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Rassegna stampa
IL PICCOLO - SABATO, 30 giugno 2012
Via alla passerella sul canale Fondi statali per
Ponterosso - URBANISTICA»RIQUALIFICAZIONE
Parte il cantiere con la posa di micropali di sostegno, l’attraversamento
realizzato dopo la Barcolana.
Un milione dal Prusst per l’area fino a Sant’Antonio
Nuovo
Tante cose in città non si fanno perché mancano i soldi, c’è una che invece
si fa quasi solo perché ci sono i denari, ovvero per non perderli. E questo è il
famoso terzo ponte sul Canal grande, o canale del Ponterosso, di cui si discute
dal 2007, in certi momenti con roventi dibattiti, alla fine o convinti o
rassegnati. Nel 2008 doveva esser pronto per il 2009, nel 2009 per il 2010, nel
2010 “certamente” per il 2011, poi per il 2012. E siamo qua. A inizio 2012 era
dato per certo entro giugno, cioé adesso, e le ultime novità spostano ancora la
data: ottobre. Anzi, più precisamente, dopo la Barcolana. Ma se la posa è
autunnale, il cantiere invece apre in questi giorni. Per fare che cosa?
L’assessore ai Lavori pubblici, Andrea Dapretto: «Per preparare le due sponde,
perché serve la posa di micropali di sostegno, e per legge bisogna anche fare
una verifica quando si scava in un interramento: che non ci siano residui
bellici». Il manufatto, su progetto finale dell’architetto del Comune Marina
Cassin, è diventato una passerella leggera, il cui costo resta di 750 mila euro
(mezzo milione statale). Un ponte con parapetti laterali trasparenti, per non
squassare con orditi moderni una delle più perfette prospettive neoclassiche,
quella di cui l’archistar Paolo Portoghesi ha detto: «Il canale del Ponterosso è
come la “Divina commedia”, non ci si può aggiungere neanche una virgola». Ma si
sa che le esigenze urbanistiche hanno prevalso, il canale porterà la
pedonalizzazione in via diretta da piazza Venezia alla fine di via Trento (in
restauro). Dapretto ora ha inserito questa azione in un più complesso restauro
dell’area, che inciderà anche sui due lati del Canale. Perché la novità
principale, al di là del discusso ponte, è un’altra. Negli scorsi giorni è stato
siglato dal Collegio di vigilanza che (ministero delle Infrastrutture e
trasporti, Comune, Regione, Autorità portuale, e anche Saba Italia spa) un
accordo che recupera 1,1 milioni di euro per un programma denominato “La
riconquista del fronte mare”, che comprende la riqualificazione delle banchine
del Canal grande (con gli originali masegni) dalle Rive a via San Spiridione. I
soldi sono quelli restanti, e mai usati, dello stanziamento nazionale Prusst
(Programma di riqualificazione urbana), chiesti per il “tubone” sottomarino tra
Porto vecchio e Campo Marzio, a suo tempo considerato la soluzione ottimale per
liberare le rive dal traffico, anche considerando il futuro destino di Porto
vecchio stesso. Un progetto scansato. Dapretto con l’assessore all’Urbanistica
Elena Marchigiani ha deciso per una progettazione complessiva dell’area, che
comprende anche piazza Sant’Antonio, via Ponchielli e via Paganini, e della
piazza Ponterosso dove l’inizio della progettazione è previsto a settembre (in
seguito l’area della fontana sarà allestita a mercato dopo che un concorso di
idee avrà suggerito le modalità del suo allestimento). Il lavoro tecnico sarà
eseguito dagli uffici comunali competenti riuniti in gruppo trasversale, col
supporto di esperti di storia e architettura, e prevede il sondaggio di tutto il
sottosuolo e la consultazione di progetti giacenti «anche di qualità - dice
Dapretto -, che possono essere la base per la nuova progettazione». Per
completare tutti i lotti serviranno però nuovi finanziamenti. Il ponte, la
riqualificazione di via Trento, il rifacimento di piazza Ponterosso hanno già
l’avallo della Soprintendenza. Il riassestamento delle due rive del canale, in
attesa di progetto, dovrà anche passare il controllo dei Beni culturali.
Transitato attraverso due sindaci, tre direttori regionali dei Beni culturali,
due o tre soprintendenti all’architettura, attraverso una “prova” col ponte
Bailey installato dal Genio civile, e inoltre per un’analisi sismica in Regione
e pure un ricorso al Tar, il ponte da ultimo dovrà anche cedere il passo alla
Barcolana. Tutti i lavori pubblici nell’area si fermeranno per il tempo della
regata velica. Quando finalmente la passerella sarà posata, farà forse meno
rumore di tutta questa sua lunga storia.
Gabriella Ziani
E nella piazza un filare di alberi chiuderà l’affaccio
su via Roma
Il calendario comunale ha alcune date segnate. A luglio cantiere per la
futura posa del ponte sul Canal grande. Durata lavori: tre mesi abbondanti.
Materiali del ponte: struttura in acciaio corten con parapetti in vetro,
pavimentazione in acciaio e pietra, nel corrimano di legno un’illuminazione a
led. Piazza Ponterosso (foto) e via Genova: inizio lavori a gennaio 2013 (fine:
marzo 2014). Costo 1,86 milioni (fondi dal ministero dell’Ambiente e da proventi
di urbanizzazione). Piazza tutta pedonalizzata, senza parcheggio di superficie.
Un filare di alberi chiuderà l’affaccio su via Roma. Via Trento a Largo Panfili:
lavori da gennaio a ottobre 2013, per 2 milioni (di cui 1,4 dal ministero
dell’Ambiente): parziale pedonalizzazione con pista ciclabile tra le vie Rossini
e Ghega. E naturale transito per chi arriverà dal nuovo ponte sul Canale,
potendo quindi arrivare a piedi fino alla stazione dei treni.
Campo Marzio, non si ferma ciò che è ormai compiuto
INTERVENTO DI ELENA MARCHIGIANI - assessore alla
Pianificazione urbana, Mobilità e traffico, Edilizia privata, Politiche per la
casa e Progetti complessi
Colgo l'occasione della segnalazione del Comitato di Campo Marzio (apparsa
su Il Piccolo in data 26 giugno scorso), per puntualizzare alcuni aspetti di
natura sia più generale, sia più direttamente riferiti al tema in questione. In
termini generali, compito di un'Amministrazione è garantire l'equità di
trattamento di tutti i cittadini facendo rispettare regole e procedure. Quindi
se leggi e strumenti di pianificazione vigenti consentono determinati
interventi, l'Amministrazione non può non concederli ai cittadini che ne abbiano
diritto. La questione su cui riflettere è, piuttosto, se tali leggi e strumenti
siano ancora rispondenti alle esigenze della collettività. Su questo,
l'Amministrazione Cosolini ha preso una posizione precisa: rifare il Piano
regolatore, proprio per tornare a riflettere su compatibilità e forme dei grandi
interventi di trasformazione urbana. Ciò che è già stato avviato, e che è ormai
arrivato a maturazione e a realizzazione seguendo procedure corrette, non può
tuttavia essere bloccato, nemmeno dal Comune. I tempi (e i modi) che i cittadini
hanno per fare sentire la propria voce ci sono, ma non sono infiniti. E quando
scadono, non rimane altro – a un'Amministrazione – che appigliarsi alla
correttezza di procedure che non possono essere variate nella sostanza. E con
questo spero di essere stata chiara. La pratica in questione – relativa al
grande progetto di trasformazione in corso nell'area di Campo Marzio – sta
seguendo un iter formalmente corretto. La Circoscrizione in questi anni è stata
interpellata ogni volta che l'interventore ha presentato il progetto o sue
varianti. Così è accaduto anche in merito all'ultima variante cui la
segnalazione fa riferimento; quindi il passaggio per gli “uffici periferici” è
avvenuto. Confermo altresì che l'ultimo parere della Circoscrizione è stato
negativo; il parere non è comunque vincolante. Ciò che è richiesto
all'Amministrazione è di controdedurre puntualmente alle osservazioni fatte. E
così è stato. Per correttezza di informazione, riassumerò brevemente le risposte
dell'Amministrazione, anche per sfatare alcuni giudizi che appaiono del tutto
infondati: - la zona verde U2A, nel nuovo progetto, rimane tale anche su
esplicita richiesta degli Uffici (le tavole possono essere visionate); - per
quanto riguarda l'assetto viario, gli Uffici del traffico hanno puntualmente
valutato le problematiche di accessibilità alla nuova struttura, dettando però
alcune condizioni: tra di esse la creazione di un percorso pedonale tra via
Picciola e via Reni (questo anche se, e va precisato, si tratta di un'area
privata); mentre, per gli stalli di sosta in via Reni, il nuovo assetto dovrà
essere concordato con gli Uffici comunali nella fase di rilascio del certificato
di agibilità; - per quanto asseverato dagli Uffici, le altezze degli edifici non
sono state variate e nemmeno le loro quote di imposta sul terreno; è però
facoltà dei cittadini – qualora abbiano dubbi fondati – segnalare al Comune la
necessità di ulteriori verifiche; verifiche che, già in altri casi, sono state
puntualmente eseguite; - la data del 22.09.2012 si riferisce al primo permesso
di costruire ottenuto; la sua validità è di tre anni e si proroga – per legge –
ogni volta che viene rilasciato un nuovo permesso di costruire. L'ultimo
ottenuto è quello relativo al mese di giugno, da cui ripartono quindi tre anni.
Teoricamente, per ragioni motivate anche dall'entità dell'opera, questo
meccanismo può ripetersi senza limitazioni. Le motivazioni di ritardi e
revisioni non possono essere imputate al Comune, ma vanno attribuite alle
modalità di lavoro e alle disponibilità degli interventori. Modalità e
disponibilità su cui un'Amministrazione può influire solo attraverso la
predisposizione di un nuovo strumento urbanistico, cosa che peraltro sta
avvenendo.
IL PICCOLO - VENERDI', 29 giugno 2012
«Sulla centrale a biomasse l’ultima parola alla
Regione»
Lo sostiene l’assessore comunale Umberto Laureni: «La società Iit srl ha
trasmesso il progetto per ottenere la valutazione d’impatto ambientale»
Spetta alla Regione ogni decisione sul “via libera” alla realizzazione della
centrale a olio di palma che la società “Investimenti industriali triestini srl”
vuole realizzare a Opicina investendo una sessantina di milioni di euro e
creando almeno 25 posti di lavoro. Il sito è quello che fu delle Officine
meccaniche Laboranti ed è posto tra la caserma del “Piemonte Cavalleria” e lo
scalo ferroviario di Opicina Campagna. Nel piano regolatore del Comune di
Trieste è indicato come sito per insediamenti artigianali e industriali. Che
ogni potere decisionale sull’autorizzazione spetti alla Regione lo ha sostenuto
ieri in una nota ufficiale l’assessore comunale all’ambiente. l’ingegner Umberto
Laureni che ha inteso in questo modo fornire ai cittadini dell’altipiano e di
Trieste le necessarie informazioni. «La società Iit srl- Investimenti
industriali triestini, ha trasmesso alla Regione il progetto per ottenere la
valutazione di impatto ambientale, così come è previsto dalla legge. Nello
stesso tempo una copia dell’identico progetto è stata inviata al Comune che è
tenuto ad esporla all’Albo pretorio del 45 giorni. L’ultimo giorno utile entro
cui i cittadini possono esaminare il progetto e presentare eventuali
osservazioni alla stessa Regione, è il 13 luglio». «Dopo questo termine la
Regione esaminerà il progetto e valuterà se l’impianto potrebbe avere
apprezzabili effetti negativi sull’ambiente e se pertanto esso debba essere
sottoposto o meno alla valutazione». Ma non basta. Vista la complessità del
problema, il Comune di Trieste con una autonoma iniziativa, ha già chiesto alla
Regione di attivare questa procedura che consentirebbe tra l’altro di valutare
puntualmente l’impianto in termini di costi - benefici, nonché la sua influenza
a livello ambientale e paesaggistico. «Attualmente - scrive ancora l’ingegner
Umberto Laureni - non sono richiesti al Comune altri atti ufficiali
sull’argomento, in assenza dei quali ogni iniziativa presa autonomamente sarebbe
non dovuta e quindi censurabile. Seguiremo come Comune con la massima attenzione
gli aspetti di nostra competenza, nell’ambito dei procedimenti che spettano alla
Regione e restiamo a disposizione per ogni ulteriore chiarimento». La
presentazione del progetto della centrale sta anche alla base della riunione che
oggi alle 19 l’Associazione per la difesa di Opicina ha organizzato nella sala
del Credito cooperativo del Carso in via del Ricreatorio 4. «Nel corso dei
lavori - si legge sulla nota diffusa ieri dal comitato - verranno esposti e
trattati i molteplici aspetti critici e controversi del progetto che erano già
emersi, suscitando grande preoccupazione per i possibili pericoli per la salute
e, in caso di incidenti, anche per l’incolumità dell’intera Opicina».
Claudio Ernè
Porte aperte all’inceneritore - Ogni giovedì dal 12
luglio l’impianto di via Errera visitabile dalla cittadinanza
I triestini potranno visitare l’inceneritore di via Errera. Ogni giovedì, a
partire dal 12 luglio, cittadini, scolaresche, gruppi saranno accompagnati dai
tecnici dell’impianto in un giro all’interno di quello che tecnicamente si
chiama termovalorizzatore e che più volte, nel recente passato, è stato al
centro di polemiche. «Abbiamo preso questa iniziativa – ha spiegato l’assessore
comunale all’Ambiente Umberto Laureni – proprio per sfatare assurde chiacchiere
che si sono accavallate nel tempo e che non corrispondono alla verità. I
cosiddetti “rifiuti della mafia o camorra” che dir si voglia non riguardano
l'inceneritore. L’operazione si inserisce in un più ampio progetto di questa
giunta, che intende essere trasparente sotto tutti i profili. I visitatori
potranno verificare di persona cosa si fa dentro l'impianto, dialogando coi
tecnici e gli addetti – ha concluso – del resto l’inceneritore è già stato
aperto alle associazioni ambientaliste, ai comitati, a quanti si occupano di
ambiente, che hanno potuto verificare sul posto la correttezza delle operazioni,
ottenendo risposte a tutte le loro domande». È nelle intenzioni
dell’amministratore estendere l’iniziativa al porto e ad altre aziende attive in
città. All’inceneritore si accederà con una prenotazione da effettuare con i
moduli che si possono scaricare dal sito AcegasAps o ritirandoli aell’Urp del
Comune o agli sportelli AcegasAps, a partire dal 2 luglio. Saranno ammessi
gruppi da 10 a 20 persone. Laureni chiederá a Trieste Trasporti di «valutare la
possibilità di allestire una linea dedicata che giunga all’inceneritore».
«Abbiamo colto al volo la proposta dell'assessore Laureni – ha sottolineato il
responsabile dell’impianto, Paolo Dal Maso - perché così si possono sfatare
leggende metropolitane che riguardano l'impianto. Non è vero, come erroneamente
e troppo spesso si dice che si butta tutto nello stesso calderone. I visitatori
potranno constatare di persona il lavoro che viene svolto e quali sono le regole
che ne disciplinano il funzionamento». La ricognizione durerà circa un'ora e
mezza, ogni giovedì mattina ne saranno organizzate due, alle 9.30 e alle 11.30.
L'inceneritore sarà aperto anche alle scolaresche. «Le scuole sono invitate a
predisporre per il prossimo anno scolastico – hanno detto i rappresentanti dell’AcegasAps
- una serie di visite, inserendole nel programma di studio, in quanto l'ambiente
oggi è un tema fondamentale». A Padova, lo scorso anno nell’ambito di
un’iniziativa gemella l’impianto è stato visitato da circa duemila persone.
Ugo Salvini
IL PICCOLO - GIOVEDI', 28 giugno 2012
Alla Rotonda del Boschetto il “sabato ecologico” di
Acegas
Proseguono i “Sabati Ecologici” promossi da AcegasAps e Comune di Trieste.
L’iniziativa si propone di migliorare la raccolta differenziata e di contrastare
l’ancora diffuso fenomeno dell’abbandono indiscriminato di rifiuti ingombranti
in strada. Dopo il 23 giugno a Prosecco, il Centro di raccolta itinerante sarà
presente sabato prossimo nella Sesta Circoscrizione, in Rotonda del Boschetto,
nell’area del parcheggio della sede della Circoscrizione stessa. Per ultimo,
sabato 7 luglio, il Centro sarà nella Settima Circoscrizione, nell’area del
parcheggio dietro alla Risiera di San Sabba. L’orario di apertura previsto del
Centro di raccolta è dalle 9 alle 17.
“Una rivoluzionaria con dolcezza” - OMAGGIO A MARINA
SPACCINI
Liceo Dante aula magna, via Giustiniano 3 Info: tel. 338 1652364, 338
2118453
Oggi alle 17, nell'aula magna del liceo Dante, l'evento "Una rivoluzionaria con
dolcezza - Marina Spaccini" (foto) aprirà il Festival delle Diversità 2012. Dopo
i saluti de “I Cammini aperti” associazione organizzatrice e dell'assessore
provinciale Roberta Tarlao, avrà inizio l'evento promosso dalla Tavola per la
Pace e Democrazia di Trieste con la proiezione di un breve video girato per la
Rai da Maddalena Lubini, che renderà viva l'immagine e l'opera di Marina negli
ambiti della sua attività. Sulle attivià di cooperazione all’estero con il
marito Giorgio Pellis, e sull’amicizia con Marina Spaccini, porteranno una
testimonianza Gianfranco Schiavone del Consorzio Italiano di Solidarietà, Sofia
Quintero, don Mario Vatta, Lucia Cosmetico, frate Antonio Santini, Lisa Clark di
Beati i costruttori di Pace. Interventi musicali di Maura Scaramella e Lorenzo
Pellis, figli di Marina e Giorgio.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 27 giugno 2012
«Val Rosandra, partire subito col ripristino»
Capuzzo scrive al sindaco Premolin: serve una delibera per gli
interventi, coinvolgendo gli abitanti
Una lettera aperta al sindaco di San Dorligo, Fulvia Premolin, per agire
subito, e con un’ampia convergenza di forze e sintonia, per il recupero
dell’area protetta della Val Rosandra. La firma Alessandro Capuzzo, negli anni
’90 consigliere comunale “verde” del Comune e di recente impegnato nella
costruzione della Tavola interconfinaria per la pace, indirizzandola anche agli
scienziati e naturalisti Poldini, Dolce, Nimis, Bressi, Colla e Gasparo, oltre
che al rappresentante del Comitato per la Val Rosandra, Alessandro Severi. Dopo
aver partecipato al consiglio comunale dedicato ai lavori di disboscamento della
valle e alla conferenza organizzata dai naturalisti, Capuzzo sensibilizza il
sindaco Premolin sulla necessità di lasciar perdere il “muro contro muro” fra le
parti, per concordare su un piano di ripristino nell’interesse di Comune ed
ecologisti. È indispensabile, sottolinea la lettera, ricostruire una sintonia
con la comunità locale nella gestione dell’area protetta, lasciando da parte le
implicazioni politiche e giudiziarie, pur discutendo apertamente su quanto
accaduto. Ma, soprattutto, «circoscrivere e proteggere l’area e iniziare a fare
sinergia per un recupero del sito nel lungo periodo». Capuzzo rivolge al sindaco
un appello «a tener alta l’attenzione». E sollecita una delibera che recepisca i
punti proposti dai professori Poldini e Nimis nell’incontro riservato del 23
maggio, di cui Premolin ha detto di aver riferito in consiglio comunale e di
voler relazionare anche alla Comunella e alle frazioni del territorio. In
mancanza di una delibera, però, rileva Capuzzo, è impossibile avviare un’azione
di sensibilizzazione e di monitoraggio attivo del sito. Anzi, c’è il rischio di
diffidenze da parte delle persone mobilitatesi in difesa della Valle, «alleate
importanti per l’avvio del piano di ripristino ambientale». Su quest’ultimo,
poi, dovrà essere coinvolta la gente del posto. Capuzzo chiede a Premolin
un’azione concreta per trasformare gli accordi presi in una “piattaforma di
lavoro”, in modo tale da poter lavorare concretamente per la tutela di un bene
naturale prezioso, tenendo conto delle attività di monitoraggio, protezione e
coltivazione necessarie e dei progetti educativi e Interreg che possano
coadiuvare l’operazione.
Nuovo Prg: «Una variante per i Tir» - BASOVIZZA
La gente della frazione carsica chiede al Comune di deviare i camion
BASOVIZZA È il gran traffico di veicoli e autoarticolati che puntualmente
sforano i limiti di velocità il vero problema di Basovizza. E uno dei mezzi per
tentare di restituire un minimo di vivibilità e sicurezza ai suoi residenti
passa per l’interdizione ai Tir della Statale 14, l’arteria che sfiora il cuore
del paese e che porta all’ex valico internazionale di Pesek. La richiesta di
impedire ai grandi camion e agli autoarticolati di percorrerla arriva
direttamente dai cittadini, e è stata inoltrata con determinazione ai
consiglieri del parlamentino di Altipiano Est nell’incontro organizzato dalla
circoscrizione per raccogliere dalla cittadinanza suggerimenti e indicazioni per
la stesura del nuovo piano regolatore. Nella discussione tra residenti e
consiglieri, la pericolosità della trafficata direttrice è apparsa quale “madre”
delle tante questioni relative alla complessa viabilità della frazione. Oltre
alla vicinanza con i valichi di Lipizza e Pesek, Basovizza è capolinea e base di
partenza per la più trafficata delle strade provinciali triestine, la numero 1.
E il paese è ogni giorno di più meta dei tanti escursionisti che da qui
imboccano sentieri e percorsi per il Cocusso e i boschi circostanti. Tante
comunque le proposte affidate dalla gente al parlamentino. Oltre
all’interdizione ai Tir sulla Statale 14, i residenti suggeriscono di creare una
rotatoria all’incrocio della statale con la via Kette e la strada che porta alla
Foiba e a San Lorenzo. Una ulteriore rotonda viene indicata come soluzione per
il pericoloso incrocio posto alle porte del borgo tra la già citata statale e la
via Gruden. Per molti cittadini è poi assolutamente necessario realizzare lungo
la dorsale via Gruden che attraversa Basovizza un marciapiede per garantire
sicurezza ai pedoni, in quotidiana difficoltà soprattutto all’esterno delle
scuole elementari e dell’infanzia. Un'altra indicazione per il nuovo Prg per
favorire il “decongestionamento” del centro, la realizzazione di un by-pass
lungo l’area del sincrotrone, percorso che praticamente è già esistente e che,
perfezionato, consentirebbe di non vincolare a tale scopo altri terreni privati.
Fondamentale infine la creazione di nuovi parcheggi. Tra le aree individuate, la
zona del vecchio stagno, la strada provinciale 19 nei pressi del cimitero e la
messa a punto di stalli a pagamento lungo via Gruden.
(Ma. Lo.)
IL PICCOLO - MARTEDI', 26 giugno 2012
Carso, meno vincoli per le cave approvando i piani di
gestione
MONRUPINO «Entro fine anno dovranno essere approvati i Piani di gestione
delle aree Sic-Zps del Carso: sarà fondamentale che le attività estrattive di
pietra ornamentale delle piccole cave carsiche vengano interpretate come
compatibili con le esigenze di tutela e salvaguardia degli habitat naturali».
Igor Gabrovec, consigliere regionale della Slovenska skupnost-Unione slovena,
interviene così sulle difficoltà fatte emergere dagli imprenditori del settore
dell’escavazione e lavorazione della pietra ornamentale carsica. Fortemente
penalizzati dalla normativa vigente e soprattutto dal fatto che buona parte
delle cave sul Carso rientrano nell’area sottoposta a pesanti vincoli
ambientali, i cavatori hanno lanciato un appello alle istituzioni affinché la
loro situazione venga risolta, pena la perdita di centinaia di posti di lavoro.
Gabrovec ha spiegato come qualcosa sia già stato fatto: «Su mia proposta il
Consiglio regionale nello scorso maggio 2011 ha inserito un’ importante modifica
alla legge regionale che disciplina le attività estrattive, prevedendo che
all’interno dei parchi regionali, comunali e intercomunali sia vietato
l’esercizio di nuove attività di ricerca e di coltivazione delle sostanze
minerale ad eccezione di quelle relative a pietre ornamentali, comprese le cave
di pietra ornamentale in sotterraneo, così come in aree di falde acquifere»”. Ma
su buona parte delle cave gravano i vincoli “europei” sui quali la Regione ha
competenza e poteri ben circoscritti. «Certo, si sarebbe potuto a suo tempo
perimetrare le aree protette escludendo tutte le zone di cava e prevedendo un
ragionevole cuscinetto di futura espansione – ammette Gabrovec - ma questo è un
treno perso già una decina di anni fa: rincorrerlo sarebbe tutt’altro che
semplice». Che fare dunque? L'esponente della Ssk si è adoperato affinché nel
Progetto di sviluppo rurale del Carso Triestino, commissionato dalla Regione al
Gal Carso, fosse inserito un capitolo esplicito riguardante l’artigianato della
pietra. Con l’auspicio che anche i relativi Piani di Gestione delle aree
interessate possano stimolare ulteriormente “lo sviluppo delle attività
estrattive identificate come cave di pietra ornamentale, compatibilmente con gli
indirizzi generali e le esigenze di salvaguardia e promozione del patrimonio
carsico”. A breve il Consiglio regionale sarà impegnato con una “legge di
manutenzione”. Gabrovec annuncia: «In quell’occasione cercheremo sicuramente di
valutare la possibilità di rispondere ancora alle esigenze del settore che, come
confermano dagli stessi imprenditori, è soffocato da norme spesso incoerenti ed
ingiuste che bloccano un’attività tradizionale, famosa e apprezzata in Europa e
nel mondo fin dai tempi più remoti».
(Ri. To.)
Bagno sicuro anche più al largo - Collaborazione
Regione-Ogs, monitorata la qualità delle acque
Anche quest'anno è partita la campagna “Bagno sicuro in mare aperto” in
collaborazione tra l'assessorato regionale al Turismo e l'Istituto di
oceanografia e di geofisica sperimentale (Ogs). Si tratta di un'analisi delle
acque al largo del golfo di Trieste, soprattutto per quanto riguarda la presenza
di batteri colifecali ed “escherichia coli” che indicano se le acque sono
balneabili o meno. Il progetto, al suo secondo anno, prende a campione le acque
da 10-15 stazioni dislocate tra punta Salvore e punta Tagliamento nel periodo
tra maggio e settembre. L’obiettivo è quello di monitorare le acque al largo
della costa per garantire la balneabilità anche ai diportisti, giacché invece
all’Arpa spetta la competenza del controllo entro i tre chilometri dalla costa.
Come ha sottolineato la biologa marina Paola Del Negro, «ci si preoccupa troppo
spesso delle acque costiere entro i tre chilometri e si pensa che i batteri
indicatori di inquinamento fecale mal sopportino le variazioni di salinità e
temperatura del mare. Non sempre è così e a volte sono misurabili anche al
largo. Finora però i batteri, trovati in percentuali ridotte, sono sempre stati
in profondità e con una maggiore presenza nei pressi degli scarichi». E se è
vero che il depuratore scarica appunto al largo, a circa sei chilometri dalla
costa, dalle prime misurazioni fatte in questi mesi i risultati, come del resto
quelli dello scorso anno, sono ottimi, ha spiegato ancora Del Negro: «Nel 2011 i
risultati sono stati incoraggianti, abbiamo avuto un'ottima qualità dell'acqua
per quanto riguarda la balneazione al largo. Anche i dati dello scorso maggio
sono ottimi». Il numero di diportisti che frequentano il nostro golfo è in
costante aumento, in regione ci sono 24 marine per oltre 15mila posti barca.
Garantire la balneabilità anche in mare aperto diventa quindi importante, ha
spiegato l'assessore regionale al Turismo Federica Seganti: «Vogliamo offrire un
servizio in più non solo ai residenti, ma anche ai tanti turisti stranieri». A
partecipare al progetto in luglio e agosto sarà molto probabilmente anche
l'Istituto nautico, per coinvolgere gli studenti delle scuole superiori e far
conoscere i metodi di campionamento delle acque.
(i.gh.)
AGRICOLTURA Impianti fotovoltaici, arrivano 630mila euro
Un decreto firmato dell’assessore regionale, Claudio Violino , ha aggiornato il documento di programmazione finanziaria del Fondo di rotazione in agricoltura con un finanziamento di 630 mila euro per domande giacenti riguardanti la realizzazione di impianti fotovoltaici, Si tratta in particolare di impianti che sono presenti sui tetti delle stalle, che possono garantire l’autosufficienza energetica delle stesse aziende. «Abbiamo destinato questi fondi per la realizzazione di impianti su strutture già esistenti - ha detto Violino - perchè può essere un vantaggio».
Cantiere di Campo Marzio circoscrizione ignorata -
l’INTERVENTO DI SERGIO KOSIC - Comitato Campo Marzio
In relazione all’articolo “Cantiere abbandonato: mistero a Campio Marzio”
del 20 giugno scorso, il comitato Campo Marzio ritiene di fare le notazioni qui
di seguito indicate e rivolte soprattutto al Comune di Trieste. 1. Dalla lettura
dell’articolo si viene a conoscenza dell’avvenuta concessione del progetto di
variante presentata dalla Cmc. Per quanto ne sappiamo a detto progetto la
Circoscrizione aveva dato parere negativo, ma ancora una volta gli uffici hanno
provveduto in senso contrario. Ora può essere che le precisazioni e i
chiarimenti richiesti dal Comune abbiano sanato le perplessità sollevate dalla
Circoscrizione, ci chiediamo però come mai non sia stato rifatto il passaggio
negli uffici periferici per consentire al parlamentino rionale di avere diretta
visione delle novità. 2. Per quanto a nostra conoscenza, una delle perplessità
maggiori sollevate dalla Circoscrizione riguardava la sparizione di una delle
zone verdi U2A previste dal piano regolatore vigente, che fine ha fatto tale
area? 3. Altro argomento toccato da quelle varianti riguardava gli accessi e le
uscite veicolari dal grande parcheggio; una di queste (Via Murat) prevedeva e
comportava addirittura il cambio di senso di marcia di una delle strade
limitrofe. Se il Comune ha approvato questa variante ha approvato anche il
cambio di senso marcia della strada limitrofa? Sarebbe interessante conoscere
questo aspetto. 4. Sempre in tema di circolazione attorno all’insediamento a
seguito delle modifiche degli accessi, ci preme sapere se su via G.Reni
permarranno gli stalli di sosta, oppure verrano eliminati per favorire il
traffico su questa via di entrata e uscita in una proprietà privata. 5. È nostra
concreta convinzione che l’edificato sino a questo punto non rispetti a pieno il
progetto inizialmente approvato e che siano stati realizzati, specie in altezza,
discreti sforamenti alle quote di progetto, per cui il fabbricato alla fine
risulterà ancora più alto di quanto inizialmente previsto. Ci chiediamo se il
Comune controlla, ha in animo di controllare, non farà assolutamente nulla (di
questi comportamenti ovviamente i cittadini dovranno tenere debitamente conto al
momento opportuno), per la tutela ed il rispetto quantomeno del bene comune. 6.
Qualora il Comune non muova un dito in questo senso, chiediamo come i privati
cittadini possono tutelare i loro interessi e far eseguire i citati controlli,
che ripetiamo in questo caso, vista l’imponenza dell’ntervento, dovrebbero
essere di normale routine da parte del Comune. 7. Come esposto sul cartello di
cantiere e riportato dallo stesso articolista, le opere dovrebbero essere
concluse entro il 22.09.2012. Per quanto l’Impresa Collini proceda a spron
battuto, sicuramente questa data non potrà essere rispettata, anzi, una volta
completata l’edificazione, deve iniziare tutta l’opera di allestimento, che per
quanto rapida non sarà inferiore ad altri due anni almeno. Ora chiediamo: quante
proroghe può chiedere un costruttore? Qualcuno dirà: meglio sia data la
possibilità di finire, piuttosto che vedere poi un’incompiuta permanente!
Sicuro, ma si può anche consentire a ridurre la volumetria complessiva
dell’edificazione e concedere di completarla entro tempi ragionevoli e non
lasciare che il cantiere abbia una vita indefinita e infinita. È giusto il
rispetto verso il privato che edifica, ma altrettanto giusto è il rispetto verso
quei cittadini che di questa situazione traggono solo nocumento.
SEGNALAZIONI - TRAFFICO Smog in via Rossetti
I sottoscritti cittadini che vivono e lavorano nelle vie Battisti, Gatteri e Viale, che a causa del traffico in accelerata verso la rampa di via Rossetti, sono costretti a subire quotidianamente un inquinamento ambientale e acustico da camera a gas, appreso con sconcerto che il Comune ha ritirato la proposta di invertire il senso di marcia nella rampa suddetta e propone addirittura di aumentare il volume del traffico in via Gatteri e quindi nell’ultimo tratto della già intasatissima via Battisti, chiedono rispettosamente che prima di prendere una decisione definitiva in tal senso, venga installata una centralina per il rilevamento dei dati sull’inquinamento ambientale che a nostro avviso mette a rischio la salute dei cittadini, in una zona tra l’altro che ospita scuole, bar con tavolini all’aperto, una farmacia, un centro civico, supermarket, negozi di vario tipo. Sappiamo tuttavia che il Comune ha fatto dietrofront a seguito delle indicazioni dell’Azienda ospedaliera e della Provincia, per motivi di percorribilità attorno all’ospedale, e proprio per questo ci rivolgiamo anche all’Azienda Sanitaria. Infatti, nel caso la centralina riveli i livelli di inquinamento che noi supponiamo, ovvero nocivi per la salute, chiediamo di verificare la possibilità di soluzioni alternative, come ad esempio l’istituzione di una corsia riservata alle ambulanze, ripristinando l’idea iniziale del traffico a riva in giù per le vetture private.
Nivea “Lilla” Cepak e altre 36 firme
COMUNICATO STAMPA - LUNEDI', 25 giugno 2012
DISEGNO DI LEGGE SULL’ENERGIA - IL WWF:
“LA GIUNTA CERCA DI LEGITTIMARE UNO SPAZIO DI CONTRATTAZIONE PRIVATA CON LE
LOBBY ”
Lo prevede il ddlr presentato in IV Commissione. Secondo l’associazione si
tenta così di ridurre ad una grottesca monetizzazione le complesse vicende del
rigassificatore di Zaule o degli elettrodotti Somplago-Würmlach e
Udine-Redipuglia.
Un grottesco tentativo della Giunta regionale di ritagliarsi uno spazio di
“contrattazione privata”, prettamente economica, con le lobby energetiche grandi
e piccole, quando sono in gioco progetti di infrastrutture come il
rigassificatore di Trieste: questa la critica principale del WWF Friuli Venezia
Giulia al disegno di legge regionale sull’energia, di cui si è discusso giovedì
21 giugno nel corso di un’audizione in Consiglio regionale.
L’art. 17 del disegno di legge prevede infatti che la Giunta regionale – su
proposta dell’assessore all’energia (attualmente Luca Ciriani) - possa stipulare
accordi con i proponenti dei progetti di infrastrutture energetiche, sia che le
autorizzazioni di queste siano di competenza regionale o statale, “per
assicurare la sostenibilità socio-economica, territoriale e ambientale dei
progetti stessi”.
Tali accordi verrebbero stipulati DOPO il rilascio delle autorizzazioni:
tuttavia la norma prevede che l’efficacia di ogni autorizzazione sia subordinata
(non si comprende come) alla stipula del relativo accordo, che conterrebbe in
particolare:
- “quantificate (come?) e positive (a giudizio di chi?) ricadute sul territorio
in termini di vantaggi economici e di sviluppo per le utenze produttive o
civili”
- “adeguate (a giudizio di chi?) misure di compensazione e di riequilibrio
ambientale, territoriale ed economico.
“E’ evidente – continua il WWF – il tentativo di ridurre questioni complesse
come l’impatto degli impianti energetici, ad un “mercato” tra il ceto politico
al potere ed il mondo imprenditoriale (si tratti di grandi multinazionali o di
piccole e medie società locali)”.
Secondo l’associazione l’articolo 17 è stato pensato, evidentemente, soprattutto
allo scopo di cercare di risolvere in qualche modo, attraverso un grottesco
tentativo di sostanziale monetizzazione, sia la vicenda del progetto del
terminale di rigassificazione del GNL proposto dalla società GasNatural nel sito
di Trieste-Zaule, sia quelle degli elettrodotti Somplago – Würmlach e
Redipuglia-Udine Ovest, che la Giunta non ha saputo né voluto affrontare sul
piano tecnico ed ambientale, pur in presenza di numerose, gravi e comprovate
irregolarità e carenze nelle varie fasi delle procedure VIA.
Le eventuali ricadute positive, le compensazioni e quant’altro, dovrebbero
semmai far parte degli elementi da valutare ed approfondire, in un quadro di
trasparenza e partecipazione aperta a tutti gli interessati, delle procedure
VIA, ovviamente PRIMA dell’avvio dell’iter autorizzativo.
Il WWF chiede perciò lo stralcio dell’articolo.
Quanto al complesso del disegno di legge, l’associazione ambientalista osserva
che questo giunge all’esame del Consiglio regionale con grande ed inspiegabile
ritardo (posto che una versione dello stesso testo era stata approvata dalla
Giunta regionale il 3 luglio 2009), quando – per buona parte – “i buoi sono
scappati dalla stalla”. Infatti numerosi progetti di impianti, di varia natura e
dimensione, hanno trovato modo di essere autorizzati – non senza comportare
impatti significativi sul territorio, l’ambiente ed il paesaggio - nel lungo
periodo di vacatio intercorso dall’entrata in vigore della legge regionale
30/2002, che si intende sostituire.
Né può essere sufficiente, a giustificare tale ritardo, la motivazione
dichiarata dall’assessore Ciriani, cioè la doppia modifica nell’attribuzione
delle deleghe giuntali intervenuta nel corso del 2010.
Un giudizio organico sulla politica energetica della Regione – conclude il WWF –
si potrà esprimere solo quando sarà disponibile il nuovo Piano Energetico
Regionale, che sostituirà (ma non si sa quando) quello del 2007, rivelatosi del
tutto inefficace. L’auspicio è che il P.E.R. dedichi la massima attenzione – ben
al di là dell’obiettivo minimo dell’1% annuo indicato nel disegno di legge -
agli investimenti nell’efficienza energetica, molto più redditizi (anche in
termini di posti di lavoro generati) e meno costosi di quelli nella costruzione
di centrali elettriche ed altri impianti produttivi, come emerge anche dal
“Libro Verde dell’efficienza energetica” dell’Unione Europea (2005).
WWF-FVG
IL PICCOLO - LUNEDI', 25 giugno 2012
«Opicina, no alla centrale» - Parte una petizione, 200
firme. Mobilitazione anche online
Non piace proprio il progetto per la costruzione di una centrale a biomasse
vicino all'abitato di Opicina. Molte associazioni ambientaliste,oltre alla
Circoscrizione e a semplici cittadini, si stanno muovendo. Intanto con una
petizione che verrà inviata alla Regione per chiedere l’avvio di una procedura
di Valutazione d’impatto ambientale che coinvolga enti pubblici, associazione e
cittadini. Finora di firme ne sono state raccolte duecento, la mobilitazione
continua anche online. Anche perchè l’iter burocratico del progetto prevede che
entro i primi di luglio debbano essere presentate eventuali obiezioni da parte
dei cittadini per avviare una procedura di Via (valutazione di impatto
ambientale). Secondo i calcoli della Regione si tratta di un investimento tra 50
e i 60 milioni di euro. Nei due anni previsti per la realizzazione dell’opera
lavoreranno nel cantiere oltre cento operai. La “Iit srl” (Investimenti
industriali triestini) è pronta a partire in qualsiasi momento. Nel progetto i
due diesel impiegati nella centrale saranno dei 18 cilindri a V costruiti nello
stabilimento di San Dorligo della Valle. L’olio di palma indicato come
combustibile arriverà via mare e sarà sbarcato a Trieste. Serviranno
sessantamila tonnellate all’anno che verranno trasportate a Opicina con dei
carri ferroviari. Ma le associazioni ambientaliste in cinque punti contestano
questi dati e i benefici economici che ne deriverebbero. Il primo: si configura
un costo globale non sostenibile - affermano -, basti pensare ai costi per il
trasporto dall'Africa del materiale; e un aumento dell'inquinamento. Il secondo
punto riguarda il progetto che «non tiene conto della corretta realizzazione di
questo tipo di impianti che, per essere veramente ecosostenibili, dovrebbero
utilizzare biomasse prodotte entro 70 chilometri dal sito dell'impianto stesso,
e non considera il costo del mantenimento di tale struttura dovuto, per esempio,
al trasporto in sede delle biomasse e al prezzo delle biomasse stesse». Terza
contestazione: saranno realizzate due ciminiere alte 35 metri abbattendo zone a
vincolo boschivo, per cui l'impianto avrebbe un impatto lesivo del paesaggio con
conseguente deprezzamento del valore economico degli edifici residenziali
privati. Quarto punto: secondo i sodalizi l'emissione di particelle come le PM10
da parte della centrale aumenterebbe il rischio per la salute visto che tali
polveri sono una delle cause di decesso per tumori ai polmoni. E per finire, «la
centrale verrà realizzata su un sito sul quale sono stati costruiti e riparati
carri ferroviari coibentati con amianto per diversi decenni, ma non è prevista
alcuna analisi» delle condizioni del suolo.
«Trieste-Divaccia L’Europa è pronta a tagliare 50
milioni»
L’ex assessore Sonego lancia l’allarme: «Opera a rischio perché Italia e
Slovenia non hanno rispettato gli impegni»
IL RUOLO LEGHISTA Hanno dato il mandato a Castelli ma l’ex viceministro si è
preoccupato solo del valico domestico Genova-Milano
GLI ERRORI di Lubiana È stato un grosso sbaglio bocciare il collegamento con
Capodistria anziché favorire i rapporti transfrontalieri
TRIESTE «L’Unione europea si appresta a tagliare all’Italia i 50 milioni di
euro di contributo per la progettazione della Trieste-Divaccia, snodo
fondamentale del Corridoio Lione-Budapest, infrastruttura ancor più strategica
dell’oggi tanto decantato Corridoio Adriatico-Baltico». Torna in scena, con
questo campanello d’allarme Lodovico Sonego, precisando di parlare come
«semplice cittadino, ma estremamente documentato e preparato, e logicamente con
l’esperienza di essere stato il precedente assessore regionale a Infrastrutture
e trasporti». Sonego, ma quali sono le sue fonti e perché questo probabile
taglio? Fonti politiche italiane ai più alti livelli. La progettazione della
tratta Trieste-Divaccia ha un costo stimato di 100 milioni di euro circa, la
metà dei quali sovvenzionati dalla Commissione europea. É questa la parte di
finanziamento che Bruxelles vuole tagliare perlomeno nella misura dell’80%,
perché il programma non sta procedendo secondo gli impegni assunti dai due
Stati, il progetto ha uno scarso grado di maturazione, non è realistico supporre
che possa andare a buon fine. L’Italia sta ora tentando di correre ai ripari, ma
rimane il fatto che ormai Bruxelles ha capito che almeno su questo fronte Roma e
Lubiana non stanno facendo sul serio e si è quasi del tutto compromesso il
rapporto di fiducia e credibilità. Questo è gravissimo perché il taglio di cui
si parla sarebbe un colpo molto serio alla implementazione del programma
ferroviario, ma peserebbe ancor di più il fatto che alla riduzione dell’impegno
economico si sommerebbe l’uscita di questa ferrovia dalla programmazione europea
delle opere strategiche con ovvie conseguenze per il Friuli Venezia Giulia e
Trieste. Rimane uno spazio di manovra per rimediare? Spero che l’Italia riesca
in extremis a convincere l’Ue a mantenere i finanziamenti ma per farlo deve
prendere atto che sono stati commessi da entrambe le parti gravi errori
politici. Innanzitto Berlusconi anziché lasciar lavorare il ministro Frattini ha
assegnato il dossier a Castelli, viceministro della Lega che ha gestito la
programmazione delle infrastrutture a uso e consumo della Lombardia. Per Prodi
le priorità erano le tratte internazionali: Lione-Torino, Trieste-Divaccia,
tunnel del Brennero. Per Castelli la priorità è divenuto il valico domestico
Genova-Milano che è stato sostenuto con rilevanti finanziamenti Cipe. Ciò
presupponeva che la Trieste-Divaccia finisse sul binario morto. Il secondo
errore italiano è stato il tracciato scelto da ultimo, quello alto che sposta i
binari sopra Opicina e prevede che dal confine a Divaccia la ferrovia faccia un
lungo e costoso tragitto in territorio sloveno, tratta che dovrebbe essere
realizzata a spese di Lubiana che non considera quest’opera prioritaria, con
tutti gli ostacoli che era presumibile sorgessero. Ma alla Slovenia non va
addebitato alcun errore? Anche Lubiana ha sbagliato. Ha voluto sempre vedere
tutto in un’ottica esclusivamente nazionale, ha sempre pensato alla
Capodistria-Divaccia come all’opera prioritaria per il Paese, con il risultato
di farsi togliere anche qui i finanziamenti da Bruxelles che ha preso atto che
il progetto difettava di maturità. In questo caso i 230 milioni Ue sono stati
revocati per la mancata autorizzazione ambientale al raddoppio del tracciato da
parte dell’agenzia Arso. La via d’uscita sarebbe stata considerare la
Capodistria-Divaccia come elemento di una comune politica italo-slovena che
includesse anche la Trieste-Divaccia. Una politica che a Bruixelles avremmo
potuto sostenere assieme. Lubiana però non vuole nemmeno il collegamento tra i
porti di Trieste e Capodistria Da assessore l’ho sempre sostenuto: è utile e
razionale. Ma gli sloveni ne hanno fatto una questione identitaria, il che non
ha certo facilitato le relazioni transfrontaliere. E la questione
dell’Adriatico-Baltico, in discussione in questi mesi a Bruxelles, come si
concluderà? L’Adriatico-Baltico è strategico, il primo protocollo con Danzica
per il Corridoio l’ho firmato io a Trieste nel 2007. Tuttavia l’enfasi che vi si
pone oggi è fuori scala e serve a nascondere il fatto che alla fine, persi i
finanziamenti per la Trieste-Divaccia, si vorrà archiviare il Corridoio
Lione-Budapest dicendo che basta l’altro. Nulla di più falso, i Corridoi sono
indispensabili entrambi.
Silvio Maranzana
Ferrovie austriache, due nuovi locomotori
In partenza a breve un treno completo dallo Scalo Legnami. Ma RcA lancia
l’allarme su Rfi
Rail cargo Austria (RcA) continua a espandersi nel porto di Trieste ma
lancia un allarme: le Ferrovie italiane non si occuperanno più delle manovre a
Campo Marzio, «se non c'è una regia ci saranno problemi e i costi resteranno
alti». Due nuovi, enormi locomotori diesel per spostare i carri ferroviari verso
i punti nevralgici dello scalo e, a breve, un treno completo per trasportare
l'alluminio dallo Scalo legnami. RcA, per mezzo del suo braccio operativo Rail
cargo Italia guidato dallo svedese Leo Herze, prosegue nell'aggiudicarsi fette
di mercato nel porto così come sperato dalla maggior parte degli operatori dello
scalo che contano sulla presenza dell'operatore ferroviario per garantire
concorrenza, nuovi servizi e costi più bassi. Ma pare che nella liberalizzazione
non tutto fili liscio. A dirlo lo stesso amministratore delegato di RcI. «A
dicembre, ma forse anche prima, Rfi (società delle Ferrovie dello Stato che
gestisce la rete, ndr) ci ha avvisato che non si occuperà più della manovra
ferroviaria nella stazione di campo Marzio. Se ci fosse una società unica a
occuparsene la situazione sarebbe stata semplice, ma a Trieste non c'è». Quindi
nei prossimi mesi prenderà il via almeno in parte la liberalizzazione dei
servizi ferroviari commerciali, ma i problemi non saranno risolti. Cosa
succederà quando tre o quattro operatori ferroviari dovranno spostare i loro
locomotori dalla Stazione di Campo Marzio verso il porto? E se un treno arriva
tardi si ferma ad aspettare il proprio turno? E ci sarà spazio per un'eventuale
sosta? «Sia a livello strutturale che “politico” non c'è un piano ferroviario.
Noi siamo venuti a Trieste perché mancava la concorrenza e siamo convinti che i
porti del Nord-est devono essere porti “austriaci” - spiega Herze – dal punto di
vista ferroviario, naturalmente. Ma ci sono una serie di problemi per i quali i
costi non necessariamente scenderanno». Ma chi dovrebbe redigere un piano
ferroviario del porto? «Una bella domanda. Ezit, ferrovie e Authority dovrebbero
decidere, ma noi stiamo ancora cercando da chi andare e se nessuno decide –
spiega Herze – si rischia l'anarchia. Noi stiamo andando avanti ma più
lentamente del previsto, a Capodistria non abbiamo questi problemi». Intanto, a
beneficiare dei nuovi investimenti di RcA sarà la General cargo terminal attiva
allo Scalo legnami. I nuovi locomotori verranno utilizzati anche in quelle aree
dove la rete elettrica è stata dismessa, o non sottoposta a manutenzione, da
parte di Rfi. L'investimento sulla movimentazione “interna” avrà subito una
conseguenza pratica, poiché dallo Scalo legnami – ormai non più isolato dal
punto di vista ferroviario – prenderà il via a breve un treno settimanale per il
trasporto di alluminio verso l'Ungheria.
Riccardo Coretti
IL PICCOLO - DOMENICA , 24 giugno 2012
«Rigassificatore, progetto obsoleto e a rischio» - UDC
- Roberto Sasco: polo culturale in Porto Vecchio, all’Ater non serve la regia
del Friuli
Nuovo assetto della segreteria provinciale e conferma di alcune posizioni
chiave legate allo sviluppo cittadino. L'Udc locale torna allo scoperto,
affidandosi alle parole del suo segretario provinciale Roberto Sasco, rimasto in
sella assieme ai vice Antonella Pulsator e Italo Sciarrino, e al neo segretario
amministrativo Paolo Lonzari. Rigassificatore, Porto Vecchio e Ater. Temi
antichi e nuove battaglie, spunti ribaditi ieri in un incontro al Caffè Tomaseo.
Nessun dubbio sul capitolo rigassificatore, affrontato con toni lapidari: «Un
progetto obsoleto e soprattutto a rischio cui dobbiamo dire soltanto no», ha
detto Sasco: «L'impianto nuocerebbe all'intero ecosistema del nostro golfo,
senza contare l'incompatibilità evidente con l'attività portuale della nostra
zona, costretta a dover fare i conti con inevitabili rallentamenti». Troppi
rischi e pochi benefit. Questa la posizione dell’Udc sul rigassificatore, nodo
che non prevede sconti. Più “creativa” nel complesso l'analisi relativa a Porto
Vecchio. Qui le soluzioni si sprecano ma sfociano in una sola voce: «Facciamone
un polo culturale cittadino – ha ribadito Sasco – utilizzando il Magazzino 26,
magari per allestire un Museo del mare, per dare visibilità al patrimonio
custodito dal museo ferroviario e alla collezione del Lloyd Triestino, ma
soprattutto per ospitare degnamente la storica collezione de Henriquez, ora
troppo decentrata dalla città» (in via Cumano, ndr). In cartellone ieri anche il
tema dell'Ater, dibattuto chiamando spesso in causa il presidente della Regione
Renzo Tondo: «Credo ci voglia ascoltare in questo – ha precisato Roberto Sasco –
Non abbiamo bisogno della regia del Friuli, non servono accorpamenti. Il
problema degli alloggi a Trieste è fondamentale, ci sono 5mila richieste e la
situazione sta diventando drammatica, al pari del campo sanitario – ha aggiunto
– considerando i tempi di accoglienza nei centri di Pronto Soccorso o per poter
avere varie forme di analisi e controlli». Roberto Sasco è intervenuto anche
sulla terza corsia: «È un problema che deve riguardare solo lo Stato – ha
concluso - e non la Regione». Gruppo coeso, su ogni posizione. Sasco garantisce
in tal senso e intende ribadirlo anche su scala nazionale, al prossimo congresso
dell'Udc previsto in ottobre.
Francesco Cardella
Il viaggio infinito da Trieste a Venezia su treni da
incubo
Carrozze vecchie, niente aria condizionata, orari illogici sul regionale
“veloce” che impiega due ore per fare 148 km
TRIESTE La conoscono bene i pendolari, ma anche in Europa la tratta
ferroviaria Venezia-Trieste non gode di buona reputazione. Il presidente della
Commissione Trasporti del Parlamento europeo, Brian Simpson, arrivato nel
capoluogo giuliano via rotaia il 19 marzo scorso per una riunione è stato
categorico: «Il treno è veloce fino a Venezia, a Trieste si arriva poi molto
lentamente. Tutte le città principali devono essere collegate dall’alta
velocità». L’alta velocità invece si ferma a Venezia e chi deve proseguire per
Trieste deve cambiare treno o rimanere su una “Freccia” spuntata. Per la verità
Trenitalia ha inventato, con molto humor inglese, il treno “regionale veloce”
che per fare 148 chilometri (da Mestre a Trieste) c’impiega quasi due ore, 70
chilometri all’ora su un tratto completamente pianeggiante che incontra qualche
difficoltà solo tra Monfalcone e Trieste. Sui treni regionali viaggiano ogni
giorno centinaia di persone che per lavoro o studio sono costrette a muoversi,
con un orario ferroviario che non rispecchia le loro esigenze ed è programmato
con pochissima logica. Mestre-Trieste Cominciamo con l’andata (di mattina) da
Mestre a Trieste: le opportunità di raggiungere direttamente il capoluogo
regionale, lasciando perdere la linea (senza fine) Treviso-Udine-Gorizia, sono
poche e mal disposte. Il primo treno alle 5.32 (Intercity notte proveniente da
Roma) con arrivo alle 7.28. Chi non ha fretta è meglio che rimandi la partenza:
il treno, con carrozze per viaggiatori e carrozze-cuccette, non è consigliabile
a chi vuole viaggiare in un ambiente pulito e tranquillo. Il successivo
collegamento, ma solo nei giorni feriali, è alle 6.31 con fermata a Portogruaro
(alle 7.34) e ripartenza alle 7.50: arrivo alle 9.04 dopo ben 2 ore e 33 minuti.
Finalmente un treno “normale” alle 7.46, a Trieste alle 9.42. Dopo bisogna
attendere le 9.23 (a Trieste alle 11.16), oppure le 10 (alle 11.53), o le 10,22
(Frecciabianca proveniente da Milano) con arrivo alle 12.08. Un orario folle:
tre treni nel giro di un’ora. E poi un intervallo di due ore fino alle 12.23 per
essere poi a Trieste (con fermata a Miramare) alle 14.18. Questi sono numeri che
il pendolare ricorda a memoria, come le poesie imparate alle elementari o la
formazione della Grande Inter targata Herrera. Quello che succede poi durante il
viaggio è tutta un’altra storia. Nell’analisi prendiamo ad esempio un treno di
mezzo, cioè il “regionale veloce” che sta tra un “regionale” e una “Freccia” in
un giorno normale senza gli inconvenienti legati alla neve, al ghiaccio, ai
forti temporali, ai piccoli incendi di sterpaglia lungo la linea (d’estate tra
Monfalcone e Trieste) e, purtroppo, ai casi di suicidio o incidenti ai passaggi
a livello. La partenza da Mestre rispetta normalmente gli orari, gli eventuali 5
o 10 minuti di ritardo vengono recuperati strada facendo, almeno fino a
Monfalcone. Il primo inconveniente riguarda le continue comunicazioni a bordo:
spesso utili, ma ripetute ad alto volume che disturbano chi sta leggendo,
parlando e semplicemente guardando il panorama. Prima fermata a Quarto d’Altino
e dopo 10 minuti a San Donà: in queste due stazioni il rapporto tra chi scende e
sale è di 10 a 3. Il treno poi prosegue per San Stino di Livenza (per Trenitalia
si tratta di Santo Stino di Livenza)e Portogruaro. Qui il rapporto invece è
quasi l’opposto 5 a 10. Si tratta di studenti e persone che lavorano a
Monfalcone o a Trieste. E poi Latisana, San Giorgio e Monfalcone. Se fino alla
città dei cantieri il viaggio è stato lento ma (quasi sempre) regolare, da qui a
Trieste le cose cambiano. Poche volte l’orario di arrivo è rispettato, spesso il
ritardo è di 5-10 minuti, qualche volta molto di più. La lentezza è dovuta
all’intasamento della linea, a scelte della centrale operativa, ai lavori che
non finiscono mai o ad altro ancora. Si parte da Monfalcone ma tra la stazione
di Sistiana-Visogliano e il Bivio d’Aurisina ci sono rallentamenti continui,
spesso dovuti a treni (anche merci) davanti. L’entrata in stazione è a passo di
lumaca: neppure a Milano Centrale o a Roma Termini, dove il traffico è molto più
intenso, la lentezza è così esasperante. Trieste-Mestre Il ritorno a Mestre in
serata non è meno problematico e ben più difficile. Intanto l’orario dei treni.
Il primo nel tardo pomeriggio è alle 17.02 (Frecciabianca per Milano) con arrivo
a Mestre alle 18.48, poi due “regionali veloci” alle 17.44 e alle 18.44
(soppresso il sabato) con arrivo alle 19.37 e 20.37. Dopodichè il black out o
quasi. Gli unici due treni che collegano direttamente Trieste a Mestre (e perciò
al resto d’Italia) sono alle 19.18 che da Portogruaro si ferma in tutte le
stazioni (arrivo alle 21.37 dopo 2 ore e 19 minuti), e l’Intercity notte per
Roma delle 21.54. Questo è il risultato dell’attenzione che Trenitalia e Regione
hanno nei confronti del capoluogo giuliano. A dicembre, in occasione
dell’entrata in vigore del nuovo orario, è stato eliminato l’Intercity notte per
Lecce che partiva da Trieste alle 19.46. A Monfalcone, dove c’è una numerosa
comunità pugliese, sono state raccolte centinaia di firme con la richiesta che
venga riattivato. Ma finora tutto tace. Così il pendolare è costretto a prendere
l’Intercity notte per Roma, fratello dell’omonimo della mattina. Il convoglio è
lo specchio di come Trenitalia considera il “cliente”. Una sola carrozza per i
viaggiatori più due carrozze cuccette. Con l’estate probabilmente si viaggerà in
piedi, come è già successo. Le carrozze sono sempre troppo calde o troppo
fredde. Più volte nei mesi invernali i viaggiatori sono stati costretti a
spostarsi nelle carrozze cuccette, le altre erano gelate. E in questi giorni di
grande caldo la carrozza viaggiatori, vecchia e in disuso, non ha l’aria
condizionata. Una vera via crucis per i passeggeri. E poi le fodere dei sedili
sono vecchie e sporche, i poggioli rotti. In alcuni giorni l’odore nauseante ti
spingerebbe a scendere. Una vergogna. In questo treno oltre al biglietto o
all’abbonamento il viaggiatore deve pagare un supplemento (“integrazione” lo
chiama Trenitalia, un “furto” invece per i pendolari) che da Trieste a Mestre è
di 3.70.
Ferdinando Viola
Gli abbonamenti hanno subito un rincaro del 20%
Lo ha detto chiaramente l’amministratore delegato delle Ferrovie di Stato,
Mauro Moretti: gli abbonamenti devono costare il doppio, come negli altri paesi
europei. Moretti ha riconosciuto, ma ci voleva poco, che nei treni dei pendolari
«rimangono tantissimi problemi», ma non ha aggiunto che in alcuni paesi europei
il biglietto è si più caro (non di molto) ma il servizio è di gran lunga
migliore. E poi gli abbonamenti non sono rimasti fermi da anni. Un esempio: da
febbraio l’abbonamento Mestre-Trieste costa 120 euro, prima 97.50 euro, un
aumento di oltre il 20 per cento. E per quello che riceve in cambio il pendolare
non è proprio poco. Il 10 giugno scorso è entrato in vigore l’orario estivo. Per
Trieste, e tutto il Friuli Venezia Giulia, non è cambiato nulla. Nessuno dei
nuovi treni ha toccato la nostra regione. Le varie Frecce si fermano tutte a
Venezia. Confermati i collegamenti esistenti. I treni regionali non sono stati
toccati. Ma il servizio è rimasto quello di sempre, insufficiente e per niente
dignitoso verso il viaggiatore. Un esempio? Il “regionale veloce” di ieri in
partenza da Mestre alla 12.23 era con poche carrozze e senza l’aria
condizionata. La maggior parte della gente era in piedi e sudata. Molte le
proteste che però, sappiamo, resteranno senza risposta.
E in agguato c’è la soppressione “selvaggia”
La prenotazione non assicura la partenza: spesso i convogli vengono
cancellati all’ultimo momento
TRIESTE Ecco un breve vademecum, studiato sul campo, per chi intende
servirsi del treno Trieste-Venezia (o viceversa). 1- Regola generale: non sempre
chi si reca alla stazione con il biglietto già acquistato e il posto prenotato è
sicuro di partire. Oggi con le nuove frontiere telematiche si può scorrere
l’orario e anche seguire in diretta la situazione del traffico ferroviario. Ma
succede che all’arrivo in stazione il treno, che era dato per partente, venga
soppresso per i soliti e mai chiari “motivi tecnici”. L’anno scorso nel solo
Friuli Venezia Giulia sono stati ben 1.552 i convogli mai partiti. E nei primi
due mesi di quest’anno 537. E quasi tutti erano dati in partenza fino a pochi
minuti prima. 2- Mai fidarsi degli orari. Se ad esempio si ha un appuntamento a
Trieste alle 12, partendo da Mestre basterebbe salire sul treno delle 10 con
arrivo nel capoluogo giuliano alle 11.53. Il rischio di non farcela in questo
caso è forte. Meglio prendere quello prima, alle 9.23 per essere a Trieste alle
11.16. 3- Durante il viaggio è da augurarsi che i segnali a terra funzionino. Se
un passaggio a livello non si alza (o non si abbassa) è meglio mettere subito in
conto 45 minuti di ritardo. Il treno si ferma, procede “a vista”. Si riferma e
va avanti piano. Una situazione che succede più volte. 4- Attenzione a certi
convogli, come l’Intercity notte per Roma in partenza dalla stazione di Trieste
alle 21.54. Si tratta di carrozze vecchie, spesso sporche e mai comode. Oltre al
normale biglietto o abbonamento poi il viaggiatore deve pagare l’integrazione
che, ad esempio, da Trieste a Mestre è di 3,70 euro. Della serie, pagare di più
per avere di meno. 5- Viaggiare vestiti d’inverno e molto leggeri d’estate: non
è così ovvio come sembra. Il riscaldamento e l’aria condizionata sono un
optional. In alcune carrozze nuove o ristrutturate di recente il condizionatore
non funziona, o funziona male. In questi giorni lo stanno constatando centinaia
di viaggiatori costretti a fare la sauna. 6- Il personale viaggiante e quello a
terra è molto professionale. Meriterebbe più considerazione dall’azienda. Da
quattro anni non rinnovano il contratto, e le conseguenze ricadono su chi
viaggia. Ormai si va avanti a una giornata di sciopero al mese. Una volta si
astengono dal lavoro i sindacati confederali, un’altra gli autonomi, un’altra
ancora la protesta riguarda i vari compartimenti regionali. Lo facciamo anche
per migliorare il servizio, affermano (da anni) i sindacati. I pendolari
ringraziano ma preferiscono viaggiare.
(fe.vi.)
Perché la Tav non arriva a Nordest - LIBRO DI POSSAMAI:
DOMANI LA PRESENTAZIONE
Domani alle 18 nella sala “Tommaso A” dell’NH Hotel di Trieste (Corso
Cavour, 7), il direttore del Piccolo Paolo Possamai presenterà il suo libro
«Ultima fermata Treviglio. Perchè la Tav non arriva a Nordest» nell’ambito di un
incontro organizzato dall’Ance (Associazione nazionale costruttori edili) e
Confindustria Trieste. Seguirà un confronto tra il presidente di Confindustria
Trieste Sergio Razeto, il presidente di Ance Fvg Valerio Pontarolo, il
presidente di Autovie Venete Emilio Terpin (nella foto), il presidente
dell’Aeroporto Sergio Dressi e il sindaco di Trieste Roberto Cosolini.
Per le Ferrovie il cliente è lo Stato, non la gente -
L’INTERVENTO DI LUIGI BIANCHI
«Siamo un’impresa privata e svolgiamo i servizi solo se veniamo pagati». Non
è Montezemolo a precisarlo, secondo Il Sole 24 Ore, ma l’amministratore delegato
delle Fs, che il 26 maggio scorso ha presentato «un bilancio consolidato con i
ricavi di servizi da infrastrutture in aumento più rapido rispetto a quelli di
servizi da trasporto», senza chiarire il significato del presunto risanamento:
operazione riuscita, paziente deceduto, visto lo stato comatoso di Trenitalia;
senza evidenziare l’ammontare globale dei trasferimenti finanziari pubblici
(dallo Stato e delle Regioni anche fuori dai contratti di programma) e la loro
ripartizione per la galassia delle partecipate, anche quelle con la presenza dei
privati che fanno affari, con finanziamento pubblico anche fuori della rete
nazionale. «Ferrovie accelera sulla Borsa - Moretti: noi pronti» era possibile
leggere su La Repubblica del 17 maggio, senza avere però chiarimenti su una
nuova operazione Alitalia, informata alla privatizzazione dei profitti e alla
socializzazione delle perdite. Il 3 giugno nuovo annuncio di Moretti su Il Sole
24 Ore: «La sfida è europea, ora entriamo nei bus urbani - La nuova autorità non
depotenzi l’unica impresa italiana in grado di competere nel continente».
Nell’intervista si poteva apprendere che «la competizione è europea contro Sncf
e Db», ferrovie francesi e tedesche, per gli estranei alla rotaia. Ma è
possibile parlare seriamente di mobilità e logistica europee senza considerare
preziose alleate le maggiori ferrovie continentali che stanno lavorando per
saldare la rotaia continentale ai traffici orientali della Transiberiana per
Russia e Cina? Ma è possibile pensare allo sviluppo dei traffici europei senza
la piena collaborazione di tutte le reti continentali, in una logica di
coordinamento e integrazione, come sempre avvenuto nel mondo della rotaia? La
competizione non è a livello di reti, ma a livello di imprese di trasporto (che
operano in una logica intermodale), alle quali le reti devono fornire il miglior
servizio nel tassello fondamentale della catena logistica, la rotaia. Solo chi
non comprende questa realtà elementare può pensare di andare in Europa
acquistando, con finanziamento pubblico, azioni di società che riescono ad
affrontare il mercato con un’offerta globale competitiva, offerta che non è in
grado di fare quella nazionale, polverizzata in una miriade di iniziative e
sacrificata in nome del risanamento stile Tremonti, in conseguenza del pratico
smantellamento del servizio commerciale Fs (informazione, promozione, vendita e
assistenza post-vendita del prodotto treno inserito in un servizio globale porta
a porta). Senza servizio commerciale non esiste vendita automatica con un unico
interlocutore nazionale: il servizio come la vendita necessitano di capillarità
e di contatto con la clientela. Ma per il vertice Fs, che si attarda in una
visione monopolistica superata da tempo, Stato e Regioni sono il cliente, non i
viaggiatori e gli spedizionieri. Governo e ministri, Regioni e partiti non hanno
nulla da dire? Non avvertono che lo scorporo e la distinta responsabilità di
rete e impresa di trasporto sono ineludibili se si vuole salvare la rotaia
italiana?
Ambiente, Trieste nell’Europa “virtuosa” - Meno
emissioni, uso di energie rinnovabili: sancita l’adesione al “Patto”
internazionale tra sindaci
Entrare nel novero delle città europee definite virtuose sotto il profilo
della tutela ambientale e del risparmio energetico. Primo passo per poter
accedere ai finanziamenti previsti dall'Ue per la riqualificazione delle città.
È questo il contenuto della delibera approvata dal Consiglio comunale e
illustrata ieri da tre assessori, Elena Marchigiani (Pianificazione urbana,
Mobilità e traffico), Fabio Omero (Sviluppo economico e fondi comunitari) e
Andrea Dapretto (Lavori pubblici e Patrimonio). Assente per altri impegni, ma
impegnato come i colleghi di giunta sul progetto, Umberto Laureni (Ambiente ed
Energia). La denominazione scelta per il progetto è "Patto fra i sindaci" e
costituisce un «atto volontario - recita la delibera - con il quale i Comuni si
impegnano a dare concreta attuazione agli obiettivi definiti dall'Ue da
raggiungere entro il 2020». Si tratta di ridurre del 20% le emissioni di CO2, di
aumentare della stessa percentuale il livello di efficienza energetica e la
quota di utilizzo delle fonti di energia rinnovabile. «Il centrodestra ha fatto
opposizione a questa proposta di delibera per una sorta di partito preso - ha
detto Omero - probabilmente perché è allergico a una serie di argomenti,
refrattario alle città intelligenti, a una giusta programmazione,
all'ammodernamento delle strutture, manifestando una chiusura di mussoliniana
memoria. Questa giunta invece va nella direzione della crescita inclusiva e
della piena accessibilità. Tutti gli assessorati sono coinvolti, in una
filosofia di maggioranza completamente diversa dal passato». Marchigiani ha
ricordato che «questo Patto è un passo intermedio verso la creazione di una rete
tra città, prevista dall'Ue, per migliorare gli interventi in tema di tutela
dell'ambiente e risparmio energetico. Il centrodestra fa opposizione strumentale
dicendo che servono risorse per attuare questo progetto, ma non è vero, è che
loro non hanno mai lavorato assieme fra assessori quand'erano maggioranza, noi
sì». Dapretto ha evidenziato che «è la prima volta che quattro assessorati
lavorano assieme a un programma unico. È opportuno scambiare nuove pratiche con
le città europee all'avanguardia in materia. La sostenibilità è un concetto che
riguarda in generale la qualità della vita. Non possiamo consumare ancora
territorio e spazio inutilmente, né bruciare altra energia senza ritegno. Stiamo
studiando fra l'altro la possibilità di cambiare l'asfalto che si utilizzerà nei
prossimi interventi - così Dapretto - usando quello previsto dall'accordo di
Kyoto, per la cui produzione si consuma molta meno energia».
Ugo Salvini
La centrale a biomassa, un nuovo pericolo per il Carso
- LA LETTERA DEL GIORNO - Luciano Calcaterra
Finalmente, se mai ce ne fosse stato il bisogno, abbiamo la conferma che al
peggio non c'è fine. A Trieste abbiamo un terminal petrolifero, un inceneritore
che brucia spazzatura proveniente da ogni dove, una Ferriera di cui si sa tutto
ma su cui non si vuole o non si può intervenire, siti inquinati e un traffico
cittadino da manicomio e, prossimamente, uno splendido rigassificatore on-shore,
e cioè davanti casa. Fino ad ora, il cittadino stanco di respirare schifezze e
polveri varie tra cui quelle derivanti da una insufficiente pulizia delle strade
e di un loro inesistente lavaggio, ha trovato parziale sollievo andando a
passeggio in Carso, anche se a volte il puzzo cittadino arriva fino a lì. Ora,
non avrà più possibilità di scelta. Avrà l'inquinamento anche sull'altipiano
grazie alla centrale elettrica a biomassa che si intende costruire a Opicina. Le
società promotrici e i progettisti negano che tale inquinamento possa
verificarsi, ovviamente, e furbamente fanno balenare davanti agli occhi dei
cittadini le classiche perline e specchietti rappresentati dai posti di lavoro e
dal teleriscaldamento. La convenienza di quest’ultimo è tutta da verificare e il
termine «biomassa» è ambiguo poiché con tale termine si intende in genere un
prodotto derivato da scarti di lavorazione del legname, di residui vegetali
agricoli e simili che vengono fatti fermentare per ottenere gas o che vengono
direttamente bruciati. Nel caso in questione ciò che si brucerà è dell’olio di
palma che sarà pure «bio» e sicuramente ha una «massa» ma è proveniente da
chissà dove e trasportato fino a Trieste via nave, scaricato in porto e
trasportato fino ad Opicina. Conviene? A qualcuno ovviamente sì, ma conviene
alla popolazione? Comunque basta vedere i lavori scientifici in merito per
rendersi conto che tutta questa sicurezza sullo scarso inquinamento non c’è e
che in una città come Trieste con un surplus di aria sporca e puzzolente un
impianto del genere non ci voleva proprio. Si spera che gli abitanti di Opicina
si convincano presto del privilegio di essere stati scelti come beneficiari di
una tale scelta tecnologica e progressista e forse qualcuno dirà loro che
pagheranno meno l’elettricità, analogamente al gas del rigassificatore. Forse ci
sarà l’ennesimo scambio di salute a fronte di un piatto di lenticchie, ossia,
per uno che lavora si intossicano altri mille. A tutto vantaggio del Pil. Chi
aveva in progetto di trasferirsi in Carso, si rassegni, gli inquinanti saranno
equamente distribuiti su tutto il territorio provinciale realizzando finalmente
il sogno democratico: tutti uguali di fronte alla puzza. Si spera vivamente che
il popolo, dopo tante dure prove, abbia ancora le difese immunitarie in buona
forma e che reagisca adeguatamente a questo delirio energetico.
LEGAMBIENTE.it - SABATO, 23 giugno 2012
Goletta Verde assegna le bandiere nere ai pirati del
mare
Si aggiudicano il peggior premio per il 2012 Corrado Passera, Francesco
Bellavista Caltagirone, Costa Crociere, Grimaldi Lines e Raffaele Lombardo
Per la Goletta Verde di Legambiente si preannuncia un’estate calda. Non sarà
la temperatura a preoccupare particolarmente l’equipaggio dell’imbarcazione
ambientalista, ma piuttosto tutte le malefatte dei nuovi pirati del mare, cioè
di coloro che portano avanti un modello insostenibile di sfruttamento e
fruizione del mare e delle coste. La storica campagna di Legambiente nel suo
viaggio itinerante dalla Liguria al Friuli Venezia Giulia, in quasi due mesi di
navigazione, porterà in giro per l’Italia le vertenze ambientali più pericolose
che incombono sulla salute e l’integrità del nostro prezioso patrimonio marino.
“I pirati del mare non sono solo delle pittoresche suggestioni dei libri di
storia - afferma Stefano Ciafani, vice presidente nazionale di Legambiente –.
Come dimostrano le cinque bandiere nere che consegnamo quest’oggi sono una
triste realtà, il lato peggiore di un modello di fare economia e politica che
tarda a scomparire e che continua ad impattare negativamente sull’ambiente e
sulla qualità della vita dei cittadini. Le bandiere nere che consegnamo oggi,
rappresentano denuncie precise ma al contempo sono anche il simbolo delle
minaccie che incombono sul nostro mare e che vogliamo sconfiggere. Con Goletta
Verde – conclude Ciafani - andremo all’arrembaggio dei pirati del mare puntando
i riflettori sulle politiche che implementano il ricorso alle fonti energetiche
fossili, sulla privatizzazione del demanio, su un sistema di portualità che
trasforma le coste in giungle di cemento, sul trasporto marittimo senza regole e
sulla mancanza di norme di sicurezza nella fruizione del mare”.
Ed ecco nel dettaglio la menzione per ognuna delle cinque bandiere nere che
Legambiente quest’oggi consegna in difesa dell’integrità del nostro ecosistema
marino e costiero.
A Francesco Bellavista Caltagirone, l’imprenditore a capo di un impero nel mondo
delle costruzioni coinvolto nei progetti dei porti turistici a maggior impatto
ambientale lungo tutta la penisola, da Imperia a Siracusa, passando per Carrara
e il megaporto della Concordia a Fiumicino.
A Corrado Passera, Ministro dello Sviluppo Economico, per il Decreto Sviluppo,
che ha riattivato le procedure per la ricerca e l’estrazione di petrolio dai
fondali marini che erano bloccate dalla legge approvata nel 2010 dopo
l’incidente nel Golfo del Messico, e per il Decreto Rotte, una legge monca che
si occupa solo delle aree protette (e per le quali peraltro sono già operativi
provvedimenti di deroga), ma non è riuscita a vietare i passaggi ravvicinati
delle navi da crociera davanti a luoghi delicati e di gran pregio come ad
esempio le coste non protette dell’isola di Capri, quelle di Pantelleria, di San
Pietro o delle Eolie.
A Raffaele Lombardo, governatore della Regione Sicilia, per aver assecondato e
non rigettato la proposta di project financing della SIDRA finalizzata alla
messa in sicurezza dei tratti di costa in erosione, ma che in realtà prefigura
la "svendita" ai privati delle spiagge siciliane. A tutt'oggi gli uffici
regionali hanno istruito o hanno in corso di valutazione la proposta. La Regione
dovrebbe concedere in uso per 30 anni, estensibili a 50, il demanio marittimo
sul quale un gruppo di società immobiliari interessate a sostenere l’iniziativa
potrebbe realizzare attività turistiche di vario genere, incluse la costruzione
di nuovi porti, aree commerciali, impianti sportivi e strutture ricettive.
A Costa Crociere, la compagnia di navigazione del gruppo Carnival Corporation
proprietaria della Costa Concordia, la nave che ha fatto naufragio all’isola del
Giglio. La vicenda della Costa Concordia ha evidenziato inadempienze e procedure
sbagliate non solo da parte del Comandante, ma anche del gruppo stesso. La
scarsa preparazione dell’equipaggio a fronteggiare situazioni d’emergenza, la
prassi diffusa di molte navi del gruppo ad effettuare passaggi sottocosta
ravvicinati in prossimità di aree di pregio e di coste protette, la gestione
della situazione di crisi subito dopo l’impatto con gli scogli delle Scole (zona
di massima protezione del Parco nazionale dell’arcipelago toscano) coinvolgono
in maniera prepotente Costa Crociere. Il progetto di rimozione del relitto
infine, non è stato oggetto di un adeguato processo di condivisione e
informazione con il territorio, alla luce dell’evidente impatto ambientale che
procurerà.
Alla Grimaldi Lines, la compagnia di navigazione armatrice del Venezia, l’eurocargo
che, in una giornata di mare in tempesta che avrebbe dovuto far rinviare il
viaggio, ha perso nei pressi dell’isola di Gorgona, nel Parco nazionale
dell’Arcipelago toscano, due semirimorchi con un carico di 224 fusti tossici
contenenti ciascuno 200 kg di cobalto e monossido di molibdeno (45 tonnellate
totali). La società nelle ore successive all’evento non ha dimostrato
trasparenza nella comunicazione della reale portata dell’evento e del suo
successivo impatto ambientale.
IL PICCOLO - SABATO, 23 giugno 2012
«Ferriera, la Regione valuti l’interesse della Sertubi»
Industriali e sindacati uniti nel chiedere di accelerare i tempi del
tavolo tecnico «Servono certezze per gli investimenti». Razeto: «Seria la
proposta di Montesi»
«Se fossi la Regione non avrei nessun dubbio». L’interesse della Sertubi
Jindal Saw Italia per l’altoforno della Ferriera, manifestato a Roma nel corso
di un incontro al ministero per lo Sviluppo economico, trova subito un alleato
naturale. Sergio Razeto, presidente di Confindustria Trieste, non ha perplessità
sul piano industriale del “collega” Leonardo Montesi, amministratore delegato di
Sertubi. Così da sgombrare subito il campo dall’equivoco che li ha visti
duettare a mezzo stampa un mese fa. La possibilità da parte della Sertubi di
studiare “forme di integrazione con la Ferriera della Lucchini anche senza la
cockeria” è una novità di grande rilievo. «Offre delle risposte importanti sul
fronte ambientale - aggiunge Razeto -. Dal punto di vista degli industriali è
una proposta meravigliosa e estremamente interessante. Tra l’altro non era messa
nel conto. Non dimentichiamo cosa vuol dire in termine di occupazione e del
mantenimento di una realta industriale a Trieste. Nella situazione di crisi
attuale, non ci sono molte proposte del genere in circolazione. È da cogliere al
volo. Non avrei dubbi a proposito». Il problema ora passa alla regione il cui
tavolo tecnico sulla riconversione della Ferriera, avviato lo scorso dicembre,
latita da tempo. Ieri doveva essere un incontro ma è stato rinviato per
“sopraggiunti” impegni istituzionali dell’assessorato regionale. La novità della
Sertubi non dispiace ai sindacati che però restano preoccupati per i tempi
lunghi della politica. Non c’è chiarezza su nulla. E la strada per arrivare
all’accordo di programma non è neppure iniziata. C’è il rischio reale di
arrivare al 31 dicembre 2014, data della dismissione dell’impianto siderurgico,
senza avere deciso cosa fare dell’area «Se un’impresa propone alla città di fare
investimenti per il mantenimento di un pezzo di siderurgia - spiega Adriano
Sincovich, segretario provinciale della Cgil - non siamo pregiudizialmente
contrari. È una notizia positiva. In questa valle di lacrime il fatto che
un’impresa si misuri con un’ipotesi di investimento non può essere buttata via».
