presume contaminato solo perché è stato inserito
in un Sin eccessivamente allargato, chiediamo si faccia una ricerca storica
preventiva per procedere eventualmente solo dopo, come del resto previsto
dall’Accordo del 2012».
Riccardo Tosques
All’asta nove cavalli dell’isola della Cona
L’offerta per ogni Camargue potrebbe raggiungere mille euro. Vietata la
macellazione degli animali
STARANZANO Il Comune di Staranzano, capofila dell’Ente gestore della Riserva
Foce Isonzo (assieme a San Canzian, Fiumicello e Grado), mette in vendita a
privati nove cavalli Camargue dell’isola della Cona. Si tratta di cinque maschi,
Tiglio (nato nel 2007), U1 (2008), Vento (2009) Auro e Astro (2010), e quattro
femmine, Upupa (2008), Bora e Brina (2011), Ciliegia (2012). Lo “sfoltimento”
del numero dei cavalli che oggi conta quasi trenta esemplari, è stato coordinato
dalla cooperativa Rogos in collaborazione con la Sbic (Stazione biologica della
Cona) in primis per una gestione più razionale del “sistema pascolo” e per un
equilibrio nel programma della biodiversità dell’area protetta, oggi messo in
difficoltà da un eccessivo pascolamento degli animali che potrebbero mettere in
forse il rigoglio della vegetazione. Per la vendita dei Camargue che sono un
bene dello Stato (e non sono macellabili) è stata indetta un’asta pubblica con
offerte a buste chiuse (si può acquistare anche più di un cavallo), in vigore
dal 15° giorno di esposizione all’albo della delibera, cioè dopo il 25 aprile.
L’asta si svolgerà in base al “Regolamento per l’amministrazione del patrimonio
e per la contabilità generale dello Stato” per mezzo di offerta segreta da
confrontarsi con il prezzo massimo o minimo indicato (che potrebbe essere un
migliaio di euro). «Non vendiamo per far cassa – sostiene l’assessore
all’Ambiente, Matteo Negrari –. La decisione è stata presa in accordo con la
cooperativa Rogos che gestisce materialmente la Riserva assieme alla Sbic, dopo
un’attenta valutazione sullo stato di salute dei cavalli ora presenti in più
recinti». E aggiunge: «Tutto il ricavato della vendita – spiega ancora Negrari –
verrà investito per favorire una gestione più equilibrata degli animali, poiché
attualmente sono aumentate le difficoltà. Occorre tener presente che i Camargue
sono addomesticati e addestrati per essere cavalcati. Si trovano molto bene sia
con gli adulti che con i bambini. Già di recente ci sono stati alcuni
interessamenti per l’acquisto, anche perché nelle condizioni in cui si trovano
hanno un discreto valore di mercato. Vedremo le offerte che arriveranno».
Ciro Vitiello
IL PICCOLO - LUNEDI',
14 aprile 2014
Convegno - Piano per l’energia sostenibile
Il Piano di Azione per l’Energia Sostenibile (Paes),
approvato il 20 gennaio scorso, entra nella sua fase attuativa. Nel Convegno che
si terrà oggi all’Auditorium del Revoltella, dalle 15 alle 19, il Comune punterà
l’attenzione sul Piano - recentemente approvato dall’Amministrazione comunale -
rivolgendosi alla città e a tutte le sue componenti per individuare azioni e
interventi con cui ridurre del 20%, entro il 2020, le emissioni di anidride
carbonica rispetto ai valori del 2001. Un impegno che segue all’adesione nel
2012 al Patto dei sindaci e richiede un lavoro coordinato nel quale Enti,
progettisti, amministratori di stabili dovranno svolgere un ruolo rilevante.
Pulizie di Pasqua sulla Costa dei Barbari
DUINO AURISINA Una ventina i volontari che armati di sacchi, rastrelli e
guanti si sono dati appuntamento ieri alla Costa dei Barbari per l'operazione
“spiaggia pulita”, sorta sul tam tam dei social network. Solo nella mattina una
cinquantina i sacchi neri pieni di immondizia caricati sul mezzo messo a
disposizione dal Wwf - Area Marina protetta di Miramare e trasferiti a
Castelreggio per essere conferiti in alcuni container, messi a disposizione del
Comune con la finalità del successivo smaltimento. Presente alla giornata
ecologica anche il presidente della Seconda commissione consiliare comunale
Maurizio Rozza: «Abbiamo ripulito l'arenile, ma sarà necessario un ulteriore
intervento degli operai del Comune per l'asporto del numeroso legname rinvenuto:
purtroppo con le piene dei fiumi al mare è arrivato di tutto, alberi interi.
Impossibile trasportarli a mani nude, ci vorrà prima ridurli a pezzi con
l'ausilio delle motoseghe». La pulizia si è focalizzata sul tratto di spiaggia
naturista della Costa dei Barbari compresa tra Portopiccolo e l'ex hotel Europa,
dove sono state raccolte dalle squadre dei volontari numerose reti danneggiate
della miticoltura, polistirolo, lattine, plastica e galleggianti, tutto
materiale assolutamente non biodegradabile. «Un ringraziamento speciale ai
ragazzi della riserva – conclude Rozza – che hanno lavorato gratis e acquistato
la nafta per l'imbarcazione con risorse proprie».
(ti.ca.)
Aumento record nelle emissioni di gas serra
L’appello del Gruppo internazionale sui cambiamenti
climatici: «I governi invertano subito la rotta»
BERLINO A dispetto della crisi, che negli ultimi anni ha fatto fare un
pesante passo indietro all'economia mondiale, il volume globale di emissioni di
gas serra ha continuato ad aumentare. Anzi di più: tra il 2000 e il 2010 è
cresciuto a livelli record, come mai nei tre decenni precedenti. L'allarme lo
hanno lanciato ieri gli scienziati del Gruppo intergovernativo di esperti sul
cambiamento climatico (Ipcc), riuniti a Berlino per presentare la terza e ultima
parte del quinto rapporto sul clima, redatto sotto l'ombrello dell'Onu. Un
rapporto sul quale arriva il commento del segretario di Stato Usa, John Kerry: è
una nuova «sveglia», dice, che «mette bene in chiaro che ci troviamo di fronte
ad una questione di volontà globale, non di capacità». In effetti, sottolineano
gli scienziati, cambiare si può. Ma serve invertire la prospettiva nelle scelte
politiche e proseguire negli sviluppi tecnologici. Per tenere il
surriscaldamento globale entro i due gradi centigradi dal livello
pre-industriale, occorrerà tagliare entro il 2050 le emissioni tra il 40% e il
70% rispetto al 2010, riducendole poi fino a un valore prossimo allo zero entro
la fine del secolo. «Dalla scienza arriva un messaggio chiaro: per evitare
pericolose interferenze con il sistema climatico occorre smettere di avere un
atteggiamento di sottovalutazione», ha sottolineato uno dei tre copresidenti del
terzo gruppo di lavoro, Ottmar Edenhofer. L'impatto di un'azione decisa non
sarebbe particolarmente rilevante per l'economia: si stima che entro la fine del
21.o secolo si produrrebbe un rallentamento medio della crescita mondiale dello
0,06% del Pil all'anno. «Il mondo non deve sacrificare la crescita per salvare
l'ambiente», commenta Edenhofer. Tra l'altro, aggiunge il tedesco, lo scenario
non esclude dal costo il risparmio che deriverebbe dalla limitazione dei
fenomeni atmosferici estremi e dall'inquinamento dell'aria. Se invece non si
faranno gli sforzi necessari la temperatura media del globo terrestre potrebbe
crescere tra 3,7 e 4,8 gradi centigradi nel 21/o secolo, stima uno degli scenari
elaborati da 235 autori da 58 Paesi mettendo a confronto oltre 10mila fonti
scientifiche. Gli esperti non danno prescrizioni ai governi: «Non è compito
dell'Ipcc», spiegano i responsabili a chi chiede cosa debbano fare i governi per
evitare la catastrofe. Ma il rapporto è più che chiaro nell'analisi e nella
«sveglia», per usare le parole di Kerry. Occorre agire, ora, ribadiscono gli
attivisti di Greenpeace in una manifestazione organizzata sempre ieri a Berlino,
spingendo sullo sviluppo delle rinnovabili. E tutti i Paesi devono prendere
parte al cambiamento, sottolinea l'ong Oxfam.
IL PICCOLO - DOMENICA,
13 aprile 2014
No smog: «La Ferriera inquina anche solo con la
cokeria» - continua la protesta
Frattanto, anche in una fase in cui la produzione siderurgica è ridotta,
l’associazione “No smog” continua a tenere l’attenzione desta sull’«inquinamento
prodotto dalla Ferriera di Servola». «Abbiamo comparato i dati del benzopirene e
delle Pm10 rilevati dalle centraline di Trieste e di Taranto (dove vi sono gli
impianti dell’Ilva) - ha affermato la presidente Alda Sancin - e tra gennaio e
settembre 2013 la situazione è sempre stata migliore nella città pugliese che da
noi, dove, in particolare in via San Lorenzo in Selva, si sono registrate 82
giornate di sforamento dei limiti di legge. Inoltre a Trieste l’unica centralina
che misura le Pm 2,5 (cioé il particolato fine in grado di penetrare
profondamente nei polmoni) è in piazza Libertà quindi ben lontana dallo
stabilimento servolano.» Lo stop attualmente in vigore dell’altoforno secondo
“No smog” non ha migliorato granché la situazione. «I danni maggiori - sostiene
Sancin - li fa la cokeria. Siamo stati a spiegarlo anche alla presidente della
Regione Debora Serracchiani che solo qualche settimana dopo ha proclamato che la
cokeria non si chiude. Quella di Servola è particolarmente vetusta tanto che il
fumo dal suo camino che dovrebbe essere espulso solo in caso di emergenza esce
invece di continuo». Opinione dell’associazione è che tutta la Ferriera di
Servola sia una sorta di colabrodo tanto che i 20-22 milioni promessi da Arvedi
per il risanamento degli impianti non risolverebbero quasi nulla. E il
segretario di “No smog” Adriano Tasso ha invitato ancora una volta i politici a
considerare anche i progetti della logistica come quelli di Alpe Adria e della
società austriaca. All’incontro sono intervenuti l’assessore Umberto Laureni,
Aris Prodani e Andrea Ussai del M5s e Fabio Petrossi del Pd.
(s.m.)
Bonifiche, sarà “class action” contro l’analisi dei
terreni
Imminente ricorso al Tar di 15 imprese: contestano l’attuazione
dell’Accordo Clini da parte della Regione, che espone i privati a oneri per 12
euro al metro quadrato
«Indietro non si può più tornare». Al Tar, ad oggi - eccezion fatta per
quello depositato dalla Pacorini nel 2012, e tuttora pendente - non c’è un
ricorso che faccia ombra sopra il Sin. Ma è solo questione di ore. Uno studio
legale appositamente incaricato, a onor del vero, sta ancora visionando le
carte. Com’è vero che martedì è in agenda all’Ezit un’ultima riunione tra la
dirigenza di via Caboto e i contras per tentare d’evitare l’inevitabile: la
strada delle cause. Il dado, d’altronde, pare oramai tratto. Sta per partire, in
effetti, la class action contro il meccanismo che, in caso d’inquinamento
accertato dall’imminente Piano di caratterizzazione all’interno di una
particella catastale, qualora le ricerche storiche non riescano a trovare i
responsabili di tale inquinamento, obbliga gli odierni proprietari ad accollarsi
oneri per circa 12 euro al metro quadrato. I ricorrenti novelli, per intanto,
dovrebbero essere «una quindicina». Questo perché, appunto, «indietro non si può
più tornare», e perché, per giunta, «il tempo per presentare i ricorsi sta per
scadere»: la dead line è fissata, al massimo, «al 24 di questo mese», con la
Pasqua in mezzo. Parola di Fabio Muiesan, il titolare di un terreno compreso
proprio nel Sin, che si sta facendo portavoce della protesta di un gruppo di
artigiani e piccole imprese contro l’applicazione delle regole che discendono
dall’ultima (e vigente) versione dell’Accordo di programma, battezzata il 25
maggio 2012 dall’allora ministro Corrado Clini. Quella che, all’epoca, era stata
salutata come la soluzione decisiva ché cancellava il vituperato danno
ambientale, comprensivo di sanatoria transattiva a carico delle imprese
insediate a prescindere dalle colpe. Botte da 80 euro al metro quadrato. Un coro
di placet dal quale s’era chiamata fuori una voce soltanto, quella della
Pacorini, che aveva impugnato l’Accordo al Tar. Cosa che i nuovi contras - che
una decina di giorni fa erano una trentina su quasi 120 soggetti accomunati
dalle stesse condizioni, mentre ora sono «una quarantina» - non possono più
fare. L’opposizione a un atto amministrativo, se si fa, si deve fare entro 60
giorni. Il tempo insomma è scaduto per ricorrere contro l’Accordo, ma ancora non
lo è - sostiene il gruppo dei contestatori - per ricorrere contro la
comunicazione dell’«attuazione» dell’Accordo stesso, con cui la Regione ha dato
il mandato all’Ezit di partire con il Piano di caratterizzazione. Una lettera
datata 14 febbraio, e ricevuta per raccomandata o per Pec generalmente nella
decade successiva, prima di un apposito convegno. «I tempi sono strettissimi -
così Muiesan - persino per capire se vale la pena andare in causa o se esiste
una via alternativa. Non abbiamo scelta. Questo ci costringerà ad affrontare in
questi tempi di crisi decine di migliaia di euro di spese giudiziarie solo per
mettere una mano avanti, e solo perché le istituzioni non hanno inteso dare
risposta alla nostra protesta». I contras, tra le altre cose, puntano oggi a
evitare addirittura che l’Ezit proceda con le caratterizzazioni: «Non si possono
spendere soldi pubblici per fare carotaggi in un terreno che si presume
contaminato solo perché è stato inserito in un Sin eccessivamente allargato,
chiediamo si faccia una ricerca storica preventiva per procedere eventualmente
solo dopo, come del resto previsto dall’Accordo del 2012». E il milione e mezzo
di tesoretto che la Camera di Commercio dice d’avere da parte per aiutare le
aziende del Sin? «Quei soldi - chiude Muiesan - in origine erano destinati
all’abbattimento dei famosi 80 euro al metro quadrato di danno ambientale, non
c’è la certezza possano essere utilizzati per coprire le spese delle
caratterizzazioni ora che l’Accordo è cambiato».
Piero Rauber
IL PICCOLO - SABATO,
12 aprile 2014
Con il nuovo depuratore acque “pulite” a Barcola
L’impianto con sede in viale Miramare sarà chiuso, le tubazioni saranno
deviate fino a via Udine dove è previsto l’innesto verso la struttura di Servola
Un tubo è un tubo. Ma la doppia operazione “depuratore” scattata a ottobre
su viale Miramare e adesso lanciata in direzione Servola è non solo costosa (52
milioni) ma piena di conseguenze per la città: il depuratore di Barcola, che
finora ha avuto sede tecnica nella casetta che s’incontra su viale Miramare (“ex
dazio”) sarà chiuso, non verserà più acque sporche in mare, ed è questa
deviazione che si sta costruendo da ottobre in qua: le nuove tubazioni, che
parzialmente vengono infilate dentro una condotta esistente, cammineranno fino a
Scala Belvedere, saliranno in via Udine, e lì, in corrispondenza dell’incrocio
strada-scala si fermeranno per essere innestate su uno dei collettori principali
delle rete fognaria cittadina che porta direttamente all’impianto di Servola, e
anche i “rifiuti” barcolani saliranno a quella quota, regolati da pompe e
centraline. Considerato che le nuove condotte partono da Miramare e arrivano in
Stazione (il tratto Stazione-Scala Belvedere-Largo Roiano-giardini ex Incis è
stato già realizzato) si tratta in tutto di 8 chilometri. Ma solo a metà 2018
saranno terminati gli imponenti lavori di messa a norma dell’impianto di
Servola. La casetta “ex dazio” sarà dismessa e tornerà in uso al Comune che ne è
proprietario. Dietro, sono da tempo in corso lavori di messa in sicurezza e
sostentamento alla parete montagnosa che frana e se ne occupano le Ferrovie,
proprietarie. Intanto sono stati affissi i cartelli che annunciano l’ulteriore
restringimento del traffico da mezzanotte alle 5 del mattino il 14 e 15 aprile
in corrispondenza del cavalcavia ferroviario, dove gli archeologi hanno
individuato tracce del settecentesco Lazzaretto di Santa Teresa e di una strada
di accesso a uno dei moli. In quest’area i lavori di scavo sono fermi, per
attendere queste ulteriori indagini. Ma Enrico Altran, a capo della divisione
acqua di AcegasAps e tra i responsabili del complicato progetto che ora per
vincolo dei ministeri dell’Ambiente e dello Sviluppo economico che hanno
concesso i 30 milioni di euro necessari avrà tempi strettissimi per essere
realizzato, ha in vista impegni più gravosi. Uno dei più complessi dell’intera
operazione che interesserà un’area adiacente lo Scalo Legnami sarà la bonifica
di acqua e terreni: è Sito inquinato nazionale. Nell’attesa di ricevere il
finanziamento, il lavoro è stato portato molto avanti, specie dopo l’entrata in
vigore della “procedura Clini” che ha sbloccato la materia. «Nei terreni
dell’area nuova per il depuratore di Servola - dice Altran - sono stati trovati
idrocarburi. Abbiamo già fatto la caratterizzazione, e il progetto è approvato
dal ministero. Possiamo affidare i lavori. Prima sui terreni, poi sulle acque di
falda, inquinate per conseguenza. Costruiremo 12 pozzi, estrarremo quell’acqua
con le pompe e la manderemo a trattamento, poi verrà usata per il lavaggio degli
impianti. Ma ci vorranno 3 anni perché la contaminazione si esaurisca». Costo:
4,7 milioni di euro, più 1,5 per movimentare terra e calcestruzzi da
demolizione. Tutta l’operazione è blindata con sistemi di tracciabilità dei
documenti, controlli e «massima trasparenza nell’uso dei fondi pubblici».
L’altra novità introdotta (per timore di ingorghi stradali) è stato un sistema
di comunicazione “da smart city” in accordo col Comune: cartelli esplicativi,
sistemati a gran distanza, con l’indicazione di vie alternative. Per ora nessuno
si lamenta.
di Gabriella Ziani
Due scarichi a mare «ma il golfo non ha sofferto»
Un depuratore da chiudere (Barcola), uno da rifare
(Servola), tutti buttano in mare, ma il mare quanto ha sofferto e quanto starà
meglio dopo? «Non abbiamo mai notato degenerazione delle acque nel golfo -
afferma Paola Del Negro, direttore della sezione Oceanografia dell’Ogs -, su
Barcola non abbiamo indagini specifiche, ma monitoriamo la Riserva marina di
Miramare: non rileviamo alcun parametro fuori norma. E l’acqua si muove... A
Servola invece abbiamo fatto analisi per AcegasAps - prosegue Del Negro - e non
sono state rilevate forme di “eccessivo nutrimento” del plancton, che è la prima
conseguenza quando si immettono acque di scarico, che di nutrienti sono piene e
possono produrre l’effetto di un eccesso di concime sulle piante». Quanto a
residui chimici, «l’Arpa fa controlli rigorosi, le leggi sono severe».
Pellegrino difende la linea anti Ogm del Fvg «Esempio
virtuoso per tutta l’Italia»
Un esempio virtuoso per l’intero Paese. Così la deputata
di Sel Serena Pellegrino, componente della Commissione ambiente dellla Camera,
definisce il Friuli Venezia Giulia alla luce della linea adottata sul mais Ogm.
«Il Fvg ha assunto il ruolo di regione-guida nella questione delle coltivazioni
biotech, attivando alcuni efficaci strumenti normativi che sono d'esempio a
tutto il nostro Paese nella battaglia per un'agricoltura di qualità, per la
biodiversità, per la salute dei cittadini. Lo stesso Ministro Maurizio Martina,
ha riconosciuto come sostanziale, durante la Commissione politiche agricole
della Conferenza delle Regioni, la legislazione sugli Ogm del Fvg. Inoltre il
Tar del Lazio - conclude Pellegrino - proprio ieri ha rinviato la decisione sul
Decreto interministeriale che vietava la coltivazione di mais OGM, e questo
rende ancora più lineare lo scenario nelle campagne friulane: questa primavera
niente semine Ogm».
Costa dei barbari, operazione spiaggia pulita
Domani l’iniziativa dei naturisti (aperta a tutti) nel tratto tra
Portopiccolo e l’ex albergo Europa
DUINO AURISINA Costa dei barbari, scatta l'operazione “spiaggia pulita” sul
tam tam dei social network. Armati di sacchi, guanti e buona volontà, i
naturisti di Duino Aurisina (e non solo) si danno appuntamento domani mattina
per sgomberare l'arenile dai rifiuti. Una giornata ecologica, dunque, dedicata
alla tutela delle coste. Obiettivo: ripulire le aree invase da plastica,
bottiglie cartoni. Un'occasione per vivere la domenica delle Palme in maniera
diversa, stando insieme nella difesa dell'ambiente. Già presa di mira
dall'assessore al Turismo Andrej Cunja, per lo stato in cui versano i suoi lidi
causa la presenza di manufatti fatiscenti, la Costa dei barbari si appresta
dunque a un necessario intervento di sistemazione. «L'ultima operazione di
pulizia delle spiagge – ricorda il consigliere comunale Maurizio Rozza, che ha
aderito all'iniziativa - è costata al Comune circa 11mila euro solo per
l'asporto della spazzatura. Quello di domani è dunque un grande regalo che i
volontari e la Riserva di Miramare fanno all'ente locale. Spero sia un
investimento, a garanzia del futuro libero, pubblico e partecipato della nostra
costa». La pulizia si concentrerà sul tratto di spiaggia naturista della Costa
dei barbari compresa tra Portopiccolo e l'ex hotel Europa. Il ritrovo è fissato
alle 10.30 nei pressi dell'ultimo molo, in direzione di Trieste. «In maniera
volontaria - spiegano gli organizzatori - raccoglieremo i rifiuti e, grazie a
un'imbarcazione del Wwf - Area marina di Miramare, li trasporteremo fino a
Castelreggio, dove saranno depositati in container messi a disposizione dal
Comune. L’iniziativa - aggiungono - vuole sensibilizzare i cittadini sul tema
del benessere ambientale e sulla peculiarità del naturismo, che non è una
semplice pratica del nudo, bensì un movimento che si propone un contatto diretto
con la natura partendo dal rispetto verso il prossimo e l'ambiente». Per la
raccolta gli organizzatori forniranno appositi sacchi ai volontari, invitati a
portare con sè guanti e calzature per escursioni. In caso di pioggia la pulizia
verrà rimandata a domenica 11 maggio.
(ti.ca.)
LA GAZZETTA GIULIANA - VENERDI',
11 aprile 2014
No al rigassificatore a Monfalcone di GEORGINA ORTIZ
(membro del comitato No Terminal)
Venire a sapere dal quotidiano locale che Legambiente
starebbe valutando l'ipotesi del rigassificatore a Monfalcone non può che
portare la nostra mente a ricordare quello che è successo quasi vent'anni fa,
quando questa associazione si fece sponsor di un progetto simile.
IL PICCOLO - VENERDI',
11 aprile 2014
Ecologia, aula verde alla “Bubnic” - La struttura
dimostrativa sarà aperta a un pubblico più vasto di quello scolastico
MUGGIA La costruzione e l’allestimento di un’aula verde e di un orto urbano
nella Scuola primaria con lingua d'insegnamento sloveno Bubnic. Partiranno
lunedì i lavori di TreCcci - Coltivare, crescere, condividere, il progetto
finanziato dal Piano per lo sviluppo rurale del Gal Carso e dalla Fondazione
CrTrieste. In totale l'opera (finirà a metà maggio) avrà un costo di 63mila 100,
ripartiti tra i 43 mila 362 del Gal e i restanti 19mila 737 euro della
Fondazione. «Sarà un edificio dinamico dimostrativo per simulare nuovi stili di
vita, nuove possibilità di risparmio energetico, di riutilizzo delle risorse
quali l'acqua ma anche per avvicinare bambini, ragazzi e visitatori al
territorio» racconta l'assessore all'Istruzione di Muggia Loredana Rossi. Con la
partecipazione dei coltivatori, gli studenti potranno condividere tecniche e
metodi di coltivazione propri della tradizione, con possibilità di momenti
pratici. «Favoriremo anche l'interazione scuola-famiglia, tra generazioni
diverse, nel passaggio di memorie e conoscenze dall’orticultura all’apicoltura
ai prodotti del territorio – aggiunge Rossi -, coinvolgendo i residenti e in
primis i bambini e genitori della Scuola “Bubnic” che ospiterà l’aula verde ma
anche altri giovani». L'aula verde sarà ricavata dalla ristrutturazione del
corpo accessorio accanto alla scuola. Sarà una struttura in cui sviluppare
attività educative, di laboratorio e culturali (educazione ambientale e legata
ai prodotti della terra). La struttura sarà coibentata, dotata di pannelli
fotovoltaici e altri elementi dimostrativi, per evidenziare come funzionano i
dispositivi per il risparmio energetico. «L'aula verde si inserisce nel progetto
TreCcci che ha finalità turistiche, promuovendo nuove iniziative
ricreative-culturali legate alla valorizzazione del territorio da un punto di
vista ambientale e rurale, prevedendo itinerari naturalistici, laboratori
didattici, escursioni in biciclette, visite ad aziende agricole» aggiunge
l'assessore Rossi. La Fondazione CrTrieste ha già supportato la “Bubnic”, come
la scorsa estate con 25mila euro per gli arredi.
Riccardo Tosques
Depuratore di Servola, ecco i soldi - Regione, Comune,
Provincia e AcegasAps annunciano lavori fino al 2018. I retroscena per i fondi
Una grande infrastruttura che prende avvio dopo 14 anni di “voglio e non
posso” com’è l’adeguamento del depuratore di Servola, che raccoglierà le acque
anche del collettore di Barcola ora in lavoro, porta soprattutto a raccontare
della lotta per riuscire, cioé per avere i finanziamenti necessari. E così ieri
Regione, Comune, Provincia, AcegasAps-Hera hanno celebrato in pubblico la fine
di una “enorme fatica”, con la decisione di “farcela a ogni costo” anche se la
partita sembrava persa e l’impianto triestino era sotto infrazione europea per
inadeguatezza, e rischio imminente di multa. Infine per il depuratore Regione e
ministeri dello Sviluppo economico e dell’Ambiente, con il via libera al
progetto dato dall’Ispra, l’istituto tecnico dell’Ambiente, hanno firmato nelle
scorse settimane l’accordo che porta a Trieste i 30 milioni che mancavano per
raggiungere la cifra totale di 52. Con i quali si costruirà un impianto di
trattamento al servizio di Trieste, Muggia, San Dorligo-Dolina, si bonificherà
l’area adiacente lo Scalo legnami che è nel perimetro del Sito inquinato
nazionale, per un importo di 47,4 milioni, e previsione di chiudere i lavori
(monitorati dai ministeri) nel marzo del 2018. Altri 14,9 milioni vengono in
diretta dalla Regione, 3,7 da acconti tariffari e 3,9 altrettanto da tariffe.
Nessun costo maggiorato da qui in avanti per i cittadini: la somma è tutta in
tasca. «Non è stato affatto semplice - ha raccontato ieri in sala Giunta del
Comune l’assessore regionale all’Ambiente Sara Vito -, ma questo impianto sotto
infrazione Ue è stata la prima cosa di cui mi sono occupata. L’acqua è un tema
importantissimo, questa azione sarà di modello per tutta la regione». Qual era
l’ostacolo? Che i fondi ministeriali, di derivazione europea, rischiavano di
essere catalogati come “aiuto di Stato”, «e invece si tratta di un impianto e di
un servizio pubblici - ha spiegato il sindaco Roberto Cosolini assolutamente
prodigo di ringraziamenti per gli enti, i politici, i tecnici che hanno
“depurato” una materia giuridicamente ostica. «Lo scorso agosto in Regione - ha
aggiunto il sindaco - ci siamo trovati con Provincia e AcegasAps e abbiamo
deciso: andiamo avanti, diamoci le scadenze». Da anni AcegasAps ha in corso
opere propedeutiche, tra cui la bonifica dell’amianto con l’asportazione di
tettoie allo Scalo legnami, ma la decisione coraggiosa è stata quella di avviare
in anticipo i lavori al collettore di Barcola (in corso in viale Miramare), che
dunque smetterà di versare a mare. Vittorio Zollia, assessore all’Ambiente della
Provincia, ha ricordato i 9 milioni assegnati. Di cui 5 si stanno spendendo a
Barcola e 3,7 andranno a Servola, dove un vero e proprio insediamento
industriale in 9 sezioni sarà contornato anche da alberature. Per Roberto
Gasparetto, manager di Hera e direttore generale di AcegasAps, ma anche
responsabile del procedimento per Servola, «con Hera abbiamo deciso che questa
era opera prioritaria. Molto difficile superare sia i timori dell’”aiuto di
Stato” e sia le varie autorizzazioni, ma tutti gli enti hanno cooperato al
massimo. È un appalto gigantesco, e con tempi strettissimi. Ma decisivo per la
qualità dell’ambiente a Trieste».
Gabriella Ziani
Prg, raffica di emendamenti - Scintille tra le
opposizioni - terza seduta del consiglio comunale
Bandelli in vena di battute più del solito. Grillini “duri e puri”. Rovis
li punge evocando presunti conflitti d’interessi di Patuanelli.
Menis replica: «Lui viene da un partito che su questo
la sa lunga»
Alle dieci di sera, dopo già più di tre ore, era stato spuntato
l’emendamento 26. L’impegno era incrollabile: chiudere l’esame di tutti gli
emendamenti a costo di far l’alba, arrivare insomma a spuntarne l’ultimo, il
185, per poi andare alle dichiarazioni di voto e al voto stesso nella chiamata
d’aula di mercoledì prossimo, giorno (o notte) in cui il nuovo Piano regolatore
è atteso all’adozione. Per carità: di questi 185, circa 75 l’assessore Elena
Marchigiani li aveva fatti propri, per conto della giunta, il giorno prima. Ne
restavano comunque 110, più o meno, di cui appena una quindicina affrontati fino
alle 22: dieci respinti, un paio ritirati, altrettanti accolti e uno soltanto
approvato, il primo di giornata, deputato a chiarire la differenza di
definizione tra autorimessa e seminterrato in presenza di rampe. La terza seduta
del Consiglio comunale di ieri sera (e di stanotte) dedicata al Prg è stata
dunque più di una maratona. Una maratona, a volerci ridere sopra, nel segno
dell’incompetenza. Questa era la volta in cui l’aula doveva occuparsi degli
emendamenti fino ad allora non fatti propri da Marchigiani, cui i due grillini
“duri e puri” Paolo Menis e Stefano Patuanelli - quest’ultimo autore di
moltissimi degli emendamenti da spuntare - hanno imputato tra le righe, a inizio
di seduta, d’averli bollati come il frutto di «incompetenza». «Con lo studio
l’incompetenza si può correggere, l’arroganza e la supponenza è un difetto che
ci si porta dentro», il sibilo di Patuanelli. Che poi è partito con la sua
raffica di emendamenti, generalmente tesi a contenere le cubature in vari punti.
Per questo ai grillini è stato dato degli «oltranzisti del verde», per dirla
alla Maurizio Bucci da Fi, sostenuto da Paolo Rovis l’alfaniano, che, evocando
presunti conflitti d’interesse di Patuanelli il progettista ingegnere, s’è
beccato la risposta di Menis: «So che il partito di cui faceva parte Rovis era
attento ai conflitti d’interesse». Patuanelli s’è imbattuto in plausi
intervallati da bacchettate, quindi, da Franco Bandelli di Un’altra Trieste,
spiritoso ancor più del solito, per cui certi passaggi del Prg sono «un
accanimento terapeutico della burocratizzazione». Ha fatto tutto o quasi dunque
l’opposizione. Anzi, le opposizioni. Maggioranza granitica. Il capogruppo del Pd
Giovanni Maria Coloni ha così avuto il tempo per parlare a lungo con Maurizio
Fogar, leader del Circolo Miani sotto sfratto dell’Ater, presente con una
delegazione in aula in prima serata, che se ne è andato con i suoi dopo aver
strappato la promessa che, del caso del Circolo Miani, se ne riparlerà mercoledì
nella Conferenza dei capigruppo.
(pi.ra.)
Un piano per l’energia sostenibile - Laureni: «Contiamo
di ridurre di 183mila tonnellate l’emissione di co2 a Trieste»
Si chiama Piano di azione per l’energia sostenibile, più brevemente Paes, un
acronimo col quale dovremo confrontarci parecchio nei prossimi anni. Si tratta
infatti del programma predisposto dal Comune, e più precisamente
dall’assessorato guidato da Umberto Laureni, presentato per sommi capi ieri (dei
dettagli si parlerà lunedì pomeriggio in un convegno al Revoltella) e che si
pone tre ambiziosi obiettivi: limitare la circolazione dei mezzi privati,
ringiovanirne l'età media, ridurre lo spreco di energia per riscaldamento nelle
abitazioni private. «Perché sono queste le principali cause di presenza di
anidride carbonica nell’aria di Trieste – ha spiegato Laureni – e possiamo dire
che da esse si origina il 90 per cento della co2 che respiriamo. Contiamo di
ridurre di 183mila tonnellate l'attuale emissione di co2 nell’atmosfera di
Trieste entro il 2020». Per centrare questo risultato però «il Comune non potrà
fare tutto da solo – ha aggiunto l’assessore – auspichiamo una forte
collaborazione da parte di tutti i soggetti che, assieme a noi, si misurano con
la qualità dell’aria, e cioè Acegas Aps, Azienda per i servizi sanitari, Ater,
enti locali». Per un raffronto, va ricordato che le emissioni di co2 nell’aria
nel 2001 erano pari a 918mila tonnellate. Servirà anche un impegno dei
cittadini. «Bisogna combattere l'effetto serra – ha precisato Laureni –
provocato dall'aumento delle emissioni di co2. All’interno del piano sono
elencate le azioni che il Comune intende attuare». E le prime risposte sono
arrivate subito. Massimo Carratù, direttore della Divisione Energia di
AcegasAps, ha ricordato «la sostituzione dei semafori per utilizzare
tecnologiche in grado di far risparmiare energia» e «il prossimo arrivo delle
prime colonnine per l'alimentazione delle auto elettriche». Cosimo Paparo,
amministratore delegato della Trieste trasporti, ha sottolineato che «il parco
mezzi è all’avanguardia per contenimento delle emissioni. La flotta oggi vanta
un'età media di quattro anni, molto più giovane di quella nazionale». Fulvio
Kenda e Francesca Dragani dell'Ass hanno parlato di «necessità di diffondere la
cultura individuale dell'attenzione al risparmio energetico» e di
«coinvolgimento dei ragazzi dei Ricreatori». Hanno inoltre annunciato che «si
sta pensando di limitare a 20 gradi la temperatura invernale negli uffici
amministrativi dell'azienda». La Regione da parte sua ha già aderito al patto
dei sindaci sul risparmio energetico mentre per l’Ater ha parlato il dirigente
Fulvio Capovilla dell'Ater: «Utilizziamo soprattutto gas metano per il
riscaldamento – ha precisato – e per quanto concerne il consumo di energia
elettrica per l’illuminazione nelle parti pubbliche stiamo puntando all'utilizzo
del sistema led».
Ugo Salvini
“Minerale” low cost: distributori a Roiano, San Sergio
e Melara
In arrivo le prime casette dell’acqua sperimentali. Si parte dalle
periferie. L’auspicio di Laureni: «Pronte entro l’estate»
Quanto costerà l’acqua “del sindaco”? «Entro i 5 centesimi al litro la
gassata - preannuncia Laureni - e meno la naturale», scalabili da una tessera
prepagata che regolerà un limite massimo giornaliero. E al Comune, quanto
costerà? Praticamente niente, con «gli allacciamenti a cura di AcegasAps» e
«l’investimento a carico dell’impresa fornitrice», il cui rientro, con la
trattenuta di una quota di ciò che pagherà l’utente (il resto sarà di Acegas), è
stimato in circa «50mila litri erogati l’anno a macchina». (pi.ra.)di Piero
Rauber Roiano, Borgo San Sergio, Rozzol Melara: i vertici di un inedito
triangolo delle “bevude”. In questo caso, però, a tasso (alcolico) zero. Proprio
in questi rioni periferici infatti (minimo in due, ma l’auspicio dell’assessore
all’Ambiente Umberto Laureni, regista dell’operazione, è che ce la si faccia in
tutti e tre) stanno per essere installate le ormai famose - per il momento qui
solo sulla carta, mentre già spopolano in mezza Italia - casette dell’acqua. I
distributori pubblici del bene pubblico per definizione (e referendum) in
acciaio inox, allacciati alla rete Acegas e muniti di sterilizzatore naturale,
refrigeratore, declorificante e addizionatore d’anidride carbonica (cui
rifornirsi “low cost” e con cui contribuire ad abbattere il consumo di bottiglie
di plastica) sono dunque in procinto di sbarcare anche da noi. La notizia la dà
appunto Laureni, a pochi giorni da un annuncio, della Regione, che al capoluogo
non poteva dispensare orgoglio: «L’amministrazione Serracchiani promuoverà la
diffusione delle case dell’acqua, in considerazione dei risultati ottenuti dopo
l’installazione di 79 punti di distribuzione». Dove? «Sessanta in provincia di
Udine, 13 in quella di Pordenone, sei a Gorizia». Totale 79. Trieste non
pervenuta. Siamo però, promette Laureni, all’alba dell’ingresso nel club: «Io
già punterei prima dell’estate, la sperimentazione ha più senso farla
comprendendo la stagione calda». Già perché è di sperimentazione che si tratta.
Partendo, come detto, da due, barra tre stazioni. «Fermo restando - spiega
l’assessore - che manca solo il passaggio di giunta che formalizzerà e
autorizzerà l’installazione di queste prime casette, possiamo dire che quasi ci
siamo. Questione di giorni». Non è cattiva volontà - ci tiene sia chiarito
Laureni - ma scrupolo verso le circoscrizioni, cui si sta chiedendo «una seconda
verifica delle proposte di posizionamento». L’atto amministrativo sancirà i tre
(o due) siti, sostanzialmente già individuati nei piazzali di cui dispongono
Roiano, Borgo San Sergio e Rozzol Melara. Le coordinate esatte? L’assessore
chiede pazienza. E spiega, più che altro, il perché di queste tre scelte. Non è
un mistero, ad esempio, che nei mesi scorsi si fosse parlato di una possibile
casetta dell’acqua a San Giacomo, piazza Puecher per l’esattezza. Ma le
controindicazioni, evidentemente, lì superavano i fattori positivi. «I parametri
considerati per decidere - spiega Laureni - sono stati tre: la facilità dei
processi autorizzativi legati ad eventuali vincoli ambientali e paesaggistici,
l’accessibilità attraverso aree di parcheggio limitrofe per potersi recare ad
esempio a ricaricare una “cassa” di sei bottiglie in auto, e l’attenzione ai
rioni popolari, perché la novità deve avere pure un grosso valore di ordine
sociale». «Non solo - chiosa Laureni - la gente potrà rifornirsi d’acqua, una
delle migliori d’Italia, migliore di tante oligominerali imbottigliate, a basso
costo, ma così anche Trieste potrà contribuire con un piccolo ma significativo
passo al risparmio di plastica». Il test, se nel giro di un anno darà un
feedback positivo, aprirà la via all’istituzionalizzazione del servizio in più
punti della città.
Corso per imparare a coltivare orti - Incontro alle
16.30 presso la Casa del Giovane a Valmaura
Volete avere un orto da coltivare? Oppure avete già un orto e desiderate
diventare orticoltore, o meglio, contadino urbano? Ecco l'iniziativa che fa per
voi. Per chi volesse farsi assegnare gratuitamente un orto o ricevere la
formazione necessaria alla sua coltivazione, con lezioni settimanali teoriche e
pratiche da parte di esperti, ci sono i corsi gratuiti di orticoltura biologica
urbana a cura del Gruppo Urbi et Horti. Il prossimo incontro si terrà oggi alle
16.30 presso la Casa del Giovane di via Inchiostri 4 a Valmaura. L'iniziativa,
che si rivolge a tutti i cittadini, ha già ottenuto grandissimo successo. «Il
corso – spiega la coordinatrice, Tiziana Cimolino - rappresenta il momento
informativo di un percorso che stiamo conducendo in collaborazione con il Comune
al fine di recuperare aree urbane degradate o non utilizzate nell'ottica della
tutela del verde pubblico e come momento di socializzazione. Dal 2012 a oggi
sono stati attivati oltre 20 orti coltivati da più di 200 persone, messi in rete
privati proprietari di terreni coltivabili e aspiranti orticoltori, offerti
gratuitamente alla cittadinanza corsi di agricoltura biologica con lezioni
teoriche e pratiche in campo, con le mani nella terra. Assegneremo un orto a chi
ne farà richiesta». Alle 16.30 si farà pratica con una lezione sulle tecniche di
costruzione: camminamenti, scoli, drenaggi e rotazione delle colture, distanze
di impianto e consociazioni possibili. Seguirà alle 17.30 una lezione su scelta
degli ortaggi, semine e trapianti, cure colturali, raccolta e preparazione del
prodotto con l'agronomo Andrea Giubilato.
GREEN STYLE.it - GIOVEDI',
10 aprile 2014
OGM: Tar del Lazio rinvia la decisione sul mais
Monsanto
Il Tar del Lazio ha deciso di rinviare la decisione sulla coltivazione
del mais Monsanto. Il ricorso contro il decreto interministeriale del luglio
2013, che proibisce la semina di colture geneticamente modificate in Italia, era
stato presentato dall’agricoltore friuliano Giorgio Fidenato, leader degli
Agricoltori Federati.
La Coldiretti in una nota auspica che il rinvio della sentenza venga
sfruttato da tutti gli attori coinvolti nel caso, per riflettere sui rischi
degli OGM e bandirne definitivamente la coltivazione. Come ha sottolineato
Roberto Moncalvo, presidente dell’associazione agricola:
Esprimiamo fiducia per il buon esito finale del procedimento. Il rinvio della
decisione conferma il divieto di coltivazione e allontana il rischio di
contaminazioni illegali. A questo punto i Ministeri competenti e le Regioni
devono cogliere il tempo disponibile per una soluzione definitiva che mantenga
l’Italia libera da OGM, come chiede la stragrande maggioranza dei cittadini.
Il Tar del Lazio si pronuncerà sulla semina di mais MON810 nelle prossime
settimane. Il mais Mon810 che Fidenato chiede di poter coltivare è l’unico mais
geneticamente modificato attualmente consentito in Europa. In Italia il decreto
interministeriale del luglio 2013 ne ha bloccato la coltivazione solo
temporaneamente, esattamente per 18 mesi. Successivamente bisognerà adottare le
misure previste nel resto d’Europa.
Fidenato ha già coltivato illegalmente mais Monsanto, causando un inquinamento
genetico nelle aree limitrofe e scatenando il blitz di Greenpeace che denunciò
proprio la mancanza, nei campi coltivati con il Mon810, di misure atte a evitare
la contaminazione con le piante non geneticamente modificate.
Il 5 aprile scorso la stessa Greenpeace, insieme a una task force composta da
altre 38 associazioni, è scesa in piazza per chiedere un’agricoltura libera da
OGM in Italia. L’associazione ha spiegato in una nota i rischi di una sentenza
del Tar favorevole alla coltivazione degli OGM:
Se il ricorso fosse accolto, si rischierebbe di aprire la strada a semine
incontrollate di colture geneticamente modificate. Tutto il comparto agricolo ne
risulterebbe gravemente compromesso: un colpo durissimo per i nostri prodotti,
il “made in Italy”, le produzioni biologiche, le esportazioni e per la libertà
di scelta dei cittadini.
IL PICCOLO - GIOVEDI',
10 aprile 2014
La “nuova” Tav incassa il sì dei sindaci
Via libera dei Comuni interessati dal passaggio dell’Alta velocità al
progetto suddiviso in più fasi
TRIESTE Si trattava solo di chiarire alcuni passaggi tecnici. E di avere la
rassicurazione, direttamente dalle parole di Debora Serracchiani, che la Tav non
sarà un problema per i territori nei prossimi anni, se non decenni. Ieri sera in
Regione a Udine, confortati appunto dalla relazione della presidente, i sindaci
dei Comuni interessati dal tracciato dell'alta velocità ferroviaria hanno
promosso la scelta della Regione di condividere con il Veneto un progetto in più
fasi, da Venezia a Trieste. Concretamente, com’è emerso in un recente incontro
al ministero delle Infrastrutture, la Tav si farà ma sarà più sostenibile
economicamente e meno invasiva dal punto di vista ambientale. Presente anche
l’assessore Mariagrazia Santoro, Serrachiani ha spiegato che il lavoro che la
Regione ha portato avanti in questi mesi non è alternativo al progetto della
Tav, a cui la giunta «rimane assolutamente favorevole» ma, tenuto conto di tutte
le criticità del tracciato del 2010 (quello di Rfi, messo ora nel cassetto), sia
nella parte Veneto-Ronchi dei Legionari sia da Ronchi dei Legionari a Trieste, e
considerate anche le due delibere dell'ottobre e novembre scorso che indicavano
problemi di compatibilità ambientale e altre criticità di quel progetto, si è
ritenuto di aderire alla proposta emersa nell’ultimo vertice romano. E dunque
via libera al superamento dei colli di bottiglia - nodo di Udine,
Udine/Cervignano, bivio San Polo e ingresso a Trieste - con interventi di
rafforzamento della linea esistente. Con la sola realizzazione di questi
progetti, che prevedono un costo complessivo di 1,8 miliardi, a prescindere dal
tipo di materiale rotabile - più o meno vetusto -, il tempo per percorrere la
tratta Mestre/Trieste scenderebbe a 1 ora e 8 minuti. Progetti, ha rimarcato
Serracchiani, che saranno compatibili in caso di avvio di successivi lavori
sull’alta velocità. Quanto alle risorse, una parte di questi interventi è già
finanziata, come la velocizzazione della Venezia-Trieste con i 30 milioni del
decreto del "Fare 1" e un’altra parte ha già visto avviare i cantieri (il nodo
di Udine), dove 10 milioni sono già stati stanziati e i rimanenti 60 prenotati
nel prossimo contratto di programma. Restano da finanziare il raddoppio della
tratta Udine-Cervignano (250 milioni) e gli interventi sul bivio di San Polo e
Trieste. E va pure trovata la copertura per i 40 milioni necessari per il
superamento dei passaggi a livello.
(m.b.)
Opicina e la ferrovia, una storia lunga 150 anni
Presentato il libro di Carollo. Miracco: l’anno prossimo una mostra
dedicata a von Ghega
L’ennesima occasione per evocare i giorni grandi delle ferrovie di Trieste;
per parlare del tappo che oggi le Fs hanno messo sulla locomotiva del Nordest;
per dare adito a grandi speranze per i binari “in sonno” della città.
L’occasione è stata data dalla presentazione del libro “Opicina e la ferrovia”
(Luglio editore) scritto da Roberto Carollo, volontario del Museo di Campo
Marzio e trincea della memoria ferroviaria della regione. Oltre a Carollo, alla
presentazione tenuta alla libreria Minerva sono intervenuti l'assessore comunale
alla Cultura Franco Miracco, il vicepresidente nazionale dell'Ande Etta
Carignani e Fabio Venturin in rappresentanza di CamminaTrieste. Carignani ha
ricordato «il ruolo fondamentale della ferrovia nello sviluppo economico del
nostro porto», stilando una lista di verbi coniugati all'imperfetto. Oggi, tre
date-chiave non bastano a salvare dalla chiusura il servizio passeggeri della
stazione di Villa Opicina e la Transalpina, la linea che la serve. A un secolo e
mezzo dalla nascita della prima fermata di Opicina e a 50 anni dall’unificazione
delle due stazioni che sorgevano nella frazione in un’unica, immensa stazione di
frontiera, Trieste si prepara a commemorare il centenario della Grande guerra
senza la linea inaugurata da Francesco Ferdinando nel 1906 e senza il servizio
passeggeri di Opicina, ridotto a un treno diretto a Lubiana e istituito dalle
Ferrovie slovene lo scorso dicembre. Eppure, allo scoppio della Grande guerra,
la ferrovia di Opicina fu un nodo strategico: la direttrice Transalpina
conduceva sul fronte dell’Isonzo, mentre la Meridionale - una linea che a
Opicina incrocia la Transalpina - alimentava lo stesso fronte con altri uomini,
mezzi e viveri. La scorsa settimana le Ferrovie hanno fatto sapere che la tratta
della Transalpina che collega la stazione di Campo Marzio con quella di Opicina
resterà inagibile almeno fino al 2016. L’assessore Miracco in proposito ha detto
che nel centenario del 1914, «sul piano culturale, i rapporti con Vienna saranno
stretti» ed egli si augura che «entro la fine dell'anno, con la collaborazione
delle Ferrovie slovene e austriache, si possa organizzare un viaggio della
memoria lungo la Transalpina e a bordo di un convoglio storico». Una speranza
che a oggi sembra utopia, visto che le Fs sono state lapidarie: servono almeno
due anni per stanziare i fondi di ripristino della tratta. Da Miracco è giunta
comunque una buona notizia. L'assessore ha confermato che il prossimo anno
Trieste ospiterà una mostra dedicata all'ingegner Carlo-Carl Ritter von Ghega,
dal cui genio nacque la direttrice Meridionale, ovvero la prima ferrovia che
collegò l'ex porto di Vienna alla pancia dell'Europa.
Igor Buric
Prg, duello in aula sulle aree di trasformazione
Marchigiani: riqualificheranno il tessuto urbano. Critiche
dall’opposizione: attenti a non bloccare la città
La discussione sul piano regolatore entra nel vivo. Dopo la seduta di
martedì, di “assaggio”, ieri sera il Consiglio comunale ha registrato critiche
ma anche apprezzamenti, dalla maggioranza e dall’opposizione. Interventi al
termine dei quali, dopo una pausa chiesta dal capogruppo Pd Giovanni Maria
Coloni per una riunione di maggioranza sugli emendamenti distribuiti ai
consiglieri, l’assessore Elena Marchigiani ha sciorinato la lunga lista di
quelli fatti propri dalla giunta. Con una mozione d’ordine del presidente
Furlanic, passata a maggioranza (il grillino Menis chiedeva di fare subito una
riunione dei capigruppo) il Consiglio è stato aggiornato alle 18.30 di oggi. In
precedenza Marchigiani aveva replicato ad alcuni interventi, precisando che
«essendo un piano fortemente innovativo, dev’essere comprensibile per gli uffici
che dovranno applicarlo. Ci sono aspetti che possono essere perfezionati e
snelliti - ha aggiunto - ma i miglioramenti non possono andare a detrimento
della chiarezza e dell’applicabilità». Quanto al “nodo” delle aree di
trasformazione, quelle dove sono previsti gli interventi più rilevanti,
Marchigiani ha affermato che «siamo in una fase in cui più ampie sono le aree
più è necessario il concorso dei privati, che portano lavoro e riqualificano la
città. Abbiamo fatto - ha precisato - una selezione, calibrando il livello di
redditività privata con le aree verdi e di parcheggio ». Sulle aree di
trasformazione sono giunte critiche da Michele Lobianco (Impegno civico) che ha
parlato di «lavoro accademico su pezzi di città», aggiungendo che questo piano
sottrae edificabilità ai piccoli proprietari e definendo «strumento incerto» il
recupero dei crediti volumetrici, chiedendo inoltre di semplificare le norme
tecniche di attuazione. Il problema delle norme tecniche di attuazione è stato
toccato anche da Claudio Giacomelli (gruppo misto), che ha inserito fra i dubbi
sul piano anche la separazione netta fra mappe e norme tecniche, oltre alla
limitazione del consumo del suolo, sostenendo che quest’ultimo «è un autogol se
non si spinge per il riutilizzo dell’esistente. Si devono dare strumenti per una
reale incentivazione, altrimenti si ha un piano che congela la città, bloccando
poche aree in cui si può andare a lavorare». Preoccupato per le aree di grande
trasformazione (Campo Marzio, con nuovi parcheggi ed edifici, e l’ex Fiera)
anche Paolo Menis (M5S), che ha criticato anche le 14 aree di espansione, «in
contraddizione con la riduzione del consumo del suolo». Sulla sburocratizzazione
del piano e le norme tecniche di attuazione ha preannunciato un confronto Franco
Bandelli (Un’altra Trieste), apprezzando invece la definizione dei grandi
contenitori (ex Fiera e altre aree, ma manca palazzo Carciotti) e il recupero
del patrimonio edilizio. Ieri sera si è vista anche un po’ di polemica. Paolo
Rovis (Ncd) ha bocciato gli interventi di Pietro Faraguna (Pd) e Roberto Decarli
(Ts Cambia), rimarcando che «il giudizio sul piano non lo daranno i consiglieri
ma i cittadini, attraverso le osservazioni e le opposizioni successive
all’adozione».
(gi.pa.)
Rifiuti, al via i sabati ecologici - differenziata
Ritornano gli appuntamenti con i “Sabati Ecologici”, l’iniziativa voluta da
Comune di Trieste e da AcegasAps per migliorare la raccolta differenziata e
contrastare l’ancora diffuso fenomeno dell’abbandono indiscriminato di rifiuti
ingombranti sulla pubblica via. Per tre sabati in vari punti della città saranno
allestiti “centri di raccolta mobili”, dove i cittadini potranno consegnare agli
operatori di AcegasAps quelle tipologie di rifiuti che non possono essere
conferiti nei bidoni stradali dedicati alla raccolta differenziata, come mobili,
elettrodomestici, rifiuti pericolosi, pneumatici, etc. Sabato 12 aprile il
centro di raccolta sarà allestito nell’area parcheggio alla Rotonda del
Boschetto dalle 9 e le 17. I prossimi appuntamenti sono in programma per sabato
19 aprile, nell’area parcheggio “Mandria” e sabato 3 maggio, nel parcheggio di
via Rio Primario di San Sabba.
IL PICCOLO - MERCOLEDI',
9 aprile 2014
Biossido d’azoto, Trieste la città più inquinata -
Presentato dall’Ass lo studio condotto in 25 località: sotto accusa traffico,
navi e impianti di riscaldamento
Il traffico, le emissioni delle navi in porto, i fumi prodotti dagli
impianti di riscaldamento delle abitazioni. Queste le principali cause
dell'inquinamento atmosferico a Trieste relativamente a polveri sottili,
biossido di azoto e ozono. Lo rivela lo studio "Epiair 2", presentato
dall'Azienda per i servizi sanitari, che riassume le rilevazioni effettuate nel
quinquennio 2006-2010 in 25 città italiane fra cui Trieste. Nella nostra città
si registra il primato dell’inquinamento da biossido di azoto; una situazione in
media con gli altri centri sottoposti a indagine quanto all’ozono; e una buona
qualità dell'aria se si parla solo delle polveri sottili, le pm10. Il biossido
di azoto è in calo nelle altre città, mentre a Trieste rimane costante. Le 25
città esaminate - ha spiegato Riccardo Tominz, del Dipartimento di prevenzione
dell'Ass1 - «rappresentano l'intero Paese, perché si è andati dal Nord al Sud
con particolare concentrazione di controlli nella pianura Padana, dove le
condizioni atmosferiche favoriscono più di altrove l'inquinamento». Passando a
Trieste, Tominz ha detto che «le tabelle individuano nel traffico veicolare con
le emissioni di gas di scarico prodotte da un parco auto più vecchio della media
nazionale, nelle emissioni generate dalle navi che in porto devono tenere i
motori accesi durante le operazioni di carico e scarico, e nei fumi causati
dalla prolungata apertura degli impianti di riscaldamento le principali cause di
biossido di azoto e polveri sottili». Quanto al traffico privato, Tominz ha
evidenziato che «per densità di auto in relazione alla popolazione residente
siamo sotto la media nazionale, ma ne siamo al di sopra per anzianità del parco
auto. Il 37,6% delle vetture che transitano nelle strade di Trieste sono euro 2
o ancor meno». Molto migliore invece il dato dei mezzi pubblici: l'86,3% di
quelli in circolazione sono Euro 3. Riferendosi alle industrie e specialmente
alla Ferriera, Tominz ha rilevato che «questo studio tiene conto dell'intero
territorio urbano, perciò nella media l'inquinamento di un'area come Servola
diventa poco influente sui dati che riguardano tutta la città. Se per assurdo
non avessimo una zona industriale, avremmo comunque una forte presenza di
biossido di azoto e una comunque significativa incidenza delle polveri sottili».
Valentino Patussi, direttore del Dipartimento di prevenzione dell'Ass1, ha
affermato che «qualsiasi attività di prevenzione si vorrà intraprendere si dovrà
basare sulla conoscenza dei dati». Quanto ai decessi per causa naturale che
possono essere attribuiti al pm10, lo studio evidenzia che a Trieste le polveri
sottili li fanno aumentare dello 0,18%: abbiamo cioè 4,8 morti in più all'anno
per questo motivo. Scarse infine le aree pedonali: media nazionale di 0,6 metri
quadrati per abitante, a Trieste si scende a 0,3.
Ugo Salvini
Riecco sulle Rive la “grande puzza” ma dura poco
Tanto fumo e poco arrosto. O, meglio, tanta puzza e poche conseguenze. Anzi:
zero. Era un po’ che il problema non si presentava più in queste proporzioni.
Finché, proprio ieri mattina, la storia s’è ripetuta: i vigili del fuoco,
attorno alle 11, hanno ricevuto infatti al 115 numerose telefonate da parte di
cittadini allarmati da un intenso quanto nauseabondo odore acre, chiedendo sia
di sapere che cosa stesse succedendo che, ovviamente, si potesse intervenire per
porre fine a questa “grande puzza”. Le chiamate provenivano principalmente da
zone prossime al mare, ma - più che da quelle più vicine al porto industriale -
dalle Rive del centro città: via Diaz, piazza della Borsa, piazza Tommaseo, via
San Nicolò, per citarne quelle più ricorrenti. I pompieri hanno inviato così una
squadra dell’Nbcr, il Nucleo nucleare, biologico, chimico e radiologico (Nucleo
che sarebbe stato poi chiamato per un intervento di altra natura in Alto
Friuli), che non ha rilevato parametri preoccupanti. Poco dopo il fenomeno s’è
placato. Si può presumere - anche secondo gli stessi vigili della Centrale
operativa - che la causa possa essere stata una nave svuotata e ripulita in zona
portuale.
Nuovo Piano regolatore - Partita la maratona in aula
Via ai lavori per l’adozione in Consiglio comunale, ma dopo i primi tre
interventi è stata votata a larga maggioranza la chiusura della seduta: se ne
riparla stasera
In un’atmosfera decisamente tranquilla è partita ieri sera la maratona del
Consiglio comunale per l’adozione del nuovo Piano regolatore. Una seduta che,
com’era prevedibile, non ha registrato alcuna schermaglia. Tanto che, attorno
alle 20, dopo i primi interventi, il presidente Iztok Furlanic ha proposto di
chiudere i lavori e aggiornarli a questa sera. Ma il consigliere Stefano
Patuanelli (M5S), con una mozione d’ordine, ha chiesto di proseguire. Furlanic
ha così posto ai voti la possibilità di chiudere la seduta, passata con 31 sì e
5 contrari. Tre soli i primi intervenuti, oltre alla relazione introduttiva
dell’assessore Elena Marchigiani. Hanno preso la parola Mario Ravalico (Pd),
presidente della Sesta commissione che ha analizzato il nuovo piano, Patuanelli
(M5S) e il capogruppo forzista Everest Bertoli. Interventi, come detto, aperti
dall’assessore, che ha ricordato il lungo percorso di ascolto e partecipazione.
Quanto ai contenuti, Marchigiani ha ricordato la «visione ampia, europea della
città, che va oltre i confini, legandosi all’entroterra e interpretando le
necessità e le potenzialità dell’altipiano», non senza dimenticare le proiezioni
per lo sviluppo del porto, della ricerca e delle attività economiche. «Il tutto
- ha aggiunto - in una visione attenta all’ambiente e al paesaggio». Fra i temi
forti alla base delle scelte, l’attenzione al consumo del suolo, con opportunità
per un diverso modo di intervenire sulla città, sul riuso e sul recupero del
patrimonio edilizio, ma anche interventi per il recupero energetico, a loro
volta strumenti di rilancio delle attività economiche. «Stiamo iniziando a
discutere uno strumento importante per lo sviluppo della città nei prossimi 15
anni», ha esordito il consigliere Ravalico (Pd), che ha definito il piano
«fortemente innovativo sia per la metodologia sia per i contenuti, fatto di
scelte che hanno punti di contatto di non poco conto con la vita dei cittadini».
E nel puntare alla valorizzazione delle diverse zone, allo sviluppo
dell’imprenditoria e della ricerca, il piano, ha sottolineato Ravalico, unisce
le proposte per la città di domani, creando un unicum fra centro storico e
periferia. Sul fronte dell’opposizione Patuanelli (M5S) ha riconosciuto che il
documento fa «un’analisi precisa e puntuale del territorio, da cui trarre le
azioni per modificare ciò che non va ma anche quelle per conservare ciò che va
bene», e ha definito «altamente condivisibili» i passaggi sulla tutela del
territorio, anche sarebbe stato meglio «annullare anzichè limitare il consumo
del suolo». Due le critiche di Patuanelli. La prima: se bisogna risparmiare
suolo, non vanno previste aree di espansione. L’altra ha riguardato le aree
verdi e agricole: «Alcuni passaggi non fanno capire che l’uso del suolo non è
solo edificazione». «Siamo chiamati a fare le scelte migliori, senza guardare
alle divisioni che ci contrappongono», ha affermato il forzista Everest Bertoli,
aggiungendo però subito dopo una serie di critiche. Il piano è uno strumento
giusto nel momento sbagliato, in quanto sul piano burocratico può portare a un
ulteriore rallentamento dell’economia cittadina, specie nell’edilizia. Gli
obiettivi devono poi rispondere anche e esigenze di semplificazione e
velocizzazione delle procedure e dei permessi a costruire. Infine il
contenimento dell’uso del suolo. Secondo Bertoli è stato raggiunto sul piano dei
numeri, ma la riduzione è prevista in modo indiscriminato, colpendo sia i grandi
terreni sia i piccoli lotti.
Giuseppe Palladini
Monassi accelera: al Magazzino 26 il Comitato portuale
Venerdì la seduta nell’hangar in cui la presidente intende trasferire
l’Authority. Sottostazione, il nodo dei fondi Ue
L’accelerazione al trasferimento viene impressa nel modo più plateale: il
Comitato portuale, convocato per venerdì alle 11, non si terrà alla Torre del
Lloyd, ma al Magazzino 26 nel bel mezzo della parte vetusta e abbandonata dello
scalo. È qui che la presidente Marina Monassi ha annunciato la settimana scorsa,
in modo che a molti ha fatto l’effetto di un fulmine a ciel sereno, di voler
trasferire gli uffici dell’Autorità portuale portandoli via dalla Torre del
Lloyd, anzi di aver già dato il via all’operazione. Trasloco evidentemente
complicato dal momento che nell’hangar, il secondo magazzino portuale storico
più ampio d’Europa, mancano le infrastrutturazioni, i collegamenti informatici,
gli arredi, probabilmente la stessa delimitazione degli spazi risulta inidonea,
per non parlare della lontananza dal cuore nevralgico dello scalo dal momento
che l’Authority ha compiti di «indirizzo, programmazione, coordinamento,
promozione e controllo delle operazioni portuali di cui all'articolo 16, comma
1, e delle altre attività commerciali e industriali esercitate nei porti», come
specifica la legge 84 del 1994 tuttora in vigore. La seconda struttura scelta
per il trasferimento è l’adiacente Sottostazione elettrica recentemente
restaurata: è qui che la presidente avrebbe inizialmente fatto trasferire il
grande tavolo dove far svolgere i Comitati, salvo poi ripensarci forse per la
destinazione museale della struttura che con questa clausola ha ottenuto anche
Fondi europei e ripiegare sul Magazzino 26, pare inizialmente in primo piano e
alla fine al pianterreno. Negli ultimi giorni non solo sono stati visti camion
di traslochi davanti alle due strutture, ma addirittura automobilisti di
passaggio hanno notato tutte le luci accese di notte alla Sottostazione
elettrica: leggende metropolitane, fantasmi o traslochi urgentissimi? Il mandato
di Monassi scade a gennaio (non sono comunque escluse proroghe o riconferme) ma
sul Porto Vecchio (con il bando a spezzatino, il mantenimento del Punto Franco e
addirittura il trasferimento dell’Autorità portuale), la presidente, finché è in
tempo, si starebbe prendendo la rivincita per la sconfitta subita nell’area di
Servola dove la governatrice Debora Serracchiani è destinata a divenire
commissario straordinario. Il Comitato portuale in Porto Vecchio ha un unico
precedente con la convocazione alla Centrale idrodinamica per una seduta quasi
farsesca con la corrente elettrica saltata quasi subito e la prosecuzione
pressoché al buio. L’ordine del giorno non dice quasi niente, ma in questo modo
lo fanno quasi tutti i presidenti. L’unico punto chiaramente comprensibile
riguarda la piattaforma ferroviaria della Samer&c. seaports and terminals. Tutto
il resto (ma non le deliberazioni) può essere compreso nei punti: Comunicazioni
del presidente e del segretario generale e Varie e eventuali. Nella lettera
mandata all’Authority con la richiesta di convocazione urgente del Comitato la
governatrice Serracchiani, la presidente della Provincia Bassa Poropat e il
sindaco Cosolini chiedevano di conoscere novità sulle questioni della
Piattaforma logistica, dell’area di Servola, della privatizzazione di Trieste
terminal passeggeri e del Porto Vecchio.
di Silvio Maranzana
E Italia Nostra fa il convegno senza patrocinio
Italia Nostra e l’Istituto di Cultura marittimo portuale
di Trieste organizzano da domani a sabato il meeting internazionale “I nuovi
distretti portuali storici” che si terrà nella Centrale idrodinamica del Porto
vecchio, ma al quale la presidente dell’Authority Marina Monassi ha tolto il
patrocinio. Venerdì sono previsti i saluti del Rettore e delle istituzioni. «Con
i recenti restauri e con la costituzione del Polo museale - rileva una nota di
Italia nostra - si è cominciato a ridare vita agli stradoni e agli imponenti
edifici del Porto Vecchio. Abbiamo portato il sito all’attenzione al Ministero
dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo e abbiamo contribuito, con la
presentazione del masterplan, a sbloccare la situazione di impasse; speriamo che
tutte le Istituzioni convergano.»
E per il dopo-Ferriera spunta il “piano C” - Lo propone
la Anem di Vienna: un megaterminal galleggiante per navi da oltre 18mila teu
Sgonfiato il primo progetto per Servola alternativo all’opzione Arvedi dallo
stesso presidente della società che l’ha prodotto, Gianpiero Fanigliulo di Alpe
Adria che anche ieri lo ha pubblicamente definito «bellissimo, ma superato»,
rischia di prendere quota, forse per occulte spinte politiche, un secondo, se
possibile ancor più fantasmagorico. È una sorta di piano C consegnato tra
l’altro all’Autorità portuale e alla stessa Lucchini. In questo caso il
proponente è la Anem cioé l’Austrian marine equipment manufacturers, società di
Vienna che in sostanza propone di realizzare nello specchio acqueo antistante la
Ferriera una grande struttura galleggiante (si tratterebbe di teconologia Vlfs
cioé Very large floating structures) che funga da megaterminal container per
ormeggiare, grazie ai profondi fondali triestini, navi di 18mila e più teu. «I
Vlfs - si legge nella prefazione del documento consegnato da Johannes Kuehmayer
- sono in grado di offrire una seria alternativa alle banchine convenzionali e
dunque il concetto alla base della soluzione proposta da Anem non è condizionato
da ostacoli che nascano per i lunghi processi decisionali sul futuro dell’area
Lucchini, né sulla individuazione del chi e come eseguire la bonifica del sito o
del come si elimineranno migliaia di tonnellate di materiale contaminato,
nemmeno sulla definizione di chi e come dovrà sostenere i costi di tutto
questo.» A parte il fatto che non vi è alcuna indicazione su eventuali
interessamenti all’operazione da parte né di imprenditori né di armatori,
sembrerebbe di capire che da tutta l’operazione Trieste non guadagnerebbe
nemmeno la bonifica del sito. Il punto di partenza della proposta è «la firma di
un memorandum d’intesa tra le ferrovie russe e quelle austriache con il
coinvolgimento di partner ucraini e slovacchi». L’attuale crisi russo-ucraina è
evidentemente l’ennesimo punto interrogativo. «L’accordo - rileva l’Anem -
prevede il prolungamento della linea ferroviaria a scartamento largo (Transsib)
da Kosice in Slovacchia alla regione Vienna-Bratislava e trasformerà Vienna nel
più importante hub container dell’entroterra europeo. I tunnel già in
costruzione elimineranno i colli di bottiglia dell’asse Baltico-Adriatico in
Austria e apriranno un hinterland di enorme portata e rilevanza economica per il
porto di Trieste.» La conclusione è ancora più stucchevole perché si invitano i
soggetti interessati a ripensare il ruolo di Trieste e avviare subito negoziati
con l’Alleanza P3 (Maersk, Msc e Cma-Cgm) la stessa con cui il vero terminal
container di Trieste ha trovato già molti mesi fa accordi in base ai quali la
prima nave della P3 arriverà sul Molo Settimo già ad agosto.
(s.m.)
«Uil a favore di Arvedi, mai cambiata la linea»
Rodà dopo le dichiarazioni di Fanigliulo. E il Pd attacca: solo un bluff
il progetto alternativo
«È importante che un segretario regionale di categoria della Uil abbia
pubblicamente affermato che la via corretta da seguire per la riqualificazione
dell’area di Servola è quella delineata nell’Accordo di programma e che sembra
avere ora in Arvedi l’unico interlocutore sul fronte imprenditoriale». In questo
modo Antonio Rodà, segretario provinciale della Uilm ha commentato ieri le
dichiarazioni rilasciate al Piccolo da Gianpiero Fanigliulo segretario regionale
di Uiltrasporti che, mentre tutti i suoi colleghi si prodigavano per la
continuità produttiva, toltosi momentaneamente il cappello da sindacalista e
messosi addosso il secondo in suo possesso, quello di presidente della società
Alpe Adria promuoveva e avvallava (perlomeno fino al luglio scorso) uno studio
alternativo alla siderurgia. «Nell’ambito della Uil - ha specificato Rodà - la
linea è sempre stata una sola per cui non c’è stato bisogno di alcun confronto o
chiarimento». E la posizione è stata ribadita anche nel congresso provinciale
della Uilm, apertosi ieri nella sala di Friulia e che si concluderà oggi con la
rielezione a segretario di Antonio Rodà. Ieri sono state affrontate le crisi
metalmeccaniche sul territorio: Ferriera, Sertubi e Wärtsilä anche con gli
interventi degli assessori provinciali Igor Dolenc e Adele Pino. Dopo le notizie
provenienti dallo stesso fronte di Alpe-Adria «che per il destino dell'area
Ferriera svelano l'inconsistenza del progetto alternativo ad Arvedi», prende
posizione il gruppo del Pd in Comune. I consiglieri democratici rivolgono
all'Autorità portuale una serie di domande. «Perché il progetto non è mai stato
presentato nelle sedi appropriate?” - si chiede il consigliere Marco Toncelli,
presidente della Terza commissione consiliare - Perché viene fuori ad Accordo di
Programma già sottoscritto da tutti gli enti coinvolti (Autorità Portuale
compresa)?» «La città deve sapere chi lo ha chiesto, chi lo ha firmato, quanto è
costato e quando e come è stato pagato», aggiunge Pietro Faraguna. Il capogruppo
Giovanni Coloni allora non può che rilevare che «quello che si delinea come un
bluff viene fuori proprio quando le cose si stanno avviando faticosamente per il
verso giusto sui binari dell'Accordo di Programma. Atto cui hanno collaborato
fattivamente tutte le istituzioni, avente come faro le bonifiche ambientali e
l'occupazione e a cui soltanto l'Autorità portuale ha già cercato di porre
ripetuti ostacoli, senza riuscire a mandare all'aria il tavolo. Allo stato degli
atti l'Accordo di programma rappresenta l'unica ipotesi credibile per
disinnescare in modo concreto la bomba sociale e ambientale che abbiamo
ereditato dalla storia della città».
Rifiuti, 3mila “pezzi” abbandonati in marzo
Il sindaco: «Impressionante, una minoranza danneggia tutti». Recuperarli
costa 500 mila euro l’anno
Più di tremila rifiuti ingombranti, abbandonati vicino ai cassonetti ma
anche no, sono stati raccolti da apposite squadre dell’AcegasAps solo in marzo.
Tutti materiali che andrebbero consegnati nei centri di raccolta, ma che vengono
anche ritirati gratis a domicilio chiamando un apposito numero verde. Quella di
marzo non è purtroppo una cifra molto più alta rispetto ad altri mesi. A
febbraio il numero di tali rifiuti ha raggiunto i 2.600. Un po’ meglio, si fa
per dire, è andata a gennaio, con quasi 2mila “pezzi”. «Ho appreso queste cifre
durante un recente sopralluogo con i tecnici di AcegasAps - spiega il sindaco
Roberto Cosolini -. Il solo dato di marzo è impressionante, significa cento
interventi al giorno per recuperare rifiuti abbandonati». Il primo cittadino
osserva che questo comportamento, anche se si riferisce a «una minoranza della
popolazione dotata di scarso senso civico, danneggia però il decoro dell’intera
città, e richiede l’impegno di risorse che AcegasAps potrebbe impiegare per
migliorare altri servizi». Le risorse di cui parla il sindaco ammontano a circa
500mila euro l’anno. Cifra che corrisponde alla spesa per gli stipendi e altri
costi di sei squadre, ciascuna di due persone e ciascuna dotata un autocarro per
recuperare i rifiuti abbandonati. Il sindaco è letteralmente scandalizzato per
così tanti casi di incuria e trascuratezza. «Chi si comporta così deve sapere -
rimarca - che con questi comportamenti danneggia tutti in maniera rilevante. E
lede l’immagine della città che ne ricavano gli stessi triestini e anche i
turisti. Lo stesso vale per quelle persone che continuano a buttare per terra i
mozziconi di sigaretta, anche quando si trovano a pochi metri dagli appositi
contenitori». L’atteggiamento della gente che abbandona i rifiuti è del tipo
“tanto quelli dell’AcegasAps sono bravi”. Ma proprio il direttore del Servizio
ambientale dell’ex municipalizzata, Paolo Dal Maso, ricorda che «per i rifiuti
ingombranti ci sono i centri di raccolta, aperti 12 ore al giorno, e quello di
via Carbonara a San Giacomo funziona anche la domenica mattina. C’è poi il
ritiro gratuito a domicilio, prenotabile a un numero verde. Ciononostante, negli
anni la situazione va peggiorando, mentre la gente pretende più pulizia». Fra i
rifiuti che le squadre dell’AcegasAps, inviate dopo le segnalazioni degli
autisti dei camion che svuotano i cassonetti o di altro personale, raccolgono
ogni giorno c’è di tutto. «Nei premi tre mesi dell’anno - precisa Dal Maso -
abbiamo trovato 150 materassi, 200 pezzi di mobilio, ben 580 rifiuti ingombranti
di vario tipo, 430 cartoni, nonostante per questi ci sia un apposito servizio di
raccolta. E ancora 169 televisori, video per computer, bombole di gas, parabole
per la Tv, e anche il cofano di un’auto. Senza contare - conclude - 1.500
sacchetti di rifiuti urbani, che andrebbero messi negli appositi cassonetti e
che invece sono stati lasciati ati all’esterno».
Giuseppe Palladini
Domenica il primo centro mobile di raccolta - ALLA
ROTONDA DEL BOSCHETTO
Per invogliare i cittadini a non abbandonare i rifuti ingombranti, dopo la
sperimentazione dell’estate 2013 (che ha dato buoni risultati) AcegasAps ha
deciso di ripetere l’operazione “centri mobili di raccolta”. Si comincia già
domenica prossima , con la postazione al parcheggio della Rotonda del Boschetto
(orario 9-17), dove si potrà portare ogni genere di rifiuti ingombranti: mobili,
elettrodomestici, pneumatici, batterie e quant’altro. La seconda tappa è
prevista domenica 19 aprile , al parcheggio “mandria” di Prosecco; anche questo
centro funzionerà dalle 9 alle 17. Il terzo centro mobile verrà allestito
domenica 3 maggio, nel grande parcheggio di via Rio Primario, accanto alla
Risiera. Ulteriori centri mobili saranno predisposti nei prossimi mesi. Tutta la
settimana sono poi aperti i quattro tradizionali centri di raccolta: in via
Carbonara 3, via Martinaga 10, Strada per Vienna 84/a e via Giulio Cesare 10.
Panche e fontanelle lungo la pista ciclabile
Presentato il progetto di riqualificazione redatto dalla Provincia,
investimento da 60mila euro
Illustrato ieri in Provincia dalla presidente Maria Teresa Bassa Poropat e
dagli assessori provinciali allo sport Igor Dolenc e alla viabilità Vittorio
Zollia il progetto di riqualificazione della pista ciclopedonale Giordano Cottur,
progetto che punta a migliorare la fruibilità dell’impianto incentivando lo
sviluppo sul territorio di una mobilità sostenibile. Realizzato dall’Area
servizi tecnici di palazzo Galatti, il piano individua una ventina di punti di
ristoro lungo il percorso di 12 chilometri, nei quali saranno posizionati arredi
urbani e in particolare panchine, stalli per biciclette, tavoli da picnic e
fontanelle. Il progetto comprende già il tipo di arredi da utilizzare, come la
panca realizzata con materiali di risulta della lavorazione dl granito bianco,
“antivandalo” perché inamovibile vista l’entità del peso e il trattamento
antiograffito. La fase di progettazione - è stato sottolineato in sede di
presentazione - si è svolta «nel pieno rispetto della natura e dell’ambiente
circostante sia per la scelta dei materiali che nella fase di individuazione dei
siti di posizionamento«. Uno volta terminato lo studio è stata convocata una
Conferenza di servizi mirata ad acquisire da parte degli enti preposti pareri,
autorizzazioni, nulla osta finalizzati alla realizzazione dell’opera in
questione che comprende il ministero per i Beni culturali con la Soprintendenza,
i Servizi tutela del paesaggio e biodiversità e della pianificazione
territoriale della Regione, i Comuni di Trieste e di San Dorligo della
Valle-Dolina. Una volta ottenuti i pareri necessari il progetto passerà alla
fase operativa. Lo studio comporta un investimento complessivo di 60mila euro.
L’assessore allo Sport ha quindi comunicato che sarà ancora il Comitato
TriesteinBicicletta a occuparsi della gestione della pista ciclopedonale. Il
comitato (composto dal Comitato provinciale della Federazione ciclistica
italiana, da Ulisse-Fiab Federazione italiana amici della bicicletta,
dall’Associazione tutori stagni e zone umide del Friuli Venezia Giulia,
dall’associazione Granfondo D’Europa, dalla Cottur Asd, dal Federclub Trieste
Scat Capponi, dall’Asd Ciclo Club Trieste e dall’Asd 360MTB), continuerà ad
organizzare e coordinare le attività sulla pista. La pista ciclopedonale
Giordano Cottur, inaugurata nell'ottobre 2010, si snoda su parte del tracciato
della ferrovia che dal 1887 al 1959 collegava la stazione di Trieste/Campo
Marzio con quella di Erpelle lungo la ferrovia Istriana Pola – Divaccia.
L'itinerario, che riutilizza grazie a un'attenta opera di recupero il vecchio
sedime, inizia nel rione di San Giacomo, e risale - dotato di numerosi punti
panoramici - verso la Riserva naturale della Val Rosandra fino al confine a
Draga Sant'Elia.
Opicina e la sua storica ferrovia - alla libreria
Minerva
“Opicina e la ferrovia” alle 17.30 Info su www.luglioeditore.itQuesto
pomeriggio alle 17.30, nella sala di lettura della libreria Minerva di via San
Nicolò 20, verrà presentato “Opicina e la ferrovia” di Roberto Carollo,
responsabile del Museo Ferroviario di Trieste, pubblicato da Luglio editore.
Interverranno l’autore assieme a Etta Carignani, vicepresidente nazionale
vicaria Ande (Associazione donne elettrici) e presidente associazione Ande
Trieste, Franco Miracco, assessore alla Cultura al Comune di Trieste, Carlo
Genzo, vicepresidente di Camminatrieste. Da quasi due anni le serrande della
biglietteria sono calate, gli schermi che segnano arrivi e partenze spenti.
Sopravvivono 11 binari su 43, gli uffici doganali affondano nella polvere,
quelli della Polfer sono sbarrati e l’ultimo treno passeggeri (l’EuroNight per
Budapest) è stato soppresso nel 2011. Erano 500 gli addetti negli anni Sessanta,
oggi sono 20. Ecco l’oggi della storica stazione di Opicina.
I cinghialetti di via Moreri fra attrazione e “mistero”
A caccia di cibo a ridosso delle case per giorni e giorni, assenti nelle
ultime ore - Dolenc: «Stiamo cercando soluzioni non cruente». Enpa «disposta ad
accoglierli»
Da grandi sfioreranno il quintale e la loro vita non sarà un granché
compatibile con la nostra, per elementari leggi di natura. Il problema, però, a
quanto pare non si pone. Per ora. I baby-cinghiali di Roiano (pascolanti
nell’ultimo paio di settimane almeno, nel terreno incolto di proprietà delle
Ferrovie, a destra della prima rampa di via Moreri, fra le case impiantate ai
piedi di Pis’cianzi) sono un’attrazione irresistibile, evidentemente. Sembrano
“trudini” di peluche, ma col valore aggiunto che trotterellano e grugniscono
come a dire grazie quando gli si getta l’avanzo dell’amatriciana, la cartilagine
della carne ai ferri e la scorza di formaggio. Il massimo, insomma, per i bimbi.
E non solo. Lo sono pure per chi è più in là con gli anni ma che davanti a
questi animaletti torna bambino. Il fatto è che, dai e dai, sono diventati ormai
cinghialetti domestici. Capaci di spingersi così vicini alle case da costituire,
senza saperlo, un problema da risolvere prima che il loro peso s’avvicini
appunto al quintale. Un problema che la Provincia - l’ente (finché c’è) deputato
ad occuparsene - annuncia attraverso il vicepresidente Igor Dolenc, tra le altre
cose assessore alla fauna, di dover risolvere ma di volerlo fare senza
spargimenti di sangue bestiale e, di conseguenza, di lacrime umane. I cuccioli
di cinghiale di via Moreri, infatti, da qualche giorno sono molto più di
un’attrazione. Quasi personaggi da leggenda, in un’aura di mistero. Tra gli
abitanti, che amano e in certi casi coltivano anzi questa presenza oggi innocua,
si è sparsa la voce che siano rimasti orfani e sbuchino dai rovi senza curarsi
troppo della vicinanza dell’uomo per la gran fame. A qualche anima buona e
disinteressata, come il lettore Enrico Comini ad esempio, autore sia del video
che delle foto (comprese quelle che si vedono in questa pagina) ora sul sito del
Piccolo, nelle ultime ore era passata per la testa addirittura la pazzia idea
(che è rimasta chiaramente un’idea) di provare a catturarli, imbarcarli nel
bagagliaio e poi liberarli in Carso. Motivo: «L’Enpa al telefono ci ha detto che
non può intervenire, la competenza è dei guardiacaccia della Provincia, ma se
arrivano loro li sopprimono». «Noi interveniamo - spiegava nella mattinata di
ieri Gianfranco Urso, coordinatore regionale Enpa - solo nel caso in cui i
cuccioli siano orfani, o abbandonati, com’è capitato l’altro mese in zona
Napoleonica con un esemplare scivolato da un gradone. Ma questi di Roiano per
noi non sono orfani né abbandonati. Lo si capisce dalle striature, che se ne
vanno attorno alla decima settimana dalla nascita, e comunque a svezzamento
finito. Loro vengono tuttora allattati, la notte, dalle mamme. Fossero soli
sarebbero morti, perché per come sono piccoli ancora ne hanno necessità, al di
là di ciò che viene dato loro da mangiare dalle persone. Sarebbero poi
sprovvisti sia di difesa la notte dalle volpi sia di sufficienti anticorpi per
cavarsela». Il mistero s’è annerito verso ora di pranzo, quando i cuccioli sono
spariti. In ritirata sotto i rovi con le mamme o fatti fuori dalla pubblica
autorità, dato che è stato avvistato nei paraggi un mezzo della Forestale
regionale? La pubblica autorità, in giornata, ha smentito. Catturarli non è
semplice, anche se si dovessero utilizzare pistole d’indormio ché potrebbe
risultare fatale per bestioline così leggere. Sparare pallettoni veri con
l’intento di uccidere tra le case sarebbe ancor meno semplice, e tanto meno una
cosa del genere passerebbe, o sarebbe già passata, inosservata. I guardiacaccia
della Provincia li tengono d’occhio da tempo: sono censiti in undici, due mamme,
che se ne restano coperte, e nove piccoli (in realtà i residenti ne hanno scorti
sei al colpo) che sono lasciati liberi di girare un po’ in quanto se ne tornano
nella macchia felici e sazi. «Stiamo monitorando la situazione - la
dichiarazione di Dolenc - e stiamo cercando di vedere se è possibile organizzare
un intervento non cruento, spostandoli lontani dall’abitato». Parola di
assessore, nel pomeriggio. Quando da via Moreri si continuava a dare i teneri
cinghialetti per dispersi (proprio sotto Pasqua...). E quando l’Enpa, stavolta
con la presidente triestina Patrizia Bufo, si è dichiarata «disposta ad
accoglierli, nutrirli ed inserirli successivamente in natura, ove la Polizia
ambientale o il Corpo forestale dello Stato ritengano di portarceli».
Piero Rauber
GREEN STYLE.it - MARTEDI',
8 aprile 2014
Riciclare le capsule del caffè aiuta la ricerca sul
cancro
Un riciclatore incentivante, che permette di differenziare le capsule del
caffè esauste e di ottenere un bonus per l’azione compiuta: è quello installato
al centro commerciale Emisfero di Fiume Veneto, in provincia di Pordenone.
Il progetto di raccolta e riciclo delle capsule del caffè esauste tramite il
riciclatore realizzato dall’azienda veneta Eurven e installato da Cialdefriul di
Portogruaro, permetterà di avviare una corretta raccolta differenziata in loco:
i rifiuti raccolti saranno mandati direttamente alla fase di separazione e
riciclo, senza ulteriori passaggi.
Questo metodo permetterà di evitare la fase di movimentazione dei rifiuti, da
cui deriva una massiccia immissione di C02, contribuendo così all’abbattimento
delle emissioni nocive.
Carlo Alberto Baesso, general manager di Eurven, ha spiegato:
Il nostro obiettivo è partire dai rifiuti per costruire un mondo migliore, e non
ci basta sensibilizzare sul corretto smaltimento dei rifiuti, ma andare oltre e
sostenere tutte quelle iniziative che operano concretamente ogni giorno per
cambiare le cose.
Ma l’obiettivo dell’iniziativa non è solo quello di gestire il flusso di capsule
del caffè in modo sostenibile: tutti i proventi raccolti dal progetto saranno
infatti devoluti a La Via di Natale Onlus, associazione che raccoglie fondi per
la lotta contro il cancro, contribuendo così anche allo sviluppo della ricerca.
Paolo Milan, titolare di Cialdefriul, ha concluso:
Siamo orgogliosi della collaborazione con Eurven e della finalità
dell’iniziativa. Trasformare in risorsa un rifiuto che molti di noi non sanno
nemmeno dove buttare è un risultato davvero importante.
IL PICCOLO - MARTEDI',
8 aprile 2014
«Piano B per la Ferriera? Datato, meglio Arvedi»
Lo sostiene lo stesso presidente di Alpe-Adria
GIanpiero Fanigliulo che ha presentato il progetto sconfessando se stesso e
l’autorità portuale
«Non vorrei pensare male, ma a pensare male ci si prende», Gianpiero
Fanigliulo, il sindacalista multitasking (segretario regionale della Uil
Trasporti, presidente di Alpe Adria e membro del Comitato portuale) cita
Andreotti a sua insaputa («Non l’ho mai condiviso, ma deve dare atto che l’uomo
era di valore»). E lo fa per prendere le distanze da se stesso («Lo studio Alpe
Adria per la Ferriera è datato») e dal committente, l’Authority di Marina
Monassi («Non capisco perché l’abbiano tirato fuori ora»). Parola d’onore di
Fanigliulo, “sindacalista moderno”. «La parola più intelligente l’ha detta la
Serracchiani (governatrice del Fvg, ndr)». La Serracchiani? Ho capito bene? Non
capisco il suo stupore. Sto solo ai fatti. Ma cosa ha detto di così
intelligente? Ha dato una lettura esatta. Ha detto che è un piano datato che le
è stato dato mesi fa senza citare l’autore dello studio e neppure il
committente. Una porcata? È stato un errore. Chi l’ha consegnato in quel modo ha
sbagliato. Di cosa si tratta? Non è un piano B e non è alternativo a nulla. È
stato fatto nel luglio 2013 quando della Ferriera si parlava solo della
chiusura. Nient’altro. Non c’era Arvedi all’orizzonte Una tempesta in un
bicchiere d’acqua. Si parla di luglio 2013. Tutto il resto casca da sé. Ma
perché è stato ritirato fuori adesso? Non da noi. Le risulta che sia stata Alpe
Adria a ritirarlo fuori?Assolutamente no. Alpe Adria è l’autore del piano? Ma
non il committente. Noi l’abbiamo preparato e consegnato all’Autorità portuale.
C’è una corrispondenza a riguardo. Ma perché l’Autorità portuale l’ha
rispolverato ora? Non lo. L’Autorità portuale può farne l’uso che vuole. Non
entro nella sua strategia. Ma perché. a suo giudizio, è stato tirato fuori
adesso? Sono 32 anni che faccio il sindacalista. Che domande mi fa? I colleghi
sindacalisti non l’hanno presa molto bene questa iniziativa... Se non conoscono
appieno le date, è chiaro che s’incazzano. È normale. Ma se gli si dice che
questo piano è stato fatto nel luglio 2013 quando Arvedi non c’era,
probabilmente la penserebbero in modo diverso. Comunque li incontrerò... Da
sindacalista a sindacalisti... No, da presidente a sindacalisti. Non sono
incompatibile per il mio statuto. Il segretario regionale della Cgil, Franco
Belci, parla di un conflitto di interessi... Su cosa non lo so. Ognuno ha dei
conflitti di interessi. È un’’ossessione di Belci... Un’ossessione ricorrente.
L’ho notato. In verità ci sono delle incompatibilità anche da quelle parti. Che
io approvo completamente. Quali? Roberto Treu. Sindacalista Cgil nelle
assicurazioni e capo del personale del Comune... Tornando alla Ferriera. Non è
stato corretto da parte dell’Authority tirare fuori ora dal cassetto il vostro
piano? Corretto, non corretto... Mi risparmi questo giudizio. Posso dire che
Alpe Adria ha fatto un buon lavoro, nei tempi che ci erano stati richieste. Ma
perché Alpe Adria ha accettato l’incarico? Alpe Adria si occupa di treni e
logistica. Nell’ottica di incrementare il nostro business, abbiamo commissionato
uno studio di reindustrializzazione su ordine dell’Authorità portuale. Il
rischio è che l’area della Ferriera faccia la fine di quella di Aquilinea. Il
lavoro svolto è eccellente, ma inattuale nel momento in cui c’è una gara che sta
partendo e un gruppo industriale interessato. Quindi lo studio va accantonato?
Diciamo che non è attuale. Non credo verrà usato. Mi sembra che Arvedi abbia
tutte le buone intenzioni per prendere in gestione la Ferriera. E quindi? Lo
studio di Alpe Adria è un esercizio. Si prende solo se serve. Altrimenti sta lì.
Un piano che va bene solo se Arvedi si ritira... Se la Ferriera chiude... E
questo io non lo voglio, non lo dico. Ho a cuore 500 lavoratori. Non dimentichi
la mia natura sindacale. In passato, però, si è schierato per la chiusura della
Ferriera... No. Assolutamente. Come fa a dire che io tifo per la chiusura? Ha
definito la Ferriera un ecomostro. Non si può dire che generi aria salubre da
montagna. Non è una fabbrica di profumi. Come tutti i sindacalisti moderni tifo
per uno sviluppo compatibile che crei ricchezza e non problemi di salute...
Quindi non è per la chiusura della Ferriera... No. La verità è che si sono persi
molti anni. Io sono per le soluzioni che garantiscono l’occupazione. Quindi fa
il tifo per Arvedì? Io tifo solo per l’Inter. Come vede il trasloco
dell’Authority portuale al Magazzino 26? Non ne sapevo nulla. Mi sembra una sede
carina. Sono andata a vedere una mostra tempo fa. Comunque abbiamo già fatto una
riunione del comitato portuale in una struttura del Porto Vecchio. Solo che andò
via la luce. Magari era la centrale idrodinamica... Probabile. Meglio la Torre
del Lloyd? La Torre del Lloyd ha parecchi problemi. Una scala a chiocciola
ripida. Non c’è un ascensore. È un po’ un casino.
Fabio Dorigo
Servola, stop dei sindacati a «fantomatici progetti
alternativi»
LA FAILMS: C’E' RISCHIO CHE SI FERMI ANCHE LA COKERIA
Stop sindacale ai progetti che non prevedono la continuità produttiva alla
Ferriera di Servola. Il comitato degli iscritti Fiom congiuntamente alle Rsu ha
espresso ieri sera «viva preoccupazione per le notizie circolate negli ultimi
giorni a fronte di fantomatici progetti di riconversione della ferriera in una
sorta di polo logistico industriale. La Fiom si opporrà - si sottolinea - a
qualsiasi ipotesi di progetto che non preveda la continuità produttiva della
siderurgia a ciclo integrale ritenendola strategica dal punto di vista
economico, occupazionale oltre che elemento imprescindibile per la
riqualificazione degli impianti e il risanamento ambientale di tutta l’area.
Tale posizione - si specifica - potrà essere rimodulata solamente dopo la
contestuale creazione di altri insediamenti industriali capaci di riassorbire
tutti i lavoratori». Il fatto che c’è chi si sta adoperando per impedire la
continuità produttiva alla Ferriera di Servola è stato ribadito ieri anche da
Umberto Salvaneschi, segretario Trieste-Gorizia di Fim-Cisl. E con sfumature
diverse, ma per sottolineare il medesimo pericolo, è intervenuto anche il
sindacato autonomo Failms. «Le continue schermaglie politiche attorno alla
riconversione della Ferriera - si legge in una nota - rischiano di allontanare
gli investitori che si accingono a manifestare l’interesse di acquisto del
complesso siderurgico. Trieste non può sopportare più ulteriori ritardi nello
sviluppo del territorio per irresponsabili beghe politiche e sindacali: bisogna
invece consentire che le procedure fallimentari abbiano corso, nell’ambito del
rispetto delle condizioni previste dall’Accordo di programma, lasciando a casa
il tifo da stadio a favore dell’uno o dell’altro progetto. La vendita del
complesso - specifica la Failms - è un passaggio obbligato per raggiungere
l’obiettivo di risanamento del debito accumulato. Anche perché pure i lavoratori
sono creditori privilegiati essendo ancora in attesa del loro Tfr risultante
dalla massa passiva. Si tratta di 100 milioni per i dipendenti di tutto il
Gruppo Lucchini su un totale di 700 milioni complessivi.» Giulio Frisari della
segreteria provinciale Failms agita anche un altro spauracchio: «C’è il rischio
che il 21 o il 22 aprile venga deciso di spegnere l’altoforno di Piombino e a
quel punto sarà segnata in negativo anche la sorte della cokeria di Servola che
essendo spento l’altoforno triestino ora dovrebbe fornire il coke proprio a
Piombino.» Secondo Salvaneschi invece il pericolo è soprattutto un altro: «Il
fossile che abbiamo in casa è sufficiente ad alimentare la cokeria fino a fine
maggio. L’impianto si fermerà se nel frattempo non sarà sopraggiunta un’altra
nave di rifornimento. La data alla quale guardiamo è quella del 21 aprile,
giorno in cui scadranno i termini per le manifestazioni di interesse e contiamo
sul fatto che effettivamente arrivi quella di Arvedi. Nel frattempo sono in
corso contatti per fornire il nostro coke a Piombino.» A detta di Frisari
potrebbe essere lo stesso commissario straordinario della Lucchini Piero Nardi
che, una volta fermato l’altoforno di Piombino, potrebbe imporre lo stop anche
alla cokeria di Servola, «causando così la paralisi completa della Ferriera
triestina e il ricorso alla cassa integrazione straordinaria per tutto il
personale.»
(s.m.)
«Illogica l’Authority in Porto Vecchio» - Nardini (Unionquadri):
«Sarebbe in mezzo al degrado, distante dal cuore delle sue attività»
«Gran bella vista che spazia sull’intero golfo: potrebbe essere un palazzo
di rappresentanza.» Secondo Sergio Nardini delegato di Unionquadri all’interno
dell’Autorità portuale i vantaggi di un trasferimento degli uffici
dell’Authority dalla Torre del Lloyd al Magazzino 26, oltre che alla
Sottostazione elettrica, in Porto Vecchio si limiteranno al panorama. «Forse non
mancheranno i parcheggi, comunque in mezzo al completo degrado», aggiunge.
D’altro canto difficoltà e svantaggi non si contano. «L’Authority, se il
trasferimento verrà attuato - specifica Nardini - finirà lontana e distante dal
cuore delle sue attività. Non va dimenticato che ha compiti specifici di
vigilanza e di controllo operativo, e inoltre esigenze legate alla fornitura di
materiali. Per questo oggi è dislocata su tre sedi: oltre che alla Torre del
Lloyd, anche al Magazzino 53 alla radice del Molo Quinto dov’è ubicato l’Ufficio
sicurezza e viabilità e nell’hangar B accanto al 57 dove sono dislocati
l’Ufficio acquisti e economato e i Magazzini di materiali. Voler portare tutto
questo in Porto Vecchio (dove del resto l’attività portuale è quasi nulla, ndr.)
suscita forti interrogativi.» Ma nella comunicazione inviata agli uffici e ai
sindacati in cui annuncia di aver dato avvio alle procedure per il
trasferimento, la presidente Marina Monassi rileva proprio che «le spese
derivanti dalla dislocazione dei settori, dei servizi e degli uffici
dell’amministrazione presso diverse sedi possono essere contenute mediante la
concentrazione dell’apparato burocratico in una sede unica» e che «nessuno degli
immobili ove attualmente sono ubicati possiede sufficiente capienza per
contenere l’intera struttura aziendale.» «Il Magazzino 26 è stato concepito come
spazio espositivo - replica Nardini - la Sottostazione elettrica dovrebbe essere
museo e biblioteca e i finanziamenti sono stati ottenuti con questa clausola.
Per creare la sede unica e permanente dell’Authority manca gran parte
dell’infrastrutturazione: le reti telematiche, la viabilità, un servizio di
trasporto pubblico.» Non è escluso che Monassi, che del resto nemmeno ieri
rispondeva al telefono così come neppure il segretario generale, nè il
rappresentante dei dipendenti dell’Authority in Comitato portuale, voglia
inscenare una corsa contro il tempo per attuare il trasferimento prima di
gennaio 2015 allorché scadrà il suo mandato. Sarebbe anche il modo migliore per
riaffermare che il Porto Vecchio è porto e per allontanare qualsiasi tentativo
di sdemanializzazione. Per questo avrebbe già fatto piazzare alla Sottostazione
elettrica il grande tavolo per far svolgere lì tutti i Comitati portuali. «I
tempi sono stretti - osserva Nardini - ma volendo tutto si può fare». I
dipendenti, un centinaio con una dozzina di contratti a termine alcuni dei quali
a scadenza, aumenti ritirati con stipendi tagliati dal novembre 2012 e un premio
di risultato finalmente in arrivo il mese prossimo, hanno logicamente ben poca
voglia di contrastare il capo. Secondo Renato Kneipp, segretario provinciale di
Filt-Cgil, «la decisione di Monassi sul cambio di sede lascia sconcertati perché
le risorse dovrebbero venir utilizzate ben diversamente e qui si parla di
500mila euro solo per rendere utilizzabile il Magazzino 26.»
Silvio Maranzana
IL PICCOLO - LUNEDI',
7 aprile 2014
Porto vecchio, guerra tra donne Monassi scarica Caroli
Authority e direttrice dell’Istituto di cultura
marittimo portuale ai ferri corti, tolto il patrocinio al convegno del prossimo
fine settimana.
Sarà sostenuta da Italia Nostra. «Cacciata
dall’Infopoint»
Gentilezze di carta vetrata, sorrisi al vetriolo, sgambetti, ritorsioni e
bucce di banana sui pavimenti. E’ crisi profonda, quasi rottura nei rapporti
istituzionali tra la presidente dell’Autorità portuale Marina Monassi e
Antonella Caroli, direttrice di quell’Istituto di cultura marittimo portuale che
ha agito per anni come braccio operativo della stessa Authority nella
ristrutturazione della Centrale idrodinamica, nel riassetto della Sottostazione
elettrica e nella gestione dell’Info – point aperto da un paio di settimane al
pianterreno del Magazzino 26. Lì, secondo quanto è stato annunciato
ufficialmente, devono rivolgersi i rappresentanti della società, delle ditte e
degli investitori che puntano a ottenere dall’Autorità portuale una concessione
demaniale all’interno del Porto Vecchio, nell’ambito dello “spezzatino” voluto
dalla stessa Marina Monassi. L’Info point è stato gestito fino a un paio di
giorni fa da Antonella Caroli che accoglieva i candidati, illustrava loro le
regole del concorso che si dovrebbe concludere a fine giugno con le assegnazione
degli spazi negli edifici del Porto Vecchio, e faceva visitare loro gli antichi
hangar da ristrutturare. I contatti sono stati numerosi, almeno 80 secondo la
direttrice dell’Istituto di cultura. Poche ore fa, a sorpresa, Antonella Caroli
è stata rimossa dall’incarico e sostituita con un funzionario dell’Autorità
portuale. «Un signore che a quanto mi risulta è entrato in Porto vecchio un paio
di volte o poco più. Spero solo che il lavoro fatto finora non vada disperso»,
ha scritto in un messaggio la direttrice che ha difeso in questo modo il proprio
ruolo e la propria storia. La seconda “gentilezza alla carta vetrata” è
rappresentata dalla decisione dell’Autorità portuale di “chiamarsi fuori” dal
Meeting internazionale sul futuro del Porto Vecchio organizzato dalla stessa
Antonella Caroli. L’incontro è in calendario per giovedì, venerdì e sabato
prossimi e dovrebbe vedere la partecipazione di docenti universitari, direttori
di istituti di cultura italiana all’estero, manager di porti europei come quello
di Amburgo, funzionari del Fondo di rotazione per le iniziative economiche e i
finanziamenti agevolati. L’Autorità portuale ha ritirato la propria adesione,
costringendo l’organizzatrice a cercare all’ultimo momento un’altra sede e un
altro partner per il “Meeting”. «Io vado avanti, non posso rinunciare a un
appuntamento che è costato mesi di lavoro e che fornirà informazioni
indispensabili a chi vuole investire in quest’area», ha ribadito Antonella
Caroli. Il “Meeting” sarà dunque patrocinato e sostenuto da “Italia nostra” e si
svolgerà all’interno della Stazione idrodinamica del Porto Vecchio, dove
avrebbero già dovuto iniziare i lavori di allestimento del museo e dove da mesi
e mesi gli operai di una società privata stanno restaurando le cinque macchine a
vapore che consentivano il movimento delle gru ad acqua. Il magazzino 26 sembra
definitivamente precluso. Non sarà presente ai lavori il presidente
dell’Istituto di cultura marittimo portuale Alfonso Rossi Brigante, diretto
“superiore” di Antonella Caroli, già al vertice di una Sezione della Corte dei
Conti, medaglia d’oro al merito della Salute pubblica, già capo di gabinetto del
ministro Claudio Scajola, assolto di recente per l’acquisto e pagamento “a sua
insaputa” di un appartamento posto nei pressi del Colosseo. Alfonso Rossi
Brigante non parteciperà al Meeting perché impegnato in un viaggio in Medio
Oriente. “Inviterò tutte le autorità cittadine e regionali e mi darò da fare per
far intervenire anche l’ex sindaco di Trieste Roberto Dipiazza” ha annunciato
ieri l’organizzatrice del meeting. Non demorde, non molla, anzi rilancia anche
se tutto il peso ricadrà su di lei che già da tempo ha dovuto inghiottire alcuni
“rospi”. Piccoli, non visibili a tutti ma comunque rospi. E’ stata tenuta a
margine del ristretto gruppo di oratori che hanno parlato all’inaugurazione
della Sottostazione elettrica, mentre sull’ideale palco erano stati fatti
accomodare alcuni esponenti locali del partito di Angelino Alfano che al
contrario dell’esclusa poco o nulla hanno fatto per favorire l’importante
restauro. Ma non basta. La sottocentrale avrebbe dovuto essere affidata
all’Istituto di cultura con una apposita concessione demaniale che avrebbe anche
consentito di aprirla alle visite del pubblico.
Claudio Ernè
Rifiuti in area Ezit, Provincia sconfessata al Tar
Accolto il ricorso di un’impresa contro un atto che non le consentiva di
trattare il sedime in regime semplificato
Sono giorni caldi per le vertenze - già aperte o in odore d’esserlo - che
interessano terreni e attività al qua dei confini del Sin. Mentre infatti una
trentina di piccoli imprenditori medita le vie legali per contestare l’eventuale
obbligo di pagamento (o in alternativa d’intavolazione coatta di un onere reale)
di circa 12 euro al metro quadrato per le caratterizzazioni in presenza
d’inquinamento accertato e in assenza di colpevoli pregressi - e mentre diventa
di pubblico dominio la notizia di un ricorso pendente già depositato al Tar
dalla Pacorini - esce una sentenza dello stesso Tar che dà ragione a un’azienda
insediata nel Sin, la quale aveva fatto causa a suo tempo a un filotto di
pubbliche amministrazioni per un divieto della Provincia a svolgere il proprio
lavoro, in particolare opere di riempimento di sedime industriale sotto costa,
secondo determinate regole. Stavolta, però, la materia del contendere non è
l’Accordo di programma per le bonifiche del 2012 ai tempi del ministro Clini, né
la sua attuazione con delegazione amministrativa all’Ezit delle
caratterizzazioni, decretata in tempi più recenti dalla Regione. La Calcestruzzi
Trieste - Srl con sede in via Errera a ridosso del lato Nord del Canale
navigabile, zona termovalorizzatore, specializzata tra le altre cose in
trattamento, stoccaggio, smaltimento e recupero di rifiuti e inerti - si è vista
dunque riconoscere dal Tar, con sentenza depositata giovedì, il ricorso che
aveva presentato nel 2009 contro una determinazione di fine 2008 con cui la
Provincia non le consentiva di poter procedere in «procedura semplificata» per
«il recupero ambientale di rifiuti per la restituzione di aree degradate ad usi
produttivi o sociali attraverso modellamenti morfologici», con intervento
localizzato «non all’interno dell’impianto della Calcestruzzi Trieste». La Srl -
assistita dagli avvocati Giovanni Borgna e Guido Barzazi - si era opposta come
detto a questa restrizione chiamando in causa ovviamente la Provincia ma anche
l’Autorità portuale e il Ministero dell’Ambiente, che non si sono costituite in
giudizio. A distanza di cinque anni si è celebrata quindi l’udienza di merito
decisiva, dopo la quale il Tar ha optato per l’accoglimento del ricorso per
omesso pre-avvertimento: la Provincia non aveva fatto «alcun riferimento» alle
opere contestate «nella diffida previamente inviata alla società». Una questione
di metodo, insomma, prima ancora che di merito, ancorché pure nel merito -
scrive il Tar - «le sopravvenute modifiche legislative» di questo ultimo lustro
«avvalorino l’interpretazione offerta da parte ricorrente».
(pi.ra.)
Se la Terra va allo sfascio è colpa degli
ambientalisti una manica di guastafeste - società »il libro
Nel libro Il fanatismo dell’Apocalisse (Guanda) il filosofo francese
Pascal Bruckner attacca gli ecologisti. Ed è subito polemica
Scrittore e saggista dei “nouveaux philosophes” Pascal Bruckner è uno dei è
più noti scrittori, saggisti e plemisti francesi. Esponente di “nouveaux
philosophes”, si mise in luce nei primi anni Novanta, quando si schierò contro
l'aggressione serba nell'ex-Jugoslavia, approvando l'intervento della Nato
contro i serbi e appoggiando l'intervento armato in Iraq deciso da Bush.
Sostenitore del re-incanto e della de-secolarizzazione, per Guanda ha pubblicato
“La tirannia della penitenza”, “Il singhiozzo dell’uomo bianco”, “Il matrimonio
d’amore ha fallito?” e “Il paradosso amoroso”.di Pietro Spirito Guastafeste
travestiti da indovini. Catastrofisti. Intransigenti. Populisti.
Antiprogressisti. Millenaristi. Fanatici irrazionali...Di chi stiamo parlando?
Degli ambientalisti, degli ecologisti, di quanti si battono per salvaguardare la
natura e la salute dell’uomo in rapporto alla natura stessa. Questo almeno
secondo le definizioni del filosofo e polemista francese Pascal Bruckner, che
lancia un attacco a tutto campo a quanti ritengono che il nostro pianeta sia
ormai sull’orlo del collasso, e che sia quindi necessario darci tutti una
regolata, diminuendo consumi e inquinamento, segnando più di un passo indietro
rispetto al progresso scientifico, tecnologico ed economico che sta facendo
rotolare la Terra verso la catastrofe. Sciocchezze, dice Bruckner nel suo
ultimo, provocatorio e politicamente scorrettissimo libro, “Il fanatismo
dell’Apocalisse” (Guanda, pagg. 229, euro 22,00, traduzione di Leila Beauté),
dove il filosofo, demolendo le ragioni dell’ecologismo, porta avanti la tesi
secondo la quale il destino dell’uomo è di essere sempre più umano, nel bene e
nel male. Per cui al bando ogni atteggiamento antiprogressista, qui bisogna sì
salvaguardare l’ambiente, ma continuare anzi a consumare, a produrre, a
investire nella scienza e nella tecnologia. Dobbiamo stare sempre più bene, dice
il filosofo esponente della Nuovelle Philosophie, altro che rinunce, perché,
dice, «il discorso sul vuoto del consumismo è vuoto quanto ciò che denuncia», e
in più «macchine, cellulari, schermi, vestiti, non sono affatto gadget, me
espansioni di noi stessi». Al contrario, ciò che Bruckner definisce
l’«ecologismo intransigente» ci condanna a un presente di terrore e di rinunce
nel nome di un futuro di cui in realtà non sappiamo nulla. Sono loro, i seguaci
di Latouche sempre con il dito puntato sull’uomo cattivo a fare veramente male
all’uomo. Insomma un vero e proprio attacco alle ragioni della decrescita e a
tutto quanto gli ruota intorno. Mutamenti climatici? Ecatombe della
biodiversità? Inquinamento? Aumento delle malattie degenerative? Che
esagerazioni, dice Bruckner: «Come in una galleria di specchi, i sondaggi
riflettono un’opinione creata dai media. L’angoscia è inoculata tramite la
ripetizione degli stessi argomenti e si trasforma in un narcotico di cui non si
può fare a meno». È una corsa a chi mette più paura, sostiene ancora Bruckner,
riconducibile a uno schema già visto, quel millenarismo cattolico con contorno
di pauperismo e culto della frugalità che, con buona pace di Papa Francesco,
mette sotto accusa il già troppo tartassato Homo sapiens. Invece di cullarci in
tanti terrori, insiste il polemista francese, dovremmo pensare a un «ecologismo
audace» e a nuove invenzioni «in grado di fare colpo sul desiderio umano,
generare stupore, sorpresa, condurre i popoli in un viaggio inedito». «Abbiamo
bisogno - conclude la sua galoppata antiambientalista Bruckner - di pionieri, di
esploratori, non di guastafeste travestiti da indovini». È così? Davvero gli
ecologisti combinano tanti danni? «Questo è puro negazionismo, non dissimile
dalle posizioni di chi nega la Shoah», si trattiene a stento Fulco Pratesi,
decano degli ambientalisti italiani, fondatore e presidente onorario del Wwf
Italia. Senza mezzi termini Pratesi afferma che i pensatori come Bruckner «vanno
messi a tacere». E spiega: «Qualche giorno fa è stato diramato il nuovo rapporto
sui cambiamenti climatici della Ipcc (Intergovernmental Panel on Climate Change),
un lavoro cui hanno partecipato 309 autori e coordinatori di 70 paesi, 436
ricercatori e 1729 revisori ed esperti governativi, e nel quale si dimostra come
i cambianti climatici in atto vanno peggio di quanto si pensasse, e i loro
effetti a breve aggraveranno i problemi che le società già hanno, come la
povertà, le malattie, la violenza e l’immigrazione. Su quanti hanno lavorato al
documento uno solo non lo ha firmato, dicendo che bisogna pensare piuttosto a
fermare guerre e carestie, come se anche queste non dipendessero dalla salute
del pianeta». «Bruckner - continua Pratesi - se la prende con gli
ambientalisti-Cassandre? Bene, io sono uno di questi, e me ne vanto. Ricordo
solo quanto andavo denunciando anni fa sull’inquinamento e i pericoli dell’Ilva
di Taranto o sulla Centrale di Porto Tolle, inquinamento e pericoli che poi si
sono puntualmente verificati». «Questi sono fatti - conclude Pratesi - e
consumare di meno, ridurre gli sprechi è davvero il minimo che si può fare per
evitare di distruggere il pianeta, altro che apocalittici». «Se la colpa non è
dell’uomo allora di chi è?», si chiede il teologo Vito Mancuso, tirato in ballo
dalle posizioni critiche di Bruckner (educato in gioventù dai gesuiti) nei
confronti di un certo cattolicesimo vicino ai «profeti della decomposizione».
«In molte città della Cina - continua Mancuso - le persone fanno persino fatica
a respirare per l’inquinamento, la forbice tra i più ricchi e i più poveri si
allarga sempre di più in ossequio a un’economia che rincorre i fatturati, ogni
giorno scompaiono specie animali e vegetali...è evidente una responsabilità
dell’uomo in tutto ciò, con il corollario tutt’altro che trascurabile della
crescita demografica, ed è altrettanto evidente che la via del cambiamento passa
attraverso una decisa trasformazione morale, intellettuale e spirituale, quella
che viene chiamata “metanoia” (dal greco metanoein, trasformazione profonda,
ndr)». «Che poi - aggiunge Mancuso - ci siano ecologisti che osannano la natura
in spregio della specie umana, anche questo non va bene». «La parola decrescita
-riflette il filosofo Pier Aldo Rovatti - sembra un pugno nello stomaco dato
alla nostra idea-guida, crescita, su cui ogni giorno economisti e politici
investono i loro discorsi, al punto che ha l'aria quasi di un passo indietro
della storia». «Forse - aggiunge Rovatti - bisognerebbe cambiarla. Resta la
sostanza: che si può deviare dalla direzione obbligata, quella verso cui tutto
il mondo va un pò alla cieca, cioè senza sapere dove. Che cosa significa
crescere, ecco il punto. Assistiamo immobili al disastro dell'ambiente, e
nell'ambiente ci siamo noi, dentro non fuori. Crescere? Certo, ma come? Tutti
insieme? Solo un pezzo della nostra esistenza o tutto quanto il nostro esistere?
In quantità o in qualità? Domande retoriche oppure interrogativi che precedono
ogni altra domanda?». Chi invece sposa le teorie di Pascal Bruckner è lo
scrittore Tullio Avoledo, autore di romanzi distopici e apocalittici come “Un
buon posto per morire” e “Le radici del cielo”. «Faccio la raccolta
differenziata ma mi sento un cretino», esordisce Avoledo, assolutamente convinto
che l’umanità stia andando «dritta verso la catastrofe». «Ma Bruckner ha ragione
- continua Avoledo - non abbiamo alternative, non si può tornare indietro, non
sopporto gli ecologisti e i loro progetti per un’umanità perfetta e controllata,
mi ricordano i programmi per una razza pura di Himmler». «La via per uscirne?
Non è certo con l’eolico - conclude lo scrittore pordenonese - che risolviamo il
problema energetico: puntare sulla scienza e la ricerca è l’unica strada
possibile».
p_spirito
La carica dei 500 in amaranto con Vivicittà - Oltre
mezzo migliaio di persone alla marcia non competitiva che ha toccato anche Porto
Vecchio
Sono stati più di mezzo migliaio ieri mattina i partecipanti alla 31.a
edizione di Vivicittà, la manifestazione organizzata come ogni anno dall’Unione
italiana sport per tutti (Uisp). Una marcia non competitiva che ieri aveva per
temi le “città sostenibili” e le “comunità attive”. Indossando la maglietta
amaranto predisposta per l’occasione, più di 500 fra bambini, adulti, piccoli
ciclisti, neonati in carrozzina, hanno accolto l’invito della Uisp a riprendersi
per qualche ora la loro città, attraversandone correndo, marciando, pedalando
alcuni dei suoi punti più significativi, come il Porto Vecchio e il Ponte Curto
sul canale, oltre che alcune delle piazze e delle vie principali. Quella che gli
organizzatori come sempre hanno definito «la corsa di tutti» è stata ancora una
volta caratterizzata da un forte impegno sociale, civile e ambientale, che i
partecipanti hanno vissuto gioiosamente, complice una splendida mattinata
primaverile. «Il significato – hanno spiegato dalla Uisp – è di permettere a
quanti aderiscono alla nostra iniziativa di vivere diversamente la città, per
una volta lontano dalle automobili e dallo stress del traffico, per cogliere in
un’atmosfera del tutto inedita le bellezze di Trieste, che è meravigliosa ed è
apprezzata ancor di più in occasioni come questa». In passato Vivicittà ha avuto
anche un carattere competitivo, di corsa vera, che però non rispondeva appieno
allo spirito di una manifestazione che non vuole esasperare la gara ma al
contrario creare un’atmosfera di condivisione di determinati valori. Ancora una
volta il gruppo più numeroso, all’interno del lungo serpentone dei partecipanti,
è stato quello dell’istituto comprensivo Tiziana Weiss. L’impegno di Vivicittà è
molto puntuale sotto il profilo ambientale e si traduce nell’uso di materiale
eco sostenibile, nell’attenzione alla vivibilità delle città, nella
sensibilizzazione al riciclo e al corretto uso dell’acqua. Ma ieri non si è
corso solo a Trieste: 44 città italiane e 10 estere sono state coinvolte nel
messaggio lanciato dalla Uisp, per un totale di circa 70mila partecipanti. In
passato Vivicittà ha toccato Sarajevo, Beirut, Gerusalemme e i campi profughi
palestinesi, Bucarest, Kinshasa, Makeni, Yokoama. Vivicittà è anche solidarietà:
nel 2013 erano stati raccolti fondi per allestire 8 palestre di soft-boxe e per
formare operatori nei campi profughi palestinesi in Libano, impegno iniziato nel
2012 con altre 8 palestre, che andrà così a coprire tutti i campi palestinesi di
questo Paese.
Ugo Salvini
DUINO AURISINA - Un mercato contadino a
chilometro zero per abbassare i prezzi
La miglior qualità prodotta e venduta direttamente sul posto: Duino Aurisina
a “chilometro zero” con il primo Mercato contadino. E come osserva l'assessore
alle Politiche del Lavoro, Marija Doroteja Brecelj, “accorciando la catena
distributiva si auspica un effetto positivo sui prezzi al consumo”, con “una
giusta remunerazione per contadini e allevatori”. Verrà discusso in aula a fine
mese, con la convocazione del Consiglio comunale fissata al 30 aprile, il
regolamento sui mercati agricoli che punta a introdurre sul territorio un nuovo
appuntamento, anche e non solo in chiave di promozione dei prodotti autoctoni
del Carso, come miele, olio, vino, salumi. La giunta vuole creare un evento
attrattivo, in particolare nella bella stagione, capace di richiamare turisti e
i cittadini dei vicini comuni e d'oltre confine. Dunque al tradizionale mercato
delle bancarelle potrebbe presto affiancarsi, in data diversa, magari a cadenza
bisettimanale e al sabato, un altro momento espositivo della merce, tutta però a
“Km 0”, cioè di aziende locali. Si potrebbe anche immaginare, attraverso il
coinvolgimento di Sgonico e Monrupino, con i quali Duino Aurisina già condivide
per esempio lo Sportello delle attività produttive (Suap), un evento itinerante.
«Stiamo predisponendo un regolamento comunale teso a disciplinare lo svolgimento
di un mercato contadino – spiega Brecelj, che detiene il referato
all'Agricoltura - per la vendita diretta di prodotti agricoli, promosso in
collaborazione con le associazioni imprenditoriali di categoria». Ci sono già
stati, in tal senso, incontri con la Coldiretti e la Kmecka Zveza. «Nasce
nell'ottica della promozione delle relazioni tra i cittadini, della trasparenza
ed equità nella vendita dei prodotti agricoli, con la diffusione di modelli di
sviluppo sostenibile, mediante iniziative per favorire l'incontro tra domanda e
offerta di generi agroalimentari tradizionali e di qualità. Il mercato è
finalizzato alla valorizzazione delle produzioni tipiche del territorio, con
particolare riguardo a quelle biologiche e stagionali non sempre valorizzate
nella grande distribuzione». Il “Km 0” ha inoltre un effetto benefico
sull'ambiente, contribuendo alla diminuzione d'inquinamento dovuto al trasporto
delle merci. I prodotti dovranno essere di provenienza esclusivamente aziendale,
freschi o trasformati e la gamma potrà comprendere qualsiasi tipo di prodotto
ammesso dalla normativa vigente, lasciando libero spazio ai produttori. «Oltre a
ciò – chiarisce l'assessore - saranno consentite la degustazione dei prodotti,
la promozione dell'attività di vendita e le azioni didattiche, dimostrative e
divulgative legate ai prodotti agroalimentari, tradizionali e artigianali del
territorio». Per accedere al Mercato contadino è prevista una selezione che
terrà conto della trasformazione dei prodotti in azienda, dell'offerta di merce
di varietà autoctone e ad alto contenuto di innovazione debitamente certificato.
Tiziana Carpinelli
Sel, incontro sui beni culturali
Oggi alle ore 17 nella Sala Tessitori il Gruppo Consiliare regionale e il
Forum Cultura e Saperi di Sinistra Ecologia Libertà – Trieste organizzano un
incontro sui beni culturali, che vede la partecipazione di Giuliano Volpe,
docente di Archeologia, già Rettore dell’Università di Foggia, componente del
Consiglio superiore per i beni culturali e paesaggistici del MiBACT, Franco
Miracco, Assessore alla Cultura del Comune di Trieste, Gianni Torrenti,
Assessore alla cultura, sport e solidarietà della Regione Friuli Venezia Giulia,
Giulio Lauri, Capogruppo Sel nel Consiglio regionale Fvg e componente della V
commissione permanente, che si occupa anche di beni e attività culturali.
L’incontro sarà introdotto da Rita Auriemma, archeologa e docente presso
l’Università del Salento. Cultura e ambiente sono al centro del progetto
politico di Sinistra Ecologia Libertà. Sono una cosa sola, inscindibile. Sono la
vera risorsa di questo paese, su cui è realmente possibile costruire un modello
di sviluppo, capace di autosostenersi. Basta fare gli investimenti giusti, non
sprecare le risorse, premiare le idee forti, perché i beni culturali e
l’ambiente sono lavoro e garantiscono reddito, se ben gestiti.
IL PICCOLO - DOMENICA,
6 aprile 2014
La rivolta in area Ezit: Pacorini apripista al Tar
contro l’Accordo Clini
Lo spedizioniere autore di un ricorso nel 2012, tuttora pendente - Nel
mirino dei ribelli attuali un successivo decreto della Regione
Gli artigiani e i piccoli imprenditori in genere che sono appena usciti allo
scoperto e che si stanno preparando a disobbedire alle regole pre-bonifiche del
Piano di caratterizzazione dentro il Sito inquinato d’interesse nazionale della
Zona industriale (regole che sostengono d’aver conosciuto solo di recente,
attraverso una lettera dell’Ezit di metà febbraio) non sono in realtà i
precursori assoluti della protesta. Questi «piccoli operatori» (pari pari li
cita la norma della discordia alla voce «copertura finanziaria», gli inquieti ad
oggi sarebbero una trentina su un totale di quasi 120 interessati dal medesimo
trattamento) possono contare infatti su un antesignano dal nome pesante, che
tutto è fuorché piccolo e la cui battaglia è rimasta a lungo al riparo dai
riflettori mediatici e dall’attenzione dell’opinione pubblica. Non può essere
più così, se è vero che tale colosso diventa ora, banalizzando, un modello di
principio per i «piccoli» contras. I quali, informandosi per i fatti loro, hanno
appunto constatato che qualcuno s’è già mosso. E questo qualcuno è la Pacorini.
Che, a suo tempo, e per tempo, aveva depositato - per mano del proprio legale,
l’avvocato Giovanni Borgna - un ricorso al Tribunale amministrativo. Non quello
già noto, e più datato, per l’accesso alle carte che giustificavano le pretese
milionarie dello Stato per il cosiddetto «danno ambientale» che nel 2012
l’allora ministro dell’Ambiente, il triestino acquisito Corrado Clini, avrebbe
poi cancellato dall’ultima versione dell’Accordo di programma sul Sin. Il gruppo
infatti (il cui quartier generale triestino di B. Pacorini Srl, Santandrea
Unipersonale e Silocaf ha sede in via Caboto, a ridosso del Canale navigabile)
ha impugnato al Tar, sempre nel 2012, proprio l’ultima versione dell’Accordo di
programma battezzata da Clini, quella vigente che, all’epoca, era stata salutata
dalle associazioni di categoria come la svolta capace di affermare il principio
del «chi non ha inquinato non paga». Non per la Pacorini, il cui ricorso
amministrativo presentato in via cautelativa, oggi pendente, contestava forma e
sostanza dello stesso Accordo Clini, dubitando in particolare che il
proprietario di un terreno precedentemente contaminato da altro privato potesse
dormire sonni tranquilli. Il precedente, insomma, c’è. Ma c’è pure un problema,
per i nuovi (e piccoli) contestatori. Per impugnare un atto al Tar c’è tempo 60
giorni. La Pacorini l’ha fatto entro i due mesi di legge dall’Accordo di
programma, datato 25 maggio 2012. Qui siamo ormai alle soglie dei due anni.
Potrebbe però esserci una chance. Potrebbe. Ed è per questo che i
“disobbedienti” guidati dal geometra Fabio Muiesan stanno dialogando con degli
avvocati per capire se possono muoversi pure loro o meno per le vie legali.
L’Accordo non si tocca più, ma il discorso si fa diverso - forse - per
l’attuazione dell’Accordo stesso, frutto di una «delegazione amministrativa», da
parte della Regione all’Ezit, per il Piano di caratterizzazione: roba comunicata
per lettera ad artigiani e piccoli imprenditori a metà febbraio. Non siamo
ancora a metà aprile, non sono cioè scaduti i termini dei 60 giorni. Ma poco ci
manca.
Piero Rauber
IL CONTENZIOSO PARALLELO - L'accertamento preventivo e'
in dirittura
Il ricorso al Tar della Pacorini fa il paio con il
contenzioso aperto precedentemente in sede civile con l’accertamento tecnico
preventivo su una serie di particelle (fino al Distripark, da quasi otto anni
passato alla Illycaffè), costato al gruppo una cifra tra i 200 e i 300mila euro,
con tanto di risultati validati come soggetto “terzo” dall’Università: ora
l’iter sarebbe in dirittura, con una discussione tecnica in corso tra Pacorini e
Ministero dell’Ambiente, per la completa liberazione agli «usi legittimi» delle
aree.
(pi.ra.)
C’è il “tesoretto” di Paoletti per coprire eventuali
oneri - La conferma dalla Camera di Commercio
«Un milione e 400mila euro dai diritti camerali per aiutare al caso le
imprese del Sito d’interesse nazionale, va solo accertata la compatibilità con
la norma vigente»
In attesa del Parco del mare, questo potrebbe per intanto diventare il
momento in cui ad Antonio Paoletti viene comunque dato, dalle circostanze, il
titolo a reclamare d’esser stato a suo modo “lungimirante”, d’averci visto
lontano. Proprio nelle ore in cui scoppia, tra le mani delle associazioni di
categoria, la grana della trentina di associati che si chiamano fuori dalle
regole del Piano di caratterizzazione (quelle secondo cui in presenza di
inquinamento su un terreno e in assenza di colpevoli paga il proprietario
attuale, o in contanti o sotto forma d’intavolazione coatta di un corrispondente
«onere reale sulla proprietà» per circa 12 euro al metro quadrato), Paoletti
conferma quanto ricordato 24 ore fa da Dario Bruni, numero uno di
Confartigianato, in qualità di presidente dell’Ezit: la Camera di Commercio
conserva una cifra vicina al milione e 400mila euro destinata, previo controllo
di compatibilità con l’ultima (e vigente) versione dell’Accordo di programma,
proprio alle aziende insediate nel Sin. Una cifra messa sotto vetro, della serie
in caso di necessità rompere il vetro: non si discosta molto dal milione e mezzo
circa che costituisce la quota defalcabile dalla copertura finanziaria da cinque
milioni e 640mila euro per il Piano di caratterizzazione per i «piccoli
operatori», quota che il pubblico - secondo l’attuazione dell’Accordo di
programma decretata dalla Regione - ha facoltà di chiedere indietro al privato
per il terreno nel quale sarà stata accertata una contaminazione ereditata da
attività privata e non pubblica. Il milione e 400mila euro sotto vetro - annota
tra le righe Paoletti - è il frutto di un «principio di solidarietà»: «Non
commento le scelte dei singoli imprenditori, mi limito però a ricordare che quei
soldi esistono, ed esistono perché a suo tempo decidemmo di mettere da parte il
40% del 20% in più di diritti camerali chiesti per sette anni dal 2007 al 2013
(il 60% del 20% era per il Parco del mare, ndr) proprio per aiutare
all’occorrenza le imprese del Sin». Artigiani e piccoli imprenditori ribelli
state quieti, dunque, non fate barricate e se dovrete pagare pagate, che tanto
la Camera di Commercio vi verrà in soccorso. Unica incognita: «La compatibilità
con l’Accordo vigente. Il fondo è stato pensato e creato quando ancora le
normative erano differenti (chiaro il riferimento al temuto danno ambientale da
transare, roba anche da 80 euro al metro quadro, ndr). Da allora sono cambiate
più volte. Valuteremo l’ultima versione. Dopodiché, se nulla osterà,
procederemo. Gli accantonamenti in questione, in fondo, per questo problema
dovevano essere, e se non ci saranno ostacoli di sorta per questo problema
saranno».
(pi.ra.)
Agricoltura - Ogm, 39 associazioni in piazza per dire
no
In italia è partito il conto alla rovescia sugli “Ogm”. il
prossimo 9 aprile, infatti, il Tar del Lazio si pronuncerà sul ricorso
presentato da un agricoltore friulano contro il decreto interministeriale che
proibisce la semina di mais mon810. Se il ricorso venisse accolto, si
rischierebbe di aprire la strada a semine incontrollate di colture ogm. La task
force «per un’Italia libera da ogm», composta da 39 associazioni, è in prima
linea per difendere i terreni agricoli nazionali, e ieri è scesa nelle piazze
delle principali città italiane per informare i cittadini e chiedere che in caso
di necessità il governo intervenga con un nuovo decreto.
AMBIENTE - Presidio Greenpeace contro gli Ogm
Gli attivisti di Greenpeace hanno organizzato ieri
pomeriggio un presidio in piazza Cavana «per informare - dicono in una nota - i
cittadini sulle conseguenze e i rischi delle coltivazioni di Ogm». Sono stati
distribuiti volantini informativi ed è stato esposto uno striscione con la
scritta “no Ogm”. \{stato anche allestito un info-point per informare la
cittadinanza “suipericoli che tale coltivazione comporta”. Sullo schermo di un
personal computer i passanti hanno potuto visionare filmati che illustrano le
azioni e le informazioni di Greenpeace relative agli Ogm (organismi
geneticamente modificati). Il gruppo di Trieste ha anche fatto propaganda per
trovare nuovi volontari.
I ciclisti chiedono maggiore sicurezza - Raduno in
piazza della Borsa: «L’81% delle vittime sono pedoni o su due ruote»
Si è svolta ieri sera la manifestazione di ciclisti in piazza della Borsa
per ricordare la tragica morte di Lorenzo Luca, il ciclista travolto e ucciso
mercoledì a Pordenone da un camion, organizzata da "Salvaiciclisti". Per gli
organizzatori, l'appuntamento servirà anche per fare il punto sui rischi che
corrono quotidianamente quanti affrontano il traffico e le città pedalando. Il
rapporto Aci-Istat 2012 mostra dati rilevanti. «Rispetto al 2011 - spiega
Federico Zadnich, responsabile del Coordinamento regionale della Federazione
amici della bici (Fiab)-Mobilità urbana - c'è stato un aumento del 2,5% del
numero di conducenti di biciclette vittime d'incidenti stradali e del 2,7 dei
feriti, mentre si evidenzia che la prima causa è l'elevata velocità». «L'81%
delle vittime degli incidenti nelle città - precisa - riguarda l'utenza debole,
cioè pedoni e ciclisti». La rete Mobilità nuova auspica che il Consiglio
regionali approvi finanziamenti per biciclette elettriche a pedalata assistita.
AMBIENTE - L’assessore adotta le case dell’acqua
La Regione promuoverà la diffusione sul territorio delle
case dell’acqua. La proposta è stata avanzata dall’assessore regionale
all’Ambiente, Sara Vito, alla giunta regionale, in considerazione dei risultati
già ottenuti sul fronte della riduzione della produzione dei rifiuti e delle
emissioni nell’atmosfera grazie all’entrata in funzione di 79 impianti di
distribuzione dell’acqua potabile. Tali impianti, che lo scorso anno hanno
erogato 19 milioni di litri d’acqua, sono così distribuiti: 6 in Provincia di
Gorizia, 60 in quella di Udine, 13 in Provincia di Pordenone.
Piazza della Borsa: alle 10.30 partenza di Vivicitta'
2014
Partenza alle 10.30, questa mattina, per Vivicittà 2014,
la corsa più grande del mondo, che coinvolge sportivi e cittadini sui temi
dell’ambiente, della solidarietà e dei diritti. Il via avviene in contemporanea
in 40 diverse città italiane, 18 città nel mondo e 24 carceri: milioni di
persone si mettono in moto per affermare il diritto a muoversi, correre, giocare
in città più sane e più vivibili. Partecipare significa anche fare solidarietà
sostenendo il progetto Uisp di garantire l’accesso a un’educazione motoria e
sportiva di qualità ai bambini palestinesi di sei campi profughi in Libano. A
Trieste la corsa-passeggiata non competitiva parte da piazza della Borsa, dove
si rientrerà all’arrivo dopo il giro per via Cassa di Risparmio, Passaggio Joyce
(Ponte curto), via Rossini, Riva 3 Novembre, corso Cavour, largo Santos, Porto
Vecchio - Magazzino 26, e ritorno.
IL PICCOLO - SABATO,
5 aprile 2014
Parte la rivolta in area Ezit: «Analisi, noi non
paghiamo»
Un gruppo di aziende rifiuta di sborsare i soldi
previsti per le caratterizzazioni: «Non siamo responsabili per i terreni
inquinati». Vie legali all’orizzonte
Se un terreno che sta dentro il Sin, il Sito d’interesse nazionale della
Zona industriale, è inquinato, allora paga solo chi ha inquinato, ci
mancherebbe. Il fatto è che se chi ha inquinato è irrintracciabile, allora
qualcosa può rimetterci pure chi, su quel terreno, è venuto dopo. Non saranno
più gli 80 euro al metro quadrato di sanatoria transattiva del danno ambientale
presunto, contestati (e mai pagati) a suo tempo, ma sono comunque circa 12 euro,
sempre al metro quadrato. Fanno circa 12mila euro ogni mille metri quadrati di
capannone e/o piazzale: o in contanti o, in alternativa, sotto forma
d’intavolazione coatta di un corrispondente «onere reale sulla proprietà». Una
lettera con cui l’Ezit comunica a piccole aziende e imprese artigiane insediate
nel perimetro del Sin l’avvio delle procedure del Piano di caratterizzazione e
di analisi del rischio che le riguarda - al di là degli incontri pubblici
promossi per le spiegazioni del caso - scolpisce sulla pietra il meccanismo che
sta per partire: in presenza di inquinamento ma in assenza di responsabili, «il
versamento» spetta «ai proprietari dell’area». Il risultato è che più d’una di
queste realtà imprenditoriali - al momento sarebbero una trentina, ma puntano ad
allargare la partecipazione - si professano pronte di fatto a “disobbedire” e a
valutare la possibilità di passare alle vie legali. Hanno già risposto con una
loro, di lettera, scritta appunto con la consulenza di uno studio legale: non
vogliono pagare né indebitarsi un centesimo per colpe non loro, o per
«sforamenti, anche minimi, di parametri che nulla c’entrano con un effettivo
inquinamento, come rame o ferro, che è probabile vengano a galla dopo i
carotaggi», per dirla alla Fabio Muiesan, geometra e titolare di un’impresa che
si sta facendo carico, e portavoce, della contestazione. Quello secondo cui
“paga solo chi ha inquinato”, in effetti, era il primo comandamento che tutti i
proprietari dei terreni racchiusi dal 2001 nel Sin avevano sempre reclamato,
attraverso le loro associazioni di categoria, venisse riconosciuto
inequivocabilmente nell’Accordo di programma tra Stato ed enti territoriali. E
proprio per questo tale Accordo aveva visto la luce, quella buona, appena nella
primavera del 2012, dopo ben più di dieci versioni stracciate e riscritte.
L’allora ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, era stato chiaro: «Le aziende
non pagheranno per il danno ambientale». Ora però non tutti bensì una fetta di
questi proprietari, stavolta in forma autonoma e senza il cappello di alcuna
associazione, agitano lo spettro dell’equivoco a proposito di ciò che credevano
inequivocabile e che sostengono invece d’aver scoperto che non lo è. Ma andiamo
con ordine. I dubbi dei “disobbedienti” - riferisce Muiesan - nascono proprio
dalla lettera in cui, a metà febbraio, l’Ezit comunica l’attuazione dell’Accordo
di programma: prevede l’affido «in delegazione amministrativa» da parte della
Regione all’Ezit stesso del Piano di caratterizzazione per i privati. In tale
lettera - che reca già la quantificazione dei costi dell’operazione per ogni
particella catastale, come una bolletta - si bussa formalmente alle porte di
questi privati, chiedendo loro di firmare e restituire una scheda precompilata
nella quale, oltre ad autorizzare tra le altre cose «l’accesso al terreno»
(sennò scatta l’ingresso d’ufficio), si «prende atto espressamente che ad esito
delle indagini, per l’importo consuntivo, sul terreno verrà apposto l’onere
reale allorquando questo risultasse contaminato e il responsabile, se
individuato, o il proprietario non provvedessero al versamento alla Regione dei
costi sostenuti». Si badi: la lettera dell’Ezit assicura che «entro 12 mesi»
saranno fatti i carotaggi, e che se i risultati saranno sotto soglia le aree
saranno restituite ai cosiddetti usi legittimi senza che il privato debba metter
mano al portafogli. Se c’è inquinamento parte l’indagine dei responsabili, che
in base all’Accordo di programma spetta alla Provincia, e se non si trovano
succede ciò che si diceva. «L’apposizione dell’onere reale sul sito allorquando
lo stesso risulti contaminato» sta scritto nel «decreto di delegazione
amministrativa» della Regione. Dai “contras”, di rimando, parte verso l’Ezit il
nulla osta all’ingresso dei tecnici incaricati. Ma non sulle schede
precompilate: «La scrivente - si legge nelle loro risposte - contesta sin d’ora
qualsiasi richiesta che le fosse rivolta a titolo di “responsabilità
sussidiaria”, trattandosi di ipotesi priva di riscontro nella disciplina vigente
in materia».
Piero Rauber
Sono quasi 120 e proprietà in ballo - la scheda
Sono quasi 120 - per un totale di 510 lettere visto che
alcune sono titolari di più particelle - le aziende coinvolte nel Piano di
caratterizzazione che prevede la possibilità che la Regione, attraverso l’Ezit,
si rivalga sulla proprietà nel caso il terreno risulti inquinato e non si riesca
a risalire al responsabile. Delle circa 320 imprese del Sin, le altre 200 e più
risultano su terreni in cui l’inquinamento, là dove c’è stato, ha avuto mano
pubblica. Queste, a differenza dei privati su aree che si presumono contaminate
da privati, non dovranno nulla. «Si tratta - osserva Muiesan - di una
grossissima ingiustizia. Le organizzazioni di categoria pare abbiano quasi
cercato di convincere che era giusto così. Si rischia di pagare anche per lo
sforamento di parametri insignificanti, senza sapere poi come e quando
avverranno eventuali bonifiche. E intanto, qui, continuiamo a non poter battere
un chiodo».
(pi.ra.)
Bruni: attenti, quell’Accordo resta la migliore via
d’uscita - documento del 2012
I denari per i carotaggi a venire su tutti i terreni privati rientrano nella
tabella 2 “Interventi e copertura finanziaria” dell’Accordo di programma firmato
il 25 maggio del 2012, alla voce “Aggiornamento, integrazione ed esecuzione del
Piano di caratterizzazione e dell’analisi di rischio nel comparto piccoli
operatori”. Sono cinque milioni e 640mila euro. Da questi è previsto possa
essere defalcata eventualmente la parte che il pubblico chiederà indietro al
privato per il terreno nel quale sarà stata accertata una contaminazione
ereditata sempre da attività privata e non pubblica: siamo attorno al milione e
mezzo. «Corrisponde grosso modo alla cifra che la Camera di Commercio ha già
detto a suo tempo d’aver accantonato sui diritti camerali per venire incontro,
nel momento della necessità, alle imprese del Sin qualora fossero state chiamate
a degli oneri per un inquinamento non prodotto», rileva a questo proposito Dario
Bruni, presidente di Confartigianato ed Ezit, tentando di rasserenare gli animi.
«Se questi imprenditori - aggiunge Bruni - intendono promuovere guerre di
principio col rischio di far saltare il banco, e di riesumare magari il danno
ambientale, ricordino che quella di cui stiamo parlando qui è la migliore via
d’uscita cui potevamo arrivare. Si rendano conto dei rischi ai quali ci
esponevano le versioni precedenti dell’Accordo di programma. Grazie all’ex
ministro Clini sono stati levati i riferimenti al danno ambientale e si è
trovata questa soluzione, in base alla quale, per i terreni non corrispondenti
ad ex discariche pubbliche, non è affatto automatico che i proprietari debbano
pagare, come non è obbligatorio debbano farlo neppure dopo l’accertamento della
presunta contaminazione. Se non vuoi pagare non paghi. Resta l’onere reale sulla
tua area che dovrai restituire, un domani, solo in caso di vendita».
(pi.ra.)
Ferriera, sindacati all’Authority: «Operai presi in
giro dal piano B»
Critiche al progetto alternativo ad Arvedi con banchina e industria
leggera preparato da Alpe Adria
Ed è scontro in casa: Fanigliulo della Uiltrasporti, è a capo della società che
ha redatto il documento
Bocciato. Nel contenuto, poiché ritenuto favoleggiante. Ma anche per
“prescrizione”, in quanto divenuto di pubblico dominio «troppo tardi». E persino
per la firma che reca: quella di un sindacalista, un collega. Più che
un’ordinaria reazione giornalistica a una notizia, quella che i vertici
confederali di Cgil, Cisl e Uil dispensano nel giorno in cui sul Piccolo si
legge del “piano B” per la Ferriera (quello proprio senza più Ferriera e con
industria leggera e banchina, preparato da Alpe Adria, la partecipata
dell’Authority per le movimentazioni ferroviarie) è una reazione a catena. Segno
che la notizia di ieri è stata vissuta come una notizia-bomba. Il primo anello è
del segretario di Trieste e Gorizia della Cisl, che si affida a un comunicato
per picchiare duro. «Basta - scrive infatti Umberto Brusciano - giocare sulla
pelle dei lavoratori. È vergognoso che dopo tanti anni di inattività, in cui si
sono assicurate le prospettive più varie ai lavoratori, salvo dopo
disattenderle, alimentando sconforto e preoccupazione negli interessati e nella
comunità cittadina, oggi che siamo riusciti ad essere riconosciuti come area di
crisi complessa, condizione essenziale per accedere ai fondi nazionali,
l’Autorità portuale esca allo scoperto, e senza che nessuno ne sapesse nulla,
con uno studio che prospetta la soluzione delle soluzioni: e questo in presenza
dell’unico interesse ad oggi esistente, quello di Arvedi, che noi auspichiamo si
concretizzi». «Dov’era questo miracoloso piano industriale ed occupazionale - si
chiede il segretario della Cisl - quando ci siamo incontrati, non più tardi di
qualche mese fa, con l’Autorità portuale? Sono convinto che tutti i soggetti
presenti al tavolo regionale, se avessero saputo della sua esistenza,
l’avrebbero certamente preso in considerazione, viste anche le dimensioni
economiche ed occupazionali annunciate (da 1.375 a 1.647 posti di lavoro a
regime indotto compreso, a fronte rispettivamente di 156 e 206 milioni
d’investimento, ndr) evitando tensioni e preoccupazioni. Dare i numeri come fa
l’Autorità portuale sui futuri ipotetici occupati ci indigna profondamente, e
offende l’intelligenza di quei lavoratori che oggi sono in cassa integrazione.
Siamo tra il primo aprile e Pasqua: non vorremmo che l’uscita dell’Authority
fosse un pesce d’aprile in ritardo o una brutta sorpresa in anticipo». Fin qui
la Cisl. Per la Uil invece «il piano alternativo è una proposta che esce allo
scoperto a distanza di mesi, va contestualizzata e, come tale, la consideriamo
superata: l’unica fase unanimemente condivisa, rispetto alla quale non vi sono
oggi alternative, che punta a risanamento ambientale e continuità produttiva e
occupazionale, è appunto quella dell’Accordo di programma, firmato anche
dall’Autorità portuale, che prevede entro tre settimane la formalizzazione
dell’impresa subentrante e che noi ci auguriamo vada a buon fine, compattamente,
come Cgil, Cisl e Uil». Parola di Claudio Cinti, che della Uil è il segretario
locale e che professa in questo caso l’unità d’intenti della triplice. Alla
faccia del compagno di sigla, il presidente di Alpe Adria, quel Gianpiero
Fanigliulo che è pure segretario regionale di Uiltrasporti e che torna nel
mirino di Franco Belci, il segretario generale della Cgil. «Non si sa - ironizza
in una nota Belci ripescando la battuta del pesce d’aprile di Brusciano - come
giudicare lo studio di Alpe Adria. Le ipotesi sono due: uno scherzo da primo di
aprile a scoppio ritardato oppure l’ennesimo tentativo di scoraggiare chi, come
Arvedi, è intenzionato a rilevare e riconvertire l’impianto. Nel primo caso ci
piacerebbe capire a quanto ammontino i costi della trovata; nel secondo
responsabilità e intenzioni sono evidenti e rinvenibili nelle recenti prese di
posizione della presidente dell’Authority e dal suo collega di Alpe Adria che,
come è noto, è il segretario regionale della Uiltrasporti. Ciò che colpisce è la
quantificazione dei costi della bonifica e dei nuovi posti di lavoro. Una
precisione che attesta inequivocabilmente due cose. Da un lato la parte
operativa è evidentemente avanzatissima, i progetti già definiti nel dettaglio e
gli imprenditori, tenuti accuratamente coperti, con il portafoglio in mano.
Dall’altro i 206 milioni sono già stati trovati alla faccia degli striminziti
milioncini dell’Accordo di programma e dunque si può partire in qualsiasi
momento. Al di là dell’ironia, alla quale è necessario ricorrere per evitare che
lavoratori e Rsu possano inferocirsi per questa presa in giro, ci chiediamo per
quanto tempo ancora dovremo sopportare che all’interno delle istituzioni
triestine ci sia chi rema contro lo sviluppo della città».
Piero Rauber
Monassi: «Presto la convocazione del Comitato»
Marina Monassi, presidente dell’Autorità portuale, assicura che il Comitato
portuale sarà convocato a breve. E lo fa, informando di aver risposto alla
lettera di sollecito inviatale dalla presidente della Regione, Debora
Serracchiani, dal sindaco Roberto Cosolini e dalla presidente della Provincia
Maria Teresa Bassa Poropat. Monassi ha risposto loro che «era già intendimento
di questa Autorità Portuale convocare una riunione del Comitato per il giorno 8
aprile», poi rimandata - spiega una nota diffusa dall’Apt - per motivi personali
imprevedibili e sopravvenuti. «Nell’assicurare una convocazione del Comitato
portuale in tempi brevi - prosegue il comunicato -, la presidente Monassi
ricorda come la massima trasparenza e garanzia del pubblico interesse viene
costantemente posta in essere dall’Apt, consentendo ai rappresentanti degli
organi di informazione di assistere alle sedute del Comitato portuale, per
riferire in maniera completa ed esaustiva alla cittadinanza e alle imprese delle
deliberazioni adottate o semplicemente discusse». L’ultima riunione del Comitato
non riservata esclusivamente al nodo Ferriera risale al 12 dicembre scorso. Nei
due incontri del 3 e del 12 febbraio in discussione c’era appunto unicamente
l’Accordo di programma per l’area di Servola.
Cok: Magazzino 26 non pensato per uffici
Il segretario Pd: è troppo chiedere di confrontarsi? Savino (Fi): ai
tavoli della Regione solo il centrosinistra
«C’è o non c’è una visione complessiva di cosa si dovrebbe fare nel e del
Porto di Trieste?». Se lo domanda Stefan ‹ok, segretario provinciale del Pd,
attaccando il vertice dell’ente di via von Bruck. «Leggiamo in questi giorni che
l’Autorità portuale vorrebbe trasferire, sulla base di motivazioni legate alla
spesa - prosegue l’esponente democrat -, i propri uffici nel Magazzino 26, che
avrebbe dovuto rappresentare in realtà il simbolo di un uso diverso di Porto
Vecchio, che tornasse a renderlo parte della città, Magazzino 26 che non pareva
fosse stato pensato per ospitare uffici». Non è tutto: «Scopriamo altresì che è
comparsa un’ipotesi alternativa per l’area della Ferriera - riprende ‹ok -, tema
oltremodo complesso e in merito al quale ci si chiede come sia possibile che
quest’alternativa non sia stata avanzata sino ad adesso se ritenuta fattibile.
Infine il Comitato portuale, che dovrebbe essere anche il luogo in cui poter
creare il necessario confronto fra Autorità portuale ed Istituzioni, dato che
appare oltremodo necessario che sul futuro di partite così decisive per la città
e per il territorio si creino sinergie e non azioni da solisti, non viene
convocato da mesi: si può andar avanti così? È forse troppo - domanda infine ‹ok
- chiedere che ci sia da parte dell’Autorità portuale una disponibilità a
confrontarsi con le Istituzioni elette dai cittadini nelle sedi a ciò
preposte?». Di tutt’altro tenore, le parole di Sandra Savino, parlamentare di
Forza Italia e coordinatore regionale del partito berlusconiano: «Devo far
presente che, quando eravamo alla guida della Regione - afferma -, ho sempre
inteso convocare ai tavoli sulla Ferriera anche esponenti delle opposizioni,
proprio per coinvolgere tutte le forze politiche e non escludere importanti aree
di consenso rappresentate nelle istituzioni locali e nazionali. Un approccio che
era finalizzato a ricercare un confronto dal quale potesse emergere una
strategia condivisa, e non esclusiva. Da un anno a questa parte, dopo l’avvento
della presidente Serracchiani - è l’attacco di Savino alla governatrice -,
questa prassi è stata abbandonata e i tavoli sono diventati un terreno a cui
sono invitati a partecipare, oltre alle parti sociali, esclusivamente esponenti
del centrosinistra, come se il futuro della Ferriera fosse solo affare loro.
Quindi sul progetto presentato da Alpe Adria - conclude - esprimerò la mia
opinione nel momento in cui, come rappresentante di questo territorio in
Parlamento, verrò coinvolta nelle sedi deputate da chi finora ha inteso
interpretare il proprio ruolo di governo in maniera vendicativa nei confronti
delle altre forze politiche».
In bici per chiedere più sicurezza
Manifestazione dopo la morte del ciclista Lorenzo Luca
Manifestazione di ciclisti stasera alle 21 in piazza della Borsa per
ricordare la tragica morte di Lorenzo Luca, il ciclista travolto e ucciso
mercoledì a Pordenone da un camion. Organizzato da “Salvaiciclisti”,
l’appuntamento servirà anche per fare il punto sui rischi che corrono
quotidianamente quanti affrontano il traffico e le città pedalando. Il rapporto
Aci-Istat 2012 mostra dati preoccupanti al riguardo. «Rispetto al 2011 – spiega
Federico Zadnich, responsabile del Coordinamento regionale della Federazione
amici della bici (Fiab)-Mobilità urbana – c’è stato un aumento del 2,5% del
numero di conducenti di biciclette vittime d’incidenti stradali e del 2,7 dei
feriti, mentre si evidenzia che la prima causa è l’elevata velocità». «L’81%
delle vittime degli incidenti nelle città – precisa – riguarda l’utenza debole,
cioè pedoni e ciclisti». Il movimento “Salvaicilisti” ha chiesto alla presidente
della Regione Debora Serrachiani e ai sindaci del Friuli Venezia Giulia urgenti
interventi per garantire la moderazione della velocità in ambito urbano. «La
rete Mobilità nuova – riprende Zadnich - auspica che il Consiglio regionale
approvi la proposta di legge n.36 riguardante il sostegno all’acquisto di
biciclette elettriche a pedalata assistita. Sarebbe un primo segnale sulla
strada della riduzione dell’inquinamento e del miglioramento della qualità dei
centri urbani e della volontà di favorire la socialità e l’accessibilità ai
servizi, di contrastare la sedentarietà e l’obesità, che nel mondo ormai
uccidono più persone del fumo». «Ma i benefici sono anche economici – continua –
perché è dimostrato che quelli che derivano dall’uso della bici nei 27 Paesi Ue
corrispondono a 217 miliardi di euro, di cui la metà proviene dalla riduzione
della mortalità e delle altre spese sanitarie, con un rapporto fra costi e
benefici pari a 1 a 70». Della rete Mobilità nuova fanno parte Fiab,
Legambiente, Associazione culturale pediatri, Isde medici per l’ambiente, Wwf,
Unione nazionale volontari pro ciechi, Associazione italiana familiari e vittime
della strada e Unione italiana sport per tutti.
Ugo Salvini
Posteggi nel centro città - Polacco: «Discutiamo le
nuove tariffe»
Alberto Polacco, capogruppo Pdl Forza Italia alla IV
Circoscrizione, interroga il Consiglio circoscrizionale per sollecitare un nuovo
dibattito sulle tariffe dei nuovi posti-auto in centro. Polacco rileva che
«l'assessore Marchigiani aveva dichiarato: “Primo nostro intento è favorire i
residenti del centro con circa 700 posti auto 24 ore al prezzo agevolato di
62,50 euro al mese e altri 600 stalli notturni e festivi a una cifra ancora
inferiore“». «Ma l'amministrazione - sostiene Polacco - cambia le carte in corso
d'opera: infatti il Piano del traffico votato a maggioranza dal Consiglio
comunale, prevedeva la tariffa mensile di 30 euro per l'abbonamento per
residenti del Borgo Teresiano e Giuseppino».
Raccolta di firme oggi e domani - La Lav contro le
prigioni per delfini
Libertà per i delfini e le altre specie coinvolte e fine
del loro fruttamento nelle “prigioni d’acqua” che sono i delfinari. È quanto Lav
(Lega anti vivisezione) e “Marevivo” chiedono governo e Parlamento, per una
nuova legge che vieti l'importazione di delfini e altri cetacei a fini di
spettacolo. «Inoltre - informa la Lav Trieste - potrai aiutarci a realizzare uno
straordinario progetto: il primo "rifugio per i delfini" in un'area di mare
protetta, che possa accogliere i cetacei provenienti da strutture dismesse.
Chiediamo di non andare a visitare i delfinari, per non essere complici di
questa inaccettabile prigionia, e di sostenere la campagna». Raccolta firme oggi
e domani in via San Lazzaro angolo via Ponchielli.
Riecco Vivicittà, passa in Porto Vecchio - Lo start
alle 10.30, contemporaneamente in quaranta città italiane
Domani è il giorno di Vivicittà 2014: la corsa più grande del mondo, che
coinvolge sportivi e cittadini sui temi dell’ambiente, della solidarietà e dei
diritti. Alle 10.30 il via in contemporanea in 40 diverse città italiane, 18
città nel mondo e 24 carceri: milioni di persone si mettono in moto per
affermare il diritto a muoversi, correre, giocare in città più sane e più
vivibili. Ma non basta: partecipare a Vivicittà vuol dire anche fare solidarietà
sostenendo il progetto dell’Uisp di garantire l’accesso a un’educazione motoria
e sportiva di qualità ai bambini palestinesi di sei campi profughi in Libano. In
regione la manifestazione esiste fin dalla sua prima edizione, 31 anni fa,
quando correre per le vie delle città era una novità, un azzardo. La prima città
ad aderire allora fu Trieste, pochi anni dopo anche Gorizia organizzò la sua
prima edizione arricchendo una manifestazione già piena di significato con il
tema dei confini. Nel 2014 si aggiunge Udine. A Trieste, domani, si corre
all’interno del Porto Vecchio e in prossimità del riqualificato Magazzino 26.
IL PICCOLO - VENERDI',
4 aprile 2014
Authority, trasloco al magazzino 26
Con la motivazione di “ridurre le spese” Marina Monassi concentra la sede
e tutti gli uffici in Porto vecchio. Il sindaco: come se mi trasferissi a San
Giusto
Cosa c’entra la legge sulla spending review con il Magazzino 26 di Porto
Vecchio? C’entra. Proprio partendo dalla normativa sul contenimento della spesa
pubblica, Marina Monassi giunge a stabilire che tra le misure necessarie a
contenere gli esborsi per il funzionamento dell’Autorità portuale c’è il
trasloco della sede dell’Authority stessa. Dalla Torre del Lloyd al Magazzino
26, appunto. E non solo: nel documento datato 27 marzo 2014 la presidente
comunica che «è dato avvio alle procedure volte al trasferimento della sede
dell’Autorità portuale di Trieste al Magazzino 26 e alla Sottostazione elettrica
del Punto franco vecchio». Da un edificio storico all’altro, dunque.