Anzi. Il nodo sono le chiarezze e le certezze che nessuno ora è in grado di
fornire. «Ora c’è solo confusione - spiega il segretario della Cigl -. Il
problema non è il sindacato. La Regione deve decidere cosa vuole fare di quei 60
ettari. Altrimenti nessuno verrà qui a investire. Sertubi compresa». Una
posizione condivisa anche da Enzo Timeo, segretario provinciale della Uil:
«Chiederemo con forza alla Regione di convocare il tavolo tecnico per affrontare
questo nuovo scenario». Che, dal punto di vista sindacale, non è indifferente.
«Tutto quello che ci consente di mantenere l’occupazione attuale a Trieste è per
noi interessante».
(fa.do.)
Perché la Tav non arriva a Nordest?
Lunedì 25 giugno alle ore 18 presso la sala “Tommaso A” dell’NH Hotel di
Trieste (Corso Cavour, 7), il direttore del Piccolo Paolo Possamai presenterà il
suo libro “Ultima fermata A Treviglio. Perchè la Tav non è arrivata Nordest»
nell’ambito di un incontro organizzato congiuntamente dall’Ance (Associazione
nazionale costruttori edili) e Confindustria Trieste. L’occasione rappresenterà
altresì un importante momento di riferimento sui temi trattati nella
pubblicazione attraverso un confronto tra il presidente di Confindustria Trieste
Sergio Razeto (nella foto), il Presidente di Ance Fvg Valerio Pontarolo, il
presidente di Autovie Venete spa Emilio Terpin, il presidente dell’Aeroporto Fvg
Sergio Dressi e il sindaco del Comune di Trieste Roberto Cosolini. Si parlerà
quindi di alta velocità e collegamenti ferroviari ma più diffusamente di
infrastrutture non realizzate che bloccano lo sviluppo della regione (vedi la
travagliata storia della terza corsia) e ancora più in particolare di Trieste.
Paoletti eletto presidente del Comitato Transpadana -
ASSEMBLEA A TRIESTE
L'apertura di due nuovi punti di informazione e la necessità di supportare i
progetti nella parte Est dell'Italia. Si è focalizzata su queste tematiche
l'assemblea del Comitato Transapadana, a Trieste per fare il punto sull’alta
velocità ferroviaria e sul sistema dei Corridoi europei. Il presidente Luigi
Rossi di Montelera ha ricordato l’intensa attività svolta sia sul fronte
governativo interno che su quello comunitario, a sostegno del progetto alta
velocità che dopo la partenza del primo cantiere a Ovest necessita di
un’importante fase di supporto al progetto della parte Est del Paese. Annunciata
l’attivazione di due Transpadana Point a Mestre e a Trieste (in Camera di
commercio) per avviare l’azione di stimolo a istituzioni e territorio. Si è
anche parlato di Terzo valico, di cui sono in via di allestimento i cantieri, e
che ha visto di recente pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale l’assegnazione a Rfi
di un miliardo e 100 milioni di euro per la realizzazione del secondo lotto
costruttivo della linea Treviglio-Brescia. Per il prossimo triennio l'assemblea
ha rieletto tra i consiglieri Antonio Paoletti (alla guida della Camera di
commercio), indicandolo come presidente del Comitato, per una carica che aveva
già ricoperto in condivisione con lo stesso Rossi di Montelera, prima della
modifica statutaria del luglio 2011. «Per la tratta Venezia-Trieste – ha
commentato Paoletti - la situazione è più complessa e riguarda sia il consenso
che la progettazione preliminare; si sta lavorando per trovare la soluzione
ottimale». Il Comitato transpadana, nato nel 1990 per promuovere e accelerare la
realizzazione di un sistema di Corridoi ferroviari ad alta velocità e alta
capacità sulla direttrice Lione-Lubiana, conta tra i soci Camere di commercio,
associazioni di industriali ed enti pubblici di Piemonte, Lombardia, Liguria,
Veneto e Friuli Venezia Giulia.
(r.c.)
Un pronto soccorso per volatili - Nata l’associazione
di volontariato “Liberi di volare” - LA PRIMA IN ITALIA
E’ durante la stagione primaverile e agli inizi dell’estate che molte specie
di uccelli migrano da meridione verso il continente europeo. Tra questi anche le
rondini e i rondoni che talvolta, stremati per la fatica o sottoalimentati, sono
costretti a planare al suolo. Per aiutarli a riprendere il volo e completare il
loro viaggio ora c’è “Liberi di volare”, una nuova associazione ornitologica di
volontariato costituitasi a Trieste per prima in Italia a operare per la tutela,
la ricerca, la cura e la riabilitazione di specie migratorie appartenenti alla
famiglia degli Apolidi e Irundidi. Alla prima appartengono il rondone e il
rondone maggiore, alla seconda la rondine, la rondine rossiccia, il topino, il
Balestruccio. «Vi sono specie di volatili ancora poco conosciuti per i loro
stili di vita prevalentemente aerei – spiega la presidente di “Liberi di volare”
Silvana Di Mauro – ma che sono importanti non solo per la diversità biologica ma
pure per il controllo sugli insetti dannosi.” Sfortunatamente anche queste
specie appaiono oggi in pericolo a causa delle attività umane che, in seconda
battuta, determinano pure i cambiamenti climatici. La nuova associazione, che è
sostenuta dalla Lega Italiana Protezioni Uccelli (Lipu), dal Wwf e dalla Lega
Anti Vivisezione (Lav), vuole porsi come soggetto di riferimento per coloro che,
in caso di emergenza o recupero di uno di questi volatili, non sappiano come
comportarsi e come aiutare fattivamente la bestiola. Non è cosa rara infatti
imbattersi in qualche giovane rondone che, privo di forze, atterra nei luoghi
più impensati e, stordito, non riesca a riprendere il volo. Oppure rinvenire al
suolo un uccellino caduto dal nido. Se ci si trova in questi frangenti e non si
sa come comportarsi, è possibile contattare l’associazione al 345/5273513,
oppure contattare il veterinario aviario Stefano Pesaro al 333/4782159, al
numero verde della Ditta Maia 800 531009, infine alla Provincia di Trieste,
Polizia Territoriale Ambientale allo 040/3798456. Altrimenti è possibile
ricoverare il volatile direttamente alla clinica veterinaria “Campo Marzio”
nell’omonima via al civico 6. “La nostra associazione svolge diverse attività –
continua la presidente – come la ricerca in collaborazione con diversi enti
scientifici, le attività di educazione e sensibilizzazione, la tutela dei siti
di nidificazione e riproduzione.
Maurizio Lozei
AMBIENTE Ciriani: in arrivo due norme fondamentali
Il vicepresidente della Regione, Luca Ciriani ha detto ieri che «sono momenti fondamentali per due provvedimenti di tutela dell’ambiente molto attesi . Il Piano dell’Acqua, che ha avviato il suo iter al Cal e attende le osservazioni degli enti locali e il decreto Energia, su gestione carburanti e politica energetica.
Ciclo-pedonale “Cottur”, pista “a secco” e già
degradata - LA LETTERA DEL GIORNO - Graziano Grando
Volevo parlare di quella pista ciclo-pedonale, che amo e uso spessissimo,
intitolata a Giordano Cottur e che, partendo da Ponziana, sale a Draga
Sant’Elia, lungo il percorso della vecchia ferrovia Campo Marzio-Erpelle,
dismessa nel 1959 e smantellata nel 1966. L’intervento di ripristino ha
impiegato risorse per 7.904.631,07 euro, cui vanno aggiunti 50.000 euro
all’anno, destinati al mantenimento del tracciato. La pista si snoda per 10,7
chilometri nel verde con splendidi punti panoramici e ha tutti i requisiti per
essere annoverata tra i gioiellini incastonati nel nostro territorio. Ma che
meraviglia! direte voi... e in effetti lo sarebbe se non si dovessero fare i
conti con l’inciviltà di alcuni, da una parte, e le carenze amministrative
dall’altra. Non esiste nessun punto di ristoro e nemmeno una semplice fontanella
d’acqua: il 7 novembre 2011 il Consiglio provinciale, in un documento siglato da
Francesco Cervesi, impegnava la presidente della Giunta e l’assessore competente
«a prevedere il posizionamento di almeno 3 fontane lungo la pista ciclo-pedonale
«Giordano Cottur» nei tratti di seguito indicati: una all’altezza del cavalcavia
di via Alpi Giulie al km 3,5, la seconda all’altezza del cavalcavia al km 6 e
l’ultima all’altezza dell’ex castello di San Lorenzo al km 9. A tutt’oggi se si
ha sete è meglio portarsi dell’acqua da casa, se non si vuole tener duro fino
alla Locanda da Mario a Draga Sant’Elia. In tutti i 10,7 chilometri di percorso
esiste un solo contenitore per i rifiuti sito a Draga, alla fine della pista in
pratica, ai bordi della quale sono altresì visibili sacchetti, scatole di
biscotti, bottiglie e lattine di bibite, pacchetti di sigarette, fazzoletti e
tovaglioli usati e altri rifiuti di vario genere. Dopo il tramonto del sole le
creature della notte si scatenano: alcuni cani portano a spasso i loro animali
(anch’essi cani) senza curarsi minimamente delle loro deiezioni che torreggiano
in alcuni casi anche in modo cospicuo. Alcuni pseudo artisti, cultori della «Urban
Painting», si aggirano armati di bombolette spray, imbrattando in ogni dove con
scritte incomprensibili e scarabocchi futili (solo raramente sono intellegibili
parole quali «Maria o Jusy o altro ti amo»); eclatanti sono le deturpazioni
multicolorate, pressoché indelebili inferte alle protezioni trasparenti
(plexiglass?) del ponte sulla via dell’Istria antistante l’ospedale Burlo
Garofolo. Inciviltà di altro genere è attuata da sportivi automobilisti, che per
recarsi alla palestra «Don Bosco», avente un accesso proprio dalla pista in
corrispondenza con via Battera, devono arrivare fino a lì con i loro veicoli,
parcheggiandoli talvolta sulla pista e urtando i pali dei segnali stradali
probabilmente non notati nelle ore serali (ve ne sono alcuni che pendono da un
lato a mo’ di «torri di Pisa»). Tempo fa ne segnalai un caso alla polizia
locale, ma mi fu precisato che, essendo la pista di proprietà della Provincia,
un eventuale intervento in merito esulava dalla loro competenza. È logico
spendere quasi 8 milioni di euro per poi abbandonare il tutto al degrado? Mi
pare di no, ma che anzi sarebbe auspicabile curare alcuni servizi
indispensabili, tra cui ispezioni e controlli sistematici allo scopo di
prevenire deturpazioni e vandalismi (soprattutto nelle ore notturne) come pure
garantire il corretto comportamento degli utenti (capita di vedere ciclisti
sfrecciare in modo non troppo consono tra famiglie e bambini, come ragazzini
forse nemeno tredicenni insolentemente sdraiati di traverso alla pista, con una
sigaretta in bocca, con pericolo per se stessi e per i ciclisti)... anche i
gioiellini, insomma, devono essere curati affinché non facciano la fine di
quella favola di Fedro in cui un galletto aveva trovato una splendida perla...
in un letamaio.
SEGNALAZIONI - VANTAGGI - Centrale a biomasse
Ho letto con interesse gli articoli sulla centrale a biomasse, ma non sono riuscito a capire quali sarebbero i vantaggi per i triestini a bruciare biomasse africane in Carso. Mi sembra che l’operazione sia fatta solo per ottenere cospicui incentivi statali. Se ciò fosse vero, i triestini respireranno i fumi ed una società romana si prenderà i soldi degli incentivi.
Guido Assereto
Forum di Legambiente FVG Onlus - VENERDI', 22 giugno 2012
Archiviata la denuncia Gas Natural nei confronti di
Oscar Garcia di Legambiente
Questa mattina il giudice Laura Barresi ha deciso l'archiviazione della
querela per diffamazione che la Gas Natural aveva sporto nei confronti del
nostro socio Oscar Garcia.
In un articolo del Piccolo infatti il
giornalista Ugo Salvini aveva riportato che Oscar durante una conferenza stampa
aveva detto che la Gas Natural era stata gia' condannata per violazione dei
diritti umani confondendo i fatti reali. Oscar infatti aveva riferito della
condanna subita a Madrid nel maggio 2010 dalla Gas Natural Union Fenosa ad opera
del Tribunale Permanente dei Popoli (TPP) (Fondazione
Lelio e Lisli Basso Issoco) per violazioni ai diritti dei popoli
indigeni come riportano i giornali del Guatemala e associazioni impegnate della
Catalunya, Spagna e dell’Italia con copia delle lettere spedite a Gas Natural
Union Fenosa e alle autorità politiche della Spagna da numerose associazioni
ambientaliste e d’amicizia catalane, spagnole e del mondo con il Guatemala.
La decisione del giudice blocca il tentativo di intimidazione di Gas Natural nei
confronti del mondo ambientalista.
IL PICCOLO - VENERDI', 22 giugno 2012
La Sertubi interessata all’altoforno di Servola
Montesi: disponibili a studiare forme di integrazione con l’impianto
anche senza la cokeria. Omero: presto a Roma un tavolo sul “sistema Trieste”
Sertubi Jindal Saw Italia comincia a scoprire le carte in merito a
quell’«idea progettuale» che nella partita della riconversione dell’area della
Ferriera potrebbe mettere in campo «a determinate condizioni», come ha
dichiarato più volte l’amministratore delegato di Sertubi Leonardo Montesi. E
allora: Sertubi Jindal è interessata a studiare «forme di integrazione con
l’impianto Lucchini anche senza la cokeria». L’obiettivo dell’azienda che
produce tubazioni con la ghisa della Ferriera potrebbe essere il solo altoforno,
tralasciando l’impianto - la cokeria - peraltro responsabile massimo delle
emissioni da Servola. Jindal Saw Italia, che nel 2011 ha preso in affitto
Sertubi, è la filiale europea del colosso indiano O.P. Jindal, attivo nella
produzione di tubazioni e di energia elettrica e con sussidiarie impegnate in
molteplici settori tra cui siderurgia, infrastrutture, minerario e Oil & Gas.
Ecco dunque che il gruppo può essere comunque in grado di fornire all’impianto
le materie prime necessarie per il funzionamento dell’altoforno a condizioni
ritenute competitive. Questo scenario è stato tratteggiato da Montesi in un
incontro che al ministero dello Sviluppo economico ha visto riuniti, oltre a due
rappresentanti di Roma, anche l’assessore comunale allo Sviluppo economico Fabio
Omero e dirigenti di Provincia e Regione. Ma non è l’unica novità emersa: alla
riunione presieduta per il ministero da Giampiero Castano, questi ha precisato
come della situazione di Sertubi si intenda andare a discutere nell’ambito di
una visione complessiva dell’area di Servola. E «lo stesso Castano - racconta
Omero - ha annunciato di voler tenere, dopo l’insediamento del nuovo cda di
Lucchini (da poco avvenuto, ndr), un tavolo sul sistema industriale dell’area»,
convocando Lucchini e Sertubi insieme. L’interesse di Sertubi Jindal al
mantenimento in vita del polo industriale di Servola è stato ribadito a Roma da
Montesi («Il nostro futuro è legato a quello di Lucchini», aveva già dichiarato
tempo fa). Il problema primo dell’azienda di tubazioni è infatti al momento
quello di riuscire a ragionare in termini di «sistema integrato» con Lucchini e
Linde così da poter accedere alle riduzioni di costi sul consumo di energia
previsti oltre quella certa soglia che la sola Sertubi non riesce a raggiungere.
«Il ministero ha accettato il principio della filiera del sistema energetico
integrato: ora - dice Montesi - ci aspettiamo in tempi brevi un’indizione del
“tavolo Trieste” a Roma». Nello scenario che sta emergendo gioca un ruolo
rilevante l’ipotesi “spezzatino” per Lucchini, che porterebbe alla cessione del
gruppo suddivisa in quattro blocchi (uno dei quali Trieste). In questo caso, se
Jspl (Jindal steel & power limited) potrebbe essere interessata a Piombino,
Jindal Saw lo sarebbe a Servola. Montesi al momento non dice altro sull’«idea
progettuale»: ancora troppo vaghi i contorni, in ballo c’è anche la volontà
politica sull’area industriale di Servola il cui assetto futuro è in
discussione. Tra i nodi da sciogliere, peraltro, il rinnovo della concessione da
parte dell’Authority dell’area della banchina della Ferriera, indispensabile per
alimentare via mare lo stabilimento ma anche per le esportazioni; rinnovo che lo
stesso Montesi definisce «uno dei grandi temi sullo sfondo». Proprio l’altro
ieri intanto il nuovo cda di Lucchini ha incontrato il sottosegretario allo
Sviluppo economico Claudio De Vincenti. Un incontro «conoscitivo», come lo
definisce il responsabile relazioni esterne del gruppo Francesco Semino, «ma
credo che a breve si terrà anche una riunione sul tema Trieste».
Paola Bolis
Opicina chiede lo stop nel Prg per nuove villette a
schiera
OPICINA Opicina è sempre più condizionata dal traffico, in particolare da
quello di transito: perciò è necessario che la viabilità venga ridisegnata da un
pool di esperti che tenga pure in considerazione la possibilità di realizzarne
una alternativa. È questo uno dei temi principali emersi nell’incontro con i
residenti della frazione organizzato dalla circoscrizione di Altipiano Est. Un
confronto per raccogliere suggerimenti e indicazioni utili alla redazione del
nuovo piano regolatore al quale ha partecipato l’assessore alla Pianificazione
urbana e mobilità e traffico Elena Marchigiani. Assieme alla Marchigiani, quel
gruppo di stagisti che sino a lunedì 25 giugno saranno a disposizione degli
opicinesi, al centro civico di via Doberdò, per la compilazione dei questionari
con i quali presentare le proprie proposte per il futuro Prg. Durante
l’assemblea pubblica vi sono stati diversi interventi dei rappresentanti
dell’Associazione per la difesa di Opicina riguardo l’opportunità di alcune
zonizzazioni e le prescrizioni inerenti alle edificazioni. Da molti il
suggerimento di mantenere bassi gli indici di edificabilità per evitare la
realizzazione di quei complessi a schiera che sia a Opicina che negli altri
paesi di Altipiano Est hanno cambiato il volto della singole frazioni. «Per
Opicina è importante che si tutelino i rimanenti spazi esterni e i parchi delle
antiche ville – afferma per il parlamentino il presidente Marco Milkovich –
evitando gli scempi compiuti negli ultimi anni, favorendo il censimento degli
edifici storici e introducendo un coefficiente delle aree verdi». È stata anche
evidenziata la necessità di perimetrare sia i bordi esterni di Opicina che delle
restanti borgate carsoline, a evitare che gli abitati si fondano senza soluzione
di continuità, a tutela dei pochi corridoi faunistici rimasti.
(Ma. Lo.)
GOLETTA VERDE LEGAMBIENTE - Mare infestato da 13mila
infrazioni
Dossier di Goletta verde: Campania e Sicilia guidano la classifica degli
illeciti
ROMA Molla gli ormeggi la 27° edizione di Goletta verde, l’imbarcazione
targata Legambiente, che anche quest’estate circumnavigando la penisola terrà
sotto controllo la qualità delle nostre acque. Un’impresa non facile, a
giudicare dai dati che emergono dal rapporto “Mare Monstrum” presentato
dall’associazione al Museo di zooologia a Roma: oltre 13.000 infrazioni nel 2011
colpiscono l’ecosistema marino, 36 reati al giorno e in media uno ogni due km di
costa, con Campania e Sicilia in testa alla classifica degli illeciti. Molti i
progetti a bordo di Goletta verde, tra cui il primo Atlante fotografico dei
paesaggi costieri, il progetto “Fish scale” (pesce ritrovato) per preservare la
biodiversità marina, e l’obiettivo di fermare il sovrasfruttamento del mare.
Schierata contro i “pirati” del mare, l’eco-giro di Goletta verde partirà il 23
giugno da Imperia per concludersi il 14 agosto a Trieste (26 tappe in cui si
tenterà di coinvolgere anche i cittadini). «Punteremo i riflettori
sull’abusivismo e sulla speculazione edilizia - afferma Rossella Muroni,
direttrice generale di Legambiente - che imperversano lungo la costa e che sono
una vergogna nazionale». Inoltre, continua Muroni, «solo nel 2011 i sequestri in
materia urbanistica sulle coste sono stati 1.298 quasi quattro al giorno». Per
Stefano Ciafani, vicepresidente di Legambiente, un pericolo sono «anche gli
scarichi fognari non trattati: la depurazione arriva solo al 76% del totale del
carico inquinante prodotto (82% al nord, 79% al centro, 66% al sud e isole);
oltre alle trivellazioni petrolifere e la sicurezza delle rotte». La frequenza
dei reati contro il mare è di 36 infrazioni al giorno, in media una ogni 2 km di
costa, pari a oltre 13.149 in un anno. A livello regionale la prima in cima alla
black list è la Campania con 2.387 reati pari al 18% del totale nazionale e 5
reati ogni chilometro di costa. A seguire la Sicilia con 1.981 infrazioni, la
Puglia con 1.633 e la Calabria con 1.528. Il reato più diffuso è la pesca di
frodo (quasi 5.000 infrazioni), seguita dall’abusivismo edilizio sul demanio con
3.171 illeciti e dalla mancata depurazione con 2.669 violazioni.
In Val Pusteria fanno affari grazie a ferrovie
efficienti - INTERVENTO DI LUIGI BIANCHI
2009: “…è necessario fare sacrifici per assicurarsi le relazioni ferroviarie
nazionali”. 2012: “…è necessario continuare nei sacrifici per confermare le
relazioni nazionali”. Errare e perseverare è diventato il credo della giunta
Tondo in tema di trasporti ferroviari. Tre anni fa l’assessore ai trasporti del
Friuli Venezia Giulia Riccardo Riccardi ha fatto precedere l’incontro romano con
il vertice FS da un’intervista improntata alla necessità di finanziare i treni
per Roma e Milano, in pratica la resa preventiva all’assurda pretesa del Gruppo
FS di mettere un pesante balzello, al di fuori del contratto di programma, per
mantenere le relazioni nazionali con la capitale e con il Nord-Italia. Dopo tre
anni il responsabile trasporti della Regione Friuli Venezia Giulia considera un
successo l’aver ceduto all’imposizione, ribadita dalle FS, dopo ulteriori tagli
e soppressioni, realizzate e riproposte, nei servizi nazionali ed
internazionali. Era una strada obbligata? Amministratori responsabili, a fronte
delle gravi inadempienze della concessionaria, anziché aderire prontamente alle
pretese delle FS, avrebbero subito messo a gara il comparto regionale
strada–rotaia, unica soluzione che può permettere una sana gestione commerciale
del trasporto integrato del Fvg in grado di soddisfare le esigenze di tutti i
viaggiatori, pendolari e turisti, nazionali ed esteri. Amministratori avveduti
avrebbero costituito un’impresa di trasporto con la partecipazione paritetica
delle tre ferrovie veramente interessate allo sviluppo delle relazioni
(regionali, austriache e slovene) mettendola in grado di partecipare alla gara
con la collaborazione della società costituita dalle quattro autolinee
regionali. Esperti amministratori dovrebbero aver chiara la differenza tra
impostazione assistenziale di stampo sovietico, teorizzata dal vertice FS (treni
fuori mercato a carico di stato e regioni), e programmazione di nuove offerte
commerciali orientate allo sviluppo del traffico viaggiatori; alternativa
possibile, come dimostrato dal successo ottenuto dalla Provincia di Bolzano con
il servizio integrato strada–rotaia che ha permesso di soddisfare le esigenze
del traffico locale e di quello turistico con la formula “Vacanza senza auto con
la Mobilcard”. Nella logica vincente dell’integrazione dei trasporti con i
servizi accessori, quest’anno i comuni di Sesto, San Candido, Dobbiaco,
Villabassa e Braies nell’Alta Pusteria (Bolzano) hanno deciso di abbinare la “Mobilcard”,
valida per tutti i trasporti della provincia di Bolzano, alla “Tre Cime Card”
che apre le porte anche agli impianti sportivi e di risalita. Un chiaro
messaggio a Riccardi e Moretti: i viaggiatori si conquistano con il continuo
adeguamento di un’offerta globale, sempre più competitiva. I viaggiatori possono
solo essere allontanati invece da soppressioni di servizi, tariffe
cervellotiche, coincidenze improbabili, complicazioni burocratiche, informazioni
lacunose, frazionamento dei servizi e guerra ai partners interessati a
collaborare per soddisfare le esigenze di mobilità di tutti gli utenti;
operazioni in cui sono maestri Moretti e Riccardi a danno purtroppo non solo del
Friuli Venezia Giulia. Per entrambi sarebbe salutare una visita in Alta Pusteria
per comprendere che anche in Italia è possibile fare affari con trasporti
efficienti e che la mobilità non è terreno di assistenza sociale ma frutto di
organizzazione e di collaborazione, non di guerre né di battaglie. Cambiare
strada con successo verso l’integrazione dei trasporti è possibile: la Provincia
di Bolzano e l’Alta Pusteria lo hanno ampiamente dimostrato con piena
soddisfazione dei viaggiatori locali e dei turisti.
"In Boschetto" - Corso saponi e pomate
Oggi alle 17.30, in via San Cilino 40/2, si terrà un corso su «saponi e pomate» con Susanna Montecalvo, incluso nel programma di iniziative di «In boschetto». Portare mascherina, guanti di gomma, vasetti per le pomate, scarti di saponette o scaglie sapone di Marsiglia, olii essenziali naturali e un piccolo vasetto di vetro. Info e prenotazioni: tel. 3737036990, 3287908116.
Cibo è identità, memoria e cultura - VOCCI ALLA
STAZIONE ROGERS
Stazione Rogers Riva Grumula 14 Info: tel. 334-3324 584
Per il ciclo “I doni della natura. La fatica dell’uomo” alla Stazione Rogers,
oggi, alle 18.30, incontro con Marino Vocci (foto) su “Cibo è identità, memoria
e cultura”. L’uomo è ciò che mangia, è anche vero che mangia ciò che è, e cioè
alimenti totalmente ripieni della sua cultura. Cucinare significa simbolicamente
trasformare i doni della natura (un tempo soprattutto gli ingredienti legati
alla stagionalità e territorialità, in generale i prodotti del mare e della
terra) e ridurli, grazie alla sapienza delle donne e degli uomini, in beni
culturali (il piatto finito), in cultura. Il cibo è memoria e ritualità. Il cibo
è un mezzo per sottolineare le differenze tra gruppi, culture, classi sociali.
Ma serve anche a rafforzare l’identità di gruppo, a separare e distinguere il
"noi" dagli "altri“. Identità economica: offrire cibi preziosi significa
denotare la propria ricchezza. E la cucina al tempo della crisi, com’è?
IL PICCOLO - GIOVEDI', 21 giugno 2012
«Nomisma e Rina incompetenti» - RIGASSIFICATORE DI
ZAULE - Le relazioni fornite da Gas Natural contestate dal “Tavolo tecnico”
«Gasnatural non ha mai replicato alle analisi tecniche della ventina di
ricercatori e docenti del Tavolo tecnico dei Vigili del Fuoco della Uil, che
hanno individuato nel progetto dati e relazioni non corrispondenti alla realtà,
ma ha fornito le relazione di Nomisma e del Rina, il registro navale italiano».
Inizia così la lettera collegiale del Tavolo tecnico rigassificatori Trieste
della Uil-Vigili del fuoco. «Nomisma - si legge nella lettera - non spende il
proprio nome a garanzia della sicurezza di Trieste e della tutela ambientale del
Golfo, né lo potrebbe fare, perché non ha competenze in merito. Nomisma ha
trattato solo aspetti economici. Siamo noi che dobbiamo ricordare come le carte
approvate a Roma non presentino le vere situazioni di rischio, per l’uomo e per
il Golfo e che è questo il grave problema della città e del suo mare. Davvero
qualcuno non ha ancora capito che i progettisti hanno dribblato in tutti i modi
la verifica dell’Effetto domino, la compatibilità cioè con altri impianti
pericolosi? ». Riguardo a Rina «deregulation e privatizzazioni lo hanno
trasformato in una spa, che vende sul mercato le più varie certificazioni e
consulenze ingegneristiche, anche non di carattere navale» «Per quel poco che se
ne sa - sottolinea la lettera - la relazione di Rina si occupa solo del numero
di navi in transito; non tiene conto nè degli impatti sulla sicurezza della
popolazione civile e degli addetti alle operazioni portuali, né della
circostanza che terminale di rigassificazione comporta dei vincoli per il
territorio circostante e per la movimentazione dei traffici del porto».
Spazi pubblici e pulizia Incontro in via Locchi
Ancora rifiuti e pulizia, stavolta degli spazi urbani pubblici.Se ne parlerà
oggi alle 18 nella sede della Quarta circoscrizione (via Locchi 23), dove è in
programma un incontro aperto alla cittadinanza «per favorire la comunicazione
riguardo agli interventi che l’amministrazione comunale ha posto e pone in atto
a favore della pulizia degli spazi pubblici». Sarà anche un’occasione per
portare a conoscenza della cittadinanza le migliorie, riguardanti i servizi, che
l’amministrazione può introdurre e per raccogliere le sollecitazioni dei
cittadini sul tema della pulizia degli spazi urbani. All’incontro infatti
parteciperanno l’assessore comunale all’Ambiente Umberto Laureni, alcuni
rappresentanti di AcegasAps e delle Guardie ambientali, gli addetti del Comune
che si occupano specificamente di verificare la situazione della pulizia
cittadina, sia in tema di disservizi da parte di AcegasAps che di comportamenti
errati dei cittadini. «Puntiamo - dice il presidente della Quarta circoscrizione
Luca Bressan - a fare incontrare le esigenze dei residenti con la possibilità di
soddisfarle da parte dell’amministrazione».
SEGNALAZIONI - Giardino via Cereria
Vorrei ringraziare a nome del Comitato tutti i cittadini che hanno firmato e che hanno sostenuto la petizione per la salvaguardia del Giardino di Via Cereria. Ringrazio inoltre tutta l’Amministrazione, il sindaco Roberto Cosolini, gli assessori Marchigiani e Dapretto oltre che il presidente Faraguna per la grande disponibilità. Molto importante è stata anche la collaborazione di tutta la IV Circoscrizione con il presidente Luca Bressan. Dopo i dovuti ringraziamenti, vorrei informare i cittadini che il parcheggio al posto del giardino di via Cereria non si farà. Il compito del Comitato però non si concluderà certamente ora. Anzi è in questo momento che comincerà il vero lavoro. Abbiamo molte idee per poter rendere fruibile ai cittadini questa preziosa area verde. Ci stiamo quindi impegnando perchè ciò possa essere realizzato in un tempo non troppo lungo. Bello sarebbe coivolgere i residenti perchè il verde è un bene di tutti, non di pochi. Per questo confidiamo nella partecipazione di chi possa essere interessato e a questo proposito lascio il nostro indirizzo e-mail comitatogiardinocereria@gmail.com
Cinzia Stefanucci
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 20 giugno 2012
La variante al Prg di Muggia punta sul transfrontaliero
Tra i punti del documento urbanistico allo studio di un pool di
professionisti la trasformazione di strade e sentieri in parchi, zone agricole e
marine
MUGGIA Sarà un gruppo di professionisti trevigiani a tracciare la variante
del Piano regolatore generale del Comune di Muggia. L'incarico (complessivamente
quattro le offerte), è stato affidato al Raggruppamento Temporaneo di
Professionisti “Veneto progetti S.C” di San Vendemmiano. L’importo di
aggiudicazione è stato fissato in 95 mila 850 euro (oltre agli oneri
contributivi e fiscali). Questi i punti principali che risalgono alla
deliberazione del Consiglio comunale del luglio 2009. Sviluppo Per
l'amministrazione Nesladek non è più sostenibile un "consumo" del suolo e
dell'ambiente per la soddisfazione degli interessi di pochi: «È necessario oggi,
invece, agire nell'interesse di tutti, e soprattutto delle generazioni future, e
dunque avere la massima cura delle risorse comuni e pubbliche, quali sono le
risorse territoriali e ambientali». Complessivamente oggi Muggia si ritrova con
un territorio nel quale «lo sviluppo dell'edificato si è stratificato nel tempo
con molto disordine, in termini quantitativi piuttosto che qualitativi, e causa
l'ulteriore massiccia edificazione degli ultimi dieci anni esso appare
ulteriormente "aggredito" e sfruttato troppo intensivamente». Integrazione Uno
degli obbiettivi dell'amministrazione comunale è quello di trasformare i
sentieri e le strade collocate nel verde che collegano Muggia con la Slovenia in
ambiti da destinare a boschi, parchi, zone agricole, riserve marine.Con uno
stretto collegamento con il comune di Capodistria per un'integrazione
transfrontaliera. Argomenti da sviluppare assieme dovranno essere la
pianificazione urbanistica delle zone confinarie, le possibili sinergie in campo
socio sanitario, dei servizi, della mobilità, del trasporto pubblico, del ciclo
dei rifiuti. Mobilità Non dimenticando di potenziare i collegamenti con Trieste
(soprattutto via mare e con i mezzi pubblici), la Variante deve contribuire poi
a rivedere la mobilità all'interno del territorio comunale con l'obiettivo di
“ridurre quote significative di traffico privato, liberando il territorio dalla
presenza invasiva delle auto, riducendosi progressivamente l'alterazione
percettiva dell'ambiente che la presenza dei veicoli a motore induce sugli
abitanti». Mare Per valorizzare il mare Muggia deve agire sul piano culturale
(museo della cantieristica), formativo (scuola di formazione professionale
nell'ambito dello sviluppo del distretto navale dentro il Porto Vecchio) ed
economico (destinare gli ambiti di pertinenza del vallone di Muggia ad attività
collegate espressamente al mare). Importante poi integrare le politiche dello
sviluppo muggesano con quelle del Porto di Trieste. Inoltre è necessario
prevedere per la zona del porto di Muggia “l'elaborazione di un preciso piano
per la completa restituzione di questi spazi, compresi gli immobili pubblici là
ubicati, alla libera fruibilità delle persone (liberandolo dagli attuali
parcheggi) e all'uso pubblico”. Il Comune poi chiede il coinvolgimento della
popolazione. Il percorso per la definizione di una nuova visione dello sviluppo
di Muggia non potrà che esser costruito “attraverso metodi partecipati, dove i
cittadini e le loro organizzazioni potranno contribuire alla definizione delle
scelte”.
Riccardo Tosques
Il Carso aspetta dal 1985 il piano paesaggistico
regionale - La lettera del giorno (Lucia Sirocco presidente Circolo Verdeazzurro
Legambiente Trieste)
La
segnalazione di Alessandro Cosenzi solleva l’importante problema
della tutela dei boschi carsici. Gli episodi, da lui citati, sono certo
emblematici dei gravissimi rischi che corre il territorio dell’altopiano
carsico: gli effetti Rosandra, la continua erosione dei territorio agricolo e
naturale per l’assurda espansione delle aree urbanizzate prevista dai piani
regolatori comunali, senza dimenticare incredibili proposte di legge come quella
recente di alcuni consiglieri regionali sulla “valorizzazione del Prosecco”, che
mirano a ridurre le aree tutelate dalle direttive europee (come se interessi,
oltre tutto discutibili, di natura economica potessero prevalere su disposizioni
- fondate su rigorosi criteri scientifici - a tutela dell’inestimabile
patrimonio rappresentato dalla biodiversità). Va ricordato che le indicazioni su
quanto andrebbe fatto, per la conversazione degli ecosistemi carsici,
arriveranno dal piano di gestione del Sito di importanza comunitaria e della
Zona di protezione speciale, in corso di avanzata stesura dopo un lungo e
articolato processo partecipativo che ha coinvolto tutte le realtà sociali del
territorio (agricoltori, operatori turistici, mondo scientifico, ambientalisti,
eccetera). Un piano che stabilirà quanto occorre per rendere compatibili le
attività antropiche con le esigenze di tutela della natura. Già un quarto di
secolo fa, d’altro canto, su incarico della Regione i migliori esperti
disponibili avevano elaborato lo studio naturalistico del Carso triestino e
goriziano, che conteneva in particolare dettagliate indicazioni sulla corretta
gestione dei boschi carsici: graduale conversione delle piante in fustaie di
latifoglie, ecc. Se fosse stato attuato, come gli ambientalisti avevano
ripetutamente chiesto, sicuramente gli effetti degli incendi - e i costi
connessi - sarebbero stati molto minori, le specie alloctone (ad esempio
l’ailanto) non si sarebbero diffuse tanto capillarmente, tutti avrebbero potuto
godere di un ambiente più sano, più piacevole e resistente nel tempo. Accanto a
ciò occorre oculatezza nella gestione urbanistica del territorio (troppo spesso
è mancata, nelle scelte dei Comuni), che andrebbe “governata” da un piano
paesaggistico regionale, strumento anche questo atteso da oltre un quarto di
secolo - lo prevedeva già la legge “Galasso” del 1985! - e che non si è mai
voluto fare. Ci sono precise responsabilità per tutto ciò e anche Legambiente le
ha sempre denunciate. Rassicuro perciò il signor Cosenzi, che chiude la sua
lettera auspicando che le associazioni ambientaliste mostrino per la tutela dei
boschi carsici lo stesso vigore esibito in occasione del disastro in Val
Rosandra: continueremo a fare quello che abbiamo fatto da decenni a questa
parte. Le forze disponibili sono tuttavia limitate e iniziative assurde come la
citata legge per il Prosecco dimostrano che molti rappresentanti eletti dai
cittadini non capiscono o non vogliono capire l’importanza della tutela della
natura: sarà però anche un po’ colpa di chi li ha eletti, no? Chiudo quindi
invitando il signor Cosenzi e quanti condividono il suo pensiero a dare sostegno
concreto alle associazioni che si battono per la tutela dell’ambiente e della
natura: la sede di Legambiente Trieste è in via Donizetti 5/a, tel. 366-3430369,
366-5239111, mail info@legambientetrieste.it.
All’Arpa Mattassi cede il posto a Daris. I sospetti del
Pd
TRIESTE Cambio ai vertici dell’Arpa Fvg. Fulvio Daris è il nuovo direttore
tecnico-scientifico dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente. È
stato nominato in seguito alle dimissioni del precedente responsabile, Giorgio
Mattassi. Dietro all'operazione, a detta del capogruppo del Pd in Consiglio
regionale Gianfranco Moretton, ci sarebbe poca chiarezza. «La sostituzione del
direttore scientifico dell’Arpa, trasferito a capo dell’Arpa di Udine – rileva
il consigliere dei democratici – è un fatto strano che richiede un maggior
approfondimento perché non vorremmo che il cambio fosse una volontà
dell’assessore regionale competente (Luca Ciriani, vice-presidente della Regione
ndr) per far valere la sua autorità». Stando all’analisi di Moretton ci
sarebbero «vicende legate a un recente passato quando il dottor Mattassi si è
permesso di evidenziare pubblicamente alcune carenze organizzative e finanziarie
dell’Arpa. Affermazioni - sottolinea il consigliere - che andavano comunque a
beneficio dell’agenzia stessa». Nato nel 1950, triestino, Daris è stato
direttore del dipartimento provinciale Arpa di Pordenone. Laureato in Scienze
Biologiche con specializzazione in Igiene e Medicina preventiva, ha all'attivo
oltre trent'anni di esperienza nei settori dell'epidemiologia, degli effetti
sulla salute degli inquinanti, della gestione e dell'interpretazione delle
analisi di laboratorio relative agli inquinanti, con particolari ''case history''
legate all'inquinamento industriale e nelle zone lagunari. «Il nuovo direttore
tecnico-scientifico dell'Arpa – commenta Ciriani - viene nominato in un momento
cruciale e strategico per la salute dell'ambiente in regione. E' stato scelto
tra i dirigenti con l'obiettivo di guidare la task force di tecnici chiamati ad
avere ruolo di consulenza della Regione».
Gianpaolo Sarti
«Credetemi, la Green Italy ci farà uscire dalla crisi»
- «L’economia verde è la carta vincente per battere la crisi» - COSÌ LA VEDE
REALACCI
La ricetta di Ermete Realacci, tra i fondatori di Legambiente «L’Italia
deve investire di più e ora nelle energie alternative»
L'energia in Italia - Produzione e consumo
Vi ricordate quando ecologico era sinonimo di «economicamente svantaggioso»?
Quando le scelte verdi erano osteggiate dagli industriali, dal mercato,
considerate battaglie di retroguardia, ideologiche. Vi ricordate? Bene, tutto
cambiato. L'economia verde sta conquistando un ruolo che nessun ecologista si
sarebbe mai sognato in tempi così rapidi e potrebbe rappresentare la carta
vincente nella battaglia per far uscire l’economia dalla peggiore recessione
della storia recente. Nemmeno Ermete Realacci, fra i fondatori di Legambiente di
cui ora è presidente onorario. «Dei 600mila posti di lavoro stabili creati lo
scorso anno in Italia 227mila sono nella green economy. E oggi in Italia, nel
settore dell'innovazione energetica contiamo aziende leader che esportano
ovunque tecnologie di avanguardia. L'economia verde può essere il volano di
sviluppo che fa ripartire il nostro Paese, il made in Italy che sposa il green
Italy». Realacci ne è così convinto che ci ha scritto sopra un libro, "Green
Italy", appunto. «E' ormai evidente in tutto il mondo dove gli investimenti
nelle energie alternative hanno superato quelli in tutte le altre. Noi dobbiamo
farci trovare pronti per non perdere il treno». Si discute molto sull’importanza
degli incentivi. «Quello degli incentivi è un problema a cui occorre mettere
mano. Perché dare gli incentivi alla realizzazione degli impianti fotovoltaici
favorisce le aziende estere, incentivare il rinnovamento delle case italiane in
chiave di risparmio energetico, invece (55% di credito di imposta, misura varata
anni fa) ha permesso interventi su 1 milione e 400mila abitazioni, prodotto un
giro di affari di 16-17 miliardi di euro e creato 50mila posti di lavoro
all'anno. Ma non mi pare che questo governo sia intenzionato a seguire quella
strada». Eppure il consiglio dei ministri ha varato l'aumento del credito di
imposta. «Non quello per l'aggiornamento energetico delle abitazioni, nel quale
fra l'altro potrebbe trovare posto anche la messa in sicurezza sismica. Quello è
passato dal 55 al 50% e per di più a tempo». Perché incentivare il fotovoltaico
invece aiuta gli stranieri? «Perché se dobbiamo realizzare 8mila megawatt di
fotovoltaico dobbiamo per forza rivolgerci a produttori esteri, noi non abbiamo
quella capacità, soprattutto se tutto va fatto in fretta». Diceva che ci sono
aziende italiane leader nel mondo nell'innovazione energetica. «Penso alla Power
One di Terranuova Bracciolini o alla Angelantoni di Massa Martana. La prima
produce inverter (le apparecchiature che convertono la corrente continua in
alternata) l'altra tubi ricevitori per centrali solari dinamiche. Che detto così
sembra niente, ma con le centrali solari che si realizzeranno in Africa a breve
significa essere in prima linea per competere in appalti da centinaia di
miliardi. Ma l'Italia è presente anche dove proprio meno te l'aspetti. Vuole un
aneddoto?». Andiamo con l'aneddoto. «Si è festeggiato da poco il giubileo di
diamante di Elisabetta II. Lo strame prodotto dalle sue stalle diventa energia.
E di dove è l'azienda che rende possibile la trasformazione? Italiana, di San
Martino di Lupari, Padova: la Uniconfort». Quando si parla di energie
alternative si pensa subito alle bollette della luce. Possiamo aspettarci che ci
costi un po' di meno accendere la lavatrice? «Ma è già così. In certe ore del
giorno produrre energia, grazie al solare, costa meno anche in Italia.
Produciamo un quarto della nostra energia da rinnovabili. Le faccio un esempio.
Sulla bolletta energetica italiana pesano 7-800 milioni di euro dovuti alla
Sicilia. La connessione elettrica fra continente e Sicilia è debole, così siamo
costretti a tenere in funzione centrali siciliane vecchie, costose e inquinanti.
Quando la produzione energetica siciliana sarà quasi tutta su eolico e solare
quei 700 milioni di euro spariranno dalle nostre bollette». Lei pensa che la
presenza di un ex monopolista come Enel abbia fatto perdere tempo al nostro
Paese verso l'innovazione energetica? «Eni ed Enel erano portatori di una
visione vecchia che non ci possiamo più permettere. Quanto a Enel secondo me
dovrebbe regalare un'azione a tutti coloro che hanno votato sì alla
cancellazione delle centrali nucleari». Come ringraziamento? «Il referendum li
ha salvati. La centrale francese che stanno costruendo in Gran Bretagna costerà
8 miliardi e mezzo di euro. Non la metà che diceva Enel. Con la crisi e la
domanda di energia che calava lo sa che sarebbe stato di un investimento come
quello? Un disastro e ora Enel, indebitata, sarebbe stata una bad company».
Energia pulita, ambiente più al sicuro. «E non solo per quanto riguarda
l'energia». In che senso? «Anche l'agricoltura è importante per la salvaguardia
dell'ambiente. E anche qui la qualità italiana può permettere di rendere
economicamente vantaggioso il lavoro. Nel campo del vino questo è palese oltre
ogni immaginazione. Produciamo il 50% di vino in meno rispetto all'inizio degli
anni 80, ma il valore delle nostre esportazioni è cresciuto di 6-7 volte. Vi
ricordate quando nel Sud d'Italia non c'era un vino degno di questo nome? Ora ce
ne sono decine di ottimi. La potenzialità del Green Italy è enorme». Ma
l'energia alternativa resta importante nella lotta al CO2. «Si sono fatti grandi
passi avanti, sul fotovoltaico si può fare di più. Ma finalmente una cosa è
chiara: non è più una sfida ambientale, ma economica. Chi per anni ha ragionato
alla Eduardo, 'a da passà a nuttata', è stato sconfitto. E l'Italia, può
riprendere il posto che le spetta sul mercato internazionale con la fonte
energetica meno inquinante che c'è: le idee».
Alessandro Cecioni
Per migliorare la raccolta differenziata e contrastare il fenomeno dell'abbandono dei rifiuti ingombranti in strada, dalle ore 9 alle ore 17 dei prossimi sabati sara' allestito un Centro di Raccolta Itinerante in alcune zone della citta'.
IL PICCOLO - MARTEDI', 19 giugno 2012
Piano traffico Usb e Comune a confronto
La convocazione dei rappresentanti sindacali dei lavoratori ai tavoli di
confronto che già vedono presenti l’amministrazione provinciale,
l’amministrazione comunale e Trieste Trasporti. E ancora: l’utilizzo immediato
degli ausiliari al traffico di Trieste Trasporti, in funzione dissuasiva e
repressiva della sosta selvaggia alle fermate e sui percorsi dei mezzi pubblici,
lo spostamento degli impianti semaforici e dei passaggi pedonali più pericolosi,
la messa in sicurezza della linea elettrica della trenovia e l’installazione dei
semafori con i contasecondi negli incroci particolarmente pericolosi. Sono state
queste le richieste che i coordinatori territoriali e aziendali dell’Unione
sindacale di base Lavoro privato Fvg hanno presentato, in relazione alla bozza
del nuovo Piano del traffico, all’amministrazione comunale durante l’incontro di
ieri con l’assessore comunale a Mobilità e traffico Elena Marchigiani, il
collega di giunta titolare della delega alle partecipate Fabio Omero e il
mobility manager del Comune Giulio Bernetti. Gli esponenti della giunta hanno
confermato l’accoglimento di numerose richieste presentate nei mesi scorsi dal
sindacato di base. Ora il Comune verificherà le possibilità di intervento in
merito alle istanze presentate ieri.
Settimana europea per l’energia sostenibile -
PADRICIANO
In un quadro di poche risorse economiche diventa essenziale praticare la
sostenibilità progettando in modo efficace. Domani la quarta edizione di
greeNordEsT week, all’interno della Settimana Europea dell’Energia Sostenibile,
fa tappa all’Area Science Park di Trieste in via Padriciano 99. Nella Conference
Hall dell’Edificio C (ore 9-18), un’occasione di confronto sulle esperienze
locali, sulle proposte comunitarie e sulle buone pratiche già in atto.
Nell’ambito dell’edizione di quest’anno di greeNordEsT gli enti pubblici locali
e le parti economiche si sono posti l’obiettivo di creare un network. Nel corso
della settimana i diversi attori coinvolti discuteranno, infatti, sulla
creazione di una rete territoriale per una progettazione efficace sull’accesso
ai finanziamenti europei. Il convegno sulle pratiche di buona governance.
L’adesione al Patto dei sindaci e le prospettive dell’area triestina, aperto al
pubblico, affronta temi come il Patto di Sindaci, mobilità sostenibile,
regolamento edilizio nel contesto triestino, risparmio energetico, lavorare in
rete come risposta alla crisi e come strumento di programmazione strategica,
Progetto Patres, edilizia popolare e pianificazione integrata della
sostenibilità energetica ed ambientale. Dopo i saluti del direttore generale di
Area Science Park, Enzo Moi, interverranno il ministro dell’ambiente Corrado
Clini e il sindaco di Trieste Roberto Cosolini. Delle proposte comunitarie e
delle prospettive per il capoluogo friulano discuteranno Antonio Lumicisi del
Ministero dell’Ambiente; Riccardo Riccardi, assessore alle infrastrutture,
mobilità, pianificazione territoriale e lavori pubblici del Friuli Venezia
Giulia; Vittorio Zollia, assessore Pianificazione Territoriale e Ambientale,
Viabilità Infrastrutture e Trasporti, Motorizzazione Civile della Provincia di
Trieste; gli assessori Umberto Laureni, Elena Marchigiani, Andrea Dapretto e
Fabio Omero del Comune di Trieste; Fabio Tomasi di AREA Science Park; Alessandra
Cechet di AtER Trieste; Daniela Rader, assessore Energia, Ambiente, Sviluppo
Economico del Comune di Schio (VI).
Anche a Muggia la spesa con “Gas” - Il gruppo di
acquisto solidale conta già una quarantina di famiglie aderenti
MUGGIA Quando fare la spesa e nutrirsi diventano un’abitudine consapevole,
quando la critica al modello di consumo e all’economia globale imperanti
spingono ad un’azione concreta e ad una scelta alternativa, quando l’esigenza
della comunità è quella di “farsi rete” per modificare al meglio le vite proprie
e degli altri, ecco allora la nascita di un Gas, “Gruppo di acquisto solidale”.
«È la “s” a rendere il valore profondo della sigla Gas: la solidarietà.
Solidarietà come criterio guida nella scelta dei prodotti, solidarietà nei
confronti dei produttori, solidarietà nei confronti dell’ambiente in cui viviamo
e, non ultima, solidarietà tra di noi». A parlare è Jacopo Rothenaisler,
presidente dell’associazione Impronta. E se è vero che ogni Gas si caratterizza
per essere “piccolo e locale”, anche il comune rivierasco ha saputo organizzare
un proprio gruppo d’acquisto: sorto nell’autunno del 2010 il Gas “Decrescita
felice Muggia” conta oggi circa 40 famiglie impegnate nell’acquisto di beni
alimentari (e non solo) di produzione biologica o eco-compatibile. «Organizziamo
degli incontri in cui impariamo a conoscere il mondo della produzione italiana –
spiega Rothenaisler - ci adoperiamo negli ordini e apprendiamo come utilizzare
al meglio le risorse che il territorio ci mette a disposizione: tra di noi
facciamo sciroppi, succhi, yogurt e marmellate». Il Gas muggesano, al pari degli
altri gruppi nazionali, prende le mosse dalla riflessione critica sui propri
consumi e sulla volontà di acquistare secondo i criteri guida di giustizia e
solidarietà: «Partecipare al nostro Gruppo di acquisto solidale significa
chiedersi che cosa ci sia dietro a un determinato bene. Se si siano rispettate
le risorse naturali e le persone che le hanno trasformate; quanto del costo
finale serva a pagare il lavoro e quanto invece vada speso tra pubblicità e
distribuzione; quale sia l’impatto sull’ambiente». Ed è in virtù di tale ottica
di “decrescita” e recupero del valore della terra e della produzione manuale che
ha avuto inizio la gestione degli ordini: arance, clementine, limoni, olio,
pasta, riso, pomodori ma anche jeans, scarpe, detersivi, saponi e olii
essenziali. Tutto acquistato direttamente dal produttore, in gruppo e - per
quanto possibile - a “km zero”, così da ridurre ampiamente l’inquinamento,
l’energia e il traffico dovuti al trasporto delle merci ma anche al fine di
evitare i passaggi intermedi (produttore – commerciante – grossista –
piattaforma di grande distribuzione) e pagare il giusto prezzo a chi ha lavorato
la terra o svolto l’opera artigianale. Attualmente il Gas muggesano si riunisce
al caffè Teatro Verdi di via San Giovanni il primo giovedì del mese e, per gli
ordini, comunica prevalentemente via mail. Per iscrizioni contattare il
referente all’indirizzo impronta.muggia@gmail.com o telefonare allo 040330267.
Vanessa Maggi
Interventi civili di pace - WORKSHOP CON PAT PATFOORT
Spazio Arac Giardino pubblico via Giulia Info: comitatodanilodolci@libero.it
Arci Servizio Civile insieme al Comitato pace convivenza e solidarietà Danilo
Dolci e progetto "Il Boschetto", promuove un workshop di Pat Patfoort esperta
belga in trasformazione nonviolenta dei conflitti, oggi dalle 17 alle 21 allo
spazio Arac del Giardino pubblico. L’iniziativa formativa, nata nel quadro del
progetto nazionale “Interventi civili di pace” e supportata dalla Regione, serve
a divulgare un metodo nonviolento per affrontare, costruttivamente, le
differenze e i conflitti. Traendo ispirazione dalle non sempre facili relazioni
fra italiani e sloveni, e tenute presenti le esperienze nel contesto maturate
dalle donne. Il riferimento alle similitudini esistenti tra la contrapposizione
fra Valloni e Fiamminghi in Belgio e la situazione locale, aiuterà Patfoort
(foto) a rendere fruibile la presentazione anche col ricorso a simulazioni.
Il canale di Ponterosso
Oggi, alle 18.30 verrà inaugurata al caffè Stella Polare, in piazza Sant’Antonio 6, la mostra del concorso fotografico organizzato da Italia Nostra «Il canale di Ponterosso». La mostra rimarrà aperta fino a lunedì 2 luglio.
IL PICCOLO - LUNEDI', 18 giugno 2012
Rigassificatore, Muggia chiama l’Ue - Si allarga il
tavolo tecnico transnazionale. Nesladek al workshop europeo di Trieste
L’Italia rischia una procedura d’infrazione europea per la vicenda dei
rigassificatori. Attualmente ci sarebbe quattro progetti di attività a rischio
di incidente rilevante sindergici tra loro. La questione è stata posta dal
sindaco di Muggia Nerio Nesladek e dal Tavolo Tecnico Rigassificatori Trieste
(promosso dalla Uil vigili del fuoco del Fvg e coordinato da Adriano Bevilacqua)
al “Second Workshop on Maritime Affairs in the Adriatic Ionian Macro-Region”, il
workshop internazionale promosso dalla Commissione europea, dal Ministero degli
Affari Esteri italiano e dalla Regione sulle politiche marittime nella Strategia
per la Macroregione Adriatico-Ionica. L’evento, che si è svolto dall’11 al 13
giugno alla Stazione Marittima di Trieste, annoverava tra gli obiettivi primari
quello di approfondire il dialogo tra i diversi territori. In questo scenario è
diventato rilevante il contributo del Tavolo tecnico rigassificatori Trieste,
diventato nel frattempo transnazionale con l'ingresso di ricercatori croati che
si sono aggiunti agli studiosi sloveni e italiani che già lo componevano.
Recentemente invitati ad un'audizione a Lubiana presso il ministero
dell'Ambiente della Repubblica di Slovenia e, l’aprile scorso, al Ministero
dell'Ambiente croato a Zagabria, il Tavolo tecnico ed il sindaco di Muggia
avevano lanciato in entrambe le occasioni la proposta di istituire un spazio
congiunto di cooperazione e sviluppo transfrontaliero con la collaborazione di
Italia, Slovenia e Croazia per porre le basi di un ragionamento economico –
politico - energetico condiviso. Proposta che avevano accolto favorevolmente
entrambi i ministri ed alla luce della quale il sindaco Nesladek aveva offerto
la candidatura di Muggia come sede per ragionare assieme sulle strategie
energetiche, tenendo presenti le necessità e le problematiche ambientali comuni
ai tre Paesi che si affacciano sull’Adriatico. La strategia macroregionale alla
base dell’ evento, quindi, intesa come «quadro integrato per fornire risposte
efficaci e mirate a problemi che interessano ampie aree dell’Unione, puntando a
tradurre nel concreto il concetto di coesione territoriale, di protezione
ambientale e di sviluppo economico e sociale sostenibile» si configura non solo
come la sintesi dei documenti da sempre presentati in questi anni dal Ttt e dal
sindaco Nesladek, ma anche come l’effettivo motore fondante e costituente del
gruppo di studiosi. Un’ulteriore occasione, pertanto, per proporre le proprie
analisi in un workshop di particolare rilievo per la presenza di numerose
Autorità nazionali ed internazionali.
Opicina, la centrale porta in dote una società per
altri 40 addetti
Il progetto a biomasse illustrato da Iit a Comune, Provincia e
Confindustria: a margine della struttura una new company dedicata a progettare,
costruire e mantenere iniziative simili in Italia e all’estero
Il sindaco, il vicepresidente della Provincia, il presidente
dell’Associazione industriali. La Iit-Iniziative industriali triestine srt, la
società che ha avviato l’iter amministrativo per costruire una centrale
elettrica a olio di palma a Opicina, è sbarcata a Trieste e i suoi
amministratori si sono discretamente e separatamente incontrati con Roberto
Cosolini, Igor Dolenc e Sergio Razeto. Gli incontri operativi si sono svolti
nelle sedi istituzionali e i dirigenti della Iit srl, oltre ai dettagli tecnici
e occupazionali del loro progetto, hanno presentato anche una nuova iniziativa
che potrebbe realizzarsi a margine della centrale di Opicina. Se tutti i
tasselli dovessero andare al loro posto dovrebbe essere a breve costituita una
“new company” per progettare, costruire e mantenere in efficienza centrali
elettriche simili a quella in costruzione a Livorno e a quella che dovrebbe
essere in funzione entro un paio d’anni a Opicina. Trieste in questo ha un ruolo
predominante, grazie alla presenza sul suo territorio della Grandi
Motori-Wärtsilä, della Facoltà di ingegneria e dell’Area di ricerca. Secondo i
documenti ora in possesso del Comune, della Provincia e dell’Assindustria, la
“new company” dovrebbe operare nel settore metalmeccanico «offrendo i propri
servizi ad aziende impegnate nelle energie rinnovabili, nel comparto “oil & gas”
e nell’impiantistica». Tre le sezioni previste con una quarantina di posti di
lavoro che si affiancano ai 25 della centrale: un ufficio progettazione, una
sezione produttiva, un service di manutenzione. «La nostra struttura - si legge
nella brochure preparata da Iit srl – opererà non solo sul territorio nazionale,
sfruttando le possibilità logistiche del porto. Le operazioni di manutenzione e
costruzione offriranno la possibilità di impiegare personale qualificato
proveniente dal territorio locale». Ma non basta. Nel documento messo nelle mani
dei due amministratori locali e del presidente degli Industriali viene citato
nero su bianco l’organigramma della “New Company” da affiancare alla centrale
elettrica ad olio di palma di Opicina. Una direzione generale con quattro
addetti; un ufficio tecnico con sette persone; l’ufficio acquisti con due
assunti; il responsabile della commessa, con altri due. E infine la produzione
con 20 operai specializzati, cinque apprendisti più tre capi officina e addetti
al controllo qualità. Non sfugge a nessuno che senza il “via libera” alla
costruzione della centrale anche questa “New Company” a essa associata e in cui
è presente anche del capitale bresciano non avrebbe alcuna possibilità di
realizzazione concreta. Allo stesso modo difficilmente possono dire “no” al
progetto i rappresentanti di un territorio in cui l’industria, l’artigianato e
il commercio hanno oggi il fiato corto, cortissimo. Chi osteggia per partito
preso ogni iniziativa, qualsiasi essa sia, potrà parlare di condizionamento, di
promesse finalizzate al sì degli enti locali alla centrale ad olio di palma.
Certo è che da anni non si sente parlare in città di nuove iniziative
industriali e il fatto che la Iit srl abbia coinvolto il Comune, la Provincia,
l’Assindustria e la Regione, dovrebbe garantire il rispetto delle norme delle
procedure e dell’ambiente.
Claudio Ernè
Cosolini: area a uso industriale, ma attenzione agli
impatti negativi
«L’area scelta per costruire la centrale elettrica a olio di palma ha da
anni e anni una destinazione d’uso industriale». Lo ha dichiarato ieri il
sindaco Roberto Cosolini (foto), confermando il recente incontro in Municipio
con i vertici dell Iit srl, la società romana partner del progetto. «Devo però
aggiungere che i nostri cittadini hanno una particolare sensibilità e per questo
motivo il progetto non dovrà avere impatti negativi per l’ambiente e per la
popolazione. So che l’istruttoria è già avviata negli uffici della Regione.
Anche per questo motivo a breve scadenza il progetto con le sue ricadute
occupazionali sarà presentato alla popolazione. Se le critiche risulteranno
fondate, chi le ha sottolineate organizzerà una opposizione: al contrario se il
progetto risulterà rassicurante non esisterà motivo per dire no o alzare muretti
o steccati».
Arriva la mappa dell’inquinamento acustico
Il Comune punta a normare le attività rumorose, territorio diviso in
sette zone in base ai decibel
Il traguardo fissato è quello di definire la ripartizione del territorio
comunale in sette zone acustiche. Il primo passo in questa direzione è stato
mosso con l’approvazione da parte della giunta Cosolini di una delibera che
stabilisce la mappatura acustica strategica dell’agglomerato urbano. Una
procedura che consentirà al Comune «di avere l’evidenza - spiega l’assessore
all’Ambiente Umberto Laureni - dei livelli di rumore in compresenza di attività
quali il traffico veicolare, la circolazione dei treni lungo i tratti ferroviari
e anche la produzione industriale». Una prima «pre-zonizzazione - continua
Laureni - ha permesso di dividere il territorio del Comune intanto in tre aree
sulla base di dati già esistenti e in possesso di altri enti. La prima zona ha
un livello di rumorosità inferiore ai 55 decibel, la seconda fra i 55 e i 65, la
terza superiore a 65. Si tratta di una fase preventiva, cui seguiranno
misurazioni dirette attraverso l’impiego di fonometri per ultimare, in tempi
rapidi, la divisione del territorio in sette zone per “classi di rumore”. Il
tutto - evidenzia l’assessore - finalizzato al risanamento acustico generale».
Le sette zone, una volta determinate, diverranno parte integrante del nuovo
Piano regolatore comunale: «Saranno inserite nel Prg - prosegue Laureni - in
modo da normare l’attività rumorosa in città. Un esempio per chiarire: se nella
zona di Opicina sarà stato certificato un certo livello acustico, quello stesso
dato pre-esistente non potrà in futuro essere superato quanto a produzione di
rumore nell’ambito di nessuna attività». Decibel e qualità della vita: su queste
componenti di un unico tema opererà il Comune, anche intervenendo laddove vi
siano situazioni di superamento dei limiti di sostenibilità acustica per
riportarle alla normalità. Oltre alla mappatura, infatti, l’esecutivo guidato da
Roberto Cosolini ha dato il via libera alla convenzione con l’Arpa per il
supporto tecnico che la stessa Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente
garantirà al Municipio proprio in materia di controllo dell’inquinamento
acustico. «Ci avvaliamo dell’Arpa, come richiede la legge, per approfondire -
dice ancora Laureni - degli aspetti tecnici. Sono state reiterate alcune
convenzioni già operative». Il riferimento è anche a quella sul monitoraggio e
analisi delle emissioni della Ferriera di Servola e al documento per il
controllo dei siti dove vi sia inquinamento nel territorio comunale. «Non si
tratta del Sin - puntualizza a riguardo l’esponente di giunta - ma di aree nelle
quali ad esempio si sia verificato uno spandimento di qualche liquido». Tornando
alla questione acustica, sulla base della convenzione i tecnici dell’Arpa
entreranno in azione a seguito di «segnalazioni o richieste da parte dei
cittadini, per situazioni nell’abitato associate - conclude Laureni - a
produzioni anomale di rumore».
Matteo Unterweger
SEGNALAZIONI - Differenziata - L’informazione non è mancata
Il signor Fornasari nella segnalazione comparsa sul Piccolo del 7 giugno attribuisce la bassa percentuale di raccolta differenziata in città anche alla carente informazione messa in atto da Comune di Trieste e Acegas. Può essere utile ricordare le principali iniziative messe in atto in materia dalla nuova Amministrazione comunale: nel luglio 2011 sensibilizzazione sulla raccolta differenziata a Barcola, rivolta in primo luogo agli esercenti; in settembre presentazione ufficiale delle linee guida sulla differenziata (obbligatoria da gennaio 2012); in ottobre iniziativa pubblica con il consorzio Conai per sensibilizzare sulla raccolta differenziata; a dicembre pubblicazione a piena pagina sul quotidiano locale delle istruzioni dettagliate su come separare le frazioni dei rifiuti; a partire da fine gennaio 2012 tutte le famiglie ricevono a mezzo corriere la busta con gli opuscoli (in italiano e sloveno) con le istruzioni dettagliate su come attuare la raccolta differenziata e su come smaltire i rifiuti ingombranti, assieme a un numero verde a cui ricorrere per risolvere specifici problemi (come quelli riportati dal Fornasari) e segnalare disservizi; in gennaio si avvia la raccolta cartoni per le attività economiche; in febbraio il Wwf, in collaborazione con il Comune, apre un nuovo portale web inteso come centro di ascolto e assistenza sulle problematiche collegate ai rifiuti; in febbraio iniziative con Tetra Pak Italia sulla raccolta della carta, articolate in momenti ludico-didattici rivolti ai ragazzi delle scuole e in otto spettacoli itineranti nelle vie e piazze di Trieste per stimolare e coinvolgere i cittadini alle corrette pratiche di raccolta differenziata; in marzo tre assemblee pubbliche in collaborazione con l’Università della Terza Età, nelle quali sono state presentate le iniziative messe in campo e si è risposto ai molti quesiti sollevati dai cittadini; in aprile avviata la raccolta porta a porta degli scarti verdi dei giardini; in maggio incontro-dibattito con gli studenti universitari organizzato da Arci Casa sulle buone pratiche nella gestione dei rifiuti; sempre in maggio iniziativa pubblica assieme al Consorzio oli usati. È pertanto ingiusto affermare che “Comune e Acegas dovrebbero fare un serio esame di coscienza sulle loro inadempienze comunicative”, anche se sulla gestione dei rifiuti a Trieste molto deve essere migliorato.
Umberto Laureni Assessore all’Ambiente Comune di Trieste
IL PICCOLO - DOMENICA , 17 giugno 2012
La crisi mette in ginocchio il volontariato -
ASSISTENZA » MANCANZA DI SOLDI
Il presidente di Azzura (malattie rare) Sidari: «Aiuti calati dell’80%».
Associazioni costrette a lasciare la sede
PIERPAOLO GREGORI Il presidente della Federazione: il rischio a cui stiamo
andando incontro è che questa situazione si rifletta sui servizi
DARIO MOSETTI Le realtà medio-piccole potrebbero vedersi costrette anche a
rinunciare all’attività per problemi di bilancio
La crisi morde il mondo del volontariato triestino. Le organizzazioni che
operano in questo settore si confrontano con risorse finanziarie sempre più
limitate. I cittadini fanno difficoltà ad arrivare a fine mese e sono costretti
a ridurre quello che un tempo destinavano a questa o quella associazione. Alcune
realtà denunciano un calo delle risorse dell’ 80 per cento. Le aziende cittadine
che un tempo contribuivano economicamente alla riuscita di alcuni progetti ora
sono costrette a tirarsi indietro. Il drastico calo dei fondi ha costretto
alcuni a dismettere la propria sede e a condividere una con altre associazioni.
«Il rischio al quale stiamo andando incontro – denuncia Pierpaolo Gregori,
presidente della Federazione del volontariato del Friuli Venezia Giulia che
riunisce 40 associazioni – è che questa situazione si rifletta sui servizi che
vengono erogati a chi è in difficoltà. Purtroppo nel tempo ne risentiranno i
cittadini». In pratica, secondo Gregori che è anche l’unico membro triestino a
sedere al tavolo del consiglio di amministrazione del Csv, il Centro Servizi
Volontariato del Friuli Venezia Giulia, nei prossimi mesi e negli anni chi è
assistito dalle realtà del volontariato potrebbe vedersi togliere alcuni
servizi. Quel supporto indispensabile che affianca il lavoro dell’Azienda
sanitaria e dell’assessorato provinciale e comunale con delega al sociale
potrebbe sparire da un momento all’altro. Si assisterà ad una maggiore
selettività dei criteri di distribuzione. Nella provincia di Trieste operano
circa 600 associazioni di volontariato, 6mila invece nell’intera regione.
Puntano a combattere fenomeni di disagio socio-economico. Assistono anche a
domicilio persone malate, con gravi disabilità, anziani, genitori che si trovano
a dover sopportare la pesante croce di un figlio gravemente malato. Ogni ambito
sociale e sanitario trova il sostegno di un gruppo di volontari. Oggi che la
povertà si diffonde e coinvolge anche parte dei ceti medi, la richiesta di aiuto
è in crescita ma le disponibilità economiche scarseggiano. Con il pericolo che
si ritorni ad una logica di intervento basata solo sull’emergenza, che corra a
tamponare i buchi senza però arrivare ad una vera soluzione del problema. «C’è
un notevole rischio che certe associazioni, specie quelle medio-piccole –
evidenzia Dario Mosetti, direttore del Csv – si ritrovino costrette a rinunciare
a certe attività. La situazione è veramente dura e in futuro lo sarà ancora più.
Quello che noi possiamo fare è offrire ancora più servizi alle tante realtà che
ci chiedono aiuto ma anche noi saremo costretti a ottimizzare il nostro
bilancio». «Se negli ultimi anni organizzando un’iniziativa riuscivo a
raccogliere mille euro di beneficenza – racconta Alfredo Sidari, presidente di
Azzurra, la onlus che ha preso a cuore le malattie rare – oggi ce ne arrivano
più o meno 200: un calo spaventoso, la situazione è grave. Non riesco più a
trovare nemmeno un istituto bancario che mi sponsorizzi i volantini che servono
a veicolare il lavoro dell’associazione». Con il progetto “Due passi” Azzurra
assicura a 15 persone affette da malattie rare degenerative un’assistenza
domiciliare infermieristica, le prestazioni di un dentista e di uno psicologo.
«Il progetto costa 75 mila euro all’anno, – spiega Sidari – 50 mila mi sono
stati fino ad oggi concessi dalla Fondazione CrTrieste e 25 li raccolgo dalle
elargizioni. Ma gli aiuti da parte dei cittadini sono diminuiti del 80 per
cento. Come faremo?». Ogni associazione necessità di una certa somma di denaro
anche per mantenere la sede e i mezzi di trasporto. «Noi abbiamo dovuto dire
addio alla nostra storica sede – ammette Diana Mayer Grego, presidente di “Sulle
ali di un angelo” che supporta le persone hanno perso un figlio in età neonatale
– non riuscivamo più a far fronte alle spese. Ora dividiamo gli spazi del
Movimento Donne. Dobbiamo darci una mano tra associazioni altrimenti non saremo
più in grado di garantire i servizi che offriamo»
Laura Tonero
«Arriveranno meno fondi dalle Fondazioni» - In
difficoltà anche il Centro servizi di galleria Fenice: intanto chiuderemo
qualche ufficio periferico
A riprova che il volontariato sta affrontando un periodo di difficoltà
economica c’è anche il bilancio del Centro Servizi Volontariato della nostra
regione, la realtà che mira allo sviluppo sociale attraverso l’erogazione di
servizi alle associazioni di volontariato. La realtà che qui a Trieste ha sede
in galleria Fenice e in via San Francesco ogni anno riceve dal comitato di
gestione un quindicesimo degli utili della Fondazione CrTrieste, della
Fondazione della Crup, di quella di Carigo e Cariplo. Nel 2009 il contributo è
stato di un milione e 965 mila euro, lo scorso anno di un milione e 320 mila.
Stessa cifra per il 2012. Una riduzione notevole che prevede ulteriori e
importanti tagli per il 2013 e il 2014. Sfogliando il bilancio 2011 del Csv
emerge che per il personale, per i 19 dipendenti, il centro ha speso 567.063
euro. Per collaboratori e consulenti 56.350 euro. Mantenere le sole sedi di
della nostra provincia – ne possiede in affitto anche una a Udine, una a
Pordenone, una a Gorizia grazie ad una convenzione con la Provincia oltre a
sportelli distribuiti sul territorio – ha un costo annuale di circa 60 mila
euro. Come si organizzerà il Csv in futuro in previsione dei tagli? «Il
personale non va toccato - osserva il direttore, Dario Mosetti – ma
probabilmente andranno ridotti gli orari di apertura di qualche sede e qualche
ufficio periferico forse andrebbe chiuso. Le risorse vanno poi ulteriormente
razionalizzate». Lo scorso anno il Csv ha organizzato un bando di circa 300 mila
euro per finanziare progetti delle associazioni di volontariato. I progetti
presentati sono stati appena 31, 15 quelli finanziati. «Alla fine viene aiutato
direttamente, con un supporto economico – valuta Gregori, presidente della
Federazione del volontariato Fvg – l’un per cento delle associazioni. Invece,
visto che in futuro le difficoltà aumenteranno, sarebbe bene investire una parte
di quei 300 mila euro in un progetto che insegni alle associazioni a reperire
fondi, a proporsi, a far conoscere i loro risultati e che le aiuti a viaggiare
da sole. Solo così le più fragili troveranno nuove risorse». Un progetto di
Gregori che impegnerebbe 80 mila euro all’anno però non trova approvazione del
consiglio di amministrazione, l’organo politico del Csv.
(l.t.)
Mercoledì un incontro con il vescovo
Per il prossimo 20 giugno, alle 18, la Fondazione del volontariato del Fvg
ha organizzato nella sede del Csv di galleria Fenice un incontro tra le
associazioni di volontariato e il vescovo, Mons. Giampaolo Crepaldi. «In questo
momento di difficoltà, con le risorse che scarseggiano, chiederemo al vescovo –
anticipa Domiziana Avanzini, presidente dell’Avo e membro della commissione
diocesana per la pastorale della salute “Marcello Labor” – di creare un tavolo
di concertazione, di confronto tra le varie realtà. La situazione che si sta
venendo a creare causa la crisi obbliga chi fa volontariato a fare rete, ad
integrarsi. Serve – avverte – una collaborazione tra le associazioni di area
laica e quelle di area diocesana». «Questo incontro sarà un’occasione per
cercare di capire – spiega Pierpaolo Gregori (nella foto) - su quali terreni
comuni si possono incontrare organizzazioni laiche e cattoliche e con quali
strumenti e relazioni possono disegnare il loro futuro e dare concretezza alla
loro attività. Dobbiamo eliminare le barriere culturali e religiose – conclude -
e necessariamente collaborare».
Legno e energie rinnovabili Nasce la casa del futuro
In via Giustinelli il cantiere di un edificio residenziale senza
precedenti in Italia Avrà un impianto geotermico di profondità e generatori
microeolici
FINE LAVORI NEL 2013 Previsti una ventina di appartamenti, spa e area giochi
comuni
L’utilizzo delle tecnologie più evolute da abbinare a soluzioni originali
sul fronte dell’efficienza energetica sfruttando i concetti di sostenibilità ed
ecocompatibilità. È questa la filosofia alla base del progetto sperimentale in
campo abitativo denominato “Panorama Giustinelli”. Si tratta di un complesso
residenziale ormai in avanzata fase di cantiere situato sul colle di San Vito,
per la cui realizzazione sono state prese scelte fortemente innovative che
permettono sia un risparmio energetico, sia il rispetto del binomio salute e
ambiente. L’esperimento non ha precedenti in Italia e rimane tuttora uno tra i
progetti pilota in tutta Europa. Il complesso si struttura su sei piani
costruiti interamente in legno lamellare, mentre lo strumento chiave è
costituito dall’impianto geotermico di profondità, alimentato da pannelli
fotovoltaici e da generatori microeolici, che producono energia termica sia
invernale che estiva, mediante l’uso di fonti energetiche rinnovabili.
L’ideatore del progetto è l’imprenditore triestino Alessandro Beltrame, che
spiega così la filosofia innovativa della costruzione: «Per avere un’idea di
quello che può essere il risparmio reale in termini di spesa energetica, basta
pensare che il consumo medio in una abitazione è di venti litri di gasolio
equivalente per metro quadrato. Nel nostro caso scendiamo a meno di tre litri,
peraltro virtuali poiché vengono presi direttamente sfruttando la temperatura
del sottosuolo. In pratica, grazie alla tenuta termica dell’involucro, nelle
abitazioni ci sarà la possibilità di avere gratuitamente aria calda e aria
fredda tutto l’anno a seconda delle esigenze». L'intero progetto parte insomma
dalla volontà di alimentare la casa con energia rinnovabile, puntando
all'autosufficienza energetica. In via Giustinelli 13 - nell’ambito della
riqualificazione di un edificio storico del quale sarà mantenuta la facciata
originale - verranno ricavati una ventina di appartamenti, le cui dimensioni
andranno dai 90 fino ai 260 metri quadrati: il completamento è previsto
nell’estate del 2013. Si tratta di abitazioni residenziali con vista mozzafiato
sul golfo, dotate del massimo comfort per gli ospiti, cui è stata dedicata
grande attenzione alla progettazione degli spazi e dove troveranno posto, nelle
parti comuni, un grande giardino, una piscina da 35 metri in acciaio
inossidabile, la zona relax con sauna, bagno turco e palestra, oltre allo spazio
giochi per i bambini. In linea con le nuove tecnologie anche i dettagli: ogni
appartamento avrà in dotazione un i-Pad, attraverso il quale si potrà impostare
e programmare ogni tipo di esigenza e comfort, dal riscaldamento alle luci, fino
alle scelte musicali. Un ascensore esterno permetterà infine di raggiungere
direttamente il centro storico cittadino, con uscita in piazzetta Cornelia
Romana. Il progetto, spiega ancora Beltrame, non è certo destinato a rimanere un
esempio isolato. «Sono dell’idea che ormai è stata imboccata la via del non
ritorno, nel senso che questo tipo di approccio può tranquillamente essere
declinato anche ad altre esigenze abitative, persino quelle delle case popolari.
Questo significa un’autentica rivoluzione nel settore, che potrebbe permettere
di risolvere gran parte dei problemi del nostro Paese in campo energetico».
Pierpaolo Pitich
Ambiente e salute
Il progetto “Panorama Giustinelli” nasce dall’idea di abbinare alla qualità
degli appartamenti l’innovazione sul fronte del risparmio energetico. A questo
si aggiunge l’attenzione alla salute, grazie all’assenza di campi magnetici
nelle abitazioni e all’utilizzo di materiali che non rilasciano sostanze nocive
nel tempo. Una filosofia che potrebbe essere ripresa in futuro non solo nel
campo abitativo, tanto che già si parla della possibilità di costruire con
questi presupposti una scuola della nostra provincia. Come sostiene l’ideatore
Alessandro Beltrame, «la sostenibilità individuale è un costo, quella collettiva
è una ricchezza». Sono state realizzate 24 geosonde a 125 metri di profondità
per un totale di 12 chilometri di tubi per lo scambio termico col terreno
roccioso e umido: l’impianto potrà garantire circa 90 kilowatt sia termici che
frigoriferi. Oltre ai pannelli fotovoltaici, sul tetto dell’edificio verrà
installato un "giardino" eolico composto da due rotori verticali a portanza, in
grado di produrre una decina di kilowatt di picco.
Alla scoperta del mondo delle api - OGGI
Contovello Ritrovo presso lo stagno Dalle 15.30 alle 17.30
Grazie al contributo della Provincia di Trieste, l’Area Marina protetta di
Miramare propone oggi un appuntamento pomeridiano nell’affascinante cornice
dell’antico borgo di Contovello, un’occasione da “prendere al volo” per
avvicinare grandi e piccini al laborioso mondo delle api. E proprio una vita da
regina quella dell’ape regina? E davvero tutto “miele” e fiori il mestiere degli
apicoltori? Miele, pappa reale, propoli, cera… chi di noi non conosce questi
prodotti! Ma siamo sicuri di conoscerli a fondo e tutti? Quattro chiacchiere a
tu per tu con un apicoltore del nostro Carso per conoscere e apprezzare questo
utilissimo insetto e quanto lavoro c’è “dietro le quinte” per api e uomini
insieme. L’incontro sio svolge dalle 15,30 alle 17,30, ritrovo presso lo stagno
di Contovello.
IL PICCOLO - SABATO, 16 giugno 2012
Rilancio del Porto: un Piano senza fondi -
il piano di rilancio pluriennale 2012-2014 del Porto
Dalla ferrovia interna alle bonifiche e al restauro della Torre del Lloyd Nel
progetto pluriennale opere per 582 milioni, di cui però 434 da reperire
In questa deprimente e preoccupante situazione economica sarebbe meglio non
aver bisogno di niente. Invece a Trieste non si fa che la conta di quello che è
urgente realizzare, aggiustare, completare, aggiungere, cambiare, sviluppare,
traslocare, salvare. Mentre le circostanze fanno anche sì che manchino,
contemporaneamente, il Piano regolatore generale (in rifacimento) e il Piano
regolatore del porto, quest’ultimo approvato nel 2010 ma ancora in fase di
analisi per le valutazioni ambientali appunto al ministero dell’Ambiente, che
appena chiede ulteriori chiarimenti prima di dare il definitivo via libera. E
mentre le faccende comunali si snodano giorno per giorno, e sull’enorme
riqualificazione da 1 miliardo e mezzo di Porto vecchio si materializza la
stretta del credito (con la ricerca di ulteriori investitori a garanzia), ancora
più impressionante è focalizzare tutto ciò che il principale asse economico
della città dichiara essenziale per il proprio rilancio da qui al 2014 e oltre,
rinnovando, migliorando e ampliando. La dichiarazione d’intenti era stata
esplicitata alcuni mesi fa, quando l’Autorità portuale presentò in volume, con
evidenza schematica e con analisi dettagliate e interessanti, la lista del
“Piano di rilancio pluriennale”. Siamo a metà 2012 e le cifre sembrano sempre
più imponenti: gli intenti sono arrivati a sommare lavori per 582 milioni di
euro cantierabili in 3 anni, di cui 434 non finanziati, e in dettaglio 321 da
cercare presso “altri” (ministero, Regione, ecc.). Il documento avvertiva che la
tabella era “teorica”, dipendente da tre condizioni: approvazione del Prg a
inizio 2014, possibilità di avviare tutti gli interventi contemporaneamente,
finanziamenti disponibili per tutte le opere. Dunque, sostanzialmente una
planimetria, solo un piano di lavoro. In controluce si capiscono così le
necessità, a partire da cose basiche come la pulizia. Secondo gli operatori,
riferisce il testo in apertura, c’è troppa sporcizia in porto, mancano servizi
igienici, le strade interne sono da assestare perché penalizzate da «buche,
avallamenti e rappezzi». Servono inoltre segnaletica adeguata perché il traffico
è «caotico», luoghi adatti ai camionisti «oggi allo sbando», una fognatura (che
non esiste se non per segmenti), varchi più blindati e anti-intrusi, dotati di
climatizzazione. E, soprattutto, sono urgenti maggiori servizi di ferrovia
interna e, notoriamente, in entrata-uscita dal porto; le bonifiche (anche
dall’amianto, e non solo da Sito inquinato nazionale, velocizzate dalle nuove
procedure firmate a Trieste dal ministro dell’Ambiente Corrado Clini con tutti
gli enti interessati). Bisogna poi costruire nuovi magazzini e ristrutturare i
vecchi. È necessario un Centro servizi che raggruppi gli organi tecnici e di
sorveglianza. Perfino consolidare statisticamente la Torre dirigenziale del
Lloyd. A fine 2011 c’erano 14 interventi in corso, per una spesa di 118 milioni,
di cui i principali, oltre ai restauri museali in Porto vecchio, riguardano il
prolungamento della diga foranea davanti a riva Traiana (49 milioni, quasi tutti
del ministero delle Infrastrutture) e la riqualificazione dell’Arsenale San
Marco (12,3 milioni dalla Regione). Il piano delle opere era stato suddiviso in
tre grandi capitoli. Il primo focalizza quello che si può già fare, col Prg
vigente. Qui sono stati iscritti, con le relative cifre, la famosa piattaforma
logistica di ampliamento (mancano i 182 milioni del secondo stralcio), il
terminal ro-ro alle Noghere (costo di 27 milioni di cui 2 a disposizione), un
nuovo terminal ferroviario a Campo Marzio (10 milioni di cui 1 disponibile),
l’ampliamento della banchina nord del Molo VII (19 milioni, 2 a disposizione)
nuove gru al Molo VII (7 milioni, 1 a disposizione), un magazzino frigo al Molo
V per prodotti ortofrutticoli (7,5 milioni, 1,5 a disposizione), un’area di
sosta per camion nella zona ex Esso (6,5 milioni di cui 800 mila disponibili),
l’acquisizione (3 milioni) di terreni alla stazione ferroviaria di Prosecco, per
parcheggio ma anche per un eventuale spostamento del Punto franco da Porto
vecchio; la messa a norma di magazzini, un nuovo raccordo stradale tra Porto
nuovo e Scalo legnami, il consolidamento della Torre del Lloyd, la bonifica alla
ex Esso, la riqualificazione dei varchi. E, ancora, la fine dei restauri del
polo museale e la riqualificazione urbana delle rive cittadine, idea già
lanciata dal precedente vertice dell’Authority: lavori in tre lotti, per 4,2
milioni di euro (di cui 600 mila disponibili). L’avvio della gara era stato
previsto, nella tabella dei cronoprogrammi, per il primo semestre 2012.
Gabriella Ziani
Ma senza il Prg non partirà nessun progetto - È TUTTO
FERMO
Manca lo strumento urbanistico per il raddoppio del molo VII e il nuovo
terminal ro-ro
Non si vedono grandi opere avviate? Manca il Prg nuovo. Solo quando entrerà
in vigore si potranno realizzare (così rende chiaro il Piano pluriennale) gli
interventi di ampliamento delle strutture commerciali, che dovranno rubare
spazio al mare non essendovi possibilità di ulteriormente sfruttare territorio e
golfo. Prima di tutto entra in campo, in questa prospettiva, l’annunciato
allungamento del Molo VII, su progetto del terminalista, per un costo di ben 126
milioni per 400 metri di banchina: 6 i milioni già disponibili. Secondo grande
lotto: il completamento del terminal ro-ro alle Noghere, per consentire nuovi
accosti e allestimento di aree retrostanti. Anche qui si prevede un costo di 126
milioni, e altrettanto vengono segnati 6 come ora disponibili. Terzo importante
obiettivo, l’allungamento del Molo Bersaglieri, quello accanto alla Stazione
marittima, dedicato alle navi da crociera, che dovrebbe passare dagli attuali
200 metri di lunghezza a 350. Con una spesa di 8 milioni di euro, al momento
disponibile 1 milione. Lo stesso progetto contiene anche l’allargamento
successivo della banchina da 110 a 120 metri. Il costo è calcolato in 13
milioni, 1 quello disponibile. Costosa anche la creazione del nuovo Centro
servizi, che dovrebbe raggruppare le postazioni (oggi sparse) di vigili del
fuoco, polizia, ormeggiatori, rimorchiatori ecc., da realizzare in 5 lotti
successivi, tra edifici, viabilità e infrastrutture, fognature e impianti: 18
milioni (4,2 quelli dichiarati a disposizione). Il resto è messo in lista come
manutenzione programmata, e qui entra anche la bonifica dall’amianto per un
costo di 1,2 milioni (200 mila disponibili). Al primo posto viene iscritta la
necessità di provvedere a un sistema fognario complessivo per il porto nuovo,
per un costo di 2,1 milioni (200 mila disponibili). Di 2 milioni, in due lotti
successivi (200 mila euro disponibili), ci sarebbe bisogno per «un intervento di
notevole rilevanza fino ad oggi - è scritto nel piano - talvolta trascurato», e
cioé pianificare la manutenzione delle pavimentazioni stradali interne. Ma di
restauri, si dichiara, ha bisogno anche la sopraelevata interna al porto, costo
di 1,5 milioni (300 mila disponibili). Ancora più impegnativa la manutenzione
straordinaria del parco ferroviario, che viene programmato in 3 lotti, per
complessivi 3,2 milioni (500 mila euro la somma a disposizione). Infine,
all’appello non manca nemmeno la manutenzione straordinaria degli impianti
elettrici: anche qui 1 milione di spesa e 200 mila euro considerati già a
disposizione.
(g. z.)
Finanziamenti regionali, un’inversione di tendenza -
CONTRIBUTI PUBBLICI
Il totale degli interventi 2012-2014 (ma certi imponenti lavori si
proiettano ovviamente nel tempo) è anche “percentualizzato” per aree
interessate, e contiene infine una mappa di riepilogo dei finanziamenti concessi
dallo Stato e dalla Regione anno per anno. Dal primo prospetto si deduce che tra
opere possibili o probabili la maggior parte si concentrerà sul Molo VII (27%) e
sul Canale navigabile alle Noghere (26, 27%), seguiti dallo Scalo legnami
(23,22%). La Stazione marittima assorbe per il 3, 78%, le rive per lo 0,72%. Il
piano finanziario che correda il programma delle opere sintetizza una previsione
di finanziatori: dei 434 milioni di euro mancanti rispetto alla necessità di 518
necessari in prospettiva, è previsto che 51,4 rappresentino la quota a carico
dell’Autorità portuale, 61,7 vadano a carico dei concessionari e 321 restino
alla voce “altri”. Il “report” sui finanziamenti regionali mostra un’inversione
di tendenza rispetto ad anni più recenti. Tra 1998 e 2006, con una appendice nel
2009, la Regione ha acceso mutui per milioni di euro a finanziare le
manutenzioni, i cantieri, dal 2006 anche la promozione dei servizi, attività
quest’ultima che ha goduto di contributi crescenti: dai quasi 2 milioni del 2006
e dei due anni successivi si è passati ai 4 milioni del 2010 e ai 7 mlioni dello
scorso anno. Decrescente il contributo annuale per opere, tra 1 e 2,5 milioni
nell’arco tra 1998 e 2005, è passato alle quote di 465 mila, e 372 mila, per
calare a 200 mila nel 2011 e nel 2012. I contributi “aggiuntivi” sono cessati
col 2000.
«Servono investitori privati per non restare bloccati»
Il sindaco Cosolini: la strategia dell’Authority desta interesse ma in
tempo di crisi bisogna darsi delle priorità e poi stabilire un cronoprogramma
«Dati i tempi che viviamo, e sapendo che il meglio è nemico del bene,
bisogna scegliere bene le priorità, una alla volta, e necessariamente qualsiasi
cosa si debba fare, bisogna coinvolgere gli investitori privati, sia per
l’ampliamento dei terminal, sia per la piattaforma logistica, sia per il
raddoppio del Molo VII, e sia per il (da noi attesissimo) terminal ro-ro alle
Noghere che potrebbe liberare dal traffico dei camion la zona di riva Traiana».
Il sindaco Roberto Cosolini dichiara «grande interesse» al piano delle opere
elaborato dal Porto, «perché essendo il polmone economicamente più importante
della città, tutto ciò che là avviene specie sulla via del potenziamento è di
assoluta rilevanza anche per il Comune. Inoltre - aggiunge - trovo che sia una
scelta giusta affrontare tutti i nodi in campo in un piano strategico. Poi,
però, ci vuole anche un cronoprogramma». Uno dei punti che più direttamente
sollecita il Comune è naturalmente la voce che annuncia il rifacimento delle
rive cittadine. Anche perché il sindaco (pur trattandosi di zona demaniale) non
si sente affatto distante dal proporre una soluzione che vada oltre il semplice
rifacimento di piazzali e pavimentazione. «Sarebbe molto interessante - afferma
Cosolini - riuscire a trovare una soluzione alternativa ai parcheggi di
superficie, questo sarebbe già di per sè un grande risultato». E i parcheggi a
pagamento, oggi in carico a Trieste terminal passeggeri, e dunque i mancati
incassi di Ttp, la società partecipata al 40% dall’Autorità portuale e per il
60% in mano alla nuova società Tami? «Una soluzione alternativa si può trovare».
Al futuro appartengono anche altre due strutture, una più certa, un’altra molto
meno. Sono i parcheggi sotterranei a suo tempo previsti proprio sulle rive.
Quello detto ”Audace”, di fronte al teatro Verdi verso il Molo IV, tocca anche
terreno comunale, e, come si ricorderà, il Comune ha chiesto una revisione del
progetto, perché lo scavo non si allarghi troppo verso la strada mettendo a
rischio le fondamenta dei grandi palazzi. «Invece del park di fronte alla
Stazione marittima non sento più parlare da moltissimo tempo, in questo caso il
terreno è al 100% demaniale e dunque il Comune non ha parte diretta come
concedente». Di fatto, un progetto sfumato, ma Cosolini spera che intanto «si
riempiano meglio i parcheggi che già ci sono». Resta sullo sfondo, ma per il
Comune appunto è cosa urgentissima, la creazione del terminal traghetti alle
Noghere, per lo spostamento dell’attuale traffico con la Turchia che impone
camion in riva Traiana, che spesso tracimano. C’è una causa in corso tra Teseco
(già concessionaria e proponente del progetto) e Samer Shipping, nel frattempo
l’Authority ha tolto la concessione e si attendono gli eventi. «Poco mi
interessa - chiude Cosolini - chi è il concessionario, l’importante è che
l’opera si faccia». (g. z.)
Campo Marzio, nuovo terminal ferroviario
Quattro binari, 10 milioni di euro. Ma altri 10 se bisogna anche
acquistare i terreni da Rfi
Treni e traffici. Problema cruciale. Il recente accordo tra gli enti locali
e l’amministratore delegato di Trenitalia, Mauro Moretti, ha aperto nuove
prospettive per lo scalo triestino ma tutto è ancora da cominciare. Il piano
delle opere del porto non poteva che dedicare ampio spazio alla materia, in
senso strutturale. A partire dallo snodo di Campo Marzio che è l’apripista per
le linee esterne. Il tutto, si dice, «richiede una sostanziale rivisitazione da
effettuare congiuntamente a quella altrettanto necessaria dell’infrastruttura
ferroviaria all’interno dell’area portuale». Nel breve periodo, e cioé nell’arco
di 3 anni, l’Autorità portuale prevede lo sviluppo delle linee all’interno del
Porto nuovo. In dubbio ancora la linea dedicata che i concessionari del Molo VII
hanno chiesto di poter realizzare, perché turberebbe il lavoro degli altri
operatori. Nel medio periodo (e cioé in 6 anni) è messa a calendario la
realizzazione della piattaforma logistica con la sua nuova linea ferroviaria, e
anche la realizzazione del nuovo terminal traghetti. Tra gli impegni più
importanti «la completa rivisitazione della linea Trieste-Campo
Marzio-Servola-Aquilinia» con la riqualificazione della sagoma di alcune
gallerie. Progetto vecchissimo, ma è ciò che Moretti ha assicurato durante la
sua visita a Trieste. Un altro adeguamento urgente è sulla linea Campo
Marzio-Villa Opicina, 15 chilometri con una pendenza del 25 per mille. A Campo
Marzio, per ovviare a tante difficoltà, si programma un nuovo terminal
ferroviario «a cavallo tra aree demaniali e delle Ferrovie, in particolar modo a
servizio del Molo VII», dove il terminal contenitori oggi gode di un binario
solo, con evidenti difficoltà. Il nuovo scalo ferroviario dovrebbe avere 4
binari serviti da gru. L’intero intervento, che si completa con altri binari
interni, è soppesato nel piano delle opere con un valore di 10 milioni di euro
(al momento della redazione, 1 solo a disposizione). Inoltre la stima potrebbe
essere di molto inferiore: «Le stime dei lavori - recita infatti il testo - non
considerano l’eventuale acquisto da parte dell’Autorità portuale di parte delle
aree Rfi (delle Ferrovie, ndr) di Campo Marzio». Ma facendo due conti si è
capito che quelle aree costerebbero fino a 10 milioni di euro. Come trovarli? In
ipotesi, anche con una permuta di terreni, oppure con la dismissione di alcuni
beni patrimoniali.
Terrafest, confronto sulla tutela ambientale e
sull’alimentazione - OGGI E DOMANI
Preparare un detersivo ecologico, conoscere le proprietà curative delle
piante o le tecniche del compostaggio, e ancora confrontarsi su tematiche
ambientali per una vita “bio”. Torna oggi e domani Terrafest, la manifestazione
transfrontaliera promossa a San Dorligo dall’associazione no profit “The Circle”.
Nell’arco delle due giornate, che anche lo scorso anno hanno coinvolto
moltissime persone verranno proposti laboratori e convegni tematici sulla tutela
e la salvaguardia della natura, ma anche sulla coltivazione e la trasformazione
dei prodotti della terra in modo diretto e sostenibile. L’evento è aperto a
tutti, informazioni ai numeri 3381737363 o 3663546231. «Terrafest, nei primi due
anni ha mostrato la sua volontà di venire alla luce, di farsi vedere, di
allacciare relazioni – spiegano dall’associazione - quest'anno deve sperimentare
una prima forma di maturità sociale. In questi tre anni altre realtà sono nate
ed emerse nel territorio cittadino e transfrontaliero, nate con modalità e
finalità diverse, ma tutte mosse da un desiderio di migliorare la qualità della
propria e dell'altrui vita. Incuriositi dall'evento Terrafest 2011, cui lo
scorso anno hanno partecipato i produttori della zona che hanno offerto i loro
prodotti di qualità, ci hanno contattato altre associazioni profit operanti nel
settore dell'economia eco-solidale e sono stati oltre 700 visitatori. E proprio
l’esperienza positiva dello scorso anno ci ha convinto a riproporre nuovamente
l'appuntamento». Il programma prevede oggi alle 11 il laboratorio “Bolle
ecologiche” per la realizzazione di un detersivo nel pieno rispetto
dell’ambiente; alle 16 il convegno “Fitodepurazione delle acque”, alle 17 “Casa
Mia”, arte spontanea con incontri interattivi, sempre alle 17 incontro
“Agro-ecosistemi e servizi ecologici” mentre alle 18 spazio a “Dalla terra al
bancale sinergico”, laboratorio teorico-pratico sulla coltivazione sinergica.
Domani alle 11 torna “Casa Mia” e alla stessa ora approfondimento dal titolo
“Dalla tradizione, curarsi con le erbe”, alle 16 “Cumulo Biodinamico”, per
imparare le tecniche di compostaggio e alle 17 “Nuovi consumi e bioeconomia”.
Chi desidera partecipare alle varie iniziative potrà usufruire del parcheggio
libero presso il teatro Preseren a Bagnoli della Rosandra.
Micol Brusaferro
Progetto In Boschetto
Oggi alle 10 ritrovo al Ferdinandeo per “Puliamo il boschetto”, la campagna Legambiente puliamo il mondo.
IL PICCOLO - VENERDI', 15 giugno 2012
Inceneritore, oblare per la diossina costerà 500mila
euro
Marina Monassi, nel passato ruolo di direttrice generale dell’AcegasAps, è
stata ammessa all’oblazione e dovrà versare 65mila euro alla Giustizia per veder
dichiarato estinto il reato di cui era accusata: in sintesi ripetute uscite di
diossina dal camino dell’inceneritore. Identica somma dovrà essere versata entro
il 19 settembre da Paolo Dal Maso, responsabile della Divisione ambiente della
ex municipalizzata. Stefano Gregorio, direttore dell’inceneritore di via Errera
e Francesco Giacomin, già amministratore della stessa società, dovranno pagare
ciascuno 91 mila euro. A queste somme i quattro imputati dovranno aggiungere 186
mila euro di spese per le perizie tecniche - volute dalla Procura - ed
effettuate dall’Arpa sulle tre linee di smaltimento rifiuti dell’inceneritore.
In totale le fuoriuscite di diossina verificatesi tra il dicembre 2006 e il
gennaio 2007 costeranno 498 mila euro, oltre alle parcelle degli avvocati che
hanno difeso i dirigenti dell’AcegasAps coinvolti nell’inchiesta. Queste
notevoli somme si affiancano ai danni valutati in quattro-cinque milioni di euro
che il sequestro col conseguente blocco dell’impianto di smaltimento aveva
provocato alla stessa multiutility partecipata dal Comune. Il sequestro era
stato deciso dal pm Federico Frezza e il blocco aveva coinvolto due delle tre
linee di smaltimento di rifiuti. Il magistrato aveva agito in base alle misure
effettuate dai tecnici dell'Agenzia regionale per la protezione ambientale: la
quantità di diossina finita nell'atmosfera aveva costantemente superato i valori
di legge in tutti i giorni dei prelievi. Il 20 dicembre 2006 l'episodio più
inquietante con 0,970 nanogrammi per metro cubo d'aria. Dieci volte in più del
valore limite ammesso dalla legge. Anche altre successive misure effettuate il
21 dicembre, l'11 e il 12 gennaio 2007 sulle linee 2 e 3 dell’inceneritore,
erano risultate ampiamente al di sopra dei valori ammessi per la diossina. In
dettaglio il 21 dicembre erano stati misurati 0,189 nanogrammi, l'11 gennaio
0,300, il giorno successivo 0,200. L'Arpa aveva informato delle ripetute
“anomalie” i carabinieri del Nucleo operativo ecologico e la Procura della
Repubblica. Il pm Frezza ha quindi verificato il superamento dei valori limite e
chiesto il sequestro preventivo dell'impianto. Il giudice Massimo Tomassini lo
ha concesso in meno di 48 ore e l’AcegasAps è stata costretta a fermare due
linee di smaltimento in quanto pericolose per la salute dei cittadini. Il blocco
dell’attività dell’inceneritore aveva provocato un effetto-domino coinvolgendo
nell’emergenza rifiuti oltre a Trieste anche Muggia, Duino Aurisina, Monfalcone,
Gorizia e alcune aree del pordenonese. La linea 1, l'unica che aveva continuato
a funzionare perché non inquinante, anche se spinta al massimo delle sue
possibilità non appariva in grado di sopperire alle necessità di smaltimento del
territorio che aveva affidato i propri rifiuti all'inceneritore di via Errera.
Il 30-40% delle immondizie prodotte dai ”clienti” per settimane all’epoca aveva
dovuto essere dirottata su alcune discariche poste tutte al di fuori della
nostra Provincia. Il trasferimento aveva provocato un danno di quattro- cinque
milioni di euro a cui oggi si aggiungono gli altri 500 mila euro necessari per
l’oblazione.
(c.e.)
Pd e Sel, braccio di ferro sulle tariffe sull’acqua
Faraguna: critiche a Cosolini, ma a Udine i vendoliani
con Honsell che ha la stessa posizione
La costola triestina di Sel raffreddi i suoi bollenti spiriti con un bel
secchio d’acqua fresca. Perché è proprio d’acqua (ma non solo di quella, in
realtà) che qui si discute. Il messaggio subliminale sta dietro il messaggio
pubblico postato sul suo profilo facebook da Pietro Faraguna, giovane
vicesegretario provinciale del Pd nonché presidente della Quarta commissione
Lavori pubblici del Consiglio comunale. Ai colleghi vendoliani di piazza Unità,
in testa il capogruppo Marino Sossi, il quale si scalda per la mancata
applicazione dell’esito referendario sulla diminuzione delle tariffe dell’acqua
di AcegasAps - e che via Piccolo non esita a tenere sulla corda Roberto
Cosolini, in quanto presidente dell’Ato che le tariffe dell’acqua le determina,
ma anche in quanto sindaco non sufficientemente di sinistra -, Faraguna allora
risponde per le rime. Ricorda che oggi lo stesso Cosolini, «in qualità di
presidente dell’Ato», ha provveduto proprio ieri alla «costituzione del comitato
degli utenti dell’acqua» e alla «sua immediata convocazione per essere
consultato sulle tariffe. Contrariamente a quanto qualcuno può pensare, la
situazione giuridica dopo il referendum è alquanto complicata e ciò spiega la
prudenza di molte amministrazioni pubbliche. Sel, forza importante della
coalizione, accusa il sindaco di non aver ancora abbassato la tariffa dell’acqua
a Trieste. Mentre a Udine, dove Honsell sulle tariffe dell’acqua ha tenuto
sostanzialmente la stessa posizione di Cosolini, è sempre Sel a sostenere il
sindaco friulano come candidato alla presidenza della Regione. Perciò delle due
l’una: o Sel a Trieste è più esigente degli omologhi friulani e dello stesso
segretario regionale Lauri, oppure invece di continuare a dare risicate
sufficienze in pagella e vivaci pungoli alla giunta, forse è il caso che candidi
Cosolini a presidente della Regione. In questo secondo caso si sappia che il Pd
di Trieste è contrario, perché il sindaco ce lo vogliamo tenere ben stretto».
Tra quelli cui, su facebook, «piace questo elemento», figurano subito Eugenia
Fenzi, portavoce di Cosolini, e Francesco Russo, segretario provinciale del Pd,
il partito di Cosolini. E il dibattito s’infiamma. Altro che acqua fresca.
«Eravamo tutti però a festeggiare la vittoria referendaria. Il vecchio spirito
democristiano che ritorna», ironizza Sossi. «Non penso di essere democristiano
caro Marino - è la replica di Cosolini - e comunque nessuno rinnega il
referendum. Qualche nodo giuridico da sciogliere però c’è e Udine lo dimostra. O
è democristiano anche il mio amico Furio (Honsell, ndr)?». Finché interviene
l’evocato Giulio Lauri, il triestino capo regionale di Sel: «il Comune di Udine
guidato dal sindaco Honsell ha votato una delibera di scorporo del ramo acqua di
Amga (l’omologa di AcegasAps, ndr) in modo da ripubblicizzarlo integralmente».
Il braccio di ferro virtuale continua...
(p.r.)
La Regione ci ripensa Il Centro naturalistico resta a
Basovizza
Approvato all’unanimità un emendamento di Piero Camber che riconosce la
struttura soppressa dall’assessore Violino
IL CASO ESPLOSO IN NOVEMBRE Mai interrotta l’attività ma alla struttura non
veniva più riconosciuta l’autonomia, malgrado l’opposizione degli enti locali
Chiuso e riaperto per legge. Miracoli dell’attività legislativa della
Regione Friuli Venezia Giulia. Di notte elimina e di giorno ripristina. Non si
fa mancare nulla. Dopo sette mesi di cancellazione virtuale, lo storico Centro
didattico e naturalistico di Basovizza è stato ripristinato a tutti gli effetti.
La Prima commissione ha approvato all’unanimità l’altro pomeriggio (astenuto il
consigliere Roberto Asquini) un emendamento del consigliere triestino del Pdl
Piero Camber che «riconosce in via legislativa il Centro didattico naturalistico
di Basovizza quale struttura del servizio del corpo forestale regionale».
Praticamente viene riportato in vita quello che l’assessore regionale
all’Agricoltura, il leghista Claudio Violino, aveva soppresso, tra mille
polemiche, con un colpo di spugna lo scorso autunno. «L’amministrazione
regionale, entro 30 giorni dall’entrata in vigore della legge (che sarà discussa
in aula a fine giugno) dovrà individuare la nuova tipologia di struttura». Il
Centro didattico e natualistico di Basovizza, le cui origini affondano
nell’Ottocento, era stato cancellato il primo novembre assieme ad altre cinque
stazioni forestali regionali (San Dorligo della Valle, Comeglians, Resia, Meduno
e Claut) con l’obiettivo di razionalizzare le spese e il personale. Nel caso del
Centro didattico di Basovizza si era parlato del trasferimento delle competenze
all’Arpa o all’Osmer, nel caso tornasse buono per le previsioni del tempo.
Niente più autonomia, niente più struttura completa, ma ufficio distaccato di
altri servizi. Il Centro didattico, come sa chi l’ha frequentato, non ha mai
chiuso in questi mesi, ma ha funzionato come prima seppur senza direzione. Non
c’è stato verso di far cambiare idea all’assessore nonostante l’opposizione
delle istituzioni triestine (Provincia, Comune e Circoscrizione) e della gran
parte dei consiglieri regionali, molti appartenenti alla stessa maggioranza. Un
assolo di Violino. Come molte altre scelte dell’assessore friulano del Carroccio
“prestato” all’Agricoltura e alle Foreste. «Violino premia un po’ troppo la
“Meretocrazia” (dal nome del suo paese natale, Mereto di Tomba, ndr)» aveva
detto all’epoca Camber che si è poi preso a cuore la questione fino al
ribaltamento legislativo votato in Commissione anche dai rappresentanti
leghisti. «Abbiamo ridato dignità a una realtà importante non solo per Trieste
ma per tutta la regione - commenta Camber -. Abbiamo creato le premesse per
reinsediare la struttura. Un riconoscimento come centro naturalistico». Al
Centro didattico di Basovizza, che in questi giorni accoglie i centri estivi e
numerose visite turistiche, il personale ha accolto con soddisfazione questa
decisione che ha voluto ripristinare la struttura nella sua completezza,
riconoscendone la qualità del servizio fornito in questi anni alla comunità
regionale e non solo. «Così il Centro - si legge in una nota - potrà nuovamente
garantire il miglior servizio all’utenza, rivolto alla conoscenza e tutela del
territorio regionale e alla promozione delle specifiche funzioni del Corpo
forestale regionale». Sviolinate a parte.
Fabio Dorigo
Orti in Condotta per conoscere e coltivare la terra
Progetto di Comune e Slow Food al via nelle scuole cittadine il prossimo
anno. Oggi la presentazione
I bambini e i piccoli studenti dei servizi educativi e delle scuole della
città impareranno l’educazione ambientale e alimentare. È questa la novità
annunciata ieri dall’assessore comunale a Educazione, Scuola, Università e
Ricerca, Antonella Grim. Il progetto si chiama “Orti in Condotta”, punta ad
avvicinare i bambini alla terra “nella direzione del buono, del pulito e del
giusto”, e partirà con il prossimo anno scolastico in alcune scuole della città.
«Meglio ancora – ha sottolineato la Grim - se si riuscirà a riunire attorno a un
orto, rigorosamente biologico, più realtà scolastiche ed educative». Accanto
all’assessore ieri c’era Marino Vocci, responsabile triestino di Slow Food,
l’organizzazione che si occupa della “buona alimentazione”, la cui Condotta di
Trieste collaborerà con il Comune nell’allestimento e nella realizzazione del
progetto. “Orti in Condotta” prevede un percorso triennale articolato, che si
basa sul coinvolgimento di tutta la comunità attorno alla scuola. Oltre ai
bambini e agli insegnanti, ci saranno i “nonni ortolani”, persone vicine o
famiglie, negozianti, associazioni, che formeranno una comunità di apprendimento
per aiutare i più piccoli. Nel corso dei tre anni saranno attivati percorsi
formativi e informativi, visite didattiche, appuntamenti per coinvolgere la
comunità, valorizzando la comune appartenenza al territorio. «Finalmente – ha
detto Grim - grazie a Slow Food e agli istituti scolastici della città, possiamo
avviare questo progetto, che punta a realizzare e a coltivare un orto nella
scuola, attraverso un piano didattico continuativo, in grado di farlo andare
avanti e valorizzarlo, coinvolgendo e facendo rete con la comunità vicina».
L’assessore comunale Elena Marchigiani ha ricordato che «è già avviato, a
livello sperimentale, un percorso in tema di orti di pertinenza, nella zona di
strada di Fiume, dove la sistemazione di un’area – ha precisato - ha permesso di
disegnare più di una decina di orti, a breve assegnati e consegnati ad
associazioni, anziani e famiglie che ne hanno fatto richiesta». «C’è un sentire
della città – ha evidenziato Vocci - che porta a un ritorno alla terra,
all’orto, all’antica abitudine». Oggi alle 14.30 al Mib, il progetto sarà
presentato alle scuole di ogni ordine e grado. Per informazioni:
www.retecivica.trieste.it e
www.slowfood.it.
(u. s.)
Lega ambiente e Aris
Legambiente circolo verdeazzurro Trieste e Aris, nell’ambito del progetto «In Boschetto», organizza oggi alle 17.30 alla Pro Loco S. Giovanni in via S. Cilino 40/2 una conferenza sul titolo : «Chiare e fresche dolci acque e la tutela del verde urbano». Relatore Manlio Princi, già dell’Azienda Regionale Protezione Ambiente.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 14 giugno 2012
Duino, impianti fotovoltaici più vantaggiosi con i
“Gas”
Il gruppo Ergoclub sta organizzando una serie di incontri con la
popolazione per spiegare i vantaggi dell’operazione aderendo ai Gruppi di
acquisto solidale
DUINO AURISINA Guadagnare l’autonomia energetica grazie agli impianti
fotovoltaici stipulando contratti di fornitura vantaggiosi. Come si deve fare? A
Duino Aurisina ha avuto luogo la scorsa settimana alla Casa della Pietra il
primo di una serie di incontri che si terranno in tutta la regione per informare
sulla possibilità di acquisto di impianti fotovoltaici, per produrre acqua calda
sanitaria e usare un piano cottura energetico,grazie ai G.a.s (Gruppi d’acquisto
solidali che decidono di incontrarsi per acquistare all’ingrosso prodotti
alimentari o di uso comune, da ridistribuire tra loro). Promotore
dell’iniziativa il gruppo Ergoclub onlus che ha fondato “Sole In Rete”, rete
nazionale gruppo d’acquisto che assieme a Lega Ambiente Friuli Venezia ed a
diversi Comuni del territorio stanno diffondendo “il verbo equosolidale” anche
da noi. A dare notizia dell’iniziativa appena trascorsa il consigliere comunale
Maurizio Rozza che si è prodigato per informare la popolazione tramite un tam
tam di messaggi sul cellulare. «È stato davvero un’iniziativa ben riuscita –
racconta Rozza. Nonostante un problema tecnico che ha impedito la
pubblicizzazione dell’evento con largo anticipo alla fine la sala della Gruden
era piena e la gente, nonostante le molte domande, era davvero interessata». Non
è ancora molto chiaro alla maggior parte bdelle famiglie, infatti, come funzioni
la rete dei Gas così come non è altrettanto conosciuta la possibilità di avere
incentivi e riduzioni per l’acquisto di impianti fotovoltaici grazie a
contributi statali distribuiti dalla Regione. Fondi però, facenti parte del
“quatro conto energia” con agevolazioni che scadono il prossimo luglio. «Il
prossimo conto – spiega Rozza – non sarà così vantaggioso come quello in
scadenza. Di conseguenza chi vuole o può fare un investimento è meglio che lo
faccia adesso. È un peccato che non si siano sfruttati gli incentivi prima,
anche per quanto riguarda i luoghi pubblici come ad esempio per la palestra o la
nostra casa di riposo. Si sarebbero potute ridurre le spese già un sacco di
tempo», conclude. Detto ciò, secondo il consigliere, c’è ancora un margine di
tempo per i privati cittadini. Tutta la prrocedura per arrivare all’acquisto
dovrebbe essere abbastanza semplice. Una volta informatisi su quali siano i
costi e le spese da sostenere, i lavori da fare nonché le ricadute positive in
termine di risparmio e guadagno, ci si può iscrivere gratuitamente ad un Gas
locale e sottoscrivere l’accordo collettivo di fornitura dell’energia.
«Indubbiamente vi è un investimento iniziale di all’incirca 10 mila euro per un
impianto da 4,5 kw – afferma il rappresentante comunale del Sel – ma si è
calcolato che in circa 20 anni c’è un risparmio di 18mila. Una cifra da non
sottovalutare». L’aspirazione comunque sarebbe quella “di incentivare sempre di
più verso questo tipo di energia, sia per quanto riguarda i costi di gestione e
produzione sia per il modello più compatibile con l’ambiente, sulla scia di
quanto accade negli altri paesi europei quali Francia o Germania. E perché no,
in un futuro tanto non tanto remoto, poter caricare la propria auto elettrica
direttamente da casa”. Per ulteriori informazioni sui prossimi appuntamenti e su
come funziona l’iniziativa è possibile visionare il sito www.soleinrete.org
Viviana Attard
IL PICCOLO - GIOVEDI', 14 giugno 2012
SEGNALAZIONI - Intervento in Val Rosandra
Ho apprezzato quanto riportato nell’articolo del 10 giugno a pag. 27 de Il Piccolo «Val Rosandra, l’indagine farà chiarezza». Confermo quanto dichiarato tranne la frase “resta da pensare che dietro ci siano interessi”. Ricordo di aver espresso in termini problematici l’interrogativo su quali mai potrebbero essere stati gli interessi che avevano motivato l’intervento, non intendevo certo formulare accuse di eventuali interessi privati in atti di ufficio nei confronti di chicchessia, non avendone gli elementi. Spetterà alla Magistratura individuare eventuali reati. Resto convinto che l’intervento abbia compromesso in modo brutale, insensato e difficilmente riparabile un sito protetto e di elevata valenza naturalistica.
Lino Santoro
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 13 giugno 2012
Monti a Janša: sui rigassificatori si discuta
L’Italia terrà conto delle obiezioni ambientali della Slovenia. Lubiana
apre sul tracciato della linea Trieste-Divaccia
ROMA «Stiamo riesaminando il tema del rigassificatore alla luce
dell'importanza data dalla Slovenia alla questione, anche dal punto di vista
dell'impatto ambientale. La materia è di attinenza dei ministeri dell'Ambiente e
dello Sviluppo, oltre che della Regione Friuli Venezia Giulia, e certamente i
ministri competenti avranno occasione di discuterne durante il prossimo incontro
bilaterale». Così il Presidente del Consiglio Mario Monti ha risposto ad una
domanda sul tema del rigassificatore di Trieste al termine della conferenza
stampa seguita all'incontro che si è svolto ieri a Roma con il primo ministro
della Repubblica della Slovenia, Janez Janša. Il quale, peraltro, ha ribadito il
suo no al progetto. Quanto all'altro tema caldo sul tappeto, la realizzazione
della linea transfontaliera tra Trieste e Divaccia con la seconda linea tra
Capodistria e Divaccia, Janša ha spiegato di essere a favore dell'opera, che «ha
un interesse strategico per la Slovenia, ma anche per Trieste». E che il suo
governo sta adottando una serie di provvedimenti per accelerare la creazione
dell'infrastruttura, eliminando gli ostacoli preesistenti e velocizzando pure la
realizzazione della seconda linea nel punto in cui si congiungerà con il
collegamento ferroviario transfrontaliero. Del resto, lo stesso Monti ha
sottolineato che uno degli asset nelle relazioni economiche fra Italia e
Slovenia è proprio quello che riguarda gli investimenti infrastrutturali.
Rispondendo così indirettamente alla lettera inviata dal deputato triestino
Ettore Rosato, che in vista del meeting chiedeva una particolare attenzione al
nodo del rafforzamento delle infrastrutture ferroviarie fra i due Paesi. La
visita di Janša a Palazzo Chigi è caduta nel ventennale dei rapporti diplomatici
bilaterali, in un clima amichevole e di rafforzamento della collaborazione
economica. L'Italia è infatti il secondo partner commerciale della Slovenia con
un interscambio che si assesta a 6 miliardi e mezzo di euro e una crescita
dell'export italiano di 4 miliardi e mezzo, sostanzialmente un più 10% nel 2011
rispetto all'anno precedente. Dati certamente positivi, ai quali si aggiunge una
sintonia nell'azione politica all'interno della Unione Europea. «Tra Italia e
Slovenia – ha detto Monti – vi è totale condivisione sull'importanza strategica
di continuare a sostenere l'allargamento della Ue ai Paesi dell'area balcanica».
Mentre Janša si è congratulato con il nostro Presidente del Consiglio «per le
tempestive misure adottate per stabilizzare le finanze pubbliche italiane». Si è
parlato molto di Europa, anche in vista del Consiglio del 28 che avrà come temi
principali la stabilità finanziaria e la crescita economica. Secondo Monti si
sono trovate importanti convergenze e visioni comuni. La Slovenia sostiene
l'agenda per lo sviluppo e la crescita: «Siamo d'accordo – afferma il premier
sloveno – che venga dedicata particolare attenzione alla crescita e
all'occupazione. Siamo a favore dei project bond, della tassa sulle transazioni
finanziarie e su una serie di misure che rafforzino l'integrazione e la
creazione di nuovi strumenti per aiutare i Paesi membri della Ue ad uscire dalla
crisi». La stessa Slovenia, ha spiegato Janša si sta concentrando sulla crescita
e per migliorare il suo contesto economico ed imprenditoriale. Ma, pur avendo
ridotto notevolmente una serie di voci di bilancio, ha deciso di lasciare
inalterati i finanziamenti destinati alla comunità italiana. La presenza delle
comunità slovena in Italia e di quella italiana in Slovenia, ha infatti
spiegato, «rappresenta un fattore di distensione che facilita la soluzione delle
divergenze che Italia e Slovenia si trascinano dal passato».
Marina Nemeth
Guardacaccia in rivolta «Ci fanno fare i vigili» - SONO
DIVENTATI POLIZIA LOCALE
TRIESTE Da guardacaccia a controllori del traffico o portabandiere nelle
feste di paese. Quarantadue operatori in servizio nelle quattro Province del
Friuli Venezia Giulia dicono no e reclamano rispetto per il loro ruolo. Non
solo: hanno sottoscritto una petizione che presenteranno al Consiglio regionale
per chiedere il trasferimento del personale e delle funzioni al Corpo forestale
regionale. Si tratterebbe di applicare la legge 214 del 2011 e la 6 del 2008 che
già prevede l’accorpamento. «Mettere insieme le funzioni e il personale in un
unico Corpo in Friuli Venezia Giulia – osserva Ilario Zuppani, uno dei promotori
dell’iniziativa – permetterebbe la razionalizzazione e la riduzione di costi,
oltre che il mantenimento e la valorizzazione della professionalità di chi
lavora». Invece, è la denuncia, si è dato seguito solo alla legge 9 del 2009 che
affida ai guardiacaccia nuovi compiti a quelli già esistenti: accompagnamento di
gonfaloni, vigilanza sul codice della strada, gestione dei rifiuti, sugli
inquinamenti, sugli impianti di riscaldamento e sulle autoscuole. «In questo
modo – aggiunge Zuppani – le specifiche competenze nella lotta antibracconaggio
e nella gestione della fauna selvatica vengono sminuite e mortificate. Anche
perché alcune Province hanno addirittura soppresso la vigilanza nei giorni
festivi e negli orari notturni, a vantaggio degli stessi bracconieri. Tanto che
– spiega ancora il guardiacaccia – le attività di vigilanza ittico- venatoria
sono diventate sempre più inadeguate alle segnalazioni e alle richieste da parte
di cacciatori, agricoltori e cittadini. Diminuisce quindi il controllo negli
ambienti naturali dove le altre forze di polizia non intervengono». A fronte di
tutto ciò anche il personale è diminuito e alcuni servizi restano scoperti,
ribadiscono i colleghi Maurizio Rozza e Dario Cester. «Temiamo di non poter
svolgere il nostro lavoro – ha affermato il gruppo che ieri ha partecipato alla
conferenza stampa – e i pochi risultati positivi ottenuti dipendono dalla
passione, dallo spirito di sacrificio e dalla professionalità dei dipendenti,
che si trovano costretti a sopperire ogni giorno di più alla confusione
normativa e organizzativa dei servizi di controllo». Gli operatori, è stato reso
noto, devono vigilare abitualmente 530 specie di animali selvatici e oltre 3
mila nel patrimonio faunistico. Ma la proposta di trasferire il personale e le
funzioni al Corpo forestale regionale è dovuta anche a un’altra preoccupazione:
il futuro delle Province, a cui i guardacaccia dipendono. «Sono enti in fase di
sbandamento – ha evidenziato Zuppani – e non sappiamo se manterranno ancora le
funzioni di vigilanza: un’unica struttura per il Friuli Venezia Giulia
sicuramente migliorerebbe il servizio e la qualità del nostro lavoro».
Gianpaolo Sarti
Servizio civile salvo trovati 50 milioni - IL CASO
La chiusura del Servizio civile nazionale almeno per i prossimi due anni è
scongiurata: il ministro Andrea Riccardi, «facendo sacrifici e dirottando su
questo capitolo risorse destinate ad altro», ha reperito 50 milioni di euro con
i quali potranno partire, nel biennio 2013-14, più di 37 mila volontari. Lo ha
annunciato lo stesso ministro ieri a Roma, e gli enti e le associazioni del
servizio civile hanno subito applaudito. «Il servizio civile è un’isola di
gratuità e solidarietà - ha sottolineato Riccardi - che in dieci anni di vita ha
coinvolto quasi 300 mila giovani. Ma oggi, ha aggiunto, «il servizio civile
rischia di scomparire per effetto dei tagli al fondo decisi nella legge di
stabilità del 2011». Per trovare i fondi Riccardi è andato a rimestare nei
capitoli di competenza del suo Ministero, dove è riuscito a reperire «50 milioni
a valere sull’esercizio finanziario del 2012». Quanto all’ipotesi di rendere il
servizio civile obbligatorio per tutti i giovani, Riccardi ha detto che su
questo c’è un dibattito e ha spiegato che un eventuale allargamento della platea
dei fruitori del Servizio civile volontario sarebbe già una buona mediazione.
Legambiente: a un anno dal referendum
A un anno dai referendum su acqua e nucleare, Legambiente ricorda la
vittoria del 13 giugno 2011 facendo un bilancio degli esiti nella realtà
regionale: questo il titolo dell’incontro-dibattito, che si terrà oggi alle ore
18, nella sala del Centro Servizi Volontariato di via S. Francesco 2 (II piano).
Introdurranno le relazioni Tiziana Cimolino, dell’associazione Bioest e tra i
principali organizzatori della raccolta di firme sui referendum per l’acqua
pubblica – sul tema: “La campagna di “obbedienza civile” per l’acqua pubblica”;
Lucia Sirocco, presidente del circolo Legambiente di Trieste – sul tema: Il
nucleare vicino a noi. La centrale di Krško e il Piano energetico della
Slovenia; Livio Sirovich – sismologo dell’OGS di Trieste – sul tema: Il rischio
sismico e la centrale nucleare di Krško. Seguirà il dibattito con il pubblico
presente. «I referendum del 13 giugno 2011 - è scritto nella nota - hanno
mostrato il volto migliore del Paese: dopo anni nei quali era stato sempre fatto
fallire il quorum, oltre 27 milioni di cittadini, in Fvg poco meno del 60% degli
elettori, ha scelto di far sentire la propria voce su temi importanti come
l'acqua, l'energia, la giustizia. Il nucleare è stato rispedito ancora una volta
al mittente, si è stabilito che l'acqua non è una merce».
SEGNALAZIONI - Rifiuti - Differenziata complicata
Vorrei fare alcune osservazioni relative all’articolo pubblicato su Il Piccolo il 1º giugno relativo al flop della raccolta differenziata. Non si può scaricare la colpa sulla gente, se non la si mette in condizione di poter smaltire correttamente carta, plastica, vetro e alluminio. I veri problemi stanno nel numero del tutto insufficiente, nell’illogico posizionamento di quelli già in opera e per come sono fatti. Punto 1) è impensabile che la gente si porti con sé sacchi di carta, plastica, vetro e alluminio alla ricerca di cassonetti per la raccolta differenziata, perché ci sono moltissime zone in cui non ci sono proprio (rioni di Longera, Sottolongera, via Moreri, Scala Santa, per non parlare del centro città e centinaia di altre vie) e comunque quando li trovi, sono spesso pieni. In altri casi, come via Giulia, ci sono, ma magari è più vicino il cassonetto per l’indifferenziata e allora chi è quel fesso che si fa i 200 metri per gettare nella differenziata? Punto 2) il posizionamento di molti cassonetti per la differenziata è veramente illogico: invece di essere piazzati vicino alle fermate dei bus o vicino a grossi condomini, spesso si trovano dal lato opposto... E poi che dire di viale Miramare, tra Barcola e il Bivio, dove ci son ben 23 isole ecologiche, mentre le case saranno poco più di una decina. Saranno per i bagnanti che prendono il sole? Ma allora perché posizionarli dall’altra parte della strada, chi è quel fesso che attraversa in costume viale Miramare per gettare una lattina? Punto 3) sono fatti male: la maggior parte della gente, e negozi, tende ad accumulare almeno un sacco di carta, plastica, vetro e alluminio prima di avventurarsi per gettarli nella differenziata, ma i “buchi” per gettarli sono troppo piccoli e la borsa di carta piena di giornali non passa, la borsa di plastica piena di bottiglie idem, e quindi assisto a comiche scenette di vecchietti che spingono con tutta la loro forza le borse nell’intento di farle entrare, per non parlare delle campane di vetro, davanti a cui spesso vedo povere bariste che tentano di svuotare i sacchi con bottiglie e lattine... Ma perché non avete fatto i cassonetti della differenziata che si aprono con la pedalina, come quelli dell’indifferenziata che sono comodissimi per gettarci dentro di tutto?
Patrizia Villa
PUNTO INFORMATICO - MERCOLEDI', 13 giugno 2012
Sistri, i rifiuti vanno nel cestino
Sospeso il discusso sistema di tracciabilità elettronica dei rifiuti, che
verrà rimandato alla fine del 2013 dal prossimo decreto sviluppo del governo.
Annullato il contratto con Selex. Le imprese smetteranno di pagare i contributi
Nel pomeriggio Selex ha inviato una nota alla stampa in cui
effettua delle precisazioni sulle notizie in diffusione a mezzo stampa. Abbiamo
riportato alcuni estratti del comunicato in calce all'articolo.
Roma - Prorogata all'ultimo giorno del 2013, l'entrata in vigore del Sistri è
sempre più lontana. Il sistema per il tracciamento elettronico dei rifiuti non è
pronto, almeno secondo la bozza del decreto sviluppo annunciato dal ministero
dello Sviluppo economico. Sistri verrà rinviato "al fine di consentire la
prosecuzione delle attività necessarie per la verifica del funzionamento del
sistema".
A confermarlo è stato lo stesso ministro Corrado Passera, che ha tuttavia
gettato più di un'ombra sul futuro del sistema di tracciamento dei rifiuti. "Guerrini
- attuale presidente di Confartigianato, ndr - mi aveva detto: una cosa su cui
ti misureremo e ti misureranno gli imprenditori è il Sistri. Mi sono convinto
che il sistema andasse sospeso e questo succederà attraverso il prossimo decreto
cui stiamo lavorando".
Ed è dunque un'ombra mortale che sembra proiettarsi sul Sistri. Con lo stesso
decreto sviluppo, il governo annullerà il contratto stipulato tra il ministero
dell'Ambiente e Selex Service, l'azienda del gruppo Finmeccanica che ha
realizzato il sistema. Le imprese non dovranno più versare - almeno a partire
dall'anno 2012 - i contributi legati alla loro presenza nel progetto.
Lo stesso Guerrini ha già ricordato come negli ultimi due anni più di 325mila
imprenditori italiani abbiano speso circa 70 milioni di euro per iscriversi al
sistema, per acquistare oltre 500mila chiavette USB e 90mila black box.
Risultato: il Sistri non è mai partito, e molto probabilmente mai partirà. Chi
rimborserà in quel caso le aziende? Si attendono ovviamente novità da parte del
governo.
Assolutamente contrario alla sospensione del Sistri è il segretario nazionale
dell'Unione Italiana Lavoratori Metalmeccanici (UILM) Giovanni Contento: "è una
virata improvvisa da parte del Governo sulla spinta della lobby del trasporto su
gomma che parla di un servizio che fa lievitare i costi della burocrazia, ma che
in realtà serviva proprio ad abbattere quei costi una volta andato a regime".
Per Contento, il sistema di tracciabilità dei rifiuti messo a punto da Selex
Service sarebbe stato particolarmente utile per la lotta alle cosiddette
eco-mafie. "Il pensiero va ai circa duecento assunti della società del gruppo
Finmeccanica che finora hanno lavorato al progetto del sistema in questione, che
rischiano il posto dal primo del mese prossimo. E c'è da considerare le oltre
325mila imprese finora iscritte al suddetto sistema, che saranno soggette a vere
e proprie condizioni di competitività illegittima. Il governo lo tenga
presente".
"È una storia che va definita - ha spiegato il ministro dell'Ambiente Corrado
Clini - Ho chiesto la sospensione e non un'altra proroga al Consiglio dei
Ministri in attesa di arrivare a verifiche decisive". La decisione per la
sospensione è stata dunque presa per effettuare le verifiche richieste dopo il
parere del Digitpa. "Il Digitpa - ha aggiunto Clini - ha trasmesso al ministero
le sue valutazioni solo lo scorso 16 maggio 2012, alla vigilia dell'entrata in
funzione del Sistri prevista dal 1 luglio 2012, dopo una serie di rinvii
stabiliti a partire dal 2009". Tra un rinvio e l'altro, l'Italia è ancora senza
un sistema avanzato per la tracciabilità elettronica dei rifiuti, richiesto
tempo fa dall'Unione Europea.
Nel pomeriggio, Selex ha voluto dire la sua su alcune delle questioni in ballo:
"La piattaforma digitale è attiva e funzionante dal 13 gennaio 2010 ed è stata
progettata in modo da applicare le normative vigenti al momento della sua
introduzione - recita il testo pervenuto a Punto Informatico - (...) Il SISTRI è
basato su una piattaforma tecnologica che utilizza le migliori soluzioni
presenti sul mercato. I test effettuati, anche con la supervisione di terzi, su
un carico di utenti contemporanei di 4 volte superiore a quello contrattualmente
definito, non hanno evidenziato anomalie. (...) Lo slittamento dell'entrata in
vigore del SISTRI, verificatosi per ben 7 volte, è sempre stato dovuto a fattori
esterni alla nostra Società. (...) Rinviare ancora la data del 30 Giugno
prossimo o addirittura sospendere l'entrata in vigore del Sistema farebbe
perdere al nostro Paese il vantaggio tecnologico finora acquisito rispetto ai
partner europei e non sarebbe di certo un aiuto per le Imprese che chiedono oggi
soprattutto certezza delle regole e riduzione della burocrazia negli
adempimenti".
Mauro Vecchio
COMUNICATO STAMPA - MARTEDI', 12 giugno 2012
PIANO PAESAGGISTICO REGIONALE - IL WWF: “PREOCCUPANTE
CHE SI INTENDA LIMITARLO A SINGOLE PORZIONI DI TERRITORIO”
Per l’associazione c’è il rischio che tale porzioni siano scelte tra le
meno problematiche e tra quelle meno minacciate da interessi “forti”.
Di qui una lettera al Ministero per i Beni culturali
per sapere quali attività ha in corso per la redazione del Piano.
Quali attività ha in corso il Ministero per i Beni Culturali, con la Regione
Friuli Venezia Giulia, per la redazione del Piano Paesaggistico regionale? Lo
chiede il WWF in una nota inviata nei giorni scorsi al Capo di Gabinetto del
Ministro Ornaghi e alla competente Direzione generale del Ministero.
La Regione ha infatti avviato, scrive l’associazione, la procedura di
Valutazione Ambientale Strategica (V.A.S.) sul Piano di Governo del Territorio (P.G.T.),
che dovrebbe costituire il quadro di riferimento urbanistico fondamentale,
coerente con il Piano Paesaggistico ma senza sostituirsi a quest’ultimo.
Nel Rapporto preliminare per la VAS del PGT si legge che la redazione di Piano
Paesaggistico è in corso, in collaborazione tra la Regione ed i Ministeri dei
Beni culturali e dell’ambiente. Si legge però anche l’elaborazione del Piano
sarà “graduale” e riguarderà “porzioni di territorio o tipologie di beni da
tutelare”.
Da ciò, secondo il WWF, la necessità di chiarire il ruolo del Ministero dei Beni
culturali – massimo organo preposto alla tutela del paesaggio - ed i contenuti
concreti della sua collaborazione con la Regione.
Una Regione, sottolinea l’associazione, che non brilla certo per attivismo in
questo campo. Infatti, benché l’adozione di un Piano Paesaggistico fosse
prescritta già dalla legge “Galasso” del 1985, in oltre un quarto di secolo
nulla di concreto è stato fatto.
Allarma il WWF la previsione della gradualità e parzialità nella stesura del
Piano: “In questo modo – osserva il presidente regionale Roberto Pizzutti – si
rischia infatti di perdere la visione d’insieme e di concentrarsi su aspetti di
dettaglio, o su aree non prioritarie del territorio, “dimenticando” di tutelare
aree sulle quali incombono rischi di manomissione e cementificazione, supportati
da grandi interessi immobiliari-speculativi o da progetti infrastrutturali
devastanti.”
“Si pensi ad esempio – continua Pizzutti – alla congerie di grandi progetti
edilizi che interessano Grado, alla continua “erosione” edilizia e
infrastrutturale del territorio carsico in Provincia di Trieste, all’impatto di
progetti autostradali come la Sequals-Gemona e la Carnia-Cadore, per citarne
solo alcuni.”
Il Piano Paesaggistico potrebbe e dovrebbe essere lo strumento, non l’unico ma
il più efficace, per intervenire in tali situazioni, allo scopo di impedire le
trasformazioni negative per l’assetto e la qualità dei luoghi e di indirizzare
gli interventi edilizi e infrastrutturali.
“La Regione ha però dimostrato – rileva Pizzutti – di non assegnare alcuna
priorità alla tutela del paesaggio, non solo con la pluridecennale inerzia in
materia, ma anche con provvedimenti quali la legge 16 del 2008, che ribalta
addirittura la logica gerarchia degli strumenti di pianificazione. E’ stata
infatti sancita la prevalenza del Piano delle infrastrutture di trasporto (già
approvato) addirittura sul Piano di Governo del Territorio, che infatti sta
muovendo appena ai primi passi e che comunque dovrà adeguarsi a quello delle
infrastrutture. La logica avrebbe preteso che fosse il contrario!”.
Il Piano paesaggistico, come si è detto, parrebbe invece rinviato alle calende
greche, comunque dopo la conclusione del PGT e limitato a porzioni di
territorio. Non è forse troppo malizioso ipotizzare che tali porzioni saranno
scelte tra le meno problematiche e tra quelle meno minacciate da interessi
“forti”?”
Il Friuli Venezia Giulia, un tempo all’avanguardia in Italia in fatto di
pianificazione del territorio, è oggi fanalino di coda nell’applicazione delle
norme a tutela del paesaggio. “Non è un caso – conclude Pizzutti – che, grazie
anche al lassismo della Regione nei confronti dei Comuni, in nome di un
pseudo-federalismo, prosegua senza soste l’assalto del cemento e dell’asfalto
alle aree agricole e naturali, che ci fa detenere il primato negativo tra le
Regioni italiane in fatto di consumo di suolo pro capite.”
WWF Friuli Venezia Giulia
VITA.it - MARTEDI', 12 giugno 2012
ACQUA. Referendum, un anno dopo - Solo a Napoli la
socità di gestione del servizio idrico è diventata Azienda Speciale
Una Strategia energetica nazionale ancora assente e la quota per i
gestori privati dell’acqua, abrogata con il voto referendario, ancora presente
in bolletta: è la fotografia scattata dal WWF Italia nel giorno del primo
anniversario dei Referendum popolari su acqua e nucleare del 12-13 giugno 2011.
“Il referendum sul nucleare del 2011 – spiega l’associazione - ha creato i
presupposti per la definizione di una nuova Strategia energetica nazionale
basata su rinnovabili, risparmio ed efficienza energetica ma che, oltre a non
essere ancora stata del tutto formulata, dovrebbe abbandonare gli investimenti
sulle centrali a carbone, contro le quali il WWF ha avviato una petizione on
line sul sito della propria campagna ‘Decarbonizziamo l’Italia’ (http://stopcarbone.wwf.it/).
A tale proposito, il WWF valuterà il cosiddetto Decreto ‘Crescita Sostenibile’,
attualmente in discussione del Consiglio dei Ministri, anche in base a quali
misure concrete il Governo prenderà in campo energetico, a partire
dall’efficienza energetica degli edifici e dagli incentivi per le energie
rinnovabili rispetto ai quali l’Italia ha già ricevuto una censura della
Commissione Europea”.
“Per quanto riguarda invece il servizio idrico, aver bloccato l’obbligatorietà
della privatizzazione, riconoscendo l’acqua come bene comune, è stata una delle
più importanti manifestazioni della volontà popolare nel nostro Paese.
Purtroppo a distanza di 1 anno dalla straordinaria vittoria referendaria, se da
un lato abbiamo evitato la privatizzazione obbligatoria del servizio idrico,
dobbiamo però registrare che nelle nostre bollette continua a comparire la
remunerazione del capitale investito, abrogata dal referendum, e che solo a
Napoli la Società per Azione di gestione del servizio idrico è stata trasformata
in Azienda Speciale, strumento fondamentale per giungere ad una gestione
trasparente e partecipata, lontana dalla ricerca del profitto e dalle
spartizioni politiche clientelari. Preoccupante invece è quanto sta accadendo a
Roma, dove, la Giunta comunale, con la vendita della società Acea, sta andando
nettamente nella direzione opposta.
Ma il WWF, all’interno dell’ampio movimento che ha promosso i referendum,
continuerà ad operare fino a quando non si darà piena attuazione a quanto
stabilito dalla volontà popolare”
IL PICCOLO - MARTEDI', 12 giugno 2012
Porto Vecchio a caccia di soldi Maltauro: banche più
prudenti
I concessionari decisi ad andare avanti con il progetto ma stanno
cercando gestori e affittuari disposti a pagare una quota d’ingresso per dare il
via agli investimenti. «Ascolteremo il mercato»
«Anche le peggiori guerre sono finite dopo quattro anni, speriamo che questa
grave crisi economica iniziata nel 2008 finisca altrettanto, a quel punto o
saremo tutti finiti, oppure si tornerà a una dinamica di finanza normale». In
queste parole di Enrico Maltauro, presidente dell’impresa vicentina che è con
Rizzani de Eccher fra i soci concessionari (oggi diventati cinque) di Porto
vecchio attraverso la Portocittà srl, si legge il vero problema in cui si
dibatte il più importante, ambizioso e atteso progetto della città, a sei mesi
esatti dall’annunciato “inizio dei lavori”. Le banche hanno stretto il credito.
Anche quelle, di prima grandezza, entrate come socie al 25% della concessione
(Banca Intesa e Sinloc, quest’ultima una società partecipata da nove fondazioni
bancarie e da Cassa depositi e prestiti). Le banche non finanzieranno opere se
non di fronte a un progetto che dimostri «sicura remunerazione e rivalutazione
del capitale» afferma Maltauro. Dunque si sta cercando chi immetta soldi. Nessun
contratto è ancora firmato. Del resto Portocittà finora ha avuto in consegna
dall’Autorità portuale solo il Magazzino 26. Maltauro: «Ci manca il 90%».
Naturalmente, il canone di concessione è ora proporzionato, cioé molto basso, e
non certo quello scritto nell’atto concessorio. Da qualche tempo gira voce. Il
problema di Porto vecchio non sarebbero tanto le incertezze sul che cosa farci
dentro (porto allargato, case o Punto franco) ma la non certezza sui denari. In
questi termini si precisano il silenzio che governa il lavoro di sintesi e di
progettazione, e i successivi lanci di nuove proposte che hanno messo in allarme
prima di tutto il Comune, e cioé il sindaco Cosolini. «La difficoltà del credito
è indiscussa - dice Maltauro -, associandoci con banche avevamo immaginato di
avere un significativo contributo, ora siamo ancora concentrati sui progetti,
sulle ricerca di gestori o sub-concessionari. Chi entra per gestire i “marina” o
l’albergo dovrà pagare una quota d’ingresso, o un affitto, e questo finanzierà
la prosecuzione dei lavori». Quattro-cinque i contatti in corso, «ognuno propone
una sua formula, ma questo è un momento di snodo - prosegue il costruttore -,
meglio pensarci un anno e poi avere i binari per uno sviluppo più facile e
prevedibile, piuttosto che partir male». Dunque, meglio case remunerative? «Un
ragionamento da fare successivamente». O il Punto franco che attiri investitori?
«Qui c’è un confronto col mercato - risponde Maltauro -, ed è quello che noi
dobbiamo avere. Se sul mercato c’è chi vi ha interesse (ovviamente senza
barriere doganali per la città), è utile, positivo e gradevole per la realtà
triestina e per quella italiana». Nel teso dibattito sulla questione, con
l’alzata di scudi di Cosolini contro presunti “off shore” recintati, Maltauro
mette la sua parola: «Noi siamo disponibili a ogni valutazione, e prima di tutto
dobbiamo confrontarci con gli enti concedenti. Ma poi anche col mercato. Saremo
noi a produrre istanze, idee, ipotesi operative». Con tutto ciò, resta «la
speranza» di poter partire nel 2013, come da cronoprogramma. Di concludere i
contratti con i citati gestori, ma non solo. «Dobbiamo ancora avere idee chiare
sulle infrastrutture - aggiunge Maltauro - di cui stiamo facendo la
progettazione: luce, acqua, gas, depurazione serviranno alla zona, ma in parte
saranno a vantaggio di altre parti di città. Chiarezza va fatta anche per i
soggetti che entrassero a gestire». Insomma, come si dividono le spese di base?
In ogni caso, il patto con le banche non si è risolto come sperato (mezza
società progetta e realizza, mezza società finanzia e recupera nel tempo, 70
anni di concessione): «Siamo finiti in un momento acutissimo di crisi - conclude
Maltauro -, i soci bancari aspettano che si risolva questo snodo». Da qui gli
artifici di “mista coabitazione”, anche se i progetti su cui si lavora sono al
momento, si dice, sempre e solo quelli scritti nella concessione.
Gabriella Ziani
Cordata di cinque soci dopo l’ingresso della Cassa di
Risparmio
All’inizio i soci erano quattro, era previsto che diventassero cinque, e
così è stato. A vincere il bando di concessione dell’Autorità portuale per il
recupero di Porto vecchio erano stati nel 2010, col 25% ciascuno, le imprese
Maltauro e Rizzani de Eccher, assieme a Banca infrastrutture innovazione e
sviluppo (Biis) del gruppo Intesa San Paolo e a Sinloc, Sistema iniziative
locali, società di Padova partecipata da nove fondazioni bancarie e da Cassa
depositi e prestiti, il cui amministratore delegato, Antonio Rigon, è il
presidente del cda di Portocittà srl. Ora è entrato l’atteso quinto, la Cassa di
risparmio del Friuli Venezia Giulia, che rileva il 25% da Biis (gruppo di cui fa
peraltro parte). «L’operazione era prevista in questi termini fin dall’inizio -
spiega Enrico Maltauro -, mancavano allora alcuni atti formali che ora sono
stati completati».
E l’ipotesi di ridisegnare le Rive resta in un cassetto
- IDEA DI BONICIOLLI
Tra i numerosi progetti che si affacciano e abortiscono a Trieste ce n’è uno
che non ha fatto in tempo a vedere la luce, e attorno al quale sono crollate
anche le premesse: Portolido, la società candidata a creare un nuovo porticciolo
nautico nei pressi della Lanterna ha tirato i remi in barca per difficoltà
economiche, il parcheggio sotterraneo alla Stazione marittima è stato scartato.
Infine è scaduto il tempo del presidente dell’Autorità portuale Claudio
Boniciolli che aveva accarezzato l’idea. Si trattava, sulla scorta del nuovo
Piano regolatore del porto e della previsione di un nuovo Prg della città, di
ristrutturare le rive triestine, lato mare, in zona demaniale. Cominciando da
Lanterna, da Ausonia in restauro, dalla sede della Lega navale, dalla Cartubi
che va spostata, dall’area dei traghetti per la Turchia che il Prg portuale
prevede alle Noghere. «Avevo contattato Giovanni Damiani, giovane e bravo
architetto che lavorava per la cooperativa dell’Ausonia - ricorda Boniciolli -,
per ridare bellezza a quell’area arrivando fino alla zona parcheggi sulle rive,
e viceversa avevo interpellato l’architetto Ugo Camerino (autore del progetto
per il prolungamento della Stazione marittima) per ristrutturare il resto
partendo dall’Idroscalo verso il centro città». Per proseguire davvero,
servivano certezze sul parcheggio sotterraneo. Che poi non si fece. «A Trieste i
tempi di realizzazione sono i più lunghi di tutta la Repubblica italiana -
rileva Boniciolli -, le imprese che fanno un progetto di massima e vedono le
cose fermarsi poi se ne vanno». Damiani ricorda quelle iniziative, ne fece un
“workshop” con i suoi studenti. «Oggi posso dire - afferma - che sarebbe bello
realizzare un tanto, in dialogo strategico tra enti. Purtroppo di quel lavoro
non rimane niente di concreto».
(g. z.)
Nel nuovo Prg il recupero del ciglione
PROSECCO Con l’aiuto di un gruppo di neolaureati stagisti a disposizione dei
cittadini delle borgate di Altipiano Ovest, i residenti hanno compilato il
questionario relativo al nuovo Prg di Trieste. Sinora sono stati consegnati una
quarantina di elaborati che contengono utili indicazioni per gli uffici comunali
incaricati della redazione del nuovo strumento urbanistico. Anche l’assessore
alla Pianificazione urbana Elena Marchigiani ha voluto incontrare il primo
parlamentino e i residenti di Prosecco per approfondire temi e modalità relative
al nuovo Prg. Dai residenti in frazione San Martino molte le domande relative al
recupero dei terrazzamenti e delle campagne del ciglione carsico, l’area più
adatta, per clima e insolazione, all’agricoltura, soprattutto nel contesto
dell’accordo di programma che prevede il recupero nella zona della coltivazione
del Prosecco. Sempre per questa parte del territorio è stato evidenziata la
necessità di ristrutturare gli antichi percorsi rurali, un recupero importante
auspicato recentemente pure dal Wwf in chiave di valorizzazione turistica
dell’ampia e preziosa area del costone carsico. Sempre da alcuni residenti di
Prosecco la raccomandazione di evitare lungo la centrale provinciale n. 1 di
creare sensi unici, a complicare la vita dei residenti e la fruizione dei negozi
da parte dei forestieri. Dai residenti di Borgo San Nazario e di Santa Croce
invece le richieste più impellenti riguardano la viabilità e i parcheggi. Per le
famiglie di Santa Croce i nuovi parcheggi appaiono prioritari: le indicazioni
sono per l’utilizzo di uno spazio compreso tra l’ex casa del Popolo e il campo
sportivo. Dalla comunella il consiglio di utilizzare un’area centrale per dare
parcheggio ai residenti del cuore del borgo storico. L’assessore Marchigiani
incontrerà i residenti di Altipiano est in un incontro programmato il 19 giugno
a Opicina. Gli stagisti di sostegno ai cittadini saranno presenti nella sede
circoscrizionale dal 20 al 25 di giugno.
(Ma. Lo.)
Acquario, i bagni in mare restano proibiti
La nuova ordinanza del sindaco di Muggia: raccolta differenziata,
ombrelloni chiusi con la bora, divieto di schiamazzi
MUGGIA Divieto di balneazione nel terrapieno Acquario, obbligo di chiudere
prontamente gli ombrelloni in caso di forte vento, raccolta differenziata dei
rifiuti, garanzia dell'accesso al mare da parte di soggetti diversamente abili.
Queste sono alcune delle prescrizioni contenute nell’ordinanza di sicurezza
balneare a terra firmata dal sindaco di Muggia in vista della stagione estiva
apertasi ufficialmente il 1.o giugno. Le disposizioni interesseranno – sino al
1.o settembre – l'area che si estende dal lungomare Venezia sino a Valle San
Bartolomeo. Zone di mare Confermando l'interdizione della balneazione nelle
acque prospicienti il terrapieno “Acquario” che interessa parte della costa
collocata tra Punta Ronco e Punta Sottile, sulle spiagge e negli spazi acquei
riservati alle attività balneari sono applicati una serie di divieti. È dunque
proibito: lasciare natanti in sosta o all'ancoraggio ad eccezione di quelli
destinati al noleggio o alle operazioni di assistenza e salvataggio; gettare a
mare o lasciare nelle cabine o sulle aree demaniali rifiuti di qualsiasi genere;
accendere fuochi sulle aree demaniali o nelle cabine; introdurre ed usare
bombole di gas o altre sostanze infiammabili senza la prescritta autorizzazione;
pescare con qualsiasi tipo di attrezzo nelle ore e nelle zone destinate alla
balneazione, salve le deroghe disposte dall'Autorità marittima con propria
ordinanza; tirare a secco imbarcazioni di pesca e distendere le reti. Uso
spiagge Per quanto riguarda le spiagge è vietato campeggiare, impiantare tende,
baracche, roulotte o pernottare nelle cabine e all'addiaccio sui tratti di costa
destinati al pubblico uso. Su tali aree gli utenti possono impiegare soltanto
ombrelloni, sedie a sdraio ed altro materiale simile portatile, che non dovranno
essere lasciati dopo il tramonto. Vige poi il divieto di praticare qualsiasi
gioco (calcio, tennis da spiaggia, pallavolo, basket, bocce, eccetera) se può
derivare danno o molestia alle persone, turbativa alla pubblica quiete nonché
nocumento all'igiene dei luoghi. Vietato poi tenere ad alto volume radio ed
apparecchi di diffusione sonora, nonché farne uso dalle 13 alle 16. È vietato
anche esercitare attività di commercio, pubblicitaria, promozionale, organizzare
giochi, manifestazioni ricreative o spettacoli pirotecnici senza previa
autorizzazione da parte del Comune. Inoltre non si possono poi occupare con
ombrelloni, sedie, teli nonché mezzi nautici la fascia di 5 metri dalla
battigia, destinata esclusivamente al libero transito. Permessa inoltre
l'occupazione di parte della terza piazzola verso Punta Sottile con materiali
strettamente legati alle attività di apnea e con autorespiratore, ad eccezione
dell'attività di pesca. Stabilimenti Per le strutture balneari è obbligatorio
disporre che gli assistenti bagnanti, in caso di forte vento, provvedano a far
chiudere tempestivamente gli ombrelloni, al fine di evitare situazioni di
pericolo. Il concessionario deve controllare poi che i materiali di risulta ed i
rifiuti vengano sempre raccolti, in forma differenziata, in appositi contenitori
chiusi, ed asportati quotidianamente. I concessionari che intendano delimitare
lo specchio acqueo antistante la concessione al fine di realizzare “corridoi di
lancio” per l'atterraggio e la partenza delle unità da diporto a motore, a vela,
a vela con motore ausiliario, tavole a vela e moto d'acqua, devono realizzarli
come disposto dalla Capitaneria di Porto. Obbligatorio garantire l'accesso al
mare da parte di soggetti diversamente abili con la predisposizione di idonei
percorsi perpendicolari alla battigia chiaramente segnalati. Distanze minime
degli ombrelloni: 3 metri tra le file e 2,5 metri tra ombrelloni della stessa
fila.
Riccardo Tosques
Riappaiono le mucillagini «Ma forse è solo polline» -
IL MONITORAGGIO DEI RICERCATORI OGS
A volte ritornano. E quando decidono di ripresentarsi nelle acque del nostro
golfo, come accaduto in questi giorni, sale inevitabilmente la soglia di
attenzione. Abbiamo imparato a conoscerle circa venticinque anni fa, ricompaiono
di tanto in tanto, con una ciclicità non ben definita, fortunatamente non
costituiscono pericolo per i bagnanti, ma la loro presenza non è di certo
gradita. Stiamo parlando delle mucillagini, un fenomeno dovuto alle aggregazioni
di sostanza organica delle microalghe, facilitato dai processi fisici di
strutturazione delle colonne d’acqua, che si manifesta dapprima nelle acque
profonde del mare, sotto forma di fiocchi biancastri denominati “neve marina” e
che poi sale in superficie attraverso l’aggregazione di filamenti di natura
gelatinosa. Il mare Adriatico, in virtù delle sue caratteristiche, ha dovuto
fare i conti spesso con questo fenomeno. La mucillagine si è ripresentata per
l’ultima volta dalle nostre parti, con una presenza massiccia, dieci anni or
sono. Poi solo qualche segnalazione sporadica. Adesso un nuovo avvistamento nel
nostro golfo che desta qualche inevitabile preoccupazione. «In questi casi
bisogna andare con i piedi di piombo ed effettuare tutte le analisi del caso –
precisa Paola Del Negro ricercatore Ogs -. Qualche segnalazione è giunta anche a
noi, ma potrebbe trattarsi semplicemente di polline che si deposita in
superficie. In ogni caso bisogna precisare che la mucillagine non ha nulla a che
fare con l’inquinamento, ma invece è probabile che in questa circostanza
particolare derivi dai consistenti apporti fluviali dell’ultimo periodo, in cui
si sono registrate abbondanti piogge». In generale si tratta per lo più di un
fenomeno collegato alle condizioni meteo, che tende ad essere favorito dalle
situazioni di gran caldo, mentre tutto quello che comporta un rimescolamento
delle acque, come le correnti o il vento, riesce in qualche modo ad ostacolare o
a limitare questo spiacevole fenomeno. Ma dobbiamo attenderci un’estate
caratterizzata dalla presenza costante delle mucillagini, con le quali i bagnati
saranno costretti giocoforza a conviverci, oppure si tratta solo di
un’apparizione temporanea destinata a scomparire in breve tempo? A rispondere
ancora Paola Del Negro. «Diciamo che molto dipenderà da quelle che saranno le
condizioni meteorologiche dei prossimi giorni. Se le giornate saranno
caratterizzate ancora da una certa variabilità, con situazioni di tempo
instabile, questo farà si che il fenomeno sia destinato a sgonfiarsi. Se invece
assisteremo all’aumento delle temperature, con l’arrivo vero e proprio
dell’estate, come peraltro sembra dalle previsioni, allora tutto questo potrebbe
favorire il consolidamento delle mucillagini».