Dall’immobile costruito a metà Ottocento su commissione del Lloyd Austriaco
quale Nuovo Arsenale, al secondo più grande silos portuale d’Europa. Dal Porto
Nuovo al Porto Vecchio. Nella sua comunicazione, la presidente dell’Authority
spiega come le spese che la dislocazione di settori, servizi e uffici in diverse
sedi oggi comporta possono essere contratte appunto concentrando l’apparato
burocratico in una sede unica. Nessuno degli immobili attualmente in uso
«possiede sufficiente capienza per contenere l’intera struttura aziendale». Ecco
però che il 26 e la vicina Sottostazione elettrica - da poco restaurata e
immediatamente richiusa al pubblico dopo l’inaugurazione tenuta una manciata di
giorni fa in occasione delle Giornate Fai di primavera alla presenza del
sottosegretario all'Ambiente Barbara Degani - «sono nella disponibilità»
dell’Authority. E certo offrono spazi sufficienti per ospitare uffici e
personale. Il trasferimento, scrive ancora Monassi, comporterà nel lungo periodo
delle economie di spesa. E gli spazi resi liberi dall’operazione? Una volta
concluso il trasloco, potranno essere ben messi a reddito: sono anzi già
arrivate delle richieste da parte di soggetti privati interessati, comunica la
presidente. A una manciata di settimane della pubblicazione del nuovo bando per
Porto Vecchio, bando con cui l’Autorità portuale ha predisposto un massimo di 22
concessioni dopo il naufragio dell’operazione Portocittà, ecco dunque un altro
tassello del riuso dello scalo antico nella visione di Monassi. Se
dall’Authority si rimarca l’operazione risparmio che si andrà a fare,
irraggiungibili ieri i vertici della Torre del Lloyd restano dunque da capire le
modalità dell’operazione: dalla tempistica alla quantità di spazi che
l’Authority nel 26 andrà a occupare. Il Magazzino infatti si dispone su una
lunghezza di oltre 240 metri e conta una superficie totale di più di trentamila
metri quadrati su quattro piani. Il suo imponente restauro, concluso nel 2008 e
costato oltre 15 milioni di euro, ha rappresentato il simbolo della
riqualificazione dell’antico scalo. Così come in quegli spazi si è tenuta
nell’estate del 2011 la Biennale diffusa che voleva essere il cavallo di Troia
per la riapertura alla città dell’area. La ristrutturazione interna peraltro è
in gran parte da ultimare. In una sala del 26 trova spazio l’Infopoint allestito
dall’Authority sul bando per le concessioni. Quanto alla Sottostazione
elettrica, già destinata a ospitare l’archivio storico della Torre del Lloyd, il
restauro è terminato ormai da molti mesi. «L’Authority al 26? Ne ho sentito
parlare», commenta il sindaco Roberto Cosolini precisando come sia «difficile
giudicare cose di cui non si conoscono motivazioni e finalità. Vedremo cosa dirà
la presidente in sede di Comitato portuale. Certo, anche alla luce del fatto che
il 26 sembrava destinato a funzione di grande prestigio nel suo essere vetrina
del recupero di Porto Vecchio... È un po’ come se il sindaco comunicasse che
trasferisce gli uffici del Comune nel castello di San Giusto».
Paola Bolis
«Tutto bloccato, senza Comitato da 4 mesi»
Regione, Comune e Provincia protestano: convocato solo per la questione
di Servola
Cara presidente del Comitato portuale, si dia una mossa. Ci sono questioni
che riguardano il porto e il territorio finite nel dimenticatoio dell’Autority.
Problematiche non di poco conto che bloccano lo sviluppo di Trieste. Il tono
della lettera inviata a Marina Monassi dai presidenti di Regione e Provincia e
dal sindaco di Trieste per chiedere la convocazione del Comitato è istituzionale
ma fermo nella richiesta. L’ultima riunione risale al 12 dicembre dello scorso
anno, nei due incontri del 3 e 12 febbraio scorso in discussione c’era,
esclusivamente, l’Accordo di programma per l’area di Servola. I nodi sono sempre
gli stessi: la gara sulla piattaforma logistica, le prospettive dell'area di
Servola, la privatizzazione di Trieste Terminal Passeggeri/Ttp e il recupero di
Portovecchio. «Temi di prioritario interesse del territorio - è scritto nella
lettera - in merito ai quali l'Autorità portuale di Trieste ha dato notizia, in
larga parte, soltanto attraverso comunicazioni a mezzo stampa». «Una lettera
come quella che abbiamo mandato assieme al sindaco Cosolini e alla presidente
Poropat è innanzitutto il sintomo che qualcosa si è inceppato nei rapporti
istituzionali - afferma la presidente della Regione, Debora Serracchiani -. Lo
constato con grande rammarico, perché l’interesse del territorio si cura solo se
tutte le istituzioni vanno nella stessa direzione, almeno nelle grandi
questioni, e qui parliamo della infrastruttura più importante della regione. Il
porto di Trieste non riguarda un gruppo di persone, più o meno ampio, ma è
strategico per il Friuli Venezia Giulia. Per questo ci vuole trasparenza,
efficienza e coordinamento con tutti i livelli istituzionali». «Non c’è
attenzione e rispetto per la città da parte dell’Autority - afferma il sindaco
Roberto Cosolini -. Ci sono questioni che sono lì ferme da anni. Ci sono
progetti che non trovano interesse da parte degli investitori, come lo
spezzettamento di Porto Vecchio che a detta della stessa Monassi, non ha trovato
finora manifestazioni di interesse. E di queste situazioni non se ne vuole
parlare. Il Comitato portuale non si riunisce e preferisce spifferare ai
giornali e alle televisioni. Devono finire questi comportamenti. Con la lettera
abbiamo voluto dire basta a chiacchiere e progetti inconsistenti, come quello di
Alpe Adria. Affrontiamo e risolviamo quelli veri». Sulla stessa linea la
presidente della Provincia, Maria Teresa Bassa Poropat: «Sono questioni che
riguardano ricadute notevoli sul territorio. Vogliamo evitare inutili polemiche
che non servono a nessuno e affrontare tutte le questioni in piedi che abbiamo
evidenziato nella lettera. Nel Comitato portuale la presidente Monassi può
ascoltare i pareri di tutti, basta solo che lo convochi e non spifferi notiziole
ai giornali. Ci vuole più trasparenza nelle decisioni».
Ferdinando Viola
Ferriera, presentato un piano alternativo: taglia fuori
Arvedi
Uno studio di Alpe Adria per la riconversione dell’area: manifattura e
banchina. Operazione da 206 milioni
Recuperare l'area della Ferriera di Servola con impianti di industria
leggera e una banchina a servizio del Porto. Costo dell'operazione: 206 milioni
di euro per un'ipotesi e 155 milioni di euro per un'altra soluzione. L'Autorità
portuale di Trieste ha affidato ad Alpe Adria (la società di logistica che si
occupa di movimentare i treni da e per lo scalo triestino) uno studio di
fattibilità per risolvere la questione dello stabilimento siderurgico con
l'eliminazione dello stesso e una bonifica che prevede copertura dei terreni
inquinati e protezione a mare. Appare evidente che è un progetto che si
contrappone al piano Arvedi di rilancio dell’impianto siderurgico per il quale
sono state gettate solide basi con l’Accordo di programma firmato a Roma dal
governo Letta. Un documento che l’autorità portuale ha firmato solo pochi giorni
fa dopo aver sollevato svariate obiezioni. Lo studio, mai reso pubblico, risale
ad alcuni mesi fa e tratta anche l'aspetto occupazionale, ipotizzando già dal
primo anno un numero compreso tra i 500 e i 600 posti di lavoro, indotto
compreso. In sintesi, si dice nelle premesse, «si valutano alcuni scenari volti
a coniugare la vocazione industriale con quella portuale, vista la crescente
domanda di aree portuali specializzate nel contesto del Nord Adriatico, con
l'opportunità di una sinergia tra attività produttive e logistica». Lo studio,
quindi, prende in considerazione sia i 34 ettari di pertinenza demaniale sul
mare che i 23 ettari di proprietà della Servola spa (curioso che la somma dia
un'estensione quasi pari a quella del Porto Vecchio), tenendo conto delle
indicazioni d'uso e delle pianificazioni territoriali vigenti. In particolare la
proposta, perché di questo si tratta, intende valutare la possibilità di
insediare in quel sito produzioni di industria leggera, che lo stesso studio
definisce come industria manifatturiera che non necessita di grandi impianti:
montaggi, lavorazioni meccaniche, robotica, tessile, design o arredamento. Nella
parte dedicata alla reindustrializzazione si fa notare che questo tipo di
riconversione “leggera” ha maggiori possibilità di riconversione nel caso di un
ex sito siderurgico. Per l'area a mare, invece, sostanzialmente le ipotesi sono
due: una soluzione che prevede solo un terminal container e una soluzione che fa
coesistere i contenitori con merci varie e rinfuse solide. Nel primo caso la
spesa da sostenere per demolire gli impianti esistenti, mettere in sicurezza
l'area e realizzare le strutture necessarie (compreso un parco ferroviario) si
attesterebbe sui 156 milioni di euro, nel secondo caso (la soluzione mista) si
arriverebbe a circa 206 milioni di euro. Ottimistiche anche le stime per quanto
riguarda l'occupazione: per la soluzione mista si ipotizzano 279 posti lavoro
diretti già al primo anno, per arrivare a 789 una volta a regime. Per la
soluzione meno dispendiosa i posti di lavoro sarebbero 296 al primo anno e 747 a
regime. Una volta realizzati gli impianti e fatte funzionare le attività, se si
calcola anche l'indotto i posti di lavoro salirebbero in totale a 1647
nell'ipotesi che prevede una spesa di 206 milioni di euro e si fermerebbero a
1375 con il solo terminal container. Tanto per fare un paragone, oggi il Molo
VII fa lavorare circa 700 persone, compreso l'indotto. Va da sé che, prima di
iniziare a costruire qualsivoglia struttura, sarebbe necessario demolire
l'esistente e poi mettere in sicurezza l'area. Un’operazione complessa e molto
costosa. La bonifica basata sulla rimozione per il successivo smaltimento del
terreno inquinato o il “trattamento in situ”, si legge nello studio, non
risulterebbero economicamente e operativamente praticabili. Per questo motivo
l'idea sarebbe quella di rimuovere solo gli inquinanti più pericolosi,
realizzare una completa perimetrazione (sia a monte che a mare) dello
stabilimento e completare il tutto con una copertura, differenziata a seconda
del tipo di utilizzo che si volesse fare della superficie. Non mancano, nello
studio di Alpe Adria (società partecipata da Autorità portuale, Trenitalia e
Friulia, la finanziaria regionale) le strutture a “compensazione ambientale”: un
parco fotovoltaico che potrebbe raggiungere gli 80mila metri quadrati e un parco
a verde pubblico di circa 25mila metri quadrati.
( m.c.)
«Ma chi tirerebbe fuori quei soldi?»
Cosolini e Bassa Poropat fortemente critici: «Piano mai presentato nelle
sedi istituzionali»
«Il diritto alla salute dei triestini e la salvaguardia dei lavoratori della
Ferriera è nell’accordo di Programma, che dà ampie garanzie di sostenibilità
ambientale e di prosecuzione dell’attività produttiva. Altre ipotesi concrete
per il futuro di Servola, al momento, non ci sono. Il progetto di cui si parla
credo consista nelle poche decine di pagine che tempo fa mi sono state
consegnate a mano, senza indicazione né dell’autore né del committente». La
presidente regionale Debora Serracchiani si riferisce al piano di Alpe Adria
commissionato dall’Autorità portuale. «Si tratta di un fascicolo - aggiunge -
che si è iniziato a stendere quando per la Ferriera si ipotizzava soltanto la
chiusura. Dal momento in cui si è cominciato a parlare della crisi industriale
complessa, questo fascicolo non è mai più stato visto e tantomeno presentato
formalmente. Ho notato che, quando si parla delle risorse necessarie a fare gli
interventi immaginati da quel progetto, l’unico riferimento è a “fondi
nazionali”, senza specificare di più. Inoltre, non entra nel merito dei dettagli
connessi al risanamento ambientale che, proprio affrontando il complesso iter
per la stesura dell’Accordo di Programma, abbiamo visto essere i nodi più
difficili da sciogliere. Rimane la curiosità di sapere con certezza chi è
l’autore dello studio, chi l’ha commissionato e, soprattutto, quanto è costato».
«Uno studio sulla Ferriera di Alpe Adria commissionato dall’Autorità portuale?
Ne ho sentito parlare in questi giorni. Ma se è una cosa seria deve essere
illustrato dai promotori nella sede dell’Autorità portuale»: Il sindaco di
Trieste, Roberto Cosolini, non crede molto a questo fantomatico progetto. «Il
piano per la trasformazione logistica di quell’area di Servola - sottolinea il
sindaco - prevede un intervento finanziario pubblico e uno privato. Sul pubblico
la vedo dura. Sarei curioso di sapere chi sono i privati. La diversificazione?
Ne parlavamo già due anni fa. Con la siderurgia potevano affiancarsi altre
attività industriali, logistiche e portuali. Ma per questo ci vogliono i soldi.
Il piano poi prevede 1600 occupati: aspetto che mi dicano chiaramente come.
Perchè, impegnato come sono a salvaguardare 500 posti di lavoro, non vorrei
passare per uno che fa una battaglia di retroguardia». Alla Provincia non è
arrivato alcun studio. Favorevoli alla riconversione della Ferriera il deputato
leghista Massimiliano Fedriga e il sindacalista Luigi Pastore.
(fe.vi.)
Corsa croata all’oro nero, Lubiana protesta
L’ambasciata slovena a Zagabria denuncia ufficialmente la violazione
dell’intesa sul golfo di Pirano
BELGRADO No, non bastava la guerra in corso tra Zagabria e Budapest sul caso
Ina-Mol. A infiammare la già calda primavera oltreconfine è arrivata anche
l’apertura di un nuovo fronte che oppone la Croazia alla Slovenia. Contrasto,
accompagnato da altissima tensione, a causa delle mosse di Zagabria in vista
dello sfruttamento dei potenziali giacimenti di petrolio e gas che si
nasconderebbero nell’Adriatico orientale. Mosse – l’ultima è stato il lancio
delle gare pubbliche per il rilascio delle concessioni per le 29 zone in cui è
stata suddivisa l’area strategica – che non sono piaciute a Lubiana.
L’ambasciata slovena a Zagabria ha annunciato infatti di aver presentato
obiezioni formali verso l’uso delle mappe del fondale del mar Adriatico create
attraverso i rilevamenti della società norvegese Spectrum. Mappe che hanno
portato alla ripartizione del mare nei 29 blocchi. E che, almeno secondo la
Slovenia, «pregiudicano» in «maniera unilaterale» la soluzione della disputa
territoriale ancora in corso tra i due Paesi Ue, ossia quella sulla demarcazione
del confine sloveno-croato che passa nella baia di Pirano, soggetta ora ad
arbitrato internazionale. Le carte croate toccano infatti anche l’area del golfo
di Pirano e Lubiana «esaminerà con attenzione le aree nell’Adriatico
settentrionale che il governo croato ha concesso per l’esplorazione» e per
l’eventuale estrazione «di petrolio e gas», continua la dura nota
dell’ambasciata slovena in Croazia. E poi la promessa-minaccia. «Se necessario»
saranno prese le «misure appropriate per proteggere gli interessi sloveni», ha
fatto sapere Lubiana a Zagabria. Lubiana che, in pratica, ha letto nell’apertura
del procedimento per le concessioni di esplorazione, che saranno attribuite
entro il 2015, una chiara violazione dell’articolo 10 dell’intesa sull’arbitrato
sulla baia di Pirano, firmata nel 2009, che appunto specifica che entrambe le
parti debbono astenersi dal compiere azioni che possano «intensificare la
disputa» o metterne a rischio la soluzione. Secondo quanto annunciato dalle
autorità croate, oltre quaranta colossi petroliferi, tra cui ExxonMobil e
Gazprom, hanno manifestato interesse per l’oro nero e il gas che si troverebbero
nei fondali adriatici. Oro nero che, queste le ottimistiche aspettative del
ministro dell’Economia croato Vrdoljak, potrebbero trasformare la Croazia in un
produttore di combustibili fossili «fra i più economici nella regione», facendo
affluire verso Zagabria 2-3 miliardi in investimenti nei prossimi cinque anni.
Le gare per aggiudicarsi i 29 blocchi, estesi tra i mille e 1.600 chilometri
quadrati, si chiuderanno il prossimo tre novembre. Obiettivo della Croazia,
vedere i primi giacimenti in funzione tra cinque anni. Slovenia permettendo,
almeno per quel che riguarda l’Adriatico settentrionale e il blocco denominato
“SJ-01”, quello più a ridosso di Pirano.
(s.g.)
SEGNALAZIONI - COMUNE - Il giardino di San Giovanni
Mi riferisco alla
nota “Un giardino per San Giovanni” (31 marzo 2014)
a firma del signor Luciano Ferluga, a nome del Comitato rionale di San Giovanni/Cologna.
Riconosco la validità intrinseca della richiesta formulata, anche se non si può
certo considerare San Giovanni un rione deficitario di zone verdi, sia pur "in
salita"; non entro comunque nel merito dell’ubicazione proposta. Sono perplesso
invece sulla tempistica con la quale il Comitato medesimo avanza tale richiesta;
dico questo proprio a ragione della lunga esperienza maturata nel corso degli
anni dal Comitato in questione nell’approccio con l’amministrazione comunale per
portare avanti le “battaglie” diverse a favore del rione; i rappresentanti del
Comitato quindi sono perfettamente a conoscenza che i provvedimenti del Comune
seguono un percorso previsto dalla norma amministrativa con passaggi successivi
ben definiti. Conseguentemente non capisco le motivazioni del ritardo con cui
tale richiesta viene espressa, a pochi giorni dall’approdo del prgc in
Consiglio, una volta terminati i lavori istruttori nella competente commissione
consiliare. Ancora di più, mi chiedo se il Consiglio della Sesta Circoscrizione
sia stato messo a conoscenza della proposta (la mia lunga militanza in
Circoscrizione mi permette di affermare con certezza che nessun consiglio
circoscrizionale mai potrebbe essere contrario ad un nuovo spazio verde
rionale). Aggiungo che questo prgc è stato costruito secondo un’innovativa
metodologia partecipata richiedendo espressamente il coinvolgimento dei
cittadini nell’esame e nella lettura del territorio; tale percorso è stato
supportato nella primavera del 2012 dall’organizzazione di incontri presso le
Circoscrizioni e dalla diffusione e raccolta di questionari disponibili in forma
cartacea e su web: perché non si è approfittato di queste occasioni per
promuovere il giardino di San Giovanni? In conclusione, spiace per il metodo
utilizzato: la questione meritava ben altro approfondimento; farsi avanti in
questa fase sperando nell’emendamento dell’ultimo minuto mi sembra riduttivo e
rende più difficile il raggiungimento dell’obbiettivo.
Mario Ravalico P- residente della commissione
urbanistica del Comune di Trieste
IL PICCOLO - GIOVEDI',
3 aprile 2014
Roma sblocca 30 milioni per il depuratore di Servola
Da anni l’impianto è sotto minaccia di infrazione
europea perché non a norma - Il costo per il trattamento biologico delle acque è
di 52,5 milioni (15 regionali)
Depuratore di Servola, è stato firmato dai ministeri dell’Ambiente e dello
Sviluppo economico l’Accordo di programma che sblocca 30 milioni statali sui
52,5 complessivi per la messa a norma dell’impianto, da qualche anno sotto
minaccia di un provvedimento di infrazione da parte della Ue, e che nel 2012
rischiò di dover chiudere se la Provincia non avesse ottenuto una proroga.
Bisogna costruire un impianto di “trattamento biologico” a terra delle acque,
che ora scaricano in alto mare, e provvedere a una fase di denitrificazione dei
reflui. Alcune opere preparatorie sono state già realizzate, e sempre nel 2012
il Comune ha ottenuto in concessione per 30 anni dall’Autorità portuale i 27
mila metri quadrati di fianco allo Scalo Legnami per installare le nuove
strutture, che prevedono anche collegamenti e sottopassi ferroviari tra il
vecchio e il nuovo. «Appena il decreto di assegnazione sarà pubblicato potremo
bandire la gara sia per la bonifica e sia per l’appalto integrato e cioé per il
progetto esecutivo e l’esecuzione delle opere» afferma con evidente
soddisfazione il sindaco Roberto Cosolini che della materia è responsabile
numero uno come presidente di diritto della Consulta di ambito territoriale
ottimale (Cato), cioé del bacino idrico dell’intera provincia. L’area ricade nel
Sito inquinato nazionale ma adesso le procedure sono snellite e chiare, e già
nel giugno del 2011 lo studio veneto Altieri aveva vinto la gara per la
redazione del progetto preliminare, sulla cui base AcegasAps ha curato finora
l’iter per ottenere tutte le autorizzazioni. Consulente del Comune è stato il
prof. Luca Bonomo del Politecnico di Milano che ha dovuto risolvere molti
problemi tecnici: mancanza di spazi, infiltrazioni di acqua marina nei
collettori costieri, e particolare configurazione della rete fognaria triestina.
L’Accordo di programma, che la Regione ha “sbloccato” alla fine dello scorso
anno (da allora si attendevano le firme dei ministeri) prevede 30 milioni di
euro di fondi statali e 15 milioni dalla Regione (740 mila all’anno per 20
anni). «Si è concluso positivamente questo complesso iter - dice Cosolini -, che
ho da subito considerato prioritario, avevo sollecitato sia il governo Monti e
sia il governo Letta. Devo all’impegno dell’assessore regionale Sara Vito se
tutto è stato finalmente risolto». In mezzo c’è stata una serie di impedimenti
pesanti, problemi di tariffe dell’acqua dopo i referendum (conseguenti timori di
non avere fondi a sufficienza), “spending review”, dubbi se quel denaro statale
fosse configurabile come “aiuto di Stato”, cambi di governo, vana speranza di
attingere a fondi europei. Intanto la Ue ci “minacciava”, perché l’impianto era
considerato fuori norma oltre i termini. La Conferenza dei servizi per approvare
il programma dei lavori porta la data dell’aprile 2012, esattamente due anni fa.
Tra i lavori già realizzati da AcegasAps a partire dal 2000 l’installazione di
filtri a maglia più stretta per “depurare” materialmente le acque di scarico
(intervento che terminerà a luglio), l’inizio della bonifica sul fronte di
confine tra impianto e Scalo legnami, e lo smaltimento di tettoie in eternit
(amianto). Secondo i piani approvati la realizzazione delle vasche di
“trattamento biologico” che consentiranno di sversare acque ormai pulite
dureranno per 3 anni dal bando di gara alla realizzazione dell’intervento.
Quando l’assessore all’Ambiente Vito nel dicembre del 2013 aveva mandato a Roma
l’accordo aveva parlato di «momento storico per una situazione che si trascinava
da anni: abbiamo evitato - concludeva - una pesantissima sanzione comunitaria».
Gabriella Ziani
Pronto il regolamento della riserva regionale delle
Falesie
DUINO AURISINA La giunta Kukanja ha recepito, come sintesi di un percorso
partecipativo, la proposta di regolamento della riserva regionale delle Falesie
emersa in seno alla Seconda commissione consiliare. E ha inoltrato il documento
- che disciplina vari aspetti, dalla piantumazione alla pesca professionale, dal
pascolo alla gestione degli ecosistemi e della fauna, fino alle attività
divulgative e all'introduzione di armi nella sola area del camping, alla
Regione. Il testo verrà quindi sottoposto al Comitato tecnico scientifico e
vedrà anche un “passaggio” all'assessorato all'Ambiente, per il successivo via
libera della giunta Serracchiani, che lo trasformerà in dispositivo normativo a
tutti gli effetti. «Una volta approvato – chiarisce l'assessore al Turismo
Andrej Cunja - il regolamento tornerà al Comune per il voto dell'aula, a
chiusura dell'iter». Stando all'assessore la versione definitiva uscita dalla
giunta «è frutto di un percorso pubblico-partecipativo», che alla Casa della
pietra vide lo scorso settembre un'illustrazione seguita da numerosi cittadini.
«Tra i diversi aspetti – prosegue Cunja – la creazione di una zona di tutela
integrale, in cui nessuno potrà entrare. Relativamente all'area terrestre, poi,
si potrà camminare solo sul tracciato del sentiero, mentre sull'acqua l'attività
di nuoto libero, canoa e kayak potrà essere svolta al di fuori della linea di
rispetto, di 60 metri. Ciò nella parte di tutela integrale. Nella zona rossa più
vicina a Sistiana, invece, sarà consentito lo svolgimento dell'attività
subacquea, regolarmente disciplinata». Un altro elemento importante è la deroga
all'introduzione di armi, esplosivi e mezzi di cattura vigente all'interno della
riserva. L'eccezione riguarda gli ospiti del campeggio che si trova alle
Falesie. Le nuove disposizioni stabiliscono che al momento dell'ingresso i
detentori di armi dovranno compilare un apposito registro, fornito dal titolare
della struttura e da vidimarsi da parte dell'organo gestore dell'area protetta,
in cui verranno annotate armi e munizioni detenute. Il registro verrà poi messo
a disposizione in qualsiasi momento dell'autorità di pubblica sicurezza e degli
incaricati della vigilanza. Un'ulteriore accortezza: sempre gli ospiti del
campeggio, qualora in possesso di armi, dovranno custodirle in appositi
contenitori metallici, dotati di chiusura efficace. «È una novità importante –
conclude Cunja – perché finora i campeggiatori con armi appresso, clientela
diffusa per quell'attività, che risulta spesso punto di sosta per i cacciatori
diretti a est, erano praticamente “fuorilegge”. Con le nuove disposizioni invece
anche questi aspetti vengono normati».
(ti.ca.)
IL PICCOLO - MERCOLEDI',
2 aprile 2014
Quanti “veleni” dall’inceneritore? I dati sono
pubblicati online
Iniziativa trasparente di AcegasAps-Hera su richiesta del Comune. Il
direttore generale Gasparetto:
«Nulla da nascondere, siamo diligenti e comunque sempre molto al di sotto dei
limiti di legge»
«Siamo trasparenti e non abbiamo alcuna difficoltà a render note le
emissioni delle tre linee del termovalorizzatore di Trieste come richiesto dal
Comune, anche perché nulla c’è da nascondere, l’impianto ha emissioni di gas
nocivi infinitamente inferiori ai limiti di legge, tutti i cittadini lo potranno
controllare sul nostro sito». Lo dice Roberto Gasparetto, alto dirigente del
gruppo Hera che controlla AcegasAps, di cui è direttore generale, nel corso
della conferenza stampa voluta dall’assessore all’Ambiente Umberto Laureni, che
con questa iniziativa (un “click” e leggi le emissioni dell’impianto di via
Errera) “spunta” un impegno preso con la delibera del giugno 2013, fitta di
obiettivi da raggiungere. Si sta già lavorando, ha annunciato ieri Laureni, al
Piano acustico per la città (sarà legittimo poi definire i livelli di rumore
pubblico), è in allestimento un sistema di controllo dell’inquinamento
all’interno in ogni azienda («quando la Ferriera avrà un nuovo proprietario
saremo attrezzati per migliori monitoraggi») e anche stanno per passare tutte
all’Arpa le centraline di rilevamento della qualità dell’aria, cioé al pieno
controllo pubblico. In arrivo anche la formalizzazione di un’altra promessa:
«Faremo studi sanitari sullo stress da inquinamento in certe zone della città».
E si capisce quali. Ma intanto ieri il termovalorizzatore che brucia le
immondizie, tranne quelle (ancora sotto il 30%) che vanno alla “differenziata” è
diventato un libro aperto, i dati sono raccolti automaticamente dai camini e
messi on-line (Provincia e Arpa li potevano vedere già dal 2006). Basta
consultare il sito AcegasAps e di seguito la voce “emissioni termovalorizzatori”
che appare in un quadrato grigio in cima alla pagina a destra, poi scegliere
“Trieste”, altrimenti “Padova”. È il secondo velo che cade dopo che è stato
aperto l’accesso alle visite all’impianto nel 2012 (600 ingressi). I dati
pubblicati non sono passati per alcuna “validazione”, sono nudi e crudi come
rilevati. Se per caso le strumentazioni fossero guaste, lo si saprebbe dopo.
Viene pubblicato anche un valore di emissioni ogni mezz’ora. Ma gli esperti
avvertono: «Questo non è di lettura immediata come il superamento di un limite
di velocità, la situazione va esposta a consuntivo». «Chi ci ha affidato questo
impianto - ha detto ancora Gasparetto facendosi interprete della “qualità Hera”
- può a sua volta fare affidamento su di noi, Hera ha uno stile di grande
responsabilità sociale e gestiamo con la massima diligenza». I dati sui diversi
inquinanti sono leggibili per fasce, dal livello più basso al medio e alla “zona
rossa” che indica il superamento dei limiti di legge, graduato per quantità
altrettanto indicate. Ieri la massima parte delle sostanze che ha limite 10
microgrammi per metro cubo era attorno all’1, anche l’acido cloridrico «che una
volta era l’inquinante-tipo di un impianto di combustione perché si bruciava la
plastica - ha spiegato Paolo Dal Maso, l’ingegnere a capo della divisione
Ambiente di AcegasAps -, un veicolo di tipo non Euro 5, un caminetto acceso in
casa, una caldaia del riscaldamento ne buttano fuori di più». Nessuna sostanza
era nemmeno in prossimità dell’area “rossa”. Questione diossina, però, non
citata. Possibile che sia scomparsa? «Non è misurabile in continuo - ha aggiunto
Dal Maso -, si fanno campionamento e analisi ogni 8 ore perché le molecole sono
poche, e scriviamo i dati nel bilancio. Siamo comunque al 10% dei limiti di
legge». Laureni ha chiesto la pubblicazione del dato storico sullo stesso sito.
Uno studio dell’Arpa sulla diossina trovata a terra dimostrò anni fa, ha
riferito AcegasAps, che le sue componenti non derivavano però dall’inceneritore.
Diossina infatti si crea ogniqualvolta brucia qualcosa, specie il legno, e i
roghi estivi pertanto ci inondano.
Gabriella Ziani
Dal riciclo incasso di 900 mila euro all’anno - Ma le
somme servono quasi tutte per «calmierare i costi del servizio» e in parte vanno
al Comune
La raccolta differenziata a Trieste non decolla, è sotto il 30%, i cittadini
sul “sacchetto” quotidiano non hanno né incentivi né benefici, e nemmeno
sanzioni. Ieri Roberto Gasparetto, manager di Hera e direttore generale di
AcegasAps ha assicurato: «Porteremo la raccolta differenziata anche a Trieste al
50%, e poi sempre più verso i livelli richiesti dalla Ue, Acegas finora è
rimasta un po’ indietro». Ma forse non solo i cittadini, ma anche una
multiutility che deve sfruttare un così ottimo termovalorizzatore non ha
l’incentivo forte a dirottare carta, plastica e vetro. E comunque posto che
l’obiettivo è “ambientale”, il processo poi è tutto economico-commerciale, con
la vendita ai consorzi del materiale da riciclare. Ma a Trieste nessuno ha mai
saputo quanto guadagna AcegasAps con la vendita del riciclabile, e perché
l’incasso non fa abbassare la tassa-immondizie, e dove vanno insomma questi
soldi. Risponde Gasparetto: «Il gruppo Hera gestisce 9 termovalorizzatori e
dappertutto tranne che a Trieste la “differenziata” è superiore al 50%, il
nostro piano industriale ha come obiettivo il 65%, abbiamo uno spettro ampio di
servizi, dunque non c’è necessità di iperproduzione in un ramo: è la quantità di
differenziata che “comanda” sull’attività dei termovalorizzatori, e il calo è
già previsto nei piani». Quanto ai soldi, Trieste incassa col riciclato circa
900 mila euro. «Servono a noi a calmierare i costi della raccolta, molto alti in
un territorio prettamente cittadino - ha aggiunto Gasparetto - e al Comune per
la sua parte per calmierare la bolletta della tassa». Ma noi in bolletta non lo
vediamo a tutt’oggi evidenziato, l’altro giorno l’assessore Laureni ha detto che
«circa 70 mila euro entrano nelle casse generalizzate del Comune». Poi c’è un
altro aspetto. Non è che i termovalorizzatori (a Trieste tre linee sono attive)
vanno pian piano in disuso perché noi diventiamo sempre migliori custodi di
carta e vetro. Basti pensare che, secondo i dati comunicati ieri, nel 2013
l’impianto «utilizzando come combustibile 161 mila tonnellate di rifiuti ha
generato 100,15 Gwh di energia elettrica», oltre 100 milioni di kilowattora se è
più chiaro. Energia che potrebbe “abbattere” la nostra bolletta della luce, o
viene anche questa venduta. Paolo Dal Maso, direttore Ambiente di AcegaAps, ha
spiegato che «l’infrastruttura triestina ha valenza regionale e non provinciale,
già si bruciano i rifiuti di Gorizia e anche di Udine dopo che abbiamo vinto una
gara. Esiste la libera circolazione dei rifiuti in Fvg, per legge, e il “parco
clienti” cambia a seconda di come cambia il “monte-immondizie” della città.
(g. z.)
Radioattività: in “resti” clinici e nelle bussole
Certi rifiuti “speciali” si bruciano nell’inceneritore. Ma quelli “molto
speciali” no e soprattutto la paura di molti (magari pigri personalmente nel
riciclare) è che “si bruci un po’ di tutto” e che escano dai camini anche cose
non dette. Radioattività? La si trova. Circa 100 volte all’anno hanno riferito
ieri i responsabili di AcegasAps in riferimento al termovalorizzatore triestino
(inaugurato nel 2004) il portale di controllo cui devono sottoporsi i camion che
depositano l’immondizia fa scattare l’allarme. «Quando cerchiamo l’origine della
radioattività - ha raccontato Paolo Dal Maso, responsabile del settore Ambiente
- troviamo sempre bende e fasce sanitarie o pannolini, molte persone reduci da
particolari esami clinici conservano radioattività addosso, tanto che viene loro
raccomandato di non avvicinare bambini per qualche giorno. La vigilanza comunque
è massima. Una volta abbiamo trovato nelle immondizie una bussola marittima, le
componenti fosforescenti contengono elementi radioattivi. E altrettanto ci sono
nelle retine delle lampade a gas campingaz: ne basta una in 10 tonnellate di
materiale perché l’allarme suoni». Però sono regolarmente in vendita.
(g. z.)
Battaglia in Comune sull’allargamento di Hera
Necessaria domani mattina una nuova seduta congiunta delle commissioni
competenti
Sarà necessaria una nuova seduta congiunta delle Commissioni comunali
seconda e terza, già fissata per domattina alle 8.30, per vedere licenziata e
quindi portata nell’aula del consiglio comunale la proposta di delibera relativa
alla “Fusione per incorporazione di Amga (l’azienda multiservizi di Udine, ndr)
in Hera”, la multiutility di cui fa parte Acegas Aps. È stata burrascosa la
seduta di ieri, alla presenza di Cesare Pillon, consigliere di amministrazione
del gruppo Hera, delegato per i rapporti con il Comune. Numerosi membri
dell’opposizione, prim’ancora che si entrasse nel merito, hanno protestato
«perché nella delibera – hanno detto fra gli altri Piero Camber (Fi) e Paolo
Rovis (capogruppo Pdl) – manca la documentazione che riguarda gli accordi per la
fusione che è espressamente richiamata nel testo». Non è possibile deliberare su
un contenuto sconosciuto, il ragionamento fatto dai banchi del centrodestra. A
quel punto parola a Pillon per un chiarimento: «I motivi per i quali non si
possono dare tutti gli elementi dell'accordo derivano dal fatto che siamo
quotati in Borsa – ha precisato -, perciò alcuni particolari non possono essere
di dominio pubblico e rivelare alcune parti dell'accordo potrebbe procurare
danni. Nella sostanza, l’accordo prevede che Amga entri nel patto di sindacato
con un consigliere e in Acegas Aps con un consigliere». A quel punto il
capogruppo di Fi, Everest Bertoli, ha abbandonato l’aula per protesta. Pillon ha
aggiunto che «l’obiettivo è far diventare Acegas Aps il primo gruppo
distributore di gas nel Triveneto e di garantire i livelli occupazionali».
L’assessore Matteo Montesano, tornando al tema più caldo, ha evidenziato che
«nemmeno il Comune dispone di tutta la documentazione per i motivi indicati da
Pillon», suscitando così la severa critica di Paolo Menis, capogruppo 5Stelle:
«È grave che anche l'assessore ammetta di non essere in possesso dell'intera
documentazione». Camber ha proposto di «far ritirare la proposta dalla giunta
per ripresentarla corretta senza rimandi e richiami». Anche Iztok Furlanic,
della Federazione della sinistra e perciò della maggioranza, ha obiettato che:
«Senza tutta la documentazione non si può votare sulla delibera. Su questo punto
concordo col centrodestra altrimenti non si può votare con coscienza». Pillon ha
concluso la sua relazione parlando di «vantaggi dalla fusione per i cittadini e
i soci, perché facendo rete si ottengono economie di scala che comportano la
riduzione delle tariffe». Al momento di licenziare la delibera la discussione si
è nuovamente accesa, finché Montesano ha promesso di «aggiungere un emendamento
al testo della delibera stessa» per cercare di superare le perplessità del
centrodestra. Se ne riparla domattina.
Ugo Salvini
«Altro che Tav, mancano i binari» - Rifondazione
comunista denuncia la chiusura a Trieste della linea Transalpina
«Trieste si favoleggia ormai da anni di Tav e di Tac, avendo speso milioni
di euro in progetti, regolarmente respinti perché pieni di lacune e problemi
ambientali. Intanto non sono solo i treni per i pendolari, quelli più usati, a
cadere a pezzi, ma anche le linee esistenti presentano il conto delle mancate
manutenzioni». Peter Behrens, segretario della federazione triestina del Partito
della Rifondazione comunista, denuncia con queste parole lo stato di abbandono
dei trasporti ferroviari di Trieste a partire della storica linea Transalpina.
«Si apprende dal Piccolo che la linea da Campo Marzo a Opicina dovrà rimanere
inagibile per alcuni anni, in quanto vi sono stati cedimenti e mancano i soldi
per la manutenzione - scrive Behrens in una nota -. Quella linea che costituiva,
cent’anni or sono, uno dei principali elementi di collegamento del porto, con
dodici treni al giorno per Vienna, non è un reperto di archeologia industriale,
è l’unica via d’uscita dal porto in caso di blocco della galleria di
circonvallazione per qualsiasi motivo (fosse anche solo di manutenzione)». La
scelta di abbandonare la ferrovia Transalpina rischia di costare cara: i binari
rimano strategici per i collegamenti di Trieste. Altro che Alta velocità. Quella
linea «potrebbe ancora essere usata per creare treni verso est, nella stazione
di Opicina, risparmiando i più di venti chilometri di risalita lungo la vecchia
meridionale - prosegue il segretario triestino del Partito della rifondazione
comunista -. Qualsiasi amministratore degno di tale nome avrebbe quindi cercato
di mantenerla attiva ed usabile prima di prevedere finanziamenti per altri
progetti futuribili». Invece «la gestione Moretti - aggiunge Behrens - ha
pensato bene di disinteressarsene, rivolta come è non al trasporto merci ma alla
sola creazione di linee veloci dall’alto costo di realizzazione». La conclusione
dell’intervento è tutta politica. «Pochi milioni dei miliardi di euro previsti
in Valsusa per un’opera devastante quanto inutile - conclude Behrens . avrebbero
permesso al porto di Trieste di avere ancora questa linea efficiente, come
all’inizio del 1900, ma non si è voluto tenerla in funzione. Questa - conclude
la nota il segretario della Federazione tristina del Prc - è la reale politica
di chi ci parla da anni di Tav».
SEL - Mozione di Pellegrino sugli interventi
edilizi
È stata approvata all’unanimità la mozione della deputata
di Sel Serena sulle ristrutturazioni edilizie. L’iniziativa punta ad aumentare
la detraibilità fiscale delle ristrutturazioni edilizie effettuate con materiali
e tecniche biocompatibili
Bavisela, come adottare un’associazione
L’iniziativa è rivolta agli esercizi commerciali e va a favore dei
sodalizi del volontariato
Ha preso il via ieri e proseguirà fino al 15 aprile l'iniziativa “Io adotto
un'associazione per Bavisela Wind Family 2014”, realizzata da Map srl in
collaborazione con Bavisela. Ogni esercizio commerciale può quindi scegliere
un'associazione tra quelle attive nel mondo del volontariato e della promozione
sociale ed acquisire per suo conto un numero minimo di 50 pettorali per la
Bavisela Wind Family, la più partecipata competitiva del Nordest Italia in
programma domenica 4 maggio, in contemporanea con la Maratona d'Europa e la
Maratonina di Trieste. Ogni negozio inoltre potrà garantire visibilità
all'associazione scelta e diventare un punto di riferimento per il ritiro dei
pettorali e dei pacchi gara. La prima parte del programma Bavisela Charity,
intanto, concluso il 31 marzo, ha visto l'acquisizione di quasi 2mila pettorali
a tariffa agevolata da parte di realtà attive nel mondo del volontariato, in
modo autonomo. Al primo posto c'è la Lilt di Trieste con 510 pettorali, seguita
dal Centro servizi volontariato del Fvg con 500: queste due realtà accedono al
montepremi che, mettendo in palio complessivamente 5mila euro (2.500 per la
prima, 1.500 per la seconda e mille per la terza associazione più numerosa),
garantisce un ulteriore importante fundraising alle realtà più lungimiranti. Il
Csv, comunque, ha già annunciato di voler trasformare il bonus spettante in
ulteriori pettorali da donare ai proprio associati. Tra gli altri sodalizi che
hanno acquisito un numero di pettorali tra i 50 e i 150 figurano Help Zimbabwe,
Anffas-Nati per Muoversi, un gruppo con capofila Celiachia Fvg (insieme a
Rotaract Club Monfalcone e Grado, Calicanto onlus e Celiasport) e ancora
l'Unicef, la Consulta regionale dei disabili e l'Unitalsi. Scatta ora la seconda
parte del progetto, iniziato ieri e affidato alla generosità dei commercianti,
che potranno scegliere di sostenere un'associazione già iscritta o una new
entry. Tra i primi negozi che hanno aderito c'è Dolomite, in via San Spiridione,
che sosterrà l'associazione Abc Burlo. Tra le realtà del volontariato che
parteciperanno alla Bavisela Wind Family verrà stilata una classifica finale.
IL PICCOLO - MARTEDI',
1 aprile 2014
Il Prg disegna il futuro di quattro ex caserme
Alla Vittorio Emanuele III scuole, un parco e case.
Montebello: percorsi pedonali - Beleno: ipotesi di spostarvi anche l’Archivio di
Stato. Musei alla Duca delle Puglie
Un poker di ex caserme da trasformare, in un’area che le vede separate da
qualche manciata di metri l’una dall’altra. Fra via Rossetti, via Revoltella,
via Cumano e via dei Tominz. Il Piano regolatore targato Cosolini-Marchigiani,
che concluso l’iter di commissione muove verso l’approdo - entro Pasqua è
l’auspicio dell’amministrazione - nell’aula del Consiglio comunale per
l’adozione, promette di gettare le basi per cambiare il volto di quella zona
appena oltre il comprensorio dell’ex Fiera di Trieste, che a sua volta il Prg
vuole indirizzare a profonda mutazione attraverso un mix di destinazioni d’uso
diverse (residenziale, commerciale, artigianale, direzionale, servizi a uso
collettivo, parcheggi). Le quattro ex caserme sono la Vittorio Emanuele III, la
Beleno, la Duca delle Puglie e la Montebello. Via Rossetti L’ex caserma di via
Rossetti, la “Vittorio Emanuele III”, è stata sì inserita nel piano di
dismissioni dei beni demaniali, ma il suo passaggio dal Ministero della Difesa
agli enti del territorio è complessa. Sia perché la cessione gratuita agli
stessi non è applicabile nelle regioni a statuto speciale come il Friuli Venezia
Giulia, sia perché anche se questo paletto fosse rimosso con qualche modifica
normativa ad hoc, rimarrebbe in piedi in ogni caso l’ostacolo dei notevoli costi
(20-25 milioni di euro almeno, si stima in Comune) per riqualificare gli enormi
spazi e i relativi edifici. Il Piano regolatore, però, è strumento di
pianificazione e a prescindere da chi sarà il titolare degli interventi
(evidentemente dovrà essere un privato) nell’area, fornisce precise indicazioni
aprendo alla futura realizzazione di percorsi pedonali alberati sui lati che
danno su via Rossetti e via Mameli, alla costruzione di nuovi edifici nella
parte più alta per residenze, servizi e a uso direzionale, al recupero delle
strutture esistenti da centro comprensorio in giù con vicino un parco pubblico
di almeno 4.200 metri quadrati di superficie nell’ex piazza d’armi. Ampliamenti
delle palazzine? Concessi, non in sopraelevazione, fino a un massimo del 15%
della superficie complessiva. Prevista, negli edifici da sottoporre a restyling
conservativo sul versante di via Mameli, una destinazione con attrezzature e
servizi per il vicino polo scolastico (è cosa nota che la Provincia vorrebbe
dare casa alle succursali dei licei Petrarca e Galilei proprio nell’area dell’ex
caserma). Sul lato di via Revoltella, per le palazzine esistenti il Prg assicura
la possibilità di utilizzo sempre per scuole, per campus universitario ma anche
attività ricettive e per il 30% residenze. Beleno Nell’ambito via Rossetti-via
Cumano il Prg punta forte, poi, sul rilancio della Beleno, seguendo una linea
già tracciata da tempo. Futura base della Polizia locale - il trasferimento è in
ritardo e si fa ancora attendere, nonostante il cantiere sia stato consegnato,
causa contenzioso aperto fra Comune e impresa sulle opere di sistemazione
esterne -, è destinata a ospitare pure l’Archivio generale comunale ma il nuovo
Piano prefigura possibili ulteriori novità. Ipotizzando una valutazione dello
spostamento in altri edifici disponibili nell’area anche dell’Archivio generale
di Stato e la localizzazione di laboratori e spazi di restauro e conservazione
di libri, documenti e reperti dei vari musei. Inoltre, prevede una dotazione di
parcheggi e di percorsi pedonali con alberi e spazi verdi, anche in connessione
con l’ex Fiera e via Rossetti. A livello di prescrizioni, il documento apre a
eventuali incrementi sino al 50% del volume degli edifici esistenti. Duca delle
Puglie L’ex caserma “Duca delle Puglie”, fra via Cumano e via dei Tominz, è uno
degli oggetti della pre-intesa siglata tra Comune e Agenzia del Demanio per la
cessione a titolo gratuito da parte dello Stato di alcuni beni, in cambio della
loro valorizzazione anti-degrado (l’accordo include pure Pineta di Barcola ed ex
Direzione Artiglieria di Campo Marzio). Una parte, la palazzina truppe, è già
diventata sede del Museo di Storia naturale. E sempre qui aprirà il Museo di
Guerra per la Pace “Diego De Henriquez”. Il Prg contempla future espansioni dei
musei negli altri edifici esistenti, per i quali anche in questo caso sarà
possibile un ampliamento del 50% del volume. Montebello Infine, la
riqualificazione della parte a est dell’ex caserma “Montebello” in via Cumano
(la porzione più consistente è invece già stata risistemata dall’intervento Ater
che ha creato 180 alloggi e sei locali commerciali), finalizzata a creare
servizi a uso collettivo e percorsi pedonali e ciclabili.
Matteo Unterweger
«Equilibrio fra le esigenze di pubblico e privato» -
Marchigiani
«L’area dell’ex caserma di via Rossetti è quasi tutta tutelata, sottoposta a
vincolo monumentale. Piazza d’armi inclusa: tra le varie cose che chiediamo al
futuro investitore privato, c’è la realizzazione di un parco centrale a uso
pubblico». L’assessore comunale con delega alla Pianificazione urbana, Elena
Marchigiani, fa il punto così su uno degli elementi chiave del rilancio
dell’ambito via Rossetti-via Cumano che il nuovo Piano regolatore vuole
promuovere. «Oltre a questo, il grosso degli interventi richiesti - riprende
Marchigiani - ricade nel sub-ambito C (la parte da centro comprensorio in giù
verso via Rossetti, lato via Mameli, ndr) e riguarda la trasformazione delle due
aree prossime al polo dei licei in attrezzature a uso scolastico. Le
destinazioni d’uso sono oggetto di una pre-intesa raggiunta con il Demanio visto
che il comprensorio è ancora dello Stato. L’investitore privato - riparte
l’esponente della giunta Cosolini - sarà in pratica chiamato a effettuare una
quantità di opere a fronte della cessione al Comune dei due edifici e del parco.
La parte più alta - conclude l’assessore - invece non ha vincolo, e lì potranno
essere costruite residenze, minimo per il 60%: cosa che può motivare
economicamente l’intervento del privato. Abbiamo voluto contemperare esigenze
private e pubbliche». Quante alle altre ex caserme, Marchigiani riepiloga come
per la Beleno vi sia la prospettiva di crearvi anche un «centro integrato, con
lo spazio per gli archivi dello Stato e per laboratori dove poter restaurare
beni archivistici», per la Duca delle Puglie il presente e futuro si declinino
in un «polo museale», e per quella di Montebello vi siano in progetto «percorsi
pedonali e ciclabili».
(m.u.)
Domani ultimo giorno per gli emendamenti
Entro Pasqua il voto in Consiglio comunale per l’adozione. E a Banne
un’area a servizio del borgo
«I parcheggi vicini previsti dal nuovo Prg, nell’area ex Fiera e in piazzale
De Gasperi (rispettivamente: almeno 100 posti auto a rotazione scoperti e,
dall’altra parte, posteggi interrati, ndr), saranno organizzati nella logica
complessiva» della riqualificazione e del rilancio della zona fra via Rossetti e
via Cumano programmata all’intero del nuovo Piano regolatore. Lo spiega
l’assessore Elena Marchigiani che assieme ai tecnici comunali sta seguendo passo
passo definizione e percorso amministrativo del documento. «Si tratta di una
risposta - riparte Marchigiani in riferimento al rilancio della zona - che il
Piano dà al progetto di riqualificazione dei rioni, di una parte di città in
trasformazione. All’interno di un sistema». Archiviato l’iter del Prg in
commissione, domani pomeriggio si chiude la fase utile alla presentazione degli
emendamenti. Che saranno, a seguire, vagliati dagli uffici municipali. L’avvio
della discussione nell’aula del Consiglio comunale dovrebbe indicativamente
essere calendarizzato fra l’8 e il 10 aprile. Poi ancora i tecnici saranno
chiamati alla rielaborazione di tavole e schede, infine prima di Pasqua il voto
per l’adozione, sugli elaborati appunto modificati. Da quel momento in avanti,
inizierà la strada verso l’approvazione: una volta adottato dal Consiglio, il
Prg sarà inviato alla Regione, che dovrà esprimere il suo parere vincolante
entro i successivi 90 giorni. A ruota, i 30 giorni lavorativi riservati a
osservazioni e opposizioni dei cittadini. Il Comune ha confermato che per questa
fase verrà aperto uno sportello pubblico appositamente dedicato. Intanto, oltre
alle quattro disseminate fra via Rossetti, via Revoltella, via Cumano e via dei
Tominz, il Piano regolatore delinea il futuro di un’altra ex caserma ancora, in
tutt’altra zona, a Banne. Vi prevede varie destinazioni d’uso: servizi e
attrezzature collettive, direzionale (anche con orientamento alla ricerca
tecnico-scientifica) e artigianale. Definisce il mantenimento dell’area verde a
sud e sud-ovest del comprensorio. L’edificio corrispondente a villa
Bidischini-Burgstaller e il relativo spazio esterno verranno sistemati con
funzione di centro aggregazione o con sale incontri e comunque al servizio del
borgo di Banne. Possibili nuove edificazioni in tre punti, con altezze in
generale non superiori ai 7,5 metri (eccezioni solo per eventuali volumi tecnici
necessari alle attività da insediare). Infine, sarà adeguata la viabilità
esistente.
(m.u.)
Piano del Verde “riscritto”: c’è l’ok di giunta
Abbinati i divieti di alcol e fumo nei parchi giochi. Silenzio-assenso:
tempi più snelli da 60 a 30 giorni
Stavolta è davvero vicino il semaforo verde al nuovo Regolamento del Verde.
Un provvedimento dalla patina tutto sommato tecnica, più amministrativa che
politica, che un mese fa però era diventato motivo d’imbarazzo e di dibattito
proprio smaccatamente politico per un errore procedurale che politico, comunque,
non era: la versione della delibera transitata per la seconda volta in giunta -
dopo il vaglio delle sette circoscrizioni chiamate a rendere i loro pareri
consultivi sulla delibera licenziata dalla giunta stessa all’inizio dell’iter
d’approvazione - non era la stessa passata per l’appunto in giunta la prima
volta. Tutta colpa dell’inserimento improprio di un concetto di principio
condiviso trasversalmente, contenuto in una mozione proposta da Un’altra Trieste
e fatta proprio allora dalla giunta, mirata a vietare nelle aree di gioco dei
parchi pubblici, oltre al fumo, pure il consumo di alcol. Risultato: Regolamento
ritirato all’ultimo respiro - prima del voto decisivo del Consiglio comunale ma
dopo la trafila dell’esame da parte dell’aula medesima - su segnalazione a ciel
sereno del capogruppo di Forza Italia Everest Bertoli. Ora il “difetto”
burocratico tramutato in caso politico è stato sanato. La delibera mandata
avanti ieri dalla giunta Cosolini, su proposta dell’assessore competente Andrea
Dapretto, prevede ciò che il mese scorso prevedeva nella sua seconda versione e
non nella prima. Stavolta invece non c’è alcuno scarto tra il prima e il dopo.
Così com’era (e com’è rimasta) è stata nuovamente analizzata dalle sette
circoscrizioni. Dalle quali sono arrivati altrettanti pareri favorevoli, fa
notare con una punta d’orgoglio Dapretto, ma soprattutto con una punta di
distensione dopo tante grane impreviste. In aggiunta all’inserimento del doppio
divieto di fumo e alcol nei parchi giochi già nella prima versione “allineata”,
ripassata ieri in giunta una seconda volta proprio con il corredo dei pareri
delle circoscrizioni, la delibera - osserva Dapretto - contempla anche una serie
di emendamenti discussi a febbraio in Consiglio comunale prima del “patatrac”.
Tra questi la definizione delle aree naturali di pregio nel Piano regolatore in
corso di esame consiliare proprio di questi tempi, e poi l’abbassamento da 60 a
30 giorni dei tempi per il silenzio-assenso cui è tenuta l’amministrazione
comunale davanti a istanze di intervento su verde privato che evochino
abbattimenti, tagli estesi di chioma o radici. Si può presumere a questo punto,
ma non provate a scommetterci, visti i pregressi, che la ratifica di commissione
e Consiglio comunale - e dunque l’entrata in vigore - sia poco più di un
pro-forma.
(pi.ra.)
Treni, “Transalpina” chiusa fino al 2016 -
il tracciato della Transalpina
La tratta Campo Marzio-Opicina è impraticabile: non ci sono i soldi per
lavori alla galleria Revoltella e per aggiustare alcuni binari
I volontari del Museo ferroviario di Campo Marzio hanno dovuto annullare il
viaggio panoramico “Binari sconosciuti” previsto per lunedì 21 aprile, a causa
di diversi problemi sulla fetta italiana della linea che l’Austria chiamò
Transalpina. Si tratta di un cedimento strutturale nella galleria Revoltella e
di alcuni guasti sui binari. Purtroppo i disagi non verranno risolti a breve.
Infatti, l'ufficio stampa regionale delle Fs fa sapere che «la tratta della
Transalpina che collega la stazione di Campo Marzio con quella di Opicina
resterà inagibile almeno fino al 2016». Così, Trieste si prepara a festeggiare
il centenario della Grande guerra, depredata di uno dei suoi luoghi-simbolo: la
gloriosa direttrice Transalpina che unisce ancora Vienna con la stazione di
Campo Marzio, da cui partirono i soldati per il fronte sull'Isonzo. Il grave è
che Trieste rischia anche il completo isolamento passeggeri e merci. «La linea
Transalpina – spiega l'ingegner Roberto Carollo, capo dei volontari del Museo –
è un by-pass del nodo della città e un qualsiasi guasto lungo i 13 chilometri di
ferrovia che separano la stazione centrale dal Bivio d’Aurisina, sarebbe fatale
a tutti i collegamenti da e per Trieste». Non solo. «Se i lavori dovessero
iniziare nel 2016, oltre al problema dei tempi biblici di ripristino, le Fs
dovrebbero sborsare più soldi di quanti ne servano oggi per ridare lustro alla
linea, perché è ovvio che due anni di incuria comporterebbero spese
pesantissime», afferma l'ingegnere. Il triste quadro che si sta dipingendo
ricorda quello degli anni Sessanta, quando, con la politica dei "rami secchi",
le Ferrovie italiane destinarono al macero innumerevoli linee della Penisola
dopo che esse subirono dei guasti e, questi, non vennero mai riparati. In tempi
più recenti - di preciso nel 2012 – tale, misera sorte, toccò alla Gemona-Sacile,
colpita da una frana e ancora in attesa di essere ripristinata. Pensare che, un
secolo fa, attraverso i binari della nostra linea-fantasma inaugurata da
Francesco Ferdinando nel 1906 si andava a Praga, Cracovia, Stoccarda e nella
pancia dell'Europa. Dal terminal di Campo Marzio partivano 12 treni al giorno
per Vienna, tutti diretti. Negli ultimi anni, fino alla chiusura della
Transalpina, invece, fischiavano solo due locomotive la settimana e prive di
convogli: il confronto deprimente parla da sé. Mentre in Slovenia, Austria e
Germania i viaggi della nostalgia fanno soldi a palate, a Trieste le Ferrovie
hanno prima bloccato i treni storici e i tragitti della memoria si sono dovuti
svolgere a bordo di un banale Minuetto. Poi, le Fs hanno fermato gli stessi
viaggi che non potranno andare in scena per almeno due anni. Eppure, sulla Campo
Marzio-Opicina - che è solo una brevissima tratta dell'immensa Transalpina o
Neue Alpenbahnen - si disegnano cinque gallerie scavate nella roccia viva (San
Giacomo, Revoltella, Cologna, Pis'cianzi e Opicina) curve da autodromo, salite
micidiali che arrivano al 27 per cento e viadotti titanici dai panorami
mozzafiato. Lungo i binari “in sonno” della nostra città di confine, sorgono
altre due deliziose stazioncine: esse sono Rozzol-Montebello e Guardiella. Le Fs
vendettero la prima ad alcuni privati che dichiararono di volerla trasformare in
un albergo. I lavori iniziarono, ma morirono sul nascere e oggi il meraviglioso
edificio e il suo cortile sono ridotti a un cimitero di rifiuti. Perciò, se mai
le Ferrovie vorranno riutilizzarla, dovranno comprarle di nuovo.
Igor Buric
«Inutile il campanilismo» - Russo e Frigo (Pd): meglio
fare sistema nel Nord Adriatico
Fare sistema, creando una rete fra tutti i porti dell'Alto Adriatico e le
linee ferroviarie che li servono, «evitando le battaglie di campanile che
impoveriscono tutti coloro che vi partecipano». Questo il messaggio lanciato
ieri dal senatore triestino del Pd Francesco Russo e dal parlamentare europeo
del Pd Franco Frigo nell'ambito del convegno intitolato "Il ruolo del Friuli
Venezia Giulia nel traffico internazionale del Nord Est" promosso da
CamminaTrieste. «Siamo all'incrocio di grandi corridoi - ha detto Russo - perciò
Trieste e la Regione dovrebbero essere al centro delle grandi strategie. Finora
però è mancata una precisa politica dei trasporti, una visione strategica
complessiva che, come maggioranza in Parlamento, cercheremo di individuare in
futuro». «Una delle colpe dell'Autorità portuale di Trieste - ha aggiunto - è di
non avere sfruttato al meglio le potenzialità del nostro scalo. Per giocare
meglio il suo ruolo, Trieste deve battersi per creare un sistema portuale del
Nord Adriatico, nel quale ogni scalo può diventare banchina specialistica e
basta con le inutili e dannose rivalità fra piccoli». Frigo, dopo avere
ricordato che «oggi in Europa muoiono 50 persone all'anno a causa delle
emissioni delle navi», ha osservato che «nei prossimi cinque anni dovrebbero
entrare nell'Unione europea altri cinque Paesi, quattro dell'ex Jugoslavia e
l'Albania. A quel punto i porti dell'Adriatico potranno essere gestititi in
maniera unitaria. Necessario perciò fare sistema e rete». Giacomo Borruso,
docente dell'Università, ha fornito alcuni dati tecnici. «Oggi le navi
trasportano 18mila teu, una dimensione impensabile per i treni. Si punta a fare
navi sempre più grandi per realizzare economie di scala. A mio avviso - ha
evidenziato - bisognerebbe non superare i 12mila teu, altrimenti si potrebbe
arrivare all'effetto contrario». «Il Friuli Venezia Giulia - ha aggiunto - è
interessato da due progetti comunitari, quelli relativi al Corridoio 5 e a
quello adriatico-baltico, che vede Ravenna, Venezia e Trieste fungere da
terminali. La nostra area diventa perciò fondamentale anche perché può
garantire, attraverso l'utilizzo delle navi, un buon risparmio di emissioni
nocive». «Il dato conclusivo è che Trieste ha come porto enormi potenzialità,
perciò le direttive comunitarie e le scelte degli operatori a favore del nostro
scalo andrebbero sfruttate meglio. Manca un'adeguata progettualità - ha
terminato Borruso - e la consapevolezza che bisogna dotarsi di una giusta
politica dei trasporti». Luigi Bianchi, vice presidente di CamminaTrieste, ha
rammentato che «ormai la stazione terminale del Nordest è Venezia Mestre, fatto
che isola la Regione e Trieste». Roberto Carollo, responsabile del Museo
ferroviario, ha ricordato che «è interrotta la linea Campo Marzio-Villa Opicina,
cioè le vecchia Transalpina, e non esiste una programmazione di recupero». Sul
problema l'assessore provinciale Vittorio Zollia ha subito annunciato l'invio di
una lettera alla competente autorità ferroviaria».
Ugo Salvini
Vivicittà, di corsa o a piedi fino al Porto Vecchio
La novità della gara per professionisti e sportivi della domenica è il
percorso - Si parte da piazza della Borsa e si attraversano le aree
pedonali del Magazzino 26
Domenica ritorna Vivicittà, la manifestazione dell’Uisp dedicata a vivere la
propria città a piedi e magari curiosando tra i palazzi e le vie. L’edizione
2014 è la 31esima e anche quest’anno le sorprese non mancano. Innanzitutto, il
percorso: tutto nuovo. La partenza è in piazza della Borsa, il ritrovo è fissato
alle 10 e la partenza si terrà alle 10.30. Vivicittà continua a essere la grande
protagonista dello sport per tutti, una corsa che abbraccia in un’unica,
originale formula, atleti professionisti e sportivi della domenica o semplici
amanti dell’attività motoria, della passeggiata in tutta libertà: quest’anno
sarà un po’ diversa dalle edizioni precedenti ma densa di significato. L’Uisp
infatti ha voluto dare ancora più valore alla manifestazione prestando
attenzione al tema della vivibilità della nostra città, alla scoperta di zone
inesplorate che fanno parte comunque del territorio cittadino. Si è deciso di
proporre un percorso amatoriale del tutto nuovo con partenza da piazza della
Borsa, attraverso il passaggio Joyce raggiungere le rive, entrare in Porto
Vecchio passando tra le aree pedonali del Magazzino 26. Uno modo per
sensibilizzare il Comune e l’Autorità portuale in tema di mobilità pedonale
all’interno di progetti e manifestazioni di cittadinanza partecipata, immaginare
alcune strade libere dalle auto, godersi una passeggiata tra le aree del porto
vecchio in compagnia degli amici, e senza fretta, godersi la storia delle
strutture che circondano un’area da pochi esplorata. Quest’anno il tema portante
della manifestazione, è “Città sostenibili e comunità attive”; sostenibilità e
attività sono temi interessanti per una città che ha iniziato a promuovere il
nuovo Piano regolatore, per avviare un processo di cambiamento del nostro centro
urbano e realizzare una “cttà a misura d’uomo”. Il gadget 2014 è un ritorno al
passato: infatti sarà una bella maglietta colorata. Ci sarà inoltre un banchetto
con tutte le magliette delle scorse edizioni; con una piccola offerta si
potranno avere le magliette storiche e il ricavato verrà devoluto in beneficenza
all’Ong dell’Uisp chiamata Peace Games che negli anni propone in Palestina, ma
anche in altri Stati, attività ricreative, educative e sportive dedicate alle
donne e alle adolescenti nel campo profughi di Shu'fat, nonché formazione su
alcune tematiche sociali. L’iscrizione a Vivicittà costa 5 euro a persona. Ci si
può iscrivere fino a sabato compreso agli uffici dell’Uisp di via Beccaria 6,
dalle 9 alle 13 e dalle 14 alle 17; ma anche domenica, alla partenza, in piazza
della Borsa dalle 8.30 alle 10.30. Come ogni anno verranno premiati i gruppi più
numerosi. Tutte le informazioni sono presenti anche sul sito www.uisp.it/trieste.
IL PICCOLO - LUNEDI',
31 marzo 2014
SAN DORLIGO DELLA VALLE - Il Rosandra ripulito in zona
Mattonaia: ambiente rispettato
Sono ripresi i lavori di risistemazione idraulica
dell'alveo del torrente Rosandra. A distanza di due anni dalla tanto contestata
operazione svolta all'interno della riserva naturale regionale della Val
Rosandra, alcuni operai della Ls Nord di Tolmezzo hanno messo mano nuovamente al
corso d'acqua. L'azione è stata incentrata nell'area attorno alla Siot, in zona
Mattonaia, sempre in territorio posto sotto il comune di San Dorligo della
Valle. In pratica è stato creato un canale parallelo per far confluire le acque
del torrente in maniera da lasciare libero l'alveo per la manutenzione. Un
intervento necessario per la sicurezza del regolare flusso del torrente. «Con la
ripresa dei lavori di sistemazione idraulica dell'alveo del torrente Rosandra, e
al loro completamento si chiede alla futura amministrazione comunale di San
Dorligo della Valle di inserire tra le opere primarie la valorizzazione e
conservazione di tale opera con la stesura di un progetto di passeggiata o
ciclopedonale posta sull'argine che parta dalla frazione di Bagnoli è arrivi
fino a Zaule», la richiesta espressamente formulata dal Comitato per la
salvaguardia del Golfo di Trieste ai candidati alle elezioni comunali in
programma a maggio. Il Comitato ha chiesto espressamente che tale richiesta
venga inserita nei programmi elettorali per avere una incidenza di tipo formale
e scritta. Recentemente San Dorligo assieme a Muggia e Trieste della Valle erano
stati interessati dai lavori di manutenzione ordinaria dei corsi d'acqua
provinciali. In quell'occasione il Servizio gestione territorio rurale e
irrigazione della Regione aveva infatti dato il via libera ai lavori per
coinvolgere Rio Ospo, Rio San Sebastiano, Torrente Rabuiese, e l'impluvio
demaniale lungo la strada provinciale 23 di Baredi.
(ri.to.)
SEGNALAZIONI - PIANO REGOLATORE - Un giardino per San
Giovanni
Crediamo di poter parlare con la coscienza a posto perché sono diversi
decenni che lottiamo per il territorio di San Giovanni-Cologna, perché sia
preservato da una pesante trasformazione edificatoria che ha investito quelle
aree rionali che avevano una loro storia e una loro specificità di tessuto
sociale. Molti ricorderanno alcune nostre “battaglie”: per la chiusura della
cava Faccanoni , per aprire la piscina, per la preservazione della valle di
Timignano, per la destinazione a giardino per la scuola Mauro dell’area di via
Giulia ( ex velerie del Lloyd), per la conservazione del muro perimetrale
dell’ex Opp, e più recentemente per la conservazione di una piccola casetta a
fianco dell’oratorio. “Grazie” al Piano regolatore di Illy ci sono state
contemporaneamenteben17 gru a San Giovanni. Perciò abbiamo partecipato al
Coordinamento“ Più verdemenocemento” durante l’elaborazione del Piano regolatore
del sindaco Dipiazza. Non possiamo perciò astenerci dal fare qualche richiesta
ora che si giunge all’adozione di un nuovo Piano regolatore. Apprezziamo lo
sforzo fatto da questa amministrazione per la riduzione del consumo di suolo in
generale, per l’abbassamento di volumetria nella possibilità edificatoria di
questo territorio e nelle Zone C di espansione (che pur restano), per la
disciplina imposta sui pastini e per molte altre cose positive che presenta
questo nuovo Piano regolatore come l’accurata indagine sul sistema
idrogeologico. Facciamo presente che durante la campagna elettorale per le
elezioni comunali varie forze politiche (nonché il sindaco) dichiaravano di
avere a cuore le zone periferiche della città e i quartieri rionali. Quindi
segnaliamo quello che da anni si chiede: il rione è sguarnito di diversi
servizi, in particolare manca un’area da adibire a giardino di quartiere. San
Giovanni di fatto è forse l’unico a non disporre diun giardino, inun rione così
popoloso è impensabile che non venga preservata un’area che anziani e bambini
possano agevolmente frequentare. Spesso in passato ci è stato obiettato che il
territorio dispone di molto verde pro capite – vedi il Boschetto, il parco ex
Opp... -ma tali spazi non sono fruibili nella pratica quotidiana di mamme con
passeggino e di anziani in quanto tali aree sono in salita. Quest’area (l’ultima
rimasta) potrebbe essere accanto alla chiesa, verso via Brandesia (la zona dei
Vivai Busà). Pur sapendo che quest’area, molto grande, è una proprietà privata
crediamo che almeno in parte vada riservata a giardino di quartiere. Sappiamo
chela prima obiezione sarà quella che non si possono toccare le proprietà
private, ma questo Piano regolatore prevede in altre zone delle aree che si
potranno acquistare per utilità pubblica. Non è forse una “utilità pubblica”che
ci sia un luogo dove gli anziani possono sedersi e le mamme portare a giocare i
bambini uscendo dalle numerose scuole lì intorno? Conta di più un parcheggio
come “utilità pubblica”che la qualità della vita? Non lo merita forse un rione
che conta decine di migliaia di persone? Non chiediamo che il giardino sia fatto
ora, in tempi di ristrettezze, ma che vi sia data la possibilità su questo Piano
perché non facendo ora questa scelta, mai più sarà possibile per il rione avere
un giardino al centro del territorio. San Giovanni attende con fiducia un
emendamento.
Luciano Ferluga - Comitato rionale dei cittadini
COMUNE - Risparmio energetico - Ufficio chiuso
Il Comune in forma che da domani sarà temporaneamente sospesa l’attività
dell’Ufficio per il risparmio energetico e le energie alternative. L’Ufficio,
nel palazzo dell’Anagrafe, fornisce informazioni a cittadini e imprese su
tecnologie, leggi, convenienza economica e incentivi relativi al risparmio
energetico e a fonti energetiche rinnovabili.
IL PICCOLO - DOMENICA,
30 marzo 2014
Posteggi, case e aree verdi nel futuro dell’ex
Fiera
Il nuovo Piano regolatore prevede anche spazi per
attività direzionali e commerciali - Vie Rossetti e Settefontane, percorsi
pedonali con arretramento dei muri esistenti
Cento nuovi posti auto almeno, pubblici o da destinare a uso pubblico. E poi
percorsi pedonali e spazi alberati, fra i quali una “passeggiata” lungo il
tratto finale di via Rossetti, con arretramento delle pareti esistenti dell’area
ex Fiera. Già, perché il Piano regolatore generale predisposto
dall’amministrazione Cosolini, che ora sta transitando tappa dopo tappa
attraverso l’iter consiliare che dalle commissioni lo farà approdare sino in
aula, prefigura importanti mutamenti anche per il comprensorio di Montebello.
Per il quale, nei mesi scorsi, il gruppo di imprese composto da Costruzioni
Riccesi, Iniziative Edili Bi Zeta, Impresa Edile Pascon e Intercantieri
Vitadello ha “manifestato interesse”, presentando un’offerta da sette milioni di
euro, l’unica presa in considerazione dal commercialista Gianfranco Nobile,
curatore fallimentare della Fiera spa. Dall’attuale destinazione d’uso che
ammette solo servizi, il Piano regolatore mette nero su bianco il passaggio a un
mix con possibilità di residenze (dal 30% al 60% del volume) e poi anche di
destinazioni direzionale, commerciale al dettaglio, artigianale di servizi
(attività compatibili con la residenza), alberghiera, parcheggi ed autorimesse,
servizi e attrezzature collettive. Opzioni che peraltro paiono non andare a
cozzare contro quanto progettato da Riccesi e soci, che avevano già ipotizzato
anche una parte residenziale con una quota di alloggi da destinare al “social
housing” d’intesa con il Comune. In particolare, a livello di nuove
edificazioni, il Prg nel comprensorio contempla in linea generale un’altezza non
superiore a 16,50 metri ma per una quota minima (15%) permette pure un massimo
di 36 metri. «Nella zona che si affaccia su piazzale De Gasperi, uno spazio
aperto, con più respiro», specifica in proposito l’assessore comunale con delega
alla Pianificazione urbana, Elena Marchigiani. La quale ricorda come in quel
punto sia prevista nei documenti di pianificazione anche «una fermata della
metropolitana leggera», soffermandosi poi su un ulteriore aspetto: quello della
valorizzazione della connessione con «l’area dell’ex caserma Rossetti» tramite
percorsi pedonali non solo interni alla zona ex Fiera ma anche immediatamente
“esterni”, da creare lungo via Rossetti (con larghezza non inferiore ai cinque
metri) e dall’altro lato in via Settefontane (su questa tramite l’arretramento
del fronte edificato del comprensorio di almeno sei metri). Gli spazi aperti a
uso pubblico sono una delle basi del “programma” per l’area: in questi
confluiranno anche gli almeno 100 (questo è il numero di minima, potrebbero
essere di più) posti auto in superficie a rotazione, nuovi parcheggi non a
pagamento. È stata progettata anche la connessione pedonale, accompagnata da
alberi e isole verdi, con l’antistante piazzale De Gasperi. Sotto il quale - e
spunta qui un ulteriore dettaglio incluso nel maxi-faldone del Prg - il Piano
contempla la creazione di parcheggi di attestamento, per l’appunto interrati, a
cura dell’amministrazione comunale. Un altro park, insomma, non troppo distante
da quel posteggio multipiano che lo strumento urbanistico va a consentire in
piazza Foraggi. A distanziarli c’è soltanto viale Ippodromo. Attività
diversificate, abitazioni e larghe fette di verde: questa dunque la ricetta
della giunta Cosolini per l’ex Fiera. Con soddisfazione, nella fattispecie,
anche da parte di qualcuno che siede all’opposizione in Consiglio comunale:
«Vedo con piacere - commenta Paolo Rovis (Pdl-Ncd) - che la mia proposta di
realizzare nell’area un parco urbano è stata in buona parte recepita nel Prg,
con l’auspicio che connettendosi a piazzale De Gasperi si crei un unico grande
polmone verde per la città. Di edificato ce n’è, certo - conclude - ma rimane
comunque molto verde».
Matteo Unterweger
Piano regolatore «Chiarezza sulle consulenze esterne» -
dall’opposizione
Consulenti pagati due volte per lo stesso lavoro, cioè per la definizione
del Prg, e scelti senza concorso. Si impernia su questo aspetto «tutto da
chiarire» quella che dal Consiglio comunale Everest Bertoli, capogruppo di Forza
Italia, e Claudio Giacomelli, del Gruppo misto - definiscono «la battaglia per
la trasparenza». «Vogliamo capire come mai – ha spiegato Bertoli in conferenza
stampa – dopo che sono stati spesi 160mila euro lo scorso anno, recentemente ne
sono stati impiegati altri 48 mila per lo stesso scopo, per di più per
modificare elaborati già perfezionati e che erano tornati dalla Regione con
osservazioni. Bastava richiamare coloro che avevano proceduto alla prima stesura
per evitare di spendere soldi pubblici inutilmente. Ma la giunta ha optato per
una scelta che reputiamo poco trasparente e illegittima». Bertoli ha proseguito:
«Ben 130 soggetti, persone fisiche e giuridiche, si sono presentati agli uffici
del Comune chiedendo modifiche al Piano, anticipando la fase delle opposizioni
che dura 30 giorni e inizia dopo l’adozione». «Dopo la prima presentazione in
Regione – così Giacomelli - il Comune ha chiesto agli stessi consulenti di
correggere gli errori che avevano originato. Il loro contratto prevedeva che
dovessero farlo gratis perché già pagati. Un incarico che andava considerato
unico è stato ripetuto e guarda caso spezzettato in cifre sotto i 20mila euro».
Secca la replica dell’assessore Marchigiani. «Quanto al costo delle consulenze –
ha detto – quando c’era il centrodestra alla guida della città, si spese la
stessa cifra per la variante 118 senza approdare a un risultato. Per non pensare
alle ore dedicate in Consiglio comunale a pregiudiziali puramente strumentali.
Quanto alle 130 richieste di modifica, abbiamo sempre detto che eravamo e siamo
pronti a recepire tutte le osservazioni, perché l’obiettivo deve essere la
predisposizione di un piano valido per il futuro della città».
Ugo Salvini
Ferriera, rischio ambientale
«Se c’è forse uno spiraglio occupazionale nella non facile
ricerca di un compratore, sul fronte ambientale e della salute pubblica restano
i dubbi e le incertezze.» Così si esprime Giorgio Cecco coordinatore locale di
FareAmbiente sulla Ferriera di Servola. «Ci sembra restino indefinite le risorse
atte a contenere il rischio per la salute e l’ambiente e quanto finora a
disposizione è di certo insufficiente per non mettere ancora a repentaglio le
condizioni fisiche dei residenti e dei lavoratori – afferma Cecco - Finora si
sono evidenziate disponibilità che possono essere utili per iniziare un percorso
di bonifica, ma non sufficienti per risolvere completamente la questione
ambientale, strutturale e per uno sviluppo sostenibile dell’area industriale
interessata e non vorremmo che qualcuno pensi si possa continuare un’attività
industriale senza tutelare seriamente la salute pubblica».
Comitato del Golfo: centralina fuori uso sui miasmi
della Siot
SAN DORLIGO DELLA VALLE «Dopo la recente notizia
pubblicata sul Piccolo dell’impossibilità di effettuare un monitoraggio e
controllo del territorio comunale di San Dorligo, esprimiamo sconcerto per
quanto avvenuto e chiediamo quanto sia stato fatto dall’ente provinciale dopo
l’audizione pubblica risalente al lontano 9 maggio 2011». Giorgio Jercog,
portavoce del Comitato per la salvaguardia del Golfo di Trieste, ritorna con
forza sul problema dei cattivi odori provenienti dalla Siot. In questi giorni
infatti è emerso che almeno da 6 mesi la centralina per il controllo della
qualità dell'aria sita nella frazione di Mattonaia, a pochi passi dallo
stabilimento, non è più monitorata. «Ribadiamo che si deve continuare a
monitorare la qualità dell’aria come pure va fatta una verifica da parte
dell’Usl di un’indagine epidemiologica su patologie tumorali, visto che oltre
alla Siot ci sono pure emissioni da parte della Wärtsilä che usa per i suoi test
di prova motori combustibili ad alto tasso di anidride solforosa», dice Jercog.
Per quanto riguarda la centralina posta in località Mattonaia secondo il
Comitato vanno reperiti finanziamenti per la sua ripresa e di potenziamento con
il sensore per i Cov, come peraltro già richiesto nel 2011. Inoltre nei periodi
di manutenzione si deve ricorrere da parte dell’Arpa all’uso di mezzi mobili per
avere sempre dati in continuo nell’arco dell’anno, passando poi la gestione
direttamente all’Arpa come avviene a Monfalcone, con la supervisione
dell’Università di Trieste. «Chiediamo che la futura amministrazione del comune
di San Dorligo della Valle sia più interessata alla salute e tutela dei propri
cittadini», conclude Jercog. E in attesa di trovare nuovi sistemi migliorativi
dell’ambiente, il Comitato richiede espressamente un importo da definire annuale
quale compensazione ambientale “che vada a rimpinguare le casse comunali per
effettuare lavori di sistemazione e manutenzione delle frazioni del Comune”.
(ri. to.)
Un uovo di Pasqua per la Lav E così aiuterete pure i
delfini - il progetto
Chi ha detto che gli acquari siano un luogo dove un delfino può vivere e
prosperare in serenità? Oltre la parvenza dello spettacolo e
dell’intrattenimento pare figurino forti limitazioni e gravi fonti di stress,
elementi che inducono alla raffigurazione di una vera prigionia. Sono questi i
temi che articolano la nuova causa della Lav, la Lega antivivisezione, impegnata
in questi giorni a fianco della sigla Marevivo nella battaglia di tutela dei
delfini rinchiusi negli zoo acquatici, i delfinari appunto (nella foto a destra,
la locandina della Lav). Un campagna che - visto l’approssimarsi della Pasqua -
vede protagonista anche l’uovo di cioccolato. A Trieste, come in altre 350
piazze in Italia, l’appello si snoda in alcune classiche mosse promozionali
distribuite tra una petizione, una raccolta fondi e una campagna di
sensibilizzazione per la libertà per i cugini di Flipper. Già, la libertà. Qui
si parla di quella assoluta, da vivere cioè in mare aperto e non in piscine
all’interno di parchi dotati di un cartellone di show per «grandi e piccini».
Molteplici le motivazioni osservate dagli attivisti della Lav a sostegno del
delfino: a partire dalle forme delle stesse esibizioni, ritenute non solo
innaturali, anzi, unicamente commerciali, ma condizionate dalla privazione di
cibo per i mammiferi protagonisti. Stando ai parametri della campagna varata
dalla Lav, il delfino si ammalerebbe poi con una certa facilità, incappando
anch’esso in un orizzonte quasi umano: la depressione, accompagnata da problemi
digestivi, carichi di aggressività e forti deficit nella longevità. Quest’ultimo
dato appare impressionante: dei 40/50 anni possibili in media di vita, i delfini
rinchiusi pare non arrivino alla soglia dei 20. C’è dell’altro: il delfino non
“sorride”, la vaga espressione ilare sarebbe il frutto solo della conformazione
particolare della mascella. Nessun sorriso, nessun divertimento, nessuna
emozione al cospetto degli spettatori paganti. Che fare quindi? «Chiediamo
intanto la chiusura dei delfinari – ha sintetizzato Fulvio Tomsich, membro del
consiglio direttivo della Lav di Trieste – e un passo di recente è già stato
fatto, a Rimini ad esempio. Ma bisogna fare di più, e la petizione popolare
intende farlo presente al presidente del Consiglio, al ministro dell’Ambiente e
alla Camera. Chiediamo poi anche il divieto di importazione in Italia – ha
aggiunto - di cetacei e balene a scopo di esposizione e intrattenimento». Le
possibili soluzioni? Una volta liberato, il delfino potrebbe godere di un
periodo di riabilitazione in alcune oasi protette, una sorta di palestra prima
di riprendere il contatto con l’habitat naturale. «Infatti – ha ribadito Fulvio
Tomsic – il delfino si riabitua facilmente e una volta tornato in mare aperto
saprebbe come cavarsela senza problemi». Per aderire alla campagna a fianco del
delfino, dalle 10.30 alle 19.30, oggi è ancora attivo il banchetto di raccolta
firme e fondi alle Torri d'Europa. Il viaggio proseguirà anche nella prima
settimana di aprile, nelle giornate del 5 e 6, con la postazione in via San
Lazzaro angolo via Ponchielli, dalle 9.30 alle 19.30. Inoltre, ai tavoli Lav sia
oggi che il 5 e 6 aprile sarà possibile sostenere questa campagna scegliendo le
tradizionali uova di Pasqua in cioccolato fondente del commercio equo e
solidale: «un dono generoso per amici e parenti e per gli animali che in questo
modo ci aiuterete a salvare».
Francesco Cardella
IL PICCOLO - SABATO,
29 marzo 2014
Ferriera, via al bando di gara - Bonus di 22 milioni a
chi garantirà la continuità produttiva. Lucchini: vendita in due mesi
Il procedimento per la vendita della Ferriera di Servola subisce una forte
accelerazione. Il bando pubblicato ieri dà solo poco più di tre settimane di
tempo per l’invio delle manifestazioni di interesse, che devono essere inviate
entro le 18 del 21 aprile (che è il Lunedì di Pasqua) e svela un “bonus” di ben
22 milioni di euro per chi garantirà la continuità produttiva dello
stabilimento. «Entro il 31 maggio - ha affermato ieri Francesco Semino,
segretario amministrazione straordinaria Lucchini spa - contiamo di stipulare il
contratto di cessione dell’azienda». Sulle manifestazioni di interesse, il
commissario avvierà una due diligence e quindi inviterà i proponenti a formulare
la propria offerta che potrà essere valutata ed eventualmente accolta in tempi
brevi. La presidenza del Gruppo Arvedi, candidato a subentrare a Lucchini, anche
ieri indirettamente interpellata, non ha ritenuto di rilasciare alcuna
dichiarazione, ma una cera dose di ottimismo sul buon esito dell’operazione
trapela dalle istituzioni, dalle rappresentanze sindacali e, sembra, dalla
stessa amministrazione straordinaria. I 22 milioni sono il credito che la
Servola spa vanta nei confronti di Elettra, la società che gestisce la centrale
elettrica che opera all’interno del comprensorio servolano e che in virtù della
risoluzione anticipata del cosiddetto Cip6 potrà ottenere una somma ben
superiore. I soldi potranno però essere incassati soltanto se andrà a buon fine
la compravendita, particolare questo che ha fatto saltare in aria tutta
l’operazione com’era stata precedentemente concepita con una fase in cui Arvedi
avrebbe dovuto prendere in affitto il ramo d’azienda. I 22 milioni costituiscono
comunque un fattore indubbiamente incentivante per il compratore che in base
all’Accordo di programma firmato a Roma dovrebbe comunque sborsare anche una
parte della cifra necessaria alle operazioni di bonifica. Lo stesso cavalier
Giovanni Arvedi e successivamente anche Francesco Rosato, amministratore unico
di Siderurgica triestina la società già costituita dal Gruppo di Cremona proprio
per acquisire la Servola spa avevano comunque già nei mesi scorsi avevano
preannunciato lo stanziamento di una cifra analoga (20 - 22 milioni) per
l’ammodernamento degli impianti e delle strutture. Nel bando che è firmato dal
commissario straordinario della Lucchini Piero Nardi si fa riferimento alla
vendita del “Complesso aziendale di Trieste avente ad oggetto l’attività di
produzione di ghisa” e in esso vengono compresi: il complesso immobiliare di
Servola; macchinari, impianti, attrezzature, prodotti ausiliari, fissi e mobili,
arredi, suppellettili, autovetture, automezzi e altri beni immobili di proprietà
della Lucchini o della Servola spa siti nell’immobile o comunque utilizzati per
l’esercizio del complesso aziendale; licenze, autorizzazioni, permessi,
certificazioni, eccetera attualmente in vigore rilasciati a favore di Lucchini o
Servola spa per l’esercizio del complesso aziendale; contratti di lavoro
subordinato e altri contratti stipulati da Lucchini e Servola spa per
l’esercizio del complesso aziendale; il marchio “Servola”, i crediti appunto
vantati da Servola spa per un importo di 22 milioni. Gli industriali che si
faranno avanti (ma non è mai trapelato nessun interesse al di là di quello di
Arvedi) dovranno presentare un Piano industriale con la proposta di
reindustrializzazione e di sviluppo economico del complesso aziendale che però
dovrà essere redatta in stretta conformità con l’Accordo di programma “per la
disciplina degli interventi relativi alla riqualificazione delle attività
industriali, portuali e del recupero ambientale dell’area di crisi industriale
complessa di Trieste”, accordo al quale dovrà raccordarsi anche un Progetto di
messa in sicurezza del complesso aziendale che pure dovrà venir presentato, così
come un Piano finanziario «che evidenzi - si legge nel bando - grazie anche alle
risorse rivenienti dall’incasso di una parte dei crediti vantati da Servola che
saranno trasferiti all’acquirente dalla Procedura di amministrazione
straordinaria di Servola (e sarebbero appunto i 22 milioni) la disponibilità da
parte dell’offerente di mezzi finanziari adeguati», cioé in grado di sostenere
Piano industriale e Progetto di messa in sicurezza del sito.
Silvio Maranzana
Il 30 gennaio a Roma l’Accordo di programma - il primo
passo per la riqualificazione
L’accordo di programma per la riqualificazione industriale e portuale e il
recupero ambientale dell’area di crisi complessa firmato il 30 gennaio a Roma da
quattro ministri, un sottosegretario e dai i rappresentanti di tutte le
amministrazioni elettive (e 43 giorni più tardi anche dall’Autorità portuale) e
il bando per le manifestazioni di interesse pubblicato ieri a firma del
commissario straordinario di Lucchini spa Piero Nardi (foto) sono i due elementi
fondamentali per giungere alla vendita e alla riqualificazione della Ferriera di
Servola.
«Bene l’accelerazione e i tempi ridotti» - Sindacati
soddisfatti. Serracchiani: ancora strada da fare, continueremo a seguire l’iter
«L’iter per la vendita della Ferriera di Servola sta avanzando fluidamente
sulla strada tracciata, e per questo fatto non possiamo che esprimere
soddisfazione». Lo ha affermato la presidente del Friuli Venezia Giulia Debora
Serracchiani, commentando la pubblicazione del bando per le manifestazioni
d'interesse all'acquisto dello stabilimento della Ferriera di Servola.
«Nonostante le prevedibili difficoltà, e anche quelle meno prevedibili, che si
incontrano quando si affronta un processo molto complesso con numerosi soggetti
da coordinare – ha aggiunto Serracchiani – i progressi ci sono e sono
percepibili. In questo processo la Regione tutta, Giunta e funzionari, sta
facendo la sua parte con costanza e determinazione, anche grazie a un fattivo
rapporto costruito con il Governo. Sappiamo che c’è ancora un buon tratto di
strada da percorrere e quindi continueremo a svolgere un ruolo di coordinamento
e monitoraggio. I contatti avuti anche oggi con il Ministero dello Sviluppo
economico - ha concluso la governatrice - sono stati indirizzati anche a questo
scopo». La pubblicazione del bando, anche se era nell’aria da giorni, è stata
accolta con soddisfazione da tutto il fronte sindacale. «Un’accelerazione
oggettiva e positiva - commenta Franco Palman, rappresentante di fabbrica della
Uilm - che va comunque salutata con un sospiro di sollievo perché è indubbio che
qualche fazione politica abbia tentato di intralciare questo processo che invece
ora fa un passo decisivo in avanti». «Vi sono almeno due fattori fortemente
positivi nel bando - evidenzia Umberto Salvaneschi segretario provinciale
Fim-Cisl - da un lato i 22 milioni di crediti da Elettra che costituiscono un
forte incentivo per la continuità produttiva dello stabilimento perché solo a
questo scopo potranno essere incassati. Dall’altro i termini estremamente
ridotti del bando con tre settimane per inviare le manifestazioni di interesse».
Preoccupazione per la sorte dei 36 lavoratori ai quali il primo aprile non sarà
rinnovato il contratto a termine è stata espressa da Stefano Borini, segretario
di Fiom-Cgil, ma i sindacati si batteranno perché quei 36 «siano i primi a
essere riassunti dalla nuova azienda».
(s.m.)
Spezzatino in Porto Vecchio: finora neanche una
richiesta
Incontro organizzato da Marina Monassi per illustrare i vantaggi
doganali: «Il punto franco potrà rivitalizzare lo scalo, offre enormi
potenzialità»
«Non molleremo. A meno che non saltino fuori all’improvviso alternative
clamorose, continueremo a puntare tutto sui Punti franchi, anche in Porto
Vecchio». Marina Monassi, presidente dell’Autorità portuale, lo ribadisce al
termine di una conferenza riservata più agli operatori, intervenuti numerosi
alla Torre del Lloyd, che alla stampa in cui il consulente Danilo Stevanato
illustra a lungo le prerogative delle Zone franche, ma non delle tante che si
trovano anche in Italia, ma di quelle triestine dove i vantaggi sarebbero
superiori. Aprendo l’incontro Monassi afferma che quest’illustrazione «è fatta
mentre è aperto il bando per il Porto Vecchio che è ancora disabitato. Ma
facciamo - aggiunge un po’ sconsolata - quest’ultimo tentativo». Alla fine
ammetterà che per insediarsi nel nostro antico scalo «non è ancora giunta
nemmeno una richiesta» e ciò sebbene l’avviso, i cui termini comunque scadono il
30 giugno, sia stato pubblicato già il 12 febbraio. Ma alla domanda se l’assenza
da quarant’anni di operatori di rilievo in Porto Vecchio sia addebitabile alla
scarsa conoscenza dei vantaggi del Punto Franco, Monassi non ha dubbi nel
rispondere di sì. «Si è voluto a lungo tacere, per non dire nascondere,
l’esistenza del Punto franco in Porto Vecchio quasi fosse una vergogna. É grazie
ai Punti franchi se per quantitativi di merce oggi siamo il primo porto d’Italia
e il Punto franco potrà rivitalizzare anche il Porto Vecchio. Oggi c’è l’Adriaterminal
che non vogliamo sia un’enclave, ma c’è anche la Saipem e un concessionario del
settore legno che ha venti dipendenti. Le potenzialità sono enormi, con due
darsene e l’espansione della Riserva marina di Miranare. Tranne il terrapieno di
Barcola dove vi sono società sportive che hanno fatto la storia di Trieste,
attireremo aziende che intendono sfruttare la Zona franca. Se qualcuno ha una
soluzione miracolosa che può prescindere da questo, si faccia avanti, ma abbiamo
visto la fine che ha fatto la concessione a Portocittà.» «Per impostare un
portafoglio base di contatti industriali e commerciali per sviluppare un’azione
di marketing finalizzata a promuovere il porto, le sue funzionalità, le
opportunità date dal particolare regime doganale e territoriale e i relativi
collegamenti logistici - ha spiegato Stevanato - sono state contattate 75
aziende del Nord-Est operanti nei settori agro-alimentare, costruzioni impianti,
meccanico, tessile, import-export e logistica-spedizioni.» È stato tastato il
loro livello di conoscenza colmando le loro lacune sui vantaggi offerti dai
Punti franchi di Trieste negli ambiti operativo, amministrativo, finanziario e
commerciale. Su dieci casi tipo di attività esaminati e valutati secondo queste
quattro categorie, dunque per complessivi 40 “output”, in 29 di questi (73% del
totale) Trieste avrebbe una posizione di vantaggio nei confronti degli altri
porti italiani. «Anziché mollare - ha insistito Monassi in conclusione -
dobbiamo esercitare una forte azione di lobby affinché il Governo finalmente
emetta il decreto attuativo del regolamento dei Punti franchi di Trieste che
nonostante sia previsto anche dalla legge 84 del ’94 sui porti non è mai stato
fatto.»
Silvio Maranzana
Rete più snella e più container sui treni - Incontro
molto tecnico al Propeller sui collegamenti ferroviari. Adesso nuove aspettative
Gli accordi in attesa dell'Alta velocità ferroviaria daranno il via ad una
serie di interventi sulla rete esistente, in grado di smaltire il traffico
portuale nei prossimi 10 anni. Dovrebbe essere questa la ricaduta sostanziale
per lo scalo triestino di quanto deciso ieri a Roma dopo l'incontro tra la
presidente del Friuli Venezia Giulia Debora Serracchiani, il ministro alle
Infrastrutture Maurizio Lupi, il presidente del Veneto Luca Zaia, il commissario
straordinario per la Tav Venezia-Trieste Bortolo Mainardi, l'amministratore
delegato di Rfi (i gestori della rete delle Ferrovie dello Stato) Michele Mario
Elia e il capo della struttura tecnica di missione del Ministero alle
Infrastrutture Ercole Incalza. L'Alta velocità, o meglio l'Alta capacita (quella
che potrebbe maggiormente interessare il Porto) non è stata abbandonata. Gli
interventi, che miglioreranno la fruibilità sia del traffico passeggeri che di
quello merci, saranno destinati a diminuire i tempi di percorrenza, in
particolare con lo sdoppiamento e scavalco del bivio San Polo nei pressi di
Monfalcone, l'ammodernamento sulla Udine-Cervignano e quello, già finanziato,
sul nodo di Udine. In pratica, una volta portati a termine gli interventi, sarà
possibile per i treni del Porto raggiungere più velocemente e in maggior numero
(al giorno) la linea Pontebbana (oggi sfruttata al 30%) e da lì le destinazioni
verso il centro ed Est Europa. Il caso ha voluto che l'annuncio dell'accordo
fosse dato mercoledì sera durante un incontro organizzato dal Propeller di
Trieste sul tema dei collegamenti ferroviari con lo scalo triestino, che vedeva
tra i relatori gli ingegneri Roberto Carollo e Mario Goliani (ex Ferrovie dello
Stato). Proprio quest’ultimo è stato autore di uno studio per simulare lo
sviluppo e le esigenze dell'infrastruttura ferroviaria dedicata al Porto di
Trieste. L'ingegner Goliani ha spiegato che le linee guida dell’Ue prevedono il
passaggio dall’attuale composizione dei treni (per Trieste un peso massimo di
1000-1200 tonnellate e una lunghezza massima 500-600 metri) a treni futuri del
peso di 1600-2000 tonnellate e 750 o addirittura 1000 metri. L'ipotesi contenuta
nello studio prevede inoltre, nell'arco di 8-15 anni, una movimentazione di
container di 1,2-1,4 milioni di TeU e di 350-400 mila semirimorchi. Al di là dei
dettagli tecnici, però, è opinione comune che i traffici aumenteranno e che,
stante le attuali condizioni della ferrovia, ci potrebbero essere dei problemi
di smaltimento della quanti di treni che si dovranno far viaggiare. Proprio
l’intervento al Bivio S. Polo è stato indicato come fondamentale per essere in
grado di velocizzare i treni e quindi di aumentarne il numero, in attesa di
poter disporre di treni più lunghi e pesanti.
“bike to school” Genitori e bimbi sulle due ruote -
Ciclo-carovana da Opicina
La giornata ha proprio aiutato: tiepido, soleggiato. L’ideale per una
ciclo-carovana. Ed erano davvero in tanti i bimbi accompagnati dai loro genitori
che hanno partecipato a “Bike to school Day”, la pedalata da Opicina a Banne per
raggiungere la scuola senza inquinare. Il progetto - dopo Roma, Bologna, Torino,
Milano e Napoli - è approdato a Trieste. Tutti assieme appassionatamente,
dunque, per “disegnare” dei tracciati urbani all’insegna dell’ecosostenibilità,
della sicurezza e del divertimento. A organizzare la carovana
bimbi-genitori-insegnanti il Comitato genitori Scuola di Banne assieme a Ulisse
Fiab, la sigla dei ciclisti urbani. La partenza, da Opicina e poi tre “stazioni”
fino alla scuola De Tommasini. E proprio alla scuola di Banne lezione speciale
per tutti sul tema della mobilità ecologica. Soddisfatti gli organizzatori: «È
stato un grande successo». Tradotto: esperienza da ripetere al più presto.
Hera, impianto per i rifiuti secchi - in Emilia
La società Akron, controllata da Herambiente (gruppo Hera), ha inaugurato un
nuovo impianto a Granarolo dell'Emilia per la selezione dei rifiuti secchi, in
grado di trattare 100 mila tonnellate all'anno tra carta e plastica.
L'investimento, informa una nota, è stato di circa 11 milioni di euro e la nuova
piattaforma è dotata di tecnologie all'avanguardia come i lettori ottici e il
separatore balistico. L'impianto sarà al servizio della città di Bologna, dove
gli obiettivi di raccolta differenziata prevedono di arrivare al 2016 al 50%.
A2A Ambiente, società del gruppo A2A, ha depositato a Brindisi il progetto
definitivo e lo studio di impatto ambientale del nuovo impianto per la
produzione di Ecoergite.
Firmata la convenzione Pesca - accordo con le
associazioni
Consolidare le attività imprenditoriali, realizzare
iniziative nell’ambito della sicurezza alimentare e per la tutela dell’ambiente,
implementare il flusso di informazioni fra imprese, associazioni di categoria e
istituzioni. È su queste linne che si è concretizzata la convenzione stipulata
fra le associazioni del settore ittico del Friuli Venezia Giulia
(Confcooperative/Ferdecoopesca, Lega delle Cooperative/Legapesca, Associazione
armatori della pesca Fvg) e il servizio caccia e risorse ittiche della Direzione
attività produttive, commercio, cooperazione della Regione Fvg.
LA VOCE.info - VENERDI',
28 marzo 2014
Quanto dipendiamo dal gas russo? Dossier
La crisi ucraina riporta l’attenzione sulla nostra dipendenza energetica.
Una questione da contestualizzare tra offerta e
domanda: la prima è aumentata, la seconda continua a ridursi. Un articolo e un
dossier sul tema.
L’Italia dipende dall’estero per circa i quattro quinti della sua energia
primaria e per quasi il 90 per cento del suo gas. Il metano è, nonostante il
forte calo dei consumi degli ultimi anni, una fonte chiave nel nostro Paese per
la sua centralità negli impieghi domestici, nell’industria e nella generazione
di elettricità. Per questo il tema è tornato al centro dell’attenzione con la
crisi tra Ucraina e Russia, storicamente uno dei nostri maggiori fornitori.
La dipendenza dall’estero è un dato strutturale per il gas italiano. Che
nell’ultimo decennio si è andato però accentuando per il progressivo declino
della produzione interna, scesa nel 2013 a circa 7,7 miliardi di metri cubi su
consumi totali di circa 70. Un valore che non si vedeva dagli anni ’70.
Anche se non può escludersi una sua ripresa, come non vanno sottovalutate le
potenzialità della produzione nazionale di biometano.
Quello che oggi sembra impensierire di più, tuttavia, sono le importazioni, in
cui proprio nell’ultimo anno (almeno stando ai dati grezzi sui flussi in
ingresso) la Russia ha acquisito una preminenza perfino superiore a quella del
passato.
Negli ultimi anni, il gas fornito dall’ex Urss ha contato in media su base annua
per circa un 30 per cento dei consumi italiani. Una quota grosso modo pari a
quella dell’Algeria. Un altro 10-15 per cento ciascuna veniva dal Nord Europa
(Olanda e Norvegia) e dalla Libia e poco meno via nave dai terminali di
rigassificazione di La Spezia e Rovigo (in gran parte proveniente dal Qatar).
Con il crollo della domanda di gas dopo la crisi del 2008 anche le importazioni
si sono contratte in misura più o meno corrispondente su tutte le frontiere,
eccetto nel 2013-14, quando i flussi dalla Russia hanno recuperato (e superato)
i livelli pre-crisi, registrando un record storico (1). Nel frattempo tutte le
altre fonti sono crollate (v. figura). Nel 2013 il gas russo ha coperto il 50
per cento delle importazioni e il 43 per cento dei consumi e lo scorso febbraio
è salito a quasi il 60 per cento delle importazioni.
Ne risulta un quadro di forte dipendenza del nostro Paese da Mosca, che porta
con sé l’interrogativo su cosa accadrebbe in caso di interruzione delle
forniture. La domanda è resa più pressante dalle criticità presenti su altri
fronti. Come la Libia, le cui esportazioni di gas verso l’Italia non sono mai
tornate ai livelli pre-guerra (–40 per cento circa) e sono tuttora minacciate
dalle turbolenze interne. O come l’Algeria, con alcuni inattesi cali dei flussi
sul gasdotto Transmed verificatisi nell’ultimo anno.
E SE LA RUSSIA CHIUDE I RUBINETTI?
Tuttavia l’immagine complessiva rischia di apparire più drammatica del dovuto.
In primo luogo all’attuale sbilanciamento sulla Russia fa da contraltare il
forte sottoutilizzo delle altre infrastrutture di import, che in caso di
necessità potrebbero colmare l’ammanco (a un prezzo, naturalmente). Va inoltre
tenuto presente che l’attuale straordinaria dipendenza dal gas russo è fondata
principalmente su dinamiche contrattuali .
In presenza di un forte calo della domanda interna, infatti, i grandi
importatori sono riusciti lo scorso anno a ottenere dall’Algeria una riduzione
(in parte temporanea) degli obblighi minimi di ritiro di gas (take or pay). (2)
Ciò ha consentito per il momento di accelerare al massimo l’import dalla Russia,
verso la quale le imprese sono vincolate da obblighi di prelievo altrettanto
stringenti.
Ogni decisione in tema di offerta di gas (3) non può comunque prescindere
dall’andamento della domanda, in forte calo negli ultimi anni.
Non è facile prevedere quanto tempo ci vorrà per tornare ai livelli degli anni
2005 (oltre 86 miliardi di mc), 2006, 2007, 2008 (quasi 85 miliardi), prima
dell’arrivo della crisi economica, che tuttavia non può essere che una concausa
del crollo.
La grande industria, per esempio, ha attraversato una fase di profonda
ristrutturazione che è iniziata ben prima della crisi che comunque ha accelerato
una corsa alla riduzione dei consumi (e dei costi) energetici, il cui traguardo
è considerato un fondamentale fattore di competizione.
Anche per i consumi residenziali e dei servizi non paiono esserci le condizioni
per rilevanti aumenti. La metanizzazione del Paese, può considerarsi ormai
terminata (4), e il gas naturale ha crescenti concorrenti negli usi: dal pellet,
alle pompe di calore, ai piani cucina a induzione. Notevoli, poi, sono le spinte
alla riduzione dei consumi dovute agli incrementi di efficienza delle caldaie e
degli stessi edifici.
Stesso destino anche per il gas utilizzato per generare energia elettrica. Il
termoelettrico consuma ormai il 20 per cento in meno rispetto a dieci anni fa e
oltre il 40 per cento rispetto ai massimi del 2007-2008, quando le centrali a
ciclo combinato, alimentate a gas, erano state provvidenziali nel colmare il
significativo deficit di potenza che accusava il sistema elettrico italiano. Da
allora moltissimo è cambiato: al crescente apporto delle fonti rinnovabili si è
aggiunta la debolezza dei consumi elettrici. Per questo mese, e per quest’anno,
è facile prevedere un nuovo tracollo visto che i bacini idroelettrici sono
ricolmi (5) e pronti per produzioni record come già successo nel 2009.
L’unico segmento che continua mostrare vivacità e ottime potenzialità è
l’autotrazione, che tuttavia anche nel 2013 non ha superato il miliardo di mc.
Le vendite di automobili alimentate a metano nel 2013 sono cresciute del 26 per
cento (6), arrivando a pesare il 5,2 per cento sul totale delle
immatricolazioni. La questione merita un discorso a parte (7): il gas metano, di
grande aiuto per il conseguimento dei target sulle emissioni, oltre ai favori
della Fiat, incontra quelli dell’industria tedesca, Gruppo Volkswagen in testa,
che oltre a consumarlo sta lavorando non solo per pubblicità a produrlo in casa.
(8).
(1) Staffetta Quotidiana del 16 gennaio 2014.
(2) Staffetta Quotidiana del 06 agosto 2013.
(3) Specie se a carico del sistema, cioè dei consumatori.
(4) Resta esclusa la Sardegna mentre va registrata l’istituzione di una cabina
di regia per la metanizzazione del Cilento.
(5) Gennaio è stato il terzo mese più piovoso dal 1800 con precipitazioni
superiori al 160 per cento rispetto ai valori medi.
(6) Più 5,1 per cento nei primi due mesi del 2014.
(7) Peraltro già avviato su lavoce.info.
(8) Da tempo i tedeschi lavorano a carburanti sintetici, ora lo stanno facendo
anche in ottica green.
Alessandro Fiorini, Gionata Picchio e Antonio Sileo
IL PICCOLO - VENERDI',
28 marzo 2014
Ferriera, il ministro firma il decreto per la vendita
Adesso dovrebbe essere imminente la pubblicazione del bando approvato già
il 28 febbraio dal Comitato di sorveglianza del dicastero
Sarà firmato oggi dal ministro per lo Sviluppo economico Federica
Guidi il decreto che autorizza la pubblicazione del bando per la messa in
vendita dello stabilimento della Ferriera di Servola. Lo si è appreso ieri sera
da fonti della Regione. Dopo i cento rinvii degli ultimi mesi meglio non fare
più previsioni, ma a rigor di logica l’effettiva pubblicazione con il via ai
termine per la presentazione delle proposte d’acquisto dovrebbe essere quasi
immediata. Il bando del resto è pronto da tempo: già il 28 febbraio era stato
approvato dal Comitato di vigilanza ministeriale che aveva depositato la
relativa istanza per la sua pubblicazione. «Ora per ragioni tecniche - aveva
spiegato la governatrice Debora Serracchiani - occorrerà attendere circa una
quindicina di giorni prima della pubblicazione, ma valutiamo positivamente il
fatto che a livello ministeriale il bando sia stato giudicato congruo. Il via
libera del Comitato di sorveglianza - aveva aggiunto - ci rassicura comunque sul
proseguimento di un percorso che transiti la Ferriera di Servola verso una nuova
proprietà e quindi verso una prospettiva di prosecuzione dell’attività
produttiva, di occupazione e di risanamento ambientale.» In realtà le settimane
passavano e il bando sembrava essersi inabissato mettendo oltretutto in forte
agitazione i lavoratori della Ferriera, molti dei quali sono stati già messi in
cassa integrazione straordinaria. Un appello alla pubblicazione è stato fatto,
come riferiamo a parte, da Stefano Borini, segretario provinciale di Fiom-Cgil.
In realtà a rompere l’incertezza più totale era filtrata già lunedì scorso,
sempre da ambienti della Regione, la notizia che per la pubblicazione era
indispensabile un decreto con la firma del nuovo ministro allo Sviluppo
economico, Federica Guidi. La firma sull’Accordo si programma per la
riqualificazione dell’area di Servola e della zona industriale di Trieste era
infatti stata posta dal suo predecessore Valerio Zanonato, oltre che da altri
tre ministri del Governo Letta, Andrea Orlando, Enrico Giovannini e Carlo
Triglia, dal sottosegretario Rocco Girlanda, oltre che dalla stessa presidente
Debora Serracchiani, dal sindaco Roberto Cosolini, dall’assessore provinciale
Vittorio Zollia e dall’amministratore delegato di Invitalia. A lungo è mancata
la firma della presidente dell’Autorità portuale Marina Monassi che dopo un
movimentato Comitato portuale e un’accesa disputa con i rappresentanti delle
istituzioni elettive ha posto la propria sigla sotto il documento a 43 giorni di
distanza da quel 31 gennaio in cui l’Accordo era stato firmato a Villa Madama, a
Roma. Nello stabilimento di Servola intanto una parte dei dipendenti vengono
anche impiegati nei lavori alla bocca dell’altoforno, mentre lunedì è arrivata
una nave con 63mila tonnellate di carbon fossile che dovrebbe essere in grado di
tener accesa la cokeria per due mesi e mezzo. Sarà ora da vedere se l’offerta da
parte del Gruppo Arvedi di Cremona che ha manifestato concreto interesse per
Servola, sarà avanzata in prima battuta.
Silvio Maranzana
A Servola non rinnovati 36 contratti a termine -
NOTA DELLA FIOM
La Fiom-Cgil sottolinea in una nota a firma del segretario Stefano Borini di
valutare «in maniera estremamente negativa il dilatarsi dei tempi necessari alla
pubblicazione del bando di gara per la vendita dello stabilimento della Ferriera
di Servola. Tale situazione - si afferma - comporta l’aggravarsi della
situazione sociale/occupazionale, in particolare per i 36 lavoratori il cui
contratto a tempo determinato che scade il 31 marzo non verrà rinnovato. Inoltre
il dilatarsi dei tempi - aggiunge la nota - implica la necessità di una maggiore
permanenza in cassa integrazione straordinaria delle maestranze (oltre 200
lavoratori) abbassando ulteriormente il reddito delle famiglie». La Fiom-Cgil
chiede di concentrare l’attenzione di tutte le forze istituzionali nonché del
Commissario straordinario della Lucchini Piero Nardi per superare con urgenza le
problematiche che non consentono la pubblicazione del bando e accelerare al
massimo il percorso. «Chiediamo alle Istituzioni - aggiunge Borini - di attivare
un tavolo di garanzia per i lavoratori con i contratti a tempo determinato che
non verranno rinnovati e per tutti quelli degli appalti, teso ad assicurare
sostegni al reddito e il diritto di precedenza alla ripresa delle attività, e di
riconvocare in tempi stretti il tavolo in sede regionale impegnando la
Presidente della Regione a garantire il percorso risolutivo della vertenza sui
piani occupazionale, industriale e del risanamento ambientale. Infine - chiude
la nota - invitiamo l’azienda a procedere all’ordinativo adeguato delle navi di
fossile considerato che già adesso si è alla scadenza dei termini temporali
utili al successivo approvvigionamento necessario alla continuità produttiva
della cokeria».
«Il rigassificatore della Adriatic Lng non c’entra con
la moria delle tartarughe»
«Non esiste alcuna evidenza di relazione tra le morie di tartarughe che si
sono verificate lo scorso inverno lungo le coste dell’Emilia Romagna e
l’esercizio del terminale di rigassificazione gestito dalla nostra società». Ad
affermarlo è Adriatic Lng in merito all’articolo “Un anno fa strage di Caretta
Caretta su entrambe le sponde dell’Adriatico” pubblicato lo scorso 25 marzo dal
Piccolo. «In particolare - prosegue il comunicato stampa di Adriatic Lng -
nessuna sostanza chimica è mai stata immessa in mare per dissipare il fenomeno
naturale della schiuma che si forma in prossimità del terminale. Adriatic Lng
adotta i più elevati standard di protezione ambientale e collabora attivamente e
costantemente con le autorità competenti – sia a livello nazionale che locale –
per garantire la massima trasparenza ed efficacia delle proprie politiche di
salvaguardia dell’ecosistema circostante».
Intesa tra Regione e governo sulla TAV - I sindaci
della Bassa friulana festeggiano
La Tav si fa, ma spendendo meno e riducendo l’impatto
sull’ambiente. Proprio come chiesto dalla gran parte dei Comuni della Bassa
friulana. Cristiano Tiussi, sindaco di Bagnaria Arsa, capofila dell’assemblea
permanente sul tracciato dell’alta velocità, incassa con soddisfazione il
risultato del vertice romano di due giorni fa. «L’accordo stipulato dalla
presidente Serracchiani con il ministro Lupi – dichiara Tiussi – è in linea con
l’esigenza di un tracciato più sostenibile dal punto di vista finanziario e
ambientale rispetto al progetto Rfi del 2010, ma fissa anche una serie di
interventi preliminari per il miglioramento della linea esistente, per
sfruttarne potenzialità ancora inespresse». In questa «nuova fase», i sindaci si
proporranno «come interlocutori per la Regione e i tecnici nell’ottica di un
percorso di condivisione delle scelte con i territori».
(m.b.)
Proposta di legge M5S sui rischi ambientali - Previsto
l’obbligo per gli stabilimenti inquinanti di ottenere la valutazione del danno
sanitario
TRIESTE Integrazione dei dati ambientali e sanitari, presentazione di un
Piano di riduzione delle emissioni in caso di sforamenti e, se i limiti non
vengono rispettati, chiusura degli impianti. Il gruppo consiliare del Movimento
5 Stelle ha presentato ieri la proposta di legge che contiene “Norme sulla
tutela della salute e sulla valutazione del danno sanitario nelle aree del Fvg
ad elevato rischio ambientale”. Il testo prevede l’introduzione della
Valutazione del danno sanitario accanto alle già previste valutazioni
ambientali. «L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che il 24% del carico
di malattia e il 23% di tutte le morti possono essere attribuite ai fattori
ambientali - spiega il primo firmatario della proposta di legge, Andrea Ussai -.
Dati drammatici sul nesso causale fra emissioni inquinanti e ricoveri e decessi
legati a varie patologie, su cui si deve intervenire anche in Friuli Venezia
Giulia. È sempre più urgente riuscire a incidere su queste cause ambientali per
ottenere miglioramenti effettivi in termini di benessere e qualità della vita
dei cittadini». Il caso della Ferriera di Servola è quello più eclatante ma non
è l’unico; i consiglieri grillini segnalano la centrale termoelettrica di
Monfalcone ma anche zone della regione dove c’è un’alta concentrazione di
impianti. La proposta di legge prevede l’applicazione della Valutazione del
danno sanitario da redigere almeno una volta l’anno nelle aree ad elevato
rischio di crisi ambientale, nei siti di interesse nazionale di bonifica e in
quelle, appunto, dove sono presenti già stabilimenti soggetti ad autorizzazione
integrata ambientale. Il rapporto, redatto da Arpa e Ass competente in base a
criteri che saranno fissati da un regolamento (naturalmente in caso di
approvazione della legge), qualora evidenzi criticità dovute ad emissioni in
atmosfera o scarico in acqua, potrà essere oggetto di osservazioni da parte
delle imprese interessate. Qualora permangano le criticità sulle emissioni o
sugli scarichi, dovrà essere presentato un Piano di riduzione che indichi gli
interventi per riportare la situazione entro i limiti di legge. Nel caso il
Piano non venga presentato o non si riducano le emissioni entro i limiti
previsti, la Regione prima chiama l’azienda ad ottemperare ai suoi obblighi e,
in un secondo momento, toccherà all’autorità sanitaria disporre la sospensione
dell’esercizio dell’impianto. «Con questa proposta di legge – sostiene Ussai –
si colmerebbe un vuoto legislativo. Oggi la tutela della salute è in mano o alle
Procure, ma con tempi lunghi, o ai sindaci i cui provvedimenti di riduzione
dell’attività però vengono spesso impugnati. Questa norma porterebbe maggiore
chiarezza, senza volere ostacolare l’attività industriale ma con l’obiettivo di
promuovere e garantire uno sviluppo sostenibile».
Roberto Urizio
IL PICCOLO - GIOVEDI',
27 marzo 2014
Addio al tracciato balneare della Tav
Roma abbandona il progetto Rfi e studia una nuova
linea. Stanziati 1,8 miliardi per potenziare l’attuale Venezia-Trieste
TRIESTE Anche la Tav Venezia-Trieste, come la terza corsia autostradale
della A4, diventa “spezzatino”. Il primo cantiere servirà a velocizzare la
tratta ferroviaria esistente. Vista la posizione comune tra le due Regioni, il
ministero delle Infrastrutture, d’intesa con Rfi, manda in soffitta il tracciato
condiviso nel 2010 e dà man forte: c’è il via libera a un piano da 1,8 miliardi
di euro. Il vertice La crisi detta legge. Si ridimensionano i sogni e si punta
solo su ciò che si può fare davvero. In tempi non biblici. La tesi della Tav
«per fasi» ha convinto tutti ieri a Roma. All’incontro che rilancia l’alta
velocità erano presenti il ministro Maurizio Lupi, i governatori Debora
Serracchiani e Luca Zaia, il commissario straordinario per la Tav Bortolo
Mainardi, l'amministratore delegato di Rfi Michele Mario Elia e il capo della
struttura tecnica di missione del ministero alle Infrastrutture Ercole Incalza.
La svolta Riunione «concreta e operativa», sottolinea Lupi. Abbandonato il
progetto 2010, la Tav «va comunque avanti. Il nuovo tracciato - precisa il
ministro - ha già il consenso del territorio per il tratto veneto, presto
arriveranno le osservazioni dal Fvg. Rfi le prenderà in considerazione e le
verificherà, in modo da poter avviare in tempi rapidi lo studio di fattibilità e
il conseguente progetto preliminare da sottoporre al ministero dell’Ambiente per
la Valutazione di impatto ambientale». La vittoria delle Regioni Rfi, fa sapere
Serracchiani «ha recepito le istanze delle Regioni. Considerati i tempi
lunghissimi previsti per la realizzazione e l'enorme impegno finanziario
richiesto per l'opera, è stato concordato che gli interventi saranno intanto
finalizzati alla velocizzazione della tratta esistente, per la quale è previsto
un contributo di 1,8 miliardi». I lavori Lo sdoppiamento e scavalco del bivio
San Polo a Monfalcone rientra in questa serie di interventi, mentre le opere
sulla Udine-Cervignano e quelle, già finanziate, sul nodo di Udine (ne
sottolinea l’importanza in una nota il deputato dei Popolari per l’Italia Gian
Luigi Gigli), andranno a integrarsi con la modernizzazione dell'asse
Adriatico-Baltico attraverso il potenziamento della linea Pontebbana. Visto
dalla prospettiva del Veneto, che porta a casa lo sblocco della progettazione
dei tratti Verona-Padova, Venezia-Portogruaro e Venezia direzione aeroporto
Marco Polo, si tratta di lavori «propedeutici a quelli della Tav – evidenzia
Zaia –. Si inizia dalle parti già progettate con diversi microcantieri». La tesi
di Mainardi Politici e tecnici, rilevano ancora le due Regioni, hanno dato l’ok
a un progetto «più sostenibile economicamente e meno invasivo» per le
popolazioni e per l’ambiente. Nulla di diverso da quanto sostiene da sempre il
commissario Mainardi: l’obiettivo dell’alta velocità va inseguito in modo
pragmatico puntando innanzitutto al potenziamento della linea esistente, che può
consentire comunque passaggi a 200 chilometri orari. I sindaci Anche i territori
non hanno mai fatto mistero di preferire questa soluzione. Ripetutamente nel
corso del 2013 i Comuni del Fvg, da Ronchis a San Canzian d’Isonzo, hanno
rivolto a Mainardi, a stragrande maggioranza, la richiesta di un tracciato
diverso da quello di Rfi, evidenziando incongruenze e criticità nello studio del
loro tecnico, Andrea Debernardi, depositato un anno fa sia negli uffici della
Regione che della Commissione Via. Il risparmio Prevale dunque la scelta
considerata più di buon senso. Oltre che imposta dalle esigenze di risparmio.
Tra le criticità del tracciato 2010 - quello che, in Veneto, avrebbe toccato le
spiagge -, c’era pure un investimento da età dell’oro: 7,4 miliardi.
L’alternativa emersa ieri a Roma ha una previsione di spesa pari a un quarto.
Marco Ballico
Piazza Foraggi, il Prg rilancia un park nel cassetto da
7 anni
Il Piano parcheggi 2007 lo voleva tutto interrato. Ma sotto c’è acqua:
consentiti ora 12 metri d’altezza. Sullo sfondo la trattativa con Riccesi dopo
il flop di Ponterosso
Appioppargli un potere riesumatorio sarebbe, in questo caso, riduttivo. Il
Piano regolatore che verrà non solo resuscita la possibilità che in piazza
Foraggi, dalla parte opposta alla stazione di servizio, spunti un garage
pertinenziale a più piani (possibilità contemplata per la cronaca già nel Piano
parcheggi varato sette anni fa all’inizio del Dipiazza-bis) ma addirittura lo
tonifica, gli somministra insomma un ricostituente. L’ipotesi progettuale del
2007, che immaginava un park interrato, adesso viene superata da ciò che prevede
il nuovo Prg tra le sue norme tecniche d’attuazione: un posteggio multilivello,
sia sotto che fuori terra, poiché scavare più di tanto non pare possibile dal
momento che, lì sotto, passa il torrente Settefontane. Un domani questo potrebbe
essere affare di Riccesi Spa: l’area si profila in effetti come una delle
contropartite più solide che il Comune sta trattando attualmente proprio con
l’impresa di costruzioni nella decennale e assai complessa procedura di
novazione da tre milioni e passa conseguente al naufragio del vecchio progetto
del park di Ponterosso ai tempi del primo mandato dello stesso Dipiazza. Siamo
nel triangolo stretto tra la fine di viale D’Annunzio, l’imbocco della galleria
e via della Tesa. Una zona etichettata dal Prg come «ZP - Parcheggi ed
autorimesse di piazza Foraggi», per cui esistono «prescrizioni particolari». La
prima: «In tale zona potranno essere realizzati parcheggi interrati, a raso, in
elevazione», per la più ampia gamma di opzioni. La seconda: «Gli interventi si
attuano con strumento diretto», quindi non serve un Piano particolareggiato
obbligato a transitare per il Consiglio comunale ma basta un Permesso a
costruire. La terza: la distanza minima dalle case è di «dieci metri», l’altezza
massima consentita è di «dodici metri». Quarta e ultima prescrizione:
«Considerata la presenza sotto il piano stradale di via della Tesa del canale di
scorrimento del torrente Settefontane, nelle opere fondazionali o comunque in
fase di cantieramento del nuovo parcheggio devono essere previste delle
opportune opere revisionali per preservare detto canale. Deve essere garantito
il passaggio pedonale/ciclabile che attraversa la piazza e si attesta sul fronte
Est della nuova area destinata a parcheggio». È dunque una sorta di preparazione
formale del “campo” per un qualcosa che al caso potrebbe succedere quella
descritta dal Prg, un Prg che dovrebbe entrare in vigore a primavera 2015, la
cui delibera d’adozione licenziata il 17 marzo dalla giunta Cosolini viene
scandagliata in questi giorni dalla Sesta commissione del Consiglio comunale. E
proprio nel corso di una delle sedute di questi giorni l’ex finiano ed ex
assessore del Dipiazza-bis Michele Lobianco, ora rappresentante di Impegno
civico tra i banchi dell’opposizione di centrodestra, ha sollevato il caso di
piazza Foraggi, tuonando contro «la sciagurata possibilità di poter edificare in
elevazione un parcheggio per un’altezza di dodici metri, il tutto in affaccio ai
condominii sui due lati del perimetro. Questa scellerata possibilità
edificatoria andrebbe ancor più a mortificare un ambito urbano di per sé già
compromesso dalla presenza di un imponente distributore di rango autostradale ed
altro ancora. Presenterò perciò un emendamento alle norme tecniche d’attuazione
per stralciare tale possibilità progettuale che mi auguro venga accolto perché
quell’area ha bisogno di una riqualificazione che non può arrivare da una nuova
triste cubatura degna di periferie non omogenee alla nostra città, ma forse di
più a quelle care alla sinistra cosoliniana». «Capisco - la replica
dell’assessore all’Urbanistica Elena Marchigiani, la mamma del Prg - che quella
piazza possa essere percepita oggi come snaturata, più che altro per il
distributore. È anche vero che la zona individuata per l’eventuale parcheggio
costituisce attualmente un vuoto urbano. Aggiungiamoci poi un paio di elementi
che vanno tenuti in seria considerazione. Uno: è evidente che il rione in
oggetto è un’area densa della città dal punto di vista abitativo e al tempo
stesso povera di parcheggi, con numeri inferiori agli standard, e un park
ridurrebbe la presenza di auto in superficie. Due: la questione s’inserisce in
una trattativa di novazione che è un regalino che ci è rimasto sul gobbo, anche
se la proposta del Prg prescinde da come andrà finire la transazione con il
privato». «Va inoltre ricordato - chiude Marchigiani - che oltre a far parte del
Piano parcheggi della precedente amministrazione la zona e la sua possibile
destinazione sono indicate anche nella variante urbanistica del Piano
alienazioni passato in Consiglio comunale lo scorso anno. Le distanze dalle case
sono garantite dai parametri dello stesso Codice civile e pure la
circoscrizione, in fase di esame del Prg, nulla ha detto in proposito».
Piero Rauber
Circa 100 posti pertinenziali e quattro piani: uno
sotterraneo - L’IPOTESI
«Sì, piazza Foraggi è uno degli argomenti su cui siamo in trattativa, è una
proposta del Comune che abbiamo preso in considerazione». Donato Riccesi è
schietto. E resta tale anche quando predica cautela: l’affare sarà vicino, ma
non è fatto. Troppe volte la novazione riparatrice di Ponterosso, deputata a
individuare siti alternativi per un totale di circa 450 posti auto, sembrava sul
punto di concretizzarsi, ma poi è più o meno sfumata: l’Inail, via Tigor,
Roiano. «Tanti - osserva Riccesi - sono stati i siti su cui si è lavorato, tante
sono state le obiezioni che hanno spinto in varie fasi storiche il Comune a
ripensarci. Un comitato contro è, purtroppo, quasi fisiologico». Resta per ora
piazza Foraggi, solo una parte di quei 450 stalli. La proiezione è di un park da
un centinaio di posti, tutti pertinenziali, su quattro livelli: uno sotterraneo,
un piano terra e altri due sopra, per otto, nove metri d’altezza. Resta aperta
la definizione della titolarità giuridica dell’area da parte del privato: in
bilico ancora tra cessione, quindi proprietà, o concessione di un bene che
rimarrebbe pubblico. Lo spicchio fa parte del Piano alienazioni e valorizzazioni
votato nel 2013 dal Consiglio comunale e preparato dagli uffici del Municipio
che fanno capo all’assessore al Demanio Andrea Dapretto e che si sono occupati
dell’intavolazione della strada demaniale a superficie patrimoniale ai fini
appunto della sua valorizzazione immobiliare. «Contiamo - conferma Dapretto - di
chiudere a breve, almeno su questo per il momento. Abbiamo sondato tutta la
città, e molte alternative sono state scartate per diverse motivazioni, anche
tecniche, ma la città non è infinita. Stiamo sostenendo una novazione su un
progetto lanciato da altri, tale da creare un debito di oltre tre milioni. Il
fatto è che siamo noi, ora, a ritrovarci coi nodi al pettine».
(pi.ra.)
Un partenariato transfrontaliero per il geoparco del
Carso
TRIESTE Bilancio più che positivo per Carso-Kras, progetto strategico
transfrontaliero per la gestione sostenibile delle risorse naturali e la
coesione del territorio, che rientra nella programmazione europea Italia
–Slovenia 2007-2013 e che complessivamente ha coinvolto sedici partner tra enti
e amministrazioni pubbliche. La Provincia di Trieste, soggetto coordinatore dei
Comuni italiani ha compiuto una serie di azioni significative, ricordate dalla
Presidente della Provincia nel corso dell’evento conclusivo del progetto. Di
particolare rilievo è lo studio legato alla realizzazione di un Geoparco del
Carso, la realizzazione della mappa del rischio incendi boschivi e della carta
transfrontaliera del rischio sul Carso, e la stesura delle linee guida sulle
buone pratiche per contrastare gli incendi. La Provincia di Trieste ha inoltre
portato a termine la realizzazione di un sistema tecnologico di visita basato su
tecnologia GPS che ha consentito la realizzazione della Guida multimediale. Il
progetto ha in linea generale contribuito a favorire un processo di integrazione
territoriale, configurando il Carso una delle più importanti aree a cavallo del
confine tra Italia e Slovenia. Le attività progettuali infatti, hanno
individuato strategie condivise a livello transfrontaliero per valorizzare la
gestione sostenibile delle risorse naturali. Tali strategie saranno messe a
disposizione delle pubbliche amministrazioni locali per favorire l’adozione di
criteri omogenei nella pianificazione dello sviluppo territoriale e della
gestione sostenibile delle risorse naturali e ambientali. I partner del progetto
Carso-Kras hanno stabilito di istituire una struttura permanente per la
collaborazione futura tra soggetti locali. In tal senso è stata siglata la Carta
di prosecuzione del partenariato transfrontaliero di sviluppo del Carso
2014-2020 per sostenere i preparativi per l’istituzione del Geoparco sul carso e
del Gruppo Europeo di Cooperazione Territoriale (GECT). Per l’istituzione del
Geoparco, la Provincia di Trieste ha seguito la realizzazione di uno studio
finalizzato a valutare la sussistenza dei prerequisiti necessari alla
fattibilità dello stesso. Un geoparco è un concetto relativamente nuovo
nell’ambito della pianificazione territoriale ed è caratterizzato dal fatto che
non imponendo ulteriori vincoli ambientali sul territorio, ne riconosce e
valorizza le peculiarità. La sua realizzazione sta seguendo un processo che
prende avvio dal basso, coinvolge la popolazione residente e le istanze di tutti
gli stakeholders.
IL PICCOLO - MERCOLEDI',
26 marzo 2014
Il piano traffico frena la differenziata
Alcune isole ecologiche dovranno essere spostate, la raccolta dell’umido
slitta di sei mesi
Il Piano del traffico è in ritardo nella sua applicazione e trascinandosi ha
portato con sè un altro ritardo ai tanti che si stanno accumulando in questa
città: perfino le immondizie viaggiano a rilento, non solo perché da quando è
partita la campagna sulla “differenziata” siamo rimasti stabilmente e pigramente
sotto il 30% di rifiuti inviati al riciclo, ma anche l’annunciato avvio della
raccolta dell’”umido” che è già iperconsolidata in altre città anche della
regione qui va a passo di lumaca. Il piano economico-finanziario di AcegasAps
aveva messo a verbale che tutti i lavori preparatori necessari per dare avvio
non già al “porta a porta” (che qui non si farà mai) ma almeno al cassonetto
dedicato sarebbero stati ultimati entro il 31 dicembre 2013. E invece si slitta
di 6 mesi almeno. La nuova data per il Comune è il 1.o luglio. «AcegasAps
avrebbe dovuto entro dicembre preparare i siti di raccolta, comprare i
macchinari di trattamento e provvedere a una fossa in cui gettare il rifiuto
umido prima che sia avviato al conferimento - spiega Umberto Laureni, assessore
all’Ambiente -, ma poi si è verificata l’esigenza di definire meglio tutti e due
i piani, quello del traffico che a un certo punto ha preso forma e di
conseguenza anche quello dello smaltimento dell’umido, abbiamo dovuto far
ricontrollare una per una tutte le 300 postazioni delle “isole ecologiche” dove
sono sistemati i cassonetti, per verificare che non andassero a cozzare contro
nuovi parcheggi, nuove aree pedonali, nuove zone di traffico, e tutto sommato è
stata - prosegue l’assessore - una magnifica occasione per una completa
riverifica che ci consente anche di sistemare meglio certe piazzole». I
contenitori per l’umido si aggiungeranno a quelli esistenti ma faranno sparire
una certa percentuale di cassonetti per l’immondizia indifferenziata. Saranno
più piccoli di questi obiettivamente scomodissimi “cassoni” a pedale (adatti a
persone di alta statura e buone braccia) e verranno anche fissati al terreno. «È
bene non farli volar via col vento» prosegue Laureni. Non solo perché
volerebbero bucce e sgradevoli avanzi alimentari, ma perché già si presume che
il contenuto umido sia «maleodorante». Da cui la previsione di un prelievo più
frequente di oggi (se si parte col caldo di luglio, è più che auspicabile un
ritmo veloce). Il lavoro di verifica strada per strada, col Piano del traffico
alla mano, è completata all’80% secondo l’assessore, mancano alcune vie di
grande traffico, «poi ne vedremo l’efficacia nel tempo». Resta appunto assodato
che il nome di questa raccolta umida sarà “di prossimità”, cioé nelle vicinanze
delle case come adesso, e non si pensa nemmeno a istituire il contenitore “per
condominio”. Tutte le piazzole ecologiche saranno complete, da umido a carta,
vetro e plastica, e ogni edificio dovrà averne una a non più di 300 metri di
distanza.
Gabriella Ziani
La proposta dell’assessore Laureni: «Bisogna aumentare
la tassa di disturbo» - il risvolto economico
Quando partirà la raccolta dell’umido la Tares (la tassa
sui rifiuti) non aumenterà. «Questa è la posizione chiara del Comune - assicura
l’assessore all’Ambiente Umberto Laureni (foto) -, puntiamo invece a un’altra
cosa, a convincere la Regione affinché alzi la cosiddetta “tassa di disturbo”».
Fatta la scoperta che, tra le tante, esiste anche quella “del disturbo”, questa
è una tassa che le Regioni fissano a favore dei Comuni che accettano di bruciare
nei loro termovalorizzatori immondizie che provengono da altri territori. Ed è
il caso di Trieste. «La nostra debolezza - specifica Laureni - è che se anche
riciclassimo il 40%, non bruceremmo meno immondizia, perché quel 40% verrebbe da
fuori per far funzionare a pieno il termovalorizzatore, che comunque produce
energia». Operazione a ecologia zero. Ma almeno ci si paghi “il disturbo” è la
filosofia di scorta: «In Veneto la Regione ha imposto 10 euro per ogni
tonnellata di rifiuti accolta, la Regione Fvg ha fissato 2,5 euro a tonnellata,
e noi stiamo contrattando un aumento». Con tutto ciò nelle casse del Comune,
senza che abbiano destinazione precisa di spesa, sono entrati finora, per
pagamento del disturbo, 70 mila euro all’anno.
Bar e ristoranti: «Devono avere i contenitori»
I pubblici esercizi, grandi produttori di rifiuti, nonostante l’obbligo di
“differenziare” hanno continuato a farlo molto poco. Adesso è stato stipulato un
accordo preciso tra la Fipe, l’organizzazione di categoria, e due assessorati,
Ambiente (Umberto Laureni) e Sviluppo economico (Edi Kraus). «In sostanza
chiediamo ai gestori un grande aiuto - spiega Laureni-, e cioé di dotarsi
ciascuno di contenitori per i diversi rifiuti, da tenere all’interno del proprio
esercizio». L’operazione sembra neutra, ma non è così. Prosegue l’assessore:
«Oggi per emettere una multa dovremmo cogliere sul fatto il bar o ristorante che
butta l’immondizia tutta assieme, invece obbligando alla tenuta dei contenitori
il controllo è facile e concreto: chi ha i contenitori evidentemente la
differenziata la fa. Chi non li possiede è in torto». La marcia verso il “buon
costume” è graduale, è partita con vetro, plastica e carta, è proseguita con la
raccolta dedicata del verde sfalciato, poi con i cartoni da imballaggio dei
negozi, e infine ha coinvolto i “grandi produttori” di umido che
sperimentalmente hanno già i loro cassonetti (supermercati, ma anche case di
riposo e simili). Anche se proprio in questi giorni è in corso tra l’Anci,
l’associazione dei Comuni italiani, e il Consorzio Conai, che raduna le ditte
“riciclatrici”, una trattativa per ridefinire i prezzi di acquisto e vendita di
rifiuti, l’unica cosa al momento misteriosa a Trieste è proprio quella dei
soldi: riciclando, i rifiuti diventano oggetto di vendita, però le nostre
tasse-rifiuti non calano, e non sappiamo se, e quanto, frutta la vendita di
carta, plastica e vetro, al netto delle spese per organizzare il servizio.
Intanto i gestori di ristoranti e bar hanno già messo davanti un’altra
difficoltà: se tutti chiudono circa a mezzanotte, per gettare i rifiuti nel
giusto cassonetto dovranno mettersi in fila? «Risolveremo anche questo» è la
risposta di Laureni.
(g. z.)
Abbonamenti parcheggi: perché due prezzi diversi
L’INTERVENTO DI ELENA MARCHIGIANI - assessore alla Mobilità e traffico
del Comune di Trieste
Colgo la segnalazione del 25 marzo come occasione per tornare sulla
questione delle nuove tariffe per la sosta in strada e in impianto.
Evidentemente le informazioni finora divulgate hanno generato un po’ di
confusione nei lettori; è quindi quanto mai opportuno fare chiarezza. Non c’è
nessuna tariffa che si raddoppia al momento dell’attuazione del Piano (da 30
euro a 60 euro al mese) come asserito nella segnalazione. Né, tanto meno, c’è
una Giunta che “vuole colpire i suoi elettori naturali” o “favorire nei fatti lo
svuotamento abitativo del centro”. Gli uffici del mio assessorato stanno
semplicemente procedendo nell’attuazione di tutti i provvedimenti discussi e
concertati in sede di approvazione del nuovo Piano generale del traffico urbano
(Pgtu). Piano che, è bene ricordarlo, di per sé si occupa della gestione degli
spazi stradali esistenti su strada, operando su di essi scelte in tema di sosta
e relativa tariffazione. Piano che, però, questa amministrazione ha interpretato
per la prima volta in città come un’occasione concreta per rivedere, a favore
dei cittadini (in particolare, dei residenti nel centro), tutta la questione
della sosta, in strada così come negli impianti di parcheggio. Impianti che,
come ben sappiamo, sono a oggi largamente sottoutilizzati. Esistono quindi i
parcheggi su strada (oggetto del Pgtu) ed i parcheggi in impianto (non di
competenza diretta del Pgtu). Per i primi, il Pgtu approvato dal consiglio
comunale nel mese di luglio dello scorso anno prevede una tariffa giornaliera di
un euro al giorno per i residenti nel centro storico cittadino (all’interno di
un perimetro ben definito). Tale proposta, come ricordato nella segnalazione,
rappresenta il frutto degli esiti della fase di partecipazione e consultazione
sui contenuti della bozza di Piano e sul Piano stesso nelle sue diverse
versioni, fino a quella definitiva approvata appunto dal Consiglio. La tariffa
di un euro al giorno individua una mediazione tra esigenze contrapposte:
agevolare i residenti nella ricerca del parcheggio, limitare l’eccessivo accesso
di veicoli nel centro storico disincentivando quel traffico “parassita” legato
alla ricerca di sosta da parte di utenti esterni, consentire l’ingresso alle
categorie che ne hanno realmente l’esigenza. Nel dettaglio è previsto un
abbonamento a un canone mensile di euro 30 (costo totale annuo di euro 360) che
consente la sosta su tutte le aree a pagamento gestite da Esatto nell’ambito
dell’area individuata dal Piano. Si prevede inoltre uno sconto del 15% sul
canone annuale di abbonamento per coloro che effettuano il pagamento anticipato
in unica rata per tutta l’annualità. La tariffa di 62,50 euro al mese si
riferisce invece al costo dell’abbonamento mensile in alcuni impianti di
parcheggio ubicati nelle aree del centro cittadino maggiormente interessate dai
previsti interventi a favore della pedonalità, ovvero in quelli di via della
Pietà, Foro Ulpiano e Silos. Si tratta, in questo caso, non di una previsione
del Pgtu, ma tale tariffa rappresenta il frutto di una lunga trattativa condotta
dall’amministrazione comunale negli ultimi mesi per offrire ai residenti nelle
aree di influenza dei suddetti impianti la possibilità di usufruire di sosta in
impianto a prezzi contenuti. Le modalità specifiche saranno oggetto di
un’apposita convenzione in fase di stesura con i gestori degli impianti. È mia
abitudine rispettare gli accordi, in primis quelli presi con i cittadini. Per
questo, il programma è di avviare prima le agevolazioni all’interno degli
impianti e, in seconda battuta, quelli su strada. Il tutto con l’obiettivo di
dare al più ampio numero di residenti la possibilità di avere – coerentemente
alle proprie disponibilità economiche – una soluzione all’annoso problema della
sosta.
Il Tar dà ragione a Teseco sulle aree dell’ex Aquila
Respinto il ricorso di Ezit e Regione che chiedevano la restituzione di
terreni - La società di Pisa: «Adesso finalmente il via al terminal dei
traghetti ro-ro»
«La Teseco intende dare finalmente concretezza alle prospettive di sviluppo
in attuazione dei piani e dei programmi in essere tra cui la realizzazione della
piattaforma ro-ro multipurpose che consentirà di realizzare il potenziamento
strategico del porto di Trieste.» Lo ha dichiarato ieri Stefano Vendrame,
direttore Area Nord-Est della Teseco poche ore dopo la sentenza con cui il Tar
ha rigettato il ricorso presentato dall’Ente Zona industriale e dalla Regione
Friuli Venezia Giulia contro la Teseco stessa relativamente all’intervento
nell’area dell’ex Aquila. Ezit e Regione reclamavano il rispetto da parte della
società di Pisa della convenzione siglata nel 2005 e scaduta nel 2010 in cui era
contemplato il diritto dell’Ente zona industriale a ricomprare al prezzo
calmierato di 30 euro al metro quadrato parte delle aree che Teseco aveva avuto
al prezzo di un euro al metro quadrato con lo scopo di bonificarle. Il Tar però
(composto da Umberto Zuballi presidente, Enzo Di Sciascio consigliere e Manuela
Sinigoi primo referendario) ha sentenziato che «l’accordo di programma non si è
attuato da un lato a causa della modifica della normativa regionale sulle zone
commerciali, e d’altro lato in quanto la bonifica ambientale è stata dilazionata
al momento dell’accordo con il Ministero dell’Ambiente intervenuto appena nel
2013 ad accordo di programma scaduto. In sostanza l’inadempimento di cui in
questa sede si chiede l’accertamento non è imputabile alla ditta privata, ma ad
eventi indipendenti dalla sua volontà.» Ricorsi dunque rigettati «perché
destituiti di fondamento - affermano i giudici - ma la peculiarità della vicenda
giuridica induce tuttavia il Collegio a compensare le spese di giudizio tra le
parti.» «L’autorizzazione commerciale - specifica anche nei paragrafi precedenti
il Tar - che sulla base dell’accordo di programma doveva essere rilasciata nel
corso del 2006 è invece stata emessa appena nel 2009. Questo dato appare
sufficiente per giudicare l’inadempimento, solo parziale, dell’intimata Teseco.
Per quanto riguarda poi le bonifiche, il Ministero dell’Ambiente, unico
organismo competente per i Siti di interesse nazionale, ha sottoscritto il
relativo accordo appena in data 25 maggio 2013.» «La sentenza - sottolinea la
Teseco in una nota - ha escluso che la mancata realizzazione della bonifica
nella zona ex Aquila dipenda dall’inerzia di questa società chiarendo che il
ritardo nel completamento della restituzione agli usi legittimi dell’area è da
imputarsi all’oggettivo mutamento delle condizioni, anche legislative, in corso
d’opera nonché al ritardo con cui è stato definito l’accordo sulla bonifica del
Sin di Trieste con il Ministero dell’Ambiente, intervenuto ad accordo di
programma scaduto.» «Posto che l’intervento privato di Teseco per la bonifica
dei terreni - aveva invece affermato qualche settimana fa Dario Bruni,
presidente Ezit - è stato già remunerato, la Regione aveva a suo tempo
trasformato quell’area in “hc” cioé per grande distribuzione e la società ha
venduto i terreni, quindi si è ripagata. Chi non è stato ripagato è l’ente
pubblico». Posta comunque la possibilità da parte degli enti pubblici di fare
appello al Consiglio di Stato, l’Accordo di programma va rinegoziato. Il
presidente della Teseco, Gualtiero Masini ha espresso ieri l’auspicio che «il
tempo di sterili conflitti giudiziari sia definitivamente tramontato» e ha
ribadito la volontà «di dare nuovo slancio a un confronto costruttivo con le
istituzioni locali.» «Teseco si augura di poter proseguire - conclude la nota
della società - in uno spirito di finalmente ritrovata concordia il percorso di
risanamento e rilancio delle aree ex Aquila.»
Silvio Maranzana
Già vinta anche la causa contro la Samer - il
precedente
Prima di scontrarsi con Ezit e Regione, la Teseco aveva
già vinto una causa con la “Samer&c shipping srl”, la società che gestisce
l’autostrada del mare Trieste-Turchia dal terminal di riva Traiana, la quale era
ricorsa al Tribunale civile accusando Teseco spa di violazione delle leggi in
materia di aiuti di Stato e concorrenza sleale, chiedendo al giudice di
impedirle di disporre dei terreni ex Aquila e di invitare Ezit e Autorità
portuale a non firmare concessioni e autorizzazioni che le consentissero di
svolgere attività economiche in quell'area. La Samer sosteneva che Teseco
volesse cedere i terreni ad un prezzo esagerato (avendoli ottenuti da Ezit a una
cifra irrisoria) e di voler esercitare attività di terminalista portuale senza
averne i requisiti.
Prg, prime polemiche per 2 carte-fantasma
Dubs (Pdl): sparite le osservazioni della V circoscrizione. Bertoli (Fi):
pasticcio. Ravalico (Pd): tutto ok
LA REPLICA DELL’ASSESSORE «Io quei documenti li ho ma sono note a margine, non
parti integranti di un parere. Sottratto tempo all’esame del provvvedimento»
Obiezioni sostanziali o semplici note a verbale? Un paio di carte
provenienti da un parlamentino di quartiere - tra le migliaia che accompagnano
la delibera d’adozione del Piano regolatore, in questi giorni al setaccio della
Sesta commissione del Consiglio comunale competente in materia di Urbanistica -
stanno accendendo da ieri i primissimi fuochi, appunto, attorno al dibattito
politico sul Prg. Proprio nella seduta della Sesta commissione di ieri, dedicata
all’audizione della Quinta circoscrizione di San Giacomo, è arrivata infatti
l’impennata polemica tra maggioranza e opposizione, per la quale in fondo era
solo questione di tempo. La bagarre è scoppiata dopo che Roberto Dubs, il
superattivo consigliere sangiacomino del Pdl, ha lamentato il fatto che il
parere (favorevole) al Prg uscito dal Consiglio circoscrizionale di cui fa parte
fosse sprovvisto agli atti ufficiali (benché non votate dal parlamentino) di due
osservazioni, una prima resa dal binomio Pdl-Fi e una seconda da Un’altra
Trieste. Un vizio di forma microscopico tale però, ha rombato a quel punto il
centrodestra, da spogliare della corazza d’inattaccabilità giuridica il
gigantesco Prg. «Sono spiazzato e preoccupato - così Roberto Dubs - perché per
come si è svolta la seduta del Consiglio circoscrizionale sul Prg e per quello
che chiaramente si evince dal verbale della seduta stessa era palese che le
osservazioni presentate sarebbero giunte in Comune come parte integrante del
parere. Si trattava, per quanto mi riguarda, di un corposo documento tecnico con
quesiti puntuali su cui ho lavorato per parecchi giorni: almeno per rispetto del
lavoro svolto speravo di ricevere le controdeduzioni dell’assessore
Marchigiani». «Siamo di fronte a un pasticcio, l’ennesimo pasticcio tra giunta e
circoscrizioni», fa eco il capogruppo di Forza Italia in Consiglio comunale
Everest Bertoli. «L’amministrazione - aggiunge Bertoli - farebbe bene a fermarsi
e a correggere la delibera, allegando quelle osservazioni al parere della Quinta
circoscrizione. Si perderebbero al massimo due settimane, ma cosa sono due
settimane in confronto a eventuali ricorsi al Tar contro il Prg? L’esperienza
dei centri estivi non ha evidentemente insegnato nulla». Anche Michele Lobianco
(Impegno Civico) chiede di «evitare di vanificare un lavoro che ha necessitá di
cristallina certezza». «Non c’è peggior sordo di chi non vuole sentire», è la
replica dal Pd di Mario Ravalico, che della Sesta commissione è presidente.
«Stamani (ieri, ndr) - precisa lo stesso Ravalico - ho sospeso appositamente la
seduta chiedendo l’intervento del segretario generale (Filomena Falabella, ndr)
che ha chiarito più che bene: quei documenti non sono stati votati dal Consiglio
circoscrizionale a differenza del parere». «Dunque - chiude proprio l’assessore
all’Urbanistica Elena Marchigiani (nella foto) - sono da considerarsi note a
margine a titolo informativo e non parti integranti di un parere. Io comunque
quei documenti ce li ho, tra gli incartamenti della delibera. Mi spiace perché
più della metà del tempo dell’audizione di oggi (ieri, ndr) è sfumata per questa
presunta pregiudiziale di metodo togliendo la possibilità di entrare di più nel
merito».
Piero Rauber
Ferriera, ok di giunta ai dati Arpa - Riguardavano via
San Lorenzo in Selva nella seconda metà del 2013
La giunta Cosolini ha licenziato la delibera che approva (ammettendolo
quindi al pagamento) il consuntivo dell’Arpa per i monitoraggi su polveri
sottili (Pm10) e Ipa (idrocarburi-policiclici-aromatici) effettuati nel secondo
semestre 2013 alla centralina di via San Lorenzo in Selva, vicino alla Ferriera,
nonché la relazione di sintesi. L’assessore all’Ambiente Umberto Laureni ha
fornito alla giunta - così si legge in una nota del Comune - un quadro sintetico
della situazione attuale ripercorrendo brevemente le iniziative messe in atto
nel corso degli ultimi anni per controllare le emissioni della Ferriera. Ha
rimarcato, in particolare, le linee guida «sempre seguite dall’amministrazione:
trasparenza, adozione dello strumento dell’ordinanza per le iniziative urgenti,
riscontro immediato alle evidenze negative dell’impianto» come «superamento dei
valori di legge» e «casi conclamati di malessere tra la cittadinanza», stimolo
nei confronti delle altre amministrazioni a fronte di una valutazione critica
dell’Aia, contributo alla conoscenza delle patologie associate all’impianto con
la conferenza della salute e con le tavole tematiche con cui si è definito il
territorio di Servola soggetto a concentrazioni di benzopirene oltre il limite
di legge». Laureni quindi «ha rilevato come gli andamenti del “tracciante”
benzopirene confortino le iniziative dell’amministrazione, con valori in
costante diminuzione negli ultimi due anni». L’assessore - aggiunge la nota del
Comune - si è impegnato a relazionare più in dettaglio in una delle prossime
riunioni di giunta, anche in previsione del dibattito pubblico, preannunciato
dal sindaco, che si terrà in tempi brevi in Consiglio comunale.
“Eart Hour”, il buio del sabato sera - Facciata del
Comune senza luci per un’ora: è il giorno del risparmio
Il Comune aderisce a “Eart Hour 2014”, l’iniziativa simbolica, promossa dal
Wwf nazionale, che punta ad essere un segnale forte in materia di risparmio
energetico. La decisione è stata presa dalla giunta comunale, su proposta
dell’assessore all’Ambiente Umberto Laureni, e vedrà concretamente lo
spegnimento, nella serata di sabato 29 marzo, per un’ora, dalle 20.30 alle
21.30, delle luci della facciata del palazzo municipale di piazza Unità.
Inoltre, sulla rete civica del Comune, scorreranno e si potranno leggere
messaggi sui corretti comportamenti da tenere sempre sul tema della riduzione
dello spreco e del risparmio energetico. Nel corso della stessa giornata di
sabato 29 marzo, i cittadini saranno invitati, nei limiti del possibile,
all’utilizzo della luce naturale, per limitare al massimo il consumo di energia
elettrica, a spegnere ogni luce e apparecchio elettronico non indispensabile, ad
abbassare il riscaldamento e magari a rinunciare all’uso dell’auto. Realizzata a
costo zero, anche quest’iniziativa, come già fatto con “M’illumino di meno”,
promossa dalla trasmissione radiofonica di Rai-Radio2 “Caterpillar”, punta a
sensibilizzare la popolazione su temi di particolare valenza civica e
sull’utilizzo sensibile e responsabile delle risorse energetiche a disposizione.
Spuntano nuove antenne sul traliccio illegale - La
struttura, secondo l’ordinanza del Comune, andava abbattuta. E invece cresce
ancora
MUGGIA Ordinanze del Comune disattese, inviti da parte del Consiglio di
Stato non rispettati. La già di per se stessa delicata situazione antenne a
Chiampore sta iniziando ad assumere i contorni di una vera e propria beffa. Nei
confronti dei residenti, come sempre. Ma ora anche verso le istituzioni. Lo
scorso 11 marzo una squadra di operai privati ha montato sul traliccio ubicato
sul monte San Michele, vicino a via Alma Vivoda, di fronte al numero civico 6B,
quattro nuove antenne ad H ed una a ventaglio. Queste si sono di fatto aggiunte
alle 13 antenne ad H e alle due antenne a ventaglio già installate sul
traliccio. Sullo stesso manufatto si vedono inoltre tre antenne a forma di disco
e su un palo a fianco del traliccio principale altre quattro, sempre a disco. «I
lavori per l’installazione delle nuove antenne sono iniziati verso le nove e
sono stati ultimati verso le diciassette», racconta un testimone, poi sentito
dalla polizia locale, che ha immortalato con la sua macchina fotografica i
lavori. Lavori compiuti su una struttura che il Comune aveva ordinato di
demolire entro il 30 aprile come emerge chiaramente nell'ordinanza firmata il 30
gennaio scorso in quanto “priva della prescritta concessione edilizia”. La
conferma arriva dall'assessore comunale all'Ambiente di Muggia, Fabio Longo:
«L'antenna vicino a via Vivoda ha ricevuto recentemente l'ordinanza del Comune
di Muggia per la demolizione del traliccio abusivo da effettuarsi entro 90
giorni ai sensi di legge. È inaccettabile per il Comune che, invece di demolire
l'infrastruttura, abbiano modificato l'impianto. Il Comune pertanto ha già
provveduto a coinvolgere tutti gli enti e organi competenti». Ma la vicenda non
termina qui. Altre due recenti ordinanze hanno colpito altrettanti tralicci
abusivi con l'obbligo di demolizione dell'opera e del ripristino dello stato
preesistente dei luoghi a cura e spese dei responsabili degli abusi. Intanto
però è emerso che un altro traliccio è stato oggetto recentemente di lavori
nonostante l'espressa presa di posizione da parte del Consiglio di Stato che
riteneva “opportuno lasciare inalterata la situazione dei luoghi”. Si tratta del
traliccio della Dcp contro il quale il Comune di Muggia, dopo aver perso il
ricorso al Tar, ha deciso di appellarsi al Consiglio di Stato con la richiesta
di delocalizzazione dell'impianto. Sarà interessante capire quale sarà la presa
di posizione da parte del Consiglio di Stato davanti a tale operazione che di
fatto ha stralciato quanto richiesto espressamente nei confronti dei gestori del
traliccio. In tutta questa baraonda di notizie negative, ne emerge però anche
una positiva: venerdì scorso nell'abitato di Chiampore è stato demolito il primo
traliccio da parte di Klasse 1 posto nelle vicinanze alla caserma dei
Carabinieri. «Per la prima volta è stata invertita la tendenza che, da 30 anni a
questa parte, vedeva soltanto la realizzazione di nuovi tralicci», ha commentato
l'assessore comunale all'Ambiente Fabio Longo che ha promesso di voler
continuare nella sua attività «al fine di eliminare il problema
dell'inquinamento elettromagnetico da tutto il territorio comunale».
Riccardo Tosques
Incontro sulla tutela dell’ambiente - ALLE 18
Museo di Storia Naturale via Tominz 4 Info:
www.museostorianaturaletrieste.itQuesto pomeriggio alle 18, nella Sala Incontri
del Museo Civico di Storia Naturale (foto), per “La Scienza Racconta”, sarà
ospite il geologo e naturalista Roberto Ferrari che presenterà: “Tecniche a
basso impatto ambientale per una gestione ecocompatibile del territorio”.
Ingresso gratuito sino al limite dei posti disponibili. Su un territorio sempre
più antropizzato e quindi indebolito nelle sue potenziali difese naturali, il
rischio idrogeologico viene normalmente contrastato con metodologie invasive e
cementificatorie che possono causare spesso ulteriori danni. L’antica esperienza
delle popolazioni montane abituate a convivere con i naturali fenomeni erosivi,
ha portato alla possibilità di intervenire sul territorio con metodologie a
basso impatto che utilizzano materiali naturali e vivi. L’Ingegneria
naturalistica è la disciplina tecnico-scientifica che ha ereditato, sviluppato
ed ampliato queste conoscenze.
LAV E MAREVIVO - Petizione per la libertà dei delfini.
Petizione di Lav eMarevivo a favore della libertà per i
delfini: le adesioni saranno raccolte il 29 e 30 marzo e il 5 e 6 aprile.
Proprio il 29 marzo alle 11 in via San Lazzaro - via Ponchielli verranno
illustrati i termini dell’iniziativa. Lav e Marevivo chiedono a governo e
parlamento una nuova legge che vieti l’importazione di delfini e di altri
cetacei a fini di spettacolo.
IL PICCOLO - MARTEDI',
25 marzo 2014
Campo Marzio, il vero ostacolo non è il Prg ma
l’Ortofrutticolo
Dapretto: bando per la valorizzazione anche prima del
passaggio definitivo dal Demanio al Comune previsto con il nuovo Piano.