“Aperitivo” in Sacchetta per due delfini - IMMORTALATI
DA DECINE DI CLICK
Coppia di mammiferi avvistata all’ora di pranzo tra le barche ormeggiate
ai pontili
Due esemplari di delfino, probabilmente una mamma in compagnia del suo
cucciolo, sono stati avvistati domenica attorno all’ora di pranzo nell’area
della Sacchetta. a scorgerli sono stati i proprietari di alcune delle
imbarcazioni ormeggiate ai pontili dei circoli e delle società nautiche della
zona. Un’inattesa visita, quella dei due mammiferi, che ha così allietato e
movimentato la mattinata di molti triestini. Che, superata la sorpresa iniziale,
sono corsi ad immortalare la coppia di delfini “armati” di videocamere, macchine
fotografiche digitali e, in mancanza di attrezzature più adeguate, telefoni
cellulari. Le decine di click scattati al loro passaggio, non hanno peraltro
turbato o infastidito, almeno all’apparenza, mamma e bebè. Incuranti degli
sguardi dei curiosi, infatti, i mammiferi hanno proseguito il loro giretto nelle
acque della Sacchetta. Uno “struscio”, ha ipotizzato più di qualcuno, nato
magari dalla voglia di fare uno spuntino vista anche l’ora di pranzo. LE FOTO
DEI DELFINI IN SACCHETTA SUL SITO
www.ilpiccolo.it
IL PICCOLO - LUNEDI', 11 giugno 2012
Un anno per salvare i pipistrelli tutti a cercarli col
“bat detector” - GROTTA GIGANTE
La Grotta Gigante accoglie l’invito delle Nazioni Unite che hanno proclamato
il 2012 “Anno Internazionale del Pipistrello” e organizza, dal 14 giugno, una
serie di eventi, tutti gratuiti, dedicati all’animaletto notturno. Si comincia
alle 18 quando, negli spazi del centro accoglienza visitatori, lo zoologo
triestino Sergio Dolce introdurrà l’argomento in un incontro nel quale,
proiettando immagini inedite, presenterà la situazione delle popolazioni di
pipistrelli del nostro territorio e risponderà alle curiosità dei partecipanti.
Sabato 16 e domenica 17 giugno invece lo staff esperto della Grotta Gigante,
sempre negli spazi del centro visitatori, proporrà laboratori didattici rivolti
ai bambini, che potranno imparare divertendosi i segreti dei mammiferi alati. Le
attività dureranno circa 45 minuti e inizieranno alle 10, alle 12, alle 15 e
alle 17.30 sia sabato che domenica. Nel weekend per l’occasione i bambini fino
ai 10 anni di età potranno visitare gratuitamente la Grotta Gigante purchè
accompagnati da almeno un adulto. L’ultimo incontro, per il quale si richiede la
prenotazione, con un numero massimo 20 partecipanti, si terrà mercoledì 20
giugno e prevede un’escursione lungo l’ex ferrovia della Val Rosandra,
accompagnati da esperti del Servizio Civici Musei Scientifici di Trieste e della
Grotta Gigante, che sveleranno i misteri delle grotte della valle e dei
pipistrelli che le popolano. È prevista una visita alla Grotta delle Gallerie e
sarà illustrato il funzionamento del “bat detector”, sofisticato apparecchio
capace di far sentire ai ricercatori la “voce” dei pipistrelli e di riconoscere
in volo le diverse specie dal tipo di ultrasuoni che emettono. Per informazioni
sulle iniziative e per prenotare l’escursione per la quale il ritrovo è previsto
a Draga Sant’Elia alle 18.30 del 20 giugno, è necessario contattare la Grotta
Gigante al numero 040327312, attivo dal martedì alla domenica dalle 10 alle 18 o
via e-mail a info@grottagigante.it «I pipistrelli, innocui e importantissimi per
l’equilibrio degli ecosistemi, sono troppo spesso temuti o disprezzati
ingiustamente da chi non conosce la loro utilità», spiegano gli esperti della
Grotta Gigante. «Per gli zoologi sono i Chirotteri e sono capaci di mangiare in
una notte migliaia di zanzare e di altri insetti nocivi. Purtroppo però il loro
numero è in costante declino in tutto il mondo, Italia compresa, tanto da
spingere le Nazioni Unite a proclamare il 2012 “Anno Internazionale del
Pipistrello”, allo scopo di favorire le ricerche sulle cause della loro
diminuzione, spesso legate all’opera dell’uomo, e di stimolare iniziative di
informazione e tutela. Anche la Grotta Gigante quindi, con la Società Alpina
delle Giulie-gruppo speleologico “Commissione Grotte Boegan”, ha deciso di fare
la propria parte dedicando una settimana alla corretta divulgazione in merito
all’importanza di questi utili animali». Tra i prossimi appuntamenti, ad agosto
spazio a “Calata in sola corda”: speleologi e rocciatori potranno scendere
nell’antro in modo spettacolare, attraverso alcune corde fissate nella parte più
alta, davanti al pubblico, un esperimento già testato con successo nell’estate
2011. E ancora la “Festa dell’imperatore”.
Micol Brusaferro
L’Arci promuove corsi per operatori di pace
Arci Servizio Civile di Trieste, con il contributo della
Regione, organizza un percorso formativo per “operatori civili di pace”. Un
progetto, precisa l’associazione, che potrà tornare utile in ambito diplomatico,
cooperativo internazionale, interassociativo, politico ed istituzionale. Scopo
dell’iniziativa è formare alle tematiche della non violenza attiva ed al
principio costituzionale della difesa non armata della patria, concetti alla
base del Servizio Civile. Tra gli argomenti proposti dal corso “Storia dei
diritti umani”, “Trasformazione della guerra nella storia”, “Rapporti con i mass
media”, Descrizione di esperienze concrete di cooperazione”. Il primo
appuntamento è in programma martedì dalle 17 alle 21 nel padiglione Arac del
Giardino pubblico a Trieste con un seminario-laboratorio su “Non violenza e
rapporti interetnici” a cura della docente Pat Patfoort. Informazioni e
iscrizioni (gratuite) entro lunedì 18 giugno). Le richieste vanno presentate a
Arci Servizio Civile – via F.Severo 31, Trieste.
“LE ERBE DELLA TRADIZIONE” DEL CARSO
Sabato prossimo, dalle 10, al centro visite Gradina a Doberdò del Lago,
secondo incontro del corso di avvicinamento alle piante officiali, eduli e
spontanee del Carso, organizzato dalla Rogos, cooperativa che gestisce il
giardino botanico Carsiana della Provincia. Elisa Cociani parlerà de “Le erbe
della tradizione” e aiuterà a scoprire gli usi culinari e officinali delle
piante autoctone della tradizione del Carso goriziano. Al termine dell’incontro,
i partecipanti prepareranno alcune pietanze con le erbe raccolte. L’ultimo
appuntamento, sabato 23 giugno alle 10.30, a Carsiana e all’essicatorio di
Sgonico, è dedicato alle erbe nella medicina, con Martina Malalan. Informazioni:
società Rogos, inforogos@gmail.com, tel. 333-4056800.
IL PICCOLO - DOMENICA , 10 giugno 2012
AcegasAps, Sel agita venti di crisi - «Col referendum
il costo dell’acqua doveva scendere, l’Ato di Cosolini l’ha alzato»
Se si va dietro ai freddi numeri, allora Cosolini può starsene sereno, dato
che Sel in Consiglio comunale conta tre teste. Troppo poche per un’imboscata, se
è vero che la maggioranza, se quelle tre teste prima o poi gli si voltassero
contro, scenderebbe a 22. Quota risicatissima ma ancora sufficiente, in un
consesso di 41 persone. Altrettanto sufficiente, però, per agitare il campanello
d’allarme. Di una possibile “crisina”. E i venti di “crisina” vengono sempre
dalla stessa direzione: la differenza di vedute, tra vendoliani e resto della
maggioranza, sulla gestione di AcegasAps. Il sindaco in effetti, da ieri, non
può far finta di niente. Sel, stavolta, gliel’ha giurata: razzoli come predica,
sulla multiutility, sennò «qualche presa d’atto bisognerà trarla, stavolta». I
vendoliani, con in testa Marino Sossi, il capogruppo in Comune, affiancato dal
coordinatore provinciale Maurizio Vallon e dal responsabile attività produttive,
Valdi Catalano, hanno convocato una conferenza stampa per «rendere pubbliche»
alcune «questioni» riguardanti le tariffe dell’acqua. Tariffe che il trio,
documenti alla mano, sostiene di aver scoperto «aumentate del 49% in due anni.
L’ultimo ritocco, del 9%, risale al 7 febbraio, dunque successivamente all’esito
referendario del 2011 (sull’acqua “bene pubblico”, ndr) in seguito al quale le
tariffe di AcegasAps avrebbero dovuto invece calare del 17%, come disposto a
livello nazionale dal decreto del Presidente Napolitano prima e da una circolare
del ministro Clini poi». L’ultimo aumento - sibila Sossi - «benché il nuovo
impianto di depurazione resti ancora un impianto fantasma e la rete idrica
interrata sia sempre un colapasta, è stato chiesto da AcegasAps all’Ato, e l’Ato
ha disposto l’aumento». L’Ato è l’Ambito territoriale ottimale, cui compete la
definizione delle tariffe. È presieduto da Cosolini in persona. «Lo stesso
Cosolini - incalzano i vendoliani - che a febbraio aveva fatto propria la nostra
mozione in cui chiedevamo la revisione straordinaria delle tariffe tenendo conto
dell’esito referendario». Ora Sel è pronta a scendere nelle strade con dei
banchetti per raccogliere istanze di rimborso individuali da inviare poi, un po’
come una class action, ad AcegasAps: «Il controllo delle controllate, che
gestiscono servizi pubblici, deve tornare ai cittadini». Cosolini, insomma, è
avvisato. E dall’altra parte gli rigirano il dito nella piaga: «L’ennesima
proposta-protesta di Sel - osserva il finiano Michele Lobianco - dimostra
l’insofferenza della sinistra radicale nei confronti di un sindaco che, per
costrizione di coalizione, Sel supporta-sopporta mal volentieri. Questo provoca
un ingessamento dell’azione del sindaco che probabilmente, dopo le regionali,
penserà a maggioranze variabili».
(pi.ra.)
Bosco di Muggia, cancellato il sopralluogo dei tecnici
La Protezione civile annulla la visita: «Troppo impegnati a fronteggiare
l’emergenza del terremoto in Emilia». Ruspe ferme fino a data da destinarsi
MUGGIA Seppur per qualche giorno, associazioni e cittadini contrari
all’intervento delle ruspe nel bosco dell’Arciduca di Muggia possono cantar
vittoria. Il sopralluogo dei tecnici della Protezione civile e del Comune,
inizialmente previsto per dopodomani al fine di stabilire se e come riprendere i
lavori di scavo lungo i sentieri, non si svolgerà più. Non si tratta però di una
cancellazione definitiva, bensì di un rinvio a data da destinarsi. Un rinvio, ha
fatto sapere ieri il Comune, deciso dalla Protezione civile vista la necessità,
in questo momento, di concentrare le forze per fronteggiare l’emergenza
terremoto in Emilia. Le proteste della popolazione, insomma, almeno
ufficialmente non c’entrano, anche se più di qualcuno ritiene che abbiano
comunque avuto un peso sulla scelta di stoppare la visita dei tecnici e, di
conseguenza, la ripresa dell’attività della ruspe. Un’attività che, peraltro, la
Protezione civile continua a difendere a spada tratta, perchè ritenuta
propedeutica ad interventi essenziali per «garantire l’incolumità minacciata
dalle gravi situazioni di pericolo di incendio boschivo». Alla base
dell’operazione Arciduca, fa capire la Protezione civile, c’è la stessa
filosofia che ha ispirato la Regione a redarre il Piano generale di prevenzione
incendi nel Carso, affidato in seguito per l’applicazione proprio a volontari e
tecnici della realtà coordinata da Guglielmo Berlasso. In linea con questo
mandato, finora la Protezione civile fa sapere di aver completato la Fase 1 del
Piano, ripristinando 110 chilometri di piste forestali tra le province di
Trieste e Gorizia e coprendo operativamente - vale a dire rendendo raggiungibile
dai mezzi antincendio, come si prevede di fare al bosco dell’Arciduca - circa il
50% delle aree a rischio incendio. Sempre in linea con quanto previsto nel Piano
regionale, ricorda ancora la Protezione civile, è stato effettuato un
monitoraggio delle piste forestali da ripristinare per consentire rapidi
interventi in caso di incendio. Per Muggia la scelta è caduta proprio sul bosco
della discordia dove, si legge in una relazione della Protezione civile, è stato
effettuato un primo sopralluogo il 23 maggio alla presenza di due tecnici
regionali, rappresentanti della Forestale e responsabile dell’impresa Bombardier,
incaricata di eseguire i lavori. Tutto insomma, ribadisce la relazione, è stato
fatto alla luce del sole come testimoniato anche dalle comunicazioni via mail
all’assessore comunale alla Protezione civile Giorgio Kosic e al dirigente
dell’Ufficio tecnico Silvio Lettich. Interlocutori a cui sono state illustrate
per tempo le criticità della zona in ottica incendi boschivi e le tempistiche
dei relativi lavori. Stoppati, come noto, martedì scorso, 24 ore dopo l’avvio.
Come si diventa apicoltori dall’anatomia all’assaggio -
VIVERE VERDE
Oggi lo Science Centre Immaginario Scientifico è aperto al pubblico dalle 15
alle 20. Un viaggio nel mondo della scienza per tutte le età è facile, grazie
agli “exhibit hands-on”. Nella sezione dedicata alle mostre temporanee si
possono ammirare le emozionanti immagini della multivisione “Altromare: una
crociera sott'acqua”: un tuffo negli abissi, tra specie sconosciute e montagne
sottomarine. Per chi preferisse rimanere con il naso all'insù, nella visita al
planetario è possibile scoprire quali saranno le stelle e i pianeti visibili
durante la notte. Alle 16 l'appuntamento è con i laboratori “Scienziati della
domenica”, dedicati ai bambini da 5 a 11 anni. Questa domenica i piccoli
costruiscono un “missile ad acqua”. Prenotare al n. 040-224424.
Un tocco di teoria e poi una una vera e dolce immersione nella pratica, a
contatto di fiori, natura, prodotti e botanica. L'apicoltura si può vivere anche
in città, in piccoli spazi verdi che si tramutano in laboratori e possibili
fonti lavorative. Un progetto che nasce dalla collaborazione tra Bioest e
l'Aris, l'Associazione Ricerca Interventi Studi sull'Invecchiamento, l'asse che
ha permesso il varo del primo corso di avviamento all’apicoltura, a cura di
Livio Dorigo, veterinario, membro del direttivo dell'Aris e presidente degli
Apicoltori della Provincia di Trieste. Il ciclo, partito nei giorni scorsi con
il primo incontro di presentazione, si articola in un “pacchetto” di lezioni
teoriche, programmate nelle giornate di venerdì (dalle 17.30), nella sede della
“Casa del Giovane” di via Inchiostri 4, seguite dal più suggestivo lavoro sul
campo, ospitato nello spazio degli Orti delle Rose, all'interno del Parco di San
Giovanni, ex Opp. Rivolto a tutti, soprattutto ai giovani, a coloro che cercano
un approccio diverso con la natura e gli animali, puntando magari
all’elaborazione di qualche investimento, sbocco non improbabile dalle parti del
miele, polline e dintorni. Uno studio intenso ma nel contempo delicato. Lavorare
a contatto con le api richiede non solo tatto e tecnica ma misura e pazienza,
doti che non a caso hanno già sortito l'iscrizione di un numero particolare di
donne al corso indetto dall'Aris e da Bioest: «Le ragazze sono infatti il 70%»,
ha ribadito Livio Dorigo. «Si tratta nel complesso di una iniziativa che
prosegue quella chiamata “Orti Urbani”, una specie di coda naturale, a cui ci si
può iscrivere anche in corso d'opera». Piuttosto ricco l'impianto di materie che
gravita attorno al corso. Il piano prevede lo studio dell’anatomia dell'ape,
basi di biologia, ma anche la legislazione in termini di produzione e promozione
dei prodotti. Il “dulcis in fundo” è inevitabile. L'apicoltore provetto deve
conoscere a fondo il miele e i suoi derivati, analizzarlo e degustarlo come il
sommelier fa con il vino. Il fascino della iniziativa si estende anche altrove:
«Lo studio dell'ambiente e il rispetto dell'habitat», ha aggiunto Livio Dorigo.
«Sono questi i temi fondamentali che attraversano il progetto e che vorremmo
divulgare a chi seguirà il percorso». La saggezza degli anziani, l'esperienza al
servizio delle nuove generazioni. L'altro punto focale si colloca in tal senso,
rispecchiando il manifesto etico dell'Aris, l'associazione impegnata anche nel
campo della trasmissione dell'antico sapere, tra recupero delle tradizioni e
valorizzazione di tutte le stagioni della vita. Informazioni e iscrizioni al
corso, rivolgendosi alla segreteria di via del Monte 2, con telefono 040-774363,
scrivendo a info@associazionearis.com o visitando il sito
www.associazionearis.com Francesco Cardella
SEGNALAZIONI - AMBIENTE - Riciclaggio meglio del recupero
Si concorda su gran parte dei problemi esposti da Lucia Sirocco (2.6.12) sulla raccolta differenziata e rifiuti campani. Riduzione, riciclo, riuso e recupero dovrebbero rappresentare gli obiettivi principali. Visto il trascinarsi dell’emergenza, in certe aree del territorio italiano, che Lancet Oncology definiva “Triangle of death” (2004), c’è da chiedersi, prima di un assenso alle combustioni, se siano stati fatti, nell’area di provenienza, tutti gli sforzi necessari a creare soluzioni nuove, innovative e legali, anche relativamente all’allestimento dei preparati. In particolare esistono orientamenti in sede nazionale e nella Comunità Europea, che potrebbero indurre ad un ridimensionamento del problema. Dapprima il principio della preferenza del riciclaggio rispetto al recupero energetico. Il divieto di smaltimento extraregionale dei rifiuti urbani non pericolosi e il principio dell’autosufficienza gestionale dei bacini. Il principio di prossimità, per cui i rifiuti vanno trattati più vicino possibile alla fonte. L’attenzione posta ad evitare l’impatto ambientale da trasporto. La responsabilità condivisa che mira ad impedire che i costi dello smaltimento restino a carico dell’ambiente. Il principio di precauzione indica che, in caso di rischio, vadano prese misure di prevenzione. Sulle ripercussioni delle emissioni e dei reflui da combustione sulla salute, esiste un’ampia letteratura. Si veda ad esempio il progetto Moniter (2011), o M. Franchini (2004) , A. Colombo (2009), S. Goria (2009) ecc. U. Veronesi (2008) indica una correlazione tra agenti ambientali e tumori. La sovrastima delle combustioni (per un miglior sfruttamento degli impianti), potrebbe declassare un ambiente pulito, a causa delle emissioni, traducendo un vantaggio economico in possibile impegno collettivo. In un recente incontro organizzato dal Comune di Trieste, sono stati riportati alcuni andamenti di malattie croniche sulle aree a maggior rischio. Si ricorda infine che ci stiamo avviando da un’epoca di medicina reattiva (interviene dopo il riscontro del problema clinico), ad una medicina proattiva (che anticipa la malattia, impedendone le cause), predittiva, precauzionale e preventiva. Tutto ciò porta a ritenere che il problema possa essere inserito in una cornice più ampia di opinioni, anche sanitarie, e che soluzioni, come quelle prospettate, debbano essere verificate con le innovazioni adottate dalla regione di provenienza (a garanzia della trasparenza e della spesa comune) e con un termine definito.
Mariano Cherubini (Presidente International Society of Doctors for the Environment)
SEGNALAZIONI - Lo studio di Nomisma
Circa l’articolo del 7 giugno 2012 titolato “uno studio non imparziale” a firma di Aurelio Slataper, non posso esimermi dal far notare che: - Lo studio commissionato da Gas Natural a NE Nomisma Energia riguardava esclusivamente l’impatto socioeconomico del rigassificatore sul territorio: non valutazioni sul bilancio prospettico domanda-offerta del gas naturale o sulle tecnologie di rigassificazione; - Gli studi e le consulenza hanno sempre un finanziatore, che ha qualche interesse conoscitivo a riguardo; - Aldilà del fatto che non sarebbe riuscito nell’intento, il finanziatore, nello specifico Gas Natural, non ha mai tentato di “addomesticare” il consulente: questi ha diritto a quanto economicamente pattuito nel momento in cui consegna il proprio studio, indipendentemente dai risultati e dal gradimento da parte del committente; - I risultati numerici dello studio sono considerati dall’autore dell’articolo modesti in un passaggio, o non trascurabili nel medesimo passaggio, ma comunque in apertura non attendibili. Agli stakeholder del territorio e a ciascun cittadino, incluso Aurelio Slataper, le valutazioni se l’impatto di un progetto quale quello del rigassificatore di Zaule può essere considerato di interesse o meno per il medesimo territorio : lo studio non propone valutazioni di merito. Ad altri la pazienza di confutare le semplicistiche e non documentate affermazioni dell’autore dell’articolo circa le prospettive del mercato del gas naturale, i principi economici di tale mercato e le tecnologie di rigassificazione del GNL. Ad altri ancora evidenziare i non pochi errori di logica in cui incorre l’autore e valutarne l’eventuale malafede: senz’altro il dubbio metodologico non porta a conoscere la verità, e in questo caso lede il buon nome e la professionalità di un centro di ricerca che fa della terzietà e indipendenza un punto di forza irrinunciabile e riconosciuto dai soggetti pubblici e privati, italiani e internazionali, che a noi si rivolgono.
Alessandro Bianchi Amministratore Delegato NE Nomisma Energia
BLOG DI BEPPE GRILLO - SABATO, 9 giugno 2012
Multiutility a prezzo di saldo
L'energia, l'acqua, i rifiuti sono diventati solo business alimentato da
logiche di profitto dei concessionari senza benefici evidenti per la
popolazione. Walter Ganapini affonda il coltello nel disastro delle
multiutility, così vicine ai partiti, così lontane dalle persone. La gestione
dei bisogni primari deve ritornare ad essere compito dello Stato.
"In Italia è di moda parlare di "aggregazioni" tra multiutility in termini
finanziari, non industriali, sperando di occultare così l'immensa distruzione di
valore degli ultimi 15 anni. I dati dei bilanci 2011 sono una catastrofe. In
Borsa, rispetto al valore d’ingresso, A2A perde il 34%, IREN il 42% ,ACEA il
34%, HERA il 29%. Le perdite costringono ad elargire ai Comuni miseri dividendi
erodendo le riserve. Con la fusione di A2A e IREN, nascerebbe una "bad-newco"
con debiti per 8 miliardi (cui sommare l'aumento di capitale Edipower con un
indebitamento bancario di 1,2 miliardi) ed un Ebitda di circa 1,5 miliardi.Il
rapporto debiti/Ebitda della "bad-newco" sarebbe superiore a 5 quando, da
manuali, dovrebbe oscillare attorno a 2,5. Quindi il doppio! Non è finita, ENEL
ha 50 miliardi di debiti,Terna 7, SNAM Rete Gas 11. A marzo 2012, in un anno,
Terna ha un calo dei consumi elettrici del 5,2%, ANIGAS, di gas del 22,6%,
Federambiente, della produzione di rifiuti del 10% . E' sempre più forte la
richiesta di trasparenza sulle fatturazioni elettriche, dopo aver visto le
tariffe bi-orarie funzionare all’inverso di quanto atteso, e sulla disponibilità
di una potenza elettrica di 130 GW (da espandersi, si diceva, con un nuovo parco
elettronucleare...) con una domanda che non ha mai superato quella già offerta
di 55 GW. Trasparenza sulla natura e l'entità dei contratti di
approvvigionamento gas. Si conclamava il fabbisogno nazionale di 100 miliardi di
metri cubi di gas che oggi le compagnie rivedono a 75. Cosa accadrà del gasdotto
GALSI, del rigassificatore OLT e degli altri previsti, quando, in Edipower, ci
sono nuove centrali a gas che marciano 2.000 ore/anno contro 8.000 da regime
normale?
E’ intollerabile vedere affollate dirigenze milionarie di multiutilitility con
costi medi annuali per addetto di 70.000 Euro, e aziende, come AMA-Roma, che a
fine ’97 aveva 3.000 addetti e 50 miliardi di vecchie lire di debito e oggi
dichiara 8.000 dipendenti ed un indebitamento di 1,3 miliardi di Euro. Sin qui
non si è parlato di servizi idrici. In Emilia-Romagna vi sono perdite da rete
superiori al 30%, in Puglia decine di depuratori mal funzionanti a causa del
taglio dei costi di manutenzione, effetto tipico da ‘finanziarizzazione’ dei
servizi pubblici.
Veniamo ai rifiuti. L’Europa da 40 anni indica, inascoltata, le priorità:
prevenzione, massimizzazione del riuso, stabilizzazione della frazione residua
per materiale edile o combustibile per caldaie industriali al posto di fonti
fossili più inquinanti, minimizzazione del ricorso alla discarica, cui conferire
SOLO rifiuti pretrattati. Il Parlamento Europeo ha votato pochi giorni fa nuove
linee-guida, prevedendo al 2020 il DIVIETO DI INCENERIMENTO per i rifiuti
recuperabili o compostabili (in buona sostanza,TUTTI!). In Italia gli interessi
tangentar-ecomafiosi ripropongono, nonostante folli costi d’investimento e di
esercizio, nuovi inceneritori per ‘modernizzarci’. In Germania la E.On vuol
vendere i suoi inceneritori, non sapendo come alimentarli. Nuovi inceneritori,
assegnati senza gara e con costi passati in pochi mesi da 150 a 315 milioni di
Euro, come a Parma, d’abitudine richiamano procedure UE d’infrazione e salate
sanzioni.
Non è nota la strategia industriale delle multiutility per dare
‘valore/qualità’ai territori serviti, per aumentarne la competitività sui
mercati globali che, pur nella crisi, investono in aree ad alta ‘Propensione
all’Innovazione’, ‘Qualità Ambientale certificata’, ‘Qualità Sociale’. Brescia
non persegue la raccolta differenziata, a Milano cala, Genova e Torino sono al
palo, impianti di selezione/recupero sono ovunque inutilizzati. Questo è il
frutto malato di una finanziarizzazione dei Servizi Pubblici non preceduta da
una liberalizzazione seria, con il settore vittima di continui rimescolamenti
normativi. Bisogna procedere ad una drastica riscrittura delle politiche
industriali delle multiutility allontanando l’economia criminale dal settore, e
a un trasparente e celere ricambio generazionale e culturale dei manager.
Alla luce di quanto descritto, i grandi investitori si stanno ritirando, senza
distinzione, da tutte le multiutility. L’abbattimento dei loro valori di Borsa
ne consentirà l’acquisto quasi gratuito da parte di terzi?"
Walter Ganapini
IL PICCOLO - SABATO, 9 giugno 2012
«Val Rosandra, l’indagine farà chiarezza»
Camber e Lupieri: certezze sulle responsabilità. Santoro (Legambiente):
ma Ciriani è stato superficiale
«Col cuore e con gli occhi anch’io ho considerato uno scempio quanto
accaduto in Val Rosandra, con la ragione invece ora son contento che ci sia
un’indagine della magistratura, avremo una risposta certa dopo un’analisi
obiettiva, con una consulenza tecnica, di una parte “terza”». Piero Camber,
consigliere regionale-comunale del Pdl, accoglie così la notizia secondo cui
Luca Ciriani, assessore all’Ambiente della Giunta Tondo, nonché vicepresidente,
è sotto indagine per il taglio di alberi nel sito protetto della Val Rosandra
assieme al Comune di San Dorligo. «Qualcuno - aggiunge Camber - ha fatto un
esposto e l’apertura di un fascicolo era un atto dovuto». Nel frattempo Regione
e Protezione civile hanno “disboscato” anche a Muggia. Sergio Lupieri,
consigliere regionale Pd, e residente proprio a Muggia: «In Val Rosandra era
assente la Guardia forestale che ha competenza sul taglio degli alberi, si
trattava infatti dell’alveo di un fiume, a Muggia invece era presente. Rispetto
a Ciriani, mi auguro che la magistratura faccia verità al più presto. Si sentono
tante versioni, la situazione non è molto chiara». Per Bruno Marini (Pdl) la
preoccupazione principale è un’altra: «Spero - afferma - che a pagare il costo
non sia la Protezione civile, che in Friuli Venezia Giulia fa uno splendido
lavoro, e che in questi giorni è impegnata nell’Emilia-Romagna colpita dal
terremoto. Personalmente, mi auguro che Ciriani resti pulito, la magistratura
farà il suo corso». «Esiste la legge ma anche la sensibilità delle persone -
riflette Franco Codega, consigliere regionale Pd -, e non tutto ciò che è giusto
è anche opportuno. Se le azioni erano corrette, bisognava spiegarlo, non
procedere coi caterpillar. Lascia perplessi l’insensibilità verso il rapporto
che la gente ha col territorio: per questa Giunta le persone non esistono -
prosegue Codega -, dopo tutto quel che è successo, gli interventi si sono
replicati a Muggia come se niente fosse. È tipico di questa Giunta: un
centralismo interventista assurdo e incomprensibile, che supera anche il noto
localismo della Lega, prevale infatti il centrodestra decisionista, per il quale
le comunità locali rompono solo le scatole». «Superficialità» e «arroganza» vede
Alessia Rosolen (Un’Altra Trieste, Un’Altra Regione) in questa vicenda:
«L’errore politico è stato di sottovalutazione - afferma -, per il resto non
sono mai felice quando si aprono indagini giudiziarie, agli occhi di Ciriani
penso che la Val Rosandra era solo un atto amministrativo. Ma ci vuole meno
arroganza quando ci si accorge dell’errore: sarebbe stato sufficiente che
Regione e Comune di San Dorligo ammettessero responsabilità e colpa, e le cose
sarebbero andate diversamente. Inoltre, che superficialità: la protetta Val
Rosandra non è uguale al torrente Meduna». Dall’ex presidente provinciale di
Legambiente, Lino Santoro (e Legambiente regionale è uno degli autori degli
esposti): «Se l’intervento era secondo regola, lo si doveva spiegare. Siccome
non è stato fatto, resta da pensare che dietro ci siano interessi. Se l’indagine
dirà che Ciriani non era responsabile, resterà il segno della leggerezza e
superficialità con cui ha svolto il suo ruolo amministrativo».
(g. z.)
Muggia, atti di vandalismo contro la ruspa
Anche il Cai protesta per l’intervento. Lunedì il sopralluogo dei tecnici
per verificare se riprendere e terminare i lavori
MUGGIA Atti di vandalismo contro la ruspa che scava i sentieri
dell’Arciduna, come riferiamo più ampiamente a lato. Ma le polemiche non si
placano. «Andate a vedere la Traversata Muggesana. Fatelo adesso. Partite a
piedi dall’ex ristorante Arciduca sopra Zindis e vi troverete a percorrere un
vero e proprio paradiso naturalistico fino ad arrivare al... “buco dell’ozono”,
apertosi inopinatamente su questa “atmosfera” floristica». Luciano Comelli,
responsabile della sottosezione di Muggia del Club alpino italiano-Società
alpina delle Giulie, è esterrefatto. Lui, fruitore dei sentieri a scopo
didattico come accompagnatore delle scolaresche e dei ragazzi del ricreatorio
parrocchiale “Penso” nell’ambito del Progetto Giovani, ma anche semplice
cittadino di Muggia amante del verde, di fronte “all'ennesimo omicidio
perpetrato ai danni di un’altra natura unica” come il Bosco dell’Arciduca
Ludovico Salvatore d’Asburgo e Lorena, non può che masticare amaro pensando alle
qualità dell'habitat sfregiato. Nell'area invasa dalle ruspe attualmente ci sono
13 varietà di orchidee selvagge in fiore: proprio a Punta Ronc è presente la
maggior concentrazione di orchidee della provincia di Trieste. E poi c'è la
fauna. Attualmente sono in fase riproduttiva vari tipi di uccelli come il
canapino, l’occhiocotto e il succiacapre che nidificano proprio qui. Inoltre in
quest'area si riproducono il tasso, la volpe e il capriolo. «Percorrete quel
tratto di Traversata Muggesana che non c’è più, a parte gli attrezzi per il
fitness – prosegue Comelli - e arriverete a Punta Ronc, dove la carrareccia,
partendo dal mare di fronte al Molo a T risaliva fino alla località di San
Floriano-Ligon: adesso, ove fosse consentito, i fuoristradisti di qualche
Associazione 4x4 avrebbero di che divertirsi». Comelli, si augura “una sollecita
e lieta conclusione di quest’altra vicenda, come se la natura avesse bisogno di
essere ulteriormente vilipesa dai vezzi di certi uomini, ahimè consapevoli,
nonché un messaggio di speranza che “atti osceni in luogo pubblico” non vengano
ripetuti perché potrebbero non essere più tollerati dalla gente”. Intervento
duro (e più politico) quello che arriva invece da Giorgio Cecco, coordinatore
regionale di FareAmbiente. «Non possiamo che esprimere, anche questa volta,
forte perplessità sulla gestione di interventi come quello in atto a Muggia, sui
sentieri dell'Arciduca: è evidente una mancanza di comunicazione tra la
Protezione Civile ed il Comune. Nuovamente interventi nei Comuni minori della
provincia triestina, che dovrebbe essere di manutenzione, si trasformano in
operazioni di guerra: evidentemente chi doveva valutare e controllare la
situazione non è stato attento, nonostante i ben noti precedenti nella vicina
Val Rosandra». Cecco si è poi posto un interrogativo: «Ci domandiamo se
interventi così invasivi siano effettivamente necessari: va bene la prevenzione
e la sicurezza, ma ci vuole la giusta misura, per non fare peggio di quanto si
vuole proprio prevenire. Crediamo che ci voglia maggior controllo da parte degli
enti locali e la creazione di una migliore informazione e sinergia tra questi e
la Protezione Civile». Lunedì comunque tecnici della Protezione civile e del
Comune, assieme agli ambientalisti e alla Forestale, effettueranno un
sopralluogo per vedere se e come riprendere e concludere i lavori in esecuzione
della normativa regionale anti-incendio.
Riccardo Tosques
La ditta: «Lavoro come stipulato nel contratto»
MUGGIA Ignoti vandali hanno danneggiato gli escavatori della ditta
Bombardier che sta effettuando i lavori lungo i sentieri del bosco del’Arciduca.
Sono stati danneggiati anche i cartelli apposti nel cantiere sulla collina della
Fortezza. La denuncia arriva dallo studio legale che assiste la ditta impegnata
a Muggia, e il fatto viene confermato anche da fonti del Comune: nella notte
qualcuno avrebbe rotto i vetri della cabina del caterpillar. La ditta di Arta
terme, in attesa di sapere (forse già lunedì, quando sarà effettuato il
sopralluogo con i tecnici e gli ambientalisti) se e in che modo potrà riprendere
i lavori, ricorda anche che la forzata sospensione causata dalle proteste e dal
successivo intervento del sindaco Nesladek “sta causando un grave pregiudizio
anche alle maestranze occupate nell’appalto”. Ma c’è di più. La ditta ricorda
infatti di aver eseguito l’intervento “in forza e nel rispetto di un regolare
contratto stipulato con la Protezione civile della Regione Friuli Venezia
Giulia”. Non solo: «L’esecuzione dell’intervento era stata preceduta il primo
giugno di quest’anno (cioè pochi giorni prima dell’intervento, n.d.r.) da un
sopralluogo col servizio forestale. La Protezione civile poi aveva assicurato la
società che erano state eseguite tutte le comunicazioni e informazioni del caso
sia alle amministrazioni competenti che alla popolazione». «La ditta Bombardier
- scrivono quindi i suoi avvocati - ha agito nel rispetto della normativa e
soprattutto in esecuzione di scelte e programmazioni della pubblica
amministrazione regolarmente assunte». Dunque, dicono ancora gli avvocati della
Bombardier, nessun intervento “senza andare per il sottile”, nè è stato
effettuato a Muggia uno “scempio naturalistico, una “Valrosandra-due”, perchè
“non è vero che la ditta ha agito al di fuori delle regole, anzi, ha operato
“nei limiti del contratto stipulato”.
Rotatoria di Opicina si parte con i lavori Sei mesi di
cantiere
Nuova illuminazione pubblica, saranno rifatti i marciapiedi Nell’area
troverà spazio la stele dedicata a von Zinzendorf
Cambia volto il centro di Opicina. Lunedì inizieranno i lavori per il
rifacimento del nodo stradale più importante della frazione carsica, quello
situato all’intersezione tra le vie di Prosecco, dei Salici e Nazionale. Al
centro dell’incrocio sarà realizzata una rotatoria che agevolerà la circolazione
«e che risponderà – ha spiegato l’assessore comunale al Commercio, Elena
Pellaschiar – alle esigenze più volte manifestate dai commercianti e dagli
esercenti della zona» «La realizzazione della rotatoria - ha chiarito il
responsabile Lavori pubblici Andrea Dapretto - dovrebbe concludersi in poco più
di sei mesi, 189 giorni per la precisione, quindi in tempi molto rapidi. Le
opere comprendono anche lavori che riguarderanno il rinnovo della rete di
distribuzione elettrica, di competenza dell'Acegas Aps, e l'installazione di una
nuova illuminazione pubblica. Grande attenzione poi verrà riservata all’arredo
urbano visto che saranno rifatti pure i marciapiedi. Quanto ai disagi – ha
ammesso Dapretto - saranno inevitabili, ma confidiamo nella pazienza dei
cittadini che hanno voluto questa rotatoria». La spesa complessiva sarà di poco
più di 473mila euro, 300mila dei quali a carico del Comune, i restanti di
competenza dell’Acegas Aps. Nel dettaglio, ci saranno tre aiuole spartitraffico
e sarà riposizionata nel sito originario la stele dedicata al conte Karl Johann
Christian Graf von Zinzendorf, uomo di Stato della corte asburgica, governatore
di Trieste dal 1770 al 1780, al quale si deve la costruzione della strada
Trieste-Vienna. Attualmente la stele è conservata nel Museo di via Cumano. «Con
il posizionamento del nuovo impianto di illuminazione - ha affermato Massimo
Carratù, direttore della Divisione energia di Acegas Aps - si completerà il
lavoro già fatto nel tratto che dal quadrivio arriva proprio al centro di
Opicina. Interreremo le linee aeree e alcune linee di distribuzione,
riqualificando così l'area. Concorderemo poi con i proprietari privati gli
eventuali successivi allacciamenti». Per consentire i lavori, verranno adottate
dei provvedimenti di limitazione al traffico. «Nei primi 40 giorni di cantiere -
ha spiegato l’assessore alla Pianificazione Elena Marchigiani - via di Prosecco
sarà a senso unico in direzione della rotatoria, perciò saranno necessarie
alcune modifiche delle linee di trasporto pubblico in zona. Quest’intervento
diventa l'occasione per riqualificare un punto molto importante di Opicina.
Abbiamo definito un protocollo che prevede il massimo coordinamento fra impresa
incaricata, Acegas Aps e Comune, dando al contempo rilievo alle esigenze della
popolazione. È un laboratorio – ha concluso - nel quale chiediamo molto, perché
vogliamo dedicare la stessa attenzione al centro cittadino e alle periferie». Il
mobility manager del Comune Gulio Bernetti ha poi ricordato che «nella prima
fase, col senso unico di via di Prosecco, si potrà andare verso Prosecco
utilizzando via Bartol. Per la linea 4 dei bus, che attraversa la zona, si
stanno definendo con Trieste trasporti le modifiche al percorso, per ridurre al
minimo i disagi per la popolazione. Poi si tornerà al doppio senso». Soddisfatto
infine il presidente della Circoscrizione dell’Altipiano Est, Marco Milkovic.
«Opicina - ha affermato - attendeva quest’opera da anni».
Ugo Salvini
Bandelli: «Bene il Piano traffico ma vigileremo»
«Il Piano del traffico ha la nostra approvazione». È stato chiaro ieri il
leader di “Un’altra Trieste”, Franco Bandelli. «Le proposte migliori contenute
nel documento però – ha voluto ricordare - sono le nostre. E in ogni caso
vigileremo sul rispetto di tutte le norme, in particolare quelle che tutelano i
portatori di disabilità». Alessia Rosolen ha voluto citare «tutte le proposte
avanzate in passato da An e bocciate da Forza Italia, come il centro congressi a
palazzo Carciotti, la pedonalizzazione di via XXX Ottobre, lo spazio di
aggregazione giovanile all’ex gasometro». Critiche sono state mosse dal
consigliere della VII Circoscrizione del movimento. Dario Lonzaric, che ha di
«problemi di sicurezza stradale nelle vie Brigata Casale e Flavia, dove non si
rispettano i limiti di velocità. Chiediamo poi una rotatoria all'altezza del
campo di calcio di Campanelle e un'altra in via Flavia, all’angolo con la Strada
della Rosandra». Francesco Clun della Quinta, ha detto «no ai parcheggi a
pagamento nelle vie Vergerio e San Marco e alla pedonalizzazione dell'ultimo
tratto di via Settefontane». Andrea Sinico della Quarta, infine, ha bocciato la
«cancellazione dei parcheggi per motorini di via Santa Caterina, via Trento
piazza Benco».
(u. s.)
La tragedia di Fukushima dice che non c’è nucleare
sicuro - L’INTERVENTO DI LINO SANTORO e OSCAR GARCIA MURGA *
La conferenza "Fukushima un anno dopo", organizzata dal circolo Legambiente
Trieste, grazie al contributo di Alessandro Logar, docente dell’Università di
Trieste, ci ha confermato che il nucleare non è una soluzione ai problemi
energetici del mondo, e che il suo utilizzo è da evitare di fronte ai rischi di
danni fisici e genetici alle popolazioni. Fukushima, Chernobyl, Three Mile
Island sono solo gli incidenti più conosciuti. Il nucleare sicuro non esiste e
il cosiddetto rischio ponderato non rappresenta altro che l’accettazione di un
numero di vittime difficile da conteggiare con precisione, poiché i danni e le
malattie determinati dal fall out radioattivo si muovono nello spazio e nel
tempo. Non sapremo mai con esattezza il numero di morti prodotti dagli incidenti
di Fukushima e Chernobyl. Secondo Edoardo Milotti, docente del dipartimenti di
Fisica di Trieste, «ci vogliono cento anni perché il cesio 137 si riduca ad un
decimo della sua massa mentre a noi bastano pochi mesi per dimenticare anche il
più grave dei disastri». Edoardo Milotti ha presentato un'approfondita analisi
del triplo disastro avvenuto un anno fa in Giappone, dove un terremoto di
energia devastante (magnitudo 9.0) è stato seguito da un maremoto gigantesco e
questi eventi hanno infine causato una crisi nucleare che è tuttora in corso e
lo sarà per molto tempo ancora: ci vorranno dieci anni prima di poter iniziare a
smantellare i nuclei fusi, altri 20 per lo smantellamento vero e proprio. Il
disastro di Fukushima è nato da una sottostima del rischio tsunami (la centrale
era progettata per resistere ad onde di altezza massima di sei metri, meno della
metà delle onde che si sono in realtà abbattute) ed è stato amplificato da molti
errori successivi. La lezione di Fukushima – ha concluso Milotti - deve
insegnare al mondo che è pressoché impossibile costruire centrali affidabili, a
causa della intrinseca insicurezza dell'energia nucleare. Massimo Scalia, fisico
della “Sapienza” di Roma, ha ricordato inoltre che anche le cosiddette centrali
“di ultima generazione” in realtà non dispongono di sistemi di sicurezza
intrinseca, e sono quindi solo delle vecchie centrali un po’ più complesse. I
nuovi e maggiori costi per la sicurezza, negli Stati Uniti e in Europa, hanno
messo fuori mercato la tecnologia nucleare, tranne che in alcuni paesi emergenti
come la Cina. Parte dei nuovi progetti sono fermi, mentre le centrali in
funzione si stanno avvicinando alla data limite del loro funzionamento “sicuro”.
Secondo Scalia ora dobbiamo pensare soprattutto ai cambiamenti climatici, che
impongono radicali innovazioni nella politica energetica mondiale, nel modo di
vita e di consumo di tutti, perché altrimenti gran parte delle grandi città e
degli stati costieri (New York, Rio, l’intero Bangladesh) finiranno sommersi,
con la tragica necessità di trasferire milioni di persone dai territori
costieri». Le considerazioni sull'ambientalismo introdotte da Lino Santoro e
sviluppate da Massimo Scalia, hanno messo in risalto i temi della sostenibilità,
della sicurezza, della responsabilità politica e del mercato delle armi nucleari
e convenzionali per cui vengono dissipate risorse che andrebbero meglio
impiegate per risolvere i problemi sociali e ambientali del nostro pianeta. In
questo senso è stato ricordato il Vertice Internazionale sulla Sicurezza
Nucleare di Seoul (Seoul Nuclear Security Summit) svolto il 26 e il 27 marzo.
Obiettivo del Summit era consolidare la conoscenza del nucleare e l'utilizzo
dell'energia nucleare per scopi "pacifici". Bisogna però ricordare che l’energia
nucleare nacque alla fine della seconda guerra mondiale con le due esplosioni
atomiche di Hiroshima e Nagasaki. L’agenda di Seoul comprendeva problemi
insoluti del Summit di Washington del 2010 sull’uso civile e militare
dell’energia nucleare: sicurezza, costi, impatto ambientale, sostenibilità,
tempi lunghissimi di immagazzinamento in sicurezza delle scorie nucleari
(migliaia di anni), sicurezza dei trasporti nucleari, rischio di danni a
strutture e a persone. E non è da trascurare il problema rappresentato
dall’Iran. È molto difficile però interpretare il significato del logo del
Summit: Beyond Security Toward Peace (Oltre la sicurezza per la pace) di fronte
alle situazioni permanenti di instabilità nel mondo e ai gravi problemi insoluti
del cambiamento climatico.
*Direttivo Legambiente Trieste
Progetto In Boschetto
Oggi alle 10, ritrovo alla rotonda del Boschetto per la passeggiata naturalistica con Fabio Tercovich; domani alle 10.30 animazione per bambini al Ferdinandeo (prenotare al n. 3384111123 Emanuela).
IL PICCOLO - VENERDI', 8 giugno 2012
Scempio in Val Rosandra, otto indagati
Politici, amministratori e tecnici: tra gli altri il vicepresidente della
Regione Ciriani e il sindaco di San Dorligo Premolin
LE IPOTESI DI REATO La Procura contesta la devastazione o il deterioramento di
habitat naturali all’interno di siti protetti
NEL MIRINO DEI PM Coinvolto nell’inchiesta anche Guglielmo Berlasso,
responsabile della Protezione civile del Friuli Venezia Giulia
Motosega selvaggia in Val Rosandra. Ora la musica è cambiata e otto tra
politici, amministratori locali e tecnici devono pensare a come difendersi
davanti ai magistrati. Da ieri, per rispondere dello scempio compiuto a marzo
dagli uomini della Protezione civile, sono iscritti sul registro degli indagati
della Procura di Trieste i nomi del vicepresidente della Regione Luca Ciriani,
eletto nelle liste del Popolo delle Libertà; del responsabile della Protezione
civile del Friuli Venezia Giulia, Guglielmo Berlasso; del sindaco e del
vicesindaco di San Dorligo della valle, Fulvia Premolin e di Antonio Ghersinich,
candidatisi tre anni fa in un raggruppamento di liste di sinistra. Il pm Antonio
Miggiani ha iscritto sullo stesso registro il nome del geometra Mitja Lovriha,
caposervizio dell’area Ambiente e Lavori pubblici del comune sul cui territorio
tra il 24 e il 25 marzo scorsi sono stati abbattuti decine di alberi di alto
fusto, distruggendo un habitat che faceva parte di un sito protetto. Gli altri
indagati sono Cristina Trocca e Adriano Morettin, funzionari del Dipartimento
della Protezione civile regionale. È coinvolto nella stessa indagine anche Luca
Bombardier, titolare della ditta specializzata “Bombardier srl” di Arta Terme,
segnalatasi due giorni fa per un nuovo intervento (ne riferiamo nell’articolo
qui sotto) compiuto dalle sue ruspe nel territorio del Comune di Muggia. Agli
otto indagati vengono contestate due ipotesi di reato definite dagli articoli
733 bis e 734 del Codice penale. La prima - per chi distrugge un habitat
all'interno di un sito protetto o lo deteriora compromettendone lo stato di
conservazione - prevede la pena dell’arresto fino a 18 mesi e un’ammenda non
inferiore a tremila euro. La seconda ipotesi di reato contestata dalla Procura
di Trieste ai politici, agli amministratori e ai tecnici che hanno agito in Val
Rosandra prevede come sanzione solo una pena pecuniaria peraltro piuttosto
”salata” per chi ha distrutto o deturpato le “bellezze naturali” di luoghi
protetti, usando ostruzioni, demolizioni, o qualsiasi altra modalità di
intervento. Non sfugge a nessuno che le corali proteste che avevano invaso il
web e gli “esposti” presentati alla Procura di Trieste dai vertici regionali di
Lega Ambiente, del Wwf e da numerose persone indignate per la devastazione,
hanno avuto il merito di richiamare l’attenzione degli inquirenti su quanto era
accaduto in quell’area protetta. Erano state anche chieste le dimissioni di Luca
Ciriani che oltre alla carica di vicepresidente della Regione ha anche il ruolo
di assessore all’Ambiente. «Sono tranquillo e sereno perché sono convinto che la
Protezione civile abbia agito in Val Rosandra nel massimo rispetto delle leggi
con il solo obiettivo di tutelare la pubblica incolumità», ha affermato ieri
l’ex esponente di Alleanza nazionale in una nota. Fulvia Premolin, sindaco di
San Dorligo, non è da meno del collega regionale. «Sono tranquilla, non
tranquillissima. Finora non mi è stato notificato nulla dalla Procura. Ho saputo
da una telefonata privata di essere indagata. Non è stato comunque un fulmine e
ciel sereno perché nelle settimane scorse alcuni agenti della Forestale si erano
presentati in Municipio per acquisire atti collegati a quella vicenda».
Ufficialmente l’intervento in Val Rosandra era stato effettuato - dopo una serie
di sopralluoghi promossi dal Comune, dalla Protezione civile e dalla Comunella -
per pulire l’alveo del torrente. Scopo dichiarato quello di salvaguardare la
salute e i beni dei residenti. In sintesi un intervento che avrebbe dovuto
limitare gli effetti delle piene e delle inondazioni, almeno secondo i promotori
e i 200 volontari affluiti in Valle. Ora questa scelta, di cui alcuni
consiglieri comunali hanno detto di vergognarsi, ha messo nei guai con la legge
otto persone. Politici, amministratori, tecnici.
Claudio Ernè
Duecento volontari all’opera il 24 e il 25 marzo
«Siamo di fronte a un delitto. Sindaco Premolin, la sua giunta è corresponsabile
di quanto è accaduto. Abbiamo assistito a una barbarie senza precedenti. Mentre
lei ha ringraziato l’assessore Ciriani (foto) le ricordiamo che i resti
dell’operazione abbattimenti sono ancora presenti nel torrente». È stato questo
uno degli interventi con cui la vicenda della Val Rosandra è entrata
prepotentemente nel dibattito politico. C’è chi ha visto nelle proteste una
indebita intrusione dei cittadini di Trieste in vicende estranee al loro Comune.
Altri hanno sottolineato la necessità di pulire dai numerosissimi arbusti
l’alveo del torrente per evitare esondazioni. Invece le motoseghe impugnate da
200 volontari tra il 24 e il 25 marzo hanno abbattuto decine di alberi di alto
fusto, vecchi di decine d’anni. «Qualcuno ha approfittato degli abbattimenti e
si è portato a casa quintali di legna». Tutte queste voci ora sono destinate a
smorzarsi di fronte all’inchiesta della Procura che si ripromette di verificare.
Codice alla mano, se sono stati compiuti reati. A livello politico e ambientale
una “sentenza” è già stata comunque pronunciata.
Muggia, lunedì si decide il futuro del sentiero
Il sindaco Nesladek: «Non ci avevano detto che iniziavano i lavori. E per
la Forestale era tutto a posto»
Si deciderà lunedì la sorte del tratto di sentiero dell’Arciduca,
nell’omonimo bosco di Muggia, che il sindaco Nesladek è riuscito (per ora) a
salvare dalla ruspa che sta trasformando senza andare troppo per il sottile la
famosa Traversata Muggesana in piste per le autobotti antincendio. Fra roverelle
e ginestre si troveranno infatti i tecnici della Protezione civile e quelli
della Forestale assieme a quelli della ditta che ha eseguito i lavori, nonchè
ambientalisti e ovviamente amministratori comunali muggesani. La loro assenza
all’inizio dei lavori ha fatto sì che la ruspa lavorasse indisturbata, «anche se
la Forestale era presente - puntualizza il sindaco - e ha certificato che i
lavori erano eseguiti bene. Se noi mancavamo -continua - era perché nessuno ci
aveva avvertiti che i lavori iniziavano quel giorno». In effetti il Comune era
stato informato già in autunno che si sarebbe proceduto a «sistemare la
carreggiata delle piste e il taglio della vegetazione per la larghezza di un
metro a ciascun lato», come recita la missiva ricevuta dalla Regione. Un lavoro
che, ci tiene a sottolineare Nesladek, «il Comune non ha mai chiesto». Si tratta
infatti di un «intervento urgente per l’adeguamento funzionale di piste
forestali esistenti sul territorio di Muggia a salvaguardia della pubblica
incolumità», come recita un decreto regionale del 2011. Il fatto è che
l’allargamento sembra ben maggiore, a tutto discapito della vegetazione ai
bordi, e il fondo è stato completamente divelto. Ormai il grosso dell’intervento
è stato eseguito; resta l’ultimo tratto (circa un chilometro) di sentiero nel
verde che dalla collina del molo a T porta all’ex fortino dell’Arciduca, sotto
Chiampore. «Se le esigenze di sicurezza e il rispetto della normativa ce lo
consentiranno - promette il sindaco - salvaguarderemo il sentiero dell’Arciduca
in toto. Altrimenti faremo sì che i lavori vengano conclusi col minimo danno
all’ecosistema». Infine una risposta alle critiche dell’opposizione di
centrodestra. «Ricordo - conclude Nesladek - che proprio quel bosco e quella
zona sono stati difesi in tutti questi anni da questa amministrazione che non ha
dato corso alla realizzazione di piani di insediamento edilizio previsti dal Prg
del 2000 (giunta Gasperini, ndr): piani che avrebbero realizzato un complesso
grande quasi quattro volte Porto San Rocco: al posto dei sentieri oggi avremmo
case e un campo da golf». In serata una precisazione dell’assessore regionale
Luca Ciriani, «alla luce della volontà della giunta comunale di sospendere
l’adeguamento funzionale delle piste forestali». Dichiara Ciriani: «È
paradossale che da un lato si chieda sicurezza e prevenzione e dall’altro non si
accettino i lavori necessari, condivisi dai tecnici: se il sindaco di Muggia
vuole interrompere i lavori, la Protezione civile è disponibile, ma deve essere
chiaro che questo comporta anche una piena assunzione di responsabilità dei
rischi in caso di incendio».
Livio Missio
Trieste-Capodistria, niet sloveno - I 27 ministri Ue
approvano l’Adriatico-Baltico ma Lubiana non vuole collegare via treno i due
porti
TRIESTE Anche i 27 ministri dei Paesi Ue approvano il Corridoio
Adriatico-Baltico, ma Lubiana rifiuta di collegare via ferrovia i porti di
Trieste e Capodistria. Sta prendendo forma definitiva la rete Ten-T
(transeuropea di trasporto) che comprende dieci corridoi. Quello
Adriatico-Baltico parte da Helsinki e dagli scali marittimi dei Paesi baltici
(Tallinn in Estonia, Riga in Lettonia e Klaipeda in Lituania) attraversa
Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Austria e da Tarvisio scende verso Udine
e Cervignano fino a identificare come sbocchi portuali naturali Trieste con
Monfalcone e Porto Nogaro, Capodistria a Est e Venezia e Ravenna a Sud con
possibile prolungamento fino ad Ancona. La Pontebbana dunque, struttura già
esistente e sottoutilizzata, viene ufficialmente compresa, mentre sembra non
trovare riscontro il tracciato caldeggiato dalla Slovenia che nella parte
meridionale doveva passare attraverso Maribor e Lubiana prima di sfociare in
Adriatico. Risulta ancora più clamorosa dunque la decisione che è stata presa
ieri dalla delegazione slovena di non prendere in considerazione l’invito giunta
da parte italiana per la realizzazione del collegamento tra i porti di Trieste e
Capodistria, forse perché Lubiana spera di rimettere in discussione il tracciato
nelle Commissioni Trasporti e Industria dove il dibattito è previsto a novembre
e all’esame finale del Parlamento, nel gennaio 2013. Il ministro italiano Mario
Ciaccia, che ha partecipato ieri a Lussemburgo alla riunione del Consiglio dei
ministri dei Trasporti ha confermato che verso le reti Ten-T l’Europa
convoglierà 31,7 miliardi (19,7 in conto capitale, 10 miliardi a valere sul
Fondo coesione e 2 miliardi per project bond). «Per valutarne l’effetto positivo
sull’economia dell’Unione europea - ha detto Ciaccia - bisogna considerare che i
31,7 miliardi fanno da leva finanziaria per circa 200 miliardi perché ad essi
vanno sommati anche i finanziamenti degli Stati membri». Nelle infrastrutture
ferroviarie di Cervignano, l’Adriatico-Baltico incrocerà il Corridoio
Mediterraneo (l’erede del Corridoio quinto) che dalla Francia, attraverso
Italia, Slovenia e Ungheria, raggiungerà l’Ucraina. «Si sta materializzando un
grande successo, un risultato che potrà segnare il futuro del Friuli Venezia
Giulia - ha commentato l’assessore regionale a Infrastrutture e Trasporti
Riccardo Riccardi - l’Adriatico-Baltico corrisponde infatti nel suo sviluppo
alla richieste formulate dalla Regione. Servono però - ha ammonito - politiche e
parità di condizioni all’interno dell’Europa, in campo doganale, fiscale, di
costo della manodopera, per la gestione dei traffici, e anche capacità di
rispettare le regole vigenti». Sui singoli Corridoi, l’Europa potrà intervenire
finanziariamente fino alla misura del 40% per quanto riguarda le tratte
transfrontaliere, dal 20 al 30% su quelle tratte interne ai singoli Stati
ritenute “colli di bottiglia” e per il 50% sui progetti. Altri due dei dieci
Corridoi totali, attraversano l’Italiae sono quello che unisce Genova a
Rotterdam e quello che parte da Helsinky per prolungarsi fino a La Valletta
nell’isola di Malta.
Silvio Maranzana
Serracchiani: «Il rifiuto di considerare la proposta
italiana è poco lungimirante»
«Il rifiuto della Slovenia a prendere in considerazione l’ipotesi di
collegamento ferroviario tra i porti di Trieste e Capodistria non è un’ottima
premessa all’integrazione portuale dell’alto Adriatico». Lo afferma
l’europarlamentare del Pd Debora Serracchiani (foto) commentando il rifiuto
della delegazione slovena alla proposta italiana di prendere ulteriormente in
considerazione il collegamento ferroviario tra Trieste e Capodistria, in quanto
le priorità vanno al collegamento Trieste-Divaccia e al raddoppio della
Capodistria-Divaccia, già concordati. Secondo Serracchiani, «anche mentre è in
corso una legittima competizione tra lo scalo di Trieste e quello di
Capodistria, dovremmo essere più lungimiranti di quanto non suggerisca il
calcolo delle convenienze nazionali. Sarà il tempo a dirci se far sistema di due
porti contigui non grandi inseriti in aree politico-amministrative piccole è una
possibilità tra le altre o un obbligo dettato dalle necessità di scala».
Nuovo Prg, Opicina vuole più parcheggi - ALTIPIANO EST
Ma i residenti chiedono meno edilizia residenziale e più possibilità di
fare ampliamenti
OPICINA Il consiglio circoscrizionale di Altipiano Est continua la serie di
incontri con i cittadini nelle diverse frazioni per raccogliere indicazioni e
suggerimenti utili alla redazione del nuovo piano regolatore generale comunale.
Dai cittadini è stato evidenziato come il centro della principale frazione
dell’altipiano continui a risultare congestionato per mancanza di aree di sosta
e per il mancato sfruttamento di quelle esistenti. È il caso, per esempio, della
centralissima ex area di parcheggio del servizio 118 di via di Prosecco, spazio
che se ben utilizzato potrebbe ospitare circa 100 vetture. In tema di viabilità,
è stato puntualizzato che nel nuovo Prg dovranno essere inseriti alcuni
interventi già preventivati, a cominciare dalla realizzazione della bretella che
da largo San Tommaso prosegue lungo via dei Salici sino alla rotatoria nel
centro del paese e ancora lungo via del Ricreatorio sino alla ex 202, con
ulteriore sviluppo con la direttrice via dell’Assenzio-via del Refosco. Un’altra
indicazione è quella del completamento del sistema di attraversamento del centro
opicinese attraverso la creazione di una terza rotonda all’incrocio tra Strada
per Vienna e via di Basovizza. Sempre dalla circoscrizione un’ ulteriore
indicazione per decongestionare dal forte traffico il centro di Opicina, ovvero
lo studio di una circonvallazione a est della borgata a partire da Strada per
Vienna, all’altezza di un esercizio commerciale, a bordeggiare l’abitato sino al
complesso scolastico di Banne, punto dal quale connettersi con il sistema delle
due rotatorie poste sulla strada provinciale n. 1 e della provinciale n. 35
(l’ex 202). Subito accanto, lo studio di una circonvallazione ovest sfruttando
l’asse esistente formato dalla direttrice via dei Papaveri – via Fiordalisi. Sul
fronte dell’edilizia, i cittadini hanno manifestato da una parte la
preoccupazione per l’eventuale e ulteriore incalzare dell’edilizia, dall’altra
il disappunto per non poter effettuare sul proprio suolo le modifiche e gli
ampliamenti desiderati. Da tenere d’occhio l’area dell’ex Hotel Obelisco, di cui
si auspica un recupero in chiave turistica e non l’ennesima cementificazione
residenziale.
(Ma. Lo.)
Progetto in boschetto
Oggi, alle 18.30, presentazione del corso “In cucina con le erbe e i fiori” da parte di Claudio Petracco e Tiziana Cimolino; alle 19 conferenza su alimenti industriali ed etichette con il perito Giulio Barocco, in via San Cilino 40/2 alla pro loco San Giovanni-Cologna. Domani, alle 10, passeggiata naturalistica con Fabio Tercovich, ritrovo alla rotonda del boschetto.
Passi sul Sentiero della pace per non scordare le
guerre
Dal 2007 esiste un sentiero di oltre cento chilometri dedicato alle
vittime del conflitto ’15-’18, che tocca Caporetto ma anche paesaggi pittoreschi
Camminare tra i monti anche per non dimenticare, assaporando paesaggi e
sapori autentici del territorio. Dal 2007 esiste un percorso di oltre 100
chilometri, dedicato alle vittime della Prima guerra mondiale, che passa da
Caporetto e che, strada facendo, non esplora solo monumenti militari ma anche
cascate, scorci pittoreschi e malghe. È il Sentiero della Pace, coincidente con
sentieri montani e turistici già esistenti ma oggi contrassegnato con degli
specifici loghi di riconoscimento e supportato da un ottimo lavoro di mappatura,
di ricostruzione storica e di supporto didattico organizzato dall’ente
“Fondazione le vie della pace nell’Alto Isonzo”. La Fondazione, che questo
weekend riceverà l’ennesimo riconoscimento internazionale per il lavoro svolto
in questi anni, si occupa di ripristinare e far conoscere il patrimonio storico
del Fronte isontino, promuovendo allo stesso tempo anche le attrattive culturali
e naturali dell’Alta valle dell’Isonzo, attraversata dal percorso. Nel Centro
visite “Le vie della pace”, a Caporetto, si trovano le informazioni sul
Sentiero, e possibile visitare gratuitamente la nuova esposizione interattiva e
passeggiare virtualmente lungo tutto il percorso, comprare oggetti di
artigianato locale e navigare gratuitamente in internet. Il tema della Prima
guerra mondiale non è più visibile quindi soltanto nel museo di Caporetto (Kobariski
Muzej), aperto tutti i giorni, ma anche nei luoghi originari della linea del
fronte, dove si incontrano trincee e caverne divenute improvvisati rifugi,
cimiteri militari, ossari e altri monumenti, ristrutturati e riorganizzati in
sei musei all’aperto. I punti di interesse sono raggiungibili all’occorrenza
assieme a guide specializzate (a pagamento e in diverse lingue, tra cui
italiano) che, nel periodo estivo, accompagnano i visitatori anche a visitare
alcune malghe in attività. Da giugno a settembre, l’esperienza è particolarmente
simpatica perché è possibile osservare la lavorazione tradizionale del formaggio
Tolminc e avere un piccolo assaggio della vita tra i monti. Le passeggiate
didattiche sono accompagnate anche da aneddoti su Hemingway, Napoleone e la
rivolta di Tolmino. Il primo tratto del Sentiero si sviluppa nella valle di
Bovec. Iniziando da Log pod Mangartom, passa accanto alle forre Nemclja e
Koritnica, alla fortezza di Kluže, alla chiesetta di S. Lenart, al cimitero di
guerra austro-ungarico, ai musei all’aperto Ravelnik e Celo, sopra Kal-Koritnica.
Da qui scende fino alla forra dell’Isonzo e poi impenna fino ai 1257 metri della
malga Golobar. Attraversando la sella Cez Utro, prosegue verso il museo
all’aperto Zaprikraj e quindi fino a Drežnica e Kobarid (Caporetto). Da qui
parte un vero e proprio trekking montano verso la cima di Ladra, passando una
cappella italiana sulla Planica e per il rifugio montano presso la malga Kuhinja.
Si prosegue quindi verso i 1359 metri del Mrzli vrh, sul cui fianco c’è
l’attrezzato museo all’aperto. Il sentiero passa poi accanto alle malghe Pretovc,
Medrje e Laška sec, scende fino a Javorca, alla chiesetta austro-ungarica Sv.
Duha, al il cimitero di guerra austro-ungarico Loce. Il percorso da Tolmin
conduce verso la confluenza dell’Isonzo e della Tolminka sino all’ossario
tedesco. Costeggiando il fiume e attraversato il ponte sull’Isonzo, si devia a
sinistra verso la salita al Mengore e all’ultimo museo.
Cristina Favento
Percorso a piedi con diversi gradi di difficoltà
Per informazioni dettagliate sul Sentiero della Pace e relative visite
guidate rivolgetevi alla Fondazione le vie della pace nell'alto Isonzo a
Caporetto (telefono 00386 53890167, oppure i siti www.dolina-soce.com e
www.potmiru.si). L'intero percorso del Sentiero della Pace si percorre
generalmente in cinque giorni e implica diversi gradi di difficoltà. In
particolare, da Caporetto parte un vero e proprio trekking montano fino a
Dreznica e Tolmin. È comunque consigliabile affrontarlo in due giorni dormendo
nel rifugio montano presso la malga Kuhinja, aperta durante tutta la stagione
estiva (dal 15 giugno al 15 settembre) ogni giorno, al di fuori della stagione
estiva soltanto nei fine settimana.
TriesteAllNews - GIOVEDI', 7 giugno 2012
Scempio della Val Rosandra, avviso di garanzia per
Ciriani: «Sono tranquillo»
Primo commento del vicepresidente della Regione. Insieme a lui indagato
anche il responsabile della Protezione civile regionale Berlasso
Arrivano i primi provvedimenti della giustizia per l’intervento della
Protezione civile in Val Rosandra. Legambiente Fvg ha fatto sapere di aver
ricevuto oggi una raccomandata dalla Procura della Repubblica. L'associazione
ambientalista aveva infatti presentato una denuncia alla stessa Procura dopo la
sciagurata pulizia dell'alveo del torrente Rosandra (nella foto).
La missiva odierna comunica a Legambiente che otto persone - tra queste anche il
vicepresidente della Regione Luca Ciriani e il capo della Protezione civile
regionale Guglielmo Berlasso- hanno ricevuto un’informazione di garanzia «per i
reati relativi alla violazione degli articoli 733 bis e 734 del codice penale
per avere distrutto e/o alterato in data 24/03/2012 un habitat all'interno di un
sito protetto con compromissione della bellezza naturale dei luoghi».
Sembra quindi che le indagini scattate all’indomani delle prime denunce delle
associazioni ambientaliste stiano portando all’individuazione di eventuali
responsabilità penali per l'intervento "Alvei puliti".
La notizia è stata confermata anche dalla presidente di Legambiente Trieste,
l'architetto Lucia Sirocco, da noi raggiunta poco fa al telefono.
«Sono tranquillo e sereno perché sono convinto che la Protezione civile abbia
agito come sempre nel massimo rispetto delle leggi e con il solo obiettivo di
tutelare la pubblica incolumità». È quanto ha dichiarato il vicepresidente della
Regione, Luca Ciriani, in merito agli sviluppi giudiziari riguardanti
l'operazione di pulizia dell'alveo del torrente in Val Rosandra.
Ilaria Bagaccin
IL PICCOLO - GIOVEDI', 7 giugno 2012
Taglio degli alberi in Val Rosandra, gli indagati sono
otto
Avvisi di garanzia al vicepresidente della giunta regionale Ciriani e al
responsabile regionale Berlasso. Nei guai anche il sindaco di San Dorligo
Premolin e il suo vice. Viene contestata la disastrosa operazione “Alvei puliti”
di fine aprile: l’accusa è di deturpamento di bellezze naturali
Il vicepresidente del Friuli Venezia Giulia, Luca Ciriani, e il responsabile
della Protezione civile regionale, Guglielmo Berlasso, sono indagati per il
presunto "scempio" della Val Rosandra, nel marzo scorso, a causa di contestati
lavori di deforestazione. Assieme a loro hanno ricevuto un avviso di garanzia
altre sei persone, tra cui il sindaco di San Dorligo della Valle, Fulvia
Premolin, e il suo vice.
La notifica dell'iscrizione nel registro degli indagati è stata notificata dalla
Procura della Repubblica di Trieste a Legambiente del Friuli Venezia Giulia, che
in seguito alla vicenda aveva presentato un esposto alla magistratura.
Nei confronti degli indagati, il sostituto procuratore Antonio Miggiani ha
ipotizzato la contravvenzione di distruzione o deturpamento di bellezze
naturali, prevista dagli articoli 733 bis e 734 del codice penale.
L'azione dei volontari della Protezione civile si era svolta il 24 e 25 marzo
scorsi, nell'ambito del progetto "Alvei puliti 2012", con la pulizia di sponde
arginali, il taglio di piante pericolanti in corrispondenza degli argini,
l'eliminazione dalle sponde di vegetazione infestante. Secondo esponenti
ambientalisti, biologi e politici locali, che avevano organizzato anche
clamorose proteste pubbliche, l'azione era stata troppo invasiva e aveva portato
al grave depauperamento di alberi e piante rari.
Lo scempio della Val Rosandra era emerso un paio di giorni dopo essere stato
commesso grazie alla mobilitazione sul web. La pagina Facebook del Piccolo e
questo sito erano stati sommersi dai messaggi di condanna dell'operato della
Protezione civile regionale.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 7 giugno 2012
Le ruspe devastano il Bosco dell’Arciduca
I sentieri dell’ultima collina verde di Muggia “ripuliti” dalla
Protezione civile per garantire il passaggio dei mezzi antincendio
MUGGIA Le ginestre in fiore? Via. Le roverelle che facevano ombra ad arco?
Via. I cespugli di sommaco? Via. Il caterpillar avanza senza tanti complimenti,
la lama da spazzaneve spinta dai potenti cingoli non conosce ostacoli e così
dopo il suo passaggio i secolari sentieri del Bosco dell'Arciduca, sulla collina
che sovrasta punta Sottile, a Muggia, si trasformano in comode e brutte piste
abbastanza larghe da far passare le autobotti della Forestale e della Protezione
civile, sai mai un incendio anche se da queste parti non se ne ricordano perché
il famigerato pino nero è scarso e le roverelle non sono tanto pericolose. Ma
ormai, per tre quarti, è fatta: il viottolo che dal Molo a T porta fino alla
sommità della Fortezza austroungarica è diventato una strada sterrata. Il
sentiero dell'Arciduca che dirama verso sinistra, una perla della tanto
decantata Traversata Muggesana, è stato devastato per un buon terzo della sua
lunghezza: i cingoli si sono fermati a pochi metri dalle secolari canalette in
pietra fatte costruire dall'arciduca Lodovico Salvatore di Asburgo Lorena per il
deflusso delle acque. L'augusto arciduca si starà rigirando nella tomba, e
neanche i muggesani hanno gradito questo nuovo caso di scempio naturalistico,
una “Val Rosandra due”, sempre per opera di una ditta specializzata (la
Bombardier Srl di Arta Terme) chiamata dalla Protezione civile in ossequio a una
direttiva della Regione. Immediata la valanga di proteste tanto che ieri il
sindaco Nerio Nesladek, accorso sul posto (l'assessore competente Giorgio Kosic
si trova negli Usa), ha fatto sospendere i lavori, per salvare il salvabile. I
lavori erano stati preannunciati dal Comune attraverso il proprio sito internet
quattro giorni fa. «Si informa la cittadinanza che la Protezione Civile, in
accordo con la Guardia Forestale, provvederà alla pulizia della pista forestale
denominata “Dell'Arciduca”, iniziando dal lato che si diparte dalla Strada
Provinciale di fronte al Molo a T. I proprietari dei fondi contermini alla
strada forestale in questione hanno titolo a raccogliere il legname proveniente
dal taglio effettuato sui terreni di loro proprietà, a partire dalla data di
inizio dei lavori ossia dal 4 giugno e fino all'avvenuta ultimazione degli
stessi», recita il testo. Un intervento annunciato quindi, messo in preventivo
già alla fine del 2011. Interpellati sull'attività da svolgere il coordinatore
della Protezione civile di Muggia Fabrizio Braico aveva da subito evidenziato
come l'intervento sarebbe stato organizzato dalla sede centrale di Palmanova. E
così è stato. La ditta specializzata, chiamata dalla Protezione civile, non è
andata il sottile. E la polemica è divampata quasi subito. «La cosiddetta fase
preventiva, come la chiama il Comune, non poteva essere intrapresa prima della
partenza dei lavori invece che dopo?», si chiede il vicecoordinatore del Pdl
Christian Gretti. L'esponente dell'opposizione, interrogandosi sul perché, «una
volta ottenuto l'ok dalla Forestale, l'amministrazione Nesladek non abbia
supervisionato da subito l'intervento», ha fortemente stigmatizzato l'accaduto
evidenziando come «la segnalazione dei lavori sia arrivata, fortunatamente, da
alcuni cittadini dotati di senso civico» e non da parte del Comune stesso.
Gretti ha infine voluto ricordare il caso eclatante del disboscamento in Val
Rosandra «che evidentemente non ha insegnato nulla».
Livio Missio (ha collaborato Riccardo Tosques)
Il sindaco accorre e blocca tutto ma ormai è fatta
MUGGIA Il sindaco Nesladek ieri mattina non ha perso tempo: allertato, è
corso sul posto e ha bloccato tutto. Poi le prime spiegazioni. «La zona del
Bosco dell’Arciduca rientra nel Piano regionale di difesa del patrimonio
forestale dagli incendi - dice una nota - e, in tal senso, il Comune di Muggia
era stato informato che sarebbe stato realizzato un intervento di manutenzione:
nella fattispecie, una risistemazione della carreggiata esistente con una
pulizia della vegetazione per una larghezza di un metro da ciascun lato. Ieri
sera (mercoledì per chi legge., n. d. r.) il sindaco Nerio Nesladek è stato
avvertito da alcuni cittadini e ambientalisti che i lavori sembravano eccedere
una normale manutenzione.» Ieri mattina il sopralluogo con i responsabili della
ditta incaricata dalla protezione civile di eseguire i lavori e la Forestale. La
Protezione civile regionale era contattata via telefono. La strada che porta dal
mare alla sommità - dice il Comune stesso - è stata quasi terminata e sono
iniziati i lavori di sistemazione del sentiero secondario che conduce
all’interno del Bosco dell’Arciduca. «Questa è una zona particolarmente
sensibile dal punto di vista ambientale. Benché la Forestale abbia dato
rassicurazioni sulla compatibilità dell’intervento, pert la valenza
paesaggistica ed affettiva di quei luoghi, il sindaco ha richiesto la massima
precauzione nell’esecuzione delle opere, limitando gli interventi al minimo
possibile compatibilmente con l’obiettivo sicurezza. C’è stata massima
disponibilità della Protezione Civile ed i lavori sono stati sospesi. Si
ragionerà tra tecnici nei prossimi giorni sul da farsi e comunque verrà avviato
un confronto con ambientalisti e cittadini. A breve - promette Nesladek - verrà
organizzata una conferenza stampa pubblica, con la presenza di tutti i soggetti
interessati».
Il Wwf: «Valuteremo i danni coi nostri esperti» - LE
POLEMICHE
Sono stati alcuni cittadini a lanciare per primi l’allarme chiamando
forestale e ambientalisti
Il Wwf ha immediatamente espresso la sua preoccupazione per il nuovo
intervento della Protezione civile regionale a Muggia. «Non si erano ancora
sopite le proteste per l’intervento realizzato in Val Rosandra - dice una nota -
che delle nuove opere della Protezione Civile regionale hanno sollevato ieri le
immediate rimostranze degli amanti della natura residenti a Muggia. In località
San Floriano Ligon il sentiero "traversata muggesana" che si ricollega a quello
dell'Arciduca, molto noto e frequentato, sarebbe stato allargato dai due metri
attuali a quasi dieci, con distruzione della vegetazione tramite l’uso di
escavatori. Dalle prime informazioni che sono state ottenute - continua il Wwf -
sembrerebbe che l’intervento progettato con le finalità di costituire una pista
antincendio, riguardi anche la restante rete di sentieri con pericolo di
un’ulteriore notevole alterazione del paesaggio e della natura. Gli interventi
nel bosco, in area tutelata, non sarebbero stati preceduti da un’autorizzazione
paesaggistica. Ciò andrà verificato. Quel che è certo è che, in questo periodo,
simili interventi causano il massimo disturbo alla fauna selvatica molto ricca
in quella località. Il sindaco di Muggia, con il quale ieri mattina si era
subito messo in contatto il presidente del Wwf di Trieste Alessandro Giadrossi,
ha assicurato, dopo un sopralluogo, che i lavori sarebbero stati sospesi in
attesa di un chiarimento con i funzionari regionali. Nei prossimi giorni il gli
esperti del WWF verificheranno la consistenza e natura dei lavori realizzati e
progettati». L’allarme era stato lanciato anche da vari cittadini, che hanno
chiamato il giornale e le autorità di vigilanza. «La protezione civile - ha
immediatamente scritto via e-mail un cittadino al sindaco - non contenta
dell'intervento di pulizia in Val Rosandra, sta procedendo, quasi con lo stesso
modus operandi, alla pulizia della pista forestale "all’Arciduca" di Muggia che
diparte dal molo a T posto lungo la strada provinciale che conduce a Lazzaretto.
Gli escavatori stanno spianando la vegetazione arbustea non solo lungo la pista
forestale vera e propria ma anche lungo il sentiero denominato “percorso
attrezzato”.
FERRARA (LEGA) «Piano traffico, poche risposte e
trasparenza insufficiente»
Critiche nel metodo da parte del capogruppo del Carroccio, pieno appoggio
nel merito espresso dall’esponente del Pdl Maurizio Bucci. La bozza aggiornata
del Piano del traffico suscita reazioni di tenore opposto in seno
all’opposizione in Consiglio comunale. Il giudizio più duro arriva dal leghista
Maurizio Ferrara, che chiama pesantemente in causa l’assessore alla
Pianificazione. «Marchigiani uguale spot mediatici da carosello pubblicitario -
attacca Ferrara -. I consiglieri comunali eletti, almeno quelli
dell’opposizione, non conoscono il piano nei dettagli e l’assessore si rifiuta
di convocare le Commissioni richieste al fine di discuterne il contenuto. Alla
faccia della trasparenza. Non solo, tenuto conto che a Trieste circolano 200
mila veicoli, ho rinnovato la richiesta di una relazione dettagliata sul piano
parcheggi in superficie, ma inutilmente. E poi - conclude il leghista - che fine
hanno fatto i parcheggi di scambio periferici e i bus navetta tanto richiesti
dall’allora opposizione?». Di tutt’altro avviso il pidiellino Bucci, che
annuncia pieno sostegno in aula. «Apprezzo in particolare la proposta di
pedonalizzare via Mazzini e dedicare al traffico dei bus Corso Italia -
chiarisce Bucci -. Proposta che, da assessore dell’amministrazione Dipiazza,
avevo lanciato e caldeggiato, incontrando poi la resistenza di alcuni colleghi.
Sono felice che ora quell’idea intelligente torni in auge. La approvo e, già che
ci sono, rilancio pure. Propongo cioè di spingersi oltre, prevedendo la
piantumazione di alberi e il posizionamento di panchine rivolte verso i negozi
nel tratto di Corso Italia da piazza della Borsa allo slargo in corrispondenza
di Upi. E magari, perchè no, pure l’utilizzo di asfalto colorato, al posto dei
marciapiedi tradizionali, per delimitare l’area riservata ai pedoni».
La Lucchini in vendita si affida a Chindemi
Il nuovo amministratore delegato, ex direttore della Ferriera, è stato
scelto ieri Deve favorire la cessione. Tra i possibili acquirenti gli indiani
della Jspl
TRIESTE È stato per quasi un anno, nel corso del 1997, direttore della
Ferriera di Servola per cui conosce la situazione dello stabilimento triestino e
saprà come gestirne la vendita l’ingegner Francesco Chindemi che ieri è stato
nominato amministratore delegato del Gruppo Lucchini, subentrando a Francesco
Calcagni. Nomina formalmente decisa dall’assemblea degli azionisti tenutasi a
Milano e cha ha rinnovato l’intero consiglio di amministrazione insediando anche
Giuliano Mari presidente, Maurizio Ria chief restructuring officer, Fausto Azzi
chief financial officer e Carlo Simeone vicepresidente. Chindemi è stato
sostanzialmente scelto dalle banche, in prima fila Bnp Paribas, Unicredit,
Intesa San Paolo e Monte dei Paschi, che hanno in pegno le azioni del gruppo
dopo la ristrutturazione del debito con l’omologa di concordato del Tribunale di
Milano. Il gruppo bresciano, che è controllato dal magnate russo Alexei
Mordashov (51% direttamente, 49% attraverso Severstal), al 31 ottobre 2011 aveva
debiti per un miliardo 168 milioni 413mila 500 euro. Come ricorda Francesco
Semino, responsabile relazioni esterne della Lucchini, Chindemi che ha 68 anni
si è formato alla Teksid del Gruppo Fiat e ha ricoperto incarichi dirigenziali,
oltre che a Servola, alle acciaierie di Piombino, all’Ilva di Taranto e
ultimamente in Belgio per la Duferco. «É un tecnico siderurgico puro il che è
positivo», commenta Enzo Timeo segretario di Trieste della Uil. Chindemi dovrà
ora dare stabilità al lavoro industriale fornendo un contributo decisivo al
processo di vendita. «Bisogna attendere tutte le manifestazioni di interesse -
ammonisce Semino - e alla fine si potrebbe anche tornare a decidere di vendere
in blocco, anziché procedere allo spacchettamento». Ipotetici interessamenti al
gruppo sembrano per il momento venire soltanto da Est: dall’Ucraina e
dall’India. In particolare dall’indiana Jspl (Jindal steel & power limited) la
stessa che ha preso in affitto per cinque anni la Sertubi di Trieste. Una
delegazione del gruppo indiano ha visitato nei giorni scorsi l’acciaieria di
Piombino, il maggiore degli stabilimenti della Lucchini forse per valutare
l’utilità di un acquisto in blocco del Gruppo, ma fonti toscane rivelano come
non siano giunte novità su intenzioni di avviare una due diligence per valutare
l’opportunità dell’acquisto. Eppure a Trieste in qualche modo la Jspl c’è già e
la sopravvivenza della stessa Sertubi è legata alla ghisa di Servola per cui non
è un mistero l’interesse degli indiani sulla ferriera. «Ma non abbiamo visto
alcun piano industriale - lamenta Timeo - per lunghi anni tutti i politici si
sono disinteressati dell’industria a Trieste. Forse qualcosa con il ministro
Clini sta cambiando, aspettiamo imprenditori che mirino anche a salvaguardare
l’occupazione, non investitori».
Silvio Maranzana
«Servola, i monitoraggi ce li facciamo da noi» -
ASSOCIAZIONE
“No Smog”: istituzioni inerti, ora agiamo da soli. Laureni: anche il
Comune si muoverà
Come sta Servola? Male. Anzi, malissimo. Almeno sotto il profilo
dell’inquinamento atmosferico. È questa l’opinione ribadita con forza ieri
dall’associazione ambientalista No smog. «Vista l’inerzia delle istituzioni,
abbiamo iniziato noi, con nostre apparecchiature, a fare una serie di
monitoraggi nelle case e nei giardini del rione – ha annunciato il portavoce di
No smog, Adriano Tasso, aprendo la conferenza stampa - per verificare la
presenza di sostanze nocive nell'aria. Ebbene, abbiamo verificato che ci sono
benzopirene, benzene e polveri sottili in quantità superiore ai limiti di
legge». Tasso ha poi passato in rassegna quelli che ha definito «i grandi
assenti sul panorama istituzionale. Per prima – ha sottolineato – indichiamo la
Regione. Gli uffici per la riconversione della Ferriera, che dovrebbero
prendersi in carico il problema, sono vuoti. Dovrebbero esserci sei addetti, ma
per ora nemmeno una nomina è stata formalizzata». No smog però ha recentemente
archiviato «due importanti successi. Mi riferisco – ha proseguito Tasso -
innanzitutto all’introduzione, nella valutazione dei dati statistici, della
cosiddetta “media mobile”. Non si misurano i dati solo da gennaio a dicembre, ma
ogni mese viene messo a confronto con il suo corrispondente anno su anno. In
secondo luogo – ha concluso Tasso - finalmente l'Arpa ha accettato di prendere
in esame anche i dati registrati dalla centralina di San Lorenzo in Selva». Su
questo fronte è intervenuta la presidente di No smog, Alda Sancin. «Se tracciamo
un cerchio ideale partendo dallo stabilimento siderurgico per arrivare fino a
questa centralina, scopriamo che dentro l’area che così viene a determinarsi
sono comprese molte case di civile abitazione. Perciò quei dati saranno
fondamentali». In chiusura, Tasso ha ribadito il no dell’associazione «alla
nuova centrale elettrica di Opicina e al rigassificatore». L’assessore comunale
Umberto Laureni, presente all’incontro, dopo aver confermato «piena stima
all’impegno di No smog, associazione che rappresenta un buon interlocutore», ha
ricordato che «il Comune effettuerà anch’esso, in via ufficiale, monitoraggi
puntuali e capillari in tutti i rioni, per poter adottare di volta in volta e
rapidamente provvedimenti da attuare sul territorio».
Ugo Salvini
Scalo Legnami 70mila metri quadri per il fotovoltaico
Ma a gestire il progetto sarà l’Authority con Trieste Servizi che
prenderà in concessione per 21 anni l’area necessaria
Via le tettoie in amianto e spazio al fotovoltaico: allo Scalo Legnami
arriverà un nuovo impianto sulle aree in concessione a General cargo terminal (Gct),
che intanto fa registrare un buona crescita dei traffici. Sarà Porto Trieste
Servizi, la multiutility controllata dal’Autorità portuale, a ricoprire con
pannelli fotovoltaici quasi 70mila metri quadrati di tettoie e magazzini, mentre
Gct spa ridurrà gli investimenti descritti nel Piano industriale presentato nel
2008. Era di circa 6 milioni di euro infatti il valore degli interventi previsti
per trasformare il layout dello Scalo Legnami, tra i quali la recinzione e messa
in sicurezza delle aree, le opere di adeguamento stradale e ferroviario nonché
quelle strutturali. Oltre naturalmente alla bonifica delle tettoie contenenti
amianto, già oggetto di contenzioso tra Gct e Authority negli anni scorsi. Alla
fine del 2010, con una decisione ribadita un anno più tardi, Gct - società
guidata dal Gruppo Gavio (42% attraverso Terminal Frutta Trieste) con Pacorini
Metals (30%), gruppo Ocean (18%) e la finanziaria regionale Friulia (10%) –
aveva scritto all’Authority segnalando il mutato scenario dei traffici, la
relativa composizione merceologica e la volatilità della domanda. Per questo
motivo la società – era stato scritto - non aveva più intenzione di demolire le
tettoie, proponendo la realizzazione di un impianto fotovoltaico installato da
una ditta specializzata che si sarebbe accollata i costi della bonifica per poi
gestire il conto energia in cambio di una royalty alla Gct o all’Autorità
portuale. A questo punto l’Authority ha deciso di far intervenire Porto Trieste
Servizi per una gestione diretta del progetto, avviando così un’istruttoria di
concessione della durata di 21 anni legata alla realizzazione di un impianto
fotovoltaico su circa 70mila metri quadrati di lastrico solare, oltre alla
superficie a terra necessaria per il posizionamento delle cabine elettriche e
dei cavi di collegamento funzionali all’impianto. Felice della soluzione
alternativa l’amministratore delegato di Gct, Claudio Grim, che si è impegnato a
non ostacolare la realizzazione dell’impianto sulle tettoie in concessione alla
società. Allo Scalo Legnami Gct, che tra il 2010 e il 2011 ha investito quasi
450mila euro, dispone di circa 350 metri di banchina e fondali da 11 metri per
una concessione che arriva al 2024. Negli ultimi tre anni l’aumento dei traffici
è stato progressivo, passando dalle circa 128mila tonnellate del 2009 alle
236mila del 2010, per finire con le 318mila del 2011. Buone anche le previsioni
per il 2012 con il superamento delle 420mila tonnellate di merce anche grazie al
trend degli approdi (21 navi nel primo trimestre 2012, erano state 37
nell’intero 2010). La mancata demolizione delle tettoie peraltro farà aumentare
per Gct il canone di concessione a favore dell’Authority, che ricaverà anche un
canone aggiuntivo dalla concessione dei tetti per la realizzazione dell’impianto
fotovoltaico.
Riccardo Coretti
SEGNALAZIONI - RIGASSIFICATORE/1 Ma il Friuli non lo vuole
Chi azzarda osservazioni sul rigassificatore da collocare a Trieste è severamente censurato dal governatore Tondo e dall’assessore regionale all’Ambiente Ciriani. Partito del “No se pol”, ovvero, per dirla con acronimo anglosassone: Nimby (not in my backyard – non nel mio cortile). Si dovrebbe però aggiungere che c’è cortile e cortile. Quello giuliano (di gran lunga la più piccola provincia d’Italia) ha solo 212 Kmq. Quello di Udine ne conta ben 4.904. Ma, chissà perché, le coste e il mare del Friuli (su cui c’era un progetto) non si devono toccare, lo si è già deciso anni fa. Non vi sembra strano che i friulani siano disinteressati a una cosa che a noi triestini viene rappresentata come un’occasione d’oro... Meditate, gente, meditate.
Giorgio Godina
SEGNALAZIONI - RIGASSIFICATORE/2 - Uno studio non imparziale
Valutare i benefici che deriverebbero all’economia triestina dalla realizzazione del rigassificatore a Zaule sulla scorta dello studio commissionato da GasNatural a Nomisma, sarebbe come se si affidasse la stesura della condanna all’imputato reo confesso, anziché al giudice. Questa è la conclusione cui si giunge dopo aver letto l’articolo apparso sabato scorso, 26 maggio, sul Piccolo. Lo studio, che pare abbondi di cifre e valutazioni economiche sulla cui attendibilità il cittadino ha tutti i motivi di dubitare poiché commissionato da GasNatural, sembra trascurare alcune considerazioni di fondo, condivise dalla maggior parte degli esperti di problemi energetici e autorevolmente confermate proprio qui a Trieste dall’Ad di Eni, Paolo Scaroni, e cioè che nei prossimi 30 anni non vi sarà alcun problema di carenza di gas ma si porrà unicamente un problema di sicurezza e continuità delle fonti di approvvigionamento, ragion per cui la realizzazione dei rigassificatori ha una valenza di pura e semplice, opportuna diversificazione delle regioni geopolitiche da cui rifornirsi di gas. In secondo luogo, uno studio che voglia avere una qualche autorevolezza scientifica, non può non esaminare le alternative tecnologiche oggi disponibili per la realizzazione di impianti di rigassificazione. Alternative che relegano la proposta di GasNatural tra le soluzioni tecnologicamente più obsolete sia sul piano economico che su quello della sicurezza e del rispetto ambientale. Infine, non occorre essere degli addetti ai lavori per ben comprendere che nella fase di costruzione la presenza di manodopera sarà certamente di un qualche rilievo ma, in fase d’esercizio, è la stessa Nomisma a valutare in solo 70 unità gli addetti all’impianto, cui si dovrebbero aggiungere, a giudizio di Nomisma, ulteriori 320 addetti a non meglio precisati servizi. Sembra di rivivere gli anni in cui la realizzazione dell’oleodotto venne spacciata per il toccasana alla declinante economia cittadina! Con la differenza che i rischi connessi alla presenza di un oleodotto sono, per esperienza vissuta dai triestini, gestibili anche se non di poco conto, mentre la pericolosità di un impianto di rigassificazione on-shore è equiparabile, secondo le valutazioni correnti, agli impianti ad energia nucleare.
Aurelio Slataper
SEGNALAZIONI - RIGASSIFICATORE/3 Garanzie sospette
Nel lungo articolo scritto da Paola Bolis in merito allo studio Nomisma, si parla dei benefici economici che il rigassificatore porterebbe a Trieste. Perché non considerare anche il «fattore di garanzia» sancito dall’authority per l’energia e il gas? Il fatto cioè che per vent’anni chi avvia un rigassificatore ha ricavi assicurati pari all’ottanta per cento della capacità lorda dell’impianto? Pare difficile crederlo, in tempi di conclamato liberismo, ma questa certezza del guadagno (a spese, indovinate di chi?) è stabilita dal legislatore italiano indipendentemente dalla richieste del mercato (cioé anche se non si dovesse vendere un metro cubo di gas). Il dato è contenuto nella deliberazione dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas del 4 agosto 2005 n. 178 consultabile on line (del fattore di garanzia si parla al punto 11, ovvero nelle pagine penultima e ultima). Vale la pena di leggerle.
Fabio Maj
SEGNALAZIONI - DIFFERENZIATA Operazione mal spiegata
La pagina del Piccolo di venerdì 1 giugno relativa alla raccolta delle immondizie merita un’attenta riflessione. L’attenzione è spostata solo ed esclusivamente sul livello – per così dire – sanzionatorio e sulla cattiva volontà dei triestini che non sarebbero sensibili alla raccolta differenziata. Ora io penso che certamente ci siano delle persone che non conferiscono le immondizie in maniera correttamente differenziata negli appositi bottini, o campane che dir si voglia, persone che sono ovviamente condannabili e sanzionabili per il loro scarso senso civico, e tuttavia ritengo che la diagnosi offerta dal Piccolo sia completamente errata. La differenziazione della raccolta delle «scovazze», che in ogni paese costituisce un indice sicuro di civiltà, non è stata per nulla preparata a livello comunicativo. Dal 1.o giugno dell’altr’anno le nostre case avrebbero dovuto essere letteralmente inondate da copioso – e ripetutamente, fino alla noia, recapitato – materiale illustrativo, inviato dal Comune o dall’Acegas, materiale illustrativo in cui venisse spiegato per filo e per segno il corretto funzionamento della raccolta differenziata stessa, e cioè che cosa buttare e dove. Quanto dev’essere lavata una bottiglia di olio vuota prima di poter essere conferita nel cassonetto del vetro ? Dove si getta il contenitore dello yogurth, nella plastica, ovviamente, ma esso dev’essere lavato e la copertura andrà buttata nella differenziata o nell’indifferenziata? I blister delle medicine consumate sono da considerarsi mero prodotto plastico o – valutate alcune presenze di alluminio – vanno nell’indifferenziata? Sono solo tre esempi forniti da un comune cittadino che spesso ha molti dubbi al riguardo. Quindi, prima di lamentare le presunte inadempienze dei cittadini e delle cittadine di Trieste, il Comune e l’Acegas dovrebbero fare un serio esame di coscienza sulle loro inadempienze comunicative. Né è sufficiente qualche singolo seminario per «iniziati» (mi pare – se ricordo bene - nella sala conferenze del Museo Revoltella) per sanare una situazione che avrebbe avuto – e avrebbe – bisogno di tutt’altra campagna comunicativa. A quando un’informazione dettagliata e capillare dei triestini sul conferimento differenziato delle «scovazze»?
Giuseppe Fornasari
Una passeggiata insieme agli asini - LE INIZIATIVE “IN
BOSCHETTO”
Corso di cucina, conferenza sugli alimenti, animazione per i più piccoli
Il progetto “In Boschetto” propone da domani a domenica tre giorni di
appuntamenti dedicati alla natura e soprattutto alla valorizzazione del
Boschetto, punto di riferimento dei vari eventi, con iniziative per adulti e
bambini. Domani alle 18.30 verrà presentato il corso “In cucina con le erbe e i
fiori” con il maestro di cucina Claudio Petracco. Alle 19 spazio alla conferenza
“alimenti industriali ed etichette” a cura del perito agrario Giulio Barocco
alla pro loco San Giovanni-Cologna. Si continua sabato alle 10 con il ritrovo
alla rotonda del Boschetto per una passeggiata naturalistica con la guida di
Fabio Tercovich, guardia forestale. Alle 16 l’Aias proporrà una passeggiata con
l’asino, chiamata “mi col mus e ti col tram” che prenderà il via dal parcheggio
di via Marchesetti accanto al Ferdinandeo, dove domenica alle 10.30 la
manifestazione continuerà con l’animazione per i bambini, con musica, racconti,
passeggiate e un laboratorio manuale. Le tre giornate sono realizzate con la
collaborazione del Comune di Trieste e il Csv Fvg, promosse da Legambiente,
circolo verdeazzurro Trieste, con l’International Society Doctors for the
Environment-Trieste Isde, la Proloco San Giovanni Cologna, l’associazione “il
Pane e le Rose”, l’associazione “eoh-san”, l’associazione “la sorgente” e la
Lipu. Le attività del progetto “In boschetto” continueranno anche nei prossimi
mesi, tra le tante iniziative la pulizia del verde, incontri sulla tutela degli
spazi urbani, giochi per i più piccoli, conferenze e approfondimenti.
mi.bru.
GREENSTYLE.it - GIOVEDI', 7 giugno 2012
AirPod: l’auto ad aria compressa presto sul mercato a
7.000 euro
È piccola, leggera e sta per fare il suo debutto sul mercato: l’auto che
funziona ad aria si chiama AirPod ed è quasi arrivato il momento di vedere i
primi esemplari sulle strade europee. La vettura ha fatto parlare di sé già
tempo prima del suo arrivo e nasce da un’idea della Motor Development
International (MDI), azienda con sede in Lussemburgo che è riuscita a convincere
un colosso come il costruttore indiano Tata della bontà del progetto, al punto
di stringere un accordo nel 2007 che adesso sta per dare i primi frutti.
La AirPod è una microcar che sarà omologata come quadriciclo leggero e potrà
quindi essere guidata anche dai sedicenni. La vettura è un po’ la capostipite di
una famiglia di veicoli ad aria compressa che si allargherà nei prossimi anni
con un modello destinato ai quattordicenni, per proseguire con una berlina per
famiglie e arrivare infine ai veicoli commerciali, compresi anche dei mezzi
agricoli che consentirannno di lavorare la terra a impatto ambientale zero.
La compatta AirPod eroga una potenza di 7 kW, che consente una velocità massima
di 80 km/h, e ha una curva di coppia piatta di 45 Nm. Ciò significa che la forza
a disposizione per l’accelerazione è disponibile fin dalla partenza da fermo,
senza dover aspettare di portare il motore a un certo regime di giri come
avviene nei veicoli a propulsore tradizionale. Saranno invece più potenti gli
altri modelli che arriveranno in futuro, come la AirOne e la AirCity, con
quest’ultima che si annuncia come un’auto vera e propria in grado di fornire 25
kW di potenza e di raggiungere una velocità di punta di 130 km/h.
Dal punto di vista tecnico la AirPod è dotata di un motore che sfrutta l’aria
compressa immagazzinata in un’apposita bombola installata a bordo (simile a
quella dei veicoli a metano) per garantire la propulsione. La ricarica va
effettuata in stazioni di servizio dedicate dotate di compressori che comprimono
l’aria nel serbatoio facendo il pieno di energia in appena due minuti al prezzo
di circa due euro.
Dal punto di vista commerciale, l’esordio dell’AirPod è previsto inizialmente in
Francia ai clienti che l’hanno ordinata tempo fa, mentre più avanti la
distribuzione inizierà anche negli altri Paesi europei. Innovativo si annuncia
però l’approccio con il mercato che MDI ha intenzione di mettere in atto, dato
che la vetturetta ad aria compressa non sarà venduta tramite concessionari ma
tramite le stesse fabbriche che la produrranno, con l’obiettivo di azzerare i
costi di spedizione dagli stabilimenti ai rivenditori che incidono non poco sul
prezzo di listino di un’autovettura.
A tal proposito i piani del gruppo lussemburghese prevedono la realizzazione di
25 fabbriche in Francia e di 20 in Italia, individuando gli stabilimenti
deputati all’assemblaggio tra le aziende che si renderanno disponibili per
prendere parte al progetto. Ciò che non manca è anche l’ambizione in casa MDI,
al punto che i vertici del gruppo stimano una produzione annua di 140.000
veicoli ad aria nella sola Italia, un obiettivo che potrebbe essere reso
possibile grazie al prezzo d’accesso di 7.000 euro e alla promessa di costi di
mantenimento da record, pari a 1 euro per 100 km.
Giuseppe Cutrone - Fonte: La Repubblica
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 6 giugno 2012
Bus dirottati in corso Italia Via Mazzini per i pedoni
PIANO DEL TRAFFICO - LE NOVITÀ
Niente inversione di marcia in via Rossetti,
che resterà a senso unico in salita Dietrofront anche su via della Geppa. Via
Gallina sarà più stretta
BORGO TERESIANO Il Comune mira ad alleggerire il transito dei bus in questa zona
della città ma anche il flusso dei veicoli in via Galatti (foto)
ALTRE CORREZIONI Prevista una riorganizzazione della viabilità anche attorno
all’ospedale Maggiore. Senso unico in via Battisti in direzione Carducci (foto)
La pedonalizzazione dell’intera via Imbriani, quella di tutta via Mazzini
(con il solo tratto finale percorribile, in determinate fasce orarie, per i
veicoli con a bordo persone diversamente abili o per quelli destinati al
carico/scarico di merci) con la destinazione di corso Italia ad accogliere i
soli mezzi pubblici, e il dietrofront su via Rossetti e via della Geppa. Novità
di rilievo sono inoltre alle porte anche in tema di parcheggi, come riferiamo
nell’articolo qui sotto. Il Piano del traffico su cui sta lavorando
l’amministrazione Cosolini prende forma, in una versione sempre più vicina a
quella definitiva che in luglio approderà sul tavolo dell’esecutivo. La
partecipazione La bozza approvata dalla giunta nel febbraio scorso ha intanto
subito modifiche e aggiustamenti, frutto di un’opera di concertazione durata tre
mesi con i vari portatori d’interesse. Enti, associazioni, comitati, forze
dell’ordine, cittadini, circoscrizioni, ordini professionali: un elenco molto
lungo. Complessivamente sono state 541 le proposte di modifica al documento. Il
60% di queste è stato accolto, il 17% parzialmente mentre il 23% respinto perché
tecnicamente inammissibile. Il «primo piano completamente partecipato» del
Comune, l’ha definito infatti l’assessore a Mobilità e traffico Elena
Marchigiani, che si è affrettata a sottolineare come i suoi contenuti dovranno
obbligatoriamente passare - per quanto di competenza - anche attraverso il
giudizio del «tavolo tecnico permanente attivato con Trieste trasporti e
Provincia, ente che ha l’ultima voce in capitolo sul trasporto pubblico locale».
In gioco, ovviamente, ci sono variazioni ai percorsi dei bus. I dietrofront
Proprio sulla spinta dei confronti avuti, il Comune ha inserito la retromarcia
su alcuni punti. Ad esempio per via Rossetti: il piano prevede ora che l’attuale
senso di marcia (in salita da via Battisti) venga mantenuto tale e quale. Niente
più inversione, insomma. Allo stesso modo, niente autobus in via della Geppa (su
cui dovrebbe essere estesa la pista ciclabile), anche alla luce delle
perplessità sollevate dal Comitato per la salvaguardia del Borgo Teresiano. A
proposito, il Comune mira ad alleggerire la presenza dei bus nell’intera area
del Borgo Teresiano e in generale il flusso veicolare su via Galatti. In che
modo, al momento, resta top secret. Pure via Valdirivo, poi, nel prospetto
rivisto conserva la sua veste odierna con traffico diretto da via Carducci verso
corso Cavour. Eventualmente - ma questa è una modifica ancora allo studio - solo
il suo ultimo tratto potrebbe diventare a doppio senso, per consentire la svolta
dei mezzi in via Carducci verso piazza Goldoni. Un’alternativa alla soluzione da
via Milano. Via Mazzini e il corso Necessità del trasporto pubblico e aumento
delle aree pedonali: su queste basi è nata la soluzione per l’eterno dilemma
corso Italia-via Mazzini, con accantonamento di opzioni giudicate troppo
tortuose. Così il corso verrà riservato al passaggio dei soli mezzi pubblici
mentre il destino di via Mazzini è di tramutarsi in nuovo asse pedonale, con
ultimo tratto percorribile in determinati orari da mezzi con a bordo persone
disabili e da veicoli che debbano effettuare operazioni di carico e scarico
merci. Altri punti Lungo via Gallina saranno ampliati i marciapiedi, lasciando
una corsia centrale da 3,5 metri di larghezza per il passaggio degli autobus.
Per l’area riservata alla sosta dei taxi c’è dunque «l’ipotesi dello
spostamento», chiarisce Marchigiani. La partita è aperta, e il Comune vi sta
ragionando assieme ai tassisti: passo Goldoni o piazza della Borsa sono due
possibilità cui l’amministrazione ha pensato. Proseguendo, il Municipio metterà
mano alla viabilità attorno all’ospedale Maggiore. Conferma infine, rispetto
alla bozza di febbraio, per il doppio senso in via Fabio Severo già da piazza
Dalmazia e per il senso unico di via Battisti verso via Carducci da via Gatteri
(con i soli mezzi pubblici in salita nell’apposita corsia). Sempre da via
Gatteri, si potrà girare anche a destra in via Battisti, il cui ultimo tratto
sino a via Rossetti e via Rismondo sarà dunque a doppio senso.
Matteo Unterweger
Tra un mese il via libera dalla giunta
La versione definitiva del Piano del traffico verrà portata in giunta a
luglio per la sua adozione. Scatteranno a quel punto, ha chiarito ieri
l’assessore Elena Marchigiani (foto) riferendosi all’iter burocratico, «la
pubblicazione e i 30 giorni per la raccolta delle osservazioni da parte dei
cittadini, dei pareri delle circoscrizioni e della Provincia. Di pari passo
procederà il percorso per la Vas (Valutazione ambientale strategica, ndr)». Il
tutto continuerà sino all’approdo del documento «in Consiglio comunale fra
ottobre e novembre - aggiunge Marchigiani - per arrivare infine all’approvazione
del Piano in autunno». Grande attenzione, nella progettazione, è stata e
continua a essere data non solo alle pedonalizzazioni ma anche all’ampliamento
dei tratti “ciclabili”.
(m.u.)
Via le Ztl, park a costi agevolati per i residenti -
Nel centro città abbonamenti mensili con importi da definire in base al reddito
e agli indicatori Isee
La bozza del Piano del traffico, elaborata dagli uffici comunali sotto la
guida del mobility manager Giulio Bernetti in base alle indicazioni
dell’assessore a Mobilità e traffico Elena Marchigiani e dopo la fase di
partecipazione e concertazione appena ultimata, prevede delle novità anche in
tema di parcheggi. Nel dettaglio, il Comune intende provvedere all’abolizione
delle attuali Ztl (zone a traffico limitato), puntando invece sull’introduzione
di tariffe agevolate riservate ai residenti per i parcheggi lungo tutta la
fascia del centro cittadino che dal Borgo Teresiano arriva sino al Borgo
Giuseppino. L’importo di questi abbonamenti mensili sarà definito caso per caso
sulla base del reddito e dell’indicatore Isee, fino a poter essere anche
gratuito nelle situazioni economiche più difficili. Dialogo aperto anche fra il
Comune e le società che gestiscono i parcheggi al coperto sistemati attorno
all’area del centro (Foro Ulpiano, via Pietà e Silos), per concordare delle
tariffe privilegiate sempre per i residenti: una prima opzione pare essere
quella di un abbonamento dal costo mensile di 60 euro. Sui parcheggi
l’amministrazione ha poi riscontrato pareri differenti nelle sette
circoscrizioni territoriali: in alcuni casi e per determinate aree è stato
espresso favore rispetto alla soluzione della sosta a pagamento (come per alcune
zone di Opicina, Prosecco e Basovizza), in altri invece è stata manifestata
contrarietà a questa ipotesi (è successo, ad esempio, per aree più centrali
della città, per via Vergerio e per larga parte di via Settefontane).
(m.u.)
Globojner e Sincrotrone “verdi” In 4 fanno causa al Prg
di Cosolini
Borgate carsiche, Consorzio di Padriciano, Sereco e Tecnofactoring
ricorrono al Capo dello Stato contro le salvaguardie.
Ma il contenzioso si sposta al Tar su richiesta del
Comune, che ne ha facoltà
Le nuove salvaguardie del Piano regolatore che verrà soffocano le vecchie
rivendicazioni turistiche del Parco Globojner, e quelle commerciali di un pezzo
di bosco fra il Sincrotrone e i campi golf di Padriciano? Per chi quelle
rivendicazioni rappresenta non è ancora arrivata l’ora dei titoli di coda. Al
punto che si è già rivolto al Presidente della Repubblica, presentandogli - a
nome di Unione borgate carsiche, Consorzio boschivo di Padriciano, cooperativa
agricola Sereco e Tecnofactoring Srl - un ricorso straordinario. Ricorso che ora
- su richiesta del Comune - verrà trasferito al Tar, il Tribunale amministrativo
regionale, e quindi tornerà a Trieste. Destra o sinistra, Pdl o Pd, per lui in
effetti (e per quella fetta d’altopiano che gli va dietro) non fa differenza.
Carlo Grgic, bandiera di lunghissimo corso del Carso, aveva già fatto causa per
lo stesso motivo a Dipiazza e al suo Prg, la variante 118, sicché il relativo
ricorso risulta sempre pendente al Tar e sarà presumibilmente superato da quello
più attuale. Già perché ora Grgic si ripete, appellandosi ancora una volta ad
antichissimi «eppure vigenti accordi sottoscritti col Comune per l’utilizzo di
determinati fondi statali finalizzati allo sviluppo di determinati progetti
legati ai mondiali di calcio di Italia ’90». Tutto rientrava nelle royalties a
fronte della costruzione del Sincrotrone, specie l’area commerciale verso
Padriciano. Grandi registi il sindaco Richetti, il governatore Biasutti e il
parlamentare Coloni. Che Grgic si ripeta significa che fa causa anche a Cosolini
e alle direttive della sua futura variante al Prg, direttive che con
l’approvazione di sei mesi fa parte del Consiglio comunale hanno introdotto le
nuove salvaguardie, valide per due anni nella prospettiva dell’entrata in vigore
del relativo Prg che verrà e che, è logico ipotizzare, dovrebbe in linea di
massima confermare gli orientamenti indicati proprio nei regimi di salvaguardia.
Tali salvaguardie, come detto, tornano ad incidere - e in modo restrittivo -
sulle vecchie potenzialità edificatorie ammesse dal Prg vigente passato ancora
in epoca Illy. Il Parco Globojner rientra in zona turistica G1B, quei ventimila
metri quadrati che dovrebbero diventare un’area commerciale frontaliera su
versante italiano, tra il Sincrotrone e i campi golf di Padriciano, in zona H2
di Basovizza. Ebbene, in entrambi i siti oggi «è precluso qualsiasi intervento
di ampliamento e/o di nuova edificazione». Tradotto: al Globojner sono vietate
le strutture turistiche, compresi eventuali nuovi punti ristoro per viandanti ai
bordi del raccordo autostradale (dopo che quello che c’era è stato distrutto
cinque anni fa da un incendio), mentre nella cosiddetta zona H2 di Basovizza il
verde non cederà il passo al commercio. Da qui nasce il ricorso al Presidente
della Repubblica proposto da un lato dal Consorzio boschivo di Padriciano e
dalla Sereco, che hanno titolarità sul Parco Globojner, e dall’altro dall’Unione
borgate carsiche e dalla Tecnofactoring, la cui competenza ricade invece su
quella zona H2. «Qui non si tratta di speculazioni edilizie, se avessimo voluto
speculare avremmo venduto a suo tempo, stiamo parlando di opportunità di
sviluppo per la fascia carsica rientrante nel Comune di Trieste, stiamo parlando
di 200 posti di lavoro per una fascia territoriale di 15mila abitanti che oggi
ha solo un distributore di carburante a Opicina a due barbieri, e che assomiglia
sempre più a un dormitorio», motiva Grgic. Il quale ha titolo per farlo: è
presidente dell’Unione borgate carsiche, vice del Consorzio boschivo di
Padriciano, legale rappresentante della Tecnofactoring mentre la Sereco è
guidata da un altro Grgic, Dario, «omonimo ma non parente». Davanti al ricorso
al Presidente della Repubblica la giunta Cosolini ha dato mandato con una
delibera ad hoc all’Avvocatura comunale, nella persona dell’avvocato Oreste
Danese, di «chiedere che il ricorso straordinario venga deciso in sede
giurisdizionale dal competente Tar». Una mossa che, per legge, chi ricorre deve
accettare, costituendosi entro 60 giorni, pena l’annullamento del ricorso. «La
trasposizione - così il vicesindaco Fabiana Martini - fa sì che il ricorso in
prima battuta sia esaminato da un organismo territoriale, eppoi contempla un
eventuale appello al Consiglio di Stato, a garanzia di tutte le parti». Il
ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, in effetti, una volta che
il Capo dello Stato firma il parere espresso proprio dal Consiglio di Stato di
Roma, non ammette altri gradi di giudizio.
Piero Rauber
Rigassificatore sì, ma al largo: lo dicono anche Tondo
e Razeto - L’INTERVENTO DI FABIO PETROSSI - Consigliere comunale del Pd di
Trieste
Mi rifaccio alle dichiarazioni rilasciate dal Presidente della Regione
Friuli Venezia Giulia Tondo: «Vogliamo fare il rigassificatore nel golfo di
Trieste...», e a quelle del Presidente della Confindustria di Trieste Razeto:
«Per quanto riguarda il rigassificatore, lo riteniamo un'opera utile per il
rilancio economico del territorio a condizione che siano utilizzate le soluzioni
progettuali e tecnologiche più avanzate intermini di sicurezza e di impatto
ambientale e che il progetto non venga a confliggere con le attività portuali».
Fa piacere notare come entrambi, nella qualità di autorevoli voci, l'una
politica e l'altra che riguarda l'economia locale, condividano alfine pienamente
il voto espresso dai Comuni di Trieste, di Muggia, di San Dorligo della Valle e
dalla Provincia di Trieste, nel dire di no al posizionamento di un
rigassificatore nella zona di Zaule. Ordunque quando il Presidente Tondo parla
del "golfo di Trieste", viene legittimamente da pensare che nel rispetto del
significato delle parole del vocabolario della lingua italiana, che non ho dubbi
egli sappia usare, egli non abbia voluto affatto fare riferimento alla baia di
Muggia ove esiste la zona di Zaule, sapendo quale sia la differenza tra un
"golfo" e una "baia". Si provi a pensare al Golfo di Biscaglia, che prende metà
Francia del nord e due terzi della Spagna del nord e a che cosa voglia dire
mettere un rigassificatore nel golfo di Biscaglia! Viene perciò da pensare che
invece, molto più argutamente, il Presidente Tondo abbia voluto fare riferimento
alla più logica e saggia possibilità di porre una installazione di
rigassificazione ben al largo in alto mare, appunto nel “golfo di Trieste”", che
è il “Tratto di mare che si insinua nella terraferma in modo più o meno
profondo” (vocabolario Devoto-Oli) ovvero “Insenatura marina di notevoli
dimensioni” (vocabolario Sabatini-Coletti), e che è compreso tra l'isola di
Grado(Friuli Venezia Giulia) e Punta Salvore (Croazia), nei pressi di Pirano (Slovenia)
e che ha un'estensione di circa 550 kmq (Wikipedia). Non è dunque escluso che lo
voglia mettere a Grado o a Lignano, che sono anch'esse nel golfo di Trieste. Per
quel che riguarda le affermazioni espresse da Razeto, invece, appare ancor più
chiara la sua volontà di condividere il voto contrario al rigassificatore di
Zaule espresso dai Comuni di Trieste, di Muggia, di San Dorligo della Valle e
dalla Provincia di Trieste, e lo fa infatti con autorevolezza allorchè pone
addirittura (giustamente) le stesse condizioni che ricercano i suddetti Enti
“...a condizione che siano utilizzate le soluzioni progettuali e tecnologiche
più avanzate in termini di sicurezza e di impatto ambientale e che il progetto
non venga a confliggere con le attività portuali”. Non sussistendo ora i citati
presupposti, motivo del parere negativo per l'impianto di un rigassificatore a
Zaule (... se anche Razeto li richiede implicitamente anch'egli ammette che essi
ora non sussistono) ne discende che Razeto ora non può che condividere il parere
negativo espresso dai Comuni di Trieste, di Muggia, di San Dorligo della Valle e
dalla Provincia di Trieste, sul posizionamento di un rigassificatore nella zona
di Zaule. Del resto una tale opposizione non è immotivata e trova scientifica ed
illuminata giustificazione in un lavoro pubblicato da autorevoli ed eminenti
studiosi della nostra Università ed altri (“Tavolo tecnico rigassificatori
Trieste”),che giungono alla conclusione che nella zona di Zaule l'impianto di un
rigassificatore, così come è presentato nel progetto attuale, sia ormai superato
e inammissibile dal punto di vista della sicurezza, dell'impatto ambientale e
della conflittualità con le attività portuali. Da quanto detto non si può che
desumere che queste due autorevoli voci in realtà si sono levate a sostegno di
un convinto “no” al rigassificatore nella zona di Zaule per essere invece
favorevoli a soluzioni alternative (che già esistono e sono ampiamente più
sicure), gradite anche alla vicina Slovenia, legate alla progettazione di un
rigassificatore posizionato in alto mare, molto al largo “nel golfo di Trieste”
(come appunto vuole Tondo), con “soluzioni progettuali e tecnologiche più
avanzate in termini di sicurezza e di impatto ambientale” con un “progetto non
venga a confliggere con le attività portuali”(come richiesto da Razeto ma prima
ancora di lui dai Comuni di Trieste, di Muggia, di San Dorligo della Valle e
dalla Provincia di Trieste)! Grazie per il sostegno, Tondo e Razeto! Ora ci
aspettiamo di vedervi, coerentemente con le vostre affermazioni, all’opera per
soluzioni alternative.
Il territorio carsico si tutela anche reimpiantando i
vigneti - LA LETTERA DEL GIORNO - Marzio Mocchi
La segnalazione pubblicata sul Piccolo del 29 maggio col titolo “Il rilancio
del Carso? Avverrà solo tutelando la natura” a firma del signor Alessandro Cosenzi necessita di una breve replica in quanto, seppur condivisibile in larga
parte, contiene alcuni passaggi che non rispecchiano il senso di cio’ che sul
Carso il movimento dei produttori del vino intende fare. Cominciamo col dire che
la Glera è un vitigno autoctono del Carso le cui barbatelle furono portate dal
Carso in Veneto e lì venne dato loro il nome Prosecco e lì ebbe le sue
innegabili fortune. La Doc Interregionale del Prosecco Doc costituita due anni
or sono ha portato enormi vantaggi all’industria del vino veneto-friulana non
lasciando sul Carso alcun beneficio, anche se in teoria confermata da un
Protocollo d’Intesa. Tale protocollo, ripreso in buona parte nella bozza di
legge regionale, impegna il Ministero dell’Agricoltura e soprattutto la Regione
FVG, tra l’altro, ad attivare procedure per limitare gli impatti dovuti alle
sovrapposizioni di leggi e norme che provocano la quasi totale impossibilità dei
produttori di vino di poter sviluppare la loro economia che, come tutti i
frequentatori del Carso sanno, è basata su una produzione completamente naturale
di uva in vigne sparse a macchia di leopardo sul territorio carsico e che
affondano la loro esistenza nei secoli. Penso che i più accesi difensori del
Carso nelle sue specificità siano proprio i locali produttori che solamente
chiedono di poter impiantare qualche ettaro in più di vite a partire dal
riutilizzo delle superfici che una volta ospitavano già vigneti e che ora sono
abbandonati e spesso preda di mire di speculazione edilizia. Quindi il
reimpianto di viti significa per l’appunto combattere la speculazione non solo
edilizia ma salvaguardare il territorio offrendo sviluppo e contemporaneamente
opponendosi alle mire espansive dell’industria del vino proprio sul territorio
carsico. Quindi, assolutamente da condividere con il signor Cosenzi
l’affermazione che il rilancio del Carso passa attraverso la tutela del
territorio, ma occorre anche pensare che il territorio deve vivere e dar da
vivere e ciò è possibile garantendo un futuro a coloro che per primi sono i
difensori di questo speciale ambiente che certamente non vogliono compromettere.
Presidio in piazza Unità contro la vivisezione
Questa mattina in piazza Unità d’Italia dalle 11 e fino alle 14 è in
programma un presidio organizzato dal “Comitato di liberi cittadini per la
difesa degli animali” che coinvolge anche altre città italiane. Obiettivo,
«tenere alta l’attenzione - si legge in una nota - sul tema della vivisezione e
sulla volontà di abolirla». Durante l’orario di apertura del banchetto verranno
anche raccolte delle firme «per l’abolizione della vivisezione da presentare al
Parlamento europeo e anche per una petizione contro lo stabulario
dell’Università cittadina».
FRATELLI DI TAV
Oggi alle 20.30, al Knulp in via Madonna del Mare 7, proiezione del video documentario “Fratelli di Tav” (2008) di Manolo Luppichini, Claudio Metallo. Una video-inchiesta sull’impatto del Treno ad Alta Velocità lungo la penisola italiana. Ci sarà un banchetto con materiali informativi e gadget Notav.
BORA.LA - MARTEDI', 5 giugno 2012
Da Panigaglia l’esortazione: “I triestini sappiano
protestare”
Quello di Panigaglia (La Spezia), è il primo e solo caso di
rigassificatore a terra, in Italia. Proprietà di Gnl Italia, ex Snam,
controllata Eni, è entrato in funzione nel 1970. Oggi i terminal si pensano
ovunque in mare aperto, per ragioni di sicurezza, non interferenza con i
traffici portuali e tutela dell’ambiente marino.
Tranne che a Trieste, dove si vorrebbe appunto far sorgere un
rigassificatore on shore.
Tra l’altro Panigaglia, molto più piccolo rispetto a quello progettato dalla
spagnola Gas Natural (3,5 miliardi di mc/annui contro 8), è del tipo “a fiamma
sommersa”. Utilizza cioè una minima parte del gas liquido (attorno all’1%), per
riscaldarlo e farlo passare allo stato aeriforme. A Trieste si preferisce
utilizzare invece l’acqua di mare, consumandone quasi 800 mila mc al giorno e
clorandola pesantemente.
E’ emersa, recentemente, l’idea di ampliare il rigassificatore ligure, che vede
contrari il Comune di Porto Venere, sul cui territorio insiste l’impianto, la
Regione Liguria oltre a tutti i comuni che si affacciano nel Golfo e a numerose
Associazioni e Comitati tra cui l’Associazione Posidonia, di cui è presidente
Gabriella Reboa, che vive al Fezzano, distante alcune centinaia di metri dalla
struttura.
Signora Reboa, da dove cominciamo?
Dalla parole del sindaco Massimo Nardini, in merito ai vantaggi che sarebbero
dovuti venire alla comunità. Ha parlato – anche a Trieste, credo – di
“esperienza negativa” e di “business solo per la società, senza la minima
ricaduta per il territorio”. Eccezion fatta, ha aggiunto, per i vincoli, che
hanno impedito di costruire anche un solo metro cubo, tutelando quindi il verde…
Che cosa era stato promesso?
Tutta una serie di benefit per la popolazione, mai visti, e soprattutto
centocinquanta addetti, in maggioranza del territorio. Adesso, contrabbandando
anche qualche occupato dell’indotto, siamo sugli ottanta, dei quali meno di
trenta sono del Comune di Porto Venere, alcuni vengono dalla sede legale di San
Donato milanese. Va tenuto presente che con l’automazione ormai si utilizzano
sempre meno persone. Per il raddoppio del rigassificatore l’allora
amministratore delegato della società aveva messo le mani avanti: più di due o
tre nuovi posti non ce ne sarebbero stati. Da sottolineare anche un’altra
dichiarazione molto interessante, fatta dalla proprietà.
Quale?
L’avviso agli investitori che gli incidenti potrebbero esserci. E che la società
potrebbe non pagarli. Anche perché vai a sapere come si muoveranno i terroristi
sugli obiettivi sensibili. Queste cose sono scritte nel “Prospetto Informativo
relativo all’Offerta Pubblica di vendita e sottoscrizione e all’ammissione a
quotazione sul mercato telematico azionario organizzato e gestito dalla Borsa
Italiana Spa delle azioni ordinarie”. Leggo?
Prego.
“Il rischio di incorrere in oneri imprevisti e obblighi di risarcimento, ivi
comprese le richieste di risarcimento dei danni a cose e persone, in tema di
ambiente e sicurezza è connaturato alla gestione di gasdotti e di impianti di
rigassificazione. Pertanto non è possibile escludere a priori che Snam Rete Gas
Spa non sia in futuro tenuta a far fronte a oneri od obblighi di risarcimento ….
Non può escludersi il rischio che eventi di inquinamento ambientale causati da
gasdotti e impianti di rigassificazione facciano sorgere … oneri od obblighi
risarcitori”. Dulcis in fundo si segnala che “la copertura assicurativa potrebbe
essere insufficiente a coprire integralmente eventuali danni”.
E per quanto riguarda il terrorismo?
Sempre nello stesso documento si legge che “.. eventuali attentati terroristici
ai danni delle infrastrutture di Snam Rete Gas Spa potrebbero avere
ripercussioni sulla situazione finanziaria e sui risultati economici”. Magari
potrebbero considerare anche la nostra pelle, oltre ai risultati economici.
Vi sentite in prima linea?
Lo siamo. Nel 1971 poco dopo l’inaugurazione, venne sfiorato un incidente
gravissimo, perché si deformò la copertura di un contenitore. Si sentì del
trambusto sulla Spezia-Porto Venere, che lambisce l’area e che in due punti
passa all’interno dei cerchi di sicurezza. E si videro le navi della base
militare prendere il largo in tutta fretta. Nessuna informazione fu invece
fornita alla popolazione, che venne a sapere della cosa dalla stampa inglese.
Comunque – ad onta dei rischi improbabili sin quasi all’impossibile – un altro
incidente si è verificato anche qualche mese fa sulla pipeline dell’impianto,
dalle parti di Aulla, nell’Appennino, per fortuna in zona spopolata. Si è
formato un cratere di venti metri di diametro e sette di profondità, e le
fiamme, altre 200 metri, sono arrivate quasi all’autostrada. Cinque case sono
state seriamente danneggiate, ma, per una serie di fortunate coincidenze,
nessuno in quel momento si trovava all’interno delle abitazioni. Il bilancio è
stato di dieci feriti. Parliamo di un danno ad un tubo, non a un serbatoio o a
una gasiera. Queste cose non si sanno, come non se ne sanno altre
Per esempio?
Gli scenari di rischio non prendono in considerazione le navi. Le gasiere sono
cosa altra, non competono a Gnl Italia. Ma il rischio compete pur sempre a noi.
La nave che manovra per accostare a un tubo sempre pieno di gas in pressione, è
forse l’elemento di maggior pericolo.
Di esercitazioni se ne fanno?
Un paio d’anni fa c’è stata una cosa abbastanza farsesca. Due ore prima
dell’incidente simulato, le strade vennero bloccate e sgomberate. Poi si svolse
l’esercitazione e si registrò con soddisfazione che i tempi d’intervento di
vigili del fuoco e ambulanze erano stati rispettati. Magari se l’incidente ci
fosse stato sul serio, in un Ferragosto, con traffico reale, i mezzi ci
avrebbero messo un po’ più tempo…
Sono state fornite alla popolazione delle prescrizioni da seguire, in caso di
incidente?
In teoria. Nel senso che la società, per legge, ha dovuto redigere un piano, che
spiega come ci si debba chiudere in casa, raggiungendo la stanza e il muro
opposto alla posizione del rigassificatore, anche fuori dalle zone considerate
pericolose. Una cosa che appare un po’ contraddittoria e alla quale non è stata
data troppa pubblicità, credo per non allarmare i cittadini. I quali, se
sentissero un segnale di allarme, probabilmente non lo riconoscerebbero e in
ogni caso non saprebbero che cosa fare.
Parliamo del porto? E’ stata considerata la possibile interferenza con gli altri
flussi di traffico?
L’ampliamento non è conforme al Piano regolatore portuale. Con questa
motivazione l’Autorità Portuale ha dato parere negativo, per l’eccessiva
vicinanza allo scalo.
Che da Panigaglia dista?
Poco più di due chilometri.
C’è una conclusione?
Che l’impianto on shore è stato e rimane un rischio continuo, rischio non
compensabile da nessuna contropartita, per cui ci opporremo sempre al suo
ampliamento. Auguro ai triestini di saper resistere come abbiamo fatto noi, che
per nostra fortuna siamo stati finora spalleggiati dalla Regione.
Luciano Santin
IL PICCOLO - MARTEDI', 5 giugno 2012
L’Europa: «L’Italia avrà voce sulla
Capodistria-Divaccia»
TRIESTE Anche l’Italia potrà dire la sua sulle questioni ambientali della
Capodistria-Divaccia. Debora Serracchiani ha strappato la rassicurazione al
commissario europeo all’Ambiente, lo sloveno Janez Poto›nik. L’europarlamentare,
membro della commissione Trasporti, aveva interrogato chiedendo «informazioni
chiare e garanzie sull’impatto della ferrovia veloce che in territorio sloveno
dovrà collegare il porto di Capodistria allo snodo di Divaccia, toccando la Val
Rosandra in territorio italiano». La risposta, resa nota ieri, contiene
innanzitutto il diritto dell’Italia «a essere ammessa dalla Slovenia al processo
decisionale nell’ambito della direttiva Via». Nel merito, il commissario
Poto›nik spiega che il progetto «rientra nel campo d’applicazione dell’allegato
I della direttiva Via, che rende obbligatoria una valutazione d’impatto
ambientale ai fini della costruzione di tronchi ferroviari per il traffico a
grande distanza». Nel caso specifico sono pure previste consultazioni
transfrontaliere, che possono essere avviate dallo Stato membro interessato ai
lavori o da quello «su cui il progetto potrebbe avere ripercussioni
significative». L’europarlamentare incassa con soddisfazione: «E’ una risposta
che ci rassicura sull’attenzione, la correttezza e l’imparzialità con cui la
Commissione vigila sul rispetto delle norme ambientali». Un atteggiamento di cui
«dobbiamo saper fare buon uso», anche se il progetto è rallentato dopo che la
Slovenia è rimasta senza i fondi europei della Prospettiva finanziaria 2007-2013
causa mancato invio della documentazione richiesta. La necessità di aumentare il
livello di competitività dei porti, conclude Serracchiani, dovrebbe convincere
Italia e Slovenia «a puntare, assieme con determinazione, alla realizzazione di
quella manciata di chilometri di ferrovia che servono a collegare il porto di
Trieste e quello di Capodistria. In tempi di dura crisi o si fa sistema o si
affoga».
(m.b.)
Razeto: Confindustria non punta a chiudere ma ad aprire
attività
Il presidente dopo le accuse di Montesi (Sertubi): ho sollecitato il
tavolo sulla Ferriera per trovare soluzioni
«Credo e spero che alla base di tutto ci sia una semplice incomprensione.
Non ho certo vocazione a far chiudere alcuno stabilimento: il mio obiettivo
resta quello di esaminare tutte le possibilità che possano portare a una
soluzione». Sergio Razeto, il presidente di Confindustria Trieste che
l’amministratore delegato di Sertubi Leonardo Montesi ha attaccato duramente,
tende la mano e smorza i toni. Montesi, dopo che Razeto aveva detto di volere
sollecitare la Regione a rendere operativo il tavolo sulla dismissione della
Ferriera progettando il recupero dell’area a fini industriali e logistici, lo
aveva accusato di parlare senza avere ricevuto un mandato specifico
dall’associazione. Sertubi anzi, aveva aggiunto l’ad dello stabilimento che fa
capo alla multinazionale indiana Jindal, «un’idea progettuale» per l’area ce
l’ha. Ma contempla il permanere di Lucchini «a tempo indeterminato», sebbene non
in forma di siderurgia pesante e invasiva. Montesi aveva annunciato la
possibilità di uscire da Confindustria, chiedendo un direttivo in cui discutere
in modo definitivo della questione. Solo «un’incomprensione», insomma, per
Razeto, che ribadisce: «Non mi sono mai sognato di pensare a una chiusura della
Ferriera tout-court, il tavolo in Regione va riaperto per individuare tutte le
possibilità presenti. Spero di parlare quanto prima con Montesi e di riaprire un
rapporto di collaborazione. L’intenzione è tutta e solo positiva». Razeto non
vuole andare oltre, né replicare alle pure pesanti affermazioni di Montesi. «Non
ho chiesto un mandato per parlare di Servola? Ma nell’assemblea di Confindustria
- spiega Razeto - ho cercato di raccogliere quelli che ritenevo i punti più
rilevanti per il settore cittadino, nell’intenzione di incrementarlo. Siamo al
fianco, non certo contro: Confindustria anzi deve fare massa critica con le
imprese per facilitarne l’esistenza e favorire l’inserimento di nuove aziende».
E il protocollo d’intesa sulla Ferriera che Montesi ha definito un guscio vuoto,
tutto da riempire di contenuti? «Ma quell’intesa tende a individuare tutte le
priorità, non si parla solo di dismissione. L’obiettivo, lo ribadisco, è creare
tutte le condizioni per mantenere tutto quanto è possibile», aggiunge Razeto.
Quanto all’«idea progettuale» di Sertubi, «io sono al corrente della faccenda
del costo dell’energia», dice Razeto, ovvero dell’istanza che lo stabilimento di
tubazioni sta portando avanti con Roma per vedersi ridotto il costo
dell’energia. Un aspetto di cui si è discusso anche in Regione, conferma
l’assessore alle attività produttive Federica Seganti, «con Sertubi, Ferriera e
Linde consorziati per l’acquisto di energia così da potere usufruire
dell’abbattimento dei costi» previsto in questi casi da Roma. «Abbiamo fatto
vari incontri sulla questione energetica e Sertubi ci ha fatto delle proposte
lungimiranti e interessanti: stiamo valutando per capire cosa si possa fare in
aiuto», dice Seganti. Ma quello dell’energia, ha fatto capire Montesi, è solo un
tassello di un più ampio progetto che potrebbe vedere Sertubi-Jindal rilevare
parte dell’area di Servola per farne un polo industriale di impatto ambientale
diverso da quello attuale. «Un progetto non mi è stato presentato, ma si è
parlato con Servola e Sertubi di un’ipotesi generica su cui lavorare», dice
l’assessore regionale: «Certo, da quanto dicono i tecnici, esistono soluzioni in
cui il processo produttivo può permanere eliminandone la parte inquinante».
(p.b.)
Frigo vicino al cassonetto Scatta la multa da 206 euro
- RIFIUTI
Caccia a chi non pratica la raccolta differenziata, ma anche più
semplicemente a chi non rispetta le regole minime del vivere civile. La polizia
locale ha pizzicato sul fatto un giovane di 26 anni mentre depositava vicino ai
cassonetti di via dell’Agro (a due passi da viale D’Annunzio) un mobile-bar e un
frigorifero. È scattata subito la multa da 206 euro con l’obbligo di
ripristinare il luogo così com’era prima, ossia di portare via i rottami. Va
ricordato che i rifiuti ingombranti devono essere portati negli appositi centri
di raccolta: per chi non lo potesse fare da solo, esiste anche un speciale
servizio di raccolta a domicilio, che funziona su appuntamento (tel.
040.779.3780 da lunedì a sabato con orario 8-17). Questi indirizzi e orari dei
centri di raccolta: a San Giacomo in via Carbonara 3 (tel /fax 040.772688;
orario: lunedì-sabato7-19; domenia 8-13); a Roiano in via Valmartinaga 10 (tel/fax
040.4526337; orario lunedì-sabato 7-19); a Opicina in Strada per Vienna 84/a (tel
040.212368; orario lunedì-sabato 7-19); a Campo Marzio in via Giulio Cesare 10
(orario lunedì-sabato 6-18). Va ricordato che nelle ultime settimane, anche in
base al ”giro di vite” sul rispetto della raccolta differenziata e della pulizia
cittadina imposto dalla giunta comunale, i vigili hanno anche imposto parecchie
multe ai passanti sorpresi a gettare i mozziconi di sigaretta a terra, magari a
pochi metri dagli appositi contenitori.
SPORTELLO AMBIENTE
All’Otc in via Udine 4/c, è sempre attivo lo Sportello ambiente per informazioni sull’adozione di nuove tecniche in edilizia e per il corretto uso delle risorse ambientali ed energetiche. Ogni venerdì è a disposizione un architetto esperto in salvaguardia del territorio e benefici di fotovoltaico-solare. E attivo pure un nuovo sportello per analisi e possibile stipula contratti di locazione secondo l’Accordo territoriale, per redazione contratti e registrazione telematica. Ogni giorno, con orario 9-12, 15.30-18, esperti a disposizione per le più diverse esigenze dei consumatori. Tel. 040-365263 e 040-634477 otcconsum@gmail.com
Corso sulle piante officinali - PRIMO APPUNTAMENTO IL 9
GIUGNO
Carsiana primo incontro il 9 giugno alle 10.30 Iscrizioni: Rogos, tel.
333-4056800
Prende il via il 9 giugno a Carsiana, il corso di avvicinamento alle piante
officinali ed eduli e spontanee del Carso, organizzato dalla Rogos, cooperativa
che gestisce il giardino botanico della Provincia. Si tratta di un ciclo di tre
appuntamenti con giovani appassionate di piante, che sveleranno le proprietà
officinali, gli usi alimentari e le tradizioni legate alla flora spontanea del
Carso. Le esperte Gaia Viola, Elisa Cociani e Martina Malalan insegneranno a
riconoscere, conservare ed utilizzare le specie officinali ed eduli. Oltre alla
parte teorica, gli incontri prevedono la preparazione di una tisana o di alcune
pietanze. Gli appuntamenti si terranno il 9, 16 e 23 giugno a Carsiana e al
centro visite Gradina nella Riserva dei laghi di Doberdò e Pietrarossa. Nel
primo incontro “Le erbe nel piatto”, alle 10.30, Gaia Viola ci guiderà in una
sorta di escursione in giardino alla scoperta delle specie commestibili presenti
nei nostri orti, prati e non solo.
IL PICCOLO - LUNEDI', 4 giugno 2012
«Centrale a biomasse di Opicina Il cantiere al via in
sei mesi»
La società Iit: investimento tra i 50 e i 60 milioni, dopo le
autorizzazioni lavoro per oltre 100 operai
A regime 25-30 addetti. Giovanetti: vogliamo spiegare
il progetto per avere appoggio dalla gente
È iniziato il conto alla rovescia per l’avvio dei lavori di costruzione
della centrale elettrica di Opicina alimentata a biomasse. Entro sei mesi, una
volta concluso l’iter delle procedure di autorizzazione già avviate negli uffici
della Regione, la “Iit srl” (Investimenti industriali triestini) potrebbe aprire
il cantiere. La previsione è di Paolo Giovanetti, l’ingegnere che ha già avviato
a Livorno per la stessa società romana una analoga iniziativa. Lì in Toscana,
per il completamento del percorso autorizzativo di una centrale elettrica da 25
megawatt alimentata a biomasse simile a uella che dovrebbe sorgere a Opicina,
stati sufficienti cinque mesi. “Conferenza dei servizi” compresa. Va aggiunto
che dovrà essere superato il giudizio negativo già espresso dal Wwf che più che
su nuove centrali punta sull’efficienza energetica. A Opicina si sta costituendo
anche un comitato di residenti che ritiene che l’impatto ambientale del nuovo
impianto sia incompatibile con l’area carsica individuata per l’iniziativa. Se
dalla Regione verrà invece il via libera all’iniziativa, verranno investiti tra
i 50 e i 60 milioni di euro. Nei due anni previsti per la costruzione delle
opere edili lavoreranno nel cantiere tra i 100 e i 130 operai. «Utilizzeremo
manodopera locale, mentre gli specialisti saranno gli stessi impiegati nella
realizzazione della centrale di Livorno» spiega Paolo Giovanetti, consapevole
che oggi in anni di decrescita e di posti di lavoro in via di vaporizzazione,
difficilmente i “no” alla centrale potranno prevalere sui “sì” di coloro che
ritengono questa iniziativa una opportunità che il nostro territorio non può
perdere o rinviare a dopo le elezioni regionali e politiche. Per capire da chi
verranno i “sì” è sufficiente valutare il profondo stato di prostazione del
settore delle costruzioni. Due iniziative hanno alimentano in questi mesi i
conti esausti della Cassa edile: Portopiccolo a Sistiana e l’enorme complesso
edilizio di Campo Marzio, bloccato, assieme da almeno un mese. «Le imprese
locali hanno perso negli ultimi dodici mesi 600 posti di lavoro coi relativi
contributi che sono stato coperti da queste due iniziative. Le prospettive per i
prossimi tre mesi sono particolarmente nere» afferma Stefano Zuban, da anni e
anni punto di riferimento della Confederazione nazionale dell’artigianato. Un
secondo “sì” sarà quello della Wärtsilä e del suo presidente Sergio Razeto, al
vertice di Confindustria Trieste. Il progetto presentato alla Regione dice che i
due diesel impiegati nella centrale saranno dei 18 cilindri a V costruiti nello
stabilimento di San Dorligo della valle. L’olio di palma indicato come
combustibile, arriverà via mare e sarà sbarcato a Trieste. Serviranno
sessantamila tonnellate l’anno che verranno trasportate a Opicina con carri
ferroviari, coinvolgendo l’Autorità portuale, i depositi costieri di San Sabba e
Rete Ferroviaria Italia. «Ci metto la mia faccia in questa iniziativa» ha
affermato ieri Paolo Giovanetti, che a breve scadenza illustrerà a Trieste tutti
i dettagli dell’iniziativa della “Iit srl”. «A regime i posti di lavoro si
attesteranno tra i 25 e i 30, ma devono essere valutate anche altre ricadute: ad
esempio la possibilità di collaborazione con l’Area Scienze Park di Trieste. Non
voglio mettere il carro davanti ai buoi ma attorno alla centrale a biomassa
potrebbero coagularsi anche altre iniziative, specie a livello di ricerca.
Vogliamo spiegare, mettere a fuoco tutti i dettagli, ottenere l’appoggio
dell’opinione pubblica».
Claudio Ernè
Riscaldamento per molte case della zona
Fino all’ultima caloria. La centrale elettrica a biomassa o meglio lo
sviluppo del progetto originale, potrebbe consentire a un notevole numero di
abitazioni di Opicina di usufruire del teleriscaldamento. Ecco i dettagli. La
quantità di calore dei gas di scarico dei due diesel - dopo aver prodotto una
notevole quantità di vapore usata per mettere in movimento le palette di una
turbina, dovrebbe essere utilizzata ulteriormente per riscaldare l’acqua
destinata alle abitazioni private. «Il rendimento del nostro impianto raggiunge
il 51 per cento» spiegano i tecnici della Iit srl. «Un livello molto alto in cui
tutta l’energia prodotta viene sfruttata al meglio». I residui dei gas di
scarico dei diesel, opportunamente trattato per abbattere le emissioni
inquinanti, verranno convogliati in una ciminiera alta 22 metri, un terzo del
grattacielo di Campo Marzio, ma comunque ben visibile sull’altipiano carsico. La
“Iit srl” ritiene di riuscire ad abbattere le emissioni sonore dei due diesel,
il gran frastuono che contraddistingue le sale macchine delle navi e delle
centrali di questo tipo. Il mercato offre infatti adeguati pannelli
fonoassorbenti: si tratta solo di spendere quanto serve a far si che sia
garantito il riposo delle persone.
Trilaterale rigassificatore Muggia la sede del Tavolo
La proposta avanzata dal sindaco Nesladek in un recente incontro a
Lubiana. Si metteranno le basi per progetti legati alla politica, l’economia e
l’energia
MUGGIA Il Tavolo tecnico rigassificatori Trieste, diventato nel frattempo
transnazionale con l'ingresso di ricercatori croati che si sono aggiunti agli
studiosi sloveni e italiani che già lo componevano, è stato invitato a
un'audizione presso il ministero dell'Ambiente sloveno. All'incontro di Lubiana
erano presenti - oltre agli esperti del Tavolo promosso dalla Uil Vigili del
fuoco del FVG e coordinato da Adriano Bevilacqua - anche il sindaco di Muggia,
Nerio Nesladek e l’europarlamentare sloveno Aurelio Juri. L'incontro ha fatto
seguito all'audizione tenuta il 17 aprile scorso al ministero dell'Ambiente
croato, che aveva ricevuto il Tavolo e Nesladek. In quella occasione era stata
lanciata la proposta di istituire un Tavolo congiunto di cooperazione e sviluppo
transfrontaliero con la collaborazione di Italia, Slovenia e Croazia per porre
le basi di un ragionamento economico–politico-energetico condiviso. Muggia,
attraverso il sindaco Nesladek, aveva offerto la propria candidatura come sede,
proposta che ora vede l'approvazione anche della Slovenia tramite il ministro
dell'ambiente sloveno Franc Bogovic. Il Tavolo tecnico è composto da circa venti
docenti e ricercatori dell’Università di Trieste, dell’Ogs e del Cnr che si sono
prestati gratuitamente per il sindacato Vigili del fuoco della Uil ad esaminare
il progetto del “Terminale di ricezione e rigassificazione Gnl Zaule-TS”, il
cosiddetto rigassificatore di Zaule, presentato da Gas Natural riscontrandone
“carenze e artifici progettuali su sicurezza e inquinamento” presenti anche
nella documentazione del nuovo progetto di Gas Natural. Anche nell'incontro di
Lubiana i tecnici hanno espresso le proprie valutazioni circa la compatibilità
ambientale e i rischi antropici legati alla realizzazione di un impianto di
rigassificazione nell'area dell'Alto Adriatico, proponendo soluzioni alternative
ad un gruppo sloveno altrettanto preparato e concorde. Dopo le positive aperture
mostrate dal governo di Zagabria per bocca del Ministro Mirela Holj, che aveva
espresso l'auspicio di un confronto tra Italia, Slovenia e Croazia per ragionare
assieme sulle strategie energetiche, tenendo presenti le necessità e le
problematiche ambientali comuni ai tre Paesi che si affacciano sull’Adriatico,
l'incontro in Slovenia si configura pertanto come una tappa altrettanto fondante
di un percorso verso la realizzazione di un Tavolo congiunto di cooperazione e
sviluppo transfrontaliero. La proposta di un Tavolo trilaterale ha già ottenuto
l’appoggio del professor Tomaž Ogrin dell’istituto Jožef Štefan, massima
istituzione scientifica lubianese (che da tempo collabora con i colleghi
italiani), e di Aurelio Juri.
(a. g.)
Mercati rionali per i prodotti a chilometro zero -
TURISMO AGROALIMENTARE
La proposta in una mozione approvata dal consiglio per sostenere i
piccoli agricoltori locali
MUGGIA “Tutelare le produzioni agroalimentari del territorio, favorirne la
distribuzione e promuovere azioni mirate al fine di legare il Comune di Muggia
ad un turismo agroalimentare”. Questo l'impegno che il sindaco Nerio Nesladek si
è assunto durante l'ultimo consiglio comunale. La mozione presentata dal
consigliere del Pd Marco Finocchiaro è stata approvata con l'astensione delle
opposizioni. «Ormai il concetto di turismo di massa degli anni Sessanta non è
perseguibile e nemmeno il mordi e fuggi dei tempi di abbondanza economica,
meglio riscoprire il vivere sano senza frenesie e da una riscoperta dei gusti
ormai perduti, pensando alle grosse opportunità che offre il nostro territorio»,
ha spiegato Finocchiaro. Da qui la sottolineatura del fatto che le colline di
Muggia sono diventate nel corso degli ultimi anni “un giardino dove la
passeggiata domenicale diventa promozione del nostro territorio grazie ai
piccoli produttori locali, coltivatori diretti iscritti ma anche degli hobbisti
per la cura, salvaguardia e promozione del nostro vino, miele e dei prodotti
ittici”. Ricordando l'iniziativa Slow Tourism, sovvenzionata da fondi europei
che punta ad incentivare “l'aspetto enostastronomico del territorio legato a
passeggiate, trekking, percorsi ciclabili ed utilizzo sostenibile del mare”,
Finocchiaro ha inoltre impegnato il sindaco e la giunta “a incentivare la
creazione di piccoli mercati rionali o di gruppi d'acquisto solidale patrocinati
dall'amministrazione”, per avvicinare i giovani al commercio sostenibile. Il
documento è stato sottoscritto da parte di Coldiretti e Alleanza agricoltori-
Kmecka Zveza. «È davvero giunta l'ora di iniziare a sostenere i prodotti locali
e il Made in Italy, anche perché i prodotti di un territorio sono la fotografia
del territorio stesso, fattore importante tanto da un punto di vista economico
quanto turistico», ha commentato Ivo Bozzatto direttore della Federazione della
Coldiretti di Trieste e Gorizia. Tra i possibili punti di forza del territorio
muggesano Bozzatto ha citato nello specifico l' olio d'oliva Dop e i mercati di
campagna "per permettere ai muggesani di comperare direttamente da chi produce a
km 0». A sostegno della mozione anche Edi Bukavec, anima storica dell'Alleanza
Agricoltori- Kmecka Zveza: «Purtroppo nella globalizzazione le produzioni locali
rischiano seriamente di perdersi, dunque è importante investire nella tutela del
mondo agricolo, senza dimenticarci dell'importante finanziamento regionale che
rientra nel masterplan dei Gruppi di azione locale. Ma la Regione sta facendo
orecchie da mercante». Soddisfatto della mozione il segretario del Pd muggesano,
Fulvio Tomini: «Noi faremo la nostra parte, ora tocca alla Regione ma anche alla
disponibilità dei nostri ristoratori e produttori».
Riccardo Tosques
IL PICCOLO - DOMENICA , 3 giugno 2012
Città del futuro, politici e architetti a confronto -
CIRCOLO DELLA STAMPA
Tavola rotonda su “Sviluppo a crescita zero?”: «La sfida è progettare a
misura d’uomo»
Migliorare la qualità della vita attraverso uno sviluppo urbano a misura
d’uomo, affidandosi a concetti innovativi e a dinamiche originali, basate sulle
scelte condivise e sul concetto di partecipazione. Si è sviluppato intorno a
queste linee guida il dibattito organizzato dal Circolo della Stampa dal titolo
“Sviluppo a crescita zero? Idee, strumenti, risorse umane per farlo”, che ha
visto confrontarsi su questo tema Ezio Micelli, assessore all’Urbanistica del
Comune di Venezia, e Ileana Toscano, architetto e presidente dell’associazione
Kallipolis, stimolati dalle domande di Elena Carlini che ha moderato l’incontro.
«Il nostro paese da dieci anni deve fare i conti con la “malattia” della non
crescita e del debito, dunque bisogna essere pronti ad accettare nuove sfide –
ha spiegato Micelli -. Servono progetti realizzabili che puntino alla qualità
della vita, soddisfino la domanda reale della popolazione e non quella
speculativa, partendo dalla ricostruzione dello spazio pubblico nei quartieri e
nelle città, che devono tornare ad essere appetibili, oltre a togliersi di dosso
la patina dello sviluppo di volume, del caos, della densità, e dello smog».
Dunque un punto di vista innovativo, un cambio di prospettiva deciso, da
sviluppare attraverso un percorso partecipativo della comunità che non può più
essere slegata al territorio. Un concetto ripreso anche da Ileana Toscano che ha
collaborato alla realizzazione di un progetto di questo tipo in Bosnia, a
Sarajevo, ma anche nel quartiere triestino di Gretta. «Siamo partiti da un mix
di collaborazione tra amministrazione pubblica e popolazione, esplorando il
territorio e coinvolgendo la comunità, per conoscere bisogni e individuare
soluzioni. Un progetto che alla fine ha dato buoni risultati». Una simile
progettualità, è stato sottolineato, potrebbe essere utilizzata anche per lo
sviluppo urbano di Trieste e per la riqualificazione del Porto Vecchio. «Lo
sviluppo della città - ha proseguito Micelli - deve partire dall’arricchimento
della qualità e dalla mobilità pubblica e non dall’aumento del volume, e in
questo senso credo che l’amministrazione comunale sia sulla buona strada.
Diversa la questione Porto Vecchio, dove bisogna sforzarsi di essere innovativi
nel percorso di riqualificazione, a costo di riscrivere i contenuti e ripensare
alla funzione di quelle aree, più aderente alla domanda reale, perché non è così
scontato che ci saranno soggetti pronti ad investire in quei luoghi. Il mercato
è cambiato ed è sempre più selettivo, questo significa che non ci sarà spazio
per eventuali errori di valutazione».
Pierpaolo Pitich
Relitti di navi da scoprire nel “Parco” dei fondali
Il progetto turistico e ambientale di un circolo di sub prevede
l’inabissamento di unità dismesse della Marina militare in un’area della Riserva
di Miramare
Rifugio per la flora marina, nuovo habitat per la fauna, laboratorio sommerso e
fonte di possibile attrazione turistica. Sulla carta le credenziali ci
sarebbero, mancano al momento le spinte economiche, l'avallo ministeriale e
magari una solida alleanza con il mondo ambientalista. Si chiama semplicemente
“Parco Navale di Trieste” il progetto che prevede una sorta di museo dei fondali
dove ospitare alcune unità dismesse della Marina Militare – corvette, motonavi e
persino sommergibili – da inabissare, previa bonifica, in un tratto di circa
55mila metri quadrati nell'area della Zona B della Riserva Marina di Miramare.
L'idea è nata nel 2002 su iniziativa della “Trieste Sommersa Diving”, un circolo
di sommozzatori - guidati da Alessandro D'Amico, Roberto Bolelli e Edoardo
Nattelli -, attivi sul territorio anche in veste di tecnici, divulgatori e
ricercatori impegnati in missioni all’estero. A loro, per esempio, si devono
alcuni studi sugli squali bianchi in Sudafrica. Il loro progetto
rappresenterebbe una novità assoluta per il Golfo e dintorni, ma riprenderebbe
un modello di sviluppo già adottato in varie parti del mondo, dal Messico
all'Australia, sino a Cuba e Seychelles. Non si tratterebbe quindi di partire da
zero. Durante la lunga “gestazione”, il progetto del Parco Navale ha raccolto
alcune significative approvazioni: da quella simbolica dello storico apneista
Enzo Maiorca, a quelle più concrete da parte della Capitaneria di Porto di
Trieste (alla quale nel 2004, è già stata avanzata una specifica domanda di
concessione demaniale) e della Marina Militare, da tempo disponibile, attraverso
le sedi portuali di Augusta e Taranto, a rifornire Trieste dei primi relitti da
esposizione. Secondo le stime degli ideatori e di alcuni esperti di Biologia
marina, iniziative del genere contribuirebbero anche a rivitalizzazione
l'habitat marino, dando modo al legno e all'acciaio delle navi sommerse di
trasformarsi in tane, vivai, fontane di vita, territori per la proliferazione,
lo studio e la pesca. Allargando i possibili contenuti, l'onda del Parco Navale
produrrebbe anche altre positive conseguenze: «La ricaduta in termini di lavoro
sarebbe notevole - assicura Roberto Bolelli, uno dei ideatori del progetto –
coinvolgerebbe manutentori, guide, tecnici specializzati, senza contare la parte
specializzata, quella degli studiosi, in grado di valutare sul campo vari
aspetti della flora e della fauna». Il richiamo del “Relitto Tour” non
riguarderebbe poi solo i cultori della subacquea: «Sarebbe aperto a tutti –
conferma il sommozzatore Alessandro D'Amico -. Con l'impiego di
“semisommergibili”, mezzi cioè capaci di inabissarsi entro i 10 metri, le visite
sarebbero estese a tutte le categorie, scolaresche comprese, in totale
sicurezza». Dopo 10 anni di incubazione, il progetto Parco Navale, presentato
ufficialmente alcuni giorni fa nel corso di un convegno, inizia ora a uscire
allo scoperto. Ci sono già anche le prime stime economiche: il trasporto di una
unità dalle basi militari, la bonifica e l'operazione di affondamento del
relitto, porterebbe a un investimento iniziale di circa 500mila euro. Nel 2006,
l’allora ministro dell'Ambiente Altero Matteoli diede una sorta di assenso
informale cui però non seguì alcuna “firma” ufficiale. Il primo scoglio ora
sembra questo.
Francesco Cardella
Business redditizio in altri Paesi - LA SCHEDA
Finora i Paesi che hanno “scommesso” sui Parchi navali, sono stati premiati
in termini di visitatori. A Cuba, stando alle cifre fornite dalle autorità
ministeriali del Paese, l'allestimento di un parco navale ha comportato un picco
degli introiti in chiave turistica. Una sorta di ulteriore attrazione, capace di
rendere più appetibili le tradizionali offerte vacanziere. Le stime più
ottimistiche provengono comunque dall’Inghilterra. Secondo gli studi compiuti
dalla University of Playmouth – Business School, il parco navale della Baia di
Playmouth, dove “giace” dal 2004 la nave Scylla, convoglierebbe un giro annuale
di circa un milione di sterline.
(f.c.)
SEGNALAZIONI - Rigassificatore - I rischi dell’impianto
Rigassificatori a Trieste. Leggo a pag 31-32 di "Considerazioni sul problema dei rigassificatori tra aggregazione del consenso e conflitto ambientale", tesi di laurea di Flavio Lodoli all'Università degli Studi del Piemonte Orientale, convenzionata con quella di Trieste (il testo è reperibile in rete), e trovo un accenno al terminal, poi mai realizzato, che si voleva costruire al largo di Oxnard California (vicenda ben documentata sul web, c'è persino un film). In merito all'impianto la Coast Guard statunitense sollecitò uno studio ai Laboratori Nazionali Sandia. Ne emerse - scrive Lodoli - che "... con una perdita di 200 mila metri cubi da due serbatoi di GNL, con un vento di due metri al secondo (caso peggiore considerato), la nube infiammabile di vapore si può estendere fino a 11 km, a partire dall'unità di stoccaggio e rigassificazione". Qui gli 11 km di raggio includerebbero nell'area a rischio da una parte gli abitanti di Trieste ed Opicina, e la costa sin quasi Miramar, dall'altra Muggia, San Dorligo e Capodistria. Sul Carso si arriverebbe a Sesana ed Erpelle Cosina. Il rischio sarà minimo, se prevale nel mondo, specie nei Paesi evoluti, la tendenza a costruire impianti del genere fuori dalle aree abitate, specie al largo. Perché non farlo anche qui?