L’incognita sul sito alternativo per il Mercato fa però
slittare i tempi
«Tratteremo la questione in giunta a breve. Anzi, a
brevissimo». Roberto Cosolini si morde la lingua e cambia discorso, rimandando
la loquacità a quando sarà stato celebrato un primo passaggio
politico-amministrativo ufficiale. Da buon assessore in linea con il capo fa più
o meno lo stesso pure Andrea Dapretto, il delegato a Demanio e Lavori pubblici
che ha il mandato di occuparsi proprio di cotanta «questione», ma che
nell’occasione un minimo la circostanzia: «In una delle prossime giunte porterò
la relazione redatta dagli uffici, con una valutazione e una comparazione di
massima tra punti forti e criticità delle varie opzioni considerate. A quel
punto si potrà procedere con la definizione di un bando». La «questione», per
l’appunto, è l’iter per la pubblicazione del bando per le manifestazioni
d’interesse per la trasformazione e il rilancio in chiave turistica (e pure in
parte residenziale e di pubblico servizio) di Campo Marzio. Una partita su cui
incombe sempre l’incognita del trasloco del Mercato ortofrutticolo e su cui
l’amministrazione Cosolini aveva scommesso a partire dall’autunno del 2012,
quando aveva iniziato a lavorarci su, confidando di poter arrivare a tale
pubblicazione già nel corso della primavera di un anno fa. Ora, pare, ma il
condizionale resta un obbligo, dovremmo esserci. Che lo stallo burocratico possa
essersi smosso lo suggerisce - o meglio lo ricorda dato che, di ciò, la giunta
ne aveva già fatto accenno pubblico una volta, a febbraio, e sempre per voce di
Dapretto - uno dei tantissimi allegati alla delibera d’adozione del Piano
regolatore generale che in questi giorni, dopo il primo passaggio in giunta del
17 marzo, sta passando il setaccio delle commissioni consiliari in vista del
voto del Consiglio comunale previsto entro Pasqua. È l’allegato che fa presente
come sia stata da poco definita una pre-intesa tra Comune e Agenzia del Demanio
per la cessione a titolo gratuito da parte dello Stato, in cambio dell’impegno
del Municipio alla valorizzazione di beni immobiliari altrimenti esposti al
rischio del degrado, di tre siti: la Pineta di Barcola, l’ex caserma Duca delle
Puglie di via Cumano, casa tra l’altro del De Henriquez in corso di
realizzazione, e soprattutto l’ex Direzione Artiglieria. Ricade, quest’ultima,
grosso modo nel perimetro oggi occupato dal Museo del mare di Campo Marzio,
corrispondente a circa il 30% dello stesso comprensorio di Campo Marzio che il
Prg inserisce tra le future «aree» strategiche «della grande trasformazione»
cittadina. Per Barcola la pre-intesa è già definitiva, non per via Cumano e
Campo Marzio, i cui siti demaniali - sui quali l’amministrazione cittadina paga
un affitto rispettivamente di 121mila e 23mila euro all’anno - diventeranno del
Comune quando il Piano regolatore nuovo, oltre a essere adottato, sarà stato
anche approvato e entrerà in vigore: uno scenario in agenda per la primavera del
2015. Il frazionamento delle proprietà tra Municipio e Stato era proprio uno
degli ostacoli che avevano tarpato l’iter del bando nel 2013, e
l’amministrazione Cosolini contava di eliminarlo sempre in sede di intesa col
Demanio. Ciò però non significa che, per un anno, come si temeva di primo
acchito, il bando dovrà restare in un cassetto. Potrà essere pubblicato e
innescare comunque il meccanismo del rilancio del comprensorio, anche
persistendo il regime della doppia proprietà. Un regime già superato, non nella
forma ma nella sostanza, nelle postille della pre-intesa. «Noi faremo comunque
partire il bando, lo prevede nelle more l’accordo che abbiamo portato a casa con
l’Agenzia del Demanio», chiarisce Dapretto. Nulla osta, dunque? Non proprio. Un
ostacolo-moloch resta all’orizzonte. Più che la pubblicazione del bando in sé,
potrebbe rallentare il percorso in una fase successiva, anche a soggetto
“interessato” già individuato, allungando il brodo dei tempi di realizzazione
che, già di loro, brevi non saranno e porteranno ragionevolmente, al netto di
intoppi, a una deadline non antecedente al 2017, 2018. Il moloch è proprio il
Mercato ortofrutticolo comunale. Va spostato. Ma dove? «Sono in piedi più
opzioni», si limitano a dire in stereo Dapretto e Cosolini. La meno coperta dal
segreto di Stato, pardon di Comune, e che forse per questo è destinata a
bruciarsi, è quella che evoca il trasferimento dell’ingrosso sia di frutta e
verdura che del pesce (oggi all’ex gaslini) all’ex Manifattura tabacchi, di
proprietà Fintecna e dal valore immobiliare attorno ai 15 milioni, in base a un
intervento congiunto con l’Ezit e l’incubatore d’imprese Bic, che potrebbe
abbattere i costi d’acquisto.
di Piero Rauber
Ferriera, prima del bando - Guidi deve firmare il
decreto
Dallo staff della presidenza della Regione una spiegazione dello
slittamento «Solo dopo la sigla del ministro, la pubblicazione per la messa in
vendita»
Operazione rallentata dal cambio di governo e dal “sì” in ritardo di Monassi
(Authority)
«Prima della pubblicazione del bando di gara, l’Accordo di programma deve
essere trasformato in un decreto». È la spiegazione del ritardo sempre più
preoccupante che si registra sulle procedure per la messa in vendita della
Ferriera di Servola che trapela dallo staff della presidenza della Regione
Friuli Venezia Giulia. Dal momento in cui ci si è accorti che per incassare i
soldi della risoluzione anticipata del Cip6 e per fare un nuovo contratto per la
cessione di energia con la centrale Elettra non si poteva passare attraverso una
fase d’affitto del ramo di azienda sono trascorsi diversi mesi, ma quasi due ne
sono passati anche da quel 31 gennaio in cui quattro ministri, un
sottosegretario e tutti i rappresentanti delle amministrazioni elettive hanno
sottoscritto l’Accordo di programma per la riconversione dell’area di Servola e
più in generale per la zona industriale di Trieste. Due buchi neri si sono però
aperti quasi subito: la mancata firma sull’Accordo da parte della presidente
dell’Autorità portuale Marina Monassi che è stata posta soltanto quarantatrè
giorni più tardi e il cambio di governo, entrambi eventi che sembrerebbero aver
rallentato la procedura. Se prima al ministero dello Sviluppo economico c’era
Valerio Zanonato, adesso la poltrona è occupata da Federica Guidi. E secondo
quanto risulta alla Regione il decreto che approva il “programma Servola”
sarebbe alla firma del ministro Guidi, così come la modifica della procedura per
poter associare, seppure con tempi diversi, ai tre bandi di gara già emanati dal
commissario straordinario della Lucchini e che riguardano rispettivamente gli
stabilimenti Lucchini di Piombino e Lecco, la Gsi e la Vertek, queste ultime due
società anch’esse del Gruppo Lucchini, il bando appunto per la vendita della
Ferriera di Trieste. Soltanto dopo la firma sul decreto potranno essere
approvati bando e disciplinare di gara che evidentemente recepiranno elementi
contenuti nel decreto e nell’Accordo stesso. Pare di capire dunque che per la
pubblicazione non manchino né due, né tre giorni. Nulla di più dettagliato è
noto nè al senatore triestino del Pd Francesco Russo, nè al deputato del
Movimento 5 stelle Aris Prodani che pure in questi giorni rendendo nota una
risposta del ministero dell’Ambiente a una sua interrogazione ha commentato che
«è un mistero con quali risorse saranno effettuate a Trieste le bonifiche dal
momento che risultano a disposizione poco più di 13 milioni di euro, ben lontani
dai 42 che secondo l’assessore regionale Sara Vito verrebbero incassati solo con
l’accordo di programma su Servola.» E intanto Franco Palman, rappresentante di
fabbrica per la Uilm, ha confermato ieri l’avvenuto arrivo alla banchina di
Servola della nave che trasporta 63mila tonnellate di carbon fossile. «Un
quantitativo - ha specificato il sindacalista - in grado di far funzionare la
cokeria ancora per due mesi e mezzo, ma che potrebbe essere anche l’ultimo
quantitativo di materia prima se nel frattempo non sarà arrivato il nuovo
proprietario.» L’unico esplicito interessamento a favore dell’acqusizione di
Servola è stato dimostrato dal Gruppo Arvedi di Cremona. Rischia ora di
diventare essenziale anche che la proposta d’acquisto si materializzi in prima
battuta.
Silvio Maranzana
Squali e tartarughe spariti in Dalmazia
Sospetti dell’istituto di Oceanografia di Spalato sulle “cannonate
sismiche” dei ricercatori norvegesi a caccia di petrolio
SPALATO Nelle acque croate dell'Adriatico sembra siano spariti gli squali.
L' allarme non e' stato lanciato da pescatori e neanche da diportisti e semplici
cittadini, bensi' arriva da una voce autorevole: il noto ittiologo dell'
istituto di Oceanografia di Spalato, Alen Soldo. L'esperto, assieme ad un gruppo
di colleghi, ha compiuto lo scorso settembre approfondite ricerche sui
pescecani, setacciando vaste porzioni dell' Adriatico centrale. Rispetto ai
precedenti monitoraggi, non è stato visto uno squalo che sia uno e nonostante
siano stati utilizzati anche bocconi molto adescanti. Secondo Soldo, ciò
potrebbe essere addebitato alle contemporanee prospezioni compiute dall'
equipaggio della nave Northern explorer, appartenente all' impresa norvegese
Spectrum ASA, esplorazioni che hanno riguardato il sottosuolo marino alla
ricerca di possibili giacimenti petroliferi ed effettuate tramite le cosiddette
cannonate sismiche. «Non ci sono prove scientifiche che possano confermare la
mia opinione- ha dichiarato Soldo – ma abbiamo in cambio forti indizi. Intanto,
oltre alla sparizione di squali, abbiamo avuto una crescente e preoccupante
mortalità di tartarughe marine della specie caretta caretta. È una semplice
coincidenza oppure i fatti sono collegati tra essi? Voglio rilevare che in
Adriatico ci sono quotidianamente decine di migliaia di squali e non siamo
riusciti ad avvistare nemmeno un esemplare di verdesca, specie molto diffusa
nelle nostre acque». Soldo ha specificato che le cannonate sismiche possono
arrivare a produrre rumori fino a 240 decibel: sono registrazioni sottomarine
tridimensionali, che rimbalzano venendo raccolte da un apposito strumento e
analizzate. Tali “bombe“ mappano le zone dove potrebbero esserci quantitativi di
greggio. «Il fortissimo rumore – ha proseguito Soldo – potrebbe avere influito
negativamente su grandi organismi come lo sono gli squali e le tartarughe». Una
tesi sposata parzialmente da Karin Gobic,, responsabile del Centro di recupero
delle tartarughe marine a Pola. «Abbiamo notato strani ematomi, mai visti prima,
su alcune caretta caretta rivenute morte sulle coste italiane. Naturalmente ci
sarebbe bisogno di studi dettagliati per capire se ci sia un nesso tra morti e
fughe in massa, da una parte, e le ricerche norvegesi dall' altra». Alla
Spectrum ASA hanno respinto le supposizioni, affermando che eventuali danni
fisici agli organismi marini dalle cannonate sismiche potrebbero verificarsi se
gli esemplari si trovassero ad un paio di metri da queste fonti di rumore. In
Adriatico vivono 30 specie di squali, la maggior parte delle quali sono tutelate
in Croazia da leggi molto severe perche' a rischio di estinzione. La piu'
pericolosa è la verdesca che puo' raggiungere i 4 metri e mezzo di lunghezza e
il peso di 150 chili.
Andrea Marsanich
Un anno fa la strage di Caretta caretta su entrambe le
coste dell'Adriatico
Nei mesi di ottobre e novembre del 2013 si è verificata
una vera e propria strage di tartarughe marine (Caretta caretta) nel mar
Adriatico: più di 200 esemplari deceduti. Si tratta di un fenomeno molto
preoccupante, le cui cause sono allo studio di un team di esperti presso
l’Istituto di Veterinaria dell’Università degli Studi di Padova (unità operativa
del progetto Netcet, il network di monitoraggio di cetacei e tartarughe, che
riunisce gli esperti delle regioni del Friuli-Venezia Giulia, del Veneto e
dell’Emilia Romagna e di Slovenia, Croazia, Montenegro e Albania). Tuttavia
alcuni referti del Dipartimento di Biomedicina Comparata e Alimentazione
dell’Università degli Studi di Padova, hanno riscontrato in alcuni esemplari
deceduti la totale assenza di flora batterica intestinale, il che potrebbe
essere legato all’agente antibiotico utilizzato per abbattere le schiume
organiche prodotte nel mar Adriatico dall’attività del rigassificatore di Porto
Viro in provincia di Rovigo.
IL PICCOLO - LUNEDI',
24 marzo 2014
Park Audace, il cantiere slitta al 2015
Iter in ritardo rispetto alle ultime previsioni. Atto
di concessione verso la stesura definitiva, poi le firme e il via al bando
Il sì finalmente pronunciato l’estate scorsa dal Consiglio comunale, dopo
due dinieghi, aveva indotto all’ottimismo Interparking srl, che puntava
«verosimilmente» ad aprire il cantiere nella primavera del 2014. Cioè in questo
periodo. E invece la società che dal 2002 - cioè da 12 anni - sta lavorando al
progetto di Park Audace, dovrà attendere. Sul contenitore sotterraneo previsto
grossomodo tra palazzo Carciotti e il teatro Verdi per 662 stalli su 4 livelli,
Interparking ha scommesso un budget complessivo di una quarantina di milioni.
«Il limite oltre il quale non vogliamo proprio andare è la primavera 2015», dice
Davide Fornasiero, vicedirettore generale acquisizioni di Interparking Italia,
costola della multinazionale belga. Precisando peraltro come con Comune e
Autorità portuale - che si dividono le aree di pertinenza, ed è una doppia
interlocuzione «che non aiuta» sul fronte della rapidità - si sia instaurata
un’«ottima collaborazione», e che Interparking resta fermamente intenzionata a
costruire il parcheggio, «importante per la nostra società ma anche per la
città». Nessun passo indietro, anzi: al ricorso al Tar presentato qualche anno
fa «abbiamo deciso di rinunciare», aggiunge Fornasiero, anche in virtù dei buoni
rapporti con le amministrazioni pubbliche. La macchina dunque va avanti anche se
i tempi - dopo le discussioni infinite in Municipio, una serie di modifiche
importanti al progetto, molti dubbi sull’impatto estetico sulle Rive,
preoccupazioni pesanti per la tenuta statica dei preziosi edifici attigui,
compreso uno studio del geologo Livio Sirovich per Sel che ha definito
«inadeguato» il piano - sono biblici. E l’iter per l’apertura del cantiere -
durata prevista dei lavori, un paio d’anni - non è affatto chiuso. Nessun
intoppo particolare, garantisce Fornasiero, ma «una serie di fattori». «Abbiamo
avuto anche di recente un incontro con gli investitori, speriamo di risolvere
tutto verosimilmente entro l’estate», spiega l’assessore ai lavori pubblici
Andrea Dapretto. L’autorizzazione definitiva dalla Soprintendenza, aggiunge
Fornasiero, è arrivata, «e siamo molto soddisfatti di avere riunito al tavolo
Comune e Autorità portuale riscontrando grande collaborazione: nel giro di 15
giorni presenteremo la bozza definitiva di accordo per la stesura della
concessione, molto poi dipenderà dalla negoziazione» sul testo definitivo.
L’atto concessorio vero e proprio delle aree da parte di Comune e Authority -
durata prevista 50 anni dal rilascio dell’agibilità del parcheggio - dovrà
rispondere tra l’altro a tutte le prescrizioni. Il Consiglio comunale sarà
chiamato tra l’altro a votare in via definitiva lo schema di concessione, mentre
l’amministrazione - aggiunge Dapretto - sta lavorando per nominare la figura di
“alta sorveglianza” prescritta a garanzia dell’amministrazione durante i lavori.
La speranza di Interparking è di riuscire, dopo l’auspicata concessione, a
pubblicare in estate il bando di gara integrato per la progettazione esecutiva e
per i lavori. Da qui, appunto, la nuova deadline della primavera 2015 che
Fornasiero fissa ribadendo come Interparking «creda fortemente nel progetto».
Paola Bolis
«Resta valido l’obiettivo finale di togliere le auto
dalle Rive» - sindaco e assessore
«L’obiettivo finale di liberare il più possibile le Rive da tutte le
automobili parcheggiate in superficie è logico e ampiamente condivisibile.» Lo
sostengono sia il sindaco Roberto Cosolini che l’assessore alla mobilità urbana
Elena Marchigiani. Gli studi preliminari e le procedure
burocratico-amministrative sono però adempimenti estremamente delicati e
complicati tanto che sul Park Audace, il sindaco afferma che «non si può nemmeno
parlare di slittamento, ma sono i tempi che operazioni di questo genere
richiedono.» Sulle Rive i progetti sono molti: vi è il parking sotto il
Magazzino Vini e che potrebbe essere portato a compimento in tempi relativamente
brevi, ma vi è anche il megaparcheggio sotto la Stazione marittima sul quale ha
competenza l’Autorità portuale. «E poi parcheggi sotterranei sono anche previsti
nei piani di urbanizzazione di Campo Marzio», annuncia l’assessore Marchigiani
che aggiunge anche che: «Più parcheggi sotterranei vi sono, meglio è.»
L’operazione più grossa attualmente in fase di realizzazione è quella del Park
San Giusto dove i lavori sono già piuttosto avanzati ma sono anche già stati
ceduti la gran parte dei posti messi in vendita tanto che il progettista ha
fatto richiesta di aggiungere un ulteriore piano con 72 stalli in più. La
consegna, prevista per aprile 2015, nel caso potrebbe slittare di poco. Altri
progetti riguardano ad esempio il raddoppio del parcheggio di Foro Ulpiano con
la creazione di una galleria sotto via Giustiniano. Ma rimane da cambiare anche
la mentalità dei triestini molto restii ad usare i parcheggi pubblici quando ad
esempio si tratta di andare a fare shopping in centro. «In generale l’indice di
riempimento delle strutture è ancora insoddisfacente - commenta Marchigiani -
per questo ci stiano concentrando sull’obiettivo di assegnare una parte degli
stalli a vantaggio dei residenti in zona.»
(s.m.)
Donato Riccesi: «Troppe occasioni perse. Tutti
colpevoli, nessuno escluso. Meno case con il neonato Prg»
«In Porto vecchio solo tanti progetti per tenere tutto fermo»
Fotografo e costruttore: “un solo hobby” e un mestiere: la Riccesi
Costruzioni che dirige con la sorella Lucia. Donato Riccesi, 58 anni laureato in
architettura all’Università di Firenze, è fresco presidente dell’Ance Trieste.
In passato è stato ai vertici dell’associazione regionale dei costruttori e di
quella del Triveneto. Una conoscenza indiscussa dunque delle problematiche che
presenta il comparto edilizio. La sua azienda ha in piedi una trentina di
cantieri tra Friuli Venezia Giulia, Veneto e zone terremotate. A Mirandola,
epicentro dell’ultimo sisma in Emilia, ha aperto un ufficio. La Riccesi
Costruzioni occupa oggi un centinaio di dipendenti e la sua azienda «gode di
buona salute». A Trieste negli ultimi sette anni hanno chiuso 132 aziende
edilizie e 780 addetti hanno perso il lavoro. «Da noi non si registrano dati
significativamente diversi dalle altre parti d’Italia. Il mercato privato della
casa è fermo a causa soprattutto delle politiche fiscali dei governi, quello
pubblico è condizionato dal patto di stabilità». Ora c’è il governo Renzi? «Noi
imprenditori dobbiamo essere ottimisti per forza. Ma ora in Italia ci troviamo a
una svolta. Adesso o mai più». Come? «Renzi al momento rappresenta un forte
punto di discontinuità con il passato. Vorrei sapere quali sono gli imprenditori
che hanno motivi di apprezzamento verso i governi degli ultimi 10 anni quando
non si sono fatte scelte nel senso della responsabilità. E poi Renzi è stato
sindaco, forse questo gli farà capire i danni provocati dal patto di stabilità».
Intanto le banche hanno chiuso i rubinetti. «I problemi con il mondo del credito
si sono modificati notevolmente dal 2008. Prima erano le banche che ti correvano
dietro. Ora i rapporti si sono capovolti. E di questo ne soffrono le famiglie e
le imprese che non ottengono prestiti o mutui. Invece è fondamentale che ci sia
un sostegno alle imprese perchè il lavoro e il successo di un’attività è la
migliore garanzia della restituzione del prestito» Come vi state muovendo per
invertire la rotta? «Abbiamo appena avviato come Ance nazionale, su richiesta
della Banca d’Italia, un’indagine fra le imprese per capire la gravità e le
difficoltà dei rapporti con gli istituti di credito. Ma io ritengo che sarebbe
utilissimo per tutti un’alleanza tra il sistema delle imprese e le banche per
valorizzare gli immobili invenduti». Dopo che Carrefour si è ritirata il
cantiere della Maddalena è ancora fermo... «Non del tutto, sono in costruzione i
53 appartamenti dell’Ater. Certamente il ritiro della Carrefour è stato un fatto
notevole, ma sta subentrando un nuovo operatore della grande distribuzione. Tra
qualche settimana si dovrebbero riaprire i cantieri. Non saranno poi i 300
appartamenti previsti, ma meno». E per l’area dell’ex Fiera di Montebello? «Da
novembre, quando un gruppo formato da quattro imprese tra cui la mia ha
presentato una manifestazione di interesse, nessuna notizia. Silenzio assoluto».
La giunta Cosolini ha presentato il nuovo piano regolatore... «Lo abbiamo
ricevuto alcuni giorni fa. Non mi sento oggi di dare un giudizio complessivo. È
un documento molto complesso che va esaminato attentamente. Per ora sottolineo
solo una cosa. Riguarda un’importante riduzione dell’indice fondiario
conseguente alle ridotte capacità insediative e quindi al consumo del suolo. Una
linea questa che si registra un po’ in tutta Italia. Non sono sorpreso». Ma...
«Su questo argomento non faremo una guerra di religione. Però vorrei sfatare una
convinzione, cioè che i costruttori abbiano un’ansia sfrenata di voler costruire
a ogni costo. Non è così. Chiarito questo, dall’amministrazione comunale di
Trieste attendiamo che nelle altre zone dove si può edificare, e soprattutto
ristrutturare, si colga l’occasione per semplificare le procedure e quindi
rendere più agili e chiare le autorizzazioni d’inizio dei lavori». Ecco la
burocrazia che blocca un po’ tutto. «Alzi la mano chi non ne è mai stato
vittima. Ma devo dire che a livello regionale l’Ance e gli Stati generali delle
costruzioni, 110 mila addetti, stanno proficuamente lavorando con la Direzione
del lavori pubblici e con l’assessore Santoro per semplificare le normative
edilizie e dare certezze operative ai Rup e alle imprese». Si arriverà a un
risultato? «Spero di sì. Faccio notare che un milione di investimento in
edilizia produce un ritorno fiscale di 180 mila euro e 15 posti di lavoro in
più». Problemi con la Soprintendenza regionale? «È un potere autocratico,
problematico per il territorio. Mi chiedo quale sia il motivo per cui un
esercizio pubblico a Trieste o a Udine non possa avere una pedana in legno su
cui esporre i tavolini, mentre a Roma, Firenze o Venezia sì. Trovo molto più
opportuno che le autorizzazione vengano rilasciate attraverso la Conferenza dei
servizi a cui partecipano tutti i soggetti che hanno competenza». Porto vecchio,
un progetto che non decolla? «Porto Vecchio è la maggior risorsa per lo sviluppo
e il futuro per Trieste. Negli ultimi 25 anni ci sono stati 20 progetti o piani
di sviluppo. Mi sembra che questa riprogettazione infinita sia stato un sistema
per tenere tutto fermo. Si sono perse occasioni clamorose. I progetti
Fiat-Generali, Trieste Futura, la candidatura all’Expo: occasioni che non
ritornano. Tutti colpevoli, nessuno escluso». E oggi come si presenta? «Potrebbe
andare bene anche l’ultimo progetto, il frazionamento con attività coordinate.
Ma mancano i soldi. Questo è il problema. Il punto franco è un falso problema.
Si può spostare dove si vuole». E il progetto sul parco del Mare? «Sono
favorevole, potrebbe fungere da volano e momento di attrazione. Lo hanno tutte
le più importati città europee». Come presidente dell’Ance ha una ricetta per
uscire dalla crisi? «Non dipende da Trieste. La soluzione e nelle mani del
governo centrale e i rapporti con l’Europa. E poi ci vuole più coraggio da parte
di tutti».
Ferdinando Viola
Da oltre 60 anni l’impresa opera in vari settori
La Riccesi Costruzioni fondata nel 1950, ha ampliato il
proprio campo d'intervento dall'edilizia abitativa d'iniziativa privata al
settore delle opere pubbliche, per approdare, nel corso degli ultimi vent'anni,
a quello delle infrastrutture civili e industriali, impianti sportivi, recupero
urbanistico. In seguito agli interventi di ricostruzione dopo il terremoto in
Friuli (1976) l'impresa aveva registrato una consistente crescita, con la
conseguente necessità di strutturare maggiormente l'assetto societario, passando
dalla società individuale ad una società di capitali (1978). Negli ultimi anni è
stata operata una sostanziale riorganizzazione del gruppo cha ha interessato una
serie di società satelliti confluite per incorporazione nella Riccesi Spa, con
un effetto complessivo volto alla razionalizzazione e al rafforzamento
patrimoniale e garantire pertanto ancora maggiore competitività e forza di
penetrazione sul mercato ad ogni livello. Dal 1995 la sede dell'impresa è
collocata nella zona industriale in via dei Frigessi 2/1, in un'area del
comprensorio Ezit ubicata in posizione strategica in adiacenza allo svincolo
della Grande Viabilità
Prodani (M5s): solo 13 milioni per le bonifiche
Il ministero dell’Ambiente ha risposto all’interrogazione sul Sito inquinato
di Interesse nazionale presentata dal deputato del M5s Aris Prodani. «Dai
documenti che ci ha inviato il governo è evidente che una minima parte, solo il
6% dei terreni, sono stati restituiti agli usi legittimi - precisa Prodani -
Inoltre le uniche risorse economiche destinate alle bonifiche, o meglio
propedeutiche alle bonifiche, ammontano a poco più di 13 milioni di euro. Una
cifra ben lontana dai 42 milioni di euro sventagliati solo pochi giorni fa
dall’assessore regionale Sara Vito e previsti dall’Accordo di programma su
Servola. Questi 42 milioni di euro servono infatti per una parte degli
interventi di messa in sicurezza dell’area della Ferriera: 26 milioni e 100 mila
euro sono destinati al marginamento (Fondi Par Fsc), risorse già accantonate
dalla giunta Tondo, e gli altri 15 milioni all’impianto di depurazione per il
trattamento delle acque. Con quali risorse avverrà la bonifica dell'area resta
un mistero» conclude Prodani.
AGRICOLTURA - Sel approva l’altolà agli Ogm
«L’approvazione da parte della giunta regionale del Friuli
Venezia Giulia del divieto temporaneo alla coltivazione di mais Ogm è una buona
notizia. Ma soprattutto è un primo importantissimo passo per rendere il Friuli
Venezia Giulia Ogm free. Mi auguro che il Consiglio approvi al più presto questa
moratoria: un dispositivo che è un segnale pilota per le altre regioni italiane,
e che sarà mia cura sottoporre giovedì all’attenzione del ministro Martina in
occasione della sua audizione in Commissione Agricoltura». Lo scrive in una nota
la deputata friulana di Sel Serena Pellegrino.
IL PICCOLO - DOMENICA,
23 marzo 2014
Proibito bruciare ramaglie nei campi o giardini
In base alla nuova normativa si rischiano multe che vanno da trecento a
tremila euro
TRIESTE La chiamano “effetto Terra dei fuochi”. È la normativa nazionale che
prevede una sanzione penale per l'illecito smaltimento di rifiuti. Ineccepibile,
visto quanto occorso tra Napoli e Caserta. Il problema è che la nuova normativa
prevede una rivoluzione del tutto inattesa e sgradita: nel reato penale è stata
inclusa anche la combustione dei residui vegetali derivanti da lavorazione
agricola e forestale, creando una situazione paradossale in tutta la regione,
compresa ovviamente la provincia triestina, in particolare il Carso. «Paglia,
sfalci e potature, nonché altro materiale agricolo o forestale naturale non
pericolosi, se non utilizzati in agricoltura, nella selvicoltura o per la
produzione di energia mediante processi o metodi che non danneggiano l'ambiente
o mettono in pericolo la salute umana devono essere considerati rifiuti e come
tali devono essere trattati». È questo il passaggio chiave della variazione
all'articolo 256 del dlgs 152/2006 relative al delitto di abbruciamento di
rifiuti. In pratica la combustione sul campo dei residui vegetali derivanti da
lavorazione agricola e forestale si configura come illecito smaltimento di
rifiuti, sanzionabile penalmente oltre che amministrativamente. La sanzione
amministrativa prevista dall’art 255 va dai 300 sino ad un massimo di 3000 euro.
L'applicazione in misura, ridotta cioè se l'importo viene pagato entro 30gg e
senza ricorsi, è di 600 euro. Cifre certo non da poco visto che i contadini sono
soliti bruciare il materiale vegetale in eccesso quali paglie, sfalci e
potature. Senza tenere conto poi che sarebbero pronte ripercussioni di tipo
penale. Per cercare di ovviare a quella che si definirebbe come una vera e
propria situazione paradossale è la presentazione alla Camera dei deputati di un
disegno di legge governativo che preveda disposizioni in materia ambientale per
promuovere misure di green economy e per il contenimento dell’uso eccessivo di
risorse naturali, collegato alla legge di stabilità 2014, che a breve sarà
discusso in commissione ambiente. Nel disegno di legge sarebbe infatti previsti
la cancellazione del reato penale della combustione in pieno campo dei residui
vegetali derivanti da lavorazione agricola e forestale. In base alle norme
applicate dall'Ue nel settembre 2013 è stata approvata in commissione ambiente
una risoluzione che impegnava il governo a escludere le piccole attività
agricole delle aree montane o svantaggiate dall’applicazione della normativa sui
rifiuti. In attesa che il disegno di legge passi per le Camere però gli organi
preposti a far rispettare la legge sull'abbruciamento di rifiuti dovrebbero far
rispettare la nuova normativa. E soprattutto adesso con l'arrivo della primavera
è davvero sconsigliato accendere dei fuochi ai rifiuti vegetali provenienti da
aree verdi, quali giardini, parchi e aree cimiteriali, oltre ai residui da
lavorazione agricola e forestale. Almeno fino a quando non verrà fatta chiarezza
da parte del Parlamento.
(ri. to.)
Ciclo-carovana da Opicina - A scuola si va sulle due
ruote
Sbarca a Trieste l’iniziativa che vuole sensibilizzare sull’uso di mezzi
ecologici - Quattro gli istituti scolastici coinvolti. Se va bene, a maggio si
replica
Bike to school Day si svolgerà venerdì 28 marzo. La partenza avverrà alle
7.25 dal parcheggio del quadrivio di Opicina da dove si toccheranno, pedalando,
tre “ciclostazioni” (piazzale monte Re alle 7.35; scuola De Tommasini 7.43; via
di Basovizza/casa Milkovic 7.52). Per maggiori informazioni e contatti: Fiab,
sito Internet www.ulisse-fiab.org (www.facebook.com/UlisseFiab). Oppure vi
potete rivolgere al Comitato genitori di Banne: e-mail genitoribanne@libero.it;di
Francesco Cardella Roma, Bologna, Torino, Milano e Napoli hanno già aderito, ora
tocca a Trieste regalare un nuovo segnale in campo nazionale a colpi di pedale.
A scuola in bicicletta, tutti insieme più o meno appassionatamente nell’ambito
della iniziativa “Bike to school Day”, progetto che approda anche sulle strade
di Opicina nella mattinata di venerdì 28 marzo a cura del Comitato genitori
Scuola Banne e dell’associazione Ulisse Fiab, la sigla di ciclisti urbani.
Formula semplice per una missione oramai consolidata in tutta Italia. L’idea di
“Bike to school” propone di costituire una vera carovana di ciclisti formata da
alunni, genitori e magari anche dagli stessi insegnanti, disegnando dei
tracciati urbani all’insegna soprattutto della praticità ma da coniugare
possibilmente anche all’optional chiamato divertimento. Chi ha paura del
traffico e delle salite del territorio? Lo vogliono insomma dimostrare i
pionieri triestini del “Bike to school”, tappa che sulla carta dovrebbe radunare
più o meno una cinquantina di sostenitori provenienti da quattro istituti
scolastici: il comprensorio di Banne, la De Tommasini, la scuola in lingua
slovena di Opicina e l’International School of Trieste. La mappa della
iniziativa prevede la partenza attorno alle 7.25 del 28 marzo nell’area del
parcheggio del quadrivio di Opicina, da qui la carovana si muoverà in direzione
delle scuole coinvolte, toccando tre stazioni: piazzale Monte Re alle 7.35, la
scuola De Tommasini verso le 7.43 e via di Basovizza/Casa Milkovic, ultimo scalo
che gli organizzatori prevedono di raggiungere con una certa esattezza, cioè
alle 7.52. Non è tutto. La scuola elementare di Banne diventerà poi la sede per
una vera lezione sul tema della “Mobilità nuova”, dove i protagonisti della
avventura a pedali potranno esternare emozioni o dissensi sulla esperienza
mattutina a pedali. «È un’iniziativa che prova a sensibilizzare nuovamente sul
tema dell’agibilità delle strade e sull’uso di un mezzo ecologico e pratico come
la bicicletta – sintetizza Federico Zadnich, rappresentante di Ulisse Fiab –.
Purtroppo assistiamo ancora a problematiche del traffico, ai pericoli dell’alta
velocità e alle molte vittime. Crediamo fortemente che anche dalle nostre parti
ci siano stati pochi interventi e poca tutela, e che l’uso della bicicletta non
sia stato ancora incoraggiato a dovere. Ecco quindi una proposta come “Bike to
school” - ha aggiunto Zadnich – dove, grazie alla collaborazione di alcune
scuole, cercheremo di coinvolgere non solo i ragazzi delle scuole ma anche gli
adulti, creando una vera “massa critica” di ciclisti urbani che credono in una
mobilità meno caotica». L’Italia sembra in forte ritardo sul tema: solo il 7%
dei bimbi italiani pedala in autonomia e sicurezza contro il 40% dei tedeschi e
il 41% degli inglesi. Le strade di Opicina provano quindi a fare da laboratorio,
in quanto – sostengono gli organizzatori dell’evento – la frazione includerebbe
alcune delle condizioni ideali per ridisegnare il transito urbano in modo più
organico, fruendo di traffico limitato, inquinamento contenuto e salite non
insormontabili, se non nulle. A maggio si replica: nella giornata di sabato 10
si torna a pedalare in carovana a Opicina e se le manifestazioni dovessero
funzionare, l’attenzione potrebbe spostare la rotta verso Trieste, dove riaprire
la questione delle corsie ciclabili.
IL PICCOLO - SABATO,
22 marzo 2014
Polveri sottili oltre i limiti ma niente chiusure.
Polveri sottili ancora oltre i valori limite. Il Comune
annuncia che nelle giornate di oggi e di domani è previsto il superamento del
limite di Pm10. In base al Piano di azione contro l’inquinamento atmosferico,
gli eventuali provvedimenti di chiusura del centro cittadino alle auto vengono
presi proprio sulla base delle rilevazioni effettuate dall’Arpa, ma soprattutto
delle previsioni fornite dalla stessa Agenzia per i giorni successivi. In questo
caso però nessuna chiusura del centro all’orizzonte: la situazione in merito
allo smog, precisa il Comune, è «destinata a migliorare nei giorni successivi
gia a partire da lunedì». Via libera alle auto dunque, ma sì a una
«sensibilizzazione nei confronti della cittadinanza». Tradotto: usare l’auto il
meno possibile e tenere basso il riscaldamento.
Le sfide energetiche e i ritardi della politica
Esperti e manager a confronto nel dibattito-anteprima di Trieste Next.
«In Italia serve lungimiranza»
TRIESTE Nuove fonti energetiche, costi e ricavi dell'energia, rapporto tra
mondo scientifico e politico, possibili scenari futuri. Sono stati solo alcuni
dei temi sviscerati nel corso del dibattito: “Energia e Sviluppo: quale futuro
per il Paese?”, andato in scena nella cornice dell'Hotel Savoia come anteprima
della terza edizione di TriesteNext, il salone europeo della ricerca
scientifica, che aprirà i battenti nell'ultimo fine settimana di settembre. Dopo
il saluto di Fabrizio Cicero Santalena, direttore marketing Aspiag e le
introduzioni del sindaco Roberto Cosolini - che ha parlato di «una
manifestazione che valorizza un patrimonio straordinario come quello
dell'innovazione e di cui Trieste deve essere orgogliosa» -, e del rettore
Maurizio Fermeglia - che si è soffermato «sulla crescita di un appuntamento in
continua evoluzione e che mira ad assumere un carattere sempre più
internazionale» -, il via al dibattito vero e proprio, moderato da Luca Pagni,
giornalista di Repubblica. A scaldare i motori ci ha pensato Antonio Favrin,
presidente del gruppo Marzotto: «In Italia sul fronte dell'energia non c'è mai
stata né una politica seria né una precisa programmazione - ha affermato -. Non
abbiamo mai avuto nemmeno nuove tecnologie ma solo una serie di assemblaggi: il
risultato è che tra vent'anni bisognerà iniziare tutto daccapo e come sempre le
industrie, in campo energetico, potranno contare solo sulle proprie forze». Sul
rapporto scienza-politica si è soffermata Fedora Quattrocchi, esperta in
politiche energetiche: «La questione di fondo è essenzialmente di tipo etico -
ha dichiarato -. La realtà geologica del nostro Paese e delle sue materie prime,
nel corso di questi anni è stata travisata. Questo perché la politica nelle
scelte in campo energetico guarda solo al breve periodo, concentrata
sull’acquisizione di voti: ne deriva una visione distorta della realtà che frena
la produzione industriale di energia elettrica». Per Roberto Siagri, presidente
e ad di Eurotech: «I progressi in campo energetico sono appena iniziati:
l'esempio è quello degli Usa che sono riusciti ad abbassare i costi, ma serve
una maggiore cultura energetica anche perché la popolazione mondiale è in
continua crescita ed il fabbisogno energetico aumenterà di pari passo». Gli
scenari futuri sono stati analizzati da Marco Cattaneo, direttore Le Scienze:
«Chi pensa che i prossimi anni saranno caratterizzati dalle energie rinnovabili
è fuori strada. Ci vorranno almeno sessant'anni affinché questo accada, come del
resto si è verificato in passato con carbone e petrolio: le soluzioni invece
vanno trovate nel mix e nell'efficienza energetica e dovranno tener conto delle
componenti tecnologica, economica e ambientale». Infine per Carlo Stagnaro,
Istituto Bruno Leoni: «Le liberalizzazioni hanno creato effetti positivi, come
l'aumento degli investimenti e la riduzione dei costi, ma le nostre bollette
sono aumentate a causa delle tasse e degli oneri».
Pierpaolo Pitich
Giornata dell’acqua, un convegno - OGGI
In occasione della 14.a Giornata mondiale dell’acqua
programmata per oggi, l'Accademia nazionale dei Lincei con l’Università
cittadina organizza un convegno multidisciplinare sul tema dell’acqua. Relatori
esperti di differenti ambiti disciplinari si confronteranno sull’acqua come
elemento essenziale per lo sviluppo ed esistenza della vita. Il convegno, dalle
9 nell’aula magna dell’Ateneo, ospiterà numerosi relatori. Invitati anche
insegnanti e scuole. Nel comitato ordinatore Maurizio Fermeglia, Francesca
Matteucci, Giovanni Miccoli, Michele Morgante, Giuliano F. Panza, Maurizio Prato
e Erio Tosatti.
I viticoltori del costone carsico chiedono tutela -
Giovedì prossimo a Prosecco una assemblea promossa dal consiglio
circoscrizionale
PROSECCO Recupero degli estesi terrazzamenti, oggi per la maggior parte
abbandonati, su quella preziosa parte del costone carsico che da Contovello
arriva sino a Duino Aurisina. Ripristino dei sentieri interpoderali che un tempo
consentivano agli agricoltori di raggiungere le proprie campagne. Valorizzazione
delle produzioni locali, con particolare riguardo per i vini autoctoni: Vitovska,
Malvasia, Terrano e Refosco, Glera. E ancora, in sintonia con quanto previsto
dall'accordo di programma stipulato a suo tempo dai viticoltori e dalle loro
organizzazioni sindacali in occasione del varo della Doc interregionale
“Prosecco”, la realizzazione di una vetrina per i vini locali e per le bollicine
del “Prosekar” realizzato con il metodo antico nella località di Prosecco. Di
tutto questo e di altro ancora si parlerà il prossimo 27 marzo nella sede della
circoscrizione di Altipiano Ovest che, riprendendo un lavoro già iniziato nel
2012, si ripropone quale ente locale impegnato a favorire l'incontro tra
amministratori, tecnici e imprenditori per un rilancio della viticoltura
triestina in una delle sue sedi “eccellenti”: l'area del ciglione carsico. «Il
nostro parlamentino – afferma il presidente di Altipiano Ovest Roberto
Cattaruzza – ha sede proprio a Prosecco, cittadina la cui indicazione geografica
ha consentito la creazione della nuova Doc interregionale che consente la tutela
di un marchio vinicolo che garantisce l'esportazione di milioni di bottiglie
frizzanti in tutto il mondo. Di fronte a questo fatto, che ha risparmiato al
Prosecco la fine del Tocai friulano proteggendone la denominazione, mi pare
opportuno che le ricadute benefiche di tale operazione possano una volta per
tutte “planare” anche nella nostra provincia, a favore dei nostri viticoltori e
agricoltori e, se permettete, delle nostre località». Cattaruzza e il suo
consiglio avevano a suo tempo convocato al loro tavolo enti locali, Regione,
Camera di Commercio, organizzazioni sindacali e produttori per favorire il
dialogo e individuare progetti e strategie comuni per porre alla ribalta
l'agricoltura e le altre potenzialità culturali e turistiche locali. «Siamo in
un periodo ideale per sviluppare questi temi – riprende Cattaruzza – visto che
il nuovo Piano Regolatore Comunale appare in dirittura d'arrivo. Accanto agli
obiettivi agricoli, i nostri borghi di Prosecco, Contovello e Santa Croce hanno
qualcosa di importante da offrire grazie ai loro contenuti storici e
naturalistici». Nell'incontro organizzato dal parlamentino terrà banco il
progetto di recupero e sistemazione della strada agricola che, partendo
dall'area Ex Ersa di Prosecco, porta alle campagne a mezza costa del ciglione.
Un intervento importante, realizzato dal Consorzio di Bonifica isontino, che si
auspica parta al più presto in modo da incentivare il recupero dei pastini
altamente vocati alla viticoltura. Altro argomento caldo, l'esito di quel
progetto della Provincia che prevede il ripristino di un'altra strada
interpoderale tra i vigneti sul versante, altrettanto pregiato, di Contovello.
Maurizio Lozei
IL PICCOLO - VENERDI',
21 marzo 2014
Una schiera di dighe minaccia i Balcani
Dalla Serbia parte la campagna ambientalista contro le 570 centrali che
rischiano di colpire a morte il cuore blu d’Europa
BELGRADO I Balcani sono prossimi a sperimentare un pericolosissimo tsunami,
in arrivo non dal mare, ma dai fiumi che scorrono attraverso la regione. Uno
«tsunami di piccole e grandi dighe», pianificate in gran parte da finanziatori e
imprese straniere interessate a sfruttare la forza delle acque per produrre
energia elettrica “verde” e a basso costo da esportare verso l’Europa
occidentale. Il tutto, spesso con il sostegno dell’Ue, con i soldi della Banca
europea per la ricostruzione e lo sviluppo (Bers). Parola degli esperti e degli
ambientalisti dell’ong tedesca EuroNatur, di quella austriaca RiverWatch e dei
loro colleghi macedoni e croati, riunitisi ieri a Belgrado per lanciare la
campagna di sensibilizzazione “Save the blue heart of Europe” (http://balkanrivers.net),
salvate il cuore blu dell’Europa. Un cuore, allarme ripetuto con forza ieri
nella capitale serba, «che batte nel centro dei Balcani» e che rischia grosso,
ha denunciato il numero uno di EuroNatur, Gabriel Schwaderer. E non è esagerato
parlare di cuore blu, quando si pensa ai 35mila chilometri di fiumi della
penisola balcanica, studiati nel dettaglio da EuroNatur e RiverWatch. Il
risultato delle ricerche, una mappa precisa dei corsi d’acqua dalla Slovenia
all’Albania, dove i fiumi di «classe 1, con status naturale», ossia del tutto
incontaminati e non regolati dall’uomo, sono addirittura il 30% del totale,
quelli di classe 2 e 3, solo leggermente governati, il 50%. Fiumi che però «sono
sotto attacco» assieme alle centinaia di specie protette che vi abitano, dal
salmone del Danubio ai molluschi autoctoni fino alle altre decine di specie
endemiche di pesci, il 70-75% dei quali rischia l’estinzione se le dighe saranno
erette, hanno ammonito gli ecologisti a Belgrado. Sotto attacco per colpa di
«570 centrali idroelettriche» di piccole e medie dimensioni che potrebbero
essere costruite sui corsi d’acqua, dalla Sava al Danubio, dalla Drina all’Ibar
fino alla Vjosa in Albania, nel corso dei prossimi anni. Tutti fiumi
preziosissimi, come la «Sava, aggredita su due fronti», con una sessantina di
nuove dighe progettate sul fiume e affluenti, oltre che dai «piani per
incrementare il trasporto fluviale», ha avvisato ieri l’ecologista croato Tibor
Mikuska. E non si dimentichino «l’Ibar e la Drina», altri gioielli naturali,
oggi nel mirino di decine di piccole mini centrali idroelettriche, specifica al
Piccolo Ulrich Eichelmann, direttore generale di RiverWatch. «Mini centrali che
fanno male ai piccoli fiumi come le grandi fanno male a quelli maggiori, non ci
sono differenze», aggiunge l’esperto. Progetti, aggiunge Eichelmann, dietro cui
ci sono soprattutto, oltre a imprese locali, «un sacco di aziende di Paesi
stranieri», con in testa «finanziatori come la Banca mondiale e la Bers».
Assieme a Deutsche Bank, «gli italiani del gruppo Becchetti per esempio sono
coinvolti» nel programma che riguarda la costruzione di una centrale sul «fiume
Vjosa, in Albania», descritto in precedenza da Eichelmann come uno degli «ultimi
fiumi d’Europa rimasto perfettamente intatto, con canyon, acque che scorrono
rapide, isole fluviali», 270 km «dalle sorgenti al delta». «Aziende e soldi,
tantissimi soldi che arrivano da fuori», spiega l’esperto, che richiamano una
sorta di approccio neocoloniale verso i Balcani. Ma «sono ottimista», conclude
poi. Ottimista perché la crisi, con relativa diminuzione dei fondi disponibili,
e l’aumento della produzione di energia pulita da fonti rinnovabili in altri
parti del continente hanno ridotto sensibilmente i prezzi dell’energia in
Europa, rallentando i nuovi progetti, dighe e mini centrali incluse. E così c’è
ancora un po’ di tempo, per fortuna, per salvare il cuore blu d’Europa.
Stefano Giantin
IL PICCOLO - GIOVEDI',
20 marzo 2014
Abbonamento scontato per 1.300 posti auto
Bertoli Forza italia Quasi 250mila euro in meno al Comune per gli stalli
dati a Saba
Sono interessati i residenti del centro storico: ne stanno discutendo in giunta
nell’ambito del primo dettaglio attuativo del Piano del traffico approvato in
luglio
«Primo e unico nostro intento è quello di favorire i residenti del centro
storico con circa 700 posti auto 24 ore al prezzo agevolato di 62,50 euro al
mese e altri 600 stalli notturni e festivi a una cifra ancora inferiore. Ne
stiano discutendo e le nostre proposte verranno portate in Consiglio comunale.
Tutto il resto è polemica pretestuosa di chi queste cose non le ha mai fatte». A
Elena Marchigiani, assessore comunale a Pianificazione urbana, Mobilità e
traffico, non sono piaciute alcune informazioni «false e prive di fondamento»
riguardo a un passaggio particolare del nuovo Piano del traffico. Il documento
generale ha ottenuto il sì, nel mese di luglio scorso, del Consiglio comunale,
mentre la giunta di recente ha approvato il primo piano di dettaglio attuativo
che dovrebbe essere operativo entro il mese di maggio. Ma sulle indicazioni
della giunta e su altre proposte ancora all’esame degli assessori e del sindaco
è “scoppiata” una polemica innescata da alcune dichiarazioni del capogruppo di
Forza Italia in Consiglio, Everest Bertoli. «Quasi 250 mila euro in meno per le
casse comunali per mantenere le promesse dell’Amministrazione fatte prima
dell’approvazione del Piano del traffico», accusa Bertoli. Che motiva così il
suo attacco: «Il Comune di Trieste ha deciso di privarsi di 102 stalli blu (sui
circa 800 che gestisce) tra via della Pietà (63) e Piazza Ospedale (39) per
mantenere l’equilibrio economico finanziario di gestione di Saba Italia. Questo
per garantire quegli sconti sugli abbonamenti che il Comune aveva promesso per
far digerire ai residenti il nuovo Piano del traffico». «Oltre a eliminare
centinaia di posti liberi - aggiunge il capogruppo di Forza Italia - e aumentare
di oltre un migliaio i posti a pagamento, spesso attorno alle strutture di Saba
Italia, adesso il Comune incasserà 250 mila euro in meno, che magari coprirà con
tasse nuove a danno di tutti i cittadini e l’aumento della Tasi è in agguato,
per garantire le entrate a una società privata». «Non so da dove Bertoli abbia
ricavato quelle cifre - sottolinea Elena Marchigiani -, la cifra eventuale che
il Comune perde e neppure la metà di quella. Ma il problema è un altro: questa
amministrazione sta cercando di ragionare su come agevolare i cittadini
residenti in alcune zone della città e ne stiano parlando con Saba Italia per
contenere il costo degli abbonamenti. È una discussione ancora in atto e che,
una volta definiti tutti i particolari, avrebbe un valore temporale. Diciamo un
anno, trascorso il quale valuteremo con Saba un po’ tutta la questione stalli».
L’assessore si sta occupando da mesi in prima persona del Piano del traffico con
tutte le conseguenze politiche, le polemiche, i rapporti con le circoscrizioni e
la minoranza non sempre idiliaci, ma le cose dette da Bertoli proprio non le
vanno giù. «Il provvedimento per entrare in vigore deve essere approvato dal
Consiglio - osserva la Marchigiani - e il capogruppo di Forza Italia dovrebbe
saperlo. Capisco che loro non si sono mai occupati di questi problemi. La nostra
intenzione invece è di togliere la auto dalla strada e presentare una città più
vivibile».
Ferdinando Viola
Muggia, slitta a maggio la discussione sul piano
regolatore
Nuove richieste di informazioni tecniche da parte della Regione - Più
tutela del territorio e fruibilità della costa per la popolazione
MUGGIA Il piano regolatore generale comunale di Muggia verrà discusso a
maggio. Laura Marzi, vicesindaco della giunta Nesladek, racconta i prossimi
movimenti di uno dei prossimi importantissimi step dell'amministrazione di
centrosinistra. «L’iter che ci porterà all’approvazione della nuova variante al
Prgc sta procedendo a ritmo serrato, anche se con qualche ritardo sulla prevista
tabella di marcia secondo la quale l’adozione sarebbe dovuta avvenire entro il
mese di aprile, ma che a causa di ulteriori pareri richiesti dalla Regione, ci
vedrà discutere il Prgc nel prossimo mese di maggio», racconta Marzi. Un piano
il cui percorso è iniziato nel 2009 con l’approvazione da parte del consiglio
comunale delle direttive, e che ha visto, nella fase partecipativa, una vera e
propria innovazione «che non ha rappresentato uno sterile esercizio di
democrazia in chiave populistica - puntualizza Marzi - ma un grande opportunità
di apprendimento reciproco realizzato attraverso le competenze dei tecnici e
degli amministratori arricchite dalla conoscenza diffusa dei cittadini muggesani
che quotidianamente fruiscono del proprio territorio». Il cospicuo numero di
contributi arrivati in questa fase ha spaziato su tematiche importanti come la
limitazione del consumo del suolo, il recupero e il riutilizzo degli edifici
esistenti, la riconsiderazione dello sviluppo turistico in termini di
sostenibilità e di fruizione pubblica e l’attenzione ad una mobilità sostenibile
con il recupero e la creazione di connessioni e percorsi ciclopedonali urbani ed
extra urbani, oltre che l’importante tema della fruibilità della costa «che deve
essere pensata prioritariamente per la balneazione della popolazione muggesana e
triestina e non deve finire oggetto di speculazioni edilizie e di fruizione in
chiave privatistica». L’accessibilità alla costa, inoltre, secondo le
indicazioni ricevute dai cittadini, deve essere migliorata anche attraverso la
creazione di una rete di percorsi ciclopedonali che colleghino il centro di
Muggia con tutte le zone oggetto di fruizione da parte della popolazione come la
costa, appunto, la zona delle scuole e quella degli impianti sportivi. Altra
richiesta pervenuta in maniera forte da parte di chi ha partecipato agli
incontri pubblici propedeutici alla stesura del nuovo Prgc è stata quella
dell’introduzione di zone a 30 km/ora nella viabilità cittadina come misura
indispensabile alla moderazione del traffico, con lo scopo di conciliare
maggiormente l’uso delle strade da parte di utilizzatori diversi, pedoni o
automobilisti. Tutte queste tematiche non possono non essere considerate come
parte integrante del ragionamento fatto durante la fase partecipativa sullo
sviluppo turistico pensato in chiave ecosostenibile, con un’attenzione
particolare dedicata al recupero delle attività agricole con la possibilità di
promuovere l’apertura di attività come gli agriturismi. «In generale una gran
parte dei suggerimenti arrivati nella fase partecipativa sono stati
assolutamente convergenti con i concetti cari a questa amministrazione,
declinati già nelle direttive per la redazione del nuovo Prgc, appunto, e
ribaditi nel programma elettorale che ha riconfermato il sindaco Nesladek nel
suo secondo mandato», rimarca Marzi. Punti che, almeno sulla carta, rafforzano
la convinzione del centrosinistra di essere sulla strada giusta in quella che
sarà la pianificazione del territorio muggesano per i prossimi 10 anni.
Riccardo Tosques
L’infestante ailanto cresce perfino all’Ispettorato
foreste - la lettera del giorno di Roberto Barocchi Presidente Triestebella
Sul Piccolo è apparso un bell’articolo sulle piante infestanti dannose per
la salute umana e per l’ambiente. L’associazione Triestebella riuscì, grazie
all’impegno del consigliere regionale Alessandro Corazza, a far approvare nel
2010 delle norme per la lotta proprio all’ailanto, al senecio e all’ambrosia:
gli articoli 78 bis, ter e quater della legge forestale regionale. L’anno prima
riuscimmo a far mettere nel bilancio regionale una modesta posta di 20 mila euro
per i primi interventi. Purtroppo sembra che tali norme siano restate
praticamente lettera morta. La Regione finora risulta aver commissionato
all’Università uno studio (ma come fare la lotta a tali piante lo si sa già).
Alcuni anni fa la Forestale fece un esperimento di eliminazione dell’ailanto in
un pascolo a Basovizza. Nel 2009 la nostra associazione, assieme a Italia
Nostra, Legambiente, l’associazione Tra fiori e piante, il comitato Piazza
Libertà, il professor Poldini e il dottor Vremec, mandò alla Provincia e ai
Comuni della provincia un appello sul verde urbano in quattro punti uno dei
quali è la lotta alle specie infestanti. L’unica ad avere risposto all’appello è
l’attuale amministrazione comunale di Trieste, che ha realizzato però gli altri
tre punti: l’istituzione di orti urbani, la redazione di un nuovo regolamento
del verde urbano che deve essere ancora approvato, la promessa di non usare più
le barbare capitozzature sugli alberi stradali. Non risulta invece che si sia
impegnata a fare la lotta alle specie infestanti sui terreni di sua proprietà.
Ma il colmo dei colmi è che nel giardino dell’Ispettorato delle foreste di
Trieste, ufficio che ha il primario compito di applicare la legge forestale, è
nata da alcuni anni una folta vegetazione di ailanti.
GREEN STYLE.it - MERCOLEDI',
19 marzo 2014
RAEE, Legambiente: oltre il 70% è illegale
Oltre il 70% dei rifiuti elettronici prodotti nel nostro Paese sfugge al
sistema legale di smaltimento: i numeri sono quelli del report “I pirati dei
RAEE, dossier realizzato da Legambiente in collaborazione con il Centro
Coordinamento RAEE, che spiega come la quantità di rifiuti elettronici raccolti
nel 2013 segni un meno 5 % rispetto all’anno precedente.
Presentato a Milano, insieme al Rapporto annuale 2013 sul sistema di ritiro
e trattamento dei rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche in
Italia, il dossier di Legambiente si concentra sul mercato parallelo delle
apparecchiature elettroniche come cellulari, piccoli elettrodomestici,
giocattoli, televisori e molto altro, incanalati in un traffico illecito dei
rifiuti, che spesso funziona a livello internazionale ed è fatto di discariche
abusive e terreni contaminati.
In soli 5 anni, tra il 2009 e il 2013, 299 discariche abusive sono state
sequestrate su tutto il nostro territorio: una classifica che vede in testa la
Puglia con il 13,4% dei sequestri, la Campania con il 12,7%, la Calabria e la
Toscana con l’11%. Spiega Legambiente nel report:
Attorno al mercato legale, infatti, prospera un fiorente mercato illecito fatto
di discariche abusive, traffici illeciti anche internazionali, inquinamento,
truffe e criminalità ambientale che sfruttando il lavoro nero e la manodopera a
basso costo, sottrae profitti all’economia legale, inquina i terreni, minaccia
la salute pubblica e alimenta il business delle ecomafie.
Tra il 2002 e il 2013, la magistratura ha avviato 220 inchieste sulle attività
organizzate per il traffico di rifiuti, sono 6 quelle che hanno riguardato
specificatamente il traffico di Raee, il 2,7% del totale.
Malgrado questo, il calo registrato nel 2013 è minore del trend dell’anno
precedente, quando la raccolta legale dei Raee segnava un -12%. Tra le cause del
calo, secondo il rapporto di Legambiente, c’è anche la contrazione delle vendite
di Apparecchiature elettriche ed elettroniche, Aee, e, di conseguenza, la minore
quantità di rifiuti prodotti.
Una parte della riduzione segnata nel 2013 è anche causata dal Raggruppamento
R3, la tipologia di Raee costituita da tv e monitor: il calo è, infine, dovuto
anche alla fine dello smaltimento dei televisori a tubo catodico, provocato dal
passaggio al digitale terrestre, ormai concluso in tutta Italia.
La filiera illegale del traffico dei rifiuti continua però a crescere, come
testimoniato anche dai rapporti sulle Ecomafie di Legambiente. Laura Biffi, che
ha curato il dossier per l’Osservatorio nazionale ambiente e legalità di
Legambiente, ha conluso:
Il racket dei RAEE si combatte favorendo il mercato legale. Ciò significa che,
accanto a un migliore sistema di controlli e sanzioni esteso a tutta la filiera,
dal venditore di elettrodomestici al trasportatore al riciclatore, è necessario
mettere a punto una campagna di informazione efficace rivolta ai cittadini, ma
anche agli addetti alle vendite, nonché alle stesse forze dell’ordine e agli
enti preposti alla vigilanza.
IL PICCOLO - MERCOLEDI',
19 marzo 2014
Rigassificatore, Gas Natural gioca la carta Tar
All’udienza di oggi a Roma chiederà un rinvio per meglio documentare le
proprie istanze
Gas Natural, in realtà senza grandi speranze, tenta l’ultimo assalto per il
rigassificatore di Trieste. Oggi infatti dinanzi al Tar del Lazio, al momento in
cui sarà chiamata la causa intentata dalla società energetica catalana per
invalidare la sospensione per sei mesi, decretata dall’ex ministro dell’Ambiente
Corrado Clini alla compatibilità ambientale rilasciata dal governo nel 2009, i
legali di Gas Natural chiederanno uno slittamento per meglio documentare le
proprie istanze. Forse sarà anche una mossa tattica affinché la pietra tombale
sul rigassificatore di Zaule non venga ancora posta, magari nella speranza che
nell’immediato futuro tutti gli scenari cambino. A quanto risultava ieri sera
l’Avvocatura dello Stato non si opporrà a questa richiesta di rinvio per cui lo
slittamento è molto probabile. La causa dovrebbe essere discussa oggi nel merito
perché sulla sospensiva, chiesta anch’essa dagli spagnoli, il Tar ha già
risposto negativamente il 19 luglio scorso. Allora i giudici motivarono la
propria decisione rilevando che «in caso di mancata adozione di ulteriori
provvedimenti da parte del Ministero dell’Ambiente, il provvedimento impugnato
non potrà che perdere la sua efficacia a far data dal 18 ottobre 2013» (termine
di scadenza dei 180 giorni indicati nel decreto di Clini del 18 aprile 2013). Il
Tar rilevava anche che «la vicenda, di estrema complessità, può trovare adeguata
tutela solo attraverso la celere fissazione del merito». Il 17 ottobre, cioè un
giorno prima della scadenza della sospensione, il ministero dell’Ambiente ha
comunicato di essere sul punto di revocare a Gas Natural il decreto di
compatibilità ambientale, ma ha dato 10 giorni di tempo alla società catalana
per presentare le proprie osservazioni. Il decreto sospensivo prevedeva due vie
d’uscita: la possibilità che l’Autorità portuale ridetermini le proprie
previsioni di sviluppo, il che non è avvenuto, e l’opportunità alla società
proponente di individuare una localizzazione alternativa il che, almeno
ufficialmente, non è mai stato fatto. Ma neppure è mai stato adottato, e ciò
certamente costituisce un piccolo giallo, alcun provvedimento di revoca da parte
del ministero (come ha confermato ieri sera la Regione), provvedimento che a
propria volta potrebbe essere comunque motivo di impugnazione da parte di Gas
Natural. Secondo la Regione che con due deliberazioni giuntali ha dato una
valutazione negativa sulla coesistenza tra rigassificatore e previsioni di
sviluppo del porto, lo stato delle cose è a questo punto. In giudizio contro Gas
Natural si sono costituiti l’Avvocatura dello Stato per il ministero,
l’avvocatura della Regione per l’amministrazione regionale, il Comune di Trieste
e la Siot.
(s.m.)
Prg in commissione: «Tutela su tutto il verde»
Marchigiani con diapositive illustra il documento. Il centrodestra chiede
garanzie
Garanzie di rispetto delle aree verdi urbane ed extraurbane, di tutela degli
attuali equilibri esistenti sul Carso fra le zone costruite e quelle dedicate ad
agricoltura e agriturismo, possibilità di fruizione da parte dei cittadini “del
maggior numero di giardini, parchi e boschi dell’altipiano”. Si è incentrata su
queste richieste ieri l’attività dei consiglieri di opposizione del centrodestra
nell’ambito della prima seduta che la sesta commissione consiliare, presieduta
da Mario Ravalico (Pd), ha dedicato all’esame del Piano regolatore della città.
Dopo la relazione preliminare dell’assessore all’Urbanistica Elena Marchigiani,
che ha corredato il suo intervento con diapositive presentate nell’aula del
Consiglio comunale («Molte delle osservazioni finora presentate - ha
sottolineato - sono già state accolte, alcune in toto, altre in parte»), sono
stati come previsto i rappresentanti dell’opposizione a proporre critiche e a
chiedere chiarimenti. Fra i primi Michele Lobianco, di Impegno civico: «Con
questo Prg - ha chiesto - si garantisce per esempio che non ci saranno
ripetizioni di casi come quello del parco Globojner, recintato e così precluso
all’utilizzo dei cittadini?». Marchigiani ha risposto che «nel documento si
presta particolare attenzione alle aree nelle quali i cittadini ricercano svago
nel tempo libero». Everest Bertoli, capogruppo di Forza Italia, ha sottolineato
l’opportunità di sentire, sul Prg, «gli Ordini degli ingegneri e degli
architetti e il Collegio dei costruttori, che devono partecipare attivamente
alla serie di riflessioni che faremo su un documento fondamentale per il futuro
della città». Claudio Giacomelli, del Gruppo misto, ha chiesto lumi sul futuro
dell’area retrostante la Casa della cultura di Opicina «che, stando al Prg - ha
evidenziato - diventerebbe sede di attività all’aperto, ricreative, di
spettacolo e di sagre». «Le aree già destinate a sagre - ha precisato
Marchigiani - resteranno tali, come quelle verdi». Michele Lobianco ha chiesto
ancora una volta la parola, sul finire della seduta, per formulare alcuni
quesiti di ordine generale: «Vorrei sapere quali sono le zone di espansione
edilizia e di nuova edificabilità, se sarà garantita l’integrità delle
passeggiate sul costone carsico, che a mio avviso dovrebbero essere comprese
all’interno di un solo grande percorso da Basovizza a Sistiana e chiedo infine
che si eviti di trasformare le attività di agriturismo in aree residenziali».
Marchigiani ha ribadito alcuni concetti fondamentali: «Limitata edificabilità,
tutela del suolo, garanzia di espansione turistica».
Ugo Salvini
Inquinamento, riapre il centro - Vigili, 90 controlli
ma niente sanzioni nell’ultimo giorno di chiusura
Da oggi si torna alla normalità,nella speranza che anche i dati di
inquinamento siano rientrati nella norma. Ieri c’è stata la chiusura preventiva
e supplementare del centro al traffico dalle 15 alle 20. Un giorno in più. Gli
automobilisti sembrano aver metabolizzato il provvedimento. I 90 controlli
effettuati ieri pomeriggio dalle 5 pattuglie dei vigili urbani non hanno
prodotto alcuna sanzione. Tutti disciplinati e corretti nel rispettare il blocco
del traffico nel centro cittadino decretato dall’amministrazione comunale.
Quello di ieri è stato il quarto giorno consecutivo di chiusura un periodo così
lungo non si ricorda a Trieste, almeno negli ultimi anni. Due giorni di chiusura
erano stati decisi dal sindaco Roberto Cosolini il 22 e il 23 gennaio del 2012 e
prima ancora a novembre del 2009 (giunta Dipiazza). Con un particolare non di
poco conto: allora si trattava di una chiusura successiva allo sforamento
dell'inquinamento da polveri sottili e biossido d'azoto. Quella di ieri (e dei
giorni scorsi) fa riferimento al Piano di azione comunale adottato nel febbraio
2013 per far fronte «a situazioni acute di inquinamento urbano». Una misura
antismog preventiva. L'ordinanza del sindaco prevede anche, oltre al blocco del
traffico nel centro, l'invito a ridurre il riscaldamento negli edifici da 20 a
18 gradi. Nell'ordinanza sono bene evidenziate anche le deroghe alla
circolazione veicolare. E non sono poche. Possono infatti circolare tutte le
automobili della classe euro 4 e delle classi successive e tutte le moto e i
ciclomotori della classe euro 3 e di quelle successive, ma anche tutte le
macchine che abbiano almeno tre persone a bordo compreso il conducente.
IL PICCOLO - MARTEDI',
18 marzo 2014
Scatta l’iter del Prg fra restauri “green” e
bonus-cubature
Obiettivo l’adozione a Pasqua. Opicina, Gretta, San Giovanni, Campi Elisi
e Valmaura tra le aree prioritarie da recuperare
Da ieri il governo Cosolini è in missione Prg. Ieri è il giorno in cui è
passata in giunta la delibera d’adozione del nuovo Piano regolatore generale,
quello ispirato al principio “green” del risparmio di suolo (per un milione e
mezzo stimato di metri cubi edificabili in meno) nonché foriero dell’annunciata
novità dei bonus-cubature in varie zone residenziali per eventuali ampliamenti.
Bonus compensativi in cambio di ristrutturazioni a elevato risparmio energetico
in altre aree degradate ad alto tasso abitativo, ora individuate - negli
allegati alla delibera sotto il nome di «aree di sostituzione e
ristrutturazione» o anche di «demolizione e ricostruzione» - in particolare in
cinque punti: Opicina (Villa Carsia), Gretta, San Giovanni, Campi Elisi e
Valmaura (attorno all’ex Irfop). Una missione (il Prg appunto) per due
obiettivi. Quello amministrativo è l’adozione del Piano in Consiglio comunale
entro Pasqua per poter poi affrontare le procedure dell’approvazione definitiva
e dell’entrata in vigore del nuovo Prg entro primavera 2015. C’è poi l’obiettivo
politico: il governo Cosolini punta ad arrivare là dove quello Dipiazza non è
riuscito. E, tanto per marcare da subito le differenze, guarda caso il percorso
verso l’adozione del Consiglio comunale che si apre stamani in Sesta commissione
e che dovrebbe durare circa un mese sarà accompagnato dall’imminente
pubblicazione, forse già da oggi, sul sito del Comune, degli elaborati del Prg,
nel nome della trasparenza. «Giusto il tempo per consentire agli uffici la
digitalizzazione dei documenti», precisa l’assessore all’Urbanistica Elena
Marchigiani, che ieri ha portato in giunta la delibera. Né a lei né al sindaco
dispiacerà, evidentemente, che si ricordi come l’iter di adozione ai tempi del
secondo Dipiazza di un Prg mai approvato (e anzi abortito dopo le elezioni del
2011 dallo stesso Cosolini) fosse stato secretato nel corso dei lavori di
commissione. Fin qui il metodo. Il merito, che sarà di dominio pubblico appunto
nelle prossime ore tra commissioni e pubblicazioni on-line, pesca dal mare
magnum delle planimetrie e mette fin d’ora in un piatto forte tutta una serie di
zone della città e sua della prima cintura carsica. Sono quelle, in parte già
note, dove si immaginano gli interventi più significativi. Le «aree di grande
trasformazione» a destinazione plurima - dove va definito il ruolo del privato
tra ipotesi d’alienazione o di project financing - sono Campo Marzio, l’ex
Fiera, l’ex caserma di via Rossetti, quella di Banne e Padriciano, zona ex Campo
profughi: negli ultimi due casi gli insediamenti artigiani hanno la precedenza
mentre non v’è traccia di residenzialità. Tre invece sono gli «ambiti di
riqualificazione urbana». Uno è Porto Vecchio, il più grande punto di domanda di
Trieste; seguono Barcola e via Flavia. Qui non si regolano future
cementificazioni bensì, idealmente, un paio di vie d’accesso alla città. Quella
turistica di Barcola è vista con nuovi pontili e terrazze a mare, quella
veicolare di via Flavia con un sistema di rotatorie e spazi pubblici
riqualificati. Si arriva così alle cinque «aree di sostituzione», a Opicina,
Gretta, San Giovanni, Campi Elisi e Valmaura, dove è contemplato che - per dirla
alla Marchigiani - «la città possa riciclare e migliorare se stessa senza
consumare suolo». Sono zone di antica edilizia pubblica da recuperare con la
postilla di un 10% obbligatorio di nuova edilizia convenzionata. Qui, ma pure
altrove come Rozzol, per dirne una, se il recupero avviene con le più moderne
tecniche e regole del risparmio energetico si maturano, come detto, «crediti» da
poter riscuotere sotto forma di «volumetrie aggiuntive rispetto all’esistente»
in altre località «meno dense», denominate «zone di atterraggio degli indici
volumetrici». Esempio: se un’impresa di costruzioni si prende in carico la
riqualificazione di un’area urbana degradata e la dota di sistemi energetici da
prima classe potrà poi - banalizzando - aumentare determinate cubature
individuate da un’altra parte dal Comune stesso, rivendendo magari tale
“opportunità” a chi ne è il proprietario ed è interessato a farsi una casa più
grande. «Sono meccanismi - così Marchigiani - mutuati da altre realtà italiane e
calate in quella triestina, che puntano anche a dare fiato all’edilizia. Sia
chiaro che le tasse in più, però, si pagheranno solo a volumetria aggiuntiva
realizzata».
Piero Rauber
Il voto del Consiglio tra l’11 e il 18 aprile
Previsti poi 30 giorni per le osservazioni. Marchigiani: «Apriremo uno
sportello per i cittadini»
Da qui a Pasqua senza respiro. Il calendario del Consiglio comunale -
vagliato dalla Conferenza capigruppo convocata ieri dal presidente dell’aula
Iztok Furlanic - è denso come soltanto sotto Prg può essere. In queste due
settimane, da oggi a venerdì 28, è in agenda un filotto di sedute della Sesta
commissione, presieduta dal consigliere Mario Ravalico e competente in materia
di Urbanistica, nelle quali sono previste anche le audizioni, una per una, delle
circoscrizioni. Lunedì 31 la sessione del Consiglio è già occupata da un’altra
audizione: dell’assessore al Lavoro Loredana Panariti. Sarà pertanto la
settimana dal 7 all’11 aprile quella dedicata, per più giorni, all’esame del
Prg: presentazione, primi e secondi interventi, emendamenti e discussione. Tra
il 14 e il 18, quindi entro Pasqua (e senza dimenticare che sempre entro Pasqua
il Consiglio dovrà affrontare i dehors), una seduta intera sarà dedicata
all’adozione del Piano regolatore: dichiarazioni di voto e voto. A quel punto -
dopo la pubblicazione - scatterà la finestra dei 30 giorni «effettivi» per
osservazioni e opposizioni, rispetto alle quali poi il Comune sarà chiamato a
controdedurre, accogliere e quant’altro. «In questo periodo - assicura
Marchigiani - apriremo un apposito sportello per dialogare con i cittadini.
Questo Piano l’abbiamo già costruito secondo il principio della partecipazione
con il territorio, il momento delle osservazioni sarà la cartina di tornasole di
tale impostazione». Dall’adozione le regole urbanistiche vincolanti saranno
quelle più stringenti combinando Prg nuovo e Prg in vigore. Esempio: se in un
determinato posto una nuova casa può essere alta sette metri secondo il Piano
Cosolini e dieci secondo il Piano del ’97 di Illy, o viceversa, non potrà averne
più di sette. Il doppio regime si concluderà quando il Consiglio comunale
approverà il Prg nuovo, mandando in archivio quello del ’97: tra
controdeduzioni, carteggi con la Regione e gli altri enti coinvolti (Autorità
portuale, Ezit e Demanio in primis, a questo proposito esiste un pre-accordo per
il passaggio al Comune della caserma Duca delle Puglie dell’ex Direzione
Artiglieria di Campo Marzio e della Pineta di Barcola) ci vorrà - pronostica
Marchigiani - più o meno un anno.
(pi.ra.)
Circoscrizioni: 5 sì e 2 no - Una mano all’agricoltura
- il provvedimento
«No, non c’è stato alcun assalto alla diligenza, come in altre occasioni».
Il riferimento, alla passata consiliatura evidentemente, è dell’assessore
Marchigiani, che si mostra serena quando le si chiede se dalla caduta delle
salvaguardie - celebrata a novembre in quanto il Prg Cosolini non era stato
adottato dal Consiglio comunale nei due anni di tempo previsti dal varo degli
indirizzi generali - in Comune fossero piovute carte per nuovi permessi di
costruire prima bloccati proprio dalle salvaguardie. E chi va, in effetti, a
inventarsi grandi progetti di questi tempi? Della serie: la crisi, per una
volta, ha allontanato un problema anziché amplificarlo. «Ultimamente - spiega
l’assessore - le richieste sono molto poche, e in larga percentuale si
riferiscono ad ampliamenti previsti secondo il Piano casa, che, è bene sia
chiaro, per sgomberare il campo dai dubbi sollevati in particolare in Quinta
circoscrizione, finché continuerà a esistere non potrà essere bloccato dal nuovo
Prg in quanto, per legge, ne va in deroga. Per il resto non ci risultano
operazioni presentate in questo periodo in palese contrasto con i nostri
indirizzi pianificatori», aggiunge Marchigiani puntualizzando d’avere
un’evidenza precisa dello stato delle cose fino a «un mese fa». L’ultimo
aggiornamento è «in corso» da parte degli uffici, anche per «poter rispondere il
prima possibile alle istanze avanzate in proposito dai consiglieri Lobianco e
Menis». La crisi del mercato edilizio che ha scongiurato la crisi burocratica
dell’«assalto alla diligenza» ha quindi consentito - si può presumere -
all’amministrazione Cosolini di assimilare con una certa qual serenità le varie
osservazioni venute in via preliminare dalle sette circoscrizioni, cinque delle
quali hanno dato parere favorevole mentre due (la Terza di Barcola e la Settima
di Valmaura, una attraversata di recente da una crisi di maggioranza e l’altra
che come è noto è l’unica guidata dal centrodestra) ne hanno espresso uno
contrario, ancorché consultivo. Tra le osservazioni principali venute dai
parlamentini di quartiere e accolte dalla giunta ci sono in particolare quelle
delle due circoscrizioni dell’altopiano. La più importante - al di là della
riduzione delle zone C di espansione urbana a tutela del verde - riguarda
l’abbassamento da 10mila a 8mila e da 5mila a 3mila (30mila e 5mila nel Prg di
Illy vigente) dei metri quadri minimi di terreni, rispettivamente complessivi e
singoli, per i quali un proprietario può richiedere in intervento diretto, senza
più passare quindi per un piano particolareggiato soggetto all’esame del
Consiglio comunale, la destinazione per agricoltura e/o pastorizia, e ciò
proprio per «favorire maggiormente lo sviluppo delle attività agricole».
(pi.ra.)
Centro chiuso anche oggi - Da domani aria più pulita
IL VICESINDACO MARTINI Salute pubblica da salvaguardare, i cittadini
hanno capito
Cinque le pattuglie di vigili impegnate, effettuati 50 controlli ma comminate
solo cinque multe. Nel pomeriggio l’area torna off-limits dalle 15 alle 20
Anche oggi il centro cittadino sarà chiuso al traffico veicolare dalle 15
alle 20, come sta succedendo da sabato. Dovrebbe essere l’ultimo giorno: domani
è previsto che i dati sull’inquinamento tornino nella normalità, stando a quanto
assicurato dall’Arpa al Comune in merito alla concentrazione di polveri sottili.
Si tratta del quarto giorno consecutivo di chiusura un periodo così lungo non si
ricorda a Trieste, almeno negli ultimi anni. Due giorni di chiusura erano stati
decisi, come oggi, dal sindaco Roberto Cosolini il 22 e il 23 gennaio del 2012 e
prima ancora a novembre del 2009 (giunta Dipiazza). Con un particolare non di
poco conto: allora si trattava di una chiusura successiva allo sforamento
dell’inquinamento da polveri sottili e biossido d’azoto. Quella di oggi (e dei
giorni scorsi) fa riferimento al Piano di azione comunale adottato nel febbraio
2013 per far fronte «a situazioni acute di inquinamento urbano». Una misura
antismog preventiva, perciò. L’ordinanza del sindaco prevede anche, oltre al
blocco del traffico nel centro, l’invito a ridurre il riscaldamento negli
edifici da 20 a 18 gradi. Nell’ordinanza sono bene evidenziate anche le deroghe
alla circolazione veicolare. E non sono poche. Possono infatti circolare tutte
le automobili della classe euro 4 e delle classi successive e tutte le moto e i
ciclomotori della classe euro 3 e di quelle successive, ma anche tutte le
macchine che abbiano almeno tre persone a bordo compreso il conducente, oltre
logicamente a tutti i veicoli pubblici, a quelli degli invalidi in possesso del
contrassegno e altri ancora. In pratica una buona parte del parco auto in
possesso dei triestini. Un altro giorno perciò di sofferenza per il traffico
cittadino già messo in croce con i lavori iniziati ieri in via Commerciale.
Alcuni negozi erano chiusi ma a detta di Franco Rigutti, vicepresidente di
Confcommercio non si sono notato nei giorni scorsi cali vistosi di movimento o
di clienti dovuti alla chiusura del centro anche se “qualche disagio per alcuni
negozianti evidentemente ci sarà stato, ma minimo». In servizio ieri, come
sabato, c’erano cinque pattuglie dei vigili che si sono mosse tra un varco e
l’altro per controllare il rispetto dell’ordinanza. Il traffico comunque non è
stato eccessivo e non si sono verificate situazioni particolari che abbiano
chiesto l’intervento della Polizia municipale. «Questo è un segnale - ha
sottolineato il vicesindaco Fabiana Martini - che i cittadini hanno capito che
la chiusura e gli eventuali disagi hanno una giusta motivazione. E che la salute
pubblica è la prima cosa che si deve salvaguardare. D’altronde, e lo ripeto da
giorni, l’obiettivo dei controlli da parte dei vigili urbani ha un carattere
preventivo e non sanzionatorio. Basta analizzare il numero minimo di multe date
in questi giorni». In effetti, le cinque pattuglie in servizio ieri sul fronte
antismog hanno effettuato 50 controlli (erano stati una novantina sabato)
comminando in tutto cinque multe: con le quattro elevate sabato fanno in tutto
nove, poiché domenica i 70 controlli si erano conclusi senza nemmeno una
sanzione. Oggi dunque si ripete con lo stesso orario. Domani le previsioni
(certe) dell’Agenzia regionale per l’ambiente dicono che l’aria tornerà più
respirabile.
Ferdinando Viola
La minaccia di quelle piante invasive
“Sissi” è un sistema di monitoraggio realizzato a Trieste per indicare la
loro presenza sul territorio
L’ailanto, l’ambrosia e il senecio sudafricano sono tre delle più dannose
specie vegetali invasive presenti in Italia. Piante che provengono da altre aree
geografiche e costituiscono un serio problema per la conservazione della
biodiversità. «La loro presenza può ostacolare la sopravvivenza delle piante
indigene, oltre a causare danni economici e costituire, in alcuni casi, una
minaccia per la salute», spiega Pier Luigi Nimis, professore di Botanica
all'Università di Trieste. L’ailanto, per esempio, conosciuto anche come albero
del Paradiso, è originario della Cina ed è considerata la specie invasiva con il
più alto potenziale distruttivo del patrimonio archeologico, «inoltre le sue
radici possono provocare non pochi danni alle infrastrutture, rompendo per
esempio l’asfalto e insinuandosi in pozzi o canalizzazioni». L’ambrosia, invece,
di origine nordamericana, causa forti allergie - «produce infatti quantità
elevatissime di polline, considerato tra i più allergenici» - oltre a infestare
i terreni su cui attecchisce. Il senecio sudafricano è in grado di insediarsi
anche nei pascoli, risultando particolarmente dannosa sia perché tossica per il
bestiame, sia per il fatto che le sue sostanze tossiche sono in grado di passare
al latte e persino al miele. «È indispensabile comprendere e valutare con
attenzione la distribuzione geografica di queste specie invasive, adottando dei
provvedimenti tempestivi mirati a ostacolarne o addirittura impedirne
l’insediamento e la propagazione», aggiunge Nimis, che coordina il progetto
Interreg SiiT (Strumenti interattivi per l’identificazione della biodiversità:
un progetto educativo in un’area transfrontaliera), ideato per permettere a
cittadini scuole di contribuire a mappare il fenomeno. «Abbiamo sviluppato
infatti – aggiunge – un sistema di segnalazione per monitorare la loro presenza
sul territorio: si chiama Sissi (sissi.divulgando.eu). Consente di imparare a
distinguere le piante in questione da altre piuttosto simili con cui è possibile
fare confusione e di segnalare, direttamente sul sito, eventuali avvistamenti,
al fine di realizzare delle mappe di distribuzione, che potranno poi essere
fornite alle autorità comunali o alla forestale, e diventare quindi strumenti
importanti per qualsiasi campagna di eradicamento». «Finora - conclude il
professore - la risposta dei cittadini è stata entusiastica: le segnalazioni
pervenute permettono già di delineare una mappa preliminare della distribuzione
delle tre specie nella provincia di Trieste. Ed è stata anche individuata una
notevole popolazione di Ambrosia, una delle più pericolose piante allergeniche,
a pochi passi da piazza Unità. Con la primavera le segnalazioni riprenderanno,
per cui a fine estate dovrebbe essere disponibile una mole di dati ancor più
consistente».
Simona Regina
LEGAMBIENTE - Emissioni, il Piano del Comune
Il Patto dei Sindaci si propone l’obiettivo di ridurre le
emissioni di Co2 di almeno il 20% tramite la stesura e la messa in atto di un
Paes (Piano d’azione per l’energia sostenibile). Anche il Comune di Trieste ha
appena predisposto il suo Paes: il Circolo Verdeazzurro di Legambiente organizza
domani con inizio alle 18.15 un incontro–dibattito nella sede di Banca Etica in
via Donizetti 5/a, sul tema “Come risparmiare energia e tutelare l’ambiente
nella vita quotidiana: le indicazioni del Paes”.
IL PICCOLO - LUNEDI',
17 marzo 2014
“Green Week”, anche Trieste per lo sviluppo sostenibile
“Green Week - Da Smart Cities a Smart Land”, la settimana “verde” cui
aderisce anche Trieste torna da oggi al 23 marzo. Si tratta della “Green Week
delle Venezie”, un laboratorio per la smart green revolution diffusa all'insegna
di energia, paesaggio, trasporti, economia e sviluppo sostenibile. Per sette
giorni, i maggiori esperti nazionali e internazionali del settore
S’incontreranno infatti in 10 città delle Venezie: Montebelluna, Altavilla
Vicentina, Villa del Conte, Padova, Vicenza, Treviso, Trieste, Trebaseleghe,
Belluno, Trento. Tra gli ospiti attesi per la “Green Week” Louis Zacharilla
cofondatore Intelligent Community Forum, John Mandyck presidente Urban Green
Council, Federico Parolotto senior partner Mic-Mobility in Chain e finalista
Audi Urban Future Award. E ancora, Isabella Chiodi vicepresidente Ibm Europa,
Aldo Bonomi sociologo e direttore Consorzio Aaster, Marco Fratoddi direttore “La
Nuova Ecologia”. Il programma completo dell’edizione 2014 della “Green Week
delle Venezie” è disponibile sul sito Internet www.veneziegreen.it, dove è
possibile visualizzare gli eventi in calendario, scoprire protagonisti e
sezioni, registrarsi agli appuntamenti di proprio interesse.
Centro chiuso, 70 controlli ma niente multe
Traffico scarso, tre le pattuglie di vigili impegnate. Anche oggi area
off-limits dalle 15 alle 20
Settanta controlli effettuati da parte di tre pattuglie mobilitate in punti
prestabiliti subito ai margini del “cuore” cittadino, in via Oriani, via Roma e
largo Riborgo. In cinque ore però nessuna multa elevata. È questo il bilancio
della domenica a traffico veicolare limitato di ieri, quando dalle 15 alle 20 è
tornato lo stop alle auto private previsto dall’ordinanza anti-smog. Ordinanza
che, in vigore da sabato, resta operativa ancora per la giornata di oggi con lo
stesso orario: dalle 15 alle 20, fatte salve le usuali deroghe. Nel pomeriggio
domenicale la circolazione di automobili e motocicli - hanno comunicato dal
Comando della Polizia locale - è stata scarsa e i controlli si sono svolti
regolarmente, senza episodi particolari. Anche ieri, come già aveva spiegato
sabato il vicesindaco Fabiana Martini, il senso dei controlli è stato preventivo
e informativo più che sanzionatorio. È una spiegazione - al di là della
disciplina dei triestini - del fatto che non sia stata elevata alcuna
contravvenzione durante tutto l’arco orario dell’ordinanza anti-inquinamento.
D’altra parte neanche ieri ai varchi di ingresso all’area off-limits non c’erano
segnalazioni né cartelli. Solo, come detto, i presìdi dei vigili nei tre punti
citati. L’ordinanza del sindaco sulla limitazione al traffico prevede lo stop
come detto ancora per questo pomeriggio. Resta il punto interrogativo sui
prossimi giorni. Il Comune attende per stamattina i dati forniti dall’Arpa,
l’Agenzia regionale per l’ambiente, in merito alla concentrazione di polveri
sottili e agli eventuali sforamenti. Importante però sarà l’esame delle
previsioni fornite dall’Arpa: il Piano di azione comunale indica infatti che i
divieti scattino in chiave preventiva quando si profili il superamento dei
limiti di polveri sottili e di biossido di azoto per almeno tre giorni
consecutivi.
GREEN STYLE.it - DOMENICA,
16 marzo 2014
Galletti, approvato il decreto sui rifiuti RAEE
Il Consiglio dei Ministri ha approvato il nuovo decreto sui rifiuti
elettronici RAEE, recependo così la direttiva europea sullo smaltimento di
questi rifiuti.
Lo conferma il Ministro dell’ambiente Gian Luca
Galletti, specificando come si tratti di un passo importante per la
semplificazione degli adempimenti ambientali.
La prima novità riguarda la facilitazione delle procedure per l’utente
finale: quando il decreto entrerà in vigore, per i piccoli strumenti elettronici
– quali uno smartphone – basterà rivolgersi a un grande negozio, che si occuperà
dello smaltimento secondo gli obblighi di legge. Rispetto alle precedenti
normative, non sarà più obbligatorio l’acquisto contestuale di un prodotto
analogo. Si tratta di un progresso non da poco, perché l’assenza di una spesa
obbligata incentiverà di certo i consumatori al corretto recupero di smartphone,
lampadine, tablet, lettori multimediali e altri prodotti di piccole dimensioni,
che spesso rimangono chiusi in cassetti – o, peggio, abbandonati nell’ambiente –
per l’impossibilità di accedere a un sistema efficace di raccolta. Così ha
spiegato il Ministro:
Questo renderà molto più semplice la raccolta e il recupero dei materiali delle
apparecchiature e più agevole per i cittadini un comportamento ambientalmente
corretto e virtuoso.
Il provvedimento recepisce quindi le direttive europee, che sul RAEE unificano
tutte le apparecchiature elettriche ed elettroniche. Entrano nel gruppo anche i
pannelli fotovoltaici, con l’obiettivo di innalzare gli obiettivi di raccolta e
riciclo per ogni cittadino. Dai 4 chilogrammi pro-capite attuali, si passa al
45% e al 65% del peso totale del RAEE raccolto in relazione alle apparecchiature
messe in commercio negli anni precedenti, rispettivamente per le scadenze del
2016 e del 2019.
Quello dei RAEE è un ambito molto delicato e di importanza primaria per
l’ambiente, non solo perché i device elettronici si moltiplicano di giorno in
giorno, ma anche per l’elevato impatto inquinante di circuiti e cavi, spesso
ricchi di metalli pesanti, PVC, mercurio e altro ancora. Materiali in gran parte
riciclabili e indispensabili proprio all’industria dell’elettronica.
IL PICCOLO - DOMENICA,
16 marzo 2014
Smog, il centro chiuso non rovina la passeggiata
IL COMMENTO DEI NEGOZIANTI Rigutti: nessun calo vistoso di clientela ma
serve più informazione
Verifiche “preventive” da parte dei vigili, 92 auto controllate ma solo 4 multe
- Oggi e domani il divieto si ripete: area off-limits al traffico dalle 15 alle
20
La “grande trappola” che l’11 gennaio era stata tesa pressoché dal primo
minuto in largo Riborgo stavolta non c’era. Ieri, nella prima delle tre giornate
della nuova chiusura antismog decretate dal Comune sulla base degli sforamenti
dei limiti delle polveri sottili, chi percorreva in lungo e in largo tutta
l’area compresa tra viale XX settembre e piazza Venezia tra le 15.30 e le 16.30
non incontrava un vigile urbano nemmeno a pagarlo. Il vicesindaco Fabiana
Martini ha negato qualsiasi sottovalutazione del problema sottolineando la
presenza contemporanea in strada di cinque pattuglie della polizia locale,
ribadendo però che «l’obiettivo è preventivo e non sanzionatorio». Il bilancio
del primo pomeriggio di centro chiuso è stato infatti di 92 veicoli controllati
ma solo quattro multe elevate. In effetti in via Oriani, in via del Teatro
romano, in via San Spiridione, i vigili si sono appostati. Si vedeva a occhio
comunque che gli automobilisti in stragrande maggioranza hanno rispettato
l’ordinanza che prevedeva, però con numerose deroghe, il divieto di circolazione
dalle 3 di pomeriggio alle 8 di sera e che tornerà in vigore sia oggi che
domani. Pochi i veicoli in circolazione anche lungo i principali assi proibiti
come via Battisti, corso Italia, via San Spiridione, via Roma. Anche stavolta
nessun cartello, nessuna transenna e nessun posto di blocco dissuasivo, nemmeno
nei punti cruciali di ingresso al centro dall’asse libero di scorrimento delle
Rive, come via Mercato vecchio e via Canal piccolo. In occasione della
precedente chiusura la polizia locale aveva messo in atto una sorta di agguato
ai trasgressori proprio in largo Riborgo così da cogliere sul fatto chi si
azzardava a percorrere il corso Italia. Ieri hanno scelto zone di appostamento
più decentrate, forse anche a seguito delle polemiche esplose dopo quei tre
giorni precedenti di chiusura in cui erano state appioppate complessivamente 59
multe (su 221 controlli) di 163 euro (ridotti a 114 in caso di pagamento entro 5
giorni). I provvedimenti, presi in assenza di apposita segnaletica, erano finiti
in particolare sotto il fuoco delle critiche dei consiglieri di opposizione in
Commissione trasparenza che ne avevano messo in dubbio la legittimità, poi però
poi ribadita dalla stessa Polizia locale. Nonostante la chiusura discreta invece
ieri il movimento di gente a piedi ha affollato la manifestazione “Viale in
fiore” ma non ha rinunciato, magari dopo aver parcheggiato sul waterfront, alla
tradizionale passeggiata, in molti casi con aperitivo, soprattutto nella zona
tra piazza Unità e via delle Torri. Sensazione confermata da Franco Rigutti,
vicepresidente di Confcommercio. «Non abbiamo notato alcun calo vistoso di
movimento o di clienti. Qualche disagio per alcuni negozianti evidentemente ci
sarà stato ma minimo, e potrebbe essere addirittura azzerato se il Comune, ed è
un rilievo che mi permetto di fare, pubblicizzasse più efficacemente le deroghe
al divieto che effettivamente ci sono e sono molte, ma che molti cittadini non
conoscono. E poi sembra un po’ strano che con le chiusure si debba partire
sempre il sabato. Si partisse la domenica, visto che ancora tanti miei colleghi
contro le nostre stesse indicazioni continuano a tener chiuso il lunedì, il
danno sarebbe pressoché nullo».
Silvio Maranzana
L'ordinanza e le deroghe
Il centro sarà chiuso al traffico dalle 15 alle 20 anche
oggi e domani per l’ordinanza che scatta in esecuzione del Piano di azione
comunale in materia di inquinamento atmosferico. Per le ore successive occorrerà
naturalmente attendere i nuovi dati in dall’Arpa in merito alla concentrazione
di polveri sottili. Sono comunque numerose le deroghe previste. Possono infatti
circolare tutte le automobili della classe Euro 4 e delle classi successive e
tutte le moto e i ciclomotori della classe Euro 3 e di quelle successive, ma
anche tutte le macchine che abbiano almeno tre persone a bordo compreso il
conducente, oltre logicamente a tutti i veicoli pubblici, a quelli degli
invalidi in possesso del contrassegno e ad altri ancora. In queste giornate deve
inoltre essere abbassata da 20 a 18 gradi la temperatura interna degli edifici
che abbiano classificazione energetica inferiore alla B e non può essere usata
per il riscaldamento la legna.
Piano energia sostenibile - Laureni incontra gli
ambientalisti
L'assessore all'Ambiente Umberto Laureni ha incontrato le associazioni
ambientaliste alle quali ha illustrato il Piano di azione per l'energia
sostenibile (Paes), adottato recentemente dal Comune. Nel mettere in evidenza
l'estrema importanza dell'iniziativa e gli impegni assunti dal sindaco per
ridurre lo spreco energetico della città e le conseguenti emissioni di Co2,
l'assessore - si legge in una nota del Comune – ha ribadito che l'approvazione
del Paes è il punto di partenza delle diverse azioni migliorative a cui tutti
saranno chiamati a partecipare.
Duino, il Comune boccia il progetto del “nuovo Rilke”
Il sindaco Kukanja: «Singolare il fatto che il principe studi la
ristrutturazione mentre vende il sito alla Regione»
DUINO AURISINA Pollice verso dell'amministrazione Kukanja al progetto del
Rilke bis. Se il sindaco appare scettico, trovando “strana” l'illustrazione del
preliminare nel momento in cui la proprietà si appresta a cedere i terreni alla
Regione, poiché “suona come la presentazione del piano di costruzione di una
casa nel momento in cui se ne aliena il suolo”, l'assessore al Turismo Andrej
Cunja lo stronca pure nei contenuti: «Qual è lo scopo di un'iniziativa che non
possiede una virgola di fattibilità, per non parlare dell'opportunità, se non
quello di alzare un po’ di polvere per oscurare il nocciolo del problema, ovvero
la riapertura del sentiero che evidentemente sta causando serie difficoltà?».
Vladimir Kukanja, invece, preferisce non criticare né commentare lo studio in sè,
commissionato dal principe Carlo della Torre e Tasso all'architetto Danilo
Antoni, ma attende di “vedere cosa riuscirà a fare la proprietà”, chiedendo come
si possa presentare un progetto senza fondi. «Sarà semmai il Comune – osserva -
una volta ceduta l'area alla Regione, a presentare un preliminare sul Rilke e a
partecipare ai bandi europei per ottenere i finanziamenti. Non mi spiego come
una persona che ha intenzione di vendere un qualcosa possa volere poi disporne
anche per il futuro. Spetterebbe al proprietario subentrante o sbaglio? Quanto
all'info-point, ce n'è già uno a Sistiana, mentre per il regolamento di gestione
della riserva va detto che è stato dato mandato di inoltrarlo alla Regione per
l'approvazione». Molto più critico l'assessore al Turismo Cunja: «Non ho
esaminato i dettagli progettuali, ma già le anticipazioni sono sufficientemente
eloquenti per risultare perlomeno scettici sulla proposta progettuale. In primis
la spesa prevista: 1,3 milioni di euro. Chi li caccia fuori? Senza biglietto
d'ingresso, poi, come si recuperano? E per cosa? Un nuovo info-point, quando
all'imbocco del sentiero, lato Sistiana, c'è già lo Iat ristrutturato dalla
Provincia? Altre chicche – sottolinea - emergono sulla parte naturalistica: la
valenza della pineta tra la statale e la falesia sta proprio nel fornire degli
habitat ideali all'avifauna, in quanto non soggetta ad alcun intervento. Siamo
in una riserva, non in un parco urbano: l'estetica è secondaria». Come mai,
chiede poi Cunja, l'architetto Antoni non è mai intervenuto agli incontri che
l'amministrazione col consigliere Rozza aveva promosso sulla stesura partecipata
del regolamento della riserva? «Così – prosegue - avrebbe evitato di incorrere
in altre incongruenze come il divieto espresso di tracciare altri percorsi entro
la riserva. Per lo stesso motivo non avrebbe poi proposto delle piattaforme
galleggianti terrazzate a uso dei nuotatori. La contingentazione temporale degli
accessi – afferma l'assessore - mi sembra poi incompatibile con una libera
fruizione e implica un costo gestionale aggiuntivo. Insomma, tanto materiale per
dei buoni articoli, ma di concreto ben poco. Desidererei inoltre sapere a che
titolo Antoni esprime delle proposte su aree al di fuori dalla competenza del
committente, come per esempio gli specchi acquei e i terreni di proprietà di
Comune, Regione e MarePineta». A onor del vero nell'esposizione dei progetti su
terra Antoni non si è avventurato a tracciare ipotesi né sul versante comunale
né del camping. Nel centrosinistra c'è però anche chi, il progetto del principe,
lo gradisce: il consigliere regionale Igor Gabrovec, per esempio. «Sono
assolutamente favorevole a un uso del sentiero che sia in linea con le normative
dei siti Natura 2000 e Sic».
Tiziana Carpinelli
Il centrodestra approva: progetto coerente
DUINO AURISINA Il Rilke 2.0 incassa il placet del centrodestra. «Gli
indirizzi ricalcano pienamente quanto previsto dal Prgc e dal Piano di
conservazione e sviluppo, ai quali manca solo il seguito del Regolamento di
gestione della riserva e dunque mi paiono ottimi», dice l'ex primo cittadino
Giorgio Ret. «Quand'ero sindaco – continua – si parlava anche della possibilità
di prevedere un chiosco, con la vendita di souvenir o foto del Rilke, per
garantire un ritorno economico al gestore, ma immagino che questi aspetti
dovranno essere valutati una volta chiarita la questione della cessione.
Comunque sì, mi vedo d'accordo con questa progettualità e anche con
l'inserimento dell'info-point: se aspettiamo che entri a regime l'ex Aiat di
Sistiana stiamo freschi. Quella struttura, inutile girarci intorno, non sta
andando né avanti né indietro con l'attività inizialmente prevista. Quanto agli
elementi di valorizzazione naturalistica li trovo coerenti: la riserva deve
essere una perla da tutelare come la Costa dei barbari e il futuro parco del
Timavo. Qui le persone non devono venire a fare festini, per questo ci sono
altri posti». «Qualunque investimento per migliorare il sistema di fruizione
naturalistico-ambientale va sostenuto – osserva anche Massimo Romita del Pdl -,
vedi per esempio il Parco della Grande guerra di Monfalcone, dove grazie al
lavoro prezioso di associazioni di volontariato si riesce a mantenere pulito e
sicuro un parco, un'area sensibile, all'interno di un monte».
(ti.ca.)
Non è il costo dell’energia a frenare l’economia
italiana -
L’INTERVENTO DI ROBERTO DELLA SETA e FRANCESCO FERRANTE
da www.lavoce.info
Tra i temi più diffusi e ricorrenti nel dibattito pubblico italiano figura
senz’altro il prezzo dell’energia: in Italia l’energia – questo l’assunto –
costa moltissimo, comunque molto di più che nei paesi nostri vicini e
concorrenti. Qui, si sostiene, risiede uno dei motivi che penalizzano di più la
capacità competitiva delle nostre imprese e creano più difficoltà alle famiglie,
qui l’effetto perverso del peso esorbitante sulle bollette degli oneri legati
agli incentivi alle energie rinnovabili. Più che di un giudizio argomentato,
tali asserzioni hanno i caratteri di un mantra, di un assioma indiscusso che sui
giornali e nelle dichiarazioni dei politici di ogni colore punteggia come un
corredo inevitabile gran parte delle analisi sulle cause che impediscono
all’economia italiana di imboccare la via della ripresa. Solo che confrontato
con la verità dei numeri, il mantra si rivela per ciò che è: sostanzialmente un
bluff. Per cominciare, è importante distinguere tra energia elettrica (una parte
spesso confusa con il tutto), spese per il gas, consumi per il riscaldamento e
trasporti. E anche limitando lo sguardo all’elettricità vanno considerate
separatamente le diverse categorie di utenti, perché il costo dell’energia
elettrica non è uguale per tutti. I cosiddetti “energivori”, cioè le aziende che
consumano molta energia, beneficiano di sconti rilevanti, per cui pagano
l’energia elettrica quanto i loro omologhi tedeschi, se non meno. Il confronto
con la Germania è il più significativo, essendo il sistema industriale tedesco
molto simile al nostro per l’alta incidenza delle produzioni manifatturiere:
nella fascia di consumo tra 70mila MWh/anno e 150mila MWh/anno il prezzo
dell’elettricità in Italia è inferiore del 15 per cento a quanto si paga in
Germania (0,1234 c/kWh contro 0,1449 c/kWh, secondo i dati Eurostat primo
semestre 2013). Così, da anni sentiamo ripetere da media, politici (anche
autorevoli), sindacalisti che la chiusura dell’Alcoa in Sardegna dipende dal
prezzo troppo alto dell’energia, quando in realtà l’Alcoa sarda pagava l’energia
meno dei suoi concorrenti tedeschi. Anche per le famiglie (per consumi sino a
2500 kwh/anno) l’elettricità costa meno in Italia (0,20 c/kWh in media con
prezzi Ue) che in Germania (0,31 c/kWh, sempre secondo i dati Eurostat primo
semestre 2013). Ma confronti a parte, costa davvero “troppo” l’elettricità in
Italia? Per rispondere correttamente alla domanda si deve tenere conto
dell’incidenza relativa che il costo dell’energia elettrica ha sul fatturato
delle imprese e sulla spesa delle famiglie. Con Legambiente e Kyoto Club siamo
andati a vedere i numeri. Partiamo dalle famiglie: dai dati Istat si rileva che
il costo dell’energia incide per il 5 per cento della spesa media mensile, ma
meno della metà è attribuibile all’energia elettrica. E se dalle bollette
sparissero d’incanto tutti gli oneri riferiti alle fonti rinnovabili, le
famiglie italiane risparmierebbero niente meno che il 3 per mille al mese (7
euro su circa 2.500). Sono ben altri i costi energetici che aggravano i bilanci
familiari, primi fra tutti quelli legati al riscaldamento e ai trasporti: oltre
il 14 per cento della spesa media delle famiglie se ne va per l’automobile e i
carburanti. Marginale è anche il peso del prezzo dell’elettricità sui conti
delle imprese manifatturiere, che pure pagano l’energia elettrica un po’ di più
della media europea. Un recente rapporto di Climate Strategies mostra con
chiarezza che le politiche europee per la decarbonizzazione dell’economia non
sono destinate a influire negativamente sulla competitività del sistema
industriale continentale. Sarebbe dunque quanto mai opportuno smetterla con la
litania sul caro-energia che strangola l’economia italiana, e concentrarsi
piuttosto sui fattori che penalizzano davvero la competitività delle nostre
aziende, dal peso del fisco alla burocrazia, dalla storicamente bassa
propensione dei nostri imprenditori a reinvestire i profitti in azienda ai
troppo scarsi investimenti in ricerca e sviluppo. Detto tutto questo rimane un
timore: che nemmeno la forza dei numeri faccia cambiare idea a quanti – quasi
tutti i politici, Confindustria, sindacalisti, commentatori vari – da anni hanno
scelto più o meno consapevolmente l’attacco alle rinnovabili quale alibi
comodissimo per continuare a non far nulla.
IL PICCOLO - SABATO,
15 marzo 2014
Smog oltre i limiti, centro chiuso dalle 15
Previsti sforamenti delle polveri sottili, niente traffico fino alle 20.
Stessi divieti domani e lunedì
Aria cattiva in arrivo, il Comune con ordinanza del sindaco chiude il
traffico nei pomeriggi di oggi, domani e lunedì - dalle 15 alle 20 - in
applicazione del Piano di azione adottato nel febbraio 2013 per far fronte a
situazioni acute di inquinamento urbano. L’Arpa giovedì scorso ha informato il
Comune che è stato previsto il superamento delle concentrazioni di polveri
sottili (Pm10) per tre giorni consecutivi, ovvero proprio per oggi domani e
lunedì. Il nuovo Piano, che si basa appunto sulle previsioni di smog e non sulla
constatazione a posteriori, prevede l’obbligo per il sindaco di intervenire
altrettanto preventivamente. La chiusura della zona del centro, fatte salve le
consuete deroghe per categorie professionali, non riguarda veicoli a emissione
zero, a metano o Gpl, oppure omologati Euro 4, Euro 5, Euro 6, motoveicoli e
ciclomotori omologati Euro 3. Liberi di circolare anche cittadini che, almeno in
tre, viaggiano a bordo della stessa auto conducente compreso, «in analogia alla
metodica del “car pooling”», quelli con contrassegno “disabili”, servizi
postali, di sicurezza, sanitari, di autoscuole e così via. Analogamente,
l’ordinanza in questi giorni critici impone anche di ridurre il riscaldamento
degli edifici da 20° a 18°. Resta salva la possibilità per il sindaco di
prolungare il provvedimento di chiusura con apposita comunicazione, in caso
l’Arpa dovesse monitorare la previsione di ulteriori giornate con concentrazioni
di Pm10 oltre i limiti. Oppure di biossido di azoto o di ozono. Il perimetro di
chiusura al traffico è il consueto, rimangono percorribili le Rive, viale
Miramare, cioé le vie di accesso. La delibera che istituisce questo Piano di
azione comunale e che utilizza i nuovi sistemi di rilevazione “preventiva” di
cui si è dotata l’Arpa è stata adottata nel febbraio dello scorso anno. La
scelta di chiudere al traffico parte centrale della città solo nei pomeriggi è
determinata dalla constatazione del Comune che in quelle ore si manifesta il
picco di polveri. Una serie di calcoli dunque su cui poggia il tentativo di non
paralizzare la città, e nel contempo di ottemperare alle norme antinquinamento.
L’ultima volta che il provvedimento è stato adottato nessuna “barriera” stradale
è apparsa per delimitare il perimetro delle vie chiuse, relativamente pochi i
controlli, e poche le multe anche se (attenzione) sono salatissime.
Muggia, il traliccio si fa anche se per pochi mesi
Continuano fra le proteste dei residenti i lavori sul sito di Santa
Barbara
Danni a strade e acquedotto per un manufatto già destinato a essere spostato
MUGGIA Danneggiamento della strada e rottura di canali di scolo e tubi
dell'acqua. La denuncia arriva dal comitato antiantenne di Santa Barbara: sotto
la lente d'ingrandimento i lavori legati alla tanto contestata realizzazione del
traliccio da 40 metri posto sul Monte Castellier. Nonostante l'accordo firmato
da parte delle ditte assieme al Comune di Muggia e con il visto di approvazione
della Soprintendenza, che prevedono che il traliccio dovrà essere tolto, entro
18 mesi, per essere spostato in un altro sito, il cantiere non si ferma. Le
ditte incaricate dell'esecuzione dei lavori quotidianamente utilizzano la strada
vicinale che dall'abitato di Santa Barbara porta al Monte Castellier. «Il
passaggio di mezzi pesanti ha allargato a dismisura la sede stradale portando la
larghezza in certi punti a 3,5 metri, l’ha danneggiata notevolmente provocandone
l’abbassamento di parecchi centimetri, inoltre sono state rotte le canalette di
scolo e parte del cemento stradale anche davanti alle case private», racconta il
Comitato. Questa larghezza della strada vicinale, secondo i cittadini, «è da
considerarsi fuori norma visto che sui documenti del comune di Muggia, del 5
gennaio 1996, è prevista una larghezza di due metri, un po' poco per i mezzi
pesanti». Recentemente poi pare sia stato rotto anche un tubo dell'acquedotto
che dal serbatoio del Monte Castelliere porta l'acqua a Muggia. «Chi ha
controllato il peso delle betoniere che portavano su il cemento per la
costruzione del basamento dell'antenna?» si chiede il Comitato. Inoltre il peso
dei grossi mezzi ha per di più provocato lo spostamento di un palo della rete
telefonica. Ma non solo, i membri del Comitato parlano anche di un abuso ai
danni dei privati: «Il personale della ditta per meglio accedere con camion di
grosse dimensioni si è permesso di tagliare la vegetazione, appartenente a
terreni privati, che parzialmente insisteva lungo tutta la strada». Da qui le
considerazioni sulla dubbia provvisorietà di questa antenna visti i metri cubi
di cemento arrivati con parecchie betoniere. Cifre alla mano la base della casa
che supporterà l'antenna ha 1,5 metri di spessore di cemento armato, l'altezza
complessiva della casa è circa 3,5 metri. «Per tutto il paese è un grosso smacco
perché a tutti i proprietari è stato proibito costruire sui propri terreni per
40 anni dal piano regolare, mentre a questi "mostri di cemento armato" è
permesso prevaricare anche la proprietà privata e per loro non c'è vincolo che
tenga e nessuna istituzione che voglia controllarli», tuona il Comitato.
L'ultima frecciata viene scoccata agli indirizzi della polizia locale “solerte
nel verificare che gli abitanti di Santa Barbara non ostacolassero i lavori di
costruzione facendo numerose ronde, ma che poi non si sono più visti quando a
provocare danni alla proprietà privata e pubblica erano le ditte costruttrici
del traliccio per emittenti radio». Le ditte stanno continuando ad erigere il
manufatto che comunque, entro un anno mezzo, dovrà essere tolto come da accordo
con Comune e Soprintendenza. La motivazione sta nel fatto che essendo le due
società proprietarie di un'antenna a Chiampore destinata ad essere dismessa, per
non smettere di mandare in onda le trasmissioni, queste hanno deciso di
proseguire i lavori del traliccio sul Monte Castellier. Una scelta che
ovviamente ha scatenato le perplessità e soprattutto le ire dei residenti.
Riccardo Tosques
IL PICCOLO - VENERDI',
14 marzo 2014
Ferriera, dopo 43 giorni Monassi firma l’Accordo
L’Authority: è stato ribadito che chi inquina paga, da qui la
sottoscrizione
Ma secondo il sindaco e l’assessore Peroni tutto era già chiaro il 30 gennaio
Dopo quarantatrè giorni è arrivata anche la firma di Marina Monassi. La
presidente dell’Autorità portuale, come ha informato ieri una nota della stessa
Authority, «ha firmato in data odierna a Roma l’Accordo di programma per la
disciplina degli interventi relativi alla riqualificazione delle attività
industriali e portuali e del recupero ambientale nell’area di crisi industriale
complessa di Trieste». Già il 30 gennaio l’Accordo, che mette in campo 72
milioni di cui ben 57 pubblici, era stato sottoscritto a Roma da quattro
ministri: Flavio Zanonato (Sviluppo economico), Andrea Orlando (Ambiente),
Enrico Giovannini (Lavoro) e Carlo Triglia (Coesione territoriale) unitamente al
sottosegretario di Infrastrutture e trasporti Rocco Girlanda, assieme alla
presidente della Regione Debora Serracchiani, al sindaco Roberto Cosolini,
all’assessore provinciale Vittorio Zollia in rappresentanza della presidente
Maria Teresa Bassa Poropat e all’amministratore delegato di Invitalia (Agenzia
nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa) Domenico
Arcuri. Monassi non si era presentata, ma aveva inviato a Roma il segretario
generale facente funzioni Walter Sinigaglia che dopo lunghi conciliaboli al
cellulare non aveva firmato il documento. La nota di ieri dell’Authority, parla
di firma «su mandato del Comitato portuale dopo che tutti gli altri
sottoscrittori avevano aderito al documento del capo di gabinetto del ministero
delle Infrastrutture e dei Trasporti Giacomo Aiello» e sottolinea la presenza di
«un addendum che conferma la competenza dell’Autorità portuale di Trieste per la
quantificazione e riscossione dei canoni demaniali e modifica la clausola
dell’Accordo secondo la quale era impossibile risalire ai responsabili
dell’inquinamento. In sostanza - conclude l’Authority - viene ribadito il
principio per cui chi inquina paga». Considerazioni alle quali hanno ribattuto
immediatamente il sindaco Roberto Cosolini e l’assessore regionale Francesco
Peroni. «Il principio per cui chi inquina paga - sottolinea il sindaco - è
stabilito dalle leggi e non è mai stato minimamente messo in discussione
dall’Accordo per cui non esisteva alcuna ragione ostativa a porre la firma già
il 30 gennaio così come ora non è stata fatta alcuna modifica al testo
dell’Accordo. Ciò che l’Authority dice di aver ottenuto - continua Cosolini -
era implicito fin dall’inizio così come era chiaro da subito che deputata alla
riscossione dei canoni sarebbe stata l’Autorità portuale. La soddisfazione per
la firma dell’Authority sarà completa quando sarà stata realmente superata la
crisi industriale di Trieste». E il sindaco ha anche diffuso il testo della
comunicazione che Comune e Provincia hanno inviato al ministero per lo Sviluppo
economico e che afferma: «Con riferimento a quanto richiesto, nel ribadire la
validità e coerenza dell’Accordo di programma per l’area di crisi industriale
complessa di Trieste così come sottoscritto in Roma in data 30 gennaio 2014,
questo Ente concorda sulla considerazione, indicata nella nota del Capo di
Gabinetto Mit del 7 febbraio 2014, secondo la quale “rimane impregiudicata
l’imputazione soggettiva dei singoli atti e attività che nel tempo hanno
concorso alla realizzazione dell’area demaniale in concessione alla società
Servola SpA con riporti e materiali inquinanti”». E l’assessore Peroni ha
rilevato che «la sottoscrizione dell'accordo da parte della presidente Marina
Monassi chiude un percorso di faticosa, e francamente non sempre comprensibile,
dialettica esercitata dall'Autorità portuale di Trieste nei confronti del
Governo nazionale e addirittura del ministero delle Infrastrutture e dei
Trasporti, che dell'Autorità medesima ha la vigilanza. La verità è che nessun
Accordo di programma avrebbe mai potuto mettere in discussione i principi di
diritto che la presidente Monassi rivendica di aver salvaguardato in prima
persona, con postille e addendum apposti di proprio pugno», osserva Peroni.
Secondo l’assessore «in particolare deve essere chiaro che mai l'Accordo di
programma a suo tempo sottoscritto da tutti, ma non dall'Autorità portuale, ha
posto in dubbio il principio per il quale chi inquina ne risponde».
Silvio Maranzana
Centraline e limiti - Botta e risposta tra Ussai e Vito
«L’Arpa si è impegnata a migliorare il Protocollo di
controllo interno per la pubblicazione dei dati ambientali e si è già»
constatato «l’effettivo miglioramento del sistema di comunicazione». Ha risposto
così l’assessore regionale all’Ambiente Sara Vito all’interrogazione del
consigliere M5S Andrea Ussai sulle rilevazioni delle esalazioni emesse dalla
Ferriera. Il grillino ha citato il servizio tv delle Iene da cui, tra l’altro,
emergevano forti dubbi sulla validità dei monitoraggi dell’agenzia. «Il 23
dicembre – così Ussai – una delle tre centraline posizionate vicino alla scuola
di via Svevo ha rilevato Pm10 pari a 15 volte il limite di legge consentito.
Tale dato allarmante sarebbe stato pubblicato sulla pagina ufficiale Arpa per un
giorno e poi sostituito con la dicitura “non disponibile”, prassi che verrebbe
applicata di frequente nei casi in cui i dati siano ritenuti anomali».
Ripercorrendo le vicissitudini dello stabilimento, tra cui l’Accordo di
programma, Vito ha garantito che l’agenzia «si è impegnata per l’efficientamento
della rete nazionale di adeguamento della qualità dell’aria, acquisendo anche
stazioni di misura non di proprietà come via San Lorenzo in Selva».
(g.s.)
Treni ridimensionati, scontro sui numeri
I vertici Fs parlano di «efficientamento del sistema». L’ex dirigente
Bianchi replica: «Tagli pesanti»
TRIESTE Vecchi e nuovi quadri delle Ferrovie la pensano in modo opposto. I
primi parlano di «tagli», i secondi di «efficientamento». La ricostruzione
storica di Luigi Bianchi, ex dirigente commerciale di Fs, viene così respinta
dai vertici attuali: «Non veritiera». Bianchi ha messo in fila l’eliminazione
della direzione compartimentale di Trieste, la chiusura della gestione merci del
Punto Franco Vecchio, la riduzione da 43 a 12 dei binari di Villa Opicina, la
sede a Mestre della direzione Fvg di Trenitalia, il contenimento del personale:
«Siamo scesi a 17 addetti, tutti amministrativi e nessun tecnico». Ferrovie
ribatte che «esistono tuttora con sede a Trieste la Direzione Territoriale
Produzione di Rfi, che conta circa mille dipendenti, e la direzione regionale di
Trenitalia, con 433 dipendenti». Aggiunge che «la riduzione del numero di binari
della stazione di Villa Opicina è funzionale e adeguata al servizio che si
svolge nell’impianto». E conclude di non comprendere «cosa vi sia di censurabile
nell’opera di efficientamento e riduzione dei costi, intrapresa con
determinazione dall’attuale management Fs». «I dati comunicati – controreplica
Bianchi – rappresentano l'intera consistenza del personale operante in tutto il
Friuli Venezia Giulia sia all'esercizio (stazioni, impianti, treni) che negli
uffici. Sarebbe interessante conoscere, in particolare per la Direzione di
Trenitalia, il numero degli impiegati degli uffici e quello dei tecnici
dell'esercizio attualmente in servizio, per poterli comparare con quelli
dell'ultima Direzione affidata a un dirigente residente a Trieste, che era in
grado di organizzare il Rondò, con quelli alle dipendenze del dirigente operante
a Trento, anche per Trieste, e con gli attuali dipendenti dal dirigente che ha
sede a Venezia Mestre, competente pure per Trieste. Lo stato del servizio in
regione è emblematico dei risultati ottenuti con una direzione a distanza».
Bianchi interviene poi su Villa Opicina, «un impianto che non è destinato a
servire solo Trenitalia, ma deve essere messo a disposizione della clientela, di
tutte le imprese di trasporto abilitate, pubbliche e private, nazionali ed
estere». E insiste: «Gli investimenti in infrastrutture ferroviarie dello Stato
hanno l'obiettivo di rendere efficiente tutta la rete, per consentire lo
sviluppo del traffico in funzione della riconversione modale a favore della
rotaia. Chi sperpera i finanziamenti destinati alla manutenzione per eliminare
servizi e impianti e lontanissimo sia dall'efficientamento che dalla riduzione
dei costi». Per ricostruire un servizio regionale a livello europeo, conclude
l’ex dirigente, il Fvg «ha l’esigenza di una vera Direzione di Trenitalia e di
una Direzione di Rfi che archivi il programma di chiusure della “rete snella” e
metta in cantiere le opere atte ad affrontare i colli di bottiglia che
compromettono lo sviluppo del traffico nazionale».
(m.b.)
Rilke, un restauro da un milione di euro ma niente
ticket
Presentato il progetto voluto dal principe di Torre e Tasso - Più tutela
dell’ambiente e sicurezza le parole d’ordine
DUINO AURISINA Via i parapetti, che con il paesaggio carsico non c'azzeccano
e non sono a norma. Addio alle panchine “alpine”, un pugno nell'occhio. E giù
pure le staccionate in legno: non ci sono cavalli da contenere. Ma se fin qui a
parlare è la logica della sottrazione, allora bisogna dire pure che l'era del
Rilke 2.0 arrecherà significative novità: innanzitutto, sul versante duinese, un
ingresso al sentiero che possa considerarsi tale, con tanto di costruzione in
pietra locale e, all'interno, info-point, la possibilità di ricorrere a guide
naturalistiche e a servizi igienici (oggi assenti) per evitare l'impiego dei
bunker come latrine en plein air. Non solo: c'è in programma il recupero della
pineta Rilke, dove restano a languire - purtroppo afflitte da un buon 30% di
piante infestanti – dei meravigliosi pini neri piantati nel lontano 1908,
ornielli e lecci; quindi l'allestimento di sentieri per una fruizione
naturalistica guidata e postazioni schermate per osservare la fauna, soprattutto
volatili, senza arrecarle disturbo; la creazione, a mare, di un percorso
limitato da boe per i nuotatori e l'attività esclusivamente ricreativa, che
vieti i natanti, e l'istituzione di punti d'attracco sui bordi. Infine la
regolamentazione degli accessi, magari un tot ogni quarto d'ora, per evitare
l'assembramento sul sito tutelato, dove per esempio un falco pellegrino dovrebbe
nidificare in tutta tranquillità. Costo dell'operazione? Un milione e 300mila
euro, spalmati su un decennio: la durata dell'intervento proposto dalla
proprietà, cioè dal principe Carlo della Torre e Tasso, e illustrato ieri
attraverso il suo progetto preliminare dall'architetto e urbanista Danilo Antoni.
Un costo pro capite, se ci si riferisce ai 65mila visitatori annui della
riserva, che sarebbe minimo: 2 euro. Ma guai a parlare di istituire un biglietto
per l'ingresso al Rilke: la filosofia di questo preliminare non è quella di
costringere i turisti a sborsare l'obolo per la visita al sentiero, bensì di
ricorrere ai numerosi bandi pubblici che prevedono stanziamenti per la
valorizzazione di aree Sic e Natura 2000. Tant'è che perfino durante il
“cantiere”, se così lo si può definire, la proprietà punta a mantenere
liberamente fruibile il Rilke. I Torre e Tasso, dopo la chiusura nell'aprile
2013 seguita al rientro in possesso del bene, hanno riflettuto molto sul
concetto di “riserva”, come riferito da Antoni e le proposta illustrata, che
s'intende sottoporre anche al parere di Agenda 21, ne è il frutto. «L'anno
scorso ci sono state – così l'architetto – polemiche cultural-gestionali sul
Rilke, ma con l'aiuto di qualche giudice ci siamo chiariti. La responsabilità
della proprietà su questi 30 ettari non è uno scherzo e non mi riferisco solo
alla sicurezza dei cittadini che lo visitano, ma anche al mantenimento e tutela
dell'area». Area che “per la maggior parte è del principe” e tuttavia,
“nonostante la proprietà privata, si può dire che la riserva sia di noi tutti”.
«È giusto – ha sottolineato Antoni – potenziare questo sito, ma dobbiamo stare
attenti che le Falesie restino un monumento alla natura, nel rispetto di quanto
già vigente col Piano regolatore, il Piano di conservazione e sviluppo, Natura
2000, Sic e i vincoli idrogeologici e paesaggistici». In questa concezione il
sentiero deve diventare un collegamento tra alcuni punti di osservazione
naturalistica, opportunamente da allestire per non creare fastidio o danno a
fauna e flora. Per esempio si può pensare alla riconversione dei bunker in
postazioni da adibire con l'aiuto di esperti in ornitologia o al recupero di
grotte e anfratti. Via i parapetti, da sostituire con sottili ringhiere
metalliche in due punti critici, tristemente noti alla cronaca. Quanto alla
parte marina, fermo restando che “è prioritario arrivare all'approvazione di un
regolamento di gestione delle Falesie atteso da 20 anni almeno” la proposta è di
delimitare l'area della riserva con delle boe e, magari, anche con una ringhiera
attrezzata a seduta per la sosta dei nuotatori. Escluse, nella zona, attività
sportive e imbarcazioni. Una vera e propria “fascia di rispetto”.
Tiziana Carpinelli
«Ma qui il turismo di guerra non ha senso» - il
progettista
«Promuovere turismo di guerra in una riserva naturale qual
è quella delle Falesie è un nonsenso». Parola dell'urbanista Danilo Antoni, cui
il principe ha commissionato lo studio sul nuovo Rilke. L'esperto ieri ha
bocciato per diverse ragioni l'ultima iniziativa del Comune, che nell'area di
sua proprietà ha dato mandato alla cooperativa Gemina di ripulire le postazioni
austroungariche, per valorizzarle. «A 300 metri dall'area naturalistica – ha
proseguito Antoni – ci sono resti e reperti della Grande guerra ben più
strutturati e meritevoli di promozione, penso soprattutto al Monte Ermada,
ancora poco studiato e approfondito in diversi aspetti. Per contro, il ruolo
rivestito dalle Falesie in quegli eventi bellici è stato così marginale che
sarebbe davvero un peccato forzare questo tipo di discorso». Secondo Antoni «il
versante di Sistiana della riserva è, dal punto di vista paesaggistico,
distrutto: c'è un depuratore, stanno franando le rocce e ora c'è anche
l'intervento di pulizia delle trincee. Per questo l'unico ingresso possibile è a
Duino».
Tornano i miasmi dalla Siot, centralina ko - Lettera
ufficiale del Comune di scuse ai residenti: «Presto il nuovo sistema antiodori»
SAN DORLIGO DELLA VALLE Il ritorno dei miasmi, una lettera ufficiale di
scuse al Comune, e la scoperta che la centralina che dovrebbe monitorare i
valori dell'aria non funziona più da almeno sei mesi. Nuovo anno, vecchi disagi
per i cittadini di San Dorligo della Valle che risiedono attorno alla Siot. Da
diverse settimane infatti i fenomeni odorigeni provocati dal parco serbatoi
della Società italiana dell'oleodotto transalpino (Siot) sono tornati a recare i
noti disagi olfattivi ai residenti. Tanto che la stabilimento ha inoltrato al
Comune una lettera di scuse: «Ci scusiamo con la popolazione di Mattonaia e
Dolina per il disagio subito questa mattina a causa dell’odore di greggio
proveniente dal parco serbatoi di San Dorligo della Valle. Si è trattato di un
evento eccezionale dovuto a un insieme di fattori quali i lavori di
manutenzione, l’operatività programmata e le sfavorevoli condizioni meteo.
Nell’assicurarvi che è nostra priorità installare il nuovo sistema di
abbattimento degli odori entro il primo quadrimestre di quest’anno, avendo già
avviato i relativi lavori, e nell’impegnarci affinché non si verifichino più
tali episodi, vi ringraziamo per la comprensione». In attesa del nuovo sistema
di abbattimento degli odori è emersa un'altra inquietante notizia: la centralina
parametrica collocata a Mattonaia non funziona. Da circa un anno non vengono più
eseguite la manutenzione e la taratura dei sensori della centralina, la cui
cadenza, per garantire l’affidabilità dei dati rilevati, dovrebbe essere invece
semestrale. «Sin dalla posa in opera della centralina sono state rilevate
difficoltà nella sua gestione a causa di ripetuti, e, sembra, mai risolti in via
definitiva, problemi di connessione con il terminale del Comune provocando
quindi una trasmissione saltuaria dei dati», racconta il consigliere comunale
del Pdl-Udc Roberto Drozina tramite una interrogazione al sindaco di San Dorligo
Fulvia Premolin. Più volte era poi stata segnalata la mancanza di personale
adeguatamente formato per garantire la gestione della centralina e la corretta
lettura dei dati da essa forniti. Segnalazione che però non è stata oggetto di
alcuna concreta azione risolutiva: la più volte invocata convenzione con l’Arpa,
per la cui attivazione sembrava esserci un originario interesse da parte del
sindaco Premolin e dell’assessore all’Ambiente Elisabetta Sormani, si è arenata
in un nulla di fatto.
Riccardo Tosques
IL PICCOLO - GIOVEDI',
13 marzo 2014
Polizia ambientale, polemica su Rozza
La Polizia ambientale della Provincia sta per cambiare
coordinatore ed ecco crearsi subito un “caso politico”. La coordinatrice uscente
è Marina Scieghi ha chiesto il cambio di mansioni per motivi personali. Non vi
sono particolari retroscena: dal settore ambiente pare sia destinata ad andare
ad occuparsi della gestione di pratiche relative alle riscossioni di sanzioni
nel settore ambientale. Ora però palazzo Galatti dovrà scegliere un nuovo
coordinatore, che si occupi di organizzare i controlli e apportare le opportune
verifiche sul territorio inerenti principalmente la fauna selvatica, l'attività
venatoria ed il bracconaggio, mansioni che rientrano nei compiti della Polizia
ambientale che effettua anche il soccorso della fauna selvatica in difficoltà,
il recupero delle carcasse e provvede all'attività di contenimento numerico dei
cinghiali. In pole position per il nuovo ruolo di coordinatore c'è Maurizio
Rozza, maresciallo classe 1964, che detiene il periodo di servizio più lungo nel
settore pari a 21 anni. Il nomedi Rozza però ha fatto storcere il naso al Nuovo
Centrodestra triestino, per una questione tutta politica: Rozza, dopo aver fatto
parte in passato del coordinamento regionale dei Verdi e oggi consigliere
comunale a Duino Aurisina in quota Sinistra ecologia e libertà. In una
interrogazione il capogruppo provinciale del Pdl-Ncd Claudio Grizon auspica che
“per ricoprire l’incarico di coordinatore, oltre alla professionalità, siano
necessarie diverse caratteristiche come la responsabilità, l’equilibrio, la
prudenza e un’autorevolezza riconosciuta anche dagli enti e dalle associazioni
operanti nei settori di competenza della Pa”. Rozza replica serenamente: “Fermo
restando che ho sempre espresso la massima laicità nel comportamento sul lavoro,
la scelta del nuovo coordinatore non spetta certo a me”. Rozza ha poi
evidenziato come “la politica non interferisce con il suo operato” e che “alle
battaglie di ruoli di potere” è maggiormente interessato “a garantire il massimo
servizio ai cittadini”.
(ri. to.)
IL PICCOLO - MERCOLEDI',
12 marzo 2014
Una legge “naturista” per rilanciare la Costa dei
Barbari
Il Comune di Duino Aurisina sta studiando una proposta da presentare per
l’approvazione al consiglio regionale
DUINO AURISINA Nudi in spiaggia? Yes, we can. È un sì convinto, quello
dell'amministrazione Kukanja, al punto da voler presentare alla Regione una
proposta di legge che garantisca l'attività naturista, colmando così un vuoto
legislativo che renderebbe “proibita”, almeno ai sensi delle norme vigenti, la
tintarella senza veli, invece praticata come consuetudine ormai consolidata nei
decenni sul litorale della Costa dei Barbari. Insomma, Duino Aurisina vuole
abbattere il muro del pudore e spingere la giunta Serracchiani ad approvare in
Consiglio regionale la prima legge pro-naturismo. Lo annuncia l'assessore
comunale al Turismo Andrej Cunja: «L'amministrazione si è dichiarata pienamente
disponibile a promuovere un'azione congiunta di sensibilizzazione verso il
Consiglio regionale, affinché anche da noi venga varata un'opportuna legge che
garantisca l'attività naturista. Il che non vuol dire affatto considerare solo
la balneazione nudista, bensì introdurre un approccio specifico di tutela verso
l'ambiente, meritevole di essere valorizzato anche ai fini della promozione
turistica. Al momento – chiarisce - si sta raccogliendo il materiale normativo
disponibile per predisporre una proposta da inoltrare in Regione». Nel
dettaglio, l'amministrazione, che recentemente ha avuto un incontro con Andrea
Turco, presidente dell'associazione naturista Liburnia (da quasi mezzo secolo il
punto di riferimento locale per questa filosofia di vita), ha in mente di
dedicare uno spazio apposito - una volta riqualificata la Costa dei Barbari - a
chi pratica la balneazione in costume adamitico. «Se la breve parte nord
dell'area, raggiungibile sia da Portopiccolo che dalla Costiera, sarà
inevitabilmente destinata alla balneazione “tessile” – spiega Cunja - per tutto
il tratto sud s'intende invece mantenere le peculiarità attuali, ovvero una
fruizione totale libera, quindi naturista o tradizionale». In alternativa si
potrebbe anche “instaurare un'ulteriore suddivisione in zone libere e altre
esclusivamente nudiste, da discutere e decidere”. Il Comune ritiene Liburnia un
“partner fondamentale per raggiungere questo obbiettivo” e per garantire la
naturalità del luogo. «Solo che qui si inserisce un problema non da poco, ovvero
la lacuna legislativa sul naturismo: in Italia non pare esistere una legge
nazionale che regoli tale attività e solo alcune regioni come l'Abruzzo, la
Toscana e l'Emilia Romagna hanno emanato delle norme al riguardo». E mica solo
per diffondere una filosofia, si capisce, ma per godere delle entrate del
settore. Da un punto di vista economico, infatti, il turismo naturista è una
voce importante, con un fatturato in Europa stimato in circa 700 milioni di euro
con circa 600 strutture. Di qui la volontà ad arrivare, anche per il Fvg, a un
progetto di legge e captare così quel turismo che d'estate si sposta verso la
Croazia, dove i nudisti trovano spiagge garantite. Con Turco dunque l'assessore
ha discusso della spiaggia Liburnia a nord dei Filtri e della Costa dei Barbari,
due siti storicamente dedicati alla balneazione naturista ed entrambi ricadenti
nel Comune. «Sono stati passati in rassegna i dettagli del progetto di recupero
- sostiene Cunja -, sgombrando definitivamente il campo da illazioni su una
pesante cementificazione del sito. L'intervento sulla Costa dei Barbari
consisterà nel solo recupero a fini ciclopedonali della vecchia strada
camionabile parzialmente crollata che collegava per una lunghezza di 200 metri
scarsi l'ex cava Africa, dove si sta completando Portopiccolo, al pontile in
località Kut, a monte del quale verrà montata su un manufatto preesistente
un'aerea scala metallica di collegamento con il sovrastante Belvedere della
Costiera, la quale per così dire sorvolerà gli habitat di Natura 2000 sul
costone senza interferivi». Un'infrastruttura ridotta quindi ai minimi termini
che interesserà solo la parte nord della Costa (Botanjek). Il tratto sud (Šestrence),
che si estende fino all'ex Hotel Europa, non verrà toccato, ma dedicato anche ai
nudisti.
Tiziana Carpinelli
E intanto via quelle "favelas" dalla spiaggia -
AMBIENTE
Non di solo naturismo si è parlato con l'associazione
Liburnia. L'amministrazione Kukanja ha infatti intavolato anche la questione
della pulizia delle spiagge, alla luce del recente pressing dell'assessore al
Turismo Andrej Cunja sulla necessità di rimuovere le soprannominate “favelas”
dalla Costa dei Barbari, in modo da rendere fruibile a tutti il litorale. E un
primo riscontro positivo si è registrato. «C'è una comunanza di vedute – ha
sottolineato infatti Cunja - sulla necessità di ridare al luogo un aspetto il
più possibile naturale, quindi liberandolo dai rifiuti, sia che si trovino
sparsi nella vegetazione sia che risultino assemblati a formare improbabili e
deturpanti costruzioni». Già nelle scorse settimane, infatti, Cunja aveva
puntato il dito contro alcuni manufatti ritenuti deturpanti della bellezza del
paesaggio. In primavera, come del resto promosso anche sui social media, ci sarà
una giornata di pulizia della spiaggia, che vedrà impegnati diversi cittadini
nella raccolta dell'immondizia abbandonata dai soliti incivili o depositata sul
litorale dalle mareggiate.
Orti urbani Marchigiani e Dapretto fanno il punto -
VENERDÌ
Venerdì alle 17.30 alla Casa della Giovane di via Inchiostri 4 (parrocchia
della Beata Vergine Addolorata) verrà presentato il nuovo percorso “Orti urbani
2014”: interverranno l’assessore ai lavori pubblici Andrea Dapretto e quello
all’Urbanistica Elena Marchigiani per fare il punto sugli orti urbani. Tiziana
Cimolino, coordinatrice del gruppo Urbi et Horti, illustrerà i moduli di
formazione e le modalità di partecipazione al corso e all’attività negli orti.
Il corso si prefigge di fornire strumenti e metodi utili per promuovere,
progettare e realizzare esperienze di agricoltura sociale a livello
territoriale. Sono previste attività teoriche abbinate a momenti di confronto
con esperienze già maturate, in modo da integrare acquisizione di conoscenze e
capacità di fare. Il programma si articola in sette moduli formativi di due ore
ciascuno, con cadenza settimanale, per un periodo di circa tre mesi. La docenza
è affidata a esperti che hanno sviluppato conoscenze nell’ambito
dell’agricoltura biologica e/o nelle politiche tutela ambientale. Il corso è
rivolto a tutti coloro che vogliono imparare a diventare orticoltori anche sul
proprio balcone o interessati a confrontarsi con il tema dei beni comuni.
Corridoi ecologici a Trieste - conferenza
Museo di Storia Naturale Via dei Tominz Oggi alle 18Oggi alle 18, al Civico
Museo di Storia Naturale di via dei Tominz, si terrà un incontro su “Natura
urbana e corridoi ecologici a Trieste: un innovativo progetto verde per l'ex opp
di San Giovanni” con Giorgia Secondo e Tommaso Premrù, neo architetti
dell’Università degli Studi di Trieste, con la partecipazione dell’assessore
all’Urbanistica del Comune di Trieste, Elena Marchigiani. Un pomeriggio dedicato
alla pianificazione dei corridoi verdi in ambiente urbano e alla sostenibilità
delle città. Giorgia Secondo e Tommaso Premrù presenteranno la loro innovativa
tesi di laurea che ben si sposa con i principi del nuovo piano regolatore di
Trieste. La continua espansione della città e la costruzione disordinata di
alcune infrastrutture stanno via via lacerando il sistema naturale alle spalle
della città, ostacolando il corretto funzionamento di quei corridoi ecologici
che dal Carso si insinuano nel tessuto urbano spingendosi verso il mare.
IL PICCOLO - MARTEDI',
11 marzo 2014
Val Rosandra, “cancellate” le foto del perito
La documentazione del professionista incaricato dal pm
non è utilizzabile: aveva già esternato sui giornali
Le foto della Val Rosandra, prima e dopo l’intervento della protezione
civile rimangono nei dischetti. Black out. Non si proiettano in aula perché
fanno parte della perizia del dottor Dario Gasparo che consulente del pm Antonio
Miggiani rientra nel provvedimento del giudice Marco Casavecchia. Il quale ha
ritenuto inutilizzabili i risultati della perizia effettuata nell’ambito
dell’incidente probatorio. Il piatto forte del processo a carico dell'ex
vicepresidente della Giunta regionale Luca Ciriani, del direttore della
Protezione civile Guglielmo Berlasso, dei funzionari Cristina Trocca e Adriano
Morettin, accusati tutti a vario titolo di disastro ambientale per quanto
accaduto tra il 24 e il 25 marzo di due anni fa in Val Rosandra, ieri pomeriggio
dunque non è stato servito. Il pm Miggiani ha cercato di definire l’area
interessata: «Ci può dire se i luoghi che conosce rientrano nella zona
vincolata?», ha chiesto al perito “depotenziato”, un biologo considerato tra i
maggiori esperti di ambiente. L’altro ha risposto di sì. Ha spiegato di aver
rilevato il completo taglio della vegetazione. Ho rilevato una quindicina di
ontani abbattuti. Avevano un’età tra i 30 e i 40 anni. Sono stati abbattuti
anche altri 300, 400 alberi». Poi è entrato ancor di più negli aspetti tecnici
parlando della fauna che è stata danneggiata dall’intervento. Ma l’avvocato Luca
Ponti, difensore di Berlasso e Trocca poi è partito all’attacco. Con una raffica
di domande ha sostanzialmente dimostrato che il consulente, ancor prima di
ricevere l’incarico, era andato sul posto e aveva già espresso sia sui giornali,
ma anche alla tv e sul web, le sue opinioni. Gasparo ha detto: «È vero mi sono
espresso in termini stupiti». E poi riferendosi al contenuto della conferenza
stampa indetta dall’allora assessore Ciriani, ha dichiarato: «Ho fatto una
replica a quelle dichiarazioni. Ho espresso un giudizio critico». Prima di
Gasparo è comparso il docente di idrologia e costruzioni idrauliche Ezio Todini:
«Ho rilevato vari punti critici. Si tratta di vari punti di erosione di sponda a
livello dei ponti sul torrente. Risultano strettoie che stringono l’alveo».
Nutrita la schiera degli avvocati presenti: oltre a Ponti, Caterina Belletti,
Luca Presot e Paolo Pacileo. Poi le parti civili: Alessandro Giadrossi e Marco
Meloni. L’udienza è aggiornata al 14 aprile.
(c.b.)
IL PICCOLO - LUNEDI',
10 marzo 2014
L’Ogs: «Allarme medusa rientrato» - NEL GOLFO
Rientrato l’allarme-medusa sinoforo Physalia nel golfo di
Trieste. Ne dà notizia l’Ogs - Istituto di oceanografia e geofisica
sperimentale. «Dopo aver sentito gli avvistatori, è possibile escludere che
l’organismo segnalato nei giorni scorsi nel golfo di Trieste sia il temuto
sinoforo Physalia, comunemente noto come caravella portoghese», spiega Paola Del
Negro, direttore della Sezione Oceanografia di Ogs. «Con grande probabilità -
riprende l’esperta - si tratta invece della rhizostoma pulmo, la bota marina,
che ha assunto la forma notata forse perché mutilata da un’elica».
Variante al Prg in Consiglio comunale - OGGI IN
AULA
Il Consiglio comunale si riunisce oggi alle 18.30
nell’aula municipale. Dopo la fase dedicata a interrogazioni e domande di
attualità, alle 19 la fase deliberativa. All’ordine del giorno tra l’altro
l’adozione della variante al Piano regolatore per interventi di bonifica e
ripristino degli storici terrazzamenti sul costone carsico proposto dal
Consorzio di bonifica pianura isontina.
IL PICCOLO - DOMENICA,
9 marzo 2014
«Ferriera, strumentali gli attacchi a Cosolini»
«Forte solidarietà» al sindaco dalle Rsu: «Regia occulta dietro
l’accanimento contro una soluzione»
«Forte solidarietà al sindaco Roberto Cosolini per i violenti attacchi
mediatici subiti in questi giorni». A esprimerla in una nota sono le Rsu di Fim,
Fiom e Uilm «a nome dei lavoratori della Ferriera di Servola», dopo le polemiche
suscitate dal servizio tv delle “Iene” durante il quale si è visto il sindaco
perdere le staffe. I sindacati parlano di attacchi «frutto di una evidente
strumentalizzazione politica che ben poco ha a che fare con una idea di sviluppo
e di risoluzione della crisi che in questo momento attanaglia i lavoratori dello
stabilimento e in generale tutto il mondo del lavoro della città». Secondo le
Rsu «c’è chi continua con qualsiasi mezzo a fomentare una forte contrapposizione
tra lavoratori e cittadini, senza scrupoli, cercando assurde divisioni tra
ambiente e lavoro invece di creare i presupposti perché questo resti un tema
unico come deve essere». Ma ancora: «C’è bisogno di informazione e soluzioni sui
problemi, non di scoop e talk show televisivi che hanno ben altri scopi.
L’interesse di Trieste e dei triestini e quello di dare l’immagine di una città
come quella presentata dal servizio tv? O forse questo interesse è proprietà
esclusiva di una ristretta cerchia di persone?» I sindacati ricordano come una
soluzione positiva sul tema Ferriera sia stata «da tanti anni promessa ma mai
neanche abbozzata, e solo in questo ultimo periodo con l’impegno di tutte le
istituzioni tramite l’Accordo di programma ha finalmente una prospettiva
positiva». Ma «dietro a questo accanimento non c’è forse un’altra occulta regia
che per altri interessi lavora e condiziona il tutto?» Le Rsu rimarcano come
tutto ciò avvenga proprio mentre la situazione della Ferriera «assume un peso
specifico importante a livello nazionale grazie a un concreto interessamento da
parte di tutte le istituzioni locali per una soluzione che dia prospettiva e
futuro»: «Non ricordiamo un pacchetto economico di queste proporzioni per
Trieste, ottenuto grazie all’intevento della presidente della Regione che si può
concretizzare solo con l’arrivo del gruppo Arvedi, che grazie all’impegno
dell’attuale sindaco è stato coinvolto nel progetto». I sindacati «continuano a
chiedere responsabilità e impegno, fuori da dinamiche di parte e interessi
diversi, ognuno per il proprio ruolo, ricordando ad esempio» la firma non ancora
siglata dall’Autorità portuale. Intanto sulla propria pagina facebook Cosolini
annuncia che «entro aprile terremo una sessione pubblica del Consiglio comunale
dedicata alla Ferriera, invitando rappresentanti dei lavoratori e dell'impresa,
associazioni ambientaliste e i vari organi di controllo». Rispondendo a numerosi
quesiti sulla vicenda, anche sulla base del servizio delle Iene, Cosolini
anticipa che in aula «riferiremo sull'attività del Comune e ci confronteremo con
ogni opinione che la città vorrà esprimere». In particolare, sul futuro
dell'area «intendiamo garantire, con le prescrizioni della nuova Aia e con il
piano di investimenti, che chi subentrerà dovrà realizzare importanti interventi
sugli impianti vetusti e che l'attività industriale non dovrà essere inquinante.
La prospettiva - conclude Cosolini - è quella che la siderurgia,
progressivamente, faccia spazio ad altre lavorazioni industriali e alla
logistica».
Viale XX Settembre, arrivano i nuovi alberi
I primi 25 saranno piantati entro venerdì. Dapretto: tra un anno e mezzo
riposizionati tutti i 300 fusti
I primi 25 saranno piantati nella parte bassa di viale XX Settembre entro
venerdì in tempo per fare da degna cornice a "Trieste in fiore", manifestazione
che sarà inaugurata sabato 15 marzo. Negli stessi giorni troveranno la loro sede
anche i 10 destinati al Giardino pubblico. Entro l'autunno di quest'anno ne
saranno sistemati altri 25 nella parte alta del Viale. Fra la primavera e
l'autunno del 2015 arriveranno infine tutti gli altri - circa 240 - che saranno
collocati nei vari punti della città dove si è proceduto negli ultimi mesi al
taglio di quelli ammalati e a rischio caduta. I nuovi alberi di Trieste sono in
arrivo. Entro 18 mesi Trieste vedrà interamente rinnovato il suo patrimonio di
verde pubblico, decimato da un'operazione che ha suscitato molte polemiche ma
che secondo l’amministrazione non poteva essere rinviata. A illustrare il
programma di sostituzione dei circa 300 alberi recentemente eliminati è stato
ieri l'assessore comunale Andrea Dapretto. «Il progetto è esecutivo - ha
assicurato - perché abbiamo i soldi necessari per completare l'intervento. La
spesa complessiva sarà di circa 500mila euro che abbiamo già stanziato. I primi
250mila saranno spesi quest'anno, gli altri nel 2015. I triestini possono stare
tranquilli - ha proseguito - prima della fine del prossimo anno tutti gli alberi
tagliati saranno sostituiti». Certo, la dimensione dei nuovi non potrà essere
quella dei vecchi: quelli piantati a partire dalla prossima settimana saranno
alti quattro metri e avranno una circonferenza di circa 25 centimetri. «Nella
scelta - ha ripreso l'assessore - abbiamo dovuto trovare un giusto compromesso
fra effetto visivo immediato e capacità di adattamento dei nuovi alberi
all'ambiente nel quale saranno inseriti. Dovevamo cioè individuare una
dimensione che creasse subito una bella cornice di verde ma piantando alberi
ancora abbastanza giovani, in grado di svilupparsi e crescere in buona salute».
Ma non sarà questa la sola differenza: per il Viale sono state scelte tipologie
di alberi adatte all'ambiente circostante. «Quelli piantati 60, 70 anni o più
anni fa - ha ripreso l'assessore - erano platani e ippocastani che oggi non
possono più essere utilizzati perché particolarmente sensibili allo smog. Adesso
si procederà con aceri e bagolari». In Viale XX Settembre saranno rifatte,
soprattutto nella parte alta, laddove convivono piante e automobili, anche le
conche, cioè le piccole barriere rotonde all'interno delle quali alloggiano le
piante. «Ci sono troppi automobilisti maleducati - ha sottolineato Dapretto -
che, pur di trovare un posto per le loro vetture, invadono le conche spesso
danneggiando i fusti. Questi comportamenti devono finire perché possono essere
la causa della morte degli alberi». Infine l'assessore ha precisato che «il
regolamento sul verde pubblico non dovrà essere un elemento statico, ma un testo
da migliorare e integrare in relazione alle nuove esigenze che dovessero
presentarsi».
Ugo Salvini
Il 93% dei rifiuti di Ikea per il recupero energetico
MILANO Il 93% dei rifiuti avviati a riuso, riciclo e recupero energetico,
una riduzione dei costi nella gestione dei rifiuti pari a quasi il 70% negli
ultimi tre anni, 19 impianti fotovoltaici, 6.058 addetti con un'anzianità media
di 9 anni di cui il 93% assunti a tempo indeterminato, 42% dei manager donne,
80mila ore di formazione e un contributo totale per 544mila euro a sostegno di
53 associazioni no profit. Questi alcuni numeri del nuovo Report di
sostenibilità Ikea 2013, presentato a Milano nell'emblematica sede della 'Casa
dei dirittì. Il gruppo scandinavo punta a «creare una vita quotidiana migliore
per la maggioranza delle persone offrendo a prezzi vantaggiosi articoli
d'arredamento funzionali e di buon design», ma sempre nel rispetto
dell'ambiente, ha affermato il numero uno di Ikea Italia, Lars Petersson. Dalla
relazione, giunta al nono anno consecutivo, emerge che grazie alla gestione dei
rifiuti 10 negozi Ikea su 20 sono riusciti ad avere ricavi superiori ai costi.
Nell'esercizio finanziario 2013, terminato a fine agosto, i consumi energetici
di Ikea Italia sono diminuiti del 6% con un calo del 9,5% nelle emissioni di
CO2.
IL PICCOLO - SABATO,
8 marzo 2014
«Porto Vecchio, ok allo spezzatino»
Concessioni, l’area pubblicizzata alla fiera di Cannes. E al magazzino 26
apre l’infopoint
«Entro la fine dell'anno chiuderemo una volta per tutte la partita del Porto
Vecchio: una sfida che sono sicura riusciremo a vincere. A settembre procederemo
con il rilascio delle concessioni demaniali e tutta l'area tornerà finalmente a
vivere». Lo ha detto la presidente dell'Authority Marina Monassi in occasione
della presentazione ufficiale dell'Infopoint allestito nelle sale del Magazzino
26, che diventerà un punto di riferimento per tutti coloro che saranno
interessati a investire all'interno del Porto Vecchio. Archiviata dunque l’era
di Portocittà e del suo progetto di sviluppo unitario, si riparte dalle 22
fettine - ovvero «unità minime concedibili» - previste dal bando con scadenza
fissata al 30 giugno: aree che vanno dai 4mila fino ai 45 mila metri quadrati,
per una superficie complessiva di 300 mila metri quadrati. Il braccio operativo
dell'Autorità portuale sarà costituito dall'Istituto di Cultura Marittimo
Portuale (Icmp) che al Magazzino 26 provvederà a fornire tutte le informazioni
necessarie ai possibili investitori. L'infopoint, dove sono stati posizionati
gli antichi plastici del Porto in attesa di ristrutturazione, sarà attivo nei
prossimi giorni, ma l'operazione di promozione – è stato detto - si svilupperà
anche all'esterno, attraverso contatti sia con le principali realtà di
Confindustria, sia, in modo particolare, con le Camere di commercio di Vienna e
Monaco di Baviera: operazione che scatterà già la prossima settimana in
occasione del Mipim, la fiera internazionale del mercato immobiliare di Cannes.
Una quarantina le manifestazioni di interesse già arrivate all'Authority, che
però dovranno concretizzarsi in vere domande di concessione. Come ha precisato
Antonio De Paolo, consigliere delegato dell'Icmp, non ci saranno vincoli alle
singole concessioni: un investitore potrà acquisire più aree a seconda della
disponibilità economica che supporterà i rispettivi progetti. «I fattori che
prenderemo maggiormente in considerazione nell'analisi delle istanze presentate
saranno essenzialmente due - ha precisato Monassi -. Verranno premiati gli
investimenti che avranno dei tempi di realizzazione brevi e che permetteranno di
creare numerosi posti di lavoro. Punteremo sugli sbocchi occupazionali e su una
rapida rinascita dell'area». In contemporanea - è stato sottolineato - saranno
eseguiti degli interventi alla viabilità interna al Porto Vecchio che
prevedranno un accesso limitato all'area in questione. Inizialmente i canoni di
concessione saranno minimi (15 euro annuali al metro quadro), per poi salire e
diversificarsi in base alle diverse destinazioni d'uso, commerciali, direzionali
o artigianali. Intanto, a una domanda in merito, Monassi ha risposto
sull’Accordo di Programma sull'area della Ferriera, dove manca la firma
dell'Authority. «Il Comitato portuale mi ha autorizzato a firmare se
nell'Accordo saranno inseriti i due emendamenti sulla determinazione e
riscossione dei canoni demaniali e sulle responsabilità delle aree inquinate -
ha precisato Monassi -. Quando tutti gli attori istituzionali sigleranno il
nuovo documento, allora apporrò anche la mia firma. Io non ho fretta, si sa che
la pazienza è la virtù dei forti».
Pierpaolo Pitich
«Verde pubblico, un Osservatorio permanente» - DOPO LE
PROTESTE PER IL TAGLIO DEGLI ALBERI
Dapretto: ne faranno parte ambientalisti e agronomi, programmerà la
gestione delle aree
Il Comune attiverà un Osservatorio permanente sul verde pubblico che dovrà
controllare e programmare l’attività di gestione su giardini, parchi e viali
alberati. Ne faranno parte, oltre all’assessore con delega in materia, esponenti
delle associazioni ambientaliste e rappresentanti dell’Ordine dei dottori
agronomi e forestali. L’annuncio è stato dato ieri dall’assessore Andrea
Dapretto nella seduta della quarta Commissione presieduta da Pietro Faraguna
(Pd), dove si è parlato del recente taglio di 240 alberi che ha suscitato
polemiche e proteste. «Siamo consapevoli - ha spiegato Dapretto - del fatto che
l’impatto sulla cittadinanza è stato forte e che qualcosa non ha funzionato
nella comunicazione ai cittadini e nel rapporto con le associazioni
ambientaliste. Eravamo però davanti a una precisa perizia tecnica che non
ammetteva deroghe in quanto gli alberi da tagliare erano diventati elementi di
pericolo. Proprio per evitare che in futuro possano sorgere problemi di questo
tipo – così Dapretto – abbiamo messo allo studio la costituzione di questo nuovo
organo nel quale si potrà sviluppare un costruttivo confronto fra tutte le parti
interessate». Paolo Menis, del Movimento 5 Stelle, firmatario della mozione
messa all’ordine del giorno in Commissione e che prevedeva la sospensione del
programma di taglio, sospensione poi superata dall’urgenza dell’intervento, ha
criticato la giunta: «Il tempo per spiegare cosa si sarebbe fatto, da parte
dell’esecutivo, c’era tutto. Adesso, visto che il regolamento in materia deve
ancora essere approvato, sarebbe opportuno convocare le associazioni
ambientaliste per sentire il loro parere». La discussione sul verde pubblico
approderà comunque in Consiglio perché sul tema lo scontro politico è
apertissimo. Michele Lobianco, di Impegno civico, ha ricordato che «con Roberto
Dipiazza sindaco sulla proposta di tagliare pochissimi alberi la sinistra
ingaggiò una violenta contestazione». Paolo Rovis, capogruppo Pdl, ha chiesto
lumi «sull’utilità di un Osservatorio, se poi le decisioni le prendono i tecnici
e sono inappellabili». Franco Bandelli, di Un’altra Trieste, ha citato
l’episodio di qualche anno fa, quand’egli era assessore della giunta di
centrodestra: «Fu bocciato il mio progetto di ristrutturazione di piazza Libertà
perché venne severamente contestata la proposta di tagliare cinque alberi,
funzionale alla sua realizzazione». Una domanda provocatoria infine da Maurizio
Bucci di Forza Italia: «Come mai ci si è accorti all'improvviso che 240 alberi
erano ammalati e perciò da abbattere? Significa che in precedenza non si
facevano controlli»?
Ugo Salvini
IL PICCOLO - VENERDI',
7 marzo 2014
«Abbiamo avvistato una medusa-killer»
L’allarme di due diportisti: «Eravamo sul pontile
Siot». Gli esperti: «Potrebbe trattarsi di una Caravella portoghese»
«Sono stato sciocco a non fare una foto, avevo il cellulare con me, ma non
avevo idea potesse essere qualcosa di così pericoloso e fuori dal comune».
Nicola Comandè, triestino, classe 1986, impiegato alla Wärtsilä, è un grande
amante e conoscitore della pesca e del mare. Così come Sandro Daris, coetaneo,
dipendente della Tripnavi. I due però mai si sarebbero aspettati di imbattersi
in uno degli organismi marini più letali per l'uomo: la Physalia physalis, più
comunemente conosciuta come caravella portoghese. «Era venerdì 21 febbraio,
intorno alle 17.30 - racconta Comandè -. Io e Daris eravamo a bordo della mia
barca nella zona del pontile Siot al circolo nautico Rio Primario per dei lavori
di manutenzione. A un tratto abbiamo visto questa medusa a pelo d'acqua, a
pochissimi metri dal pontile. La sacca era di colore bianco mentre i tentacoli
andavano dal blu al viola. Mi ha colpito molto perché sembrava una di quelle
meduse urticanti "bastarde", quelle con i tentacoli scuri e la classica "x"
sulla sacca, ma era di dimensioni nettamente più grandi rispetto alla media di
quella specie e soprattutto sembrava mutilata da un'elica o un qualcosa di
simile. Oltretutto sembrava nuotare molto attivamente, dando delle pompate tipo
polipo, non come le meduse fanno di solito». Qualche giorno dopo lo strano
avvistamento il dipendente Wärtsilä, che in seguito al suo amore per il mare si
è cimentato anche nella realizzazione di un canale youtube su cui carica video e
tutorial di pesca, navigando in rete si imbatte in una fotografia che ritrae lo
stesso organismo identificato poco prima nelle acque del Golfo triestino.
«Quella specie di medusa era stata trovata nelle coste occidentali della
Sardegna ed era la Caravella portoghese, uno degli esseri marini più letali per
l'uomo. Non ho potuto fare altro che avvisare il mio amico Sandro che a sua
volta, dopo aver visto la foto, ha contattato il centro di Biologia marina»,
prosegue Comandè. Ieri mattina Paola Del Negro, dall'Ogs, ha confermato la
segnalazione mettendo però le mani avanti: «Non possiamo avere la certezza
assoluta che quella vista in Golfo fosse davvero una Caravella portoghese, ma la
segnalazione che poi è stata inoltrata alla Capitaneria di Porto è giunta da una
persona che ci è parsa affidabile. La presenza di un simile organismo nell'Alto
Adriatico è sì difficile, ma non impossibile». Le probabilità aumentano
sensibilmente tenuto conto anche della zona in cui è stato trovato questo
essere, ossia l'area vicino allo stabilimento della Siot. Solitamente questi
organismi si lasciano trasportare dal vento, proprio come le caravelle. «Ma non
è escluso che magari sia stata portata dentro l'acqua di qualche nave», ipotizza
Del Negro, con tutte le dovute cautele del caso. Nel dubbio i sub devono tenere
gli occhi aperti. E in casi di avvistamenti sospetti contattare la Capitaneria
di Porto o l'Ogs.
Riccardo Tosques
È formata da una colonia di polipi - LA SCHEDA
La Physalia physalis (caravella portoghese) fa parte degli Cnidari, cui
appartengono anche le meduse. Sebbene sembri un unico organismo, è in realtà una
colonia di polipi (simili a quelli dei coralli, anch’essi Cnidari), divisi in
gruppi specializzati in varie funzioni: un tipo si occupa di procacciare il cibo
alla colonia e di difenderla, un altro di assimilare il nutrimento e un altro
ancora di produrre nuovi organismi. La colonia è dotata di un galleggiante,
pieno di gas la cui quantità viene regolata in base alla profondità a cui la
Physalia vuole rimanere, un po’ come la vescica natatoria dei pesci. Come gli
altri membri del gruppo degli Cnidari (le comuni meduse ma anche i coralli o gli
anemoni) la Caravella portoghese è dotata nei suoi lunghi tentacoli, mediamente
lunghi 10 metri ma che possono raggiungere anche i 50 metri, di particolari
strutture dette cnidi, vescicole che a contatto con una preda o un aggressore
“sparano” letteralmente nel malcapitato un minuscolo arpione munito di un lungo
tubicino dal quale la Physalia inietta un veleno. La tossicità del veleno della
Physalia è molto alta e può provocare paralisi e arresto cardiaco anche in un
uomo adulto. La caravella portoghese è molto diffusa nei mari tropicali tuttavia
la scorsa estate si è registrata la sua presenza in Sardegna e prolifera con
molta velocità. Chi fa immersioni deve fare particolare attenzione, soprattutto
ai suoi lunghi tentacoli.
La Ferriera in tv con lo scontro Cosolini-Iene - LA
POLEMICA - (vedi
il video delle Jene)
In onda il sindaco infuriato per le
domande dell’inviata: «Mi dispiace, ma tono aggressivo»
E Roberto Cosolini perse le staffe. Iniziando calmo con il dire che salute e
lavoro sono entrambi diritti primari, ed esplodendo dopo una crescente
irritazione con un arrabbiatissimo «rispondo quando voglio». È successo il 25
gennaio, quando l’inviata delle Iene televisive Nadia Toffa ha raggiunto il
sindaco nel palazzo della Regione in cui si stava tenendo il tavolo sulla
Ferriera per incalzarlo con domande su emissioni, inquinamento e azioni fatte -
o non fatte - per contrastare le polveri che escono dallo stabilimento. Il tutto
è andato in onda l’altra sera su Italia 1 nel servizio “Trieste: l’altra Ilva”,
che ha disegnato - e argomentato - un quadro drammatico della situazione dando
voce tra l’altro ad associazioni ambientaliste, operai e residenti di Servola,
ed elencando i rapporti su smog e malattie e gli sforamenti segnalati dalle
centraline. Infine, le domande al sindaco. Che il giorno dopo la messa in onda
si «dispiace» di avere «perso la pazienza visto il tono aggressivo che tendeva a
darmi del responsabile unico di tutti i problemi senza lasciarmi il tempo di
replicare interrompendomi in continuazione». «Considero quello di Servola uno
dei problemi più seri e gravi della città: proprio per questo merita e
meriterebbe di essere trattato con un taglio giornalistico vero che evidenzi
senza sconti le criticità, ciò che non è stato fatto in passato e da chi, ciò
che, invece, viene fatto e da chi. Non è questo il taglio utilizzato dalle
Iene», scrive il sindaco additando. Segue l’elenco del «nulla» fatto in epoca
precedente, e poi di quanto effettuato nell’era Cosolini, come le tre ordinanze
che hanno portato a «una riduzione netta delle emissioni». E poi «chi andava a
Roma prima di Cosolini e Serracchiani a rompere le palle a ministri dello
Sviluppo Economico, dell’Ambiente, delle Infrastrutture, del Lavoro affinché il
Governo riconoscesse la gravità di questa situazione e si mettesse in gioco? Di
questo - così il sindaco - le Iene non hanno parlato e questo alla signora Toffa
non interessava un fico secco». Intanto però il deputato leghista Massimiliano
Fedriga attacca: in tv «l’ennesima brutta figura del sindaco ha regalato alla
città uno spot negativo su scala nazionale senza precedenti. A obiezioni
circostanziate Cosolini» ha replicato «farfugliando frasi di circostanza salvo
poi dare sfogo a tutta la sua arroganza alzando la voce e sottraendosi ai
microfoni. Mirabile operazione di marketing territoriale – ironizza Fedriga -
davanti a circa tre milioni di spettatori; ma forse è ancor più grave il segnale
di assoluto disinteresse del primo cittadino» per «il diritto alla salute dei
triestini».
Scarti verdi raccolta a domicilio
AcegasAps offre un servizio gratuito di raccolta a domicilio degli scarti
verdi dei giardini, dedicato alle utenze private alle quali sono forniti in uso
gratuito i contenitori per la raccolta. I bidoni per la raccolta degli scarti
verdi dei giardini si ritirano il sabato dalle 8 alle 10 nella sede AcegasAps in
via Orsera 4. In alternativa si può portare gli scarti verdi ai Centri di
raccolta attrezzati di via Carbonara 3 e Strada per Vienna 84/a. AcegasAps
sottolinea come il servizio di prenotazione del ritiro a domicilio degli scarti
da giardino, con chiamata al numero verde 800 955 988 , «non sta ottenendo il
gradimento auspicato. A oggi sono stati consegnati 1.930 bidoncini ad
altrettanti cittadini che li hanno richiesti. Purtroppo molti di più sono coloro
che ancora non utilizzano il servizio». Nei periodi in cui si intensificano
sfalcio e potatura, gli operatori di AcegasAps devono svuotare cassonetti pieni
di erba, foglie e ramaglie. L’introduzione nei cassonetti dell’indifferenziato
«crea disagi ai cittadini, che vedono ridotti i volumi disponibili nei
contenitori, e al servizio di raccolta, che subisce notevoli rallentamenti.
Ancor più grave l’intensificarsi degli abbandoni sul suolo pubblico, che oltre a
richiedere pulizia, sono situazioni di potenziale pericolo». AcegasAps evidenzia
che si tratta di comportamenti soggetti a multe.
«Il governo dica no al mais Ogm» - Bolzonello chiede al
ministro una contromisura in vista della sentenza del Tar
TRIESTE Una «contromisura» governativa sugli Ogm, nel caso che il Tar del
Lazio accolga il ricorso dell’agricoltore friulano Giorgio Fidenato contro il
decreto ministeriale del 12 giugno 2013, che vieta la coltivazione in Italia del
mais Ogm. È la richiesta è stata avanzata dal vicepresidente del Friuli Venezia
Giulia, Sergio Bolzonello, che proprio ieri ha partecipato a Roma alla prima
riunione degli assessori regionali all’Agricoltura con il neoministro Maurizio
Martina. «Ho chiesto a Martina - spiega Bolzonello - di attivarsi affinché il
ministero predisponga molto velocemente tutte le misure necessarie a bloccare la
semina di mais Mon810 nella non auspicata eventualità che il Tar desse ragione a
Fidenato nella sentenza attesa fra poche settimane». Secondo il Friuli Venezia
Giulia una vera e propria inversione di tendenza rispetto al passato è emersa
dalla prima riunione degli assessori regionali all’Agricoltura con il
rappresentante del governo Renzi che, affrontando le tematiche più urgenti, ha
aperto a «un maggiore coinvolgimento delle Regioni in tutte le fasi di
costruzione e gestione delle politiche agricole e sulla pesca». Quello avviato a
Roma è una sorta di tavolo permanente sull’agricoltura in vista della
definizione entro metà maggio dell’accordo sul primo pilastro della Politica
agricola comune (Pac) per i sostegni diretti agli agricoltori e, come richiesto
dal vicepresidente Bolzonello, una contromisura governativa sul caso Ogm.
Banca Etica festeggia i 15 anni - TEATRO SLOVENO
“Banca Etica nel Paese delle meraviglie” alle 18 Via Petronio 4
Compie 15 anni la Banca popolare Etica (nella foto), il primo istituto di
credito interamente dedicato alla finanza etica. Allo Stabile Sloveno (sala del
Ridotto, dalle 18 alle 19.30), il Coordinamento dei soci di Trieste e Gorizia
sceglie di dare voce ad alcuni protagonisti del terzo settore, naturale mondo di
riferimento dell’istituto di credito, nato a Padova l’8 marzo 1999. Dieci realtà
associative si alterneranno sul palco per presentare le proprie attività
attraverso brevi video, letture sceniche, testimonianze dirette e performance
teatrali. Sullo sfondo la storia di Banca Etica sul territorio triestino,
sintetizzata da una serie di interviste a soci e operatori finanziari, con una
testimonianza del direttore della sede giuliana, Enrico Trevisiol. Le
prospettive future di Banca Etica saranno presentate in chiusura da Anna Fasano,
vicepresidente della banca. Gran finale con il coro dell’Associazione donne
camerunensi.
IL PICCOLO - GIOVEDI',
6 marzo 2014
Ferriera: in cassa integrazione ma senza diritti per
l’amianto - LA LETTERA DEL GIORNO di Giorgio Trevisan
A seguito dell’articolo “Amianto-killer: i numeri sono da record” pubblicato
sul Piccolo il primo marzo, vorrei portare all’attenzione dell’opinione pubblica
la mia vicenda personale quale operaio della Ferriera di Servola. Come riportato
nell’articolo, non solo a Monfalcone ma anche Trieste ed in particolare alla
Ferriera, i monitoraggi effettuati dall’Azienda Sanitaria ed i conseguenti
riconoscimenti da parte dell’Inps nei confronti di molti lavoratori, confermano
la presenza di questa fibra-polvere killer. La domanda che mi sono posto è la
seguente: come mai a seguito delle numerose indagini, studi e monitoraggi ed in
presenza di una legge con parametri ben delineati, l’Inps non riconosce i
benefici dell’esposizione all’amianto ai lavoratori interessati, nonostante le
attente analisi dei requisiti dei richiedenti? Come mai un semplice lavoratore,
nel mio caso operaio turnista impiegato nel reparto movimento ferroviario, deve
iniziare una trafila giudiziaria con costi imprevedibili in partenza, ai quali
si aggiungono i tempi biblici della giustizia, solo per un riconoscimento dovuto
per legge? Il mio caso è emblematico, ma penso di non essere l’unico: a seguito
del ricorso depositato in Tribunale in data 17/04/2012 (sì: 2012!) il giudice ha
fissato l’udienza in data 12/09/2012, rinviata poi all’11/10/2012. Il 19/03/2013
si è svolta la seconda udienza con i testimoni. È stato deciso di aggiornare il
procedimento al 15/10/2013. In ottobre un ulteriore rinvio al 04/02/2014,
successivamente spostato al 1° luglio 2014! Sembra una presa in giro ma è la
verità. Sto aspettando da oltre due anni che mi venga riconosciuto un diritto
riconosciuto da una legge dello Stato e nel frattempo la Ferriera, come tutti
sanno, ha iniziato un percorso di cassa integrazione al quale anche il
sottoscritto, come tutti i dipendenti, è costretto a sottostare. Mi chiedo:
forse in uno Stato normale (dove le leggi vengono applicate da tutti con tempi
certi) potevo essere tranquillamente già in pensione senza nessun decurtamento
della stessa? Nel caso in cui finalmente il primo luglio 2014 il Tribunale
dovesse riconoscere i benefici previsti dalla legge, come e quando vedrò
applicata la prevista normativa? Quale sarà l’ammontare della mia pensione? Per
il momento sono in cassa integrazione con il decurtamento dello stipendio, in
conseguenza del quale probabilmente ci sarà un ridimensionamento della futura
pensione, che nessuno mai integrerà! Senza contare i costi aggiuntivi
dell’avvocato, ancora non definiti dopo due anni di questo calvario.
Orti urbani senz’acqua? «Colpa dei vincoli di bilancio»
«Ecco un altro esempio di come il Patto di stabilità incida anche su piccoli
interventi, non è per volontà politica, ma per precise cause tecniche l’assenza
di allacciamento idrico negli orti urbani di via Navali, chiediamo perciò agli
assegnatari di avere pazienza e fiducia e invitiamo l’opposizione a non
strumentalizzare: gli orti urbani sono un progetto fortemente voluto
dall’amministrazione comunale». Rispondono così ai rilievi del consigliere
circoscrizionale del Pdl Roberto Dubs i consiglieri comunali rispettivamente del
Pd, Giovanni Barbo, e dei Cittadini per Trieste, Patrick Karlsen. «Già nel 2012
- affermano Barbo e Karlsen - sono stati assegnati gli orti urbani in Strada di
Fiume, dotati di allacciamento idrico. La situazione di via Navali in partenza
era diversa perché non aveva allacciamento idrico. Si è optato comunque per
partire comunque - dicono i due esponenti della maggioranza - e portarsi avanti
con i lavori di cui l’area in ogni caso necessitava, e che sono stati svolti in
una prima fase con persone impiegate nei programmi di Lavoro socialmente utile.
«Nei bandi di assegnazione degli orti urbani di via Navali, datati 2013 -
aggiungono - , l’assenza dell’allacciamento idrico era segnalata in tre punti e
per questo motivo il canone d’affitto era ed è circa la metà di quello relativo
agli orti urbani di Strada di Fiume. L’amministrazione - proseguono i
consiglieri - ha confermato il proprio impegno a risolvere il problema
dell’allacciamento e delle cassepanche assegnando 20 mila euro nel bilancio
2013, tuttavia i vincoli del Patto di stabilità non hanno reso possibile
impegnare questa somma. Sappiamo però che l’assessore al Lavori pubblici, Andrea
Dapretto, sta lavorando assieme ai suoi uffici per trovare una soluzione, pur
fra le grandi difficoltà e i vincoli di spesa esistenti». Per Barbo e Dubs
questo progetto «fortemente voluto dall’amministrazione nell’ambito della
sostenibilità ambientale e dell’uso degli spazi segna di per se stesso una
discontinuità rispetto all’amministrazione precedente. Curioso, quindi -
concludono i due consiglieri nella loro nota, rigettando le critiche del
consigliere di circoscrizione - , che ora chi faceva parte della precedente
maggioranza vada a eccepire sui dettagli».
Banca Etica festeggia i 15 anni tra video, teatro e
musica. STABILE SLOVENO
Compie 15 anni la Banca popolare Etica, il primo istituto
di credito interamente dedicato alla finanza etica. Un anniversario che viene
celebrato con una sessantina di iniziative in tutta Italia, a partire da domani
a Trieste, in contemporanea con Milano, Mantova e Firenze. Allo Stabile sloveno
di via Petronio (sala del Ridotto, dalle 18 alle 19.30), il Coordinamento dei
soci di Trieste e Gorizia sceglie di dare voce ad alcuni protagonisti del terzo
settore, naturale mondo di riferimento dell’istituto di credito, nato a Padova
l’otto marzo 1999 proprio per favorire l’accesso al credito ad associazioni e
cooperative, secondo i valori della finanza etica. Dieci realtà associative si
alterneranno sul palco per presentare le proprie attività attraverso brevi
video, letture sceniche, testimonianze dirette e performance teatrali. La serata
si apre con la musica di Marco Di Giacomo e Barbara Bonelli e le parole del
coordinatore dei soci di Trieste e Gorizia, Paolo Giurco, e della vice Paola
Machetta. Ma le associazioni saranno fin da subito le protagoniste. Dapprima la
Cooperativa Il posto delle fragole, con un video sull’attività ristorativa nel
comprensorio di San Giovanni, nel vecchio ospedale psichiatrico chiuso da
Basaglia e sull’hotel Tritone, a due passi dal castello di Miramare. Sarà poi la
volta delle Acli, socie fondatrici di Banca Etica nazionale, con il loro
fotoracconto sui 70 anni di attività a Trieste. E ancora, il Centro antiviolenza
Goap: alla vigilia della Giornata internazionale della donna, propone, a cura di
Laura Cogoy, la lettura scenica di una storia tratta da “Rinarrate”, il progetto
di scrittura ideato dalla Cooperativa Società Nativi, che vede le donne uscite
dalla spirale di violenza trasformarsi in autrici delle loro storie di vita.
Sullo sfondo la storia di Banca Etica sul territorio triestino, sintetizzata da
una serie di interviste a soci e operatori finanziari con una testimonianza del
direttore della filiale giuliana, Enrico Trevisiol. In sala poi la Bottega del
mondo di Staranzano, Benkadì, con un video sul commercio equo e solidale nel
Goriziano. Di seguito l’associazione Kallipolis racconta attraverso diapositive
e testimonianze i progetti realizzati per rendere più vivibili le città. E poi
l’Actis presenta la sua attività di teatro, danza, musica, arti figurative e
visive con la performance tratta da “Il cappotto di stelle” di Valentina Magnani
e l’attore Valentino Pagliei. Un intervallo musicale e poi carrellata
sull’ultima serie di associazioni: l’Ausonia, il consorzio di 10 cooperative
sociali triestene nato per recuperare dal degrado lo stabilimento balneare.
Ancora, due voci in sala per Curiosi di natura, che si occupa di didattica,
divulgazione ambientale e turismo naturalistico. Tra una presentazione e
l’altra, faranno capolino “a sopresa” le performance di Oltre quella Sedia,
associazione di promozione sociale che utilizza il teatro per creare condizioni
di autonomia alle persone con disabilità intellettiva. Le prospettive future di
Banca Etica, con la prossima inaugurazione della filiale spagnola a Bilbao e
l’apertura verso i settori profit ma socialmente più responsabili dell’economia
civile, saranno presentate in chiusura da Anna Fasano, vicepresidente della
banca. Gran finale con il coinvolgente coro dell’Associazione donne camerunensi.
IL PICCOLO - MERCOLEDI',
5 marzo 2014
Polveri sottili, oggi sforamento poi migliora -
AVVERTIMENTO DEL COMUNE
Si toccheranno i 63 microgrammi per metrocubo, ma non scatterà alcuna
restrizione
Scatta l’allarme polveri sottili oggi, nel giorno delle Ceneri. La soglia da
non superare è quella dei 50 microgrammi per metrocubo ma oggi, come informa
l’assessore all’Ambiente Umberto Laureni, si arriverà a quota 62 o 63. Il
consiglio è semplicemente quello di non programmare passeggiate proprio per la
giornata odierna perché in base a quanto ha sottolineato già ieri mattina una
nota del Comune, «la situazione è destinata a migliorare nei giorni successivi,
già a partire da giovedì, per cui non si assumono decisioni di restrizioni al
traffico, ma si segnala quanto sopra come doverosa informazione e
sensibilizzazione nei confronti della cittadinanza.» Affinché scattino delle
misure obbligatorie infatti è necessario che lo sforamento avvenga per tre
giornate di seguito il che, dall’autunno scorso, si è verificato soltanto una
volta. Anche oggi dunque libera circolazione di tutti i veicoli a tutte le ore e
nessuna restrizione agli impianti di riscaldamento. A differenza di quanto
accadeva in passato allorché le chiusure venivano decise dopo gli sforamenti,
ora il nuovo Piano di azione comunale per far fronte all’inquinamento
atmosferico permette di agire preventivamente in quanto è possibile fare calcoli
proiettati sull’arco di quattro giorni e ciò in base alle previsioni dell’Arpa
sul determinarsi di condizioni meteorologiche che con grande probabilità
favoriranno situazioni di elevato inquinamento. «Si tratta sostanzialmente di
applicare un’equazione matematica - spiega Laureni - che fa interagire la somma
delle emissioni industriali e veicolari appunto con particolari situazioni
atmosferiche. Il ragionamento però viene applicata a Trieste considerandola zona
omogenea, con una media cioé delle emissioni inquinanti che pure variano da una
parte all’altra della città. Ecco perché questa rilevazione non ci esime da un
controllo costante dei dati registrati dalle singole centraline.» In base al
nuovo Piano comunale eventuali futuri blocchi del traffico saranno comunque
limitati al pomeriggio, dalle 15 alle 20, fascia oraria in cui si registrano le
condizioni massime di inquinamento.
(s.m.)
IL PICCOLO - MARTEDI',
4 marzo 2014
Bandelli e Rosolen: «Traffico, recepiti nostri
emendamenti» - UN’ALTRA TRIESTE
«Troppe volte il ruolo dell'opposizione in Consiglio comunale trova
realizzazione solo nelle polemiche che accompagnano gli atti proposti dalla
giunta. Il Piano del traffico e la sua iniziale realizzazione è uno dei pochi
documenti che, viceversa, restituisce ruolo di proposta e merito anche a chi
siede all'opposizione». Lo affermano Alessia Rosolen e Franco Bandelli di
Un’Altra Trieste. «Un'Altra Trieste, nel suo programma elettorale, oltre alla
stesura del nuovo Piano aveva messo nero su bianco alcune delle proposte che
proprio in questo periodo sono oggetto di realizzazione. Quindi non sterili
promesse elettorali ma prosecuzione d’impegni verificabili. Le vie Foschiatti,
del Toro, Nordio, XXX Ottobre e viale XX Settembre sono stati oggetto di
emendamento da parte dei consiglieri comunali Bandelli e Rosolen che -
nell'ottica di razionalizzare la pianificazione urbana - hanno voluto proporre
(riproporre, in alcuni casi) i progetti cui già avevano chiesto, inascoltati, di
dare avvio nel corso della bozza mai realizzata del Piano del traffico della
giunta precedente» affermano gli interessati.
Passeggiata degli orrori accanto alla pista ciclabile -
RIFIUTI SUL LATO B DI BARCOLA
Un percorso seguito anche dai turisti pieno di immondizie, dissestato.
Non è difficile imbattersi in gruppi di topi mentre il verde è sempre più
“sbiadito”.
Un percorso pedonale che affianca la pista ciclabile? Sarebbe più corretto
definirlo una passeggiata degli orrori. Il tratto di viale Miramare dal
cavalcavia ferroviario all'incrocio con via Boveto è costellato da monumenti
all'inciviltà. Un tragitto che viene seguito anche dai turisti, che dalla
stazione dei treni si dirigono verso Barcola, oltre alle tante persone che
abitualmente fanno jogging o vanno in bicicletta. Il viaggio nel degrado inizia
poco prima del ponte, quando i grandi cespugli maleodoranti nascondono
immondizie di ogni tipo. Proseguendo nel cammino, oltre a qualche transenna
piazzata sull'erba senza alcun apparente motivo e senza nessun cartello, ecco
una galleria, chiusa da una grata di ferro, che non impedisce però la visuale
all'interno, dove stazionano borse colme di rifiuti e dalla quale nei giorni
scorsi usciva anche un fiume di acqua putrida. Poco dopo la rete metallica si
intravede qualche topo, che bivacca tra gli avanti di cibo. Qualche metro più
avanti si trova un altro un cunicolo con una transenna davanti, che delimita un
cumulo di foglie e sporcizia. Proseguendo lungo la pista pedonale-ciclabile si
arriva ad una zona con prato e aiuole, qui il verde è ancora costellato da
oggetti gettati a terra o incastrati tra i rami, tra i quali spunta anche una
vecchia autoradio. E' qui che è posizionata una panchina, difficile pensare che
qualcuno si riposi in mezzo alla puzza. Si continua con alcuni news jersey,
meglio conosciuti come sparti-traffico, uno completamente rotto e ricolmo
d'acqua, altri due danneggiati e abbandonati a lato della pista ciclabile.
Continuando a camminare, tra radici degli alberi che hanno danneggiato l'asfalto
e qualche deiezione canina non raccolta, ecco spuntare una lunga scalinata, che
conduce nell'abitato soprastante la ferrovia. Anche qui è ben visibile un
tripudio di sporcizia e a metà scale un enorme tronco è caduto, rendendo
impossibile percorrere il tratto, che sembra privo di manutenzione da tempo. «La
situazione è invariata da mesi – segnala un cittadino che abitualmente passeggia
con il proprio cane – colpisce soprattutto l'odore nei pressi di alcuni cespugli
e la quantità di cartacce, plastica e immondizie varie. Forse basterebbe qualche
cestino in più e qualche controllo più frequente». Una curiosità? «Spesso si
trovavano sul ciglio della pista ciclabile anche copri-cerchioni caduti dalle
auto di passaggio, almeno quelli sono spariti».
Micol Brusaferro
Agricoltura - Campagna di primavera contro il mais Ogm
La Task Force regionale No -Ogm costituita da AIAB-Fvg,
Aprobio, Isde, Legambiente e WWF lancia la campagna di primavera per mantenere
il Friuli libero da Ogm. In programma sei incontri informativi tenuti da esperti
e tecnici contrari alle colture biotech.
IL PICCOLO - LUNEDI',
3 marzo 2014
Dubs: «Orti urbani lasciati senz’acqua dalla giunta»
Roberto Dubs, consigliere della V circoscrizione, spara ad alto zero sul
progetto degli Orti urbani del Comune di Trieste: «Si avvicina l’estate e i
cittadini che hanno creduto nel progetto degli Orti urbani scoprono che non è
previsto l’allacciamento idrico». Il consigliere del parlamentino non lesina
sulle critiche: «Siamo alle solite - scrive in un comunicato -: tanto fumo e
poco arrosto, anzi tanti orti e poca acqua. La giunta Cosolini in pieno stile
renziano caratterizza la propria azione con grandi boutade ad uso e consumo dei
media alle quali però non seguono azioni concrete». Dubs annuncia
“rappresaglia”: «Presenterò subito un’interrogazione urgente con l’auspicio di
ricevere una risposta prima che gli orti urbani diventino deserti urbani per la
coltivazione di cactus e piante di plastica».
Italcementi, smantellati i “vagonetti” della teleferica
- IL SEGNO PIÙ EVIDENTE DI UNA RESA
Quasi contemporaneamente allo spegnimento dell’altoforno della Ferriera di
Servola, è stata smantellata la teleferica dell’Italcementi: un altro pezzo
dell’economia triestina è così stato fatto a pezzi. «Ecco come sono finiti i
famosi “vagoneti” che per più di 40 anni sono passati sopra le teste dei
triestini da via Caboto, attraverso via Flavia e via di Vittorio per arrivare
fino a San Giuseppe - commenta amaramente Marco Savi delegato rsu dell’azienda
per Filca Cisl - Erano quasi un monumento industriale, così come lo fu la Stock
a Roiano o come ciò che rimane della Dreher in via Giulia.» Con l'accordo
nazionale siglato dalle organizzazioni sindacali nel gennaio scorso, lo
stabilimento triestino dell'Italcementi ha rinunciato a tutta l'area produttiva
ed è stato sostanzialmente ridimensionato a centro di distribuzione, pur
mantenendo anche un minimo di attività di macinazione. Sono rimasti a lavorare
soltanto i 21 dipendenti previsti dall'organico futuro e i 44 in esubero sono
entrati definitivamente in cassa che già a fine anno potrebbe trasformarsi in
mobilità. La prima pietra della fabbrica triestina di Italcementi era stata
posata il 21 gennaio 1951 e il forno, ora dismesso, era entrato in esercizio il
28 luglio 1954.
IL PICCOLO - DOMENICA,
2 marzo 2014
Piano traffico, città a misura di pedone - VIABILITÀ »
ENTRO MAGGIO VIA LE AUTO DA VARIE ZONE
Si comincia da via Foschiatti, poi via Donizetti e a seguire via Nordio e
via del Toro. “Limitati” i posteggi in Viale
COSTI INTERVENTI - Per questa prima fase l’amministrazione comunale se la caverà
con la modesta spesa di 44mila euro
MESSA IN OPERA - Affidato al Servizio strade il progetto esecutivo relativo alla
nuova segnaletica stradale. Benefici per le zone interessate
Piano del traffico, si parte. Nel giro di due mesi, scatteranno infatti le
prime “trasformazioni” a suon di nuove pedonalizzazioni o dell’istituzione di
zone ad elevata pedonalità (cioè con accesso riservato solamente alle auto di
persone diversamente abili e ai mezzi con compiti di carico e scarico merci al
servizio di negozi ed esercizi pubblici della zona) in alcuni punti fra Barriera
e Viale. La giunta comunale ha infatti approvato il primo piano di dettaglio
attuativo. «Entro fine maggio» tutto sarà operativo, assicura l’assessore a
Pianificazione urbana, Mobilità e traffico, Elena Marchigiani. Giusto il tempo
di procedere all’adeguamento di segnaletica orizzontale e verticale.
Pedonalizzazioni Il capitolo numero uno dell’attuazione del Piano del traffico
(il documento generale è stato approvato dal Consiglio comunale nel luglio
scorso) si articolerà in primis nella pedonalizzazione della parte “alta” di via
Foschiatti, quella cioè fra piazza dell’Ospitale e l’incrocio con via della
Fonderia (con i veicoli che potranno continuare a percorrere quest’ultima, così
come via San Maurizio), di via della Sorgente nel tratto compreso tra via
Carducci e l’inizio dei passi carrabili verso via Maiolica, e infine di via
delle Erbette. In prossimità della parte iniziale e di quella finale di via
Foschiatti saranno sistemati tre nuovi stalli per la sosta riservata alle
autovetture dei disabili, e due verranno creati in via Maiolica. La parte di via
della Sorgente proprio da via Maiolica alla fine dei passai carrai rimarrà
percorribile, con una ventina di parcheggi per motorini e spazio per i
cassonetti da un lato e dall’altro con paletti dissuasori di sosta. Verranno
meno nell’area intera, così, circa 55 posti auto e 35 per motorini (per questi
però, come rilevato, ne sono previsti una ventina di nuovi in via della
Sorgente). Pedonale diventerà anche via Donizetti, strada sulla quale è rivolta
una facciata della Sinagoga: per garantire che sia percorribile solo dai pedoni,
verranno piazzati dei paletti sia dalla parte di via San Francesco sia da quella
che dà su via Battisti. Otto i posti auto che saranno di fatto cancellati, con
realizzazione di due aree per la sosta operativa una in via San Francesco e una
in via Battisti. Zone a elevata pedonalità L’altra componente del primo
provvedimento attuativo vedrà via Nordio tramutarsi in zona a elevata pedonalità
per tutta la sua estensione, mentre via del Toro per la porzione che va da Viale
XX Settembre a via Ginnastica. Nelle due aree saranno collocati,
rispettivamente, quattro e tre nuovi parcheggi riservati ai disabili. E verranno
realizzate aree di carico e scarico merce. Compariranno, inoltre, due
attraversamenti pedonali in più, all’altezza degli incroci fra via del Toro e le
vie Ginnastica e Crispi. Altra zona a traffico limitato e ad elevata pedonalità
sarà quella, in Viale XX Settembre, sostanzialmente antistante il teatro
Rossetti, ovvero il tratto da via Rossetti a via Zovenzoni solamente sul
versante a salire, cioè in direzione piazza dei Volontari giuliani. Anche in
Viale, dall’altra parte della strada rispetto a largo Gaber, i tecnici
incaricati dal Comune definiranno il perimetro di quattro nuovi stalli per la
sosta di vetture di persone diversamente abili e di uno a uso di mezzi dei
Vigili del fuoco impegnati nell’attività di vigilanza durante gli spettacoli in
programma al Rossetti. Saranno invece tolti nove spazi di sosta libera che al
momento si trovano lungo il lato dove l’amministrazione Cosolini interverrà
appunto con l’istituzione della zona a elevata pedonalità. I prossimi passi
Archiviato il via libera della giunta al piano particolareggiato, è affidata al
Servizio strade del Municipio la predisposizione del progetto esecutivo relativo
alla segnaletica stradale. Seguiranno le ordinanze per la nuova viabilità e la
posa in opera finale della segnaletica verticale e orizzontale. Costo totale di
questo primo passo del Pgtu: 44mila euro più Iva.
Matteo Unterweger
Marchigiani spiega: «I prossimi passi in via XXX
Ottobre»
«Abbiamo deciso di iniziare con l’attuazione del Piano del traffico dalle
zone più fortemente richieste, secondo quanto emerso anche durante la fase di
partecipazione». Elena Marchigiani (nella foto), assessore comunale a
Pianificazione urbana, Mobilità e traffico, riassume così i motivi della scelta
di dare il via al Pgtu dall’area Barriera-Viale. «Un avvio del percorso
attuativo - riprende Marchigiani - definito per far vedere ai cittadini gli
effetti positivi dei provvedimenti in maniera graduale. E con l’obiettivo di
aiutare commercianti ed esercenti, che nelle vie interessate potranno così
sistemare all’esterno tavolini, sedie e ombrelloni». Dopo il primo “capitolo”,
si procederà con il secondo: «Nel giro di un paio di settimane - spiega
l’assessore - saranno conclusi i rilievi in via XXX Ottobre per la
pedonalizzazione del primo tratto, fra piazza Oberdan e via Milano, e per
l’istituzione della zona a elevata pedonalità in quello tra via Milano e via
Valdirivo. E poi per la creazione dell’area pedonale in via Torrebianca da via
San Lazzaro a via della Zonta. Lo step successivo sarà quello relativo a via
Mazzini pedonale».
(m.u.)
IL PICCOLO -
SABATO, 1 marzo 2014
Ferriera, approvato il bando pubblico - Via alla
cessione
Via libera del Comitato di vigilanza del ministero nonostante l’assenza
della firma dell’Autorità portuale
Il bando per la vendita della Ferriera di Servola è pronto, è stato
predisposto correttamente e può venir pubblicato anche se sull’Accordo di
programma manca la firma della presidente dell’Autorità portuale, Marina
Monassi. Ieri il Comitato di vigilanza ministeriale ha depositato l’istanza per
il bando stesso come ha informato la presidente del Friuli Venezia Giulia Debora
Serracchiani. «Ora, per ragioni tecniche - ha specificato la governatrice -
occorrerà attendere circa una quindicina di giorni prima della pubblicazione del
bando, ma valutiamo positivamente il fatto che a livello ministeriale il bando
sia stato giudicato congruo». «Subito dopo l'Accordo di programma - aveva
dichiarato una quindicina di giorni fa Francesco Semino, segretario
amministrazione straordinaria Lucchini spa - il commissario Piero Nardi,
evidentemente ritenendolo pienamente legittimo sebbene manchi la firma
dell'Autorità portuale, si è messo al lavoro per predisporre il bando di gara
per la vendita dello stabilimento di Servola. Eventuali obiezioni potrebbero
venire solo dal Comitato di vigilanza che lo deve approvare prima che la sua
pubblicazione sia autorizzata dal ministero per lo Sviluppo economico.»
Evidentemente nessuna obiezione è stata fatta, ieri, nel corso della seduta del
Comitato di vigilanza. Del resto l’Accordo di programma è stato firmato dagli ex
ministri Flavio Zanonato (Sviluppo economico), Andrea Orlando (Ambiente), Enrico
Giovannini (Lavoro), Carlo Triglia (Coesione territoriale) e dal sottosegretario
Rocco Girlanda (Infrastrutture e Trasporti) oltre che dall’amministratore
delegato di Invitalia, dalla stessa Serracchiani e dai rappresentanti delle
amministrazioni locali. «Il via libera da parte del Comitato di vigilanza - ha
commentato ancora Serracchiani - ci rassicura comunque sul proseguimento di un
percorso che transiti la Ferriera di Servola verso una nuova proprietà e quindi
verso una prospettiva di prosecuzione dell’attività produttiva, di occupazione e
di risanamento ambientale. La Regione - ha concluso la governatrice - continua
ad assicurare la massima attenzione e il massimo appoggio istituzionale a tutta
la questione Ferriera di Trieste.» Dopo vari rinvii dunque l’ultima previsione
della pubblicazione del bando a metà marzo sembra verrà rispettata anche se
resta il timore che perlomeno la prima asta possa andare deserta. Dopo aver
avanzato una manifestazione d’interesse, il Gruppo Arvedi ha tentato invano la
strada dell’affitto del ramo d’azienda per Servola, la questione Elettra-Cip 6
ha reso obbligatorio il passaggio attraverso il bando a evidenza pubblica.
Ancora nell’ottobre scorso il Gruppo di Cremona ha ribadito l’interesse per
Servola invitando le istituzioni a predisporre un Accordo di programma che
escluda però qualsiasi onere a carico del neoproprietario sul fronte delle
bonifiche. Sta qui probabilmente ancora un nodo da sciogliere. Intanto è stata
mancata di poco la prospettiva di abbinare l’uscita del bando allo spegnimento
dell’altoforno che è avvenuta mercoledì e alla partenza della cassa integrazione
per un massimo di 285 lavoratori che verrà messa in atto nei prossimi giorni.
Silvio Maranzana
Amianto-killer: i numeri sono da record
Il convegno sul tumore polmonare tenutosi al Savoia ha
evidenziato i lavori a rischio in industrie, cantieri e nella pesca
Per esposizione all’amianto in ambiente di lavoro Monfalcone è uno dei casi
più gravi al mondo. E Trieste la segue. Non solo l’amianto dei cantieri navali
ma molti altri settori mettono la nostra regione in una triste lista nera: si
ammalano di tumore polmonare più degli altri quelli che prendono lo stipendio
nelle costruzioni, nel tessile, nel cartario, nei trasporti. E nella pesca:
nessuno l’aveva mai detto. Anche Grado e il Basso Isontino sono dunque in questa
situazione. A Trieste si aggiunge la siderurgia (Ferriera). A Monfalcone 2700
persone che hanno lavorato a contatto con l’amianto sono state monitorate dal
1979 al 2008. Si è riscontrata un’incidenza di 10 volte maggiore di mesotelioma
rispetto al resto del Fvg, di 4 volte per il cancro al polmone, di 8 volte se
con l’amianto si è lavorato per almeno 10 anni, e la sigaretta raddoppia ancora
il numero. Di questa drammatica sintesi e del fatto che per il mesotelioma non
c’è ancora non solo una cura, ma nemmeno la possibilità di fare una diagnosi
precoce (che invece è possibile per i forti fumatori), ha parlato ieri il
triestino Fabio Barbone, direttore dell’Istituto di Igiene e epidemiologia
clinica dell’ospedale Santa Maria della Misericordia di Udine, al convegno
regionale intitolato “Tumore del polmone: linee guida, evidenze emergenti, nuovi
scenari clinici e sociali” a cura di Alessandra Bearz del Cro di Aviano e di
Gianpiero Fasola, direttore del Dipartimento di oncologia dell’ospedale di Udine
e autore di importanti ricerche proprio sulle malattie amianto-correlate. Uno
dei grandi problemi affrontati è appunto se “monitorare”, anche con Tac spirale,
Tac ad alta risoluzione, biopsie, persone esposte ad amianto consente o meno di
fare una diagnosi precoce e salvavita. Su 1045 casi monitorati da Fasola e
ricontrollati oggi con Barbone è risultato che la metà degli analizzati era
risultato “positivo”, ma che poi solo 10 hanno sviluppato la malattia. È giusto
e utile fare esami tanto invasivi? Lo studio darà una risposta finale il
prossimo anno. Intanto arriva un’altra sorpresa: in questo gruppo a distanza di
10 anni non si è rivelata maggiore incidenza di tumore al polmone. Ma la
relazione lavoro-ambiente non riguarda solo il terribile killer amianto. A
Monfalcone, sede di cantieri navali, si teme anche per la centrale a carbone e a
Trieste per i fumi e le emissioni della Ferriera. E qui ieri si è messa un’altra
parola importante dopo il “report” emesso dall’Osservatorio ambiente e salute
della Regione che ha proprio nei giorni scorsi dedotto, sulla base dell’analisi
di dati clinici, che attorno alla Ferriera non ci si ammala di più che in altre
aree urbane e perfino rispetto ad altre città senza siderurgia. «La differenza -
ha assicurato Diego Serraino, direttore del Registro tumori del Fvg e del
servizio di Epidemiologia del Cro di Aviano - emerge tra città nel suo complesso
e Carso. In Carso ci aspettavamo, analizzando il periodo 1995-2007, 400 casi di
tumore al polmone e ne abbiamo trovati 344. Per le donne vivere a 800 metri
dalla cokeria, in città o in Carso non cambia nulla, troviamo solo 2 tumori
all’anno. Per gli uomini l’incidenza è un po’ maggiore, 124 tumori attorno alla
fabbrica a fronte di 103 in Carso. Ma quali sono le vere ragioni? - si chiede
Serraino - Forse gli uomini erano anche esposti all’amianto? Forse fumavano di
più? Quale quota di tumori è attribuibile alla Ferriera? Bisognerebbe (ma è una
decisione politica) decidere se investire su un’analisi più approfondita. Però,
anche se ogni malato vale per sè, statisticamente il dato è davvero
irrilevante». Serraino conferma un’altra cosa. Che sono in campo, per la
comprensibile emotività che il tema suscita a livello collettivo, due “filiere”
abbastanza divergenti che creano evidenze diverse e talora incompatibili: «Le
notizie sui tumori da ambiente derivano spesso da una ricerca ordinata dal
magistrato, che la passa al pm, che la passa ai giornali. Ma nessun istituto che
studia il cancro prenderebbe l’analisi del magistrato come scientifica. Per
arrivare a conclusioni certe si spendono milioni di dollari per molti anni in
ricerca. L’acquisizione di conoscenza così certa da potersi tradurre in legge è
un processo lento. La correlazione tra sigaretta e tumore al polmone ha
richiesto 50-60 anni per essere certa. Oltre 30 anni per definire il rapporto
tra Papilloma virus e tumore alla cervice uterina. Una cosa è sicura:
l’inquinamento di “oggi” non ha nessuna relazione con le malattie di “oggi”.
Oggi abbiamo tumori per cause attive negli anni ’60 e ’70. Sacrosanto però che
per legge si protegga l’ambiente: quando il semaforo è rosso non si deve passare
mai».
Gabriella Ziani
«Cancro, il registro regionale aggiornato solo fino al
2008»
«È triste che sia una Procura a risolvere cose di cui altri si sarebbero
dovuti occupare, ma con la Procura di Gorizia per i processi sull’amianto si
stanno studiando altre 6500 persone individuate come “esposte” dal ’74 al ’94».
Fabio Barbone, direttore dell’Istituto di Igiene ed epidemiologia all’ospedale
di Udine, docente universitario a Udine e a Trieste (con la Medicina del lavoro
di Massimo Bovenzi, autore del primo studio, nel ’93, sull’incidenza di questi
tumori), è consulente «a titolo gratuito» per il Tribunale. E in quest’ambito
attende una cosa importante: il Registro tumori della Regione, fermo al 2008.
«Speriamo che vengano presto aggiornate le banche-dati...». Altrimenti avremo
sempre una fotografia invecchiata della situazione.
L’oncologo Fasola: «Nella genetica la nuova speranza» -
PROSPETTIVE
È la genetica la nuova speranza per la cura dei tumori. Gianpiero Fasola,
direttore del Dipartimento di Oncologia all’ospedale di Udine e presidente di
Cipomo (Collegio italiano dei primari oncologi medici ospedalieri) che con
l’Associazione italiana oncologia medica ha organizzato il convegno triestino
sui tumori polmonari dà una sintesi del “summit” che si traduce anche in un
severo richiamo alla politica. Perché ormai «la metà dei tumori sono
individuabili da cause genetiche, e anche se non abbiamo ancora tutte le
molecole per curare ogni tipo di malattia, nuovi farmaci stanno per entrare in
commercio, capaci di colpire il “bersaglio” tumorale e così addirittura
raddoppiare le possibilità di sopravvivenza dei malati, ma nella situazione in
cui siamo - afferma il medico - certe cure non potremo permettercele, per
ragioni economiche, perché finora non si è fatto abbastanza, in Sanità, per
evitare i costi evitabili. La politica - prosegue Fasola - chiede a noi medici
di riorganizzare e razionalizzare i nostri comportamenti per rivedere la spesa,
e siamo pronti, ma ci vuole un patto: serve anche l’appropriatezza
organizzativa, e questa compete alla politica». Fasola, si ricorderà, è l’autore
della famosa legge “taglia piccoli ospedali” che ancora decenni dopo non è stata
applicata. Ma a che punto siamo oggi in definitiva con la possibilità di curare
i tumori? «Se penso a 10 anni fa - risponde Fasola - e ai farmaci che abbiamo
adesso, siamo molto avanti, in un mondo ieri inimmaginabile. Se penso invece ai
malati, devo concludere che nonostante ciò siamo ancora agli inizi...».
(g. z.)
IL PICCOLO -
VENERDI', 28 febbraio 2014
Urbanistica - Disco verde al piano paesaggistico
La giunta regionale, su proposta dell'assessore alla
Pianificazione territoriale Mariagrazia Santoro, ha approvato lo schema tecnico
per la struttura del Piano paesaggistico regionale, in accordo con quanto
previsto nel disciplinare di attuazione del protocollo d'intesa fra il ministero
dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo e la Regione Friuli Venezia
Giulia, sottoscritto lo scorso 12 novembre. Contestualmente l’esecutivo ha
deliberato di dare avvio al processo di VAS-Valutazione ambientale strategica
del Piano stesso.
Bonifiche, iter illustrato a imprese e categorie -
INCONTRO CON I VERTICI EZIT
Il presidente dell’Ente zona industriale, Dario Bruni: «I vantaggi per le
aziende sono evidenti, a partire dall’introduzione del principio secondo cui
paga solo chi inquina»
Un ulteriore step nel percorso che si pone l’obiettivo di chiudere la
partita delle aree inquinate del Sin (sito di interesse nazionale), che si sta
giocando, senza risultati, ormai da una quindicina d’anni ma che ora sembra aver
finalmente imboccato la strada giusta, in virtù dell’Accordo di Programma
siglato nel maggio 2012. Dopo il confronto con i rappresentanti delle categorie
economiche, ieri nella sede del Mib, i vertici dell’Ezit hanno incontrato i
titolari delle imprese insediate in zona (320 in totale). Sono stati dunque
illustrati i passaggi tecnici dell’iter che prevede l’intervento di
riqualificazione ambientale, portato avanti dallo stesso Ente zona industriale
su delegazione amministrativa della Regione. Si parte dalle autorizzazioni a
procedere per il completamento del piano di caratterizzazione (analisi del
sottosuolo), cui seguirà, ove necessario, la redazione dell’analisi di rischio
specifica. Poi, la raccolta e l’inserimento di tutti i risultati in un’unica
banca dati e l’elaborazione del modello idrogeologico dell’intero sito,
attraverso l’utilizzo dei piezometri per misurazioni e prove idrauliche. Per
imprese e proprietari delle aree, in sostanza scompare il cosiddetto danno
ambientale forfettario, che costringeva i privati a pagare a prescindere
dall’inquinamento. Adesso vige il concetto comunitario in base al quale paga
solo chi inquina: nello specifico, il pubblico per le aree di propria competenza
e per quelle private inquinate da enti pubblici, mentre saranno i soggetti
privati responsabili dell’inquinamento, in caso di contaminazione accertata, a
dover rimborsare i costi sostenuti per l’intervento di bonifica. Nel caso non si
arrivasse al versamento del dovuto, si provvederà all’iscrizione di un onere
reale. Sono 500 complessivamente gli ettari a terra oggetto del monitoraggio da
parte dell’Ezit, che scatterà al termine della gara d’appalto e dunque
presumibilmente all’inizio del prossimo anno: 7 milioni e 737mila euro la cifra
complessiva stanziata per l’intervento. «I vantaggi per le aziende sono evidenti
- ha spiegato Dario Bruni, presidente Ezit -. E sono sicuramente la scomparsa
del danno ambientale, con il principio che prevede che a pagare sia solo chi
inquina, e poi lo snellimento dell’iter amministrativo che consente, nel caso di
risultati positivi, la restituzione immediata dei terreni agli usi legittimi».
Sulla filosofia dell’intervento si è soffermato il direttore Ezit Paolo De Alti:
«Adesso si affronta il problema in modo unitario e non più differenziato - ha
affermato De Alti -. I soggetti privati da questa operazione potranno solo
guadagnarci: avranno la restituzione delle aree con acque e suoli puliti in
tempi certi e brevi».
Pierpaolo Pitich
IL PICCOLO -
GIOVEDI', 27 febbraio 2014
Una scorta per la foca monaca - La polizia del mare e
gli studenti organizzano un servizio di sorveglianza antimolestie per “Adriana”
POLA L’avevano già importunata ma, nonostante l’indignazione collettiva, c’è
chi insiste a infastidire “Adriana”, la foca monaca che si è innamorata della
spiaggia di Saccorgiana. E visto che non tutti rispettano le raccomandazioni a
non avvicinarsi troppo all’animale, fra l’altro protetto dalla legge, da qualche
giorno “Adriana” può contare su una sorta di sorveglianza privata. L’accordo è
stato raggiunto tra la polizia del mare e gli studenti del corso di Scienze del
mare dell’Università istriana Juraj Dobrila. A sollecitarlo il Gruppo foca
monaca la cui presidente Jasna Antolovic, nota biologa, è impegnata a
sensibilizzare l’opinione pubblica sulla necessità di lasciare in pace l’animale
mentre riposa e prende il sole sulla spiaggia. «In questo periodo dell’anno
l’animale cambia il pelo, per cui ha bisogno di stare alcune ore del giorno
all’asciutto» spiega Antolovic. E a proposito della sua frequente presenza da
queste parti la biologa sostiene che l’«unica spiegazione è il mare
particolarmente ricco di nutrimento». Alla domanda sullo specifico “regime di
sorveglianza” Antolovic precisa che «sul posto ci sono giorno e notte studenti e
volontari che segnalano immediatamente alla polizia i casi di molestie che
purtroppo non mancano - racconta la biologa - Numerose segnalazioni arrivano
continuamente anche a me per cui è arrivato il momento di procedere con le
maniere forti contro i trasgressori». Finora sulla foca monaca ci si è limitati
ai richiami e agli ammonimenti che evidentemente non bastano. E per questo
Antolovic annuncia la denuncia nei confronti di un giornalista di Pola che
sarebbe stato fotografato mentre si «spinge a meno di un metro dalla foca monaca
per fare qualche scatto». Ma c’è di più. Segnala anche un increscioso episodio
accaduto nei giorni scorsi: «Un gruppo di amanti degli animali, tra cui numerose
persone arrivate appositamente da Zagabria, stava osservando a debita istanza la
foca monaca mentre riposava. A un certo punto - racconta Antolovic - una donna
con il suo cane si è diretta verso l’animale ignorando l’invito a desistere. Si
è fermata solo dopo aver capito che stavamo per chiamare la polizia». Ma il
danno era già stato fatto, come testimoniano altri scatti. Ad esempio quello
pubblicato da un portale in cui si vedono bambini troppo vicini all’animale.
«Oltre a sussistere gli elementi per una denuncia, bisogna far capire a queste
persone - dice Antolovic - che la foca monaca è capace di mordere, oppure di
colpire gli intrusi con la coda e con la testa qualora ritenesse di trovarsi in
pericolo». Avvertimenti che non bastano visto che un uomo, pensando forse che
l’animale stesse male, si è avvicinato gridando «svegliati» e gettandogli sul
corpo secchi d’acqua. Eppure le ammende per questi comportamenti non sono
irrilevanti: da un minimo di 900 fino al massimo di 13.000 euro. Ma come spiega
l’ispettrice del ministero della cultura Mirjana Fonjak «possiamo procedere
contro qualcuno solo se colto in flagrante». Ecco perché arriva il “cordone
sanitario” della vigilanza privata...
(p.r.)
Convegno - Urbanisti a confronto sul consumo del suolo
Un convegno sui temi del consumo di suolo e della
rigenerazione urbana, incentrato sui territori del Fvg e del Veneto. L’incontro
interregionale, promosso dal l'Istituto nazionale di Urbanistica e dal Censu, si
terrà oggi alle 14 a Pordenone, nella sala consiliare della Provincia e cercherà
di contribuire a costruire soluzioni legislative efficaci.
IL PICCOLO -
MERCOLEDI', 26 febbraio 2014
Ferriera, l’altoforno si è fermato - Atteso l’ok per il
bando di vendita
Venerdì riunione del Comitato di Vigilanza per il via libera alla gara.
Cosolini: dobbiamo avere fiducia Graduale la partenza
della cassa integrazione, ma gli operai ora temono un lungo stop
Si chiude un capitolo nella storia quasi centoventennale della Ferriera di
Servola. Oggi si completa lo spegnimento dell’altoforno: gli operai più
ottimisti ritengono che questa situazione come minimo si protrarrà fino a
giugno-luglio e molti hanno un timore maggiore, e cioè che non verrà più
riacceso. Ma frattanto in serata è giunta dalla Regione una notizia: venerdì si
riunisce il Comitato di Vigilanza, per effettuare le verifiche sul bando di
evidenza pubblica prima che la sua pubblicazione sia autorizzata dal ministero
per lo Sviluppo economico. Si arriverà evidentemente alla prima metà di marzo,
ma poi il bando - ammesso che il Comitato non ravvisi incongruenze - finalmente
uscirà. «Il timore dei dipendenti della Ferriera è comprensibile - commenta il
sindaco Roberto Cosolini - ma dobbiamo essere fiduciosi. A questo punto è
importante che il bando di vendita del commissario straordinario della Lucchini
Piero Nardi esca effettivamente il prima possibile e non voglio nemmeno
considerare l’ipotesi che la gara possa andare deserta. L’Accordo di programma è
stato il punto di partenza fondamentale, la firma dell’Autorità portuale va
messa ma non è decisiva perché del resto l’Accordo ha già ottenuto l’assenso
anche da parte del Comitato portuale». «Siamo in una fase di elaborazione, una
sosta tecnica - spiega la governatrice Debora Serracchiani - ma la Regione è in
costante contatto con l'Amministrazione straordinaria, e non appena ci saranno
novità le comunicheremo, eventualmente anche attraverso la convocazione del
Tavolo della Ferriera. Eravamo preparati alla chiusura dell'altoforno - aggiunge
la presidente - e stiamo monitorando tutto l'iter che, se procede come
auspichiamo, dà fiducia che le prospettive siano quelle attese». «Anche le
ultime voci raccolte parlano di un bando che dovrebbe uscire nel giro di alcuni
giorni», ha affermato poco prima con fiducia Franco Palman, rappresentante di
fabbrica della Uilm. La sospensione dal lavoro avrà una partenza graduale. «Ci
sono lavorazioni da concludere, materiali da smaltire e operazioni di pulitura
da fare - spiega Cristian Prella che nelle rsu rappresenta il sindacato autonomo
Failms - dai primi di marzo si partirà con lo smaltimento delle ferie arretrate
e c’è una media di 7 giorni per ogni lavoratore, solo dopo i dipendenti verranno
messi in cassa integrazione, che potrà coinvolgere al massimo 285 lavoratori.
Oggi comunque dovrebbero essere affissi i nomi dei primi turni della “cassa”».
Lo stop all’altoforno comporta anche quello della macchina a colare e
dell’agglomerato con forti riduzioni anche nel movimento stradale e ferroviario
e negli addetti alla banchina. Resta invece totalmente in funzione la cokeria il
cui organico dovrebbe essere anche aumentato di qualche persona e lavorerà
pressoché a pieno lo staff, il settore che raggruppa gli impiegati. L’ultima
volta in cui l’altoforno si era fermato è stato nella primavera 2009. Nel marzo
di quell’anno l’attività del cosiddetto “Afo2” non più a norma era cessata e
l’”Afo3” su cui da mesi erano in corso lavori di ristrutturazione non era ancora
pronto. Ci fu così un’interruzione che si protrasse fino all’estate, poi il 3
partì ed è rimasto in attività fino a ieri. I due altoforni sono gemelli e la
storia dell’”Afo2” è stata ricostruita in un album fotografico curato da un ex
dipendente, Aldo Raffaello Sturari. Fu costruito dalla ditta tedesca Demag, i
lavori iniziarono nel 1963 e terminarono nel 1965 con accensione la mattina del
Primo maggio. Era un impianto avanzato per l’epoca: caricamento a nastri,
tramoggia di carico ruotante, sistema computerizzato.
Silvio Maranzana
«Porto, atto politico la bocciatura della Regione» -
PIANO REGOLATORE: interrogazione
L’ex assessore Riccardi (Fi): Serracchiani dipani ogni dubbio dimostrando
che non è vero
Riccardo Riccardi, ex assessore e oggi capogruppo di Forza Italia in
Consiglio regionale, parte lancia in resta all’attacco della giunta Serracchiani
in relazione ai molti rilievi sollevati sul Piano regolatore del porto. E
presenta un’interrogazione alla presidente Debora Serracchiani a seguito della
valutazione negativa recentemente espressa dagli assessorati regionali
all’Ambiente e ai Lavori pubblici. «Alla luce di quanto accaduto sul Piano
regolatore del porto di Trieste - scrive Riccardi in una nota - e in particolare
sulla scelta della Regione di bocciare lo strumento urbanistico che aveva già
nella sostanza trovato il sostegno degli enti locali del territorio, credo che
la presidente Serracchiani debba dare al Consiglio delle risposte. Ritengo
infatti sia necessario dipanare ogni dubbio, affinché non vi siano sospetti che
dietro ad un'azione di tipo amministrativo si possa celare una precisa volontà
politica». Dopo questa premessa, il consigliere forzista sottolinea che «lo
strumento urbanistico è stato redatto dall'Autorità portuale cinque anni fa e il
lungo iter, che sembrava aver trovato un suo epilogo, adesso con questo stop
rischia di rimanere impaludato con conseguenze facilmente immaginabili. Nello
specifico - scrive Riccardi - chiedo di sapere per quale motivo sia stata la
Regione e non i Comuni interessati di Trieste e Muggia (che hanno deliberato
favorevolmente tre mesi fa) a rilevare come non ci sia ottemperanza con i
contenuti di quelle intese già sottoscritte in precedenza». «Mi chiedo inoltre -
continua l'ex assessore regionale ai Trasporti - come si possa affermare da
parte della Regione che non vi siano progetti dettagliati se i contenuti
progettuali all'interno del Piano regolatore sono quelli definiti dalla
Commissione per la Valutazione dell'impatto ambientale (Via) e pertanto sul
punto sarà la stessa commissione a decidere». Ma per Riccardi «non ci convince
neanche il fatto che la Regione abbia messo in discussione quello che riguarda
gli impatti relativi alla matrice atmosferica, delle acque e del paesaggio,
visto che i contenuti del Piano sono quelli richiesti dalla Commissione Via».
«Infine – conclude Riccardi – chiedo come mai sia la stessa Regione a sollevare
il tema della viabilità se vi è già l'accordo con gli enti locali, dal momento
che la questione era già stata oggetto di intese con i Comuni di Trieste e
Muggia, nonché di valutazione positiva del Consiglio superiore dei lavori
pubblici».
Apre la “pannolinoteca” per i bebé
L’iniziativa della Provincia di Gorizia potrebbe estendersi all’intera
regione
TRIESTE «Promuovere la buona prassi di utilizzare per i nostri piccoli i
pannolini lavabili e riciclabili rappresenta una rivoluzione culturale e
sostenibile: basti pensare che utilizzare il pannolino tradizionale usa e getta
per ogni bambino nei primi tre anni di vita contribuisce a produrre oltre una
tonnellata di rifiuti». Lo ha affermato l'assessore regionale all'Ambiente, Sara
Vito, in occasione della presentazione in Provincia di Gorizia di un progetto
realizzato con fondi statali InFEA 2013, in collaborazione con ARPA-LaREA. Si
tratta di "Pannolinoteca provinciale", una sorta di infopoint per il prestito
gratuito di pannolini lavabili, gestito dalla Provincia di Gorizia in
collaborazione con l'associazione di genitori "Non solo ciripà". Lo sportello
avrà sede nella sala Giunta della Provincia in Corso Italia, dove mensilmente
saranno ricevuti i genitori interessati al prestito dei pannolini lavabili (le
adesioni dovranno essere inviate all'indirizzo email pannolinoteca@provincia.gorizia.it.).
«E' necessario ripensare - ha affermato Vito - alla cura dei nostri bambini
anche attraverso il sistema dei pannolini lavabili. I nostri comportamenti,
infatti, rappresentano un importante segno di rispetto per il territorio e per
l'ambiente in generale». «Vogliamo consegnare alle prossime generazioni - ha
detto - un ambiente più pulito, grazie a un ciclo ecologico virtuoso,
economicamente sostenibile ed ecocompatibile». «Per questo - ha aggiunto Vito -
la Regione sta pensando di diffondere il progetto a livello regionale e a
rafforzare l'informazione dell'iniziativa verso le famiglie, i punti nascita, i
corsi pre -parto ed i nidi d'infanzia». L'inaugurazione, alla quale era presente
anche la vicepresidente Mara Cernic, è stata preceduta dalla presentazione del
video della campagna regionale promossa da ARPA FVG-LaREA "Nati per non
inquinare. Noi usiamo il pannolino lavabile". Il video è stato realizzato dal
regista Diego Cenetiempo della Mediateca triestina "Cappella Underground",
nell'ambito del Programma InFEA 2013 della Regione.
IL PICCOLO -
MARTEDI', 25 febbraio 2014
Ferriera, si spegne l’altoforno e parte la cassa
integrazione
La comunicazione alle rsu: oggi la prefermata e domani lo stop, ma resta
in attività la cokeria
E intanto circola nello stabilimento la voce che il
primo bando di vendita andrà deserto
Si ferma l’altoforno della Ferriera di Servola. Oggi scatta la prefermata
che nel giro di 24 ore porterà allo stop con la conseguente messa in cassa
integrazione straordinaria da domani della gran parte di quei 285 dipendenti che
già nella prima parte di marzo, quando il provvedimento dell’ammortizzatore
sociale verrà applicato nei numeri massimi previsti, rimarranno a casa. Per
quanto tempo, nessuno lo sa. Secondo la lettura che ne danno i rappresentanti
sindacali, la cassa può protrarsi finché non si esaurisce l’incarico di
commissario straordinario della Lucchini spa che è affidato a Piero Nardi. La
conferma che stavolta i tempi non slitteranno più, come invece è accaduto per
due volte in precedenza dapprima a causa di insistenze sindacali e poi in
concomitanza con l’arrivo di una nave di carbone, è stata data ieri ai
rappresentanti di fabbrica dalla responsabile del personale della Servola spa
Alessia Zeppa. Resta invece sempre in funzione la cokeria, il che oltre ad avere
un effetto estremamente pratico anche perché l’organico degli addetti al
reparto, che è di circa 110 persone, potrebbe essere in questi mesi addirittura
rinforzato, assume anche un valore simbolico, dal momento che il suo spegnimento
avrebbe significato probabilmente il definitivo addio all’attività di produzione
siderurgica nel sito triestino, mentre la permanenza della cokeria in attività
continua ad alimentare le speranze di rilancio produttivo. Guardando la
questione dall’altra faccia della medaglia, lo spegnimento dell’altoforno in sé
non placa le proteste che da anni porta avanti una parte degli abitanti delle
zone circostanti lo stabilimento perché è proprio dalla cokeria che provengono
le emissioni più contestate. La chiusura dell’altoforno intanto, come si temeva,
ha anche preceduto l’emissione da parte dello stesso commissario straordinario
del bando di vendita del sito servolano, la cui pubblicazione viene data per
probabile alla fine di questo mese. Sia fuori che dentro lo stabilimento però
nel frattempo è incominciata a circolare la voce che il primo bando andrà
comunque deserto in quanto è comprensibile l’intenzione del presunto potenziale
compratore, cioé il Gruppo Arvedi attraverso la newco Siderurgica Triestina di
cui è amministratore unico Francesco Rosato, di tirare sul prezzo e magari anche
sulle condizioni. Secondo voci sindacali non confermate l’obiettivo del
commissario sarebbe quello di ricavare dalla vendita di tutti i siti del Gruppo
Lucchini una cifra di almeno 700 milioni di euro. La questione Servola dunque,
si mormora ormai, non arriverà al dunque prima di giugno. Ad evitare lo
spegnimento dell’altoforno c’è invece almeno momentaneamente riuscita Piombino.
La società tunisina Smc, disposta a rilevare i tre stabilimenti Lucchini di
Piombino, Lecco e Condove (Torino), sta preparando un memorandum understanding
che, entro la prossima settimana, sarà presentato al commissario Nardi,
corredato da un progetto finanziario: è quanto ha annunciato in un hotel di
Piombino, secondo quanto riportano alcuni quotidiani, il magnate arabo Khaled al
Habahbeh il quale ha anche detto: «Noi crediamo nella Lucchini e siamo qui per
raggiungere l’accordo nel più breve tempo possibile». Al memorandum, se
accettato da Nardi, seguirà un’offerta vincolante nel giro di due settimane. Il
gruppo arabo è l’unico ad aver manifestato interesse a comprare tutti gli
stabilimenti Lucchini (Servola esclusa) con un investimento complessivo che
arriverebbe addirittura a 3 miliardi di euro. Sembra altamente improbabile che
la società tunisina possa ora farsi avanti anche in occasione della
pubblicazione del bando di vendita della Ferriera triestina.
Silvio Maranzana
«Per Servola resta in vigore la vecchia Aia»
L’assessore regionale Vito: nuova Autorizzazione ambientale solo
all’imprenditore subentrante
«La disciplina in materia ambientale prevede che, nelle more del
completamento dell’istruttoria finalizzata al rinnovo dell’Autorizzazione
integrata ambientale, il gestore prosegua l’esercizio dell’attività sulla base
dell’ Aia previgente e fino al rinnovo della medesima non necessitando pertanto
di alcun provvedimento esplicito di proroga da parte dell’Amministrazione
procedente». Lo chiarisce l’assessore regionale all’Ambiente Sara Vito dopo che
l’Aia concessa nel 2008 alla Servola spa risultava formalmente scaduta il 20
febbraio. La stessa Vito e l’assessore comunale all’Ambiente Umberto Laureni
ricordano che la Lucchini in amministrazione straordinaria ha chiesto, come
prevede la normativa di settore, sei mesi prima della scadenza, il rinnovo
dell’Aia presentando poi la relativa documentazione tecnica nel dicembre 2013 e
nel gennaio 2014. Per quanto riguarda la Ferriera di Servola, l’assessore Vito
sottolinea che «il rinnovo dell’Aia può essere rilasciato solo al nuovo
imprenditore». Evidenzia infatti che con decreto legge numero 145 del 23
dicembre 2013 recentemente convertito in legge, è stata introdotta una norma
finalizzata a favorire le riconversioni industriali e la bonifica di siti
contaminati attraverso lo strumento dell’Accordo di programma quadro nel cui
ambito sono stabilite le modalità degli interventi di bonifica dei siti
contaminati e gli interventi minimi necessari sugli impianti per soddisfare la
partecipazione pubblica agli oneri di bonifica. «L’Accordo di programma
stipulato il 30 gennaio 2014 - sottolinea Vito - disciplina le azioni e gli
oneri, sia in termini di bonifica del sito inquinato, sia in termini di
riqualificazione degli impianti, che vengono posti a carico del nuovo
imprenditore, prescelto sulla base di un avviso a evidenza pubblica, nonché gli
interventi e gli oneri di bonifica del sito contaminato che vengono assunti
dalla Pubblica amministrazione (Stato e Regione) e infine l’iter amministrativo
per il rinnovo dell’Aia, evidenziando come il provvedimento del rinnovo debba
essere rilasciato solo al nuovo imprenditore prescelto. Ma l’Accordo di
programma - precisa ancora l’assessore - stabilisce ancora che la Regione può
assumere anche a titolo precauzionale ulteriori provvedimenti limitativi
dell’attività produttiva, qualora le emissioni all’interno dello stabilimento e
nelle aree circostanti, siano tali da creare una situazione di pericolosità per
l’ambiente e la salute pubblica».
(s.m.)
«Va recuperata l’area della caserma Cimone»
A Banne la Comunella e l’Associazione culturale Grad hanno lanciato un
appello alle istituzioni
Oggi si penserebbe a lui come a un ecologista ante litteram, ma eccezion
fatta per gli abitanti di Banne della sua figura non si ricorda quasi nessuno.
Eppure Joseph de Burgstaller, il cui centenario dalla morte ricorre proprio
quest'anno, il 6 novembre, di cose per essere rammentato dai posteri ne fece
parecchie: fu a capo della Commissione per l'imboschimento del Carso, credendo
per primo nella necessità di “rimpolpare” il verde pubblico a partire dai propri
appezzamenti; presiedette il Teatro Verdi nel 1900 e diresse le manifestazioni
funebri per la morte del celebre compositore; fu uno degli esponenti più solerti
della Direzione di pubblica beneficenza e assunse la vicepresidenza della Croce
rossa per Trieste e l'Istria; in ambito politico ricoprì la carica di deputato
del Consiglio d'Impero e della Dieta provinciale, in quello militare si guadagnò
la medaglia di guerra. Oggi sepolto tra le tombe monumentali del cimitero di
Sant'Anna, il commendator de Burgstaller viene annoverato dalla Comunella di
Banne e dall'Associazione culturale Grad tra i maggiori benefattori della
comunità locale, per il contributo reso al suo sviluppo. Tuttavia, a
testimonianza di quell'epoca, oggi resta solo il degrado di un'area, quella
della dismessa Caserma Monte Cimone, che pare quasi insanabile. Per questo
Comunella e Grad si sono decisi a prender carta e penna e scrivere alle
istituzioni (dall'Agenzia del Demanio al sindaco Cosolini, passando per Regione,
Ispettorato ripartimentale delle foreste, circoscrizione, Curia, Wwf e Consolato
austriaco), così da sensibilizzarle sulla necessità di recuperare quanto resta
della tenuta Bidischini-Burgstaller, per realizzarvi percorsi didattici e
turistici. La storia dei luoghi, dunque. Le radici del borgo affondano nel
lontano 1619. Cent'anni dopo l'abitato è formato da due sole unità, nelle
vicinanze delle quali sorge la casa dei coloni della Mandrija, di proprietà
degli Ustia. La chiesetta di Banne, dove ancora oggi si officia, sorge nel 1735
come cappella privata della famiglia e viene dedicata a San Floriano. Nel 1806
la proprietà passa ad Andrea Bidischini, la cui nipote Gabriella, nella seconda
metà dell’800, sposa in terza unione Burgstaller, che diventa titolare della
tenuta. «Ancora oggi – sottolinea la Comunella - gli anziani tramandano la
benevolenza dei Burgastaller. Tant'è che i neonati del paese venivano chiamati
Gabriella e Joseph, perché tenuti a battesimo dai possidenti». Ma allo scoppio
della Grande guerra, dopo la morte dei coniugi, l’area diventa posto di sosta
per le truppe e il governo austroungarico ne rivendica la proprietà. Nel 1916
sulla “Mandrija” vengono distaccate le milizie boeme che ben presto cedono il
terreno alle autorità italiane. Nel 1921 l’Esercito occupa le strutture rimaste
e dal 1924 incomincia la costruzione degli edifici della caserma, che stravolge
l'intera Mandrija e la sontuosa villa. Da allora in poi l'epilogo della “Monte
Cimone” è storia nota. Ma cosa si potrebbe fare? Molte cose, stando alla
Comunella: recuperare l'antico pozzo e la grotta regolarmente censita, scoprire
le antiche fondamenta della villa, portare alla luce le rovine del torrione,
soprattutto porre un freno «agli scempi che continuano a distruggere questo
posto storico», come denunciano i residenti di Banne.
Tiziana Carpinelli
VERDE PUBBLICO: IL CAPOGRUPPO DI FI - Bertoli: testo
sbagliato, nessuno se n’è accorto
«Trentaquattro componenti della maggioranza (10 assessori e 24 consiglieri
comunali) non si accorgono che la delibera che avevano votato in giunta (gli
assessori) e si accingevano a votare in Consiglio era sbagliata. E poi, invece
di riflettere sui troppi errori che commettono e chiedere scusa alla città, si
lamentano dell’opposizione che fa quello che la maggioranza non fa: legge e
studia le delibere». Lo afferma il capogruppo di Forza Italia Everest Bertoli
tornando su quanto accaduto in Consiglio comunale la scorsa settimana: è stato
lo stesso Bertoli a indurre la giunta a ritirare il nuovo Regolamento sul verde
pubblico e privato segnalando che la delibera non era identica - come sarebbe
dovuto invece essere - a quella discussa nelle circoscrizioni. «La triste verità
- aggiunge Bertoli - è che troppo spesso la maggioranza si presenta in aula solo
per votare senza nemmeno leggere quello che vota. Due settimane fa anche la
delibera del Paes (piano di azione per l’energia sostenibile, ndr) era da
ritirare perché sbagliata e nessuno se ne è accorto tranne il sottoscritto».
Bertoli aggiunge che il testo poi ritirato è «delirante per quanto riguarda il
verde privato: avrebbe posto l’obbligo a privati e artigiani di comunicare 15
giorni prima al Comune l’intenzione di potare (non tagliare) gli alberi del
proprio giardino o condominio, e al Comune di sprecare risorse umane che possono
essere impiegate in modo più proficuo per la comunità». Di qui il «monito di
Forza Italia a questa maggioranza: non un euro di tasse in più, non un
provvedimento burocratico in più» Sul regolamento interviene con una nota anche
il coordinamento provinciale di FareAmbiente, sottolineando come sia
«indispensabile avere uno strumento che regolamenti il verde pubblico e privato,
ma attenzione a non penalizzare i cittadini con nuove incombenze burocratiche».
Banca Etica festeggia i suoi primi 15 anni -
CELEBRAZIONI IN CONTEMPORANEA CON ALTRE CITTÀ
Il 7 marzo in via Petronio lettura scenica con testimonianze, video e
performance teatrali
Banca Etica, il primo istituto di credito interamente dedicato alla finanza
etica, celebra 15 anni dalla sua nascita: i festeggiamenti partiranno da Trieste
il 7 marzo in contemporanea con Milano, Mantova e Firenze. L’anniversario - si
legge in una nota - «suggella il passaggio dalla fase pionieristica della
finanza etica al suo consolidamento in un modello ormai strutturato e pronto ad
aprirsi a nuovi settori dell'economia responsabile e sostenibile». A Trieste
l’appuntamento è al Teatro Stabile Sloveno (dalle 18 alle 19.30 nella sala del
Ridotto in via Petronio 4) per una lettura scenica con testimonianze dirette,
video e performance teatrali, anteprima di una sessantina di iniziative che si
susseguiranno in tutta Italia fino al 23 marzo. Nata l'8 marzo 1999 a Padova, su
impulso di migliaia di singoli cittadini e di tante organizzazioni del Terzo
Settore, Banca Etica conta oggi 17 filiali e 25 “banchieri ambulanti” in tutta
Italia. Ha un capitale sociale di oltre 46 milioni di euro, una raccolta di
risparmio di 883 milioni di euro e può vantare, in 15 anni di attività, oltre
7mila finanziamenti a imprese sociali. Nel Friuli Venezia Giulia il primo
promotore finanziario di Banca Etica ha iniziato a operare nel 2003, nella
storica sede di via Donizetti. Dal 2008 se ne è affiancato un altro, per le
province di Udine e Pordenone. Sulla base di queste esperienze, il 15 gennaio
2012 è stata aperta in regione una vera e propria filiale di Banca etica, che ha
sede in via Coroneo. Come spiega il direttore della filiale Fvg Enrico Trevisiol,
a Trieste i primi 15 anni di storia della banca verranno raccontati nella
testimonianza diretta di soci e di realtà associative operanti sul territorio:
usando diverse forme di comunicazione, le realtà del Terzo settore spiegheranno
in concreto come hanno deciso di utilizzare e valorizzare gli affidamenti
concessi da Banca Etica, e dove sono finiti i soldi di tanti risparmiatori e di
tanti soci. Protagoniste della serata triestina saranno dieci associazioni che
hanno avuto un rapporto costante con Banca Etica, come socie e clienti. Si
tratta di: Cooperativa Il posto delle fragole, Actis, Acli, Consorzio Ausonia,
Bottega del mondo Benkadì (Staranzano), Centro antiviolenza Goap, Associazione
Kallipolis, Oltre quella sedia, Curiosi di natura e Associazione donne
camerunensi. «Sarà una carrellata di storie ed esperienze proposte con letture
sceniche, brevi racconti, performance teatrali, video e musica che permetteranno
a ogni associazione coinvolta di testimoniare dal vivo dove sono finiti i nostri
soldi», commenta il coordinatore dei soci di Trieste e Gorizia Paolo Giurco.
IL PICCOLO -
LUNEDI', 24 febbraio 2014
Cosolini: «Il piano regolatore? Monassi adesso si
sbrighi»
Il commento del sindaco sullo stop della Regione: «È evidente che ci sono
omissioni e carenze» Insorge il centrodestra.
Savino: «Operazione politica del Pd». Rovis: «Il Comune
ha dato l’ok tre mesi fa»
Il Comune invita l’Autorità portuale a porre rimedio quanto prima alle
irregolarità che hanno portato alla “stroncatura” del piano regolatore da parte
della Regione. Al contempo, però, il centrodestra punta l’indice: «Quello stesso
piano ha avuto il via libera degli enti locali pochi mesi fa». Il sindaco
Roberto Cosolini è stringato: «L’Autorità portuale deve affrettarsi a integrare
la documentazione e a sopperire alle mancanze segnalate - dice -. Si tratta di
procedure di validazione che sono squisitamente tecniche, dei cui risultati
bisogna responsabilmente prendere atto. È evidente che ci sono da sanare carenze
e omissioni». Insomma «l’impressione è che in casa Autorità ci sia qualche
lavoro da fare rapidamente, e che si sia già perso troppo tempo». La vede in
maniera radicalmente opposta la senatrice di Forza Italia Sandra Savino, secondo
la quale la radice del problema è politica e non tecnica: «La guerra che il Pd
sta attuando contro l’Autorità portuale non pare essere un fattore del tutto
estraneo allo stop imposto dalla Serracchiani al Piano regolatore dello scalo
giuliano - scrive in un intervento -. È difficile infatti catalogare come
coincidenza la bocciatura da parte della Regione di uno strumento urbanistico il
cui studio di impatto ambientale era stato approvato dagli stessi esponenti del
Pd che guidano tutti i pianeti politicamente ormai allineati del territorio: i
comuni di Trieste, di Muggia e la Provincia». Secondo la senatrice «gli effetti
di questo blocco non vanno proprio nella direzione dello sviluppo e della
celerità di azione spesso invocati proprio da Serracchiani». Una «responsabilità
gravissima» di cui la presidente, dice Savino, dovrà rendere conto anche agli
enti locali governato dal centrosinistra. «Qualcuno poi dovrebbe avvisare la
stessa presidente - prosegue - che questa decisione potrebbe riesumare il
progetto del rigassificatore di Zaule, sulla cui contrarietà la Serracchiani ha
costruito parte della sua campagna elettorale». Secondo la senatrice il Pd attua
una «strategia ai danni della città» per «l’occupazione sistematica del potere,
passando da un livello non più solo politico, ma anche amministrativo e
burocratico». Infine, si chiede provocatoriamente Savino, «alla luce di questo
stop che certo non contribuisce al rilancio dell'economia di Trieste, il
senatore Russo adesso di chi chiederà le dimissioni?». Sul tema interviene anche
il consigliere comunale del Ncd Paolo Rovis: «Sconcerta la bocciatura del piano
da parte della Regione - scrive -. Per tre ordini di motivi». Il primo motivo è
lo stop «alle attività di sviluppo»: «Chi si chiede "chi è che blocca il Porto
di Trieste" ora ha una risposta netta e lampante - afferma Rovis -. Peraltro,
uno stop che contrasta con gli inviti a "fare presto" reiterati dalla stessa
Regione». Il «secondo aspetto» riguarda il “no” al rigassificatore di Zaule: «Il
contestato impianto potrebbe infatti tornare in pista per mano di Serracchiani».
«Il terzo motivo è forse il più eclatante - conclude Rovis -. Lo Studio di
impatto ambientale e la Via/Vas sono stati approvati all’unanimità dai Comuni di
Trieste e Muggia e dalla Provincia di Trieste solo tre mesi fa. Compattamente
favorevoli tutte le forze politiche e personalmente Cosolini, Bassa Poropat,
Nesladek. Serracchiani si pone perciò in collisione diretta con tutti gli enti
elettivi locali e smentisce seccamente i suoi stessi compagni di partito che
ricoprono ruoli istituzionali».
Giovanni Tomasin
Lo studio sul rischio tumori nella zona della Ferriera
condotto per mesi da esperti
intervento di DIEGO SERRAINO - Direttore Registro Tumori del Friuli
Venezia Giulia Soc. Epidemiologia e Biostatistica Irccs Centro di Riferimento
Oncologico, Aviano
Ho partecipato alla conduzione dello studio epidemiologico condotto
dall’Osservatorio Ambiente e Salute Fvg sul rischio di tumore dei cittadini
residenti nei Comuni di Trieste e Muggia in relazione alla distanza della loro
residenza dalla Ferriera di Servola. Ho letto, quindi, con attenzione il
commento del consigliere regionale Ussai che ritiene (Piccolo di Trieste,
18-02-2014) inutile questo studio pagato dalla Regione in quanto “non ha fatto
altro che confermare l’aumento complessivo del rischio di tumore del polmone
della zona urbana di Trieste, mentre risulta totalmente inadeguato a descrivere
lo stato attuale di salute della popolazione residente in stretta prossimità
dello stabilimento siderurgico”. Rimanendo strettamente nell’ambito tecnico di
mia competenza, ritengo utile chiarire alcuni punti dello studio per fornire
ulteriori elementi conoscitivi. Il primo punto riguarda i tempi di conduzione
dello studio: ci sono voluti molti mesi perché, soprattutto grazie ai colleghi
dell’Università di Udine, è stata portata a temine la georeferenziazione degli
indirizzi dei cittadini residenti in Friuli Venezia Giulia. Una procedura lunga
e complessa che ha permesso di misurare (in metri) la distanza delle abitazioni
dei residenti nel comune di Trieste rispetto al camino della cokeria della
Ferriera. Con la georeferenziazione degli indirizzi, è stato possibile stimare
con maggiore accuratezza (rispetto al semplice rione di residenza) la potenziale
esposizione agli inquinanti ambientali rilasciati dalla Ferriera di Servola. Il
secondo punto riguarda il registro tumori del Friuli Venezia Giulia: registra le
nuove diagnosi di tumore di tutti i cittadini residenti, garantendo una
copertura totale del territorio. E’ importante precisare che il registro tumori,
da cui derivano i dati citati nel report, è un elemento indispensabile di ogni
servizio sanitario perché permette di valutare – tra le altre cose - il numero
esatto di persone affette tumori, la sopravvivenza dopo le cure, e l'efficacia
degli screening. I dati prodotti dallo studio della Ferriera di Servola sono
stati in gran parte ottenuti senza costi aggiuntivi, in quanto raccolti appunto
attraverso il registro tumori regionale. Il terzo punto riguarda il monitoraggio
condotto da Arpa Fvg sui livelli di inquinamento ambientale dovute alle
emissioni in atmosfera provenienti dalla Ferriera di Servola. L’identificazione
degli inquinanti rispetto alle loro potenzialità oncogene - come documentate
dalla Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro di Lione e la loro
dispersione nell’ambiente in base ai venti prevalenti ha permesso di stimare con
buona precisione l’effettiva esposizione dei cittadini in base alla loro
residenza desunta dal processo di georeferenziazione. Il quarto punto riguarda
la relazione tra inquinamento e malattie, in questo caso i tumori. Le evidenze
raccolte dalla letteratura scientifica internazionale dimostrano che solo per
alcune delle circa 230 malattie neoplastiche l’inquinamento atmosferico
rappresenta un fattore di rischio accertato. Questo vale soprattutto per il
tumore del polmone e per il tumore della vescica, dove i cancerogeni presenti
nell’aria potrebbero concentrarsi prima di essere espulsi con l’urina. Inoltre,
non esistono fattori sufficienti a causare un tumore e i tempi di latenza si
misurano in decenni (per il tumore del polmone, circa 25-30 anni). Questo
significa che i tumori diagnosticati nel 2007 sono frutto di molteplici
esposizioni iniziate negli anni ‘70 o ‘80, e che ricostruire le esposizioni
individuali è difficile oltreché molto costoso. Sappiamo che circa il 90% dei
tumori del polmone è associato al fumo di sigaretta, e la restante quota a
esposizioni occupazionali o ambientali da traffico automobilistico, industrie e
riscaldamento domestico. Relativamente al tumore del polmone, i risultati dello
studio di Servola hanno dimostrato che l’incidenza del tumore de polmone è
simile tra le donne residenti entro gli 800 metri dalla Ferriera e quelle
residenti nella restante area urbana ma più alta di quella registrata nelle
donne che non vivono nell’area urbana. Negli uomini, al contrario, è stato
documentato un eccesso di rischio anche tra i residenti in prossimità della
Ferriera e l’area urbana. In pratica, lo studio ha stimato in circa un caso
all’anno in eccesso di tumori al polmone negli uomini residenti entro 800 mt
dalla Ferriera rispetto alla restante zona urbana di Trieste, e in circa 9 casi
all’anno in eccesso rispetto ai residenti nel Carso.
IL PICCOLO -
DOMENICA, 23 febbraio 2014
Porto, il Piano regolatore “bocciato” dalla Regione -
INFRASTRUTTURE»LA PIANIFICAZIONE
«Insufficiente a livello procedimentale, strategico, progettuale e
ambientale» Chieste numerose integrazioni al ministero: «A rischio
l’approvazione finale»
La Regione “smonta” pezzo per pezzo il Piano regolatore del porto che di
conseguenza torna in alto mare. «Sono stati rilevati - si evidenzia nella
relazione del Servizio valutazioni ambientali della Direzione centrale Ambiente
ed energia - numerosi aspetti che possono essere pregiudiziali ai fini
dell’approvazione finale», la quale avviene, ai sensi della legge 84 del 1994
proprio con decreto del presidente della Regione. Gli assessori ad Ambiente e
Energia Sara Vito e a Infrastrutture e lavori pubblici Mariagrazia Santoro hanno
ritenuto il documento insufficiente a tutti i livelli: procedimentale,
strategico, progettuale e ambientale. Rispetto allo Studio ambientale integrato
(Sai) fatto dall’Autorità portuale, la Giunta regionale ha dunque stabilito di
chiedere al ministero dell’Ambiente «una nutrita serie di approfondimenti e
documenti». Preliminarmente la relazione sottolinea addirittura che «non vi è
evidenza che il Piano regolatore portuale ora presentato corrisponda al
documento di Piano adottato dal Comitato portuale il 19 maggio 2009 (all’epoca
della presidenza Boniciolli, ndr.)» e che «il parere del Consiglio superiore
Lavori pubblici prevedeva delle prescrizioni che non sembrano essere state
recepite.» Riferendo in sede di giunta, Vito e Santoro hanno rilevato che «non è
stato previsto alcun obiettivo di sostenibilità ambientale di natura
programmatica e non sono chiare né l’ottemperanza alle prescrizioni imposte dal
Consiglio superiore dei Lavori pubblici né la corrispondenza del Piano con le
intese raggiunte con il Comune di Trieste e con il Comune di Muggia che
riguardano anche aree comprese nel perimetro dell’Ezit.» A ciò si aggiunge che
«non sono stati presentati progetti dettagliati tali da consentire una
valutazione esaustiva degli impatti ambientali derivanti dalla realizzazione
delle opere previste, non è stata chiarita la necessità dei lavori di grande
infrastrutturazione e non sono state fornite le alternative progettuali
richieste sia dal Consiglio superiore Lavori pubblici che dalla Commissione
tecnica di verifica dell’impatto ambientale.» «Per quanto riguarda il discorso
ambientale in senso stretto - ha sottolineato Vito - non è stato indicato in
modo esaustivo il livello di impatto a carico della matrice atmosferica, delle
acque marino-costiere, del paesaggio, dello stato di conservazione di flora,
fauna ed ecosistemi, del clima acustico, oltre a quello determinato dalla
gestione dei sedimenti marini inquinati e dalla produzione dei rifiuti.» La
relazione tecnica evidenzia tra l’altro che non sono stati presentati mentre si
ritengono necessari ai fini della valutazione e della legittimità del
procedimento di Via in corso i progetti definitivi di: opere di grande
infrastrutturazione e relative opere connesse; rete viaria di progetto
risolvendo il potenziale contrasto legato alla viabilità prevista con le
attività attualmente in corso e di probabile mantenimento nel futuro nella zona
di Servola, sviluppando e potenziando ulteriormente l’intermodalità e la
competitività del trasporto su ferro alla luce del potenziale superamento dei
limiti di capacità della rete viaria nello scenario di Piano con particolare
riferimento alla Grande viabilità triestina; tutte le opere ferroviarie previste
nel Piano; opere a mare relative allo sbocco a mare del torrente Rosandra il
quale sfocia esattamente in corrispondenza dell’inizio della nuova banchinatura
del terminal ro-ro Noghere.»
Silvio Maranzana
Istruttoria Ue per un’infrazione: manca la Vas per il
Porto Vecchio
Ma c’è anche un’altra criticità legata agli strumenti urbanistici dello scalo
triestino ed è stata anch’essa rilevata dagli assessori Sara Vito e Mariagrazia
Santoro: riguarda il Porto Vecchio e in particolare il procedimento d’infrazione
aperto dalla Commissione europea per la mancata sottoposizione a Valutazione
ambientale strategica (Vas) della variante 93 al Piano regolatore generale del
Comune di Trieste e della variante al Piano regolatore del porto già approvata
dalla stessa Regione nel 2009. «É stato dato riscontro ai rilievi sollevati
-osservano ora gli uffici della Regione - facendo riferimento alla possibilità
di sanare la mancata Valutazione ambientale strategica anche attraverso il
procedimento ora in corso (come anche attraverso la Vas del Piano regolatore del
Comune di Trieste).»
(s.m.)
Serracchiani: «Ci auguriamo che l’Authority integri gli
atti» - LE CRITICHE
Anche la presidente della Regione, Debora Serracchiani, è intervenuta ieri
sulla questione del Piano regolatore del porto, senza però calcare la mano
sull’operato svolto nella preparazione del documento pianificatorio. «La Regione
- ha spiegato Serracchiani - ha svolto la sua parte nella procedura con scrupolo
oggettivo, e non ha potuto che prendere atto delle criticità riscontrate,
segnalandole doverosamente al ministero dell'Ambiente». La governatrice rileva
anche che l’amministrazione regionale ora auspica «che l'Autorità portuale
fornisca in modo rapido ed esauriente le precisazioni e le integrazioni
necessarie affinché la procedura di Valutazione d’impatto ambientale (Via)
integrata alla Valutazione ambientale strategica (Vas) segua un iter coerente
con le prescrizioni ambientali e con le necessità di infrastrutturazione. In
spirito di collaborazione istituzionale - conclude Serracchiani - la Regione è
pronta dare il proprio contributo propositivo alla risoluzione delle criticità,
se l'Autorità portuale riterrà di avvalersene». Senza Piano regolatore è
impossibile realizzare, tra l’altro, il prolungamento del Molo VII e del Molo
Bersaglieri, il banchinamento tra i Moli V e VI, il Molo VIII.
(s.m.)
IL PICCOLO -
SABATO, 22 febbraio 2014
«Protocollo sul Prosecco, cambio di passo»
Bolzonello all’inaugurazione della nuova sede dell’Associazione
agricoltori a Trieste
Rilanciare la collaborazione transfrontaliera tra Italia e Slovenia per dare
impulso a quei progetti economici condivisi che possono garantire una
penetrazione forte e efficiente nei mercati globali. E entro marzo la giunta
regionale darà finalmente soddisfazione agli agricoltori triestini ottemperando
alle richieste del Protocollo d'intesa sulla Doc intereggionale Prosecco. Questa
la posizione espressa dal vicepresidente della Regione, nonché assessore alle
risorse agricole, Sergio Bolzonello nell'incontro svoltosi ieri a Trieste con il
vicepresidente del governo sloveno e ministro all'Agricoltura Dejan Zidan.
Occasione del confronto, l'inaugurazione della nuova sede dell'Associazione
agricoltori/Kmecka Zveza in via Ghega 2, ente che cura gli interessi delle
imprese agricole del Carso triestino e goriziano, delle valli del Natisone e
delle altre aree regionali tipicizzate dalla presenza slovena. Accanto a
Bolzonello e a Zidan c’erano la deputata Tamara Blazina, i consiglieri regionali
Igor Gabrovec e Stefano Ukmar, l'assessore allo Sviluppo economico del Comune di
Trieste Edi Kraus. A fare gli onori di casa il presidente e il segretario
regionale dell'associazione Franc Fabec e Edi Bukavec. «L'inaugurazione di
questa nuova struttura – ha spiegato Bolzonello – diventa occasione per ridare
forza al confronto bilaterale tra regione e Slovenia. C'è necessità di rivedere
assieme quei progetti che possono da una parte rivalutare il territorio,
dall'altro trasformare i vincoli di “Natura 2000” in opportunità, infine dare
forza a settori agricoli di punta come quello vitivinicolo». Bolzonello ha
annunciato che il mese prossimo la giunta regionale lavorerà su nuovi
dispositivi utili a concretizzare le richieste contenute nel protocollo d'intesa
siglato a suo tempo dagli agricoltori e dalle associazioni di categoria
triestine nella creazione della Doc interregionale a difesa del Prosecco. Si
tratta dei piani di gestione delle aree vincolate dai dispositivi comunitari,
della messa a punto del master plan per il rilancio dell'agricoltura triestina,
del recupero dei terrazzamenti del ciglione carsico. Il ministro sloveno ha
condiviso i temi di Bolzonello, sottolineando la necessità di incrementare un
impegno bilaterale sui temi che riguardano sviluppo dell'agricoltura, tutela di
territorio e ambiente, messa a punto di progetti di reale utilità capaci di
offrire opportunità di sviluppo. «I nostri agricoltori hanno finalmente una
propria casa – hanno spiegato assieme Fabec e Bukavec – una sede ampia e
funzionale di circa 230 metri quadrati in proprietà». L'associazione, nata nel
1950 nella sala cinematografica di Opicina, assicura oggi alle oltre 700 aziende
che vi aderiscono (500 nella sola provincia triestina) sostegno, servizi di
patronato, assistenza tecnica e fiscale.
Maurizio Lozei
Dai rifiuti ai bus, Bavisela “green”
Differenziata, niente spreco di acqua e cibo e trasporti ecologici
caratterizzeranno l’edizione 2014
Veicolo d’informazione e laboratorio di sperimentazione per la smart city
del futuro. Tutto questo sarà la prossima edizione della “Bavisela”, che con
quindicimila partecipanti nelle varie gare (Maratona d’Europa, Maratonina di
Trieste e Bavisela family) è l’evento sportivo più partecipato del Friuli
Venezia Giulia e con questa edizione, in programma il 4 maggio, diventa “green”.
Raccolta differenziata dei rifiuti, stop allo spreco di acqua e cibo, uso di
materiali atossici e biodegradabili, utilizzo di mezzi di trasporto ecologici
sono alcuni degli obiettivi che, come ha annunciato ieri in conferenza stampa il
suo presidente, Fabio Carini, si pone la “Bavisela”, prima manifestazione
sportiva della regione e seconda maratona in Europa dopo quella di Milano a
mettersi “in corsa” per la certificazione americana rilasciata dal Council for
responsable sport rappresentato in Italia da Imq che misura e attesta la
responsabilità ambientale e sociale degli eventi sportivi. Differenziare il 60%
dei rifiuti prodotti nell’ambito dei vari appuntamenti e del “Villaggio Bavisela”
è lo scopo clou dell’iniziativa. «E ciò in una fase in cui - ha precisato a
margine Paolo Del Maso responsabile Divisione Ambiente di Acegas-Aps - la
differenziata nel complesso a Trieste è ancora attestata attorno al 30%». «Ma
pressoché in concomitanza con la “Bavisela” - ha aggiunto l’assessore comunale
all’Ambiente Umberto Laureni - partirà in città anche la campagna per la
raccolta differenziata dell’umido. Verranno collocati in tutte le zone centinaia
di contenitori appositi che andranno a sostituire molti cassonetti tradizionali,
restituendo tra l’altro alcuni parcheggi alle automobili. In questo modo - ha
concluso Laureni - contiamo di far compiere un balzo alla differenziata in città
dal 30 al 40%». Per portare i runners sulle linee di partenza saranno utilizzati
in particolare cinquanta mezzi della Trieste Trasporti «perché - ha spiegato
l’amministratore delegato della società Cosimo Paparo - un autobus inquina meno
di uno scooter e può trasportare fino a duecento persone.» E Trieste trasporti
ha anche diffuso un documento che spiega come dei 271 autobus urbani in
servizio, l’84,9% sia equipaggiato con motorizzazione Eev che consente il
massimo abbattimento delle emissioni in atmosfera di gas di scarico. Tra i
partner dell’iniziativa vi sono anche aziende private quali Siot, Orion,
Italspurghi, Sole società cooperativa, Flash srl. Ma verranno anche sviluppati
progetti in ambito sociale: la Bavisela family sarà abbinata al progetto
Bavisela onlus per favorire il foundraising e la visibilità di tutte le
associazioni di volontariato. Cinquemila pettorali dei corridori saranno
dedicati a queste realtà. All’interno dell’Expo verranno abbattute le barriere
architettoniche e troverà spazio uno stand dedicato alle associazioni di
volontariato che potranno illustrare le proprie attività e incontrare i
cittadini. Incontri per promuovere la cultura dello sport pulito saranno
organizzati nelle scuole e sarà individuato un ente di assistenza, tra quelli
presenti a Trieste, per la donazione del cibo in eccedenza.
Silvio Maranzana
IL PICCOLO -
VENERDI', 21 febbraio 2014
La Provincia passa al setaccio il territorio
Dall’ambiente al traffico, presentate le Linee guida per la
pianificazione di area vasta
Un'approfondita e dettagliata analisi del territorio provinciale,
individuando le strade con i relativi flussi di traffico; i punti ad alta
concentrazione di emissione di fumi e raccolta delle immondizie coi relativi
impianti; le zone di più marcata presenza di grandi industrie; quelle destinate
alle varie tipologie di attività agricole. È questo il contenuto del documento
predisposto dalla Provincia, "Linee guida per la pianificazione di Area vasta",
presentato ieri a palazzo Galatti dalla presidente Maria Teresa Bassa Poropat e
dall’assessore ai Trasporti Vittorio Zollia. «È un lavoro che risponde
perfettamente alla funzione della Provincia – ha detto Bassa Poropat – nel
documento sono concentrati rilievi che riguardano viabilità, mobilità,
trasporti, agricoltura, turismo, sviluppo economico sostenibile e la possibilità
di una programmazione transfrontaliera delle attività future. Si tratta del
compendio di un notevole lavoro svolto nel tempo per individuare gli assi sui
quali investire in prospettiva. Per la prima volta sono evidenziate le
potenzialità del territorio, attraverso una fotografia che potrà essere messa a
disposizione di tutti gli enti interessati». Nelle intenzioni della Provincia il
documento potrà essere consultato dai Comuni, dagli enti del territorio «ma
anche da tutti i cittadini – ha sottolineato Zollia – ricordando che è un lavoro
in continua evoluzione, perché i dati continueranno ad affluire e aggiorneremo
gli elementi che compongono questo mosaico». Nel corso dell’incontro di
presentazione sono stati fatti concreti esempi di come le tavole del corpo
principale delle “Linee guida” potrebbero essere utilizzate: «Sapere con
esattezza dove sono collocati i vari punti di raccolta delle immondizie sul
territorio provinciale e dove operano gli impianti di smaltimento – ha ripreso
Zollia – è un fattore che potrà favorire una migliore programmazione delle
attività sul territorio. Analizzare i flussi di traffico potrà servire a dare
indicazioni sulle future scelte di intervento strutturale sulla circolazione; e
così via». L’architetto Adriana Cappiello, responsabile dell'Ufficio sviluppo e
pianificazione territoriale che ha curato il documento, ha precisato che «si è
seguito un tracciato delineato sulle competenza della Provincia, toccando cioè
aspetti come l’ambiente, individuando gli scarichi autorizzati, quantificando le
emissioni, la dislocazione delle industrie rilevanti, comprendendo anche una
fetta di territorio sloveno e la mobilità. Quanto all’agricoltura, abbiamo
proceduto alla suddivisione del territorio in aree destinate al pascolo, al
bosco, alle coltivazioni, classificando le tipologie di vegetazione presenti. La
Provincia – così Cappiello - ha fatto tanti progetti nel tempo, ma solo ora
abbiamo a disposizione un lavoro che si traduce nel loro complessivo
coordinamento».
Ugo Salvini
Sito inquinato - Incontro con gli operatori - BONIFICHE
Il 28 febbraio il presidente dell’Ezit Dario Bruni terrà un incontro con gli
operatori economici insediati nell’area industriale per illustrare la procedura
di bonifica del Sito inquinato nazionale (Sin), circa 500 ettari, la necessità
di avere il permesso di entrare nelle aree private, la definizione delle
responsabilità (inquinamento pubblico, anche in aree private, prevede spese di
bonifica a carico dell’ente pubblico). Dopo l’incontro con le associazioni di
categoria,le aziende hanno mostrato fretta di capire la questione. «Chiarito ciò
- afferma Bruni - sarà bandita la gara europea». Dopo l’analisi dei terreni per
capire l’entità dell’inquinamento (o la sua assenza), ci sarà l’analisi di
rischio: i terreni non “rischiosi per la salute” potranno essere liberati dalla
brutta targa “Sin”.
IL PICCOLO -
GIOVEDI', 20 febbraio 2014
«Ferriera, ok alla nota sull’Accordo poi l’Authority
firmi a Roma»
Il ministero invita i sottoscrittori a dare con «urgenza» il proprio
nulla osta per la lettera di chiarimenti da aggiungere al documento originale,
in modo che venga siglato da Monassi: niente modifiche
Nel braccio di ferro tra Authority da una parte e Regione, Comune e
Provincia dall’altra sull’Accordo di programma per la Ferriera, era stato
l’assessore regionale Francesco Peroni a paventare che la delibera licenziata
dal Comitato portuale sull’Accordo (con il voto contrario delle tre
amministrazioni citate e del Comune di Muggia) si prestasse «nella peggiore
delle ipotesi a rimettere in discussione l’efficacia stessa» del documento
siglato a Roma il 30 gennaio. Il nodo stava nella lettera con cui il capo di
gabinetto del ministero delle Infrastrutture e trasporti Giacomo Aiello aveva
accolto due delle cinque obiezioni all’Accordo da parte dell’Authority che -
unica tra i soggetti invitati - non l’aveva sottoscritto. In quella delibera, la
lettera veniva definita come nota a verbale «da inserire integralmente»
nell’Accordo. E invece, nei giorni aspri dello scontro rinfocolato ora anche dal
tema Porto Vecchio, ecco arrivare dal ministero dello Sviluppo economico
un’indicazione precisa: l’Accordo non si tocca. Non lo si dovrà modificare, non
lo si dovrà firmare un’altra volta. A certificarlo è una mail partita da una
direzione generale del ministero stesso che, richiamandosi al tavolo tecnico
tenuto a Roma lo scorso 6 febbraio per sciogliere i nodi sollevati
dall’Authority, chiede ai sottoscrittori dell’Accordo di far pervenire al
ministero delle Infrastrutture un nulla osta all’accettazione della nota firmata
appunto dopo quella riunione da Aiello. Lo facciano - e da Roma se ne sottolinea
«l’urgenza» - in modo da consentire la sottoscrizione dell’Accordo anche da
parte della Torre del Lloyd. Una firma da apporre beninteso sull’originale
dell’atto conservato al ministero. E dunque: presto i nulla osta, così da
invitare quanto prima la presidente dell’Authority Marina Monassi a recarsi a
Roma per la firma. Quell’unica che manca. Un cerchio che si chiude dopo che la
presidente della Regione Debora Serracchiani, filtra da palazzo, ha deciso di
attivarsi con il ministero delle Infrastrutture. Nel giorno in cui i sindacati
tornano a dire il proprio timore per il futuro della Ferriera, e a sollecitare
celerità anche per il bando per la vendita dello stabilimento che il commissario
straordinario Piero Nardi dovrà emanare, la lunga battaglia sulla firma mancante
dell’Authority all’Accordo sembra dunque essere giunta al capolinea. Una
settimana fa, al termine di un infuocato Comitato portuale che si era concluso
con la delibera cui comunque Regione, Provincia e Comuni di Trieste e di Muggia
avevano votato no, il sindaco Roberto Cosolini era stato chiaro: «Chiederò il
commissariamento del Porto o le dimissioni di Marina Monassi se ora finalmente
la firma non avverrà, e in tempi rapidi». E ora a scandire tempi rapidi è lo
stesso ministero dello Sviluppo economico.
Paola Bolis
Critiche a Nardi: «Materie prime solo a Piombino»
«Il commissario Nardi deve garantire la continuità produttiva sì del sito di
Piombino, ma anche di Trieste: è il suo compito». Le Rsu di Fim, Fiom e Uilm,
saputo della manovra d'acquisto di materia prima per l’altoforno toscano a firma
di Nardi, scrivono in una nota di pretendere «qualche spiegazione»: «la manovra
ha già provocato sull’indotto giuliano pesanti ricadute, senza contare» le
eventuali «preoccupanti conseguenze se non dovessero rientrare i 20 milioni
messi a disposizione del commissario». Le Rsu con le segreterie provinciali di
Cgil, Cisl e Uil spingono anche sull’avviso di gara per la vendita del sito di
Servola. «Anche da Trieste - ricordano ancora i sindacati - era partita una
richiesta di intervento analoga a quella di Piombino, per l’acquisto di materie
prime per avvicinare la data di chiusura dell’altoforno a quella del bando di
gara per Servola. Peccato che questa sia stata rifiutata dal commissario,
nonostante prevedesse un impegno economico del Gruppo Arvedi». Alta anche la
preoccupazione sui tempi della messa in vendita del sito. «Vorremmo ricordare al
commissario - sollecitano Cgil, Cisl e Uil provinciali - l’impegno preso a
produrre il documento entro fine mese: ad oggi però non ci sembra sia stato
pubblicato alcunché». Di qui l’appello ad «accelerare i tempi».
Peroni: «Disconosciute le autorità cittadine»
L’assessore regionale: Porto Vecchio, imbarazzante la sufficienza della
Torre del Lloyd verso le istituzioni
«Per chi ha a cuore il bene di Trieste è causa d’imbarazzo la sufficienza
che la presidente Monassi dimostra nei confronti delle istituzioni, tutte
indiscriminatamente, attraverso i suoi atti quale presidente del Porto e ora
anche nei toni». A parlare così è Francesco Peroni. I toni cui l’assessore
regionale si riferisce sono quelli usati solo poche ore prima dalla presidente
dell’Authority. La quale tira dritto con il bando per le concessioni del Porto
Vecchio pronto a essere suddiviso in 22 porzioni; e a chi gli chieda cosa pensi
dello scontro pesante con le istituzioni cittadine, «questi che vogliono che mi
dimetta non so chi siano. Noi otteniamo risultati, mi auguro di vedere i loro»,
afferma. «Con le sue parole» - prosegue allora Peroni - Monassi «ha voluto
disconoscere le autorità cittadine, creando un precedente di cui questa città
non sentiva il bisogno. Anche a fronte di questi eccessi, va espresso
apprezzamento per l’equilibrio mantenuto dal prefetto Francesca Adelaide Garufi
in tutta la vicenda del Porto Vecchio». Intanto, è muro contro muro. Punto
franco intoccabile per Monassi; aree da restituire alla città per il sindaco.
«Quella frase della presidente - attacca Cosolini - è così lapidaria nella sua
chiarezza che consente a tutti di avere chiari i termini della questione, sempre
quella: continuare a mantenere un regime portuale per un luogo che non è più
porto, o proporre trasformazioni già attuate nel resto del mondo». Un altro
concetto: «Non mi cullerei tanto nei risultati delle imprese portuali, che
dipendono dal lavoro e dalla capacità delle imprese stesse e non certo
dall’Authority. Un giochino da evitare. Comunque capisco - chiude il sindaco -
che nella concezione di Monassi il richiedere che il Comitato portuale e le
istituzioni del territorio fossero coinvolti nelle scelte su Porto Vecchio
rappresenti un delitto di lesa maestà». È quello del confronto mancato il punto
su cui insiste - «senza voler entrare nel merito delle polemiche» - anche la
presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat: «Le amministrazioni
locali sono interlocutori di cui Monassi non può fare a meno quando pensiamo
alla riqualificazione di un’area vasta, e che si innerva nella città: credo che
qualsiasi cittadino si attenda un tema simile trattato non in termini di mere
concessioni, bensì di progetto strategico cui arrivare con una sintesi tra
posizioni. Continuo ad auspicare un confronto sereno: l’interesse dovrebbe
essere unico. Del resto - conclude Bassa Poropat - era stato lo stesso prefetto
a esortarci a trovare un accordo». Garufi in effetti un paio di mesi fa,
apprestandosi a firmare la (ennesima) sospensione del regime di punto franco per
la bretella di accesso al Porto Vecchio, aveva detto di «una riflessione
complessiva sul regime» che «va sicuramente fatta, congiuntamente da tutte le
amministrazioni interessate». Oggi, al riaccendersi dello scontro fra Authority
ed enti locali, il prefetto dal suo ruolo ne marca innanzitutto la perfetta
distanza: «A oggi non c’è alcuna motivazione per toccare il punto franco, del
resto nessuno lo ha richiesto. Su questo la mia competenza è soltanto
amministrativa. Altra cosa è il tema dell’assetto complessivo di Porto Vecchio:
tema che non mi compete, la mia posizione come organo dello Stato è
assolutamente neutra». Garufi amplia l’orizzonte: «Il problema forse più
generale è quello di un’area vasta nel cuore della città che sarebbe bello le
fosse restituita, ma per farci cosa? Oggi qualunque idea di futuro per Porto
Vecchio - ma più in generale per i grandi complessi, e sono tanti - è difficile
da immaginare nella carenza di risorse pubbliche e private. Una difficoltà
oggettiva che tutti riscontrano. Vero è - prosegue Garufi - che si parla di
Porto Vecchio da decenni, fin da quando le risorse erano molto più abbondanti.
Non si è ancora trovata una soluzione. Ma io mi voglio augurare che prima o poi
per lo scalo antico così come per gli altri grandi spazi la si troverà. Non
compete a me parlarne, lo ripeto: compete ad altri. Poi, laddove si delinei un
percorso, tutto quello che serve in termini burocratici si fa».
(p.b.)
Il rigassificatore di Veglia in dirittura d’arrivo -
DIBATTITO SULL’IMPATTO AMBIENTALE
VEGLIA «Volenti o nolenti, è praticamente certo che i veglioti dovranno
accettare la presenza di un rigassificatore sulla loro isola. Vogliamo però che
le municipalità direttamente interessate dal terminal, in primis quelle di
Castelmuschio e Njivice, abbiano dei benefici dall’impianto Lng, sotto forma di
introiti per le casse comunali e di fruizione del metano a prezzi più
accessibili». È quanto dichiarato in coro nell’aula consigliare di Palazzo
comunale a Castelmuschio (Omišalj), nell’isola di Veglia, dai cittadini (non
pochi) che hanno voluto partecipare al dibattito pubblico sullo studio di
impatto ambientale del rigassificatore, fase avviata lo scorso 16 gennaio e che
pian piano sta per conoscere le battute finali. A Castelmuschio, località
situata a meno di 2 chilometri in linea d’aria dal sito del futuro mega
impianto, i cittadini hanno chiesto chiarezza nel corso del dibattito,
pretendendo garanzie da parte del direttore dell’impresa concessionaria, Lng
Croazia, Mladen Antunovi„ e di Tomi Haramina, in rappresentanza di Oikon,
istituto croato per l’ecologia applicata, al quale è stata affidata la stesura
dello studio. Haramina ha parlato di paure senza fondamento, rilevando che
l’unico incidente dalle conseguenze catastrofiche accaduto nei rigassificatori
avvenne negli Stati Uniti nel lontano 1944: «Da allora sono trascorsi
settant’anni e non si sono più verificati incidenti di rilievo. A quell’epoca
capitò perché si utilizzavano materiali sbagliati nel processo di
rigassificazione. Da allora, la tecnologia ha compiuto passi da gigante e simili
tragedie non sono più possibili». Il noto ambientalista Vjeran Pirši„,
presidente di Eko Kvarner, ha ammesso che lo studio di Oikon è decisamente
migliore rispetto ai documenti preparati anni fa dalla concessionaria Adria Lng,
poi disimpegnatasi dal progetto. «Abbiamo comunque delle obiezioni – ha aggiunto
Pirši„ – e le presenteremo prossimamente. Secondo noi, sarebbe meglio un
rigassificatore off-shore. C’è inoltre il pericolo del terrorismo, che non va
assolutamente sottovalutato. Nello studio si dedica scarsa attenzione alla
possibilità che in acque quarnerine vi sia uno scontro tra navi e alle
conseguenze per l’ecosistema marino che si avranno dai lavori di scavo eseguiti
per aumentare il pescaggio». Nel corso dei vari interventi si è detto che la
struttura Lng deve arrecare vantaggi agli isolani, gabbati gli anni scorsi dalle
promesse che anche la petrolchimica Dina e l’Oleodotto adriatico avrebbero
portato a benefici. Invece da questi due colossi non arriva neanche un centesimo
per il bilancio comunale di Castelmuschio.
(a.m.)
Parco delle Falesie, solo l’ex sindaco Ret appoggia
Rozza - DUINO AURISINA
Il presidente della II commissione per polemica voleva togliere lo status
di riserva naturale all’area
DUINO AURISINA «Una “piazzata” che non porta a nulla di costruttivo». Bolla
così, il segretario e capogruppo del Pd Michele Moro, la proposta-choc di
Maurizio Rozza, presidente della II commissione che ieri, scontento per il limbo
normativo in cui versa l'area protetta e per l'avvio del recupero di quattro
trincee, aveva chiesto la cancellazione dello status di riserva naturale per il
Parco delle Falesie. «I colpi di testa – sottolinea Moro – non mi appartengono e
preferisco sempre il dialogo. Anzitutto bisogna considerare che la riserva
s'inserisce in un contesto fortemente antropizzato, a differenza del Monte
Ermada. D'altro canto non si può neppure per questo pensare di trasformare
l'area in un parco pubblico, a dispetto delle sue proporzioni, in quanto sarebbe
estremamente riduttivo». Moro ricorda che una bozza di regolamento è già redatta
e che se ancora non si è arrivati al voto in aula è solo perché «alcuni aspetti
sulla gestione degli spazi a mare sono da affinare con i pescatori, questioni
propedeutiche al ripopolamento ittico». Insomma, ci sono vari attori e temi che
si intersecano nella bozza e dunque va calibrata. «È un po' come la vicenda
dell'apertura del Sentiero Rilke – conclude -: su qualsiasi fronte ci si muova
bisogna costruire un rapporto. Decidere di togliere tutto perché non si supera
l'impasse è scorretto». Concorda Edvin Forcic (Slovenska Skupnost), che
considera l'intervento di Rozza una “provocazione”: «I parchi vanno gestiti e
modernizzati, se vengono trovati reperti e si sceglie di valorizzarli, allora si
persegue una via giusta, perciò appoggio giunta e assessore. Le trincee
visitabili costituiscono un'attrazione in più: l'ambiente delle Falesie può
convivere con questo tipo di turismo, destinato a crescere col Centenario. E
sarà il Comune, una volta perfezionato l'acquisto del “Rilke”, a gestirlo, certo
non la Regione, presa com'è da altre questioni. Il regolamento va votato ma non
deve essere pervaso dalla tutela maniacale: non possiamo essere prigionieri del
falco pellegrino!». Capisce invece l'esasperazione di Rozza l'ex sindaco Giorgio
Ret: «Il problema è grande e diffuso: da un lato si fa qualcosa per migliorare
l'immagine agli occhi dell’Unione europea, dall'altro però non si dà seguito
alle leggi con puntuali regolamenti gestionali, che invece sono più importanti».
«Posso però capire che l'assessore Cunja – continua Ret –, in assenza del
regolamento, abbia voluto mandare avanti il lavoro. Ma manca una visione
d'insieme: per risolvere la chiusura del Sentiero Rilke si interviene sulla
parte comunale, insomma un pasticcio. Quanto al regolamento, va portato in aula,
perché c'erano anche aspetti condivisibili, come la parte dei pescatori. È
chiaro che non tutto può piacere a tutti ma bisogna andare avanti comunque.
Invece qui non si sa nulla, non siamo neppure stati messi al corrente che questo
mese non ci sarebbe stato il Consiglio».
Tiziana Carpinelli
Le istituzioni facciano sistema per la metropolitana
leggera
l’intervento di MARIO RAVALICO* *Consigliere comunale
Pd Presidente Sesta Commissione consiliare
A seguito del mio intervento nel quale facevo presente la possibile
utilizzazione, nel contesto della realizzazione della metropolitana leggera,
dell’esistente ferrovia Trieste – Opicina, via Rozzol e Guardiella, per i
collegamenti con la sede della Sissa, alcuni lettori hanno espresso il loro
punto di vista, segno che l’argomento del trasporto pubblico è sentito e suscita
interesse. Desidero pertanto, senza nessun intento polemico, formulare alcune
precisazioni per meglio esplicitare il mio pensiero al riguardo. L’idea della
metropolitana leggera sviluppata dall’assessore Ondina Barduzzi più di dieci
anni fa ebbe il grande merito di dare l’avvio a un’inversione di tendenza,
proponendo un’ipotesi di trasporto locale/metropolitano su ferro che in
precedenza, soprattutto tra i tecnici e gli addetti ai lavori, non era neanche
lontanamente ritenuta degna di considerazione e di conseguenza veniva rigettata
a volte anche con motivazioni aprioristiche che sfioravano il mefitico “no se
pol”. Le problematiche e le obiezioni presenti allora sono rimaste, ma con il
passare degli anni si sono riscontrate anche molte conversioni e ripensamenti, a
seguito di quanto realizzato nel settore specifico in altri contesti urbani
europei, simili per dimensioni al nostro, al fine di strutturare un sistema di
trasporto integrato, contenere l’inquinamento atmosferico e riqualificare il
centro cittadino disincentivando l’uso del veicolo privato. Sulla direttrice
Trieste Campo Marzio – Aquilinia – Noghere (Muggia) è necessario eseguire dei
lavori per abilitare la linea al servizio viaggiatori. Per quanto riguarda
l’utilizzo della Trieste Campo Marzio – Opicina bisogna garantire l’efficienza
della linea evitando interruzioni motivate da ragioni di sicurezza. Si tratta di
situazioni difficili ma non insuperabili che per trovare soluzione necessitano
però di un serrato dialogo/confronto con i vertici delle Ferrovie dello Stato:
l’attuale Sindaco ha dimostrato di sapersi approcciare nel modo giusto con
l’ing. Moretti ottenendo un primo risultato consistente nell’istituzione del
collegamento super veloce con Milano; bisogna continuare su questa strada
sostenendo con forza le nostre esigenze – anche in tema di metropolitana leggera
- in tutte le sedi opportune. “Quale impresa ferroviaria dovrebbe espletare il
servizio viaggiatori?” si chiede il signor Di Biagio (26.1.14); rispondo che a
mio avviso può farlo il vettore ferroviario regionale “Ferrovia Udine – Cividale
(F.u.c.)” che gestisce il collegamento Udine – Cividale e, insieme con Öbb, i
treni tra Udine e Klagenfurt finanziati dal progetto europeo Micotra. I
cittadini affermano – ed hanno ragione - che spetta alla politica, a tutti i
livelli, mettere in moto la macchina organizzativa per passare dal “dire” al
“fare”; sussiste il rischio che dopo studi, convegni, protocolli e discussioni,
anche questo argomento, al pari di altri numerosi piani/progetti elaborati negli
ultimi vent’anni per lo sviluppo dell’ area triestina, venga alla fine
dimenticato e chiuso in un cassetto. Si tratta di un timore più che legittimo;
peraltro il momento, pur nei suoi molteplici aspetti di grande difficoltà,
presenta per la nostra metro leggera due opportunità potenzialmente favorevoli
che – prima di gettare la spugna – vanno sfruttate fino in fondo. La prima
consiste nel progetto transfrontaliero europeo Italia – Slovenia “Adria A” che
ha per tema proprio la modernizzazione, l’integrazione e la velocizzazione dei
sistemi di trasporto nell’anello territoriale comprendente Trieste, Monfalcone,
Ronchi, Gorizia, Nova Gorica, Sesana, Divaccia e Capodistria con futuri
prolungamenti da un lato verso Venezia e dall’altro verso Lubiana. In questi
giorni è terminata la fase progettuale, sviluppata nel periodo 2007 – 2013. La
seconda, a livello locale, riguarda lo specifico riconoscimento da parte del
nuovo piano regolatore generale comunale, in fase di adozione, di parti del nodo
ferroviario triestino ai fini del loro riuso quali elementi della stessa metro
leggera: non è assolutamente di poco conto che l’amministrazione comunale si
esprima chiaramente a favore della questione “metro leggera” all’interno del più
importante strumento di pianificazione del territorio. Come dire: “i presupposti
ci sono”, si tratta ora di fare “sistema” tra le Istituzioni interessate del
Friuli Venezia Giulia, con la Regione in testa, per chiedere ed ottenere i
finanziamenti europei, previsti nel periodo 2014 – 2020, per la realizzazione
degli interventi necessari a concretizzare e a rendere effettivamente operante
tale infrastruttura.
IL PICCOLO -
MERCOLEDI', 19 febbraio 2014
Porto Vecchio “a fettine” Pronte 22 concessioni -
AUTHORITY»IL BANDO
Monassi: non esiste pericolo di disomogeneità. Guai a toccare il Punto
franco, un valore aggiunto che abbatte le tasse: proprio lì dove c’è andiamo a
palla
IL GIUDIZIO SUL PASSATO Flop del progetto delle tavole calde. Portocittà non ha
retto all’urto del mercato. Non esclusa la possibilità di richieste per
foresterie
LO SCONTRO ISTITUZIONALE Quelli che vogliono le mie dimissioni? Non so di chi si
tratti. Noi otteniamo risultati, mi auguro di vedere i loro
Spezzatino in salsa “franca”. Marina Monassi risponde alle polemiche degli
ultimi giorni, culminate addirittura nella richiesta delle sue dimissioni, con
un nuovo bando per il Porto Vecchio e una serie di dichiarazioni rilasciate in
conferenza stampa che non sono divergenti rispetto a quanto auspicato da Comune,
Provincia e Regione, ma sono l’esatto contrario: il che traccia una rotta di
collisione con le istituzioni cittadine da far spavento. «Questi che vogliono
che mi dimetta non so chi siano - commenta a margine - noi otteniamo risultati,
mi auguro di vedere i loro». Ecco dunque lo scalo antico (e neanche tutto perché
area museale, magazzino 26, Adriaterminal, Saipem e altre piccole zone restano
fuori) tagliato in 22 fettine che sono corrispondenti al nuovo concetto
introdotto di Umc (Unità minima concedibile), che in molti casi coincide con un
unico magazzino. «E se anche i nuovi concessionari fossero 22 - replica Monassi
a un’obiezione - sarebbe un grande successo senza alcun pericolo di
disomogeneità (quella che paventava, tanto per dirne uno, il sindaco Cosolini).
Quanti sono i concessionari in Porto Nuovo? - aggiunge in modo stucchevole - Più
di 22. Potremmo dire che il Porto Nuovo è fatto tutto di Umc, eppure quest’anno
siamo diventati il primo porto d’Italia». Quanto al Punto franco - perché
domandarsi chi può spostarlo, se il prefetto o il governo - e dove, se a
Fernetti o sulla banchina di Servola? Perché ripetersi gli interrogativi che da
un decennio tormentano la città? «Non solo il Punto Franco non crea alcun
problema nemmeno in Porto Vecchio, ma anzi risulta attrattivo - ribatte la
presidente dell’Authority - guai a toccarlo perché noi andiamo a palla proprio
lì dove c’è il Punto Franco». Chiaro cosa si vuole attrarre con questo schema
perché Monassi esalta la funzione e i risultati raggiunti dall’Adriaterminal,
dalla Saipem e da un operatore del legno e sentenzia che «il progetto delle
tavole calde in Porto Vecchio è stato un flop perché Portocittà non ha retto
all’urto del mercato e il Punto franco non c’entrava nulla. Ciò non esclude che
non si possano ora avanzare richieste anche di insediamento di foresterie, ma
l’area franca è un valore aggiunto perché concede di operare estero su estero e
abbatte le tasse ai concessionari». «Con il bando precedente era sorto qualche
problema - afferma il segretario facente funzioni Walter Sinigaglia - perché vi
erano richieste che si sovrapponevano. Perciò tutta l’area è stata suddivisa in
numerosi lotti facendo anche riferimento a un masterplan di Italia Nostra». «Gli
scopi ammissibili delle concessioni - specifica Francesca Trampus, direttore
sezione Demanio dell’Authority - sono quelli previsti dalla variante Barduzzi
che parla di portualità allargata. Di un magazzino non si può chiedere un solo
piano o una sola sezione, per questo abbiamo istituito le Umc, ma è possibile
chiederne anche una sola o anche tutte esplicitando progetto, interventi di
risanamento che si intendono fare e scopi della nuova attività. Vi sono anche
aree gravate da servitù, in concessione ad altre amministrazioni che vanno
rispettate finché permangono gi specifici vincoli. Invitiamo tutti gli
interessati a fare i sopralluoghi, le concessioni potrebbero avere anche un
minimo temporale di quattro anni con canoni più bassi nella fase di cantiere».
«La nostra speranza è che si salvaguardino i magazzini storici - afferma
Antonella Caroli responsabile dell’area museale - e che questa sia finalmente la
strada giusta per arrivare al recupero dell’intero patrimonio storico e
architettonico». «Mi auguro che prendano parte a questa gara anche i due
soggetti che erano usciti battuti da quella precedente», aggiunge ancora
Monassi. Chiaro che non sarà così perché sia la Save (società che gestisce tra
l’altro l’aeroporto di Venezia) che Maurizio Zamparini (l’imprenditore
presidente del Palermo calcio), che erano stati i proponenti degli altri due
progetti globali nella fase precedente, puntavano sullo spostamento del Punto
franco se non addirittura sulla sdemanializzazione dell’area.
Silvio Maranzana
FAREAMBIENTE «Ferriera, tutelare la salute»
In merito allo studio dell'Osservatorio ambiente e salute
Fvg il coordinamento regionale di FareAmbiente scrive che «il rischio per salute
e ambiente è alto e non vorremmo che qualcuno pensi si possa continuare
un’attività industriale senza tutelare seriamente la salute pubblica: e mettere
ancora a repentaglio le condizioni fisiche dei residenti e dei lavoratori».
«Duino, togliamo alle Falesie lo status di riserva
naturale»
Dalla maggioranza il consigliere Rozza lancia la provocazione alla
giunta: «La Regione prenda atto del fallimento e si riprenda la gestione
dell’area»
DUINO AURISINA «La Regione prenda atto del fallimento culturale di queste
terre e chiuda una volta per tutte questo patetico equivoco: si riprenda la
gestione delle Riserve naturali, creando tavoli consultivi locali, oppure
modifichi la legge sulle aree protette, cancellando per sempre le Riserve
carsiche». La proposta-choc viene dal presidente della Seconda commissione
consiliare Maurizio Rozza, che a seguito dei recenti fatti del Rilke e
dell'ancora mancata deliberazione sul regolamento gestionale delle Falesie,
esprime dissenso verso l'attuale “limbo normativo”, invocando l'eliminazione
dello status di “riserva naturale” a Duino Aurisina. La goccia che ha fatto
traboccare il vaso è stata la decisione di avviare il ripristino di trincee di
guerra nel tratto del sentiero di proprietà del Comune, come reso noto pochi
giorni fa dall'assessore Andrej Cunja. Un'operazione ritenuta poco compatibile
con l'ambito naturalisticamente “sensibile”. «Se fare conservazione della natura
in Italia – esordisce Rozza - non è mai stato semplice, vedi i record di
infrazioni comunitarie, farlo sul Carso è ormai diventata un'impresa
impossibile». Eppure proprio in questa zona fu costituita nel 1971, su proposta
di Corrado Belci, la prima Riserva naturale italiana. La norma rimase sulla
carta per 25 anni, finché la Regione non emanò una legge quadro sulle aree
protette. Davanti alle richieste di migliaia di cittadini di istituire il Parco
del Carso «la mediazione fu la creazione di 5 piccole riserve: Doberdò, Falesie
di Duino, Monte Lanaro, Monte Orsario e Val Rosandra, rimandando a futuri atti
la creazione di una grande area protetta che comprendesse la più vasta area
carsica». «Pareva comunque un inizio – sottolinea Rozza -. Poi ci fu la scelta
di affidare ai comuni la gestione delle Riserve. Il risultato è che a oggi,
trascorsi altri 20 anni, di quelle aree solo una, la Val Rosandra, ha un piano
di gestione e un regolamento. Sulle altre, come dimostra anche la recente
vicenda del Rilke, vige il limbo gestionale. In tale quadro la scelta di non
risolvere i problemi pendenti, come l'approvazione del regolamento di gestione e
di altri strumenti di programmazione obbligatori, e partire invece dal
ripristino delle trincee di guerra nelle Falesie non è altro che l'ennesimo
episodio del diffuso deficit culturale sul ruolo delle aree protette». «In
questo piccolo compendio dell'universo – prosegue -, crocevia di ambienti
alpini, continentali, lagunari e balcanici, vivono1800 specie vegetali, 400 di
vertebrati e un numero imprecisabile di invertebrati, alcuni dei quali inclusi
nelle liste rosse. Un tesoro di biodiversità enorme che l'Europa conosce bene,
tanto da aver imposto all'Italia la sua inclusione nella Rete Natura 2000, ma
che alla politica locale pare solo un intralcio verso presunte forme di sviluppo
economico, come il turismo bellico». Forme considerate “attività fuorvianti”,
che “nulla centrano con una Riserva naturale in cui, come spiega la Regione sul
suo sito istituzionale, "le finalità di conservazione sono prevalenti rispetto
al perseguimento dello sviluppo sociale, economico e culturale””. «E allora la
Regione – conclude Rozza -, anche davanti alle richieste di rendere edificabili
le aree verdi del Carso che provengono perfino da settori insospettabili come
quello agricolo, prenda atto del fallimento culturale di queste terre e chiuda
una volta per tutte questo patetico equivoco: si riprenda la gestione delle
Riserve naturali o cancelli per sempre le Riserve carsiche. Facciamo altro, ma
facciamo chiarezza».
Tiziana Carpinelli
«In Inghilterra il birdwatching è un’industria»
«Un'indagine della Commissione europea – afferma Maurizio - spiega come il
turismo ambientale si stia rafforza nonostante la crisi, crescendo tre volte di
più rispetto a quello tradizionale. Trieste e il Fvg sono connessi tramite una
linea aerea low cost con l'Inghilterra, una delle terre più vocate al turismo
naturalistico. Perché non sfruttarla? Lì vi sono 2 milioni i birdwatchers. Le
riserve della Rspb, la Lipu inglese, risultano piene di appassionati. Il 6%
della popolazione ama il birdwatching, una passione che diventa vera e propria
industria, motore di turismo».
(ti.ca.)
IL PICCOLO -
MARTEDI', 18 febbraio 2014
Ferriera, l’altoforno spento mette in crisi anche
l’indotto
Cassa integrazione in vista per decine di operai e tecnici delle ditte
che ruotano attorno allo stabilimento. Step srl: in 42 su 120 resteranno senza
lavoro
Il temuto effetto domino è già alle porte. Lo spegnimento dell’altoforno di
Servola previsto, a meno di ulteriori rinvii, per il 25 febbraio non lascerà a
casa già dopo qualche giorno soltanto i 285 lavoratori della Ferriera per i
quali è stato approvato l’accordo di cassa integrazione straordinaria, ma anche
altre decine di operai e tecnici che formano il grande serbatoio dell’indotto.
«Purtroppo stiamo già preparando la documentazione per la richiesta di cassa
integrazione», confessa Pompeo Tria, presidente di Step srl, società
specializzata in particolare nella fornitura di impianti e strumentazioni ad
elevato contenuto tecnologico, la più grande azienda dell’indotto servolano, ma
anche una delle più grandi della provincia di Trieste. Dei quasi 120 dipendenti
di Step infatti, 42 sono collocati a tempo pieno in Ferriera con compiti
perlopiù legati alla manutenzione e al controllo degli impianti industriali e
elettrici, ma fanno anche lavori di carpenteria, meccanica e tubisteria. Una
dozzina ha un compito particolarmente delicato, legato al controllo delle
emissioni nell’ambiente. «Lo stop all’altoforno anche per noi è una mazzata
terribile - spiega Tria - adesso partiranno i due mesi di lavori alla bocca
dell’impianto che coinvolgeranno anche i miei uomini per una quindicina di
giorni. Un debolissimo palliativo in realtà perché dal 15 marzo, 42 dipendenti
di Step impianti saranno senza lavoro e dovranno per forza essere messi in cassa
integrazione. Ci stiamo già muovendo per raccogliere la documentazione e fare la
domanda di cassa straordinaria.» In questo periodo tutti saranno regolarmente
pagati dall’amministrazione straordinaria della Lucchini, ma dalla situazione
fortemente debitoria della società la Stet è già rimasta paurosamente scottata.
«Vantiamo un credito di un milione di euro per il periodo pre-commissariamento -
rivela Tria - altre piccole società dell’indotto avevano crediti di qualche
centinaia di migliaia di euro ed è stato il colpo finale alla loro attività.
Quelle minori, con quattro, cinque dipendenti hanno chiuso, qualche operaio nei
mesi scorsi lo abbiamo assorbito noi. Adesso soltanto un miracolo potrebbe
evitarci la cassa integrazione.» Gli altri 75 dipendenti di Step impianti sono
momentaneamente al sicuro. «Abbiamo altri clienti in regione del calibro di
Wartsila, Danieli, Abs, Shell - spiega il presidente - e forniamo anche impianti
chiavi in mano. Ma non riusciremo a riciclare quelli della Ferriera perché oggi
non esiste un settore trainante. Me ne sto tutto il giorno in giro a cercare
commesse e ho allacciato collaborazioni anche in Serbia, Kosovo e Montenegro, ma
ben pochi sono i triestini disposti a trasferirsi in quelle zone.» La speranza
dei dipendenti della Step è la stessa di quelli della Ferriera e forse anche di
quelli della Sertubi: che alla fine arrivi il Gruppo Arvedi, l’altoforno riparta
e i cassintegrati possano essere reimmessi nel ciclo produttivo. «Non oso
nemmeno pronunciarlo - conclude Tria - ma purtroppo sappiamo quale sarà, subito
dopo qualche mese di cassa straordinaria, il futuro anche per i 42 dipendenti di
Step impianti se non andranno a buon fine le operazioni di vendita e
ristrutturazione della Ferriera di Servola.»
Silvio Maranzana
«Quando c’è di mezzo il porto i tempi slittano» -
L’ASSEMBLEA NELLO STABILIMENTO
Il timore espresso dai sindacati conferedali. La Failms: impegno del
governo in pericolo
Se anche il settore dell’indotto, che complessivamente coinvolge quasi
trecento persone, sta per essere squassato dalla chiusura dell’altoforno della
Ferriera, non dovrebbe invece registrarsi sussulti immediati sulla centrale
elettrica Elettra che si trova all’interno del comprensorio di Servola e impiega
25 dipendenti. Elettra infatti continuerà a usare i gas di risulta della
cokeria, che resterà in attività, e a fornire energia elettrica allo
stabilimento che continua, per la parte funzionante a restare sotto
l’amministrazione straordinaria della Lucchini pur in presenza di un accordo
commerciale con Arvedi che già provvede ai rifornimenti di carbone. Ieri
all’interno dello stabilimento servolano si è svolta da parte dei sindacati
confederali un’assemblea dei lavoratori ai quali, come riferisce Franco Palman
rappresentante di fabbrica per la Uilm, sono stati illustrati i contenuti
dell’accordo per la cassa integrazione e i contenuti dell’Accordo di programma
firmato a Roma per l’area di Servola e dell’Ezit. «Abbiamo rilevato il pericolo
che su ogni questione su cui c’è di mezzo l’Autorità portuale, i tempi per la
soluzione della nostra vicenda rischiano pericolosamente di dilatarsi»,
riferisce Umberto Salvaneschi, segretario di Fim-Cisl. «Noi rappresentanti
sindacali - informa Palman - abbiamo anche chiesto alla governatrice
Serracchiani di riunire nuovamente in Regione il Tavolo sulla Ferriera». E anche
le rsu di Elettra hanno chiesto un incontro alla società, proprietà del fondo
inglese Alix partners, per avere chiarimenti sul futuro dal momento che lo
stesso Arvedi si era detto interessato all’utilizzo se non addirittura
all’acquisto anche di Elettra. E sulla questione Ferriera ha emesso una nuova
nota il sindacato autonomo Failms che rileva come «lo scenario attuale di
politica nazionale assieme a quello locale sta mettendo a dura prova il processo
di riconversione della Ferriera e le prospettive di sviluppo per Trieste. La
querelle emersa la settimana scorsa in Comitato portuale - sostiene la Failms -
dimostra un grado di conflittualità che rischia ora di esplodere con danni
irreversibili per le economie messe in campo dal Governo». Il sindacato, a detta
della Failms «non può sponsorizzare o tifare per l’una o l’altra parte politica
ma schierarsi solo dalla parte dei lavoratori, e in questo particolare momento,
dopo la firma della Cigs al buio, deve seguire passo passo le procedure
fallimentari per garantire una continuità occupazionale. Se non decolla
l’Accordo di programma - il timore finale - non sarà nemmeno possibile
approntare il bando di gara per la vendita del sito.»
(s.m.)
«Servola, lo studio della Regione inadeguato a
descrivere i rischi» - L’ACCUSA DI M5S
«Lo studio epidemiologico eseguito dall'Osservatorio ambiente e salute Fvg
sullo stato di salute della popolazione residente nei pressi della Ferriera è
l'ennesima presa in giro per i cittadini». È quanto sostiene il Movimento 5
stelle. «La giunta Serracchiani - rileva il deputato Aris Prodani - deve
spiegare le ragioni di questo incredibile ritardo. Pare evidente che con la
diffusione di questi dati si voglia rassicurare la popolazione. Guarda caso,
proprio oggi che siamo alla vigilia di una nuova tornata elettorale e della
presunta, ma per niente certa, cessione dell'impianto siderurgico». «Inutile
nascondere la grande rabbia per l'inutilità di questo studio pagato dalla
Regione - sostiene il consigliere regionale Andrea Ussai - L’Osservatorio non ha
fatto altro che confermare l’aumento complessivo del rischio di tumore del
polmone della zona urbana di Trieste, mentre risulta totalmente inadeguato a
descrivere lo stato attuale di salute della popolazione residente in stretta
prossimità dello stabilimento siderurgico». «È sotto gli occhi di tutti -
precisa Ussai - che la situazione complessiva negli anni si sia sempre di più
deteriorata, fino a ritrovarci oggi con uno stabilimento siderurgico obsoleto e
incompatibile con un territorio circostante densamente urbanizzato».
Il botanico: «In Val Rosandra distrutto un habitat
unico»
Il docente universitario Pier Luigi Nimis in aula punta il dito
sull’operazione della Protezione Civile. La funzionaria della Regione: «Mai
coinvolto il mio ufficio»
Il bosco che non c’è più e il parere che non c’è mai stato. È girata attorno
a due fantasmi, ieri, l’udienza celebrata davanti al giudice Marco Casavecchia
del processo sul taglio della vegetazione in Val Rosandra del marzo 2012, che
vede imputati per presunto disastro ambientale in concorso l’allora
vicegovernatore della Regione Friuli Venezia Giulia Luca Ciriani più il capo, la
funzionaria e il dipendente della Protezione civile regionale Guglielmo Berlasso,
Cristina Trocca e Adriano Morettin. Era il giorno dedicato interamente ai
“testi” (nove in tutto) chiamati dalla pubblica accusa, rappresentata dal pm
Antonio Miggiani. Due in particolare, nel corso della mattinata, hanno lasciato
il segno. Una testimonianza a onor del vero, quella del professore di Botanica
del Dipartimento di Scienze della vita dell’Università di Trieste, Pier Luigi
Nimis, era scontata, poiché il docente aveva già avuto modo di dichiarare
pubblicamente il suo estremo disappunto per lo “scempio” della Val Rosandra.
L’altra scontata lo era decisamente meno. E questa è venuta da Marina Bortotto,
direttrice allora del Servizio Caccia e risorse idriche della Regione, ufficio
che sta sotto la stessa ala - la Direzione centrale Ambiente e territorio -
della Protezione civile. Bortotto ha riferito infatti che il servizio da lei
diretto, di cui fa parte «un gruppo di faunisti ed esperti della materia», in
vista di interventi similari a quelli compiuti in Val Rosandra dà di prassi «un
parere non vincolante ma comunque essenziale al soggetto proponente». Il
problema è che di quanto capitò lungo il torrente Rosandra lei lo seppe «a fatto
avvenuto, dai giornali». Dagli uffici della Protezione civile, ha precisato
Bortotto su precisa domanda del pm Miggiani, non ci fu alcun contatto. Opinabile
semmai - ha aggiunto, sollecitata dall’avvocato Caterina Belletti, che col
collega Luca Presot difende Ciriani - è quale ente incarnasse nell’occasione il
«soggetto proponente» previsto dalla normativa. Al caso «anche il Comune di San
Dorligo della Valle», poiché «la Protezione civile risulta essere intervenuta su
richiesta del Comune di San Dorligo della Valle», ha chiarito a fine udienza
l’avvocato Paolo Pacileo, il legale del geometra Morettin, secondo cui «nulla di
decisivo è ancora emerso, specie in assenza di censimenti precedenti». Chiaro il
riferimento, in questo passaggio, agli esperti naturalisti chiamati ieri dal pm.
Tra questi, come detto, il professor Nimis, che, «esprimendo una valutazione
tecnico-scientifica», è stato lapidario: «Con l’intervento del marzo 2012 è
andata distrutta completamente la vegetazione di un habitat unico, in
evoluzione, dopo essere stato soggetto a taglio 40, 50 anni fa». L’habitat è
quello «a monte del ponticello», in prossimità della cosiddetta «foresta
galleria», dove i pioppi, venuti dopo i salici, «stavano lasciando terreno all’alneto
di ontano nero». Stavano, ha tenuto a precisare a sua volta l’avvocato Luca De
Pauli dello studio Ponti, che tutela Berlasso e Trocca, in quanto «nella
cartografia ufficiale» tale evoluzione risultava ancora «non censita». Presenti
all’udienza anche gli avvocati di parte civile Alessandro Giadrossi per conto
del Wwf e Marco Meloni dell’Avvocatura dello Stato per conto del Ministero
dell’Ambiente.
Piero Rauber
Di nuovo in aula il 10 marzo con i consulenti
La prossima udienza è fissata al 10 marzo. In quell’occasione a essere
sentiti saranno i consulenti di accusa e difesa. Dei nove “testi” chiamati ieri
Nimis non era l’unico esperto naturalista. Oltre alla giovane dottoressa
Nicoletta Tommasi, autrice di una tesi di laurea sulla colonizzazione
post-taglio di ailanto, pianta infestante «estranea alla biodiversità locale»,
nel pomeriggio sono stati ascoltati il docente emerito di Ecologia vegetale
Livio Poldini, da sempre critico sull’intervento, e il dottor Sergio Dolce, che
ha parlato della tutela giuridica della fauna collegata all’habitat che si è
andati a toccare nel 2012. In aula anche un volontario della Protezione civile,
due dipendenti dell’impresa Bombardier cui era stato commissionato il taglio e
un residente storico di Bagnoli Superiore.
(pi.ra.)
Camminatrieste, nominato il consiglio direttivo
«Notevole dissenso sui modi con cui il Comune ha provveduto al taglio di
numerosi alberi nell’ambito urbano». Sì invece al progetto di prolungamento del
tram di Opicina sulle Rive. Questi i due filoni di discussione principali nei
quali si è articolata l’assemblea generale dei soci di Coped-Camminatrieste
tenuta nei giorni scorsi. Quanto al taglio degli alberi, Camminatrieste in una
nota sottolinea che «il Regolamento del Verde pubblico, cui aveva contribuito
anche CamminaTrieste con suoi esperti, tutelava gli alberi di grandi dimensioni,
indipendentemente dal fatto che essi fossero situati su suolo pubblico o
privato». Passando al rinnovo delle cariche direttive, dopo la scomparsa
dell’astrofisica Margherita Hack che per oltre vent’anni aveva retto
l’associazione come presidente onorario, a questa carica è stata nominata
all’unanimità Fulvia Costantinides. Del direttivo fanno parte Sergio Tremul
(presidente), Luigi Bianchi, Isabella Flego, Giovanni Macuglia, Lucia
Cattaruzza, Elio De Colle, Daniele Furlan, Carlo Genzo, Maria Glavina, Renato
Kneipp, Erika Sancin, Fabio Venturin.
GREEN STYLE.it -
LUNEDI', 17 febbraio 2014
Detrazione 50% edilizia e mobili: nuova guida
dell’Agenzia delle Entrate
L’Agenzia delle Entrate ha aggiornato la guida alle detrazioni fiscali
per gli interventi di ristrutturazione edilizia. La nuova versione tiene conto
della Legge di Stabilità 2014, che ha prorogato la durata del bonus al 50% per
tutto il 2014.
In virtù della proroga, spiega l’Agenzia, le spese per le ristrutturazioni
sostenute dal 26 giugno 2012 fino al 31 dicembre 2014 continueranno a godere di
una detrazione IRPEF del 50%. Inalterato anche il tetto di spesa cui applicare
il bonus (96.000 euro), che rimarrà identico anche nel 2015, quando l’aliquota
della detrazione fiscale scenderà invece al 40%. A partire dal 2016, poi, il
bonus per le ristrutturazioni edilizie tornerà alla vecchia aliquota del 36%,
mentre il tetto di spesa scenderà a 48 mila euro.
Agevolazioni confermate anche per l’acquisto – solo per immobili sottoposti a
ristrutturazione – di mobili e grandi elettrodomestici di classe non inferiore
alla A+ (A per i forni). In questo caso, lo sgravio può essere calcolato su una
spesa massima di 10.000 euro e deve essere ripartito in 10 quote annuali di pari
importo.
Bonus maggiorati, spiega infine la guida dell’Agenzia delle Entrate, per gli
interventi di adeguamento antisismico degli edifici adibiti ad abitazione
principale o ad attività produttive che si trovano in zone sismiche ad alta
pericolosità. In questo caso, per le spese sostenute dal 4 agosto 2013 al 31
dicembre 2014 verrà applicata una detrazione del 65% (l’aliquota scenderà al 50%
nel 2015).
IL PICCOLO -
LUNEDI', 17 febbraio 2014
Wwf: stop al taglio degli alberi per 15 giorni
Il presidente Giadrossi scrive a Cosolini: «Dateci il tempo di
comprendere come state operando»
«Sospendere il taglio degli alberi per 15 giorni». È l’invito che l’avvocato
Alessandro Giadrossi, da presidente del Wwf Trieste, rivolge via lettera -
pubblicata integralmente sul sito dell’associazione - a Roberto Cosolini. Due
settimane senza esecuzioni programmate, insomma, per consentire «allo scrivente
- si legge nella lettera di Giadrossi - e agli esperti che andremo a individuare
di comprendere, in contraddittorio con i tecnici del Comune, come si sta
operando. Non credo proprio che dal ritardo dell’operazione, per un tempo così
breve, possa derivare qualsivoglia pericolo per la pubblica incolumità». «Credo
che sia mancata innanzi tutto - è una delle premesse della lettera del numero
uno del Wwf locale indirizzata al sindaco - un’efficace comunicazione sulle
ragioni di questo intervento così radicale. Le associazioni di tutela ambientale
hanno sempre accolto positivamente tutte le forme di coinvolgimento su vari
progetti della Tua amministrazione. Il taglio di oltre trecento alberi, dei
quali molti di valore monumentale, se previamente discusso con i portatori di
interessi collettivi avrebbe consentito alle associazioni di validare la bontà
della vostra iniziativa, dopo aver controllato le perizie che sono state da Voi
acquisite e verificata l’insussistenza di altri rimedi che non siano quelli del
taglio. La convocazione di una commissione, ad operazione quasi conclusa, non
serve a nulla se non all’espressione di sterili giustificazioni e accuse. Si
tratta di un modo di amministrare il bene pubblico e di fare ambientalismo che
non è proprio né dei miei né dei tuoi programmi». «Non comprendo - scrive
Giadrossi - perché a fronte di una media di circa 30 tagli annui, ora si sia
dovuto procedere ad oltre 300 abbattimenti. Chi ha gestito il verde pubblico è
stato, sino ad ora, uno sconsiderato o si è assunto in passato un rischio al di
là dell’accettabile? Per quali ragioni questo incarico è stato affidato ad un
agronomo, persona di certo rispettabilissima ed esperta, titolare di una ditta
privata che opera nel settore delle manutenzioni del verde, piuttosto che al
dottor Tomè che da oltre vent’anni, assieme ai suoi tecnici, ha classificato
tutte le alberature di Trieste? Quanto ha inciso sulla decisione dell’architetto
Antonia Merizzi (la direttrice del servizio del Verde, ndr) il fatto accaduto a
Roma il primo dicembre (il motociclista morto in seguito alla caduta di un
albero per maltempo, ndr)? La fobia dell’albero killer non ha alcuna validità
scientifica. La decisione di tagliare un albero non ha natura meramente tecnica
ma passa necessariamente per una decisione amministrativa volta a ponderare, per
ciascuna pianta, i vari interessi pubblici ovvero la sicurezza, il suo valore
monumentale, eccetera assumendo la decisione più radicale laddove sia stato
valutato che non sussistano altre soluzioni valide per mantenere un albero».
SENTENZA - Assolti i vigili portati in Tribunale da
Fogar - Il leader del Circolo Miani li aveva denunciati per una contravvenzione
Hanno fatto bene e hanno agito con buon senso e correttezza i vigili che
hanno multato la Land Rover di Maurizio Fogar ferma in divieto di sosta in corso
Italia mentre il presidente del circolo Miani stava tenendo un comizio. Questo
ha sentenziato il giudice Guido Patriarchi, che ha assolto - perché il fatto non
costituisce reato - gli agenti della polizia locale Ciro Fontanella e Alessandra
Bucconi. I due erano accusati di falso ideologico in quanto sul verbale, poi
notificato a Fogar, avevano attestato che la rimozione della Land Rover da corso
Italia non era stata effettuata per motivi tecnici; e che la contestazione non
era giunta immediata perché Fogar era assente. Il giudice ha accolto le
richieste del pm Massimo De Bortoli e dei difensori dei due agenti, gli avvocati
Giorgio Borean e Davor Blaskovic. La parte civile era rappresentata
dall’avvocato Alberto Cosolovich. La vicenda singolare e bizzarra porta la data
del 12 ottobre del 2010. La manifestazione “Tg da strada” di Maurizio Fogar era
stata regolarmente autorizzata dalla Digos. Fogar era arrivato in corso Italia e
aveva sistemato la sua vettura all'altezza del numero 1, praticamente in zona di
divieto. Assieme ad alcuni collaboratori aveva sistemato alcuni cartelloni
attorno alla vettura. Poi aveva attivato il microfono che era collegato alla
batteria dell’auto, una Land Rover verde, e aveva cominciato a parlare. I vigili
di pattuglia a piedi erano passati vicino alla Land Rover e - secondo Fogar - si
erano fermati a osservare quello che stava succedendo: tanto l’auto quanto la
manifestazione. Poi, dopo aver parlato con alcuni agenti della Digos che si
trovavano a pochi metri, se n’erano andati proseguendo il loro giro di
pattuglia. Tutto sembrava insomma tranquillo. Ma una contravvenzione era stata
notificata nei giorni successivi al presidente del circolo Miani. Leggendo le
carte Fogar aveva scoperto però che il verbale era stato redatto in un tempo
successivo a quello dei fatti: non era stato possibile rimuovere il mezzo causa
motivi tecnici - era scritto - vista l’assenza del conducente del mezzo. Ma
Fogar era proprio lì accanto, con il microfono in mano. Da qui appunto la
denuncia presentata in Procura che ha innescato il procedimento giudiziario a
carico dei due agenti della municipale accusati di falso. Per il giudice
Patriarchi però, che ha pronunciato la sentenza di assoluzione, non c’è stato
alcun reato, perché evidentemente gli agenti - semplicemente per ragioni di
opportunità e buon senso - hanno ritardato la formalizzazione della
contestazione amministrativa.
(c.b.)
IL PICCOLO -
DOMENICA, 16 febbraio 2014
«Cokeria della Ferriera, l’Accordo non cita le
limitazioni prescritte»
Il pm Frezza avverte la Regione: nel documento siglato a Roma manca la
riduzione del regime di marcia dell’impianto, il consulente della Procura l’ha
prevista tra le azioni da attuare per abbassare le emissioni
Marina Monassi ha appena avuto il mandato del Comitato portuale di firmare
l’Accordo di programma siglato a Roma lo scorso 30 gennaio da cinque ministeri e
dagli enti locali per il risanamento ambientale e il rilancio industriale della
Ferriera. Ma chiusa la querelle tra enti locali e Autorità portuale sul testo
del documento, è ora la Procura della Repubblica a entrare in campo. Con una
lettera che il pm Federico Frezza ha indirizzato all’assessorato regionale
all’Ambiente (che dovrà guidare l’iter per la nuova Autorizzazione integrata
ambientale da rilasciare in tempi brevi), al Comune e all’Azienda per i servizi
sanitari. L’avvertimento del procuratore capo facente funzioni è chiaro:
«Nell’Accordo di programma - vi si legge - non compare alcunché» in merito a una
delle indicazioni contenute nella perizia in cui il consulente della Procura
Marco Boscolo ha elencato le azioni da attuare per far rientrare le emissioni di
Servola nei limiti di legge. L’indicazione è precisa: «Non più di 80 sfornamenti
al giorno» dalla cokeria. Un limite definito dal consulente «essenziale e
imprescindibile». Il messaggio della Procura è chiaro: l’Aia da parte della
Regione dovrà tener conto anche della perizia. Annota il pm nella lettera: «Si
tenga presente che negli anni precedenti la crisi economica gli sfornamenti
quotidiani erano 66-98, con punte di 100. Il consulente ritiene che l’impianto
non sia in grado di marciare a questi regimi e indica in solo 80 il numero
massimo degli sfornamenti. Si ribadisce che questo è il pre-requisito, senza il
quale non verranno mai raggiunti gli obiettivi di contenimento delle emissioni
nocive». L’indicazione sugli sfornamenti è contenuta nella relazione in cui
Boscolo ha quantificato in quasi 15 milioni di euro l’investimento necessario
per portare gli impianti di Servola a funzionare senza sforamenti dei limiti
delle emissioni di fumi, polvere e gas. «Se un acquirente arriverà - aveva
precisato di recente Frezza - dovrà logicamente tenerne conto». Il preventivo
esclude gli scarichi e la gestione e lo smaltimento dei rifiuti. La perizia è
andata a far parte integrante dell’inchiesta aperta dal pm lo scorso 17 agosto
in relazione a vari reati ambientali. Tripla la linea di indagine: raccolta di
dati sulla qualità dell'aria sottoposti a un’analisi critica (da parte del
perito Pierluigi Barbieri); raccolta di dati sulla salute delle persone esposte
agli inquinanti (fatta dall'Azienda sanitaria); verifica del funzionamento
dell'impianto e analisi delle cause delle emissioni eccessive. Con la lettera di
pochi giorni fa la Procura avverte: per rientrare nei limiti delle emissioni
vanno spesi quasi 15 milioni. Ma nell’Accordo di programma - sulla cui base il
commissario straordinario di Lucchini Piero Nardi sta predisponendo il bando di
gara - dell’indicazione «imprescindibile» sul regime di marcia della cokeria non
c’è traccia.
Corrado Barbacini
Spegnimento dell’altoforno posticipato al 25
L’avvio dei lavori potrebbe avvenire in concomitanza con il bando di
vendita. Sertubi, situazione critica
Un altro, limitato slittamento temporale, per l’esattezza di una settimana,
per lo spegnimento dell’altoforno della Ferriera di Servola. E nessuno può dire
se sarà l’ultimo. Lo stop è stato spostato a martedì 25 febbraio, come ha
comunicato la direzione ai rappresentanti sindacali senza però esplicitarne i
motivi. Chiaro che l’avvio della procedura della cassa integrazione
straordinaria, stabilito dall’accordo firmato da tutte le sigle sindacali
martedì scorso alla Direzione Lavoro della Regione, rimane fissato per il 19, ma
nei primi giorni pressoché tutti i dipendenti rimarranno al lavoro. All’interno
dello stabilimento circola la voce che, non si sa se con l’intento di abbassare
la tensione tra gli operai o meno, i lavori sulla bocca dell’altoforno
potrebbero materialmente partire proprio nel giorno in cui il commissario
straordinario Piero Nardi emetterà il bando per la vendita dello stabilimento di
Servola il che dovrebbe avvenire, secondo quanto confermato di recente anche dal
segretario dell’amministrazione straordinaria Francesco Semino, a fine mese.
Domani alle 13.30 è prevista l’assemblea dei dipendenti convocata dai sindacati
confederali: Fiom-Cgil, Fim-Cisl e Uilm mentre il segretario provinciale del
sindacato autonomo Failms, Cristian Prella ha scritto al commissario
straordinario chiedendogli garanzie per la liquidazione del Tfr a tutti i
dipendenti. Frattanto sono ben 24 le manifestazioni di interesse avanzate per
gli stabilimenti di Piombino (il maggiore del Gruppo Lucchini) e di Lecco: di
queste però tre sono state già giudicate non coerenti, mentre 14 soggetti sono
interessati soltanto a singole parti. Sarebbero 7 quelli che puntano
all’acquisto in toto. Ora gli interessati hanno un ulteriore mese di tempo per
presentare le proposte non vincolanti. Chiaro che se anche il bando per Trieste
dovrà prevedere tutte queste tappe procedurali i tempi per la vendita si
allungheranno. Frattanto starebbe tornando a farsi grave la situazione della
Sertubi, o meglio di ciò che è rimasto dell’azienda oggi in affitto al gruppo
indiano Jindall (che tra l’altro pare interessato anche a Piombino). «Ci è stato
comunicato che il passivo dell’ultima annualità - riferisce Michele Pepe rsu di
Fim-Cisl - ha superato i 6 milioni di euro. Siamo rimasti in 72, non sappiamo se
riusciremo a resistere con questi numeri nemmeno fino alla scadenza
dell’affitto, nell’agosto 2016». Pepe con il collega di sindacato Maurizio
Granieri è stato a colloquio con i capigruppo del Consiglio comunale. «Vorremmo
tentare di far sì che la nostra azienda riprenda la produzione di tubi
rientrando nell’operazione Arvedi - spiega Pepe - e per questo progetto speriamo
di avere presto un incontro con la governatrice Debora Serracchiani».
Silvio Maranzana
IL PICCOLO -
SABATO, 15 febbraio 2014
«Monassi se ne vada per il bene di Trieste» - LO
SCONTRO»COMUNE - AUTHORITY
Cosolini: il bando per Porto Vecchio è autismo amministrativo, disprezzo
totale per le istituzioni che rappresentano i cittadini
La prospettiva del recupero Municipio, Provincia e Regione hanno chiesto un
ragionamento comune sullo scalo antico, ma in risposta un’azione da monarca
assoluto
TORRE DEL LLOYD Una nota informa che il procedimento per le concessioni si
chiuderà con una delibera dopo il parere del Comitato portuale
Nella guerra ormai senza esclusione di colpi tra le amministrazioni elettive
e il Porto, dopo quello dell’Accordo di programma per la Ferriera si riapre
anche il fronte del Porto Vecchio e il sindaco Roberto Cosolini solleva una
sorta di impeachment (beninteso, senza implicazioni penali) nei confronti della
presidente dell’Authority Marina Monassi. «La cosa migliore che potrebbe fare è
quella di andarsene a casa», afferma il sindaco in un’affollata conferenza
stampa in cui lo affianca quasi tutta la giunta, e in particolare gli assessori
Fabiani, Marchigiani, Kraus, Grim, Famulari e Treu. «Questa faccenda dell’avviso
del nuovo bando per il Porto Vecchio pubblicato proprio in contemporanea alla
seduta del Comitato portuale (mercoledì scorso, ndr) che invece ne era tenuto
all’oscuro perché l’unico punto dell’ordine del giorno era l’Accordo di
programma per Servola - ha affermato il sindaco precisando di parlare sul punto
anche a nome di Regione e Provincia - ha fatto toccare l’apice a una situazione
di conflittualità non più sostenibile. Più volte Regione, Provincia e Comune
hanno chiesto all’Authority un ragionamento comune sul futuro di quella parte
dello scalo, che evidentemente non può essere trattata come il Molo Settimo. Ma
Monassi anche stavolta ha agito da monarca assoluto, nel più completo disprezzo
delle istituzioni che rappresentano i cittadini. Con questo gesto di autismo
amministrativo è stato creato un grave vulnus che rischia di espropriare Trieste
da un’importante operazione di creazione di valore. E la presidente non creda di
poterci incantare con i dati delle statistiche che crescono soprattutto grazie
al lavoro di tre imprenditori come Parisi, Maneschi e Samer, ai traghetti
Grimaldi della Minoan lines e alla chiusura della raffineria di Marsiglia e
nonostante i disservizi che ci sono ancora all’interno del porto dove del resto
si registrano anche problemi di occupazione». Un’altra accusa forte, cui Monassi
ha voluto preventivamente rispondere con una nota stampa, diramata di prima
mattina, in cui rilevava che l’Authority il 12 febbraio ha pubblicato sul sito
web l’avviso di avvio del procedimento «come già annunciato nel Comitato
portuale del 12 dicembre». La presidente ha aggiunto che «il procedimento sarà
quello previsto dal Codice della navigazione per questo tipo di concessioni e si
concluderà quindi con una delibera del presidente dell’Autorità portuale a
seguito del parere in merito del Comitato portuale». «Se lo scopo è quello di
servire la comunità - ha obiettato il sindaco - è indispensabile lavorare
assieme. Dopo la sentenza del Tar sul caso Portocittà e dopo quanto affermato
dal prefetto Francesca Adelaide Garufi sulla necessità di trovare un punto
d’accordo in loco, era indubbio che prima di pubblicare un nuovo bando si
trattava di chiarire lo status giuridico dell’area. Questo non è stato fatto, ma
al di sotto dello strumento urbanistico non esiste nemmeno un masterplan che dia
una visione strategica complessiva futura dell’area. Nell’estate 2013 - ha
ricordato Cosolini - mi è stato risposto che un masterplan esiste ed è
dell’architetto Norman Foster. Quando ne ho chiesto una copia, l’Authority ha
replicato che bisognava cercarlo negli archivi perché è un progetto piuttosto
datato. Evidentemente non l’hanno trovato perché lo sto ancora aspettando».