Roberto Sestan
SEGNALAZIONI - Acegasaps - Aumenti spropositati
Puntuale come ogni primavera e nel silenzio generale, AcegasAps ha aumentato di nuovo le tariffe dell'acqua. Dopo l'aumento del 28% nel 2010 ed addirittura del 360% la quota fissa per usi non domestici nel 2011, quest'anno ecco una nuova sorpresa, con aumenti che vanno spaventosamente oltre l'inflazione. Non so quali parametri abbiano utilizzato i dirigenti di AcegasAps per calcolare questo nuovo balzello, non certo gli aumenti di stipendi e pensioni dei dipendenti, forse piuttosto la crescita dei propri compensi e bonus, ma chissà se si sono resi conto che hanno realizzato una nuova ingiustizia, e cioè il trasferimento di risorse dai più poveri verso i più ricchi? Infatti, aumentando la quota fissa, chi usa l'acqua con parsimonia la paga più cara di chi la usa per riempirsi la piscina, e questo, in un periodo in cui l'acqua è diventata un bene prezioso, è scandaloso. Se da un lato AcegasAps dichiara che "La Società è impegnata in un programma per il contenimento dei consumi" a cui i triestini hanno aderito con entusiasmo, dall'altro lato i minori consumi hanno causato un calo nel 2011 dell'utile netto di AcegasAps di 4 milioni di Euro. Ma gli azionisti AcegasAps possono dormire sonni tranquilli: a fronte del calo degli utili, il loro dividendo nel 2011 è stato addirittura raddoppiato passando da 0,09 a 0,18 euro. In parole più semplici: il comportamento virtuoso dei triestini, che hanno imparato a ridurre gli sprechi, ha provocato un calo degli utili di AcegasAps che li ha puniti aumentando le tariffe per poter remunerare gli azionisti. Oppure, in altri termini, AcegasAps ha raddoppiato i dividendi agli azionisti, e per poterselo permettere è stata costretta ad aumentare le tariffe. Invertendo l'ordine, il risultato non cambia. Ultima nota: secondo i dati di Legambiente, la rete idrica di Trieste perde come uno scolapasta, poiché il 55% dell'acqua immessa in rete viene persa per strada, uno dei peggiori risultati in Italia ed in costante peggioramento nel corso degli anni. Una scelta oculata sarebbe quella di utilizzare gli aumenti tariffari per la manutenzione della rete idrica ed a ridurre gli sprechi, altro che raddoppiare i compensi agli azionisti.
Alessio Vremec
Domenica con #Salvaiciclisti - RITROVO IN PIAZZA DELLA
BORSA
#Salvaiciclisti piazza della Borsa Info: salvaiciclistiTrieste@gmail.com
#Salvaiciclisti si presenta anche a Trieste per chiedere più sicurezza per gli
amanti della bici. Oggi, alle 10.30, in piazza della Borsa, incontro dei
ciclisti urbani triestini e poi tutti al mare a Barcola. #Salvaiciclisti è un
movimento che chiede più sicurezza sulle strade per chi usa la bicicletta: nato
su internet, nel giro di pochi mesi è riuscito a portare sulle strade di Roma
50000 persone per farsi sentire dalle istituzioni: negli ultimi 10 anni in
Italia sono morti sulla strada 2556 ciclisti. L’iniziativa si è estesa anche in
regione e su Facebook è nato la scorsa settimana il gruppo #Salvaiciclisti
Trieste per proporre al Comune i cambiamenti necessari per garantire più
sicurezza sulle nostre strade. Il primo incontro dei membri si è tenuto il 20
maggio, in occasione dell’iniziativa su scala nazionale di #Salvaiciclisti
"Incontriamoci&conosciamoci”, davanti a tutti i municipi d’Italia: partecipare è
importante, per farsi sentire.
IL PICCOLO - SABATO, 2 giugno 2012
Ferriera e rigassificatore Industriali in pressing -
IMPRENDITORIA»ASSEMBLEA
Razeto: impianto gnl strategico, ma Gas Natural doveva proporre
compensazioni Siderurgia, la Regione acceleri.
Porto Vecchio, investitori subito o via il Punto franco
Ferriera, rigassificatore, Sito inquinato e porto: i macigni hanno nome e
cognome, e sono sempre gli stessi. Mentre il mondo cambia e la crisi morde,
Trieste e il Friuli Venezia Giulia continuano a dormire sotto effetto di potenti
anestetici. Si discute, proliferano tavoli e accordi, ma la chiave di volta
resta nel cassetto. Dalle sabbie mobili che bloccano la riconversione della
Ferriera di Servola alle faide pro e contro l'impianto gnl di Gas Natural a
Zaule, dall'odissea della terza corsia della A4 alla Tav e all'incognita del
tracciato, fino ad arrivare a Porto Vecchio, vero emblema di un territorio che
rischia definitivamente di perdere il treno. È da Palazzo Ralli che arriva un
quadro a tinte fosche. A tracciarlo il presidente di Confindustria Trieste
Sergio Razeto, che ieri, in occasione dell'assemblea degli industriali della
provincia, ha passato in rassegna luci e ombre del sistema produttivo nostrano.
Un sistema povero di industria, in cui le aziende restano ancora troppo "micro",
strozzate dalla crisi e snobbate dalle banche. Piaghe davanti alle quali le
istituzioni non riescono a fare abbastanza. In primis la Regione, che in questi
anni di giunta Tondo «ha avviato percorsi positivi, ad esempio su ammortizzatori
sociali e sostegno al credito», ma di fatto «ha messo solo qualche pezza qua e
là, senza prendere scelte decisive che risolvano i veri problemi: fiscalità di
vantaggio, riduzione dei costi energetici, sburocratizzazione, infrastrutture».
La Ferriera È lo stabilimento servolano uno dei cantieri da chiudere al più
presto. Troppe le lungaggini su questo tema secondo il numero uno di
Confindustria locale, che non ha mancato di bacchettare: «Continueremo a
sollecitare la Regione - ha commentato Razeto - perché è urgente rendere
operativo il tavolo di lavoro previsto dal protocollo sottoscritto fra Regione
stessa, istituzioni locali e parti sociali per programmare l’attività di
dismissione dell’impianto siderurgico e progettare il recupero dell’area a fini
industriali e logistici». Rigassificatore Sul tema gli Industriali triestini non
hanno dubbi: l'impianto va fatto, e alla svelta, perché è «strategico». Piaccia
o no agli enti locali. «Lo riteniamo un'opera utile per il rilancio economico
del territorio - ha spiegato Razeto - a condizione che siano utilizzate le
soluzioni progettuali e tecnologiche più avanzate in termini di sicurezza e di
impatto ambientale, e che il progetto non vada a confliggere con le attività
portuali». E le proteste dei Comuni e della gente? “Colpa” di Gas Natural: «Ha
sbagliato nella comunicazione. Doveva proporre adeguate compensazioni. Penso ad
agevolazioni per l'acquisto del gas, o alla realizzazione di un parco nella zona
delle Noghere: di possibilità per avvicinarsi alla gente ce n'erano, bisognava
sfruttarle. In ogni caso - ha aggiunto il leader degli Industriali - sono il
Governo e la Regione a dover decidere. Le contrarietà di Comuni e Provincia
frenano l'iter, ma non lo possono bloccare completamente. Mi auguro che si
riesca a trovare una soluzione immediata per portare a compimento il progetto».
Porto Benissimo lo sblocco dei fondi Cipe per la piattaforma logistica e
l'apertura dei collegamenti ferroviari in ambito portuale ai vettori esteri. Ma
per il leader degli Industriali non basta: «Il porto è un asset imprescindibile
per Trieste, si deve sfruttarlo e investire. Bisogna chiudere al più presto
l’iter ministeriale di approvazione del Piano regolatore e servono interventi
sulla rete ferroviaria». Porto Vecchio Immancabile un commento. «Io preferirei
che le attività commerciali venissero concentrate in Porto Nuovo, a meno che non
si trovino, e subito, investitori interessati a sviluppare attività coerenti con
le normative che disciplinano il regime di punto franco. Altrimenti meglio
spostare il punto franco altrove e aprire Porto Vecchio completamente alla
città. Di base, però, raggiungere il porto di Trieste rimane un miraggio. Penso
ai lavori per la terza corsia: sono partiti, ma si troveranno i fondi». Sito
inquinato La partita delle bonifiche va chiusa subito. E qui, questa volta,
qualcosa si muove. «Finalmente. Dopo quasi dieci anni - ha concluso Razeto -
abbiamo potuto mettere un punto fermo per liberare i terreni dal perimetro del
Sin: un risultato importante».
Elisa Coloni
Lucchini spa - Servola, Bonacina nuovo direttore
Cambio ai vertici della Ferriera di Servola. Da ieri Giuseppe Bonacina è il
nuovo direttore dello stabilimento siderurgico del gruppo Lucchini, nominato a
conclusione delle evoluzioni organizzative previste dalla società e finalizzate
a mantenere sotto stretto controllo le perfomance produttive dell’impianto
triestino. Giuseppe Bonacina vanta una lunga esperienza manageriale maturata in
rilevanti ruoli aziendali precedentemente ricoperti all’interno della Lucchini
SpA. Nel suo nuovo incarico Bonacina si avvarrà del supporto tecnico di Marco
Bianchi, che avrà la specifica missione di far rispettare i programmi produttivi
dello stabilimento siderurgico di Trieste e le normative in tema di ecologia e
ambiente. Bianchi è stato in precedenza il responsabile della cokeria,
dell’altoforno ed infine dell’acciaieria di Piombino.
Usare meno l’inceneritore e più raccolta differenziata
- L’INTERVENTO DI LUCIA SIROCCO - Circolo Verdazzurro Legambiente Trieste
Sulla delicata questione dei rifiuti, provenienti dalla Campania e bruciati
all’inceneritore di Trieste, Legambiente Trieste chiede la massima trasparenza,
che finora è stata invece totalmente negata dai responsabili dell’operazione.
Questo il tenore della lettera che abbiamo inviato al sindaco Cosolini ed agli
assessori all’ambiente, Laureni, e allo sviluppo economico, Omero (responsabile
anche dei rapporti con le società partecipate, come Acegas-Aps). Nessuna
obiezione, da parte nostra, sul fatto che in situazioni di emergenza, ci si
debba far carico anche dello smaltimento di rifiuti prodotti altrove, per un
ovvio principio di solidarietà nazionale. Purché, ben inteso, l’emergenza non
diventi cronica. Questo deve avvenire, però, in un quadro di totale trasparenza
sugli effetti ambientali dell’operazione. L’esatto contrario di quanto accaduto
finora, con i convogli di rifiuti di fatto «militarizzati», nessuna informazione
sull’effettiva composizione dei rifiuti stessi, sull’eventuale modifica della
natura delle emissioni dal camino dell’inceneritore e sul destino finale delle
scorie e delle ceneri così prodotte. La problematica è rilevante, anche alla
luce del fatto che in Campania, per lungo tempo, la gestione dello smaltimento
dei rifiuti urbani è stata quanto mai carente, portando ad esempio alla
produzione di centinaia di migliaia di «eco-balle», nelle quali verosimilmente
rifiuti urbani erano mescolati illegalmente a rifiuti speciali e tossici e
nocivi. Per tacere delle note interferenze della criminalità organizzata nella
gestione dell’intero ciclo dei rifiuti. Risulta peraltro che all’inceneritore di
Acegas-Aps arrivino regolarmente carichi di rifiuti anche dalla Slovenia e
dall’Austria. Neppure su questi le informazioni sono esaustive. Da ciò la
richiesta al sindaco ed agli assessori competenti, di fornire quanto prima alla
cittadinanza (allo scopo di fugare ogni dubbio e smentire eventuali allarmismi)
tutte le informazioni su: - quantità e composizione dei carichi di rifiuti
arrivati all’inceneritore Acegas-Aps sia dalla Campania, sia da Slovenia,
Austria ed eventualmente altre regioni - effetti della combustione di questi
carichi sulle emissioni dell’inceneritore - quantità e destino finale delle
ceneri e delle scorie risultanti dalla combustione di questi carichi - bilancio
economico complessivo delle operazioni legate alla combustione nell’inceneritore
di Trieste dei carichi di rifiuti provenienti dalla Campania, dall’Austria e
della Slovenia. Concludiamo rilevando che la «necessità» di importare rifiuti da
altre regioni, deriva dal sovradimensionamento dell’inceneritore di Trieste,
destinato a risaltare sempre più, man mano che il progresso della raccolta
differenziata ridurrà la quantità dei rifiuti urbani «autoctoni» destinati
all’incenerimento. Una ragione di più per deplorare la miope scelta di costruire
- pochi anni fa - la terza linea dell’impianto di Acegas-Aps (e c’era perfino
chi, come l’ex sindaco Dipiazza e la sua maggioranza, puntava a costruirne una
quarta!), senza puntare invece, come avviene nei Paesi più evoluti, sulla
raccolta differenziata ancor oggi poco superiore al 20%, contro l’obiettivo
minimo fissato dalle Direttive europee del 65% entro il 2012. Infine, se è vero
che il sindaco è il rappresentante del Comune (che è anche il maggiore azionista
di Acegas-Aps), è anche vero che lo stesso sindaco è anche la massima autorità
responsabile della salute pubblica.
Sistema di trasporti ormai antiquato: Muggia è
soffocata
La radiografia nel bilancio sociale che servirà per il Prg - Manca la
ferrovia, troppo pochi i bus, mare sottovalutato
MUGGIA Incremento delle aree verdi e degli insediamenti industriali, ma
anche assenza di una linea ferroviaria e poche aree pedonali. Questi i dati
salienti del bilancio sociale “in ottica di genere” presentato durante l'ultima
seduta del consiglio comunale di Muggia, frutto del confronto del Censimento
2001, dei Piani di Zona 2004 e del rendiconto 2010. Nato da un contributo
regionale, il progetto si è realizzato attraverso la costituzione di un gruppo
di lavoro interno all’Ente coordinato da Nadia Marchio, responsabile
dell’Ufficio ragioneria (attivamente coinvolto nella raccolta e organizzazione
dati) insieme al Servizio sociale dei Comuni dell'Ambito 1.3 e con i consulenti
della Società Syntegra. Il bilancio è uno strumento che a tutti gli effetti si
integra concretamente con tutti gli altri strumenti di pianificazione e che sarà
indiscutibilmente utile per la redazione del Piano di sviluppo, dei Piani di
zona e del Piano regolatore e che ha già trovato considerazione nella relazione
di revisione programmatica di aprile. La fotografia del bilancio di genere
restituisce ai muggesani l'immagine di una città con caratteristiche urbane a
differenza dei restanti Comuni dell’altipiano carsico triestino e con la densità
di abitanti più elevata rispetto agli altri Comuni della provincia, dopo il
comune capoluogo, a conferma della sua natura cittadina. “Primo comune della
penisola istriana e ultimo dello Stato italiano”, Muggia paga lo scotto dei
propri connotati territoriali in una criticità di collegamenti e infrastrutture
mancando totalmente una linea ferroviaria (di cui è prevista però in futuro la
realizzazione del collegamento Trieste-Rabuiese) ed essendo residuale quello
marittimo. «Un incremento di frequenza e durata delle autolinee pubbliche in
sostegno all’utilizzo dei mezzi privati sarebbe dunque significativo specie
anche alla luce dell’importanza del cambiamento che l’analisi dà all’apertura
del raccordo autostradale, veloce collegamento per Muggia», spiega in una nota
il Comune. Il territorio presenta però indicatori di significativa attrattività,
sia sotto il profilo economico produttivo sia sotto quello storico-culturale e
turistico. Anche e nonostante la situazione di pesante crisi economica vigente,
è evidenziato infatti uno sviluppo progressivo e costante di insediamenti delle
aree industriali, commerciali e artigianali nella zona Ezit: dalle 80 aziende
del 2001 si arriva infatti all’insediamento di 105 nel maggio 2011. Questo
andamento positivo - che conosce una leggera flessione solo nel primo semestre
2012 (-2,85%) per poi incrementare nel primo trimestre 2012 con 123 insediamenti
- “potrebbe anche essere l’effetto di trasferimenti di attività da altri ambiti
del territorio provinciale, riconoscendo in ogni caso il ruolo attrattivo del
territorio muggesano”. La limitata fruibilità del territorio legata all’assenza
di piste ciclabili troverà invece risposta nella rete di ciclovie da Rabuiese a
Trieste e nella Kras-Carso Ciclovia Rio Ospo – Laghetti delle Noghere che si
stanno realizzando proprio in questi giorni. Netto incremento poi delle aree
verdi quali parchi e giardini urbani negli ultimi anni, che sono passati da
22mila 200 mq a 37mila 200 situati prevalentemente in zone periferiche. Crescono
però – anche se con minor incidenza - i parchi gioco pubblici, fermo restando
che Piazza Marconi rimane il luogo prediletto per l'incontro e la
socializzazione. Limitate invece le aree pedonali, che “si limitano ad
un’estensione di 1 km” e che, secondo l’analisi, dovrebbero vedere valorizzate
tutte le possibilità che il contesto urbano consente per incrementare la
fruibilità pedonale. A questa esigenza il Comune punta a dare una degna risposta
tramite il progetto Pisus nell’eventualità di aggiudicazione come, d’altronde,
alla distribuzione di parcheggi già comunque in fase di studio.
Riccardo Tosques
Dibattito a Sottolongera
Manifestazione della Federazione della Sinistra oggi e domani alla Casa del Popolo a Sottolongera in via Masaccio 24. Stasera alle 19 Spazio Arci con il dibattito “Meglio il bombardiere F35 o 150 asili nido?”. Parteciperanno Mario Andolina (consigliere comunale), Alessandro Capuzzo (Tavola della pace), Alice Pesiri (Banca Etica) e don Mario Vatta (Comunità di San Martino in Campo). Coordina Marzia Piron (Arci provinciale). Alle 21 Claddach in concerto con musica celtica e tradizionale Irish.
Geopaleontologico - Rocce e fossili del Carso triestino
Proseguono le visite guidate al percorso Geopaleontologico del Civico Orto botanico in via Carlo de’ Marchesetti dalle 10 alle 12 organizzate dal servizio Musei scientifici. L’iniziativa, iniziata il 19 maggio, è in programma anche oggi e domani. Nel corso delle visite saranno illustrati le rocce e i fossili più importanti del Carso triestino, dalle più antiche rocce di 125 milioni di anni fa alle pietre più recenti di “soli” 40 milioni di anni d’età. Attraverso decine di tipi di calcari e arenarie. Il tutto nello splendido scenario delle fioriture primaverili. Ogni roccia esposta è rappresentativa dell’antico ambiente preistorico nel quale si è formata e contiene i particolari fossili che lo caratterizzano. Un’attenzione particolare sarà dedicata al famoso dinosauro “Antonio” con un modello a dimensione reale di dinosauro ambientato tra la vegetazione.
HELP! - VENERDI', 1 giugno 2012
Rigassificatore in golfo, "Ci sono tanti interessi in gioco" - intervista a Lino Santoro
"Gli impianti fissi a terra che in mare gofdono di incentivi anche se per un anno non arriva una goccia di gas. Solitamente gli impianti di rigassificazione vengono sfruttati al massimo per il 40%."
GREEN STYLE.it - VENERDI', 1 giugno 2012
Detrazione 55% efficienza edifici, proroga al 2013
La detrazione al 55% sui lavori di edilizia sostenibile
saranno in vigore fino al 2013. A quel punto sarà previsto un progressivo calo
che porterà nel 2014 gli sgravi al 50%, salvo poi passare dal 2015 al 36%
previsto in via definitiva dal decreto “Salva Italia”. Aumenta anche la soglia
della spesa massima ammissibile per le ristrutturazioni, che passa dai
precedenti 48 mila euro alla nuova soglia di 96 mila.
Detrazioni fiscali al 55% fino al 2013 anche per i lavori di
riqualificazione energetica degli immobili, che dal 2014 passeranno però
direttamente al 36%. Questo quanto previsto dalla nuova bozza, pronta per essere
discussa durante il prossimo Consiglio dei Ministri. Testo che ha già permesso i
primi conteggi riguardo il possibile bilancio dello Stato nei successivi 3 anni.
Dopo i bilanci positivi espressi anche in sede di discussione del decreto “Salva
Italia”, che confermavano un maggiore gettito fiscale derivato di 312,3 milioni
di euro l’anno, l’aumento delle percentuali e del tetto massimo di spesa
previsti per le ristrutturazioni si stima porterebbero ad una progressiva
riduzione delle entrate statali. Queste verrebbero solo in parte compensate
dalla crescita degli introiti IVA e IRPEF/IRES/IRAP e il bilancio potrebbe
risultare negativo nel 2015.
Discorso simile per gli interventi di riqualificazione energetica il cui
bilancio nel 2015, seppur negativo, sembrerebbe meno gravoso rispetto alle
ristrutturazioni. Gli interventi previsti riguardano anche la stabilizzazione
delle tariffe per i professionisti impegnati in questo tipo di lavori come
architetti e ingegneri. Si potrà fare ricorso al dm 4 aprile 2001 e articolo 14
della legge 143/49 fino a quando il Ministero della Giustizia non abbia definito
i nuovi parametri per i pagamenti da stabilire via giudiziale.
COMUNICATO STAMPA - VENERDI', 1 giugno 2012
SERVIZIO CIVILE A RISCHIO
Si è tenuta mercoledì 30 maggio 2012 presso la Sala Tessitori del
Consiglio Regionale FVG a Trieste una conferenza stampa promossa da ACLI e ARCI
Servizio Civile Trieste sul tema del servizio civile nazionale.
Sono stati la rappresentante dei volontari di Servizio Civile per il Friuli
Venezia Giulia e due volontarie attualmente in servizio nei progetti di ACLI e
ARCI Servizio Civile Trieste ad illustrare la situazione attuale del servizio
civile nazionale che, in questi anni, ha subito una progressiva diminuzione di
fondi.
L’obiettivo dell’incontro era quello di sensibilizzare la classe politica
regionale affinchè si faccia portavoce, nei confronti del governo, della
richiesta di maggiore attenzione a questa opportunità che permette ai giovani di
fare un’esperienza di un anno per la ”difesa della Patria, non armata” intesa
come cittadinanza attiva e partecipata, contribuendo allo sviluppo sociale e
culturale.
Erano presenti giovani volontari nelle strutture delle ACLI, ARCI Servizio
Civile, Azienda Sanitaria, Comune di Trieste e i consiglieri regionali del PD
Franco Codega e dell’UDC Edoardo Sasco.
Nel corso degli ultimi anni i fondi che il Governo stanzia per il servizio
civile si sono ridotti dell’80%, passando dai 298 milioni del 2008 ai 68 milioni
del 2012: tagli che hanno più che dimezzato il numero di giovani che hanno
accesso al servizio civile, passando da 45 mila agli attuali 19mila. “Il
servizio civile – hanno affermato i giovani presenti alla conferenza stampa –
rappresenta un’ottima opportunità per l’inserimento nel mondo del lavoro, nonché
un servizio alla comunità nel sociale, nella protezione civile e nei servizi per
l’ambiente”.
In Friuli Venezia Giulia sono oltre 250 coloro che svolgono il servizio civile
ma il taglio dei fondi, nonostante un intervento finanziario della Regione di
150 mila euro, consente di soddisfare soltanto un quarto delle domande
presentate, lasciando fuori quindi oltre 700 richieste.
Codega e Sasco hanno presentato una mozione congiunta (che sarà sottoposta anche
agli altri gruppi in Consiglio regionale) nella quale si chiede alla Giunta
regionale di farsi portavoce presso il Governo dell’esigenza di arricchire le
risorse in favore del servizio civile. “La regione fa la sua parte sul piano
finanziario ma anche qui il bilancio è ristretto ed è difficile trovare
ulteriori risorse” ha affermato Codega. Il “pressing” sul Governo, ha aggiunto
Sasco, dovrà essere fatto non solo dagli esponenti dalla regione: “Per questo –
ha concluso il capogruppo dell’UDC – sottoporremo il testo della mozione anche
ai parlamentari eletti in Friuli Venezia Giulia affinchè si attivino a Roma a
favore del servizio civile”.
ARCI Servizio Civile è un’associazione che ha come finalità la promozione della
cultura e delle esperienze di servizio civile. Opera sull’intero nazionale e
valorizza una rete di centinaia di associazioni locali e nazionali.
Soci nazionali sono ARCI, ARCI Ragazzi, Legambiente, UISP e Auser; ulteriori
soci locali a Trieste sono l’Unione Circoli Culturali Sloveni – ZSKD, ITIS –
Azienda Pubblica di Servizi alla Persona, ICS – Consorzio Italiano di
Solidarietà, Unione Associazioni Sportive Slovene in Italia – ZSSDI, Senza
Confini - Brez Meja, Monteanalogo, Cooperativa Bonawentura.
ARCI Servizio Civile Trieste
IL PICCOLO - VENERDI', 1 giugno 2012
Rifiuti, differenziata-flop In un anno solo l’8% in più
-
L'andamento della differenziata
Nessun deciso balzo in avanti nei primi quattro mesi dell’anno rispetto
al 2011 Laureni: siamo delusi. Omero: la gente non ci crede, ma ora pioveranno
le multe
Un anno fa, il primo giugno 2011, è stato introdotto a Trieste l’obbligo
della raccolta differenziata. Per un semestre in via sperimentale, in seguito a
pieno regime. Ma il bilancio dei primi 12 mesi non è soddisfacente. Si registra
un aumento dell’8%. Eppure l’informazione è stata data, le isole ecologiche sono
dislocate in tutta la città e sono stati introdotti anche altri metodi di
raccolta come quello del verde o dei cartoni. Ma una percentuale ancora elevata
di triestini non ne vuol sapere, e getta tutto indistintamente nel bidone grigio
dell’indifferenziata. Ma se fino a oggi il Comune ha chiuso un occhio e prima di
iniziare a comminare delle multe ha preferito portare a regime l’intero sistema
di raccolta, ora i comportamenti scorretti saranno sanzionati. «C’è parziale
delusione – ammette l’assessore comunale all’Ambiente Umberto Laureni - credo
che la scarsa sensibilità dei cittadini sia dovuta al fatto che a Trieste siamo
stati abituati bene dalla presenza dell’inceneritore: tutto viene bruciato. I
giovani non ricordano le discariche sul Carso». «Ora non ci sono più scusanti –
commenta Fabio Omero, assessore alle Partecipate – arriveranno le multe. È un
fatto culturale: a Trieste non riusciamo ad abituarci a questo sistema, la gente
non ci crede, pensa che tutto poi venga buttato via comunque. E non è vero che
la causa sta nell’alto numero di persone anziane. Anzi - sostiene Omero – sono
proprio gli anziani i primi a fare la raccolta differenziata». La normativa
europea prevede di arrivare al 65% di differenziata in ogni ambito territoriale
ottimale entro il 31 dicembre. A fine 2011 è stato raggiunto il 22,4%. Ma i
primi quattro mesi del 2012 non hanno evidenziato grandi passi avanti e il 65%
resta lontano. Esempi: nei primi quattro mesi del 2011, a differenziata ancora
non obbligatoria, a Trieste erano state raccolte 2036 tonnellate di carta. Nei
primi quattro mesi di quest’anno 2559. Quanto al vetro, nello stesso periodo del
2011 le tonnellate raccolte erano state 1061; sono salite a 1601 nel periodo
gennaio-aprile 2012. Per la plastica il raccolto da gennaio ad aprile 2011 era
di 725 tonnellate. Stesso periodo del 2012: 755 tonnellate. Nessun radicale
cambio di rotta: questi incrementi minimi non bastano. «Non si possono scaricare
responsabilità sui disservizi di AcegasAps, che ci sono e che cerchiamo di
monitorare mettendo in rete Comune e multiutility – valuta Omero - la verità è
che abbiamo ereditato una precisa scelta politica-industriale che non
condividiamo, perché condizionata dal pensiero unico: ridurre le immondizie
indifferenziate conferite da Trieste al termovalorizzatore equivaleva a ridurre
la produzione di energia elettrica del termovalorizzatore e quindi ridurre i
margini di guadagno dalla produzione di energia elettrica e dunque gli utili che
entravano nelle casse del Comune». Il piano economico finanziario di AcegasAps
prevede di sviluppare le modifiche al servizio per incrementare le
differenziate. Alla differenziata stradale è stato affiancato il servizio di
raccolta imballaggi e quello del verde a domicilio del quale stanno usufruendo
700 cittadini mentre si stima che gli utenti interessati potrebbero essere
tremila. Ma allora quale è la soluzione? «Andrà incrementata la raccolta
dell’umido – spiega Omero – ora partiremo raccogliendolo nelle mense e in
prospettiva bisognerà arrivare a estendere l’obbligatorietà anche ai cittadini».
«Occorrerà rivedere e ridefinire il valore dell’umido – concorda Laureni – ora
io pretenderò che il piano complessivo della differenziata sulle varie frazioni
venga aggiornato. Voglio capire se i numeri che ci sono stati dati sono
credibili: il piano va impostato sulla realtà e non sulla carta». Il piano
AcegasAps approvato dal Comune prevede infatti di arrivare entro il 2012 al
29,2% di differenziata. Una cifra che lo stesso sindaco Cosolini ha già detto di
ritenere troppo bassa.
Laura Tonero
Dal Maso: «Ci aspettiamo più partecipazione»
Il dirigente di AcegasAps: «Serve più comunicazione per la raccolta del
verde e dei cartoni»
«Nei primi mesi di quest’anno qualcosa si muove rispetto al 2011 ma
raccogliamo la metà di quello che potremo raccogliere. Ci spettiamo più
partecipazione». Paolo Dal Maso, direttore della Divisione Ambiente di AcegasAps,
si rende conto che la strada da fare, prima di far entrare nella testa e nel
cuore dei triestini una certa sensibilità nei confronti della differenziata, è
ancora lunga. «Vanno incrementati con una comunicazione più capillare i sistemi
di raccolta del verde e dei cartoni – valuta Dal Maso - ma ricordiamoci che
l’umido, da solo, rappresenta il 20 per cento della raccolta differenziata. E
ora partiremo dal raccoglierlo nelle mense». Nel secondo semestre di quest’anno
è prevista infatti l’istituzione del servizio di raccolta porta a porta della
frazione umida del rifiuto urbano in circa 80 grandi utenze produttrici come
mense e ristoranti. L’avvio della raccolta prevede la consegna in comodato d’uso
dei contenitori con volumetria rapportata al numero di coperti. Sarà proposta la
raccolta differenziata portone a portone in alcuni complessi condominiali
prevedendo il ritiro separato con cadenze prefissate delle diverse tipologie di
rifiuto direttamente presso i numeri civici. Con il servizio raccolta
ingombranti porta a porta per il 2012 sono stimati 7 mila interventi di ritiro.
Restano poi a disposizione i centri di raccolta dove il singolo cittadino può
andare a depositare i rifiuti ingombranti, quelli pericolosi e le
apparecchiature elettriche ed elettroniche. Si trovano in via Carbonara, via
Valmartinaga, Strada per Vienna, via Giulio Cesare e a Duino Aurisina. Eppure
non è difficile vedere ancora qualche televisore abbandonato accanto ai bottini
della spazzatura. «Per la raccolta degli scarti del verde a domicilio abbiamo
coinvolto anche gli amministratori di stabili – spiega il dirigente – ma
proseguiremo con una campagna di comunicazione che prevede il recapito di un
dettagliato opuscolo allegato al nostro magazine a chi ha giardini». La raccolta
a domicilio del verde è partita lo scorso 12 aprile. Acegas Aps fornisce in uso
gratuito ai possessori di giardini e spazi verdi privati un bidone per numero
civico nel quale porre direttamente erba, foglie e ramaglie. Nel giorno indicato
per lo svuotamento, il contenitore va sistemato davanti a casa. Gli scarti verdi
opportunamente lavorati consentiranno di ottenere concime organico da destinare
all’agricoltura e al florovivaismo. «Per quanto riguarda la raccolta degli
imballaggi, dei cartoni – conclude Dal Maso - abbiamo recapitato il regolamento
ad ogni negoziante ma, se servirà, utilizzeremo anche il supporto di mediatori
culturali per spiegare il sistema ai gestori di attività che non capiscono
l’italiano».
(l.t.)
Una corsa a ostacoli il Prg per il Porto
Documento votato in sede locale nel 2009, si è poi arenato al Ministero
che solo adesso ha dato un parziale via libera. Poi serve l’ok della Regione
Si discute molto di Porto vecchio, del futuro della città e dei suoi destini
economici, ma che fine ha fatto il Piano regolatore del porto, senza il quale
sono voci vane i progetti di ampliamento e sviluppo, e dunque del cuore solido
della città pur in tempi criticissimi? Licenziato a Trieste nel 2009, ancora non
è attivo. Di ieri però la notizia che il ministero dell’Ambiente ha dato in
questi giorni un parziale parere positivo sulla Valutazione d’impatto ambientale
(Via) e sulla Valutazione ambientale strategica (Vas). Sono i due procedimenti
autorizzativi che ancora mancano. E senza un documento urbanistico certo, nel
momento in cui compagnie di portata internazionale sembra stiano “annusando”, in
segretezza, le potenzialità triestine, nulla si può intravedere al capitolo dei
“passi avanti”. I 32 milioni arrivati in aprile dal Cipe per una piattaforma
logistica che dovrebbe ampliare il Porto nuovo di 250 mila metri quadrati,
ideata già 11 anni fa, e per la quale comunque manca la parte più sostanziosa di
denaro (il costo complessivo è stato di recente aggiornato a 335 milioni di
euro), sono solo un pezzo molto piccolo della prospettiva generale. Che poggia
invece, seriamente, proprio sul Prg e le sue previsioni di ampliamento degli
spazi produttivi. Il documento urbanistico, votato in Comitato portuale e nei
Consigli comunali di Trieste e Muggia nel 2009, e approvato (con prescrizioni)
dal Consiglio superiore dei Lavori pubblici il 21 maggio 2010, era stato
salutato con un osanna, perché da 57 anni non veniva aggiornato nel suo
complesso, ed era ormai un intrico di singole varianti. Appena nel 2011 però si
è dato avvio alla redazione di Via e Vas, con relativo parere obbligatorio della
Slovenia. Procedimenti che si è ottenuto di poter unificare, proprio per
sveltire i tempi. Dal Piano regolatore portuale dipendono tutti i progetti
pensati per il porto: allungamento del Molo Bersaglieri (crociere), ampliamento
del Molo VI, prolungamento del Molo VII, realizzazione del Molo VIII, e non da
ultimi il nuovo terminal “ro-ro” alle Noghere e in più connessioni stradali con
la Grande viabilità e ferroviarie. Secondo il ministero dell’Ambiente, la
procedura unificata “Via e Vas” sarebbe stata attuata per la prima volta in
Italia proprio per Trieste. Tanto che nel sito ufficiale del ministero che
pubblica procedure in corso oppure già concluse il caso di Trieste non appare,
mancando la casella dei procedimenti unificati. La buona notizia è che la
Commissione sulla Via ha dato un primo parere sostanzialmente positivo. Ha
rinviato tuttavia i fascicoli alla Direzione generale, con richiesta di
chiarimenti ulteriori (non rilevanti, sembra) che potrebbero presto essere
recapitati all’Autorità portuale di Trieste. Risolti questi ostacoli, il Piano
andrebbe dunque ad approvazione in sede ministeriale, per essere inviato quindi
in Regione. Ed è un decreto del presidente Tondo che dovrà assegnargli il
definitivo timbro. Dietro le quinte regna anche una certa apprensione. Quanto ci
vorrà per “usare” il nuovo Prg? In sua assenza, nessun nuovo “cliente” di peso
verrebbe a investire durevolmente in porto. Senza clienti di peso, peraltro, gli
sviluppi illustrati dal piano resterebbero scritti sulla carta. Come conciliare
interessi e burocrazia, sviluppo, tempi tecnici e soldi? Maturano pensieri
dettati da fretta, timore e impazienza. Intanto però anche il Comune ha di nuovo
dovuto esprimersi in materia. Per due motivi. Fra le prescrizioni del 2010 c’era
anche l’obbligo di “certificare” nuovamente la concordanza tra piano portuale e
territori comunali e di zona industriale che ricadono al suo interno. «Era stata
individuata scarsa chiarezza - spiega Elena Marchigiani, assessore
all’Urbanistica - e stiamo lavorando con Autorità portuale, Ezit e Regione per
arrivare a un accordo formale sui perimetri e sulla loro coerenza». Lo scorso
gennaio invece la Giunta comunale ha dovuto esprimere un parere sul Prg del
porto come consultazione preliminare proprio alla Via e alla Vas. Il Prg prevede
circa 3000 navi in più (differenza tra 2007 e 2020), traffico merci che passa da
46 milioni di tonnellate a 59,7, un incremento di 10 volte del traffico
ferroviario e di 3 volte di quello stradale, con un’incidenza del 35% superiore
sulla Grande viabilità (e relativo aumento d’inquinanti) e soprattutto la
“costruzione di un impianto di degasificazione”. A tutte queste cose, con una
particolare sottolineatura sulla necessità di prevedere la viabilità interna di
Porto vecchio, e di non sottovalutare l’impatto di maggior traffico cittadino
che proprio gli insediamenti in Porto vecchio comporteranno, ha risposto la
Giunta comunale. Segnalando che la Grande viabilità difficilmente potrà
sopportare i volumi di traffico previsti. E che soprattutto la previsione del
rigassificatore a Zaule «contrasta con la volontà del Consiglio comunale».
Gabriella Ziani
Una planimetria con investimenti da 1,5 miliardi
Il Prg del porto fotografa la situazione e indica il costo degli interventi
di ampliamento previsti, pari a oltre 1,5 miliardi di euro per le opere
marittime. Definite anche le perimetrazioni interne secondo funzione: 285 ettari
a uso commerciale e portuale, 62 per industria, 135 per attività produttive, 60
di portualità allargata (si riconosce qui Porto vecchio), 8 per passeggeri, 21
per nautica da diporto, e infine 22 di area urbana e 3 di servizi portuali.
«Il governo riperimetri la zona del punto franco»
Risoluzione parlamentare per il Porto Vecchio presentata da Antonione,
Rosato e Menia dopo l’incontro organizzato dal sindaco Cosolini
Porto vecchio il suo Piano regolatore interno invece ce l’ha. Ha fruito di
una “variante”, approvata già nel 2007. Ben altri sono i suoi problemi. Che cosa
farci all’interno? Pare stiano parzialmente sfumando i tentativi di architetture
particolari per fare del Punto franco un perno vincolante. La forte posizione
politica assunta per ben due volte in pochi giorni dal sindaco Cosolini, in
dissenso con Autorità portuale e Camera di commercio, sulla necessità di fare
chiarezza e con una dichiarata intenzione di premere affinché prevalga l’opzione
urbana, ha lasciato forte impronta. Infatti a pochi giorni dal “raduno” di tutti
i parlamentari triestini in Municipio, chiamati a raccogliere la lista delle
cose urgenti di cui interessare direttamente il governo in tema di porto e
infrastrutture, c’è stata la prima azione concreta. I deputati, in accordo
bipartisan, ribadiscono: sono gli enti locali a dover decidere. E dunque Porto
vecchio va liberato dai Punti franchi. «Il Governo provveda alla
riperimetrazione del Punto franco in Porto vecchio a Trieste, in base alle
indicazioni degli enti locali» scrivono in una risoluzione parlamentare i
deputati Roberto Antonione (Gruppo misto-Pli), Roberto Menia (Fli) e Ettore
Rosato (Pd). Così i rappresentanti della Camera. Nessun cenno per ora dal Senato
(Tamara Blazina, Pd, e Giulio Camber, Pdl, altrettanto presenti). Secondo i tre
firmatari “le nuove esigenze di sviluppo rivendicano agli enti locali
l’assunzione autonoma delle scelte più idonee». E, tra queste, «l’esigenza di
spostare o accorpare le zone franche in modo da ottenere l’ottimizzazione
economica e commerciale delle strutture portuali e retroportuali». Inoltre,
aggiunge il testo, «lo sviluppo della città e del porto dipendono anche dalla
ridefinizione della superficie del Punto franco e dallo svincolo di alcune
importanti infrastrutture del Porto vecchio dalle rigide norme conseguenti al
regime di esenzione doganale dell’area, previste dal Trattato di pace del 1947».
E chi può attuare il provvedimento? Antonione, Menia e Rosato: «La potestà è
governativa, così come più volte affermato dal ministro degli Affari esteri e
dai funzionari dell’Ufficio contenzioso diplomatico». Contro l’ipotesi di «far
resuscitare l’area del Porto vecchio come Punto franco, riesumata recente
volontà di alcuni rappresentanti di enti e categorie economiche», Roberto
Decarli (Trieste cambia), Patrick Karlsen (Cittadini) e Cesare Cetin (Idv) hanno
depositato una mozione urgente e chiarificatrice, «perché Porto vecchio tuttora
non può altro che esibire - aggiunge Decarli - la sua condizione di
monumento-simbolo dell’immobilità». I consiglieri chiedono «un tavolo con
Autorità portuale, Provincia e Regione per individuare le possibili, e più utili
in termini economico-commerciali, destinazioni alternative del Punto franco».
Del quale si chiede la sdemanializzazione.
(g. z.)
Sì del governo allo “spezzatino” Lucchini
Sdoppiato il tavolo ministeriale tra Piombino e la Ferriera di Servola.
In arrivo il nuovo amministratore delegato del gruppo
TRIESTE Lo “spezzatino” della Lucchini, ovvero la vendita separata degli
asset aziendali del gruppo siderurgico, era finora una seria ipotesi, ma pur
sempre un’ipotesi. Il ministero dello Sviluppo Economico, che segue gli
impegnativi dossier dell’acciaio nazionale, ha ritenuto invece di “legittimare”
il sempre più probabile esito della Lucchini, articolando il tavolo romano tra
lo specifico caso di Piombino e la più abbordabile situazione della Ferriera
triestina. D’altronde, sia per ragioni dimensionali che per vocazioni
produttive, i destini delle due realtà sembrano sempre più avviati a differenti
destini. Piombino, con 2200 dipendenti, sforna prodotti “lunghi” che faticano
sul mercato: tra aprile e maggio, per mancanza di materie prime, l’altoforno è
stato bloccato in tre circostanze. Oggi una delegazione di lavoratori toscani ha
manifestato davanti alla sede milanese della Rothschild, incaricata dalle
banche, di fatto “azioniste” del gruppo, di trovare uno o più compratori delle
attività industriali Lucchini. Meno allarmante, in termini di volumi e di
prezzo, l’andamento della ghisa prodotta dalla Ferriera, di cui non vanno
dimenticate le connessioni industriali con Sertubi, proprietà (affittata)
dell’attuale presidente di Federacciai, Gozzi. La scelta ministeriale di
sdoppiare il tavolo Lucchini precede e accompagna l’importante decisione che
verrà presa tra martedì e mercoledì della prossima settimana in occasione
dell’assemblea societaria: la cordata delle banche, dove capofila è Intesa
SanPaolo, esprimerà finalmente il nuovo consiglio di amministrazione e, con
esso, il nuovo amministratore delegato in sostituzione dell’attuale “ad”
Marcello Calcagni. Gli istituti di credito, coinvolti nel salvataggio della
Lucchini, sembrano orientati verso un manager che vanti una diretta competenza
siderurgica. A giudizio dei ben informati, ogni seria “caccia” al compratore
inizierà proprio con la nuova dirigenza, che s’insedierà a cavallo
dell’approvazione del bilancio 2011, prevista per la fine di giugno. Trovare in
questo momento imprenditori interessati ad acquistare asset siderurgici non è
cosa semplice. Per Piombino specialmente: in occasione dell’incontro tra il
sottosegretario De Vincenti e il “governatore” toscano Rossi sono riecheggiati
nomi di possibili partner stranieri, presumibilmente ucraini (Metinvest) e
indiani (Tata) con dotazione di materia prima. Ma il polso mondiale dell’acciaio
è incerto: aprile ha segnato un miglioramento tendenziale ma un arretramento
rispetto a marzo. Certo, l’ossigeno finanziario immesso dalle banche creditrici
con l’accordo sul debito, che ha consolidato 771 milioni e che è stato omologato
dal Tribunale di Milano alla fine dello scorso febbraio, non permette al gruppo
eterna sopravvivenza. A proposito dei dossier siderurgici nazionali, la
Commissione Ue ha annunciato di aver aperto un’indagine sull’intesa tra
ThyssenKrupp e la finlandese Outokumpu, che ha portato le produzioni di acciaio
inossidabile sotto il controllo finnico. Ma con quote di mercato che
insospettiscono Bruxelles. Tra gli asset passati ai finlandesi il prestigioso
marchio Terni.
Massimo Greco
“Southstream Slovenia” C’è l’intesa con Gazprom
Firmati a Portorose gli atti della joint venture tra il colosso di Mosca
e la Plinovodi Il gasdotto collegherà la Russia con l’Italia e approvvigionerà
l’intera Europa
PORTOROSE “Southstream Slovenia”, si parte. Il presidente del Consiglio
d'amministrazione della russa Gazprom Alexei Miller e il presidente della
slovena Plinovodi Marjan Eberlinc si sono scambiati gli atti notarili necessari
per l'ormai imminente costituzione della società mista sloveno–russa (al 50% del
capitale) che sarà incaricata di gestire la tratta slovena del gasdotto che
collegherà la Russia all'Italia. La breve cerimonia si è svolta ieri a Portorose,
a margine della conferenza annuale dell'European Business Congress. “Southstream
Slovenia” sarà costituita in tempi brevissimi, per cominciare a occuparsi subito
delle licenze edili e delle questioni legate all'impatto ambientale. Gli studi
di fattibilità sono già pronti. Il gasdotto Southstream partirà dalla Russia,
attraverserà il Mar Nero e giungerà in Bulgaria. Da qui si divide in due rami.
Il ramo sud attraverserà la Grecia e il Mare Adriatico per giungere in Puglia.
L'altro ramo passerà per la Serbia, l'Ungheria e la Slovenia, per raggiungere
l'Italia. Il tracciato, nel dettaglio, sarà definito in autunno, ma la tratta
slovena dovrebbe partire all'altezza di Lendava, per uscire verso l'Italia
probabilmente all'altezza di Tarvisio. Il valore complessivo dell'opera è
stimato in 16,5 miliardi di euro, di cui la parte slovena del progetto è
valutata in circa un miliardo. I lavori dovrebbero iniziare alla fine di
quest'anno e le prime quantità di gas russo dovrebbero transitare entro il 2015.
Si calcola che che attraverso il Southstream arriveranno in Europa ogni anno 63
miliardi di metri cubi di gas. Per la Slovenia, si prevede un passaggio di 25
miliardi di metri cubi. Per capire di quali quantità si tratta, basti pensare
che la Slovenia attualmente consuma poco più di un miliardo di metri cubi di gas
all'anno. Il progetto rappresenta la realizzazione di una strada alternativa al
normale flusso di gas che sempre dalla Russia arriva attraverso l'Ucraina e pone
l'Europa al sicuro da eventuali crisi politiche tra Mosca e Kiev che avrebbero -
come del resto già avvenuto in passato - ricadute anche sulle forniture di gas.
Southstream, ha ribadito anche ieri Alexei Miller, garantirà un
approvvigionamento stabile dell'Europa. Il numero uno della Gazprom si è detto
convinto che i tempi saranno rispettati e che i primi consumatori potranno
essere raggiunti con questo nuovo gasdotto entro dicembre del 2015. Soddisfatto
pure Eberlinc, che nel progetto vede una grossa opportunità per l'intera
economia slovena. Sul progetto si è soffermato pure il ministro sloveno delle
infrastrutture e dell'ambiente Zvonko Cernac, che ha sottolineato come la
costruzione del gasdotto sarà importante anche per richiamare altri investitori
stranieri, specie in progetti infrastrutturali. Quanto Southstream sia
importante per Lubiana è confermato dal fatto che l'ospite russo è stato
ricevuto mercoledì sera dal premier Janez Jansa, al quale ha illustrato i
dettagli del progetto.
Franco Babich
LEGA «Politica energetica bisogna decidere»
Un cambio di passo sulla politica energetica regionale. Lo sollecita, con un’interrogazione, il consigliere regionale della Lega Nord Enore Picco, che ricorda come, il governatore abbia annunciato l’intenzione di procedere alla realizzazione di un rigassificatore e due elettrodotti.
Val Rosandra, bagarre sulla petizione - L’opposizione
in Consiglio comunale contesta l’iniziativa partita dalla sinistra
Sì alla pulizia dell'alveo del Rosandra, no alla giustificazione di quanto
già fatto dalla Protezione civile. Questo, in sintesi, il pensiero degli
esponenti dell'opposizione del Comune di San Dorligo a fronte della petizione
per raccogliere firme per la conclusione dei lavori di pulizia dell'alveo del
torrente Rosandra. «Noi siamo d’accordo per la pulizia dell’alveo purché
attuata, nel totale rispetto di leggi e regolamenti e della ragionevolezza che
deve sovraintendere tale operazione, ma mi sembra che la petizione in oggetto
non sia altro che un frutto malamente maturato in un certo entourage che, ancora
oggi, tenta di giustificare lo scempio del 24-25 marzo scorsi», spiega Roberto
Drozina, capogruppo consigliare del Pdl-Udc. Critica anche Roberta Clon (Pdl-Udc):
«Il testo della petizione manipola l’accaduto e distorce la realtà. Il nostro
gruppo non è mai stato contrario alla pulizia dell’alveo, anzi. Perché sia
efficace però va fatta con scienza e intelligenza, si deve partire dalla foce e
non da metà torrente, si devono rimuovere le ramaglie e le immondizie depositate
nell’alveo senza intervenire inutilmente sugli habitat protetti,
distruggendoli». Molto scettico Boris Gombac (UnT): «La petizione sembra essere
più figlia di un regolamento di conti tra le varie componenti della coalizione
di sinistra, che frutto di una libera iniziativa di nostri concittadini. Non
serve una petizione per rimboccarsi le maniche e ripulire l'alveo. Se i
volontari del nostro Comune intruppati nella Protezione civile, e ve ne sono più
di 200, sono vogliosi di intervenire, si diano da fare. Avranno tutto il nostro
appoggio». Nessuno, insomma, si tira indietro a priori. Sergio Rudini (Lega
Nord) sposta il problema: «A mio parere sembra più urgente un intervento a
valle, in particolare, nella frazione di Frankovec, dunque più verso la foce,
dove chiunque può vedere un reale problema». Così infine Rossano Bibalo (Idv-Verdi):
«Chi ha redatto tale petizione confonde "lana" con la "seta". Nessuno era ed è
contrario all'opportuna manutenzione dei corsi d'acqua. L'operazione della
Protezione civile è nata con la giusta limitazione a valle della passerella ma
poi ha debordato in area protetta. Un'operazione, quindi, da ridiscutere e
rimettere nel "giusto alveo», chiude con una battuta.
(ri.to.)
Costa dei Barbari firmato l’accordo per creare la
riserva
Stanziati un milione e settecentomila euro per trasformare il sito in una
vero parco naturale protetto ma con servizi
DUINO AURISINA Dopo aver fatto attendere per un bel po’, concorrendo a
deludere le aspettative dell’ex primo cittadino Giorgio Ret, che – come spesso
dichiarato – “avrebbe voluto vedere quella firma prima del termine del suo
mandato”, la Regione ha dato finalmente il via libera all’accordo di programma
per la riqualificazione del tratto di mare della costiera triestina conosciuta
come “Costa dei Barbari”, con un investimento di quasi 1,7 milioni di euro. A
sollecitare la giunta di piazza Oberdan è stata l’assessore alla programmazione
Sandra Savino. Gesto, quest’ultimo, che a quanto pare ha permesso
l’autorizzazione della firma d’accordo, inserito in un protocollo sottoscritto
precedentemente tra la stessa Regione e il ministero dell’Ambiente per
promuovere progetti pilota nel campo delle energie e del turismo sostenibili.
L’obiettivo è quello di trasformare la Costa del Barbari in una vera e propria
riserva naturale, preservando la fauna e la flora autoctone nonché alcuni
manufatti storici. Il sito, inoltre, sarà utilizzabile solo per la balneazione.
Già in passato la vecchia amministrazione del sindaco Ret aveva pensato a come
disporla ed a riservare, ove fosse possibile, una zona al naturismo ed una per
gli amici a quattro zampe. L’opera, per la quale l’ente regionale ha stanziato
847 mila euro (metà dell’importo totale) attingendo alle risorse statali rese
disponibili grazie al Protocollo sottoscritto con il ministero dell’Ambiente,
era stata presentata proprio ad inizio primavera alla presenza del ministro
dell’Ambiente Clini all’Auditorium del Collegio Unito. La parte restante dei
costi di realizzazione dovrebbe essere messo a disposizione dal Comune di
Duino–Aurisina che dispone già dei fondi necessari. Sono previste cinque fasi di
attuazione. La prima prevede la riqualificazione della viabilità urbana ed il
collegamento tra Borgo San Mauro e la Costa dei Barbari grazie all’ampliamento
del sottopasso pedonale, marciapiedi, belvedere, pensiline autobus al quale
seguirà nella seconda la sistemazione dei principali percorsi pedonali con la
realizzazione di un parapetto in pietra carsica, la messa in sicurezza dei
sentieri, alcune opere di ingegneria naturalistica e d’illuminazione. Nella
terza fase, invece, saranno realizzati interventi di miglioramento ambientale
quali i servizi igienici, la fognatura e l’ impianto antincendio mentre la
quarta dovrebbe prevedere il recupero di alcuni manufatti storici. L’ultima,
infine, sarà caratterizzata dalla sistemazione del percorso pedonale tra il
centro dell’abitato di Sistiana e la Baia. Il via libera appena espresso,
dunque, potrebbe dare avvio almeno alla fase di progettazione dei lavori che,
una volta iniziati (per il quale, anche in questo caso, serve un’altra firma da
parte della Regione) stando ai progetti precedenti non dovrebbero protrarsi per
più di tre mesi. Dal Comune, per voce del vicesindaco, Massimo Veronese, fanno
sapere che “non essendo ancora ricevuto ancora nessuna comunicazione ufficiale
non possono fare nessuna dichiarazione”. Lo stesso Veronese, assessore
all’urbanistica, poi aggiunge: “Sapevo che la cosa fosse nell’aria ma niente di
più. Per ora l’argomento è sia sotto la mia delega che sotto quella dei lavori
pubblici visto che stiamo lavorando in modo collegiale. Appena sapremo qualcosa
di più – conclude – lo renderemo noto». Per quanto riguarda l’opposizione, «ci
si auspica che il progetto venga realizzato in tempi rapidi, tali da arrivare
alla prossima stagione con tale area riqualificata. Sarà nostro impegno –
aggiungono - vigilare affinchè tale progetto venga portato a compimento con la
massima attenzione e condivisione con il territorio».
Viviana Attard
Mare proibito a Punta Olmi Tracce di fogna nell’acqua
I batteri portati dalla costa triestina a quella muggesana dalle
mareggiate L’ordinanza che vietava la balneazione è stata ritirata dopo tre
giorni
MUGGIA Divieto temporaneo di balneazione a Punta Olmi per motivi
igienico-sanitari . Per quattro giorni le acque di uno dei punti più apprezzati
del lungomare muggesano sono state interdetto al pubblico. Motivazione? Il
superamento del limite di legge della presenza di Enterococchi intestinali,
ossia i batteri che si trovano dell'intestino umano. L'allarme è scattato in
seguito all'ordinanza firmata dal sindaco Nerio Nesladek il 18 maggio. Il
documento è stato redatto in seguito alla comunicazione dell’Agenzia regionale
per la protezione dell’ambiente (Arpa) del Friuli Venezia Giulia- Settore
Laboratorio Unico-Laboratorio di Gorizia. L'Arpa di fatto ha comunicato che il
campione d'acqua di balneazione prelevato il giorno 15 maggio nel punto di
campionamento Bagno ha superato il valore limite di 200 ufc/100ml previsto
dall'articolo 2 del decreto 30.03.2010, relativamente al parametro Enterococchi
intestinali. Da qui l’obbligo del divieto temporaneo di balneazione per motivi
igienico-sanitari sino a nuove disposizioni in merito da parte degli enti di
competenza. Come da prassi la polizia locale è stata incaricata, per quanto di
competenza, di controllare il rispetto dell’ordinanza comunale e allo stesso
tempo è stato fatto obbligo alla cittadinanza di osservare il divieto.
L’ordinanza è stata pubblicata all’albo pretorio e sul sito web del Comune
nonché affissa in corrispondenza del bagno Punta Olmi. Il documento firmato dal
sindaco Nesladek è stato inoltre trasmesso al locale comando di polizia
municipale, alla Prefettura di Trieste, all’Arpa e al ministero della Salute -
Direzione generale della prevenzione sanitaria di Roma. Tre giorni dopo il primo
campionamento l'Arpa regionale ha effettuato un nuovo controllo dichiarando che
il campione d'acqua di balneazione prelevato a Bagno Punta Olmi, in riferimento
ai parametri Escherichia coli ed Enterococchi intestinali, questa volta
rientrava nel valore previsto dalla legge. Da qui la seconda ordinanza del
sindaco, datata 21 maggio, nella quale è stata ufficializzata la revoca del
primo intervento di divieto temporaneo di balneazione, dichiarando Punta Olmi
nuovamente balneabile. Ma da cosa è derivato questo aumento fuori norma di
batteri intestinali? Dal Comune di Muggia fanno sapere che non è la prima volta
che simili episodi accadono nella località del lungomare rivierasco. Questa
situazione deriva infatti da mareggiate che creano dei movimenti dell'acqua per
cui una gran massa dei materiali provenienti dagli scarichi fognari di Trieste
giunge sino alla costa muggesana. Situazione che fa riflettere anche per la
vicinanza degli allevamenti di mitili siti tra punta Olmi e Punta Sottile.
Intanto in queste giornate di sole alcuni amanti della tintarella hanno già
preso d'assalto lo stabilimento balneare privato (ufficialmente chiuso) che
anche quest'estate manterrà abbassate le sue serrande. Fonti del Comune hanno
già evidenziato che che si tratta di una libera scelta privata e che gli attuali
proprietari possiedono anche l'adiacente ristorante (già noto come i "Venexiani").
Per ora non si hanno notizie di eventuali trattative in atto per un cambio di
mano o la ripresa delle attività.
Riccardo Tosques
Sommariva: le Bandiere blu non servono al turismo - Il
direttore generale di Turismo Fvg
Troppi dubbi sulla validità di certe indagini, basta scaricare certi
questionari utilizzati: sono molto superficiali E le certificazioni “verdi” non
aiutano le famiglie
TRIESTE Bandiere blu e verdi? Riconoscimenti e medagliette varie? Il Friuli
Venezia Giulia può tranquillamente farne a meno. Anzi, per certi versi, sono
quasi controproducenti. Parola di Edi Sommariva, direttore generale di Turismo
Fvg, che sull’argomento si è concesso una sortita tanto virulenta quanto
sorprendente. «Tra bandiere blu, gialle, verdi, che decretano la classifica
delle località turistiche e delle spiagge più idonee alla balneazione - sostiene
- c’è ormai una gran confusione. Criteri di selezione approssimativi, assenza di
protocolli di ricerca, campioni di interviste di cui si ignora quasi sempre la
rappresentatività statistica gettano profondi dubbi sulla validità di queste
indagini e, quindi, sulla loro utilità per lo sviluppo del turismo». Al riguardo
viene citato come ultimo caso, quello rappresentato dalle bandiere verdi
assegnate da ricercatori della Bicocca di Milano alle 41 spiagge più amate dai
bambini e dalle loro famiglie, che Sommariva giudica «emblematico della
leggerezza e della superficialità con cui si stilano queste graduatorie. Basta
andare sulla homepage del sito della Società (www.sipps.it) e scaricarsi il
questionario di indagine per rendersi conto della superficialità». E non è
finita, c’è spazio anche per qualche buffetto ai giornali. «Sventolare bandiere
di certificazione turistica come quelle verdi pubblicate sul periodico Ok Salute
non fanno bene al turismo - dichiara Sommariva - poiché non aiutano
concretamente le famiglie a decidere la destinazione in cui trascorrere le
proprie vacanze e non costituiscono nemmeno un effettivo sprone al miglioramento
dei servizi al turista delle località marine interessate, in quanto nella
maggior parte dei casi non si evince in alcun modo quali siano le eventuali
migliorie da apportare». Di qui anche l’apodittica conclusione. «Non emergendo
in primis con chiarezza i criteri di valutazione utilizzati per la votazione,
queste classifiche non possono essere intese come più affidabili delle
previsioni meteo. Lasciamo questi esercizi ai giurati dei tanti festival
canzonieri e concorsi di bellezza di cui è ricco il nostro Paese e rispettiamo,
invece, di più un'industria come quella del turismo, che, con i suoi attori
privati e pubblici, svolge un grande ruolo di sostegno all'economia e
all'occupazione. Queste indagini, che giovano esclusivamente a chi le cura o
commissiona, si potrebbero fare molto meglio in modo da poter premiare le
destinazioni meritevoli e fornire indicazioni utili per migliorare il sistema
dell'offerta turistica».
Da Trieste fino a Parenzo con il gusto della lentezza
Sul vecchio percorso del treno che fino al 1935 univa l’Istria al
capoluogo giuliano con i fondi europei è nata la ciclopedonale “Strada della
salute e dell’amicizia”
Camminando, se socchiudi gli occhi, puoi perfino vederlo. Sbuffante,
ansimante, lento, lentissimo. Ce l'hai lì, davanti, che esce dal tunnel e
affronta il viadotto in leggera salita, il treno della Parenzana, quello che un
secolo fa univa l'Istria a Trieste. Prima corsa il primo aprile 1902. Ultima
corsa il 31 agosto 1935. Si faceva i 122 chilometri e 95 metri da Parenzo a
Trieste in qualcosa come 6 ore e 54 minuti. Per dire: all'epoca il pullman ci
metteva 3 ore. Ucciso dalla lentezza, ora quello stesso tracciato è rinato
proprio grazie al gusto, al piacere della lentezza. Perché un altro mondo, dove
riappropriarsi del tempo e dello spazio, è possibile. E allora, con i fondi
europei, nell'Istria slovena e croata oggi il tracciato della Parenzana è
diventato la “Strada della salute e dell'amicizia”, pista ciclopedonale ben
segnalata (in Slovenia è il sentiero D8, in Croazia ci sono le tabelle gialle
con il logo “Parenzana”) tutta da godere, magari prima che esploda l'estate
visto che di ombra non ce n'è molta (anzi!) e di acqua ancora meno. Manca solo
il segmento italiano, ma Muggia promette che sarà pronto in autunno. Intanto,
l'idea - a piedi come in bicicletta - è quella di partire da Trieste con il
Delfino Verde, scendere a Muggia, caricarsi lo zaino in spalla - o iniziare a
pigiare sui pedali - e via, verso Rabuiese e Albaro Vescovà fino a Decani, dove
s'incontra ancora la vecchia stazioncina austroungarica: ne sono rimaste 12
sulle 35 dell’epoca (ma alcune erano semplici tettoie) e oggi sono case private
o magazzini, quella di Capodistria ospita un fioraio e quella di Piemonte è un
moncone mangiato dalla vegetazione. Dunque: Decani, Capodistria, il lungomare
verso Isola, le ville di Portorose e le saline di Sicciole, il confine, Salvore,
Buie lasciata a destra, la perla Grisignana che spunta dopo una galleria, un
tuffo di venti chilometri tutto curve per scendere a Levade, Montona aggirata da
sotto quasi per poterla meglio ammirare, Visinada e infine giù, un lungo
rettifilo di altri 20 km tra viti e olivi fino a Parenzo con un'ansa appena a
Visignano. No, la vecchia locomotrice serie U non spunterà dietro una curva. Né
lo farà la serie P (creata apposta per questa linea a scartamento ridotto),
eppure il loro mito rivive a ogni viadotto, a ogni cippo (con l'iscrizione TPC:
Trieste Parenzo Canfanaro, perché quella era l'idea originaria, collegarla alla
linea per Pola), a ogni stazioncina (tutte uguali, quelle rimaste, uguali a
chissà quante altre ancor oggi esistenti nelle campagne e nelle valli delle
regioni dell'impero). E rivive nei ricordi tramandati come leggende. Andava così
piano, la Parenzana, che in salita potevi scendere e raccogliere le ciliegie (e
per farla soffrire ancor più a Montona i ragazzini spalmavano i binari di fichi,
e lei, povera, scivolava...), a Levade il capostazione tra un treno e l'altro
andava a tartufi mentre a Grisignana sotto la galleria di Calcini si coltivavano
i funghi. Ma in ogni paese era sempre festa, quando passava la Parenzana.
Portava le emozioni della vita della costa e della città. Oggi invece questo
stesso tracciato porta cicloamatori (d'obbligo la mountain bike: in certi tratti
- in Croazia: in Slovenia invece è tutto asfaltato, puoi correre con i roller -
pare quasi che abbiano lasciato la massicciata originale...) e camminatori da
mezza Europa. A scoprire l'Istria riappropriandosi del tempo e dello spazio.
Guido Barella
Una passeggiata di 122 chilometri tra colori e sapori
Una “passeggiata” di 122 km per riscoprire profumi e colori, sapori e
atmosfere. A Volpia di Buie Guido Schwengersbauer gestisce Casa La Parenzana:
stanze accoglienti e cucina da ricordare. A Visinada invece Rita Ritossa assieme
al marito Massimo ha ristrutturato con amore la casa di famiglia: due
appartamentini di grande gusto e a cena quanto arriva in tavola (dagli affettati
alle verdure, all'olio) è tutto di loro produzione. Profumi, colori, sapori.
Emozioni. Quelle che ricreano (magari un po' ingenuamente) i due minimusei
dedicati alla Parenzana: l'uno a Isola gestito da Josip Mihelic (fatelo cercare
dall'Azienda del turismo: se è in zona, vi apre), l'altro a Levade (tel. 0038-
5989097734 e 00385- 52644150 per le visite, ma alla konoba Dorjana, la cui
cucina merita una sosta, hanno le chiavi).
(g.bar.)
Sviluppo a crescita zero se ne parla in un convegno -
CIRCOLO DELLA STAMPA
Nell’ambito degli incontri “Ts 7+” proposti dal Circolo della Stampa per
verificare la vocazione “europea” della città, si terrà oggi alle 18 nella sede
di corso Italia 13 un dibattito su ”Sviluppo a crescita zero? Idee, strumenti,
risorse umane per farlo”. Si parlerà di «ipotesi nuove per ottimizzare le
risorse economiche, sociali, della conoscenza; per migliorare la qualità del
contesto urbano e immaginare un futuro sostenibile fatto di maggiore
integrazione e coordinamento tra i tanti preziosi “giacimenti” di Trieste». Ne
discuteranno Ezio Micelli, docente allo Iuav di Venezia e assessore
all'urbanistica del Comune di Venezia, e Ileana Toscano, architetto e presidente
dell’associazione Kallipolis. A cura di Elena Carlini, Marco Svara e Roberto
Weber con Manifetso2020.
Si parla dei “doni” della terra - ALLA STAZIONE ROGERS
Stazione Rogers Riva Grumula 14 Info: tel. 334-3324584
Nell’ambito della rassegna “Dono che passione” prende il via oggi alle 18.30,
alla Stazione Rogers, il ciclo di incontri settimanali dedicati ai “Doni della
natura” con l’intervento del giornalista enogastronomico Stefano Cosma (foto)
che parlerà de “Il Carso: poesia incomparabile della Natura”. Si parlerà della
vegetazione carsica e quindi delle varietà autoctone dei vini e vitigni legati a
questa terra, dell’olio Bianchera, del miele e di bovini, ovini e caprini che si
nutrono di centinaia di essenze foraggere, regalandoci eccezionali formaggi.I
prossimi appuntamenti, a cadenza settimanale, saranno: venerdì 8 giugno, Paolo e
Roberto Starec parlano di “Olivicoltura estrema”; il 14 giugno, Fausto Settimi
di “Apicoltura nel Carso triestino”; il 22 giugno, Marino Vocci di “Cibo è
identità, memoria e cultura”; il 29 giugno, Dario Zidaric su “Dal fieno alla
tavola”.
Sull’isola degli avvoltoi
Questa sera, alle 19, alla Società Alpina delle Giulie, in via Donota 2, Sergio Dolce terrà una conferenza con immagini dal titolo: «Sull’isola degli avvoltoi». L’ingresso è libero. Al termine della conferenza sarà possibile iscriversi alla gita all’isola di Cherso di domenica 3 giugno.
Informazioni: 040630464 lun-ven 17.30-19.15.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 31 maggio 2012
RIFIUTI Gabrovec: «Più controlli sullo smaltimento»
Il caso dei rifiuti campani bruciati a Trieste è oggetto di un’interrogazione di Igor Gabrovec dell’Unione Slovena. Attaccando l’assessore Ciriani, «che si è smentito», Gabrovec chiede al presidente Tondo di vigilare sull’attività di smaltimento. «Solidarietà e aiuto reciproco non devono prescindere da una politica di tutela della salute dei cittadini».
Pochi fondi, servizio civile a rischio - Settecento
richieste inevase. Appello bipartisan di Sasco (Udc) e Codega (Pd)
TRIESTE I fondi per il servizio civile scarseggiano mettendo a repentaglio
la sua stessa esistenza. Il grido d’allarme proviene dagli stessi ragazzi che
svolgono l’anno di servizio civile ma anche dalla politica: ieri i consiglieri
regionali Edoardo Sasco (Udc) e Franco Codega (Pd) insieme ad alcuni giovani che
svolgono il servizio civile presso Arci, Acli, Regione Friuli Venezia Giulia,
Comune di Trieste e Azienda Sanitaria Triestina, hanno tenuto una conferenza
stampa su questo tema. Nel corso degli ultimi anni i fondi che il Governo
stanzia per il servizio civile si sono ridotti dell’80%, passando dai 298
milioni del 2008 ai 68 milioni del 2012; tagli che hanno più che dimezzato il
numero di giovani che hanno accesso a questo genere di attività, passando da 45
mila agli attuali 19 mila. «Il servizio civile – hanno affermato i giovani
presenti alla conferenza stampa – rappresenta un’ottima opportunità per
l’inserimento nel mondo del lavoro, nonché un servizio alla comunità nel
sociale, nella protezione civile e nei servizi per l’ambiente». In Friuli
Venezia Giulia sono oltre 250 coloro che svolgono il servizio civile ma il
taglio dei fondi, nonostante un intervento finanziario della Regione di 150 mila
euro, consente di soddisfare soltanto un quarto delle domande presentate,
lasciando fuori quindi oltre 700 richieste. Codega e Sasco hanno presentato una
mozione congiunta (che sarà sottoposta anche agli altri gruppi in Consiglio
regionale) nella quale si chiede alla Giunta regionale di farsi portavoce presso
il Governo dell’esigenza di arricchire le risorse in favore del servizio civile.
«La Regione fa la sua parte sul piano finanziario ma anche qui il bilancio è
ristretto ed è difficile trovare ulteriori risorse» ha affermato Codega. Il
“pressing” sul Governo, ha aggiunto Sasco, dovrà essere fatto non solo dagli
esponenti della Regione: «Per questo – ha concluso il capogruppo dell’Udc -
sottoporremo il testo della mozione anche ai parlamentari eletti in Friuli
Venezia Giulia affinchè si attivino a Roma a favore del servizio civile».
(r.u.)
Centrale a biomasse nel mirino di Wwf e residenti di
Opicina
Per opporsi al progetto si ricostituisce il Comitato a difesa della
frazione carsica. «Il nostro territorio va tutelato»
La società romana che vuole costruire ad Opicina una centrale elettrica
alimentata a biomassa, ha avviato una “politica” del sorriso. Nella brochure che
illustra l’iniziativa, la “Iit srl” sostiene che la realizzazione “favorisce
l’autosufficienza energetica del territorio, svincolandosi da sorgenti
energetiche fossili”. Afferma poi che “le tecnologie impiegate sono progettate e
realizzate in Italia” e che “viene favorito lo sviluppo imprenditoriale
regionale in ambito agricolo e industriale”. Tante parole, tanti sorrisi. Ma non
sono mancate le reazioni preoccupate e le analisi che mettono a nudo tutti i
problemi che la costruzione della centrale potrebbe sollevare. Per intanto si
sta ricompattando il Comitato che a Opicina un paio di anni fa si era opposto
con cinquemila firme raccolte a tempo di record all’insediamento di un campo
nomadi a Monte Grisa. Si sta ricompattando per chiedere chiarezza alle autorità
comunali e regionali sull’eventuale costruzione della centrale elettrica a
biomasse che la società “Iit srl” vuole realizzare nell’area un tempo occupata
dalle officine ferroviarie Laboranti. «Il nostro Carso va protetto da queste
iniziative estemporanee e non coordinate» ha affermato l’avvocato Roberto Corbo,
punto di riferimento del comitato. Una precisa e dettagliata presa di posizione
viene da un corposo documento diffuso dal Wwf. “E’ assai arduo – per non dire
impossibile – che l’impatto ambientale della centrale a biomasse proposta ad
Opicina possa essere positivo”. “Al di là di pur importanti considerazioni di
ordine paesaggistico e dell’impatto che una fonte di emissioni inquinanti
nell’atmosfera, avrebbe sul territorio carsico, finora privo di impianti
industriali, più ampio è il ragionamento che dovrebbe presiedere alla
valutazione di progetti del genere”. Secondo l’associazione ambientalista va
tenuto conto di almeno due altri fattori: “Il primo è l’impatto ambientale
complessivo della filiera, di cui la centrale farebbe parte. L’impianto proposto
verrebbe infatti alimentato principalmente con olio di palma, prodotto da una
piantagione di 10 mila ettari (100 km quadrati, metà della superficie della
Provincia di Trieste) in Costa d’Avorio. Inoltre, andrebbe calcolato il costo
energetico complessivo della produzione dei chilovatt previsti ad Opicina,
considerando quelli legati alla coltivazione delle palme, alla raccolta e alla
spremitura dei frutti, al successivo trasporto via mare e via terra dell’olio
per migliaia di chilometri. E’ dubbio che alla fine il bilancio globale
dell’operazione possa risultare energeticamente positivo.” «Il progetto
annunciato ad Opicina - sempre secondo il Wwf - è solo l’ultimo di una lunga
serie di iniziative “industriali” più o meno avventurose: iniziative che trovano
spazio per l’assenza di un piano energetico nazionale e regionale. Sarebbe ora
per la Giunta ed il Consiglio regionale, di mettere mano a questo strumento, in
assenza del quale ogni strampalata idea può tentare di accreditarsi. In questo
ambito rientrano le reiterate esternazioni del presidente Renzo Tondo sul ruolo
della Regione nella gestione e nel raddoppio della centrale nucleare di Krško, i
tentativi di imporre a Trieste un rigassificatore, gli elettrodotti per
importare elettricità da Paesi come l’Austria che ne importano anche loro, fino
ai tanti progetti di centrali a biomasse, basate su uno sfruttamento irrazionale
del territorio, spesso in concorrenza con le produzioni destinate
all’alimentazione”. Va infine detto che nell’area che fu delle officine
Laboranti, secondo il progetto della Iit srl, dovrebbero essere ospitati i
serbatoi per lo stoccaggio degli olii vegetali combustibili, i serbatoi
ausiliari di biodiesel, acqua oleosa, acqua tratta, urea, olio lubrificante ed
olio esausto. Inoltre sono previsti serbatoi per la riserva d’acqua antincendio
e per il liquido schiumogeno.
Claudio Ernè
Motori Wärtsilä in funzione 24 ore su 24 - I dettagli
tecnici
Nella pagina riservata alle “note tecniche” la società “Iit srl” fornisce
una serie di dati numerici particolarmente interessanti. A regime i dipendenti
della centrale elettrica a biomassa di Opicina dovrebbero raggiungere quota 15.
E’ previsto per l’impianto un consumo annuo complessivo di acqua di 760mila
metri cubi. I motori diesel 18 cilindri a V, 46 centimetri di alesaggio, quattro
tempi, costruiti dalla Wärtsiläa San Dorligo dovrebbero funzionare 24 ore su 24
consumando 168 tonnellate di combustibile “biologico” ogni giorno. In un anno le
tonnellate sarebbero 58 mila, tutte trasportate dal mare all’altipiano su
rotaia. I gas di scarico dei diesel saranno attentamente monitorati prima di
essere convogliati in una ciminiera di cui non è stata resa nota al momento nè
l’altezza, nè il diametro. «E’ prevista la realizzazione di un ciclo combinato
per il ricupero del calore contenuto nei gas di scarico: lo scopo è quello di
migliorare il rendimento dell’impianto per massimizzare la produzione».
Muggia sperimenta la bici a pedalata assistita -
MOBILITA' SOSTENIBILE
Il prototipo, che sarà messo a disposizione di dipendenti comunali e
turisti, è stato realizzato da una ditta di San Dorligo.
In futuro potrà essere usato per progetti di bike
sharing
MUGGIA Cicloturismo e mobilità sostenibile, due cavalli di battaglia
dell'amministrazione di Muggia, iniziano a prendere forma. La giunta Nesladek,
con votazione all'unanimità, ha dato il via al progetto “Mathitech Gear Earth”
che vedrà l'arrivo nella cittadina di una bicicletta a pedalata assistita e un
“rack demo” per il sistema di battery sharing. La ditta “Mathitech engineering
group” di San Dorligo metterà a disposizione di dipendenti comunali e turisti
una mountain bike elettrica. Strumento che, almeno sulla carta, dovrebbe essere
in grado di affrontare anche le numerose salite che caratterizzano il
territorio. In questa prima fase del progetto l'onere per il Comune di Muggia
sarà mettere a disposizione uno spazio per la custodia della bicicletta e del
minibox, nonché le spese di energia elettrica, manutenzione ordinaria e
pubblicizzazione dell'iniziativa. La manutenzione straordinaria sarà invece a
carico della ditta di San Dorligo. L’esperimento si concluderà a fine di luglio.
Successivamente scatterà la seconda fase, che prevede la disponibilità del
Comune ad installare un rack caricabatterie, la cui presentazione è prevista
nella seconda metà dell'anno in piazza Marconi. Il programma di mobilità
sostenibile, fortemente voluto dal Comune, prevede una sinergia transfrontaliera
con partner quali Inkubator Sezana, Area di ricerca, Comune di Sezana e Comune
di Brda. Raggiante il sindaco Nerio Nesladek: «È una prima collaborazione con
questa giovane ditta che si inserisce perfettamente nello scenario che si sta
delineando proprio in questi giorni. La realizzazione del percorso di piste
ciclabili e ora questo progetto sperimentale dimostrano il nostro sostegno alla
cultura della bicicletta». Per Nesladek il connubio bici elettrica- bike sharing
rappresenta la volontà di dare «concretezza ad una mobilità sicura, facile e
comoda che apporta dei miglioramenti in termini ambientali e di salute pubblica
e che, si spera, entri nelle abitudini del personale per una futura espansione
non solo nel Comune di Muggia ma anche di tutti i Comuni inseriti
nell'associazione Mare Carso affacciati al progetto». I dipendenti ed i
visitatori del Comune di Muggia che vorranno avvalersi della prestazione della
bicicletta a pedalata assistita avranno il compito di lasciare una valutazione
sul funzionamento e su eventuali problematiche riscontrate, il tutto per
migliorare le prestazioni della bicicletta, prototipo dei mezzi di trasporto che
un giorno non troppo lontano potrebbero essere il faro della nuova mobilità
sostenibile muggesana.