L’Autorità portuale, secondo le accuse partite dal Municipio, non avrebbe
nemmeno fatto un’indagine di mercato per capire se quello che è forse il più
attrattivo waterfront d’Europa può interessare ai grandi gruppi d’investimento
internazionali. «E tutto questo - l’accusa diretta di Cosolini - perché Marina
Monassi non vuole alcuna trasformazione del Porto Vecchio, nemmeno nel senso di
portualità allargata, ma preferisce assegnare i bocconi più polposi dello
spezzatino condannando tutto il resto dell’area all’abbandono o all’attesa di un
finanziamento pubblico che non arriverà mai».
Silvio Maranzana
«E sull’Accordo ha fatto perdere tempo prezioso»
Il fatto di non aver preventivamente portato la discussione sul Porto Vecchio in
Comitato portuale, secondo Roberto Cosolini, è tanto più grave perché «proprio
il Comitato ha permesso alla presidente Marina Monassi di salvare la faccia». In
questo caso il riferimento è alla mancata firma sull’Accordo di programma, per
la quale mercoledì il Comitato alla fine ha affidato il mandato. Cosolini è
tornato ieri anche su questa questione «del tardivo e parziale lieto fine - ha
specificato - dopo un’inutile perdita di tempo accampando presunti e inesistenti
danni erariali in quanto la presidente voleva far credere che l’Accordo di
programma intendesse fare sconti ai responsabili dell’inquinamento mentre più
punti dello stesso Accordo prevedono proprio il contrario». Obiettivo
dell’Authority era apporre alcune rettifiche all’Accordo, ma il Comitato ha
approvato una delibera che prevede la firma, pur in presenza di aggiunta come
nota a verbale della lettera del capo di gabinetto del ministero delle
Infrastrutture che dà ragione all’Autorità portuale su due delle cinque
questioni sollevate.
(s.m.)
Belci: «Prenda atto del suo isolamento»
Il segretario regionale Cgil contro la presidente. E alla Uil chiede di
risolvere il “caso Fanigliulo”
All’attacco di Marina Monassi va anche il segretario regionale della Cgil,
Franco Belci. «L’atteggiamento tenuto dalla presidente dell’Authority
sull’Accordo di programma della Ferriera e la decisione di procedere col bando
per Porto Vecchio senza nemmeno discuterne con le altre istituzioni - osserva
Belci in una nota - pongono un problema politico e uno istituzionale che vanno
ben al di là di una dimensione strettamente cittadina. È ormai evidente come
l’obiettivo sia quello di ostacolare le prospettive di sviluppo della città che
non coincidono con la sua personale visione e di operare al di fuori di una
quadro di collaborazione con Regione, Comuni di Trieste e di Muggia, Provincia e
perfino, nel caso dell’Accordo di programma, con lo Stato rappresentato dai
ministri competenti». Ma poi Belci abbassa il tiro e prende di mira anche il
segretario regionale di Uiltrasporti, Gianpiero Fanigliulo. «In questo -
prosegue - la presidente è stata assecondata da un Comitato portuale che è in
buona parte le è legato da un evidente rapporto consociativo che riguarda,
purtroppo, anche una delle organizzazioni sindacali confederali. Esattamente un
anno fa sollevai pubblicamente il problema del conflitto di interessi del
segretario regionale della Uiltrasporti, contemporaneamente rappresentante dei
lavoratori in Comitato portuale e presidente di di Alpe Adria spa su nomina
dell’Authority, di Trenitalia e di Friulia. La posizione di esplicito
affiancamento a chi l’ha nominato assunta dal sindacalista-presidente nel
Comitato convocato sull’Accordo di programma - continua il segretario della Cgil
- ripropone tutta intera la questione, visto che nulla ha a che fare con gli
interessi dei lavoratori del porto e va in senso contrario a quelli dei
lavoratori della Ferriera. La commistione dei ruoli, sulla quale si è
evidentemente puntato per consolidare quello che si configura a tutti gli
effetti come un blocco di potere, costituisce un oggettivo elemento di
inquinamento delle relazioni. Spero che la Uil regionale decida finalmente di
intervenire per rimuovere questa imbarazzante situazione. In quanto alla
Presidente - chiude Belci - si chiederebbe una coerenza nei comportamenti:
dovrebbe prendere atto del proprio isolamento istituzionale e rassegnare le
dimissioni. Se non lo facesse dovrebbe intervenire il vecchio o il nuovo
ministro competente».
Ferriera, on line i nomi degli operai che si sono
ammalati di tumore
Iniziativa di “El Kanal” sul web: pubblicata la relazione che l’Ass ha
trasmesso alla Procura
Il sito, attivo dallo scorso gennaio, risulta
registrato nella cittadina statunitense di Kirkland
Nomi e cognomi di dipendenti della Ferriera di Servola ammalati di tumore
pubblicati sul Web in spregio alla legge sulla tutela della privacy. Molti di
loro sono morti, non tutti: questi ultimi - anch’essi citati - ricadono quindi
sotto le normative che impongono un rigoroso anonimato quando si tratti
pubblicamente di argomenti delicati, tra i quali appunto le condizioni di
salute. È l’operazione compiuta dal sito d’informazione Elkanal.net, che ha
inserito in rete, paro paro, il documento datato novembre 2013 che ha per
oggetto “Patologie tumorali tra i lavoratori dello stabilimento siderurgico
Ferriera di Servola” e che l’Azienda per i servizi sanitari n.1 triestina ha
inviato alla Procura della Repubblica che, come è noto da mesi, ha aperto
un’inchiesta che riguarda il decesso di 83 lavoratori. Elkanal.net è un sito
curiosamente registrato nella cittadina statunitense di Kirkland, nello stato di
Washington, che a partire dal gennaio 2014 ha iniziato a pubblicare inchieste e
articoli riguardanti Trieste, il suo territorio, nonché i Paesi confinanti.
Parte della redazione di Elkanal, come si legge sul sito, proviene da esperienze
di collaborazione con “Il Tuono” e “La Voce di Trieste”. Il sito si propone di
portare avanti un giornalismo d’inchiesta e, nel post di presentazione
dell’attività, premette di operare «nella più totale indipendenza da partiti,
movimenti e organizzazioni politiche». Il materiale pubblicato dal sito riguarda
le campagne di monitoraggio effettuate tra i dipendenti della Ferriera negli
anni 2007, 2010, 2011 e 2012. Le conclusioni presentate dall’Azienda sanitaria
si articolano in 108 pagine di schede e analisi particolareggiate dei risultati.
Inclusi i nomi degli operai ammalati e morti e le patologie tumorali da essi
presentate, di cui sul sito si può leggere. «I dati emersi - scrive Elkanal -
evidenziano “la costante esposizione ad Ipa dei lavoratori ed un conseguente
assorbimento nonostante le misure di prevenzione adottate dall’azienda”.
L’azienda, che allo stato attuale perde 1,5 milioni di euro al mese, non fa
abbastanza per tutelare i suoi operai, messi giorno dopo giorno davanti al
ricatto del posto di lavoro: un aut aut, quello tra salute e lavoro, che fa
accettare loro - si legge ancora- anche le condizioni meno sicure e più
degradanti». La relazione riporta anche gli organigrammi della dirigenza dello
stabilimento nel corso degli anni. Fra gli operai che lavorano all’interno dello
stabilimento, evidenzia il sito “El Kanal”, è stata registrata una
«significativa maggior incidenza di neoplasie del polmone e della vescica».
(red. cr.)
«Gli abitanti della zona non rischiano di più»
Uno studio dell’Osservatorio Ambiente e salute Fvg non rileva picchi di
tumore ai cancro a Servola
«La popolazione che risiede nelle vicinanze dello stabilimento della
Ferriera di Servola ha le stesse probabilità di ammalarsi di tumore ai polmoni
di tutti gli altri abitanti della città di Trieste e di Muggia». Lo rileva
l'Osservatorio Ambiente e salute Fvg, che ha svolto «una accurata indagine
epidemiologica» sulle problematiche legate alla presenza del polo siderurgico a
ridosso delle abitazioni e sugli effetti sulla popolazione delle emissioni
nell'aria. «L'obiettivo - rileva una nota della Regione - è consistito nel
valutare l'esistenza di eventuali differenze nella frequenza dei tumori nei
cittadini residenti a Trieste e Muggia, in base alla distanza dalla Ferriera».
L'indagine si è concentrata sull'apparato respiratorio e in particolare sui
polmoni, primo e maggiore bersaglio degli inquinanti ambientali nell'aria. Il
principale oggetto dell'analisi epidemiologica è stato il tumore al polmone,
universalmente considerato il vero indicatore dell'inquinamento ambientale, come
dimostrato anche recentemente dall'Agenzia internazionale per la Ricerca sul
cancro di Lione dell'Organizzazione mondiale della Sanità (Oms). Allo studio ha
lavorato per un anno un gruppo di lavoro composto da ricercatori di Direzione
centrale Salute della Regione, Arpa, Cro di Aviano, Istituto di Igiene ed
Epidemiologia clinica dell'Università di Udine, Registro tumori Fvg. È stata
considerata la popolazione residente, non l'esposizione diretta in ambito
lavorativo (oggetto di altri studi). A tal fine sono state condotte un'analisi
statistica sui decessi nel periodo1993-2010 e sulle relative cause di morte, e
un'altra analisistatistica sull'incidenza dei tumori tra il 1995 e il 2007. Per
quanto riguarda il tumore al polmone dall'indagine è emerso innanzitutto -
continua la nota - che gli uomini residenti nella provincia di Trieste mostrano
una incidenza inferiore (di circa il 10%) a quella dei residenti nelle altre
province del Friuli Venezia Giulia e nelle altre regioni del Nord-Est d'Italia.
Parallelamente la popolazione femminile della provincia di Trieste mostra una
requenza nel tumore al polmone leggermente più alta rispetto alle donne delle
altre tre provincie del Friuli. L'analisi si è quindi soffermata a valutare
l'incidenza, e quindi il rischio, dei tumori al polmone nella popolazione che
risiede entro 800 metri dallo stabilimento della Ferriera, rispetto alle persone
che abitano nel resto dell'area urbana di Trieste. Dai dati - così ancora la
nota della Regione - non è risultato alcun aumento di rischio di tumore al
polmone per le donne, mentre tra gli uomini si è rilevato un aumento di rischio,
quantificato in sei casi in più, sempre nel periodo 1995-2007, rispetto a quelli
attesi: 68 casi sono stati i casi riscontrati contro 54 attesi. Anche questo
incremento, tuttavia, secondo lo studio, non è da considerare statisticamente
significativo. Ad ogni modo più in generale la frequenza del tumore del polmone
nei vari quartieri di Trieste è risultata a Servola inferiore rispetto ad altre
zone della città, sia nelle donne che negli uomini. Da questi dati
L'Osservatorio rileva rispetto agli abitanti della zona urbana di Trieste, un
eccesso di rischio quantificabile in meno di un caso di tumore polmonare
all'anno negli uomini residenti entro gli 800 metri dalla Ferriera di Servola, e
l'assenza di rischio nelle donne. Lo studio epidemiologico completo è
scaricabile dal sito internet della Regione www.regione.fvg.it alla sezione
"Notizie dalla Giunta".
«Alberi abbattuti, operazione condotta con troppa
fretta» - ANCORA POLEMICHE
«Non posso che esprimere il più totale dissenso rispetto ad un'azione tanto
invasiva quanto inopportuna, soprattutto nel metodo con cui è stata portata
avanti, senza informare adeguatamente la cittadinanza» protesta il capogruppo
dell’Italia dei valori nel Consiglio comunale, Cesare Cetin, sull'abbattimento
di numerosi alberi del centro attuato dal Comune. «Lo studio sulla salute del
patrimonio arboreo triestino è iniziativa apprezzabile, previsto anche dal
Regolamento sul verde urbano in prossima discussione – spiega Cetin -. Il
documento limita le potature invasive come quelle cui stiamo assistendo in
questi giorni, quindi non si capisce la fretta con cui l’amministrazione ha dato
il via al taglio selvaggio questa settimana. Azione sproporzionata e non
conforme alle politiche che la giunta sta seguendo in materia di cura del verde
pubblico e regolamentazione di quello privato». Grave, secondo Cetin, anche la
mancanza d’informazione alla cittadinanza: «La potatura così decisa, una volta
assunta, avrebbe dovuto essere messa in atto gradualmente e non a passo spedito
con operazioni prolungate di abbattimenti in sequenza nelle stesse zone. L’area
di viale XX Settembre è stata di fatto "sequestrata" da squadre di operai armati
di motosega». Per Cetin «sostituire le piante abbattute è corretto ma non è una
soluzione di immediata e semplice attuazione». Esprimendo rammarico per non
essere stata convocata alla commissione consiliare tenuta l’altro ieri in
Comune, FareAmbiente Trieste intanto continua ad avere dubbi sull’operazione:
«Solo parzialmente si sono avute risposte da Comune, e dire che avevamo per
primi espresso le perplessità del caso. Ci sono situazioni che dovrebbero forse
essere prese in considerazione. Un esempio evidente in piazzale De Gasperi, dove
un albero appoggia sull'edicola sottostante».
«Amianto all’Arsenale, processate i sei ex dirigenti di
Fincantieri»
La richiesta di rinvio a giudizio da parte del pm Matteo Tripani: 27 i
lavoratori che morirono uccisi dal mesotelioma pleurico tra il 2003 e il 2012.
Il 5 giugno l’udienza davanti al gip
Ventisette lavoratori furono uccisi tra il 2003 e il 2012 dall’amianto che
avevano inspirato negli anni mentre erano al lavoro sulle navi all’Arsenale
triestino, società poi acquisita dalla Fincantieri e divenutane parte
integrante. Per queste morti il pm Matteo Tripani, che ne ha richiesto il rinvio
a giudizio, ha puntato il dito contro i vertici della società. I capi
conoscevano fin dagli anni Settanta la pericolosità dell’amianto e nulla hanno
fatto per impedire che venisse utilizzato; e neppure hanno informato dei danni
causati dall’esposizione e della pericolosità per la loro salute i lavoratori
che riparavano le navi nel bacino. L’udienza davanti al gip Guido Patriarchi è
stata fissata per il prossimo 5 giugno. La morte dei ventisette lavoratori
(tubisti, impiegati, tracciatori, picchettini, meccanici, elettricisti,
carpentieri, saldatori) è stata causata da mesotelioma pleurico, tumore che ha
un tempo di latenza molto lungo. Il primo si è spento il 5 settembre 2007,
l’ultimo il 19 agosto del 2012. Secondo il pm Tripani la malattia è derivata
dall'esposizione all’amianto e dai mancati accorgimenti di sicurezza che invece
i dirigenti dello stabilimento - in qualità di legali rappresentanti di Arsenale
Spa e e di Fincantieri - avrebbero dovuto garantire. E non lo hanno fatto. Sono
accusati di omicidio colposo Manlio Lippi, 89 anni, che risiede a Monfalcone ed
è stato dal 25 settembre 1982 al 30 giugno 1984 presidente del consiglio di
amministrazione della società Arsenale Triestino San Marco, nonchè
amministratore delegato; Andrea Cucchiarelli, abitante a Trieste, 82 anni, che
ha ricoperto l'incarico di condirettore generale dal 3 dicembre 1971 al 29
giugno 1982; Corrado Antonini, abitante a Roma, ex presidente di Confindustria
Trieste, che dal 1984 in poi in Fincantieri ha ricoperto vari ruoli di vertice,
da direttore generale ad amministratore delegato e poi dal 1994 presidente.
Sotto accusa per lo stesso reato anche Enrico Bocchini, residente a Cesena e
presidente del cda di Fincantieri dal 9 luglio 1985, e anche i due direttori che
si sono alternati all'Arsenale: Giuseppe Sassi, 65 anni, abitante a Trieste,
responsabile dal primo gennaio 1987 al 28 febbraio 1990 e infine Francesco
Carrà, 77 anni, napoletano, che gli è subentrato e ha diretto la divisione fino
al 6 aprile 1993. Oltre che di omicidio colposo Lippi, Cucchiarelli, Antonini,
Bocchini, Sassi e Carrà sono accusati - a vario titolo - anche di una serie di
violazioni riguardanti la prevenzione negli ambienti di lavoro. In particolare
il pm Tripani contesta a manager e dirigenti di non avere adottato tutte le
misure utili a garantire la tutela della salute dei lavoratori e in particolare
quelle relative all'utilizzo delle mascherine con gli appositi filtri, alla
sistemazione dell'amianto in ambienti separati e alla dotazione degli ambienti
di lavoro di impianti fissi e mobili per l'aspirazione. Ma anche di non aver
informato i lavoratori riguardo i rischi specifici derivanti dall'inalazione
delle polveri di amianto. L’inchiesta è partita sulla base di una segnalazione
dell'Azienda sanitaria. Nell’indagine il pm si è avvalso della consulenza di
Enzo Merler responsabile del Registro Veneto mesoteliomi, e dell'igienista
industriale Patrizia Legittimo, di Firenze, la cui opera si è sommata a quella
portata avanti dall'Azienda sanitaria di Trieste con il Dipartimento di
prevenzione diretto da Valentino Patussi.
Corrado Barbacini
Duino, sull’abusivismo il Comune chiama i giudici
Sarà la magistratura a fare chiarezza sulle costruzioni abusive sulla
costa Unanimità d’intenti, la verifica tecnica anche alla luce dei condoni
partirà subito
DUINO AURISINA Sarà l'autorità giudiziaria a fare chiarezza, una volta per
tutte, sulle innumerevoli strutture “private” – scalette, recinzioni, manufatti,
costruzioni – erette sulla fascia costiera demaniale nel comune di Duino
Aurisina. Lo ha stabilito l'amministrazione Kukanja che, come annunciato dal
vicesindaco Massimo Veronese, avvierà già da questo mese la raccolta di tutta la
documentazione da sottoporre a chi di competenza. L'ultimo sollecito, in ordine
temporale, a intervenire su una questione che ormai si trascina da anni e che è
stata ampiamente sostenuta dal centrosinistra, è arrivato l'altro giorno dal
presidente della Comunella di Duino Vladimiro Mervic, il quale aveva colto al
volo le parole del consigliere Maurizio Rozza, intervenuto sulla questione delle
“favelas” della Costa dei barbari per censurare invece la presenza di altri e
più significativi abusivismi sul litorale, puntando l'indice sulla Cernizza. Ora
è proprio Rozza, quale presidente della Seconda commissione consiliare,
appoggiato dall'assessore all'Urbanistica Veronese, a tracciare la strada da
seguire. «La procedura corretta - dice - per fare chiarezza una volta per tutte,
consiste nel tirare fuori tutti gli eventuali titoli autorizzativi emessi da
Comune, autorità marittima e Soprintendenza e relativi alle tantissime opere che
dal confine con Monfalcone a quello con Trieste ricadono nella fascia demaniale,
scogli compresi». «Poi – prosegue – si dovrà rimettere tutto all'autorità
giudiziaria, con il Comune parte civile. I giudici sentenzieranno anche
disapplicando eventuali titoli autorizzativi illegittimi o archiviando per
assenza di elementi di reato». Concorde il vicesindaco Veronese: «Si dovrà
partire con una verifica su tutti gli atti comunali rilasciati, appurando se nel
frattempo, visti i condoni del 1986, del 1994 e del 2004, siano intervenute
sanatorie. Raccolto il materiale, bisognerà inviarlo all'autorità giudiziaria.
S’inizierà questo mese». «È – aggiunge Veronese – di un problema stratificatosi
nel tempo. Rozza e Mervic hanno recepito questo malessere ma l'esecutivo ne è al
corrente e viene a sua volta sollecitato. Come Pd, già due anni fa si era
provveduto a presentare lo Studio Tommasoni, opera di un neolaureato che
promuoveva il recupero della fascia costiera con analisi puntuali sulle
intervenute sovrapposizioni tra piani catastali e regolatori. Credo possa essere
utile riprendere quello studio e usarlo come strumento di verifica». «Poi –
conclude - potrebbe essere importante estendere l'analisi anche al tratto
triestino, in sinergia con la giunta Cosolini, per valorizzare la Costiera.
C’era stata qualche tempo fa una riunione con l'assessorato competente del
capoluogo».
Tiziana Carpinelli
IL PICCOLO -
VENERDI', 14 febbraio 2014
Porto Vecchio, parte l’operazione spezzatino
Pubblicato dalla Torre del Lloyd l’avviso del nuovo bando per le
concessioni Cosolini all’attacco: così si allontana la prospettiva di pieno
riuso dell’area
E firma fu. Ma, per intanto, sulla carta che non t’aspetti. Nei giorni in
cui Comune, Provincia e Regione pressano Marina Monassi affinché scriva il suo
nome, finora mancante, in calce all’Accordo di programma per la Ferriera, la
presidente dell’Autorità portuale un autografo già lo concede. Da un’altra
parte: là dove, per la troika di centrosinistra, non c’era - o meglio non ci
sarebbe dovuta essere, a quanto lascia trasparire nettamente la reazione a caldo
di Roberto Cosolini, che ha indetto per oggi una conferenza stampa in Municipio
alle 12.30 - altrettanta fretta. Con un tempismo che ha un che di perfetto, tale
da far apparire improbabile che si possa trattare di mera coincidenza, la numero
uno dell’Authority ha firmato infatti l’avviso di apertura del nuovo bando per
Porto Vecchio: data 12 febbraio, l’altro ieri, lo stesso giorno del Comitato
portuale in cui, come da ordine di convocazione, s’è parlato solo di Accordo di
programma. Per l’antico scalo a Nord della costa cittadina, insomma, è l’ora del
punto e a capo. A quasi cinque anni (era il giugno del 2009) dall’affidamento
della concessione unica al cartello di Maltauro e Rizzani de Eccher, che di lì a
poco avrebbe costituito la società di scopo Portocittà, come in un gioco
dell’oca si torna alla casella di partenza. Con una differenza sostanziale:
Porto Vecchio, stavolta, stando all’idea di massima concepita e comunicata da
Monassi ancora nella primavera del 2013 - quando la Torre del Lloyd aveva
pubblicato il pre-avviso per la raccolta di eventuali manifestazioni di
interesse - dovrebbe essere oggetto di più concessioni, secondo il cosiddetto
modello spezzatino. Un appiglio in più che oggi la presidente dell’Authority
potrebbe vantare nel sostenere tale tesi - davanti alle obiezioni sul venir meno
di un piano organico - è rappresentato dall’avere tra le mani il progetto di
sottoservizi e urbanizzazioni lasciatole da Portocittà all’atto del recente atto
transattivo con lo stesso ex concessionario per la rescissione del contratto.
Non è dato sapere, al momento, se lo spezzatino sarà un modello obbligato o se
potranno avere chances anche proposte per la gestione unica di tutta l’area,
alla stregua della maxiconcessione di epoca Boniciolli. Bisogna aspettare
presumibilmente il prossimo martedì. «Le domande di concessione - si legge in
effetti nell’avviso datato 12 febbraio e firmato Monassi - dovranno essere
corredate di tutta la documentazione prevista dal Regolamento per l’esecuzione
del Codice della navigazione secondo le indicazioni disponibili, a decorrere dal
18 febbraio, nella sezione “Avvisi, procedimenti e bandi di gara” del sito
www.porto.trieste.it. Le istanze dovranno pervenire, a pena di esclusione, entro
il termine perentorio del 30 giugno, ore 12». È probabile, ad ogni modo, che
l’impalcatura contempli proprio lo spezzatino. Lo suggerisce il plurale in coda
all’avviso: «A decorrere dal primo luglio verranno attivate le procedure per
l’assentimento delle concessioni demaniali». «Ai sensi del Codice della
navigazione» e, come recitano le stesse premesse, «sulla base della “Variante al
Piano regolatore portuale per l’ambito del Porto Vecchio”» del 2007, ovvero la
cosiddetta variante Barduzzi, quella che parla di portualità allargata: financo
alberghi a patto che si chiamino foresterie a servizio delle attività portuali,
che non si esclude come è noto possano essere turistiche. Progetti per i quali
il Punto franco pare - stando alla fine ingloriosa della maxiconcessione di
Portocittà - una palla al piede. In quest’occasione, però, dicono le
indiscrezioni della vigilia, chissà che non spuntino - e non abbiano la meglio -
proposte di “porto porto”, assai meno allargato, tali da giustificare da quelle
parti la permanenza di una franchigia che oggi, così come stanno le cose, appare
anacronistica: il bando, in fondo, era atteso anche da imprenditori portuali e
operatori marittimi, pronti - dando credito ai dietro le quinte - a far cordate.
La notizia della pubblicazione dell’avviso ha preso in contropiede Cosolini,
ieri a Roma per la direzione del Pd sui destini del Governo. In contropiede ma
fino a un certo punto, dato che il sindaco è partito subito all’attacco,
parlando di fatto «preoccupante e grave. Per il metodo, visto che né il Comitato
portuale né le istituzioni sono state in alcun modo coinvolte preventivamente
sul bando, nonostante sia evidente per ragioni di buonsenso e di responsabilità
che Porto Vecchio non può essere considerato un affare interno esclusivo della
presidenza dell’Authority. Ma soprattutto per il merito perché, ed è bene che
l’opinione pubblica lo sappia, questo bando con tutta probabilità non avvicina
l’atteso inizio del recupero e della valorizzazione di Porto Vecchio ma, semmai,
lo allontana o addirittura lo pregiudica nella sua piena fattibilità e nella sua
portata».
Piero Rauber
Maltauro: no grazie, punto franco e dogana sono sempre
lì
Una cinquantina di manifestazioni di interesse, non vincolanti, alcune
presentate solo per mettere mezzo piede nella futura partita per Porto Vecchio.
Tante ne avevano raccolte alla Torre del Lloyd la scorsa estate, a chiusura del
pre-avviso. I pezzi grossi, anche a sorpresa, non mancavano, benché interessati
nella maggior parte dei casi a pezzi limitati dello scalo, prevalentemente
banchine prima ancora che magazzini: dalla service company di Hong-Kong Diverse
esa industrial ltd a Fincantieri, dall’Irci alla cordata guidata da Vtp, Venice
terminal passeggeri, che fra le altre cose ipotizzava la realizzazione di un
piccolo terminal crociere per navi di lusso, un porto turistico e strutture
ricettive. Il pre-bando si era aperto e chiuso mentre Authority e Portocittà
stavano trattando il divorzio consensuale. In autunno, a transazione firmata,
Enrico Maltauro non aveva escluso l’eventualità di riprovarci. Condizione
vincolante: un’Autorità portuale “diversa”. «Bisogna vedere come saranno
strutturate le cose - ha ribadito ieri l’ad di Portocittà - e al momento non ci
vediamo grandi differenze. Al di là dell’ipotesi di spezzettare le concessioni,
punto franco e regime doganale sono sempre lì. Noi abbiamo già dato, quindi».
(pi.ra.)
Ferriera, Monassi attesa al varco sulla sigla
dell’Accordo
Comune, Provincia e Regione puntano a tempi rapidissimi Sincovich (Cgil):
ambiguo l’atteggiamento della presidente
Non fosse stato per quell’avviso a ciel sereno su Porto Vecchio,
probabilmente in queste ore il centrosinistra che allinea i pianeti tranne
l’Authority avrebbe preferito il low profile. Rimbalzano in effetti i rumors che
danno Cosolini pronto ad aspettare - senza fiatare - l’autografo di Monassi
sull’Accordo di programma per la Ferriera fino alla metà della prossima
settimana. Mercoledì, giovedì al massimo. Se a quel punto la firma della
presidente del Porto continuerà a mancare, è presumibile che il sindaco partirà
a testa bassa con la richiesta, a Roma, di commissariare l’Autorità portuale.
Non da solo, ma con un fronte istituzionale tale da fare “massa critica”, che
potrebbe comprendere la governatrice Debora Serracchiani, la presidente della
Provincia Maria Teresa Bassa Poropat e il sindaco di Muggia Nerio Nesladek: gli
stessi (e unici) che, con Cosolini, hanno votato contro la delibera
cerchiobottista del Comitato portuale di mercoledì, che dà mandato a Monassi di
firmare l’Accordo allegando la nota del capo di gabinetto del ministero delle
Infrastrutture Giacomo Aiello sulle responsabilità dell’inquinamento pregresso.
C’è però una variabile che potrebbe rendere meno lineare la strategia
cosoliniana, pur senza comprometterla: la crisi di Governo. Al di là del fatto
che adesso Monassi si trova chiamata a firmare un Accordo firmato da quattro
ministri e un sottosegretario che potrebbero pure cambiare in blocco, la
richiesta di commissariamento va inoltrata proprio al ministero delle
Infrastrutture. Oggi retto dall’alfaniano Maurizio Lupi, che ha appena
sconfessato Monassi, da domani chissà. Già, il commissariamento. Una prospettiva
da fantapolitica, per ora, è il pubblico augurio dell’assessore regionale
Francesco Peroni, ambasciatore di Serracchiani in Comitato portuale: «Fermo
restando che una simile decisione sarebbe prerogativa della presidente della
Regione, al momento voglio credere che non serva parlarne e che, nel nome del
principio di leale collaborazione che compete a tutti noi, compresa l’Autorità
portuale, sarà espedito l’ultimo passaggio. La delibera votata in Comitato
portuale accoglie in sostanza la proposta della presidente Monassi, mi
meraviglierei se non firmasse». Per intanto, oltre al fiato sul collo della
politica, la signora del Porto sente pure quello dei sindacati. «La situazione è
ingarbugliata, il punto interrogativo è: Monassi firmerà?», si chiede con
franchezza Franco Palman dalla Uilm. Che aggiunge: «Monassi mostra i numeri
realizzati dallo scalo, ma se da quelli tiri via le quantità della Siot...». Un
discorso ripreso in parte anche dal segretario della Cgil Adriano Sincovich: «In
Porto si vivono situazioni singolari. Da un lato si sbandierano risultati molto
positivi, dall’altro si segnalano continuamente problemi occupazionali. E quando
si tratta di affrontare i problemi del lavoro portuale Monassi non c’è». Quanto
all’attesa della firma sull’Accordo, Sincovich dà di Monassi un «giudizio molto
critico e molto negativo. La presidente ha tenuto sempre un atteggiamento
ambiguo sulle sue intenzioni a proposito della riqualificazione della Ferriera,
e gli ultimi giorni confermano le nostre preoccupazioni, con comunicati stampa
in cui si esplicita che, siccome stiamo parlando di una parte di terreni
demaniali, qualcuno deve mettere qualche milionata per ripulirli e poi
restituirli. Sta fuori da ogni tavolo concertativo. Questa guerriglia
amministrativa è inaccettabile. Non è pensabile che un presidente di autorità
portuale si eriga a soggetto decisore dell’economia di un territorio: ha
l’obbligo di concertare nell’interesse generale le soluzioni con gli altri enti.
Con le altre sigle ragioneremo a breve sul suo ruolo».
(pi.ra.)
«Bonifiche e lavoro, a Servola anche un centro
logistico» - VERDI FVG
Bonificare l’area di Servola, garantendo al contempo il mantenimento degli
attuali livelli occupazionali all’interno della Ferriera. Queste le richieste
che avanza la Federazione regionale dei Verdi. «Siamo propositivi – ha detto
ieri il portavoce del movimento per il Friuli Venezia Giulia, Alessandro Claut –
insistiamo su una soluzione che garantisca i lavoratori da un lato e l’ambiente
dall’altro, fermo restando che chi ha inquinato deve pagare». Lavoro e ambiente
rappresentano dunque gli elementi di un binomio imprescindibile per la
Federazione dei Verdi. «Se si dovrà procedere a una bonifica pubblica saremo
soddisfatti – ha precisato Claut – ma bisognerà al contempo assicurare che tutti
i lavoratori dello stabilimento possano restare al loro posto. Non accetteremo
mai licenziamenti. La Regione o chi per essa dovrà pretendere tutto questo da
Arvedi, gruppo al quale chiederemo un incontro a breve». I verdi chiedono
«risposte serie su ciò che avviene nello stabilimento» e auspicano, ha chiuso
Claut, che «nei progetti che si predisporranno per il futuro di Servola sia
prevista la realizzazione di un nuovo centro logistico».
(u.s.)
«Siderurgia, già Tondo si attivò» - LA DEPUTATA
FORZISTA REPLICA A RUSSO
Savino: per la riconversione furono accantonati 10 milioni
«Recupera la serenità». La deputata forzista Sandra Savino replica al
senatore Francesco Russo (Pd) che ha puntato l’indice contro il «partito di
Camber e Monassi» sulla gestione della partita Ferriera. «Mi rendo conto -
scrive Davino - che il momento per Letta, cui Russo è molto vicino, non è dei
migliori, ma questo non lo può autorizzare a mistificare la realtà invocando
scenari di improbabili complotti orditi ai suoi danni». «Credo che non
riconoscere il fatto che sulla questione Ferriera i passi concreti siano già
iniziati con la giunta Tondo - prosegue - è una lacuna conoscitiva che va
colmata. Come assessore alle finanze e programmazione nella passata legislatura
regionale destinai 13 milioni per sbloccare, dopo dieci anni di stallo,
l’accordo di programma sul sito di interesse nazionale (Sin) per le
caratterizzazioni e la bonifica dell’area. Ad essi si sono sommati altri 10
milioni che si decise di accantonare, sul tema specifico della riconversione
dello stabilimento siderurgico di Servola». Il consigliere regionale di Forza
Italia Rodolfo Ziberna entra nel merito di un approfondimento ai finanziamenti
all’associazione di cui Russo fu presidente: «Ho verificato a quanto ammontavano
i contributi ricevuti negli anni scorsi dall’Istituto Maritain che aveva
peraltro ricevuto fondi significativi anche dalla giunta Tondo. Apprendo solo
oggi dalla stampa che Russo è stato presidente del suddetto Istituto. In futuro
cercherò di informarmi bene su tutte le attività del senatore e sulle
associazioni cui appartiene, per evitare di richiedere informazioni su qualcuno
di questi organismi. Sia mai che qualcuno pensi che si voglia attivare una
macchina del fango».
Bonus da 150 euro per l’acquisto delle bici elettriche
Il centrosinistra decide di istituire un nuovo eco-incentivo Lauri:
«Stiamo definendo i dettagli». Il voto a metà marzo
TRIESTE “In bici sfrontatamente felici”, recitano le magliette della
critical mass. In Friuli Venezia Giulia c’è un motivo in più per sorridere: la
Regione finanzierà gli acquisti di biciclette elettriche. Un bonus concesso a
ogni singola famiglia o cittadino che intende farsi un regalo decisamente più
salutare e meno inquinante di automobili e scooter. Si pensa a un contributo tra
i 100 o i 150 euro a testa sul prezzo totale del mezzo. La somma esatta sarà
definita in questi giorni, ma l’accordo in maggioranza, su spinta di Sel, è
praticamente fatto: il fondo complessivo previsto per l’intera operazione
dovrebbe aggirarsi attorno ai 500 mila euro e verrà attinto dai 32 milioni di
“extragettito” che il Consiglio regionale si appresta a mettere in legge. Il
provvedimento approderà in aula già metà marzo. Questione di qualche settimana,
dunque, per attrezzarsi. L’idea arriva soprattutto dal pressing del mondo
dell’associazionismo: nei giorni scorsi un gruppo di rappresentanti di “Rete
Mobilità Nuova Fvg”, promotori di una sottoscrizione online alla quale avevano
aderito centinaia di persone e che il Consiglio regionale aveva fatto proprio
con un ordine del giorno, sono stati ricevuti dai consiglieri di maggioranza e
opposizione. Tra le richieste, oltre al sostegno pubblico per le due ruote,
anche risorse per i percorsi casa-scuola favorendo, in particolare, i “pedibus”
con incentivi per i Comuni. A ciò si aggiunge la proposta di creare “zone 30”,
vale a dire aree della rete urbana dove istituire un limite di velocità di 30
chilometri orari invece dei consueti 50 indicati nel codice stradale,
permettendo così una migliore convivenza tra auto, pedali e due ruote. La
Regione, per il momento, ha risposto con il finanziamento per l’acquisto delle
biciclette “a pedalata assistita”, le elettriche appunto. Ma non si esclude che
il contributo possa essere esteso anche per altre tipologie, come le normali
mountain bike o city bike. Se ne discuterà in aula. L’iniziativa della
maggioranza segue quella già varata a novembre: i 3 milioni di euro per un
ecobonus da mille euro a chi sostituisce l’automobile con una euro 5 o 6.
«Produciamo sull’economia del Friuli Venezia Giulia un effetto identico al
contributo per la rottamazione delle auto – commenta il capogruppo di Sel Giulio
Lauri, che sta seguendo da vicino il caso – ma con un effetto positivo
sull’ambiente e sulla salute dei cittadini molto più rilevante. Le città delle
altre regioni europee hanno modelli di mobilità molto più sostenibili di quelli
italiani e la diffusione dell’uso della bici rende le strade più sicure e
produce effetti positivi sulla qualità della vita e quindi indirettamente anche
risparmi nella spesa sanitaria». La prossima sfida sarà proprio la promozione
delle “zone 30” ma, al momento, mancano risorse adeguate per intervenire. «Per
questo servono fondi ben più importanti di quelle ricavabili dall’extragettito –
avverte Lauri – e questi investimenti contrastano col patto di stabilità. Adesso
non ce la facciamo, ma è la strada che dovremo percorre in futuro». L’intenzione
di contribuire con gli ecobonus per le bici elettriche nasce anche da una serie
di studi citati nell’ordine del giorno sulla mobilità sostenibile sottoscritto,
oltre che da Pd e Sel, pure da M5S. L’European Cyclists’ Federation, si legge
nel testo, ha dimostrato che la bici è capace di generare 200 miliardi di euro
di benefici economici in tutto il continente e che oltre la metà di questi
vantaggi derivano dai risparmi sulla spesa sanitaria. Nel dettaglio si ritiene
che ogni chilometro percorso in sella può portare alla società un guadagno netto
di 42 centesimi di euro, mentre se si percorre lo stesso tratto in automobile si
genera una perdita di 3 centesimi, costituita da costi su sicurezza, turismo,
salute e trasporti. Senza calcolare l’impatto sul ricorso al petrolio e la netta
diminuzione dell’inquinamento atmosferico e sonoro con risparmi effettivi
stimati in poco più di un miliardo di euro l’anno.
Gianpaolo Sarti
Viale, giù decine di alberi Il Comune: li sostituiremo
In commissione consiliare confronto con i sodalizi “verdi” sugli
abbattimenti Dapretto: «Anche un fusto a prima vista sano può essere
compromesso»
«So che può creare emozione e apprensione, specie se si è poco o male
informati ma bisogna intendere l’abbattimento degli alberi deciso dal Comune
come il rinnovo del patrimonio arboreo della città». Nel giorno dell’incontro,
in Commissione consiliare tra l’amministrazione comunale e i sodalizi
ambientalisti sul taglio dei circa 250 alberi previsto dal Comune, l’assessore
ai lavori pubblici Andrea Dapretto inquadra così l’attività delle squadre
all’opera in varie aree della città. Ieri è toccato a viale XX Settembre, dove
con l’ausilio di autoscala e attrezzature specifiche si è iniziato ad abbattere
i primi dei numerosissimi, imponenti fusti che l’esperto chiamato come
consulente dalla giunta e verifiche tecniche hanno decretato come pericolanti.
Decine di passanti hanno assistito, - la maggioranza perplessi - alla scena.
Alcuni dei fusti tagliati presentavano una parte più interna molle al tatto,
verosimile sintomo, anche per profani, di un malessere della pianta mentre altri
apparivano perfettamente integri, dando adito a commenti negativi. «Non frasi
ingannare dall’apparenza del tronco sezionato - dice l’assessore -: l’albero può
presentare problemi non visibili dal ceppo, o può averli nell’apparato radicale,
o può mostrare il legno del fusto apparentemente sano ma avere problemi
strutturali. Abbiamo verificato lo stato di ogni singola pianta prima di
decidere». Dapretto ribadisce che ogni pianta verrà sostituita: «Hanno anche
loro una vita biologica, più o meno lunga. Ma comunque a termine, non sono
immortali». Il Comune ha assegnato all’operazione-abbattimento urgenza notevole
e priorità in fatto d’incolumità pubblica, riuscendo così a trovare a norma di
legge i soldi necessari. Questo malgrado l’amministrazione, come in tutta
Italia, sia “strangolata” dal Patto di stabilità. Nell’incontro di ieri con Wwf,
Italia Nostra, Trieste Bella e altri sodalizi ambientalisti e conservazionisti,
il Comune ha chiarito i termini dell’operazione e soprattutto le sue basi
scientifiche, anche alla luce «di notizie riportate che erano del tutto inesatte
o fuorvianti» secondo Dapretto. Quanto ai ceppi, alti un metro o poco meno, che
rimangono dopo gli abbattimenti Dapretto spiega: «Servono a marcare il punto per
successivi interventi, a preservare la buca e, spesso, a impedire parcheggi
selvaggi». Nei giorni scorsi però molte associazioni ambientaliste si erano già
dette perplesse, se non del tutto contrarie, all’operazione-abbattimento.
Pier Paolo Garofalo
La Regione spegne le luci per risparmiare
La Regione aderisce alla campagna “M’illumino di meno” promossa dalla
trasmissione Caterpillar di Rai Radio 2. Oggi, su indicazione della presidente
Debora Serracchiani, i palazzi della Regione dei quattro capoluoghi di
provincia, dal Palazzo di piazza Unità a Trieste alla grande sede di via
Sabbadini ad Udine, dall’edificio di piazza Ospedale Vecchio a Pordenone sino a
quello di via Roma a Gorizia, spegneranno le luci esterne dalle 18.00 alle
19.30. «Aderiamo volentieri all’invito di Caterpillar ad attenuare le luci che
illuminano le sedi di rappresentanza della Regione. Un piccolo gesto,
soprattutto simbolico, ma di grande valore collettivo, rimarcando in questo caso
il legame che deve esistere tra istituzioni e nuove politiche energetiche per il
risparmio e contro gli sprechi» afferma Serracchiani. E subito dopo ricorda «che
la Regione si sta muovendo in linea con gli obiettivi della strategia
comunitaria “Europa 2020” dedicata allo sviluppo sostenibile delle fonti
energetiche rinnovabili, al risparmio energetico, alle minori emissioni in
atmosfera».
Ambiente - La Provincia si “illumina di meno”
Anche quest'anno la Provincia di Trieste aderisce a
M’illumino di meno, la Giornata del risparmio energetico nata per iniziativa
della trasmissione radiofonica Caterpillar di Rai Radio 2 allo scopo di avviare
azioni virtuose in tema di razionalizzazione dei consumi. Oggi, quale azione
simbolica legata al silenzio energetico l’amministrazione provinciale spegnerà
l’illuminazione esterna della sede istituzionale di piazza Vittorio Veneto dalle
18 alle 19.30. La campagna si svolge in contemporanea in tutta Italia e gode
dell’alto patronato della Presidenza della Repubblica.
Efficienza energetica creando una “Esco” - AREA DI
RICERCA
Il consumo di energia negli edifici dell’Europa mediterranea (area “Med”) è
superiore alla media Ue. Raggiungere entro il 2020 gli obiettivi di efficienza
energetica stabiliti dalle politiche europee è per questi Paesi una sfida
notevole che necessita di un’azione istituzionale coordinata e strategica. A
questa sfida stanno lavorando i 23 partner del progetto europeo “Marie”
cofinanziato dal programma Med, per la maggiore efficienza energetica
nell’edilizia pubblica e privata. Per avere un’idea del patrimonio edilizio
coinvolto, basti pensare che sono circa 10 milioni gli edifici e più di 30
milioni le abitazioni presenti nell’area del progetto. Ieri se n’è parlato
all’Area di ricerca che è partner del progetto con 9 diversi Paesi di cui 5
italiani (Regioni Piemonte, Liguria, Umbria e Basilicata). In Fvg Area ha messo
in piedi in collaborazione con la Regione tavoli di lavoro a cui partecipano
professionisti e rappresentanti di enti locali e scientifici, banche,
associazioni e ordini professionali. È emerso che uno strumento di grande
utilità per dare impulso agli interventi è quello delle “Esco” (Energy service
company), che offrono, a costo zero per il committente pubblico o privato, la
diagnosi, la soluzione, la sua attuazione e la gestione energetica successiva.
“Esco”anticipa i costi degli interventi e poi si ripaga con i risparmi in
bolletta realizzati, incassando anche gli incentivi previsti dalle leggi. Questo
strumento è stato al centro della giornata di informazione in Area. Durante il
workshop, dedicato a enti locali, amministrazioni regionali e Ater si è parlato
anche di esempi già ben realizzati con “Esco” in Slovenia (illuminazione
pubblica ammodernata, teleriscaldamento a biomasse) e di come superare i limiti
del patto di stabilità sempre usando progetti europei.
Il risparmio energetico tra laboratori, letture e
musica - GLI APPUNTAMENTI DI “MI ILLUMINO DI MENO”
Oggi all’Immaginario scientifico e alla Biblioteca Mattioni. Domani allo
Speleovivarium
Tra i giochi interattivi dell'Immaginario Scientifico o tra pagine a tema
della Biblioteca “Mattioni” di Borgo San Sergio. “Mi illumino di meno” a Trieste
oggi si festeggia anche così, colorando la “Giornata del Risparmio Energetico”
(progetto figlio della trasmissione culto di Rai Radio 2 “Caterpillar”) con
tappe indirizzate soprattutto ai più giovani. L'Immaginario Scientifico di
Grignano propone un’apertura speciale (18-23, ingresso gratuito), dando vita a
una giornata di laboratorio, visite e (ri)scoperte dei progetti che parlano di
ecosistema ( 040-224424 ). In via Petracco 10, a Borgo San Sergio, la Biblioteca
“Mattioni” dalle 17 si anima con “Terraa! Buone notizie dal pianeta Terra”,
laboratorio ludico-scientifico per ragazzi dai 6 agli 11 anni ( 040-823893 ) La
musica, le atmosfere e il messaggio ecologico. È quanto hanno scelto invece
rappresentanti del museo della speleologia “Speleovivarium - Erwin Pichl” per
celebrare “Mi illumino di meno”, tappa programmata per domani, 15 febbraio, alle
18, nella sede museale di via Guido Reni 2/c, teatro di “Note a lume di
candela”, serata concepita per coniugare i colori del pianeta ipogeo con le
atmosfere acustiche dei flauti della Trieste Flute Association, realtà diretta
dal professor Giorgio Blasco. Non è un richiamo all’austerità quanto alla
concezione di una nuova cultura dei consumi energetici, fase che dovrebbe
passare attraverso una (ri)lettura del rapporto con la natura e con l’intero
ecosistema. In tale ottica “Note a lume di candela” evoca il 16 febbraio 1997,
data che accompagna la stipula del Protocollo di Kyoto, documento a cui sulla
carta aderirono 160 Paesi, dando vita a una convenzione caratterizzata
dall’impegno sul piano della progressiva riduzione delle emissioni del gas
serra. Oltre al dibattito, la sede dello “Speleovivarium” punta in questa
edizione anche sull’energia mai inquinante della musica, affidata alla Trieste
Flute Association, gruppo nato nel 2008 e specializzato nell’approfondimento di
temi, varianti e repertori nella tradizione dello strumento del flauto.
Informazioni scrivendo a speleovivarium@email.it o visitando il sito
www.sastrieste.it.
Francesco Cardella
Agricoltura «Fvg primo in Italia a proibire gli Ogm»
«Il Friuli Venezia Giulia entro la prossima primavera sarà
probabilmente l’unica regione dove non si potrà andare a seminare Ogm». Lo ha
annunciato ieri a Udine il vicepresidente e assessore regionale alle Attività
Produttive, Sergio Bolzonello. «Sugli Ogm - ha spiegato - noi andiamo avanti con
il nostro regolamento e con il documento che sarà approvato e spedito nelle
prossime settimane all’Europa. Nel frattempo andremo ad attuare una moratoria
finchè l’Europa ci risponde e diventeremo, in barba a chi ci critica, l’unica
regione dove non si potrà seminare Ogm».
IL PICCOLO -
GIOVEDI', 13 febbraio 2014
Ferriera, c’è il via libera dal Comitato portuale
Cambiato il testo della delibera proposta dalla presidente
dell’Authority: avrebbe portato alla riscrittura dell’Accordo. Peroni: no al
gioco dell’oca
Alla fine la “linea del Piave”, come l’ha definita l’assessore alle Finanze
della Regione Francesco Peroni, ha tenuto: l’Accordo di programma per Servola e
l’Ezit non si emenda e quindi non dovrà essere rifirmato dai cinque ministri
(per l’esattezza quattro ministri e un sottosegretario) che l’hanno sottoscritto
il 30 gennaio a Roma unitamente ai rappresentanti di Regione, Provincia, Comune
e Invitalia. A questi autografi si aggiungerà anche l’unica firma clamorosamente
mancante: quella della presidente dell’Autorità portuale Marina Monassi. Il
mandato le è stato conferito ieri, dopo una discussione di due ore, dal Comitato
portuale che ha votato a maggioranza con 13 voti favorevoli e 4 contrari
(quattro componenti erano assenti) la delibera che prevede la firma sotto
quell’Accordo con la clausola che vi sia aggiunta, «da inserire integralmente in
qualità di nota a verbale dell’Accordo di programma» la lettera di Giacomo
Aiello capo di gabinetto del Ministero di Infrastrutture e Trasporti che
accoglie due delle cinque obiezioni sollevate dalla stessa Authority in
particolare riguardo alle responsabilità degli inquinamenti da addebitare ai
responsabili e alla quantificazione e riscossione dei canoni demaniali che
restano prerogativa della stessa Autorità portuale. Paradossalmente però proprio
i quattro sostenitori della linea del Piave - e cioè, oltre a Peroni, i sindaci
di Trieste Roberto Cosolini e di Muggia Nerio Nesladek e la presidente della
Provincia Maria Teresa Bassa Poropat - sono stati gli unici a votare contro la
delibera e Cosolini ieri sera, come riportiamo nell’altra pagina, ne ha spiegato
il motivo. Sono stati Ampelio Zanzottera che in Comitato rappresenta i
terminalisti, Paolo Battilana direttore di Confindustria Trieste e Giorgio
Lillini che rappresenta il ministero delle Infrastrutture a riuscire in una
faticosissima opera di mediazione (che poi comunque non ha prodotto l’unanimità)
smussando le asperità della prima bozza di delibera portata dall’Authority che
se approvata così, sic et simpliciter, avrebbe fatto una sorta di carta straccia
dell’Accordo del 30 gennaio, obbligando a riscriverlo con le integrazioni
richieste e tutti i firmatari a rifirmarlo tornando indietro, per usare un’altra
immagine descritta da Peroni, «come nel gioco dell’oca». «Se si prevede una nota
a verbale non è necessario che venga sottoscritta da tutti - ha affermato
Zanzottera - e ciò permette di mantenere l’Accordo senza chiedere a nessuno di
ripetere la firma». «Alleghiamo la nota e se proprio sarà indispensabile - ha
aggiunto Lillini - gli altri sottoscrittori possono aggiungerne una propria».
«Qualsiasi emendamento al testo dell’Accordo - ha ammonito Battilana - avrebbe
difficoltà a rendere efficace lo strumento». Le prime ferme prese di posizione
dei quattro rappresentanti delle istituzioni elettive (anche se il sindacalista
Gianpiero Fanigliulo di Uiltrasporti ha affermato di essere stato anche lui
eletto e con tantissimi voti) hanno provocato una reazione quasi rabbiosa in
Monassi: «Stiamo facendo violenza a noi stessi per andare incontro a ciò che
vuol fare la Regione che ci ha già fatto perdere 35 ettari di banchina: se i due
punti ai quali ci è stata data risposta favorevole non vengono recepiti, io non
firmo l’Accordo». Uguali le parole di Fanigliulo: «Abbiamo mollato 35 ettari di
banchina, dobbiamo prenderci sul groppone anche l’inquinamento?» Hanno trovato
una sponda nel presidente del Collegio dei revisori dei conti Cesare Carassei
che ha parlato di ambiguità dell’Accordo per quanto riguarda le responsabilità
dell’inquinamento, ma pur consentendo sul fatto di non ricordare esattamente
quanto preveda l’Accordo nei due articoli spcifici, ha affermato candidamente:
«Ma non sarebbe meglio riscriverlo?» Di conseguenza non è stata accolta una
proposta di emendamento delle premesse della delibera presentata dall’assessore
provinciale Vittorio Zollia alla quale si sono associati anche Peroni, Cosolini
e Nesladek. È scattato poi un vero e proprio braccio di ferro sull’autorevolezza
o autorità (termini di cui Peroni si è prodotto in sottili distinguo) tra le
firme di quattro ministri e un sottosegretario che stanno sotto all’Accordo,
rispetto alla lettera scritta a Monassi oltre che agli altri ministeri da un
capo di gabinetto e gli oppositori hanno chiesto un time out riunendosi nella
stanza accanto. Al rientro Cosolini ha riferito: «Abbiamo sentito ora al
telefono il ministro Zanonato che ha ribadito di non aver dato deleghe ad alcuno
su presunte modifiche da apportare all’Accordo».
Silvio Maranzana
«Piano regolatore dal ministero nessuna risposta»
Nessuna risposta dal Ministero dell’Ambiente sul Piano regolatore portuale.
La presidente Monassi - afferma una nota - ha sollecitato il Ministero a una
risposta sullo Studio ambientale integrato inviato a Roma ad agosto 2013.
Inoltre, nel mese di settembre, l’Apt ha inviato una copia del progetto a tutti
gli Enti competenti in materia ambientale perché esprimano un parere entro il 19
novembre. Ma dal Ministero non si ha notizia sui pareri espressi dagli Enti. L’Apt
- così ancora la nota - è inoltre in attesa da parte del Ministero dell’emanando
provvedimento di revoca del decreto di compatibilità dell’impianto di
rigassificazione di Zaule.
Bonifiche, ancora un anno prima del via ai lavori
Illustrato dall’Ezit il cronoprogramma degli interventi nel Sito
inquinato Confartigianato e Confindustria: una svolta dopo la lunga impasse
Dalle carte firmate al via ufficiale della fase attuativa. Prende corpo
l'Accordo di programma siglato ormai due anni fa, su iniziativa dell'ex ministro
dell’Ambiente Corrado Clini, per la risoluzione della complessa situazione
legata agli interventi di riqualificazione ambientale delle aree inquinate del
Sin (sito di interesse nazionale), in base al quale la Regione ha individuato
nell'Ezit il soggetto unico incaricato alle bonifiche. Ieri i vertici dell'Ente
zona industriale di Trieste hanno incontrato i rappresentanti delle categorie
economiche per illustrare tempi e modalità degli interventi. Il cronoprogramma
parte dalle autorizzazioni dei privati necessarie per dare il via alla fase di
indagine, suddivisa nel completamento della caratterizzazione (sondaggi del
sottosuolo) che verrà integrata, laddove necessario, dall'analisi del rischio
che a sua volta stabilirà la necessità di procedere o meno con interventi
invasivi per la bonifica del sito. Quasi 8 milioni di euro la cifra stanziata
con fondi ministeriali per l'operazione nel suo complesso, che prevede
l'inserimento in un'unica banca dati di tutti i risultati ottenuti, oltre alla
realizzazione del modello idrogeologico dell'intero sito. Sono 500 gli ettari a
terra oggetto del monitoraggio da parte dell'Ezit, cui se ne aggiungono altri
800 a mare, di competenza dell'Autorità portuale: 330 invece le imprese già
insediate nell'area. Un iter che si caratterizza per un percorso unitario e per
l'eliminazione del cosiddetto danno ambientale forfettario. In sostanza a pagare
sarà solo chi ha inquinato: il pubblico per le aree di propria competenza e per
quelle private inquinate da enti pubblici e i soggetti privati responsabili
dell'inquinamento per quelle restanti, con la possibilità per i rispettivi
proprietari di trasformare il pagamento in oneri reali. «C'è sostanzialmente un
cambio netto nel modo di approccio al problema - ha spiegato Paolo De Alti,
direttore Ezit -. Dopo anni di immobilismo è stata tracciata una strada nuova e
ben definita che consente di avere tempi e costi certi nell'iter amministrativo
e di restituire immediatamente agli usi legittimi, ove possibile, le aree
destinate alle diverse attività che potranno dunque essere subito utilizzate». A
fine mese i vertici Ezit incontreranno i singoli soggetti privati insediati
nell'area, dopo di che sarà indetta la gara d'appalto per la realizzazione degli
interventi che, considerati i tempi tecnici, dovrebbero comunque iniziare
soltanto all'inizio del prossimo anno. «Prende avvio un iter che mette la parola
fine alla complessa partita legata alla situazione del Sin - ha evidenziato
Dario Bruni, presidente Ezit -. Per le imprese, bloccate di fatto da una dozzina
d'anni, c'è finalmente la possibilità di sviluppare e ampliare le proprie
attività, senza dimenticare che ci sono ancora delle aree disponibili per nuovi
insediamenti industriali: una vera e propria boccata d'ossigeno per tutti coloro
che vorranno realizzare ulteriori investimenti». Soddisfazione per l'avvio
dell'iter è stata espressa dalle categorie economiche: per Enrico Eva, direttore
Confartigianato, «una situazione complessa gestita con tempismo e
professionalità: una svolta dopo anni di impasse». Per Vittorio Pedicchio,
vicepresidente di Confindustria, si tratta di «un passo significativo che ha
permesso di fare chiarezza su una questione ingarbugliata».
Pierpaolo Pitich
Usb: amianto nelle scuole serve trasparenza
In merito al problema della presenza di vinilamianto nelle scuole il
coordinamento Usb del Comune - si legge in una nota del sindacato stesso - ha
scritto al sindaco Roberto Cosolini «in qualità di garante della salute
pubblica» chiedendo «piena trasparenza nelle operazioni di controllo e
monitoraggio, rendendo pubblici anche i dati relativi alle analisi effettuate».
Usb chiede anche «tempestività del censimento e dei controlli, anche trasferendo
provvisoriamente in altre sedi le attività didattiche ed educative laddove lo
stato di sicurezza debba essere ancora compiutamente accertato». Usb domanda
ancora «un'azione cautelativa e preventiva laddove si sia riscontrata la
presenza di pavimentazioni o altre strutture in amianto: in attesa delle
bonifiche, vanno garantiti spazi alternativi per la prosecuzione dell'attività
didattiche ed educative, al fine di eliminare qualsiasi potenziale rischio per
utenti e lavoratori coinvolti». Secondo Usb infine «il piano di intervento
predisposto dall'amministrazione comunale» è «inadeguato».
Enel: 3.200 in Fvg i nuovi impianti nel fotovoltaico
Ulteriore contrazione per il fotovoltaico in Friuli Venezia Giulia:
nonostante i quasi 3.200 nuovi impianti allacciati alla rete da Enel
Distribuzione, si conferma infatti il trend negativo delle installazioni già
registrato nel 2012, come conseguenza del venir meno degli incentivi dedicati al
settore. Sulla base dei dati elaborati da Enel Distribuzione, il 2013 ha
evidenziato una diminuzione pari al -36% delle installazioni e di oltre il 50%
nella potenza complessiva. «Oggi in Friuli Venezia Giulia si sfiorano i 24.500
impianti attivi – sottolinea Alberto Gotti, responsabile vettoriamento e misura
Enel Distribuzione Triveneto – ovvero un impianto ogni 23 case. Grazie alla
forte concorrenza del settore, al calo dei prezzi dei pannelli e alle
agevolazioni fiscali un impianto fotovoltaico è oggi molto più economico».
Agricoltura - Ambientalisti contro le semine Ogm
L’agricoltura del Friuli Venezia Giulia «è minacciata, dopo il caso
aflatossine nel latte di un anno fa, dall’annuncio di ampie semine Ogm in
primavera». Lo hanno sostenuto Legambiente, Aiab, Wwf, AProBio e Isde nel corso
di un’audizione nelle commissioni del Consiglio regionale sul regolamento di
coesistenza preparato dalla direzione regionale dell’Agricoltura. Le misure
regolamentari proposte «vanno decisamente rafforzate» poichè «gravi danni
deriverebbero all’agricoltura regionale se venissero definitivamente ammessi a
coltivazione semi Ogm».
SEGNALAZIONI - Ambientalisti e circoscrizioni - Verde
“Dov’erano (o dove sono) gli ambientalisti?”, “Perché gli
ambientalisti non fanno di più?”. Ci saremo sentiti rivolgere domande del genere
(accuse in realtà) decine di volte, io e gli amici con i quali ho collaborato in
decenni di attività ambientalista. Ignoranza e malafede (talvolta entrambe)
meritano una sola reazione: “Non ti curar di lor, ma guarda e passa”. Accuse in
verità rarefattesi negli ultimi tempi – sarà forse merito di quanto abbiamo
fatto su questioni di rilievo strategico, come la Tav, il rigassificatore, i
Piani regolatori (comunali, portuale, ecc.) – segno di una probabile, ancorché
lenta e incompleta, maturazione culturale dell’opinione pubblica. Ecco perché
fastidioso risulta il revival di simili atteggiamenti che ho riscontrato nei
recenti interventi sulle Segnalazioni di Paolo Geri (23 gennaio) e Bruna Zorzini
(4 febbraio). Bene ha fatto, quindi, Lucia Sirocco, presidente del circolo
Legambiente, a replicare a Geri il 27 gennaio, attirandosi però così la
reprimenda della Zorzini. Quale il “peccato” della presidente di Legambiente?
Aver detto semplicemente la verità e cioè che gli ambientalisti, dovendo contare
su forze e mezzi limitati (associazioni e comitati si reggono esclusivamente sul
volontariato), preferiscono concentrare le loro energie nel tentativo di aprire
le menti dei decisori da un lato, dell’opinione pubblica dall’altro, sui
principali temi ambientali. Il che, nel campo specifico dell’urbanistica,
significa ovviamente confrontarsi – e scontrarsi – sui contenuti specifici di
Piani regolatori e particolareggiati, soprattutto con chi li costruisce, li
modifica e li approva: cioè sindaci, assessori all’Urbanistica e consiglieri
comunali. Naturalmente, è opportuno cercar di dare la massima visibilità anche
mediatica alle nostre opinioni e azioni. Mi spiace che ciò sembri disturbare la
Zorzini, ma le posso assicurare che si tratta di una scelta obbligata: in
definitiva associazioni e comitati fanno spesso ciò che dovrebbero fare (ma non
fanno) le istituzioni e le forze politiche che le occupano ... pardon, le
governano! Il ruolo dei consigli circoscrizionali, nelle vicende urbanistiche ed
edilizie, è invece purtroppo del tutto marginale: hanno il compito di esprimere
pareri solo consultivi, che i decisori veri possono tranquillamente ignorare (e
ignorano). Intorno al 2000 la giunta comunale illyana, sostenuta dalla sinistra,
tentò (si spese in ciò soprattutto Ettore Rosato) di togliere alle
Circoscrizioni anche il compito di esprimere quegli innocui pareri in materia
urbanistica ed edilizia. Le associazioni ambientaliste lanciarono allora,
insieme ad alcuni consiglieri circoscrizionali, una controproposta di segno
opposto: non solo mantenere i pareri, ma renderli vincolanti e trasformare le
Circoscrizioni nel luogo della totale trasparenza – facile da ottenere già
allora grazie ai sistemi informatici – sia sui contenuti dei piani urbanistici,
sia su quelli dei progetti edilizi. La nostra proposta non passò, ma neppure
quella di Illy-Rosato, cosicché i consigli circoscrizionali sono rimasti dei
meri “ectoplasmi” (mi perdoneranno la Zorzini e Geri se riprendo la definizione
di Lucia Sirocco) e la trasparenza sui progetti edilizi un miraggio. Ecco perché
non è certo soltanto la presidente di Legambiente ad evitare di ritirare la
scheda alle circoscrizionali: siamo almeno in due.
Dario Predonzan
IL PICCOLO -
MERCOLEDI', 12 febbraio 2014
Rio Martesin, concordate le opere da realizzare -
RIUNIONE TECNICA
Nuova riunione in Comune sulla situazione di vicolo Rio Martesin, dove dopo
lo stop imposto dal Consiglio di stato all’edificazione di un complesso edilizio
il Municipio ha imposto all’impresa, la Gia, di ripristinare l’assetto esistente
(come previsto dalla sentenza stessa) mentre i costruttori stessi hanno
presentato nuovi progetti edilizi. Dopo un sopralluogo effettuato nei giorni
scorsi, la riunione ha visto presenti i tecnici comunali, il Comitato di Rio
Martesin che vigila sull’assetto dell’area e rappresentanti della Gia srl. La
riunione - si legge in una nota del Comune - era finalizzata a «condividere in
contraddittorio con i tecnici di ciascuna delle parti coinvolte l'opportunità di
mantenere in essere, così come richiesto dalla Gia, le gabbionate poste sul
versante di Gretta e le opere eventualmente ancora da eseguire al fine di
garantire la stabilità e percorribilità del ponte». Al termine, si è deciso come
procedere. Quanto al ponte il manufatto «risulta essere stato puntellato in
occasione di precedenti lavori per la posa di sottoservizi» e la Gia «provvederà
a far verificare la sua stabilità a professionista abilitato». Verificata la
stabilità del ponte, saranno tolte le puntellature «per rendere più sicuro
l'aspetto idro-geologico e possibile la manutenzione dell'alveo del torrente,
per la quale il Comune ha richiesto un finanziamento regionale» e sta attendendo
il relativo decreto: l’intervento dovrebbe essere attuato entro l'anno. La Gia -
informa ancora il Comune - provvederà a ripristinare la "sicurezza" del ponte
nella sua globalità. Quanto alle gabbionate poste sul terreno a valle di Gretta,
risultano nelle relazioni degli esperti «utili presidi prudenziali per la
stabilità dei luoghi; inoltre l'area che le stesse gabbionate determinano
risulta adeguata quale area di cantiere logistico, in quanto consente di
utilizzare mezzi di cantiere di minor dimensione e peso causando un minore
impatto sul ponte e sulla viabilità esistente». Le gabbionate potranno però
essere utilizzate quali strutture di contenimento, a condizione di pareggiarne
la quota e a condizione che alla fine dei lavori il profilo del terreno venga
ripristinato a verde e ripiantumato. La riunione, secondo il Comune, «ha segnato
un passo importante verso la condivisione del percorso per la messa in sicurezza
e il ripristino di parti importanti dell'area in questione».
Giù l’anidride carbonica, obiettivo 2020
Entro quell’anno le emissioni vanno ridotte del 20%: parte il Piano di
azione del Comune
L'operazione di risparmio energetico è ufficialmente partita. Il Consiglio
comunale ha approvato il Piano di azione per l'energia sostenibile del Comune di
Trieste (Paes). Un testo ancora non definitivo e che necessita di qualche
aggiustamento in corsa, ma che si basa su una serie di punti precisi: si tratta
infatti di uno strumento operativo attraverso il quale vanno rispettati gli
impegni sottoscritti da oltre quattromila comuni in Europa - Trieste compresa -
e che rientrano nel cosiddetto “Patto dei sindaci”, iniziativa voluta dalla
Comunità europea. L'obiettivo da centrare è ben definito: abbassare entro il
2020 le emissioni di anidride carbonica (Co2) del 20 per cento, e nel contempo
aumentare nella stessa percentuale la produzione di energie rinnovabili. Il
documento, quello approvato dal Consiglio nella seduta dell’altra sera, che
dovrà essere costantemente aggiornato. E che parte intanto da un inventario
relativo alle emissioni presenti nel territorio (escluse quelle di provenienza
industriale) prendendo come punto di riferimento lo stato delle cose nel 2001: a
quella data sono quasi un milione (918.193 per la precisione) le tonnellate di
Co2 prodotte in un anno. Questo significa, calcoli alla mano, che, entro sei
anni la riduzione nelle emissioni dovrà essere pari a circa 183 mila tonnellate.
Per arrivare a questo risultato si prenderanno in considerazione in particolare
tre diverse situazioni: vale a dire l'energia utilizzata negli edifici privati
(il 40 per cento del totale), quella che fa capo al terziario (24%) e quella
riconducibile al traffico cittadino (31%), pari a 162 mila veicoli circolanti,
tra auto e moto, nel 2012, dei quali oltre la metà datati e dunque maggiormente
inquinanti. La somma di questi tre segmenti porta alla quasi totalità del
consumo complessivo di energia (95%): da qui la necessità di intervenire
attraverso un'opera di sensibilizzazione della cittadinanza sui comportamenti
virtuosi da tenere nell'ottica del risparmio energetico, che partirà dalle
scuole e che passerà inevitabilmente da una sinergia con altri enti. Discorso
più complicato invece quello relativo alle fonti alternative, come il
fotovoltaico (sono solo 561 gli impianti in città nel 2012) o l'eolico, a sua
volta poco usato a Trieste anche a causa delle difficoltà legate al meteo, la
bora in particolare: tutte situazioni dunque che andranno ad incidere
relativamente sull'obiettivo finale. «Il Paes rappresenta uno degli strumenti
più importanti adottati da questa Giunta fino ad ora - ha rilevato Umberto
Laureni, assessore comunale all'ambiente, presentando il Piano -. Il punto sul
quale vogliamo insistere è quello del risparmio energetico, attraverso un'opera
di convincimento dei cittadini». Un tetto fotovoltaico o un'auto elettrica, ha
aggiunto Laureni, «incidono poco nel bilancio complessivo, mentre una
riqualificazione energetica degli edifici pubblici e privati, le azioni
collegate alla mobilità sostenibile o la semplice attenzione nel consumo di
elettricità o riscaldamento, portano a risultati ben più importanti: è questo il
messaggio che vogliamo lanciare alla città».
Pierpaolo Pitich
Ad Area un workshop sulla riqualificazione degli
edifici pubblici - ENERGIA
Domani un convegno all’Area Science Park tenterà di dare
risposta alle modalità e alle possibilità dela riqualificazione energetica degli
edifici pubblici, un onere ma anche un’opportunità per amministrazioni locali e
regionali, gestori di edifici pubblici e imprese che operano nell’ambito delle
costruzioni. Il convegno, che si svolgerà alle 9 al centro congressi - edificio
C1, punterà l’attenzione sulle cosiddette E.S.Co., un meccanismo di
finanziamento tramite soggetti terzi. Il titolo del workshop è “E.S.Co. ed
efficientamento energetico degli edifici: un’opportunità per gli operatori
pubblici e privati” e sarà un’occasione di informazione, formazione e confronto
con esperienze virtuose che si stanno realizzando in Europa ad esempio in
Slovenia e in Spagna (Catalogna). Il workshop, dedicato a enti locali,
amministrazioni regionali e aziende per l'edilizia residenziale pubblica che
vogliano avviare progetti di ristrutturazione o riqualificazione energetica di
edifici pubblici, è nato dalla collaborazione tra Area, il Servizio energia
della Regione, e Ares - Agenzia regionale per l’edilizia sostenibile ed è
organizzato nell’ambito del Tavolo di lavoro regionale sull’efficienza
energetica, costituito dal progetto europeo Marie e in collaborazione con il
progetto MountEe.
ENERGIA - Come riqualificare e scaldare gli edifici
“Le opportunità per la riqualificazione energetica degli
edifici/L’energia per uscire dalla crisi” saranno al centro dell’incontro che la
Regione ha promosso a Gorizia ("Sala Europa”, istituto Galilei, via Puccini 22)
il 17 febbraio, con inizio alle ore 16.15. L’obiettivo è migliorare le
prestazioni energetiche degli immobili, con la riduzione dei consumi.
Inverno saltato, le piante sono già in fiore
Bressi: molte specie hanno deposto le uova. Ma in dieci giorni pioggia
raddoppiata rispetto alla norma
Arriverà mai l’inverno? Non nei prossimi sei o sette giorni. E forse neppure
più avanti. Le previsioni meteo, quelle vere, riguardano il breve periodo. Un
gennaio e febbraio dunque anomali? «Per quanto riguarda i primi dieci giorni di
questo mese le temperature superano mediamente di quattro gradi quelle degli
ultimi anni - osserva Arturo Pucillo del Servizio previsioni dell’Osmer -. Ma se
poi guardiano po’ indietro, al 2009 o al 2001, nello stesso periodo ha fatto un
po’ più “caldo”. Se poi ci riferiamo all’ultimo giorno di gennaio e il primo
febbraio scorsi a Trieste le temperature sfioravano i 15 gradi. Ecco, per
trovarle così alte in quei due giorni dobbiamo tornare indietro di 50 anni e
forse più». Diversa invece l’analisi sulla piovosità. «Un discorso questo
complesso ma abbastanza chiaro - aggiunge Arturo Pucillo -. In questi ultimi
dieci giorni a Trieste si è riversata il doppio della pioggia rispetto alla
norma, il quadruplo in alcune zone della regione e sulle Prealpi». L’esame si fa
più interessante quando si guardano i numeri del periodo che va dal primo
gennaio al 10 febbraio 2014. «In questo periodo - aggiunge Pucillo - sono caduti
mediamente a Trieste 168 millimetri d’acqua, un dato leggermente superiore a
quello dello stesso periodo del 2001 quando i millimetri sono stati 143. Per
trovare un dato superiore bisogna tornare all’inizio degli anni Settanta». Una
curiosità: sui Musi, catena montuosa delle Prealpi Giulie, nel mese di gennaio è
caduta tanta pioggia quanta ne cade in un anno a Trieste. Certamente non siano
al livello dell’Inghilterra dove sembra che per trovare precipitazioni piovose
tanto intense come in questo inizio anno si debba risalire al Settecento. E con
questa anticipata primavera (ma l’inverno meteorologico finisce il 20 o il 21
marzo, San Benedetto la rondine sotto il tetto...) in città spuntano mandorli,
albicocchi, ciliegi, viole e giacinti in fiore, tanto per citarne alcuni. Ma
cosa succede? Cambia il mondo? «Certamente l’anormalità sta nelle alte
temperature e nell’eccessiva piovosità - sottolinea Nicola Bressi, direttore dei
Civici musei scientifici e naturalista -, Succede di avere una fioritura
precoce. Le piante reagiscono alle ore di luce e al caldo. A febbraio e a
gennaio a Trieste le temperature non sono mai scese fino allo zero o ancora più
in basso. E così abbiamo avuto una primavera anticipata, un’abbondante caduta
d’acqua e la mancanza dell’inverno. In pratica si è passati dall’autunno alla
primavera». E nel caso di una eventuale gelata nelle prossime settimane cosa può
succedere alle piante in fiore? «Dipende se il gelo dura un giorno o più giorni.
Nel primo caso la piante non ne risentirebbero granchè, chiaro che i primi
germogli spuntati patiranno. Se il brusco abbassamento delle temperature si
protraesse ci sarebbe la perdita del prodotto. Ma sono convinto che un giorno di
sotto zero farebbe bene alla natura in genere». «La stagione è anomala anche per
gli animali - aggiunge Bressi -, solo i rettili sono andati in letargo, ma non -
ad esempio - gli anfibi o il porcospino. E molti hanno deposto le uova con molto
anticipo. Una serie di gelate le distruggerebbe. I rospi si riproducono una sola
volta all’anno, a differenza, ad esempio, dei merli che depongono le uova una
seconda volta».
Ferdinando Viola
«Muggia, sulle antenne palleggio di responsabilità»
Il Comitato di Santa Barbara attacca Comune, Soprintendenza, Ass e Arpa
«Nessuno ha una posizione chiara sulle strutture, enti troppo permissivi»
MUGGIA Enti troppo permissivi responsabili della grave situazione nella
quale si ritrovano ora i residenti. Il Comitato antiantenne di Santa Barbara
pone sotto accusa Comune, Sovrintendenza, Arpa, Azienda sanitaria e Ministero in
una gestione ritenuta “molto permissiva” riguardo la costruzione in atto del
mega traliccio sul Monte Castellier. «Sono quasi 40 anni che il Piano regolatore
del Comune di Muggia ha limitato le costruzioni in questa zona, ormai diventata
agricola e boschiva, dove sono proibite le costruzioni in cemento e ferro,
mentre sono autorizzati solo muri a secco in arenaria: perché adesso ci
piazziamo una bella costruzione in ferro con più di 280 metri cubi di cemento?».
È il quesito con cui i membri del Comitato antiantenne di Santa Barbara tornano
alla carica. SOVRINTENDENZE Il Comitato ha evidenziato il ruolo della
Sovrintendenza archeologica che «non si è preoccupata di mettere subito un
vincolo sulla zona del Monte Castellier, dopo il ritrovamento di importanti
reperti archeologici di epoca romana, avvenuto durante i lavori di scavo per la
costruzione del traliccio, ma si è accordata con il Comune e la ditta di
costruire, anche se provvisoriamente, per salvaguardare la salute dei cittadini
di Chiampore, della quale fino a prova contraria si deve occupare l’Azienda
Sanitaria». ASS E ARPA «L’Azienda sanitaria n 1. Triestina con il suo
rappresentante del Dipartimento di Prevenzione, alle conferenze dei servizi, si
è sempre accodata passivamente ai pareri dell’Arpa che ha compiti istituzionali
diversi», spiega il Comitato. L’Ass, in applicazione al principio di precauzione
«ha messo dei vincoli sui terreni circostanti, e sono state date delle
limitazioni, non più di 4 ore al giorno, alle persone che ci vivono
abitualmente, aree in cui ci sono però campi coltivati, impianti di apicoltura,
capanni agricoli e abitazioni dove si risiede abitualmente per più di 4 ore al
giorno». Ma l'Ass prima di rilasciare il parere positivo «avrebbe dovuto
verificare la destinazione d’uso dei terreni potenzialmente interessati dalle
emissioni, come riportato nel verbale della prima conferenza dei servizi del
22.02.2013, ma questo non ci risulta sia stato mai fatto». E cosa ha fatto
invece l’Arpa? «Ha dato il nulla osta all’impianto, basandosi esclusivamente sui
dati contenuti nei progetti forniti dai gestori con un evidente conflitto di
interessi, come chiedere all’oste se il vino è buono...». COMUNE Lo “Studio per
la delocalizzazione delle antenne” predisposto dal Comune ha previsto tra i vari
siti anche il Monte Castelliere. «Prima il Comune ha valorizzato la zona del
Castelliere, poi l'ha inserita nel "piano di delocalizzazione" facendola
diventare luogo per antenne – tuona il Comitato –. E poi il Sindaco Nesladek ha
emesso un’ordinanza per la demolizione dei tralicci abusivi perché a suo avviso
adesso c’è un sito alternativo. Che sia forse quello di Santa Barbara? Ma non si
trattava di un sito provvisorio?». MINISTERO Secondo il Comitato il Ministero
per lo Sviluppo Economico, che ha l’obbligo di esprimersi, in quanto il
traliccio sorgerà in una zona a 200 metri dal confine e gli eventuali sforamenti
andrebbero ad interferire con i segnali della vicina Slovenia, «non ha mai
espresso alcun parere». Ma anche la Regione «non prende decisioni nette,
aspettando di pronunciarsi nel merito solo dopo che il Ministero abbia dato un
parere». Ma a tutt'oggi lamenta sconsolato il Comitato «nessuno ha definito una
posizione».
Riccardo Tosques
E io “Mi illumino di meno” Così si spegne lo spreco -
EVENTI»A GRIGNANO
Venerdì apertura serale straordinaria dell’Immaginario scientifico che
organizza laboratori per tutte le età: obiettivo, far comprendere quanto ci
costi l’energia
Luci soffuse e tante attività per scoprire divertendosi come risparmiare
energia: venerdì, in occasione della decima edizione di “M’illumino di meno”, la
campagna di sensibilizzazione sul risparmio energetico e sulla razionalizzazione
dei consumi lanciata da Caterpillar-Rai Radio2, l’Immaginario Scientifico
propone un’apertura speciale serale dalle 18 alle 23: in un’atmosfera di giocosa
penombra i visitatori potranno così divertirsi - entrando gratuitamente - con le
postazioni interattive come il Caleidoscopio, il Vortice d’acqua, il Tornado di
vapore, il Deserto in scatola o le Bolle di sapone giganti, sperimentando e
scoprendo l’origine di fenomeni naturali che accompagnano la nostra
quotidianità. Sarà poi possibile, sempre con ingresso gratuito, guardare la
multivisione Ear-Energia Acqua Rifiuti. Realizzata dall’Immaginario, la
multivisione presenta 20 oggetti di uso comune guardati attraverso la lente dei
costi energetici e dei costi in termini di acqua impiegata per la loro
produzione. In questo modo si sottolineano alcune significative informazioni
sull’impatto ambientale degli oggetti di consumo durante la loro vita, dalla
produzione allo smaltimento. Inoltre, il science centre organizza speciali
visite guidate al planetario (biglietto ridotto) che prevedono simulazioni del
cielo notturno con e senza inquinamento luminoso. Sarà così possibile fare una
riflessione sugli effetti causati sulle osservazioni astronomiche dalle luci
nelle nostre città. In programma anche una serie di attività laboratoriali
interattive per bambini, adulti e famiglie, dedicate a risparmio energetico e
consumo consapevole: alle 19 i bambini di 5-7 anni sono invitati a costruire con
le loro mani un simpatico “Animaletto a led”. Un po’ di vecchia moquette, una
batteria e delle lucine led si trasformano così in colorati e luminosi compagni
di gioco, che rappresentano l’occasione per affrontare in modo divertente il
concetto di efficienza luminosa. L’appuntamento verrà replicato alle 20.30.
Sempre alle 19, ecco un’attività per famiglie con bambini da 7 anni in su:
“Illumina la mente” è un innovativo laboratorio per creare e costruire, provando
a lavorare in modo spontaneo e giocoso. Infine, per adulti e ragazzi sopra i 14
anni si parte alla scoperta di “Insolite energie”, un laboratorio ricco di
esperimenti interattivi legati ai concetti di sostenibilità, energie alternative
e risparmio energetico. Per i laboratori la prenotazione è obbligatoria, tramite
form online sul sito www.immaginarioscientifico.it. Info: tel. 040-224424 ,
e-mail
info@immaginarioscientifico.it.
SEGNALAZIONI - Verde, patrimonio poco rispettato
Finalmente sembra che qualcuno - anzi tanti, ora - si
risvegli dal lungo sonno dopo la strage degli alberi annunciata dal sindaco ben
prima che il fatto si avverasse. Una quindicina di giorni prima di questi fatti
il Comune, nella persona del sindaco, comunicava l’inizio dell’abbattimento di
un alto numero di alberi: non ci sono state reazioni di alcun genere, forse
perché tutti erano impegnati a pensare ai molteplici gravi problemi che
quotidianamente ci assillano (disoccupazione, leggi elettorali, Imu, Banca
d’Italia e i suoi problemi, e chi più ne ha più ne metta). Una decina di giorni
or sono sono arrivati nella zona di viale Miramare ( e non solo) gli abbattitori
di alberi che hanno tagliato diligentemente diverse piante, lasciando in mostra
le parti di tronco con ben visibili segni di sofferenza che avrebbero
sicuramente causato nel tempo la caduta delle piante. Assieme a questi alberi ne
sono stati però abbattuti altri apparentemente sani e di questi non si sono
viste testimonianze delle malattie all’interno dei fusti, né sono stati lasciati
in loco i reperti a testimoniare la necessità dell’abbattimento. Sicuramente
questo fatto ha determinato vibrate proteste da parte di molte persone. Soltanto
a questo punto vari esponenti di correnti politiche e associazioni ambientaliste
si sono indignati per le malefatte del Comune e hanno iniziato a protestare,
prospettando inchieste e la nomina di commissioni di controllo su ciò che verrà
fatto in futuro. A questo punto mi chiedo: dov’erano questi signori nelle
settimane precedenti il taglio degli alberi? Forse non erano al corrente di
quanto stava per accadere perché non erano presenti alle riunioni o forse, se
presenti al consiglio comunale, erano distratti o “dormivano”? Ancora una
costatazione alquanto amara: i fatti dimostrano che in questa città il verde
pubblico non gode del rispetto né della gente né tantomeno da parte
dell’amministrazione mentre tutti siamo ben consapevoli che, se ben trattato e
curato, è anche un valido motivo per attirare visitatori e turisti che
generalmente ammirano con interesse la bellezza dei monumenti e anche delle
piante che dovrebbero ornare vie, viali e piazze urbane.
Lucio Rulli
L'HUFFINGTON
POST -
MARTEDI', 11 febbraio 2014
Rigassificatore di Livorno, 10 anni per avviarlo ma
nemmeno un metro cubo di gas scaricato
"Che cos'è il genio? È intuizione, decisione, velocità d'esecuzione". Così
il Conte Mascetti (Ugo Tognazzi) in una celebrata scena di Amici miei. Se il
genio è questo, è mancato del tutto nella vicenda del rigassificatore di
Livorno, per la quale (A) ci sono voluti più di 10 anni fra autorizzazione ed
esecuzione, inaugurato finalmente nel 2013. E soprattutto (B) non lavora. Zero
contratti. Nemmeno un metro cubo di gas scaricato. Ma il genio sta nel conto: lo
pagheranno i contribuenti. È una di quelle cose di cui non si vorrebbe mai dover
scrivere, e neppure leggere. Ma lo facciamo lo stesso, per tenere allenata la
capacità di stupirci, interrogarci, e se del caso - lo è - indignarci. Non siamo
ancora pronti per Bananas.
Premessa. Perché mai si costruiscono i rigassificatori? Non per fare imbufalire
gli ambientalisti (anche se per alcuni sarebbe già una buona ragione) ma per
comprare il gas alle condizioni, normalmente più convenienti, del mercato spot
del gas naturale liquefatto (LNG) trasportato via mare, e in questo modo
affrancarsi dai grandi gasdotti governati da monopolisti.
Correva l'anno 2003 quando la piccola società Iride - società del gas di
proprietà dei comuni di Genova e Torino, figlia delle municipalizzate delle due
città e madre, dopo la fusione con Enia, dell'attuale multiutility Iren quotata
in borsa - decideva, con la controllata OLT (Offshore LNG Toscana), di
realizzare un rigassificatore on board a Livorno trasformando una nave
metaniera, la Golar Frost. Il rigassificatore, finalmente inaugurato, ha una
capacità di rigassificazione di 3.7 miliardi di mc/anno (4% del fabbisogno
nazionale).
Prima anomalia. Nessun'altra utility di dimensioni così ridotte gestiva allora,
né gestisce oggi, una roba così grossa e complessa. Per dire, gli altri due
impianti che operano in Italia, Panigallia e Rovigo, sono gestiti
rispettivamente da ENI ed Edison.
Oltre tutto, l'avventura tecnologica si annunciava complicata, poiché nessuno al
mondo aveva mai trasformato una nave gasiera in un rigassificatore, con problemi
tecnici, e relativi extracosti, legati tra l'altro all'ancoraggio della
struttura e all'accosto delle navi LNG. Di qui uno dei problemi: la dimensione
relativamente ridotta delle navi che possono attraccare a questa struttura
rispetto a quelle che prevalgono oggi sul mercato.
Che fosse un casino, si è visto presto: i costi di realizzazione inizialmente
stimati in 350-400 milioni sono schizzati a poco meno di un miliardo. Idem per i
tempi: l'impianto avrebbe dovuto essere operativo nell'esercizio 2008/2009 ed è
stato invece inaugurato commercialmente il 20 Dicembre 2013.
Ma - guarda un po' - avere un rigassificatore è del tutto inutile, ed
economicamente fallimentare, se non sei capace a comprare il gas. Ci vuole una
certa competenza per operare bene sui mercati spot, e in OLT, ma anche
nell'intero gruppo Iren, non sembra essercene traccia. Con la conseguenza che il
rigassificatore di Livorno è tuttora completamente inutilizzato. Neppure un
contratto per la fornitura di LNG è stato sin qui siglato. Argomento difensivo,
non del tutto infondato: la domanda complessiva di gas è bassa, ma il prezzo del
LNG è alto perché altrove nel mondo (Far East, Sudamerica) la domanda è alta, e
ne fa lievitare il prezzo spiazzandolo rispetto ai gasdotti.
Insomma, errori dei manager. Ne fanno di continuo, anche nelle aziende private,
figuriamoci in quelle pubbliche dove sono nominati dalla politica e scelti col
criterio dell'amicizia e fedeltà ai padrini politici, anziché con quello della
capacità. Ma se fosse un'impresa privata, sarebbero cavoli loro e dei loro
azionisti. Invece è un'impresa (quasi interamente) pubblica, e questo scempio è
stato realizzato con i soldi dei contribuenti, o con i prestiti delle banche
garantiti dalle bollette future degli utenti. E allora è giusto che paghino i
contribuenti, che diamine! Come in una vignetta di Altan, "Caro Cipputi, i
nostri crediti, prima o poi, dobbiamo pagarli".
Conseguenze ormai quasi certe.
Mentre, negli anni, Iride prima e Iren oggi, monopoliste sui rispettivi mercati
territoriali, hanno distribuito milioni di euro ai comuni loro azionisti, ora
che l'impianto è operativo e soggetto all'ammortamento i costi andranno alle
stelle, e gli utili negli abissi, con effetti catastrofici sui bilanci dei
comuni comproprietari. I quali sono immancabilmente sull'orlo del baratro,
malgrado alte tasse comunali, alte tariffe dei servizi, impennate delle multe o
di qualunque altro mezzo utile a far cassa. E quindi non tapperanno i buchi
creati dai geni da loro nominati ad amministrare così brillantemente le loro
aziende.
E allora? Niente paura. Ci pensa il contribuente. Il Ministero dello Sviluppo
Economico sta infatti approntando un apposito decreto per assegnare all'impianto
il c.d. "fattore di garanzia". Che cos'è? Presto detto. Il rigassificatore può
chiedere di entrare nel sistema regolato, cioè il proprietario lo rende
disponibile a potenziali (quanto improbabili) altri operatori, e in cambio gli
viene garantito il 70% dei ricavi massimi, corrispondenti al suo pieno utilizzo,
prelevandoli dalle bollette degli utenti. Questo anche se continua a non
passarci un metro cubo di gas.
Insomma: nel Paese delle meraviglie, il 70% di zero fa 70. Se non è genio
questo. Diceva il principe De Curtis, in arte Totò, che nella vita ci sono le
cose reali e quelle supposte. Se mettiamo da parte le reali, le supposte dove le
mettiamo? E questi ricavi supposti, quanto costeranno ai contribuenti? Circa 100
milioni all'anno per 20 anni. Occorre però far rientrare l'impianto nella
"strategia energetica nazionale" del Ministero, con la quale non aveva nulla a
che fare, e riconoscerlo "opera energetica di interesse strategico nazionale",
circostanza che i fatti (l'impianto vuoto) smentiscono in tempo reale. Ma, si
sa, nel Paese delle meraviglie ogni cosa "è", e insieme "non è".
Si fregano le mani i comuni principali azionisti (tutti a guida sinistra, con
sindaci pd o usciti da primarie variamente cucinate). E si spalma su tutti i
contribuenti italiani (cittadini e imprese) un danno economico prodotto
principalmente da manager lottizzati e politici che li hanno nominati. Per
inciso, anche nei recentissimi rinnovi degli amministratori delle società del
gruppo Iren, a cura dei sindaci di Genova, Torino e Reggio Emilia, non c'è un
esperto di gas, né risulta che sia stato nel frattempo assunto qualcuno che ne
capisca qualcosa. Si è preferito procedere more solito, anche confermando alcuni
dei (cor)responsabili di questo disastro.
È tutto così Bananas-style che anche di fronte ai ricavi garantiti il socio
tedesco E.on (paritetico con il gruppo Iren) ha detto di voler uscire, e un
socio privato di minoranza (Belleli) addirittura si oppone al decreto
sottolineando che la richiesta di rientro nel mercato regolato copre
l'incapacità gestionale.
Sostiene l'azienda che il mercato letteralmente esploderà entro pochissimi mesi.
Splendido. Che sciocchi noi a dubitare. Ma che volete farci, il genio è spesso
incompreso.
IL PICCOLO -
MARTEDI', 11 febbraio 2014
Rive, ciclabile in stallo. Il Comune anticipa la Campo
Marzio-Ponziana
L’Authority non molla il sedime: in ballo alcuni parcheggi di Ttp.
Marchigiani: «Noi non stiamo fermi ad aspettare».
La Provincia rivoluziona la “Cottur”: sport e turismo,
con bici a noleggio e chioschi
C’è una Provincia che immagina di poter fare molto presto della sua pista
ciclabile - quella che già esiste da Ponziana a Draga Sant’Elia ed è intitolata
a Giordano Cottur - una nuova casa a cielo aperto per eventi sportivi ed
attività agonistiche e ricreative: un centro del passatempo per i triestini e al
tempo stesso un richiamo per i turisti, con tanto di eventuali punti-noleggio di
bici agli imbocchi e, perché no, chioschi di ristoro e pit-stop strada facendo.
E c’è un Comune che promette invece - fra gli altri propositi mirati sempre a
incentivare l’uso delle due ruote rigorosamente smotorizzate - di poter fare
altrettanto presto la sua, di pista ciclabile, quella che ancora non esiste,
destinata a partire dalla Stazione di Campo Marzio per poi raggiungere Ponziana,
innestandosi proprio nella “Cottur”. Trieste insomma, se ci limitiamo a parlare
di bici, pedala, o per lo meno dà l’impressione di farlo. La messa in pratica di
entrambi i progetti sarebbe, in effetti, dietro l’angolo. Per lo sviluppo
sportivo, ricreativo e turistico della Ponziana-Draga (di cui riferiamo a lato,
ndr) proprio lo scorso venerdì sono scaduti i termini, fissati dalla Provincia
in un avviso pubblico, per la presentazione di eventuali manifestazioni di
interesse alla gestione del tracciato: questa settimana le buste saranno
raccolte e vagliate, dopodiché sarà la volta della gara vera e propria e del
conseguente affidamento. È però la realizzazione della futura ciclopedonale tra
Campo Marzio e Ponziana - per il cui taglio del nastro l’assessore alla Mobilità
di Cosolini, Elena Marchigiani, dà appuntamento «non oltre i primi mesi del
2015» - che finisce per tenere banco in questo momento. Non solo per l’attesa di
ambientalisti e appassionati, ma anche - e soprattutto - perché fa risuonare il
tormentone dello scontro politico in atto tra il Comune e l’Autorità portuale.
Su tale tratto, in effetti, stando all’agenda concepita in origine,
l’amministrazione cittadina avrebbe dovuto lavorare una volta fatto e finito
quello sulle Rive. Non a caso è stato chiamato secondo lotto, con la
denominazione di primo lotto affibbiata proprio a quello lungo le Rive: un paio
di chilometri dal fronte Carciotti fino alla Stazione di Campo Marzio, in parte
tra le aiuole e in parte alla loro destra lato mare, per una larghezza attorno
ai tre metri. Il fatto è che qui l’inizio lavori resta sospeso, giorno dopo
giorno, a una data da destinarsi. In Municipio si sostiene che l’Autorità
portuale non ha nemmeno riposto a un paio di raccomandate di sollecito a sedersi
attorno a un tavolo per decidere come fare la ciclopedonale sulle Rive: l’ente
governato oggi da Marina Monassi - in base agli accordi siglati nel 2009 tra
Roberto Dipiazza e Claudio Boniciolli nella cornice della più generale intesa
Comune-Authority sul Piano regolatore del Porto - sarebbe chiamato a dare una
porzione di proprio sedime demaniale costringendo così Trieste terminal
passeggeri, presieduta ora da Antonio Paoletti, a sacrificare un tot di
parcheggi a pagamento in superficie. La prima raccomandata data novembre, la
seconda è della scorsa settimana. Gli unici riscontri sono le ricevute di
ritorno, lamenta l’amministrazione Cosolini, mentre dalla Torre del Lloyd si
limitano a obiettare che il patto a latere del Piano regolatore portuale non
dice proprio ciò che dice il Comune. Al che, sempre in Municipio, sta maturando
- o meglio è già maturata, dato che c’è la benedizione degli uffici della
Regione - l’idea di promuovere il secondo lotto a primo e di retrocedere lo
stesso primo lotto a secondo, in maniera tale da non bloccare l’intera partita
della nuova mobilità in bicicletta, attingendo sempre e comunque ai 374mila euro
già vincolati da un decennio, di cui 288mila regionali e 86mila di
cofinanziamento comunale. «È nostra intenzione stringere i tempi, non vogliamo
restare fermi ad aspettare, viste le reiterate richieste di risolvere la
questione del tracciato delle Rive finora andate a vuoto», romba Marchigiani.
Che evita polemiche frontali, eppure ripropone una fin troppo nota allegoria
della Trieste contemporanea secondo Cosolini: c’è chi fa, e c’è chi frena.
Piero Rauber
La segnaletica sarà piantata comunque subito
Nella seconda parte dell’anno scatterà il via ai lavori per il tracciato
interno tra le vie Mazzini e Cumano
L’Autorità portuale non molla il sedime demaniale delle Rive? Vabbè. Vuol
dire che il Comune, per intanto, le farà passare la ciclabile sotto le finestre
della Torre del Lloyd. I 4230 metri del secondo lotto diventato primo, stando al
progetto su carta, partirà da Campo Marzio, proseguirà per Passeggio Sant’Andrea
e transiterà proprio per via von Bruck, parallela alla sopraelevata della Gvt,
per poi svicolare per via San Marco e per un pezzetto di viale Campi Elisi prima
di esaurirsi lungo le vie D’Alviano, Lorenzetti, Zorutti e Orlandini, cioè
l’innesto della Ponziana-Draga. Fosse solo la “pista” sotto le finestre. C’è di
più. Oltre allo switch tra primo e secondo lotto, il Comune piazzerà pure le
“bandiere” della sua ciclopedonale sul sedime conteso del lungomare, in attesa
di realizzarla. «Questo - spiega Marchigiani - è un periodo di confronti serrati
con la Regione e con i portatori d’interesse rappresentati dall’associazione
Ulisse-Fiab, con cui è previsto ci si rapporti anche per la definizione dei
percorsi dei due lotti. Tra le cose che ci siamo impegnati a fare secondo tempi
contingentati, e in questo caso significa entro il Giro d’Italia (il primo
giugno, ndr), ci sono sia gli stalli per le bici in centro (e un imprenditore
per ora rimasto nell’ombra è intenzionato a metterne una cinquantina, ndr) sia
la posa della segnaletica della ciclovia, anche sulle Rive». “Bandiere” insomma
di una “pista” per il momento virtuale, piantate alla faccia dell’Authority.
Anche se, dalle parole di Marchigiani, non trasuda malizia, ma il semplice
racconto di una tappa obbligata: «Siamo in una fase in cui ci stiamo muovendo,
di concerto con la Regione che è l’ente coordinatore e la Provincia, proprio per
la segnaletica utile a identificare le direttrici ciclabili europee. L’abbiamo
messa ad esempio per le vie Costalunga, della Pace, dell’Istria e Flavia, per
quell’itinerario che punta al tracciato muggesano e quindi alla famosa
Parenzana. Il cicloturismo è in crescita, gli stessi albergatori ce lo
segnalano, e noi dobbiamo favorirne le condizioni». La seconda parte dell’anno,
dopo che il Giro d’Italia se ne sarà andato, sarà dedicata al varo del progetto
esecutivo dei quattro chilometri abbondanti da Campo Marzio a Ponziana per poter
poi avviarne i lavori, da ultimare «non oltre i primi mesi del 2015». Ma non
solo: scatterà - promette Marchigiani - pure la progettazione e la
realizzazione, anche questa con l’orizzonte del 2015, della gamba del Pi-greco
ciclopedonale inserito nel Piano del traffico che risalirà via Mazzini puntando
piazza Foraggi fino a via Cumano, includendo fra le altre le “zone 30” di via
Settefontane e via Ghirlandiaio.
(pi.ra.)
Ferriera, più vicina la firma di Monassi -
SIDERURGIA»L’ACCORDO DI PROGRAMMA
Domani il Comitato portuale. L’Authority chiede che al documento venga
allegata la nota ministeriale di chiarimento
SEMINO (LUCCHINI): Il commissario Nardi ha iniziato a predisporre il bando di
gara per la vendita di Servola. L’obiettivo è la pubblicazione a fine mese
«Subito dopo l’Accordo di programma, il commissario straordinario Piero
Nardi, evidentemente ritenendolo pienamente legittimo sebbene manchi la firma
dell’Autorità portuale, si è messo al lavoro per predisporre il bando di gara
per la vendita dello stabilimento di Servola. Eventuali obiezioni potrebbero
venire solo dal Comitato di sorveglianza che deve approvare il bando prima che
la sua pubblicazione sia autorizzata dal ministero per lo Sviluppo economico».
La dichiarazione è venuta ieri da Francesco Semino, segretario amministrazione
straordinaria Lucchini spa, ma prima che il bando passi al vaglio del Comitato
di sorveglianza anche l’unica, contestatissima firma mancante sull’Accordo di
programma potrebbe alla fine arrivare dal momento che la presidente
dell’Authority Marina Monassi ha riconvocato il Comitato portuale per domani
alle 15 alla Torre del Lloyd. All’ordine del giorno soltanto la delibera in cui
il Comitato portuale «approva l’Accordo di programma, che deve intendersi
integrato con la proposta del Ministero delle Infrastruture e dei Trasporti
allegato alla presente deliberazione e che ne forma parte integrante,
autorizzandone la sottoscrizione da parte del presidente dell’Autorità
portuale». La proposta integrativa alla quale si fa riferimento è quella
contenuta nella lettera che Giacomo Aiello, capo di gabinetto del ministero di
Infrastrutture e Trasporti ha inviato, tra gli altri, ai ministeri di Sviluppo
economico e Ambiente e alla Regione specificando che riguardo alla concessione
in area demaniale «si tratta di nuova concessione e non già di subingresso e che
il rilascio della medesima da parte del commissario ai sensi dell’articolo 6
dell’Accordo di programma quale atto conseguente alla procedura di alienazione a
evidenza pubblica, debba necessariamente riferirsi all’articolo 18 della legge
84/1994 ciò comportando da parte dell’Autorità portuale l’esercizio delle
attività di quantificazione e riscossione dei canoni demaniali marittimi». Lo
stesso Aiello aggiunge che una delle premesse contestate dalla stessa Authority
può essere rettificata con questa diversa dizione: «Rimane impregiudicata
l’imputazione soggettiva dei singoli atti e attività che nel tempo hanno
concorso alla realizzazione dell’area demaniale in concessione alla società
Servola spa con riporti e materiali inquinanti». Né altre obiezioni fatte, né
ulteriori aggiunte rivendicate dalla stessa Monassi per circoscrivere i poteri
che l’Accordo, recependo la legge sulle aree di crisi industriale complessa
affida al neocommissario nella persona di Debora Serracchiani e per non mettere
in dubbio soprattutto il milione e mezzo di canone che annualmente l’Authority
incassa da Lucchini, sono state accolte. Anzi gli stessi ministri dello Sviluppo
economico Flavio Zanonato e di Infrastrutture e Trasporti (dal quale oltretutto
le Autorità portuali dipendono) Maurizio Lupi avevano definito l’Accordo di
programma pienamente valido anche senza la firma dell’Authority. Sarà ora da
vedere se il testo della delibera, nell’ambito del Comitato di domani,
innescherà un nuovo dibattito o si arriverà rapidamente a un voto favorevole
acquisito il quale Monassi potrà finalmente fare il proprio autografo. Anche
perché sulla strada del rilancio dell’area di Servola e più in generale della
zona industriale di Trieste si tratta appena del primo passaggio. «Speriamo che
il bando di vendita possa venir pubblicato entro fine febbraio», ha auspicato
alla fine Semino.
Silvio Maranzana
Dal 19 cassa integrazione per 250 lavoratori
Stamattina la trattativa. Verrà spento l’altoforno che solo il nuovo
acquirente potrà riaccendere
Data di inizio: mercoledì 19 febbraio. Data di fine: sconosciuta. Sono i
limiti temporali della cassa integrazione straordinaria alla Ferriera di Servola
che dovrebbe coinvolgere a regime 250 dipendenti, cioé la metà abbondante
dell’organico complessivo, e che verrà discussa e presumibilmente firmata
stamattina alle 10 alla Direzione centrale Lavoro della Regione in via San
Francesco. Martedì 18 dunque, a meno di trattative dell’ultima ora tali da
provocare inattesi cambi di programma, sarà l’ultimo giorno in cui l’altoforno
funzionerà per conto della Lucchini spa che, al termine dei lavori ormai
improcrastinabili per ragioni di sicurezza e di tutela della salute e
dell’ambiente che verranno effettuati sulla bocca dell’impianto, non lo
riaccenderà più. Spetterà al nuovo proprietario, e se ci sarà non potrà che
essere il Gruppo Arvedi, al termine delle complesse operazioni di messa in
vendita e di successiva acquisizione che devono appena partire, rimetterlo in
funzione non prima però di aver fatto un’ulteriore parte di lavori. Motivo per
cui si è diffuso nello stabilimento il timore che l’attività non possa ripartire
a pieno ritmo prima di settembre e del resto, come detto, la cassa straordinaria
non ha una scadenza temporale prefissata, ma teoricamente potrebbe protrarsi
finché dura il mandato del commissario straordinario. Oggi alla discussione
parteciperanno i segretari di categoria dei metalmeccanici e le rsu, ma pochi
sindacalisti hanno voluto ieri anticipare il proprio atteggiamento. «Vedremo i
dettagli dell’accordo e ne daremo una valutazione complessiva - ha affermato
ieri pomeriggio Antonio Rodà, segretario provinciale Uilm - ma indubbiamente
nelle ultime settimane qualche passo avanti è stato fatto e con l’Accordo di
programma si è finalmente cominciato a tracciare un percorso che non è più
totalmente al buio». Sembra andare verso il sì anche l’Ugl, così come il
sindacato autonomo Failms il cui segretario Cristian Prella ieri tra le poche
note ottimistiche ha inserito il fatto che l’azienda ha assicurato che
anticiperà ai lavoratori il trattamento previsto dalla “cassa”. La stessa Failms
ha anche diffuso una nota in cui affiora il timore che le spese per il
risanamento ambientale assommate a quelle che sarà necessario sborsare per
l’acquisizione degli impianti possano dissuadere il compratore. «Per tutti gli
stabilimenti del Gruppo - aggiunge Giulio Frisari di Failms - il commissario si
è imposto di ricavare 700 milioni una parte dei quali dovrà essere incassata con
la vendita della Ferriera triestina».
(s.m.)
BONIFICHE - Sito inquinato: l’Ezit incontra le
associazioni di categoria
Un incontro informativo con le associazioni di categoria sul tema del Sito
inquinato di interesse nazionale, per illustrare quanto l’Ezit è impegnato a
fare. Lo organizza per domani con inizio alle 10.30, nella sede di via Caboto
14, proprio l’Ente zona industriale di Trieste. Il presidente Ezit, Dario Bruni,
parlerà delle attività di completamento della caratterizzazione e
predisposizione dell’analisi di rischio su aree di proprietà privata all’interno
del Sin, attività che la Regione ha finalmente affidato in delegazione
amministrativa all’Ezit dando seguito a quanto stabilito con l’Accordo di
programma del 25 maggio 2012. Preliminarmente - fa sapere una nota dell’Ente -
l’Ezit è incaricato di contattare tutti i soggetti privati interessati,
proprietari o gestori delle aree, per chiedere loro: l’attivazione ai fini
dell’attuazione autonoma della caratterizzazione, per le aree non potenzialmente
inquinate dal pubblico; l’autorizzazione all’accesso alle aree per l’esecuzione
della caratterizzazione, per le aree potenzialmente inquinate dal pubblico
(senza oneri) o per quelle dove non intendano attivarsi autonomamente (con
recupero delle spese/iscrizione dell’onere reale); e l’autorizzazione
all’accesso alle aree per l’uso dei piezometri (per effettuare misurazioni del
livello freatimetrico e prove idrauliche con eventuale terebrazione dei
piezometri senza campionamenti di suoli e acque) nelle zone già caratterizzate
(senza oneri). La riunione di domani verterà proprio sui molteplici aspetti
delle attività che saranno intraprese: contenuti tecnici, tempistica, costi,
responsabilità in gioco e così via.
Oggi Pm10 oltre i limiti, domani ok - AVVISO DEL COMUNE
Nessuna chiusura al traffico. Laureni: «Tendenza in miglioramento»
Avviso alla cittadinanza, mittente il Comune: per la giornata odierna è
previsto il superamento dei valori limite di Pm10 nell’aria. Un’informazione
che, come sottolinea l’assessore comunale con delega all’Ambiente Umberto
Laureni, ha una finalità di «sensibilizzazione verso i cittadini. Così, la gente
potrà comportarsi di conseguenza nell’utilizzo del riscaldamento, in quello
dell’automobile (evidentemente l’invito implicito del Comune è di provvedere a
una riduzione di entrambi, ndr) e saprà quale sarà la situazione nel caso
dovesse camminare in città, così da evitare ad esempio di andare in giro con
bambini piccoli nelle carrozzine». Nulla più dell’avviso, assicura a ruota
Laureni, perché «l’evidenza dei dati disponibile del sistema previsionale
gestito dall’Arpa ci dice che il quadro migliorerà già dalla giornata successiva
(domani, ndr) e in quelle seguenti». Il che significa: nessuna chiusura al
traffico veicolare, com’era invece avvenuto un mese fa. Il Pac, Piano d’azione
comunale, prevede infatti che il provvedimento scatti «quando - recita il
documento ufficiale - le previsioni fornite dall’Arpa-Fvg indicano il
superamento delle concentrazioni di polveri sottili (Pm10) e biossido di azoto
(NO2) per almeno 3 giorni consecutivi». Cosa che stavolta, stando alle
previsioni, non dovrebbe accadere. Per la giornata di oggi «il dato medio
previsto per Trieste relativamente alle Pm10 è superiore ai 50 microgrammi per
metrocubo», fa sapere Laureni. Per il 12 e il 13 febbraio, cioè domani e
dopodomani, invece la situazione è annunciata in miglioramento, con i dati
«ampiamente sotto i limiti di legge. E la tendenza è la stessa anche per il 14
febbraio», conclude l’assessore. Dunque, è partita l’operazione informativa, a
sua volta così contemplata dal Pac: «Nel caso di previsioni di superamenti delle
concentrazioni di polveri sottili (Pm10) e biossido di azoto (NO2) per periodi
inferiori ai tre giorni, ancorché non ricorrano le condizioni necessarie
all’attivazione del presente Piano, l’Amministrazione comunale provvederà
comunque ad operare una sensibilizzazione della popolazione esposta».
(m.u.)
Duino, chiesta la rimozione delle “recinzioni” a mare
La Comunella con il consigliere Rozza contro i manufatti “abusivi” di
alcune ville
Mervic: «Molte di queste strutture private impediscono
il passaggio lungo la costa»
DUINO AURISINA Via le recinzioni “fuorilegge” a Duino: intervengano le
autorità, perché “della questione se ne parla spesso, ma poi non succede nulla”.
Dopo le polemiche sulle “favelas” della Costa dei barbari interviene la
Comunella presieduta da Vladimiro Mervic a sostenere, come denunciato anche dal
consigliere di maggioranza Maurizio Rozza, la necessità di liberare tratti di
costa in sostanza “privatizzati” dagli abitanti. Come? «Con manufatti e
recinzioni varie che arrivano fin sulla battigia e addirittura oltre, in quanto
sporgono sul mare», precisa Mervic. «Nel Comune – prosegue il presidente della
Comunella di Duino - la grandissima parte di queste strutture che arrivano fino
all'acqua è posta nella zona che va dal tratto immediatamente successivo al
ristorante “Alla Dama Bianca” fino alla cosiddetta “Secada”, dove praticamente
inizia il Villaggio de Pescatore». «Su questo tema – prosegue -, anche se nel
recente passato vi sono state alcune divergenze col consigliere Rozza riguardo
il passaggio dei fuoristrada sul Carso, non posso che trovarmi assolutamente
d'accordo con lui. Anzi vorrei aggiungere che non solo in quell'area è precluso
il passaggio lungo la costa, ma addirittura se qualcuno, nuotando d'estate, si
azzarda a fermarvisi per una breve sosta, il più delle volte viene cacciato in
malo modo, pure con la minaccia di vedere lasciati liberi i cani dei
proprietari». Stando a Mervic queste recinzioni «esistono in gran parte da
quando sono state costruite le ville e cioè successivamente agli anni '50».
«Prima di allora – sottolinea - il proprietario dei terreni della Cernizza era
il principe Raimondo della Torre e Tasso che vendette tutti i lotti ai privati.
Da quella volta in poi, piano piano, ognuno di loro si è costruito la propria
recinzione senza che mai nessuno agisse concretamente per far rispettare la
legge. Ricordo che già nella mia adolescenza i privati non permettevano a noi
ragazzi di salire sulla scogliera e, a onor del vero, l'unico posto
consentitoci, anche se privato, era la scogliera sotto il castello di Duino e il
vicino Scoglio di Dante. Orbene, visto che da un pezzo siamo entrati nel
ventunesimo secolo forse sarebbe il caso di iniziare a far rispettare la legge e
finalmente far togliere quegli obbrobri che fanno male alla vista e alla gente».
Quanto alla questione della Costa dei barbari, «non voglio entrare nel merito -
conclude Mervic -, poiché la Comunella di Duino non ne ha titolo, anche se
naturalmente delle idee in proposito ce le avrei». Come noto, l'assessore Andrej
Cunja vorrebbe che la “baraccopoli” venisse sgomberata e in quest'idea ha
trovato inedita sponda nell'ex sindaco, oggi consigliere all'opposizione,
Giorgio Ret. Insomma, i manufatti in tronchi, le coperture e ogni altro genere
di rifiuto, pur riciclato, va rimosso alla svelta, preferibilmente prima
dell'avvio della stagione balneare 2014.
Tiziana Carpinelli
IL PICCOLO -
LUNEDI', 10 febbraio 2014
Zanonato: «L’Accordo è blindato Monassi può andare in
Tribunale» - CASO FERRIERA » NESSUNA VARIAZIONE
Il ministro dello Sviluppo economico: «Unica opzione percorribile per
dare una prospettiva a centinaia di lavoratori».
L’attacco all’Authority: «È una diretta espressione del
governo centrale»
Giù le mani dall’Accordo sulla Ferriera. L’avviso arriva prima da destra e
poi da sinistra, una saldatura perfetta da parte del Governo per blindare
definitivamente l’Accordo di programma sull’impianto di Servola firmato a Villa
Madama giovedì 30 gennaio. Un testo che l’Authority ha tentato di scardinare nel
Comitato portuale di lunedì scorso seminando poi tra i ministeri dubbi,
interrogativi, timori, perplessità. Con le dichiarazioni di sabato del ministro
alle Infrastrutture Maurizio Lupi, che di fatto ha scaricato Marina Monassi
sposando appieno la linea della governatrice Debora Serracchiani («l’Accordo non
si modifica») e quelle di ieri del titolare del dicastero dello Sviluppo
economico Flavio Zanonato (Pd), l’Accordo sembra essere ormai in una botte di
ferro. Lo era già stato in pratica nello stesso momento in cui ben cinque
ministri avevano messo sotto il documento la loro firma, ma la richiesta di
chiarimenti dell’Autorità portuale, dopo che aveva rinunciato a sottoscriverlo,
inizialmente aveva spiazzato e innervosito gli attori principali di questa
operazione. A tombare il discorso ci ha pensato ieri a Padova Flavio Zanonato in
maniera energica e anche con alcune inequivocabili sottolineature sul ruolo, per
esempio, dell’Autorità portuale, che resta pur sempre una “dipendente”
ministeriale. Ciò significa che le frenate non concordate, come quella
sull’Accordo, in un momento così delicato per il futuro dell’impianto di
Servola, non sono gradite. Anzi. Unica, eventuale concessione, una postilla
sulle responsabilità per l’inquinamento pregresso. Tema da approfondire, visto
che per la bonifica ci sono in ballo decine di milioni di euro. Il ministro
dello Sviluppo economico è sulla stessa lunghezza d’onda di Lupi e non poteva
essere diversamente. «L’Accordo di programma è senza dubbio valido nella sua
integrità», attacca Zanonato: «È stato studiato per settimane dagli staff di
cinque ministeri, è stato firmato da cinque ministri, è stato condiviso con gli
enti del territorio. Non riesco a immaginare che possa essere buttato nel
cestino. Caso mai, se proprio fosse necessario, potremmo immaginare una nota
integrativa in calce». Una risposta anche a chi lo considerava un documento
raffazzonato e scritto con troppa fretta, come sostengono i grillini.
«L’intervento ex post di un funzionario ministeriale, per quanto importante e
autorevole possa essere come il capo di gabinetto di uno dei cinque ministri
(Zanonato allude al parere di Giacomo Aiello, capo di gabinetto del Ministero
delle Infrastrutture, ndr), non può mettere in discussione l’Accordo. Che va al
più presto applicato». Ma non basta, il ministro intende allontanare qualsiasi
ombra: «L’Accordo di programma sulla Ferriera è di assoluta importanza e
urgenza, per dare una prospettiva a centinaia di lavoratori che la attendono.
Non posso ammettere che vengano rimesse in discussione le premesse di questa
prospettiva. Non esistono alternative a questo percorso». Un Accordo che
Zanonato difende a spada tratta dall’assalto di Marina Monassi. Un monito e una
sfida nelle sue parole: «L’Accordo è valido, chi non lo riconosce per tale,
inclusa l’Autorità portuale che in ogni caso è una diretta espressione del
governo centrale, se proprio crede può sempre rivolgersi a un tribunale, unico
soggetto che può stabilire la eventuale illegittimità dell’atto». Zanonato alla
fine manda una sorta di avviso ai naviganti: «Non posso credere che l’Autorità
portuale persegua il disegno di mettere a bando, tra le aree disponibili in
aprile, quella attualmente in concessione per la Ferriera di Servola. L’Accordo
di programma sottoscritto dai cinque ministri con gli enti territoriali rimane
l’unica opzione effettivamente percorribile. Osservo infine che le Autorità
portuali sono diretta emanazione del Ministero delle Infrastrutture e dei
Trasporti, e che a esso rispondono in ogni loro atto». Traduzione solo per chi
si è perso le precedenti puntate, tanto è chiaro il discorso del ministro,
nessun atto di insubordinazione sarà tollerato. Dal Pd, leggi il senatore
Francesco Russo, è già arrivata la richiesta di dimissioni di Marina Monassi.
Fra poco, pare, sarà un coro. Disinnescata la bomba, resta il fatto che è ancora
tutta in salita la strada per la cessione della Ferriera. L’Accordo era
necessario per avviare le procedure per il bando, ma sia la politica che il
sindacato sanno che l’operazione è complicatissima. Dopo la firma di Villa
Madama, neanche una mezza parola dal gruppo Arvedi. Se l’interesse non si è
proprio raffreddato, comunque è intuibile che le attuali condizioni non
entusiasmano l’industriale cremonese. Quella riga dell’Accordo dove si dice che
almeno 18 milioni per le bonifiche saranno a carico del privato, non è
facilmente digeribile per il Cavaliere che fin dai primi contatti aveva detto
che è disposto a fare massicci investimenti a Servola senza però voler spendere
un euro per la spazzatura lasciata dagli altri. Ma dietro l’angolo non c’è
un’alternativa. Stato e Regione lo sanno benissimo e probabilmente dovranno
inventarsi ancora qualcosa e mettere altre cose sul piatto per non lasciarselo
scappare. La partita decisiva per la salvezza della Ferriera è appena
cominciata.
Maurizio Cattaruzza
Decarli e Karlsen: cancellati tutti i dubbi su Servola
- REAZIONI
Con una nota, intitolata sulla scia di quella precedente «lo Strapotere
portuale di Trieste messo in silenzio», anche i consiglieri comunali Roberto
Decarli di Trieste cambia, la civica del sindaco, e Patrick Karlsen, dei
Cittadini, intervengono sulla questione Ferriera. «Il ministro Lupi - scrivono
Decarli e Karlsen - ha chiaramente confermato ciò che avevano anticipato sia la
presidente della Regione, sia la presidente della Provincia, sia con particolare
convinzione il sindaco di Trieste. Il ministro non ha fatto altro che svolgere
con determinazione e competenza il ruolo e la responsabilità che gli sono stati
affidati, cancellando tutti i dubbi e le perplessità strumentalmente evidenziati
dall’Autorità portuale e poi ripresi da altri gregari, qualcuno presente anche
in Consiglio comunale. Concludendo va detto che se il ministro ha fatto il
Ministro, l’Autorità portuale e i suoi gregari si sono messi in evidenza come
membri fedeli dei soliti "club". Suggeriamo una semplice parola d’ordine a
coloro che svolgono incarichi importanti a tutti i livelli in questo delicato
momento per la città : meno “club”, meno interessi esclusivi e più
responsabilità e attenzione alle impellenti necessità di Trieste e del
territorio a vantaggio non di pochi ma di tutti».
IL PICCOLO -
DOMENICA, 9 febbraio 2014
Ferriera, Lupi scarica Monassi «Sintonia con
Serracchiani» - SIDERURGIA » SPAZZATI VIA I DUBBI INTERPRETATIVI
Il ministro alle Infrastrutture rompe il silenzio: «Nessuna modifica
all’Accordo di programma». Possibile solo una nota a verbale
Il ministero dello Sviluppo economico, di Flavio Zanonato dal Pd,
tace. E quello dell’Ambiente di Andrea Orlando, collega di partito di Zanonato,
pure. Non è dato sapere, ovviamente, se dietro ci sia una strategia meditata
nelle segrete stanze di Governo o se si tratti di pura casualità. Fatto sta che,
nel sabato del silenzio, a rompere il ghiaccio - e a spazzare in sostanza ogni
dubbio a proposito dell’Accordo di programma sulla Ferriera, etichettandolo
valido e non rivedibile, così come sostenuto al venerdì dalla troika di
centrosinistra Regione, Provincia e Comune - finisce con l’essere il ministero
delle Infrastrutture e dei Trasporti di Maurizio Lupi, colonnello del Nuovo
centrodestra di Alfano: «Non c’è nessuna modifica da apportare né alcun Accordo
da riscrivere», filtra infatti nel tardo pomeriggio da fonti dello stesso
dicastero delle Infrastrutture e dei Trasporti. È proprio dal ministero di Lupi
insomma - l’unico non di marca Pd fra i tre coinvolti nel vertice tecnico di
giovedì a Roma, chiamato a esaminare i chiarimenti reclamati dall’Autorità
portuale sull’Accordo di programma - che arrivano a quanto pare i titoli di coda
di una commedia degli equivoci e degli imbarazzi lunga 48 ore. Cominciata
giovedì sera, nel momento in cui, a vertice romano concluso, la presidente
dell’Authority Marina Monassi aveva sconvocato il Comitato portuale programmato
per venerdì pomeriggio, alla vigilia del quale la troika diceva di attendersi la
presa d’atto della stessa Authority che nulla ostava alla sua firma
sull’Accordo. Con la scena madre nella serata di ieri, dopo che era iniziata a
circolare una lettera scritta proprio dal capo di gabinetto del ministero di
Lupi, Giacomo Aiello. Una sorta di verbale del vertice tecnico di giovedì che -
oltre a respingere tutte le altre obiezioni, a cominciare dalla titolarità
dell’Autorità portuale su quantificazione e riscossione dei canoni demaniali pur
in presenza di un commissariamento dell’area - sembrava lasciar aperta la
partita di un’eventuale riscrittura, ancorché minima, dell’Accordo del 30
gennaio sul punto del cosiddetto principio delle responsabilità
dell’inquinamento pregresso. «Con riguardo - recitava la nota - al contenuto
delle premesse dell’Accordo nella parte in cui viene evidenziata l'impossibilità
a “risalire all’imputazione soggettiva dei singoli atti e attività che nel tempo
hanno concorso alla realizzazione dell’area demaniale in concessione alla
Servola Spa con riporti e materiali inquinanti”, si reputa che la formulazione
possa utilmente essere rettificata, in adesione al vigente quadro normativo di
riferimento, con la diversa dizione “rimane impregiudicata l’imputazione
soggettiva...”». Un passaggio che aveva portato la governatrice Debora
Serracchiani ad augurarsi sibillina: «Non vorrei mai dover scoprire che sulla
pelle di Trieste nel ministero delle Infrastrutture si giocano partite ambigue
su più tavoli». Ieri, in una giornata di silenzio quasi surreale nonostante i
solleciti del Piccolo inoltrati a Roma, è stato lo stesso Lupi, il capo del
dicastero di riferimento di Monassi, responsabile di quel verbale e per questo
chiamato in causa da Serracchiani, a voler chiarire, pur non in prima persona
bensì per fonti ministeriali. Ebbene. Per tali fonti «non c’è nulla da
correggere», perché quel verbale è una «nota interpretativa», tale da «non poter
produrre emendamenti», tutt’al più «una nota a verbale». L’Accordo firmato il 30
gennaio, in definitiva, «resta valido». Un tanto - così si è saputo dalle stesse
fonti ministeriali - per raddrizzare la barra del dibattito dopo che nella
serata di venerdì lo staff di Lupi, di ritorno da una trasferta a Bologna, era
venuto a sapere che a Trieste circolavano voci secondo cui fosse intenzione
proprio di Lupi mettere mano al patto della settimana prima. Caso chiuso dunque.
Anzi: «nessun caso». A questo punto, a meno di colpi di scena, sempre possibili,
per carità, per la firma di Monassi sull’Accordo dovremmo essere in dirittura.
La postilla di garanzia, in fondo, dal punto di vista della Torre del Loyd,
comunque c’è stata: «L’Accordo - lamentava lunedì l’Authority in un comunicato
prima del vertice di giovedì e della nota conseguente - di fatto toglie la
responsabilità alla Servola Spa per presunta impossibilità di risalire con
certezza al responsabile, mentre la successione nel titolo concessorio assentito
senza soluzione di continuità fino dal 1962 (epoca Italsider, ndr) individua con
certezza il soggetto obbligato alla rimessa in pristino delle aree demaniali
marittime». Sta così per concludersi la partita tra i soggetti pubblici, dato
che l’Accordo di programma lo firmano le amministrazioni pubbliche (più
Invitalia, che è una Spa dello Stato). Quella tra pubblico e privato è un’altra
storia.
Piero Rauber
IL DEPUTATO Rosato: condotta dell’Authority lontana
dalla città e i suoi problemi
«Se c’era una questione di merito che potesse avere una reale rilevanza per
l’Autorità portuale, la stessa Autorità portuale avrebbe potuto farla presente
al suo ministero controllante, quello delle Infrastrutture, che l’Accordo di
programma invece l’ha firmato, o in alternativa avrebbe potuto chiedere di far
mettere su quel documento una nota a verbale esplicativa. E invece Monassi, con
il suo atteggiamento, si è resa protagonista dell’ennesima dimostrazione di
chiusura politica e lontananza dai problemi della città». Torna all’attacco, nel
giorno in cui Lupi consiglia sostanzialmente alla signora del Porto di andare
avanti con la firma sull’Accordo di programma, Ettore Rosato. «Non ci sono
giustificazioni per la condotta della presidente dell’Authority», insiste il
deputato del Pd. La puntualizzazione messa nero su bianco dal capo di gabinetto
del ministro Lupi, benché non degna di una riscrittura del patto romano del 30
gennaio secondo la lettura data dal suo stesso ministero, assume invece
tutt’altra dignità per Giorgio Cecco, il coordinatore regionale di FareAmbiente,
l’associazione ambientalista vicina alla galassia di centrodestra: «La presa di
posizione dell'Autorità portuale prima e dei ministeri ora - recita la nota
diffusa da Cecco - evidenzia la necessità di chiarimenti, ma soprattutto che va
bene accelerare vista l'insostenibile situazione per i lavoratori e i residenti,
però verso la giusta direzione e nel rispetto di tutte le realtà interessate.
Una di queste il Porto e le attività portuali che sono e devono essere sempre
più un importante volano per lo sviluppo di Trieste e dell’intera regione,
proprio per le loro caratteristiche di sostenibilità ambientale, al contrario di
altre attività (ogni riferimento alla Ferriera e al suo possibile rilancio non è
casuale, ndr). Tutto ciò evidenzia che non abbiamo sbagliato a richiedere
cautela e vigilanza».
(pi.ra.)
Pdl-Fi boccia il Piano regolatore - CIRCOSCRIZIONI
«Sembra uno strumento per una città a vocazione agricola»
« È la prima volta che il Prg di Trieste parla di una città in contrazione
invece che in sviluppo, limitandosi a certificare che la popolazione di Trieste
scenderà a 196 mila - cifra ritenuta non preoccupante ma per noi sì - senza in
alcun modo prevedere uno sviluppo industriale o infrastrutturale o del terziario
in genere e senza nemmeno accennare alla vocazione turistica della città». Lo
affermano i consiglieri circoscrizionali dei gruppi Forza Italia/Pdl Roberto
Dubs, Alberto Polacco, Gianluigi Pesarino Bonazza, Silvio Pahor e Franco Brussi.
«Entrando nel dettaglio - sottolineano - osserviamo che più che uno strumento
urbanistico per Trieste sembra si tratti del Prg di una città a vocazione
agricola come Udine: emerge una volontà di trasformare la città in un giardino
pubblico pagato dai privati, con più della metà del territorio dedicato
all'agricoltura senza pensare minimamente allo sviluppo delle peculiarità
turistiche di Trieste. Abbiamo presentato un documento molto tecnico e
dettagliato con precise domande ed osservazioni alle quali auspichiamo arrivino
precise e tempestive risposte». «Nonostante la logica necessità di riforme per
eliminare l’inefficienza e la pesantezza burocratica con cui ci si scontra
quotidianamente - affermano - questo Piano sembra andare nella direzione opposta
alla semplificazione: riscontriamo infatti che gli articoli delle norme tecniche
passano da 19 (var66) a ben 123 ! Questo crea confusione interpretativa e
allungamento dei tempi di approvazione delle pratiche che allontanerà gli
investitori da Trieste che non vorranno confrontarsi con un Piano antieconomico
e di difficile interpretazione».
A Palazzo sì bipartisan alle piste ciclabili
La “Rete Mobilità Nuova” chiede una legge ad hoc ai consiglieri di
maggioranza e opposizione
TRIESTE Una norma regionale per aumentare la zone ciclabili in Friuli
Venezia Giulia e incentivare, attraverso il sostegno pubblico, l’acquisto di
biciclette elettrice. Le richieste di “Rete Mobilità Nuova Fvg”, dopo l’ordine
del giorno sottoscritto in Consiglio nel dicembre scorso, potrebbero presto
diventare legge. Una rappresentanza di consiglieri di maggioranza e opposizione
hanno incontrato l’associazione da cui, nei mesi scorsi, era partita una
sottoscrizione online alla quale avevano aderito 1.700 cittadini. L’iniziativa,
riconosciuta dalla Commissione europea, promuove nel territorio l’utilizzo di
sistemi di trasporto in grado non solo di ridurre l’inquinamento ambientale, ma
anche di garantire il diritto alla mobilità, maggior sicurezza e qualità degli
spazi pubblici e urbani. Con l’intento di arginare il più possibile gli
incidenti stradali e determinante patologie, dall’asma all’obesità.
Incoraggiare, insomma, il trasporto non motorizzato. La Rete sollecita la
Regione a rifinanziare la creazione di percorsi casa-scuola favorendo, in
particolare, i “pedibus-bicibus” con incentivi per i Comuni. «Riprendendo i temi
già discussi nel recente incontro tra le associazioni e l'assessore Maria Grazia
Santoro del 13 gennaio 2014 – si chiarisce in un comunicato – è stata proposta
l'adozione da parte della Regione di Linee guida indirizzate ai Comuni. In vista
della prossima gara regionale per il Trasporto Pubblico Locale, è stato
richiesto il coinvolgimento nella fase di stesura del bando e nelle fasi di
verifica post-gara». La Rete fa pressing soprattutto per l’introduzione di una
nuova legge regionale sulla mobilità ciclabile che, rispetto ai provvedimenti
attuali, «assegni alla Regione un ruolo più forte di pianificazione e
promozione, in favore sia degli spostamenti quotidiani che di una rete di
ciclovie di interesse turistico, ben segnalate, sfruttando anche aree poco
trafficate, e che comprenda la rete ciclabile ReCIR FVG, realizzata negli anni
2005 - 2006, al momento completata solo parzialmente. In questo momento di crisi
economica e sociale - si precisa - è possibile ottenere grandi miglioramenti a
basso costo, dando la priorità alle esigenze di quel 98% di cittadini che si
muove ogni giorno per lavoro o studio. Interventi modesti possono ridurre la
quantità e la gravità dei traumi e la mortalità, ma anche le malattie
respiratorie e cardiache».
(g.s.)
IL PICCOLO -
SABATO, 8 febbraio 2014
«Ferriera, Lupi ha firmato - A Roma niente ambiguità»
L’altolà di Serracchiani: credo che il ministro sia consapevole di quanto
pesi per la città l’impegno assunto. Partita aperta sulla nota arrivata dal
dicastero
La paura covata da Marina Monassi come presidente del Porto di vedersi
soffiare dalla governatrice Debora Serracchiani, in quanto “commissario” di
Servola, il potere di quantificare e riscuotere per quell’area i canoni
demaniali? Immotivata. La montagna di rifiuti da smaltire in vista dei lavori
per la Piattaforma logistica? Fuori tema. Gli oneri delle bonifiche a mare?
Ancora fuori tema. E il principio generale delle responsabilità
dell’inquinamento pregresso, allora? Beh, quello - così scrive Giacomo Aiello,
il capo di gabinetto del ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Maurizio
Lupi, a chiusura del vertice tecnico di giovedì scorso a Roma caldeggiato
proprio da Monassi - si può spiegare meglio. A forza di sparare nel mucchio, la
richiesta di garanzie reclamata dall’Authority - a proposito dell’Accordo di
programma firmato il 30 gennaio a Roma da cinque ministeri, dalla Spa dello
Stato Invitalia, da Regione, Provincia e Comune ma non dalla stessa Authority -
intercetta un piattello. Un colpo inutile, sostengono l’assessore regionale
Francesco Peroni e il sindaco Roberto Cosolini, secondo i quali l’Accordo di
programma rimane intoccabile o meglio valido a tutti gli effetti, passibile al
massimo di una nota a margine formale e non emendabile, dato che insiste non sul
deliberato bensì sulle premesse, e dunque la sostanza che contiene non cambia.
Un colpo grosso, tale da imporre un cambiamento dell’Accordo, riuscito
all’Autorità portuale alla faccia della troika Regione, Provincia e Comune,
ribatte invece Paolo Rovis - da referente triestino del Nuovo centrodestra, cioè
il partito del ministro Lupi - l’unico del fronte pro-Monassi ad averci messo la
faccia nel pomeriggio di ieri. Letture di parte a parte, ecco cosa dice la nota
dell’alto dirigente del ministero delle Infrastrutture (quello di riferimento
dell’Authority), che sintetizza i contenuti del vertice dell’altro ieri in
risposta «alla richiesta di chiarimenti avanzata» dall’Authority stessa dopo il
Comitato portuale di lunedì, e li inoltra agli uffici di gabinetto dei ministeri
dell’Ambiente e dello Sviluppo economico nonché della Regione, alla Direzione
generale del Demanio marittimo, all’Ufficio di presidenza dell’Autorità portuale
e alla Capitaneria di Porto, ovvero gli organismi rappresentati a tale riunione.
Il primo punto, sulle «interrelazioni tra la procedura di alienazione del sito
di proprietà e quella di concessione demaniale», è lapidario: «Si ritiene che,
secondo gli orientamenti unanimemente espressi in in sede di riunione, si tratti
di nuova concessione demaniale e non già di subingresso, e che il rilascio della
medesima da parte del commissario, quale atto conseguente alla procedura di
alienazione ad evidenza pubblica, debba necessariamente riferirsi alla
disciplina della legge 84/94, ciò comportando, da parte dell’Autorità portuale,
l’esercizio delle attività di quantificazione e riscossione dei canoni». Aveva
ragione la troika. Ma è il secondo punto che riapre la partita: «Con riguardo al
contenuto delle premesse dell’Accordo nella parte in cui viene evidenziata
l’impossibilità a “risalire all’imputazione soggettiva dei singoli atti e
attività che nel tempo hanno concorso alla realizzazione dell’area demaniale in
concessione alla Servola Spa con riporti e materiali inquinanti”, si reputa che
la formulazione possa utilmente essere rettificata, in adesione al vigente
quadro normativo di riferimento, con la diversa dizione “rimane impregiudicata
l’imputazione soggettiva dei singoli atti”» e via dicendo in fotocopia. Una
sorta di postilla di garanzia per la Torre del Loyd, che non le preclude un
eventuale diritto di rivalsa sul privato né l’obbliga, al caso, a certe
bonifiche. La lettera del Ministero - osservavano in Regione nel pomeriggio di
ieri - «sgombra il campo da qualsiasi obiezione, dubbio interpretativo o
perplessità»: «è stato acclarato che spetterà all’Autorità portuale la
quantificazione e la riscossione dei canoni. È stato altresì riconosciuto che
l’argomento del cumulo 1, come già sottolineato dalla Regione, esula
dall’Accordo». Quanto al passaggio interpretabile «è stato ritenuto sufficiente
un intervento formale a specificazione delle premesse, con cui rinviare peraltro
al quadro normativo di riferimento». «Ora - valuta Peroni - se mai ve ne fossero
state vengono del tutto meno le ragioni per le quali l’Authority possa
persistere nel rinviare la propria adesione. Il testo c’è, le firme di tutti gli
altri soggetti pure: aspettiamo al più presto quella della presidente Monassi».
In serata, però, è piombata una dichiarazione di Serracchiani che lascia intuire
come, nella stessa Regione di prima, non tiri pura aria di pura serenità: «Lupi
ha firmato l’Accordo perché evidentemente era convinto che fosse un documento
positivo nella sostanza e redatto con criterio nella forma. Credo sia
consapevole del peso che ha l’impegno di un ministro e delle conseguenze dei
suoi atti per un’intera città. Non vorrei mai dover scoprire che sulla pelle di
Trieste nel ministero delle Infrastrutture si giocano partite ambigue su più
tavoli». La seduta di ieri di Assoporti, chiamata alla riforma dei distretti
portuali, aveva portato già da giovedì Monassi a Roma, dove ha incontrato
proprio Lupi. Ma giovedì, racconta la stampa di settore on-line sulla portualità
internazionale, anche Serracchiani era a Roma. E pure lei ha incontrato Lupi.
Piero Rauber
Russo: «È l’ora di commissariare Monassi»
Cosolini furioso: «Basta giocare sulla pelle dei lavoratori e di Trieste
senza mostrare la faccia»
Altro che Accordo da riscrivere. Monassi riconvochi il Comitato portuale
sconvocato l’altra sera, e che si sarebbe dovuto tenere ieri, e si vada alla
firma dell’Authority. E finiamola qui. Roberto Cosolini è una furia. Mentre in
serata, complice anche la trasmissione politica di Telequattro alla presenza di
Paolo Rovis, i contenuti della lettera del Ministero infondono dubbi, il sindaco
mostra sicurezza. «Per intanto - attacca Cosolini - è stata clamorosamente
smentita l’affermazione che l’Accordo, così come è stato scritto, possa produrre
conseguenze negative per il bilancio dell’ente. Non c’è problema né su canoni né
su cumuli, come invece l’Authority aveva sostenuto sia in un comunicato che in
occasione del Comitato portuale di lunedì». «Le pretese ora di modifica
dell’Accordo - aggiunge il sindaco - sono senza senso. Il capo di gabinetto dice
semplicemente che si potrebbe precisare un passaggio facendo peraltro
riferimento alla norma. Lo si faccia, purché questo non diventi un tentativo di
rimodificare l’Accordo originario. Sarebbe assolutamente inaccettabile,
bollabile come un tentativo di fare inutili meline, visto che già oggi si
sarebbe potuto fare il Comitato portuale che la presidente ha ritenuto di dover
rinviare. Non si può giocare sulla pelle dei lavoratori e della città con
manovre sottobanco senza mostrare la faccia nelle occasioni date dai tavoli
istituzionali ufficiali». «Errare è umano, perseverare rischia invece di essere
notoriamente diabolico», scriveva invece in giornata il senatore del Pd
Francesco Russo, secondo il quale il rinvio del Comitato portuale «è l’ennesima
dimostrazione della deriva autoreferenziale di un’Autorithy che, invece di
lavorare in sinergia con le altre istituzioni locali, si arrocca sulle proprie
posizioni accampando di volta in volta nuove scuse solo per difendere posizioni
sempre più incomprensibili. Di fronte a questa ulteriore deriva credo sia giunto
il momento di chiedere, tutti insieme, un cambio di passo forte, deciso e
immediato: non c’è più un minuto da perdere. Perché in gioco ci sono centinaia
di posti di lavoro e il futuro della nostra città». «L’unica soluzione che credo
sia percorribile - affonda Russo - è quella di chiedere al ministro Lupi un
intervento preciso. Chieda alla Monassi di firmare quanto prima o valuti
l'opportunità di sollevare la presidente dal proprio incarico e di commissariare
l’Autorità portuale. Abbiamo bisogno di energie nuove, di una classe politica e
manageriale che abbia il coraggio di assumersi le proprie responsabilità e che
abbia la voglia di lavorare duramente giorno per giorno con l’obiettivo concreto
di portare a casa risultati per la collettività. Per questo serve una svolta
immediata e decisa. E spero che, almeno stavolta, almeno in questa battaglia, il
Movimento 5 stelle abbia la capacità, il coraggio e la voglia di prendere una
posizione netta e in discontinuità con chi, negli ultimi vent’anni, ha
sistematicamente lavorato per bloccare lo sviluppo della nostra città».
(pi.ra.)
Rovis (Ncd): «Ora chi attaccava l’Ap ringrazi e chieda
scusa»
«Aveva ragione Marina Monassi, avevamo ragione noi. Tanto di cappello al
ministro Lupi e al suo staff: aver corretto un atto così importante a seguito
delle puntuali osservazioni dell’Ap è gesto da persona attenta e perbene che gli
fa onore». Lo afferma Paolo Rovis, referente provinciale del Nuovo Centrodestra
e capogruppo Pdl in Consiglio comunale. «È stato evitato un ingentissimo danno
al nostro Porto e a Trieste - prosegue Rovis -. Chi lanciava strali contro
l’Autorità portuale, arrivando perfino a chiedere le dimissioni della
presidente, dimostri ora un minimo di onestà intellettuale: ringrazi e chieda
scusa. All’Authority - conclude - e ai triestini». Di tutt’altro tenore le
parole, dal versante del centrosinistra, dei consiglieri comunali Roberto
Decarli (Trieste cambia) e Patrick Karlsen (Cittadini): «L’Autorità portuale o
per meglio dire lo Strapotere portuale di Trieste non è assolutamente in
sintonia con le aspettative e le aspirazioni della collettività e dei
lavoratori, e con lo sviluppo della città. Se solo uno degli enti che governano
un territorio, che per sua naturale missione dovrebbe contribuire al
raggiungimento degli obiettivi nell’interesse generale di una comunità, per vari
motivi non volesse adempiere a questo fine, altro non dovrebbe fare che
dimettersi». Altrimenti, aggiungono, «gli altri enti per responsabilità
dovrebbero facilitare la sua uscita di scena».
«Eppure l’Authority stavolta ha ragione Ma non siamo
alleati»
Prodani (M5S) spiega la posizione dei grillini: «Documento firmato troppo
in fretta, alcuni punti non sono chiari»
«Non è colpa nostra se i nostri dubbi sull’Accordo di programma per la
Ferriera sono gli stessi dell’Autorità portuale». Aris Prodani, deputato
triestino del Movimento 5 Stelle, scaccia i cattivi pensieri degli altri. «Noi
siamo coerenti. Non abbiamo sposato la causa di Marina Monassi, ma in questo
caso siamo in perfetta sintonia». Cosa c’è che non va in questo Accordo di
programma? Dall’agosto in poi, il decreto Destinazione Italia sulla gestione
delle aree di crisi complesse ha fornito almeno tre versioni diverse sul
discorso del commissario. Non c’è chiarezza. Nell’ultima versione il
commissario, individuato nel presidente della Regione (Debora Serracchiani,
ndr), avrebbe in gestione le aree demaniali dell’Autorità portuale. E da qui è
sorto il primo dubbio... E quale? Il problema non è una valutazione negativa
dell’Accordo di programma in sé. Noi vogliamo evitare problemi in futuro nella
gestione delle concessioni e nella riscossione dei canoni. Quindi, dal punto di
vista vostro, ha fatto bene l’Autorità portuale a non firmare l’accordo di
programma... Sì. Ha fatto bene a chiedere ulteriori approfondimenti e
chiarimenti. È un pasticcio... In che senso? Faccio un esempio. Sabato scorso ci
siamo trovati in Commissione alla Camera a discutere gli emendamenti relativi al
decreto Destinazione Italia. Nell’Accordo di programma si richiamano due
articoli del decreto che, paradossalmente, potrebbe decadere o essere emendato.
È un assurdo. Ma come si spiega? Con la fretta. C’è stata un’improvvisa
accelerazione per arrivare alla firma. E questo è il risultato. Ha ragione
Monassi? Le questioni che ha posto l’Authority su canoni e concessioni sono le
stesse che abbiamo riscontrato noi leggendo i documenti. C’erano dei punti di
domanda da chiarire prima di firmare il documento. Un Accordo programmato
male... È stato firmato da 5 ministeri e da diversi enti locali. Essendo una
cosa abbastanza complessa, può succedere che alcuni punti siano sfuggiti o siano
stati trattati in modo superficiale. Per questo è meglio chiarirli prima di
andare avanti. È da anni che si aspetta un documento di questo tipo per la
Ferriera... La mancata firma del Porto di Trieste non rischia di far saltare
tutto... Teoricamente l’Accordo di programma dovrebbe essere valido lo stesso.
Ma le eccezioni sollevate dal Comitato portuale - con l’ulteriore posticipo,
mentre anche a livello ministeriale si è ritornati su alcuni punti - sono
fondate. Il Porto non risponde solo al ministero che ha messo la firma
sull’Accordo, ma anche alla Corte dei conti. Quindi? Io, fossi stato in loro, mi
sarei preso dieci giorni in più, vista la delicatezza del documento. In modo da
avere tutti gli enti uniti. L’obiettivo è il salvataggio della Ferriera...
L’Accordo di programma non è la quadratura del cerchio. Noi abbiamo denunciato
per tempo che c’erano dei grandissimi punti di domanda. E qui punti ci sono
ancora. Quali esattamente? Non si sa chi verrà e se chi verrà si assumerà gli
oneri previsti per le bonifiche. Servono 115 milioni. E la copertura non c’è.
Esiste però l’interesse industriale di Arvedi? Arvedi ha detto fin da subito che
non è disposto a spendere soldi per il risanamento ambientale. L’Accordo di
programma invece prevede degli oneri pesanti per il futuro concessionario. Il
silenzio attuale di Arvedi, del resto, non può che preoccupare. Aspetterà il
bando di gara. Non ci sarà la fila credo... Non credo proprio. Per il resto è
valido un principio... Quale? Quello che chi inquina paga. Lo dice anche la
Comunità europea. Ma non c’è nulla di buono in questo Accordo di programma? È
stato fatto un passo avanti. Tutti, tranne l’Authority, si sono ritrovati
attorno a un documento. Ma la pratica non si è chiusa, anzi. E chi vede
un’ambiguità politica del Movimento 5 Stelle come lunga mano politica del
residuale potere camberiano o come fiancheggiatori di Trieste Libera... No, sono
cavolate. Ma in Comitato portuale lunedì scorso era assieme a Paolo G. Parovel,
direttore della Voce di Trieste... Avevo a destra Parovel e a sinistra il
giornalista del Primorski. Ma solo per combinazione. Non c’erano altre sedie
libere. Tutte illazioni, insomma? Non è vero che noi sosteniamo Monassi. In
questo caso abbiamo guardato i documenti e siamo entrati, come facciamo sempre,
nel merito delle cose. Tutto qua. Se poi arriviamo alle stesse conclusioni
dell’Autorità portuale non è colpa nostra. Il problema reale sono le criticità
presenti in questo Accordo di programma. Quelle sì rischiano di bloccare la
città. Altro che Camber e Monassi...
Fabio Dorigo
Patto del silenzio tra sindacati. Non la Failms
Riunione tra segreterie e Rsu. Si smarcano gli autonomi: «Giusto
apportare modifiche se necessario»
Finché non vedo non dico. In una fase storica in cui l’ansia consuma ancor
più di altre volte il loro stato d’animo e soprattutto quello degli operai, i
rappresentanti sindacali di categoria e fabbrica (con la sola eccezione degli
autonomi della Failms, che si schierano, se non proprio con l’Autorità portuale,
quantomeno con la necessità, da essa predicata, di piantare paletti di sicurezza
attorno all’Accordo di programma) optano per la linea del silenzio. «Parleremo
quando sarà stata messa la parola fine, quando il Comitato portuale si sarà
espresso», taglia corto uno di questi rappresentanti. Spettatori insomma, non
attori: quella parte, il grosso dei sindacati, la lascia alla politica e ai suoi
interpreti. Morale: non solo nessuna parola in libertà, neanche un comunicato
congiunto letto, riletto e misurato. Niente. Il patto del silenzio temporaneo
l’hanno stretto ieri pomeriggio le segreterie dei metalmeccanici (meno la
Failms, appunto) e le Rsu. L’appuntamento era stato preso e concordato anche per
decidere un’eventuale strategia comunicativa, e anche alla luce della scelta
adottata dalla stessa Failms (la sigla di cui fa parte Luigi Pastore, una delle
Rsu storiche, che oltre un anno fa ha reso pubblico il fatto d’essersi ammalato
di tumore) di rompere il ghiaccio con un comunicato stampa diffuso in mattinata
a firma della segreteria provinciale. «Se l’Accordo di programma si sta
rivelando debole e incompleto - si legge nella nota della Failms - è giusto
ascoltare le osservazioni, senza fughe in avanti, che permettano un ragionamento
serio, apportando, se necessario, modifiche al testo originario, dimostrando
così al Governo centrale unità d’intenti. I lavoratori non perdonerebbero
nessuno, proprio nel momento in cui vengono richiesti grandi sacrifici con gli
ammortizzatori sociali, al vedersi preclusa ogni speranza di continuità
occupazionale, solo per diatribe politiche. Un invito pertanto a tutti gli
attori istituzionali coinvolti a uscire con senso di responsabilità da posizioni
estreme, dando risposte concrete per proseguire nell’iter per la vendita, chiude
la Failms, proponendo «alle presidenti di Regione e Autorità portuale una visita
guidata in fabbrica».
(pi.ra.)
«Bene i nuovi moli sulla costa purché rimangano
pubblici» - PD sul Piano regolatore
«Dal dibattito sul Piano regolatore che si è svolto nella sesta commissione
(Urbanistica) è emerso che a qualcuno forse non va giù che il Comune voglia
mantenere una forte regia pubblica sugli interventi previsti sulla linea di
costa, come terrazze a mare, moli e pontili, forse perché ne preferirebbe una
spartizione tra operatori privati con accesso limitato a chi se lo può
permettere». Pietro Faraguna, consigliere comunale Pd, criticando questa
posizione, loda invece le linee di indirizzo date dal Prg che attualmente è
all’esame delle circoscrizioni, ma che viene “studiato” appunto anche
nell’ambito della commissione Urbanistica: «Giunge dalla maggioranza - scrive -
un deciso sostegno agli indirizzi adottati dalla Giunta per la costa: bene a
interventi che estendano la fruizione e che possono essere pienamente
apprezzabili anche in chiave di attrattività turistica, purché mantengano
inalterato l’accesso e la fruizione pubblica e libera della gran parte della
costa da Barcola a Miramare, caratteristica irrinunciabile della città».
Interviene sul Prg anche il presidente della sesta commissione, Mario Ravalico,
che aggiunge: «Ciò che traspare dall’esame approfondito degli elaborati del
Piano sul sistema ambientale e del paesaggio, il sistema complesso della
produzione, delle attività marittime, del grande commercio, della ricerca e del
turismo è il fatto decisamente innovativo e in controtendenza che riguarda la
riduzione dell’uso di suolo e l’attenzione dedicata alla riqualificazione
dell’edificato e alla tutela dell’ambiente, con un riguardo particolare -
aggiunge Ravalico - alla sicurezza del territorio nei confronti delle situazioni
di potenziale dissesto idrogeologico».
CONSIGLIO M5S: «Chiarezza sui rifiuti del Carso»
È ripartito il tavolo tecnico regionale che affronta le
tematiche legate ai rifiuti abbandonati nelle cavità del Friuli Venezia Giulia.
Ma non si conoscono data di convocazione e modalità. Lo sostiene in
un’interrogazione la consigliera regionale del M5S Ilaria Dal Zovo, che chiede
chiarimenti su quanto abbandonato nelle cavità del Carso.
Ret: «Bene Cunja sulla Costa dei Barbari» - DUINO
AURISINA
DUINO AURISINA «Ha ragione Cunja a voler buttar giù la “baraccopoli” della
Costa dei barbari». L'inedita sponda all'amministrazione di centrosinistra
arriva stavolta dall'opposizione e precisamente dall'ex sindaco Giorgio Ret: «È
chiaro che si cambia opinione quando si deve amministrare un territorio seguendo
leggi e regole e dunque non si può proseguire sulla scia di interessi personali.
Giustamente l'assessore Cunja deve imporre lo sgombero di quelle strutture e la
pulizia di quel tratto del litorale – prosegue Ret -: da alcuni anni infatti la
Costa dei barbari è di proprietà del Comune, che ne regola l'impiego
civilisticamente ed urbanisticamente. Per questo motivo, come ex giunta che ha
portato avanti il progetto, abbiamo a suo tempo interessato il Ministero
dell'Ambiente per la valorizzazione e tutela integrale di quel sito. Che con il
finanziamento ricevuto sul progetto presentato si riappropria della sua funzione
di area naturale protetta». Unica eccezione a una zona altrimenti del tutto
incontaminata, la futura presenza di “servizi igienici, onde evitare che le
esigenze fisiologiche umane determino il ripetersi delle latrine a cielo
aperto”. «Vedere per credere», aggiunge l'ex sindaco, che ha condotto lì dei
sopralluoghi con le autorità competenti. «Nessuna discriminazione verso i
naturisti – conclude - o altre recondite strategie: il passato è passato, ora il
Comune deve passare alla legalità. Va espressa gratitudine alla Liburnia per i
suoi sempre limpidi e chiari comportamenti, che io spero continuino anche con le
nuove regole. Ma resta auspicabile, e io sarò presente e vi parteciperò, un
volontario bel gesto, significativo per restituire ai cittadini di Duino
Aurisina e a tutti uno dei più bei tratti naturalistici integrali (oggi quasi)
d'Europa».
(ti.ca.)
IL PICCOLO -
VENERDI', 7 febbraio 2014
«Stiamo già liberando l’area dai rifiuti - Ma in una
porzione»
La Lucchini: la richiesta dell’Autorità portuale riguardava solo la zona
del primo lotto della piattaforma logistica
L’Autorità portuale sostiene che per poter permettere i lavori del primo
stralcio della piattaforma logistica «è necessario rendere disponibile l’intera
area» destinata a essere cantiere della piattaforma stessa, con la rimozione «di
ulteriori 114mila metri cubi» della montagna di rifiuti oltre ai settemila il
cui asporto è già stato avviato dalla Servola spa lo scorso dicembre? La società
detenuta al 100% da Lucchini, che gestisce la Ferriera e che quelle aree ha in
concessione, alle osservazioni diramate dalla Torre del Lloyd risponde con una
nota a «correttezza d’informazione». E lo fa per chiarire di avere ricevuto in
effetti da Marina Monassi la richiesta di liberare la zona dai rifiuti: ma di
liberarne una parte, quella appunto funzionale al primo stralcio dell’opera.
«L’Autorità portuale a marzo 2013 e poi in settembre 2013 - afferma la società -
ha richiesto alla Servola spa di liberare entro il 31 dicembre 2013 tale piccola
zona del sito in concessione, perché necessaria per allestire l’area di cantiere
del progetto della piattaforma logistica (primo stralcio)». «In particolare -
prosegue la nota - si tratta di un’area di circa 7mila metri quadri, di cui
circa 2.400 interessati da materiali in essa presenti, per un totale stimato di
13mila tonnellate». Come dire: a Lucchini è stato chiesto di intervenire in
funzione del primo stralcio del progetto. Del secondo - quello che invece
l’Authority cita asserendo che la montagna di scorie «è a cavallo tra i due
interventi» - non si era parlato. Tant’è che Servola spa parla di «circa 7mila
metri quadri» che è stata richiesta di liberare, laddove l’Authority parla di
«circa 18mila metri quadrati» da rendere disponibili. Ancora, Servola spa
afferma di essersi già attivata «per spirito di collaborazione» ritenendo
comunque quella della rimozione «un’attività non dovuta». E infatti: «La Servola
spa - prosegue la nota - nel novembre del 2013 si è attivata per definire le
procedure di rimozione dei materiali, concordando con tutte le autorità
competenti (compresa l’Autorità portuale) un protocollo operativo di smaltimento
degli stessi, individuare le ditte idonee e appaltare i lavori per liberare
l’area suddetta. Un’azione avviata da Servola spa per spirito di collaborazione
e al fine di non intralciare in alcun modo l’avvio dei lavori del primo stralcio
della piattaforma logistica. Comunque un’attività non dovuta, in quanto questi
materiali, e più in generale tutti i cumuli, erano già presenti al momento del
subentro della società nella concessione demaniale». E insomma, i costi di
smaltimento non sarebbero a carico di Lucchini. Comunque, «previa comunicazione»
all’Authority «e agli altri enti competenti, la rimozione dei materiali, nel
rispetto della normativa vigente, è iniziata nella seconda metà di dicembre 2013
con i primi lotti opportunamente individuati e caratterizzati e a oggi lo stato
di avanzamento dei lavori - chiude Servola spa - è a circa il 30%».
«Subito i progetti di Molo VII e Campo Marzio»
Una lettera di Serracchiani intima all’Ap e a Rfi di avviare l’iter delle
opere: «Attendo sollecito riscontro»
E’ tempo di darsi da fare. Si può esprimere così, in sintesi, il tono della
lettera inviata dalla governatrice Debora Serracchiani ai seguenti
interlocutori: Monassi, Autorità portuale di Trieste; spettabile dott. Michele
Mario Elia, amministratore delegato Rfi; per conoscenza spettabile signor Pier
Luigi Maneschi; Mngt Gsi Logistic». Il tema è dell’attivazione della procedura
per attuazione norme sui porti contenute nel decreto legge “Destinazione
Italia”. Il dl prevede di utilizzare risorse derivanti da revoche di interventi
non avviati, per il miglioramento ed efficientamento delle infrastrutture
portuali. Scrive Serracchiani: «Facendo seguito anche ad intercorsi colloqui con
il Ministero dello Sviluppo economico in riferimento alla possibile
disponibilità dell’utilizzo di tale norma per il reperimento di risorse, si
ritiene doveroso sensibilizzare gli enti in indirizzo affinché formulino
proposte per la realizzazione di interventi, immediatamente cantierabili, che si
ritiene opportuno debbano essere “armonizzati ed integrati” in quanto
finalizzati al miglioramento della competitività delle strutture portuali e del
relativo efficientamento del trasferimento ferroviario e modale nell’ambito del
sistema portuale». Insomma, bisogna gli enti interessati devono coinvolgersi,
anche perché gli studi di fattibilità vanno presentato entro il 22 febbraio.
«Preliminarmente a ciò - aggiunge la presidente -, la proposta deve essere
presentata alla Regione e successivamente al Ministero per la sottoposizione al
Cipe». Il Ministero, a sua volta, deve effettuare la ricognizione delle risorse
disponibili, incluse quelle derivanti. I progetti passeranno poi ulteriori vagli
al Ministero e al Cipe a fine maggio e fine giugno. «In proposito - aggiunge -,
è in stato di avanzata elaborazione e discussione un progetto per l’ampliamento
del Molo VII, nonché un progetto per la realizzazione di una serie di interventi
nell’area di Campo Marzio. Entrambi i progetti sono noti al governo». La lettera
si conclude in tono perentorio: «Inoltre, rilevato il carattere d’urgenza di
tale disposizione, si ritiene opportuno attivare incontri tecnici con i soggetti
interessati per un efficace ed efficiente coordinamento per la definizione dei
progetti e degli impegni cui condizionare il finanziamento statale. In
considerazione dell’importanza e dell’urgenza di quanto sopraesposto, rimango in
attesa di un sollecito riscontro».
Mini-rigassificatore, Duino vuole essere della partita
I partiti presenti in Consiglio hanno chiesto un incontro con Vescovini (Sbe)
Pretendono che il progetto sia “condiviso” con il territorio confinante
DUINO AURISINA Della partita che si sta disputando in questi giorni a
Monfalcone, con terreno di gioco al Lisert, vale a dire a qualche centinaio di
metri appena dal Villaggio del Pescatore, il Comune di Duino Aurisina non vuole
essere un invisibile spettatore. Se il progetto del mini-rigassificatore
promosso dalla Sbe di Alessandro Vescovini, che tanto interesse ha suscitato in
Burgo group, al punto da farla rientrare tra i partner del consorzio di aziende
disposte a investire milioni di euro per la sua realizzazione, è destinato ad
avanzare l'amministrazione Kukanja vuole essere informata e resa partecipe
dell'iniziativa. Lo sostengono gli esponenti dei partiti di maggiore peso
(politico) in Consiglio, che all'indomani della presentazione del piano all'Europalace
hotel chiedono un incontro con Vescovini: è impensabile, infatti, che un
progetto di simile portata non sia condiviso col territorio confinante. Tanto
più per il fatto che «se il locale stabilimento di Burgo sarà investito in prima
persona dai benefici di un nuovo impianto - sottolinea Walter Ulcigrai,
capogruppo della Lista Kukanja – il Comune dovrà sapere come avverrà il
trasporto del gas all'interno dell'area di propria competenza: via mare?
Attraverso una condotta sotterranea? Coi camion?». Al momento non c'è, sia
chiaro, alcuna preclusione o preconcetto. La posizione dei partiti è “laica”,
anche per quanto riguarda il presidente della Seconda commissione consiliare
Maurizio Rozza. L'importante è che l'iter sia improntato all'insegna della
trasparenza e della condivisione. «Sicuramente – prosegue Ulcigrai – vi saranno
delle ricadute sul territorio e dunque a maggior ragione è importante che il
nostro Comune sia preso in considerazione, perché allo stato attuale, fatta
eccezione per le notizie riportate dalla stampa, di questo progetto noi
consiglieri non sappiamo nulla. Che venga qui Vescovini a illustrarcelo. Al
momento sappiamo che Burgo è interessata al mini-rigassificatore, ma vi sono
altre aziende locali coinvolte?». «La nostra posizione è laica – conclude -, ma
non vogliamo che finisca come il progetto dell'escavo, dal quale siamo stati
all'inizio esclusi e infatti si è visto come è andata a finire. Meglio
condividere prima le progettualità che ritrovarsi poi in situazioni
imbarazzanti». «La mia idea – commenta Rozza – è di andare a costituire dei
tavoli su quest'argomento, sperando di non urtare la sensibilità di alcuno. Ha
senso infatti incominciare un percorso di trasparenza sul mini-rigassificatore
monfalconese: è preferibile che tutti si convincano prima della bontà o meno del
progetto, piuttosto che in corso di realizzazione sollevare tardivi veti.
Anch'io, in merito, ho una posizione laica: non ho visto carte, dunque non posso
certo esprimermi. Ma dal momento che già da tempo Vescovini ha dato la propria
disponibilità, lo contatterò per promuovere un incontro entro il mese». In linea
anche il commento reso dal presidente della Terza commissione, Roberto Gotter:
«Come maggioranza e come Partito democratico, durante la campagna elettorale,
abbiamo molto dibattuto il tema per la necessità di sostenere nuove soluzioni
tecnologiche a bassissimo impatto. L'off-shore era tra quelle considerabili come
opzione. Sarebbe sensato condividere ad ampio raggio questo progetto che si
affaccia sull'Isontino e che naturalmente interessa anche il nostro territorio,
ma non solo – conclude Gotter -. Ritengo che a monte ci debba essere comunque un
piano nazionale per l'energia e una condivisione anche con Slovenia e Croazia su
temi così importanti».
Tiziana Carpinelli
TRAM DI OPICINA - Pd: giusto sulle Rive Pdl: i soliti
annunci
«Abbiamo sempre visto con favore l'idea del prolungamento del tragitto del
tram di Opicina. In qualche forma anche il nuovo piano regolatore generale lo
prevede nell’ambito di un nuovo sistema di trasporto pubblico su ferro. Siamo
ben consci che è importante, specie in questo periodo di crisi, verificare con
attenzione sia i costi che la fattibilità del progetto ma crediamo sia un passo
avanti nella ricerca di soluzioni nuove per un servizio di trasporto pubblico
locale – già oggi di alta qualità – sempre più efficiente», lo affermano Mario
Ravalico e Alessandro Carmi, consiglieri comunali Pd. «Comunque - aggiungono -
l’obiettivo di fare ripartire presto la consueta linea, sostenuto dal grande
affetto dei triestini, è prioritario e l'amministrazione sta lavorando,
giustamente, non solo per rimetterlo in corsa ma anche e soprattutto per
inserire questa linea nello sviluppo turistico della città in maniera molto più
forte, integrata e convinta di come era prima». «Condivido pienamente
l'approccio realistico del presidente di Trieste Trasporti in ordine agli
annunci roboanti dell'amministrazione circa la volontà di portare il tram di
Opicina sulle Rive - afferma Alberto Polacco, capogruppo Pdl Forza Italia della
IV Circoscrizione -. Siamo all'ennesimo episodio di una politica degli annunci
praticata da questa Amministrazione che, per coprire evidenti disservizi, tenta
di gettare una sorta di cortina fumogena sulle problematiche della città.
Piuttosto si spieghi con chiarezza il perchè di tanti ritardi sul ripristino
della linea tramviaria, sul perchè un ex assessore riteneva non più riattivabile
il tram fino ad arrivare a oggi con nuovi probabili ritardi sull'avvio dei
lavori».
MUGGIA - Esondazione, pulizia dei torrenti - Segnalati
ratti nel Pisciolon e arbusti alti lungo il corso del Fugnan
Il rio Ospo e i torrenti Farnei, Menariolo, Fugnan e Pisciolon. Sono questi
i cinque corsi d'acqua muggesani interessati dai lavori di manutenzione
ordinaria svolti dal Servizio difesa del suolo della Regione. Proprio
recentemente erano stati segnalati disagi legati alla presenza di ratti nel
torrente Pisciolon e arbusti alti lungo il corso del Fugnan. «Già all'inizio
della settimana ho richiesto che nell'elenco dei torrenti per i quali è prevista
la manutenzione ordinaria con pulizia delle ramaglie e l'abbattimento delle
eventuali piante e arbusti», racconta l'assessore ai Lavori Pubblici Marco
Finocchiaro. In particolare per i torrenti Fugnan e Pisciolon la manutenzione
era già stata richiesta quest'estate da Finocchiaro, all'epoca consigliere
comunale, in quanto gli stessi raccolgono le acque di un vasto bacino imbrifero
dei cosiddetti Monti di Muggia. Gli stessi presentano possibili problemi di
esondazione soprattutto nelle due zone di imbocco, essendo tombati fino alla
foce nel Vallone. Le zone d'imbocco a rischio sono poste rispettivamente presso
la stadio comunale in Località Piasò e l'incrocio tra via Forti e via D'Annunzio
in aree densamente popolate con la presenza di impianti sportivi, scuole ed
edifici pluripiano. «Alcuni anni fa il torrente Pisciolon esondò causando
l'allagamento di alcuni scantinati e riversando diversi metri cubi di detriti su
via d'Annunzio in prossimità della scuola ad insegnamento sloveno», ricorda
Finocchiaro. Il Servizio difesa del suolo della Regione in questo periodo sta
provvedendo dunque alla manutenzione di vari corsi d'acqua locali. «Ulteriori
interventi seguiranno in futuro in base alle disponibilità economiche ed alla
presenza degli operai della Regione nel periodo invernale quando gli stessi non
possono essere impiegati per i normali lavori in montagna», ha ricordato
l'assessore all'Ambiente Fabio Longo. Gli interventi vedono la pulizia dalle
ramaglie e l'eliminazione delle piante ed arbusti in alveo. Il progressivo
abbandono dell'attività agricola ed uso del suolo da parte dei privati infatti
hanno portato negli anni alla mancanza quasi assoluta di manutenzione ordinaria
dei corsi d'acqua. La situazione di degrado è più evidente lungo gli alvei di
quelli a regime torrentizio, dove la vegetazione cresce spontaneamente ed ogni
evento atmosferico importante trova materiale da trasportare a valle con il
conseguente interramento ed ostruzione delle sezioni idrauliche. «A seguito
dell'entrata in vigore della legge sono in via di perfezionamento i
trasferimenti della proprietà dei corsi d'acqua dall'Agenzia del Demanio dello
Stato alla Regione», aggiunge Longo.
Riccardo Tosques
Alberi tagliati, amministrazione professionale e
attenta
la lettera del giorno di Angela Sello - ex direttore del Servizio Verde
pubblico del Comune di Trieste
Da diversi giorni il Piccolo riporta manifestazioni di protesta di cittadini
e associazioni ambientaliste per l’abbattimento degli alberi avviato quest’anno
dall’amministrazione comunale. Quale direttore del Servizio Verde pubblico tra
il 1996 e il 2011 mi sia consentita una replica e un chiarimento alle
dichiarazioni rilasciate dalla presidente dell’associazione Tra fiori e piante
Mariangela Barbiero, la quale ritiene che gli abbattimenti in corso siano una
conseguenza di “una manutenzione deficitaria del verde pubblico nel corso degli
anni”. Le amministrazioni che si sono succedute dal 1996 in poi, tramite il
Servizio comunale del Verde pubblico, hanno continuativamente posto in atto
azioni di controllo e di messa in sicurezza degli impianti arborei pubblici
insistenti in ambito urbano lungo i viali e nei giardini, in centro città e nei
rioni periferici, con l’obbiettivo di garantire il mantenimento del patrimonio
arboreo esistente. Per prima cosa è stato eseguito il censimento, stimata la
vetustà e valutato il grado di stabilità di tutti gli alberi dei viali e dei
giardini. Tale verifica ha coinvolto 16.000 alberi. Di seguito e senza soluzione
di continuità, gli alberi sono stati monitorati e tenuti in osservazione per
porre in atto in tempo utile, dove necessario, interventi di cura e messa in
sicurezza. A tale riguardo annualmente veniva affidato l’incarico a tecnici
specialistici di provvedere alla verifica e all’aggiornamento dei dati di salute
e stabilità degli alberi. In base a tali indagini le piante irrimediabilmente
malate e a grave rischio schianto venivano abbattute e successivamente
sostituite, mentre per altre veniva avviato un programma di controllo e messa in
sicurezza finalizzato al loro mantenimento. È evidente, comunque, che questa
programmazione è stato stilata prendendo come riferimento situazioni climatiche
rientranti nella media del nostro territorio e non in situazioni eccezionali, di
cui proprio perché tali, non si possono prevedere. Colgo l’occasione per
ricordare che in tema di verde pubblico, il Comune di Trieste nel corso di
questi anni ha ricevuto numerosi riconoscimenti, in ambito nazionale, per le
politiche di sviluppo e gestione del verde urbano adottate; riconoscimenti e
attestazioni tali da far collocare Trieste tra le migliori in Italia per la
qualità ambientale. Per quanto attiene poi l’argomento potature, che secondo il
parere della presidente Barbieri sono eseguite “in modo assurdo e causano danni
biologici” agli alberi, nel concordare in linea di principio che gli interventi
di potatura in generale indeboliscono nel tempo la pianta, ci sono situazioni in
cui le alberature pubbliche devono essere potate, come ad esempio per non
danneggiare facciate degli stabili, garantire il libero transito ai mezzi
pubblici e la sicurezza degli alberi quando tra loro, causa lo svilupparsi delle
chiome, si creano interferenze che nel tempo provocano l’indebolimento stesso
dell’insieme arboreo e non ultimo, per mantenere in sicurezza nel tempo alcune
piante che dal monitoraggio effettuato si presentano poco stabili. Concludo
affermando che l’amministrazione comunale e il personale del Servizio Verde
Pubblico hanno sempre operato con professionalità, avendo come solo fine la
salvaguardia e il mantenimento del ricco patrimonio arboreo di cui la città in
questi anni s’è fortunatamente dotata e di cui tutti i cittadini, dal centro
alla periferia, possono facilmente rendersene conto.
IL PICCOLO -
GIOVEDI', 6 febbraio 2014
Tram, un progetto per portarlo sulle Rive - TRASPORTI »
IN FUTURO TRAGITTO ALLUNGATO
Una tratta da piazza Oberdan fino a Campo Marzio. Cosolini: «Un’idea di
medio-lungo termine». Ipotesi di fattibilità entro due anni
L’assessore Dapretto Porterebbe vantaggi dal punto di vista del trasporto
pubblico veloce ma anche dell’attrattività turistica cittadina
Trieste Trasporti - L’ipotesi è seducente ma è meglio non parlare fino a quando
non si dispone di un piano di costi e di un progetto per realizzare l’opera
Il tram potrebbe tornare ad attraversare il centro città e a percorrere le
Rive, più o meno come accadeva cent’anni fa, partendo dal punto d’arrivo delle
carrozze da Opicina in piazza Oberdan. È l’ipotesi che la giunta sta
accarezzando per dare una marcia in più al trasporto pubblico e al turismo
triestino. Il progetto, sottolineano con cautela gli interessati, è ancora nella
sua fase germinale. Soltanto una bozza concettuale, insomma, che impone una
cautela d’obbligo in tempi di spending review e analoghe morse sulla spesa
pubblica. «Un’idea di lungo respiro» Il sindaco Roberto Cosolini premette: «È un
progetto di lungo termine - dice -. Quando si varano strumenti di pianificazione
che immaginano la città dei prossimi anni, è giusto prevedere anche cose di
questo tipo. L'idea è affascinante oltre che sensata». I tempi sono quelli che
sono, dice: «Facciamo i conti con un periodo difficile dal punto di vista della
risorse - dice Cosolini -, quindi è bene ricordare che progetti di questo tipo
non sono di facile e immediata attuazione. Certo è che si inserirebbe nella
prospettiva di una città in cui è varato il nuovo piano del traffico ed è stata
avviata la scommessa dello sviluppo turistico». Nel frattempo, aggiunge, è
importante «rimettere in funzione il tram storico, impegno che sarà attuato da
qua a due o tre mesi». Le ipotesi in campo L’assessore ai Lavori pubblici Andrea
Dapretto spiega: «L’ipotesi allo studio è il prolungamento della linea del tram
di Opicina fino alle Rive». Secondo i primi studi il tram dovrebbe proseguire
lungo via Carducci, nell’area già riservata al passaggio di bus, per entrare poi
in via Imbriani, passare in via Gallina fino a piazza Goldoni per imboccare lì
la via Mazzini pedonalizzata. «Un’ipotesi secondaria potrebbe essere quella di
scendere invece lungo Corso Italia», aggiunge l’assessore. A quel punto il tram
arriverebbe fino alle Rive, scavalcando l’aiuola e proseguendo poi in direzione
Campo Marzio, per fermarsi poi in corrispondenza della Pescheria. «Un’opera del
genere - afferma Dapretto - ci porterebbe ad avere una linea tram che attraversa
da una parte all’altra il centro città, con tutto ciò che comporta in termini di
trasporto pubblico veloce e interesse turistico. Ovviamente il tram di Opicina
ha già una forte valenza turistica, ma è un po’ defilata rispetto al centro: in
questo modo il suo impatto sarebbe moltiplicato». I tempi È ancora presto per
parlare di tempistiche, dice l’assessore: «L’idea sarebbe di completare fra
quest’anno e il prossimo i livelli di progettazione necessari a capire la
fattibilità dell’opera e a valutare la spesa. Un piano di medio e lungo
periodo». Con tutta probabilità si tratterà di un’eredità per la prossima
amministrazione, Cosolini bis oppure no che sia: «Sarebbe irrealistico pensare
di realizzarla in un paio d’anni - commenta Dapretto -. È vero però che in
questi due anni possiamo portare a casa una conclusione progettuale e, magari,
un inizio di cantiere». Lo studio Camus L’idea è ispirata a un vecchio studio
dell’Università di Trieste coordinato dall’ingegner Roberto Camus, spiega
l’ingegnere comunale Giovanni Svara: «L’università aveva pensato di prolungare
il tram in città fino alla chiesa di Sant’Antonio, ma quel progetto era
incentrato soprattutto sui collegamenti con l’altipiano. La nostra idea è invece
quella di attraversare le bellezze della città». Trieste trasporti frena Il
ruolo dello scettico o, se vogliamo, del povero frenador spetta a Trieste
trasporti: «L’idea è suggestiva ma non è corretto esprimersi su un’ipotesi per
la quale ancora non si dispone né di un progetto né di prospettive su costi e
finanziamenti. Intanto rimettiamo in moto il tram di Opicina».
di Giovanni Tomasin
Due rotaie distinte per il percorso del centro e
Opicina
Se l’attuale ipotesi progettuale dovesse venir confermata, Trieste si
troverebbe in realtà ad avere due linee di tram. Pur partendo dalla stazione di
piazza Oberdan, infatti, il percorso che dovrebbe attraversare il centro sarebbe
una linea staccata rispetto al tram storico di Opicina. L’ingegner Giovanni
Svara spiega perché: «In questo modo si eviterebbero le interferenze fra il
delicato traffico delle vetture sulla linea storica e quello del centro - dice
-. Ciò significa anche che la nuova linea non sarebbe soggetta agli stretti
vincoli imposti a un bene culturale: si potrebbe pensare quindi a metodi diversi
di propulsione. Inoltre, in vista di un futuro appalto, una commissione di
elevata qualità potrebbe vagliare la possibilità di utilizzare vetture simili a
quelle storiche oppure di design diverso». Tra i vantaggi progettuali va
ricordato anche che la linea non comporterebbe espropri. «L’idea - conclude
Svara - è di dare a un turista la possibilità di partire dall’altopiano, magari
dall’albergo Obelisco ristrutturato, e di ammirare tutta Trieste come in una
cartolina».
(g.tom.)
La vecchia linea invocata da 10 mila firme
Entro aprile dovrebbe essere riattivata ma il Comune ha già messo le mani
avanti. Probabile un ritardo
Qualcosa di più del solito tram tram....Non sarà domani nè dopodomani, ci
sarà sicuramente da aspettare ancora qualche annetto, ma l’idea di restituire
l’amato tram alla città prolungando la tratta dall’ormai squallida stazione di
piazza Oberdan al centro storico fino a Campo Marzio passando per Piazza Goldoni
e via Mazzini, è tutt’altro che balzana. E’ ancora da capire dove il Comune
troverà i soldi e quali problemi tecnico-logistici dovrà superare, ma il
progetto ha una sua logica (e un’attrattiva), va sostenuto, portato avanti. E i
tecnici sguinzagliati dagli assessori Dapretto e Marchigiani e dalla Trieste
Trasporti, dopo le prime misurazioni, hanno confermato che è fattibile. Sembrerà
di fare un salto indietro nel tempo quando c’erano i tram della lìnea 6 per
Barcola e il 9 per San Giovanni. Con ogni probabilità il prolungamento del tram
incontrerà i consensi sia dei cittadini che dei turisti. Della serie benvenuti a
San Francisco. Comunque la parola d’ordine è cautela, stiamo ancora sfogliando
l’album dei sogni o quantomeno siamo troppo proiettati nel futuro. Torniamo
invece al presente al tram old style che ancora stenta a partire. Ma il
cronoprogramma è stato fissato da tempo e i lavori sono stati aggiudicati dopo
regolare appalto. Le varie ditte (sui nomi mistero fitto...) dovrebbero entrare
in azione sulla linea a fine febbraio, una volta espletate tutte le pallosissime
procedure burocratiche. Vale la pena di ricordare che ci sono oltre diecimila
triestini che hanno risposto alla petizione promossa via web del Piccolo e che
ora aspettano con ansia di salirvi a bordo dopo questo lunghissimo stop che ad
un certo punto puzzava perfino di morte della linea. Così per fortuna non è, i
soldi con un po’ di buona volontà sono saltati fuori e il sindaco Roberto
Cosolini, alla presenza del presidente di Trieste Trasporti Giovanni Longo (la
società che poi gestisce la linea) ha assicurato che entro aprile rivedremo il
tram sfrecciare per Opicina e per piazza Dalmazia. Servono 40 giorni di lavoro
che poi tra stratempi e intoppi vari diventeranno anche sessanta-settanta. Il
pragmatico assessore Edi Kraus ha corretto un po’ il tiro dicendo che se il tram
partirà un mese dopo rispetto alla data prevista non sarà la fine del mondo.
L’importante è che finalmente parta con l’avvento della nuova stagione. E fino a
dicembre non era così scontato. Anzi, anzi. Cat
Segrè a Roma per il primo summit italiano contro lo
spreco - AMBIENTE
«Cinque è il numero della prevenzione, una puntata prioritaria che dobbiamo
giocarci sulla ruota della sostenibilità», dichiara facendo riferimento al 5
febbraio, ieri, il triestino Andrea Segrè, presidente di Last Minute Market e
coordinatore della Task Force del ministero dell’Ambiente: ieri infatti si è
svolta Consulta del #Pinpas, il Piano nazionale di prevenzione dello spreco,
riunitasi per la prima volta a Roma. Un progetto nel quale l’apporto di Last
Minute Market è stato fondamentale. Segrè spiega così il suo gioco di parole sul
simbolismo delle date: «Oggi 5 febbraio abbiamo riunito la Consulta e il 5
giugno, Giornata Mondiale dell’Ambiente, ci riuniremo ancora per approvare il
piano da presentare il 5 novembre a Ecomondo-Rimini, la grande vetrina della
Green Economy. Il piano sarà poi sottoposto a verifiche periodiche dei risultati
prodotti». All’incontro erano presenti tutti i protagonisti della filiera
agroalimentare italiana, dalle aziende alle associazioni di produttori e
consumatori, dalla Confindustria alla Confcommercio, dalla Caritas ad Acli, con
la partecipazione inoltre di Fao ed Expo. La giornata ha permesso di mettere a
fuoco i temi e gli snodi che porteranno alla costruzione del Pinpas: si è
parlato soprattutto della questione etichette, delle possibilità di predisporre
packaging migliori e più fruibili per gli alimenti, della defiscalizzazione per
enti e imprese che attuano il recupero delle eccedenze, dell’evoluzione per la
normativa che regolamenta l’accesso al recupero pasti nelle mense.
Pareti, giungla e sentimenti È la montagna al cinema -
EVENTI»IL FESTIVAL
Nel pomeriggio apre i battenti al Miela la seconda fase del Premio Alpi
Giulie Maratona con cinque pellicole in attesa della “nicchia” dedicata alla
speleologia
L’edizione è la numero 24, quella munita di meno supporti economici ma forse
dotata di un cartellone ancor più ricco e variegato. La rassegna “Scabiosa
Trenta Premio Alpi Giulie Cinema” apre i battenti della sua seconda fase del
ciclo di proposte allestite a cavallo tra il 2013 e il 2014, dando vita alla
volata finale valida anche per l’assegnazione dei premi legati al concorso
omonimo, manifestazione organizzata dall’associazione Monte Analogo che approda
quest’anno alla sua ventesima avventura e che ha visto in lizza una ventina di
opere caratterizzanti temi e suggestioni della montagna, tutte a cura di autori
provenienti - secondo statuto- da Friuli Venezia Giulia, Slovenia e Carinzia. La
seconda parte della rassegna si inaugura oggi al Miela, sede di un carosello
cinematografico colorato da cinque proposte che apre al pubblico alle 18 con una
sorta di “chicca”, il lungometraggio “Triglavske Strmine”, del regista sloveno
Ferdo Delak datato 1932, il secondo girato in Slovenia durante l’epopea del
cinema muto, documento pionieristico all’epoca, costruito in 15 giorni e pochi
mezzi sulle trame di un’autentica commedia alpina. Lo schermo del Miela ospita
poi “The waiting game”, pellicola italiana del 2013, per la regia di Emilio
Previtali, e a seguire “La dura dura”, corto statunitense del 2012 sul mondo
dell’arrampicata estrema firmato da Josh Lowell. Sempre oggi, la maratona
prosegue alle 20.30 con “Petzl Roctrip China”, del francese Vladimir Cellier, e
“Roraima–Climbers of the lost world”, di Phil Manderla, viaggio tra pareti,
giungla e sentimenti. Febbraio è anche il mese che schiude alla speleologia, la
disciplina che da quattro anni arricchisce il percorso festivaliero della Monte
Analogo con la nicchia pregiata “Hells Bells–Speleo Award”, concorso organizzato
in collaborazione con la Commissione Grotte della Società Alpina delle Giulie e
indirizzato alle produzioni cinematografiche basate sulle imprese nei pianeti
sotterranei. Qui la giornata cardine è giovedì 13 febbraio, sempre al Miela,
palco che attende dalle 18 quattordici lavori internazionali sino alle
premiazioni (alle 20.30). Tra le opere in lizza una particolarmente attesa e
atipica, si tratta di “Esa 2013”, il singolare affresco dedicato al tirocinio in
chiave speleologica degli aspiranti astronauti europei, corto firmato da Sirio
Sechi e Vittorio Crobu, due che hanno già in bacheca un premio “Hells Bells”. In
tema di riconoscimenti, quello targato XX Premio Alpi Giulie Cinema “Scabiosa
Trenta” verrà svelato giovedì 20 febbraio alle 18, al Knulp, sorta di informale
serata di gala.
Francesco Cardella
GREEN STYLE.it -
MERCOLEDI', 5 febbraio 2014
Fotovoltaico tornerà a crescere dal 2015, la previsione
di NPD Solarbuzz
I fornitori di attrezzature per il fotovoltaico dovrebbero entrare in una
nuova fase di ripresa a partire dal 2015, per giungere (forse) ai 10 miliardi
dollari di ricavi complessivi entro il 2017. Lo sostiene un nuovo studio
inserito dalla società NPD Solarbuzz nella sua analisi trimestrale PV Equipment
Quarterly.
Commenta Finlay Colville, vice presidente di NPD Solarbuzz:
Nel corso del 2012 e il 2013, i fornitori di apparecchiature per il fotovoltaico
hanno dovuto confrontarsi dalla recessione più acuta che abbia mai colpito il
settore. Il calo è stato causato da un forte eccesso di capacità che rimodellato
l’intera industria del fotovoltaico nel 2012, determinando un blocco del budget
di spesa per il 2013.
Il settore delle attrezzature fotovoltaiche ha sofferto molto per la concorrenza
dei prodotti cinesi. Produttori di lingotti, wafer, celle, moduli, pannelli e
film sottile hanno visto le loro vendite calare fino ai livelli di otto anni fa,
in netto contrasto con il picco del 2011.
Nel corso del 2013, di conseguenza, molti produttori hanno dovuto ristrutturare
le loro unità di business, ma i prossimi sei mesi dovrebbero permettere al
mercato globale del fotovoltaico di raggiungere i 45 GW di capacità installata,
segnando quella che NPD Solarbuzz definisce “la fine ufficiale della recessione
di due anni per le spese in conto capitale”.
Conclude Colville:
Forti investimenti nel settore del film sottile sono attesi nei prossimi anni, a
cominciare dal progetto di Hanergy per diversi gigawatt di nuova capacità CIGS
in Cina. Nuova capacità a thin film sarà probabilmente installata anche in Medio
Oriente e in America Latina, dal momento che regioni emergenti cercano di
entrare nell’arena dei produttori fotovoltaici e di distinguersi dai prodotti in
silicio cristallino realizzati in Asia.
IL PICCOLO -
MERCOLEDI', 5 febbraio 2014
«Rio Martesin, situazione da approfondire» - AMBIENTE E
PROGETTI EDILIZI
Marchigiani: nessun problema sul versante di Scala Santa, verificheremo
quello di Gretta
Ci sarà un ulteriore approfondimento sul provvedimento ingiuntivo con il
quale il Comune ha ordinato alla Gestione Italiana Appartamenti srl (Gia) di
ripristinare l’aspetto preesistente e la sicurezza nella vallata di Rio
Martesin. A comunicarlo è l’assessore alla Pianificazione urbana Elena
Marchigiani a margine di un sopralluogo effettuato ieri mattina da funzionari
del Comune con alcuni rappresentanti della Gia e i portavoce del Comitato
spontaneo per la tutela della vallata, che si era rivolto al Consiglio di Stato
per bloccare la realizzazione di tre progetti edilizi per un totale di 109
appartamenti. Il Consiglio di Stato nel dicembre 2010 ha accolto l’istanza dei
cittadini, evidenziando la necessità di salvaguardia per i terrazzamenti dei
versanti di Scala Santa e di Gretta interessati dalle costruzioni. A seguito
dello stop, il Comune ha emesso nel 2011 un’ordinanza mirata alla messa in
sicurezza dei pastini e del ponte che collega i due versanti della vallata, e
alla rimozione dei materiali e degli attrezzi utilizzati nel cantieri. I
costruttori hanno poi presentato nuovi progetti edilizi di cui l’ultimo – che
avrebbe ottenuto l’ok dalla Soprintendenza e dalla Commissione paesaggistica
comunale – prevede la realizzazione sul versante di Scala Santa di sei nuove
casette e la ristrutturazione di un ulteriore edificio peraltro oggi
completamente raso al suolo. In attesa degli sviluppi di una vicenda che vede il
Comune citato dai costruttori che chiedono oltre tre milioni di euro per non
aver potuto concretizzare i propri progetti, ieri il sopralluogo puntava a
verificare l’adempimento all’ordinanza. «Non sussistono problemi per il versante
di Scala Santa e per il ponte che ci risulta essere in sicurezza – spiega
Marchigiani – mentre resta da approfondire in tempi brevi, in un ulteriore
incontro, la sistemazione del fronte di Gretta». I residenti evidenziano invece
perplessità sia per la stabilità del ponte, sia per la pulizia e la manutenzione
del torrente che solca la valle. In merito alla scarpata di Gretta a suo tempo
consolidata dalla ditta con delle gabbiature, il Comitato chiede lo smussamento
delle parti sporgenti, l’interramento delle strutture e la messa a punto di
nuovo arredo verde.
Maurizio Lozei
Vietati fumo e alcolici nei parchi pubblici
Approvato in giunta il nuovo regolamento sul verde dopo il sì arrivato
dalle Circoscrizioni
Pronto il nuovo regolamento sul verde pubblico presentato dall’assessore al
Demanio, Patrimonio e Lavori pubblici Andrea Dapretto ieri in Giunta. La
delibera è stata approvata anche alla luce dell’ok “quasi su tutto” dato dalle
Circoscrizioni. Il 13 febbraio in Commissione consiliare ci sarà l’audizione
delle associazioni ambientaliste che già comunque conoscono nei dettagli il
regolamento. A metà del mese dovrebbe approdare in Consiglio per l’approvazione
definitiva. «Molti i punti nuovi dell’ordinamento, che per inciso già esisteva e
che è considerato uno dei migliori in Italia - sottolinea Dapretto -. Ora
abbiamo inserito delle norme che riguardano in particolare il coinvolgimento dei
cittadini e le disposizioni sul verde dei privati». Il regolamento pone maggiore
attenzione agli alberi, dopo le polemiche delle ultime potature, alle aiuole e
ai giardini in particolare alle nuove fioriture ed essenze arboree. Un capitolo
riguarda i lavori stradali o i cantieri in prossimità degli spazi verdi: anche
qui norme precise per non danneggiare la salute degli alberi. Nel regolamento è
introdotto il divieto di fumo e l’uso di bevande alcoliche nei parchi pubblici,
questo per una questione educativa e di pulizia. La vigilanza, assicura
l’assessore, sarà severa e non mancheranno interventi sanzionatori per chi non
rispetta le norme. Nei parchi o nei giardini pubblici ci sarà la possibilità di
allestire attività di animazione, concordando con le associazioni che se ne
prendono in carica l’organizzazione di tenere in ordine le aree stesse una volta
terminate le attività. Particolare rilievo poi viene dato al verde privato.
Alcuni articoli del regolamento prevedono ad esempio misure ad hoc per gli
alberi: non possono essere abbattuti se non sono malati. E poi la tenuta in
ordine anche dei giardini delle case singole o dei condomini.
(fe. vi.)
Ferriera, quella montagna di scorie di cui l’Authority
vuole liberarsi
Monassi: la questione del cumulo di rifiuti ostacola la piattaforma
logistica.
E la presidente propone di trasferire i detriti - con i
relativi costi di smaltimento - nell’area inclusa nell’Accordo di programma
Si vede ma non c’è. Come un gioco di prestigio alla rovescia. Nel mondo
reale è un pugno nell’occhio, e pure allo stomaco. Provare una gita sul Delfino
Verde verso Muggia e guardare verso Servola per credere. Il fatto è che per i
destini della Ferriera (per lo meno come risultano disegnati dall’Accordo di
programma sottoscritto giovedì a Roma tra 5 ministeri, Regione, Provincia e
Comune più la Spa dello Stato Invitalia, con la riga per la firma dell’Autorità
portuale rimasta vuota) la montagna nera di rifiuti industriali sul promontorio
Nord a destra della fabbrica, accumulata lì chissà da quanti anni, è un
ologramma. Un fantasma, nel senso che le planimetrie allegate allo stesso
Accordo di fatto snobbano l’area su cui ricade, e non per amnesia bensì per
volontà di chi ha preparato quei documenti. Morale uno: è un problema grosso da
risolvere, che esiste da ieri e il cui completo smaltimento, oggi, è valutato
dall’Authority in dieci milioni di euro, che però rischia sulla carta di
bloccare l’iter della Piattaforma logistica e non invece, contestualmente,
l’eventuale passaggio di proprietà della Ferriera, così come sarà scritto nel
bando che sta preparando in base al patto di Roma il commissario Lucchini Piero
Nardi, proprio perché l’Accordo ne pare tranciare il cordone ombelicale. Morale
due: è un problema serio che va preso di petto dopo che evidentemente è stato
trascurato a lungo, ma che (come sostengono Regione, Provincia e Comune, pianeti
allineati tra loro ma non ad esempio col ministero delle Infrastrutture guidato
dall’alfaniano Maurizio Lupi cui si rapporta l’Autorità portuale e che la sua
sigla sul patto romano di giovedì l’ha messa) è finito tra le condizioni che
ostano alla firma dell’Accordo da parte dell’Authority, di cui si è trovato a
discutere lunedì il Comitato portuale, pur non facendone parte. C’è un altro
cumulo che rientra invece in tale Accordo, ed è quello tra fabbrica e mare,
dalla parte opposta, per la cui bonifica la tabella allegata stima tra il
milione e mezzo e i due milioni sugli almeno 18 che l’Accordo mette a carico del
privato titolare della Ferriera. A leggere le carte, a cominciare dalla stessa
relazione dei tecnici di Marina Monassi diffusa nella serata di ieri (in cui si
legge appunto che «l’Accordo di programma esclude tra le attività oggetto
dell’Accordo medesimo la rimozione del cosiddetto cumulo 1», cioè la montagna di
cui sopra) lo stato delle cose porta a dedurre che non ci sia nesso tra questa
montagna e l’Accordo di programma. Eppure un nesso può esserci. Ed è costituito
dall’opzione - così almeno sostiene la nota dell’Authority - di uno spostamento
di quei cumuli all’interno dell’area della Ferriera soggetta a compravendita.
Passando così per certo il cerino a Lucchini, se non addirittura ad Arvedi o chi
per Arvedi. Il che accelererebbe sì l’iter della Piattaforma logistica, non
altrettanto quello della ripresa della Ferriera. «Le aree demaniali in questione
- ancora la nota dell’Autorità portuale - sono interessate sia dal I stralcio
della Piattaforma logistica che dal II, dato che il sedime ove sorge il cumulo 1
è a cavallo tra i due interventi. La rimozione è stata solo parzialmente avviata
dalla Servola Spa nel mese di dicembre per un quantitativo di circa settemila
metri cubi. Affinché i lavori del I stralcio abbiano inizio è necessario rendere
disponibile l’intera area con la rimozione di ulteriori 114mila mc, in modo da
rispettare le clausole contrattuali previste dal progetto della Piattaforma
logistica. Per ottenere tale risultato occorre tuttavia avviare le procedure di
gestione ambientale per i materiali giacenti nel cumulo 1 previo trasferimento
di questo materiale in altre aree all’interno dello stabilimento e conseguente
avvio delle procedure di trattamento o smaltimento a cura e spese della Servola
Spa o del nuovo soggetto che gestirà lo stabilimento stesso».
Piero Rauber
Materiale non riciclabile, si arriva ai venti metri di
altezza
Ma cos’è quella montagna? «Un insieme di 18 sottocumuli con differente
volumetria alti fino a 20 metri - scrivono nella nota i tecnici del Porto - e
costituiti da scorie di lavorazione, terre e rocce da scavo, materiale di
demolizione e refrattari, depositato su una superficie di circa 18mila metri
quadrati di aree demaniali attualmente in concessione alla Servola Spa in
continuità con le precedenti gestioni dello stabilimento». Autentici rifiuti
industriali, già oggetto di indagini penali, da smaltire, forse da chiudere in
parte tra quattro mura di cemento armato spesso con cui si farà forse la
Piattaforma logistica. Non riciclabili a fini energetici, neanche per farne un
cerino. Il cerino, semmai, è quello dei soldi per lo smaltimento. Li deve
mettere Servola Spa o in alternativa l’Authority per poi rivalersene?
«L’Autorità portuale, ente pubblico non economico, non ha titolo per farsi
carico della gestione ambientale dei cumuli né può affrontarne gli oneri
economici complessivi, stimabili in un importo di almeno dieci milioni di euro,
in luogo dei soggetti obbligati per legge», risponde la nota arrivata da via von
Bruck.
Debora preme su Roma per la Tav adriatica
La governatrice raccoglie l’appello del collega Chiodi: «Opera essenziale
per avere porti competitivi»
TRIESTE «Il collegamento con treni veloci tra la Puglia e l'Italia
settentrionale è fondamentale per Trieste quanto e per l’intero Fvg, perchè
riguarda l'asse nord-sud sul lato Adriatico e quindi significa avere una
portualità più competitiva e un sistema ferroviario efficiente e la possibilità
di sfruttare fino in fondo le autostrade del mare». Lo ha affermato ieri a Udine
la presidente della Regione Debora Serracchiani, intervenendo alla presentazione
della petizione per realizzazione il progetto dell’Alta velocità ferroviaria tra
Lecce e Trieste. Dopo aver firmato la petizione promossa da La Gazzetta del
Mezzogiorno, che ha già raccolto 18mila firme nelle regioni meridionali a
partire da quella del presidente della Regione Abruzzo Gianni Chiodi,
Serracchiani ha aggiunto che «questo collegamento è fondamentale anche
nell'ottica della strategia della Macroregione Adriatico-Ionica, nella quale il
Fvg è capofila per il pilastro trasporti e infrastrutture». Non solo per il
trasporto passeggeri, ha precisato, ma anche per il trasporto delle merci. «Se
riuscissimo a realizzare l'alta capacità sull'asse adriatica sarebbe di
fondamentale importanza per la capacità che avremmo di rendere competitivi i
porti dell’Adriatico, un’area che può intercettare traffici per l'est e per il
nord Europa». Serracchiani ha poi ricordato che per potenziare questi
collegamenti «da parte delle istituzioni deve esserci la volontà di trovare
delle soluzioni da mettere in atto anche nell'attesa di individuare dei
finanziamenti sicuramente cospicui del governo e dell'Europa per tutto l'asse.
Come abbiamo fatto per la modernizzazione della linea Venezia-Trieste può essere
avanzata la richiesta di una “fasizzazione”, cioè l'opportunità di fare degli
interventi che comunque velocizzino il trasporto su ferrovia - ha concluso la
governatrice - utilizzando una parte dei tracciati esistenti e treni che possano
viaggiare su quelle tratte di alta velocità che già esistono». Un pressing su
Roma aupiscato anche dal collega dell’Abruzzo. ««Dobbiamo usare l'alleanza delle
regioni adriatiche - ha affermato Chiodi - perché l'Alta Velocità sulla dorsale
adriatica entri nelle prospettive dei piani di governo. Verso quest' opera
occorre un approccio pragmatico: se mancherà, fra 20-30 anni tutta l'area sarà
fuori dai mercati».
Oleodotto Trieste-Ingolstadt da potenziare
Progetto approvato dall’Ue. Ma Andres (Siot) frena: «Nessun intervento
nei prossimi due anni»
Un’ipotesi progettuale per il potenziamento dell’oleodotto fra Trieste e
Ingolstadt, inserita nell’elenco delle opere di interesse comunitario approvato
dalla Commissione europea così da assicurare - nel caso di effettiva futura
realizzazione - un canale preferenziale per l’accesso a finanziamenti e
permessi. A sentire Ulrike Andres, presidente e amministratore delegato della
Siot, la Società italiana per l’oleodotto transalpino (che fa parte del Gruppo
Tal che vede sempre Andres al vertice) con sede a San Dorligo della Valle,
infatti si tratta per ora di un’ipotesi che almeno per i prossimi due anni
rimarrà solamente una possibilità sulla carta. Non si prevede alcun intervento
di questo tipo da qui alla fine del 2015. «Oggi non c’è necessità di procedere
ad alcun incremento della capacità di pompaggio dell’oleodotto con la creazione
di nuove stazioni o l’aggiunta di più pompe al sistema. Vedremo in futuro se vi
sarà un ulteriore aumento dei traffici, ma per i prossimi due anni non ci sono
progetti di questo genere: quello relativo alla tratta Trieste-Ingolstadt è
stato inserito fra i progetti di interesse comunitario in modo da accedere più
facilmente, nel caso, a eventuali finanziamenti e autorizzazioni», conferma
direttamente Andres. In effetti, proprio l’implementazione del collegamento fra
il Parco serbatoi di San Dorligo della Valle, nella provincia triestina, e
quello tedesco di Lenting, frazione di Ingolstadt, fa parte della lista dei
progetti di interesse comunitario stilata dalla Commissione europea sul fronte
delle infrastrutture energetiche. Intanto, è lì. Specie nell’ottica di un
ulteriore incremento della fornitura di petrolio con direzione poi finale la
Repubblica Ceca. Che, come da più parti confermato, vorrebbe infatti smarcarsi
sempre più dal greggio russo. Già nell’ultimo anno - come recentemente
illustrato agli organi di informazione nella sede dell’Autorità portuale - la
Siot ha visto crescere il proprio rapporto commerciale con la Repubblica Ceca,
cui garantisce un approvvigionamento di petrolio pari al 40% del fabbisogno
complessivo della nazione. In questo senso, dettaglio già noto, ha avuto
certamente il suo peso l’ingresso del gruppo statale ceco Mero in seno a Tal con
una quota del 5%. L’anno scorso al terminal marittimo della Siot sono state
sbarcate 41,3 milioni di tonnellate di greggio con un aumento del 18,07%
rispetto al 2012. A trasportarle nel golfo triestino sono arrivate 502
petroliere. Numeri che hanno avuto riflessi importanti non solo in termini di
maggiori tasse portuali versate, ma anche in ambito occupazionale: alla Siot,
infatti, i dipendenti sono diventati 114 con un incremento del 15%. Oltre che
alle raffinerie austriaca di Schwechat e tedesche di Burghausen, Vohburg e
Ingolstadt, la tratta dell’oleodotto transalpino che parte da San Dorligo della
Valle per giungere nella zona di Ingolstadt fornisce il greggio diretto anche
alle raffinerie ceche di Kralupy e Litvinov tramite il sistema Mero di Vohburg.
Sino alla fine del 2015, non si prospettano dunque, per il momento,
rafforzamenti della linea (lunghezza complessiva di 465 chilometri e sei
stazioni di pompaggio intermedie). Dal 2016, chissà. «Vedremo come si svilupperà
la situazione», ribadisce Ulrike Andres.
Matteo Unterweger
IL PICCOLO -
MARTEDI', 4 febbraio 2014
Prodani: «Avevamo ragione a covare dubbi»
Grillini all’attacco anche su Porto vecchio con Menis e Patuanelli: «Ora
un regolamento per i punti franchi»
Una pletora di giornalisti. E in mezzo un onorevole, il grillino Aris
Prodani, che alla fine se n’è uscito con un comunicato: «I componenti
dell’Autorità portuale hanno dovuto prendere atto che i dubbi che il M5S aveva
sollevato nei giorni scorsi erano giustificati. Tanto che oggi (ieri, ndr) è
stato deciso un rinvio proprio per chiedere ai ministeri competenti una serie di
chiarimenti senza i quali l’Accordo rischierebbe di saltare». «Competenza
dell’Authority in merito ai canoni demaniali - prosegue Prodani - e chiarezza
sulle responsabilità dell’inquinamento e sullo spostamento del cumulo di carbone
rappresentano passaggi importanti che non potevano essere scavalcati dalla
volontà di fare tutto in fretta. Se si fosse aspettato qualche giorno in più
avremmo potuto inserire già nella prima versione dell’Accordo le osservazioni di
cui si è discusso questa mattina (ieri, ndr). L'unica ipotesi plausibile è che
la sottoscrizione dell’Accordo fosse stata richiesta espressamente da Arvedi
quale conditio sine qua non per portare avanti l’operazione di acquisizione.
Purtroppo però, come già troppe volte accaduto in questa lunga storia dobbiamo
ancora affidarci alle ipotesi». I grillini continuano a essere molto attivi e
presenti nel dibattito cittadino, in particolare sulle faccende portuali: «Il
centrosinistra e Un’Altra Trieste - scrivono infatti i consiglieri comunali
Paolo Menis e Stefano Patuanelli - non si rendono conto che la mozione su Porto
vecchio che hanno presentato in Consiglio comunale è una favola condita da
imprecisioni. Come si può votare una mozione che contiene una falsità dicendo
che “l’Autorità portuale ha scelto di concludere il suo contratto con
Portocittà” laddove i fatti dicono che è successo l'esatto contrario? Come si
può votare una mozione che non cita minimamente la validità dell’Allegato VIII
al Trattato di pace limitatamente ai primi venti articoli, validità riconosciuta
anche dal Tar? Deve esser data piena attuazione alla legge 84/94 che prevede
l'emanazione di un regolamento ad hoc per i punti franchi di Trieste e che
garantirebbe al nostro porto un forte vantaggio competitivo. La mozione che, su
questo tema, presentammo lo scorso anno è stata bocciata dagli odierni paladini
del centrosinistra».
(pi.ra.)
Inquinamento prodotto da metalli pesanti accertato
dall’ateneo di Trieste a Panzano
L’aria di Monfalcone è inquinata dalla presenza di metalli pesanti. È il
verdetto dello studio eseguito dal Dipartimento di Scienze dell’Università di
Trieste. Studio commissionato dall’imprenditore della Sbe Alessandro Vescovini e
basato sull’analisi “di bioaccumulo tramite licheni” con prelievi in 52
stazioni. Il monitoraggio evidenzia la presenza di inquinamento da metalli
pesanti in alcuni dei 10 punti monitorati sui 52 della griglia e la situazione
di maggiori “anomalie” riguarda il rione di Panzano (in foto), il più
contaminato da “nichel, piombo, cadmio e zinco”. Che realtà industriale è
responsabile di questo inquinamento? Lo studio e la metodologia non mettono
“nomi e cognomi” sulle particelle di metalli pesanti per risalire all’origine.
Così come chiariscono che non è possibile puntare il dito sulla Centrale a
carbone anche se, precisa, che come possibili fonti per queste sostanze non è
possibile dare la colpa a «traffico urbano o riscaldamento urbano».
Circoscrizioni, la passione scambiata con la Casta -
L’INTERVENTO DI BRUNA ZORZINI - Segretaria provinciale dei Comunisti italiani
Scrivo in merito alla spiacevole polemica innescata dalla presidente del
Circolo Verdeazzurro Legambiente avente come oggetto la salvaguardia del
territorio in Rio Martesin e il ruolo degli eletti nelle circoscrizioni: nel
caso, quello del consigliere della Federazione della Sinistra, Paolo Geri, che
nella circoscrizione di competenza si è battuto non solo contro i reiterati
tentativi di edificazioni in quel sito ma anche nel resto del territorio.
Preciso che con questo mio intervento non voglio certamente mettere in dubbio
l’efficacia dell’operato delle associazioni ambientaliste che si battono contro
la cementificazione indiscriminata in aree morfologicamente importanti e da
tutelare come quella in oggetto, ma voglio invece stigmatizzare nella maniera
più ferma il tono offensivo e polemico usato dalla scrivente, Lucia Sirocco, nei
confronti del lavoro svolto dai consigli circoscrizionali definiti “ectoplasmi”
perché ininfluenti in quanto tenuti a dare pareri puramente consultivi in
materia. Ne consegue, da parte della Sirocco, il fatto di non attribuire
“soverchia importanza al rapporto” con gli stessi, per i quali non merita
ritirare neanche la scheda elettorale per votare i loro rappresentanti,
privilegiando di conseguenza, nelle interlocuzioni vertenti su temi ambientali,
i contatti con “chi decide sul serio sulle scelte urbanistiche ed edilizie:
sindaci, assessori etc..”. Visto che i consiglieri circoscrizionali non sono
stati considerati soggetti utili nelle relazioni intrattenute dalla relatrice di
questa polemica non ci si dovrebbe quindi meravigliare che gli stessi, pur a
conoscenza dell’operato di Legambiente, lamentino la solitudine di un impegno
che, per ottenere risultati, deve essere quotidiano e su tutte le situazioni,
non solo quelle che - come la vicenda di Rio Martesin - raggiungono le pagine
dei giornali e danno maggiore visibilità. Era questo difatti il compito che agli
organi circoscrizionali era stato dato negli anni Settanta. In quella fase c’era
chi aveva creduto al decentramento visto come strumento di partecipazione
democratica di base che potesse veramente rappresentare le realtà rionali della
città. Io ho avuto la fortuna e l’onore di sedere in quei primi consigli
(consulte). Al loro interno ho sempre lavorato con passione, pensando che la
democrazia partecipativa avrebbe trionfato sulla burocrazia e favorito la
trasparenza. Nel tempo le circoscrizioni sono state accorpate, le loro
competenze diminuite. La mala politica e il discredito in cui la stessa ha fatto
precipitare le istituzioni ha investito tutti, indistintamente, anche quelli che
lavorano nelle stesse con passione e spirito di servizio. Ora tutti sono
considerati ceto politico, anche chi è impegnato nelle istituzioni di base.
All’insegna del risparmio si riducono il numero degli eletti a ogni livello. La
politica rischia di divenire prerogativa di chi ha mezzi e mass media nelle
proprie mani, e quindi dei ricchi. Come infatti già succede. La legge elettorale
che ora ci stanno confezionando farà il resto, togliendo rappresentanza alle
istituzioni! Fa male - in questo senso - sentire che persone, come il
consigliere Paolo Geri, che svolgono il loro impegno con passione e serietà
vengano sbeffeggiate nel mentre dovrebbe essere naturale per un’associazione,
portatrice di importanti interessi collettivi come quelli ambientali, affiancare
il lavoro che negli organi di decentramento viene svolto. Singolare, ancora,
sentire come persone appartenenti al mondo dell’associazionismo disprezzino il
lavoro svolto in queste realtà, ma cerchino contatti con “quelli che contano”. E
per di più, invece di impegnarsi per far rivivere strumenti partecipativi che
potrebbero ridare voce ai territori teorizzino in maniera diseducativa la non
partecipazione al voto. Spero non si venga a dire che anche queste sono
espressioni della società civile. Perché senso civico e civiltà sono tutt’altra
cosa !
IL PICCOLO -
LUNEDI', 3 febbraio 2014
Ferriera in Comitato portuale: una sfida tra lady di
ferro
Oggi Regione, Comune e Provincia chiederanno ragione a Monassi per la
firma negata sull’Accordo. Probabile che rilanci con una controproposta
Chissà se Perla, stavolta, ci perderà il sonno. Il Comitato portuale in
agenda oggi alle 10.30 non annuncia il solito chiacchiericcio monocorde che
tanto concilia il dormiveglia al proverbiale cagnolone di scorta di Marina
Monassi nelle stanze dei bottoni della Torre del Lloyd. Qualcuno, proprio
stavolta, potrebbe sbattere i pugni. O per lo meno alzare la voce. E la posta.
Degenerando, improbabile ma non impossibile, in un’istanza di sfiducia al capo.
È la Ferriera, l’urgenza delle urgenze triestine, a chiamare in effetti la resa
dei conti tra la stessa Monassi, padrona di Perla ma soprattutto del Porto in
quanto presidente dell’Authority, e l’asse Regione-Provincia-Comune. Quello di
stamani, d’altronde, è il Comitato portuale convocato da Monassi dopo le firme
messe giovedì scorso nella capitale, in calce all’Accordo di programma sul
futuro portuale e industriale di Servola e dintorni Ezit, da cinque uomini di
Governo e dal manager di una Spa dello Stato come Invitalia, oltre che dalla
governatrice Debora Serracchiani (che oggi sarà assente per motivi
istituzionali, si legga sotto, ndr), dall’assessore provinciale Vittorio Zollia
per conto della numero uno di Palazzo Galatti Maria Teresa Bassa Poropat e da
Roberto Cosolini come sindaco. Tutti insieme appassionatamente. Meno uno: quel
Walter Sinigaglia, il segretario generale dell’Autorità portuale, spedito da
Monassi come ambasciator che non porta pena ma neanche autografo. Ce ne sono, di
scenari possibili, compresa l’ipotesi che si debba rimediare a una mera svista
amministrativa, che il Comitato portuale che si sarebbe dovuto svolgere prima di
giovedì (mai convocato prima di allora) si celebri per forza postumo. Esiste poi
la pista che alla fine si possa addirittura tornare a ridiscutere a Roma. Ma è
remotissima, prossima allo zero. Due invece sono le opzioni più papabili. La
prima è che Monassi ribadisca d’aver agito nel rispetto del principio di massima
precauzione, ritenendo che l’Accordo, così come è scritto, possa mettere in
discussione il bilancio dell’ente e prefigurare un danno erariale. La correzione
in extremis chiesta e non ottenuta - giudicata evidentemente pleonastica
rispetto a ciò che la legge 84/94 attribuisce comunque all’Autorità portuale in
base a tabelle ministeriali - riguardava la precisazione tra le righe
dell’Accordo che oltre alle operazioni portuali e alla riscossione dei canoni
(puntualizzazioni incassate proprio nella mattinata prima della firma col placet
del ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi, a mitigare la figura
commissariale di Serracchiani) restasse d’esclusiva competenza dell’Authority
anche la quantificazione dei canoni stessi. Monassi, ferma nella sua
interpretazione, potrebbe così reclamare la conta, mettendo ai voti la ratifica
del patto della capitale e quindi a verbale la propria astensione se non la
propria contrarietà. Il che porterebbe in dote il paradosso di una controfirma
sull’Accordo da parte di un’Authority il cui capo però si dissocia. Il secondo
scenario evoca il colpo di teatro. L’asso nella manica sotto forma di proposta
alternativa alla resurrezione della Ferriera. Monassi potrebbe in effetti
sottoporre al Comitato un documento aggiornato dello studio di fattibilità di
Alpe Adria su una banchina di Servola portuale, logistica e persino commerciale,
ma senza Ferriera. Ma davanti al fatto compiuto - l’Accordo di programma -
sarebbe un azzardo. Data però la storia recente dei rapporti più o meno
diplomatici tra Torre del Lloyd e resto del mondo, non lo si può escludere.
Accadesse, potrebbe anche finire in guerriglia, con la troika anti-Monassi
pronta forse a mettere sul tavolo addirittura la firma dell’Authority favorevole
alle linee guida di Assoporti sulla bozza di riforma delle autorità portuali,
che fra le altre cose profetizza una Trieste sotto Venezia nel futuro distretto
logistico dell’Alto Adriatico.
Piero Rauber
Rosato: «La presidente ora si scusi e firmi»
«Paradossale non abbia sottoscritto un patto dove c’è la sigla del
ministero delle Infrastrutture»
L’ATTACCO DEL DEPUTATO «Sta remando rigorosamente contro gli interessi della
città in presenza di un lavoro complicato tra più ministeri e posizioni»
Sabato il senatore Francesco Russo (che nelle ultime ore si è rifatto vivo,
si legga sotto, ndr). E ieri l’onorevole Ettore Rosato. È una strategia a
tenaglia, incalzante, quella per cui ha optato ai suoi massimi livelli il Pd in
vista del Comitato portuale di stamani. Rosato in particolare, alla vigilia di
quella che si presume possa essere appunto una resa dei conti, si permette di
dare un consiglio a Monassi: «L’unico modo con cui la presidente si può
presentare domani (oggi, ndr) in Comitato è scusarsi dell’accaduto e annunciare
che metterà la propria firma sul documento sottoscritto l’altro giovedì da tutte
le altre istituzioni». «È paradossale - aggiunge il deputato democratico - che
nonostante sull’Accordo di programma ci sia la sigla del Ministero delle
Infrastrutture, che controlla l’ente che Monassi presiede, lei abbia ritenuto di
non dover firmare». «L’Autorità portuale - insiste Rosato - sta remando
rigorosamente contro gli interessi della città. Ciò avviene anche in presenza di
un lavoro molto complicato, in cui si è riusciti a mettere d’accordo più
ministeri e più interessi diffusi, condizione questa necessaria per intervenire
su una questione così delicata come è la Ferriera». Nessun attacco esplicito via
stampa, perché forse se lo riserva per il Comitato portuale di questa mattina,
arriva invece da Roberto Cosolini. Anzi. Lui Monassi neanche la cita: «Mi auguro
che lunedì (oggi, ndr) prevalgano il buon senso istituzionale e la piena
sintonia con la città da parte del Comitato portuale», tagliava corto in effetti
il sindaco sabato, senza voler aggiungere altro. Però i bookmakers, stando alle
indiscrezioni della vigilia, pagherebbero ben poco chi avesse scommesso ieri su
un sindaco pronto oggi ad agitare i famosi pugni sul tavolo, o quanto meno ad
alzare la voce. Le responsabilità della sfida squisitamente politica impostata
dalla troika Regione-Provincia-Comune opposta a Monassi, d’altronde, stamani
ricadranno in gran parte su di lui. Serracchiani, infatti, non ci sarà. Doveri
istituzionali la tratterranno lontana da via von Bruck: c’è da accompagnare agli
atenei di Udine prima e di Trieste poi Maria Chiara Carrozza, il ministro
dell’Istruzione, per l’apertura dei due anni accademici del Friuli Venezia
Giulia. La delega a trattare al tavolo imbandito da Monassi ce l’ha
nell’occasione l’assessore regionale alle Finanze, il triestino Francesco
Peroni. Ironia della sorte uno che per sette anni di fila, gli ultimi prima di
questo, ha presenziato all’inaugurazione dell’anno accademico di casa come
rettore. Cosolini, si mormora in queste ore, chiederà conto a Monassi - lo si
presume perché le premesse dicono che non se ne potrà sottrarre - non solo della
mancata firma di Sinigaglia, cui è stato ordinato all’ultimo momento via
cellulare di non impugnare la penna, ma anche dell’assenza della presidente
dell’Authority al patto romano. Un vuoto formalmente giustificato: Monassi aveva
comunicato il giorno prima agli uffici del ministro dello Sviluppo economico
Flavio Zanonato, regista dell’operazione Accordo di programma, che lei non ci
sarebbe stata per concomitanti impegni all’estero. Un vuoto vissuto
sostanzialmente come ingiustificabile da chi la firma invece l’ha messa.
(pi.ra.)
«L’Authority mi querela? Non mi fa paura» - LA POLEMICA
Il senatore Francesco Russo: «Il suo reddito l’ho trovato nelle
dichiarazioni del 2012»
Continua il duello a distanza tra il senatore Pd Francesco Russo e il
presidente del porto Marina Monassi. Una sfida che rischia di finire davanti a
un giudice. «La Presidente Monassi ha annunciato di volermi querelare. Il
motivo? La frase apparsa sul Piccolo dell’edizione di sabato dove sostenevo che
è un manager pubblico con un reddito di oltre 300.000 euro annui. Cosa che,
peraltro, consultando la dichiarazioni dei redditi del 2012, mi pare corrisponda
a verità». così il Senatore Francesco Russo sul suo profilo di Facebook. «Mi
sembra assomigli a quello che - prosegue Russo - nel calcio si definirebbe un
fallo di frustrazione, la risposta impropria di chi non ha argomenti nel merito
delle cose. Perfino un modo un po' scomposto per cercare di sconsigliarmi ad
andare avanti. Lo dico con tranquillità ma anche con grande chiarezza a lei e a
coloro che tengono immobile Trieste da troppi anni: non ho nessuna intenzione di
farmi intimidire. E lo dico rassicurando anche tutti quelli che, a vario titolo,
in questo periodo, mi hanno detto o scritto che attaccare in maniera così
diretta “quel mondo” potrebbe essere sconveniente. Credo che fare politica
significhi innanzitutto essere responsabili nei confronti della propria comunità
anche quando è scomodo. È quello che ho sempre fatto e che ho intenzione di
continuare a fare». Nella nota Russo prosegue asserendo: «perché so che il
futuro di Trieste passa soprattutto dalla vittoria di questa partita. Allora
continuiamo a giocarla a viso aperto, proponendo le idee migliori, progetti per
il futuro, soluzioni che facciano arrivare aria nuova nella nostra città. Chi ci
crede si faccia avanti e venga a dare una mano ai tanti che si sono già esposti
in questi mesi a favore di un reale cambiamento».
FareAmbiente chiede «cautela e vigilanza»
«In attesa del bando e delle definizioni burocratiche crediamo sia comunque
un momento delicato, servono cautela e vigilanza e sarà importante capire cosa
s’intende per rilancio dell’area e risanamento ambientale». Così in una nota,
che entra nel dibattito sul futuro della Ferriera in scia al nuovo Accordo di
programma siglato a Roma, Giorgio Cecco, il coordinatore regionale di
FareAmbiente, l’associazione ambientalista vicina politicamente alle posizioni
di centrodestra. «Abbiamo sempre sostenuto - aggiunge Cecco - che solo con un
intervento pubblico importante si poteva risolvere la situazione, è comunque da
valutare se quello proposto è sufficiente e da definire bene la questione sulla
riconversione e riqualificazione, il tutto per fare chiarezza e dare certezze
per l’occupazione e per la tutela della salute pubblica. Evidenziamo anche che
grande sarà la responsabilità del preposto alla vigilanza, perché i soldi dei
cittadini devono essere impiegati nel modo migliore. Chiediamo quindi
trasparenza in tal senso, visti anche gli errori fatti in passato e le promesse
non mantenute».
Le vendite di motoveicoli in calo del 22%
Il parco circolante rimane comunque sopra i 65mila mezzi: oltre un terzo
del totale dell’intero Fvg
Il parco circolante resta complessivamente sopra quota 65mila mezzi: 65.333,
con una flessione contenuta dell’1,2% fra 2012 e 2013. È la panoramica sui
motoveicoli contenuta nel report di Findomestic Banca. Per numero di “due ruote”
Trieste resta la prima fra le province della regione: Udine è distante oltre
cinquemila unità (59.165). Quel 65.333 triestino rappresenta oltre un terzo del
totale del Friuli Venezia Giulia, pari a 189.574. Nel 2012 il parco circolante
di moto, scooter e motorini aveva superato a Trieste i 66mila: 66.135. La crisi,
però, si fa sentire ovviamente anche in questo settore: non a caso il numero di
vendite andate a buon fine nel 2013 è stato di 1.411 mezzi a due ruote, cioè
oltre mille in meno del 2011, quando erano stati 2.481, e quasi 400 in meno del
2012 (1.809). C’è da dire che, nonostante questo calo del 22%, Trieste ha
comunque messo la testa davanti a Udine (1.190 motoveicoli venduti, anche qui
-22% rispetto all’anno prima), Pordenone (689, -14,4%) e Gorizia (490, -21%).
Diminuzione del 6,4% per quanto concerne le immatricolazioni di automobili nuove
a uso privati: dalle 3.503 del 2012 si è scesi a 3.278. Numeri ben lontani dalle
4.861 del 2011. Quasi invariato fra 2012 e 2013, invece, il medesimo dato nel
settore delle aziende: 620 quattro ruote immatricolate lo scorso anno nella
provincia triestina, erano state sette in più nel 2012. Anche qui, evidente il
balzo all’indietro rispetto al 2011, quando se n’erano registrate 830. Sulle
auto immatricolate, Udine e Pordenone distanziano nettamente Trieste, in
particolare in ambito aziendale.
(m.u.)
Muggia, il comitato attacca il “via libera” alle
antenne
All’indomani dell’ordinanza del Comune i cittadini di Chiampore
denunciano: «Incomprensibili le autorizzazioni di Soprintendenza, Arpa e Azienda
sanitaria»
MUGGIA «Bene il Comune, ma molto male Arpa, Azienza sanitaria e
Sovrintendenza». Il Comitato antiantenne di Chiampore torna a ruggire.
All'indomani dell'annuncio da parte del sindaco di Muggia Nerio Nesladek delle
ordinanze per proseguire la demolizione dei tralicci abusivi di Chiampore, il
Comitato punta ora il dito sugli enti responsabili della mancata strada verso il
risanamento della frazione caratterizzata dalla presenza di 14 tralicci di cui 8
abusivi, 63 emittenti con 43 sforamenti dei limiti di legge di 6 V/m in aree
abitate (valori dell'Arpa risalenti al 2005). Sovrintendenza. «L’atteggiamento
della sovrintendenza è stato nel tempo indebitamente permissivo», spiega il
Comitato. Ad esempio la necropoli, che è area protetta sul monte San Michele, è
stata sconvolta e la linea di crinale come in tutto il territorio, deturpata dai
tralicci. La Sovraintendenza, in merito all’innalzamento dell’impianto Microwave
sul San Michele, negato a suo tempo, secondo il Comitato avrebbe dichiarato ora
“«…l’intenzione di una possibile rivalutazione positiva valutando comunque
prioritariamente la tutela della salute pubblica». Da qui il quesito: «Ma se la
Soprintendenza si occupa anche della salute, come ha potuto approvare le molte
antenne che sorgono addossate alle case provocando oltre ad un danno alla salute
un grave danno paesaggistico?». Azienda sanitaria. «L'Ass n1. Triestina in toto
e con il suo suo rappresentante del Dipartimento di Prevenzione, alle numerose
conferenze dei servizi, ha omesso la sua funzione primaria di difesa della
salute della collettività», tuona il Comitato. «Non ha mai citato né chiesto
l’applicazione del fondamentale principio di precauzione, ad esempio chiedendo
una delocalizzazione delle antenne lontano dai luoghi abitati ed una diminuzione
della potenza di emissione, principi inderogabili con l’emergere di nuovi grandi
studi epidemiologici indipendenti». Ha invece «dato il nulla osta, peraltro mai
motivato nei verbali delle conferenze dei Servizi, a numerosi progetti nel sito
di Chiampore, si è accodata passivamente ai pareri dell’Arpa che ha compiti
istituzionali diversi, e infine ha mancato di promuovere e pubblicizzare studi
di controllo ad hoc ». Arpa. Nel 2005 l’Arpa ha proceduto in contraddittorio,
secondo le leggi vigenti, ad una mappatura dell’intero territorio. Ad una prima
ricognizione sono risultati 43 possibili punti di sforamento (misure spot) nel
raggio di circa 100 metri dalle antenne in zone densamente popolate. In
particolare, su 25 emittenti radio, 13 sforavano i limiti con valori superiori
ai 6V/m ed in alcune zone con valori superiori a 20V/m. In seguito sono state
approfondite in contraddittorio le misurazioni in 8 punti di controllo. «L’Arpa
stessa afferma in un suo rapporto che nell’area di interesse sono stati
riscontrati numerosi superamenti dei limiti di legge... e che le emittenti
debbano essere delocalizzate in un sito previsto dalla pianificazione regionale
e nazionale». Ciò nonostante l’Arpa ha continuato, negli anni successivi, a dare
il nulla osta a nuovi impianti, segnatamente a quello di Finmedia e Dcp,
«basandosi verosimilmente ancora sui dati contenuti nei progetti forniti dai
gestori con un evidente conflitto di interessi – conclude il Comitato -. Di
fatto già le misurazioni del 2005 dimostravano che molti di questi dati forniti
dai gestori risultavano all’atto pratico essere erronei».
Riccardo Tosques
Comune-impresa-comitato Sopralluogo in Rio Martesin
Domani alle 10 sarà effettuato un sopralluogo congiunto
tra Comune di Trieste e l’impresa Gestione Italiana Appartamenti alla presenza
di tecnici per verificare in loco le criticità riguardanti il ponte, le
gabbionate e quant’altro e le soluzioni adeguate al superamento delle stesse. Al
sopralluogo è invitato il Comitato spontaneo del Rio Martesin.
Duino, polemica accesa sulle strutture abusive della
Costa dei Barbari
DUINO AURISINA Non è piaciuto proprio a tutti il “via alle favelas della
Costa dei barbari”, annunciato l'altro giorno dall'assessore ai Lavori pubblici,
Andrej Cunja. In particolare gli habitué della tintarella integrale ribadiscono
l'adozione di comportamenti corretti e di non aver promosso alcun abusivismo su
quel tratto del litorale, bensì il riciclo di materiali abbandonati a mare.
Nella discussione scaturista sul social network si è inserito anche Maurizio
Rozza, presidente della Seconda commissione, stando al quale sarebbe piuttosto
il caso di porre fine ad altri manufatti che ostacolano la libera fruizione e
circolazione sulla battigia. Un tema più volte denunciato. Il dibattito, dunque.
Sulla pagina “Amici della Costa dei Barbari” i frequentatori contestano il
denunciato «degrado delle baraccopoli», affermando che nella zona naturista «si
recupera e ricicla l'immondizia proveniente dal mare creando oggetti di uso
comune», inoltre sempre lì «vengono riparati gli antichi pastini un tempo
coltivati». «Ogni primavera i bagnanti organizzano una giornata di pulizia della
spiaggia che d'inverno si sporca – si legge ancora sulla pagina Facebook -. C'è
da ammettere che il discorso cambia relativamente ai frequentatori nella zona
più vicina a Sistiana. Il comportamento di poche persone riesce in questo caso a
permettere che qualcuno rigiri l'opinione pubblica a suo favore, per poter
distruggere e cementificare il tratto costiero con l'approvazione della
cittadinanza». Nel dibattito tra internauti si inserisce, come detto, anche il
consigliere e presidente della Seconda commissione consiliare, Maurizio Rozza:
«Curioso che ci si preoccupi dei manufatti abusivi della Costa dei Barbari –
scrive – quando nessuno in questi anni ha avuto il coraggio di far luce sulle
strutture che arrivano fino al mare, realizzate dalle ville lungo la costiera
triestina. Strutture che io non capisco come si concilino con le norme che
vietano di interrompere la libera percorribilità della battigia».
Tiziana Carpinelli
Sgonico, pulita la grotta Tartaruga - Commissione
grotte “Eugenio boegan”
Ritrovati una porta di legno, tavolini, secchi e vecchi materassi
SGONICO Una porta di legno, tavolini, secchi e vecchi materassi. Questo il
“bottino di guerra” che i soci della Commissione grotte “Eugenio Boegan” hanno
recuperato dalla Grotta della Tartaruga, il sito naturale collocato a pochi
passi dal centro di Borgo Grotta Gigante. Con l’appoggio di Comune di Sgonico,
Soprintendenza per i Beni Archeologici del Friuli Venezia Giulia, Stazione dei
Carabinieri di Prosecco e Università degli Studi di Trieste, il Museo
scientifico speleologico della Grotta Gigante ha coordinato il ripristino
ambientale della Grotta scoperta nel 1962, un sito naturale molto importante che
ha dato alla luce già dai primi scavi effettuati dall'Istituto di Antropologia e
Paleontologia Umana dell'Università di Pisa nel 1967 testimonianze di presenza
umana risalenti sino al tardo Paleolitico. Molti reperti sono oggi custoditi
dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici in attesa del compimento dell’iter
che condurrà al loro affidamento al Museo scientifico speleologico della Grotta
Gigante per l’esposizione nella nuova sede. Negli ultimi decenni la grotta era
stata abbandonata al degrado, fino a diventare covo di balordi e vagabondi che
ne hanno deturpato gli ambienti con l’abbandono di macerie e suppellettili di
vario genere. A sporcarsi le mani nelle operazioni di pulizia sono stati oggi i
soci della Commissione Grotte “Boegan”, il gruppo speleologico della Società
Alpina delle Giulie, sempre impegnati in attività di esplorazione e di tutela
dell’ambiente ipogeo. Tra le macerie rimosse si contano addirittura una porta di
legno, tavolini, secchi e vecchi materassi. Il recupero del sito si inserisce
nella prospettiva di valorizzazione turistica e didattica del territorio,
dimostrandosi un’azione concreta nell’ottica della costituzione di un Geoambito
da collegare al Museo della Grotta Gigante che potrebbe rappresentare il primo
tassello dell’istituendo Geoparco del Carso recentemente promosso da vari
partner italo-sloveni, in primis il Comune di Sesana e la Provincia di Trieste.
(ri.to.)
C’è un’isola di plastica che sta avvelenando anche il
Mediterraneo - ambiente »il libro
Un’inchiesta di Nicolò Carnimeo pubblicata da Chiarelettere, tra denuncia
e racconto, sull’inquinamento che mette a rischio la vita del mare
C’è un’isola di plastica in mezzo all’oceano Pacifico. Anzi due. Anzi di
isole di plastica ce ne sono di più: due nell’Atlantico, una nell’Oceano
Pacifico e una anche nel Mare Nostrum, il Mediterraneo. Ma l’isola in verità non
c’è. O meglio, c’è ma non si vede. Non sempre almeno. Sembra una sciarada, o una
leggenda metropolitana, oppure un fake buono per Youtube. Invece è tutto vero.
Stiamo parlando di agglomerati galleggianti - isole appunto - composti da
miliardi e miliardi di microscopici frammenti plastica, messi insieme dal gioco
delle correnti che circolano intorno al globo, e provocati dagli oltre cento
milioni di tonnellate di plastica prodotte ogni anno nel mondo, di cui dieci
milioni finiscono direttamente in mare. Una massa spaventosa - 50 anni di
rifiuti plastici - che sta letteralmente soffocando i mari, uccidendo migliaia e
migliaia di specie animali ogni anno. Ma non c’è solo la plastica ad avvelenare
i mari, compreso il nostro. Ci sono anche il mercurio, le scorie nucleari, le
armi chimiche e il tritolo degli esplosivi militari. Mai come negli ultimi due
secoli l’uomo ha usato il mare come un’immensa pattumiera, e il risultato è che
i mari - nonostante le loro sorprendenti capacità adattative, ma in parte anche
a causa di queste - stanno morendo, lasciandoci tutti privi di una grande,
insostituibile risorsa. Parole già sentite, certo, allarmi che suonano di
continuo con il rischio che nessuno li ascolti più. Ma quando alle parole si
aggiungo riscontri sul campo, anzi sul mare, allora le cose cambiano. È quello
che ha cercato di fare Nicolò Carnimeo, docente di diritto della navigazione e
dei trasporti all’Università di Bari, ma soprattutto autore di libri-inchiesta
come “Nei mari dei pirati” (Longanesi) sul fenomeno della pirateria moderna.
Ossessionato dalla storia dell’isola di plastica, Carnimeo ha voluto andare a
vedere di persona, e già che c’era ha dato un’occhiata intorno, anche attraverso
il Web, per misurare lo stato generale di salute del mare. I risultati di questa
sua nuova inchiesta sono ora raccolti nel volume “Come è profondo il mare” (Chiarelettere,
pagg. 172, euro 13,60), con prefazione di Predrag Matvejevic. Proprio Matvejevic
trova le parole migliori per sintetizzare il libro di Carnimeo: «l’analisi
lucida di uno scenario reale». Carnimeo per la sua indagine parte proprio
dall’isola che non c’è (ma c’è), quella di plastica. Va a Londra a incontrare il
californiano Charles Moore, un ex falegname appassionato di mare e ambientalista
convinto. Un giorno dei primi anni Novanta Moore, navigando a bordo del suo
catamarano “Alguita”, si è trovato letteralmente immerso in una gigantesca
discarica di plastica galleggiante - bottiglie, vecchie reti, sacchetti, rifiuti
di ogni genere - che ha bloccato le eliche della sua barca. Qualche anno dopo,
nel 2002, è successo di nuovo, stavolta a nord-ovest delle isole Hawaii: una
linea di rifiuti galleggianti larga una decina di metri e lunga decine di
miglia, «tanto che non se ne vede la fine». Moore vuole capire come stanno le
cose, arma il catamarano con speciali reti a sacco dette manta trawl e si mette
a dragare gli oceani. Scopre così il Great Pacific Garbage Patch, come l’ha
battezzato, ovvero l’isola di plastica, un’immensa “zuppa” «formata da centinaia
di miliardi di microscopici frammenti di plastica, impalpabili nuvole inquinanti
che fluttuano nel mare, si polverizzano e si disperdono, fermandosi in
sospensione appena sotto il livello della superficie». È una massa che «si
diffonde come un’ameba» dalle coste della California sino alla Cina, un’area in
cui «il rapporto tra plastica e massa di zooplancton è ormai di 6 a 1, e sale a
46 a uno nella zona di convergenza», là dove si addensa per effetto delle
correnti marine e del gioco delle alte e basse pressioni atmosferiche. È
un’immensa isola di plastica che provoca ogni anno la morte di una quantità
enorme di specie animali, dalle tartarughe marine agli uccelli che nidificano in
prossimità delle coste. Dal Pacifico Carnimeo salta poi nel Mediterraneo, dove
incontra un altro bizzarro personaggio che ha a cuore il bene del mare: Bruno
Dumontet, che vive a Molac, piccolo villaggio bretone a pochi chilometri
dall’Atlantico. Dumontet, a bordo del suo Halifax, «un solido sloop in acciaio
di 16 metri», fa nel Mediterraneo quello che Moore fa nel pacifico. Carnimeo si
imbarca con lui e si accorge che l’isola di plastica c’è anche nel nostro mare:
«Si calcola - spiega - che nel solo bacino nord-ovest del golfo di Genova si
ritrovano in media 200mila microframmenti (di plastica, ndr) per chilometro
quadrato». A Portoferraio, poi le analisi con la manta trawl svelano una
concentrazione di plastica che arriva a 892.000 microframmenti per chilometro
quadrato. A conti fatti, nota Carnimeo, «nel Mediterraneo in media il numero di
pezzetti per chilometro quadrato è di 115.00, il che vuol dire che in tutta
l’estensione marina ce ne sono 290.000.000.000 nei primi quindici centimetri
d’acqua, ovvero una fascia delicata e preziosa per la riproduzione e
l’alimentazione dell’ecosistema marino». È una specie di incubo globale, un
“blob” che porta l’autore a confessare, a proposito della plastica: «Io la odio,
ho imparato a odiarla come il capitano Moore, e la detesto così profondamente
che ormai la noto ovunque: sulla riva, tra le onde, sott’acqua , mentre navigo,
per strada». Ma Carnimeo non si limita a viaggiare nelle isole di plastica. Nel
libro, che richiama alla mente un classico del genere, “Il mare intorno a noi”
di Rachel Carson (più volte citato nel testo), la sua indagine si spinge a
curiosare fra l’anomala crescita di meduse, nelle pieghe dei più eclatanti casi
di inquinamento da mercurio, sugli spiaggiamenti dei cetacei, sulla strage degli
squali (l’Italia, si scopre, è al quarto posto per importazione e consumo di
carne di squalo), sull’inquinamento da esplosivi militari (tirando fuori dagli
archivi persino il bombardamento di Bari nel 1945 che provocò l’affondamento di
tonnellate di bombe all’iprite), sui misteriosi naufragi di navi cariche di
scorie nucleari. Storie, personaggi, cifre che ci fanno capire quanto avesse
ragione Lucio Dalla quando cantava: «Così stanno bruciando il mare, così stanno
uccidendo il mare, così stanno umiliando il mare, così stanno piegando il mare».
Pietro Spirito
IL PICCOLO -
DOMENICA, 2 febbraio 2014
Trebiciano, discarica “assolta” - L’ASSESSORE LAURENI -
Nessun inquinamento idrico rilevato da Arpa, AcegasAps e Ass
La discarica di Trebiciano? Nessuna traccia di inquinamento idrico. La
rassicurazione arriva direttamente dal Comune. Nei giorni scorsi, su iniziativa
dell’assessore all’Ambiente Umberto Laureni, alla presenza di personale del
Comune, dell’Agenzia regionale per la Protezione ambientale del Fvg, dell’Ass 1
Triestina e di AcegasAps, è stato fatto il punto sulle possibili ricadute
ambientali della discarica di rifiuti di Trebiciano. «Arpa, Acegas-Aps e Ass
hanno confermato, per quanto di reciproca competenza - si legge in una nota -
che non si sono mai rilevate nelle acque del Timavo, il corpo idrico più vicino,
tracce di inquinamento associabili alla discarica. Hanno altresì dato
assicurazioni che i controlli sono costanti e proseguono anche se il ricorso al
Timavo per l’approvvigionamento idrico di Trieste è ormai ridotto al minimo e
limitato alle situazioni di grande siccità. Per quanto riguarda possibili
interventi nelle cavità ipogee poste in prossimità di detta ex discarica -
rilevata ancora una volta l’estrema delicatezza e difficoltà di intervento - i
presenti hanno convenuto sull’opportunità di far ripartire il Tavolo tecnico
regionale incaricato di affrontare le complesse tematiche legate ai rifiuti
abbandonati in dette cavità». Il presunto inquinamento idrico era stato
sollevato dal Movimento 5 Stelle: con due interrogazioni, depositate in
Parlamento e in Regione, il deputato Aris Prodani e la consigliera regionale
Ilaria Dal Zovo avevano riaperto il caso dell’inquinamento del sito di
Trebiciano, sul Carso, che, tra la fine degli anni ’50 e l’inizio degli anni
’70, è diventato una discarica di rifiuti solidi urbani a cielo aperto.
Ferriera, l’obiettivo adesso è la vendita entro maggio
- SIDERURGIA»DOPO L’ACCORDO
Atteso a fine mese il via libera al bando, ma resta l’incognita sui
milioni di euro a carico del privato. Punto interrogativo sul commissariamento
dell’area Ezit
Tre mesi, forse meno, per dare alla Ferriera un nuovo padrone: il miglior
offerente se la si vuole prendere rispettando la forma, Arvedi badando al sodo.
Tre mesi a partire da oggi. O, meglio, da giovedì scorso, il giorno del festival
degli autografi di cinque uomini del Governo più un manager di una Spa dello
Stato come Invitalia - oltre che della governatrice Debora Serracchiani, di
Roberto Cosolini come sindaco nonché dell’assessore provinciale Vittorio Zollia
per conto della “sua” presidente Maria Teresa Bassa Poropat - sopra l’Accordo di
programma sull’area industriale e portuale di Servola (e non solo). La vigilia
del Comitato portuale convocato per domattina dalla numero uno dell’Authority
Marina Monassi - l’unica firma mancante sul patto romano è la sua - pare non
frenare l’effetto domino innescato proprio da quel patto. Da fonti istituzionali
si è venuto a sapere in queste ore che, ancorché non scritta e per ora nelle
teste di pochi, una road-map già c’è. La tabella di marcia prevede che entro
fine aprile, inizio maggio, a governare la fabbrica possa esserci il successore
di Lucchini, oggi rappresentato dal commissario straordinario Piero Nardi. Dallo
stesso Accordo di programma, d’altronde, deve discendere una serie di procedure
per le quali la forma reclama la sua parte. La letteratura degli iter
burocratici scoraggia ma in questo caso molto del lavoro sarebbe già stato fatto
prima di giovedì, nel senso che c’è il preventivo tacito accordo tra le parti,
il che renderebbe snelle le tappe. La prima delle quali appartiene proprio a
Nardi: la trafila vuole che lui debba chiedere all’apposito comitato di
vigilanza ministeriale l’autorizzazione a fare il bando per la cessione della
Ferriera. Il via libera si dice sia atteso tra la fine di febbraio e l’inizio di
marzo, fra un mese dunque. A quel punto il bando sarebbe cosa fatta,
pubblicabile a stretto giro. Due opzioni per i termini di presentazione delle
offerte: 30 o 60 giorni. Tutto lascia presupporre che la busta numero uno,
quella dei 30 giorni, sia la più probabile. Siamo a due mesi. Altri 30 giorni si
presume possano volerci per il vaglio delle proposte (o della proposta) e per
l’aggiudicazione. Qui i 30 giorni vanno considerati come tempo massimo: ne
potrebbero bastare meno. Tale proiezione va così a completare i tre mesi entro i
quali la road-map potrebbe chiudersi. Ciò però non vuol dire che il percorso che
porta ad Arvedi sia scolpito sulla pietra. L’Accordo di programma contiene
passaggi che seminano punti di domanda. Un paio soprattutto domina le
interpretazioni dietro le quinte. Uno è l’eventuale commissariamento dell’Ezit,
altro che la sola banchina di Servola, nel nome sempre di Serracchiani:
l’articolo 3 del patto riconosce «la delimitazione dell’area di crisi
industriale complessa come coincidente con il perimetro dell’Ezit». Un atto
dovuto in ossequio a esigenze normative che pretendono venga presa in
considerazione una zona oltre i confini di un solo stabilimento. Dovrebbe
restare sulla carta, ma forse anche no. Il secondo interrogativo è più
contingente: è legatissimo alla prospettiva dei tre mesi. E in qualche modo
potrebbe condizionarla. Riguarda i milioni di euro - almeno 18 - che l’articolo
7 dell’Accordo, rimandando alla tabella allegata, stabilisce siano riferiti
letteralmente a «interventi a carico del privato» per il cosiddetto «asse I»,
ovvero il «progetto integrato di messa insicurezza e di reindustrializzazione
del sito della Ferriera». Se c’è una cosa che però hanno capito anche i muri,
perché è stato lo stesso Arvedi quando è venuto a Trieste la scorsa estate a
metterlo in chiaro, è che lui è pronto a pagare tutto ciò che dev’essere pagato
per fare in modo che gli impianti non inquinino più (le perizie della Procura
hanno quantificato le operazioni in almeno 15 milioni) ma che le bonifiche
propedeutiche, compreso l’allungamento della banchina, sono affare dello Stato.
Il fatto che dopo la prima missione triestina dell’imprenditore lombardo si
evocasse appunto l’Accordo di programma tra i soggetti pubblici era tutto
fuorché casuale. Su questo punto, come detto, le interpretazioni oscillano. C’è
l’ottimismo secondo cui quei 18 milioni siano una sorta di “chip” abbordabile,
recuperabile semmai dall’acquirente nelle maglie informali della compravendita
con Lucchini. La disciplina del decreto Destinazione Italia, da convertire
presto in legge, in fondo parla chiaro: chi subentra non ha responsabilità di
bonifica. Ma c’è anche il pessimismo che dipinge un Arvedi, silenzioso in questo
periodo, pronto eventualmente ad alzare i tacchi. Insomma: un passo in avanti
nella forma (benché da fare perché l’esistenza stessa della Ferriera in
amministrazione straordinaria avrebbe i giorni contati) ma non altrettanto
avanti nella sostanza.
Piero Rauber
«Troppi alberi abbattuti, approccio brutale» - CRITICHE
AL PIANO DEL COMUNE
Lobianco (Fli) interroga il sindaco. Menis (M5S): gli interventi si
potevano limitare
Continua a raccogliere pareri negativi il piano comunale per l’abbattimento
di 330 alberi. Intervengono sull’argomento due consiglieri comunali, Paolo Menis
del M5S e Michele Lobianco del Fli che sul tema ha presentato un’interrogazione
al sindaco. Menis si dice «molto preoccupato per le modalità con le quali si sta
portando avanti il piano comunale di taglio e sostituzione degli alberi in
città». Il pentastellato comprende «i motivi di sicurezza per i quali si vuole
intervenire su alberi ammalati che potrebbero cadere sui passanti ma sono certo
che si sarebbe potuto procedere in modo meno drastico, limitando gli interventi
alle piantumazioni che si trovano nelle condizioni peggiori ma soprattutto
procedendo subito alle sostituzioni». Secondo Menis la situazione attuale «è
frutto della mancanza di investimenti sul verde fatta nel passato ma vedo che
anche questa amministrazione dedica poche risorse in questo settore - scrive -.
Essa ha sbagliato non coinvolgendo associazioni e comitati nella pianificazione
di un'attività non ordinaria di taglio degli alberi, e sta aspettando troppo
tempo per l'approvazione del nuovo regolamento sul verde». Menis chiede che i
tecnici del Comune controllino il lavoro delle ditte. Chiude l’intervento una
dura condanna dell’intervento «criminale» eseguito in via del Carpineto. Per
Lobianco «le spietate mutilazioni e abbattimenti degli alberi in città,
ricordano con le dovute proporzioni e contestualizzazioni una sorta di"Val
Rosandra due", la sensazione di "motoseghe in libertà" è fortissima, la Giunta
Cosolini ha scelto un approccio grezzo e brutale invece di uno scientifico e di
sensibilità ad un tema vitale». Nell’interrogazione presentata, l’esponente di
Fli chiede «se prima dell’abbattimento si sono cercate soluzioni alternative di
minore impatto e maggior sensibilità ambientale, quale sia il costo dell’appalto
per l’abbattimento degli alberi, quali e quanti interventi di manutenzione e
potatura hanno interessato in passato gli alberi ora abbattuti» e anche «se vi
sono risorse a bilancio per una pronta piantumazione di nuove essenze arboree».
Nel frattempo una nota del Comune informa che sono disponibili online gli
elenchi delle piante da abbattere con i due esempi di perizie eseguite e le
metodologie di analisi. Tutte le perizie effettuate sono consultabili agli
uffici del Verde pubblico, telefonando al numero 040-6758350 oppure scrivendo
all’indirizzo e-mail
servizio_verde_pubblico@comune.trieste.it
Muggia, saranno abbattute tutte le antenne abusive
Il sindaco ha emesso due ordinanze che riguardano gli impianti a San
Floriano e in via Vivoda. Poi toccherà agli altri presenti sul Monte San Michele
MUGGIA Le antenne abusive di Chiampore avranno vita breve. L'amministrazione
Nesladek ha deciso di imprimere un'ulteriore accelerazione verso la soluzione
dell'annoso problema che affligge la verde frazione muggesana. In questa ottica
sono partite in questi giorni, a cura del Servizio Urbanistica, due ordinanze di
demolizione riguardanti alcune antenne abusive presenti nel rione di Chiampore.
«Già in passato, a partire dagli anni Novanta, erano emesse diverse ordinanze
che avevano trovato la ferma opposizione delle società proprietarie delle
antenne che per ben 17 volte avevano fatto ricorso al Tar: sistematicamente il
Tribunale aveva dato torto al Comune motivandolo con la necessità di non poter
interrompere un servizio pubblico», ricorda il sindaco di Muggia Nerio Nesladek.
Molte antenne costruite in quegli anni erano nate come "precarie" ed erano state
in seguito regolarizzate solo in virtù dei vari condoni statali succedutisi
negli anni. A tutt'oggi, cinque di questi impianti risultano ancora non in
regola urbanisticamente, motivo per il quale dovranno essere tutti abbattuti e
spostati. Le ordinanze emesse in questi giorni riguardano due di questi impianti
in località San Floriano e via Vivoda; a breve ne verranno emesse altre due per
gli impianti abusivi presenti su Monte San Michele. A tutti sarà concesso un
termine di novanta giorni per la demolizione: una proroga verrà ammessa solo in
presenza di un piano di delocalizzazione concertato con il Comune e con gli Enti
preposti. Ma perché le ordinanze di oggi dovrebbero superare le obiezioni che
negli anni passati avevano visto il Tar dare torto al Comune? «Innanzitutto -
afferma Nesladek - perché, differentemente da allora, oggi esiste un piano di
delocalizzazione che l'amministrazione ha approvato, osteggiato invece
dall'opposizione, quindi ora le emittenti hanno un sito alternativo dove
spostarsi». Secondariamente perché «l'Arpa (l'agenzia regionale che ha
competenza sul controllo delle emissioni elettromagnetiche, ndr), sollecitata in
precedenza dal Comune perché si attivi per valutare esattamente il grado di
inquinamento a Chiampore con lo scopo di eliminarlo, ha chiaramente affermato in
una sua lettera di risposta che se prima non si regolarizzano tutti gli abusivi
non è possibile riportare a livelli di legge le emissioni a Chiampore». Infine
di fronte ad un progetto presentato da un'emittente riguardante la
ristrutturazione ed il risanamento elettromagnetico di un'antenna già esistente
e regolare dal punto di vista urbanistico, la Sovrintendenza ai beni Ambientali
ha espresso un parere scritto che, in modo molto chiaro e inequivocabile,
«subordina il permesso di costruire, con regolarizzazione delle emissioni, alla
rimozione preliminare degli impianti abusivi circostanti». Non ci sono quindi
più ostacoli per ordinare gli abbattimenti, ritiene il Comune, anzi questa
sembra ancor di più una necessità. «Tutto ciò - continua il sindaco - è frutto
del tenace lavoro fatto dagli uffici e dall'Amministrazione in questi anni.
Rispondiamo con i fatti ad alcune critiche strumentali provenienti da destra e
da una pseudo sinistra, fatte da chi in anni precedenti non era stato in grado
di muovere un dito». Soddisfazione e cauto ottimismo sull'esito finale viene
espresso anche dall'assessore all'Ambiente, Fabio Longo: «Una luce si intravede
fondo al tunnel. Ci aspettiamo ricorsi, è logico, ma siamo pronti a far valere
le ragioni della città».
Riccardo Tosques
IL PICCOLO -
SABATO, 1 febbraio 2014
Mini-rigassificatore “pilota” per l’Italia -
il rendering del progetto
Il direttore generale del ministero dell’Ambiente Clini propone
un’alleanza tra imprese e istituzioni per le autorizzazioni
Un pacchetto autorizzativo pre-costituito per mettere assieme la parte
tecnologica e impiantistica e quella delle procedure affinchè il progetto
industriale sia coerente con le norme per essere approvato velocemente senza
rischiare “il gioco dell’oca” autorizzativo.
«In Francia questo sistema esiste già, serve un prototipo, Monfalcone può
diventare un sito pilota su come si disegna un progetto industriale con le
procedure, bisogna mettere in comune le competenze: dò la mia disponibilità,
proviamo a lavorare assieme». È una sfida quella che ha lanciato ieri il
direttore generale del ministero dell’Ambiente, Corrado Clini, al termine di una
mattinata speciale durante la quale è stato firmato un accordo tra la Sbe di
Alessandro Vescovini, da anni impegnata sul fronte ambientale, e il ministero.
Un accordo volontario per ridurre ancora di più le emissioni e impegnarsi ancora
sul risparmio energetico. Ma soprattutto una giornata in cui è stato presentato
il progetto del mini-rigassificatore al Lisert e che vede la Sbe capofila di una
cordata di aziende pronte a investire almeno 100 milioni. Si tratta di un
impianto che non dovrà creare energia, ma fornire gas a imprese che ne usano
gran quantità per produrre e hanno bisogno di abbassare il costo delle forniture
per stare sul mercato. L’obiettivo è anche quello di realizzare il primo punto
di distribuzione di gas liquido per autotrasporto e mercantile d’Italia e
fornire lo stesso gas oltre che alla Fincantieri, che realizzerà navi con i
nuovi motori a gas, alla Wartsila che costruirà i motori. Lo ha spiegato
Vescovini dopo la firma dell’accordo con il ministero e ha anche auspicato che a
realizzare l’impianto sia la stessa Wartsila invitando a parlare il
vice-presidente Marco Golinelli che ha fatto una relazione sul Gnl spiegando che
si tratta del combustibile del futuro.
È un progetto “simbolo” per Monfalcone, per le aziende che facendo sistema
potrebbero diventare un punto di assieme alle istituzioni per la crescita
economica e occupazionale. Sono sembrati convinti tutti ieri, ad iniziare da
Clini che ha ribadito «come sia possibile coniugare efficienza ambientale ed
efficienza economica, quindi maggiore competitività». Con lo stesso tono si è
espresso il vice-presidente della giunta del Fvg Sergio Bolzonello. «Finalmente
un progetto di respiro strategico, capace di affrontare il tema complessivo
della competitività del nostro sistema delle imprese e quindi della
competitività territoriale del Fvg - ha affermato -. Siamo di fronte a un’idea
che guarda al futuro, che dimostra visione, che dà una scossa al sistema delle
imprese nel suo complesso. Ci sono certamente singole aziende che riescono a
stare sul mercato, ma è oggi il sistema territoriale che non ha più questa
capacità».
«Questo impianto può diventare un capolavoro, ne ha tutte le caratteristiche -
ha detto il presidente della Provincia Enrico Gherghetta - perchè è di taglia
piccola, accettabile dal territorio e può diventare un modello da esportare.
Mette in gioco noi e voi imprenditori». Disponibilità anche dal sindaco Silvia
Altran: «Siamo aperti alle collaborazioni con chi vuole guardare avanti e fare
sistema».
Non si può più aspettare, bisogna attuare una rivoluzione culturale e
industriale in regione e nel paese, l’Italia è ormai al capolinea: ha lanciato
un monito il presidente di Confindustria Fvg e ad di Fincantieri, Giuseppe Bono.
«Bisogna creare le condizioni perchè le imprese possano restare a lavorare in
Italia - ha detto - dobbiamo ribaltare questo paese e iniziare dalla cultura e
dalla formazione, altrimenti non andiamo da nessuna parte. Il Paese sta
diventando ogni giorno più povero, in pochi anni la produzione si è ridotta del
25% e abbiamo perso la capacità di fare impresa».
Giulio Garau
Alberi, 330 abbattimenti «Operazione esagerata»
Da Wwf a Legambiente, associazioni contro la decisione
del Comune. Giadrossi: bastava mettere in sicurezza le piante, così si intacca
il polmone verde della città
Più che pollice verde, pollice verso. L'operazione di abbattimento di oltre
300 alberi (330 per la precisione) presenti sul territorio urbano, operazione
inserita nel piano di rinnovo del patrimonio arboreo cittadino, sta scatenando
una autentica rivolta popolare. Sono infatti moltissimi i cittadini che non
hanno digerito la tipologia dell'intervento messo in atto dal Comune e che si
stanno scagliando contro quello che viene definito «un taglio indiscriminato
delle piante». L'intervento di rinnovamento delle alberature, scattato ai primi
di gennaio e destinato a concludersi a fine febbraio, interessa varie zone della
città. Per l'amministrazione comunale si tratta di «una operazione dovuta a
motivi di sicurezza e pubblica incolumità»: spiegazioni che però non convincono
i cittadini e suscitano molte perplessità anche tra gli ambientalisti. «È
un'autentica follia - tuona Alessandro Giadrossi, presidente di Wwf Trieste -.
Non capisco perché un albero considerato pericoloso debba essere eliminato per
forza: per evitare problemi basterebbe metterlo in sicurezza. In questo modo si
vanno a perdere arbusti secolari che costituiscono un polmone verde della città:
trovo che sia un'operazione assolutamente esagerata». Pensieri condivisi da
altre associazioni ambientaliste: «Siamo di fronte a un danno ambientale
rilevante - attacca Giorgio Cecco, coordinatore provinciale FareAmbiente -.
Rimangono forti dubbi su questo intervento: 300 alberi rappresentano un numero
rilevante, da non sottovalutare. Il fatto poi di sostituirli con arbusti più
giovani non è esattamente la stessa cosa dal punto di vista ambientale: non
vorrei che dietro a questa scelta drastica del Comune ci fosse una cattiva
manutenzione del verde pubblico». C'è poi chi si sofferma su altri aspetti della
questione: «Non voglio nemmeno pensare che ci sia un taglio indiscriminato degli
alberi anche perché sarebbe una cosa gravissima - annota Lucia Sirocco,
presidente di Legambiente Trieste -. Quello che voglio però rimarcare è il
dispiacere per il fatto che non sia ancora stato emanato il nuovo regolamento
comunale sul verde pubblico: uno strumento in grado di fotografare l'attuale
situazione del patrimonio arboreo e una sorta di garanzia anche per gli stessi
cittadini». Infine per Mariangela Barbiero, presidente dell'associazione “Tra
fiori e piante”, il problema va ricercato a monte: vale a dire in «una
manutenzione deficitaria del verde pubblico nel corso degli anni oltre che nelle
operazioni di potatura degli alberi eseguite in modo assurdo che vanno a causare
dei danni biologici alle piante, diminuendone la longevità».
Pierpaolo Pitich
L’ESPERTO - Poldini: quelle potature, vere mutilazioni
L'intervento di abbattimento delle alberature tocca molte vie cittadine: in
particolare viale XX Settembre (64 alberi), ma anche viale Miramare (51) e via
Rossetti (23). Non si salvano le zone periferiche: nei quartieri di Valmaura e
Borgo San Sergio sono circa una settantina le piante eliminate. Sulla questione
si esprime un'autorità in materia come Livio Poldini (nella foto), professore
emerito di Ecologia vegetale: «Mi auguro che questo intervento non sia stato
eseguito così tanto per fare - spiega Poldini -. In ogni caso va detto che
lasciano alquanto a desiderare le potature degli alberi, vere e proprie
mutilazioni, che alla lunga vanno a minare la salute della pianta. Non solo,
mentre la cintura boschiva si presenta buona numericamente, pur se lasciata in
uno stato di incuria e abbandono, il cosiddetto verde d'arredo urbano è invece
decisamente insufficiente a svolgere le funzioni di disinquinamento: dunque
anche la perdita di 330 alberi si fa sentire in una situazione già di per sé
deficitaria».
(p.p.).
SEGNALAZIONI - ALBERI / 1 Il regolamento del verde
urbano
Leggiamo di cittadini preoccupati dell’abbattimento degli
alberi. Nel dicembre 2012 andammo con un funzionario del verde pubblico a vedere
gli alberi malati in Viale ed eravamo d’accordo che quando sono molto malati è
saggio abbatterli e sostituirli subito con altri sani, per non correre il
pericolo di danni a persone o cose. Esprimemmo invece l’avviso che l’ipotesi di
capitozzare gli alberi malati per abbassarne il baricentro non fosse una
soluzione poiché avrebbe prodotto gravi deturpamenti e ulteriori indebolimenti
(la funzione degli alberi è innanzitutto estetica). Meglio un nuovo alberello
sano che un grosso albero malato e mutilato. Piuttosto auspicammo che questa
nuova amministrazione comunale, a differenza di quanto avvenuto in passato,
adottasse ogni possibile provvedimento per evitare danni alle alberature
stradali, proteggendole adeguatamente in caso di scavi e non ponendo condutture
sotterranee vicino alle radici. Lavori malfatti possono debilitare gravemente le
piante anche dopo anni. Tali criteri sono contenuti nel nuovo Regolamento del
verde urbano pubblico e privato che l’amministrazione comunale, su
sollecitazione e con collaborazione nostra e delle associazioni Italia Nostra e
Legambiente ha redatto, ma non ancora approvato. Suggerimmo anche che quando si
dovessero abbattere degli alberi si usasse il metodo “aperto per lavori”. Nei
grandi cantieri si tratta di consentire ai passanti di vedere il procedere dei
lavori mediante finestre nelle recinzioni e cartelli; quando si abbatte un
albero basterebbe porre un cartello in cui viene spiegato perché, aggiungendo
che saranno subito sostituiti da altri in egual numero. Sarebbe bello poi che i
cittadini più sensibili si occupassero costantemente della sorte degli alberi,
partecipando alla vita delle associazioni ambientaliste e protestando quando li
vedessero maltrattare con potature fatte male e fuori stagione. Va detto che la
nuova amministrazione ha promesso di abbandonare la vecchia strada per una più
consapevole dei danni biologici ed estetici delle male pratiche. Per ultimo, ma
anche molto importante, richiamiamo l’attenzione sulle piante infestanti:
l’ailanto, il Senecio inaequidens, l’Ambrosia artemisiifolia, che invadono il
nostro territorio con danno per il paesaggio (l’ailanto) e per la salute umana
(le altre due specie). Chiediamo ai nostri concittadini di sollecitare le
amministrazioni pubbliche a combattere la proliferazione di tali specie, come
indicato dagli articoli 78 bis, ter e quater della legge forestale regionale,
magari con la pubblicazione di tanto in tanto sul nostro Piccolo delle loro foto
per poterle riconoscere.
Roberto Barocchi (presidente di Triestebella) -
Mariangela Barbiero (presidente dell’Associazione Tra fiori e piante)
SEGNALAZIONI - ALBERI / 2 Difendiamoli, non
abbattiamoli
Leggo a pagina 27 del Piccolo di domenica 26 gennaio un
titolo che lascia sconcertati: “Abbattuti 203 alberi. Pericolanti per il
Comune”, con le sue giustificazioni e i commenti di alcuni cittadini allibiti e
contrari allo scempio perpetrato. Subito mi balena in testa la frase che un
Tizio, circa 90 anni fa, disse: «Io amo gli alberi, difendeteli, vi aiuterò a
difenderli», mentre oggi c’è un Caio che si dà il presupposto di pensare «Io
odio gli alberi, abbatteteli, vi aiuterò ad abbatterli». Ogni periodo ha gli
uomini che si merita...
Giorgio Weiss
SEGNALAZIONI - ALBERI / 3 Addio al pino
Ronza più che mai in queste fredde giornate, operosa come
un’ape, la sega affaccendata a risanare, ridimensionare il verde pubblico e
privato. L’uomo nel suo gabbiotto è sollevato meccanicamente fino all’altezza
occorrente. Accosta la sua sega al ramo basso, preme il pulsante. Velocemente il
metallo incide, rode; la segatura dorata vola nell’aria senza vento. Il ramo si
stacca dal tronco, divisi per sempre. Le fronde fremono nella caduta. L’albero
non grida, non fugge, non agita gli altri rami. È lì da 50-100 anni: un essere
vivente, la linfa scorre. Un ramo dopo l’altro la sega arriva alla cima del pino
nigra: la testa verde scura svettante sul tronco nudo. La cima cade lenta,
trattenuta dalle fronde come da un paracadute. Per un momento è affiancata al
tronco nudo, poi non c’è più. In terra, i rami ammucchiati, il tronco tagliato a
fette presto macinati e portati via. La potenza dell’uomo sedente nell’ufficio.
La potenza dell’uomo sedente nella sua scatola di metallo che corre veloce per
le strade o di quello sedente sul divano davanti il televisore. Sono
indifferenti all’albero che cade. Era un albero, un pino nigra indisponente e
inutile? Chi insegna la storia della fotosintesi clorofilliana ai bambini?
Presto i mass media introdurranno sul mercato le bombole per respirare l’aria
balsamica. Chiusi nelle nostre stanze guarderemo il sole finto della tv
respirando aria di montagna o di foresta canadese o di ulivo mediterraneo. Oh,
la scelta non mancherà. Basterà qualche euro.
Matilde Turk
Ferriera, Arvedi resta in silenzio: incognita-bando -
SIDERURGIA » DOPO L’ACCORDO
Rosato: il documento firmato è da vagliare Cosolini: superati tanti
ostacoli, non tutti
«È un Accordo complesso, tante pagine e continui rimandi a leggi e decreti.
Devo studiarmelo con calma e non ci metterò un attimo». Il giorno dopo la
storica firma a Villa Madama sul risanamento e il rilancio produttivo dell’area
di Servola e dell’Ezit che mette in campo 72 milioni di cui 57 pubblici, è
questo lo stringato commento di Francesco Rosato, amministratore unico di
Siderurgica triestina, la società costituita dal Gruppo Arvedi per acquisire la
Ferriera. Alla domanda se Arvedi parteciperà al bando, Rosato risponde:
«Bisognerà innanzitutto vedere quali caratteristiche avrà il bando, deciderà
Cremona». E da Cremona, dove il Gruppo Arvedi ha sede, non esce alcun commento,
nemmeno su sollecito. Con l’Accordo di programma firmato da cinque ministeri:
Sviluppo economico, Ambiente, Infrastrutture e Trasporti, Lavoro, Coesione
territoriale, oltre che da Regione, Comune, Provincia e Invitalia e disertato
soltanto dall’Autorità portuale, la pietra fondamentale per la riconversione di
un’ampia area indubbiamente è stata posta, ma è altrettanto certo che alcuni
interrogativi permangono. L’articolo 7 dell’Accordo infatti, per quanto concerne
Servola, definisce il “Programma degli interventi di messa in sicurezza a carico
del soggetto interessato non responsabile della contaminazione per l’immediata
fruizione dell’area”. E si citano: la rimozione e lo smaltimento del cumulo di
rifiuti presente nell’area demaniale, la rimozione di altri eventuali depositi
incontrollati di rifiuti, le misure di messa in sicurezza operativa del suolo
quali rimozione di hot spot e coperture idonee a mitigare o interrompere i
percorsi di esposizione, la compartecipazione alla realizzazione del progetto
pubblico di messa in sicurezza della falda, la partecipazione agli oneri di
realizzazione del marginamento fisico e dell’impianto di depurazione. E se
Rosato già mesi fa aveva preannunciato che il Gruppo era disposto a investire
20-22 milioni su risanamento e ammodernamento degli impianti, lo stesso cavalier
Giovanni Arvedi aveva sottolineato che non gli competeva mettere neppure un euro
per le bonifiche. La strada dunque non è del tutto spianata. «Nessuno si
illudeva di superare con l’Accordo tutti gli ostacoli - specifica a ventiquattro
ore dalla firma il sindaco Roberto Cosolini - è innegabile però che siano stati
stabiliti i presupposti per la soluzione di problemi che oggi sono di drammatica
gravità. Sono stati posti dei punti fermi e messo nero su bianco l’impegno del
governo. Chiaro che la strada è difficilissima e complessa e un ruolo decisivo
lo potranno avere i contenuti del bando di vendita che sarà il secondo passaggio
fondamentale da superare». E Vittorio Zollia, l’assessore provinciale che
giovedì ha messo la propria firma accanto a quelle degli altri rappresentanti
istituzionali regionali e triestini, specifica di vedere l’Accordo «in modo
estremamente favorevole perché perfettamente in linea con i contenuti della
mozione approvata all’unanimità del Consiglio provinciale che chiedeva di
mettere in prima linea le questioni della tutela della salute e dell’ambiente
anche quando si tratterà di discutere il rilascio della nuova Autorizzazione
integrata ambientale o le misure transitorie che comunque dovranno essere decise
alla prossima scadenza del 20 febbraio.»
Silvio Maranzana
«Se non ci sta, l’Authority si dimetta»
Il senatore Pd Francesco Russo: «Si deve rendere conto che a Trieste e
nel Paese tira un’aria diversa»
«Era per Trieste una delle riunioni più importanti degli ultimi anni,
decisiva per sbloccare una situazione controversa, complessa e, troppo a lungo,
caratterizzata da un immobilismo mortale per il nostro territorio. Erano
presenti 5 ministri, il presidente della Regione Fvg, il presidente della
Provincia e il sindaco di Trieste. Ma evidentemente né la posta in gioco né la
presenza contemporanea di tutti gli attori interessati sono stati motivo
sufficiente a convincere il presidente dell’Authority Marina Monassi a
partecipare all’incontro». Così Francesco Russo, senatore PD di Trieste in
merito all'Accordo di programma firmato giovedì a Roma. «Per di più - aggiunge
Russo - non solo non ha partecipato, ma - da quanto riferiscono le cronache -
sembra anche aver provato, fino alla fine, a impedire l’accordo: il segretario
generale facente funzione Sinigaglia nei minuti precedenti la firma ha, infatti,
avanzato una proposta di modifica del testo che a tutti è parsa inaccettabile.
Mi chiedo: se qualcosa non andava, era proprio necessario aspettare l’ultimo
minuto per chiedere cambiamenti? Va avanti Russo. «E se non può prendere
decisioni senza coinvolgere il Comitato portuale, se n'è accorta solo in
extremis? Ma soprattutto: quale impegno immodificabile ha trattenuto la
presidente Monassi dal venire a Roma? Sarà un caso, ma ogni qual volta si
discute di modifiche dello status quo che tiene Trieste inchiodata al suo
immobilismo capita che lei si opponga o non si presenti trovando accampando una
varietà di scuse davvero ammirevole». «La presidente - precisa Russo - farebbe
bene a rendersi conto che, da un po’ di tempo, a Trieste, in Regione e nel Paese
tira un’aria diversa: l’accordo di ieri è frutto del lavoro in sinergia del
governo Letta, della presidente Serracchiani, del sindaco Cosolini e della
presidente della Provincia Bassa Poropat. Marina Monassi scelga da che parte
stare: se vuole dare una mano si rimbocchi le maniche e lavori insieme agli
altri protagonisti del territorio per dare un nuovo futuro a questa città. In
caso contrario, lunedì, in Comitato portuale, si presenti dimissionaria e lasci
ad altri. «Per questo sono certo che i rappresentanti degli enti locali
interverranno a quell’incontro ben decisi a chiedere lumi sul comportamento
della presidente per una discussione franca sul merito e senza fare sconti. In
alternativa è giusto chiedere, tutti insieme, le dimissioni della Presidente
Monassi: è inaccettabile, infatti, che un manager pubblico con un reddito di
oltre 300.000 euro annui non solo non porti a casa risultati, ma, per di più -
conclude Russo - dia sempre l'impressione di lavorare più o meno apertamente per
sabotare i progetti di futuro della città».
«Delineato il percorso ma l’occupazione va
salvaguardata»
Unanimi consensi dai sindacati: il merito va alla Serracchiani
-Male l’autorità portuale, vediamo se ci sono zone d’ombra
«Considerando i progressi compiuti rispetto a una settimana prima, la firma
dell’Accordo di programma sulla Ferriera, avvenuta relativamente velocemente, è
molto positiva e il merito va a Debora Serracchiani. Stupisce invece
l’atteggiamento dell’Autorità portuale, anche se il suo ruolo non è basilare:
evidentemente, dietro tali atteggiamenti ci sono giochi politici». Commenta così
l’intesa raggiunta a Roma Franco Palman, Rsu della Uilm. Concetti condivisi da
Umberto Salvaneschi, della Fim-Cisl. «Il percorso dell’Accordo - continua Palman
- è ora ben delineato, l’assegnazione degli interventi tra pubblico e privato
anche, così da spianare la strada al bando di vendita». Ma secondo lo “storico”
sindacalista della Ferriera non tutto è “rosa”. «Insisto - spiega convinto -
sulla necessità di porre attenzione anche alla parte sociale dell’Accordo:
l’occupazione deve essere tutelata. Ed è un discorso che non ha solo una valenza
aziendale ma cittadina. Trieste nel comparto dal 2008 ha perso 2mila posti di
lavoro, è doloroso e inaccettabile». Palman comunque riconosce i meriti:
«Abbiamo assistito a una svolta storica. Finalmente la politica, messasi in
squadra, è riuscita a far capire che Trieste ha bisogno di aiuti». In queste
ore, in questi giorni, la Uilm «stimolerà un nuovo tavolo, a livello regionale,
anche per capire insieme a Serracchiani se vi sono eventuali punti d’ombra
dell’Accordo di programma per quanto concerne gli aspetti sociali e sindacali».
Palman, infine, torna sul comportamento dell’Autorità portuale. «La mancata
firma dell’Accordo da parte dell’Authority non condiziona ma dà fastidio, e
molto. E in un certo senso mi stupisce: è un voltafaccia rispetto alla
disponibilità mostrata in passato in situazioni analoghe». «Ora - specifica
Umberto Salvaneschi - attendiamo di conoscere la data di un incontro già
concordato con l’azienda sulla fermata dell’altoforno. Per ovvie ragioni noi
vorremmo che fosse procrastinata, fino a spostarla il più vicino possibile alla
data del bando di gara per la vendita». «Si tratta di un atto fondamentale ma,
ricordiamocelo, di un percorso molto lungo, in ogni caso la firma dell’Accordo
di programma è frutto di un lavoro istituzionale tenace, e di ciò va dato merito
soprattutto a Debora Serracchiani; è confortante», dichiara Adriano Sincovich,
segretario provinciale Cgil. Anche lui bolla come «incredibile» l’assenza a
Roma, di Marina Monassi, la presidente dell’Autorità portuale: «È un nostro
interlocutore istituzionale, ma non è la prima volta che si comporta così.
Dovremmo tutti affrontare in un’ottica più larga la programmazione del
territorio e delle attività produttive connesse alle aree portuali».
(p.p.g.)
La “mission impossible” del soldato Sinigaglia per
conto di madama
Se non ti chiami Tom Cruise è meglio lasciar perdere. Inutile tentare un
ennesimo sequel di Mission Impossible. È destinato a fallire in partenza. Ma
Walter Sinigaglia, stoico segretario facente funzioni dell’Autorità portuale ci
ha provato lo stesso. Gli ordini sono ordini. Guidato al telefonino da Trieste
da Marina Monassi, quasi fosse un omino della playstation, durante tutto il
vertice di Villa Madama ha sparato una serie di modifiche e correzioni con il
chiaro obiettivo di far saltare o quantomeno rinviare la firma per l’Accordo di
programma. In codice l’hanno chiamata operazione “banchina selvaggia”, in
riferimento alla parte a mare dell’impianto di Servola sulla quale madama Marina
non vuole perdere il controllo in seguito al commissariamento targato
Serracchiani, ormai sua acerrima “nemica”. Questo, in soldoni, il dietro le
quinte del summit romano salva-Ferriera. Ma com’è stato questo vertice? «Nè
burrascoso nè tranquillo, in alcuni frangenti semplicemente surreale», racconta
sottovoce uno degli attori della piéce andata in scena sui colli capitolini.
Dopo infiniti conciliaboli nelle sale di Villa Madama, Sinigaglia ha tentato un
disperato affondo finale quando ormai si era oltre il novantesimo minuto, a
cerimonia iniziata, con il sottosegretario alle infrastrutture Rocco Girlanda
proponendo un’ultima modifica al testo suggerita dalla voce metallica al
cellulare di Madame Marina. Ma tutto questo avveniva mentre il compassato
ministro all’ambiente Andrea Orlando stava già firmando le sue copie
dell’Accordo. Ad un certo punto il ministro ha alzato perplesso la testa dalla
scrivania per capire cosa stava accadendo alle sue spalle. Intanto il sindaco
Roberto Cosolini e la governatrice Debora Serracchiani erano all’erta come due
gendarmi, pronti a bloccare eventuali sabotatori, disposti anche a disintegrare
il suddetto diabolico telefonino, anche se sarebbe stato assai poco
politicamente corretto. Ma il loro nuovo capo (Matteo Renzi) avrebbe capito e
giustificato e avrebbe forse pronunciato il classico «Marina chi?». Ci sta, per
puro caso, anche la rima con Fassina. Il povero Sinigaglia poco prima aveva
tentato di convincere a stravolgere l’Accordo anche lo stesso ministro alle
infrastrutture, non riuscendo però questa volta a ballare con Lupi. Anche un
duro come Kevin Kostner avrebbe desistito di fronte a un Accordo di programma
ormai blindato. Frustrato da tutti quei tentativi andati a vuoto, il segretario
facente funzioni del Porto di Trieste alla fine si è arreso e dalla torre del
Lloyd è arrivato l’ordine di scuderia di non firmare. E così Sinigaglia ha
battuto in ritirata perdendosi la foto-ricordo di rito dove invece spicca il
navigato ambasciatore della Provincia Vittorio Zollia per la sua cravattona rosa
che fa tanto giro d’Italia. Partita veramente finita? Lunedì in Comitato
portuale la prossima puntata. Cat.
«Spingeremo tutti per la firma di Monassi»
Serracchiani: dalla Torre del Lloyd un no ma il Ministero delle
infrastrutture da cui dipende ha detto sì
L’Autorità portuale si sfila all’ultimo momento dalla firma sull’Accordo di
programma ma non ci sarano contraccolpi sull’intesa per la Ferriera. Ne è
convinta la presidente della Regione Debora Serracchiani che, pur dicendosi
«dispiaciuta» per la vicenda, valuta «marginali» le motivazioni espresse
dell’Authority: l’ente ha rivendicato - ma senza successo – il diritto di
inserire nel testo un paragrafo per la quantificazione dei canoni di
concessione, da riservare al Comitato portuale. Oltre che la necessità, addotta
dal segretario generale Walter Sinigaglia, di ottenere per la firma un mandato
specifico da parte dello stesso Comitato. Tecnicismi amministrativi che non
fermano tuttavia né la validità del documento, né tantomeno Serracchiani. Che
rilancia: «È davvero un accordo di portata storica, finalmente riusciamo a
concretizzare su un sito così complesso un impegno vero da parte del pubblico.
Ci sono diversi milioni di euro e c’è la volontà di tenere insieme da una parte
l’occupazione, dall’altra la sostenibilità ambientale. Ovviamente – dice la
governatrice – è solo un tassello perché è il primo degli accordi di programma,
ne seguirà un altro dopo il bando di evidenza pubblica, auspicando che ci sia un
interlocutore che, partecipando al bando, abbia acquisito la Ferriera». Quanto
alla mancata firma, rileva ancora la governatrice, «da un punto di vista anche
personale sono dispiaciuta perché avevamo lavorato anche alle richieste
dell’Autorità portuale fino a un’ora prima che si licenziasse il testo. Dopo di
che – racconta – siamo arrivati lì, c’erano quattro ministri, il
sottosegretario, un presidente di Regione, l’amministratore delegato di
Invitalia, Comune di Trieste e Provincia. E la richiesta di un’ulteriore
modifica, per quanto marginale, evidentemente ha messo in difficoltà i ministri
i quali hanno detto no». Marginale? «Sono tutte competenze dell’Autorità
portuale per legge – chiarisce la presidente della Regione – quindi non toccate
dall’Accordo. Aiuteremo tutti a garantire lunedì la firma dell’Autorità portuale
(in Comitato, ndr), in questo senso le istituzioni collaborano». Infine una
precisazione, o forse una provocazione: Serracchiani fa notare che «ha firmato
anche il ministero delle Infrastrutture, da cui dipende l’Autorità portuale. Un
fatto un po’ strano...no?”.
Gianpaolo Sarti
Costa dei Barbari, il Comune contro degrado e
abusivismo
L’assessore Cunja ha annunciato provvedimenti in quella parte di spiaggia
“occupata” da manufatti in tronchi, immondizie e opere in muratura
DUINO AURISINA «Via le favelas dalla Costa dei Barbari». Perché «parlare di
striscia di litorale incontaminata quando invece vi sono simili strutture,
orrende sotto ogni profilo, ambientale e paesaggistico, è un'evidente stortura».
Lo sostiene l'assessore al Turismo di Duino Aurisina, Andrej Cunja, che sulla
scia di alcuni allarmi circa recenti interventi di ruspe nell'area, scaturiti
dai social network e poi risultati infondati, si è recato sul posto, costatando
lo “stato di degrado di quei luoghi”. Dove sono presenti manufatti in tronchi,
sacchi di immondizia e perfino opere in muratura totalmente abusive, per le
quali non risulta sia mai stata richiesta una concessione e che dunque non
possono determinare un uso esclusivo del sito, perché non sarebbe corretto nei
confronti della collettività. Insomma, per l'amministrazione Kukanja la Costa
dei Barbari deve in quel tratto tornare accessibile a tutti e per questo è
auspicabile «un'opera di pulizia, magari sotto la regia dell'ente locale, da
parte degli stessi fruitori». Il Comune non vuole per ora forzare la mano,
tuttavia le autorità competenti potrebbero anche decidere di disporre
un'ordinanza di sgombero dei manufatti, ritenuti irregolari. Quanto alla
questione del naturismo (da anni la zona è frequentata dagli habitué della
tintarella integrale), secondo Cunja «purtroppo al momento la legge non consente
siano create spiagge appositamente destinate a tal fine: solo in Emilia Romagna
queste strutture risultano disciplinate». Ma chiaramente nel futuro sviluppo
della Costa questo tipo di ostacolo andrà superato, trovando una giusta formula
per mantenere quelle comunità che fruiscono dell'area ormai da decenni. Nulla in
contrario, dunque. Quanto ai recenti interventi segnalati, si sono concentrati
sull'ultimo tratto, verso Trieste, del cantiere di Portopiccolo, che «ovviamente
possiede tutte le autorizzazioni necessarie». In quella zona, stando a quanto
asserito da Cunja, si procede alla sistemazione della linea di costa per creare
il nuovo stabilimento balneare, di libera fruizione, che sarà pronto per
l'estate. «Lì - sostiene - giungerà anche la strada di collegamento alla Costa
dei Barbari, dove attualmente non c'è alcun cantiere, in quanto siamo ancora in
fase di pianificazione del restyling». L'amministrazione sta completando il
progetto definitivo, che in sostanza ricalca la filosofia del preliminare, già
presentato, per poi passare all'esecutivo e quindi alla realizzazione delle
opere. Opere «che non consisteranno affatto nella costruzione di una passeggiata
di collegamento tra Portopiccolo e l'ex Hotel Europa, ma solo nella
trasformazione della vecchia camionabile costiera che collegava l'ex Cava Africa
al pontile Kut, parzialmente crollato nel 2013, in un percorso ciclopedonale».
Insomma, saranno recuperati i primi 200-300 metri dal confine della nuova
cittadella turistica, con un potenziamento - alla luce anche di più approfonditi
studi idrogeologici che hanno messo in luce l'instabilità del costone - dei
paramassi. «Oltre a ciò – prosegue Cunja – ci sarà una nuova scala di
collegamento al Belvedere, sfruttando il vecchio scivolo per massi che si trova
sopra il pontile e sarà restaurato per consentirvi l'approdo di piccole
imbarcazioni. Verrà inoltre demolita l'attuale discesa pericolante». La
rimanente parte della costa, dal pontile Kut verso Trieste, non sarà toccata per
mancanza di fondi. «L'intervento è importante – conclude Cunja -, anzi
fondamentale in chiave turistica, in quanto va a riqualificare un luogo che oggi
si presenta tutt'altro che incontaminato».
Tiziana Carpinelli
Muggia, la Giunta boccia “Punta Olmi”
Non passa il progetto privato che prevede alberghi e case vacanze, campi
da golf e parcheggi
MUGGIA Un secco no al mega progetto turistico previsto a Punta Olmi. La
Giunta Nesladek, come già preannunciato dal vicesindaco Laura Marzi, ha
formalmente archiviato il procedimento relativo alla proposta di Piano attuativo
comunale (Pac) di iniziativa privata denominata "Punta Olmi". «Non accetteremo
questo intervento, le cui proporzioni sono state ridotte ma rimangono
decisamente fuori dai parametri che abbiamo indicato nelle direttive del
prossimo Prgc», aveva detto Laura Marzi facendo capire le intenzioni
dell'amministrazione. Intenzioni che sono state confermate dal diniego alla
cementificazione prevista dal progetto della Punta Olmi srl, che aveva come suo
fiore all'occhiello la realizzazione di alberghi e case vacanze, oltre a campi
da golf e parcheggi auto. La proposta del Piano attuativo comunale è stata
valutata “non sostenibile” dalla Giunta, motivo per cui ha espresso parere
negativo al progetto terminando quindi la prosecuzione del procedimento.
Delibera che non verrà posta all'attenzione del Consiglio comunale. Nello scorso
ottobre il Consiglio provinciale aveva messo una serie di paletti al mega
progetto. «La realizzazione di costruzioni edilizie in aree assoggettate a
fenomeni erosivi con processi gravitativi è un elemento di criticità – recitava
il testo della delibera votato dal Consiglio -. Si ritiene che la competente
autorità regionale debba porre sotto particolare attenzione la stabilità dei
versanti della zona in esame. Nella documentazione rilasciata dai soggetti
proponenti sono poi previsti impianti di depurazione, ma non è chiaro come si
svilupperà la rete fognaria. Si ritiene utile venga specificata meglio la
gestione delle acque nere nel periodo transitorio fino al previsto allacciamento
alla rete fognaria. A tal proposito si ritiene utile venga fornito un
cronoprogramma considerati anche i precedenti negativi con analoghi insediamenti
nell’area. Dovrà essere tenuto conto del Piano Tutela delle Acque e del Piano
d’Ambito». Criticità erano state espresse poi sul discorso legato ai flussi di
traffico "che si potranno avere nella fase di costruzione e i conseguenti flussi
che verranno generati con il nuovo insediamento, specificando quelli dovuti
all’indotto delle attività alberghiere e delle attività legate alla filiera per
la produzione dell’olio che si prevede di implementare, in relazione ai flussi
attuali". Nella documentazione era stato poi stigmatizzato che in alcuni punti
pareva che l’insediamento avesse carattere residenziale. Da qui la richiesta che
"venga evidenziato il tempo medio di permanenza dei turisti previsto
nell’insediamento". Al voto del Consiglio provinciale non prese parte il
consigliere dell'Idv Fabio Longo, esponente della maggioranza Bassa Poropat
ricopre contemporaneamente anche il ruolo di assessore all'Ambiente del Comune
di Muggia. Longo ammise di non condividere «in alcun modo il contenuto della
delibera proposta» dal Consiglio provinciale, stigmatizzando come non si fosse
«tenuto conto della lettera della Soprintendenza paesaggistica del 22/12/2004
che indica l'inedificabilità delle aree interessate in considerazione della
necessità di tutela degli aspetti paesaggistici e segnalava la necessità di
tutela pure degli aspetti faunistici e vegetazionali».
Riccardo Tosques
IL PICCOLO -
VENERDI', 31 gennaio 2014
Ferriera, firmato l’Accordo
Investimento di 72 milioni per tutta l’area
industriale, manca la sigla di Marina Monassi
INVIATO A ROMA Quattro ministri e un sottosegretario hanno messo la firma
ieri pomeriggio a Roma sotto l’Accordo di programma che prevede un investimento
complessivo di 72 milioni di cui ben 57 pubblici per il risanamento e il
rilancio produttivo non solo dell’area di Servola su cui è insediata la
Ferriera, ma anche dell’intero comprensorio dell’Ezit. Flavio Zanonato (Sviluppo
economico), Andrea Orlando (Ambiente), Enrico Giovannini (Lavoro) e Carlo
Trigilia (Coesione territoriale), unitamente al sottosegretario di
Infrastrutture e trasporti Rocco Girlanda si sono dati appuntamento a Villa
Madama, sede di rappresentanza sulle pendici di Monte Mario della presidenza del
Consiglio e del Ministero degli esteri per dare una svolta fondamentale al
risanamento ambientale e al rilancio industriale di Trieste. Accanto alle loro,
la firma della presidente della Regione Debora Serracchiani, del sindaco Roberto
Cosolini, dell’assessore provinciale Vittorio Zollia in rappresentanza della
presidente Maria Teresa Bassa Poropat e anche dell’amministratore delegato di
Invitalia (Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo
d’impresa) Domenico Arcuri. Clamoroso il comportamento dell’Autorità portuale:
la presidente Marina Monassi ha inviato il segretario generale facente funzioni
Walter Sinigaglia che dopo fitti conciliaboli al cellulare da una sala vicina
che si protraevano anche quando la brevissima cerimonia era già iniziata, ha
deciso di non firmare. L’Accordo, in maniera per certi versi sorprendente, è
articolato in due assi di intervento: il primo è costituito dal progetto
integrato di messa in sicurezza e reindustrializzazione del sito della Ferriera
di Servola, il secondo prevede un intervento di riconversione e riqualificazione
produttiva dell’area di crisi industriale complessa di Trieste e in quest’area è
stato fatto rientrare l’intero territorio oggi compreso nel perimetro dell’Ente
zona industriale. Da tutto questo è esclusa soltanto l’area dove dovrà invece
sorgere la Piattaforma logistica. Alla fine l’Accordo specifica quali devono
essere gli interventi rispettivamente a carico del privato e del pubblico. Al
privato spetterà la rimozione dei rifiuti nelle aree private e in quelle in
concessione della Servola spa per una spesa complessiva stimata in 2 milioni e
mezzo - 3 milioni, la messa in sicurezza operativa di questi terreni con 10mila
euro di spesa per l’analisi di rischio, le misure di prevenzione sanitaria in
area Servola per un milione e mezzo, le misure di prevenzione sanitaria in area
demaniale per 10 milioni, il marginamento fisico, barrieramento idraulico e
trattamento in impianto di depurazione delle acque contaminate per 2 milioni, il
monitoraggio per una spesa di 300mila euro. L’amministrazione pubblica
interverrà con 23milioni e 500mila euro per il marginamento fisico e con 18
milioni per l’impianto di depurazione per trattamento delle acque di falda
contaminate. L’Accordo cita anche gli interventi considerati necessari per il
rilascio della nuova Autorizzazione integrata ambientale alla Ferriera: sia
nella cokeria che nell’altoforno revamping completo e automazione delle
operazioni con attenzione alla captazione completa delle emissioni diffuse e
sistema di trattamento dedicato, nell’agglomerato captazione localizzata,
prevede la pavimentazione di tutte le strade interne allo stabilimento, la
pavimentazione, il confinamento e la copertura di tutte le aree di messa a
parco, l’adozione di sistemi di contenimento delle polveri durante lo scarico
dalle navi, la captazione e depurazione delle acque meteoriche.
Silvio Maranzana
«Fuga in avanti sul decreto per il commissario» - I
GRILLINI
Prodani: «Il provvedimento è al vaglio della commissione, al voto entro
due giorni»
«La trovo una circostanza particolare, una situazione inusuale». Aris
Prodani, deputato del Movimento e Stelle, commenta un risvolto particolare delle
recentissime vicende romane riguardanti la Ferriera di Servola. Nell’Accordo di
programma raggiunto e firmato al tavolo delle trattative a Villa Madama ma senza
la sottoscrizione da parte dell’Aurorità portuale, è previsto il passaggio di
competenze di alcune competenze su alcune aree del Demanio portuale
dall’Authority del porto al commissario straordinario per la cosiddetta Area di
crisi complessa di Trieste, Debora Serracchiani. Ebbene, nell’Accordo vi sono
precisi riferimenti al connesso Decreto Fase 2 Destinazione Italia. «Il fatto
perlomeno curioso è che si dà come già perfettamente “sdoganato” tale decreto
mentre in verità il documento è attualmente al vaglio della Commissione attività
produttive, della quale faccio parte» afferma Prodani. «Sono sicuro che il
decreto verrà approvato tra domani e dopodomani ma formalmente a tutt’oggi non
lo è ancora» conclude l’esponente dei grillini: «Il decreto è già valido, in
quanto uscito sulla Gazzetta Ufficiale alla vigilia di Natale, ma deve ancora
essere convertito in legge, dopo il “sì” della Commissione di cui faccio parte».
In definitiva una sorta di “fuga in avanti”, detatta probabilmente dalla
scadenza del 31 gennaio che ngli interlocutori si erano dati, ma che non cambia
la sostanza o la validità del patto siglato nella Capitale. Quattro ministri, un
sottosegretario e i loro Gabinetti - si pensa - avranno verificato la validità
legale degli atti che stavano compiendo, alla luce dell’ancora mancante
conversione in legge del decreto in questione. L’Accordo siglato a Villa Madama
si compone di due linee d’intervento: la prima riguarda il progetto integrato di
messa in sicurezza e reindustrializzazione del sito della Ferriera di Servola.
La seconda concerne interventi di riconversione e riqualificazione produttiva
dell’Area di crisi industriale complessa di Trieste. In tale ambito d’intervento
è stato fatto rientrare l’intero territorio attualmente nel perimetro dell’Ente
zona industriale.
(p.p.g.)
Serracchiani: «Vera impresa Tutelati ambiente e lavoro»
La soddisfazione della governatrice: lavorato giorno e notte per il
risultato Cosolini: «Grande gioco di squadra, abbiamo sostenuto Arvedi». Ora il
bando
DALL’INVIATO A ROMA Non sta in sè dalla contentezza Debora Serracchiani
nella sede romana di piazza Colonna della Regione Friuli Venezia Giulia dopo la
firma dell’Accordo per Servola e per la crisi complessa di Trieste. «Abbiamo
stabilito un primato perchè si tratta del primo Accordo firmato in Italia a
livello governativo che coniuga ambiente e occupazione. È finalizzato a un
obiettivo di industria sostenibile che non rimarrà ristretto all’area di
Servola, ma coinvolgerà l’intera zona industriale triestina. La soddisfazione è
tanta perché vi ho lavorato molto anche personalmente, ma il ringraziamento più
forte va agli uffici della Direzione regionale. Ci siamo riusciti nei tempi
promessi che erano appunto quelli del 31 gennaio». Adesso l’iter può proseguire
anche se le tappe da percorrere sono ancora molte e i politici incominciano a
sentire sul collo il fiato dei lavoratori della Ferriera per i quali sta già per
scattare la cassa integrazione. «Abbiamo sbloccato 72 milioni - dice
Serracchiani, di cui 57 per Servola. Di questi 57, 15 devono essere messi dal
privato, ma 42 sono pubblici e di questi 42, 26 sono della Regione. Poi vi
saranno altri 15 milioni pubblici per la zona industriale, per questo l’Accordo
è stato firmato anche dall’amministratore delegato di Invitalia.» Fatto
l’Accordo di programma, il commissario straordinario Piero Nardi, può
predisporre il bando per la vendita dello stabilmento. «Nel corso dell’ultimo
Tavolo in Regione - ricorda la governatrice - Nardi aveva parlato di metà
febbraio, poi il bando resterà aperto da trenta a sessanta giorni». È in questa
fase che dovrebbe rifarsi ufficialmente vivo il Gruppo Arvedi che aveva già
avviato le trattative per l’affitto, fase poi saltata. Quindi una Conferenza dei
servizi dovrà approvare la vendita e si passerà alla fase due con un Accordo
quadro sulla zona industriale, l’entrata in scena di Invitalia e lo sblocco
degli ulteriori 15 milioni pubblici. È a questo punto che entrerà in azione, su
tutta l’area (Ezit compresa) il commissario straordinario deputato
all’attuazione dell’Accordo di programma, sempre nella persona di Debora
Serracchiani. «È un primo risultato, ma di rilevanza straordinaria - il commento
del sindaco Roberto Cosolini - solo un anno fa stavamo quasi per arrenderci
davanti alla prospettiva della perdita di centinaia di posti di lavoro e di
un’ampia area di Trieste destinata a un pericoloso abbandono. Serracchiani è
stata particolarmente incisiva nei confronti del governo e il gioco di squadra
messo in atto dalla città quasi al completo ha funzionato. Oggi anche il
potenziale acquirente ha capito che non è da solo in questa ambiziosa
operazione, ha chiaro ciò che resta a carico del privato e dove interviene la
mano pubblica, ma certamente si trova di fronte a condizioni allettanti per
entrare in campo. Ma la vittoria è di tutta la città sia per l’obiettivo
raggiunto che per le risorse portate a casa.» «Siamo realmente di fronte a un
repentino cambio di passo - l’opinione dell’assessore provinciale Vittorio
Zollia - l’Accordo copre pressoché tutto il quadro istituzionale e offre una
soluzione globale in un quadro normativo obiettivamente complesso. In primo
piano viene posta la tutela della salute e dell’ambiente che diviene anche la
condizione base per la prosecuzione dell’attività produttiva, si definiscono i
ruoli e per la prima volta si definiscono quali sono le risorse pubbliche da
investire sul territorio. Nell’ultima fase si prevedono anche scelte di
riconversione industriale».
Silvio Maranzana
Piano del traffico, opposizione brava solo nelle
polemiche - L’INTERVENTO DI ELENA MARCHIGIANI (Assessore
alla Pianificazione urbana, mobilità e traffico del Comune di Trieste)
Con questa breve nota rispondo al consigliere Everest Bertoli in merito ai
lavori per l’attuazione del Piano del traffico. Lavori che stanno procedendo con
grande celerità, visto che il Piano è diventato operativo solo dopo
l’approvazione da parte della Provincia il 19 settembre 2013. Agli inizi di
febbraio - dopo sopralluoghi e verifiche accurate - verranno portati in giunta i
primi piani di dettaglio riguardanti sia l’istituzione di nuove zone pedonali e
ad elevata pedonalità nelle aree di via XXX Ottobre, largo Barriera e viale XX
Settembre, sia la creazione di nuovi posti riservati a persone disabili (scelte,
queste ultime, prese grazie al dialogo continuo e molto fertile con la Consulta
disabili). Seguiranno, entro l’anno, la pedonalizzazione di via Mazzini e
l’istituzione di una Zona 30 in Borgo Teresiano. Falsamente, le parole del
consigliere lasciano però intendere che la principale attività degli uffici sia
quella di affidare consulenze esterne. In realtà, si tratta sempre dei soliti
due incarichi, peraltro per importi minimi, sui quali l’opposizione si è
focalizzata in tutte le occasioni possibili, per sviare l’attenzione dai
contenuti di un Piano che ha visto la luce dopo ben quindic’anni di attesa. Gli
incarichi sono infatti quelli deliberati dal consiglio comunale questa estate,
quelli di cui si è parlato in fase di approvazione del Piano del traffico.
Sempre gli stessi… Nulla di nuovo, quindi! Nell’ottica della massima chiarezza e
trasparenza che contraddistingue l’operato della mia direzione e di questa
amministrazione, mi preme inoltre precisare che l’oggetto degli incarichi va ben
oltre l’attuazione del Piano del traffico e del servizio di bike sharing, sul
cui bando stiamo lavorando, nell’attesa di vedere sbloccati i fondi ottenuti da
ministero dell’Ambiente e Pisus. Gli incarichi riguardano anche lo sviluppo di
modelli di stima delle emissioni acustiche e atmosferiche, l’utilizzo di
strumenti di simulazione del traffico a supporto dei diversi piani e progetti
per la pedonalità, la ciclabilità, la riorganizzazione della sosta in corso di
redazione nell’ottica di supportare la mobilità sostenibile. Gli incarichi sono
stati assegnati attraverso procedure pubbliche di selezione comparativa, a
seguito della verifica dell’assenza - all’interno dei servizi comunali - di
professionalità idonee. La data corretta di scadenza della presentazione delle
domande era inserita nel sito istituzionale e l’ultima domanda pervenuta e
valutata dalla commissione riporta la data del 1 ottobre. Punteggi e criteri,
del tutto oggettivi, sono stati chiaramente esplicitati e la commissione di
valutazione a essi si è attenuta. Non mi sembra necessario aggiungere altro, se
non che attuare un Piano del traffico, tenendo in considerazione tutti gli
aspetti emersi sia nel corso della discussione consigliare sia nell’ambito delle
reiterate prove di pedonalizzazione, è un lavoro complesso che richiede grande
attenzione e professionalità. L’obiettivo dei miei uffici è quello di giungere a
un risultato ottimale, che continui a fondarsi sull’ascolto e sul dialogo con i
tanti attori coinvolti (in primis, Provincia e Trieste Trasporti). È quindi un
lavoro che richiede tempo ed energie … Ma non mi stupisce che non se ne renda
conto chi non è mai arrivato a attuare uno strumento così importante per la
vivibilità della nostra città! *
Scatta il piano per fronteggiare l’emergenza cinghiali
TRIESTE La Regione si attiverà per contenere il numero di cinghiali presenti
sul territorio del Fvg. Lo ha assicurato ieri il vicepresidente e assessore alle
Attività produttive Sergio Bolzonello rispondendo a un’interrogazione del
consigliere di Forza Italia Rodolfo Ziberna, preoccupato per i danni provocati
dalla specie. «Nulla vieta che in fase di approvazione del Piano faunistico
regionale si possano implementare i dispositivi per ridimensionare la
popolazione di esemplari del Friuli Venezia Giulia», ha detto l’assessore.
Bolzonello ha confermato che al momento «risultano già in corso di
perfezionamento ulteriori azioni gestionali del Piano, tese al contenimento
della diffusione dell’animale, in particolar modo nelle aree planiziali e nella
fascia pedemontana», ha spiegato il vicepresidente, che ha convenuto anche sulla
«necessità di mettere in campo strumenti più incisivi nelle aree prospicienti i
centri urbani» per fronteggiare quella che è stata definita da Ziberna come
“un’emergenza”. Si tratta di una delle specie più problematiche dal punto di
vista gestionale, è stato appurato durante il dibattito in aula, «capace di
impattare sulle attività antropiche e sugli agro-sistemi». Il suggerimento di
Ziberna, accolto dall’esecutivo, è di garantire il mantenimento di densità
compatibili con le esigenze di protezione delle colture, della salvaguardia
della sicurezza pubblica e della tutela delle altre specie selvatiche. «Nulla
vieta che in fase di approvazione del Piano si possano implementare azioni di
contenimento soprattutto dirette nei confronti degli esemplari giovani,
maggiormente responsabili degli impatti sull’agricoltura», ha osservato Ziberna.
Il consigliere di Forza Italia, inoltre, ha proposto la possibilità di utilizzo
delle carni oggetto venatorio attraverso l’inserimento nel mercato, ma solo a
seguito del passaggio «in un centro di lavorazione Comunitario di selvaggina
uccisa a caccia».
(g.s.)
IL PICCOLO -
GIOVEDI', 30 gennaio 2014
Porto Vecchio, Venezia chiede un terminal crociere
«Entro febbraio - annuncia Sinigaglia - il bando per le nuove
concessioni» Una cinquantina le manifestazioni di interesse dopo l’avviso
dell’anno scorso
E da Hong Kong una società cinese punta su duty-free e finanza off shore
«A breve, certamente prima della fine di febbraio sarà emesso il nuovo bando
per il Porto Vecchio.» L’annuncio arriva dal segretario generale facente
funzioni dell’Autorità portuale Walter Sinigaglia che precisa anche che «è la
presidente a voler imprimere un’accelerazione a tutta la procedura anche se la
predisposizione del bando è un’operazione estremamente delicata dal momento che
si tratta di tener conto di errori passati e dalla sentenza del Tar in merito al
ricorso di Porticittà.» Frattanto finalmente emerge da altre fonti la lista di
quelle che erano state le risposte all’avviso esplorativo per manifestazioni
d’interesse in Porto Vecchio che l’Authority aveva emanato ancora il 20 maggio e
i cui termini scadevano il 23 luglio 2013. Si apprende così, tra l’altro che
Jesa industrial ltd, una service company di Hong-Kong specializzata in start-up
intende sviluppare il Punto franco vecchio in cinque filoni strategici:
duty-free e-commerce, intrattenimento, registro navale, centro finanziario
off-shore, polo logistico. Ma di estremo rilievo appare anche la proposta
avanzata da Venice terminal passeggeri che del resto in obiettivo avrebbe anche
l’acquisizione di alcune quote di Ttp. Apparentemente la manifestazione
d’interesse presentata va in concorerenza con Ttp. Si propone infatti la
realizzazione di un piccolo terminal crociere per navi di lusso, attività di
autostrade del mare, attività di retail nel campo della diportistica oltre a un
porto turistico, strutture ricettive, un incubatore di smart city, un centro di
alta formazione in materia di infrastrutture e trasporti. Tutto questo al Molo
Terzo e nel bacino tra il Molo Terzo e l’Adriaterminal. Vtp è in joint venture
con Abb, Carena costruzioni, Holcim Italia e Ideal service. La realizzazione e
gestione di una marina per megayacht è quanto propone Fincantieri che chiede una
darsena e aree circostanti però non meglio qualificate. La Camera di commercio
intende realizzare al Molo Terzo un porto turistico e spazi espositivi e
scientifici connessi al Parco del mare. L’Irci chiede di realizzare al Magazzino
26 il Museo delle masserizie degli esuli, quelle che attualmente sono depositate
al famoso Magazzino 18. Sia l’Istituto di Cultura marittimo portuale che la
Francesco Parisi chiedono, ma separatamente, la palazzina numero 5 per
insediarvi la sede della “Diplomazia del mare”. Il Ministero dei Beni culturali
punta al Magazzino 10 per attività inerenti al Polo archivistico regionale
(deposito di materiali archeologici, storico-artistici e relativi laboratori di
restauro). Ma lo stesso Istituto di cultuira marittimo-portuale chiede anche di
mantenere le attuali attività e di estenderle tra l’altro anche nel Magazzino
più grande, il 26 con attività culturali, espositive e di formazione. Nel
Magazzino 27 intenderebbe collocare il sommergibile Fecia di Cossato. Il Club
dei 20 all’ora pensa invece a un Museo dei motori al Magazzino 19. La Best vuole
un’area di 500 metri quadrati per la produzione di gruppi elettrogeni marini e
macchinari per la produzione di energia elettrica. La Mhk consulting propone in
un’area di 10 o 12mila metri quadrati strutture per commercio al minuto e
attività artigianali con annesso parcheggio. La Fondazione Bio Architettura
pensa a una summer school per recupero e riutilizzzo del patrimonio edilizio. La
R.P. Consulting di Umberto Zio manifesta un interesse generale sul Porto Vecchio
da parte di investitori stranieri. La Sea service vorrebbe spazi per la nautica
e la cantieristica da diporto. Complessivamente le risposte all’avviso sono
state una cinquantina.
Silvio Maranzana
«Punto franco, l’Authority dica dove spostarlo»
Affondo bipartisan di Alessia Rosolen e Roberto De Carli per tentare di
muovere le acque
«Se vogliamo far rivivere l'area di Porto Vecchio e pensare allo sviluppo
della città è giunto il momento di dare una svolta a una questione rimasta
bloccata per troppo tempo». Sintetizzano così Alessia Rosolen di Un'Altra
Trieste e Roberto Decarli di Trieste Cambia la mozione urgente presentata
l’altra sera in Consiglio comunale e firmata anche dai consiglieri Franco
Bandelli (Un’Altra Trieste) e Patrick Karlsen (Cittadini). La mozione invita il
sindaco «a promuovere ogni azione utile in sede di Comitato portuale, affinché
l'Authority indichi tempestivamente gli spazi utili allo spostamento del regime
di Punto franco per rilanciare il progetto di recupero e riutilizzo dellìarea
con finalità e funzioni di portualità allargata». Il testo - presentato in aula
e approvato con 27 sì su 37 presenti - si rifà, nella premessa, alla Variante al
Piano regolatore portuale, i cui contenuti sono stati ripresi dal Piano
regolatore in itinere, alla sentenza del Tar sullo spostamento del regime di
Punto Franco e al percorso indicato dal Prefetto di Trieste che prevede nel
merito «una decisione comune da parte delle istituzioni cittadine».
Puntualizzazioni riprese in conferenza stampa: «Vogliamo togliere qualsiasi
ombra da questa mozione che qualcuno ha voluto paragonare a un blitz - ha
esordito Rosolen -. Abbiamo semplicemente ripreso degli assunti che non possono
essere contestati. Non si mettono in discussione la situazione architettonica,
urbanistica e le destinazioni d'uso dell'area di Porto Vecchio: chiediamo
soltanto che il sindaco si faccia portavoce con le istituzioni locali di un
percorso già indicato dal Commissario del Governo». Considerazioni sposate dalla
lista civica Trieste Cambia: «In questo momento storico dobbiamo lavorare tutti
insieme per il bene della città, anche se qualcuno si ostina a mettere degli
ostacoli - ha affermato Decarli -. Invitiamo con forza il primo cittadino a
prendere in mano le redini sulla questione Porto Vecchio nelle prossime riunioni
del Comitato portuale, anche in considerazione di quella che è una larga
maggioranza in Consiglio comunale: dopo 60 anni è giunta l'ora di iniziare a
fare qualcosa».
Pierpaolo Pitich
Ferriera, oggi la firma dell’Accordo
Improvvisa accelerazione: dallo Stato 42 milioni per messa in sicurezza e
riqualificazione, 15 a carico dei privati
Improvvisa accelerazione sull’Accordo di programma per la
Ferriera che verrà firmato oggi alle 15 a Roma, a Villa Madama a margine del
summit tra i ministri dell’Industria dell’Unione Europea. A siglare la firma
sono attesi i ministri Flavio Zanonato (Sviluppo economico), Andrea Orlando
(Ambiente), Carlo Triglia (Coesione territoriale), Enrico Giovannini (Lavoro) e
Rocco Girlanda, sottosegretario alle Infrastrutture. Con loro la governatrice
Debora Serracchiani e i rappresentanti degli enti locali e dell’Autorità
portuale. I soldi ci sono, in tutto 42 milioni per far partire l’operazione. La
Giunta regionale ha approvato già ieri il testo dell'Accordo «per la disciplina
degli interventi relativi alla riqualificazione delle attività industriali e
portuali e del recupero ambientale nell'area di crisi industriale complessa di
Trieste». «L'Accordo di programma prevede - rileva una nota della Regione -
l'attuazione di un “Progetto di messa in sicurezza, riconversione e
riqualificazione dell'area di crisi industriale complessa di Trieste” grazie a
26,1 milioni di euro assegnati alla Regione a valere sulle risorse del Fondo per
lo Sviluppo e la Coesione 2007-2013 e un'assegnazione di risorse finanziarie
statali pari a 15,9 milioni di euro nell'arco del triennio 2014-2016. La
delibera approvata ieri dalla Giunta regionale indica che sulla base di
successivi atti, la Regione Fvg formalizzerà i propri impegni finanziari.
Nell'ambito delle misure di messa in sicurezza dell'area, le risorse pubbliche
saranno utilizzate per il marginamento fisico sul fronte mare dell'intera area
demaniale in concessione, nonché per la costruzione di un impianto di
depurazione per il trattamento delle acque di falda contaminate». «Restano a
carico della parte privata, per oltre 15 milioni di euro -si rileva ancora - le
spese necessarie per lo smaltimento dei rifiuti nelle aree di proprietà attuale
di Servola spa e in quelle demaniali in concessione, la messa in sicurezza
operativa dei terreni di proprietà e in concessione, nonché una prima fase di
marginamento fisico, in attesa del successivo intervento finanziario a carico
della parte pubblica». Il progetto di messa in sicurezza riguarda, nel
complesso, un'area di circa 350 mila metri quadrati, con l'esclusione delle zone
interessate dalla prevista Piattaforma logistica. L'Accordo di programma deve
essere sottoscritto dai rappresentanti dei cinque dicasteri coinvolti: Sviluppo
economico, Ambiente, Infrastrutture e Trasporti, Lavoro, Politiche sociali per
la Coesione territoriale, dalla Regione Friuli Venezia Giulia, dalla Provincia e
dal Comune di Trieste, dall'Autorità portuale e dall'Agenzia nazionale per
l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa. «Nelle ultime ore si
sono verificate delle accelerazioni - ha affermato la presidente della Regione
Debora Serracchiani - che ci hanno permesso di rispettare la scadenza del 31
gennaio, che era quella che ci eravamo proposti, ma che manteneva alcuni margini
di incertezza. Abbiamo dunque convocato immediatamente una Giunta straordinaria
per fissare tempestivamente i termini di un passo avanti che per la Ferriera -
ha concluso - può essere molto importante». Il sindaco Roberto Cosolini ha
convocato da parte sua la Giunta comunale per questa mattina alle 8 per
deliberare appunto sul testo dell'Accordo di Programma che riguarda nello
specifico la messa in sicurezza, la bonifica e la ripresa industriale della
Ferriera di Servola. Successivamente il sindaco in rapidità si recherà a Roma
dove appunto nel promeriggio è prevista la firma dell'Accordo.
(s.m.)
Negli “eco quartieri” edifici da sostituire e alloggi
sociali - LA COMMISSIONE CONSILIARE ESAMINA IL PIANO REGOLATORE
Trieste avrà i suoi “eco quartieri”. Sorgeranno a Gretta, a Opicina lungo la
via Carsia, all’incrocio fra le vie Valmaura e Flavia, a San Giovanni attorno a
via delle Docce e in viale Campi Elisi nella zona più vicina al vecchio
tracciato ferroviario. Si tratta di aree che garantiranno un migliore assetto
rispetto all’attuale in merito alla tutela dell’ambiente, al risparmio
energetico e, più in generale, alla vivibilità. L’annuncio è stato dato ieri
dall’assessore per la Pianificazione urbana, Elena Marchigiani, nella seduta che
la sesta Commissione consiliare (annovera fra le sue competenze l’urbanistica),
ha dedicato alla discussione sul nuovo Piano regolatore. «Il Piano – ha spiegato
Marchigiani – prevede che in alcune zone della città, nelle quali si è costruito
nell’immediato Dopoguerra e negli Anni ’50 e ’60 con criteri di massimo
risparmio, si possano demolire e ricostruire gli edifici». «Il tutto
naturalmente – ha precisato – a condizione che si rispettivo puntuali regole che
assicurino efficienza energetica e migliore qualità nell’utilizzo del
territorio». Tecnicamente tali zone sono definite nel Piano “di sostituzione e
ristrutturazione urbanistica”, «e devono prevedere – ha sottolineato Marchigiani
– che il 10% degli edifici che andranno a sostituire quelli vecchi siano
destinati all’edilizia sociale». Nel corso dell’appuntamento, coordinato dal
presidente della Commissione, Mario Ravalico, l’assessore ha evidenziato che
«l’intero Piano parte dal presupposto di non consumare altro suolo ma di
riutilizzare al meglio il patrimonio immobiliare esistente». «Va ricordato – ha
concluso Marchigiani – che questo indirizzo è frutto delle scelte della giunta
coniugate con quanto emerso dagli incontri che abbiamo avuto con i
professionisti del settore».
(u.s.)
Muggia, il Comune cambia idea sui rifiuti
Retromarcia della giunta Nesladek: sospesa la sperimentazione in centro
storico
MUGGIA La sperimentazione della raccolta calendarizzata dei rifiuti nel
centro storico è rinviata a data da destinarsi. Il passo indietro da parte
dell'amministrazione Nesladek ufficializzato ieri pomeriggio è giunto in seguito
alle tante perplessità prevenute nei giorni scorsi, manifestate tanto dai
cittadini quante delle forze politiche, anche vicine alla Giunta. La decisione è
emersa nella riunione di Giunta svoltasi poco prima dell'incontro pubblico di
martedì sera al centro culturale “Millo”. In una sala non proprio affollata, il
sindaco Nerio Nesladek e l’assessore all’Ambiente Fabio Longo hanno fatto il
punto della situazione illustrando la proposta di calendarizzare la raccolta dei
rifiuti nel centro storico. «Questa proposta - ha affermato il sindaco - vuole
essere soltanto il primo passo verso una rivisitazione completa del sistema di
raccolta dei rifiuti nella nostra città che si concretizzerà con il nuovo
appalto che verrà messo a gara il prossimo anno e che avrà come modello un
sistema di raccolta porta a porta, l'unico in grado di poter soddisfare gli
obiettivi di raccolta differenziata che la legge impone. La modalità dovrà
essere certamente stabilita con l'apporto dei tecnici, ma dovrà essere anche
frutto di un confronto con la cittadinanza». Da qui la decisione dell'inizio di
lanciare una campagna di informazione e di sensibilizzazione unitamente ad una
fase di ascolto dei problemi e delle proposte emergenti. Ma la sperimentazione
della raccolta differenziata dei rifiuti nel centro storico verrà dunque
cancellata? Per ora parrebbe di no, poiché la proposta presentata
dall'amministrazione comunale viene considerata utile per anticipare «lo stimolo
alla differenziazione dei conferimenti, secondo schemi che poi verranno
applicati nel porta a porta, con la presenza, nei punti di raccolta, di un
operatore che aiuterà il cittadino nel compito non facile di differenziare
correttamente». Oltre a ciò il Comune vuole puntare a ottenere un notevole
guadagno in termini di decoro urbano legato alla scomparsa di molti cassonetti.