Riccardo Tosques
CONCORSO “ITALIA NOSTRA”
La sezione di Trieste di Italia Nostra ha promosso il concorso forografico “Il canale di Ponterosso”. La giuria, riunitasi il 15 maggio, ha stabilito la seguente graduatoria: 1° classificato: Roberto Furlan, per l’originalità dell’inquadratura in bianco e nero della parte bassa del Canale incorniciata da una struttura di elementi di acciaio che mette in risalto l’austerità delle architetture. 2° Claudio Saccari, con una panoramica a colori del Canale che cattura l’atmosfera del luogo valorizzata da un particolare volo di gabbiani e da un effetto di luce pomeridiana nelle tonalità del blu pervinca. 3° Sara Bevilacqua, con un’inquadratura della statua di James Joyce: un primo piano dell’opera in bronzo contornata da un incrociarsi di passanti trasformati in ombre; un ribaltamento della realtà che valorizza il ponte in primo piano e le architetture sullo sfondo. Una menzione speciale di merito è stata assegnata ad Anna Monda per una specchiatura sotto la pioggia, una singolare immagine riflessa. Seguirà la mostra fotografica.
SEGNALAZIONI - Perseverare in Val Rosandra
Leggo che le autorità del Comune avrebbero richiesto un nuovo intervento della protezione civile in Val Rosandra per fare pulizia ovvero asportare le residue ramaglie, materialmente di poco valore venale, abbandonate alquanto disordinatamente, dopo il precedente incongruo “disboscamento”, che tuttora occupano la zona del torrentello, il quale verrebbe descritto, ancora una volta, come un pericolosissimo fiume, ricorrentemente causa di assai dannose alluvioni. Errare humanum, anche per una giunta di sinistra, ma perseverare... Sembra veramente che manchi il buon senso, compreso il fatto singolare e indicativo che si insista nel chiedere a un organismo, creato per le emergenze, di intervenire, per effettuare la manutenzione di un luogo boschivo protetto. Ma questo Comune si sente responsabile di qualcosa oppure delega a enti diversi e con ben altri compiti istituzionali quelle che dovrebbero essere le proprie mansioni e, prima di tutto, la tutela del proprio territorio? È come pretendere che sia il 118 a intervenire sul posto per misurare la pressione agli anziani, invece dei medici di famiglia. Non si dica che è sempre meglio che paghi qualcun altro e quando ciò accade, a quanto pare, non si bada a spese. Non si dica che il comune non ha soldi, perché al solito a pagare siamo sempre noi, in tutti i sensi, compreso scontare un incredibile danno ambientale e soprattutto la perdita non risarcibile di un valore affettivo, che solo una mentalità arida e ottusa può continuare a ignorare.
Ettore Lazzerini
SEGNALAZIONI - TRENI L’Austria isolata
Come da notizie pubbliche, dal primo di giugno 2012 avrà inizio un collegamento ferroviario da Udine a Villach (A), con quattro corse giornaliere di cui al momento non conosco gli orari. Si potrebbe dire: finalmente! Lo auguro. In merito, mi preme esprimere se segnalare quanto segue: a seguito della soppressione dei precedenti collegamenti diurni di Trenitalia, la società autriaca OBB ha introdotto corse quotidiane diurne che collegano egregiamente le due località a mezzo di autobus funzionali; quello che è stato e continuerà ad essere il vero problema è la mancanza di un collegamento diretto da Trieste - Monfalcone / Cervignano / Palmanova - Gorizia verso / da l’Austria, via Udine; con il nuovo collegamento ferroviario da Udine, queste località resteranno penalizzate come prima (si dovranno spostare in treno o in macchina fino a Udine o Lubiana!); ma ci voleva un progetto (Micotra) per prolungare Tarvisio Boscoverde fino a Villach; perché non si può integrare con più corse quotidiane l’attuale linea Trieste- Monfalcone-Gorizia / Cervignano / Palmanova - Udine - Tarvisio Boscoverde fino a Villach? È pensabile sottoporre ancora i ragazzi, in particolare, di queste località a fare svariate ore di viaggi e con più treni/scali per arrivare a Villach da dove poi finalmente ci sono i treni diretti! Così come il sindaco di Trieste ha potuto sperimentare di persona, questa situazione, nonostante il nuovo collegamento, continuerà. Io la vivo personalmente dal 2009, da quando mia figlia si è spostata per ragioni di studio a Vienna, ora a Ratisbona in Germania, per lavoro. È vero, non conosco gli aspetti tecnici ed economici che comportano questa situazioni, di sicuro ho sperimentato e vissuto di persona i disservizi ferroviari e aerei di queste bellissime terre, da diversi anni (dal 1983), sempre più isolate!
Francesco Vono
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 30 maggio 2012
Sito inquinato: via alla fase operativa con tutte le
imprese
Illustrati alle aziende i contenuti dell’Accordo di programma Camera di
commercio: un milione per i “piccoli operatori”
Il principio di base è chiaro: chi ha inquinato, paga. Partendo da questo
presupposto, definito dalla firma apposta in calce al documento in prefettura
venerdì scorso dagli enti coinvolti e dal ministro dell’Ambiente Corrado Clini,
i contenuti dell’Accordo di programma per l’analisi, bonifica e successive
reindustrializzazione e infrastrutturazione del Sin sono stati illustrati ieri
ai referenti delle aziende insediate nell’area dello stesso Sito di interesse
nazionale. Realtà a cui nelle prossime settimane l’Ezit chiederà di
sottoscrivere apposite convenzioni per l’avvio degli interventi. Tema chiave,
quello dei costi. Posto che il testo definitivo (dopo le famose 14 bozze mai
decollate) ha cancellato ogni riferimento all’ipotesi del danno ambientale, al
barricamento a mare e all’eventuale responsabilità oggettiva. Tre le parti in
cui il Sin è stato diviso, come illustrato da Maria Pia Turinetti Di Priero del
Servizio pianificazione e coordinamento della finanza della Regione: una
interessa i “grandi operatori”, che si occuperanno autonomamente delle
caratterizzazioni, un’altra riguarda le aree a mare di competenza del Ministero
dell’Ambiente (che si accorderà con l’Autorità portuale), e infine quella dei
“piccoli operatori”. E in quest’ultimo caso, l’intervento sarà in carico alla
Regione con delega all’Ezit. Per le spese legate al completamento delle
caratterizzazioni e dell’analisi del rischio, così come per quelle future
relative alla messa in sicurezza e bonifica delle aree, questi i principi: per
le aree pubbliche inquinate paga il pubblico (salvo rivalersi sul colpevole
dell’inquinamento se successivamente individuato), per le aree private inquinate
dal pubblico paga il pubblico, per le aree private inquinate da privati paga chi
ha inquinato. La procedura: accertato l’inquinamento, si cercherà di contattare
il responsabile. Nel caso non lo si trovasse, l’amministrazione pubblica si
rivolgerà al proprietario o al gestore dell’area. Questi soggetti potrebbero
però rispondere di non avere intenzione di pagare per gli interventi. Se ne
occuperà allora a quel punto la Regione, che poi si rivarrà così: sul
responsabile dell’inquinamento chiedendogli conto del costo totale dell’intera
operazione, sul proprietario o sul gestore invece (se il responsabile non sarà
stato individuato) del solo valore di arricchimento dell’area frutto
dell’intervento di riqualificazione. Per questa partita ci sono già sul piatto
13 milioni e 432mila euro di fondi ministeriali. Ma quanto potrebbe costare
l’intervento di caratterizzazione e analisi del rischio? «Il costo stimato è di
3-4 euro al metro quadrato», ha spiegato il direttore dell’Ezit, Paolo De Alti.
Pronta a dare una mano in più ai “piccoli operatori” è la Camera di commercio:
«Faremo tutto il possibile», ha spiegato il presidente camerale Antonio Paoletti.
Nelle casse dell’ente è stato accantonato un milione di euro per questa posta.
Nell’accordo passi avanti anche per lo snellimento delle procedure burocratiche.
E in questo senso va letto pure l’invito all’Arpa a effettuare la validazione
dei dati contestualmente alle caratterizzazioni.
Matteo Unterweger
Caratterizzazioni - Bruni: si tratta di completare, non
rifare
Completare le caratterizzazioni, non rifarle. Altro concetto chiave, questo,
dell’Accordo di programma. Chiarisce il presidente dell’Ezit, Dario Bruni:
«Tutte le indagini effettuate fino a oggi dovranno essere integrate con le
ultime disposizioni di legge». Si partirà da zero solo laddove nulla sia stato
fatto sin qui. «Questo accordo è l’avvio di un percorso, non la conclusione -
sono state le parole dell’assessore regionale Sandra Savino -. Per dare
possibilità di sviluppo al territorio industriale di Trieste».
(m.u.)
Stalli “griffati” per agevolare i ciclisti - I
negozianti potranno farsi pubblicità personalizzando rastrelliere per biciclette
Dai sei esistenti oggi a una cinquantina, da realizzare nei prossimi mesi.
Si moltiplicheranno in città, soprattutto in centro, i parcheggi strutturati
dedicati alle biciclette che potranno essere sponsorizzati - e è questa la
novità più importante -, dai privati, negozi e pubblici esercizi per esempio,
che si impegneranno a realizzarli. Trieste si avvia a diventare una città che
finalmente agevola coloro che si spostano pedalando sulle due ruote, con
l’obiettivo di decongestionare il traffico, oggi preda quasi assoluta di
automobili, scooter e motociclette. Il progetto è contenuto in una “delibera
quadro”, che sarà approvata nei prossimi giorni e che prevede, ha annunciato
ieri l'assessore comunale Elena Marchigiani, «per i privati di fornire e posare
in opera, sul suolo pubblico, porta biciclette destinati a uso collettivo». Il
Comune ha assunto questa decisione «nella prospettiva di promuovere la mobilità
sostenibile - ha proseguito Marchigiani - , che è una delle priorità di questa
amministrazione». I privati che accoglieranno l'invito dell'amministrazione a
realizzare questi stalli, magari con l'obiettivo di favorire la propria
clientela, potranno apporre una targa con il loro logo sul sito prescelto. In
sostanza, un negozio, un pubblico esercizio, un’attività rivolta al pubblico
avrà l’interesse a prevedere uno stallo per biciclette davanti alle proprie
vetrine, laddove sarà possibile, perché così calamiterà l’attenzione dei
passanti e potrà esporre la propria insegna. L'iniziativa è stata attuata
sentendo l'Osservatorio della mobilità sostenibile, costituito da un insieme di
associazioni interessate al tema, «che rappresenta - ha evidenziato la
Marchigiani - il punto di riferimento dell'amministrazione in merito a queste
tematiche». Il Comune ha individuato mezzo centinaio di punti che potranno
diventare sede di parcheggi per le biciclette «ma non è escluso – ha
puntualizzato l’assessore – che, su richiesta degli interessati, si possano
individuare altre aree da destinare a questo scopo». Nell'occasione è stato
precisato ancora una volta che «le biciclette possono circolare all'interno
delle isole pedonali, purché rispettino le regole del codice della strada e del
buon senso». «Stiamo anche lavorando sul dehors - ha concluso l'assessore
Marchigiani - perciò predisporremo un progetto complessivo che tenga conto di
tutte le esigenze. In prospettiva si agirà anche con il programma cosiddetto
“bike sharing”, che prevede il noleggio di biciclette».
Ugo Salvini
COMUNICATO STAMPA - MARTEDI', 29 maggio 2012
CENTRALE A BIOMASSE AD OPICINA - IL WWF: “GIUDIZIO
NEGATIVO PER costi energetici e impatto ambientale”
L’impianto sarebbe alimentato da olio di palma prodotto da una
piantagione di 10mila ettari, con il sacrificio di ecosistemi in Costa d’Avorio
e costi di produzione e trasporto della materia prima inaccettabili.
L’associazione: “È ora di iniziare ad investire nell’efficienza energetica”.
“E’ assai arduo – per non dire impossibile – che l’impatto ambientale della
centrale a biomasse proposta ad Opicina possa essere positivo”: lo afferma il
WWF, dopo le indiscrezioni giornalistiche, secondo le quali sarebbe imminente la
presentazione di un progetto da parte della società “IIT srl”.
Al di là di pur importanti considerazioni di ordine paesaggistico, e
dell’impatto che una fonte di emissioni inquinanti nell’atmosfera, avrebbe su un
territorio come quello carsico, finora privo di impianti industriali, più ampio
è il ragionamento che dovrebbe presiedere alla valutazione di progetti del
genere.
Secondo l’associazione va tenuto conto, infatti, di almeno due altri fattori,
decisivi: “Il primo è l’impatto ambientale complessivo della filiera, di cui la
centrale farebbe parte. L’impianto proposto verrebbe infatti alimentato
principalmente con olio di palma, prodotto da una piantagione di 10 mila ettari
(100 km quadrati, metà della superficie della Provincia di Trieste…) in Costa
d’Avorio. Buon senso vorrebbe che si valutasse anche l’impatto di tale
piantagione, spiegando ad esempio quali ecosistemi sono stati sacrificati per
farle spazio. Inoltre, andrebbe calcolato il costo energetico complessivo della
produzione dei kWh previsti ad Opicina, considerando sia quelli legati alla
coltivazione delle palme, alla raccolta e alla spremitura dei frutti, al
successivo trasporto via mare e via terra dell’olio così ricavato per migliaia
di km, ecc”.
E’ estremamente dubbio, secondo il WWF, che valutando anche questi aspetti, alla
fine il bilancio globale dell’operazione possa risultare positivo.
Il progetto annunciato ad Opicina è peraltro solo l’ultimo di una lunga serie di
iniziative “industriali” analoghe, più o meno avventurose e strampalate:
iniziative che trovano spazio per l’assenza di un piano energetico nazionale e
regionale, richiesto da anni dagli ambientalisti nella più totale sordità del
modo politico nazionale e locale.
“Sarebbe ora - chiede il WWF -, per la Giunta ed il Consiglio regionale, di
mettere mano a questo strumento, in assenza del quale ogni fanfaluca può tentare
di accreditarsi, dalle reiterate esternazioni del presidente Tondo sul ruolo
possibile della Regione nella gestione e nel raddoppio della centrale nucleare
di Krško, ai tentativi di imporre a Trieste un rigassificatore nel sito più
assurdo del mondo, agli elettrodotti per importare elettricità da Paesi come
l’Austria che ne importano anche loro, fino alla miriade di progetti di centrali
e centraline a biomasse, basate su uno sfruttamento irrazionale del territorio
(nella nostra Regione o altrove), spesso in concorrenza con le produzioni
destinate all’alimentazione”.
“Eppure – conclude l’associazione - basterebbe leggere il “Libro Verde
sull’efficienza energetica” della Commissione Europea, per scoprire che
l’investimento in efficienza è il più redditizio, sia dal punto di vista
economico, sia da quello occupazionale. Il costo totale di produzione di un kWh
è infatti circa il doppio del costo necessario per risparmiare lo stesso kWh.
Inoltre, gli investimenti nell’efficienza energetica creano da tre a quattro
volte più posti di lavoro, rispetto a quelli creati con gli investimenti nella
costruzione di centrali elettriche nucleari o a carbone”.
WWF Friuli Venezia Giulia
IL PICCOLO - MARTEDI', 29 maggio 2012
L’oncologo: più broncopatie con le polveri della
Ferriera
Il medico Mustacchi: «Per l’incidenza di alcuni tumori non esiste però
ancora una spiegazione. Ma è anche necessario controllarsi di più»
Secondo l’esperto, i triestini potrebbero tutelare maggiormente la propria
salute, per esempio mangiando e bevendo meglio
Lo studio “Sentieri” dell’Istituto superiore di sanità che ha analizzato lo
stato di salute e malattia in 44 dei 57 Siti inquinati di interesse nazionale, e
che è stato presentato l’altro giorno al convegno «Come sta Trieste?» ha
dispiegato dati molto allarmanti. A livello nazionale nelle aree inquinate la
mortalità è superiore del 15%, a Trieste del 3% rispetto al resto della regione,
con un dato femminile tristemente più pronunciato (+6%). I dati sono stati
riferiti da Riccardo Tominz che lavora al gruppo di Epidemiologia nel
Dipartimento di prevenzione dell’Azienda sanitaria. Diossine, metalli pesanti,
idrocarburi policiclici aromatici sono veleni che si diffondono. In più abbiamo
Ferriera, inceneritore, Siot e amianto sparso. Lo studio ricorda che, dopo
l’attentato all’oleodotto negli anni ’70, le ceneri residue finirono nelle
grotte carsiche e i veleni entrarono nelle falde acquifere. A Trieste ci sono
più tumori che in ogni altra città della regione. Peraltro anche un’attesa di
vita lunghissima. Il parere del medico? Parla Giorgio Mustacchi, direttore del
Centro oncologico dell’Azienda sanitaria e docente universitario: «Per
l’incidenza di alcuni tumori - afferma - non c’è una vera spiegazione. Il che
significa che forse non si è ancora cercato nella direzione giusta. Molti tumori
al seno si spiegano col fatto che le donne fanno pochi figli, e tardi, ma per
esempio non abbiamo mai studiato la differenza di alimentazione fra Trieste e i
dintorni di Tarvisio...». Mustacchi però sottolinea l’indice di invecchiamento
altissimo di Trieste (con l’età le malattie aumentano), dall’altro lato l’ottimo
livello di cura. Per le broncopatie «probabilmente è la bora a sollevare le
polveri sottili, e certamente chi abita sopra la Ferriera respira polveri in
continuazione. Ma una ricerca anni fa dimostrò che nell’area di Servola c’erano
più tumori. A causa della fabbrica? No, togliendo i fumatori, il dato era
identico a quello della città». Lo stile di vita più sano (lo dice ogni studio)
appartiene ai segmenti sociali più alti, povertà si associa a cattiva
alimentazione, fumo e alcol. Ma alla fine Mustacchi la più severa diagnosi la fa
non tanto all’ambiente, quanto proprio ai suoi abitanti: «Il fumo è la prima
causa di tumore al polmone, quello all’esofago viene solo se fumi e bevi, e la
gente non ascolta i consigli. Lo “screening” contro il tumore al colon sta
salvando tante vite, ma alla prima chiamata si è presentato solo il 20%. I
triestini sono i più “testoni” di tutti - avverte Mustacchi -, si ammantano di
cultura mitteleuropea mentre di mitteleuropeo qui non abbiamo più che Claudio
Magris, sono presuntuosi, pensano di non aver bisogno di niente, che le “rogne”
capitano sempre agli altri, e sono scettici. Invece - aggiunge - il mio
messaggio di medico è questo: l’aspettativa media di vita è lunga, dunque fate
esami, bevete e mangiate meglio, andate dal dottore, e se vi dà una pastiglia
prendetela, controllate la pressione, evitate il sovrappeso che ormai è un
evidente grave disagio anche di tante ragazzine, e così via. Insomma, triestini,
fidatevi». Quanto alle cause ambientali, certe sono note e certe ancora no, e
questo secondo Mustacchi è stato evidenziato anche dall’analisi del Registro
tumori, appena presentato a tutti i medici della regione.
Gabriella Ziani
«Dati allarmanti, adesso si corra ai ripari»
Lupieri (Pd) esorta ad agire sull’ambiente. Sel critica Omero: «Più
differenziata, ma non con le ceneri»
Se l’oncologo Giorgio Mustacchi attribuisce molte malattie anche all’incuria
dei triestini, il medico-politico Sergio Lupieri, vicepresidente Pd della
commissione sanità regionale, trae dai dati diffusi al convegno “Come sta
Trieste?” conclusioni più allarmanti: «Si è evidenziato quanto sia pesante la
situazione riguardo al rapporto ambiente-salute, specie coi “picchi” di valori
elevati di inquinanti. Conclamata la situazione, è importante correre quanto
prima ai ripari, mentre va sollecitata la Regione affinché renda noto il lavoro
di tre anni dell’Osservatorio epidemiologico regionale che ha incrociato proprio
i dati dei tumori rispetto all’inquinamento». Soddisfatto Lupieri perché
«finalmente l’Arpa prende in considerazione anche la centralina di San Lorenzo
in Selva a Servola, adiacente la Ferriera», e perché a giugno saranno resi noti
i risultati del monitoraggio del benzoapirene, reso possibile da una legge
regionale. Lupieri infine ascrive responsabilità alla Regione, in materia di
ambiente-salute, «perché i 18 tavoli finora aperti sulla Ferriera non hanno
portato a nulla». Critici verso l’assessore comunale Fabio Omero, che al
convegno si è scagliato contro la situazione della raccolta differenziata, due
esponenti dei Forum ambiente e lavoro di Sel, Stefano Bertuzzi e Waldy Catalano.
I due rappresentanti di Sinistra, ecologia e libertà (che sostiene la giunta
Cosolini) non hanno gradito l’accenno di Omero a chi è «operaista e
ambientalista a giorni alterni», ritenendo la frase diretta a Sel, e soprattutto
si dicono in disaccordo sulla possibilità, citata dall’assessore, di aumentare
le percentuali di “differenziata” mettendo nel computo anche le ceneri di
risulta del termovalorizzatore. «Non si tratta di raggiungere il 65% di
“differenziata” solo per rientrare nei limiti di legge - scrivono Bertuzzi e
Catalano -, la differenziazione della raccolta è un modo per inquinare di meno e
aumentare la salute di tutti». E se, per lavorare a regime, il termovalizzatore
deve accettare immondizie da fuori città (Omero ha chiesto che venga dirottato a
Trieste materiale di tutta la regione, altrimenti la “differenziata” non
decollerà per ragioni economiche), Sel ribatte: «Allora Trieste dovrebbe averne
un ritorno in termini economici, e quindi la riduzione delle bollette, e di
investimento in salute, soprattutto con l’uso delle migliori tecnologie per il
monitoraggio e l’abbattimento degli inquinanti che derivano dalla
termovalorizzazione».
Borgo Teresiano tra rifiuti e inciviltà
La rabbia di residenti e commercianti: «La nostra zona ridotta a
immondezzaio. Servono isole pedonali»
Il canale di Ponterosso rappresenta una sorta di spartiacque tra il salotto
buono di Trieste e la zona, dimenticata e lasciata a se stessa, del Borgo
Teresiano. Facendo pochi passi, da una parte all’altra del canale, si passa
dalle stelle alle stalle. Se nei paraggi di piazza dell’Unità o via San Nicolò
non è consentito gettare a terra nemmeno un mozzicone di sigaretta, attorno a
piazza Vittorio Veneto, piazza delle Libertà o piazza Oberdan tutto è lecito.
«Ci occupiamo noi della pulizia di certi tratti di strada e marciapiedi –
ammette Alex Alessi, gestore del Buffet Benedetto di via XXX Ottobre –. Qui il
servizio di spazzamento passa una settimana due volte e quella successiva una
sola. Con il via vai di gente e con la concentrazione di giovani il fine
settimana, questa zona si trasforma in un “immondezzaio”. Servono le
pedonalizzazioni». Già, le pedonalizzazioni, uno degli interventi urbanistici
più richiesti da chi vive e lavora in questo rione. «Siamo a due passi da molti
alberghi e dalla stazione ferroviaria – evidenzia Germano Lubich, titolare di un
negozio di abbigliamento di via Trento –. La maggior parte dei turisti passa per
il Borgo Teresiano eppure questa zona è abbandonata a se stessa. Persino i
cinesi se ne stanno andando». «Sicuramente quella del Borgo Teresiano è un’area
che ha goduto negli anni di meno investimenti rispetto ad altre zone – ammette
Luca Bressan, presidente della IV circoscrizione –, ma da parte di questa
amministrazione c’è indubbiamente la volontà di cambiare la situazione. Il
rilancio passa attraverso tre importanti interventi che speriamo si riescano a
portare a termine: il ponte sul Canale di Ponterosso, la pedonalizzazione di via
XXX Ottobre e la riqualificazione di piazza Libertà». Per rendersi conto
dell’incuria che regna nella zona basta dare un’occhiata alle piazze che la
caratterizzano. Piazza Libertà è occupata dai barboni che la usano come una
discarica. Piazza Oberdan, nella parte alle spalle del capolinea del tram, è
nelle mani dei punkabestia e di giovani che lasciano ovunque bottiglie,
sacchetti e resti di serate brave. Le panchine, come pure i muri, sono stati
imbrattati e i lastroni in cemento spezzati. «L’area è lasciata in balia dei
balordi – sostiene Anna Rinaldi, commerciante di abbigliamento della zona e
residente in via Beccaria –. Qualcuno aveva anche cercato di animarla mettendo
dei tavolini per servire caffè e gelati ma, viste le frequentazioni, nessuno si
accomodava su quelle sedie». Stessa storia in piazza Vittorio Veneto dove si
affacciano Palazzo Galatti e la Posta centrale. Su quelle panchine arancioni
sporche e imbrattate da centinaia di scritte è impossibile sedersi. Il bordo
delle grandi vasche è spezzato. «L’hanno rotto i ragazzi che di questa piazza ne
hanno fatto la loro pista da skateboard – spiega Allen Brassi, responsabile del
bar Vittorio Veneto –. Li abbiamo ripresi più volte ma loro se ne fregano”. In
questi giorni la piazza ospita la fiera “Trieste: mosaico di culture”. «Ben
vengano le fiere e manifestazioni in questa zona – auspica Brassi –,
stimolerebbero i commercianti ad investire e gli incivili ad andarsene».
Laura Tonero
Centrale termoelettrica: progetto già in Confindustria
Giuseppe Cagiati di Benevento l’amministratore unico della società “Iit”
che vuole insediarsi a Opicina. Cosolini: mai visti. Marchigiani: sono venuti da
me
Si chiama Giuseppe Cagiati ed è nato 51 anni fa a Benevento,
l’amministratore unico della “Investimenti industriali triestini srl”, la
società con sede a Roma che si ripromette di costruire a Opicina una centrale
elettrica alimentata a biomasse. La “Iit srl” è stata fondata il 27 gennaio 2010
e secondo la banca dati di “Unioncamere”, due sono i soci che hanno versato
ciascuno cinquemila euro di capitale. Diecimila euro sono stati complessivamente
versati contro i tre milioni che erano stati deliberati. Il primo dei due soci è
la “All Real Estate srl” una società immobiliare che ha sede a Roma nello stesso
palazzo di via Bruno Buozzi 83 che ospita la “Iit srl”. La seconda è la “A&E
immobiliare Sancilio Furio Valerio sas” con sede in via Andrea Bofile. Secondo
l’atto di costituzione la “Iit srl” ha come scopo sociale la gestione,
installazione, costruzione, avviamento, esercizio e manutenzione di centrali
elettriche convenzionali e a energie rinnovabili, nonchè la gestione del mercato
dei “certificati verdi”. I “certificati verdi” - va precisato - rappresentano la
struttura di incentivazione delle fonti rinnovabili nate dalla liberalizzazione
del settore dell'energia decisa dal Decreto Bersani. La precedente normativa
faceva capo alle leggi 9 e 10/91 ed al provvedimento CIP 6/92: a queste leggi
viene riconosciuto il merito di aver fatto maturare nella collettività la
consapevolezza che la produzione di energia rinnovabile o pulita non è uno
slogan, ma rappresenta un punto focale dello cosiddetto “sviluppo sostenibile”.
Su questo mercato punta la “Iit srl” che sul proprio sito, ancor prima che le
autorità cittadine fossero informate dell’iniziativa, scrive nero su bianco che
«a Opicina nei pressi di Trieste la nostra società è impegnata nella
trasformazione di un’antica fabbrica di vagoni in una centrale termoelettrica
alimentata da fonti rinnovabili. Le antiche strutture ferroviarie, che distano
sei chilometri dal porto, saranno riutilizzate per gli spostamenti di materiali.
La posizione del sito permetterà di creare anche un moderno centro logistico
portuale» L’area dell’antica fabbrica di vagoni è quella che fu occupata dalle
officine meccaniche Laboranti. E’ un sito a destinazione industriale posto tra
la caserma del Piemonte Cavalleria e lo scalo ferroviario di Opicina Campagna.
«Gli uffici tecnici comunali non hanno mai rilasciato alcuna autorizzazione a
costruire una centrale elettrica su quell’area» ha affermato ieri il sindaco
Roberto Cosolini. «Ho appreso poche ore fa la notizia di questa iniziativa dal
Piccolo». Leggermente diversa la risposta dell’assessore all’urbanistica Elena
Marchigiani. «Non esiste alcun progetto depositato in Comune per questa centrale
di Opicina. Certo è che due rappresentanti della Iit srl erano venuti a gennaio
a parlare di questa iniziativa. Poi non li abbiamo più visti, nè sentiti...
Progetti comunque non ne hanno mai presentato». Va aggiunto che l’iniziativa
della “Iit srl” ha subito una accelerazione: due “ambasciatori” della società
romana una decina di giorni fa sono ritornati a Trieste e si sono presentati in
piazza Casali dove ha sede l’Associazione degli industriali. Lì hanno illustrato
il loro progetto di centrale a biomassa. E’ al lavoro con le autorità a cui ha
chiesto svariati appuntamenti anche un delegato locale della “Iit”.
Claudio Ernè
Nuovo accordo sul Sin illustrato alle parti sociali
Nessun calcolo forfettario per il danno ambientale;
nessuna responsabilità oggettiva; nessuna soluzione precostituita per la
bonifica delle acque sotterranee. Sono i tre punti chiave del nuovo Accordo di
programma sulla bonifica del Sin di Trieste, illustrato ieri dall’assessore
regionale alla Programmazione, Sandra Savino, alle parti sociali. I
rappresentanti delle imprese (Confindustria e Confartigianato) e dei sindacati
hanno confermato la propria soddisfazione per l’accordo sottoscritto venerdì
scorso in Prefettura fra le istituzioni locali e il ministro dell’Ambiente
Corrado Clini. Presente all’incontro anche il l consulente giuridico del
ministro Clini, Paolo Dell’Anno (in foto con Savino) che ha illustrato nel
dettaglio i contenuti dell’Accordo e risposto alle richieste di approfondimento.
Clini: la Tav deve arrivare a Trieste
Il ministro alla presentazione del libro di Paolo Possamai garantisce
l’intervento del governo. Illy: il tracciato va completato
VENEZIA «Il Nordest comincia e non finisce a Venezia: anche il pezzo
Venezia-Trieste e quello tra Venezia e Tarvisio sono quindi indispensabili nel
futuro tracciato della Tav»: il ministro dell’Ambiente Corrado Clini chiarisce
in via definitiva la posizione del governo sull’alta velocità partecipando alla
presentazione del libro di Paolo Possamai, direttore de Il Piccolo, «Ultima
fermata Treviglio; perché la Tav non arriva a Nord Est» ieri a Venezia. «Certo -
ha concluso Clini - scegliere il tracciato può determinare un intervento su un
territorio piuttosto che su un altro: questa scelta va quindi fatta tenendo ben
presenti gli obiettivi che si hanno in mente. Ognuno legittimamente può dire di
non volere interventi nel proprio giardino, ma non mi sembra questo il modo per
far crescere la nostra società». Clini è arrivato ieri pomeriggio a Venezia, nel
nuovo teatro restaurato. Il libro di Possamai contiene una ricca selezione di
reportage del giornalista sulla sfida per ora impossibile dei treni ad alta
velocità e dei collegamenti veloci a Nordest e verso a Trieste. In sala oltre a
Clini ci sono Enrico Marchi, presidente della Save, Paolo Costa, presidente del
Porto, Riccardo Illy ex sindaco di Triesta. Un fatto è certo, hanno detto i
relatori, la rete ferroviaria va «ammodernata, perché risale in parte ancora al
secolo scorso. E il collegamento, non più possibile verso la Slovenia, va
sviluppato a nord, in direzione dell’Austria. Il presidente del Porto Paolo
Costa ha annunciato di aver incontrato il ministro delle Infrastrutture Corrado
Passera. Gli è stato presentato il piano di sviluppo del Porti. A cominciare
dalla grande piattaforma in mare per le meganavi container (un miliardo e mezzo
di euro). «La Tav - ha detto Illy - è un’opera indispensabile a medio-lungo
raggio. Ma se non si completa l’intero asse, anche le parti già realizzate non
saranno utilizzabili in maniera economica. E, per l’allargamento a Est, non
dobbiamo più guardare alla Slovenia, ma a nord, raggiungendo l’Austria
attraverso la Pontebbana». «La risposta al quesito posto da Possamai - ha
aggiunto invece Costa - è che, se non si arriverà a Nordest, sarà perchè manca
una convinzione strategica, a livello italiano e non europeo, su questo punto».
Alberto Vitucci
Pressing Ugl e Fareambiente: serve il piano energetico
Per l’Ugl e Fareambiente del Friuli Venezia Giulia «servono una nuova legge e un adeguato Piano energetico regionale». «In mancanza di una strategia energetica nazionale, di fatto bloccata dal risultato del referendum e dalla difficile situazione economica, la Regione si attivi nella sua autonomia istituzionale », hanno detto i due organismi.
Il rilancio del Carso? Arriverà solo tutelando la
natura - LA LETTERA DEL GIORNO - Alessandro Cosenzi
Il 2012 rischia di essere un annus horribilis per il Carso ed i suoi boschi.
Il grande incendio ha bruciato ettari di bosco questo inverno e qualcuno ha
avuto la sfrontatezza di augurarsi, quasi soddisfatto dell’accaduto, che non
scattino i legittimi vincoli previsti dalla nostra legislazione. Un malnato
intervento ha radicalmente tosato il letto del torrente Rosandra. Nel comune di
Trieste ed in quello di Duino Aurisina gli edili sono pronti a sostituire tratti
di bosco con colate di cemento “vista mare” da vendere a caro prezzo ai pochi
che possono permetterselo. E’ incomprensibile che in una città che dal 1971 ha
perso 60.000 abitanti si voglia ancora espandere l’abitato! Infine i politici
regionali, promuovono una legge bipartisan per promuovere l’attuazione nel
nostro territorio della risibile DOC che sfrutta la fortuita omonimia tra il
paese di Prosecco ed un vitigno di origini venete universalmente riconosciute.
L’obiettivo, nel nome delle bollicine, è la rimozione dei prudenti vincoli che
l’Europa ha sviluppato a difesa della natura. Il risultato sarebbe la
distruzione del bosco che faticosamente si è riappropriato del nostro territorio
per promuovere una desertica cultura del lucroso vitigno eliminando naturalmente
anche insetti, uccelli, caprioli, cinghiali e ogni altro essere vivente che
abbia la pessima abitudine di essere ghiotto della preziosa bacca zuccherina.
Nei millenni il Carso è già stato devastato dall’uomo. La sua mano distruttiva
ha trasformato l’originale bosco di latifoglie in una desolata landa pietrosa.
Le sbiadite fotografie in bianco e nero dei primi del ‘900 testimoniano il
terribile degrado. Ci sono voluti la lungimiranza della i.r. amministrazione
forestale e più di un secolo per restituire almeno in parte al bosco il
territorio che occupava. Ora troppi interessi vogliono sostituire lo
sfruttamento alla fruizione dell’ambiente e purtroppo la politica sembra farsi
paladina di questa sciagura. In questa rigogliosa primavera invito tutti i
concittadini a percorrere i sentieri che attraversano il nostro Carso dal
ciglione, dove la profumata macchia mediterranea raggiunge il suo estremo
settentrionale, al Lanaro, al San Leonardo, alla Val Rosandra. Potranno rendersi
conto di come i boschi siano una meravigliosa risorsa della nostra provincia
ospitando essenze, fiori, uccelli, mammiferi e tanti altri animali che spesso
sfuggono alla vista di chi non sa vederli. Mi auguro che le associazioni
ambientaliste che si sono finalmente mosse in maniera massiva in occasione
dell’infelice intervento in Val Rosandra mostrino ora lo stesso vigore. Il
rilancio del Carso può derivare solo dalla tutela della natura. Non certo dalla
sua distruzione. Il mio sogno è che neppure un albero cada nella nostra
provincia vittima delle speculazioni di vario genere. Chissà forse talora i
sogni si possono avverare...
COMUNICATO STAMPA - LUNEDI', 28 maggio 2012
Legambiente sui rifiuti dalla Campania all’inceneritore
di Trieste: “Indispensabile la massima trasparenza, che finora è stata invece
totalmente negata.”
Sulla delicata questione dei rifiuti, provenienti dalla Campania e
bruciati all’inceneritore di Trieste, Legambiente Trieste chiede la massima
trasparenza, che finora è stata invece totalmente negata dai responsabili
dell’operazione.
Questo il tenore della lettera inviata da Legambiente Trieste al sindaco
Cosolini ed agli assessori all’ambiente, Laureni, e allo sviluppo economico,
Omero (responsabile anche dei rapporti con le società partecipate, come
ACEGAS-APS).
Nessuna obiezione, da parte degli ambientalisti, sul fatto che in situazioni di
emergenza, ci si debba far carico anche dello smaltimento di rifiuti prodotti
altrove, per un ovvio principio di solidarietà nazionale. Purché, ben inteso,
l’emergenza non diventi cronica.
Questo deve avvenire, però, in un quadro di totale trasparenza sugli effetti
ambientali dell’operazione. L’esatto contrario di quanto accaduto finora, con i
convogli di rifiuti di fatto “militarizzati”, nessuna informazione
sull’effettiva composizione dei rifiuti stessi, sull’eventuale modifica della
natura delle emissioni dal camino dell’inceneritore e sul destino finale delle
scorie e delle ceneri così prodotte.
La problematica è rilevante, anche alla luce del fatto che in Campania, per
lungo tempo, la gestione dello smaltimento dei rifiuti urbani è stata quanto mai
carente, portando ad esempio alla produzione di centinaia di migliaia di
“eco-balle”, nelle quali verosimilmente rifiuti urbani erano mescolati
illegalmente a rifiuti speciali e tossici e nocivi. Per tacere delle note
interferenze della criminalità organizzata nella gestione dell’intero ciclo dei
rifiuti.
Risulta peraltro, continua Legambiente, che all’inceneritore di ACEGAS-APS
arrivino regolarmente carichi di rifiuti anche dalla Slovenia e dall’Austria.
Neppure su questi le informazioni sono esaustive.
Da ciò la richiesta al sindaco ed agli assessori competenti, di fornire quanto
prima alla cittadinanza (allo scopo di fugare ogni dubbio e smentire eventuali
allarmismi) tutte le informazioni su:
- quantità e composizione dei carichi di rifiuti arrivati all’inceneritore
ACEGAS-APS sia dalla Campania, sia da Slovenia, Austria ed eventualmente altre
regioni
- effetti della combustione di questi carichi sulle emissioni dell’inceneritore
- quantità e destino finale delle ceneri e delle scorie risultanti dalla
combustione di questi carichi
- bilancio economico complessivo delle operazioni legate alla combustione
nell’inceneritore di Trieste dei carichi di rifiuti provenienti dalla Campania,
dall’Austria e della Slovenia
Legambiente Trieste conclude rilevando che la “necessità” di importare rifiuti
da altre regioni, deriva dal sovradimensionamento dell’inceneritore di Trieste,
destinato a risaltare sempre più, man mano che il progresso della raccolta
differenziata ridurrà la quantità dei rifiuti urbani “autoctoni” destinati
all’incenerimento.
Una ragione di più, osservano gli ambientalisti, per deplorare la miope scelta
di costruire - pochi anni fa - la terza linea dell’impianto di ACEGAS-APS (e
c’era perfino chi, come l’ex sindaco Dipiazza e la sua maggioranza, puntava a
costruirne una quarta!), senza puntare invece, come avviene nei paesi più
evoluti, sulla raccolta differenziata ancor oggi poco superiore al 20%, contro
l’obiettivo minimo fissato dalle Direttive europee del 65% entro il 2012.
Infine, sottolinea Legambiente, se è vero che il sindaco è il rappresentante del
Comune (che è anche il maggiore azionista di ACEGAS-APS), è anche vero che lo
stesso sindaco è anche la massima autorità responsabile della salute pubblica.
Circolo Verdazzurro LEGAMBIENTE Trieste
IL PICCOLO - LUNEDI', 28 maggio 2012
Una centrale a biomasse in progetto a Opicina -
INDUSTRIA»BUSINESS E AMBIENTE
Proposta da “Investimenti industriali triestini srl” nell’area ex
Officine Laboranti con motori Wärtsilä. Razeto: finora solo un contatto con
imprenditori non locali
Cinquanta milioni di euro di investimenti, un centinaio di posti di lavoro,
36 megawatt di potenza, ma anche un impatto ambientale pesante per l’abitato di
Opicina. Sono questi i tratti somatici della centrale termoelettrica alimentata
a biomasse oleose che la società “Investimenti Industriali Triestini srl”, si
ripromette di presentare a brevissima scadenza alle autorità e ai cittadini.
“IIt” è la sigla con cui la srl promotrice di questo progetto il 23 maggio ha
avviato a Roma, dove ha la propria sede legale in viale Bruno Buozzi 83, le
procedure di Via - valutazione di impatto ambientale. È il primo atto di una
lunga sequenza di richieste e di interlocuzioni con i poteri centrali e locali
per poter arrivare alla costruzione della centrale. Secondo le mappe e le foto
aeree pubblicate su una brochure realizzata da “Energy Saving & Profits srl” la
centrale dovrebbe sorgere tra la caserma del Piemonte Cavalleria e lo scalo di
Opicina Campagna. In dettaglio nell’area che fu delle Officine meccaniche e
ferroviarie Laboranti che da tempo hanno ridotto e poi cessato la loro attività
di riparazioni di carri e vagoni. Nella centrale troveranno posto due diesel a
18 cilindri a V della serie 46, realizzati nello stabilimento della Wärtsilä di
san Dorligo della Valle. Il primo contatto tra i vertici delle due società
risale a un anno fa. Lo ricorda l’ingegner Sergio Razeto, direttore dello
stabilimento e presidente di Confindustria Trieste. «Un imprenditore non locale
è venuto a illustrarci l’iniziativa di Opicina. Si sono informati sulle
caratteristiche dei nostri motori. Hanno detto che si sarebbero fatti vivi
quando le procedure autorizzative sarebbero andate a buon fine. Non li abbiamo
più visti...» Nella brochure della centrale una pagina è dedicata alle
caratteristiche tecniche dei motori che muoveranno gli alternatori. Viene citata
la Wärtsilä e il suo modello C2 della serie a 16 cilindri a V con un diametro di
ciascun pistone pari a 46 centimetri. Emergono anche altri dati. «È prevista la
realizzazione di un ciclo combinato per il recupero del calore dei gas di
scarico per migliorare il rendimento del processo. Come carburante sarà
impiegata una biomassa liquida, derivata dalla spremitura di olio di palma,
colza, girasole e jatropha, conforme alle specifiche dei Decreti legislativi
152/06 e 387/03». Fin qui tutto chiaro. Va aggiunto che l’olio di palma
necessario ad alimentare i diesel verrà prodotto in un’enorme azienda agricola -
10mila ettari - della Costa d’Avorio, collegata alla “Investimenti Industriali
Trieste srl”. Il trasporto avverrà via mare e lo sbarco - sempre secondo la
brochure - sarà effettuato nella zona dei Depositi costieri di San Sabba, a lato
della Ferriera. Lì arrivano i binari della ferrovia che consentono ai vagoni
cisterna di raggiungere l’ex stabilimento di Opicina della officine Laboranti.
Dunque nessun trasporto su gomma. Tutto su ferro, a testimonianza che
nell’iniziativa è coinvolta anche Rete Ferroviaria Italiana spa, controllata
dalle Ferrovie dello Stato. Secondo i tecnici, il bio-carburante oggi non è
molto conveniente sul piano strettamente economico. Certo il prezzo che l’Enel
riconosce ai produttori di energia pulita potrebbe rendere competitivo il
progetto. Non va dimenticato che in provincia di Gorizia una centrale a biogas
ha di recente chiuso i battenti perché il proprietario non ritiene di dover
operare in perdita. Un’altra centrale di cui era stato annunciato l’imminente
avviamento è ancora ferma.
Claudio Ernè
Utilizzate sostanze vegetali, ma il dibattito resta
aperto
In ogni località dove è stata proposta la costruzione di una centrale a
biomassa, si è aperto un dibattito sull’opportunità dell’iniziativa. Chi si
oppone ha affermato che nel nostro Paese oggi non si produce elettricità per le
necessità dell’industria e dei cittadini, bensì per “fare business”. La
produzione è infatti incentivata dallo Stato attraverso i CIP6 con i quali i
privati vendono a Terna (Enel) l’energia prodotta a prezzo politico maggiorato:
questo prezzo è giustificato “politicamente” dal fatto di usare sostanze
vegetali, tra cui l’olio di palma. Jean Ziegler, relatore delle Nazioni Unite
per l’Alimentazione, nel 2007 di fronte all’Assemblea Generale dell’Onu, ha
definito la politica di acquisizione di terreni nel Sud del mondo, la loro
deforestazione o il loro cambiamento d’uso - da agricolo locale a industriale -
un “crimine contro l’umanità” per i riflessi che queste scelte producono sulle
popolazioni locali.
Val Rosandra, la “psicosi” fa sloggiare l’elisoccorso
Mobilitazione degli ambientalisti per paura di ulteriori danni alla
Riserva naturale
Gli equipaggi coinvolti nell’esercitazione costretti a
spostarsi nella zona di Basovizza
SAN DORLIGO Allarme massimo per la Val Rosandra. Dopo l’operazione “Alvei
puliti” del 24 marzo scorso, che ha innescato polemiche a non finire, l’allerta
ambientale resta altissima. Al punto da far spostare anche un’esercitazione di
soccorso in montagna, con tanto di elicottero, per non urtare la sensibilità di
quanti, mai come ora, hanno a cuore lo stato di salute della valle. Il cambio di
programma ha interessato l’altro giorno gli uomini del Corpo nazionale Soccorso
alpino speleologico, del 118 e dell’Elifriulia che, appunto, avrebbero dovuto
eseguire un manovra con l’elisoccorso proprio in Val Rosandra. La base iniziale
era prevista sul monte Stena. In seguito, però, sotto indicazioni della
Forestale, l’equipaggio ha dovuto rivedere i piani e spostarsi sopra il ciglione
di San Lorenzo nelle vicinanze della foiba di Basovizza, sopra l’area denominata
“Rose d’Inverno”. Il motivo? La nidificazione in questo periodo di alcune specie
faunistiche, ormai molto rare. «Ci è stato comunicato che il monte Stena è
un’area delicata soprattutto in questo periodo, - racconta Stefano Perper,
responsabile della stazione del Soccorso Alpino -. Quindi, in accordo con tutti
gli enti interessati, abbiamo optato per un’area alternativa. La manovra
comunque è iniziata alle 9 ed è proseguita all’incirca fino alle 15». Manovre
addestrative di questo tipo sono obbligatorie e devono essere eseguite
periodicamente. In particolare l’altro giorno l’esercitazione aveva come
finalità il mantenimento per l’operatività del servizio dell’elisoccorso 118, il
mantenimento semestrale dei medici, degli infermieri Ict, dei tecnici Cnsas e
dei piloti e verricellisti dell’Elifriulia. «In Val Rosandra si può convivere –
afferma Perper –. L’importante è usare la testa e soprattutto coordinarsi. Certo
il cambio di programma è stato significativo e ci ha creato molto lavoro in più,
ma è sempre fondamentale trovare un compromesso». Pienamente d’accordo il
delegato regionale della Lipu Matteo Giraldi: «La Val Rosandra è un bene comune,
per questo anche la sua tutela deve riguardare tutti i soggetti, in egual modo».
Le polemiche, secondo Giraldi, si possono evitare con la prevenzione: «Solo la
banale ignoranza crea danni. Al contrario il dialogo preventivo aiuta la
convivenza. Certo anche noi abbiamo sottolineato che questo è un periodo
particolare per la flora e la fauna del nostro territorio, ma giustamente anche
le manovre di soccorso, che si affollano particolarmente in estate, devono
essere provate ora». Di qui un suggerimento finale: «Oltre alla Val Rosandra ci
sono la Napoleonica, la zona di Monte Grisa e molte altre aree che potrebbero
essere usate per questi scopi».
Cristina Polselli
Grozzana, incontro ravvicinato con l’orso
Virginio Abrami si è trovato davanti casa un esemplare di oltre 100
chili: «Per fortuna era mansueto»
«Era buio e ho visto un bel bestione a quattro zampe, posizionato di
schiena. Quando sono andato a prendere la torcia e il cellulare per fare una
foto al cinghiale, l'animale si è girato e si è alzato di scatto: altro che
cinghiale, davanti a me avevo un orso». Virginio Abrami, gestore assieme alla
moglie Vilma dell'Azienda agricola di apicoltura a Grozzana, è ancora stupito.
Lui, cacciatore per hobby, nato nel rietino ma da 42 anni residente nella
frazione del Comune di San Dorligo della Valle a un centinaio di metri dall'ex
valico di Pese, un orso non l'aveva mai visto. L'incontro ravvicinato che non ti
aspetti di fare, nemmeno se abiti nel Carso triestino, è avvenuto pochi giorni
fa, di sera. Inizialmente Abrami non voleva divulgare la notizia per non
allertare i compaesani. Ma poi, si sa, le voci corrono. «Erano circa le 22, io
ero seduto sul divano. Ad un certo punto Kira, il nostro cane meticcio di 5 anni
e mezzo, ha iniziato ad abbaiare molto forte. Poco dopo anche Peggy, l'altra
bastardina più piccola, ha iniziato a fare lo stesso. Un chiaro segnale che
qualche animale gravitava non troppo distante da casa nostra». I coniugi Abrami,
abituati alla presenza di caprioli, volpi, lepri e cinghiali, non si allarmano
più di tanto. «Ho provato a chiamarli ma inizialmente non ha sortito alcun
effetto, poi ho visto Kira indietreggiare e sono tornato in casa. Poco dopo i
cani hanno di nuovo abbaiato e quindi sono uscito nuovamente fuori e ho visto a
circa 6 metri da me sull'asfalto un bel bestione, di schiena, che andava
lentamente verso il paese. Convinto si trattasse di un cinghiale, sono tornato
in casa per prendere il cellulare e una torcia. Io, che per hobby faccio il
cacciatore, volevo immortalare il cinghiale e farlo vedere poi ai miei amici.
Come mi sono avvicinato, però, la bestia si è girata e venuta verso il cancello
d'ingresso e si è alzata: e lì ho visto che era un orso». Virginio entra di
corsa nella propria abitazione. Nel frattempo il ragazzo della figlia dei
coniugi Abrami scorge dalla finestra il plantigrado spostarsi verso l'orto. «Con
la luce puntata addosso, l'orso si è alzato nuovamente, entrando con la testa
dentro la mia proprietà. Era giovane, tra i 100-120 kg di stazza, affamato, ma
fortunatamente mansueto. Per fortuna sono riuscito a far entrare tutti in casa,
compresi i cani». Poi dell'orso si sono perse le tracce. Intanto Silvia, la
figlia degli Abrami, rientrata (con molta cautela) dal lavoro, inizia a cucinare
della carne per cena. Attratto evidentemente dall'odore, l'orso ritorna alla
carica e inizia a battere con il muso e le zampe sulla canna fumaria della
cucina. «Attorno all'una di notte lo abbiamo visto finalmente andare via, verso
il monte Cocusso, luogo dove in seguito è stato avvistato dalla Forestale». Col
senno di poi Abrami si dichiara fortunato: «In realtà l'orso era molto
tranquillo, anche se chiaramente affamato, e infatti ho temuto più per il
furgone pieno di melari o per le api che distano a circa 200 metri dalla nostra
abitazione, ma fortunatamente non ha causato alcun danno». L'incontro
ravvicinato con l'uomo da parte dell'orso sul Carso triestino appare
indubbiamente una cosa rarissima. Anche se da queste parti si erano già avuti un
paio di avvistamenti. L'ultimo, spiega sempre Abrami, risale a una decina di
giorni fa dietro a Basovizza. «L’ha visto un mio amico cacciatore, ma si
trattava di un esemplare più adulto». Meno rara invece la presenza di orme
ritrovate in più occasioni sia Grozzana sia a Draga Sant'Elia. Riccardo
Tosques
“Bike Pride” sbarca a Trieste con il gruppo
“Salvaiciclisti” - verso IL RADUNO
A Trieste torneranno in piazza il prossimo 3 giugno, in concomitanza con il
grande raduno nazionale di Torino, denominato “Bike Pride”, la prima vera
manifestazione di massa targata “Salvaiciclisti”. L'onda a due ruote è partita
dall'Inghilterra, dalle pagine del Times, è giunta in Italia e approdata ben
presto a Trieste, trainata dal tam tam in rete o da testimoni eccellenti come
Margherita Hack. “Salvaciclisti” rappresenta il nuovo movimento di tutela dei
ciclisti urbani, di coloro che hanno scelto la bicicletta come mezzo di fuga e
liberazione, tra ecologia e praticità. Una scelta che necessita tuttavia di
attenzioni, riforme, investimenti, sia pratici che culturali. Ecco perchè anche
il gruppo “Salvaiciclisti” di Trieste, nato da poche settimane sulla corsia di
Facebook, sta iniziando a pedalare seriamente sul fronte delle iniziative e
della sensibilizzazione. Una prima prova generale di adunanza pubblica è intanto
andata in scena lo scorso 21 maggio, quando poco meno di una cinquantina di
ciclisti triestini si sono riuniti nei pressi di piazza Unità, abbozzando
pacificamente i punti salienti del manifesto targato “Salvaiciclisti”: «Ci
poniamo anche l'obbiettivo di collaborare con il Comune di Trieste», ha
specificato Lorenzo Colautti, portavoce della nuova realtà cittadina. «Vogliamo
segnalare i punti critici della città e dare più sicurezza a chi si muove in
bici sulle strade di casa nostra. La speranza è che nel miglior tempo possibile
– ha aggiunto – sempre più cittadini possano utilizzarla e sempre più bambini
possano usarla anche per andare a scuola». La sicurezza al primo posto quindi.
Nel manifesto etico dei “Salvaiciclisti” - varato da una iniziativa della
testata “Times”, intitolata “Cities fit for cyclist” - trovano posto spunti come
la costruzione di nuove piste ciclabili di moderna generazione o la nomina di un
Commissario alla ciclabilità per ogni teatro urbano. Alcune cifre sono
allarmanti: stando alle cronache italiane degli ultimi dieci anni, sarebbero
morti sulle strade più di 2500 ciclisti. Il movimento “Salvaiciclisti” di
Trieste è dunque all’opera e propone già due nuove tappe, in programma fino al 3
giugno. Il gruppo parteciperà all'incontro di domani, organizzato nella sala
giunta del Comune di Trieste (11.15), incentrato sul tema “Stalli e Bici”, a
cura dell'assessore Elena Marchigiani. Decisamente più suggestivo l'appuntamento
del 3 giugno, denominato inevitabilmente “Bike Pride”, momento che dovrebbe
portare in maniera massiccia, sia a Trieste che nelle altre sedi italiane, le
istanze dei cavalieri della sella. L'appuntamento è attorno alle 10.30 in piazza
della Borsa, partenza a colpi di pedale alle 11, attraversando Corso Italia,
Piazza Goldoni, Via Valdirivo, puntando poi verso Barcola e un tratto di Roiano.
Per ulteriori informazioni sulle iniziative del gruppo è possibile scrivere a
salvaciclistitrieste@gmail.com o pedalando su facebook, alla voce salvaciclisti
Trieste.
Francesco Cardella
IL PICCOLO - DOMENICA, 27 maggio 2012
«Allarme inquinamento Centraline inadeguate»
La denuncia di Arpa e Ass nellla conferenza sulla salute della città
Clini: «Aziende di green economy in porto sfruttando i Punti franchi»
Abbiamo più inquinamento di quel che le centraline, misurando la media, ci
dicono. Non abbiamo evidenza delle polveri sottilissime, le più pericolose. Non
valutiamo abbastanza, ai fini della salute, i “picchi” di emissioni prodotte
dalla Ferriera. Per il benzene la fabbrica siderurgica ci mette in una
situazione «assolutamente anomala» con valori di 3-4 volte superiori, il
depuratore di Servola butta in acqua ammoniaca, «molto tossica per i pesci», e i
tralicci tv ci tengono da anni in una situazione oltre le soglie di inquinamento
elettromagnetico. Quanto al mare, la diffusione di idrocarburi policiclici
aromatici (Ipa) ha già inquinato i molluschi a Muggia, dove si trova anche una
miscela di sostanze perfino «non normate». È importante? Sì. Se non avessimo
sforamenti di Pm10 oltre i 50 microgrammi per metro cubo che è il limite,
avremmo 6,3 morti in meno per malattia ogni 100 mila abitanti, e abbassando il
valore di poco, a 40 microgrammi, resterebbero in vita 9,3 persone in più ogni
100 mila. Inoltre siamo a vergognosi livelli di raccolta differenziata, siamo
una città che invecchia ed è preda di malattia croniche crescenti, abbiamo più
tumori non solo del Friuli ma anche di Gorizia, scuole nel 73% dei casi
costruite prima del 1963, e nel 30% risalenti all’800. In più siamo sempre più
sedentari e più “ciccioni”, si fuma e si beve e l’uso “terapeutico” di frutta e
verdura non ci appassiona abbastanza. Ieri nella sala del Ridotto del Verdi il
Comune ha organizzato la prima conferenza sulla salute della città,
intitolandola “Come sta Trieste”, e invitando medici, docenti universitari, Arpa
e amministratori a dare un quadro delle più aggiornate analisi, dello stato di
fatto e di quel che si sta facendo per dare una spinta a soluzioni più sane.
Perché quel che traspare a fine giornata è che questa città così trasparente è
in realtà luminosa solo in apparenza, e sconta vistosi ritardi rispetto a una
modernità che è tale anche nelle soluzioni di igiene, salute, salvaguardia. «La
provincia è piccola, ha un enorme concentrato di emissioni, il controllo deve
comprendere l’analisi del rischio (che manca), bisogna dare prescrizioni anche
sulle Autorizzazioni ambientali già concesse, e controllare più i cittadini che
le cose» ha ammonito Paolo Plossi della Provincia. Ma quando sul palco sale il
ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, reduce dalla firma che ha sbloccato dopo
oltre 10 anni la tremenda storia del Sito inquinato, i problemi e le proposte
vanno perfino oltre. Clini persuade a darsi obiettivi realizzabili, «perché il
meglio è nemico del bene, e se per togliere ogni segno di diossina da una
discarica ci si dice di trasportare da un’altra parte miliardi di metri cubi di
terreno, è evidente che non ci sarà riscontro». Così altrettanto (e il ministro
parla per immagini, riferendo dell’Ilva di Taranto) «è conveniente spendere
molti soldi per aggiustare impianti industriali ormai non solo obsoleti, ma
anche fuori mercato e incapaci di reggere la concorrenza internazionale?». Da
una siderurgia all’altra, da Taranto a Trieste. «C’è un inquinamento di fondo
che deriva da 60-70 anni di attività industriali e portuali», se i restauri sono
sconvenienti c’è altro da fare, non solo politiche per il porto “green”. Clini
(contestato da Sel per la proposta di bruciare rifiuti pericolosi nei
cementifici per produrre più energia) entra in pieno nel cuore dei problemi
triestini: «La città ha una caratteristica particolare, i Punti franchi del
porto da sfruttare, sarebbero - dice il ministro - di particolare importanza per
insediare “spin off” di centri di ricerca attivi sull’economia verde: così
avremmo strategie ambientali e crescita economica». Con vantaggio generale,
anche per le tasche dei singoli: «L’energia prodotta da fonti rinnovabili è in
Italia il 26% del totale, ma coesiste col sistema tradizionale, il risultato è
che di notte (al contrario di quanto propagandato fino a poco tempo fa) il
prezzo dell’energia è più alto che di giorno, dunque le fonti rinnovabili vanno
sostenute, qui bisogna investire». Ma intanto c’è pulizia da fare, e qualcosa di
nuovo di cui preoccuparsi. L’Arpa non solo ha elencato i preoccupanti dati di
Servola (Stelio Vatta) e magnifici ingredienti del Sito inquinato, che è pieno
di idrocarburi, idrocarburi policiclici aromatici (Ipa), metalli e diossina, ma
puntato severamente l’indice contro una cosa di cui non si parla mai, gli
impianti ad alto rischio, per i quali «c’è un vuoto nella tutela ambientale - ha
detto Glauco Spanghero - e riguarda l’alta concentrazione di aziende a rischio
di incidente rilevante», peraltro monitorate dal Comitato tecnico dei Vigili del
fuoco. Ma, sulle sostanze emesse, non c’è attenzione.
Gabriella Ziani
Caso Ferriera: un dispositivo da spostare
Caso Ferriera. Al convegno di ieri è stato annunciato che la centralina
mobile di San Lorenzo in Selva adiacente la fabbrica e oggi in “zona
industriale” e dunque non valevole ai fini della salute pubblica verrà invece
inglobata nella rete di sorveglianza “normale” dell’Arpa. Motivo: le emissioni
si diffondono anche nel quartiere di Servola. L’assessore Laureni sta pensando
invece a un’indagine sugli inquinanti casa per casa.
Laureni: «Nuova ricerca per monitorare l’area di
Servola» - Progetto gia’ illustrato al comitato no smog
«Il Comune avvierà una seria ricerca sulle problematiche ambientali legate
alla presenza della Ferriera a Servola (in foto)». È questo l’annuncio fatto
dall’assessore Umberto Laureni, nel corso dell’audizione dell’associazione “No
smog” davanti alle Commissioni consiliari prima e sesta. Laureni, dopo aver
seguito la relazione «sui rischi originati dalle continue emissioni
nell’atmosfera di scorie di ogni tipo diffuse dallo stabilimento» presentata dal
Comitato, ha annunciato il nuovo progetto, richiamato anche ieri nell’intervento
pronunciato al Ridotto del Verdi. «Finora – ha spiegato Laureni – negli anni c'è
stato soprattutto un palleggiamento di competenze, che ha prodotto
l'immobilismo. Dopo una serie di incidenti che hanno destato molta
preoccupazione, appare chiara la necessità di un riordino dell'impianto sotto il
profilo della tutela ambientale. Oggi siamo a questo punto e». «Già nel '95 – ha
commentato Alda Sancin, presidente del Comitato No Smog che ha corredato la sua
relazione con una serie di immagini e di filmati piuttosto espliciti - la
Ferriera fu giudicata industria inquinante di primo grado e da quel momento si
sono avvicendati molti sindaci, ma nessuno – ha denunciato - ha adottato i
provvedimenti che chiediamo da anni e che reputiamo necessari per garantire la
salute a quanti vivono a Trieste. C’è bisogno quindi - ha concluso Sancin - di
iniziative che vadano finalmente in questa direzione».
(u. s.)
Trieste prima in regione per mortalità e tumori
Il medico Tominz dell’Azienda sanitaria sottolinea un 3% in più rispetto
alle altre province. Alta incidenza di malattie incurabili legate all’ambiente
Nei bar, prima che entrasse in vigore il divieto di fumo, si potevano
misurare a Trieste fino a 400 microgrammi per metro cubo di polveri sottili (il
limite è 50), dopo il divieto a Trieste ci fu un calo del 7% di infarti acuti
nelle donne. Dunque “pulire” non è senza conseguenze, e morire di “sporco” è già
un dato misurabile, ha ammonito ieri al convegno su “Come sta Trieste?” il
medico dell’Azienda sanitaria Riccardo Tominz parlando delle patologie collegate
all’ambiente. Sulle conseguenze del Sito inquinato c’è uno studio specifico,
“Sentieri”. Ha dimostrato a Trieste un tasso di decessi del 3% superiore
rispetto alla media regionale (+6% nelle donne), per cause circolatorie,
all’apparato respiratorio e digerente. Abbiamo più tumori a colon, seno, pleura,
prostata, polmoni, e anche più melanomi «per difendersi dai quali - ha detto
Tominz - basta non prendere la tintarella». A Trieste, come in tutta Italia (le
statistiche coincidono, lo ha ricordato Daniela Germano dell’Ass1) l’86% delle
morti è causata da malattie croniche, a propria volta frutto di danni ambientali
e cattive abitudini di vita. «C’è un’epidemia di malattie croniche», dunque, e
dal Ridotto sono uscite preoccupazioni forti: «Già ora non ci sono le risorse
per una popolazione che invecchia e che va curata per 30 o 40 anni». Massimo
Bovenzi, docente di Medicina del lavoro, ne ha tratto anche un messaggio
politico contro l’annunciata riforma sanitaria regionale: «Non si può fare senza
conoscere i problemi della popolazione. Non si fanno giochi di “risiko” in
sanità senza dati alla mano». Tema ripreso dal sindaco Cosolini: «Vanno
migliorati a garantiti i servizi dell’Azienda sanitaria, con la presidente della
Provincia Maria Teresa Bassa Poropat abbiamo chiesto a Tondo che venga quanto
prima avviato un indispensabile confronto sulla sorte delle Aziende sanitarie».
Cosolini ha anche proposto il “meeting” della trasparenza sulla salute come
appuntamento annuale: «Una sorta di Bilancio ambientale». L’assessore
all’Ambiente, Umberto Laureni, oltre a essersi scagliato contro il
rigassificatore, ha chiesto che non si eludano i problemi messi in luce dal
congresso: «Sono emerse le pesanti criticità di certe zone e di certi rioni, e
su questo come sulla Ferriera non può non deludere il comportamento complessivo
della Regione, col ripetersi infruttuoso di piani, riunioni, tavoli puramente
formali che non fanno il bene, anzi fanno il male della città». E il ministro
Clini ha sollecitato a realizzare anche infrastrutture «mirate alla salvaguardia
dell’ambiente, senza le quali ogni singolo obiettivo o tentativo anche valido in
sè non potrà che essere vanificato, e questo soprattutto per l’inquinamento da
traffico, mentre è indispensabile reinsediare attività sui siti da risanare,
perché un sito inquinato dismesso è più pericoloso di uno presidiato».
(g. z.)
Siti inquinati, pioggia di elogi al ministro - Il
ministro artefice dell’accordo di programma. Menia: «Un’intesa innovativa»
Finalmente, era ora. Sono unanimi i commenti alla firma del nuovo “e vero”
accordo di programma per l’analisi, la bonifica e la successiva restituzione
agli usi non solo dei terreni della zona industriale, ma anche degli specchi
acquei del porto e delle zone di arenile, in special modo quelle di Muggia. Il
documento è stato firmato dal Ministro, Regione, Comune, Provincia, Autorità
portuale ed Ezit. Artefice dell’intesa, a parere di tutti, il ministro
dell’Ambiente, Corrado Clini. «Un eccellente accordo - afferma il sindaco
Roberto Cosolini - che ha semplificato le procedure ed eliminato gli ostacoli
alle aziende che devono essere messe in grado di lavorare, soprattutto in un
periodo di crisi come questo. Tutte le istituzioni hanno collaborato alla
riuscita di questo risultato. Io sono particolarmente soddisfatto perchè questo
percorso era iniziato il 27 febbraio scorso con la visita del ministro Clini in
municipio, inviato da me e dagli imprenditori. Il rappresentante del governo
allora si era impegnato a risolvere questa situazione e ha mantenuto la promessa
nel giro di tre mesi». Più o meno sulla stessa posizione Francesco Russo,
segretario provinciale del Pd: «Si chiude finalmente una vicenda che era nata da
una scelta sbagliata del centrodestra anni fa. E dobbiamo ringraziare il
ministro Clini che ha dimostrato un’attenzione speciale per Trieste e ha gestito
nel migliore dei modi la sinergia tra i diversi enti. E siccome sembra che il
ministro abbia la bacchetta magica gli farei un’altra richiesta: di sbloccare il
Piano regolatore del porto. Certe decisioni dipendono dal suo ministero. Il
Piano regolatore porterebbe giovamento in tutti i sensi al porto vecchio e alle
nuove strutture. Con la crisi economica di oggi non si può lasciare nulla di
intentato». Roberto Menia, coordinatore nazionale di Futuro e Libertà per
l'Italia elogia Clini «già apprezzato anche in altre occasioni e determinante
nell’arrivare a questo accordo ». «Finalmente - sottolinea Menia -, dopo 10 anni
e 14 bozze è stato trovato l’accordo. È un documento innovativo che può
rilanciare l’economia e soprattutto l’industria la cui presenza a Trieste, a
differenza di altre località, è molto bassa. Adesso gli accordi devono essere
rispettati e resi concreti. Spero che si faccia presto e nel migliore modo
possibile». L’accordo ora prevede che, su delega della Regione, Ezit inviti le
imprese insediate ad aderire al programma di caratterizzazione ed eventuale
bonifica dei terreni. L’azienda che ritiene di non aver inquinato può rispondere
negativamente, il procedimento di verifica passerà in capo alla Regione.
(fe. vi.)
Sorpresa: italiani primi in Europa nel recupero del
vetro
MILANO Italiani tra i migliori in Europa nel rispetto dell’ambiente per
scelta e recupero del vetro. Un’industria, quella delle bottiglie, vasi e
flaconi che resiste alla crisi e che nel 2011 ha chiuso con un segno più facendo
guadagnare in un anno quasi l’1,8%. Il vetro riciclato usato dall’industria ha
registrato un +7,6% con un risparmio energetico di 3 milioni di barili di
petrolio mentre cresce il tasso di riciclo del vetro che ha raggiunto quota
68,1%. Bene anche la differenziata con una crescita del 6%. E gli italiani
premiano il materiale cento per cento riciclabile e per sempre: siamo infatti
tra i migliori in Europa, secondo la Federazione europea del vetro d’imballaggio
(Feve), con un gradimento e una consapevolezza della qualità del materiale
dell’88% rispetto al 74% degli europei (in Europa nel 2010 sono state raccolti
30 miliardi di bottiglie). A scattare la fotografia dello stato di salute
dell’industria del vetro cavo (gli imballaggi), Assovetro (Associazione
nazionale degli industriali del vetro) e Coreve (Consorzio recupero vetro), in
occasione dell’evento ’Da vetro nasce vetrò organizzato a Genova e che si è
concluso con la visita all’impianto di trattamento di riciclo del vetro Ecoglass,
e alla vetreria Verallia, a Dego, in provincia di Savona. «L’industria del vetro
- ha detto Giuseppe Pastorino, presidente della sezione vetro cavo di Assovetro
- nonostante la difficile situazione di crisi continua ad investire in ricerca e
innovazione e l’aumento della produzione 2011 dimostra come il mercato premi chi
tutela l’ambiente». E così, ha riferito Pastorino, la produzione degli
imballaggi in vetro ha segnato nel 2011 un incremento dell’1,77% sull’anno
precedente (+1,58% per tutti i contenitori in vetro), con un particolare salto
nella produzione di vasi alimentari (+13%). L’industria dei contenitori in vetro
ha utilizzato oltre 2 milioni di tonnellate di vetro riciclato risparmiando più
di 2 milioni di tonnellate di CO2. Trend positivo per l’avvio al riciclo: 1,5
milioni di tonnellate con un incremento di circa 100 mila tonnellate. Per quanto
riguarda la raccolta differenziata, ha riferito il presidente di Coreve,
Gianpaolo Caccini, da registrare il primato della Valle d’Aosta con 50 chili
procapite contro una media nazionale di 26,7 chili per abitante. In graduatoria
’sorpresà per la Sardegna con quasi 40 chili procapite, vicina così a regioni
notoriamente virtuose come, oltre la Valle d’Aosta, la Lombardia, il Trentino e
il Veneto. Picchi di crescita sono stati registrati in Toscana, Molise e
Basilicata. Ma un sano ciclo del vetro implica anche una differenziata doc.
Diossina, oblazione per 400mila - Per le emissioni
chiamati a pagare i dirigenti Acegas di allora: Monassi, Dal Maso, Gregorio e
Giacomin
Costano sempre più care alle casse dell’AcegasAps le fuoriuscite di diossina
verificatesi tra il dicembre 2006 e il gennaio 2007 da due delle tre linee di
smaltimento rifiuti dell’inceneritore di via Errera. Il sequestro degli impianti
deciso dalla magistratura aveva provocato all’epoca un danno alla società
partecipata dal Comune di tra i quattro e i cinque milioni di euro. Ora la
richiesta di oblazione avanzata dagli imputati del processo nato dall’indagine
del pm Maddalena Chergia sulle fuoriuscite di diossina, ha fatti lievitare
ulteriormente lo “sbilancio”. Secondo il giudice Paolo Vascotto l’oblazione
richiesta dagli imputati comporterà a brevissima scadenza un esborso superiore a
400 mila euro a cui vanno aggiunte le spese sostenute dal Tribunale per le
perizie tecniche compiute sull’impianto. In un primo momento sembrava che
l’oblazione dovesse costare complessivamente 100mila euro ,da suddividere in
parti uguali tra Marina Monassi, all’epoca direttore generale dell’Acegas; Paolo
Dal Maso, responsabile della divisione ambiente; Stefano Gregorio, direttore
dell’inceneritore e Francesco Giacomin, già amministratore della ex
municipalizzata. Ora invece la somma complessiva da versare allo Stato per
essere ammessi all’oblazione è cresciuta di quattro volte. E questo ha creato un
certo turbamento tra i difensori presenti in a ula. I calcoli sono in fase di
riverifica e l’esito delle nuove valutazioni sarà reso noto nell’udienza in
calendario il 13 giugno. Da quella data Marina Monassi e gli altri coimputati
avranno un mese di tempo per versare il dovuto e darne prova diretta al giudice
Paolo Vascotto. Tra il dicembre 2006 e i primi mesi del 2007 l’Acegas-Aps a
causa delle fuoriuscite di diossina d misurate dall’Arpa, aveva dovuto fermare
due delle tre linee di smaltimento rifiuti perché ritenute dalla magistratura
potenzialmente pericolose per la salute della popolazione. Per quattro mesi
tonnellate e tonnellate di rifiuti raccolti a Trieste ma anche nell’Isontino
erano stati dirottati altrove con un devastante impatto sul piano economico
valutato all’epoca tra i quattro e i cinque milioni di euro. Le emissioni di
diossina erano emerse dalle analisi effettuate il 20 e 21 dicembre 2006 e l’11 e
12 gennaio del 2007. Il primo episodio è quello più inquietante con un valore di
emissioni di dieci volte superiore ai limiti stabiliti da un groviglio di leggi:
la 152/06, la norma speciale 133/05, la norma specialissima 59/05 e il Decreto
128 promulgato nel giugno del 2009.
Claudio Ernè
«Serve chiarezza sui rifiuti in arrivo dalla Campania»
- Ambientalisti e lega
«Bisogna fare chiarezza ed operare in piena trasparenza, in merito alla
questione dei rifiuti provenienti dalla Campania e portati a smaltimento al
termovalorizzatore di Trieste: sarebbe un’azione importante da parte di
AcegasAps, o attraverso l’Arpa o la Provincia, quella di rendere pubblici i dati
relativi alle emissioni e quelli dei monitoraggi effettuati, in modo da
informare la popolazione ed evitare allarmismi». Lo chiede Giorgio Cecco,
coordinatore regionale di FareAmbiente in merito alle notizie sugli arrivi a
Trieste di immondizie provenienti dalla Campania e destinate al
termovalorizzatore cittadino. «Riteniamo fondamentale - continua Cecco -
incrementare la raccolta differenziata, ma non dimentichiamo l’utilità
dell’impianto in questione». «Ognuno sia responsabile dello smaltimento dei
propri rifiuti», afferma sullo stesso argomento il segretario provinciale del
Carroccio Pierpaolo Roberti. «I triestini, con responsabilità, convivono con un
termovalorizzatore sotto casa e lo fanno perché consapevoli che ciò serve a
smaltire i propri rifiuti e consente alla città di rimanere pulita, ma è
impensabile - conclude Roberti - che si facciano carico anche dei rifiuti di chi
questa maturità non ce l’ha e si oppone ad un termovalorizzatore a casa
propria».
«Le malattie nascono nei cassonetti, c’è di tutto»
L’assessore Omero: «Nei contenitori abbiamo trovato gambe ortopediche e
anche un pianoforte»
«Nei cassonetti della raccolta indifferenziata sono stati trovati armadi,
sedie, lampade, elettrodomestici, giocattoli, una bicicletta e un motorino,
paraurti, pneumatici, una gamba ortopedica, un bauletto con una bandiera
sabauda, un manganello, un pianoforte a muro fatto a pezzi...». Anche la
spazzatura è ambiente, salute e malattia. Gli assessori triestini hanno dato una
fotografia del bene e del male. E Fabio Omero (Sviluppo e turismo) ha chiuso il
suo critico intervento con questa lista, ma prima di tutto si è scagliato contro
«un ritardo culturale pazzesco» sulla raccolta differenziata, qui al 22,4%
mentre entro dicembre si dovrebbe per legge arrivare al 65%: 30 punti in 6 mesi?
«Trieste sta male - si è risposto Omero -, ha ereditato dal sindaco Dipiazza una
scelta di politica industriale che chiamerei il “neoliberismo delle immondizie”,
per cui bisogna riempire il termovalorizzatore, che produce energia e dunque
profitti». Omero chiede una politica regionale, un piano-rifiuti che consenta di
far convergere su Trieste i rifiuti da bruciare dell’intera regione: «Trieste
produce 69 mila tonnellate all’anno, la capacità dell’impianto è di 160 mila,
poiché AcegasAps di Trieste di Padova pagano entrambe l’Irap all’assessore
regionale Ciriani, Ciriani renda il termovalorizzatore punto di riferimento
della regione e magari anche dei Comuni sloveni e istriani». Contestato anche il
fatto che nelle percentuali di “riciclo” non entrano le ceneri che sono il
residuo della spazzatura bruciata, e che vengono invece reimpiegate in edilizia,
e diventano ferro e vetro. Poi naturalmente c’è l’inciviltà di ogni singolo
cittadino. Una più radiosa visione l’hanno data l’assessore all’Urbanistica,
Elena Marchigiani, esponendo le politiche in atto per il nuovo Piano regolatore,
in linea con le direttive dell’Organizzazione mondiale della Sanità, l’assessore
ai Lavori pubblici, Andrea Dapretto, che presentando il piano per
l’installazione del fotovoltaico sulla ex Pescheria e su altri palazzi comunali
ha promesso un calo di tonnellate e tonnellate di Co2 emesse in aria, e
l’assessore all’Educazione, Antonella Grim: «Abbiamo un progetto di fotovoltaico
anche nelle scuole, un progetto sulla sicurezza degli edifici, una progettazione
comune con insegnanti e tecnici sul fabbisogno di arredi, da sostituire con
materiali ecologici, e anche colorati». La pulizia del “dentro” è poi un
problema a parte. Lo ha ricordato Dapretto: «Il 90% della nostra vita trascorre
tra quattro mura...».
(g. z.)
Rigassificatore: il Pdl triestino si spacca sul dossier
Nomisma
Disposti a rivedere certe posizioni oltranziste i consiglieri Marini e
Bucci.
No invece di Camber Altra Trieste: «Scarsa trasparenza
da parte della Regione». Lupieri (Pd) : «Una minestra riscaldata»
Mai dire mai. Lo studio di Nomisma Energia sui benefici per Trieste dal
rigassificatore di Zaule sta movimentando il centrodestra triestino. Il
granitico no del Pdl giuliano si sta sbriciolando: si può fare, se... Si deve
fare, afferma invece Roberto Menia, coordinatore nazionale di Fli. Ma la sua
posizione favorevole non è di oggi. «Trieste è una bellissima città - afferma
Menia - deve puntare su turismo, scienza, cultura, ma non può fare a meno
dell’industria. E se un polo energetico può portare benefici alla città, come è
ormai chiaro a tutti e lo afferma anche Nomisma, non vedo perchè non si possa
fare. Oggi la tecnologia ci consente la massima sicurezza. Un polo energetico
porta investimenti e ricchezza. Naturalmente con tutte le precauzioni per la
salute dei cittadini». «Avevo avuto un atteggiamento negativo - afferma Bruno
Marini, consigliere regionale - come vice coordinatore di Forza Italia nel 2006.