Il vicesindaco Laura Marzi affronta anche la questione economica della vicenda:
«La proposta dell'amministrazione ci aiuterebbe a mantenere inalterata la
tariffa sui rifiuti che da anni, a Muggia, non è aumentata se non per effetto
delle modifiche legate alle nuove norme (Tarsu, Tares, ecc) e che comunque si
mantiene a livelli più bassi di molte altre realtà anche a noi vicine». Marzi
poi spiega che la sperimentazione, per ora, è solo congelata: «Qualunque
decisione deve essere presa dopo un confronto diretto, soprattutto con i
cittadini, anche per evitare forme di strumentalizzazione politica che,
peraltro, nell'assemblea di martedì non ci sono state, proprio perché sono stati
i cittadini in prima persona ad esprimere dubbi e suggerimenti». Suggerimenti e
dubbi recepiti dall'amministrazione che, dopo un prossimo confronto che avverrà
con i commercianti venerdì 3 febbraio, alle 17.30 in Sala del Consiglio, tirerà
le somme e deciderà i prossimi passi da fare.
Riccardo Tosques
Nuova economia con il Geoparco del Carso
Il progetto finanziato con un budget di tre milioni dal Programma di
cooperazione transfrontaliera
Realizzare un megaparco naturale geoturistico dalle sorgenti del Timavo fino
a oltre Sesana basato sull'identità geologica e idrogeologica del Carso
italo-sloveno. È stato presentato pubblicamente ieri all’auditorium del Credito
Cooperativo del Carso di Opicina il "Geoparco del Carso", progetto capeggiato
dal Comune di Sesana in collaborazione con 16 partner tra cui la Provincia di
Trieste, finanziato con un budget di oltre tre milioni di euro dal Programma di
Cooperazione Transfrontaliera Italia Slovenia 2007-2013. Il workshop ha
riscontrato l'interesse di decine di enti territoriali futuri attori del
progetto europeo. Tra questi il Corpo forestale, la Grotta Gigante, il Civico
museo di storia naturale, il Cai XXX Ottobre, la Commissione Grotte "E.Boegan",
il Wwf. Presenti rappresentanti politici dei sei comuni della provincia
triestina. A spiegare le radici scientifiche del "Carso classico", Cucchi della
facoltà di Scienze dell'Università di Trieste: «Il Carso ha un’identità ben
definita, legato da caratteristiche geologiche che vanno ben oltre i confini
imposti dall'uomo». Il professore sloveno Stojan Gorup ha illustrato gli effetti
economici e gestionali del Geoparco: «Attraverso stime ottimistiche da noi
redatte basandoci sui dati delle singole località di punta del territorio
sloveno e italiano, il Geoparco potrebbe avere un giro di affari di circa un
milione e mezzo all'anno». Per raggiungere un simile obiettivo però la strada è
ancora lunga. «Bisogna puntare a creare maggiore sinergia tra i vari geositi
disseminati sul Carso potenziando e coordinando le informazioni turistiche sul
web, valorizzando al meglio il patrimonio archeologico, ecologico, storico e
culturale del territorio». Gorup ha puntato molto sul concetto di geoturismo,
«in crescita in Europa grazie anche alla realizzazione dei Geoparchi». A oggi
questi enti sono stimati in 92 sparsi in 27 Stati. Vicino al Fvg sono stati di
recente istituiti i geoparchi di Idrija e delle Karavanke. «Esempi che
dimostrano la possibilità di crescita dell'indotto economico delle risorse
presenti sul territorio», ha aggiunto Gorup. Tra i relatori, grandi promotori
del progetto del Geoparco del Carso la presidente della Provincia Maria Teresa
Bassa Poropat e il vice Igor Dolenc. «Il turismo sostenibile del nostro
territorio è la chiave per poter rilanciare con intelligenza il Carso
italo-sloveno - ha detto Dolenc - motivo per il quale riteniamo che l'area di
circa 700 chilometri quadrati che comprenderebbe il Geoparco del Carso necessita
davvero di una grande coesione da parte di tutti gli enti coinvolti, siano essi
pubblici o privati». Il progetto dovrà essere presentato entro fine marzo:
«Siamo fiduciosi - ha concluso Bassa Poropat - di avere le carte in regola per
poter rilanciare il nostro territorio in chiave ecoturistica».
Riccardo Tosques
Uomini e animali, alle radici del “razzismo” -
DIBATTITO ORGANIZZATO DALLA LAV ALL’ATENEO
Il filosofo Leonardo Caffo spiega lo specismo e gli stereotipi di un
rapporto complesso
Uomini e animali, un rapporto che tocca corde e convinzioni intime,
complesso, verrebbe dire anche schizofrenico se si pensa a certe diseguaglianze
di trattamento che gli esseri umani riservano agli esemplari di una stessa
famiglia. Ad esempio quella degli orsi. Se sono di razza panda, di un bel manto
bianco e nero che disegna tratti “simpatici”, se la cavano bene anche in Cina,
Paese notoriamente arretrato in tema di tutela degli animali; se invece sono
“della Luna”, non così attraenti, vengono reclusi in gabbie minuscole e
torturati ogni giorno per estrarre dal ventre con cateteri di metallo la bile
per presunti farmaci “tradizionali”. C’è tuttavia chi è andato oltre al citato
rapporto tra uomini e animali, dando luogo allo specismo. «È il comportamento
discriminatorio, da parte dell’uomo, di tutti gli individui animali non umani»
spiega Leonardo Caffo, un Phd e studi a Oxford. Il filosofo e scrittore sarà il
relatore principale dell’incontro organizzato dalla Lav (Lega anti vivisezione)
oggi dalle 10 alle 13 dell'Università di Trieste (Edificio principale - Aula A,
piazzale Europa 1). Il seminario, gratuito e aperto a tutti, affronterà le
tematiche delle “Relazioni filosofiche tra animali umani e non umani: razzismo,
specismo e antropocentrismo». «Parlerò - aggiunge Caffo - di come la società
umana abbia rappresentato e rappresenti l’animale non uono, privo di linguaggio
ed emozioni, quasi una “cosa” da possedere e “usare” indiscriminatamente. L’anti
specismo è nato negli Anni ’70, e si è diffuso dopo un libro del filosofo
australiano Peter Singer: “Liberazione animale”. Più in generale, lo specismo è
l'attribuzione di un diverso valore e status morale agli individui a seconda
della loro specie di appartenenza». Il termine fu coniato nel 1970 dallo
psicologo britannico Richard Ryder, per calco da razzismo e sessismo. «Abbiamo
organizzato questo evento - spiegano i responsabili della Lav di Trieste –
nell’ambito del Protocollo d’intesa tra noi e il Ministero dell’istruzione,
attivo dal ’99, che inquadra e ci affida attività di conoscenza e
sensibilizzazione in istituti di ogni ordine e grado. Ovviamente per gli
studenti universitari abbiamo scelto un argomento da trattare a un certo livello
introspettivo ma risulterebbe interessante per chiunque». Gli altri interventi,
inframezzati da un “Vegan Break” con Alessandra Agosto, saranno di Ilaria
Innocenti, responsabile Lav nazionale e di Tiziana Pers, visual artist
internazionale.
IL PICCOLO -
MERCOLEDI', 29 gennaio 2014
Catrame in cokeria, verso il giudizio
Chiuse le indagini: operazione non prevista dall’Autorizzazione integrata
ambientale. Accusati il commissario Nardi e il direttore Bonacina
Ancora guai ambientali alla Ferriera di Servola. Nel mirino del pm Federico
Frezza la questione delle autorizzazioni relative al polverino di catrame. Sotto
accusa questa volta, oltre al direttore dello stabilimento, Giuseppe Bonacina,
58 anni, è finito anche il commissario straordinario della Lucchini Spa, Piero
Nardi, 68 anni. Accusati di aver gestito l’impianto siderurgico in parziale
assenza di autorizzazione integrata ambientale. Nei giorni scorsi il pm ha
chiuso le indagini. In particolare il direttore Bonacina è accusato di aver
disposto che il polverino di catrame venisse quotidianamente miscelato al carbon
fossile destinato ai forni della cokeria. Sotto la lente è finita una procedura
tecnica prevista dalla «Bat 57» (Best available tecniques) ma che non è
contemplata dall’Aia. Dunque, secondo il pm Frezza, è fuori legge. Ma c’è di
più: dalle indagini è emerso che questa operazione di riciclo è avvenuta
regolarmente senza che la direzione della Ferriera trasmettesse una
comunicazione preventiva all’autorità competente. Autorità che avrebbe potuto
imporre particolari accorgimenti o fissare limiti quantitativi. Insomma, secondo
le indagini, la procedura della miscelazione del polverino di catrame residuo di
lavorazione della cokeria, per quanto prevista dalla «Bat» e indicata come una
delle migliori tecniche, non è mai stata consentita dalla normativa. Da qui
appunto l’accusa del pm Frezza nei confronti del direttore e - in concorso, come
responsabile colposo, del commissario Piero Nardi. L’indagine era scattata nello
scorso mese di novembre dopo l’uscita nel sito web del «Fatto Quotidiano» di un
video girato con il telefonino da un operaio della Ferriera durante
un’operazione di scarico del catrame. Si vede una sostanza densa e scura versata
a terra da un suo collega. La sostanza aveva spiegato l’operaio «è il catrame
che esce dalla cokeria e viene buttato sul carbon fossile». Il giorno seguente -
su ordine del pm Frezza - alcuni i tecnici dell'Arpa hanno effettuato il
campionamento dei cumuli di catrame prodotto dagli impianti della Ferriera. Poi
era stato subito interrogato il direttore dello stabilimento Giuseppe Bonacina.
Il quale aveva spiegato che la miscelazione del polverino di catrame residuo di
lavorazione della cokeria - oggetto dell'indagine - viene quotidiamente
miscelato al carbon fossile come previsto dalla normativa vigente, secondo le
migliori tecniche disponibili, recepite dall'Autorizzazione integrata
ambientale. «Abbiamo illustrato e spiegato la regolarità dell'operazione», aveva
ribadito nell’occasione il difensore Giovanni Borgna. In quell’occasione
Lucchini Spa aveva aveva anche smentito «categoricamente che le operazioni
effettuate nello stabilimento di Trieste siano realizzate fuori dal rispetto
delle normative ambientali vigenti». Precisando che «rappresentano un’attività
di recupero assolutamente prevista nel processo produttivo come definito dalle
migliori tecniche disponibili per la prevenzione e il controllo integrato
dell'inquinamento ai sensi della direttiva 2010/75/Ce, appunto la Bat 57 che
recita: «riciclare i residui di produzione... con ricircolo nel carbon fossile
di alimentazione del forno da coke». Ma gli accertamenti della procura hanno
dimostrato che non c’è alcuna autorizzazione: la procedura del poverino di
catrame non è prevista dall’Aia. Da qui l’accusa delle violazioni ambientali a
carico di Bonacina e Nardi.
Corrado Barbacini
Porto Vecchio: ok trasversale alla mozione
Una mozione urgente che impegna il sindaco Roberto Cosolini «a promuovere
ogni azione utile, di concerto con le Istituzioni rappresentate in Comitato
portuale, affinché l’Autorità portuale, sentiti gli operatori, indichi
tempestivamente gli spazi utili allo spostamento del regime di Punto Franco in
modo da rilanciare la possibilità di investimenti per un progetto di recupero e
riutilizzo con finalità e funzioni di portualità allargata dell’area del Porto
Vecchio». Il documento è stato approvato ieri sera dal Consiglio comunale. A
portarlo in aula i consiglieri Franco Bandelli e Alessia Rosolen (Un’Altra
Trieste), Roberto Decarli (Trieste cambia) e Patrick Karlsen (Cittadini). Il
testo iniziale è stato modificato da un emendamento dell’Idv Cesare Cetin, con
cui nell’ultima parte è stato sostituito il termine «trasformazione» con la
formula «riutilizzo con finalità e funzioni di portualità allargata». Il tema
Porto Vecchio ha acceso il dibattito in aula. Alla fine, la mozione è passata
con 27 “sì”, di maggioranza (tranne la Fds, astenuta) e parte dell’opposizione.
Contrari in cinque: i forzisti Everest Bertoli, Maurizio Bucci e Piero Camber, e
i grillini Paolo Menis e Stefano Patuanelli. Astenuti, oltre a Iztok Furlani› e
Marino Andolina, anche Manuela Declich (Pdl), Carlo Grilli e Paolo Bassi (Gruppo
misto).
(m.u.)
SEGNALAZIONI - Trasporto pubblico - Metropolitana
leggera
A proposito della situazione del trasporto pubblico a
Trieste, per finire “de contarsela”, è bene rammentare che sotto il titolo
“Metropolitana leggera” si legge “Progetto per la rivitalizzazione del nodo
ferroviario di Trieste ai fini del traffico portuale e del servizio viaggiatori
metropolitano”, progetto riposto nel cassetto dalle Fs all’atto
dell’insediamento in regione della giunta Tondo-Riccardi; il vertice delle
Ferrovie Italiane, infatti, ha approfittato dell’eclissi della compagine
Illy-Sonego per non onorare l’accordo sottoscritto con Regione Fvg, Provincia e
Autorità Portuale di Trieste, cancellando il finanziamento paritetico che
rendeva l’opera immediatamente realizzabile, nel complice silenzio-assenso della
nuova giunta regionale. Siamo in presenza, quindi, non di un contrasto tra
tecnici e politici, ma della profonda differenza tra amministratori che sanno
passare dalle parole ai fatti e dirigenti pubblici che lavorano per non far
realizzare le opere necessarie all’adeguamento del nodo ferroviario di Trieste,
vitale per lo sviluppo internazionale del traffico - merci e passeggeri - del
Paese. Il triste episodio si inquadra, in realtà, nella deriva di abbandono
promossa da tempo dal vertice Fs che è giunto a relegare nel solo interesse
regionale i trasporti del Friuli Venezia Giulia: con il piano “Essere impresa”
sono state valutate, infatti, non strategiche le storiche linee internazionali
del confine orientale con Austria e Slovenia, quali la Pontebbana (Venezia-Udine-Tarvisio)
e la Bassa Friulana (Venezia-Trieste-Opicina), linee che sono segmenti di due
dei quattro corridoi plurimodali europei (Adriatico-Baltico e Mediterraneo, che
si incrociano a Cervignano), per i quali l’Italia si è battuta con successo in
sede comunitaria. Molto opportunamente, invece, la Governatrice del Fvg e il
Presidente dell’Autorità portuale di Venezia hanno ribadito l’urgenza di
intervenire sui colli di bottiglia che compromettono lo sviluppo del traffico
merci nel quadrante Nord-Est (Udine, Monfalcone e Trieste), realizzando quelle
opere in grado di anticipare i benefici che saranno amplificati dai grandi
progetti richiedenti tempi lunghi. Per Trieste la soluzione è già pronta: basta
tirar fuori dal cassetto il progetto della “Metropolitana leggera” e
rifinanziarlo per rispettare gli accordi sottoscritti più di dieci anni fa. Ma
le opere previste per la Metropolitana leggera di Trieste non sono decisive solo
per i corridoi, sono anche il presupposto per la realizzazione del progetto
Adria-A (che affronta l’integrazione dei trasporti transfrontalieri nell’area
metropolitana giuliano-carsica), finalmente presentato anche a Trieste, dopo
Gorizia, Udine e Lubiana: sono opere a vantaggio sia del traffico merci che di
quello passeggeri. Il prossimo 1º maggio ricorderemo il decimo anniversario
dell’ingresso in Europa della Slovenia e il 20 dicembre il settimo anniversario
dell’abbattimento della rete nella piazza della Transalpina a Gorizia, ma ancora
oggi i convogli provenienti da Bled si arrestano a Nova Gorica, così come quelli
da Lubiana si fermano a Opicina. È auspicabile che si possa festeggiare con
treni che arrivano finalmente a Gorizia e a Trieste Campo Marzio, capolinea
della Transalpina; cosa possibile con l’attuale stato delle infrastrutture.
Anche per questo obiettivo, è necessaria per la Governatrice la piena
collaborazione di tutte le autorità, perché giunga a Roma una visione unitaria
delle priorità per Trieste e il Friuli Venezia Giulia.
Luigi Bianchi
IL PICCOLO -
MARTEDI', 28 gennaio 2014
Val Rosandra, “disinnescata” la perizia
Nel processo per la devastazione della Protezione Civile, la difesa segna
un punto a suo favore
Val Rosandra, avanti adagio. Anzi quasi indietro per il pm
Antonio Miggiani. Perché nell’udienza di ieri pomeriggio il giudice Marco
Casavecchia nell’accogliere le eccezioni dei difensori dell’ex vicepresidente
della Giunta Luca Ciriani, del direttore della Protezione civile Guglielmo
Berlasso, dei funzionari Cristina Trocca e Adriano Morettin, gli avvocati
Caterina Belletti, Luca Presot, Luca Ponti e Paolo Pacileo, ha di fatto
cancellato la valenza giuridica della consulenza del perito dell’accusa, Dario
Gasparo. In pratica il giudice ha ritenuto inutilizzabili ai fini del giudizio i
risultati della consulenza stessa effettuata nell’ambito dell’incidente
probatorio. Insomma non sono state ravvisate le condizioni di urgenza
dell’accertamento tecnico irripetibile che era stato effettuato, come ha
motivato Casavecchia, circa tre mesi dopo l’intervento della protezione civile
in val Rosandra. Insomma perizia non valida. Tuttavia il giudice ha riconosciuto
ai documenti prodotti dal consulente del pm Miggiani un ruolo, per così dire,
descrittivo e non valutativo. La perizia del professor Dario Gasparo in sostanza
è riconosciuta solo per la descrizione del contesto naturalistico e ovviamente
per le immagini dei luoghi dell’intervento che corredano la perizia stessa. Ma
assolutamente non per le valutazioni relative alle conseguenze dell’intervento
stesso e per le eventuali responsabilità. Il caso dell’incidente probatorio
“bocciato” era stato formalizzato in una memoria depositata dall’avvocato Luca
Ponti in occasione della scorsa udienza del 2 dicembre scorso. Si legge
nell’atto di fatto parzialmente accolto dal giudice: «In realtà così come
attestato dalla stessa dinamica delle indagini preliminari non sussistevano
affatto le ragioni per procedere egualmente ad accertamenti tecnici (non
ripetibili) in presenza di formale opposizione degli indagati». Infatti appena
il 16 luglio sono concretamente iniziati gli accertamenti, dunque addirittura un
mese dopo il provvedimento che ha disposto l’accertamento stesso». Insomma, per
il giudice non c’era alcuna situazione d’urgenza». Ma, sempre secondo l’avvocato
Ponti: «questa perizia, ha eluso il contraddittorio davanti al gip».
Nell’udienza sono state sentite le testimonianze di due funzionarie regionali
del servizio incidenza valutazioni ambientali e di un dipendente della
Protezione civile. In pratica il pm Antonio Miggiani ha cercato di evidenziare
la assoluta impossibilità di derogare dalla normativa per quanto concerne
l’attività ordinaria della protezione civile. Questo per dimostrare che quella
che era stata indicata come la “calata degli Unni” a San Dorligo era stata
un’azione al di fuori dalla norma. In aula presenti gli avvocati di parte civile
Alessandro Giadrossi e Marco Meloni. Nella prossima udienza del 17 febbraio sarà
sentito il professor Gasparo. Solo come consulente del pm.
(c.b.)
Longo: «Sarà rimosso il traliccio sul Castellier» -
MUGGIA
«Lo studio di cui si è dotato il Comune di Muggia rimane valido a tutti gli
effetti tranne che per la postazione nella quale sono stati ritrovati i reperti
archeologici in zona Monte Castellier». Fabio Longo, assessore all'Ambiente del
Comune di Muggia, interviene così sulla polemica sorta in base al blocco dei
lavori del mega traliccio che sorgerà nella frazione di Santa Barbara, a Monte
Castellier. «Per spiegare il problema delle antenne nel Comune di Muggia nel suo
complesso non basterebbe lo spazio su un intero giornale - spiega Longo – ma le
mie esternazioni riguardavano per l'occasione soltanto il traliccio in corso di
costruzione sul Monte Castellier ed il relativo accordo del 16 dicembre scorso
tra il Comune di Muggia, la Soprintendenza archeologica ed il privato
interessato». Sulla posizione di Longo i consiglieri comunali del Pdl-Ncd
Claudio Grizon e Christian Gretti avevano chiesto le dimissioni dell'esponente
ambientalista della Giunta Nesladek: «Le esternazioni dei consiglieri Grizon e
Gretti pare traggano spunto semplicemente dal fatto di aver erroneamente
interpretato come superato lo studio redatto dall'Università di Udine mentre
questo risulta sempre attuale tranne, appunto, che per la postazione di Monte
Castellier. Dispiace, poi - prosegue Longo - che le immotivate critiche vengano
mosse proprio all'unico assessore comunale che sta affrontando con
determinazione in maniera chiara e precisa il problema dell'inquinamento
elettromagnetico in sintonia e collaborazione con centinaia di cittadini
interessati, cosa che nessun altro ha fatto negli ultimi 30 anni». La posizione
di Longo è stata chiarita. Rimane da capire dove dovrà essere il traliccio,
visto che quello attualmente in costruzione sul Monte Castellier dovrà essere
rimosso entro 18 mesi.
(r. t.)
IL PICCOLO -
LUNEDI', 27 gennaio 2014
Rio Martesin, la battaglia di chi ha a cuore l’ambiente
- l’intervento di LUCIA SIROCCO - Presidente Circolo Verdazzurro Legambiente
Trieste
“Proteste forse troppo deboli si sono levate dalle associazioni
ambientaliste e da chi ha più a cuore la salvaguardia del territorio”, lamenta
Paolo Geri (capogruppo della Federazione della Sinistra nella Terza
Circoscrizione) sulle Segnalazioni del 23 gennaio, a proposito dei reiterati
tentativi di edificare dove non si dovrebbe, come in Rio Martesin e su gran
parte della riviera barcolana. Al signor Geri forse è sfuggita la battaglia che,
nel sostanziale disinteresse della politica, le associazioni ambientaliste e
alcuni comitati di cittadini conducono dalla metà degli anni Novanta contro le
eccessive previsioni edificatorie del Piano regolatore vigente, cioè la Variante
66 votata nel 1997. Un piano le cui previsioni sono state solo parzialmente
“congelate” per un paio d’anni dalle salvaguardie all’epoca della Variante 118
(poi abortita) dell’ex sindaco Dipiazza, e poi di nuovo (e ancor più
parzialmente), dalle deboli salvaguardie - ormai scadute da mesi - istituite nel
novembre 2011 in vista dell’adozione del nuovo Piano regolatore promesso
dall’amministrazione Cosolini. È probabile che, chiuso “in solitaria compagnia”
(come scrive lui stesso) nella III Circoscrizione, Geri non si sia accorto degli
innumerevoli appelli, denunce, conferenze e comunicati stampa, mostre, dibattiti
e raccolte firme promosse dalle principali associazioni ambientaliste e da molti
comitati spontanei per lo meno dal 1995 a oggi. Così come dev’essergli sfuggito
che soltanto grazie al ricorso del Comitato di Rio Martesin è stato possibile
arrivare alla sentenza del Consiglio di Stato con la quale sono state annullate
le concessioni edilizie per i condomini che avrebbero dovuto sorgere in quella
zona, in violazione della norma della variante 66 che tutela i pastini. Ancora:
troppo occupato dalla solitaria compagnia della Terza Circoscrizione, pare
essere sfuggita a Geri anche la battaglia con cui Legambiente e Italia Nostra,
nella primavera-estate del 2012, sono riuscite - da sole - a far ritirare una
variante ad hoc proposta dalla giunta comunale all’unico scopo di eliminare la
norma a tutela dei pastini e riaprire la possibilità di costruire sia a Rio
Martesin, sia altrove. E chi, se non le associazioni ambientaliste, continua a
svolgere l’ingrato ruolo di cane da guardia nei confronti di una giunta comunale
che, come giustamente paventa Geri, avendo fatto tornare pienamente in vigore la
Variante 66 e le sue colate di cemento, deve essere incalzata affinché mantenga
la promessa di un nuovo Piano regolatore davvero sostenibile? Beninteso, non
abbiamo fatto e facciamo tutto ciò per sentirci dire «bravi» e neppure «grazie»,
men che meno dal ceto politico. Però almeno gradiremmo di non vedere il nostro
impegno sminuito e disconosciuto, posto che si tratta di un lavoro - anche
piuttosto oneroso - svolto a titolo del tutto gratuito per la difesa di beni
comuni come il paesaggio, l’ambiente e la qualità del territorio. Vero è che,
nelle nostre iniziative, ci siamo rivolti essenzialmente (ma non esclusivamente)
a chi decide sul serio nelle scelte urbanistiche ed edilizie: sindaci,
assessori, consiglieri comunali, talvolta anche funzionari. È noto infatti che
le circoscrizioni su questi temi possono esprimere soltanto dei pareri
obbligatori sì, ma solo consultivi e di fatto del tutto ininfluenti. Non abbiamo
quindi - e forse questo dispiace al signor Geri - attribuito soverchia
importanza al rapporto con i consigli circoscrizionali. Bisogna però dire che
neppure questi si sono impegnati per assumere funzioni di rilievo, né lo hanno
fatto i partiti, i cui rappresentanti siedono in tali consessi. Tant’è che
personalmente, ad esempio, da molti anni non ritiro neppure la scheda per le
elezioni di questi consigli-ectoplasmi. E non credo di essere l’unica.
IL PICCOLO -
DOMENICA, 26 gennaio 2014
Porto, disponibile la banchina di Servola
Anche l’area a mare della Ferriera è stata inserita in una lunga lista di
beni liberi per i quali si attendono istanze
Tutta l’area a mare del comprensorio della Ferriera di Servola: banchina e
zona immediatamente retrostante per una superficie complessiva di 342mila 993
metri quadrati, è “disponibile” a partire dalla data del 30 aprile 2014. Lo si
evince dal sito web dell’Autorità portuale che ha pubblicato un avviso con un
lungo elenco dei “principali beni demaniali e patrimoniali disponibili”. Il 12
dicembre il Comitato portuale aveva rinnovato la concessione alla Servola spa,
che scadeva a fine 2013, in via provvisoria per quattro mesi, «in attesa - aveva
specificato una nota dell’Authority - che si completi l’iter istruttorio per una
concessione a più largo respiro.» Il riferimento sembrava essere in relazione
all’interessamento del Gruppo Arvedi a tutta l’area attualmente occupata dalla
Lucchini con attenzione molto forte proprio sulla banchina. Cosa potrebbe ora
accadere se altri soggetti, come richiesto dall’Autorità portuale, formuleranno
istanze proprio su quest’area? È possibile che l’Accordo di programma, in queste
e nelle prossime settimane oggetto di forti discussioni a Roma, ricomprenda
anche questa zona, la sottragga alla giurisdizione diretta dell’Autorità
portuale e della sua presidente Marina Monassi e la includa nel comprensorio
previsto dalla legge sulle aree di crisi industriale complessa dove avrà pieni
poteri il commissario straordinario Debora Serracchiani. Ma l’elenco di edifici
e aree che l’Authority può dare in concessione è molto lungo e tutti gli altri
sono già a disposizione, dal primo gennaio di quest’anno. Nella zona delle Rive
si attendono istanze per gli edifici di corso Cavour 2/2 e dell’ex Geofisico di
riva Ottaviano Augusto che sono beni demaniali con spazi ad uso ufficio, e per
l’edificio di corso Cavour 4 che fa invece parte del patrimonio. A Muggia sono
parzialmente disponibili un edificio sul molo Colombo e quello dell’ex Polizia
municipale di via Garibaldi 6 dove vi sono box adibiti a deposito di
attrezzature da pesca. In Porto nuovo sono liberi i Magazzini 57 e 60 con spazi
a uso di deposito per merci varie non pericolose, l’edificio a più piani dell’ex
Compagnia portuale dove vi sono spazi a uso ufficio e spogliatoio e l’edificio
dell’ex Officina edile (uffici e depositi merci varie non pericolose), quello
addossato al Magazzino 53, quello dell’ex tabacchino oltre al fabbricato dell’ex
pesa a ponte 15, il deposito attrezzi della pesa a ponte 14 e parzialmente la
tettoia addossata all’ex Officina edile. Tutti questi sono beni demaniali così
come i magazzini 86 e 88 nell’area dell’ex Arsenale che sono parzialmente
disponibili per deposito merci varie non pericolose. In quest’area si possono
avanzare istanze anche per tre beni patrimoniali: gli edifici ex Colorando e ex
Direzione cantiere San Marco che sono parzialmente disponibili e l’edificio ex
Ariete totalmente disponibile. Per tornare all’area Scalo Legnami, contigua alla
Ferriera, disponibili anche l’ex caserma della Guardia di finanza e i magazzini
numero 30 e 49. Infine si attendono richieste per una lunga serie di beni
patrimoniali nell’area di Prosecco, recentemente acquisita dall’Autorità
portuale dove sono a disposizione una serie di stalle, depositi, tettoie ma
anche una palazzina uffici e una palazzina archivio. In uno spazio sotto la
dizione Punto franco vecchio, l’Autorità portuale ha scritto: «Attendere
specifico avviso». Dopo la risoluzione del contratto con Portocittà dalla Torre
del Lloyd per quanto riguarda il Porto Vecchio non è più uscito alcun tipo di
segnale.
Silvio Maranzana
«Piano traffico, consulente inutile» - DENUNCIA DI
BERTOLI (FI)
Il consigliere rileva anche irregolarità nel bando per l’incarico
«Piano del traffico fermo da otto mesi al di là della disastrosa esperienza
prenatalizia? Entro l’anno via Mazzini pedonale?». Il capogruppo di Forza Italia
in Consiglio comunale, Everest Bertoli sottolinea in una nota che il Piano della
giunta continua a suscitare interrogativi, mentre non si sa se avranno
effettivamente seguito gli ultimi annunci fatti. «Intanto però vi è di certo -
sottolinea Bertoli - l’arrivo di due nuovi consulenti esterni: uno per
l’attuazione dello stesso Piano del traffico e l’altro per il “bike sharing”.
L’amministrazione comunale - osserva il consigliere forzista - evidentemente non
si pone il problema di razionalizzare la propria spesa per evitare di spremere i
suoi cittadini. E non è lecito chiedersi se davvero mancano le risorse
all’interne al Comune di Trieste per attuare il Piano del traffico? Ma come:
avevamo gli esperti per preparare il Piano, ma non per attuarlo?» «Ma cosa
ancora più grave - osserva Bertoli - è che la selezione (quella per il
consulente per l’attuazione del Piano) risulta completamente irregolare. Infatti
la data di pubblicazione è quella del 17 settembre 2013 e la data di scadenza il
2 ottobre 2013 e fin qui nulla di strano. L’allegato uno (l’avviso di selezione)
al punto 7 stabilisce: «Il termine ultimo per la presentazione della domanda è
fissato alla data del 27/09/2013», cioè cinque giorni prima della scadenza.
«Tutto avrei immaginato - conclude - ma non che all’assessorato Pianificazione
urbana, Mobilità e traffico, Edilizia privata, Politiche per la casa, Progetti
complessi si sarebbe arrivato a tanto. Manca solo scoprire che il vincitore era
già collaboratore di tale Assessorato.»
Metropolitana leggera, infinita “loica” tra tecnici e
politici - la lettera del giorno di Massimiliano Di Biagio
Ho sempre apprezzato la sensibilità che il signor Ravalico ha dimostrato nei
confronti del Trasporto pubblico locale. Tuttavia, non posso che condividere
gran parte di quanto scritto dal signor Callegari in merito al passaggio tra il
“dire” e il “fare”, sempre che ci sia la convenienza a “fare”. A suo tempo,
l’assessore Ondina Barduzzi, da buon tecnico prestato alla politica, dimostrò
interesse fattivo sull’idea della metropolitana leggera ma, a distanza di anni,
le problematiche presenti allora non sono cambiate di una virgola; anzi, se
possibile, sono peggiorate. Le principali direttrici di traffico ipotizzabili
per un trasporto urbano su ferro a Trieste, e già in essere in termini di
binari, sono la Trieste Campo Marzio-Muggia e la Trieste Campo Marzio-Opicina.
Per quanto riguarda la prima, gran parte del tracciato ha perso da anni il rango
di linea ferroviaria fino a Trieste Aquilinia, essendo declassato a raccordo
industriale e nonostante la presenza di una stazione abilitata al servizio
viaggiatori alle Noghere inaugurata alla fine degli anni Novanta e mai entrata -
a parte sporadiche manifestazioni storico-ferroviarie - in funzione. In questo
caso, il lavoro di attrezzaggio tecnologico per abilitare la linea al servizio
viaggiatori sarebbe non indifferente (per non parlare delle certificazioni,
delle normative di sicurezza eccetera). Per quanto riguarda la linea per
Opicina, via Rozzol e Guardiella (Transalpina), con la speranza di essere
smentito, appare che il servizio su tale linea sia sospeso nei mesi invernali
con il pericolo che, entrando in contrasto con le nuove direttive dell’Agenzia
nazionale per la sicurezza ferroviaria, tale sospensione si prolunghi anche nei
mesi estivi (se non indefinitamente), unico tratto di Transalpina tra Trieste e
Jesenice a essere interrotto. E questi sono “soltanto” i problemi prettamente
ferroviari. Si devono inoltre considerare gli aspetti di convenienza economica,
la volontà di Rete Ferroviaria Italiana e degli altri attori a impegnarsi in
questo progetto. Quale impresa ferroviaria dovrebbe espletare il servizio
viaggiatori? Qualcuno ha pensato a un gruppo di lavoro con Trieste Trasporti per
evitare l’accavallarsi dei servizi tra strada e rotaia e, anzi, a far integrare
al meglio le due modalità di trasporto? E cosa dire della logistica dei
parcheggi nello scambio tra mezzi privati e treno? E infine, l’attuale Piano del
traffico in eterno fieri dovrebbe essere interessato da questo progetto?
Insomma, essendo tutti d’accordo che sarebbe bellissimo avere una rete
metropolitana, magari transfrontaliera fino a Sesana da una parte e Capodistria
dall’altra, è corretto ritenere che spetta al politico, a tutti i livelli,
mettere in moto la macchina organizzativa per mettere la parola fine a una
“loica” sinceramente ormai sterile che va avanti, in definitiva, fin dai tempi
della creazione della galleria di circonvallazione. Dunque, mi permetto di
suggerire di passare dalle parole ai fatti anche con il rischio di avere, come
risultato finale, l’impossibilità di una metropolitana triestina, vuoi per i
costi, vuoi perché Trieste è una città che non riesce a sviluppare traffico e
interesse sufficienti per questo tipo di trasporto. Si dirigeranno così sforzi
fattivi verso altri obiettivi, e - magari - finiremo “de contarsela”…
Abbattuti 203 alberi. Pericolanti per il Comune
L’assessore: «Analisi scientifiche prima dell’operazione». Ma i cittadini
protestano: tagli indiscriminati
Un percorso che è stato completato per quasi due terzi del totale: vale a
dire 203 alberi sui 330 previsti complessivamente. Sono le cifre del piano di
rinnovo annuale del patrimonio arboreo del Comune di Trieste, partito a inizi
gennaio e che sarà concluso a fine febbraio. Un intervento che è il risultato
della ciclica attività di monitoraggio delle alberature in ambiente urbano, con
indagine visiva e analisi strumentale. «L'abbattimento - è stato spiegato -
coinvolge solo le alberature catalogate in classe D, quelle cioè ad alto rischio
caduta, con prospettiva di vita gravemente compromessa e per le quali ogni
intervento di risanamento risulterebbe vano». Ma che ha suscitato in ogni caso
una serie di proteste da parte di molti cittadini. «Va precisato che
l'abbattimento degli alberi in questione è dovuto essenzialmente a problemi di
sicurezza e pubblica incolumità - afferma Andrea Dapretto, assessore competente
-. Deriva da analisi scientifiche dettagliate eseguite con la massima
attenzione: comprendo la sensibilità della cittadinanza verso il patrimonio
arboreo, ma compito dell'amministrazione comunale è anche quello di preservare
la salute dei cittadini». Il regolamento prevede che gli alberi pericolosi siano
abbattuti immediatamente e poi sostituiti con nuove piante. Degli oltre 300
alberi finiti nella “lista nera”, che peraltro rappresentano solo una piccola
parte del patrimonio esistente sul territorio, pari a circa 150mila piante,
alcuni sono situati nei giardini, mentre la maggior parte si trova lungo alcune
vie cittadine particolarmente trafficate e dunque ad alta densità
d’inquinamento, fattore che contribuisce al deterioramento degli arbusti. Tra
queste: viale Miramare, via Rossetti, via Flavia, via Giulia e anche viale XX
Settembre. «La cosa più importante - per Antonia Merizzi e Alfonso Tomè,
direttore e funzionario Servizio spazi verdi pubblici - è la gestione negli anni
del patrimonio arboreo, che si presenta vetusto e dunque va rinnovato: per
garantirne l'integrità e la conservazione anche a beneficio delle future
generazioni». Ma l'intervento continua a non essere digerito da molti cittadini,
sia del centro che nelle periferie. «L'abbattimento degli alberi nell'area verde
che confina col Giardino Antollovich è avvenuto in modo barbaro e scellerato -
tuona Idilia Giacca, che abita in via Carpineto a Valmaura -. Capisco eliminare
fusti vecchi e pericolosi ma qui si è operato in maniera indiscriminata: così è
stato distrutto un polmone verde che fungeva da vera e propria barriera
anti-smog in una zona della città particolarmente inquinata».
Pierpaolo Pitich
Muggia, la “differenziata” ancora non decolla
Perplessità di tutte le forze politiche sulla raccolta dei rifiuti in
centro Lista civica “Meio”: «Manca una programmazione». Pdl: «Nessuno sa niente»
MUGGIA La nuova raccolta differenziata che a partire da febbraio prenderà
piede a Muggia fa già discutere. Tante le perplessità da perte delle forze
politiche, sia nel centrodestra che nella maggioranza, sul nuovo progetto
sperimentale che vedrà coinvolto il centro storico. È proprio dal centrosinistra
che arrivano i dubbi maggiori per voce di Roberta Tarlao, referente della lista
civica Meio Muja. «Non c’è stata nessuna informazione in merito alle forze
politiche di maggioranza, nonostante proprio martedì scorso ci sia stato un
incontro richiesto da Meio Muja, ma quello che rende più perplessa è che non si
è nemmeno considerato che l’esperimento durante i mesi estivi in piazza Santa
Lucia sia stato un flop, anche se riconosco il merito di aver tolto i bidoni da
una delle zone più belle di Muggia». Secondo la Tarlao è «fondamentale
incentivare in tutti i modi la raccolta differenziata anche perché già dal 2012
abbiamo disatteso la normativa europea che prevedeva il 65% di differenziata, ma
il problema è che si continua a sperimentare senza una programmazione attenta».
Tarlao ha rinvangato le dichiarazioni rilasciate il 18 settembre 2012 dal
sindaco Nesladek il quale parlava di valutare in certe zone del territorio
l'istituzione del “porta a porta spinto”. «A me sembra che dopo più di un anno
di gestazione non sia stata partorita proprio una genialata - tuona Tarlao -. Mi
preoccupa inoltre che i commercianti non siano stati sentiti per poter dare il
loro contributo». Molto perplesso sulla nuova sperimentazione in centro storico
anche il consigliere del Pdl-Ncd, Christian Gretti: «Viste le direttive europee
bisogna assolutamente aumentare la percentuale della differenziata sul nostro
territorio, però la nuova metodologia proposta dalla Giunta Nesladek mi lascia
alquanto perplesso sia sulle tempistiche che sull'assoluta mancanza di
coinvolgimento dei cittadini. Il fatto che il servizio cominci tra 10 giorni e
che praticamente nessuno ne sia a conoscenza avrà solo l'effetto di riempire i
cassonetti limitrofi alle nuove zone di raccolta con evidenti disagi». Gretti
denuncia anche dei problemi di carattere tecnico legati alla raccolta dei
rifiuti: «Il Comune di Muggia fa poco più del 40% di raccolta differenziata ma
pochi forse sanno che si è raggiunto una contaminazione sino al 72% , ciò vuole
dire che i cittadini non hanno ancora raggiunto una consapevolezza sul corretto
smaltimento dei rifiuti, è evidente che ci vuole maggiore informazione». Per ora
il Comune ha deciso di posticipare l'inizio della raccolta a metà febbraio.
Confermati invece gli appuntamenti pubblici: il 28 gennaio, alle 18, in sala
Millo, incontro con i residenti, il 3 febbraio, alle 17.30, in sala del
Consiglio comunale, l'incontro con i commercianti.
Riccardo Tosques
Piano antenne: Longo sotto accusa
MUGGIA «Fabio Longo, assessore all’ambiente, reti, politiche energetiche,
democrazia partecipata, borghi e frazioni deve andare a casa». Claudio Grizon e
Christina Gretti, consiglieri comunali del Pdl-Ncd, di Muggia sono perentori
dopo il nuovo tassello sul caso dell'antenna del Monte Castellier. «Il sindaco
Nesladek e l’assessore Longo hanno superato abbondantemente la soglia del
ridicolo. Purtroppo – accusa Grizon -. Mi dispiace dirlo perché Longo è un amico
e una persona seria e preparata, ma questo girotondo attorno alle antenne sembra
non avere fine e a questo punto, dopo il vincolo della Soprintendenza sull’area
dove sono iniziati i lavori per la nuova antenna, ci chiediamo a cosa sia
servito spendere 7 mila euro per affidare all’Università di Udine la stesura di
un piano che oggi candidamente Longo definisce “ormai superato” e quindi carta
straccia”. Dietro a questa vicenda stigmatizza Grizon, «si stanno intrecciando
questioni legali, gli interessi delle imprese, il diritto alla salute dei
cittadini, questioni politiche e promesse elettorali che ormai ci pare che
questa giunta non riesce a mantenere«. «In alternativa - suggerisce Grizon - si
dimetta il sindaco Nesladek che pare più interessato a guidare il Pd regionale
che portare degnamente a fine mandato la sua amministrazione». Duri i toni anche
di Gretti: «Un Piano che è costato 6mila euro al Comune e che è stato difeso
fino a ieri dalla maggioranza, quello che sembrava la panacea di tutti i mali
per risolvere i problemi del collocamento delle antenne sul nostro territorio,
oggi risulta ormai vetusto e superato? Si costruisce dove non si deve e tra 18
mesi si rismonta tutto? E l'assessore Longo di tutto questo si ritiene
soddisfatto? Mi pare che qualcuno abbia completamente perso il controllo della
situazione». Gretti, evidenziando come le perplessità sullo studio delle antenne
“con il tempo si siano tramutate in conferme” è perentorio: «È il caso che si
cominci seriamente a valutare che chi ha "politicamente" la delega all'ambiente
dia le dimissioni».
(ri. to.)
IL PICCOLO -
SABATO, 25 gennaio 2014
«Ferriera, l’altoforno ripartirà solo se avremo un
acquirente» - SIDERURGIA»LA CRISI
Nardi: «Sullo stop troveremo un’intesa con i lavoratori.
Bando di gara per la vendita, credo di farcela per metà
febbraio ma prima occorre l’Accordo di programma e l’operazione è difficile»
Cortese e sorridente il dottor Piero Nardi, commissario straordinario del
Gruppo Lucchini. Sembra quasi impossibile che ieri non solo sia sostanzialmente
venuto a chiudere l’altoforno della Ferriera di Servola, ma abbia anche fatto
capire che la società che ora amministra su indicazione del governo, di propria
iniziativa non abbia intenzione e forse nemmeno possibilità, dati i debiti e le
perdite, di riaccenderlo più. Alla domanda se l’altoforno riaprirà, Nardi
risponde: «Se ci sarà un acquirente, come io spero, riaprirà». Il “grande” nel
senso di affollato Tavolo riunito ancora una volta dalla presidente della
Regione Debora Serracchiani e che si è protratto per oltre due ore ha aggiunto
poco oltre a questa preoccupante affermazione registrata però a margine del
dibattito, rispetto al precipitare della situazione verificatosi giovedì
allorché ai lavoratori era stata comunicata la partenza della cassa integrazione
straordinaria per trecento persone da martedì 4 febbraio in concomitanza con lo
spegnimento dell’altoforno per improcrastinabili lavori di adeguamento alla
bocca dell’impianto. Nardi è un commissario “senza portafoglio” e anch’egli
avrebbe tutto l’interesse a vendere lo stabilimento prima possibile. «Non ci
sono soldi - afferma allargando le braccia - ora facciamo questo intervento che
è d’obbligo, ma siamo in grado di fare soltanto il minimo indispensabile».
Neanche pensare di poter intervenire in modo più completo sostituendo i
materiali refrattari del forno già oggi al limite della consunzione per cui se
Arvedi arriverà, quando arriverà probabilmente sull’altoforno dovrà rimetterci
le mani. Ma impossibile anche pensare di rimandare tutto perché con le inchieste
della Procura, le prescrizioni del Comune, le proteste degli abitanti, per il
bene di tutti è indispensabile ridurre le emissioni come del resto prescrive la
legge. «Se lo stop non avverrà il 4, sarà il 5 o il 6 - afferma Nardi - si
troverà un accordo con i sindacati». A lui intanto spetta il compito di
preparare il bando di gara per la vendita. «Credo di farcela per metà febbraio -
specifica - prima infatti bisogna fare l’Accordo di programma, ma la presidente
Serracchiani si è impegnata ad accelerare l’iter e spero che vi riesca anche se
mi rendo conto delle difficoltà dell’operazione. Oltretutto bisogna mettere in
sinergia diversi ministeri. Posso dire che mi auguro sia uno dei più rapidi
Accordi di programma mai fatti in Italia. È chiaro che bisogna far presto, anche
perché tutti ci rendiamo conto di come la pressione del territorio sia forte».
Uno dei punti che rischia di mandare a monte l’operazione è la questione delle
bonifiche, del trattamento dei rifiuti, del banchinamento a mare. Arvedi ha
detto che per questo non metterà nemmeno un euro e Nardi è altrettanto
categorico: «Non è certo un problema di cui può essere investita
l’amministrazione straordinaria della Lucchini». «I lavori sull'altoforno - ha
aggiunto la governatrice Serracchiani - risultano indispensabili ed erano
programmati da tempo, ma è stato preso l'impegno di organizzare un incontro
tecnico fra sindacati e direzione dello stabilimento per definire modalità e
tempi di esecuzione del lavoro. È stata richiesta - ha voluto precisare la
presidente della Regione - la cassa integrazione straordinaria, finalizzata
quindi a una ripresa dell'attività produttiva, e limitata ai soli lavoratori
dell'altoforno». Frattanto nei giorni scorsi lo stesso Nardi ha rinviato dal 20
gennaio al 10 febbraio la scadenza del bando aperto già alla fine dello scorso
anno per la vendita degli altri stabilimenti del Gruppo Lucchini: quelli di
Piombino, Lecco e Condove. Ciò proprio a seguito della firma del protocollo
d’intesa per la riqualificazione industriale dell’area di Piombino da parte dei
Ministeri dello sviluppo economico, dell’Ambiente, dei Trasporti, di Regione
Toscana, Provincia, Comune e Autorità portuale di Piombino «che - si legge nel
bando - potrebbe costituire elemento di ulteriore attrattività».
Silvio Maranzana
Il sindaco intervistato dalle “Iene” - L’IMPREVISTO
Fuori programma nel palazzo della giunta regionale al termine del Tavolo
sulla Ferriera. Un’inviata del programma Mediaset “Le Iene” riconoscibile anche
dalla cravatta nera, assieme al suo operatore (erano in città dalla sera
precedente) ha atteso pazientemente la fine dell’incontro per “assalire” il
sindaco Cosolini con domande soprattutto sull’inquinamento a Servola. Alcune
urla di Cosolini, evidentemente infastidito, si sono sovrapposte alle
dichiarazioni che Serracchiani in un’altra stanza stava rilasciando a tutti gli
altri giornalisti.
SERRACCHIANI - «La Regione si è impegnata ora anche
Roma deve correre»
«C'è il massimo impegno della Regione e di tutte le istituzioni per definire
nei tempi più brevi possibili l'Accordo di programma, in modo che il commissario
straordinario possa predisporre il bando di evidenza pubblica per la vendita
della Ferriera». Lo ha affermato la presidente della Regione Debora Serracchiani
dopo il Tavolo di ieri su Servola, promosso dall'amministrazione regionale.
«Come Regione - ha precisato la presidente - abbiamo già fatto la nostra parte,
partecipando anche a Roma a numerosi incontri in sede ministeriale. Ora
contatterò immediatamente i ministeri interessati: Attività produttive, Ambiente
e Infrastrutture per accelerare ulteriormente la procedura». Ma Serracchiani ha
anche fatto capire quanto sia difficile trovare la quadra (e i finanziamenti)
visto che si tratta anche di intervenire sulle questioni delle bonifiche, del
trattamento dei rifiuti, del barrieramento a mare. «Il Gse (Gestore servizi
energetici) - ha spiegato Serracchiani - ci ha scompaginato i piani perché se da
un lato ha accettato la risoluzione anticipata della convenzione Cip6 dall’altro
ha affermato che i soldi sono disponibili solo in presenza di un acquirente e
così è stato necessario saltare la fase già prevista dell’affitto e il
commissario straordinario deve mettere direttamente in vendita lo stabilimento.
Adesso è necessario prima definire l'Accordo di programma, che conterrà gli
impegni per il risanamento ambientale e sarà propedeutico all'emanazione del
bando di evidenza pubblica per la vendita». E ha messo in luce la faccia
positiva della medaglia: «La cokeria resta aperta, Arvedi si è impegnato a
continuare la fornitura degli approvvigionamenti». Serracchiani ha espresso
anche apprezzamento a tutte le parti presenti al Tavolo «per la responsabilità e
il senso civico dimostrati». Solidarietà ai lavoratori della Ferriera è stata
espressa in una nota dal Movimento cristiano lavoratori.
(s.m.)
Sindacati in trincea: non firmeremo la “cassa”
Rodà (Uilm): niente date, provvedimento al buio. Occupata in mattinata la
direzione dello stabilimento
Otto ore di sciopero con un’adesione buona ma non massiccia, l’occupazione
degli uffici della direzione decisa dopo l’assemblea di ieri mattina alla quale
hanno partecipato un centinaio di lavoratori, il blocco delle entrate e delle
uscite dei mezzi ai cancelli dello Scalo Legnami e una nuova assemblea nel
pomeriggio. La rabbia che sta crescendo tra i lavoratori della Ferriera non è
sfociata ieri in manifestazioni plateali e solo uno sparuto gruppetto ha atteso
l’esito del Tavolo riunito nel palazzo della presidenza della Regione. «Abbiamo
ricevuto oggi la lettera che informa della richiesta di cassa integrazione per
300 persone a partire da martedì 4 febbraio - ha riferito ieri pomeriggio
Antonio Rodà, segretario provinciale Uilm - per noi è irricevibile e non la
controfirmeremo. Si parla di lavori indifferibili sull’altoforno della presunta
durata di due mesi in vista della vendita. Non viene invece fissato un termine
per quanto riguarda la “cassa” che sostanzialmente è al buio.» Rodà riferisce
anche di un incontro che probabilmente si svolgerà già lunedì all’interno dello
stabilimento per discutere delle modalità tecniche della fermata dell’altoforno.
Su questo argomento è intervenuto ieri pomeriggio anche il sindaco Roberto
Cosolini che ha riferito di aver chiesto allo stesso commissario straordinario
Piero Nardi la propria presenza a una riunione tecnica da tenersi a giorni e che
possa fornire qualche garanzia ai lavoratori «che giustamente - ha precisato il
sindaco - in assenza di qualsiasi rassicurazione sulla ripartenza dell’altoforno
sono fortemente preoccupati.» «Preoccupazione estrema - aggiunge Rodà - perché è
chiaro anche a noi che una volta spento l’impianto, non sarà certo
l’amministrazione straordinaria della Lucchini a riaccenderlo. Per cui a questo
punto per noi è indispensabile tentare di differire il più possibile questi
lavori e proprio sui questo insisteremo nella riunione tecnica che si svolgerà
in azienda.» Tra la conclusione dei lavori (due mesi i tempi previsti) e la
formalizzazione dell’acquisto di Arvedi, ammesso che vada in porto, rimane
comunque un buco temporale denso di incognite. «Anche perché - precisa Rodà - è
stata la stessa presidente Serracchiani ad affermare che Arvedi non presenterà
il piano industriale finché non avrà risposto al bando e fino ad allora non si
saprà nemmeno se vorrà assorbire tutti i lavoratori.»
(s.m.)
«Amianto, mai valori al limite» - SCUOLE, IL PROBLEMA
IN COMMISSIONE
Dapretto: fondi sufficienti per la bonifica di 15mila metri quadrati
Ci sono un milione e mezzo di euro pronti per essere spesi in interventi di
bonifica dall’amianto delle pavimentazioni delle scuole di Trieste. Lo ha
ribadito ieri l’assessore comunale Andrea Dapretto nel corso della seduta che la
quarta Commissione consiliare ha dedicato al tema. Dopo aver confermato che
«dopo i controlli effettuati possiamo affermare che a Trieste non c’è alcun
rischio amianto negli edifici scolastici della città», Dapretto ha spiegato che
«da studi molti precisi risulta che il costo di un intervento di bonifica - che
può consistere nell’incapsulare l’amianto o, laddove necessario, nel sostituire
totalmente la pavimentazione - è di circa 100 euro per metro quadrato. Con la
somma a nostra disposizione possiamo perciò assicurare complessivamente la
bonifica di circa 15mila metri quadrati. Ma – ha sottolineato l’assessore –
voglio rassicurare tutti, a cominciare dai genitori, che in nessuno dei 163
edifici scolastici della città esiste un reale pericolo amianto. In nessun caso
«abbiamo riscontrato la presenza di valori vicini alle soglie limite». Dei 163
edifici scolastici della città, un centinaio non presentano problemi perché
hanno pavimenti fatti in altre sostanze come pietra o legno. Degli altri 63, una
decina hanno pienamente superato l’esame. Di un’altra quarantina sono in corso
gli approfondimenti. Nell’ultima dozzina sono state riscontrate strutture in
amianto «ma siamo ampiamente sotto i limiti previsti dalla legge – ha ripreso
Dapretto – i parametri dicono che siamo dalle 10 alle 20 volte sotto le soglie
indicate dalla normativa. D'intesa con l'Azienda per i servizi sanitari – ha
concluso l’assessore - si è deciso di procedere immediatamente ogni qual volta
dovessero staccarsi mattonelle o piastrelle». «Non c'è alcuna emergenza amianto,
possiamo perciò dedicarci a un'opera di prevenzione e gli interventi, proprio
perché non c’è alcun pericolo per i bambini, potranno essere fatti nel periodo
delle vacanze estive». Stefano Patuanelli, del Movimento 5 Stelle, ingegnere
professionista, ha ricordato che «sarà opportuno effettuare controlli anche
sulle tubature e sulle caldaie», evidenziando che «il costo di 100 euro per
metro quadrato per le bonifiche potrebbe salire, perché dopo l’intervento
bisogna anche pensare a una nuova pavimentazione». Franco Bandelli, di Un’altra
Trieste, ha auspicato «una nuova riunione della Commissione, alla presenza dei
responsabili dell’Azienda per i servizi sanitari e dell’assessore Umberto
Laureni». La richiesta è stata subito accolta dal presidente della Commissione,
Pietro Faraguna.
Ugo Salvini
Muggia, bloccata l’antenna in costruzione a S. Barbara
Intervento della Soprintendenza dopo la scoperta di un muro d’epoca
romana Ma le imprese, in attesa di un sito alternativo, proseguono i lavori per
il traliccio
MUGGIA Colpo di scena nella travaglia vicenda del mega traliccio di Santa
Barbara. Il manufatto, alto 40 metri, in fase di costruzione in località Monte
Castellier e apertamente osteggiato da parte dei residenti, dovrà essere
abbattuto. A sorpresa infatti la Soprintendenza per i beni archeologici del
Friuli Venezia Giulia ha messo un vincolo archeologico sull'area nella quale le
ditte Monte Barbaria srl e Klasse uno srl stanno realizzando l'antenna per
trasmissioni radiofoniche. La motivazione? La scoperta di un muro di epoca
romana sito proprio vicino al manufatto. I lavori, inizialmente bloccati dalla
Soprintendenza, sono però già ripartiti. Infatti, in base all'accordo firmato da
parte delle ditte assieme al Comune di Muggia e con il visto di approvazione
della Soprintendenza, il traliccio dovrà essere tolto, ma entro 18 mesi, e dovrà
essere spostato in un altro sito. Soddisfatto l'assessore all'Ambiente Fabio
Longo: «Ci sono tutti i presupposti affinché la localizzazione della nuova
antenna possa soddisfare le esigenze dei residenti di Santa Barbara, fermo
restando i vincoli fondamentali imposti, ossia la lontananza dalle case e la
sicurezza che il manufatto non sia inquinante». Rimane però un quesito aperto:
perché le ditte stanno continuando ad erigere il manufatto che comunque, entro
un anno mezzo, dovrà essere tolto? Pare che essendo le due società proprietarie
di un'antenna a Chiampore destinata ad essere dismessa, per non smettere di
mandare in onda le trasmissioni, queste abbiano deciso di proseguire i lavori
del traliccio sul Monte Castellier, in modo tale che una volta terminati i
lavori, il traliccio di Chiampore potrà essere smantellato, step al quale farà
poi seguito la costruzione di una terza antenna (definitiva) da collocare in una
zona non ancora conosciuta. E a tale proposito l'assessore Longo ha spiegato che
per ora non sia stato individuato ancora un sito alternativo, nonostante il
Comune abbia dato mandato all'Università di Udine di stilare un elenco di
possibili siti sui quali installare i tralicci: «Lo studio ha dato dei
suggerimenti, ma è oramai superato. Ora dobbiamo trovare un altro sito, che,
ripeto, deve dare garanzia di non inquinamento e deve essere collocato lontano
dalle case dei residenti». Undici residenti di Santa Barbara avevano deciso di
ricorrere al Tar dopo il nulla osta da parte del Comune per la realizzazione del
traliccio. Chiare le motivazioni: la salvaguardia di uno degli ultimi siti
incontaminati del territorio rivierasco, il patrimonio archeologico e
paesaggistico legato al parco didattico dalla necropoli al castelliere di Elleri,
la svalutazione degli immobili, l’impossibilità di proseguire la bonifica del
territorio attraverso la reintroduzione dell’agricoltura. A dare una mano alle
richieste dei residenti, che a tale proposito avevano dato vita ad un Comitato
antiantenne, è arrivata la Soprintendenza per i beni archeologici. Ora rimane da
capire quale sarà il nuovo sito destinato alla realizzazione del traliccio. E
quale sarà la reazione da parte dei residenti.
Riccardo Tosques
COMUNICATO STAMPA -
VENERDI', 24 gennaio 2014
Zanoni porta a “Le Iene” la Ferriera di Trieste
Venerdì 24 gennaio, l’eurodeputato PD Andrea Zanoni ha incontrato gli
inviati del programma satirico di denuncia per mettere a nudo l’allarmante
situazione dell’impianto siderurgico situato nel rione Servola di Trieste. «I
dati sui livelli di inquinamento in cui sono costretti a vivere gli abitanti di
un quartiere che conta molti anziani e bambini sono allarmanti. Siamo di fronte
a un serio problema sanitario ed ecologico»
Venerdì 24 gennaio 2014, l’eurodeputato PD Andrea Zanoni, membro della
Commissione ENVI Ambiente, Salute Pubblica e Sicurezza Alimentare al Parlamento
europeo, è stato intervistato dall’ inviata Nadia Toffa del programma satirico
di denuncia “Le Iene” sull’allarmante situazione dell’impianto siderurgico
situato nel rione Servola di Trieste, densamente popolato.
Da tempo, la famigerata “Ferriera” di Trieste è al centro delle cronache sia per
i livelli di Benzo(a)pirene e di PM10 registrati nell’area che per il piano di
riqualificazione - riconversione a cui dovrebbe essere sottoposta.
«Nel 2013 ho presentato ben due interrogazioni a Bruxelles fornendo dati
allarmanti sui livelli di inquinamento in cui sono costretti a vivere gli
abitanti di un quartiere che conta molti anziani e bambini - ha affermato Zanoni
- L’incontro con gli inviati de “Le Iene” è stato l’occasione per puntare una
volta di più l’attenzione su una situazione drammatica e per denunciare i
livelli allarmanti di contaminazione e l’insorgenza di neoplasie tumorali
registrate tra gli ex dipendenti. Non possiamo rischiare di avere un’ILVA di
Taranto nel Golfo di Trieste. Eppure le autorità italiane sembrano immobili
davanti a quello che potrebbe presentarsi come un disastro annunciato».
BACKGROUND
L’obsoleto stabilimento siderurgico specializzato nella produzione di ghisa si
trova nel popolato rione di Servola a Trieste. A partire dal 21 dicembre 2012,
l’impianto è stato commissariato per stato d’insolvenza ed è intervenuto uno
studio per avviare un piano industriale di riqualificazione/riconversione.
Il 20 giugno 2013, Zanoni ha presentato una prima interrogazione alla
Commissione europea denunciando gli elevati livelli di Benzo(a)pirene e di PM10
registrati nell’area e l’insorgenza di neoplasie tumorali nei suoi ex dipendenti
e chiedendo in che modo il Piano strategico volto a preservare la competitività
della siderurgia UE presentato il 5 giugno 2013 coinvolgesse la ferriera di
Trieste e se non si ritenesse fondamentale prendere in considerazione nel piano
di riconversione gli aspetti sanitari e ambientali oltre che a quelli economici.
Le analisi effettuate nel 2007 dal Centro Interdipartimentale di Gestione e
Recupero Ambientale CIGRA dell’Università degli Studi di Trieste, su richiesta
della locale Procura della Repubblica rilevavano nella zona preoccupanti valori
di Benzo(a)pirene, in media pari a 21 ng al metro cubo, con picco a 90 ng al
metro cubo, a fronte del limite di 1 ng al metro cubo imposto dalla Direttiva
2004/107/CE. Le concentrazioni di PM10 si rivelavano sistematicamente superiori
al limite di 50 µg al metro cubo stabilito dalla Direttiva “Aria” 2008/50/CE, e
risultavano fuori norma anche i valori di PM2,5.
Il 30 agosto 2013, il Commissario Ue all’Industria Antonio Tajani ha risposto
che “l’applicazione delle disposizioni nazionali comprese le misure in materia
di valutazione e gestione del rischio degli impianti siderurgici come la
Ferriera di Trieste, rientrano nelle responsabilità delle autorità nazionali e
che i contributi messi a disposizione dalla Banca europea degli investimenti BEI
nel contesto del Piano UE per la siderurgia dovranno essere subordinati al
rispetto da parte degli impianti della direttiva 2010/75/UE sulle emissioni
industriali.
Il 18 novembre 2013, Zanoni ha presentato una seconda interrogazione alla
Commissione europea fornendo gli ultimi preoccupanti dati sull’inquinamento
prodotto dall’impianto e chiedendo che l’Ue verifichi il rispetto della
Direttiva 2010/75/UE relativa alle emissioni industriali, prevenzione e
riduzione integrate dell’inquinamento.
I dati consegnati a Bruxelles sono stati raccolti da un cittadino residente
nella zona in cui è in funzione l’impianto relativi alla contaminazione della
sua abitazione e della sua persona. In prossimità della sua abitazione, la
concentrazione di benzo(a)pirene rilevata è pari a 127 ng/m3 (nanogrammi per
metro cubo), per un totale di IPA cancerogeni presenti di 431 ng/m3.
I valori di idrossipirene e idrossinaftalene (due metaboliti degli IPA) presenti
nelle sue urine superano anche del triplo quelli di un cittadino-campione
residente nel quartiere in cui si trova l’Università di Trieste a qualche
chilometro di distanza.
Dai rilievi effettuati l’8-9 agosto 2011 emergerebbe che la contaminazione in
prossimità dello stabilimento sia ancora più grave rispetto a quanto riferito
nella prima interrogazione: - in prossimità dell’abitazione del cittadino
residente nel quartiere in cui si trova la “Ferriera di Trieste” la
concentrazione di benzo(a)pirene rilevata è pari a 127 ng/m3 (nanogrammi per
metro cubo), per un totale di IPA cancerogeni presenti di 431 ng/m3; - nell’area
in cui è stato posizionato il soggetto di confronto, nel quartiere in cui si
trova l’Università, la concentrazione di benzo(a)pirene rilevata è invece pari a
0,00 ng/m3, per un totale di IPA cancerogeni presenti di 0,24 ng/m3.
In un filmato che sarebbe stato girato di nascosto da un operaio dell’impianto,
si possono osservare sospetti sversamenti all’aperto di una sostanza scura.
Secondo notizie a mezzo stampa, il Direttore del Dipartimento di Trieste
dell’ARPA FVG, informato dei fatti, avrebbe denunciato il tutto alla Procura
della Repubblica.
Ufficio Stampa On. Andrea Zanoni
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(Italia) +39 0422 59 11 19 - Sito
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IL PICCOLO -
VENERDI', 24 gennaio 2014
Ferriera, “cassa” per 300 - Via ai lavori
all’altoforno, chiesta la cigs dal 4 febbraio. Cosolini: rimanere vigili
L’annuncio, terribile ma non inatteso, è stato dato alle rsu e ai
rappresentanti sindacali della Ferriera ieri pomeriggio poco dopo le tre dal
direttore delle risorse umane del Gruppo Lucchini Riccardo Grilli e dalla
responsabile del personale della Servola spa Alessia Zeppa: l’azienda ha chiesto
la cassa integrazione straordinaria per trecento lavoratori a partire da martedì
4 febbraio. Contemporaneamente partiranno i lavori, che la Lucchini considera
non più differibili, di rifacimento della bocca dell’altoforno. Una
comunicazione giunta solo qualche ora dopo che i sindacati avevano deciso di
proclamare per oggi otto ore di sciopero (iniziativa dalla quale come si legge a
parte si è dissociata l’Ugl) e forse tale da tentare di disinnescare quella che
sarà la prima richiesta dei rappresentanti dei lavoratori, nell’ambito del
Tavolo convocato per le 13 di oggi nel palazzo della presidenza della Regione in
piazza Unità e al quale è stata annunciata la presenza anche del commissario
straordinario della Lucchini, Piero Nardi: un differimento dello stop
dell’altoforno e dell’avvio della “cassa”. Ciò per non arrivare a una
sospensione che sarà come minimo parziale dell’attività produttiva, senza alcuna
precisa garanzia di ripresa. All’intenzione, mai smentita ma seguita da ancora
troppo pochi atti formali da parte del Gruppo Arvedi di Cremona, dopo che
finalmente si è giunti alla risoluzione della convenzione Cip6 per chiudere il
contratto tra la stessa Lucchini e la centrale Elettra, si sovrappongono le
necessità di giungere all’Accordo di programma tra tutti gli attori interessati
e al bando di gara per l’acquisto. «Sulla necessità del bando effettivamente
deve esserci stata qualche confusione da parte degli uffici ministeriali -
commenta il sindaco Roberto Cosolini - non so se per aprirlo sia ora
effettivamente necessario attendere la firma dell’Accordo di programma, ma nella
realtà credo che avverrà proprio così perché l’Accordo è in dirittura d’arrivo e
finalmente sta per mettere in chiaro diritti e doveri di tutti i soggetti
coinvolti nell’operazione.» Cosolini afferma di non temere una chiusura
irreversibile degli impianti. «Mi pare - rileva - che sia anche stata trovata
una soluzione per il rifornimento delle materie prime», ma la situazione rimane
tale da non far dormire sonni tranquilli nemmeno a lui: «Bisogna continuare a
rimanere estremamente vigili». Sono le prescrizioni emesse dal Comune oltre
all’attività della Procura con il conseguente obbligo di abbattere le emissioni
ambientali a rendere ineludibile l’operazione, che ha proprio questo obiettivo,
di sostituzione della bocca dell’altoforno. «Ma è inutile fermare l’impianto per
intervenire sulla bocca - lamentano alcuni lavoratori - quando sulle pareti
dell’altoforno i mattoni refrattari che originariamente avevano 60 centimetri di
spessore adesso sono talmente consumati da non averne più di una dozzina.
Temiamo perciò che una volta fermato, l’altoforno non sarà più riattivato. Era
meglio fare i lavori completamente nel momento in cui vi sarà la garanzia che
tutti i posti di lavoro saranno salvaguardati». L’unica piccola consolazione
deriva dal fatto che la cassa integrazione è stata effettivamente chiesta per un
massimo di trecento lavoratori. Ciò starebbe a significare che la cokeria,
ammesso che continuino ad arrivare le navi di carbone, avrà gli addetti
necessari per continuare a farla funzionare, «quella una volta spenta - dicono
in Ferriera - non si riaccende più.»
Silvio Maranzana
Il vero nodo resta quello delle bonifiche - l’accordo
di programma
«Abbiamo concordato sui tempi dell’Accordo di programma che sottoscriveremo
a breve - ha affermato la presidente della Regione Debora Serracchiani - il
documento riguarderà gli impegni che si assumono le istituzioni a garanzia della
conti nuità dell’attività industriale e del risanamento ambientale.» Il vero
nodo riguarda il finanziamento delle bonifiche e del trattamento dei rifiuti,
mentre nei mesi scorsi il Gruppo Arvedi si era detto disposto a investire 20-22
milioni per l’ammodernamento degli impianti.
Arvedi si è fatto avanti già in maggio
La manifestazione di interesse di Finarvedi spa che «in nome e per conto di
una newco da costituirsi» si proponeva di prendere in affitto lo stabilimento di
Servola a partire dal primo luglio e per un periodo massimo di 24 mesi con
l’opzione per l’acquisto era giunta al commissario straordinario ancora in data
21 maggio. Il 31 luglio era invece giunta al commissario la proposta d’affitto
«da finalizzare non oltre il primo ottobre». I mesi sono passati e non è
successo nulla.
Sindacati a muso duro: presidio e 8 ore di sciopero
Dopo l’assemblea probabile il corteo fino a piazza Unità dove alle 13 si
svolge il tavolo convocato da Serracchiani: «Vogliamo garanzie». Ma l’Ugl si
dissocia
Alla manifestazione parteciperà anche un gruppo di operai della Sertubi
«Noi martedì 4 febbraio non ci sposteremo di là». Parla Franco Palman,
“storico” rappresentante di fabbrica alla Ferriera di Servola e si riferisce
all’altoforno di cui da quel giorno, secondo la comunicazione di ieri
dell’azienda, dovrebbero incominciare le operazioni di spegnimento in
concomitanza con la messa in cassa integrazione straordinaria di 300 lavoratori.
La dichiarazione di riapertura della guerra sindacale è dunque stata fatta e
vivrà oggi una prima nuova plateale manifestazione con lo sciopero di otto ore e
l’assemblea che si terrà alle 8.30 all’interno dello stabilimento e che con
estrema probabilità deciderà un corteo con successivo presidio in piazza Unità
sotto il palazzo della Regione dove la governatrice Debora Serracchiani
presiederà il Tavolo al quale dovrebbero prender parte sia il commissario
straordinario del Gruppo Lucchini Piero Nardi che Francesco Rosato,
amministratore unico di Siderurgica triestina, la società costituita dal Gruppo
Arvedi con l’intento di rilevare la Ferriera, oltre ai rappresentanti dei
lavoratori, delle istituzioni e delle categorie interessate. Non si escludono
però altre e ulteriori forme di protesta anche clamorose sia nell’ambito dello
stabilimento che in città. Sciopero e mobilitazione sono stati decisi
congiuntamente da Fiom-Cgil, Fim-Cisl e Uilm. Ma il fronte sindacale non è
compatto al 100% e infatti l’Ugl si chiama fuori. «È uno sciopero puramente
politico - afferma Roberto Cecchini, rsa di Ugl metalmeccanici - non siamo
favorevoli a questa forma di protesta in una fase così delicata. Bisogna invece
dedicare la massima concentrazione per salvaguardare i lavoratori. Incrociare le
braccia serve soltanto a far perdere soldi in busta paga con la cassa
integrazione che incombe». Sulla stessa linea Matteo Cernigoi, commissario Ugl
Trieste: «Ci sono ancora ampi margini per far ben sperare per lo sviluppo
economico di Trieste. La continuità industriale potrà essere garantita da chi
deciderà di investire seriamente nel progetto». Adesione con distinguo da parte
del sindacato autonomo Failms. «Partecipiamo allo sciopero perché riteniamo
fondamentale usare tutte le armi di pressione per far slittare la partenza dei
lavori sull’altoforno e della “cassa” - afferma il segretario provinciale
Cristian Prella - ma dissentiamo totalmente dalle modalità con cui è stata
organizzata la protesta.» Il presidio in piazza avrà invece il conforto concreto
di un gruppo di operai della Sertubi. «Non solo noi rappresentanti sindacali
saremo presenti - annuncia Michele Pepe, rsu di Sertubi per Fim-Cisl - ma
porteremo in piazza anche un gruppo di operai: sia per recare la nostra
solidarietà che per un ragionamento che ci riguarda direttamente: alla
sopravvivenza della cokeria della Ferriera è infatti legata la possibilità che
un giorno Sertubi riattivi il proprio reparto a caldo.» «Alla presidente
Serracchiani - specifica Palman - chiederemo uno specifico impegno per la
salvaguardia di tutti i posti di lavoro. Vi sono in questa vertenza ancora
troppi tasselli che non figurano al proprio posto e in queste condizioni la
cassa integrazione verrebbe fatta in una situazione di buio totale. Ammesso che
tutte le procedure vadano a posto, non abbiamo mai visto nero su bianco una riga
del piano industriale di Arvedi: dopo le dichiarazioni di facciata, quanti sono
nei fatti i lavoratori che intende assorbire? Ma magari fossimo già a quel
punto. In realtà temiamo che se l’altoforno sarà spento, nessuno lo riaccenderà
più. È per questo che non abbiamo alcuna intenzione di farlo spegnere.»
Silvio Maranzana
«Via Flavia da riqualificare come porta Est della
città» - IL NUOVO PIANO REGOLATORE
I capitoli illustrati da Marchigiani in commissione. Nell’area della
Fiera destinazione commerciale e residenziale, anche un parco pubblico nell’ex
caserma di via Rossetti
Sarà la riqualificazione di via Flavia, destinata a diventare la porta Est
della città per quanto possibile specchio dell’oggi ben più attrattivo ingresso
Ovest (cioè della strada Costiera), uno degli elementi cardine del nuovo Piano
regolatore che è stato presentato dall’assessore comunale Elena Marchigiani alla
sesta Commissione consiliare. «Abbiamo predisposto un piano di riqualificazione
dell’intera area, che comprende anche l’Ezit – ha spiegato Marchigiani – e che
prevede la realizzazione di rotonde lungo il principale asse stradale, destinato
a diventare urbano e non più extraurbano e di percorsi pedonali, nell’ambito di
una rivisitazione generale della zona. L’area che circonda la via Flavia – ha
aggiunto - dovrà diventare un filtro fra la zona produttiva e industriale e
quella residenziale, nel contesto di un complessivo miglioramento
dell’ambiente». L’assessore ha fatto scorrere sullo schermo dell’aula del
Consiglio comunale, nel quale si è svolta la seduta, numerose immagini che fanno
parte integrante del Piano. «Si tratta di un documento – ha aggiunto Marchigiani
– che sottoponiamo al vaglio delle Circoscrizioni. Dopo il passaggio in aula i
cittadini potranno presentare le loro osservazioni». Nel corso dell’incontro
sono emersi ulteriori spunti d’interesse. La caserma di via Rossetti subirà
importanti trasformazioni funzionali. «I due edifici del comprensorio più vicini
ai licei Galilei e Petrarca potrebbero diventare strutture di servizio agli
stessi – ha ripreso Marchigiani – mentre l’ampio spazio aperto centrale potrebbe
evolversi in parco pubblico». L’area della Fiera invece avrà una destinazione
mista: ospiterà sia edifici residenziali sia attività commerciali. Non
altrettanto accadrà per la ex caserma di Banne «che non potrà avere destinazione
residenziale ma di servizio». L’intero Piano, mentre prosegue l’iter di
presentazione ai vari organi istituzionali, è visibile da parte dei cittadini
sul sito del Comune. Per le osservazioni però i cittadini dovranno aspettare che
il documento sia adottato dal Consiglio. «Il Piano – ha concluso Marchigiani -
propone una visione d'insieme che riguarda il futuro della città. Si punta a
mettere a sistema i luoghi della ricerca e della produzione, il turismo, le
risorse disponibili, per fare di Trieste una città sostenibile». Marchigiani ha
trattato anche il tema del Regolamento “dehors”. «Quello attualmente in vigore –
ha detto – è stato prorogato fino al gennaio del 2015 per permettere alla
Soprintendenza di esprimere il proprio parere sul nuovo testo che abbiamo
predisposto».
Ugo Salvini
Cosolini: «Entro l’anno via Mazzini pedonale»
Il sindaco sul nuovo Piano del traffico: «Nessun aggiustamento, andiamo
avanti e a fine mese l’ok alle prime attuazioni. Park gratis al sabato in
febbraio e marzo»
Assicura: «Via Mazzini sarà pedonale entro la fine di quest’anno». E non
prevede alcuna “retromarcia” sullo scheletro del nuovo Piano del traffico (già
approvato dal Consiglio comunale). Pur non chiudendo la porta, nel contempo, a
possibili adeguamenti sul numero degli stalli a pagamento che si aggiungeranno
fra centro e periferie. Il sindaco Roberto Cosolini difende a spada tratta il
Pgtu creatura della sua amministrazione, e lo fa politicamente prim’ancora che
tecnicamente, perché ad occuparsi dei dettagli tecnici è, assieme agli uffici,
l’assessore incaricato della sua squadra. Cioè Elena Marchigiani, in questi
giorni oberata di incombenze legate al nuovo Piano regolatore. Allora sindaco,
il fatto che del Piano del traffico non si sappia più nulla da qualche giorno,
vuol forse dire che lo state “aggiustando”? No, assolutamente. È uno strumento
di pianificazione, approvato: per modificarlo, dovrebbe partire un nuovo iter.
Sono in corso verifiche sulle fasi attuative, alcune delle quali approderanno in
giunta con i rispettivi piani di dettaglio fra fine mese e l’inizio di febbraio.
E riguarderanno l’avvio delle pedonalizzazioni anche in via XXX Ottobre, delle
ali del Viale, via Foschiatti, con le relative pavimentazioni. Poi, si sta
lavorando su via Mazzini: nei prossimi giorni avremo dei momenti di
approfondimento con Trieste trasporti e Provincia sul trasporto pubblico locale.
Conferma che via Mazzini diverrà concretamente pedonale nel 2014? Entro la fine
dell’anno, sì. A qualche correzione in corsa, però, dopo il noto flop del 23
dicembre, avete pensato? Ci siamo già scusati per quanto accaduto. Ma quel
provvedimento è stato qualcosa di profondamente diverso dal nuovo Piano del
traffico, che a sostegno della chiusura alla circolazione privata in corso
Italia e dintorni prevede una serie di strumenti viabilistici. Quindi assicura
che, col Piano a regime, tra Rive e Borgo Teresiano non si resterà
imbottigliati? Il Piano è pensato proprio per non aumentare il carico di
traffico nelle vie. Assicuriamo che non si formeranno imbuti, come successo in
via San Spiridione e via Valdirivo il 23 dicembre. Il Pgtu, inoltre, guarda
anche a una progressiva evoluzione del modo di muoversi in città, andando sempre
più a piedi, con i mezzi pubblici e sviluppando la ciclabilità, al posto delle
auto. Ha parlato di provvedimenti a sostegno di altri, ma scusi: se il Piano
verrà - per scelta di metodo - attuato passo passo, di zona in zona, e non tutto
assieme contestualmente, potrà allora ripresentarsi lo stesso problema di
dicembre in altri punti della città? Lo si attuerà per fasi omogenee, cosa che
per quei quattro giorni a dicembre non era possibile. L’unico errore è stato
quello di lasciare corso Italia chiuso anche lunedì 23, oltre al sabato e
domenica precedenti e alla vigilia di Natale. In quella giornata, il 23, il
normale flusso dei veicoli si è sommato a quello dei mezzi in circolazione per
lo shopping. Insisto: è logico attuare qualcosa di organico in maniera non
organica? Le fasi attuative saranno in grado di reggere da sole, autonomamente.
Peraltro, tutto è stato pensato “al buio”, senza conoscerne i costi: c’è il
rischio di “sorprese”? Sono costi comunque sostenibili, che vanno traguardati
agli obiettivi. La città ha bisogno di un nuovo Piano del traffico, cosa che
pensavano anche i nostri predecessori. I quali però non l’hanno mai fatto... Un
centro città più pedonale migliora la qualità della vita delle persone,
l’attrattività turistica e quella commerciale. La sosta gratis al sabato sugli
stalli blu, finalizzata ad agevolare acquisti e saldi (proposta inizialmente
avanzata da Trieste cambia, Cittadini e Un’Altra Trieste per il mese di
gennaio), verrà attivata? Sì, la attiveremo nella zona del centro. Stiamo
vedendo, però, di abbinarci altre agevolazioni: non credo infatti sia una misura
sufficiente da sola, serve un pacchetto di iniziative sui sabati dello shopping
a Trieste. Appena pronto, si partirà. Proveremo, non più in gennaio ormai, e se
funzionerà andremo avanti per due mesi: febbraio e marzo. Il tema del forfait
per i residenti. Ipotesi: un cittadino paga 30 euro al mese, ma in un mese non
trova mai uno stallo libero per parcheggiare la sua auto nella zona del centro
storico. Significa quindi che regala al Comune 30 euro. Oppure che il Comune se
li prende senza dargli un servizio, no? È un’ipotesi improbabile. La stragrande
maggioranza dei residenti, oggi, si trova ad andare a spendere molto di più nel
complesso: con stalli dal valore orario pari a un euro e 40 al giorno, e quindi
da circa un centinaio di euro al mese, è chiaro che nessuno può dare la certezza
di un parcheggio a 30 euro mensili. Comunque una cifra inferiore rispetto a
quella che spendono oggi, parcheggiando sì magari un giorno gratis ma altri
cinque a pagamento. Il Piano ha in ogni caso fatto una proiezione di massima
sulla creazione di nuovi stalli a pagamento. Poi non è detto che nelle scelte
attuative, il provvedimento non sia più limitato. A lei piacerebbe pagare il
biglietto di ingresso al cinema, ma non trovare posto in sala? Ricordo che non
si pagheranno 30 euro per il solo parcheggio vicino a casa, ma per sistemare la
macchina in tutta la zona del centro storico. E che, al momento, per ogni
cittadino che lascia ferma la propria vettura in uno stallo per dieci giorni, ce
ne sono altri cinque che intanto girano per trovarne uno libero.
Matteo Unterweger
Amianto, vertice tra tecnici comunali e presidi - Oggi
si riunisce la quarta commissione del municipio
In attesa di nuovi risultati su materiali e aria, si va
verso altri incontri nelle scuole coinvolte
Martedì scorso i coordinatori delle scuole comunali, ieri i presidi di
quelle statali. Continua a ritmo serratissimo il programma degli incontri sul
tema amianto, dai sopralluoghi agli interventi di messa in sicurezza passando
per sgomberi d’aule e analisi sui materiali ed eventualmente sull’aria, della
task-force tecnica del Municipio incaricata dagli assessori all’Educazione e ai
Lavori pubblici, Antonella Grim e Andrea Dapretto, e guidata operativamente dal
capoarea dell’Educazione Enrico Conte, dal direttore del servizio di Edilizia
scolastica Giovanni Svara e dal responsabile Amianto Livio Sivilotto. Questa con
i presidi degli istituti statali, peraltro, era una riunione-chiave alla luce
dello stato d’avanzamento dei controlli, così come si presenta pubblicamente
oggi. Dopo che il Comune mercoledì ha reso noti i risultati di laboratorio
sull’aria prelevata alla scuola dell’infanzia L’isola dei tesori di Roiano (dove
è stata accertata una concentrazione di 0,62 fibre per litro d'aria a fronte di
una soglia di legge fissata a 10 dalla Regione e a 20 dallo Stato), le tre
scuole sulle quali permane al momento l’urgenza di comunicare l’esito delle
stesse analisi sull’aria, al fine di rasserenare gli animi delle famiglie degli
alunni, sono tutte appunto statali: l'elementare Foschiatti e la media Caprin
dell'istituto comprensivo di Valmaura, e l'elementare Giotti di strada di
Rozzol. Nel corso del confronto di ieri con tutti i presidi - così è stato
riferito dagli uffici che fanno capo all’assessore Grim - l’amministrazione
cittadina ha ribadito la propria “disponibilità” a entrare nelle strutture dei
dirigenti scolastici che ne facessero richiesta per una riunione informativa con
i rappresentanti di personale e famiglie, esattamente com’è successo per L’isola
dei tesori. Alla Giotti, in particolare, ci sarebbe in queste ore il più alto
tasso d’impazienza e preoccupazione da parte dei genitori. Contestualmente il
Comune ha deciso di aggiornare pubblicamente la lista delle scuole già sicure,
per ora a quota 33, “entro una ventina di giorni”, e questo perché sta
prevalendo l’idea di comunicare in un colpo solo sia i risultati delle analisi
sui materiali che quelli successivi delle campionature dell’aria, là dove i
primi dovessero imporre un approfondimento come da protocollo, il tutto per
evitare - presumibilmente - altalene d’informazioni e stati d’animo. Oggi alle
9, intanto, della questione si occuperà anche la Quarta commissione del
Consiglio comunale competente in materia di Lavori pubblici, presieduta da
Pietro Faraguna del Pd.
(pi.ra.)
IL PICCOLO -
GIOVEDI', 23 gennaio 2014
Ferriera, si riparte da zero - Nessuna data per il
bando - SIDERURGIA»L’ITER PER LA CESSIONE
Tramontata l’ipotesi del contratto d’affitto, prima di avviare la gara
deve essere sottoscritto l’accordo di programma. Serracchiani: «La firma in
tempi brevi»
Posta una pietra tombale sull’ipotesi di affitto ad Arvedi, il gruppo
interessato all’acquisizione di Servola, la costruzione del futuro della
Ferriera riparte da una “road map” tracciata sì, ma in un calendario che a oggi
non riporta date precise. Né potrebbe: tanti i nodi ancora da sciogliere e i
passaggi da attuare, compresa un’integrazione al programma di cessione degli
stabilimenti Lucchini che, presentato il 9 settembre scorso dal commissario
straordinario Piero Nardi al ministero e autorizzato il 6 novembre, prevedeva
allora l’ipotesi di affitto dello stabilimento sulla base della manifestazione
d’interesse già presentata da Cremona e solo in seguito la vendita «sempre
attraverso procedura pubblica», precisa il segretario generale di Lucchini
Amministrazione Straordinaria Francesco Semino. Di certo per ora c’è la
scansione dei passaggi, definita ieri nell’incontro che la presidente della
Regione Debora Serracchiani ha avuto al ministero dello Sviluppo economico, alla
presenza dello stesso Nardi: prima andrà sottoscritto l’Accordo di programma, e
in base a quel documento il commissario straordinario di Lucchini spa Piero
Nardi predisporrà il bando di evidenza pubblica per la cessione dello
stabilimento di Servola. «Abbiamo convenuto definitivamente sull’iter da seguire
e tutti i soggetti si sono impegnati a stringere i tempi per la chiusura della
procedura», afferma Serracchiani. Prudenzialmente la governatrice non cita
quella del 31 gennaio, seppure ribadita nei giorni scorsi, quale data ultima per
la firma dell’Accordo su cui da mesi si lavora. «Abbiamo concordato sui tempi
dell’Accordo che sottoscriveremo a breve, precisando che il documento riguarderà
gli impegni che si assumono le istituzioni, a garanzia della continuità
dell’attività industriale e del risanamento ambientale». In ogni caso «l’Accordo
prelude alla formazione, stesura e pubblicazione del bando di evidenza pubblica
per l’individuazione del soggetto che rileverà il sito, sulla base di un piano
industriale che dovrà garantire» appunto ambiente e lavoro, ribadisce la
governatrice. Ieri peraltro Nardi ha assicurato che «la cokeria non chiuderà».
Quanto ai lavori sull’altoforno, contro la cui fermata i sindacati hanno alzato
le barricate, «non sono rinviabili - riferisce Serracchiani - ma non
pregiudicano la continuazione dell’attività produttiva». Tanto che dal
commissario è giunto l’impegno a continuare ad approvvigionarsi di carbone anche
durante l’intervento in partenza a febbraio. Fin qui la strada, ma i tempi per
il bando? Semino non fornisce date: «Cerchiamo di metterci nella condizione di
fare il bando subito dopo l’Accordo», si limita a dire. Aggiungendo, sulla
soluzione della vendita diretta di Servola: «Va apprezzato il fatto che si
arriva in tempi più rapidi a certezze, perché comunque l’affitto ad Arvedi non
imponeva l’obbligo di comprare», né ci sarebbe stata prelazione. La svolta verso
la vendita diretta, dice Semino, è stata accelerata dal recente pronunciamento
del Gse sulla risoluzione del contratto Cip6 che vincolava centrale Elettra e
Lucchini, ok condizionato però al subentro di un acquirente. Con un premio
regressivo: più tempo passa prima della vendita, meno soldi si prendono. I
sindacati, intanto, lanciano (come si legge qui sotto) l’ennesimo allarme: «Il
nostro obiettivo è quello di mettere la Ferriera nelle condizioni di essere
operativa fino alla vendita», le parole di Semino.
di Paola Bolis
«Altoforno, lavori non rinviabili». Domani il tavolo in
Regione
È prevista la presenza del commissario straordinario di Lucchini Piero Nardi
al Tavolo regionale sulla Ferriera convocato per domani: lo annuncia Francesco
Semino. Sarà una giornata calda per i lavoratori di Servola, che nei giorni
scorsi hanno annunciato la volontà di opporsi «con tutti i mezzi a disposizione»
alla fermata dell’altoforno che secondo quanto comunicato dall’azienda dovrà
decorrere dal primo febbraio. Un’assemblea è stata convocata per domattina alle
7.30 nello stabilimento, «e potrebbe anche decidere lo sciopero», aveva detto
domenica scorsa il segretario di Fim-Cisl Umberto Salvaneschi. A Roma ieri è
arrivata l’assicurazione che la cokeria non chiuderà ma Serracchiani ha parlato
nuovamente di «lavori non rinviabili» all’altoforno. Resta da capire quale sarà
la posizione dei lavoratori.
Servola, i sindacati chiedono di accelerare
Ieri durante un incontro in Prefettura consegnato un documento con le
richieste per evitare il tracollo
I sindacati dei lavoratori della Ferriera di Servola (Gruppo Lucchini) hanno
consegnato ieri alla Prefettura una lettera in cui chiedono il rapido avvio
dell'Accordo di programma e della cessione dell'attività dal Gruppo Lucchini al
Gruppo Arvedi. A poche ore dall'incontro convocato al Ministero dello sviluppo
economico sulla vertenza della Ferriera i sindacati, che non hanno partecipato
al tavolo romano, hanno voluto esprimere la propria posizione con la missiva
consegnata in piazza dell’Unità d’Italia. Nel testo i sindacati Fim-Cisl,
Fiom-Cgil, Uilm, insieme alla Rsu della fabbrica cittadina, chiedono anche che
sia annullata la procedura per il prospettato stop dell'altoforno dello
stabilimento siderurgico, esprimendo «un parere perlomeno dubbio sull’attuale
conduzione dello stabilimento di Trieste». Nel documento i rappresentanti dei
lavoratori sottolineano come «allo stato attuale non vi è nessuna concreta
alternativa al Gruppo Arvedi per il subentro alla “Lucchini” commissariata». E
rimarcano «il grave deteriorarsi delle relazioni tra i vertici del Gruppo
Lucchini e quelli di “Arvedi”». Le sigle sindacali richiedono in particolare «il
blocco della procedura della fermata dell’altoforno, con lo slittamento della
data fino alla sottoscrizione di un impegno tra le parti», cioè istituzioni,
commissario fallimentare, Gruppo Arvedi e le stesse organizzazioni sindacali
«che preveda la lavorazione in un’unica fase di quanto necessario all’impianto
per garantire una ripartenza in tempi tecnici certi ed in assoluta sicurezza
impiantistica ed ambientale». I firmatari reclamano «la garanzia della
continuità d’approvvigionamento e il consequenziale arrivo delle materie prime
necessarie per la continuità produttiva di tutti gli impianti, prima e dopo la
fermata gestita. Il paventato blocco dell’altoforno a inizi di febbraio avrebbe
drammatiche ricadute occupazionali, sociali ed economiche sul territorio». Fim,
Fiom e Uilm richiedono infine «l’impegno del Ministero per coordinare, al fine
di supportare con atti formali Istituzionali, a garanzia del mantenimento dei
livelli occupazionali, oltre a favorire l’avvio, in tempi celeri, del confronto
sull’Accordo di programma».
Barcola, rispunta un progetto del 1998
Fabio Millevoi dell’Ance: «Ma i tempi sono cambiati». Riccesi: «Nè
finanziamenti nè scarti edili. Più appetibile il terrapieno»
Ampliare la zona balneabile di Barcola? Un sogno per molti triestini, un
sogno antico che non si è mai realizzato e che però si rimaterializza (con
estrema cautela) nelle previsioni del Piano regolatore ora appena avviato a
discussione pubblica. Che rende lecito (ma lasciando indefinite le modalità) un
nuovo interramento del mare dopo quello ormai storico della pineta, un via
libera scritto comunque nel “Piano struttura” del Prg, sezione che contiene le
previsioni “macro”, più complesse e a più lunga scadenza. Facilmente eseguibili
invece a Barcola, previo studio di impatto ambientale, pontili e terrazze a
mare, zone commerciali e di servizio. E realizzabili in via diretta modesti
ampliamenti. Dei chioschi ai Topolini, per esempio, che chiedono da tempo di
poter installare servizi igienici. Questa la situazione a oggi. Ma riportare a
galla la novità normativa richiama alla memoria il fatto che dal 1998 esiste
un’idea progettuale per l’allargamento della riviera triestina da Barcola al
Bivio di Miramare, con inserimento di una pineta a fare da cortina tra il
traffico e la striscia di costa, con pontili, scalette, spiagge artificiali e
“laghetti” di acqua di mare sul nuovo ampliato arenile “strappato” al mare con
ermetici bacini d’interramento riempiti di rifiuti inerti. La proposta era stata
elaborata dall’allora Collegio costruttori edili e affini, oggi Ance, per opera
di un gruppo coordinato dal vicepresidente Franco Sergas e di cui facevano parte
l’architetto Donato Riccesi, oggi presidente triveneto dell’Associazione
costruttori, e Fabio Millevoi, direttore dell’Ance regionale e provinciale. «I
tempi erano molto diversi - afferma Millevoi -, c’era un’emergenza per lo
stoccaggio del materiale inerte proprio mentre erano in previsione molte grandi
opere, interrare Barcola sarebbe stata una soluzione, mentre noi abbiamo sempre
“regalato” idee alla città». «L’idea era duplice - ricorda Riccesi -,
riqualificare l’area di balneazione con un prolungamento verso il mare di 30
metri e con zone di parcheggio, e nello stesso tempo risolvere il problema degli
scarti edili (poi gestiti con la ex cava Faccanoni). Oggi non vedo più attuale
quel progetto: impossibile realizzarlo in autofinanziamento, soldi pubblici non
ce ne sono, i “project financing” non vengono più sostenuti dalle banche, lo
stoccaggio degli inerti è risolto e non vedo a Trieste altre opere pubbliche che
comportino grandi quantità di metri cubi di scavo. Inoltre nel frattempo la
riviera è stata riqualificata. Se proprio dovessi dare una priorità - aggiunge
Riccesi -, pur trattandosi di terreno demaniale mi concentrerei sul terrapieno
di Barcola. Non solo abbandonato, ma inquinato. Quello sì un ampliamento a uso
pubblico davvero interessante». Ma interessanti sono anche i disegni del 1998:
tra strada e mare quattro fasce di diverso utilizzo, la prima adiacente alla
viabilità come passeggiata, la successiva fascia interna di 10 metri con un park
a pettine di un chilometro (400 posti), poi una striscia larga 30 con alberi,
passeggiata a mare, specchi d’acqua “anche marina”, chioschi di ristorazione e
campi sportivi, infine la spiaggia vera e propria (10 metri) con servizi
igienici, docce, scivoli e discese a mare, aree attrezzate per portatori di
handicap, squeri per alaggio e varo di piccole imbarcazioni, pontiletti per
attracco... «Sì, il “Piano struttura” del Piano regolatore - mette a punto
l’assessore che firma il Prg, Elena Marchigiani - dà la possibilità di ampliare
con interramento la zona dei Topolini. Ma dal 1998 a oggi le situazioni, le
norme, la stessa sensibilità ambientale sono cambiati. Siamo in una zona
delicata, adiacente al Parco marino di Miramare. Servirebbe un accurato studio
di fattibilità». Più concreto è immaginare che possa realizzarsi l’interesse
pubblico-privato per mettere in mare pontili, zattere e terrazze. Sarebbe già un
innalzamento di qualità.
Gabriella Ziani
Prg condiviso anche dalla Provincia - Si crea un’area
vasta che si occupa di trasporto, mobilità, agricoltura e edilizia scolastica
INTERVENTI ALLARGATI Un’armonica previsione di sviluppo prevede un lavoro
sull’ambiente, specie il Carso, in sintonia con il Comune
Potremmo dire che il Piano regolatore del Comune di Trieste si allarga. La
Provincia tempestivamente ha fatto proprie le intese discusse in questo lungo
periodo di gestazione del Prg, che volevano raggiungere una visione condivisa
con l’intero territorio circostante (e con l’immediato ambito di oltreconfine).
E l’altro giorno la Giunta ha deliberato un programma di cui si fa capofila per
raccordare non solo i Comuni piccoli, ma anche la provincia di Gorizia e le
realtà transfrontaliere su progetti che riguardano strade e piste ciclabili,
interventi sul Carso, previsioni su poli scolastici e culturali, su turismo e
ambiente, sulla ricognizione degli impianti (a rischio d’incidente, di
smaltimento rifiuti), e ancora su cave e impianti sportivi, terreni agricoli,
boschivi e così via. Insomma si è messo mano a quel piano “di area vasta” che è
una delle cornici di programmazione in cui il Prg del Comune si è sviluppato. In
Provincia (e se un giorno la Provincia non ci sarà più si presume che il lavoro
resti ugualmente possibile) sarà creato un gruppo di lavoro formato da
professionalità con diverse competenze, in grado di articolare questo “piano
bis” su mobilità e trasporto, agricoltura, edilizia pubblica, pianificazione, e
di avviare il confronto con tutti gli interlocutori interessati. In modo da
articolare una armonica previsione dello sviluppo. In questo senso il Prg
triestino si espande, porta la propria filosofia anche nel territorio limitrofo,
che è in realtà vicinissimo solo che pertiene ad altra amministrazione. Lo scopo
è evidente: programmare risorse e servizi a livello sovracomunale, e anche con
l’immediato oltreconfine con cui sono attivi progetti europei. Di contro, come
si sa il Comune ha inserito nel proprio documento urbanistico la “metropolitana”
costiera che è appunto un progetto oltre i confini, ma che nel tratto di città
può soddisfare molto bene il profilo di una mobilità alternativa e
“anti-traffico”. Così la Provincia assume il concetto che bisogna «evitare di
erodere le risorse ambientali fondamentali», e viceversa mettere in comune
servizi e strutture. Da qui la funzione di coordinamento, per arrivare in
seguito alla “pianificazione di Area vasta”. Anche ipotizzando la creazione di
quanto il Comune di Muggia sta già allestendo: un Gect (Gruppo economico di
cooperazione territoriale) che mettendo in relazione territori confinanti su
alcuni obiettivi comuni consente di avere finanziamenti europei.
(g. z.)
Un documento in 11 punti da Un’Altra Trieste - LE
PROPOSTE DI BANDELLI E ROSOLEN
Fra gli spunti, l’individuazione di una precisa destinazione urbanistica
per Porto Vecchio
Un’Altra Trieste si prepara a discutere il Piano regolatore in Consiglio
comunale (subito dopo l’analisi che del documento avranno fatto le
circoscrizioni) e intende portare in aula un documento in 11 punti su cui far
base anche per eventuali emendamenti, «immaginando - scrivono Franco Bandelli e
Alessia Rosolen - una comunità che aspiri a crescere e rifiorire per il futuro
delle prossime generazioni». Le proposte articolate appunto in una lista di
punti prendono avvio dall’idea che «gratuitamente» dei progettisti dovrebbero
redarre dei “master plan” sulle zone in cui il Prg prevede demolizione e
riutilizzo di aree a uso pubblico, e subito dopo «un piano di razionalizzazione
delle scuole superiori con vincolo di riuso ad uso istruzione delle caserme di
San Giovanni, con relative intese col Demanio». Bandelli e Rosolen chiedono una
più precisa individuazione «della destinazione urbanistica di Porto vecchio» e
di «zone industriali/artigianali in cui prevedere un organico insediamento di
nuove imprese commerciali per interrompere il flusso di acquisti fuori Trieste e
attirare clientela da fuori provincia». Altri punti di Un’Altra Trieste: un
piano di edilizia sportiva pubblica, un “master plan” dell’edilizia Ater che
comprenda pure gli edifici comunali destinati in futuro a edilizia
convenzionata, un piano di espansione turistica alberghiera, un itinerario
archeologico «con previsione di espropri e demolizioni per mettere in luce un
percorso organico secondo il progetto della Soprintendenza». Infine c’è la
richiesta di «precise indicazioni plani-volumetriche per le zone edificate» e
dello stralcio in centro storico di «tutti i piani particolareggiati con vincoli
stratificati, che impediscono l’utilizzo del patrimonio edilizio». Da ultimo
Bandelli e Rosolen proporranno che si realizzi un «piano-progetto disegnato per
il riuso di tutti i grandi contenitori pubblici, dal Gasometro, alla ex
Pescheria, a palazzo Carciotti, alle caserme dismesse», chiedendo
«semplificazione e sburocratizzazione di tutti i regolamenti edilizi per ridurre
di almeno il 50% gli oneri tecnici e burocratici a carico di cittadini e
imprese, con un più allargato uso dello strumento dell’autocertificazione».
Affermano i due consiglieri comunali: «Sulla base di questi elementi più che
sugli indici di fabbricabilità e sulla zonizzazione, parametri stabiliti dai
progettisti del piano in base a calcoli tecnici che non ha senso mettere in
discussione, crediamo che il Consiglio comunale debba discutere e portare il
proprio contributo alla redazione del nuovo Piano regolatore».
Rio Martesin “aggredito” da nuove costruzioni
INTERVENTO DI PAOLO GERI - Capogruppo della Federazione della Sinistra
III Circoscrizione
La notizia della richiesta di nuovi permessi di costruire nella zona di Rio
Martesin è la classica goccia che fa traboccare il vaso. Non soltanto
nell’ultimo periodo infatti, ma già da molti anni il territorio di Roiano,
Gretta e Barcola nel suo versante settentrionale è stato letteralmente aggredito
da nuove costruzioni con la conseguenza di pericolosi casi di dissesto del
terreno. Ricordo per tutte la vicenda della costruzione prevista in via Pertsch
che aveva avuto ampio spazio nel dibattito cittadino circa tre anni fa anche per
la conseguente distruzione di un bosco di castagni. Come tutti ben sanno - o
dovrebbero sapere - il territorio di cui parlo è un’area a elevato rischio
idrogeologico e ad elevato valore paesaggistico che ospita alcuni fra i pochi
superstiti boschi spontanei del territorio comunale. Un’area dove il concetto di
“abuso” del territorio attraverso una dissennata cementificazione ha trovato da
tempo pratica applicazione con l’avvallo di quasi tutte le forze politiche,
siano esse al governo o all’opposizione nella nostra città. Proteste forse
troppo deboli si sono levate dalle associazioni ambientaliste e da chi ha più a
cuore la salvaguardia del territorio. Come rappresentante della Federazione
della Sinistra nella III Circoscrizione, competente per i rioni di cui parlo, il
sottoscritto vota oramai da anni contro ogni nuova costruzione, in “solitaria
compagnia” (non vuole essere un bisticcio di parole) dei due consiglieri del
Gruppo Misto. Solo nei due recenti eclatanti casi rappresentati dalla richiesta
dei permessi di costruire in Rio Martesin e in strada del Friuli il Consiglio
circoscrizionale ha espresso all’unanimità parere contrario. Ancora nel
settembre di due anni fa denunciavo sulle pagine de “Il Piccolo” questa
situazione segnalando decine di nuove costruzioni previste in strada del Friuli,
in vicolo delle Rose, in via del Pucino, a Scala Santa e in altre zone di Roiano
alta. Ma dopo la decadenza delle cosiddette salvaguardie la situazione è
decisamente peggiorata e le richieste di permessi di costruire non solo sono
aumentate ma hanno assunto caratteristiche e dimensioni diverse. Provengono
infatti non solo da privati cittadini ma da società di costruzioni che, al di là
dei nomi a volte in apparenza neutri e “amichevoli”, sono facilmente riferibili
a ben note imprese cittadine. Da ottobre ad oggi sono state presentate sei
richieste di costruzione di nuovi complessi residenziali oltre a decine di
richieste di ampliamento. Quando anni fa come Federazione della Sinistra
approvammo la decadenza della precedente variante e insieme le nuove
salvaguardie, ci fu garantito dalla Giunta Comunale e, in primis, dall’assessore
competente, che l’iter del nuovo piano regolatore si sarebbe concluso in tempo
utile. Così non è stato e la “vacanza” fra decadenza delle salvaguardie e varo
del nuovo piano sta determinando una situazione di autentica emergenza. L’attesa
dell’approvazione di un nuovo piano regolatore che blocchi la cementificazione
del territorio non può continuare oltre. Gli interessi dei cittadini residenti
nel territorio, che più volte si sono lamentati su queste stesse pagine del
proliferare incontrollato di cantieri edili per nuove costruzioni, vanno difesi
e le loro proteste ascoltate. Altrimenti si è costretti a pensare che sono ben
altri gli interessi che si vogliono difendere.
Amianto, ok le analisi alla materna di Roiano
Risultati delle campionature dell’aria ben al di sotto dei limiti di
legge. Sel: scuole chiuse senza certezze
Zero virgola 62 fibre per litro d’aria a fronte di una soglia di legge
fissata a 10 dalla Regione e a 20 dallo Stato. Forse non basteranno a
convincere, a rassicurare al 100% tutte le famiglie, ma proprio tutte. Tuttavia
i risultati arrivati ieri a mezzogiorno in Municipio - dai laboratori incaricati
di valutare il presunto grado di rischio amianto nella scuola dell’infanzia
comunale di Roiano L’isola dei tesori - disinnescano dal punto di vista emotivo,
al di là di quello giuridico e burocratico, un allarme sociale che per
l’amministrazione cittadina stava superando ogni limite di guardia. Ogni
possibilità di riuscire a gestire la situazione in piena e generale lucidità,
davanti a una serie di lettere - dal tenore decisamente preoccupato - spedite in
questi giorni a sindaco, assessori e dirigenti da mamme e papà di quell’asilo.
Ecco perché, nelle ore scorse, gli uffici comunali avevano chiesto ai laboratori
di fare presto, dopo che presto i tecnici erano già stati invitati a muoversi
per “prelevare” l’aria, cosa avvenuta lunedì. Ebbene: dopo 48 ore dal prelievo -
ore in cui proprio nella materna di vicolo delle Rose si erano moltiplicate le
assenze dei bambini, diversi dei quali erano stati tenuti a casa dai genitori -
l’esito è arrivato sulle scrivanie dei dirigenti che rispondono agli assessori
all’Educazione Antonella Grim e ai Lavori pubblici Andrea Dapretto: la
concentrazione di fibre rilasciate tutt’attorno al pezzo di pavimento scollato
in vinilamianto che aveva fatto scattare le procedure di controllo,
preventivamente già isolato e inaccessibile, è più di dieci volte per la Regione
- e più di venti per lo Stato - inferiore ai livelli di guardia. Non appena i
risultati della prova dell’aria sono arrivati in Municipio, da lì sono
rimbalzati fin dentro la scuola, con una nota a cura dell’assessore Grim e del
direttore dell’area dell’Educazione Enrico Conte. Nelle prossime ore, quindi, a
comunicazione avvenuta - e metabolizzata - si capirà quanto rassicurante sarà
stata nei confronti dei genitori che avevano deciso di non mandare in classe i
propri figli. Basterà confrontare le assenze di oggi e domani con quelle dei
giorni precedenti, in cui s’era registrato un calo attorno il 15% rispetto alle
presenze medie, con un picco prossimo al 40% lo scorso lunedì, la giornata
dedicata appunto al “prelievo” dell’aria, di cui le famiglie erano a conoscenza
dopo la riunione informativa tenuta dalla Grim il giovedì precedente. Nel
frattempo procedono anche nelle altre scuole le analisi, per gradi, tra
sopralluoghi visivi, approfondimenti sui materiali e infine campionature
dell’aria. E continuano ad affluire in Comune nuovi risultati, definiti
incoraggianti, che consentiranno in queste ore di spuntare dall’elenco ulteriori
strutture in aggiunta alla lista delle 33 già classificate sicure. Per intanto
si muove pure il fronte politico, oltre a quello amministrativo. Sel, in seno
alla maggioranza di Cosolini, in una nota «ritiene urgente una certificazione
precisa scuola per scuola da parte dell’Azienda sanitaria, è là dove lo stato di
sicurezza debba essere compiutamente accertato le lezioni vanno sospese». Domani
alle 9 si riunirà su convocazione del suo presidente, Pietro Faraguna del Pd, e
in accordo con il presidente del Consiglio comunale Iztok Furlanic di
Rifondazione, anche la Quarta commissione competente in materia di Lavori
pubblici. L’ordine del giorno è «interventi a favore dell’edilizia scolastica:
amianto, monitoraggio».
(pi.ra.)
Accordi sulle aree Teseco Ezit e Regione al Tar
Gli enti denunciano la mancata restituzione a prezzo calmierato di 220
mila metri quadrati bonificati come da intese del 2005. Udienza il 12 febbraio
Il 12 febbraio verrà scritta un’altra pagina dell’infinita storia Teseco sui
terreni ex Aquila, che di recente ha incrociato nei tribunali la società toscana
di bonifiche concessionaria dell’area e la Samer & C. shipping nella contesa per
il diritto o meno di realizzare un nuovo terminal traghetti alle Noghere.
Teseco, già in possesso a questo scopo di una concessione demaniale per 60 anni
su oltre 60 mila metri quadrati, ha vinto come si sa la partita: non fa di per
sè concorrenza sleale alla Samer che si occupa di traghetti (ha detto in
sostanza il tribunale) volendo impiantare sul territorio un nuovo terminal
ro-ro. La contesa adesso riguarda non i privati, ma gli enti pubblici. Sono
Regione e Ezit ad avere un processo pendente contro Teseco. Reclamano il
rispetto della convenzione siglata nel 2005 e scaduta nel 2010, nella quale era
contemplato il diritto di Ezit a ricomprare 220 mila metri quadrati di terreno
retrostante la costa al prezzo calmierato di 30 euro al metro quadrato, aree che
Teseco aveva avuto, allo scopo di bonificare a proprie spese, a 1 solo euro al
metro. Transazione mai avvenuta e oggetto di infinito contenzioso. Fino appunto
alla causa al Tar “per inadempienza”, che si discuterà il 12 febbraio. Ieri il
presidente dell’Ezit Dario Bruni ha incontrato l’assessore regionale alle
Finanze, Francesco Peroni. Scopo del mini-vertice, studiare una strategia per
ottenere da Teseco la compensazione a suo tempo pattuita «posto che l’intervento
privato di Teseco per la bonifica dei terreni - dice Bruni - è stato già
remunerato, la Regione aveva a suo tempo trasformato quell’area in “Hc”, cioé
per grande distribuzione, e la società ha venduto i terreni, quindi si è
ripagata. Chi non è stato ripagato è l’ente pubblico, e per salvaguardarne gli
interessi abbiamo fatto causa, prima che decadessero i termini». Ieri Peroni e
Bruni hanno deciso di aspettare l’esito dell’udienza. «Noi non contestiamo che
Teseco voglia fare un terminal traghetti - sottolinea Bruni -, tutti i progetti
ci stanno bene, non possiamo bloccare alcuno sviluppo, ma l’accordo di programma
a suo tempo firmato tutelava anche l’interesse pubblico oltre che quello
privato, dunque oggi come pubblici amministratori dobbiamo reclamarne il
rispetto, perché ne rispondiamo. Vogliono darci altri terreni? Quei terreni
stessi? Delle “royalties”? Qualunque cosa va bene, ma non è mai arrivato niente
- prosegue il presidente di Ezit -, mentre Teseco avrebbe offerto a circa 180
euro al metro terreni pagati 1 euro e che noi abbiamo pattuito di ricomprare a
30, proprio per ripagare il lavoro di bonifica». Bruni avverte anche che «alla
luce di tutto ciò l’ente pubblico non intende transare, proprio perché difende
quell’accordo, ancorché scaduto». Come si ricorderà nell’assai complessa vicenda
s’intrecciano i botta e risposta, le rivendicazioni dell’una e dell’altra parte.
Ma adesso sarà il Tar a dare una propria interpretazione, dopo che anche questo
iter giudiziario ha incontrato i suoi intoppi. Teseco, aggiunge ancora Bruni,
aveva impugnato il ricorso di Ezit e Regione, sostenendo che non la giustizia
amministrativa, ma quella civile avrebbe dovuto esaminare il caso. Impugnazione
respinta.
Gabriella Ziani
il sindaco «Sì al terminal ma servono intese»
Quando in Comitato portuale fu approvata la concessione dell’Autorità
portuale a Teseco per il nuovo terminal traghetti alle Noghere (luglio 2013) fu
il sindaco Cosolini a mettere a verbale che la realizzazione del progetto doveva
intendersi sottoposta a pareri, autorizzazioni e nulla osta di «enti e
amministrazioni competenti». Era un richiamo diretto a tener conto del
contenzioso Teseco-Ezit sull’accordo di programma del 2005. Quello che adesso,
attore anche la Regione, è in mano al Tar.
Due interrogazioni sulla discarica di Trebiciano -
MOVIMENTO 5 STELLE
Nuova iniziativa del Movimento 5 Stelle contro
l’inquinamento. Con due interrogazioni, depositate in Parlamento e in Regione,
il deputato Aris Prodani e la consigliera regionale Ilaria Dal Zovo riaprono il
caso dell’inquinamento del sito di Trebiciano, sul Carso, che tra la fine degli
Anni 50 e l’inizio dei ’70, divenne una discarica di rifiuti solidi urbani a
cielo aperto. «Doline, grotte e depressioni carsiche sono state riempite con
rifiuti per circa 15 anni - spiega Prodani -. Perciò, dopo tanti anni di
silenzio, chiediamo a governo ed enti locali anzitutto di eseguire un
monitoraggio, quindi di mettere mano alle bonifiche necessarie. Senza
dimenticare, trattandosi per lo più di terreno carsico, di controllare le
ripercussioni sulle falde acquifere». «L’area è tutta stravolta, visto che oggi
si presenta come una collina. Copre circa 120mila metri quadrati e ha accolto
almeno 600mila metri cubi di rifiuti di ogni tipo - aggiunge Ilaria Dal Zovo -.
In alcune zone il loro spessore supera i 20 metri di profondità. Alla
dismissione della discarica seguì una bonifica approssimativa. Si coprì la zona
con un manto di materiale da riporto proveniente da opere di demolizione e scavo
dalla città. L’acqua di ruscellamento, nel tempo, ha però asportato buona parte
della copertura terrosa e i rifiuti sono ricomparsi».
IL PICCOLO -
MERCOLEDI', 22 gennaio 2014
Prg, tornano non edificabili 1,5 milioni di metri
quadrati
Il piano restringe la previsione di nuove costruzioni. Ampliata la
perimetrazione del centro storico, fortemente ridotta la possibilità di
costruire sul Carso
Stavolta non è per colpa a della crisi che tutto diminuisce e stringe, ma è
un’idea di città più “mignon” rispetto a quella prefigurata con ottimismo dal
Piano regolatore Illy nel 1997 quella che proietta sullo schermo del domani il
Piano regolatore in fieri, quello Cosolini-Marchigiani. Che è fatto, oltre che
di riscritture e traiettorie, di spinte sul verde, sulla metropoli policentrica,
sul ristrutturare e ricostruire piuttosto che cementare, anche di molti segni
“meno”. Traduzione con numerosi sottocapitoli del titolo principale,
l’etichetta, «meno consumo di suolo». L’elaborato di sintesi nell’ambito della
Valutazione ambientale strategica contiene anche questi numeri, uno dei nodi
focali della proposta urbanistica. In tutto il territorio il Comune ha ristretto
la previsione di nuovo edificato. In misura pari, in totale, a -3.737.639 metri
cubi. Portata sul terreno, la “liberazione” da futuro cemento riguarda oltre 1
milione e mezzo di metri quadrati di terreno su cui con la Variante 66 (oggi,
nelle more, rientrata in vigore) era concesso costruire, e se passa questo Prg
non lo sarà più. In termini percentuali, ci riassume il documento, nelle zone di
espansione “C” la possibilità edificatoria crolla dell’82%. In quelle turistiche
“G” del 36%. In quelle complessivamente insediative del 5%. C’è un solo segno
“più”: la superficie verde in tutte le sue declinazioni sale, in previsione, del
37%. L’attenzione si concentra sui “valori” di ciò che c’è. Del centro storico
verrà ampliata la perimetrazione, per maggior tutela su edifici e struttura
urbana, la stessa cosa sarà fatta per case di edilizia popolare di pregio
architettonico ma anche per singole ville che abbiano valore come oggetto o
anche solo valore “testimoniale”, e per squarci di rioni e quartieri, a
salvaguardia di gruppi di edifici. Il disegno sarà regolato da uno strumento
nuovo, la Carta dei valori. E questa manderà i suoi effetti anche in Carso. Dove
altrettanto sotto ampliata tutela sono messi i borghi storici, oltre che tutte
le parti verdi diversamente classificate. Il segno “meno” arriva qui in modo
altrettanto poderoso. Nei borghi carsici di particolare rilevanza paesaggistica,
annuncia il Piano regolatore, «le previsioni insediative sono state ridotte, per
un minore impatto». Ecco dove, ecco di quanto. A Santa Croce meno edificabilità
per 3.349 metri cubi, a Prosecco-Contovello per 38.463. A Banne -64.463, a
Trebiciano -63.833, a Padriciano una stretta ancora più potente, con -194.922
metri cubi, così come a Basovizza che si trova assegnati 170.804 metri cubi in
meno da costruire. Non è esclusa Gropada, -58.933. In totale in Carso è
cancellato mezzo milione abbondante di metri cubi, più o meno un sesto della
cubatura complessiva eliminata in tutto il territorio di Trieste. Più piccoli,
ma più preziosi: così anche i borghi carsici dove è prevista in più una speciale
azione di tutela per altri beni paesaggistici come doline, vedette, belvederi,
visuali di pregio, grotte, percorsi d’interesse paesaggistico-ricreativo e
laghetti e stagni. In area periurbana si prevedono infine altre novità. Per
esempio la riperimetrazione del campo da golf a Padriciano. E, sempre a
Padriciano, un altro pesante “segno meno”. Là dov’è già previsto un insediamento
di tipo turistico adiacente all’Area di ricerca, la matita del nuovo Prg taglia
e restringe di 57 mila metri quadrati, portando l’insediamento a 19.142 metri
quadrati rispetto ai 76.863 concessi oggi. Tutto il ricavato in termini di
terreno tornerà a essere classificato come boschivo e agricolo.
Gabriella Ziani
Amianto, trenta scuole “sotto osservazione” -
le scuole gia' promosse
Fibre presenti nei pavimenti, aree interdette: la pericolosità è da
accertare. Su 150 strutture ancora novanta da controllare. Un’altra trentina è a
posto
In realtà saranno molte di più. Per lo meno il doppio, stando prudenti, se
solo si tiene conto che i sopralluoghi sono scattati prima di tutto là dove si
presumeva potessero esserci, per la vecchiaia dei materiali e per il tipo di
pavimentazioni, le situazioni più dubbie. Ad oggi, comunque, il dato di fatto -
al centro lunedì pomeriggio di un vertice tecnico in Municipio - è questo: delle
circa 150 scuole di proprietà o come minimo di responsabilità del Comune (asili,
elementari e medie, statali comprese, oltre che i ricreatori) è in 33 che
l’amministrazione cittadina può già escludere a titolo definitivo la presenza e,
di conseguenza, il rischio amianto. Per le altre, dunque, resta in agenda una
serie di controlli, modulati a seconda dello stato d’avanzamento delle
ispezioni: nelle 90 ritenute sulla carta foriere di minori eventuali sorprese (o
perché riqualificate in tempi recenti o perché presentano pavimenti
“tranquillizzanti” in ceramica, legno o laminato) dev’essere ancora fatto lo
screening preliminare visivo. In una trentina, infine, la presenza di fibre
d’amianto in superficie è stata accertata, individuata nel vinilamianto.
Banalizzando: la colla usata a suo tempo tra il pavimento e certi tipi di
linoleum. Lì tali fibre ci sono, punto e basta. A prescindere dalla loro
presunta pericolosità, tutta da acclarare. La spia rossa, peraltro, s’accende
solo se il linoleum è rovinato, non integro, e se contestualmente il collante
non è più uniforme ma sfarinato, tale da disperdere polveri nell’aria. Forse. Ma
nel dubbio - come ribadiscono i tecnici comunali e gli assessori a Educazione e
Lavori pubblici Antonella Grim e Andrea Dapretto - è stato perseguito il
principio della massima precauzione, dichiarando fuori uso fino a prova
contraria le aule con i pezzi di pavimento sospetti e optando per una messa in
sicurezza temporanea con la cosiddetta procedura Esedi, cioè con la nastratura.
In 15 casi, la metà di tale ultima categoria che merita per l’appunto
un’indagine-bis, sono state già disposte campionature approfondite sui
materiali, spedendo in laboratorio lembi di pavimento. Per quattro di questi 15
casi, a loro volta, sono arrivati già i risultati. E hanno dato esito positivo,
nel senso che confermano che l’amianto c’è. Le quattro scuole in questione sono
L’isola dei tesori, la materna comunale di vicolo delle Rose, a Roiano, e tre
statali: l’elementare Foschiatti e la media Caprin dell’istituto comprensivo di
Valmaura, più l’elementare Giotti di strada di Rozzol. Per queste è scattata la
terza e ultima “prova”: l’analisi dell’aria. Dell’iter del censimento
(aggiornato rispetto all’ultima delibera approvata in materia dalla giunta
Cosolini, che evocava la necessità di intervenire in 12 edifici) e della lista
delle scuole già “promosse”, senza ombre, redatta come si può intuire per
esclusione, s’è parlato proprio lunedì pomeriggio in Municipio in una riunione
cui c’erano tra gli altri il capoarea dell’Educazione Enrico Conte, il direttore
del servizio di Edilizia scolastica Giovanni Svara e il responsabile Amianto
Livio Sivilotto. Ieri la task-force dirigenziale ha reicontrato i coordinatori
delle strutture comunali e domani farà altrettanto coi presidi delle statali. Il
momento è delicato. L’allerta è massima, la tensione pure. E non perché - come
lasciano intendere da Palazzo Cheba - si teme un’improvvisa invasione d’amianto
nelle scuole cittadine. Anzi: i dati e la “lettura” dei casi dubbi per ora in
arrivo anche dagli esperti dell’Azienda sanitaria, con cui il Comune ha stilato
il protocollo del censimento e ora continua a tenersi in stretto contatto,
dicono che anche nelle situazioni dubbie siamo abbondantemente sotto i limiti di
guardia. Il cruccio vero è, semmai, un altro: che l’aver preso il toro per le
corna possa generare l’effetto collaterale della psicosi collettiva, del panico
delle famiglie, ancorché umanamente comprensibile, di cui in questi giorni s’è
avuto un amaro assaggio proprio nella scuola dell’infanzia di vicolo delle Rose,
dove s’è registrato un netto calo delle presenze di bambini. Si cammina,
insomma, su un filo sottile teso tra due grattacieli. Uno si chiama paura,
l’altro coscienza. Su uno domina l’insegna del procurato allarme, sull’altro
quella dell’interruzione di pubblico servizio. Ma tirare dritto è dovuto. In
fondo c’è l’obiettivo dichiarato: la messa in sicurezza definitiva - attraverso
incapsulamenti se non proprio sostituzioni integrali del pavimento - di tutte le
strutture che saranno state etichettate come precarie, per cui l’amministrazione
Cosolini può contare oggi su un milione e mezzo, un milioncino tondo appena
arrivato dal Fondo Trieste e un’altra metà riconosciuta a fine 2013 dalla
Regione.
Piero Rauber
«Problema che nessuno voleva affrontare» - L’assessore
Dapretto: «La questione provoca ansia ma in due anni sarà tutto finito»
Certi pezzi di pavimento dubbi, sospetti, magari mezzi nascosti per caso, in
tutta probabilità stavano lì, dove stanno ora, anche negli anni scorsi. Però il
linoleum, che di questi tempi consiglia un sopralluogo automatico e pure
urgente, beh, di certo quello c’era. L’assessore ai Lavori pubblici Andrea
Dapretto - in trincea con la collega di giunta Antonella Grim, delegata
all’Educazione - dice e non dice. Ma fa capire. «È in corso - precisa infatti
Dapretto - un’operazione di censimento e di messa in sicurezza che noi abbiamo
voluto intraprendere ben sapendo a quali conseguenze potevamo andare incontro.
La questione amianto porta disagio, non c’è che dire. Solamente la parola mette
ansia. Il fatto è che finora non la si era mai voluta affrontare in maniera
organica come sta facendo adesso la nostra amministrazione in carica. In
passato, evidentemente, erano state privilegiate altre cose, altre priorità
d’intervento. Che fosse necessario prendere in carico il tema dell’amianto nelle
scuole lo si sapeva da anni, non ci si può nascondere. Il piano attuale, lo
ricordo, prevede comunque che, al minimo dubbio, scatti un protocollo di azioni
e di comportamenti come se esistesse per davvero un pericolo. E proprio questo
ci consente anche di mantenere la fruibilità delle strutture mentre le
sistemiamo. L’obiettivo è di chiuderla, una volta per tutte, senza più
interventi-tampone, in due anni, entro la fine del nostro mandato». «Chiaramente
- gli fa eco la stessa Antonella Grim - è una situazione molto delicata, che può
creare allarmismo. Ce ne rendiamo conto. La strategia che abbiamo deciso di
adoperare è quella della massima trasparenza, ci mettiamo la faccia e
raccontiamo le cose come stanno. E le cose sono che il Comune ha messo in atto
un Piano di lavoro organico, a seguito di rigide procedure richieste
dall’Azienda sanitaria, nel rispetto del principio della massima precauzione.
Alle famiglie che in questi giorni non nascondono la loro preoccupazione posso
solo dire questo: tutte le procedure previste mirano a garantire tutela della
salute e serenità a chi frequenta le strutture e noi le stiamo seguendo
scrupolosamente» . Fin qui le scuole in orbita Comune. E quelle sotto la diretta
responsabilità della Provincia, invece, ovvero le superiori? «Per quanto ci
riguarda - chiarisce l’assessore all’Edilizia scolastica della giunta Bassa
Poropat, Mariella De Francesco - l’approccio è quello di indagare sull’eventuale
presenza di amianto e sul suo stato di conservazione man mano che procediamo con
le ristrutturazioni complessive di un istituto, avvalendoci di un esperto della
materia incaricato appositamente L’abbiamo già fatto nelle ristrutturazioni
avvenute, lo stiamo facendo e lo faremo nelle altre. Il nostro dunque non è un
piano preventivo ma contestuale».
(pi.ra.)
E alla materna di Roiano si moltiplicano le assenze
Lunedì in aula il 40% in meno dei bambini. Ieri flessione più contenuta:
-15% Pesano le analisi supplementari sull’aria disposte dopo quelle sui
materiali
È L’isola dei tesori. Ma in queste ore (in cui in Municipio sono attesi dai
laboratori incaricati i risultati delle analisi dell’aria compiute lunedì dopo
che quelle sui materiali avevano confermato che c’è amianto al suolo), più che
una trama fantasy cova un che d’incertezza e paura. Basta un paio di numeri,
sballati. La scuola dell’infanzia di vicolo delle Rose - per stessa precisazione
degli uffici comunali - ha tre sezioni e la scorsa settimana, in media, già al
netto dei malanni del periodo, aveva accolto 59 bambini al giorno. Ieri se ne
sono contati 50, per un buon 15% di presenze in meno, e lunedì appena 36, per un
tasso d’assenza che ha sfiorato il 40%. Una botta d’influenza? No purtroppo, o
almeno non solo. A essersi rivelato virulento è stato il timore di più di
qualche genitore di esporre il proprio bene più grande a un qualche rischio. Al
punto che diverse famiglie si sono organizzate trovando ad esempio in nonni e
baby-sitter delle alternative. Sarebbero potute essere di più - osservano dei
diretti interessati dietro le quinte - se una percentuale di queste famiglie non
avesse dovuto “dimenticare” le proprie paure per necessità, per mancanza proprio
di alternative all’asilo. Dal Comune intanto ammettono che l’emergenza c’è, è
incontestabile, ma osservano che la ripresa delle presenze in 24 ore testimoni
pure come il giorno critico sia stato uno. Il lunedì, in cui le famiglie
sapevano che sarebbero arrivati gli esperti incaricati di “pescare” l’aria.
L’avevano annunciato gli stessi tecnici comunali, con l’assessore Grim, nella
riunione di giovedì in cui erano state comunicate proprio ai genitori la causa e
la “portata” dei controlli in atto e delle contromisure precauzionali, su tutte
l’inagibilità di un’area della materna. Da allora sindaco, assessori e dirigenti
del Municipio stanno ricevendo alcune lettere in cui mamme e papà sfogano, più
che rabbia, preoccupazione. E si chiedono: basterà un nastro isolante su una
fessura fino all’intervento definitivo previsto per l’estate? Tre famiglie, poi,
hanno deciso di ritirare i figli a tempo indeterminato. Per loro è presumibile
non sarà sufficiente nemmeno la rassicurazione che in Comune dicono di
aspettarsi con una certa ragionevolezza: quella dei risultati delle analisi
dell’aria. L’auspicio che si respira negli uffici comunali, in effetti, è che
l’esito della “prova” fatta lunedì ricalchi un po’ quello della campionatura
dell’aria già arrivato per la scuola Roli di Borgo San Sergio, capofila del
Piano dell’amministrazione: qui la concentrazione di fibre si è rivelata vicina
allo zero, di oltre dieci volte, se non venti, inferiore ai limiti di guardia
fissati dalle normative.
(pi.ra.)
Entro la primavera si allunga la ciclopedonale sul Rio
Ospo - Critica “Impronta muggia”
MUGGIA Le piste ciclabili proliferano. Entro la primavera altri due tratti
ciclopedonali lungo il Rio Ospo saranno disponibili: per intervento del Comune
di Muggia dalla foce dell'Ospo si arriverà fino alla trattoria al Ponte, con
circa 600 metri di prossima nuova realizzazione, mentre grazie all'intervento
dell'Ezit si potrà continuare dalla trattoria al Ponte lungo la sponda sinistra
dell'Ospo fino all'altezza del Biotopo dei Laghetti, con un ponticello si
passerà poi sull'altra sponda, per immettersi sulla strada che porta a Crociata.
«Questo tratto è un raro esempio di intelligenza e attenzione pubblica –
racconta l'associazione Impronta Muggia - poiché riciclando e usando
intelligentemente i lavori necessari al raggiungimento degli scopi dell'Ente
quali gasdotti e fognature, i geometri Claudio Sossi e Matteo Ferletti
renderanno possibile percorrere l'Ospo dalla foce fino al confine sloveno».
Critico invece il giudizio sull'operato degli altri enti: «I tratti ciclabili
realizzati in Val di Noghere, 500 mt di Parenzana, 1 km sull'Ospo , 300 mt verso
i laghetti, e ogni metro di collegamento tra questi tratti, la segnaletica
posizionata e quella inesistente, il percorso tortuoso, insicuro e illogico, la
ridicola separazione della ciclabile in una strada senza traffico larga 12 metri
accanto agli attraversamenti delle provinciali pericolosissimi, fotografano una
pubblica amministrazione incolta, insicura, prepotente, autoreferenziale, sorda,
separata dalla realtà, scoordinata, indifferente, arrogante, superficiale,
incompetente». Parole dure quelle rilasciate dall'associazione presieduta da
Jacopo Rothenaisler, alle quali è seguita la pronta la replica dell'assessore ai
Lavori pubblici Marco Finocchiaro: «L'obbiettivo è lo stesso, anche se Jacopo
condisce sempre tutto con polemica gratuita. In effetti in Italia investire e
progettare sulla mobilità sostenibile è molto difficile a causa della
burocrazia, di un codice della strada scritto per gli automobilisti, della
mancanza di risorse, comunque queste cose le faremo. Io in bicicletta ci vado
dall'età di 8 anni, le idee sulla mobilità sostenibile le avevo a 40 anni e le
porto avanti da 10, il programma elettorale sulla mobilità sostenibile l'ho
scritto io, la pianificazione della sostenibilità l'ho fatta inserire nel nuovo
piano regolatore. Mi piacerebbe invece sapere nell'età compresa tra i 40 e 50
anni quale è stato l'impegno del signor Rossini (Rothenaisler, ndr) come
politico ed amministratore pubblico su queste tematiche».
(ri.to.)
AGRICOLTURA La battaglia anti Ogm approda a Agriest
Un confronto per esporre le ragioni della battaglia contro
le colture Ogm. Il dibattito si svolgerà domenica ad Agriest, l’evento dedicato
al mondo dell’agricoltura che aprirà i battenti domani alla Fiera di Udine, e
vedrà la partecipazione di agricoltori ed esponenti di Legambiente, Wwf, Aiab.
Solidarietà - Volontariato del Fvg in assemble a Udine
Si terrà il prossimo 22 febbraio a Udine la XIV Assemblea
delle organizzazioni di volontariato del Fvg.
La foca monaca banchetta nella riserva di Leme - UN
NUOVO AVVISTAMENTO A ORSERA
ORSERA Se andrà avanti così, di buzzo buono, magari la vedremo prossimamente
nelle acque che bagnano Trieste. La foca monaca, dopo esser apparsa per alcune
ore a inizio mese sulla spiaggia di Saccorgiana, in quel di Pola, ha deciso di
proseguire la sua gita lungo le coste occidentali dell’Istria, mostrandosi ieri
l’altro in tutta la sua bellezza nel braccio di mare antistante il campo
naturista di Coversada, ad Orsera. Il simpaticissimo mammifero marino è salito
in questi giorni per parecchie miglia a nord di Saccorgiana, fermandosi lunedì
all’imboccatura o quasi del Canale di Leme, fiutando che in quella zona poteva
esserci cibo in abbondanza trattandosi di area (il canale appunto) in cui è
tassativamente vietata qualsiasi attività di pesca. A scorgere l’animale,
tutelato in Croazia da leggi assai rigorose, sono state tre orseresi, che
l’hanno notato intorno alle ore 9. Quanto diffuso dai loro cellulari ha fatto
subito il giro di Orsera e nel luogo dell’avvistamento si è precipitato Damir
Paviši„, custode del campeggio nei mesi fuori stagione. «Le donne credevano che
la foca monaca si fosse arenata e avesse bisogno di aiuto – ha detto Paviši„ ai
giornalisti – e invece si è visto che il mammifero, lungo circa due metri, stava
bene ed anzi si è diretto in direzione di Leme. Credevo non l’avrei visto più e
che comunque mi ritenevo fortunato di quell’incontro. Intorno alle 13 ho fatto
un giro attorno al campeggio assieme ad un collega e abbiamo visto la monaca
mentre nuotava tranquillamente in acque basse. Mi sono emozionato tantissimo
perché era davvero splendido vedere quelle evoluzioni e poi si notava che
l’animale non era spaventato dalla presenza umana. Si vedeva una qual certa
prudenza da parte sua nei nostri confronti ma intanto abbiamo potuto scattare
numerose foto e filmarlo. Ci fissava con quegli occhi dolci, sbuffava e
improvvisamente ha deciso di nuotare verso il Canale di Leme. La foca ha voluto
anche voltarsi e mi ha fissato con curiosità, destando in me sensazioni
indescrivibili». Gli orseresi, con alla testa il sindaco Franko Štifani„, non
ricordano a memoria d’uomo la presenza di Adriana – come la chiamano in Croazia
– in questa zona di mare. Štifani„ ha rilevato che informerà i pescatori locali,
chiedendo loro di non importunarla. Stando invece al direttore di Naturae
Histrica, Elvis Zahtila, si tratta di un gradito ritorno, essendo stata la foca
descritta dalle cronache rovignesi nel XIX secolo. Non si sa con certezza se
quello apparso a Coversada sia lo stesso esemplare visto a Saccorgiana e in
precedenza a Capo Promontore e nell’isola di Cherso. I biologi marini, gli
ambientalisti e l’opinione pubblica gongolano.
Andrea Marsanich
IL PICCOLO -
MARTEDI', 21 gennaio 2014
Il nuovo Prg scommette su verde e turismo - URBANISTICA
» STOP ALLA CEMENTIFICAZIONE
Il piano prevede anche un ampliamento della riviera di Barcola, sì a
pontili e terrazze. Cosolini: «Sarà una città vivibile che tutelerà il
patrimonio esistente»
Nella città del futuro sarà possibile ampliare la banchina balneare di
Barcola, e senza aspettare tanto saranno costruibili pontili, terrazze e zattere
sul mare. Si potranno piantare giardini sui tetti. Realizzare (finalmente)
percorsi di metropolitana riusando le linee ferroviarie dismesse, anche quella
sotterranea sulle Rive. Si prevede un prolungamento in città dell’oggi
malaticcio tram. Ci sarà una “città degli oggetti” e ci sarà una “città dei
giardini”. Le piante diventano “corridoi ecologici”. Le zone del Carso fatta
salva l’intoccabilità di quelle di pregio ambientale saranno più facilmente
coltivabili, anche da mini-aziende, con forte semplificazione dei permessi, a
tutela della tenuta del territorio. Nelle aree dette “di trasformazione”, quelle
oggi vuote e senza scopo definito, si apre alla residenzialità (Campo Marzio),
alle attività artigianali, sociali e di ricerca (caserma di Banne). Ma
soprattutto nella città del futuro è previsto un calo dell’82% della possibilità
di nuove edificazioni a espansione del tessuto urbano, e del 36% delle zone
turistiche, mentre cresce in prospettiva del 37% la superficie verde. Ieri il
Comune ha rotto gli indugi dopo aver scalato gli ottomila con le consultazioni a
tappeto sul nuovo Piano regolatore, con categorie e professionisti, coi Comuni
sloveni di Capodistria e Sesana e con l’Ezit, e per alcune cose assai innovative
anche con legali e notai. La Giunta ha dato via libera, il documento è stato
girato alle circoscrizioni che in 20 giorni dovranno esprimere un parere. Si
prevede che a febbraio il documento urbanistico sarà in consiglio comunale, da
cui dovrebbe uscire “adottato”. Di seguito, le osservazioni dei cittadini. Nel
periodo di esame pubblico il Prg sarà pubblicato sul sito del Comune, Retecivica,
e tutti potranno consultarlo. Ieri ne hanno presentato le linee generali e
l’avvio dell’iter il sindaco Roberto Cosolini e l’assessore alla Pianificazione,
Elena Marchigiani. Cosolini non si è astenuto dal fare di nuovo barriera «al
disco rotto delle opposizioni - come lo ha chiamato -, dicono che siamo in
ritardo, ma in metà mandato sono stati prodotti il Piano del traffico, il Piano
del commercio e il Piano regolatore la cui ultima edizione risaliva al 1997, al
sindaco Illy: realizziamo ciò che altri non sono riusciti a fare in 10 anni».
Altrettanto urgente per Cosolini rimarcare «l’enorme lavoro fatto da tutti gli
uffici comunali», e negare «che siano stati ingaggiati molti consulenti esterni
con relativa spesa». Che Piano regolatore sarà? «Per una città più vivibile, che
riqualifica il patrimonio esistente spesso degradato, integra il territorio con
quello circostante, punta a qualità della vita e turismo, basso impatto
energetico, poco consumo di suolo». Con un disegno molto compatto che dà anche
un nuovo nome alle cose, e tien conto di mappe dal sottosuolo al Carso,
inventando anche i “Centri di quartiere” come nuclei già adibiti a servizi
pubblici in una città vista come “policentrica”, il Prg introduce appunto una
novità assoluta: gli “ecoquartieri”, incentivati da “crediti volumetrici”. Zone
edificate (male) negli anni ’60-’70 potranno essere distrutte e rifatte con i
migliori parametri energetici, in cambio il realizzatore riceverà, in aree di
città identificate come ancora ampliabili di volume, dei “crediti” in metri
cubi, non più del 10% rispetto all’intervento fatto. L’indicazione: al massimo
ci saranno 200 mila metri cubi spendibili nell’arco di 10 anni da quando il
Registro comunale dei crediti sarà stato varato.
Gabriella Ziani
«Confermata la variante per il riuso urbano di Porto
Vecchio» - GLI INDIRIZZI
Per l’Ezit ci si immagina un quartiere industriale più “umano”, anche con
zone pedonali, ciclabili e alberate. Ma sono il Porto, e il Porto vecchio, a
suscitare la domanda: che cosa ne fa il nuovo Piano regolatore? Per l’ormai
decaduto Porto vecchio resta ferma e accolta la variante oggi attiva, con tutte
le funzioni già previste all’interno del recinto e «la sua riapertura all’uso
urbano». Per il Porto, non essendo a tutt’oggi varato il suo specifico Prg,
quello comunale fa suo l’esistente. Le intese dovranno essere ri-controfirmate
con l’Autorità portuale. Regole. «Un Piano regolatore - ha sottolineato
Marchigiani - deve dire quale città si vuole per il futuro (cosa che mancava
alla Variante 118 dell’amministrazione precedente), e indicare chiaramente che
cosa si può fare, e che cosa no. Quando però si indirizza in una certa
direzione, e noi lo abbiamo fatto anche tenendo conto dell’assai traballante
situazione economica e del mercato edilizio e immobiliare, bisogna anche dare
regole certe affinché le cose si possano realizzare veramente, e in tempi
certi». Agricoltura. Da qui la cancellazione di una sostanziosa quota di
passaggi burocratici in numerose situazioni (piani particolareggiati, attuativi
e così via), e anche l’apertura alle attività agricole, pur in un controllato
regime di norme, in Carso e sui pastini della Costiera. Favorito anche
l’allevamento non intensivo, così che un capanno per gli animali si potrà tirar
su senza presentare pacchi di domande a montagne di enti. Ville. Dall’altra
parte si annuncia molta maggiore tutela per il centro storico e per «ville e
palazzi di pregio storico-architettonico». Ma sarà tutelata anche l’edilizia
“sociale”, quella costruita tra ’800 e ’900 se di valore architettonico.
(g. z.)
E la metropolitana leggera e transfrontaliera si
presenta in mostra
E mentre il Comune ne parlava presentando il suo Prg, nella saletta del
Municipio su piazza Unità si apriva la mostra multimediale dell’Ince, Iniziativa
centro-europea, assieme a Regione Fvg e Veneto, ministeri italiano e sloveno dei
trasporti, Provincia di Trieste e Comuni minori, intitolata “Adria-A”, proposta
di metropolitana leggera per l'area transfrontaliera finanziata dal Programma di
cooperazione Italia-Slovenia 2007-2013. Il progetto mira a riorganizzare
l’accessibilità e dei trasporti dell’intera area transfrontaliera italo-slovena
per formare un’area metropolitana integrata: il Comune lo approva, e lo ha
assunto nel proprio Prg. La mostra è un'installazione: i cittadini interrogano
uno schermo “touch screen”, visualizzano linee, fermate e tracciati del “metro”
(fatti realizzare dalla Regione), e possono vedere un filmato di presentazione.
Interessata al progetto si è detta anche l’Austria.
«La risorsa del suolo fin troppo sfruttata»
Il documento segnala altre criticità: inquinamento da Pm10, rumore,
eccessivo consumo di elettricità
«La crescita urbana dell’ultimo dopoguerra ha portato a una rapida
trasformazione del territorio che è stato letteralmente divorato dalla città con
un aumento delle aree urbanizzate e una progressiva scomparsa delle zone
agricole mentre le aree extraurbane hanno anche sofferto della pressione di
infrastrutture di trasporto ed energetiche... La risorsa suolo è stata quindi
sfruttata oltre i livelli di sostenibilità ed è quindi prioritario difenderla».
Trieste, bellissima città, ma queste righe esplicitamente inserite nel documento
di sintesi del nuovo Piano regolatore ne danno un’immagine meno idilliaca.
Altrettanto problematico si è rivelato il sottosuolo, con la preoccupazione che
le acque non regolate portino anche Trieste agli smottamenti mortali cui tutta
l’Italia è soggetta. Il rischio c’è, come ha dimostrato la Relazione geologica
già approvata dalla Regione, il Prg impone sistemi di assorbimento naturale
delle acque piovane e nella zonizzazione esclude edificabilità sul suolo più
fragile. Altrettanto critica la situazione dell’aria con eccesso di Pm10 e non
va bene nemmeno col “rumore”, «l’inquinamento acustico - è detto nel testo -
rappresenta un problema della città diffuso in diverse aree del territorio
comunale». Manca ancora un piano specifico, si attendono i regolamenti
regionali. Altrettanta pressione sulla bella città fanno gli insediamenti
(quattro) di industrie ad alto rischio e naturalmente la Ferriera, mentre il
giudizio sul consumo energetico è pessimo: «La città si presenta come una
divoratrice di energia, in particolare elettrica». Consumiamo troppo, ci dice il
Comune, e per converso ricicliamo poco perché la raccolta differenziata dei
rifiuti è ancora a livelli bassissimi. Da qui la rete di provvedimenti declinata
tutta a ripristino e conservazione, e anche al rimodellamento di rioni e
quartieri periferici che vengono proiettati su fisionomie più amabili: «I loro
spazi pubblici devono essere più collegati - dice l’assessore Marchigiani -, più
leggibili nell’uso, dotati di percorsi privilegiati, di aree pedonali, di
connessioni ciclabili, di dispositivi di calmieramento del traffico con zone a
limite di 30 Km orari». Una regola (e un nuovo nome) si dà perciò anche al
prioritario sviluppo del verde: si dovrà tener conto di “corridoi ecologici”
attraverso i quali lasciar sviluppare la biodiversità e imparare a riconoscere
fra boschi e boschetti una cosa nuova, il “mosaico ambientale”.
(g. z.)
IL PICCOLO -
LUNEDI', 20 gennaio 2014
«Rifiuti, trattarli senza bruciarli per evitare
sostanze nocive» - mozione dI M5S
Il MoVimento 5 Stelle ha chiesto al sindaco Cosolini, con una mozione, di
attivarsi per valutare l’interesse delle aziende a realizzare a Trieste un
impianto di trattamento a freddo dei rifiuti. «Attualmente - scrivono i grillini
- i rifiuti indifferenziati vengono bruciati nell’inceneritore di via Errera, ma
bruciando e distruggendo materia si disperde sempre più energia di quella che si
trattiene con i sistemi di recupero energetico, anche perché per produrre nuovi
materiali è necessaria altra energia. L’Ue ha chiarito che al primo posto c’è la
riduzione dei rifiuti e poi vengono riciclaggio e riuso. Il 25 aprile 2012 il
Parlamento europeo ha votato una proposta di risoluzione (2011/2068) che fra
l’altro chiede “alla Commissione di presentare proposte entro il 2014, allo
scopo di introdurre gradualmente un divieto generale dello smaltimento in
discarica a livello europeo e di abolire, entro la fine di questo decennio,
l’incenerimento dei rifiuti riciclabili e compostabili”». Il M5S osserva inoltre
che l’utilizzo dell’inceneritore «ha un forte impatto ambientale, con produzione
di polveri sottili e diossine», che «Patrizia Gentilini, presidente
dell’associazione Medici per l’ambiente Isde, ha dichiarato che “non c'è veleno
che non esca dagli inceneritori”, diossine che inquinano i terreni agricoli e
quindi i cibi, il particolato, tanto più pericoloso quanto più alta è la
temperatura, nonché arsenico, piombo, cadmio e altri metalli pesanti». I
grillini chiedono che si passi «a un sistema meccanico a freddo in grado di
recuperare i materiali e senza impatto ambientale: nel 2017 scade la concessione
che il Comune ha dato ad AcegasAps per lo smaltimento. Perché non cogliere
l’occasione e rivedere tutto il sistema di trattamento dei rifiuti?». Il
documento è stato votato online: 54 voti favorevoli, 2 contrari.
OGGI - Metropolitana leggera in mostra
Si presenta oggi alle 10.30 nella ex sala Aiat di piazza
Unità la mostra di “Adria A”, progetto finanziato dal Programma di cooperazione
transfrontaliera Italia-Slovenia. In precedenza incontro degli assessori Kraus e
Marchigiani con il Segretario generale dell'Ince Giovanni Caracciolo. Basterà
toccare uno schermo touch screen per visualizzare linee e tracciati della
proposta di “metro” leggera per l’area transfrontaliera.
Muggia: ciclabile “lunga” a fine estate
Affidato il cantiere per il tratto tra via Flavia di Stramare e strada di
San Clemente
MUGGIA «Entro la fine dell’estate Muggia avrà un altro pezzo di pista
ciclabile». Marco Finocchiaro, assessore ai Lavori pubblici, annuncia così
l’aggiudicazione dell’appalto integrato per la realizzazione del collegamento
ciclabile tra via Flavia di Stramare e strada di San Clemente. Ad occuparsi
dell’intervento sarà l’impresa Cramer Giovanni & figli di Trieste che ha
effettuato un ribasso del 10,26% sulla cifra iniziale pari a 65mila euro.
Tramite le indicazioni fornite da Finocchiaro, quando era ancora consigliere
comunale, che aveva evidenziato alcune osservazioni riguardo al progetto da
realizzare per l’opera. Nello specifico il marciapiede nella parte sinistra di
strada di San Clemente, in direzione rotatoria di via delle Saline, utilizzato
già come percorso ciclabile, dovrà essere ampliato per garantire la
bidirezionalità di marcia, inoltre gli attraversamenti stradali rispetto alla
viabilità ordinaria dovranno essere eseguiti in zone visibili, preavvisati con
rallentatori ottici e impianti di illuminazione dedicata, o qualsiasi altro
sistema per garantire la sicurezza delle cosiddette categorie deboli. «Risulta
necessario, come anche emerso dai tavoli tematici della redazione del nuovo
Piano regolatore, redigere un biciplan che pianifichi gli interventi su tutto il
territorio comunale, eseguiti anche da altri enti vedi Provincia, Ezit, Pac di
iniziativa privata e pubblica, al fine di rendere compatibili tutti gli
interventi in una visione d’insieme tenendo conto anche delle ciclovie
d’interesse regionale e sovranazionale», ha spiegato in aula Finocchiaro. Il
biciplan dovrà essere parte sostanziale del nuovo Piano regolatore o del nuovo
Piano della viabilità, nel caso il Comune si volesse avvalere di questo
strumento «non obbligatorio ma fortemente consigliato».
Riccardo Tosques
Ferriera, i lavoratori in trincea: «Non spegneremo
l’altoforno»
Salvaneschi (Fim-Cisl): «Non abbiamo alcuna garanzia sulla continuità
produttiva dello stabilimento»
L’assemblea di venerdì potrebbe decidere lo sciopero
con la marcia sul palazzo della Regione
«Impediremo con tutti i mezzi che abbiamo a disposizione la fermata
dall’altoforno che l’azienda ci ha comunicato dovrà essere attuata dal primo
febbraio». Lo annunciano in una nota ancora una volta centrata sulla Ferriera di
Servola i sindacati confederali dei metalmeccanici: Fiom-Cgil, Fim-Cisl e Uilm e
le rsu di queste sigle e lo ribadisce a voce Umberto Salvaneschi, segretario
giuliano-isontino di Fim-Cisl. I rappresentanti dei lavoratori temono che
l’Accordo di programma ripetutamente annunciato, ma di cui non è stato
esplicitato nemmeno un contenuto, sia in realtà ancora una scatola vuota.
L’assemblea che si è tenuta all’interno dello stabilimento non ha valutato
positivamente l’incontro che si è svolto mercoledì scorso in Regione in
relazione al cambio di fase determinato all’interno della vertenza
«dall’imminente apertura del bando di gara che fissa al 31 marzo il termine
ultimo entro cui si deciderà il futuro dei posti di lavoro». «Non vi sono ad
oggi elementi noti per affermare - rilevano i sindacati - che l’investimento
privato si farà, non sono note le condizioni per i lavoratori e non è stato
presentato il piano industriale del Gruppo Arvedi. Per queste ragioni -
annunciano - tutte le misure comunicateci nei giorni scorsi dalla direzione
aziendale a partire dalla prevista fermata dell’altoforno (con la conseguente
messa in cassa integrazione straordinaria della maggior parte dei dipendenti)
saranno rigettate dai lavoratori e dai loro rappresentanti in quanto non sono
contestualizzate in un quadro di garanzia per la ripartenza in sicurezza
dell’impianto. Per queste ragioni riteniamo a rischio anche la continuità
produttiva dello stabilimento». «Intervenire sulla bocca dell’altoforno - spiega
Salvaneschi - significa dover poi sostituire anche i materiali refrattari che lo
rivestono, che costano molto e che andrebbero appena ordinati». In sostanza i
sindacati temono che si voglia spegnere il primo febbraio senza sapere se e
quando si riaccenderà. La presidente della Regione Debora Serracchiani ha
annunciato che mercoledì al ministero dello Sviluppo economico verrà fatto il
punto sulla vertenza triestina, mentre il Tavolo in Regione è stato riconvocato
per venerdì. «E noi per venerdì alle 7.30 del mattino abbiamo riconvocato
all’interno dello stabilimento l’assemblea che potrebbe anche decidere lo
sciopero», aggiunge Salvaneschi. Se così sarà i lavoratori marceranno su piazza
Unità «perchè il Tavolo regionale dovrà fornire risposte concrete e dare
garanzie scritte attraverso un accordo sindacale che preveda la continuità
produttiva del ciclo integrale in sicurezza così da determinare le migliori
condizioni per l’intervento d’acquisto di un privato.»
Silvio Maranzana
E Piombino ora interessa anche agli arabi
«Il bando di gara per la vendita della Ferriera non è ancora aperto -
riferiscono i sindacati - ma dovrà per forza esserlo entro la fine del mese
perché è stato stabilito che l’apertura di 60 giorni dovrà terminare entro il 31
marzo.» Sono invece aperti i bandi per la vendita degli altri stabilimenti della
Lucchini a cominciare da quello principale, di Piombino. E una manifestazione di
interesse è giunta dal gruppo tunisino Msc che farebbe capo a un magnate
giordano residente a Dubai. Elemento di distinzione rispetto alle manifestazioni
di interesse di Klesch e della cordata Duferco-Feralpi-Acciaierie venete già
avanzate riguardano il mantenimento in esercizio dell'altoforno per due anni. Il
progetto di Smc punta poi a chiuedere l'area a caldo di Piombino, a smantellarla
e trasferirla di qualche chilometro. Saranno investiti 1,5 miliardi per
realizzare due forni elettrici e un impianto per il Corex da un milione di
tonnellate. L'organico sarà mantenuto al livello attuale. Altri 1,5 miliardi
verranno spesi per lo sviluppo. «Gli arabi hanno avanzato manifestazioni
d’interesse sui tre bandi della Lucchini che sono aperti - dice Umberto
Salvaneschi (Fim-Cisl) - nessuno può sapere come si comporteranno ora che verrà
aperto anche il quarto bando.»
(s.m.)
IL PICCOLO -
DOMENICA, 19 gennaio 2014
IL COPED DOPO IL SOPRALLUOGO NEL RIONE «Roiano, più
vivibilità per i pedoni»
Roiano e i suoi problemi di vivibilità sulla pubblica via
sono stati al centro di un incontro in piazza tra i rivi e nelle vie adiacenti
tra la Sesta commissione del Comune e i cittadini, con la presenza del
Coped-Camminatrieste, dell’assessore comunale ai Lavori pubblici Andrea Dapretto
e quello provinciale ai Trasporti Vittorio Zollia. Si è parlato del
prolungamento della 5 in via Moreri alta, della piccola area giochi in piazza,
secondo il Coped «da ampliare in quanto è l’unica nel rione» e oggi versa in
«stato di degrado». Richiesto un passaggio pedonale sulla via Ermacora e
segnalate le tante «soste selvagge». Il Coped ravvisa infine «la necessità di
creare zone 30 per limitare la velocità dei mezzi».
In 12 scuole e asili via i pavimenti di vinile-amianto
Il Comune: «Sostituzione urgente pena il rischio di chiusura» Interventi
per complessivi due milioni dal Fondo Trieste
In 12 scuole del comune di Trieste, «la presenza del vinile amianto è stata
acclarata» e in questi 12 plessi l’amministrazione comunale si appresta a
rimuovere i pavimenti, che sono appunti in vinile-amianto, e a posare pavimenti
conformi alle normative di sicurezza. Tutto ciò grazie a un milione di euro
ottenuti dalla Commissione dell’ormai disciolto Fondo Trieste derivante da
stanziamenti residui che non erano stati utilizzati. Gli istituti in questione
sono: le scuole dell’infanzia L’Isola dei tesori di vicolo delle Rose e Azzurra
di via Puccini, le scuole primarie (elementari) Giotti di strada di Rozzol, don
Milani di via Alpi Giulie, Marin di via Praga e Fratelli Visintini di via Forti
e le scuole secondarie di primo grado (medie) Svevo di via Svevo, Dante di via
Giustiniano, Rismondo di via Forlanini, Stuparich di strada di Rozzol, Roli di
via Forti e de Tommasini di strada di Basovizza. Secondo la relazione tecnica
allegata alla delibera della Giunta comunale che ha predisposto gli interventi,
«tutti questi plessi scolastici presentano la necessità della sostituzione
urgente delle pavimentazioni in Pvc presenti nelle aule e nel corridoio
contenenti sia sul quadrotto che sul supporto la presenza di amianto crisotilo.
L’intervento è urgente perché la pavimentazione per fatti accidentali si spezza
in parti minuscole che lasciano in luce il supporto estremamente friabile. Il
lavoro prevede il lievo della pavimentazione e del supporto esistente con la
predisposizione di idoneo cantiere autorizzato dalla competente Ass.
Successivamente è prevista la posa di una nuova pavimentazione in linoleum
naturale conforme alla normativa di prevenzione contro gli infortuni del maggio
2001». Il Comune rileva anche che in questi edifici di sua proprietà tra quelli
che presentano un certo livello di vetustà e obsolescenza si è riscontrata «la
necessità di interventi indifferibili e urgenti pena il rischio concreto di
chiusura con la relativa interruzione del pubblico servizio.» Gli interventi
previsti nelle scuole a seguito di recenti stanziamenti del Fondo Trieste
ammontano però complessivamente a quasi 2 milioni di euro perché oltre al
milione girato al Comune, altri 898mila euro sono stati destinati alla Provincia
che a propria volta ha approvato una delibera di giunta in cui ha stabilito di
impiegare 837mila degli 898mila euro che le sono stati complessivamente messi a
disposizione, per interventi di edilizia al Max Fabiani di via Monte San
Gabriele (300mila euro per i laboratori), al Volta di via Monte Grappa (150mila
euro adeguamento impiantistico per norme di sicurezza), al Carducci di via Corsi
(100mila euro del Fondo Trieste su 500mila previsti nel complesso per la
sostituzione dei serramenti esterni), alla succursale del Galilei di via
Battisti (197mila euro del Fondo su un totale di 240mila per eliminazine
barriere architettoniche). Al Comune di Muggia la Provincia darà 20mila euro per
l’elementare De Amicis (dove oltretutto il 3 gennaio, fortunatamente durante le
vacanze di inizio anno, è caduto l’intonaco del soffitto dell’atrio), a quello
di Duino Aurisina 20mila euro per gli edifici scolastici del comune, a Sgonico
25mila euro per la scuole elementare, a Monrupino 25mila euro per il polo
scolastico del comune. Gli ultimi 61mila euro sono invece destinati ad acquisti
per strutture scolastiche, e in particolare 41mila saranno spesi direttamente
dalla Provincia per l’adeguamento normativo degli arredi, mentre 20mila saranno
dati al Comune di San Dorligo per l’acquisto e la collocazione di un servoscala
a uso disabili nella media Gregorcic.
Silvio Maranzana
Trieste fa scuola: Carta Spreco zero nata a Next 2012
accoglie la Puglia - IL DECALOGO
Trieste esporta buone pratiche: oltre al Premio Vivere a spreco zero,
assegnato nei mesi scorsi al progetto dell’Assessorato alle Politiche sociali
del Comune, in prima linea a livello nazionale c’è Carta Spreco zero, il
decalogo di “buone pratiche” contro gli sprechi alimentari, idrici e energetici
promosso da Last minute market a Trieste Next 2012, e adesso sottoscritto da un
migliaio di comuni, oltre alle regioni Veneto e Friuli Venezia Giulia. L’altro
giorno, con la sottoscrizione ufficiale del governatore Nichi Vendola, anche la
Puglia è entrata in Carta Spreco zero: a Roma la firma, presente Andrea Segrè,
coordinatore della Task force. Modelli per la riduzione dello spreco alimentare
del Ministero dell’Ambiente. «Siamo ancora nei tempi utili per cogliere
l’obiettivo indicato nel 2012 dal Parlamento europeo: abbattere del 50% lo
spreco alimentare nei paesi membri, e utilizzare un volano di sensibilizzazione
attraverso la proclamazione di un Anno europeo contro lo spreco alimentare - ha
dichiarato Segrè -. Negli ultimi sei mesi è aumentata la sensibilità: l’ultimo
sondaggio attesta che gli italiani hanno smesso di irrigidirsi davanti alla data
di scadenza. Il 63% dichiara che, quando il cibo è scaduto, controlla se è
andato a male oppure è ancora buono, e cerca di riutilizzarlo».
IL PICCOLO -
SABATO, 18 gennaio 2014
Rifiuti, ai centri di raccolta il 4% di materiali in
più
Ma ancora molti gli oggetti lasciati in strada: dati emersi al termine
del concorso “Trieste premia”, che sarà riproposto. Sconti sulla Tares per i più
“virtuosi”
Un aumento nei quantitativi dei rifiuti differenziati conferiti ai centri di
raccolta pari al 4 per cento rispetto allo stesso periodo dello scorso anno: nel
dettaglio quasi 3 milioni di chilogrammi in totale, vale a dire 100 tonnellate
in più rispetto al 2012. Sono i numeri conclusivi del concorso “Trieste premia
per vincere la sfida della raccolta differenziata”, promosso da Comune e
AcegasAps con l’obiettivo di sensibilizzare i cittadini a una corretta
differenziazione dei rifiuti, oltre a disincentivarne l'abbandono sul suolo
pubblico. Nei tre mesi del concorso, da ottobre a dicembre, sono stati più di
1800 i cittadini che hanno partecipato alla sfida ambientale recandosi nei
quattro centri di raccolta del territorio. I dati sono stati snocciolati nel
corso della conferenza stampa in cui sono stati anche annunciati i vincitori del
mese di dicembre, che hanno ricevuto dei premi in linea con uno stile di vita
più ecologico. I primi 500 classificati nella graduatoria complessiva, che tiene
conto dell'intero trimestre, potranno invece usufruire di una sostanziosa
riduzione sul pagamento della prossima imposta sui rifiuti, che andrà dai 60
fino ai 150 euro, a seconda della posizione totalizzata. «Si tratta di numeri
importanti e positivi - ha sottolineato Umberto Laureni, assessore comunale
all'ambiente -. Non è la prima volta che chiediamo la collaborazione dei
cittadini per imboccare insieme un percorso di comportamenti corretti sul fronte
ecologico e ambientale: si tratta di una vera e propria sfida culturale che
porta ad un cambio di mentalità e ad una diversa sensibilità sul tema della
raccolta differenziata». L’iniziativa sarà riproposta anche in futuro, la
seconda edizione si terrà probabilmente già a giugno. Entrando nello specifico,
rispetto all'ultimo trimestre del 2012 sono aumentati del 55 per cento i
conferimenti di oli alimentari, mentre sono stati raccolti ben 516 chilogrammi
in più di toner delle stampanti. Incrementi importanti, intorno al 90 per cento,
anche per gli scarti verdi dei giardini, sebbene in termini di quantità assolute
(74 tonnellate) ci sono ancora ampi margini di miglioramento. Stessa
considerazione per i cosiddetti rifiuti “ingombranti”: nonostante gli aumenti
dei conferimenti nei centri di raccolta (più 6 per cento) e del servizio di
raccolta a domicilio (1800 oggetti), sono ancora molti i rifiuti abbandonati in
strada (5300 nell'ultimo trimestre). «Si tratta di un dato che conferma come
esistano ancora dei comportamenti non corretti - ha precisato Paolo Dal Maso
della Divisione ambiente AcegasAps -. Ecco dunque l'importanza di promuovere e
stimolare una nuova sensibilità tra i cittadini, che in questo modo vengono a
conoscenza di quanti oggetti diversi possono essere conferiti ai centri di
raccolta». Per quanto riguarda il mese di dicembre, al primo posto si è
classificato Vincenzo Malafronte che ha totalizzato 1994 punti, record assoluto
dell’intero trimestre, che si è portato a casa una bici elettrica a pedalata
assistita. Il fortunato estratto che invece ha vinto un viaggio in una delle
capitali più “smart” d'Europa è Luigi Coletta. I premi non ritirati sono a
disposizione dei vincitori allo sportello relazioni con il pubblico del Comune,
il lunedì e il mercoledì dalle 14.30 alle 16.30 fino al 31 marzo.
Pierpaolo Pitich
E ora partenza sul nuovo fronte dell’umido
Nella sfida ad ampio raggio sulla raccolta differenziata lanciata
dall'amministrazione comunale non c'è solo quella legata ai centri di raccolta.
A breve infatti partirà anche la battaglia sull'umido: una partita importante
che avrà un peso fondamentale nell'intero bilancio della differenziata. «Entro
un mese scatterà un'informazione capillare di sensibilizzazione sulla raccolta
dell'umido - assicura Laureni -. L'obiettivo è riuscire ad intercettare la metà
di quegli scarti, il che significa far salire la quota della differenziata
intorno al 40 per cento entro la fine del 2014. Per arrivare a questo chiederemo
la collaborazione dei commercianti, affinché si dotino dei diversi contenitori
della differenziata già all'interno dei loro negozi e locali».
(p.p.).
Utility - Igiene urbana Premio a Hera
A Hera il primo Premio nazionale sulla prevenzione dei
rifiuti nella categoria Imprese di igiene urbana, promosso da Federambiente e
Legambiente col patrocinio del Ministero dell’Ambiente e della tutela del
territorio e del mare. Il gruppo ha presentato al concorso 3 tra le più
interessanti e innovative esperienze messe in campo a tutela dell’ambiente.
IL PICCOLO -
VENERDI', 17 gennaio 2014
Cittadini “ricicloni”, oggi le premiazioni
Premiazione ufficiale, oggi alle 11 nella sala matrimoni del Comune in
piazza Uniotà, dei primi dieci vincitori (sui 100 complessivi del mese di
dicembre) del concorso “Trieste Premia per vincere la sfida della raccolta
differenziata”, promosso da AcegasAps e Comune. In palio per i
cittadini-contribuenti più virtuosi ci sono riduzioni della Tares da 150, 100 e
60 euro. Nel corso dell’incontro - presenti anche gli assessori all’Ambiente
Umberto Laureni e al Bilancio Matteo Montesano e il responsabile della Divisione
ambiente di AcegasAps Paolo Dal Maso - sarà fatto il punto generale
dell’iniziativa che si è sviluppata nel trimestre tra ottobre e dicembre.
IL PICCOLO -
GIOVEDI', 16 gennaio 2014
«La cokeria chiude». Poi la smentita - Ma la Ferriera
va in fibrillazione
Stravolto il Tavolo in Regione con Serracchiani che telefona per
rassicurazioni al commissario
Confermato l’Accordo di programma entro il 31 gennaio,
mercoledì incontro al Mise
«Nessuna interruzione, né della produzione, né della trattativa.» Sono le
certezze che la Regione ha tentato di trasmettere ai sindacati nell’incontro di
ieri pomeriggio sulla Ferriera di Servola. Ma c’è voluta una telefonata in
diretta dal palazzo di piazza Unità davanti ai rappresentanti dei lavoratori
della presidente della Regione Debora Serracchiani al commissario straordinario
della Lucchini Piero Nardi per ottenere la risposta che forse qualcuno non
sperava più nemmeno di ricevere: «La cokeria non si ferma.» L’incontro che si è
svolto alle 16.30 infatti è stato ampiamente stravolto da una notizia che si era
diffusa appena un’ora e mezza prima all’interno dello stabilimento di Servola e
secondo la quale ci sarebbe stata una riunione di tecnici e gli operai stavano
per essere mobilitati per le operazioni di preriscaldamento, propedeutiche allo
spegnimento della cokeria. Ciò avrebbe significato la chiusura della Ferriera.
Animi particolarmente riscaldati dunque da parte di tutta la rappresentanza
sindacale composta da Fiom-Cgil, Fim-Cisl, Uilm, Failms e Ugl. Poi per dissipare
tutti i dubbi la decisione di chiamare direttamente il commissario che però non
ha convinto completamente tutti. Incombe infatti il possibile spegnimento
dell’altoforno per lavori non più rinviabili anche allo scopo di contenere le
emissioni ambientali e i sindacati si sono irrigiditi sulla necessità che lo
stop con la conseguente cassa integrazione di buona parte dei dipendenti non
avvenga prima della firma dell’Accordo di programma in cui venga messo nero su
bianco il futuro dell’attività. Accordo che, Serracchiani lo ha ribadito ancora
una volta, verrà comunque sottoscritto entro il 31 gennaio. «I soggetti
firmatari della Dichiarazione d’intenti - ha affermato la presidente - si
impegnano a definire l’Accordo nei tempi previsti in maniera tale da avviare
tutte le complesse azioni necessarie per la prosecuzione dell’attività e, di
conseguenza, il rilancio complessivo dell’area anche attraverso l’innesto di
importanti risorse economiche». In base al decreto legge Destinazione Italia,
Serracchiani sarà commissario di tutte quelle aree che saranno comprese
nell’Accordo di programma: è probabile, ma non scontato che vi sia anche la
banchina. Lo si saprà a fine mese. É stato comunque ottenuto un incontro per
mercoledì prossimo al ministero dello Sviluppo economico, mentre due giorni
dopo, venerdì 24, sarà riconvocato il Tavolo in Regione. All’incontro di ieri
era presente anche Francesco Rosato, amministratore unico di Siderurgica
Triestina, la società che era stata creata dal Gruppo Arvedi, che pure ha
inviato a Trieste anche un proprio rappresentante diretto, per arrivare prima
all’affitto e poi all’acquisto della Ferriera. Ma è stato confermato che
l’affitto non si farà e che dopo la risoluzione anticipata della convenzione
Cip6 accordata dal Gestore dei servizi energetici a Elettra che permetterà la
rifondazione di crediti vantati da Lucchini e la stipula di un nuovo contratto
con l’acquirente, per obbligo di legge si è dovuto passare attraverso il bando
di gara per la vendita i cui termini scadranno appena il 31 marzo. Il passaggio
di mano non potrà avvenire prima di aprile e i dubbi su una cassa integrazione
al buio non sono stati dunque dissipati. «L'incontro è stato utile - il commento
di ieri sera del sindaco Roberto Cosolini - perchè bisognava prendere atto di
preoccupazioni diffuse tra i lavoratori e dare le necessarie risposte; utile per
definire i passi necessari ad affrontare le prossime decisive fasi. È importante
che ci sia una data, il 31 gennaio, per l'Accordo di programma: ora serve il
massimo impegno per portare a un'auspicata conclusione positiva un percorso
difficile. In questo senso continuiamo a lavorare tutti assieme.»
Silvio Maranzana
Commissione - Via libera al piano di tutela delle acque
La IV commissione ha dato parere favorevole al Piano di
tutela delle acque. Lo strumento è stato approvato grazie ai sì della
maggioranza e dei consiglieri del Movimento 5 Stelle, mentre gli altri gruppi di
opposizione si sono astenuti. Un via libera salutato con soddisfazione dal
gruppo di Sel. «Rispetto al progetto di Piano predisposto dalla giunta Tondo –
afferma il capogruppo Giulio Lauri - la tutela viene rafforzata e vengono
previste misure più stringenti per le aree di pregio naturalistico non ancora
interessate da opere di presa».
Agricoltura - Il regolamento sugli Ogm approda in
Parlamento
Il regolamento sulla coesistenza tra Ogm e colture
tradizionali voluto dalla giunta del Fvg è arrivato all’attenzione del
Parlamento. L’iniziativa, fa sapere Serena Pellegrino, è del gruppo di Sel che
ha bocciato l’iniziativa durante un dibattito sull’agroalimentare made in Italy.
IL PICCOLO -
MERCOLEDI', 15 gennaio 2014
«Ambiente, più precisi i dati sulla Ferriera» -
L’ASSESSORE REGIONALE
Nuovi controlli da parte dell’Arpa. Vito: indispensabile garantire la
massima autorevolezza
L’Arpa, l'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente, sta avviando
alcune nuove attività ispettive nell'ambito del comprensorio della Ferriera. Lo
ha confermato ieri l'assessore regionale all'Ambiente, Sara Vito, che ha riunito
a Trieste i vertici tecnici dell'Arpa «per una complessiva valutazione sulle
modalità di monitoraggio delle emissioni in atmosfera in Friuli Venezia Giulia,
con particolare attenzione proprio alla situazione del capoluogo giuliano», si
legge in una nota. «Ai responsabili di Arpa ho segnalato la necessità,
inderogabile, di una sempre più costante e puntuale attenzione al monitoraggio
dei valori ambientali legati alla presenza delle attività dell'impianto
siderurgico», ha detto Vito, che ha anche richiesto ad Arpa di giungere nel più
breve tempo possibile a più aggiornate metodologie di comunicazione dei dati
ambientali quotidianamente raccolti dall'Agenzia. «Ho chiarito ai vertici di
Arpa che richiedo un cambiamento in tempi rapidi: abbiamo bisogno di una “nuova
Arpa”. L'Agenzia deve garantire - ha sottolineato Vito - la più ampia
autorevolezza tecnica e scientifica alle politiche ambientali» relative al Fvg.
Arpa è impegnata, come previsto dalle nuove normative europea e nazionale, ad
adeguare la rete regionale di rilevamento della qualità dell'aria in tutta la
regione, cercando (come indicato dalla Ue) di costruire serie analitiche di dati
sempre più "reali" del contesto territoriale. Il progetto di adeguamento e di
riorganizzazione della rete di misura della qualità dell'aria predisposto da
Arpa sarà completamente operativo entro fine anno, ha ricordato l'assessore, e
in questo ambito è previsto l'adeguamento delle esistenti stazioni di misura e
l'installazione di nuove centraline, effettivamente rappresentative e
strategiche della situazione ambientale circostante.
Case in Rio Martesin, no della Circoscrizione
Bocciati due nuovi progetti. Comitato: il Comune non fa rispettare la
sentenza del Consiglio di Stato
Pollice verso dal consiglio della Terza circoscrizione ai due nuovi progetti
edilizi presentati dalla ditta Gia per realizzare sei costruzioni nella vallata
di Rio Martesin. È la terza proposta inoltrata al Comune per edificare degli
edifici nell’ultima enclave verde tra la collina di Gretta e quella di Roiano.
Il progetto segue, e praticamente si sovrappone, a uno simile presentato dalla
stessa ditta nel 2012, bocciato con parere negativo della Soprintendenza per i
Beni architettonici e il paesaggio. La prima richiesta delle ditte Gia e Airone
per costruire nella vallata risale invece al 2010: l’intervento - che ipotizzava
109 appartamenti in tre progetti diversi in un’area sprovvista di una minima
viabilità, di servizi e infrastrutture - era stato bloccato dal Consiglio di
Stato cui si era rivolto a proprie spese un comitato spontaneo di residenti
mobilitati a protezione del territorio. La sentenza ha aperto scenari nuovi,
andando a tutelare i terrazzamenti sia sul fronte di Gretta che su quello di
Scala Santa, revocando concessioni edilizie e ordinando il ripristino del
preesistente. Ripristino che il Comitato spontaneo Rio Martesin attende ancora,
visto che il Comune non sarebbe riuscito a tutt’oggi a far rispettare
quell’ordinanza che imponeva ai costruttori di riportare la vallata alla
situazione pre-intervento. Nella riunione dell’altra sera, di fronte ai
rappresentanti del comitato spontaneo, il parlamentino si è espresso
unanimemente in termini negativi contro il nuovo progetto che prevede la
realizzazione di sei casette residenziali sul fronte di Scala Santa della
vallata. Secondo i consiglieri l’intervento non rispetta la sentenza del
Consiglio di Stato per la tutela i pastini, presenta rilevanti problematiche di
viabilità e ricade su un sito di elevato valore paesaggistico e ambientale non
scevro da rischi di natura idrogeologica. Inoltre non è stato presentato alcun
rendering necessario a valutare l’effettivo impatto paesaggistico e ambientale.
Su proposta del consigliere Giancarlo Ressani (Pd) è stato sospeso il parere e
sono stati chiesti ulteriori elementi sulla richiesta di ristrutturazione e
ampliamento di un edificio al numero 4 del vicolo Martesin, demolito tre anni
fa. «Rileviamo l’ingiustificata disponibilità del Comune nei confronti dei
costruttori – ha scritto il comitato spontaneo dei cittadini in un documento
consegnato al vicepresidente del parlamentino Piero Ambroset – l’amministrazione
prima ha approvato le tre concessioni edilizie illegittime, poi non ha fatto
rispettare la sentenza del Consiglio di Stato lasciando il sito nelle condizioni
di una discarica. Chiediamo» che la «maggioranza in Consiglio comunale faccia
una interrogazione in merito e chieda una discussione aperta e pubblica nella
stessa sede consiliare».
Maurizio Lozei
Cedas, il restyling della casa dei pescatori
Il progettista Bucher: «Innanzitutto mettiamo in sicurezza la struttura».
Forse un locale in futuro
Il cantiere non può certo passare inosservato: un po' per la sua
collocazione nel bel mezzo della passeggiata sul lungomare barcolano, un po' per
le caratteristiche decisamente particolari del sito in questione. Stiamo
parlando dell'edificio in pietra arenaria situato al numero 291 di viale
Miramare, esattamente di fronte al porticciolo del Cedas: una struttura in
completo stato di abbandono ormai da più di trent'anni, ma che custodisce un
passato ricco di storia. Alla fine del 2012, in seguito a un'ordinanza del
Comune, sono iniziati i lavori per il recupero edilizio dell'area che vengono
eseguiti a lotti: proprio in questi giorni le macchine scavatrici sono tornate
all'opera, mentre una squadra di operai sta intervenendo all'interno della
struttura. La zona è completamente cantierizzata: la costruzione si sviluppa su
due piani, per una metratura totale di circa 120 metri quadrati, cui si aggiunge
un'ampia area esterna. I lavori riguardano principalmente la messa in sicurezza
del sito, vittima nel corso di questi anni di cedimenti strutturali, in
particolare del crollo di parte del tetto, ma non ci sono certezze al momento su
quale potrebbe essere la destinazione del luogo. La sensazione però è che si
possa pensare in futuro alla creazione di un'area commerciale, mentre nell'ampio
spazio esterno potrebbe essere ricavata tutta una serie di parcheggi. «Le opere
riguardano essenzialmente la messa in sicurezza della struttura - spiega Mario
Bucher, progettista e direttore dei lavori -. Siamo già intervenuti sul tetto
con il rifacimento del solaio, adesso ci stiamo concentrando sul consolidamento
dei muri perimetrali: nulla però è stato ancora deciso riguardo alla
destinazione d'uso del sito». A commissionare l'intervento di recupero edilizio
è stata la Shadey srl, società di capitale che si occupa della locazione
immobiliare di beni propri o in leasing, mentre la ditta che sta eseguendo i
lavori è la Edil Alpi di Arta Terme. Se rimane incerto il futuro dell'area, la
stessa cosa non si può dire per il passato della struttura, che ha scritto
pagine importanti della storia di Trieste. La costruzione infatti, della quale è
conservata ancora integra la facciata esterna, nel corso dell’Ottocento faceva
parte della batteria di fortificazioni allestite dall'esercito austro-ungarico
che avevano il compito di proteggere la città e il suo porto. Una sorta di vero
e proprio presidio militare: a testimonianza di questo si notano ancora le
caratteristiche finestrelle adibite al posizionamento delle armi usate a difesa
del porticciolo, mentre spicca, incastonata nel mezzo della facciata principale,
una raffigurazione della “Madonna con Bambino”. Successivamente la struttura si
trasformò nella cosiddetta “Casa dei pescatori”: un luogo adibito a dimora e
deposito delle reti e dei vari materiali a disposizione degli uomini di mare
triestini. Poi gli anni dell'abbandono e del degrado, cui ora potrebbe seguire
una nuova rinascita.
Pierpaolo Pitich
Viadotto abusivo, proprietaria condannata
Costiera, strada di collegamento con la villetta al numero 88: due mesi e
30mila euro di multa
Due mesi di arresto e 30mila euro di multa. È questa la pena alla quale è
stata condannata Giuseppa Ruggiero, 63 anni, originaria di Salerno, proprietaria
del “viadotto” abusivo che aveva fatto costruire per raggiungere la sua villa in
Costiera all’altezza di Santa Croce. A pronunciare la sentenza al termine del
processo svoltosi con rito abbreviato è stato il giudice Pietro Leanza che ha
accolto le richieste del pm Antonio Miggiani e ha disapplicato - ritenendola di
fatto illegittima - la sanatoria firmata due mesi fa dalla soprintendente Giulia
Picchione. È stato condannato anche il direttore dei lavori Bruno De Curtis, 76
anni alla pena di 20 giorni. Gli altri due imputati, Rocco Leone, 43 anni, e
Massimo Rauber, 54 anni, titolari delle imprese edili, saranno giudicati con
rito ordinario dopo la citazione diretta. Ma il giudice Leanza non ha disposto
nella sentenza il ripristino della situazione precedente alla costruzione
abusiva. A guardarlo dal mare, il viadotto non è una semplice strada che scende
verso la spiaggia dal costone della Costiera all'altezza di Santa Croce, ma è
una sorta di mastodontica struttura di cemento armato lunga 140 metri che,
secondo il pm Antonio Miggiani, è stata costruita abusivamente e in spregio a
ogni vincolo paesaggistico per collegare la strada statale a una villetta al
numero 88. Si è trattato dell’abuso edilizio e ambientale più grande mai
registrato nella Costiera. Il viadotto era stato scoperto dalle guardie
forestali di Duino nell’estate di due anni fa. Lo avevano fotografato dal mare e
avevano poi effettuato tutti i controlli e le verifiche inviando quindi
un’approfondita relazione al pm Miggiani. Poi era stato effettuato il
sopralluogo. «Opere di restauro per 300mila euro», era stato scritto sul
cartello appeso al cancello esterno della proprietà di Giuseppa Ruggiero. Ma
secondo la Procura per raggiungere la casetta collocata a pochi metri dal mare i
circa 300 scalini in pietra non potevano essere un’opzione valida anche se la
proprietaria è invalida al 77 per cento. Da qui la decisione di far costruire,
abusivamente secondo il pm Miggiani, una strada suddivisa in due tronconi: il
primo lungo 98 metri, con tanto di piloni di sostegno che termina il suo corso
nel primo tornante; il secondo di circa 140 metri, con cordoli, cemento armato e
scoli per l'acqua. Insomma il viadotto di cemento armato con tanto di piloni ben
visibile dal mare. Al momento del sequestro l’assessore comunale all’Urbanistica
Elena Marchigiani aveva dichiarato: «Dopo la segnalazione è stata effettuata
un'ordinanza di sospensione dei lavori. Le autorizzazioni erano arrivate da chi
ha governato la città prima di noi».
(c.b.)
Duino valuta il “sì” a nuove case
Torna in Consiglio il piano comunale di edilizia privata nell’area vicino
all’ex negozio Mobili Arcobaleno
DUINO AURISINA Torna nell’aula del Consiglio comunale il Piano
particolareggiato di iniziativa privata che interessa l'ambito A4/A di Duino
Nord, dove l'imprenditore Eugenio Pahor prevede tra le “case verdi” e l'ex
“Arcobaleno” la realizzazione di sei nuove palazzine, attività commerciali o
artigianali per un massimo di 5mila metri cubi, un campo di calcio e un'ampia
porzione di verde a uso pubblico. Lunedì i consiglieri hanno svolto, in sede di
Seconda commissione presieduta da Maurizio Rozza, i primi lavori propedeutici
all'assise in calendario il 22 gennaio, con l'impegno a rivedersi venerdì per lo
scioglimento degli ultimi nodi. Nel dettaglio dovranno pronunciarsi, sentiti i
pareri tecnici dell'ufficio Pianificazione urbana (presente l'architetto
Donatella Mattiussi), su nove osservazioni-opposizioni presentate dai cittadini
al Prpc. Tra queste anche quella formulata da Massimo Romita (Pdl), che facendo
proprie alcune richieste di residenti raccolte nelle assemblee indette mesi fa
sul punto aveva la scorsa estate depositato in municipio un documento. E proprio
ciò ha fatto scaturire le prime scintille tra maggioranza e opposizione. Il
presidente Rozza ha infatti sollevato la questione dell'illegittimità di
un'osservazione prodotta da un consigliere comunale, citando una sentenza del
Consiglio di Stato, secondo la quale «il consigliere non ha titolo per
partecipare alla formazione del piano con la proposizione di osservazioni,
giacché lo stesso partecipa direttamente alla approvazione del piano in virtù
del ruolo ricoperto in seno al Consiglio». Secca la replica di Romita: «Sulla
variante 27 si è fatto di tutto e di più e ora si tirano fuori questi cavilli?».
Quindi è insorto il collega d'opposizione Andrea Humar: «A questo punto chiedo
formalmente che nella prossima seduta dei capigruppo si tirino fuori tutte le
delibere in cui vi sono state, in precedenza, osservazioni prodotte dai
consiglieri. Non si possono usare due pesi e due misure, a seconda di come
conviene». «Credo sia un diritto dei consiglieri essere informati sulle
questioni di diritto – ha però replicato Rozza – se per caso in passato si è
sbagliato, è meglio non ripetere l'errore». Ma l'analisi delle osservazioni
(espresse anche dal Comitato Rilke, Italia nostra, Acegas-Aps, comunità di San
Giovanni e dallo stesso Pahor) ha offerto lo spunto per tentare di risolvere
l'annosa questione delle “case verdi”. I consiglieri stanno infatti valutando la
possibilità di chiedere al proponente di inserire una via di collegamento al
complesso. Ma la cosa non pare di facile soluzione per l'obbligo a non
predisporre manufatti, strada compresa, nella fascia di rispetto alla confinante
A4. Adottato nel 2012, il piano prevede anche la realizzazione di una rotonda a
snellimento del traffico in uscita da Duino, che dovrà essere realizzata dalla
Regione con fondi propri (la proprietà cederà il terreno per la sua
costruzione). «Fondamentale e per questo da sollecitare, altrimenti i
carabinieri avranno notevoli difficoltà a uscire dalla caserma con i mezzi a
tutta velocità per un'emergenza», ha precisato Giorgio Ret. Inoltre è prevista
l'integrazione con la futura pista ciclabile provinciale e i percorsi pedonali
che collegheranno appunto le “case verdi” con l'area del vicolo forestale. In
quella sede era stato approvato anche un emendamento per prevedere la
realizzazione di un marciapiede lungo la Sr14 fino alla casa cantoniera verso
Monfalcone e fino alla Stazione forestale verso Trieste, con l'inserimento di un
semaforo a chiamata. Pahor ha richiesto lo stralcio dell'emendamento, ma i
consiglieri paiono intenzionati a respingere quest'osservazione.
Tiziana Carpinelli
A4, la Villesse-Lisert venga liberalizzata - INTERVENTO
DI BARBARA ZILLI* E RUDY FUMOLO**
Consigliere Comunale Monfalcone **Comitato liberalizzazione A4 Lisert
Villesse
Il finanziamento della terza corsia sta divenendo, e diverrà sempre di più
nei prossimi anni, un maxi salasso per le tasche dei pendolari, in particolare
per quelli che hanno la sfortuna di utilizzare la Villesse–Lisert, sul cui
tratto si scaricano anche i costi del tratto autostradale per Gorizia, come
ciliegina sulla torta vi è anche l’aumento dell’Iva. Chi oggi usa la
Villesse-Lisert come pendolare e ha un lavoro operaio o impiegatizio normale,
lascia circa il 10% della sua paga ad Autovie Venete, questa situazione non è
transitoria, anzi è destinata ad appesantirsi, ciò non ci appare sostenibile.
Già a suo tempo avevamo portato avanti la proposta di liberalizzare la
circolazione autostradale sulla Villesse-Lisert portando motivazioni e numeri,
la proposta tuttavia è stata fatta colpevolmente morire, nonostante il nostro
comitato che richiedeva la liberalizzazione (erano state raccolte quasi 4.000
firme) avesse fatto presente che i lavori autostradali, allora solo progettati,
avrebbero di fatto impedito ogni proposta di liberalizzazione della tratta in
questione. Ora quindi ci troviamo a gestire una situazione che pesa sulle tasche
dei lavoratori e anche su quelle di tutte quelle attività economiche che
utilizzano l’autostrada costituendo di sorta una tassa addizionale. Che fare?
Crediamo che anche se a suo tempo la battaglia per la liberalizzazione della
Villesse-Lisert è stata persa bisogna comunque cercare di migliorare il
presente, la proposta con cui vogliamo ripartire è quella della
“vignettizzazione” del sistema autostradale di Autovie Venete. In sostanza
l’idea è di passare progressivamente da un sistema di pedaggi pesato sui caselli
a un sistema di pagamento di una Vignetta come avviene in alcuni paesi a noi
confinanti. Il perché di questa proposta è semplice, per molti aspetti noi siamo
una Regione di transito, basti pensare ai flussi turistici che dal Nord Europa
attraversano la nostra Regione in direzione Croazia, oppure tutto il traffico
pesante destinato al Nord Italia, di fatto Autovie Venete sta facendo un
adeguamento dell’infrastruttura per esigenze che solo parzialmente sono
regionali, quindi non si riesce a capire perché il grosso di questi costi debba
essere scaricato sui pendolari. È ovvio che questa proposta incontrerà, come ha
incontrato nel passato, resistenze durissime, e per questo dobbiamo essere tutti
uniti nel portarla avanti. Logicamente non si può passare dai caselli alla
Vignetta immediatamente, però subito si possono prendere dei provvedimenti che
almeno per qualcuno renderà possibile usare l’autostrada come se si avesse la
Vignetta. La soluzione è alquanto semplice, oggi chi usa l’autostrada come
pendolare ha il telepass, i transiti effettuati vengono periodicamente
addebitati su un conto corrente, se si usasse il conto corrente per pagare una
vignetta, ad esempio annuale, in questo caso ad Autovie il telepass verrebbe
usato solamente per verificare se chi entra in autostrada ha pagato la Vignetta.
Iniziare a mettere in piedi un sistema di questo tipo fino ad arrivare a un
utilizzo generalizzato della Vignetta per tutti non solo per i detentori di
Telepass crediamo sia l’unico sistema ragionevole per far di pagare di più chi
attraversa la nostra Regione per andare in altri lidi e per evitare che i nostri
pendolari debbano consegnare una parte cospicua della loro busta paga ad Autovie
Venete. *
«Conconello, onde radio giù» - Ordine di Cosolini
riabilitato
Nuove misurazioni dell’Arpa, dopo due mesi il Tar impone a quattro
emittenti di abbassare la potenza del segnale in base al provvedimento del
sindaco
Conconello due, la rivincita di Natale. Un paio di mesi dopo il primo
pronunciamento con cui il Tribunale amministrativo aveva sconfessato
provvisoriamente Roberto Cosolini nella battaglia sul “volume” delle emissioni
elettromagnetica a ridosso delle case contro quattro delle 32 radio che fanno
rimbalzare i loro segnali sui ripetitori piantati a Conconello (battaglia dovuta
per legge giacché il sindaco è il tutore della salute pubblica in casi
d’emergenza, presunti o acclarati) proprio sotto le feste appena alle spalle è
maturata una seconda ordinanza, sempre del Tar, alla luce tuttavia di nuove
misurazioni fatte dall’Arpa, che gli restituisce forza giuridica, sottraendola
di conseguenza alle quattro emittenti che gli avevano fatto causa: sono Nuova
Radio Spa (l’editrice di Radio 24, “famiglia” Sole 24 ore), Radio Dimensione
Suono, Radio Birikina e Radio Sorriso Una rivincita, dunque, ma pure questa
provvisoria, in quanto restiamo ancora nel “giro” delle cosiddette sospensive
cautelari, in attesa di una sentenza di merito definitiva (o forse neanche no,
se è vero che poi rimane l’opzione dell’appello al Consiglio di Stato di Roma)
che arriverà però non prima d’inizio estate, dato che la relativa udienza
pubblica è in agenda per il 14 maggio. Per intanto, lo stato attuale delle cose
- così definito dai giudici amministrativi di casa nostra - impone appunto un
abbassamento della potenza degli impianti di trasmissione a queste quattro
emittenti, dopo che tra ottobre e dicembre avevano potuto invece continuare su
altri standard. E ciò perché nel suo secondo e per adesso ultimo pronunciamento,
tecnicamente, il Tar ha respinto la richiesta delle quattro radio di mantenere
sospesa in via cautelativa urgente, fino alla sentenza di merito, l’ordinanza di
«riduzione delle emissioni» che Cosolini aveva firmato l’11 luglio «a tutela
della salute della popolazione abitante in località Conconello» e che nel primo
pronunciamento dell’autunno scorso era stata appunto congelata: il Tribunale,
allora, aveva ravvisato la necessità di procedere con nuove misurazioni da parte
dell’Arpa, per la presenza, nei risultati precedenti, di alcune incongruenze tra
gli esami fatti nella cosiddetta “banda stretta” (sulle onde radio in prossimità
delle abitazioni) e quelli in “banda larga” (in cui sono considerati tutti i
tipi di emissione elettromagnetica). Ebbene, le nuove misurazioni in “banda
stretta”, compiute dall’Arpa a inizio dicembre, devono evidentemente aver dato
numeri superiori ai sei volt per metro che l’ordinanza del sindaco individua
come soglia di legge entro la quale rientrare. Le quattro radio - rappresentate
dagli avvocati Gianluca Barneschi e Lorenzo e Cesare Pellegrini - hanno eccepito
in udienza il fatto che le rilevazioni non fossero state effettuate in
contraddittorio, alla presenza cioè di periti di parte né di quelli
ministeriali, che in certe altre sentenze anche fuori regione avevano fatto al
contrario giurisprudenza come limite insuperabile i 20 volt per metro, e che
infine sussisterebbe il cosiddetto rischio del danno irreparabile poiché
abbassare troppo il “volume” di una radio commerciale ne potrebbe mettere in
discussione il segnale e quindi i contratti pubblicitari. Diritto al lavoro e
all’informazione da una parte e diritto alla salute dall’altra. Due interessi
pubblici contro. È prevalsa, stavolta, la linea del Comune, difeso qui
dall’avvocato Oreste Danese. Nella sua ordinanza, il Tar infatti ha ritenuto per
intanto, «ad una sommaria deliberazione e allo stato degli atti, che nel
bilanciamento dei contrapposti interessi appare prevalente, nel caso di specie,
quello pubblico volto alla tutela della salute dei cittadini, per il cui
perseguimento risulta imprescindibile il contributo alla riduzione del valore di
campo elettrico totale da parte di tutte le emittenti di radiodiffusione sonora
e televisiva che sforano i valori limite».
Piero Rauber
Il canto anticipato di merli e cinciallegre - L’etologo
Paolo Zucca: «Non lo fanno mai d’inverno, è cambiato l’assetto ormonale di
questi uccelli»
Da pochi giorni a Trieste i merli e le cinciallegre hanno già iniziato a
cantare. È la prima volta che questi volatili fanno sentire il loro canto così
in anticipo rispetto alla primavera. «Non era mai successo prima d'ora nella
nostra città, - osserva l'etologo Paolo Zucca - dal punto di vista della
biologia è un fatto veramente importante perché significa che l'assetto ormonale
di questi uccelli è cambiato». A questi animali, infatti, non bastano pochi
giorni di temperature più miti per iniziare a cantare. Serve un periodo più
lungo, un cambiamento che si protrae per anni visto che per emettere quel canto
che serve loro ad attrarre le femmine e poi accoppiarsi, deve avvenire un vero e
proprio Siamo almeno due mesi e mezzo in anticipo. «Il 24 dicembre scorso -
spiega Zucca - mi sono accorto di un merlo che a mezzanotte, complice
l'illuminazione artificiale, cantava a squarciagola. E nei primi giorni di
gennaio hanno iniziato anche le cinciallegre. Questo significa che queste specie
hanno deciso di riprodursi in anticipo». «È una scommessa che loro fanno -
aggiunge - per avvantaggiarsi visto che una specie, se sbaglia periodo di
riproduzione, rischia di estinguersi». E anche se dovesse arrivare una settimana
di freddo e Bora, non cambierebbe nulla perché non bastano pochi giorni per far
cambiare questi comportamenti animali. E' la media annuale, il ripetersi anno
dopo anno di cambiamenti climatici. Le modificazione che i volatili attuano per
cantare non sono inoltre solo ormonali. «Per cantare nel periodo riproduttivo, -
specifica l'etologo - molte specie di uccelli modificano anche il cervello. Si
sviluppano più neuroni e alla fine del ciclo riproduttivo, quando serve più
leggerezza per il volo, queste aree del cervello si riducono nuovamente». Questo
per far capire che il fatto che i merli e le cinciallegre cantino già e abbiano
iniziato il periodo della riproduzione non è cosa casuale, che avviene solo
grazie a qualche giornata più mite. «È una procedura lunga, - spiega Zucca - che
testimonia di come il clima nel nostro paese e nella nostra città stia
decisamente cambiando». Lo stesso fenomeno si riscontra anche nella flora: molti
gerani stanno continuando a produrre boccioli e a fiorire, le forsizie sono
pronte a sbocciare. Tornando poi ai volatili, il fatto che molti cantino la
notte è sintomo di un altro fattore. L’inquinamento luminoso è sempre stato
considerato di ordine secondario rispetto a quelli di tipo acustico e
atmosferico. In realtà, esso avrebbe effetti preoccupanti sull’avifauna
alterandone i comportamenti, modificando bioritmi e abitudini. I maschi dormono
meno e sono più a rischio di predazione se iniziano a cantare con molto
anticipo.
Laura Tonero
IL PICCOLO -
MARTEDI', 14 gennaio 2014
Differenziata a premi, sconti sulla Tares
In 1800 hanno partecipato al concorso, i centi più virtuosi potranno
godere dei benefici
Si è concluso il 31 dicembre 2013 il terzo e ultimo mese del concorso
“Trieste Premia per vincere la sfida della raccolta differenziata”, progetto
promosso da Comune di Trieste e AcegasAps per sensibilizzare i cittadini a una
corretta differenziazione dei rifiuti e disincentivare l’abbandono di rifiuti
sul suolo pubblico. Il concorso si è svolto nei mesi di ottobre, novembre e
dicembre 2013, registrando la partecipazione di oltre 1.800 cittadini, che si
sono impegnati a differenziare correttamente e a consegnare nei quattro centri
di raccolta comunali i rifiuti non conferibili nei contenitori della raccolta
stradale, contribuendo attivamente a favorire una gestione sostenibile dei
rifiuti domestici e il mantenimento del decoro urbano. Nel mese di dicembre
hanno partecipato al concorso 752 triestini, portando ai centri di raccolta un
totale di 15.876 materiali destinati alle diverse filiere per il corretto
riciclo o smaltimento. Tra le tipologie di rifiuti conferibili, sono stati
raccolti, soprattutto: apparecchiature elettriche ed elettroniche in disuso e
piccoli elettrodomestici, i cosiddetti Raee (1872 pezzi); rifiuti ingombranti
come mobili, materassi e giochi grandi (1626 pezzi); calcinacci e inerti di
piccole demolizioni (1415 secchi); oggetti di metallo di grandi dimensioni, come
reti, scaffali, armadietti (1234 pezzi); tubi fluorescenti e altri rifiuti
contenenti mercurio (1225); oggetti in legno di grandi dimensioni (1112 pezzi);
920 bombolette spray e 737 litri di olio alimentare esausto. Anche questo mese i
100 cittadini più “ricicloni” riceveranno un premio scelto per promuovere stili
di vita più sostenibili, mentre tra tutti coloro che nel mese di dicembre hanno
totalizzato un punteggio complessivo di 50 punti, sarà estratto il fortunato
vincitore di uno Smart Box tour per visitare una delle capitali più smart
d’Europa a scelta tra Stoccolma, Amsterdam, Vienna, Parigi, Berlino e
Barcellona. Oltre ai premi previsti dal concorso, l’Amministrazione comunale di
Trieste, in base all’articolo 13 bis del Regolamento comunale sui rifiuti e sui
servizi, applicherà già da quest’anno una sostanziosa riduzione della Tares a
beneficio dei cittadini più virtuosi: saranno premiati i primi 500 cittadini
della graduatoria complessiva dei tre mesi di concorso, ottobre, novembre e
dicembre 2013. Ai primi 100 classificati andrà una riduzione della Tares di 150
euro ciascuno, a quelli dal 101 al 350esimo posto sarà attribuito uno sconto di
100 euro; infine dal 351 al 500esimo posto si otterrà una riduzione di 60 euro.
Naturalmente è necessario essere in regola con gli adempimenti d’iscrizione e di
pagamento della Tares.
Lo smog è in calo, riapre il centro storico
L’assessore Laureni: «Bilancio positivo, i triestini si sono dimostrati
disciplinati e responsabili»
Poche multe nel terzo e ultimo giorno del centro chiuso. Da oggi sarà
riaperto a tutte le macchine. Molti automobilisti che si sono spontaneamente
incanalati nelle direttrici ammesse, anche in assenza di transenne. Una diffusa
consapevolezza che il provvedimento era utile. Vigili urbani che hanno potuto
operare senza dover reprimere, se non nei rari casi di evidente infrazione.
Trieste ha superato con esito positivo il primo esperimento di “centro chiuso”
senza l’ausilio di barriere e indicatori. Nei pomeriggi da sabato a ieri
un’ampia zona del centro è stata off limits per il traffico privato e i
triestini, che da oggi potranno tornare liberamente a percorrere tutte le strade
della città, si sono dimostrati cittadini disciplinati. Ieri, con la riapertura
degli uffici, di numerosi negozi, delle scuole, con la ripresa dell’attività
d’inizio settimana, un aumento del traffico era inevitabile, ma la situazione è
rimasta sotto controllo per l’intera giornata. «Sono piuttosto soddisfatto – ha
detto l’assessore per l’Ambiente, Umberto Laureni – perché la risposta della
popolazione è stata adeguata alle attese. Da adesso fino a venerdì la
circolazione sarà nuovamente quella tradizionale, perché non c’è necessità di
prolungare il provvedimento restrittivo. Ma resta la sensazione che i triestini
abbiano capito la situazione e si siano comportati di conseguenza». In altre
parole, se bisognerà tornare a chiudere il centro, sindaco e giunta potranno
contare sulla collaborazione della città. Laureni ha spiegato che «le previsioni
della scorsa settimana, che parlavano di giornate di nebbia, le più favorevoli
per la formazione di smog, si sono rivelate esatte. Questo fattore ha confermato
che era opportuno chiudere – ha proseguito – e la maggior parte dei triestini
hanno capito che è stato giusto fare questa scelta». Dello stesso tenore anche
le dichiarazioni della vice sindaco, Fabiana Martini, titolare della delega per
la Polizia locale: «Avevamo annunciato da subito che non era interesse
dell’amministrazione fare cassa – ha ribadito ieri – cioè di sfruttare il
provvedimento di chiusura per veder fioccare multe, ma che intendevamo iniziare
un’opera di coinvolgimento dei triestini su un tema fondamentale come quello
della qualità dell’aria. Per questo motivo – ha continuato – non abbiamo
schierato pattuglie di vigili pronti a colpire chiunque commettesse
un’infrazione, ma abbiamo preferito adottare una linea morbida per arrivare a un
risultato di condivisione dell’urgenza e pensiamo di esserci riusciti». Da oggi
si torna alla normalità, ma con ogni probabilità il segnale lanciato dalla
giunta è stato colto e in Municipio si auspica che quelli che, per tre giorni,
sono stati comportamenti obbligatori, possano diventare, nel tempo, scelte
consapevoli e volontarie. «I triestini sono bravi – ha concluso Laureni – che si
tratti di rinunciare all’automobile, che sia necessario dedicarsi alla raccolta
differenziata o comunque adottare un comportamento virtuoso, sappiamo di poter
contare sulla loro collaborazione».
Ugo Salvini
Delfini e balene, come salvarli - CON IL WWF
“Delfini e balene in Alto Adriatico” alle 16 Via Giorgieri 1
Oggi si tiene il secondo dei tre appuntamenti con gli incontri divulgativi sulle
Specie Natura 2000 promossi da Wwf Miramare e ospitati all’università. Questa
volta l’attenzione sarà rivolta ai cetacei dell’Alto Adriatico, di cui
parleranno diversi ospiti, anche provenienti dalla Slovenia, il veterinario
dell’Azienda sanitaria e i biologi della riserva. Durante l’incontro si
descriverà lo stato delle conoscenze sulla presenza di cetacei in Alto
Adriatico, e si tratterà la gestione delle emergenze a seguito di spiaggiamento
di animali morti o in difficoltà. Il seminario è aperto a tutti, e nasce anche
per sensibilizzare la cittadinanza. Appuntamento dalle 16 alle 18 nell’aula
magna del Dipartimento di Chimica dell’università. Alcuni interventi saranno
tenuti in inglese. Ultima cosa, il titolo del seminario è “Delfini e balene in
Alto Adriatico: monitoraggio della specie e protocolli di intervento”.
SEGNALAZIONI - ARPA Centraline e dati
Con riferimento all’articolo comparso sul Piccolo il 10
gennaio scorso dal titolo “Dati dell’aria. Verifica impossibile. Le centraline
sono inutilizzabili”, relativamente alla validità del posizionamento delle
stazioni fisse di monitoraggio della qualità dell'aria poste sul territorio di
Trieste e conseguentemente all’utilizzo dei dati dalle stesse prodotti, si
comunica quanto di seguito. La questione nasce a seguito del cambiamento della
Normativa europea e nazionale (D. lgs. 155/2010) sulla qualità dell'aria, la
quale ha profondamente mutato la filosofia che sta alla base dei monitoraggi. I
dati analitici prodotti dalle stazioni, infatti, non debbono solo rispondere a
precisi e stringenti requisiti tecnici, che l'Agenzia ovviamente adotta, ma il
posizionamento delle stesse deve essere previsto al fine di fornire non solo
informazioni puntuali ma rappresentative di un contesto areale più ampio.
Pertanto, nelle more della riorganizzazione della rete regionale di riferimento
per la qualità dell’aria già da tempo in corso e nell’ottica della massima
trasparenza verso gli amministratori e la popolazione, nel sito dell’Agenzia è
stata inserita la precisazione secondo la quale i dati di alcune stazioni non
possono essere utilizzati per il previsto flusso informativo che prevede che i
dati prodotti dall’Agenzia vengano trasmessi alle competenti Direzioni
regionali, al Ministero dell’Ambiente e infine alla Commissione europea, così
come disposto dal D. lgs. 155/2010 precedentemente citato. In altre parole
alcune centraline per la qualità dell’aria, che pur forniscono dati
assolutamente corretti da un punto di vista tecnico, non risultano posizionate
per poter fornire la sufficiente rappresentatività territoriale, requisito
necessario, sulla base della vigente normativa, per poter essere trasmessi alla
Comunità Europea come rappresentativi dell'intera città di Trieste. A fugare
ogni possibile dubbio affermo altresì con decisione che le centraline di via
Battisti, piazza Libertà, via Tor Bandena, piazza Vico e Monte San Pantaleone
forniscono dati corretti relativamente alle vie/piazze nelle quali le stesse
sono posizionate. Conseguentemente tutti i dati raccolti da Arpa Fvg, anche
attraverso queste stazioni, vengono comunque sempre presi in considerazione
nelle valutazioni della qualità dell'aria della città di Trieste predisposte
dall’Agenzia, dopo le previste valutazioni e validazioni. Per quanto riguarda la
riorganizzazione della rete regionale di riferimento per la qualità dell’aria,
preme sottolineare come questa attività stia procedendo secondo il programma
stabilito così come riportato sul sito dell’Agenzia. Questo sito viene
periodicamente aggiornato sempre nell’ottica della maggior trasparenza
possibile. Va altresì precisato che il riposizionamento delle stazioni di misura
secondo i nuovi criteri indicati dal D. lgs. 155/2010 richiede la
predisposizione di diversi atti amministrativi, di competenza anche di altre
amministrazioni e questo fatto porta spesso ad allungare i tempi ben oltre
quello che è il nostro intento e desiderio. In ogni caso, a seguito della
riorganizzazione della rete di monitoraggio, a parità di qualità, la quantità
dei dati non sarà inferiore all'attuale, ma anzi, quando arriveremo a regime, le
informazioni complessivamente fornite agli Amministratori e alla popolazione
saranno maggiori e di più immediata e facile interpretazione.
Fulvio Daris direttore tecnico scientifico Arpa Friuli
Venezia Giulia
IL PICCOLO -
LUNEDI', 13 gennaio 2014
Via Rossetti, resta un miraggio il riuso “civile” della
caserma
Comune e Provincia dovrebbero comprarla dalla Difesa. De Francesco:
chiesto alla Regione l’interessamento per la cessione gratuita.
Cosolini: burocrazia lunghissima, è un bene della
comunità
La caserma Vittorio Emanuele III di via Rossetti resterà un bene del ministero
della Difesa per molto tempo ancora, anche se è stata messa sul mercato
nell’ambito del piano di dismissioni dei beni demaniali. E così pure i progetti
di Comune e Provincia, previsti in quella vasta area, dovranno aspettare anni
per diventare concreti. Perché il primo e fondamentale problema è di entrare in
possesso di quell’immobile. Il Ministero ha più volte annunciato che vuole
alleggerirsi del peso di caserme e immobili attraverso la vendita o la permuta a
privati e la cessione gratuita, ma solo agli enti del territorio. Quest’ultima
opzione è prevista, dal primo settembre dello scorso anno, nell’ambito del
Decreto del Fare che avrebbe dovuto dare un’accelerazione all’operazione. Il
punto dolente è proprio questo: il Decreto non si applica alle Regioni a statuto
speciale. Se Comune e Provincia intendono entrare in possesso della caserma
devono comprarla. Cosa impossibile da parte dei due enti, sempre con le casse
vuote o bloccate dal patto di stabilità. «La Regione con la Commissione
paritetica che ora dovrebbe funzionare - afferma l’assessore provinciale a
Bilancio e Finanze, Mariella Magistri De Francesco -, potrebbe chiedere al
ministero della Difesa la cessione a titolo gratuito, e poi cederla alla
Provincia o al Comune di Trieste. È una cosa fattibile, con ostacoli, ma sempre
possibile. Lo scorso settembre ho posto il problema all’assessore regionale
Maria Grazia Santoro. Sono in attesa di comunicazioni». La Provincia ha in
programma di portare, in un paio di palazzine della caserma, le succursali degli
licei Petrarca e Galilei. Progetti che per ora restano sulla carta. «Si tratta
di un iter lungo - sottolinea il sindaco Roberto Cosolini - e la Regione fa bene
a intervenire e a chiederne la cessione gratuita. Il Decreto del Fare ha
bloccato un nostro intervento, ma anche per una Regione normale non è automatico
avere gratis la caserma. Si dove passare attraverso l’Agenzia del Demanio che
non sempre concede quello che si chiede o che ci spetta. Come è già successo. Ma
faccio un’altra osservazione. Se anche la caserma di via Rossetti ci fosse
regalata, risolvere tutte le problematiche che presenta (è vecchia, e da
ristrutturare da bonificare) ci costerebbe 20-25 milioni. Non voglio dire che
non si possa fare, ma prima di averla in uso passerebbero molti anni». Il
sindaco Cosolini però ha un’altra “verità” che ribadisce ad alta voce: «La
caserma di via Rossetti è un bene pubblico, un bene della comunità, dello Stato.
E lo Stato siamo noi. Inutile che un ente lo debba avere da un altro ente con
forme burocratiche lunghissime e con tutti gli ostacoli che poi si trovano. È
assurda una trafila del genere. Io sono contro l’occupazione della caserma (ne
riferiamo nel box qui a lato, ndr), anche se è stata fatta in modo civile e
simbolico, ma il problema c’era e c’è, e riguarda appunto la fruizione di un
bene pubblico, un bene della comunità».
Ferdinando Viola
Le occupazioni dei centri sociali per organizzare
spettacoli
Il sindaco Roberto Cosolini parlando della caserma di via Rossetti - da anni
chiusa (le attività all’interno sono cessate il 31 marzo 2008) - si riferisce
alla occupazione effettuata più volte nei mesi di novembre e dicembre dal gruppo
Zlt (Zona liberata di Trieste). A promuovere l’iniziativa era stato un insieme
di persone vicine ai centri sociali. «Abbiamo occupato la caserma - la loro
giustificazione - perché diventi un hub di libertà ed entusiasmo anziché
l’ennesima speculazione e invitiamo da subito la città a esplorarla e
riappropiarsene: non è più tempo di disperazione». Il gruppo era entrato negli
spazi di via Rossetti una prima volta a novembre. Il 21 dicembre poi ha occupato
ancora per un sabato la caserma organizzandovi performance teatrali, di danza e
musica e un torneo di calcio nella vastissima area esterna.
NOMINA - Fareambiente, Cecco commissario
In attesa dell’assemblea regionale il presidente nazionale
di FareAmbiente Vincenzo Pepe ha nominato il coordinatore triestino Giorgio
Cecco «commissario straordinario» in Friuli Venezia Giulia. «Continueremo le
azioni di tutela del territorio con le sue peculiarità ed eccellenze - scrive
Cecco in un a nota - dove molte sono le problematiche da risolvere».
CIRCOLO “Miani”, sfratto dalla sede
Il Circolo Miani comunica che il 21 gennaio l’Ater darà
esecuzione allo «sfratto del Circolo dalla sede e dal magazzino che occupano dai
primissimi anni ’90» in via Valmaura. Il leader del Miani Maurizio Fogar scrive
che la sede è stata «punto di riferimento, strumento indispensabile di incontro,
aggregazione e riunione per migliaia di persone in questi anni».
IL PICCOLO -
DOMENICA, 12 gennaio 2014
Ferriera, pronto l’accordo tra ministeri e istituzioni
La Regione: «Garantite continuità produttiva e risanamento ambientale» La
Dichiarazione d’intenti firmata congiuntamente da Serracchiani e Monassi
A Servola saranno garantite continuità produttiva alla Ferriera e
sostenibilità ambientale. Lo sottolinea una nota della Regione in cui si
annuncia che l’Accordo si programma sarà firmato entro gennaio come prevede la
Dichiarazione d’intenti che reca una accanto all’altro oltre alle firme dei
ministeri interessati anche quelle della presidente della Regione Debora
Serracchiani e della presidente dell’Autorità portuale Marina Monassi il che
farebbe supporre che sia superata anche la questione del commissariamento
dell’area che aveva visto le due presidenti, supportate dai rispettivi
schieramenti politici, in contrapposizione. Nell’Accordo di programma
risulteranno finalmente più chiari tempi e contenuti, ma sarà finalmente messo
nero su bianco chi, come e con quali soldi procederà alla bonifica dell’area. «È
stata firmata nei giorni scorsi, al Ministero dello Sviluppo economico - ha
infatti reso noto ieri in un comunicato la Regione - una Dichiarazione d’Intenti
che indica le linee condivise e l’iter amministrativo e cronologico individuato
affinché alla Ferriera di Servola siano garantite continuità produttiva e
sostenibilità ambientale. La Dichiarazione d’Intenti - si specifica - è stata
sottoscritta per il Ministero dello Sviluppo economico dal sottosegretario
Claudio De Vincenti, per il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti dal
sottosegretario Rocco Girlanda, per il Ministero dell’Ambiente e della Tutela
del territorio e del mare dal ministro Andrea Orlando, per la Regione Friuli
Venezia Giulia dalla presidente Debora Serracchiani, per l’Autorità Portuale
dalla presidente Marina Monassi». Facendo riferimento all’incontro svoltosi il
18 dicembre al Ministero dello Sviluppo economico, cui avevano partecipato
amministrazioni pubbliche centrali competenti, la Regione e l’Autorità portuale
per fare il punto sulla Ferriera, la Dichiarazione ricorda che «l’incontro è
stata l’occasione per confermare la comune intenzione di procedere alla
definizione in tempi brevi dell’Accordo di programma, per il sostegno alle
iniziative di bonifica, messa in sicurezza e ripresa industriale del sito, anche
alla luce delle rilevanti novità introdotte dalla norma del decreto legge
Destinazione Italia, in corso di pubblicazione, di cui si vogliono cogliere
tutte le opportunità per declinare nel miglior modo possibile le soluzioni
individuate». «L’obiettivo comune – prosegue il documento - è quello di varare
un programma di interventi e misure che, attraverso procedure snelle e
semplificate, sia in grado di assicurare la continuità produttiva del sito
riconoscendo un orizzonte temporale di medio-lungo periodo, implementazioni di
processi industriali innovativi con aspettative stabili di occupazione. La
concessione demaniale sarà adeguata agli investimenti privati e alle attività
cui saranno destinati, ai sensi di legge. Il risanamento ambientale costituirà
l’elemento qualificante dell’intervento e restituirà l’area bonificata
all’Autorità portuale, agli enti locali, agli imprenditori e ai possibili
investitori, ai lavoratori e ai cittadini». Nella Dichiarazione si precisa che
«la firma dell’Accordo di programma è prevista per la fine di gennaio; il testo
darà atto della strategia relativa al rilancio complessivo dell’area, degli
interventi attuativi, delle misure di accompagnamento, delle risorse disponibili
e delle procedure amministrative semplificate da applicare, dei soggetti
competenti e responsabili – è la conclusione - per ciascun intervento e
procedura». I suoi contenuti potrebbero già essere svelati mercoledì
nell’incontro previsto con i sindacati alla Regione. La nota di ieri, mentre
gran parte dei dipendenti stanno per essere messi in cassa integrazione per
lavori sull’altoforno, porta una punta di ottimismo anche se il ruolo
fondamentale spetta ora al Gruppo Arvedi.
Silvio Maranzana
«Diffamò Gas Natural», Parovel rinviato a giudizio
Rinviato a giudizio, per diffamazione a mezzo stampa nei confronti del
vertice di Gas Natural. Cioè la società spagnola che, tramite la sua controllata
Gas Natural Rigassificazione Italia, avrebbe voluto realizzare un
rigassificatore nella baia di Zaule, nella provincia di Trieste, opzione infine
bocciata anche dal governo italiano oltre che - già da tempo ormai e a più
riprese - dagli enti locali. Il gup Luigi Dainotti ha disposto in sede di
udienza preliminare il rinvio a giudizio del giornalista Paolo Parovel, accusato
di avere offeso la reputazione di Javier Hernandez Sinde, legale rappresentante
appunto di Gas Natural, in un articolo a sua firma pubblicato sul periodico “La
Voce di Trieste” il 27 ottobre del 2012. L’accusa a carico di Parovel è nello
specifico - secondo il pubblico ministero Federico Frezza, titolare del
fascicolo - di aver ipotizzato, nell’articolo in questione, la sussistenza di
fatti corruttivi riferendosi proprio alla questione della realizzazione
dell’impianto gnl da parte di Gas Natural nella provincia triestina. Questi i
passaggi del testo per cui il direttore responsabile de “La Voce di Trieste” si
trova ora imputato per diffamazione a mezzo stampa: «è legittimo supporre -
aveva scritto Parovel nell’articolo uscito il 27 ottobre del 2012 - che
l’investimento e l’attesa possa essere in realtà sostenuta da garanzie non
palesi di potentati politici od economici locali. E quest’ulteriore ipotesi di
corruzioni può essere smentita solo da indagini accurate delle autorità
centrali». All’udienza preliminare al Tribunale di Trieste, Paolo Parovel non si
è presentato (assente anche l’avvocato difensore d’ufficio Massimiliano
Marchetti). Il giudice Dainotti, nel disporre il rinvio a giudizio del
giornalista e direttore de “La Voce di Trieste”, ha anche fissato la data della
prima udienza del processo al prossimo 7 aprile.
(m.u.)
Circoscrizione -Cementificazione a Scala Santa
Domani alle 20 alla III Circoscrizione di salita di Gretta (VillaPrinz),
saranno esaminati due progetti della ditta Gia: vuole costruire sei edifici sul
versante di scala Santa e ricostruire quello al civico 4, già demolito. Il
Comitato del rio Martesin sarà presente e illustrerà alla Commissione
urbanistica e agli altri consiglieri i motivi per cui i residenti chiedono venga
dato un parere negativo.
AGRICOLTURA - Debora incalza il governo sugli Ogm
«Il Fvg è la prima regione a trovarsi sotto l'attacco
degli Ogm: chiediamo quindi al governo di fare la sua parte e di colmare le
lacune attualmente presenti nella normativa nazionale, introducendo apposite
norme sanzionatorie che impediscano effettivamente le coltivazioni bio tech». È
il monito lanciato dalla presidente Fvg Debora Serracchiani, che ha chiesto di
essere convocata a Roma da governo e commissioni parlamentari competenti per
«sgombrare il campo da qualunque dubbio in merito alle azioni assunte sulla
questione dall'amministrazione regionale».
E' L’ANNO DEI TURSIOPI, MA COSA SAPPIAMO DEI DELFINI? -
Martedì conferenza del Wwf per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla tutela
di questi animali
I delfini sono sempre più di casa nel golfo di Trieste. Se fino a oggi si
registrava un massimo di quattro, dieci avvistamenti l’anno, negli ultimi due
sono raddoppiati (22 nel 2012 e 21 nel 2013). È quanto emerge dai dati raccolti
dall’Area marina protetta di Miramare durante le uscite di censimento e grazie
alle segnalazioni. Dal ’90 esiste infatti una registrazione degli avvistamenti
di cetacei in golfo, frutto sia di osservazioni dei biologi che di segnalazioni
alle Capitanerie di porto di Trieste e Monfalcone da parte di diportisti,
pescatori o bagnanti. Per sensibilizzare la cittadinanza e illustrare le
conoscenze sulla presenza di cetacei in Alto Adriatico, le azioni di
monitoraggio e le emergenze per spiaggiamento di animali morti o in difficoltà è
stato indetto un seminario aperto a tutti in programma martedì dalle 16 alle 18
nell’aula magna del Dipartimento di Chimica dell’università. All’incontro,
organizzato dal Wwf di Miramare, interverranno biologi della Riserva e
dell’associazione slovena Morigenos, che da oltre 10 anni si occupa dello studio
dei cetacei nelle acque slovene e veterinari dell’Ass 1 Triestina. «Il 2013 –
spiega la biologa marina della Riserva di Miramare, Milena Tempesta - sembra
essere stato l’anno dei tursiopi (tutte le segnalazioni erano relative a
esemplari di questa specie), il 2012 delle stenelle e il 2011 quello dei delfini
comuni. All’interno del gruppo dei delfini esistono infatti specie diverse: la
più comune è il tursiope che è anche il più tozzo, quello di maggiori dimensioni
e nell'immaginario collettivo si associa a “Flipper”. Si tratta della specie più
costiera e per questo è più facile vederlo. Poi ci sono le stenelle, più piccole
e distinte da una fiamma bianca che parte dall’occhio e prosegue lungo tutto il
fianco. Infine il delfino comune che, a dispetto del nome, non lo è affatto: non
si vedeva da più di vent’anni e si caratterizza per la colorazione a clessidra
sul fianco che dal giallo senape vira verso il grigio. Ma a frequentare il golfo
sono anche balenotteri, nel 2011, megattere (una rarità) nel 2009 e balene. Gli
avvistamenti certi, cioè corredati da fotografie, sono stati 116 che
corrispondono a circa 418 individui di varie specie. L’invito in caso di
avvistamento è a telefonare alla Capitaneria di porto di Trieste ( 040-676611 )
o al Wwf di Miramare ( 040-224147 ). Per ulteriori informazioni,
www.riservamarinamiramare.it.
Gianfranco Terzoli
IL PICCOLO -
SABATO, 11 gennaio 2014
Smog, il centro resta chiuso per 3 giorni al pomeriggio
-
L'area coinvolta
Da oggi a lunedì ma solo dalle 15 alle 20: ieri il sindaco ha dovuto
firmare l’ordinanza dopo aver esaminato gli ultimi dati dell’Arpa
Potranno circolare liberamente tutte le auto immatricolate dopo il 2006 - Le
condizioni meteo non hanno lasciato scampo. Il perimetro va da Roiano a Valmaura
Più dei saldi ha potuto lo smog. Altro che parcheggi gratuiti, oggi il
centro di Trieste chiude al traffico a causa a dell’inquinamento da polveri
sottili. Le previsioni meteo non hanno lasciato scampo. E così è scattato il
nuovo Piano di azione comunale (Pac). Un provvedimento preventivo. «In
applicazione del Piano di Azione del Comune di Trieste (Pac), adottato lo scorso
11 febbraio 2013 per far fronte a situazioni acute di inquinamento urbano -
informa l’amministrazione comunale - si comunica che, con apposita ordinanza del
sindaco Cosolini, nelle giornate di sabato 11, domenica 12 e lunedì 13 gennaio,
dalle 15 alle 20, si procederà al blocco del traffico nel centro cittadino e
alla richiesta di ridurre il riscaldamento degli edifici. Secondo le previsioni
dell’Arpa nella giornata di martedì 14 gennaio, la situazione dovrebbe tornare
alla normalità». Decide il meteo. Quindi da oggi a lunedì si sperimenterà il Pac
presentato alla stampa proprio giovedì scorso. «È importante trasmettere un
messaggio di autotutela e di collaborazione ai cittadini, considerate alcune
situazioni di superamento dei valori limite dell’inquinamento atmosferico
riscontrate dal periodo natalizio ad oggi» aveva dichiarato nell’occasione
l’assessore all’Ambiente Umberto Laureni. Detto, fatto. Il Pac va in scena per
tre giorni. Un debutto atteso da quasi un anno (il Pac risale al 13 febbraio
scorso). Il divieto di circolazione riguarda «gli autoveicoli alimentati a
benzina o a gasolio con caratteristiche emissive antecedente dalla classe Euro,
nonchè dei motoveicoli e dei ciclomotori con caratteristiche emissive
antecedenti alla classe Euro 3». Le auto e le moto immatricolati dopo il 2006
possono quindi circolare liberamente come anche i veicoli che utilizzano come
carburante metano o gpl. L’area di divieto va da Largo Roiano a via Valmaura. Le
vie che compongono il perimetro rimangono liberamente percorribili, come restano
percorribili le strade di accesso ad alcuni parcheggi (S. Andrea, Ferdinandeo,
Palasport di Chiarbola, Foro Ulpiano). Le sanzioni per i trasgressioni sono
abbastanza salate: si va dai 163 ai 658 euro e, nel caso di reiterazione della
violazione nel biennio successivo, anche alla sospensione della patente di guida
da 15 a 30 giorni. L’ordinanza contiene anche un’altra serie di raccomandazione
non legate al traffico. Si raccomanda, per esempio, «di non usare nel
riscaldamento domestico la legna. La “prima” del Pac antinquinamento ha tolto di
mezzo la sperimentazione annunciata dei parcheggi gratis per lo shopping dei
saldi. «Lo faremo sabato prossimo (18 gennaio) e quello successivo (25 gennaio)»
rilancia il sindaco Roberto Cosolini . E se funziona parcheggi gratis pure il
primo febbraio. Lo smog piombato su questo sabato potrebbe essere addirittura
provvidenziale. «Così abbiamo il tempo - continua Cosolini - di promuovere
adeguatamente l’iniziativa. Magari aggiungendo qualche altro incentivo oltre ai
parcheggi gratis». La proposta, avanzata da tre liste civiche (Un’Altra Trieste,
Trieste Cambia e Cittadini per Trieste), non resterà lettera morta. I prossimi
sabati dei saldi sperimenteranno l’effetto dei parcheggi gratuiti. Smog
permettendo, ovviamente.
di Fabio Dorigo
Passaggi in auto a pagamento, è boom
Trieste è una delle città del Nord dove viene più utilizzato il car
pooling per i trasferimenti
Trieste è tra province del nord Italia che più utilizzano carpooling e
carsharing, l'offerta di passaggi in auto, da parte di privati. Risulta anche
tra le città dove il servizio è in costante crescita, secondo i dati di alcuni
tra i principali siti dedicati, che segnalano picchi di utilizzo nel periodo
estivo e durante le ultime vacanze di Natale. Un modo rapido ed economico di
viaggiare, dividendo le spese, che piace soprattutto i giovani. «Trieste è
un'importante tappa anche per i viaggi oltre frontiera – spiegano da Blablacar,
uno dei portali più frequentati – la partecipazione dei triestini sul nostro
sito è aumentata esponenzialmente negli ultimi mesi, si nota un maggior
interesse generale in chi cerca o offre passaggi in auto. Trieste in particolare
risulta tra le prime 20 province più attive di tutto il nord Italia. Un successo
confermato dai numeri. In generale – aggiungono - in occasione delle vacanze di
Natale, da rilevare 250.000 posti in auto offerti sul nostro sito (+300%
rispetto ai 60mila del 2012) in tutto il Paese. Il risparmio consentito dal ride
sharing rispetto al costo di aerei e treni raggiunge circa il 75%, specialmente
per gli spostamenti last minute. Condividere i posti liberi nella propria auto
rappresenta un notevole vantaggio anche per i conducenti». «Sulla nostra
piattaforma, RoadSharing, Trieste è piuttosto attiva come città di partenza e
arrivo, sia come spostamenti occasionali sia sul fronte dei passaggi utilizzati
dai pendolari, spiega il team del sito web». I siti prevedono tutti un sistema
attento di iscrizioni da parte degli utenti, secondo un metodo collaudato.
Positivi i giudizi di molti triestini che hanno diviso la propria auto con altre
persone o che hanno cercato un passaggio per raggiungere un'altra città o
rientrare a Trieste. «Ho usato blablacar, mi sono registrata sul sito, ho
cercato la tratta che dovevo fare, ho contattato l'utente che mi ha subito
risposto – racconta Nisida - era un giovane studente che tornava a casa nel
weekend. Puntuale e simpatico. Sono rimasta soddisfatta dell'esperienza». «Ho
provato blablacar un paio di volte – commenta Serena - sempre con lo stesso
autista, visto che abita nella mia zona. Viaggio piacevole e molto conveniente
rispetto al treno». «Tempo fa per lavoro dovevo percorrere in auto la tratta
Roma-Milano - racconta il triestino Andrea - ho inserito i dati su Roadsharin.
In quei giorni c'era la Fiera del Mobile, due ragazze che studiavano design mi
hanno contattato e abbiamo fatto insieme sia l'andata che il ritorno. Abbiamo
diviso le spese in tre, in aggiunta a tante risate».
Micol Brusaferro
SEGNALAZIONI - Trasporti - E la metropolitana leggera?
L’iniziativa dell’auto condivisa (meglio conosciuta come
car pooling) proposta dalla Sissa per ricercatori e dottorandi, che
quotidianamente devono raggiungere la sede di via Bonomea, è certamente
meritoria e lodevole. Si tratta di sopperire a una necessità pratica che
potrebbe essere assolta dalla linea 38 solamente con un massiccio incremento
delle corse, oggi non prevedibile per la nota impossibilità da parte di Trieste
Trasporti di sforare il monte chilometrico annuo finanziato dalla Regione; allo
stesso tempo, i quattro o cinque studiosi che utilizzano in comune una sola auto
danno un concreto contributo al risparmio energetico e all’abbattimento dei
livelli di inquinamento atmosferico in ambito urbano. Del resto erano apparse
subito evidenti, all’atto dell’installazione del centro di ricerca nella nuova
sede, le difficoltà del collegamento da e per il centro cittadino, sia in
condizioni normali di lavoro che, a maggior ragione, in occasione di conferenze
e convegni. Torna pertanto d’attualità quella serie di interventi di
riqualificazione e ammodernamento delle infrastrutture attualmente
sottoutilizzate (se non addirittura abbandonate) che costituiscono il nodo
ferroviario triestino e che mediaticamente vengono definite con il termine
“metropolitana leggera”; la sede della Sissa è infatti lambita dal tracciato
della ferrovia che da Campo Marzio raggiunge Opicina (il primo tratto dell’ex
Transalpina che cent’anni fa collegava Trieste con Vienna): con l’istituzione di
una semplice fermata, consistente principalmente nella costruzione di un
marciapiede e di una pensilina, si potrebbe effettuare il collegamento
Sissa-Campo Marzio e viceversa in una manciata di minuti. Sarebbe un risultato
certamente positivo per la città che permetterebbe di operare un primo salto di
qualità nel settore del trasporto passeggeri basato sull’integrazione
strada-rotaia nel quadro del concetto di mobilità sostenibile.
Mario Ravalico Consigliere comunale Pd Presidente VI
comissione consil.
Mini-rigassificatore, l’interesse di Wärtsilä - IL
PROGETTO DEL LISERT
L’azienda di Bagnoli potrebbe costruirlo, gestirlo e utilizzare il gas
per i test
il progetto del mini-rigassificatore al Lisert che vede in campo una dozzina
di aziende (tra queste realtà come Burgo, Sangalli, Fantoni, Abs, Trametal,
Bipam e altre per un totale di oltre 12mila dipendenti) in cordata con capofila
la Sbe di Alessandro Vescovini interessa la Wärtsilä che oltre a costruire
l’impianto potrebbe occuparsi della realizzazione a Monfalcone, della
manutenzione ed eventualmente diventare utilizzatore del gas stesso per i test
sui nuovi motori. «Si tratta di una filiera interessante - conferma lo stesso
Sergio Razeto, numero uno di Wärtsilä Italia e componente del board del Gruppo -
e la possibilità di realizzare l’impianto e poi occuparci della manutenzione
porterebbe ricadute positive anche per Trieste». Un messaggio positivo che
giunge in un momento di difficoltà dell’azienda che vede in cassintegrazione le
maestranze. E Razeto insiste sulla “combinazione positiva” della notizia della
cordata di aziende interessate a fare un mini rigassificatore (l’impianto è
dieci volte più piccolo di quello che era previsto a Zaule) a poca distanza
dall’annuncio della Wärtsilä dell’entrata nel mercato della rigassificazione
dopo l’acquisizione di una società inglese (Hamworthy) che realizza questi
impianti, di dimensioni medio-piccole. «Siamo i primi al mondo nella produzione
di propulsori a gas e ora abbiamo anche le tecnologie per realizzare e
sviluppare attività di rigassificazione - aggiunge Razeto - siamo disponibili a
partecipare al progetto visto che è dimostrato che il gas è destinato a
diventare il propellente e il combustibile del futuro». L’acquisto della società
che produce impianti di rigassificazione e liquefazione di gas naturale da parte
di Wärtsilä è avvenuta proprio pochi giorni dell’uscita della notizia del
mini-rigassificatore e ha aperto inoltre grandi prospettive di “collaborazione”
tra aziende che operano nella stessa area. «Una grande opportunità di fare
sistema tra aziende - conferma Marco Golinelli, vicepresidente della divisione
Power Plant di Wärtsila - perchè questa opportunità capita sotto casa. Noi siamo
entrati nel mercato degli impianti di rigassificazione di taglia medio-piccola
per la generazione di energia e per la propulsione, siamo in grado di realizzare
queste centrali e potremmo impegnarci direttamente nella costruzione e
manutenzione». In ballo per Wärtsilä anche la possibilità di avere una fornitura
di gas a prezzo concorrenziale, proprio in casa, per i test di tutti i motori
che il gruppo sta sviluppando per le navi.
Serracchiani commissario per l’area della Ferriera
La norma nel Decreto “Destinazione Italia”. Rosato: ricompresa l’intera
zona, anche la banchina. Savino: restano i poteri dell’Authority. Prodani: da
chiarire
L’area della Ferriera destinata alla riconversione conquista definitivamente
un commissario. Nella persona di Debora Serracchiani. Sarà il presidente del
Consiglio dei ministri a nominare con decreto «il presidente della Regione
commissario straordinario» in carica «senza diritto ad alcun compenso» per un
anno prorogabile, che «dalla data di sottoscrizione dell’accordo di programma
quadro» assicurerà «la realizzazione degli interventi urgenti». Questo si legge
all’articolo 4 («Misure volte a favorire la realizzazione delle bonifiche dei
siti di interesse nazionale e misure particolari per l'area di crisi complessa
del porto di Trieste») del decreto legge 145 “Destinazione Italia”, pubblicato
sulla Gazzetta ufficiale del 23 dicembre scorso. È la versione definitiva di un
testo più volte modificato nei mesi scorsi, specchio del duello Regione-Autorità
portuale. Una prima bozza recitava che «il commissario si avvale dell’Autorità
portuale e del Comune di Trieste quali soggetti attuatori». Una “presa di
potere” del centrosinistra, secondo i detrattori, su una parte del porto, cioè
la banchina della Ferriera strategica nei piani di Arvedi e comunque nel puzzle
da comporre per il futuro dello stabilimento. Di lì a qualche settimana - dopo
il pressing del ministro alle infrastrutture pidiellino, ora del Ncd, Maurizio
Lupi - nuova bozza e poteri dimezzati per Serracchiani a favore della Torre del
Lloyd di Marina Monassi, giacché «sulle aree demaniali marittime - diceva quella
versione - ricomprese nella circoscrizione dell’Autorità portuale restano
impregiudicate le attribuzioni e le competenze della stessa» Autorità
individuate dalla legge 84 sui porti. Serracchiani a metà dicembre è volata a
Roma per congelare questa prospettiva: da un incontro con Lupi e con il ministro
allo Sviluppo economico Flavio Zanonato è tornata con un ordine cronologico che
allinea chiaramente i passaggi da attuare e con un testo che è proprio quello
apparso in Gazzetta ufficiale. In cui non si fa riferimento a un commissario che
«si avvale» dell’Authority, ma si precisa che «sulle aree demaniali marittime,
non ricomprese nell’accordo di programma quadro, nella circoscrizione
dell’Autorità portuale restano impregiudicate le attribuzioni e competenze della
stessa» Authority. Che queste frasi siano il frutto di mediazione non c’è
dubbio. «Il testo è equilibrato e ha trovato assolutamente corrisposte le
esigenze della Regione», commenta il deputato del Pd Ettore Rosato. Che
aggiunge: «Non è certo una mia interpretazione bensì la semplice lettura della
norma: Serracchiani è commissario straordinario della zona da riconvertire
banchina compresa, giacché parliamo dell’area dello stabilimento in cui
rientrano anche quelle date in concessione dall’Authority». In previsione del
passaggio del decreto in commissione alla Camera verso la conversione in legge,
da Forza Italia la deputata Sandra Savino - che già aveva criticato il
commissariamento “pieno” - prova comunque a dare una lettura diversa: «Mi
risulta non si possano prevaricare le competenze statali, il potere
dell’Authority resta. Devo comunque ancora leggere il testo in modo
approfondito». Da M5S, il parlamentare Aris Prodani osserva invece come «lo
stesso Servizio studi della Camera annota come la norma non indica chiaramente
quale sia l’accordo di programma cui si fa riferimento: se si parla di bonifiche
l’oggetto sarebbe il Sito inquinato nel quale rientra tutta l’area della
Ferriera», ma l’accordo di programma - ricorda il deputato - non ha ancora una
perimetrazione precisa, «o meglio non se ne sa nulla. La stessa area di crisi
complessa non è definita, essendo stata agganciata in corsa a Piombino,
all’ultimo minuto, nel programma nazionale. È urgente dunque fare chiarezza
rendendo noto l’accordo così da sciogliere qualsiasi ambiguità». Ambiguità che -
ribadisce Rosato - il testo di legge esclude.
(p.b.)
Servola, “cassa” quasi al buio per trecento - Conclusi
a fine marzo i lavori dell’altoforno, la vendita ad Arvedi non sarà ancora
completata
IL BANDO DI GARA Vi sta lavorando il commissario della Lucchini Nardi
(foto). Solo un acquirente sbloccherà i milioni del Gse per la chiusura del Cip6
sindacati ottimisti Rodà - Uilm (foto): non si ristruttura l’altoforno per poi
chiuderlo. Prella (Failms): è la cokeria che non va mai spenta e così è
Trecento persone in cassa integrazione per due mesi e poi comunque un buco
nero temporale. Anche se alla fine si arriverà all’acquisto da parte di Arvedi
si apre per la Ferriera una fase ancora più incerta delle precedenti, ammesso
che questo sia possibile. Il “no comment” ribadito anche ieri dal Gruppo di
Cremona fa crescere la preoccupazione, già arrivata a livelli piuttosto elevati
giovedì dopo che le rappresentanze sindacali unitarie hanno appreso che il
commissario straordinario della Lucchini Piero Nardi sta appena preparando il
bando di gara per arrivare alla vendita dello stabilimento di Servola, mentre
già il primo febbraio dovrebbero partire i lavori di adeguamento della bocca
dell’altoforno con la conseguente messa in cassa integrazione da quel giorno e
fino al 31 marzo di tutti i lavoratori dell’area a caldo esclusa la cokeria e di
altri ancora per un numero complessivo di circa 300 su un totale di 485. A fine
marzo i lavori saranno finiti, ma il nuovo proprietario non ci sarà ancora, anzi
saranno ancora aperti i termini del bando. Cosa succederà? «È quanto esigiamo di
sapere mercoledì prossimo al tavolo che abbiamo ottenuto e che è stato convocato
dalla presidente Debora Serracchiani», afferma Antonio Rodà, segretario
provinciale Uilm. Pare escluso che sarà la stessa Lucchini poi a riattivarlo,
eppure da fonte sindacale si tendono a sottolineare anche due aspetti positivi.
«È evidente che sull’altoforno fosse destinato a rimanere spento non si
farebbero i lavori - continua Rodà - e tantomeno li farebbe la Lucchini.» «Un
altoforno si riattiva facilmente - aggiunge Cristian Prella, rsu del sindacato
autonomo Failms - è la cokeria che una volta spenta è finita. Non per nulla si è
deciso di tenerla accesa e di mantenere al lavoro i suoi addetti». Sono
disponibili i milioni, tanti ma mai quantificati ufficialmente, del Gestore dei
servizi energetici in virtù della risoluzione anticipata della convenzione Cip6.
Soldi che vanno alla centrale Elettra, che però è debitrice nei confronti della
Ferriera alla quale dunque li girerà perlomeno parzialmente. Sono soldi
disponibili se c’è un acquirente: da qui forse l’esigenza di rendere tuitta la
procedura completamente trasparente attraverso il bando di gara per giungere
finalmente alla cessione ad Arvedi, compresa forse la stessa centrale elettrica,
dal momento che altre manifestazioni di interesse non esistono».
Silvio Maranzana
Ambientalisti - Chiesta la moratoria per le colture Ogm
Associazioni ambientaliste e di produttori biologici in
pressing su governo e Regione per ottenere nel 2014 «una moratoria delle semine
e delle coltivazioni di mais Ogm». L’iniziativa è stata annunciata da Aiab,
Aprobio, Isde, Wwf e Legambiente, in occasione delle consultazioni sul
regolamento per la coesistenza tra colture Ogm e convenzionali.
Incontro Wwf Delfini e balene nell’Adriatico
Delfini e balene dell’Alto Adriatico: monitoraggio delle specie e protocolli
di intervento. Martedì prossimo, 14 gennaio, si terrà il secondo di tre
appuntamenti con gli incontri divulgativi sulle Specie Natura 2000 promossi da
Wwf Amp Miramare e ospitati all'Università di Trieste. Questa volta l’attenzione
sarà rivolta ai cetacei dell’Alto Adriatico, di cui parleranno diversi ospiti,
anche provenienti dalla Slovenia, il veterinario dell’Azienda Sanitaria, oltre
che i biologi della riserva. Durante l’incontro si descriveranno lo stato delle
conoscenze sulla presenza di cetacei in Alto Adriatico e le azioni sinergiche di
monitoraggio dei cetacei in Golfo di Trieste tra l’Area Marina Protetta di
Miramare e l’associazione slovena Morigenos. Infine si tratterà la gestione
delle emergenze a seguito di spiaggiamento di animali morti o in difficoltà. Tra
gli interventi quello di Paolo Zucca sulla “Gestione delle emergenze in caso di
spiaggiamenti di cetacei vivi o morti”. L’ultimo incontro, previsto per l’inizio
di febbraio, tratterà invece degli uccelli marini dell’Alto Adriatico e delle
tecniche di monitoraggio, il programma sarà disponibile a breve.
L'Ue esamina gli effetti del rigassificatore di Porto Viro (Rovigo)
sull'ecosistema marino
| Comunicato
del 10 Gennaio 2014 |
Il Commissario Ue
all'Ambiente chiede informazioni all'eurodeputato Andrea Zanoni
sui presunti effetti del rigassificatore a cielo aperto
sull'ecosistema marino dell'Adriatico e le eventuali connessioni
con la moria di delfini e tartarughe. Zanoni: “Fornirò alla
Commissione il documento del WWF e dell'ARPA Emilia Romagna.
Bisogna fare piena luce sui reali effetti sull'ambiente di
questi rigassificatori”
“La Commissione esaminerà con
interesse eventuali informazioni che l’onorevole parlamentare le
farà pervenire” sugli effetti dei rigassificatori “a ciclo
aperto” sull’ecosistema marino. E' la risposta del Commissario
UE all'Ambiente Janez Potočnik all'interrogazione di Andrea
Zanoni, eurodeputato PD e membro della commissione ENVI
Ambiente, Sanità Pubblica e Sicurezza Alimentare al Parlamento
europeo, sugli effetti del rigassificatore a ciclo aperto di
Porto Viro, a 70 km da Ravenna, sull'ecosistema marino e le
eventuali connessioni con l'anomala moria di delfini e
tartarughe.
“Al momento la Commissione non
ha elementi che dimostrino un rapporto di causa-effetto tra
l’attività dell’impianto e la diminuzione degli stock ittici e/o
la moria di delfini e tartarughe”, fa sapere il Commissario Ue a
Zanoni, e questo perché “la Commissione non è a conoscenza di
studi specifici a livello Ue o internazionale sugli effetti dei
rigassificatori a ciclo aperto sull’ecosistema marino”.
“Sarà mia premura inviare
personalmente alla Commissione europea il documento di
approfondimento WWF “L’utilizzo di acqua di mare negli impianti
di rigassificazione del GNL” - afferma l'eurodeputato – Visto
che secondo questo documento l'immissione in mare dell'acqua
utilizzata dalla struttura a temperature inferiori, con una
maggiore presenza di cloro-derivati e sostanzialmente sterile,
ovvero priva del suo contenuto di larve, gameti e sostanze
nutritive, incapace di rendere all’ambiente i servizi
ecosistemici, nonché il suo rimescolamento a grande velocità e
forte pressione e le ingenti schiume così prodotte in mare,
sembrerebbero interferire con l’ecosistema marino, in
particolare con la fauna ittica, alterando il già precario
equilibrio della zona del mar Adriatico interessata, aspetti
rilevati dalle amministrazioni locali e confermati dall'Agenzia
regionale per la Prevenzione e l’Ambiente (ARPA) Emilia
Romagna”.
“La Commissione europea si è
dimostrata aperta ad affrontare una questione sulla quale non
esistono al momento studi specifici. Per questo è fondamentale
fare luce su cosa può veramente comportare per l'ambiente
l'attività di questi rigassificatori. Non possiamo permettere
che il già precario equilibrio marino dell'Adriatico subisca
un'altra spallata”, conclude Zanoni.
NOTE
Sotto accusa il rigassificatore
offshore “a ciclo aperto” nel comune di Porto Viro (Rovigo),
nelle immediate vicinanze del delta del Po, che dal 2008
riconduce il metano liquefatto allo stato gassoso utilizzando il
sistema del recupero di calore dall’acqua di mare per
sottrazione. A fine luglio scorso il problema era stato
sollevato già dall’assessore regionale all’Agricoltura e alla
Pesca dell'Emilia Romagna, Tiberio Rabboni, che in una lettera
inviata al ministro dell’Ambiente, Andrea Orlando aveva chiesto
di risolvere rapidamente i problemi legati al rigassificatore
off-shore di Porto Viro, per garantire la tutela dell’ecosistema
marino, della fauna ittica e in particolare dell’importante
attività di molluschicoltura della zona.
Il 27 dicembre Zanoni ha
presentato un'altra interrogazione alla Commissione europea per
denunciare l'ecatombe di tartarughe marine lungo le coste
italiane del mar Adriatico. Secondo Sauro Pari, Presidente della
Fondazione Cetacea Onlus di Riccione (RN), negli ultimi anni
nella zona si sono verificati almeno due momenti di anomalo
incremento della mortalità delle tartarughe e, recentemente, dei
delfini. Tra le cause possibili, certe reti utilizzate nella
pesca, lo sversamento di agenti antibiotici nelle acque e la
ricerca subacquea di idrocarburi.
Ufficio Stampa Eurodeputato
Andrea Zanoni
- See more at: http://www.andreazanoni.it/it/news/comunicati-stampa/l-ue-esamina-gli-effetti-del-rigassificatore-di-porto-viro-%28rovigo%29-sull-ecosistema-marino.html%20#sthash.pAirnEFY.dpuf
COMUNICATO STAMPA -
VENERDI', 10 gennaio 2014
L'Ue esamina gli effetti del rigassificatore di
Porto Viro (Rovigo) sull'ecosistema marino
|
Comunicato del 10 Gennaio 2014 |
Il
Commissario Ue all'Ambiente chiede informazioni all'eurodeputato
Andrea Zanoni sui presunti effetti del rigassificatore a cielo
aperto sull'ecosistema marino dell'Adriatico e le eventuali
connessioni con la moria di delfini e tartarughe. Zanoni:
“Fornirò alla Commissione il documento del WWF e dell'ARPA
Emilia Romagna. Bisogna fare piena luce sui reali effetti
sull'ambiente di questi rigassificatori”
“La
Commissione esaminerà con interesse eventuali informazioni che
l’onorevole parlamentare le farà pervenire” sugli effetti dei
rigassificatori “a ciclo aperto” sull’ecosistema marino. E' la
risposta del Commissario UE all'Ambiente Janez Potočnik
all'interrogazione di Andrea Zanoni, eurodeputato PD e membro
della commissione ENVI Ambiente, Sanità Pubblica e Sicurezza
Alimentare al Parlamento europeo, sugli effetti del
rigassificatore a ciclo aperto di Porto Viro, a 70 km da
Ravenna, sull'ecosistema marino e le eventuali connessioni con
l'anomala moria di delfini e tartarughe.
“Al
momento la Commissione non ha elementi che dimostrino un
rapporto di causa-effetto tra l’attività dell’impianto e la
diminuzione degli stock ittici e/o la moria di delfini e
tartarughe”, fa sapere il Commissario Ue a Zanoni, e questo
perché “la Commissione non è a conoscenza di studi specifici a
livello Ue o internazionale sugli effetti dei rigassificatori a
ciclo aperto sull’ecosistema marino”.
“Sarà
mia premura inviare personalmente alla Commissione europea il
documento di approfondimento WWF “L’utilizzo di acqua di mare
negli impianti di rigassificazione del GNL” - afferma
l'eurodeputato – Visto che secondo questo documento l'immissione
in mare dell'acqua utilizzata dalla struttura a temperature
inferiori, con una maggiore presenza di cloro-derivati e
sostanzialmente sterile, ovvero priva del suo contenuto di
larve, gameti e sostanze nutritive, incapace di rendere
all’ambiente i servizi ecosistemici, nonché il suo
rimescolamento a grande velocità e forte pressione e le ingenti
schiume così prodotte in mare, sembrerebbero interferire con
l’ecosistema marino, in particolare con la fauna ittica,
alterando il già precario equilibrio della zona del mar
Adriatico interessata, aspetti rilevati dalle amministrazioni
locali e confermati dall'Agenzia regionale per la Prevenzione e
l’Ambiente (ARPA) Emilia Romagna”.
“La
Commissione europea si è dimostrata aperta ad affrontare una
questione sulla quale non esistono al momento studi specifici.
Per questo è fondamentale fare luce su cosa può veramente
comportare per l'ambiente l'attività di questi rigassificatori.
Non possiamo permettere che il già precario equilibrio marino
dell'Adriatico subisca un'altra spallata”, conclude Zanoni.
NOTE
Sotto
accusa il rigassificatore offshore “a ciclo aperto” nel comune
di Porto Viro (Rovigo), nelle immediate vicinanze del delta del
Po, che dal 2008 riconduce il metano liquefatto allo stato
gassoso utilizzando il sistema del recupero di calore dall’acqua
di mare per sottrazione. A fine luglio scorso il problema era
stato sollevato già dall’assessore regionale all’Agricoltura e
alla Pesca dell'Emilia Romagna, Tiberio Rabboni, che in una
lettera inviata al ministro dell’Ambiente, Andrea Orlando aveva
chiesto di risolvere rapidamente i problemi legati al
rigassificatore off-shore di Porto Viro, per garantire la tutela
dell’ecosistema marino, della fauna ittica e in particolare
dell’importante attività di molluschicoltura della zona.
Il 27
dicembre Zanoni ha presentato un'altra interrogazione alla
Commissione europea per denunciare l'ecatombe di tartarughe
marine lungo le coste italiane del mar Adriatico. Secondo Sauro
Pari, Presidente della Fondazione Cetacea Onlus di Riccione
(RN), negli ultimi anni nella zona si sono verificati almeno due
momenti di anomalo incremento della mortalità delle tartarughe
e, recentemente, dei delfini. Tra le cause possibili, certe reti
utilizzate nella pesca, lo sversamento di agenti antibiotici
nelle acque e la ricerca subacquea di idrocarburi.
Ufficio
Stampa Eurodeputato Andrea Zanoni
- See more at: http://www.andreazanoni.it/it/news/comunicati-stampa/l-ue-esamina-gli-effetti-del-rigassificatore-di-porto-viro-%28rovigo%29-sull-ecosistema-marino.html%20#sthash.pAirnEFY.dpuf
L'Ue esamina gli effetti del rigassificatore di
Porto Viro (Rovigo) sull'ecosistema marino
|
Comunicato del 10 Gennaio 2014 |
Il
Commissario Ue all'Ambiente chiede informazioni all'eurodeputato
Andrea Zanoni sui presunti effetti del rigassificatore a cielo
aperto sull'ecosistema marino dell'Adriatico e le eventuali
connessioni con la moria di delfini e tartarughe. Zanoni:
“Fornirò alla Commissione il documento del WWF e dell'ARPA
Emilia Romagna. Bisogna fare piena luce sui reali effetti
sull'ambiente di questi rigassificatori”
“La
Commissione esaminerà con interesse eventuali informazioni che
l’onorevole parlamentare le farà pervenire” sugli effetti dei
rigassificatori “a ciclo aperto” sull’ecosistema marino. E' la
risposta del Commissario UE all'Ambiente Janez Potočnik
all'interrogazione di Andrea Zanoni, eurodeputato PD e membro
della commissione ENVI Ambiente, Sanità Pubblica e Sicurezza
Alimentare al Parlamento europeo, sugli effetti del
rigassificatore a ciclo aperto di Porto Viro, a 70 km da
Ravenna, sull'ecosistema marino e le eventuali connessioni con
l'anomala moria di delfini e tartarughe.
“Al
momento la Commissione non ha elementi che dimostrino un
rapporto di causa-effetto tra l’attività dell’impianto e la
diminuzione degli stock ittici e/o la moria di delfini e
tartarughe”, fa sapere il Commissario Ue a Zanoni, e questo
perché “la Commissione non è a conoscenza di studi specifici a
livello Ue o internazionale sugli effetti dei rigassificatori a
ciclo aperto sull’ecosistema marino”.
“Sarà
mia premura inviare personalmente alla Commissione europea il
documento di approfondimento WWF “L’utilizzo di acqua di mare
negli impianti di rigassificazione del GNL” - afferma
l'eurodeputato – Visto che secondo questo documento l'immissione
in mare dell'acqua utilizzata dalla struttura a temperature
inferiori, con una maggiore presenza di cloro-derivati e
sostanzialmente sterile, ovvero priva del suo contenuto di
larve, gameti e sostanze nutritive, incapace di rendere
all’ambiente i servizi ecosistemici, nonché il suo
rimescolamento a grande velocità e forte pressione e le ingenti
schiume così prodotte in mare, sembrerebbero interferire con
l’ecosistema marino, in particolare con la fauna ittica,
alterando il già precario equilibrio della zona del mar
Adriatico interessata, aspetti rilevati dalle amministrazioni
locali e confermati dall'Agenzia regionale per la Prevenzione e
l’Ambiente (ARPA) Emilia Romagna”.
“La
Commissione europea si è dimostrata aperta ad affrontare una
questione sulla quale non esistono al momento studi specifici.
Per questo è fondamentale fare luce su cosa può veramente
comportare per l'ambiente l'attività di questi rigassificatori.
Non possiamo permettere che il già precario equilibrio marino
dell'Adriatico subisca un'altra spallata”, conclude Zanoni.
NOTE
Sotto
accusa il rigassificatore offshore “a ciclo aperto” nel comune
di Porto Viro (Rovigo), nelle immediate vicinanze del delta del
Po, che dal 2008 riconduce il metano liquefatto allo stato
gassoso utilizzando il sistema del recupero di calore dall’acqua
di mare per sottrazione. A fine luglio scorso il problema era
stato sollevato già dall’assessore regionale all’Agricoltura e
alla Pesca dell'Emilia Romagna, Tiberio Rabboni, che in una
lettera inviata al ministro dell’Ambiente, Andrea Orlando aveva
chiesto di risolvere rapidamente i problemi legati al
rigassificatore off-shore di Porto Viro, per garantire la tutela
dell’ecosistema marino, della fauna ittica e in particolare
dell’importante attività di molluschicoltura della zona.
Il 27
dicembre Zanoni ha presentato un'altra interrogazione alla
Commissione europea per denunciare l'ecatombe di tartarughe
marine lungo le coste italiane del mar Adriatico. Secondo Sauro
Pari, Presidente della Fondazione Cetacea Onlus di Riccione
(RN), negli ultimi anni nella zona si sono verificati almeno due
momenti di anomalo incremento della mortalità delle tartarughe
e, recentemente, dei delfini. Tra le cause possibili, certe reti
utilizzate nella pesca, lo sversamento di agenti antibiotici
nelle acque e la ricerca subacquea di idrocarburi.
Ufficio
Stampa Eurodeputato Andrea Zanoni
- See more at: http://www.andreazanoni.it/it/news/comunicati-stampa/l-ue-esamina-gli-effetti-del-rigassificatore-di-porto-viro-%28rovigo%29-sull-ecosistema-marino.html%20#sthash.pAirnEFY.dpuf
L'Ue si interessa agli effetti del rigassificatore di
Porto Viro (Rovigo) sull'ecosistema marino
Il Commissario Ue all'Ambiente chiede informazioni all'eurodeputato
Andrea Zanoni sui presunti ffetti del rigassificatore a cielo aperto
sull'ecosistema marino dell'Adriatico e le eventuali connessioni con la moria di
delfini e tartarughe. Zanoni: “Fornirò alla Commissione il documento del WWF e
dell'ARPA Emilia Romagna.
Ufficio Stampa Eurodeputato Andrea Zanoni
IL PICCOLO -
VENERDI', 10 gennaio 2014
Legambiente dà i voti agli edifici scolastici
Pordenone quarta nella classifica nazionale della sicurezza delle scuole.
Trieste agli ultimi posti
TRIESTE Pordenone vanta un’edilizia scolastica tra le migliori in Italia,
Trieste invece si conferma in ritardo. È quanto emerge dall’indagine Ecosistema
scuola 2013, il rapporto annuale di Legambiente sulla qualità delle strutture e
dei servizi della scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado di
94 capoluoghi di provincia. A livello nazionale la situazione rimane di
«permanente emergenza sul fronte degli interventi e della messa in sicurezza»,
secondo quanto riportato dall’indagine di Legambiente. Oltre il 60% degli
edifici scolastici sono stati costruiti prima del 1974, data dell’entrata in
vigore della normativa antisismica; il 37,6% delle scuole necessita di
interventi di manutenzione urgente, il 40% sono prive del certificato di
agibilità, il 38,4% si trova in aree a rischio sismico e il 60% non ha il
certificato di prevenzione incendi. In Friuli Venezia Giulia si registrano luci
ed ombre: nella graduatoria dei Comuni capoluogo in migliori condizioni sul
piano dell’edilizia scolastica, Pordenone conquista il 4° posto (dietro Trento,
Prato e Piacenza), Gorizia il 22°,Udine 43°, mentre Trieste è solo al 69° posto.
Il patrimonio edilizio regionale è più vecchio della media nazionale (il 76,8%
costruito prima del 1974), così come gli edifici con necessità di interventi di
manutenzione urgenti (44,1%) si attestano oltre 6 punti percentuali sopra la
media, mentre sotto di circa 10 punti risultano quelli che hanno goduto di
manutenzione straordinaria negli ultimi 5 anni (46,3%). I dati positivi
riguardano alcune certificazioni, come il collaudo statico, effettuato sul 73,1%
degli edifici (la media italiana è del 52,4%), la prevenzione incendi (57,6%
contro una media nazionale del 35,9%); gli impianti elettrici a norma sono 93,8%
(contro l’83,4% in italia). Sotto il dato nazionale sono invece gli edifici con
l’agibilità (55,9% contro il 61,2% nazionale) e quelli con la certificazione
igienico-sanitaria (63,4% a fronte di una media nazionale del 73,8%). Scarso
risulta il dato sul servizio di scuolabus, garantito solo al 15,8% degli edifici
scolastici, mentre di poco sopra la media il dato sul servizio di pedibus che
coinvolge il 7,3% degli istituti. In tutte le mense vengono serviti pasti
biologici e la media percentuale di prodotti biologici è del 71,5%, circa 15
punti percentuali sopra la media nazionale. Inferiore al dato italiano e in
discesa rispetto all’anno precedente risulta la raccolta differenziata per tutti
i materiali e negativo è anche il dato sugli edifici che utilizzano fonti di
energia rinnovabile: 7,5% contro il 13,5% della media nazionale. Molto positivi,
invece, i risultati sui monitoraggi dell’amianto e del radon, realizzati in
tutti gli edifici: solo il 2% i casi certificati di amianto e il 2,2% quelli di
radon.
Roberto Urizio
Ferriera, lavori sull’altoforno Cassa integrazione da
febbraio
I sindacati: eliminata la prospettiva del periodo di affitto ad Arvedi,
il commissario Nardi all’opera sul bando di gara per la vendita.
Fare subito chiarezza. Serracchiani convoca il tavolo
il 15 gennaio
Se ne parlava da mesi: ieri la comunicazione che per i sindacati si è
tradotta in una doccia gelata, giacché in concomitanza con una serie di altri
fattori tali da determinare «forte preoccupazione nei lavoratori». La direzione
della Ferriera ha annunciato alle Rsu che dal primo febbraio l’altoforno resterà
fermo per interventi di adeguamento alla bocca dell’impianto non più rinviabili.
Previsti «in assenza di chiarezza sul futuro complessivo» dello stabilimento,
scrivono segreterie provinciali e Rsu di Fim, Fiom e Uilm, «ammortizzatori
sociali». «Cassa integrazione ordinaria», traduce Umberto Salvaneschi dalla Fim:
«Sulle cifre non abbiamo avuto risposta, temiamo sia coinvolta la metà, forse
più della metà dei 485 dipendenti». Ma aggiunge Franco Palman per la Uilm: «In
una situazione di commissariamento potrebbe scattare la “straordinaria” già dal
primo febbraio anche se il numero di operai coinvolti è tutto da stabilire».
Questo però è solo uno dei tasselli di un quadro che ha indotto i sindacati a
chiedere nell’immediato - ottenendola - la convocazione del tavolo regionale per
fare chiarezza: la governatrice Debora Serracchiani lo ha fissato al 15 gennaio.
Si dà per certo che il percorso pensato per l’arrivo di Arvedi - dapprima il
periodo di affitto, poi l’eventuale acquisto - sia ormai superato. Dopo l’ok del
Gse alla risoluzione del contratto di Cip 6 che vincolava centrale Elettra e
Lucchini, ok però condizionato al subentro di un acquirente, il commissario
straordinario Piero Nardi - «prendono atto» Fim Fiom e Uilm - «sta lavorando sul
bando di gara per la vendita di Servola che si dovrebbe concludere al più tardi
entro il 31 marzo». La domanda dei sindacati: il nuovo percorso che salta il
passaggio dell’affitto sta bene ad Arvedi? A catena, il timore: e se al 31 marzo
si arrivasse senza un acquirente? Salvaneschi annota come «sinora si diceva di
lavori per quattro settimane, ora si parla di sei o sette. Così si arriverebbe
appunto a fine marzo. È alquanto pericolosa la prospettiva di affrontare una
cessione dello stabilimento con impianti non in produzione». «Auspicavamo uno
slittamento dei lavori - aggiunge Palman - così da arrivare alla scadenza con la
certezza su Arvedi». E invece «le carte si sono rovesciate, abbiamo fatto otto
passi indietro». Mentre ieri il direttore della Ferriera Giuseppe Bonacina -
riferisce il sindacalista - ha detto che lo stabilimento «sta perdendo 5 milioni
al mese». In questo scenario la richiesta del tavolo regionale per avviare
quanto prima il confronto sul testo dell’accordo di programma e capire se resti
valido, conclude Palman. Mentre i sindacati ieri si riservavano, in assenza di
risposte, «forme di mobilitazione finalizzata a sbloccare la situazione», «gli
interventi sull'altoforno si dovevano fare da tempo - ha annotato la presidente
della Regione - e sono propedeutici alla continuazione dell'attività. Gli
ammortizzatori sociali saranno attivati per il periodo strettamente necessario,
che confidiamo sia molto breve. La situazione della Ferriera e il complesso iter
richiesto per mettere in sicurezza produzione e ambiente sono costantemente e
attentamente seguiti dalla Regione». Sulla stessa linea il sindaco Roberto
Cosolini: «Capisco l’allarme sociale che si crea a ogni notizia del genere, ma
quello sull’altoforno era un intervento previsto. Ho richiesto comunque anch’io
la convocazione del tavolo per fare un punto aggiornato della situazione, stiamo
entrando in una fase cruciale». È intervenuto anche il deputato di M5S Aris
Prodani: «Dall’inizio dell’estate scorsa siamo arrivati a oggi con questioni
ancora aperte dal punto di vista produttivo e ambientale, mentre non abbiamo
assolutamente idea dell’accordo di programma. E ora, altri punti di domanda».
Paola Bolis
Polveri sottili oltre i limiti ma niente centro chiuso
Le previsioni Arpa annunciano picchi fino al 13, non però per tre giorni
di seguito: per questo motivo scatta solo il preallarme. Bimbi a casa, evitare
l’uso dell’auto
La città è annegata nella nebbia e nello smog e il nuovo sistema Arpa di
controllo metereologico con previsioni mirate sulla prossima quantità di polveri
sottili dice che il 12 e il 13 gennaio verrà superato del doppio, rispetto ai
limiti consentiti, il livello di concentrazione. Toccherà e oltrepasserà quota
100 microgrammi per metro cubo, mentre il valore massimo per legge è 50. Se
anche per l’intera giornata del 12 l’Arpa avesse indicato gli stessi livelli, il
sindaco avrebbe dovuto emettere l’ordinanza di chiusura del traffico entro il
consueto perimetro del centro, e con le consuete deroghe (unico vantaggio:
l’annuncio anticipato, così che cittadini e categorie economiche si possano
organizzare). Invece la chiusura, proprio per un pelo, non ci sarà. Non per
questo l’aria è meno “velenosa”. Tra l’8 e il 13 gennaio l’Arpa ha fatto
previsioni di una media di polveri quasi costantemente superiore ai 50
microgrammi, dall’11 al 13 con una media di 70 e con i picchi che si è detto.
Restano pertanto validi l’annuncio anticipato, l’informazione sull’allarmante
situazione dell’aria, il pressante invito dell’amministrazione a forme di
autotutela: non portare a spasso i bambini piccoli, evitare l’uso
dell’automobile, limitare l’uso del riscaldamento domestico (anche perché poi
tra l’altro fa anche caldo). Ieri l’assessore comunale all’Ambiente, Umberto
Laureni, ha lanciato questo messaggio ai cittadini. Col nuovo Piano di azione
comunale (Pac) e soprattutto con gli innovativi strumenti dell’Arpa entrati in
funziona un anno fa, in grado di ribaltare la politica anti-inquinamento, si
prevedono e preannunciano gli eventi negativi e non si chiudono le vie al
traffico solo “dopo” che l’aria è stata inquinata per tre giorni, il che
effettivamente era un’azione inutile. «Saranno poi le centraline Arpa dislocate
in città - ha affermato Laureni - a confermare o meno il lavoro previsionale».
Che si basa sulla quantità di automobili circolanti, sulla situazione
morfologica della città, l’andamento di brezze marine e così via. E che a
Trieste, per l’estrema variabilità di venti e inversioni termiche, non è
particolarmente facile. È la prima volta che il nuovo sistema viene messo alla
prova. Ma il Comune riceve costantemente i grafici delle polveri previste. Ieri
fino all’ultimo minuto prima della conferenza stampa, alla quale hanno
partecipato il direttore del Servizio Ambiente ed energia del Comune, Gianfranco
Caputi, e il comandante della Polizia locale Sergio Abbate, sembrava ci fosse
incertezza sulle decisioni restrittive da prendere. Mancavano gli ultimissimi
grafici Arpa. «Da Natale - ha ammonito Laureni - c’è un inquinamento importante
e preoccupante, superamenti dei valori di Pm10 che sollecitano l’attenzione del
Comune. Abbiamo previsioni cattive per l’11, 12 e 13 mattina. È previsto poi
borino. Se verremo a sapere che invece anche il 13 andrà oltre i limiti, ci sarà
l’ordinanza di chiusura. Ma siamo in grado di preannunciarla, ed è due volte
proficuo». L’ulteriore novità è che, avendo calcolato che il maggiore
inquinamento si rende evidente nei pomeriggi, quando scatterà la chiusura al
traffico sarà solo dalle 15 alle 20. «Se avvertiti e informati, i cittadini di
Trieste sono rispettosi delle regole - ha detto Abbate -, e noi speriamo di non
dover fare multe». Dovesse scattare il divieto per tutti i veicoli da “euro 3”
in giù, a Trieste si fermerebbe la metà del parco-macchine circolante.
Gabriella Ziani
Verifica impossibile Le centraline sono inutilizzabili
- DATI DELL’ARIA
Prevenire piuttosto che agire dopo aver respirato le
polveri sottili è certamente una ottima innovazione, ma l’Arpa avverte che il
sistema è ancora sperimentale e andrà verificato. Si è cautelato anche
l’assessore all’Ambiente Umberto Laureni, annunciando ieri che per la prima
volta Trieste fa il test sul preannuncio di smog. A dire poi come le cose
saranno andate sarà in primo luogo l’evidenza (ma le previsioni metereologiche
ormai sono sperimentate al massimo) e poi il risultato fornito dalla centraline,
la verifica a posteriori. Senonché proprio l’Arpa, suo sito ampiamente
rinnovato, inserisce un’”Avvertenza” in inchiostro rosso. La nuova normativa
entrata in vigore nel 2012 ha reso obsolete proprio le centraline. A Trieste
sono fuori norma quelle di piazza Libertà, via Battisti, via Tor Bandena, piazza
Vico e San Pantaleone. Praticamente tutte, visto che le altre (dedicate in
massima parte a misurare i fumi di Servola) in gran parte non sono attribuibili
all’Arpa, che solo ne riceve i dati. Scrive dunque l’Arpa: «Si avvisa che i dati
prodotti dalle centraline non ancora adeguate non sono utilizzabili per la
valutazione della qualità dell’aria per la protezione della salute umana e per
la protezione della vegetazione».
Sel e M5S attaccano il regolamento sulle colture Ogm -
DOPO IL CASO VIVARO
TRIESTE Non ha ancora visto ufficialmente la luce, ma già incassa sonore
bocciature. E non solo dai partiti d’opposizione. A contestare il regolamento
regionale sulla coesistenza tra Ogm e colture tradizionali, presentato da Sergio
Bolzonello come uno strumento in grado finalmente di metter fine al Far West dei
prodotti agricoli geneticamente modificati, sono infatti tanto i grillini quanto
gli esponenti di Sel. «Vogliamo impedire ulteriori semine di mais Ogm in Fvg: di
questo si deve discutere, non della creazione di un ambiguo sistema di
coesistenza di coltivazioni bio tech coltivazioni tradizionali», afferma la
deputata Serena Pellegrino. «Che le coltivazioni Ogm possano coesistere con
quelle tradizionali senza arrecare danni all'ambiente, oltre che alla salute e
all'intera catena alimentare, è tutto da dimostrare - rincarano la dose i
consiglieri regionali Giulio Lauri e Alessio Gratton -. Noi continuiamo a
pensare che, dopo la presa di posizione di Roma, sia un errore pericoloso varare
un regolamento sulla coesistenza in Fvg e che si debba imporre quantomeno una
moratoria in attesa che lo Stato assuma una posizione definitiva. Tuttavia, se
si intraprende questa strada, il Consiglio regionale non può esserne escluso».
Dello stesso avviso i consiglieri del M5S che, al pari dei colleghi di Sel,
sollecitano la convocazione delle commissioni competenti. «Il Consiglio deve
prendere visione del testo del regolamento, valutarne le eventuali modifiche a
seguito delle audizioni con i portatori di interesse e verificare se gli impegni
assunti dalla giunta sul fronte Ogm siano stati o meno mantenuti - affermano
Cristian Sergo ed Eleonora Frattolin -. Vista la delicatezza della materia e le
sue ricadute ambientali riteniamo quindi opportuno che la II Commissione venga
convocata in seduta congiunta con la IV Commissione».
IL PICCOLO -
GIOVEDI', 9 gennaio 2014
Piano di dismissioni: c’è la caserma di via Rossetti -
MINISTERO
C’è anche la Caserma Vittorio Emanuele III di Trieste fra i beni che il
ministero della Difesa si accinge a mettere sul mercato nell’ambito del piano di
dismissione di beni demaniali. Si tratta, in tutto, di poco meno di una ventina
di strutture individuate in diverse regioni d’Italia. Obiettivo dichiarato del
ministero è quello di alleggerire il peso di caserme e immobili vari sul
bilancio dello Stato. Il tutto avverrà attraverso la vendita o la permuta a
privati, agli enti territoriali, e la cessione gratuita ma solo agli enti del
territorio. Quest’ultima opzione è prevista dal 1.o settembre nell’ambito del
Decreto del Fare che dovrebbe dare un’accelerazione all’operazione. Intervenendo
a “Ballarò”, il ministro Mario Mauro aveva annunciato un provvedimento che sarà
portato domani in Consiglio dei ministri, finalizzato al taglio di un miliardo
di euro di spese del suo ministero giudicate “improduttive”. Le dismissioni
dovrebbero contribuire, a loro volta, alla riduzione del debito pubblico. Dunque
Comuni, Province e Regioni potranno richiedere tramite l’Agenzia del demanio gli
immobili militari a titolo gratuito (ovviamente si tratta di strutture libere e
inutilizzate). Nei vecchi immobili si potranno realizzare: case popolari, musei,
scuole, centri culturali, giardini pubblici, parcheggi.
IL PICCOLO -
MERCOLEDI', 8 gennaio 2014
Inceneritore, tonnellate di scorie spedite via camion
in Germania
Circa mezzo milione di euro all’anno per portare a smaltimento i rifiuti
speciali fino a Norimberga
La Provincia: «Costa di meno, percorso blindato,
controlli continui. In Italia prezzi proibitivi»
Con un trasporto su strada, speciale, blindato, supersorvegliato, munito di
una intera valigia di autorizzazioni e documenti, con verifiche lungo il
percorso sia della polizia e sia degli addetti al Servizio Ambiente della
Provincia, ogni anno escono dall’inceneritore triestino di via Errera per essere
trasportate via camion in Germania circa 5000 tonnellate di rifiuti speciali,
tecnicamente detti residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi,
praticamente ciò che resta dei rifiuti inceneriti dopo un trattamento
inertizzante con sostanze acide e metalliche. Si tratta di materiale
dall’aspetto salino, classificato come “rifiuto pericoloso” e dunque da smaltire
secondo procedure di sicurezza. Ma, si scopre, non in Italia. Il carico,
suddiviso per più trasporti all’anno, se ne va in questo momento a Norimberga,
perché non solo la nostra regione, ma molte altre, sono sprovviste di impianti
per il “tombamemto” o il trattamento di questi rifiuti, oppure quando li hanno
presentano un costo pesantemente superiore rispetto a quello tedesco: la
Germania ha molte miniere dismesse, anche di grande profondità nel terreno, e
per consolidarne la tenuta ben volentieri accetta di buttare questi contenitori
ermetici riempiti anche coi residui “velenosi” di Trieste. Il fine ultimo è
riciclare. Le scorie vengono mischiate con materiali cementizi, i veleni perdono
la loro pericolosa volatilità, e forse le “schifezze” anche triestine tornano a
diventare materiale da costruzione... Si occupa della complessa procedura di
autorizzazioni al trasporto transfrontaliero (anche l’Austria viene
attraversata) proprio il Servizio Ambiente della Provincia. Assicura il
responsabile, Paolo Plossi: «AcegasAps per legge deve cercare il posto più
conveniente a parità di distanza chilometrica, perciò si dimostra che ha più
vantaggio economico a portare il materiale in Germania che, per esempio, a
Torino, a quasi pari quantità di chilometri rispetto a Norimberga». Il costo
dell’operazione con Norimberga è di circa 100 euro a tonnellata, quindi mezzo
milione di euro all’anno, «ma anche meno - dice Plossi -, le autorizzazioni
largheggiano in quantità, la quantità effettiva è di 3500-4000 tonnellate
all’anno». Il che significa che l’inceneritore di Trieste, che “brucia” 150 mila
tonnellate di rifiuti nei 12 mesi dell’anno, come certifica Plossi, ha il 5% di
scarto pericoloso, e raccoglie 10-12 tonnellate al giorno di questi rifiuti.
«Con gli impianti italiani non c’è proprio partita - prosegue Plossi -, qui il
costo varia da 150 a 200 euro a tonnellata». Sarebbe interessante capire il
perché, la risposta più semplice è che gli impianti sono pochi e la richiesta
molto alta. Talvolta, dice la Provincia, «non si trova neanche posto». Il
prossimo carico, autorizzato entro il mese di maggio, porterà in un colpo solo
750 tonnellate di materiali “sporchi” che sono soprattutto un concentrato di
metalli. «Pericoli non ce n’è assolutamente - assicura il funzionario della
Provincia che istruisce le pratiche -, l’unica noia è dover provvedere al
trasporto e ai relativi numerosi documenti, una cosa complicatissima. Eppure
conviene. Vengono fatte ”caratterizzazioni” a campione anche durante il
percorso, noi stessi andiamo a fare verifiche al seguito dei camion, e la
polizia tedesca, non c’è dubbio, è ancora più severa nei controlli di quella
italiana».
Gabriella Ziani
IL PICCOLO -
MARTEDI', 7 gennaio 2014
L’Hotel Obelisco rudere tra le erbacce che aspetta il
tram
La ripresa della funicolare troverà la zona in pieno degrado Il curatore
fallimentare: metteremo in sicurezza il sito
Il panorama che si può ammirare da lassù è indubbiamente mozzafiato: una
vista sulla città e sul golfo che non ha eguali. È sufficiente però, una volta
giunti al piazzale dell'Obelisco, voltarsi dall'altra parte per incappare in una
visione ben differente, di quelle che ti lasciano sì senza fiato, ma per altri
motivi. È lì infatti che sorge il Park Hotel Obelisco, o meglio quel che resta
di esso: una struttura in completo stato di abbandono ormai da più di
trent'anni, vittima di un totale degrado nonché di continui atti di vandalismo,
e dove i tentativi di vendita e conseguente rilancio del comprensorio sono
finora andati a vuoto. Si può facilmente oltrepassare il varco d'ingresso
situato sulla via Nazionale e lo spettacolo cui si assiste è mortificante.
Immondizie di ogni tipo abbandonate e mescolate alle sterpaglie: bottiglie,
lattine, contenitori di plastica, ma anche vetri rotti, vasi, scale e tegole
frantumate a terra. Il tutto davanti a una struttura ormai fatiscente, con
finestre sventrate e altre murate, peraltro a poca distanza dai sentieri che
vengono abitualmente frequentati da escursionisti e ciclisti, e dal confinante
campeggio per roulotte e camper. Per non parlare dell'immensa area verde nella
quale un tempo sorgevano gli impianti sportivi e dove adesso ci sono solo
erbacce e una vegetazione incolta. Una zona che, soprattutto di notte, diventa
la meta preferita per barboni e senzatetto, oltre che rifugio di giovani
sbandati: decisamente un brutto biglietto da visita, in modo particolare per i
turisti che decidono di avventurarsi tra i sentieri dell'altipiano, peraltro in
vista della stagione primaverile che coinciderà, se tutto andrà per il verso
giusto, con il ritorno in funzione del Tram di Opicina. «Conosco bene la
situazione e mi rendo conto che siamo di fronte a un degrado inaccettabile -
puntualizza Edi Kraus, assessore allo sviluppo economico - Il Comune non può
intervenire direttamente, ma mi sono personalmente recato a Milano dal curatore
fallimentare per chiedere di arrivare a una soluzione in tempi rapidi: il
problema riguarda le difficoltà di vendita della struttura, ma mi è stato
assicurato che si interverrà a breve almeno per mettere in sicurezza il sito e
per riportare un certo decoro nell'area». Quello dell'Hotel Obelisco è il più
grave, ma non certo l'unico dei problemi in zona: non sta meglio infatti il
sottopassaggio che conduce da un lato all'altro di via Nazionale, preso a sua
volta di mira dai vandali che lo hanno lordato con scritte di ogni tipo e di
ogni colore, mentre sono stati completamente oscurati dalle bombolette spray
anche i due pannelli con le indicazioni degli itinerari pedonali. Che fare
dunque per accogliere in un modo più consono i turisti in vista del ritorno
della storica funicolare? «Il Tram sarà un veicolo importante per il turismo -
assicura Kraus -. Stiamo valutando varie possibilità: tutti gli alberghi della
zona riceveranno comunque dei benefici e saranno a disposizione dei turisti per
fornire informazioni soprattutto sui percorsi ciclo-pedonali».
Pierpaolo Pitich
IL PICCOLO -
LUNEDI', 6 gennaio 2014
Sulla spiaggia di Saccorgiana riappare la “diva”
Adriana
L’esemplare di foca monaca approda vicino a Pola e si fa fotografare dai
passanti poi una ragazzina si avvicina troppo e scappa. Nel 2012 la fuga dai
turisti molesti
POLA Si è lasciata ammirare per ore, spaparanzata sulla spiaggia di
Saccorgiana a Pola. L’esemplare adulto di foca monaca è stato fotografato e
filmato a lungo, manco fosse una celebrità di Hollywood e soltanto quando una
ragazzina si è avvicinata troppo con un cellulare in mano, Adriana (è così che
la chiamano in Croazia) ha pensato che fosse il caso di tornare nell’azzurro
mare istriano, guadagnando il largo, magari per banchettare con il malcapitato
pesciolino di turno. È stato uno spettacolo davvero fantastico quello di sabato,
riservato ai fortunati spettatori che hanno potuto constatare ancora una volta
come il mammifero marino più a rischio nel Mediterraneo sia ormai un abitante
con fissa dimore nell’Istria meridionale. Considerata scomparsa da decenni, la
foca monaca è riapparsa negli ultimi anni nell’Adriatico settentrionale, con
avvistamenti a Capo Promontore (Istria) e lungo le coste nord–occidentali
dell’isola di Cherso. Un evento che gli esperti hanno definito eccezionale, per
la gran gioia di quest’ultimi, degli ambientalisti e dell’opinione pubblica.
Come è giusto che sia, questo animale è tutelato da una legge molto severa,
ovvero la legge sulla salvaguardia dell’ambiente. Essa prevede in caso di
uccisione della foca una multa di 100 mila kune, che al cambio fanno 13 mila e
100 euro. Anche ferire o importunare questa specie rara comporta pene pecuniarie
molto salate. È quanto rischiato nell’estate 2012 da alcuni turisti tedeschi,
che – accortisi della presenza dell’animale su una spiaggia ghiaiosa di Cherso –
l’avevano praticamente circondato, spruzzandolo con acqua di mare e urlando, al
punto che la spaventata foca era stata costretta a fuggire in mare, cercando un
luogo dove poter riposare in tutta tranquillità. Le competenti autorità croate
hanno fatto presente più volte che animali tutelati come le foche o i delfini
non vanno avvicinati a meno di 50 metri e tanto meno disturbati o peggio. La
foca monaca è in regime di tutela nelle acque adriatiche sin dal lontano 1935,
ma va subito aggiunto che anche dopo quell’anno decine di esemplari furono
uccisi dai pescatori, con la scusa che i mammiferi marini laceravano loro le
reti per procurarsi i bocconcini prediletti, i pesci. A sfogliare i giornali di
mezzo secolo fa, si apprende che nel 1964 era stato ucciso nelle acque della
Dalmazia quella che veniva ritenuta l’ultima foca presente in Adriatico. Da
allora e nei decenni successivi Adriana era considerata estinta in questo mare
del Mediteraneo, definita una specie di sogno per i biologi marini e per chi ama
la natura. Un sogno che si è avverato ed anzi si ritiene che nel Nord Adriatico,
versante croato, siano stazionati diversi esemplari di foca, la qual cosa
attesta la pulizia e qualità delle acque, ospitanti sufficienti quantitativi di
pesce e altre creature marine in grado di soddisfare l’appetito di questo
sfuggente e magnifico mammifero.
Andrea Marsanich
Una presenza riscoperta in Adriatico - DUE COLONIE
POLA Presenza rara nell’Adriatico settentrionale, ogni tanto la foca monaca
compare sulla costa istriana. Qualcuno ritiene che sia sempre lo stesso a farsi
vedere, tant’è che la gente l’ha affettuosamente chiamata Adriana. L'ultimo
avvistamento, che ha coinvolto il simpatico mammifero, è avvenuto sul tratto di
spiaggia tra Saccorgiana e Verudella, una delle mete preferite dai polesani per
le passeggiate invernali mattutine. I gitanti sono rimasti non poco sorpresi a
vedere Adriana beatamente distesa sulla ghiaia a riposarsi e a godersi i pochi,
deboli raggi di sole concessi da questi primi, grigi giorni dell'anno. In molti
si sono avvicinati per fotografarla e l'animale, circa due metri, sembra aver
gradito la “photo session”. Dopo alcune ore Adriana ha però ripreso la via del
mare, irritata forse dal fatto che una ragazza le si era avvicinata a solo due
metri di distanza. La precedente apparizione risale al settembre scorso sulla
spiaggia di Centiner a Bagnole. Fino a qualche tempo fa si pensava che la foca
monaca in Adriatico si fosse estinta. Poi però il gruppo di ricerca “Sredozemna
medvjedica i plavi svijet” (Foca monaca e mondo azzurro) ha scoperto due
“colonie”: la prima attorno a Capo Promontore e la seconda sulla costa
occidentale dell'isola di Cherso. I ricercatori non sono ancora in grado di
quantificare la presenza delle foche, ma dispongono di un documentato repertorio
con oltre 4.500 testimonianze tra fotografie e riprese video. In Croazia
l'animale è rigorosamente protetto dalla legge, per la sua uccisione è prevista
l'ammenda pecuniaria di 13.500 euro.
(p.r.)
IL PICCOLO -
DOMENICA, 5 gennaio 2014
“Car pooling” per la Sissa: troppo affollato il bus 38
I dottorandi possono raggiungere il Centro di ricerca di via Bonomea
salendo sull’auto dei colleghi che ne sono dotati. Sette i punti di raccolta in
città
Autobus troppo pieno? E la Sissa di Trieste interviene con l'auto
"condivisa" per i ricercatori. La linea 38 che conduce al centro di ricerca in
via Bonomea spesso non basta per tutti i ricercatori che la potrebbero
utilizzare. La comunità scientifica della Sissa è composta da 550 tra dottorandi
e ricercatori e il sistema di trasporto pubblico locale s'inceppa soprattutto in
occasione delle conferenze che attirano masse di scienziati da diverse parti del
mondo. Più volte la direzione del centro di ricerca ha chiesto alla Provincia di
incrementare le corse ma quest'ultima, pur volendo, non ha abbastanza risorse
per intervenire. Da qui la nuova iniziativa. Si chiama "car pooling" e permette
ai dottorandi di raggiungere la sede di via Bonomea salendo sull'auto dei
colleghi che ne sono dotati. Il sistema appena introdotto in città è dotato di
sette punti sparsi nel centro cittadino in prossimità delle fermate degli
autobus, dove le auto possono fermarsi senza intralciare il traffico. I
ricercatori a piedi non devono far altro che raggiungere le postazioni e
aspettare indossando una spilletta color fucsia: le auto aderenti al progetto, a
loro volta riconoscibili grazie a un adesivo dello stesso colore attaccato al
parabrezza, si fermeranno per dar loro un passaggio alla Sissa. «Con questo
progetto la Sissa cerca di dare una mano all'ecologia – afferma il direttore
Guido Martinelli - . Un'azione concreta di risparmio energetico che consente
anche di creare delle nuove occasioni di socialità per una comunità scientifica
internazionale come la nostra. Condividendo la stessa auto, dottorandi e
ricercatori possono scambiarsi le loro idee nel tragitto verso il centro di
ricerca. Allo stesso tempo, l'iniziativa permette di risolvere le carenze del
trasporto pubblico: nelle ore di punta capita spesso che l'autobus 38 non si
fermi perché è troppo pieno». Per aderire all’iniziativa basta rivolgersi alla
reception della Sissa, ritirare l’adesivo o la spilla, a seconda che si voglia
offrire passaggi in auto o usufruirne. Le postazioni individuate sono: la
fermata della 38 in direzione via Bonomea all’incrocio tra le vie Udine e
Barbariga; piazza Oberdan (fermata di via Carducci direzione Sissa); piazza
Foraggi (fermata vicino al distributore di benzina); largo Barriera Vecchia
(fermata vicino al negozio di scarpe e alla banca); largo Roiano (fermata
all'altezza del civico 1 di via Santa Teresa); piazza dell’Ospitale (fermata
dell’autobus vicino al negozio di divani, di fronte a uno degli ingressi del
Maggiore) e infine via Fabio Severo, la fermata dell'Università centrale vicina
al distributore di benzina.
Elena Placitelli
Duino, borghi isolati dal trasporto pubblico - Chiesto
un tavolo dal Comune e da Mondo anziani
«Slivia, Precenico, Ternova, Prepotto e San Pelagio senza collegamenti
per gli studenti»
DUINO AURISINA Primi passi verso la soluzione di un problema che da tempo
attanaglia gli abitanti dei borghi più periferici di Duino Aurisina: il
trasporto pubblico locale e la carenza di collegamenti per il rientro a casa
degli studenti iscritti ai poli didattici del capoluogo. Infatti, secondo quanto
reso noto da Antonio Farinelli di Mondo anziani, impegnato da lungo tempo su
questo fronte, il sindaco Vladimir Kukanja - assieme anche al capogruppo
consiliare triestino di Sel, Marino Sossi – intende organizzare dopo il 7
gennaio «un tavolo tematico con cui affrontare il grosso e annoso tema della
scarsità di bus pubblici esistente da sempre nei borghi satellitari di Aurisina,
cioè Slivia, Precenico, Ternova, Prepotto e San Pelagio». Un'occasione
ufficiale, dunque, per fare il punto della situazione e reclamare con le
istituzioni preposte, tra cui Regione e Provincia, una maggiore attenzione su
questi problemi. Il Comune, come noto, appoggia infatti la “lotta” intrapresa da
Mondo anziani, che già lo scorso novembre aveva denunciato le criticità presenti
sul territorio col traspsorto pubblico locale. Cosa accade? Presto detto:
quotidianamente, nel periodo di apertura delle scuole, 16 ragazzi restano
appiedati al rientro da scuola perché manca il bus di collegamento ai paesi.
Mentre al mattino gli studenti, tutti minorenni e iscritti agli istituiti con
lingua d'insegnamento slovena di San Giovanni, riescono pur con una levataccia e
grazie a un mezzo della linea 43 fuori percorso a raggiungere Aurisina entro le
7, dove li attende la 44 per il collegamento a Trieste, al rientro manca il
passaggio da Aurisina alle frazioni. E pertanto i ragazzi sono spesso costretti
a doversi appoggiare ad altre famiglie. Diversamente chiedono passaggi di
fortuna al primo conoscente del paese. «È indispensabile un potenziamento delle
linee – conclude Farinelli – non solo per la popolazione scolastica di tutta
l'area, ma anche per tutti gli abitanti dei borghi periferici che da anni
lamentano un'ingiustificata carenza della linea pubblica su tutta l'area. E
quindi sono costretti a un uso eccessivo della macchina, rischiando altrimenti
di rimanere sempre in uno stato di totale isolamento da Aurisina». Secondo
quanto riferito da Mondo anziani al tavolo tecnico, aperto ai cittadini, saranno
invitati i responsabili di Trieste Trasporti, Provincia e l'assessore regionale
competente per materia.
Tiziana Carpinelli
Il M5S stoppa le speculazioni commerciali sui corsi
d’acqua del Friuli Venezia Giulia
Il Movimento 5Stelle scende in campo a difesa di fiumi e torrenti della
regione. Una difesa affidata in prima battuta alla consigliera regionale Ilaria
Dal Zovo (in foto), che prende posizione sull'ipotesi di sfruttamento a fini
commerciali del torrente Arzino, che scorre nella provincia di Pordenone. «È
assurdo ipotizzare un nuovo impianto elettrico che potrebbe minacciare il corso
d’acqua, uno dei pochi in Fvg ancora non minacciato da interessi economici,
protetto dai cittadini e, seppur solo in parte, tutelato dal piano regolatore.
Parliamo di una zona con particolari contenuti di carattere ambientale e
paesaggistico, nella quale è previsto tra l’altro il divieto di realizzare
“opere infrastrutturali legate all'uso produttivo dell'acqua”. Qualsiasi
tentativo di sfruttamento commerciale, pertanto - conclude Dal Zovo - non può
essere tollerato».
I fenicotteri rosa sbarcano alla Cona - Alcuni
esemplari hanno preso casa nella Riserva dell’Isola. La soddisfazione dei
vertici della struttura
GRADO Fiocchi rosa alla Cona. È proprio il caso di dirlo. Infatti un gruppo
di fenicotteri rosa, per il momento esiguo, ma che si spera possa essere
l’avanguardia di un arrivo più massiccio, è approdato nella Riserva della foce
dell’Isonzo. Stormi anche consistenti erano stati avvistati in volo nell’area
protetta e alcuni esemplari sono finalmente “ammarati”, proprio il giorno della
Vigilia di Natale, nell’ambito dei grandi “ripristini ambientali”, ben visibili
dal grande osservatorio della Marinetta. Si trattava di sei esemplari: tre
adulti dal piumaggio rosa-salmone (con ali rosse e nere) e tre immaturi,
riconoscibili, questi ultimi, per i colori meno vivaci del piumaggio, tendente
al grigio. Successivamente alcuni esemplari sono stati ripetutamente osservati,
tanto nella vasta area delle “velme”, le grandi distese fangose soggette a
marea, che negli stagni d’acqua appena salmastra prospicienti i principali punti
di osservazione e anche più a est, nel piccolo bacino della cassa di colmata
adiacente la foce del Timavo. Si tratta di un fenomeno di notevole rilevanza,
sottolinea Fabio Perco, direttore scientifico della Stazione biologica dll’isola
della Cona (Sbic), che va tuttavia inquadrato in una tendenza generale. Il
Phoenicopterus (ruber) roseus era già comparso più volte, in forma allora del
tutto sporadica, nell’ambito della vasta Riserva naturale della foce
dell’Isonzo. Per l’esattezza la Stazione biologica ha registrato le prime
osservazioni a partire dal giugno 2001 e un singolo soggetto sostò, per due
giorni solamente, nel dicembre del 2004. «Il fenomeno attuale, invece, - spiega
Perco - rappresenta probabilmente la “punta dell’iceberg” ed è facile prevedere
che, salvo incidenti, la popolazione di questi uccelli possa consolidarsi
progressivamente nel prossimo futuro, quantomeno nell’ambito vasto delle aree
costiere regionali e, in particolare, della laguna di Grado». Negli anni
Settanta, infatti, il fenicottero (o fenicottero rosa) era da considerarsi raro
nell’Italia peninsulare e diffuso solamente in alcuni stagni della Sardegna,
dove peraltro ancora non nidificava. Era presente, invece, con alcune colonie
riproduttive, nella Camargue alle foci del Rodano, in Francia. A partire dal
1993 le prime coppie hanno poi iniziato a riprodursi presso Cagliari per poi
colonizzare alcuni siti particolarmente idonei come il litorale tirrenico nel
1994. A partire dal 2000-2001 il “gran balzo” verso settentrione per popolare,
con migliaia di soggetti, l’area lagunare di Comacchio. Negli anni successivi è
stata quindi rapida l’espansione della “marea rosa” verso il delta padano, la
laguna sud di Venezia per approdare infine, negli ultimi anni, alla laguna nord.
Lo scorso anno, infine, una popolazione di questi uccelli di forse 5-6mila
esemplari, si è insediata in aree non lontane dalla zona di Jesolo-Cavallino,
valutata in forse 2mila coppie nidificanti, che hanno allevato e portato
all’involo centinaia di giovani. Infine la comparsa, la scorsa estate, di circa
500 esemplari osservati con sempre maggiore regolarità nella laguna di Grado,
improvvisamente saliti a oltre 2mila verso settembre.
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IL PICCOLO -
SABATO, 4 gennaio 2014
«Su Porto vecchio il ministro informato del progetto di
Italia Nostra» - QUERELLE SULLA DISPONIBILITA' DI FINANZIAMENTI UE
Il presidente Perna difende lo studio di recupero che avrebbe potuto
portare fondi comunitari: «Sorpreso, l’assessore non collabora»
Il presidente di Italia Nostra Marcello Perna controreplica al sindaco
Roberto Cosolini e all’assessore regionale alla Cultura Gianni Torrenti.
«Stupiscono non poco le prese di posizione polemiche del sindaco e
dell’assessore sulle notizie diffuse da Italia Nostra circa possibili, cospicui
finanziamenti europei rivolti allo sviluppo del Porto vecchio, che la Regione
non ha richiesto e per i quali si è invece attivata la nostra associazione».
«Se, invece di sterili polemiche, sindaco e assessore avessero voluto
congiungere la loro azione politica agli sforzi di Italia Nostra diretti a
consentire l’avvio delle procedure per richiedere i finanziamenti di cui sopra,
probabilmente questi ultimi sarebbero più vicini e certi». «È ovvio che non
basta una semplice ”richiesta” di un’associazione culturale per sbloccare i
soldi a disposizione per l’Italia (diversi miliardi, come pur si riconosce...);
tale richiesta doveva partire proprio dalla Regione che, sebbene interessata e
sollecitata, non ha fatto mai nulla per sfruttare il progetto “cantierabile”
(cioè immediatamente esecutivo), condizione richiesta dall’Ue per finanziare i
progetti che l’associazione intendeva metterle gratuitamente a disposizione, per
consentire l’avvio della relativa procedura». «Non è un’“idea” ma uno studio
accurato e circostanziato (svolto per mesi da professionisti esperti di
distretti portuali), tale da poter dare subito luogo alla creazione di cantieri
di lavoro per la sua realizzazione, con l’obiettivo di mettere anzitutto in
sicurezza i magazzini storici del Porto vecchio, ormai in stato di degrado
inaccettabile, attraverso un restauro leggero (cioè il minimo indispensabile per
consentirne il recupero funzionale) e quindi il possibile riutilizzo per
svariate attività collegate a interessi pubblici. Avendo la Regione rifiutato
ogni contatto con l’associazione, senza spiegazioni, Italia Nostra si è rivolta
direttamente al Ministero competente, quello dei Beni e Attività culturali e del
Turismo». «Ed è sorprendente che solo ora l’assessore Torrenti, anziché
concertarsi con Italia Nostra per ottenere una parte dei finanziamenti europei a
disposizione dell’Italia, abbia contattato tale Ministero per informarsi
unicamente di quali siano le “scadenze” al riguardo e se sussista la
“concretezza di una proposta”, da parte di Italia Nostra. “Proposta” che c’è,
precisa e accompagnata da numerosi ed autorevoli pareri positivi: ne è
perfettamente a conoscenza il ministro, attraverso il suo capo di Gabinetto,
Marco Lipari. Ha già richiesto tutta la documentazione inerente, per valutarla,
alla Direzione dei Beni culturali di Trieste, ricevendo da quest’ultima, il 24
dicembre 2012, tutti i documenti in suo possesso (compreso il “masterplan”) con
l’esplicito sostegno alla richiesta d’intervento avanzata da Italia Nostra.
PIAZZA LIBERTA' «Progetto nel cassetto»
«Sembra ormai perso nei cassetti il progetto di
riqualificazione di piazza Libertà. Mi riferisco al secondo progetto (variante)
che, correggendo gli errori del primo, non prevedeva più l’abbattimento di
alberature e la completa pedonalizzazione del tratto antistante la Stazione
centrale» afferma in una nota Alberto Polacco, capogruppo IV Circoscrizione Pdl-
Forza Italia. «Si prevedevano l’aumento delle alberature anche in corrispondenza
del piazzale adiacente Sala Tripcovich e corrispondenza del Silos,
l’allargamento dei marciapiedi nonché un nuovo impianto semaforico che
renderebbe più sicuro e agevole il transito dei pedoni» continua la nota.
IL PICCOLO -
VENERDI', 3 gennaio 2014
Ultimatum del prefetto: si decida sul Punto franco
Francesca Adelaide Garufi firma l’ultima sospensione in Porto Vecchio:
«Dopo la sentenza del Tar, la questione va risolta a Trieste, non a Roma»
«Le amministrazioni elettive oppure le istituzioni “tecniche” del territorio
si facciano promotrici di una Conferenza dei servizi che tracci quest’anno una
volta per tutte il destino del regime di Punto franco all’interno del Porto
Vecchio.» All’alba del 2014 il prefetto Francesca Adelaide Garufi ribalta la
frittata: non è il governo che deve fare una legge in proposito, è dal
territorio che deve partire una richiesta concorde (il che non è mai avvenuto) e
la conseguenza sarà scontata. «La Regione o il Comune, oppure la stessa Autorità
portuale - specifica il prefetto - dovrebbero farsi promotori della Conferenza
dei servizi da cui far emergere una volontà comune, poi il Ministero potrebbe
essere interpellato a livello consultivo. Se si opterà per l’abolizione del
regime di Punto franco che in molte situazioni è effettivamente un ostacolo più
che un incentivo, non servirà una legge dello Stato. Dico di più, non sarà
nemmeno necessario trovare un’altra area su cui trasferirlo.» Francesca Adelaide
Garufi non ha ancora firmato la proroga di un anno della sospensione, scaduta il
31 dicembre scorso, del regime speciale sull’area che comprende il polo museale,
il Magazzino 26 e gli hangar 27 e 28 dove a ottobre dovrebbe svolgersi la
rassegna Triestespresso Expo. «Non c’è pericolo - rassicura - quella firma la
metterò probabilmente già entro la settimana, sebbene abbia ricevuto anche
intimazioni indirette a non farlo. Purtroppo però non è questo il problema.
Quella interessata dalla proroga è soltanto una fettina del Porto Vecchio,
un’area molto ampia di cui è forse ora che si decida il futuro.» E stavolta il
prefetto ritiene che le amministrazioni locali non possano più sfuggire alle
proprie responsabilità. «Nell’ambito di una questione annosa, che si trascina da
decenni - spiega - questa volta c’è una novità che può segnare la svolta ed è la
sentenza del Tar sul ricorso promosso da Portocittà e che traccia il quadro si
cui giuridicamente ci si può muovere. Si evince, tra l’altro, che non è
indipensabile trovare un’area alternativa su cui trasferire la porzione di Punto
Franco che si va a togliere e che non è nemmeno indispensabile una legge dello
Stato anche se è indubbio che questa darebbe maggior significato al
provvedimento». Si arriva così al cuore della questione che non è a Roma, bensì
a Trieste. Una Conferenza dei servizi che giunga a dire entro quest’anno un sì o
un no definitivo è difficilmente immaginabile dal momento che Regione e Comune
spingono per l’abolizione del regime speciale se non addirittura per la
sdemanializzazione dell’area, mentre l’Autorità portuale ritiene utile il
mantenimento del Punto Franco anche nell’ottica di attirare investitori in una
zona destinata alla cosiddetta portualità allargata così come la prevede la
variante già in vigore del Piano regolatore del porto. E l’assenso dell’Autorità
portuale a un’operazione di questo genere viene considerato imprescindibile
dalla stessa sentenza del Tar. «Anche se non si dovesse giungere a un sì o un no
definitivo - conclude il prefetto - sarebbe auspicabile che entro quest’anno si
arrivi a tracciare in modo netto la strada che la città vorrà seguire, perché
spero proprio che la proroga che sto per firmare sia l’ultima.» Il mandato di
Marina Monassi al vertice dell’Authority scade tra un anno esatto, ma potrebbe
anche essere rinnovato: è facilmente comprensibile come attorno a quella
poltrona si giochi in realtà gran parte del futuro della città. È invece già
stata firmata la proroga del sospensione del Punto Franco all’ormeggio 57 alla
radice del Molo Settimo per permettere le prosecuzione della linea per la Grecia
con i traghetti di Minoan lines.
Silvio Maranzana
Arvedi punta anche all’acquisto di Elettra
E in Ferriera a breve stop e cassa integrazione per interventi di
ristrutturazione dell’altoforno
Risolta finalmente la questione Cip6 e rescisso il contratto tra Il Gruppo
Lucchini e Elettra, Arvedi potrebbe tagliare la testa al toro e acquistare oltre
alla Ferriera, anche la centrale elettrica: è la voce che circola in questi
giorni all’interno dell’intero comprensorio di Servola. Impossibile avere
conferme ufficiali in questa fase delicata in cui se un solo tassello non andrà
nell’esatto posto l’intera operazione, già in ritardo sui tempi programmati,
potrebbe saltare. Il cavalier Giovanni Arvedi ha detto chiaramente da subito di
considerare essenziale nell’ambito del progetto triestino anche l’impianto
termoelettrico attiguo alla Ferriera che è proprietà di Alix partners, fondo
inglese con investimenti ramificati in tutto il mondo che ha già manifestato
l’intenzione di vendere. In uno degli ultimi incontri tra Elettra produzione di
cui è presidente Luca Ramella e i rappresentanti sindacali era stata prospettata
l’ipotesi di un accordo commerciale: gas di risulta di altoforno e cokeria
ceduti a Elettra per produrre energia elettrica con in cambio fornitura alla
Ferriera che in questo modo avrebbe un risparmio sull’energia del 20-30%.
Risolta anticipatamente la convenzione Cip6 con Elettra che ora potrebbe essere
liquidata dal Gestore dei servizi energetici (Gse) con incentivi spettanti che
secondo calcoli non confermati supererebbero i 57 milioni di euro, potrebbe
aprirsi per Arvedi direttamente la possibilità dell’acquisto. In mancanza ancora
però di qualsiasi certezza stanno andando in fibrillazione anche i dipendenti di
Elettra, oltre logicamente a quelli della Ferriera dove, a detta dei sindacati,
negli ultimi mesi non sarebbe stato fatto alcun investimento sull’ammodernamento
degli impianti. Ora però starebbe diventando imprescindibile un intervento
immediato sull’altoforno e l’amministrazione straordinaria della Lucchini se
prima non interverrà perlomeno il contratto d’affitto con Arvedi, starebbe
attendendo solo la fine del momento culminante dell’inverno per procedere con
l’operazione che richiederebbe lo stop e la messa in cassa integrazione di una
buona fetta di lavoratori per almeno un mese e mezzo, lasso di tempo durante il
quale però continuerebbe a funzionare a pieno ritmo la cokeria. Il procuratore
facente funzioni Federico Frezza, citando lo studio commissionato a un perito,
Marco Boscolo, ha quantificato in quasi 15 milioni di euro il preventivo
economico per il rientro nei limiti di legge delle emissioni di fumi, polveri e
gas dallo stabilimento esclusi gli scarichi e la gestione e lo smaltimento dei
rifiuti. Francesco Rosato, amministratore unico di Siderurgica Triestina, la
società del Gruppo Arvedi che subentrerebbe a Servola, ha preanunnciato
possibili investimenti per 20-22 milioni. Nemmeno un euro però per le bonifiche
che costituiscono un altro ostacolo di rilievo il cui superamento dovrà essere
esplicitato nell’Accordo di programma. Per questo finanziamento si punta anche
sul piano per l’acciaio dell’Unione europea che però vincola la concessione di
sovvenzioni all’utilizzo di impianti di ultima generazione dai quali Arvedi
evidentemente non potrà prescindere.
(s.m.)
Polveri sottili: nessuno sforamento, solo un errore
umano - La lettera del giorno di Fulvio Daris direttore tecnico scientifico Arpa
Con riferimento all’articolo comparso sul vostro quotidiano il giorno 29
dicembre dal titolo “Polveri sottili, tre giorni consecutivi di sforamenti” si
comunica quanto di seguito. Relativamente alla non disponibilità dei dati di
Pm10 della stazione di via San Lorenzo in Selva, si segnala che domenica 22
dicembre si è verificato un problema tecnico di registrazione degli stessi,
problema risolto il giorno successivo, lunedì 23 dicembre. Dal momento che il
valore medio giornaliero di questo parametro viene determinato mediante
acquisizione di 24 contributi orari, l’inconveniente tecnico non ha consentito
di avere, nelle due giornate, almeno il 75% (pari a 18 ore) delle rilevazioni
giornaliere, soglia minima necessaria per cui il dato possa considerarsi valido,
e conseguentemente lo stesso non è stato pubblicato come procedura consolidata
del nostro sistema qualità. Il dato relativo alla stazione di via Svevo,
analogamente a quelli prodotti nelle postazioni di via Pitacco e Muggia, viene
giornalmente trasmesso via mail al Dipartimento di Trieste di Arpa Fvg dalla
ditta Ecosanitas in quanto tali centraline non rientrano, al momento, nella rete
di monitoraggio regionale dell’Agenzia. I dati vengono comunque valutati, prima
della pubblicazione sul sito agenziale, da un operatore del Dipartimento, il
quale ha ammesso il suo errore non essendosi accorto dell’anomalia del valore di
738 µg/m3, atteso che altre postazioni della città di Trieste fornivano, per la
stessa giornata, valori di 98 µg/m3 in piazza Libertà e 114 µg/m3 in via
Carpineto. Si è trattato pertanto di un mero errore da parte dell’operatore del
Dipartimento di Trieste al quale è sfuggito un dato che, se visto e valutato,
mai sarebbe comparso sul sito agenziale. Tant’è che procedendo il giorno
successivo con le validazioni dei dati di concentrazione dell’aria regionale
secondo i previsti criteri di qualità, si è ritenuto correttamente di eliminare
dal sito agenziale il valore anomalo in quanto non rappresentativo. Nel
condividere le perplessità che emergono dall’articolo sul fatto che sul sito
istituzionale di Arpa Fvg un dato ambientale venga prima pubblicato e poi
eliminato, si conferma l’impegno di questa direzione sia a definire criteri
ancor più rigorosi di controllo prima della pubblicazione sul sito dell’Agenzia
al fine di evitare il ripetersi di analoghe situazioni che a procedere con
sollecitudine nell’anno 2014 ad acquisire le reti di monitoraggio di qualità
dell’aria ad oggi non ancora gestite da Arpa Fvg.
IL PICCOLO -
GIOVEDI', 2 gennaio 2014
«Porto Vecchio, inesistenti i fondi Ue “cash”»
Torrenti e Cosolini replicano a Italia Nostra sulla possibilità di avere
500 milioni con una semplice richiesta
Regione e Comune replicano duramente alle notizie diffuse dall’associazione
Italia Nostra secondo cui sarebbero disponibili 500 milioni di euro di fondi
europei per il riutilizzo del Porto Vecchio. «Negli scorsi giorni - rileva
l’assessore regionale alla Cultura Gianni Torrenti - sono apparse notizie
rispetto a possibili fondi europei di enorme consistenza, con scadenza
immediata, che sarebbero utilizzabili per il riutilizzo del Porto Vecchio di
Trieste. Fondi richiedibili sulla base di un progetto (o meglio di un'idea) di
Italia Nostra. Progetto che sarebbe a rischio se non sostenuto da una semplice
lettera della Regione. Al di là di ogni valutazione nel merito - spiega Torrenti
- ci si è preoccupati di verificare con gli uffici del dipartimento competente,
del Gabinetto del ministero e con il ministro stesso sia la scadenza, che non
c'è, sia la concretezza della proposta dei 500 milioni di euro disponibili, sui
fondi 2007/2013 residui, per il Porto Vecchio. Ma la proposta non è neanche nota
al ministro, che ha sottolineato come i fondi europei siano cogestiti dalle
Regioni e quindi sarebbero stati oggetto di ampio dibattito nelle sedi
competenti, vista poi la dimensione assolutamente straordinaria. Rilevato che
fondi europei residui 2007/2013 ci sono per svariati miliardi, ma che verranno
sviluppate complesse procedure per riallocarli, è sorprendente che si pensi -
conclude l’assessore regionale - che il sistema per ottenere 500 milioni sia una
richiesta da parte di un'associazione culturale che si diverte a fare progetti
sulla carta, come se lo sviluppo della città fosse un gioco virtuale». «Poteva
sembrare superfluo - è il commento del sindaco Roberto Cosolini alla notizia
data da Torrenti - ma ha fatto bene la Regione a verificare con il ministro Bray
e con la struttura ministeriale l'affermazione, confermatasi priva di
fondamento, circa la possibilità di ottenere direttamente dal ministero dei Beni
culturali 500 milioni di euro per Porto Vecchio a condizione che le istituzioni
sostenessero la richiesta entro il 31 dicembre. Io stesso, pur considerando
l'idea fantasiosa alla luce di quelle che sono le procedure di assegnazione dei
fondi strutturali, avevo chiesto alla Regione questo intervento chiarificatore.
Il ministero ha risposto e quindi coloro che, in buona fede o meno, hanno
sostenuto che questo bancomat dal limite piuttosto elevato fosse lì in attesa di
qualche semplice lettera o di un incontro ne prendano atto. Se sono in buona
fede si rendano conto della gravità delle cose sostenute con mail e comunicati,
tipo che l'inerzia della Regione e della politica in generale facesse perdere
500 milioni a Trieste. I tempi difficili che viviamo - conclude il sindaco -
richiedono grande attenzione e responsabilità nelle affermazioni, anche se il
muro di Porto Vecchio continua a ispirare fantasie e cortine fumogene».
Nuove aree pedonali? Altre zone saranno però
penalizzate - LETTERA DEL GIORNO di Viviana Valente
Le criticità emerse nei giorni di chiusura prenatalizia del centro storico,
possono offrire la possibilità di evitare nuovi errori e scelte
controproducenti. È fin troppo evidente che una parte del centro storico e in
particolare via San Spiridione non regge il supertraffico che deriva dalla
chiusura di Corso Italia. L’effetto “imbuto-camera a gas” è immediato. I veicoli
si imbottigliano, non riescono a circolare, ed è subito aria irrespirabile per i
poveri cittadini che devono circolare a piedi , o che in quelle vie abitano o
lavorano. Nei giorni di prova nessuno ha pensato, purtroppo, di monitorare
l’aria, ma sono certa che i livelli di benzene, se misurati, avrebbero superato,
o per lo meno sfiorato i limiti di guardia. C’è un altro effetto boomerang che
spero non sia sfuggito: la bella chiesa di San Spiridione, una tra le più
visitate e ammirate dai turisti, mèta di pellegrinaggi da molti Paesi di fede
ortodossa, luogo di culto quotidiano per i serbi e i russi di tutta la regione
(e non solo), viene fortemente sacrificata, e non si capisce perché. Senza
contare che il bello e costoso restauro di cui è stata ed è tuttora oggetto
(pagato con il denaro pubblico) sarà cancellato in breve dallo smog prodotto dal
supertraffico imposto dal nuovo piano regolatore. Stessa sorte per la parte alta
del Canale e l’area tra la Chiesa di Sant’Antonio Nuovo e la piazza Ponterosso.
Il rumore e il caos prodotti dall’intasamento di auto, assieme all’aria
irrespirabile, certo non aiutano quei progetti di rilancio che faticosamente
esercenti, negozianti e abitanti cercano di sostenere in termini di decoro e
attrattiva turistica. La domanda dunque è: qualcuno ci ha pensato? E cui prodest?
A chi giova? Siamo sicuri che i benefici – indubbi- che le nuove aree pedonali
guadagneranno, non saranno vanificati, se non addirittura superati dagli
svantaggi che altre aree, ricche di siti, palazzi e monumenti di pregio,
dovranno subire?
«Trieste laboratorio di pace contro le guerre» -
TRECENTO PERSONE ALLA TRADIZIONALE MARCIA
Bandiere arcobaleno, lanterne con la luce di Betlemme e cartelli con il
messaggio del Papa
Bandiere arcobaleno, lanterne con la luce di Betlemme, cartelli contro le
guerre: la Marcia della Pace, come annualmente avviene a ogni Capodanno, ha
percorso anche ieri pomeriggio le vie del centrocittà, partendo da piazza
Garibaldi e attraversando corso Saba, via Carducci, piazza Oberdan, via Ghega,
via Roma e via San Spiridione per concludersi con una serie di interventi in
piazza Sant’Antonio davanti alla chiesa dove successivamente il vescovo
Giampaolo Crepaldi ha celebrato la messa. A marciare 300 persone tra cui il
vicesindaco Fabiana Martini e i consiglieri comunali Anna Maria Mozzi e Roberto
Decarli. Sugli striscioni le scritte “Primo gennaio giornata mondiale della
pace” e “Trieste laboratorio di pace contro le guerre”, poi un cartello con il
tema del messaggio inviato da Papa Francesco: “Fraternità, fondamento e via per
la pace”. Alcuni partecipanti recavano le lanterne con la “Luce della pace di
Betlemme”. La marcia di quest’anno è stata dedicata in particolare alla
terribile situazione politico religiosa che si sta vivendo in Siria e tra coloro
che hanno preso la parola in conclusione del corteo vi sono stati Saleh Igbarià
presidente della Comunità islamica di Trieste e Nader Akkad, siriano oltre che
membro della stessa comunità. Messaggi sono stati portati da Odinea Zupin
presidente dell’associazione Salaam ragazzi dell’Olivo, Ambra Cusin
dell’associazione degli scout cattolici e da Sabina Nuhefendic che ha parlato
dell’organizzazione di un grande evento sulla pace che si svolgerà a giugno a
Sarajevo. Sono state lette anche poesie di Edvino Ugolini, poeta e pacifista
triestino recentemente scomparso. «Anche quest'anno, in occasione del primo
giorno del nuovo anno, giorno che la Chiesa dedica alla venerazione di Maria
invocata come Madre di Dio - ha detto intanto il vescovo Crepaldi - si ripete il
suggestivo incontro eucaristico, qui nella chiesa di Sant'Antonio Taumaturgo
promosso dall'Azione Cattolica per celebrare la Giornata mondiale della Pace.
Ormai sono già 47 gli appuntamenti annuali da quando li promosse il pontefice
Paolo VI. Il nostro Santo Padre Francesco - ha proseguito monsignor Crepaldi -
ha inviato uno stimolante Messaggio che tratta il seguente tema: Fraternità,
fondamento e via per la pace. Il Messaggio pontificio ci invita tutti a
riscoprire il valore umano e cristiano della fraternità e a improntare le
soluzioni della varie e spesso complesse situazioni sociali che travagliano gli
uomini a partire da questo illuminante valore».
(s.m.)
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