Oggi ho una posizione più possibilista. Sempre che i numeri di Nomisma vengano
confermati da Gas Natural. Le ricadute positive per l’occupazione è la cosa più
importante. E le compensazioni economiche per Trieste, concentrate anche nella
realizzazione di opere pubbliche, sono sicuramente appetibili. Faccio un
esempio: perché non affidare a Gas Natural la ristrutturazione del Carciotti e
di altri palazzi storici che il Comune non riesce a eseguire per mancanza di
fondi». Possibilista anche l’altro consigliare regionale Pdl Maurizio Bucci: «I
numeri dello studio Nomisma sono interessanti e meritano di essere valutati con
attenzione. Sulla sicurezza invece c’è ancora molto da fare. La zona di Zaule
dove dovrebbe essere costruito il rigassificatore è drammaticamente inquinata,
non cresce più neppure l’erba. Il nuovo insediamento risolverebbe almeno questa
situazione. E poi c’è l’aspetto occupazionale. Noi stiamo subendo la grave
situazione della Ferriera. Le opportunità di lavoro sarebbero notevoli». Critico
invece Piero Camber, consigliere regionale e comunale Pdl: «Lo studio di Nomisma
non cambia di una virgola la mia posizione sul rigassificatore. È solo
un’analisi di carattere economico, non ambientale. Quando si parla di
compensazioni per il territorio afferma che sono ancora da discutere. Dopo sei
anni siamo al punto di partenza. A me invece del progetto interessa la
sicurezza, l’impatto ambientale e le ricadute economiche. Sulla sicurezza lo
studio non dice nulla e sulle compensazioni economiche è molto generico. Solo
per la regione, e per Trieste? Nulla, neppure la promessa di un costo minore
nella bolletta energetica». «Perché mai, uno studio commissionato per capire
quali effetti occupazionali avrà la realizzazione del rigassificatore di Zaule
rimane chiuso nei cassetti della Regione e non viene reso pubblico?». Se lo
chiedono i consiglieri di Un'Altra Trieste, Franco Bandelli e Alessia Rosolen.
«Di certo - aggiungono - ancora una volta si confermano la scarsa trasparenza
con cui si sta portando avanti questo progetto e la scelta di continuare ad
escludere le istituzioni rappresentative del territorio e dei cittadini come
Comune e Provincia». E il consigliere regionale Pd Sergio Lupieri giudica lo
studio Nomisma «una minestra riscaldata». «Lo studio - afferma Lupieri- non è né
una novità né una sorpresa. Nessuna risposta riguardo alle tante prescrizioni
tecniche richieste, per cui i problemi centrali che impedivano la costruzione
dell’impianto continuano ad essere tutti presenti e validi. L’effetto domino,
cioè la vicinanza con altri impianti ad alto rischio, la clorazione e il
raffreddamento dell’acqua di mare, la profondità insufficiente della baia di
Muggia, il vento sottostimato,e tanti altri ancora attendono una risposta».
Ferdinando Viola
Cosolini: «Nulla di nuovo per quanto riguarda criticità
e sicurezza»
Per il sindaco Roberto Cosolini non ci sono motivi di ripensamento sul no
“senza se e senza ma” al progetto del rigassificatore alla luce dello studio di
Nomisma. «Per quanto riguarda l’investimento, l’occupazione e l’impatto fiscale
- sottolinea Cosolini - il dossier di Nomisma non dice nulla di nuovo per
Trieste. Posso dire che la riconversione di Porto vecchio ha un impatto fiscale
e occupazionale non minore di quello previsto per il rigassificatore. Gas
Natural non ha mai presentato un progetto tecnologicamente avanzato che
salvaguardi l’ambiente, la pesca, la movimentazione portuale; non abbiamo ancora
visto niente di nuovo. I numeri di Nomisma non parlano di criticità e di
sicurezza, è solo un elenco di benefici economici per il territorio triestino».
Laureni ironico: «Gas Natural moltiplica pesci e pani»
- L’ASSESSORE
«Mi pare che siamo arrivati, come Gesù, alla moltiplicazione dei pani e dei
pesci, solo che qui si moltiplicano gli operai, improvvisamente uno studio
commissionato da Gas Natural alza le previsioni di occupazione derivanti da
rigassificatore a Trieste da 70 a 400, che guarda caso è proprio il numero di
posti di lavoro che si perderanno alla Ferriera». Umberto Laureni, assessore
all’Ambiente, ma anche all’energia e alla riqualificazione dei siti inquinati,
ieri al convegno sui dati di salute relativi alla città di Trieste ha introdotto
i lavori con un pesante affondo sulle previsioni di veder realizzato il
rigassificatore. Un dossier firmato Nomisma e consegnato alla Regione ha offerto
in visione una lista di vantaggi che verrebbero al territorio, non ultimo
appunto questo dato sugli occupati per il cantiere e poi per il funzionamento,
portando addirittura a oltre 1500 la possibilità dei posti di lavoro in regione
per i tre anni di cantiere, a fronte di 22 mila disoccupati nell’ultimo
trimestre 2011. «Io mantengo una posizione contraria al rigassificatore - ha
detto Laureni fra gli applausi della sala del Ridotto del Verdi - anche di
fronte a ogni miglioramento degli impianti che si dovesse proporre: non c’è
evidenza di come si inserisce nel piano energetico nazionale e regionale, è
destinato all’area meno adatta, per la presenza nelle vicinanze di molti altri
impianti a rischio, ed è fortemente in contrasto con gli strumenti urbanistici».
Al contrario Piero Camber (Pdl), plaudendo al nuovo accordo enti
locali-ministero che sblocca il Sito inquinato, ha detto di auspicare che un
simile percorso condiviso si possa realizzare anche per il rigassificatore. E
qualcuno in sala ha fischiato.
E il ministro si confronta sulla Tav Domani dibattito
con Illy, Costa e Marchi per la presentazione del libro di Possamai
TRIESTE Sarà presentato domani alle 18, nello Spazioporto (ex Chiesa di
Santa Marta), all’interno del porto di Venezia, il libro “Perché la Tav non
arriva a Nordest” del direttore del “Piccolo” Paolo Possamai. Ad introdurre i
lavori sarà Diego Xausa, presidente di Adacta Studio Associato. Sono previsti
gli interventi di Corrado Clini, ministro dell’Ambiente e della Tutela del
territorio e del Mare, Paolo Costa, presidente dell’Autorità portuale di
Venezia, Riccardo Illy, presidente del Gruppo Illy, ed Enrico Marchi, presidente
della Save. Nel libro, Possamai segue le tormentate sorti dell’alta velocità
lungo il Corridoio 5, un’alta velocità in grande ritardo. A confermarlo
recentemente il ministro Corrado Passera e l’ad delle Ferrovie Mauro Moretti che
hanno affermato che la Tav arriverà a Venezia intorno al 2020. Quanto a Trieste,
chi lo può dire? Da Treviglio a Trieste servirebbero 16 miliardi, mentre allo
stato ce n’è sì e no uno e mezzo e comunque Moretti ha già spiegato “ad
abundantiam” che andare fino al capoluogo giuliano con la Tav è inutile, perché
non c’è bacino sufficiente. Quello che emerge dalle pagine di Possamai è che,
alle incapacità e alle malefatte nazionali, si aggiunge l’ineguagliabile senso
del Nordest per il non-fare. Si sono ad esempio sprecati anni a discutere sul
numero delle fermate in Veneto, senza pensare che un treno che viaggia a 300 km
l’ora non può bloccarsi ogni 20-30 km, ipotizzando un percorso a ridosso del
mare, per usare la Tav come treno a servizio delle spiagge venete, che tra
l’altro funzionano 90 giorni su 365. Per partecipare all’incontro basta
registrarsi sul sito www.nordesteuropa.it alla sezione Eventi.
Piano regolatore Gropada chiede nuove aree di sosta
TRIESTE Nell’intento di raccoglie le indicazioni e i suggerimenti dei
cittadini in merito al nuovo Piano regolatore generale comunale, il Consiglio
circoscrizionale di Altipiano Est ha organizzato una serie di incontri con i
residenti delle sei borgate. La prima consultazione si è svolta nella casa di
cultura “Skala” della frazione di Gropada, appuntamento al quale hanno
partecipato numerosi residenti. Tra i temi più discussi, la revisione
dell’attuale viabilità della borgata, con la proposta del presidente della
circoscrizione Marco Milkovich di tentare di ampliare i collegamenti del centro
di Gropada con la vicina provinciale. L’idea di creare una viabilità alternativa
tuttavia non ha incontrato il favore della maggior parte dei residenti che si
sono dimostrati più interessati a individuare delle nuove aree per la sosta dei
veicoli. Di fronte ai nuovi insediamenti, appare necessario creare dei nuovi
parcheggi Gropada. Tra le possibile aree deputate a tale funzione, quella vicina
all’esercizio agrituristico sito ai bordi del borgo dove dovrebbe nascere il
nuovo museo dedicato all’acqua. Altro sito deputato, quello vicino all’area
sportiva adiacente la stradina che porta al vecchio confine rurale. Ulteriore
possibilità, l’abbattimento delle fatiscenti vecchie caserme ai margini del
paese, la prima a far posto, per l’appunto, a un parcheggio, l’altra al
ripristino di uno spazio naturale. Ulteriore richiesta dei cittadini, l’urgente
messa in sicurezza e il recupero dell’antica scuola Kajuh, da destinare a asilo
nido o, in alternativa, a centro diurno per la terza età. I prossimi incontri
sul Piano Regolatore indetti da Altipiano Est sono previsti nella Casa di
Cultura “Grad” di Banne domani e nella sede della Cooperativa economica di
Basovizza mercoledì 30 maggio.
Maurizio Lozei
«Val Rosandra, tornino i volontari» - Petizione a San
Dorligo per chiedere alla Protezione civile di completare la pulizia del
torrente
Richiamare la Protezione civile per concludere la pulizia dell'alveo del
torrente Rosandra. Sulla scia di una mobilitazione apparentemente apartitica e
apolitica, è iniziata in questi giorni una raccolta firme per chiedere il
completamento dell'opera che il 24 e 25 marzo scorsi ha visto i volontari della
Protezione civile regionale disboscare il tratto a valle della riserva naturale
della Val Rosandra. Un lavoro richiesto dal Comune di San Dorligo, ma talmente
criticato per la sua “aggressività” da finire in Procura, con l'apertura di un
fascicolo da parte del procuratore capo Michele Dalla Costa dopo
l’esposto-denuncia depositato dal presidente nazionale del Wwf Sergio Leoni.
L’inchiesta punta a individuare le eventuali responsabilità penali
dell’intervento. Al momento, comunque, non ci sono indagati. La petizione «Va
ricordato che durante le piogge più intense il torrente Rosandra entra
rapidamente in piena, come è successo nell'ultimo decennio per ben quattro
volte, e in breve tempo causa erosioni delle sponde e tracimazioni nelle aree a
fondovalle, come i centri abitati di Bagnoli superiore e la zona industriale –
recita il testo della petizione -. Inoltre causa della decennale mancanza di
manutenzione dell'alveo era presente abbondante vegetazione arborea ed arbustiva
che, in caso di piena del torrente, poteva ostruire il regolare deflusso delle
acque e provocare allagamenti e conseguenti danni». Alla luce di questo «i
firmatari si dichiarano favorevoli all'intervento urgente di prevenzione per il
ripristino dell'efficienza idraulica dell'alveo del torrente Rosandra, a tutela
della pubblica incolumità, mediante l'asportazione della vegetazione arborea ed
arbustiva, richiesto dal Comune di San Dorligo alla Protezione civile regionale
già iniziato il 24 e 25 marzo scorsi». Di qui la richiesta che «l'intervento,
come programmato, sia concluso quanto prima». Il sostegno «Il nostro gruppo
consiliare conferma le proprie perplessità sullo svolgimento della prima parte
dell'operazione alvei puliti, come già espresso durante il Consiglio comunale
straordinario, e la propria sensibilità verso le varie posizioni che si sono
manifestate dopo l'intervento svolto dalla protezione civile». Questa la presa
di posizione di Igor Ota, capogruppo di Rifondazione comunista-PdCi. «Riteniamo
doveroso che si porti a termine l'operazione “Alvei puliti” per garantire la
sicurezza dei cittadini - prosegue Ota - e prendiamo atto che la cittadinanza ha
voluto sollecitare l'amministrazione attraverso una petizione. Auspichiamo
pertanto che il Comune richieda il completamento della seconda parte
dell'intervento, informi i cittadini su come si agirà e si attivi per monitorare
i lavori». Intanto oggi al parco ex Opp di San Giovanni il Comitato per la
difesa della Val Rosandra raccoglierà alla manifestazione “Bioest” le ultime
firme per la petizione europea da inviare a Bruxelles contro lo scempio
perpetrato in marzo.
Riccardo Tosques
Due mesi fa la ferita inferta al delicato ecosistema
della Riserva naturale - operazione alvei puliti
L’“Operazione alvei puliti” è scattata lo scorso 24 marzo in tutta la
Regione. Nel comune di San Dorligo la Protezione Civile, su richiesta
dell'amministrazione comunale, è intervenuta per ripulire l'alveo del torrente
Rosandra. Completata la prima parte dell'intervento, svoltasi in due giorni (24
e 25 marzo), è scoppiata una protesta popolare e politica per l'intervento
definito un autentico scempio ai danni di un ampio tratto della Riserva
naturale. Tra i punti critici la distruzione totale dell'Habitat Natura 2000 nel
tratto tra la passerella di legno e la prima ansa del fiume a monte di questa,
l'intervento effettuato in piena stagione riproduttiva dell’avifauna, il
passaggio delle ruspe sul letto del torrente Rosandra durante il periodo
riproduttivo degli anfibi, il tutto eseguito all’interno di una Riserva naturale
inclusa in un sito Sic (Sito d'importanza comunitaria) e zona Zps (Zona di
protezione speciale). Attualmente, sta indagando la Procura della Repubblica di
Trieste. E a brevissimo verrà inviata una petizione con migliaia di firme a
Bruxelles da parte del Comitato per la difesa della Val Rosandra.
Muggia “mette in sicurezza” la costa - L’arenile
inquinato inserito nell’accordo di programma. Nesladek: «Il ministro Clini ha
recepito le nostre richieste»
MUGGIA Un vero e proprio blitz, quello messo a segno dal sindaco di Muggia,
Nerio Nesladek, durante la compilazione del documento che ha portato alla firma
dell'Accordo di programma, venerdì sera alla Prefettura di Trieste, per la
ridefinizione del Sito inquinato. Grazie ad un articolo di quel documento,
infatti, si potranno sbloccare i fondi per recuperare – in tempi notevolmente
ridotti rispetto alle previsioni – il tratto di costa muggesana che va da Porto
San Rocco a Punta Ronco, meglio nota ai residenti come Punta Olmi. L'articolo 7
dell'Accordo, intitolato “Caratterizzazione e bonifica degli arenili, dei
sedimenti marini e delle acque superficiali”, parla chiaro e all'ultimo comma
dice che, «... rispetto alle attività di caratterizzazione di cui al comma
precedente viene data priorità agli arenili ed, in particolare, a quelli
antistanti il territorio del Comune di Muggia (tratto di costa compreso tra
Porto S. Rocco e Punta Ronco)». Con i fondi a disposizione si faranno dunque le
caratterizzazioni di quella parte a mare e, se la situazione dell'inquinamento
dovesse risultare nella norma come è probabile che sia, in 30 giorni la costa
verrebbe restituita “agli usi legittimi” e cioè al Comune che a quel punto potrà
spendere i quasi 2 milioni di euro (di cui 1,7 di provenienza regionale) per
realizzare una percorso ciclopedonale con accessi al mare e la risistemazione
delle piazzole per la balneazione nei pressi del molo a “T”. Insomma
un'accelerazione notevole verso la restituzione della costa ai cittadini, uno
degli obiettivi sempre fortemente dichiarati dall'amministrazione Nesladek. Ma
come si è riusciti a inserire Muggia in maniera specifica nell'Accordo e poi a
metterla tra le priorità? «Quel tratto di mare è compreso nella perimetrazione
del Sito inquinato di interesse nazionale e ad un certo punto ho chiesto al
ministro Clini che venisse inserito nell'Accordo perché lì – racconta il sindaco
Nesladek – abbiamo un'esigenza di sviluppo. Devo dire, però, che c'è stata una
grande collaborazione da parte del ministero dell'Ambiente e in particolare del
consigliere del ministro, Antonio Gurrieri». Partirà dunque a Muggia la prima
fase dell'analisi “a mare” prevista dall'Accordo firmato venerdì, dando il via
al recupero di una parte importante della costiera muggesana, martoriata poco
più avanti dall'interramento Acquario. Sull'area in località Boa, proprio a
pochi metri da Punta Olmi dove finisce la competenza dell'Autorità portuale, si
attende che la Conferenza dei servizi regionale approvi il progetto di bonifica
– per i quali sta per partire la ricerca dei fondi necessari - dopo che sono già
state realizzate sia la caratterizzazione che l'analisi di rischio.
L’intesa non riguarda il terrapieno Aquario La bonifica
attenda la conferenza dei servizi
Idrocarburi cancerogeni e metalli ben oltre i limiti di legge sono presenti
nel terrapieno Acquario (nella foto), l'area posta tra Punta Olmi e Punta
Sottile. L’area non rientra nell’accordo firmato venerdì sera, In questo ampio
tratto di terra di 28 mila metri quadrati di costa muggesana, completamente
recintato da un anno con assoluto divieto di balneazione, sono stati riscontrati
quantitativi di materiali di natura metallica ed idrocarburica quali ferro,
piombo, cadmio, manganese, mercurio e arsenico. Nel settembre del 2011 il
Consiglio comunale ha dato il via libera per la redazione del progetto di
bonifica totale. Obbiettivo dichiarato: creare una nuova attività ricreativa
balneare pubblica. Il piano per riqualificare il sito dovrà poi essere valutato
dalla Conferenza di Servizi composta da Comune di Muggia, Provincia, Regione,
Arpa, Azienda Sanitaria, Demanio, Autorità Portuale, Capitaneria di Porto e
Cigra.
Prodotti biologici in mostra a S.Giovanni - MOSTRA
MERCATO
Il parco dell’ex Opp ha ospitato ieri gli stand della manifestazione “Le
Piazze del Bio”, promossa da ministero delle Politiche agricole e Regione per
promuovere la conoscenza dei cibi biologici. In mostra i prodotti di molte delle
405 aziende bio del Friuli Venezia Giulia, a disposizione dei consumatori per
illustrare metodi di lavoro, approfondire tematiche di settore, organizzare
degustazioni. Anche nella nostra regione, l’interesse verso le colture bio è in
crescita (a livello nazionale nel 2011 si è registrato un + 9% nei consumi).
«Proprio grazie a questa crescente attenzione - ha affermato Emilio Beltrame,
della Direzione regionale Risorse agricole - le nostre 405 aziende stanno
iniziando a produrre volumi abbastanza significativi».
IMMAGINARIO SCIENTIFICO, ECO-LABORATORI
Oggi, l’Immaginario scientifico è aperto dalle 10 alle 20 con le postazioni
interattive scientifiche, le coinvolgenti immagini della spettacolare
multivisione “Altromare, una crociera sott’acqua” e l’osservazione di stelle e
pianeti all’interno del planetario. Inoltre, alle 16, i bambini dai 5 agli 11
anni, possono partecipare al laboratorio ludo-didattico “Ecolab”, per imparare a
riciclare e riutilizzare i rifiuti costruendo eccentrici giocattoli, che poi
potranno portare a casa. Bottiglie di plastica, scatole di cartone, lattine e
stoffe da “riconvertire” a nuova vita sono le benvenute. Per i laboratori è
consigliabile la prenotazione al n. 040-224424.
Tra Miramare e Ceroglie - DOMENICA NELLA NATURA
Riserva marina di Miramare Prenotazioni: 040-224147 Prenotazioni passeggiata
tel. 333-9339060
Oggi, alla Riserva marina di Miramare, visita tematica per famiglie per parlare
di meduse, evanescenti, flessuose, urticanti o innocue, questi organismi
fluttuanti costituiscono il nutrimento di tartarughe e cetacei marini e in
questa stagione compaiono lungo le nostre coste. Ma non solo, parleremo anche
dei loro parenti più stretti, come anemoni, e i più innocui cerianti e coralli.
Il ritrovo è alle 11 al Centro visite dell’Area Marina, durata un’ora e mezza
circa. Sempre oggi, “Al tramonto tra Ceroglie a Medeazza”, passeggiata
naturalistica verso il Monte Cocco, attraversando aree dove sono ancora presenti
le attività agricole tradizionali e gli insediamenti rustici, per addentrarci
dolcemente verso ambienti più naturali, tra boscaglie, doline e piccole pinete a
pino nero. L’uscita è promossa dalla Riserva Naturale delle Falesie di Duino con
l’Area Marina Protetta. Durata 17.30-20.30, ritrovo all’abitato di Ceroglie
(foto). Prenotazione obbligatoria.
IL PICCOLO - SABATO, 26 maggio 2012
Rigassificatore in Regione: il dossier sui benefici -
GRANDI OPERE»PROGETTI
Nomisma Energia: 257 occupati per la costruzione, 400 per l’impianto
Impatto fiscale del cantiere: 143 milioni di euro, di cui 25 per la provincia
Il governatore Renzo Tondo vuole l’impianto gnl di Zaule. Il
territorio, a partire da Municipio, Provincia e Comuni minori per finire con la
proposta di referendum lanciata da Roberto Antonione con bandelliani e Lega,
oppone da tempo una contrarietà netta. E se il ministro dell’Ambiente Corrado
Clini ha annotato la necessità di dare il giusto peso al parere degli enti
locali, il suo collega allo Sviluppo economico Corrado Passera ha decretato: non
si perda tempo nelle decisioni. Intanto in Regione il Pdl di Trieste è
disponibile a rivedere il vecchio “no” in cambio di garanzie per la città. In
questo scenario - che vede la Regione chiamata a dare parere sull’opera
progettata da Gas Natural - ecco un documento sull’«Impatto macroeconomico,
sociale, ambientale e sull’industria del rigassificatore di Zaule», sintesi «non
tecnica» di due più ampi studi condotti da Nomisma Energia srl per la società
spagnola. Poco meno di venti pagine di numeri, grafici e considerazioni che
stanno su pochissime scrivanie del palazzo della Regione da cui ora filtrano, e
che la giunta Tondo potrebbe far valere in materia di «garanzie» richieste.
Secondo Nomisma il rigassificatore porterebbe un bel po’ di ricadute positive in
termini di produzione, entrate fiscali e occupazione. La sintesi, che illustra
una serie di dati (solo alcuni già emersi in passato), riporta la data «febbraio
2012» precisando che lo studio originario è stato chiuso nel febbraio 2011.
L’investimento La realizzazione dell’impianto vale 555 milioni di euro,
destinati per il 72% al Friuli Venezia Giulia la cui «produzione aggiuntiva» per
effetto dell’investimento stesso vale 635 milioni, coinvolgendo per il 49% il
settore costruzioni, per il 36% il manifatturiero e per il 15% quello dei
servizi. L’effetto-crescita della costruzione sul Pil regionale «sarebbe dello
0,9%», laddove il Pil stesso per il 2012 è previsto «in calo dello 0,5%». Nella
sola provincia di Trieste si prevede una produzione aggiuntiva pari a 110
milioni (45% costruzioni; 25% manifatturiero; 30% servizi), con effetti
dell’investimento pari a 18 milioni di redditi da lavoro dipendente e 44 di
aumento del valore aggiunto. L’occupazione Previsti 1511 nuovi occupati in
regione come media per i tre anni di cantiere («Le persone in cerca di lavoro in
Fvg nel terzo trimestre 2011 erano 22mila», è la precisazione). Restringendo il
campo alla provincia, sono prefigurati come media per i tre anni 257 nuovi
occupati (53 nel manifatturiero, 107 nei servizi e 97 nelle costruzioni); 70
occupati diretti e 320 nell’indotto per gli anni - «almeno 25» - di
funzionamento dell’impianto. L’impatto fiscale È pari per la costruzione a 143
milioni (53 di sola Iva) di cui l’82% resta sul territorio (93 milioni per la
regione esclusa Trieste, 25 milioni il gettito per la provincia). Benefici al
territorio Nomisma Energia osserva come il gas rigassificato a Trieste «verrà
commercializzato anche nel Fvg aumentando disponibilità e concorrenza sul
territorio a beneficio degli utenti». Benefici economici Si legge che «è prassi
nell’industria energetica che l’azienda proponente insediamenti industriali»...
«offre al territorio compensazioni economiche», che «sono volontarie e possono
consistere nella realizzazione di opere pubbliche, devoluzioni finanziarie,
partecipazioni all’investimento...» Ma «la puntuale definizione delle
compensazioni nasce sempre dal confronto con le istituzioni del territorio»,
prosegue la nota. Un «confronto» sui cui termini Gas Natural - come rilevato fin
qui da più voci - non si è finora espressa con chiarezza.
Paola Bolis
Terriccio e letame, il blitz degli ambientalisti al
convegno del 2010
Impatto sociale e sicurezza dei rigassificatori: questo il tema del
seminario che Nomisma Energia aveva organizzato a fine 2010 all’hotel Savoia,
col contributo economico di Gas Natural. E mentre in sala parlavano esponenti
della società spagnola, sindaci di città sedi di rigassificatori ed esperti e
docenti di più Università, nella hall si consumava un blitz ambientalista, con
sacchi di terriccio e letame. Wwf, Legambiente e Uil-Vigili del fuoco avevano
definito l’appuntamento «pubblicità indiretta per sponsorizzare il progetto» di
Zaule. Nomisma Energia aveva replicato di avere proposto «un evento unico nel
suo genere, di primissimo livello scientifico e grande completezza». La società
aveva sottolineato la propria valenza di «leader indiscusso nella ricerca,
consulenza e formazione nel campo dell’energia e ambiente a favore delle
principali istituzioni pubbliche e private».
«Aziende in area Ezit interessate alle frigorie» -
INDUSTRIA
«Gas Natural è disposta a sostenere la parte di propria competenza dei costi
della bonifica» dell’area, scrive Nomisma Energia in materia di «benefici
ambientali» derivanti da un impianto che gli ambientalisti, ma anche numerosi
esperti, contestano per l’effetto che il rigassificatore avrebbe sul territorio,
a iniziare dalle acque del golfo. Quanto ai «benefici per il territorio», si
parla anche di «sinergie con la riconversione della Ferriera». E nel capitolo
«sinergia con grandi operatori gasieri della regione», Nomisma Energia cita come
possibili interlocutori AcegasAps («è allo studio un possibile coinvolgimento
nella società di gestione dell’impianto»), Amga Udine e Iris Gorizia. «Benefici
economici», ecco i «possibili utilizzi del freddo prodotto dalla
rigassificazione: il metano allo stato liquido ha una temperatura di -162 gradi,
e viene riscaldato con acqua di mare. Se «dei circa 75 rigassificatori esistenti
al mondo sono una trentina - il 90% in Giappone - quelli che riutilizzano il
freddo a valle del processo», questo riuso ha «vantaggi economici e ambientali:
permette alle aziende di risparmiare l’energia per raffreddare e dunque riduce
le emissioni di inquinanti». E di «aziende interessate a sfruttare il freddo»,
secondo «una specifica indagine», ce ne sono: «Molte in area Ezit, di cui alcune
però fuori del raggio massimo» di trasporto del freddo a costi convenienti;
«altre che operano in area vicina». Le principali opportunità di uso delle
frigorie da parte di industrie sono «produzione di gas tecnici,
decaffeinizzazione, raffreddamento dell’inceneritore, dell’impianto di
generazione elettrica del gruppo Lucchini, conservazione» nei magazzini
frigoriferi. Nomisma Energia evidenzia come la regione «potrebbe diventare una
piattaforma del gas per l’Europa centro-orientale».
Piano traffico “corretto” da Legambiente - DIBATTITO -
Chiesto più bus e più veloci ma anche un efficiente servizio di noleggio di
biciclette
Dalla scoperta dei nuovi assi di scorrimento veloce, alle corsie
preferenziali per autobus che saranno aggiunte a quelle attuali. Dal noleggio di
biciclette, a un utilizzo più intelligente delle vetture private, per esempio
attraverso il cosiddetto “car sharing”, per finire con la previsione dei moli di
fermata in corrispondenza delle aree di sosta per i mezzi pubblici. Analizzare,
in una sola serata, quale sarà l’impatto del nuovo Piano generale del traffico,
in fase di definizione in Comune, sulla città, era impresa improba, ma quelli di
Legambiente ci hanno provato lo stesso. Sono stati così individuati elementi di
possibile correzione, di critica, ma anche di approvazione, per quanto tutti di
carattere generale. Dopo l’introduzione di Lucia Sirocco, Andrea Wehrenfennig ha
spiegato che «Il trasporto pubblico – ha detto - deve essere più veloce di
quello privato, altrimenti non e' interessante per la massa. A Trieste – ha
aggiunto – è comunque necessario potenziare la rete, aumentando il numero dei
bus in circolazione e garantendo il servizio anche nelle zone di periferia e in
orari più ampi. Importante – ha sottolineato – è pure stipulare accordi con i
tassisti e offrire un servizio di ‘car sharing’” L’esponente di Legambiente ha
poi affermato che “Il Comune non ha ancora dato risposte del tutto chiare su
molti aspetti del Piano, anche se è giusto, com’è stato delineato, creare assi
di attraversamento piu veloci». Wehrenfennig ha continuato invitando «gruppi,
associazioni, quartieri nella discussione sul piano del traffico, perché
l'inquinamento atmosferico e' molto aumentato e comporta rischi per la salute.
Basta guardare i monumenti esposti al traffico – ha concluso - e vedere il
colore che assumono, è quello che respiriamo». Gabriele Del Prete ha definito
«molto opportuno un servizio di noleggio di biciclette. Dovremmo immaginare una
regola già applicata in altre città – ha proseguito – in base alla quale, se la
si usa per meno di mezz'ora, non si paga nulla». Dal pubblico, a questo
proposito, è stato fatto un appello «affinché a Trieste su adottino bici col
cambio, capaci di superare i numerosi dislivelli». Del Prete ha poi dimostrato
apprezzamento per la «predisposizione di parcheggi di motocicli in linea con la
carreggiata, per sostituirli alle automobili in divieto costante e dei moli di
fermata, facendo uscire il marciapiede dal tracciato naturale verso la
carreggiata per la lunghezza della fermata. In questa maniera – ha concluso –
l’intero sistema del trasporto pubblico ne trarrebbe beneficio».
Sito inquinato, finita l’Odissea - Clini sigla
l’accordo di programma
Dopo dieci anni e 14 bozze, parte un piano per l’analisi, la bonifica
della zona industriale, del porto e anche dell’arenile di Muggia. Il ministro:
mi auguro che ora si arrivi presto al riuso dei terreni
Una giornata storica, una storica firma, la fine di un incubo durato oltre
10 anni, la delegittimazione delle procedure “mangiasoldi” perseguite dal
governo Berlusconi per i Siti inquinati di interesse nazionale. L’avvio di
procedure corrette ma veloci, e un cambiamento di rotta realizzato in soli tre
mesi. Ieri in Prefettura il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, ha firmato
con Regione, Provincia, Comune, Autorità portuale, Ezit il nuovo accordo di
programma, («quello finalmente vero e definitivo» è stato sottolineato, dopo 14
bozze rimandate al mittente) per l’analisi, la bonifica e la successiva
restituzione agli usi non solo dei terreni della zona industriale, ma anche
degli specchi acquei del porto e delle zone di arenile, in special modo quelle
di Muggia. Clini è arrivato poco dopo le 19 in Prefettura, inseguito dai
problemi romani sulle discariche, nel mezzo della riunione ha avuto un colloquio
col presidente Napolitano, che ha espresso compiacimento per quanto stava
avvenendo a Trieste. «Mi auguro - ha raccomandato Clini - che da questo accordo
derivi operatività da parte delle amministrazioni, perché si arrivi presto al
riuso dei terreni, agli investimenti. Avrei potuto delegare la Regione, ma per
far questo si sarebbe dovuta cambiare una legge, con tempi lunghissimi».
L’accordo prevede che, su delega della Regione, Ezit inviti le imprese insediate
ad aderire al programma di caratterizzazione ed eventuale bonifica dei terreni.
L’azienda che ritiene di non aver inquinato può rispondere negativamente, il
procedimento di verifica passerà in capo alla Regione. Se le analisi diranno che
il terreno è inquinato, toccherà alla Provincia indagare per scoprire il
responsabile. Nel caso si tratti di ente pubblico, sarà quest’ultimo a
sopportare le spese di bonifica. Ogni procedimento amministrativo, dopo queste
fasi tecniche, si concluderà in 30 giorni. Non c’è soprattutto più traccia dei
260 milioni di danno ambientale, da Trieste sempre rifiutati. Nell’area del
porto verrà rivisto il piano di caratterizzazione delle acque per mettere a
punto analisi più efficienti e veloci. In questo caso tutto il procedimento sarà
di competenza del ministero dell’Ambiente, che si avvarrà dell’Autorità
portuale. Grandi ringraziamenti sono venuti a Clini dall’assessore regionale
Sandra Savino: «Una giornata storica, sparisce il capestro per le aziende, che
in maniera assurda e illegittima venivano costrette a farsi carico di una
responsabilità che non c’era. Qui ha vinto il territorio». Clini ha risposto: «È
vero». Ma ha anche pesantemente sanzionato l’azione del governo precedente:
«Quando si generano tra le leggi e la realtà infrastrutture virtuali, barriere
di altre norme che generano nuove procedure, per generare spese che non
risolvono i problemi, quando l’obiettivo che ci si pone è non “come risolvo il
problema”, ma come posso esercitare potere su quel sito”, si sprecano ingenti
risorse per niente, e questo è successo, e per me è cosa inaccettabile. A
Trieste, vittima di una perimetrazione assurda, giustamente queste procedure non
sono state accettate». «Una svolta simile in soli tre mesi ha dell’incredibile -
ha detto il sindaco Roberto Cosolini -, è una bella giornata, contro la
rassegnazione e l’impotenza che sembrano imprigionare la città. In periodi di
crisi eccezionale come questi bisogna fare di tutto per eliminare gli ostacoli
che aggravano la situazione delle aziende». Per la presidente della Provincia,
Maria Teresa Bassa Poropat, «Clini anche col suo tempismo ha portato una carica
di entusiasmo e fiducia, il ministro è stato artefice di una epocale svolta». Al
grande tavolo della Prefettura c’erano anche la presidente dell’Autorità
portuale, Marina Monassi, il presidente dell’Ezit, Dario Bruni, il sindaco di
Muggia Nerio Nesladek, assessori e funzionari, e il prefetto Alessandro
Giacchetti.
Gabriella Ziani
Razeto: era ora tappe certe e tempi rapidi
Grande soddisfazione in Confindustria Trieste per l’accordo raggiunto sulle
bonifiche. «L'intesa siglata pone finalmente condizioni concrete - è la nota del
presidente Sergio razeto - per la soluzione del problema del sito inquinato, con
tappe certe e tempi rapidi, dopo molti anni di lavoro e ben 14 stesure di
Accordo di programma, irricevibili dalle imprese per i contenuti penalizzanti a
loro carico». L'accordo è il risultato della ferma opposizione delle categorie
economiche e dell'allora assessore regionale all'ambiente alle versioni
precedenti e delle notevoli sollecitazioni date dal Ministro Clini per
individuare soluzioni sostenibili per le imprese. Il suo stimolo è stato colto e
portato avanti con puntuale impegno dall'assessore regionale alle finanze,
patrimonio e programmazione Sandra Savino, che ha assolto all'importante ruolo
di coordinamento dei tavoli di lavoro con tutte le amministrazioni locali, l'Ezit
e l'Autorità portuale. «Grazie a questo lavoro di squadra, in pochi mesi, si è
potuto fare ciò che non era stato possibile conseguire in molti anni, mettendo
da parte le differenti appartenenze politiche, con lo scopo di giungere a
risultati concreti e di grande rilevanza per tutto il territorio triestino».
La terza corsia sara' ecosostenibile - il 20% della
spesa sarà destinato alle migliorìe ambientali. Oggi convegno con Clini
TRIESTE La terza corsia della A4 sarà ecosostenibile. Per questo obiettivo
Autovie Venete riserva agli interventi di tutela ambientale fino al 20% della
spesa complessiva dell’opera. E’ uno dei temi sotto la lente oggi al Savoia
Excelsior di Trieste, presenti il ministro Corrado Clini e il presidente della
concessionaria Emilio Terpin, in occasione della sottoscrizione dell’accordo tra
Autovie e il ministero per l’Ambiente mirato a condividere progetti comuni di
mitigazione dell’impatto sul clima delle infrastrutture autostradali. Alla
presenza anche del commissario per l’allargamento della Venezia Trieste Riccardo
Riccardi verranno illustrate tutte le misure di mitigazione ambientale adottate
da Autovie. Nella progettazione dell’opera, infatti, la società regionale ha
riservato grande attenzione alla difesa della natura, alla salvaguardia idrica e
del terreno, alla riduzione dell’impatto acustico e alla tutela della fauna. Non
solo parole, emergerà oggi a convegno: la percentuale dei costi per l’ambiente
va dal 12 al 20% per ciascuno lotto. Un esempio concreto? Per inserire le opere
nel quadro del paesaggio circostante, attraverso interventi a verde a mascherare
le infrastrutture in costruzione, si è puntato sulle realizzazione di sottopassi
piuttosto che di sovrappassi come nel caso della nuova rotatoria che verrà
costruita all’esterno del casello autostradale di Palmanova. Nell’intera
operazione, che prevede pure il trasporto delle acque in zone di depurazione, ci
sono anche gli interventi sulle tratte non interessate dalla terza corsia. A
Marcon, sulla A57 tangenziale di Mestre, si sono investiti 5 milioni per
realizzare barriere fonoassorbenti ecosostenibili.
(m.b.)
BIOEST - mostra mercato - Nel parco dell’Opp è di scena
il cibo bio
Due giorni per assaggiare, acquistare, annusare e giocare con il biologico.
Si presenta così la terza edizione de “Le Piazze del Bio”, manifestazione
promossa dal ministero per le Politiche agricole, alimentari e forestali, e
realizzata dalla Regione in collaborazione con Aiab-Fvg e Aprobio, le due
associazioni che riuniscono i produttori, i tecnici e i cittadini-consumatori di
agricoltura biologica. Quest'anno la vetrina dell'agricoltura rispettosa
dell'ambiente, con filiera di distribuzione corta, che non utilizza prodotti
chimici di sintesi ed è, dunque, ad alto tasso di salubrità, sarà ospitata nel
parco di San Giovanni, oggi e domani, dalle 10 di mattina fino a sera.
VOCE ARANCIO - VENERDI', 25 maggio 2012
I falsi amici della differenziata
Scontrini che non vanno nella carta e fazzoletti che si buttano
nell'indifferenziata. E i piatti di plastica? Nuove regole anche per loro
Italiani ricicloni. L’83% degli italiani differenzia regolarmente carta e
cartone, così come vetro e plastica (fonte: Ipsos per Comieco ). Ma non basta.
Risultati sorprendenti. Carlo Montalbetti, direttore generale di Comieco: «Per
fare una raccolta differenziata di qualità non basta infatti solo la buona
volontà, ma occorre imparare a gestire correttamente la raccolta, in modo da
ottimizzare gli sforzi e ottenere risultati migliori. Qualche esempio? Il
contenitore della pizza, ad esempio, va gettato nell'indifferenziata in quanto è
carta sporca di cibo. Stessa fine dovrebbero fare tutti i tovaglioli usati e in
generale qualsiasi tipologia di carta o di cartone che contenga residui di cibo
o che sia sporca. […] Se ciascuno desse il proprio contributo, si potrebbero
ottenere risultati sorprendenti: un'intera discarica potrebbe essere evitata se
ognuno di noi differenziasse correttamente dal resto dei rifiuti due scatole di
pasta, due giornali, due riviste, uno scatolone di cartone, due sacchetti, due
portauova. Si raccoglierebbero così circa 120.000 tonnellate di carta e cartone,
che grazie alla raccolta differenziata, tornerebbero ad essere una risorsa per
la nostra economia».
Rifiuti buoni. Fare la raccolta differenziata senza errori è fondamentale per
ottenere rifiuti “buoni”, in grado cioè di essere riciclati completamente, e
risparmiare. Un Comune infatti può veder tornare in discarica un carico di
rifiuti perché “inquinato” da materiale non conforme al riciclo, spendendo così
il doppio: una prima volta per portare il carico all’impianto di riciclaggio,
una seconda per ritirare il carico e avviarlo allo smaltimento.
Carta. Sette italiani su dieci differenziano correttamente le riviste e la carta
stampata in generale, così come i volantini pubblicitari (il 66%). Un italiano
su due dichiara di gettare nella differenziata gli scontrini, il 27% la carta
sporca di cibo, il 25% i giornali ancora avvolti nel cellophane (25%) e il 17% i
fazzoletti di carta (fonte: Ipso per Comieco).
Gli scontrini. Non vanno nella carta, ma nell’indifferenziato perché sono fatti
di una carta speciale, detta termica, i cui componenti reagiscono al calore e
creano problemi di riciclo. Lo stesso per le ricevute delle carte di credito,
per la carta chimica dei fax, per quella auto-copiante o quella carbone.
Il cartone della pizza. È di cartone, ma è sporco di cibo: va
nell’indifferenziato. Gettato con la carta, contaminerebbe il processo di
riciclaggio. Lo stesso per la carta oleata (quella che contiene focacce,
affettati, formaggi) o quella sporca di sostanze velenose, vernici o solventi.
Il cellophane. Le riviste col cellophane che prendiamo in edicola o spesso ci
troviamo nella cassetta della posta vanno separate: le riviste con la carta, il
cellophane con l’indifferenziato.
I fazzoletti di carta. Nonostante siano “di carta”, una volta usati, vanno
nell’indifferenziato.
Grande Piramide. Nel 2011, in Italia, sono state raccolte tonnellate di rifiuti
in plastica pari a sette volte il volume della Grande Piramide in Egitto e a due
volte il peso dell’Empire State Building (dati Corepla ).
Errori vistosi. Walter Facciotto, direttore generale del Conai , al Corriere
della Sera: «Bisogna sottolineare che la raccolta differenziata è strettamente
limitata ai soli imballaggi: e in questo senso gli errori più vistosi li
registriamo tra i manufatti in plastica: giocattoli, articoli per la casa,
articoli di cancelleria, da ferramenta e giardinaggio, piccoli elettrodomestici,
qualsiasi oggetto in plastica o con parti in plastica, viene erroneamente
buttato nella raccolta differenziata ma, per fare un esempio, una bambole o
giochi in generale, sono prodotti con differenti polimeri, non riciclabili».
Piatti e bicchieri di plastica. Novità per piatti e bicchieri di plastica. Dal
1° maggio piatti e bicchieri monouso possono essere buttati con la plastica
(prima andavano nell'indifferenziato). L'importante però, per non compromettere
il processo di riciclo, è svuotarli sempre di ogni residuo di cibo, solido o
liquido.
Giocattoli, grucce, custodie dei cd e i materiali che non hanno la scritta
PET (o PETE)finiscono invece nell'indifferenziato.
140 mila. Sono le tonnellate che si stima verranno recuperate grazie al
conferimento di bicchieri e piatti monouso con gli imballaggi in plastica.Non
facciamoci ingannare dal nome.
Falsi amici. Secondo Astra Ricerche , nel Nord Italia, il 61,4% differenzia
insieme al vetro i “falsi amici”, cioè oggetti che sembrano di vetro ma che non
possono essere riciclati insieme.
Danno al ciclo produttivo. Facciotto: «Si crea un grosso danno al ciclo
produttivo, soprattutto buttando ceramica e pirex in mezzo al vetro. I detector
non riconoscono le particelle di ceramica, pur essendo macchine molto
sofisticate, e quando il vetro viene triturato e compresso, anche la ceramica,
che fonde a una temperatura differente dal vetro, viene inglobata nelle nuove
bottiglie. Queste bottiglie però, che contengono particelle differenti dal
vetro, possono scoppiare, sono a rischio». Occhio al pyrex e al cristallo. Oltre
alla ceramica, non vanno nel cassonetto del vetro neppure il pyrex e il
cristallo. All’apparenza sono simili al vetro, ma in realtà non lo sono. Le
lampadine. Vanno consegnate ai negozianti, buttate negli appositi contenitori o
portate alle isole ecologiche, così come le lastre di vetro delle finestre o gli
specchi. Il polistirolo. Verrebbe da buttarlo con la plastica, anzi no, con la
carta. E allora? Controlliamo sempre le indicazioni del Comune di residenza
perché il polistirolo, in alcuni casi, si getta con la carta, in altri nella
plastica (es. Milano), in altri ancora nell’indifferenziato (es. Roma).
App. Messer Viro è un’app gratuita per iPhone e iPad: cliccando sui prodotti che
cadono dall'alto e scegliendo quelli da inserire nel sacco tenuto da un
personaggio, insegna a differenziare correttamente i rifiuti. Per Android,
invece, c'è Raccolta rifiuti: un’applicazione che, disponendo di una lunga lista
di oggetti con i codici di riciclaggio, permette di trovare la giusta
collocazione per l’ oggetto da buttare.
IL PICCOLO - VENERDI', 25 maggio 2012
Bonifiche, il Comune dice sì all’accordo per il “nuovo”
Sin
Ok formale dalla giunta alla versione definitiva del testo Oggi in
Prefettura con Clini la firma di tutti gli enti coinvolti
Era un pro-forma. Ma ancora non c’era. È arrivato ieri, 24 ore prima che il
tempo scadesse. E questo, giurano in Municipio, non per titubanza, bensì per
quel lavoro di rifinitura che si è protratto fino all’altro ieri
(letteralmente...) in Regione, cioè il quartier generale della trattativa, in
presenza del consulente legale del dicastero dell’Ambiente. Proprio ieri,
infatti, la giunta Cosolini ha dato il suo via libera formale con un’apposita
delibera presentata dall’assessore al’Ambiente Umberto Laureni all’Accordo di
programma per le bonifiche, che porterà in dote la riperimetrazione in senso
“stretto” del Sin, il Sito inquinato d’interesse nazionale, nonché la scomparsa
delle transazioni forfettarie a carico delle imprese insediate, e soprattutto la
certezza della restituzione agli usi legittimi (quindi a finalità produttive)
delle porzioni del perimetro che a fine caratterizzazione e a fine analisi del
rischio (non più di due anni da oggi, si dice) risulteranno non inquinate o
quantomeno compatibili con determinate attività. Esempio: una panetteria no, ma
un deposito di macchinari industriali sì... E ancora: il manganese sopra i
limiti di legge qui va valutato diversamente, essendone la presenza, proprio
dalle nostre parti, un fatto connaturato non legato per forza all’inquinamento.
Nulla osta all’intesa, dunque, anche dall’amministrazione Cosolini, dalla stanza
dei bottoni del capoluogo. Si chiude così una vicenda lunga nove anni, e fatta
di 14 tentativi a vuoto, con chissà quanti soldi pubblici spesi in trasferte di
funzionari vari, delegati a chiudere una partita che non si chiudeva, in ore di
lavoro perse da uffici ministeriali, regionali, comunali e via dicendo, e in
carta per stampanti e fotocopiatrici diventata troppo spesso carta straccia.
Quella di oggi in effetti dà tutta l’idea di essere, nel suo piccolo (e neanche
tanto piccolo), una data storica per Trieste e per la sua proverbiale capacità
di perdere tempo e occasioni. Nel pomeriggio, in Prefettura, appuntamento dalle
18 in poi, sarà firmata pertanto la 15.ma e ultima versione - quella definitiva
in quanto condivisa da tutti - dell’Accordo di programma per le bonifiche, alla
presenza del ministro dell’Ambiente Corrado Clini, il triestino acquisito. Il
valore aggiunto, evidentemente, che ha spezzato l’impasse e che domani, intesa
di oggi alla mano, proporrà a Roma, al governo Monti di cui fa parte, la
riperimetrazione del Sin. Si tratterà, tecnicamente, di una prima firma tra
ministero, Regione, Autorità portuale, Provincia ed enti comunali che aprirà per
l’appunto la strada all’Accordo-quadro per la riqualificazione del Sin di
Trieste. È una prima firma perché regolerà, come è stato annunciato, la fase
delle caratterizzazioni per cui è stato deputato l’Ezit coi 15 milioni veicolati
dalla Regione. Al termine di questa fase, da un lato si concretizzerà la
completa restituzione agli usi legittimi dei terreni non inquinati e dall’altro
verrà avviata l’operazione delle bonifiche vera e propria. E qui l’intesa non
reca cifre, ma prende in considerazione la costruzione temporanea in deroga agli
strumenti urbanistici di impianti di risanamento di terreni e acque, nonché
l’obbligo del pubblico a pagare nei casi di comprovata responsabilità del
pubblico.
Piero Rauber
L’assessore Laureni: «Si comincia a vedere la luce»
La luce in fondo al tunnel. Non usa questa espressione ma è come se lo
facesse, Umberto Laureni, l’assessore all’Ambiente di Cosolini. «Mi auguro -
dice Laureni - che si cominci a poter intravvedere delle ipotesi di
restituibilità delle aree agli usi legittimi. Sono molto soddisfatto di come è
stato redatto quest’accordo, che peraltro va in un’ottica di semplificazione
delle procedure, a partire da quelle delle caratterizzazioni. A mio parere gli
uffici regionali hanno lavorato bene. Ritengo sia stata importantissima la
presenza qui del consulente legale del ministro Clini in fase di redazione, il
che ha consentito, si presume, di evitare eventuali obiezioni da Roma successive
alla firma. E poi mi si consenta di ringraziare anche il servizio Ambiente del
Comune, che è riuscito a preparare una delibera molto complessa in tre giorni».
(pi.ra.)
AMBIENTE «No ai rifiuti campani smistati a Trieste»
Il vicepresidente della Regione Luca Ciriani, rispondendo ad una interrogazione ribadisce la posizione della Giunta sui rifiuti della Campania: «Siamo contrari ad accogliere i rifiuti urbani campani nei nostri impianti - ha specificato- ma quelli trattati da Acegas Aps sono speciali e non necessitano di nostra autorizzazione».
Via libera al depuratore “allargato” - A SERVOLA - Il
Comune ha ottenuto per 30 anni una porzione di Scalo Legnami
Una concessione demaniale a tempo di record, quella rilasciata ieri dal
Comitato portuale al Comune di Trieste per l'ampliamento e l'adeguamento del
depuratore di Servola. «Ci abbiamo messo poco più di 30 giorni, così come
promesso al sindaco Cosolini», ha detto la presidente dell'Autorità portuale,
Marina Monassi. Del resto le ragioni di pubblica utilità c'erano tutte, così
come quelle di urgenza, considerata la procedura di infrazione comunitaria
tuttora in corso, tanto è vero che c'era già stata una concessione provvisoria.
Da oggi quindi, il Comune di Trieste dispone a tutti gli effetti, per
trent'anni, dei quasi 27mila metri quadrati nei pressi dello Scalo Legnami sui
quali procedere per adeguare l'impianto di depurazione. Il progetto prevede la
rimozione di tre file di tettoie, da ricostruirsi in altra sede, dalle aree di
stoccaggio portuali. In questo modo si potrà avviare il progetto allegato alla
richiesta di concessione per il quale, solo in riferimento al primo lotto, è
prevista una spesa di 52,5 milioni di euro. A fine aprile si era tenuta la
Conferenza dei servizi con la quale erano stati acquisiti i pareri e i nullaosta
necessari all'approvazione del progetto definitivo da parte di tutti gli enti
interessati, compresa l'Autorità portuale. Nel corso della seduta tenutasi ieri
mattina alla Torre del Lloyd, il Comitato portuale ha dato il via libera anche
ad altre richieste di concessione, tra le quali quella giunta da Genoa metal
terminal, società operante all'interno del Porto vecchio che ha appena chiesto e
ottenuto un ampliamento delle aree in concessione. Ieri l'autorizzazione ad
occupare altri 1000 metri quadrati di aree scoperte adiacenti al Magazzino 18,
per gestire un traffico di alluminio che sembra in crescita costante. Di
recente, infatti, la società del gruppo olandese Steinweg con sede a Genova e
spazi a disposizione anche a Ravenna, Livorno, Salerno, Monfalcone e Capodistria
ha preso contatti con Rail Cargo Austria per tentare di riattivare un
collegamento ferroviario richiesto da tempo e necessario per evitare di intasare
di Tir le strade di collegamento con Adriaterminal.
r.c.
L’azzeccarifiuti alla «Stock»
Oggi, alle 17, nel cortile dell’atrio della scuola Morpurgo dei Campi Elisi, si inaugurerà la manifestazione, aperta al pubblico, conclusiva del progetto «L’azzeccarifiuti» della scuola Lionello Stock, con l’esposizione dei lavori e un percorso didattico preparato dagli studenti. Alle 18, tavola rotonda, con gli assessori Laureni e Grim e il direttore della Divisione Ambiente dell’Acegas, Dal Maso, per discutere con le famiglie interessate del tema della raccolta dei rifiuti.
Dibattito, il punto sul piano traffico - LEGAMBIENTE -
Stasera alle 18 nella sede di via Donizetti si esaminerà il nuovo Pgtu
Per "I venerdì di Legambiente" si terrà oggi, alle ore 18, nella sede di
Legambiente in via Donizetti 5/a (ex sede di Banca Etica) l´incontro pubblico
dal titolo: “Il punto su... Il Piano Generale del Traffico Urbano». Attraverso
gli interventi di Lucia Sirocco, Andrea Wehrenfennig e Gabriele Del Prete,
cercheremo di capire cos´è il Pgtu, come funziona e come si declinerà sul
territorio del Comune di Trieste. Il nuovo piano traffico, riveduto e corretto
dalla giunta Cosolini dopo aver sentito le varie categorie economiche e Azienda
Trasporti per le corsie preferenziali dei bus, è già passato a livello di
delibera in giunta mentre a settembre approderà in Consiglio. E’ un piano
traffico definito coraggioso, pieno di novità che modificheranno le abitudini
degli automobilisti triestini e volto a pedonalizzare nuove aree per dare
ossigeno ad alcune zone della città. Un processo di pedonalizzazione che questa
volta toccherà anche le periferie per cercare di renderle più vivibili.
Piano del traffico
Per il ciclo di incontri «I venerdì di Legambiente» si terrà oggi, alle 18, in via Donizetti 5/A l’incontro «Il punto su... Il piano generale del traffico urbano» attraverso gli interventi di Lucia Sirocco, Andrea Wehrenfennig e Gabriele Del Prete cercheremo di capire cos’è, come funziona e come si declinerà sul territorio del Comune di Trieste.
Greenaction: un presidio per protestare - AL VERDI
Presidio di Greenaction Transnational e Trieste Libera domani mattina davanti al teatro Verdi, al cui interno si svolgerà nell’arco dell’intera giornata la Prima conferenza sulla salute della città di Trieste. L’iniziativa delle due associazioni, mirata a sottolineare le problematiche ambientali del territorio triestino, avrà inizio alle 8.30, un quarto d’ora prima del via ai lavori della conferenza al Verdi. È prevista la distribuzione di materiale informativo. Il presidio si concluderà alle 12.30. La Digos della questura di Trieste si è intanto attivata per garantire un’azione di sorveglianza in zona, nell’ottica di prevenire eventuali momenti di eccessiva tensione. Al convegno organizzato dal Comune a teatro prenderanno parte anche il ministro dell’Ambiente Corrado Clini e il presidente della Regione Renzo Tondo, oltre che il sindaco Roberto Cosolini, la presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat, assessori, medici e altri esperti di ambiente e salute. All’esterno, Greenaction e Trieste Libera protesteranno anche contro il recente arrivo in città via ferrovia di rifiuti dalla Campania. In una nota, Greenaction Transnational contesta inoltre il fatto che gli interventi “non istituzionali” alla conferenza del Verdi siano stati previsti solo dalle 16.30.
CONFERENZA DI POLDINI
Questa sera alle 19, nella sede della Società Alpina delle Giulie, in via Donota 2, IV piano Livio Poldini terrà una conferenza con immagini dal titolo: «Speciale aliene (neofite) dannose per la salute umana e per l’ambiente». L’ingresso è libero. Al termine sarà possibile iscriversi all’escursione nella zona di Padriciano di domenica. Info: 040-630464 lun-ven 17.30-19.15.
Via Rossetti, un nuovo posto auto per ogni albero
abbattuto - LA LETTERA DEL GIORNO - Alessandro Razza
Da qualche anno chi transita per via Rossetti non può non notare i lavori in
atto attorno alla villa sottostante il giardino di villa Engelmann. Il muro di
contenimento di cinta è stato quasi per intero abbattuto e tutto il terreno
circostante l’edificio è stato asportato non prima di aver tagliato gli alberi
secolari che si ergevano sopra lo stesso. Attualmente si sta provvedendo alla
costruzione dei muri perimetrali di quello che probabilmente sarà un garage che
riempirà la voragine creatasi. Basta procedere di qualche centinaio di metri e
sul lato opposto della strada, per consentire l’innalzamento di un piano di una
villa e la creazione di qualche posto macchina, è stato abbattuto almeno un
altro albero (abete?) anch’esso secolare. Possiamo dunque affermare il principio
che ne consegue: per ogni albero abbattuto un posto auto! Abbiamo assistito in
questi giorni alla trasmissione di Fazio e Saviano “Quello che (non) ho” dove
sono state dette tante “parole” con l’intento di stimolare e smuovere le
coscienze di ognuno. Ci siamo tutti commossi, adirati, infervorati, indignati e
ripromessi di fare qualcosa per migliorare questa società e chissà quanti tra
noi avevano già messo in atto l’enunciato di cui sopra: per ogni albero
abbattuto un posto macchina. Secondo voi quali sono i motivi per i quali il
nostro agire (e mi ci metto anch’io) è così deprecabile e così lontano dalla
ricerca di un valore comune? L’unica risposta è il lucro, la convenienza
personale, il proprio profitto sopra a tutto e a discapito di chiunque. Questa
logica la si può riconoscere in tutti i settori che riguardano la società: nella
politica in primis, nelle arti e mestieri, nella pubblica amministrazione e giù
fino ai rapporti sociali che regolano un condominio o un nucleo famigliare. La
nostra società rappresenta esattamente ciò che siamo noi e purtroppo se vogliamo
vedere un cambiamento è prima dentro di noi che dobbiamo metterlo in atto. Anni
orsono ebbi modo di scrivere su questa Rubrica una parola di disapprovazione sul
costruendo parcheggio tra via San Francesco e via Battisti, lamentando il fatto
che non si era pensato di far nascere in alternativa un piccolo giardino con un
po’ di verde e qualche albero e un paio di giochi per bambini. Mi richiamai ad
una cultura anglosassone e ad un preciso esempio come la città di Londra, dove
in ogni anfratto e in ogni corte è possibile trovare un po’ d’erba, un albero e
una panchina dove poter rilassare lo spirito e la mente o semplicemente
addentare un sandwich nella pausa pranzo. Poi mi è tornato alla mente un
filmetto americano: Notting Hill. Quella pellicola di poche pretese finiva però
con un’immagine che rappresenta con forza il vero senso della vita. In un parco,
in una giornata di sole con tanta gente che gioca in lontananza, lui sta seduto
su una panchina leggendo un libro; la sua donna dorme coricata sulle sue gambe,
tenendo una mano sul suo grembo dove sta crescendo il loro figlio. C’è la
natura, l’amore, la sicurezza, la crescita intellettuale, c’è la speranza, c’è
il futuro. E noi? Dove stiamo andando?
IL PICCOLO - GIOVEDI', 24 maggio 2012
Toncelli: «Ferriera, protocollo senza seguito» -
SOPRALLUOGO DELLA TERZA COMMISSIONE
Decarli: «Da Tondo ritardo intenzionale». I sindacati chiedono interventi
tecnici urgenti
Prima la visita allo stabilimento siderurgico. Al termine, l’incontro con i
rappresentanti sindacali di Fim, Fiom e Uilm. Missione a Servola, ieri mattina,
per la Terza commissione consiliare del Comune: al centro la questione Ferriera.
Le Rsu unitarie dell’impianto servolano hanno consegnato ai consiglieri un
documento contenente un elenco di criticità da risolvere urgentemente al fine di
poter proseguire con l’attività tutelando quanto più possibile i lavoratori,
l’ambiente circostante e quindi anche quanti vivono a Servola e dintorni, e
facendo sì che anche le componenti impiantistiche possano funzionare al meglio.
Le richieste riguardano cokeria e altoforno: le Rsu hanno invitato la
commissione a girarle prima possibile ai componenti della giunta. «Ho già
inviato il documento agli assessori allo Sviluppo economico, Fabio Omero, e
all’Ambiente, Umberto Laureni, e al sindaco Roberto Cosolini», fa sapere il
presidente della Terza, Marco Toncelli (Pd). Il quale, dopo il confronto con i
sindacati, sentenzia: «Non vengono rispettati i tempi del protocollo d’intesa
firmato il 14 marzo scorso in Regione. I tempi burocratici - aggiunge Toncelli -
sono troppo lunghi per riuscire a tenere a norma gli impianti: nel mondo
siderurgico c’è bisogno di spese continue». Sul periodo successivo all’intesa
siglata in Regione a marzo per avviare un percorso per la progettazione del
programma di riconversione dell’area industriale della Ferriera, Roberto Decarli
(Trieste cambia) ha le idee chiare: «La volontà del presidente della Regione
Renzo Tondo è quella di ritardare tutto per arrivare e passare le elezioni
regionali 2013. Un ritardo intenzionale». Durante la visita all’interno dello
stabilimento, Decarli - che assieme a Patrick Karlsen (Libertà civica) aveva
depositato la richiesta di sopralluogo sottoscritta poi da altri esponenti della
maggioranza di centrosinistra - riferisce poi di aver appreso un’informazione
«importante. Francesco Semino (responsabile delle relazioni esterne della
Lucchini, ndr) ci ha comunicato - va nel dettaglio Decarli - che le
caratterizzazioni di tutta l’area della Ferriera sono state completate. Il che
può accelerare i tempi per individuare una possibile alternativa
imprenditoriale». Intanto, dopo la recente nota della Lucchini sui valori
registrati dal monitoraggio biologico effettuato sui lavoratori della cokeria e
su alcuni colleghi di altri reparti, e a seguito di un successivo incontro avuto
con gli stessi dipendenti, la Failms (Federazione autonoma italiani lavoratori
metalmeccanici siderurgici e servizi) ha contattato l’Azienda sanitaria
«chiedendo il rispetto del protocollo di sorveglianza sanitaria» per i
lavoratori.
(m.u.)
Sito inquinato, domani la firma del nuovo accordo -
ALLA PRESENZA DEL MINISTRO CLINI
Il testo sottoscritto dagli enti locali, che aprirà la strada alla
riperimetrazione delle aree da bonificare, verrà portato sabato all’attenzione
del Consiglio dei ministri
Si firma l’accordo che cambia il destino delle zone industriali rinchiuse
nel perimetro del Sito inquinato nazionale (Sin). Domani il ministro
dell’Ambiente, Corrado Clini, sarà a Trieste e alle 19, in Prefettura, siglerà
il documento assieme a Regione, Provincia, Comuni di Trieste e di Muggia,
Autorità portuale ed Ezit. Il giorno dopo Clini presenterà il testo, che prelude
a una nuova perimetrazione del sito, al Consiglio dei ministri. Alla redazione
dell’accordo si è lavorato fino all’altro giorno in Regione, con il consulente
del ministro stesso. È stata definita la tecnica che porterà (senza pagamento di
alcun danno ambientale, ostacolo del Sin per 10 anni) le aree a tornare pulite e
usabili. «La Regione - spiega il presidente dell’Ezit Dario Bruni - assegna
ufficialmente i 15 milioni per le analisi dei terreni. A tutte le 350 aziende di
Ezit verrà inviata richiesta di aderire al programma di bonifica. Chi sa di
avere inquinato avrà convenienza ad associarsi, il procedimento verrà condotto
da Ezit, Arpa e ministero e sarà più breve e meno costoso di un’azione
solitaria». E chi invece pensa di non aver “sporcato” i terreni su cui sta
lavorando, o di essersi insediato su un terreno inquinato da altri? Potrà
aderire oppure no. Dato il diniego, il suo caso approda in Regione, e i terreni
saranno analizzati a spese del bilancio regionale. Se le indagini accertano un
terreno a posto, la questione si chiude. In caso contrario, la Regione delega
alla Provincia il compito di individuare l’inquinatore. «E se, come probabile
visto che l’Ezit sorge su terreni di una ex discarica comunale - prosegue Bruni
- a inquinare è stato un ente pubblico, la messa in sicurezza spetterà proprio
alle casse pubbliche, senza che il proprietario abbia a spendere un solo euro».
Si stabilisce così la traduzione concreta di quel principio fin qui tanto e
tanto inutilmente invocato, che discende da norme europee in materia: «Chi non
ha inquinato non paga». Secondo Bruni, che con un avviso di “manifestazione
d’interesse” alle ditte si è messo nella posizione di abbreviare al massimo le
procedure di gara, «in un anno o un anno e mezzo il processo dovrebbe essere
concluso». Con una ulteriore novità: per un terreno certificato come “pulito”
non occorreranno più complicate conferenze dei servizi per deciderne il
recupero, basterà darne comunicazione al ministero. Dopo 30 giorni il terreno
sarà automaticamente considerato “libero”. Martedì alle 18, al Villaggio
Valdadige della Zona industriale, Ezit e Regione spiegheranno tutte queste
novità alle imprese del comprensorio.
(g. z.)
Oli usati, attenzione a smaltirli correttamente
AMBIENTE
Tappa triestina del Tir di “Circoliamo” impegnato in una campagna di
sensibilizzazione
«L'olio usato è come il maiale, una volta lavorato non si butta via niente».
Un messaggio chiaro è giunto dal responsabile di area del Consorzio obbligatorio
degli oli usati (Coou) Vincenzo Grieco Pullè. Chiaro il messaggio, chiari gli
intenti della campagna “CircOLIamo”, pilotata dal promotore Alberto Hermanin,
sbarcata in piazza Ponterosso con un tir-ufficio per sponsorizzare il progetto
di sensibilizzazione sul corretto smaltimento dei lubrificanti esausti. Un tema
legato all’ambiente: il Consorzio è nato e lavora per garantire il riciclaggio
di questo materiale evitando inutili e dannose dispersioni che, nella
fattispecie triestina, interessano soprattutto il mare. «Lasciando da parte
aziende e fabbriche, con cui lavoriamo regolarmente e a ritmi serratissimi - ha
detto Pullè - vorrei porre l’accento su quanti eseguono il cambio d'olio della
propria automobile da soli. Smaltendo il lubrificante esausto in tombini che lo
trasportano direttamente in mare, provocano sulla superficie marina una
pellicola della grandezza di un campo di calcio che non consente lo scambio di
ossigeno con l'ambiente esterno, inquinando e compromettendo la salute degli
organismi acquatici». Un gesto evitabile: Trieste possiede ben quattro centri di
raccolta dell'olio usato. Il Consorzio vanta tecniche e modalità di recupero che
consentono il ritiro del 95% dell'olio usato in Italia il quale, una volta
rigenerato, viene reimmesso nel mercato: è circa un quarto del lubrificante
totale circolante sulla penisola. Un'efficienza da far invidia ai tedeschi,
superati grazie a simili campagne di sensibilizzazione, con tecniche di
lavorazione del prodotto richieste perfino dal ministro dell’ambiente cinese.
«Una soddisfazione non da poco - ha aggiunto Pullè -, soprattutto se si
consideri che sono traguardi raggiunti da un team complessivo di appena quindici
persone». Una campagna di sensibilizzazione che è entrata in diretto contatto
anche con i più giovani coinvolgendo gli studenti di Nautico e Petrarca, con
l’intento di portare all’attenzione di tutte le generazioni un argomento di
prioritaria attualità. È intervenuto infine l’assessore comunale all’ambiente
Umberto Laureni: «In una sostanza che contiene metalli, combustibile, zolfo,
bitume e altri materiali di scarto, la competenza e l’affidabilità del Coou sul
trattamento del lubrificante è fondamentale. Dobbiamo sviluppare questo
rapporto, aiutandoci a vicenda sempre di più».
Sebastiano Blasina
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 23 maggio 2012
Vertice su ambiente e salute - Focus sulla Ferriera
Incontro pubblico sabato al Verdi. Enti locali, sanità e Arpa riuniti per
fare il punto su “Come sta Trieste”. L’ inquinamento tema centrale. Presente
anche Clini
“Come sta Trieste?”. A questa domanda, all’apparenza banale ma in realtà
assai articolata, tenteranno di rispondere tutti gli attori istituzionali che si
occupano di ambiente e salute. Lo faranno sabato, al Ridotto del Teatro Verdi,
dalle 8.45 in poi, quando il sipario si aprirà sulla “Prima conferenza sulla
salute della città”, organizzata dal Comune con il patrocinio del Ministero
dell’Ambiente e della Regione, e la partecipazione di Provincia, Arpa, Azienda
ospedaliera, Azienda sanitaria e Burlo Garofolo. Vi prenderanno parte, oltre ai
vari relatori (riportiamo il programma completo qui a fianco), il ministro
dell’Ambiente Corrado Clini, cui spetterà anche l’intervento di chiusura e
sintesi al termine dei lavori (previsto alle 18.15), il governatore del Friuli
Venezia Giulia Renzo Tondo, il sindaco Roberto Cosolini e la presidente della
Provincia Maria Teresa Bassa Poropat. Ambiente, abitudini di vita e prevenzione:
attorno a questi temi si svilupperà la discussione. Con il primo obiettivo di
«conoscere per agire poi al meglio», ha specificato ieri l’assessore comunale
all’Ambiente Umberto Laureni. E con lo scopo finale di definire «un decalogo -
ha aggiunto - sui cui punti i politici si impegnino per risolvere i problemi».
Dalla fotografia della situazione a un percorso fatto di soluzioni: questo vuole
essere l’appuntamento di sabato (aperto a tutti gli enti competenti nel settore
così come a tutti i cittadini e associazioni interessate). Centrale il tema
delle patologie collegate alle condizioni ambientali. Perché sulle correlazioni,
«con effetti sia a breve sia a lungo termine, delle stime esistono. E sono
sufficientemente ben consolidate», ha chiarito Massimo Bovenzi dell’Azienda
ospedaliero universitaria. Consolidate e “certificate” da «pubblicazioni
scientifiche - ha continuato l’esperto -, che rappresentano una base materiale
ampia per iniziare azioni di prevenzione». A proposito, Laureni ha ricordato
come uno dei principali problemi triestini sia quello «dei picchi di presenza di
determinati elementi tossici nell’aria, che si registrano in aree rionali
periferiche e a ridosso della zona industriale». Evidentemente si parlerà anche
di Ferriera e relative emissioni. E, ancora, della particolare condizione data
dalla «densità di potenziali inquinanti in un territorio relativamente piccolo».
Caratteristica locale che Pierluigi Barbieri (Università di Trieste) ha
rimarcato prima di confezionare un pro-memoria non casuale: «Il prossimo sarà
l’anno della qualità dell’aria. Per Trieste è importante saperlo». Oggetto di
analisi diverranno inoltre le iniziative intraprese dall’amministrazione
comunale per migliorare la qualità ambientale del contesto urbano: il nuovo
Piano del traffico, la raccolta differenziata dei rifiuti, le energie
alternative, gli interventi nelle scuole «che scontano la vetustà degli edifici
in cui hanno sede», come osservato dall’assessore all’Educazione Antonella Grim.
«Il nostro impegno su temi quali Ferriera o Sin è costante e giornaliero»: così
l’assessore provinciale Vittorio Zollia prima di battezzare la conferenza come
«una sfida di non poco conto, che impegnerà relatori e uditori». Inclusi
ovviamente i protagonisti della «rete fra istituzioni - parole di Fabio Samani,
direttore generale dell’Azienda sanitaria - che si occupa di politiche della
salute». Dalle valutazioni che usciranno dalla conferenza, Francesco Cobello,
direttore generale degli Ospedali riuniti, attende suggerimenti per «capire dove
investire», una volta individuate e aggiornate le priorità
Matteo Unterweger
Il via alle 8.45, due le sessioni Sintesi alle 18.15
Gli assessori comunali Umberto Laureni e Laura Famulari apriranno sabato la
conferenza “Come sta Trieste?” alle 8.45. Dopo i saluti istituzionali, la prima
sessione dei lavori “Salute e ambiente” partirà alle 9.30, moderata da Pierluigi
Barbieri (Università di Trieste). Sul tema “La città e il suo ambiente” previsti
la relazione sul quadro ambientale complessivo di Stellio Vatta e Glauco
Spanghero dell’Arpa e l’intervento di Paolo Plossi (Provincia) sugli elementi di
criticità nella situazione di Trieste. Riccardo Tominz (Azienda sanitaria)
parlerà poi delle patologie ambiente-collegate. Dopo le 11 via al focus su
contesto urbano e azioni del Comune con gli assessori Elena Marchigiani, Fabio
Omero, Andrea Dapretto e Antonella Grim. L’assessore provinciale all’Ambiente
Vittorio Zollia delineerà ruolo e iniziative della Provincia. Concluderà Umberto
Laureni. Alle 13.30 pausa pranzo, ripresa alle 14.30 con “Salute e abitudini di
vita”, moderatore Massimo Bovenzi (Azienda ospedaliera): Riccardo Tominz,
Daniela Germano e Roberta Fedele dell’Azienda sanitaria si soffermeranno sui
temi legati ai problemi di salute. Chiuderà la sessione Laura Famulari. Dalle
16.30 relazioni programmate e interventi liberi. Alle 18, ecco il decalogo delle
proposte. Alle 18.15 sintesi finale del ministro Corrado Clini.
(m.u.)
«Stop all’importazione di rifiuti» - Il gruppo della Lista 5 Stelle ora sta affilando le armi per le regionali - LE STRATEGIE
Già al lavoro per le regionali, con un’unica certezza: «Non ci candidiamo, perchè tra i punti del nostro scarno statuto c’è il divieto di presentarsi in lista se si è già eletti. Quindi metteremo la nostra esperienza al servizio del programma. E resteremo consiglieri comunali fino alla fine... almeno speriamo». Paolo Menis e Stefano Patuanelli, che, ancor prima di approdare in piazza Unità, hanno condiviso la gavetta settennale del gruppo Beppe Grillo, stanno mettendo a fuoco i punti di un programma “triestino” per la sfida elettorale del prossimo anno. In un secondo momento, si passerà al confronto e all’amalgama con le proposte dei grillini delle altre province e con l’organizzazione metodologica di un programma su base regionale. L’economia della città-porto sarà al centro della riflessione, con l’esigenza di fare rete tra gli scali dell’Alto Adriatico e di difendere l’opportunità legata al punto franco, eventualmente“spostandolo”, se questa soluzione potrà essere percorsa nella legalità. Senza dimenticare altri “nodi” già oggetto di costante monitoraggio in ambito comunale: il controllo della tenuta dello stato sociale, il livello dei servizi assistenziali, spronando la Regione a fare la sua parte, l’opposizione ferma alle scelte governative che sgretolano il tessuto sociale. Delle preoccupazioni di Pizzarotti, neo-eletto primo cittadino grillino a Parma, i “locali” condividono quella sull’inceneritore. «Non ci piace la politica dell’assessore Laureni, pur persona stimabile», dice Patuanelli». Aumento della differenziata e nuovi carichi per l’inceneritore sono una contraddizione. Nessuna deriva leghista sui rifiuti: i grillini dicono no alle importazioni di immondizia, arrivi da Campania o da Trentino Alto Adige. «Il punto d’arrivo della progressiva riduzione dei rifiuti, è quello della chiusura dell’impianto. Noi ci fidiamo di quanti denunciano problemi di salute legati all’inceneritore, finora rimasti sottovalutati. I segnali di pericolo per le persone ci sono già tutti».
ar.bor.
Bioest festeggia 20 anni weekend tra stili di vita
all’insegna della natura - SABATO E DOMENICA NEL PARCO DELL’EX OPP
Da vent’anni propone un modello di alimentazione e di vita legato alla
natura, semplice, vicino alle persone. Per Bioest, fiera dei prodotti biologici,
in programma sabato e domenica, nel comprensorio di san Giovanni, l’edizione
2012 sarà speciale sotto diversi profili. «Innanzitutto – ha spiegato Tiziana
Cimolino, una delle responsabili dell’associazione e dell’allestimento della
rassegna – ci sarà da festeggiare il ventennale, ma anche alcuni temi saranno
del tutto nuovi e originali. In particolare ci dedicheremo alle buone pratiche e
al rispetto del bene comune, perché Bioest vuole essere un punto di riferimento
in questi contesti. Parleremo anche della carne biologica – ha aggiunto - una
novità assoluta per la nostra organizzazione, di economia alternativa, dei
gruppi di acquisto solidale, dell’uso del cibo, degli origami». Il programma è
ricco: si inizierà sabato alle 10, con l’inaugurazione, per proseguire,
nell’arco della mattinata, con laboratori di compostaggio e di arredo domestico,
musiche. Nel pomeriggio, alle 17, conferenze e dibattiti fino alle 21, quando
comincerà uno spettacolo teatrale dal titolo “Franco e Franca Basaglia”.
Domenica mattina, sempre a partire dalle 10, meditazioni yoga, tecniche di
riequilibrio energetico, poi danze e musica fino alle 19. Dopo aver sottolineato
che «tutti coloro che daranno vita a Bioest 2012 sono volontari», la Cimolino ha
lasciato la parola all’assessore provinciale Mariella De Francesco: «Bioest è
una manifestazione che apprezziamo e che sosteniamo per la sua versatilità, per
il fatto che permette alle associazioni di fare rete – ha detto - nell'ambito di
un ragionamento sull'ambiente sul quale siamo particolarmente presenti. È la
nostra filosofia sostenere eventi di questo tipo, anche per rivitalizzare il
parco di San Giovanni, che è uno dei nostri obiettivi». Bioest vedrà presenti
ben 180 espositori. «Non ci interessa solo vendere – ha specificato la Cimolino
- ma soprattutto incontrare modi di vita diversi dai nostri». «Lavoriamo coi
giovani – ha evidenziato Giuliano Gelci, dell'Arci servizio civile, associazione
che collabora all’organizzazione dell’evento - perciò volevamo essere presenti,
anche per promuovere il servizio civile. Avremo un banchetto informativo rivolto
anche ai genitori».
Ugo Salvini
Il Palazzo in soccorso del Prosecco - Proposta
bipartisan per la valorizzazione della produzione sul Carso
TRIESTE Il protocollo ministeriale per valorizzare il Prosecco sul Carso
triestino è un profluvio di intenti che, ad oggi, resta sulla carta. Dopo mesi
di polemiche, Pdl, Udc, Pd e Rifondazione dicono basta e corrono ai ripari con
una legge paracadute. Che, in sostanza, tenta di dare attuazione agli annunci
del documento siglato l’8 aprile di due anni fa tra ministero delle Politiche
agricole, Regione Fvg, Associazione agricoltori, Coldiretti Fvg, Confederazione
Italiana Agricoltori e Consorzio Tutela Vini Collio e Carso. Un patto a cui non
sono seguiti i fatti: nessuna bonifica e nessun intervento per i terreni del
ciglione. Risultato: del celebre vino frizzante, sull’altipiano, nemmeno
l’ombra. Nonostante da lì nasca, fin dai tempi della Roma antica, un nome e un
marchio apprezzato in tutto il mondo. E nonostante la coltivazione vitivinicola
venisse “contingentata” in 3.500 ettari per il Fvg (Trieste è esentata) mentre
per il vicino Veneto in 16.500. Nella regione confinante si fa quasi fatica a
limitare la produzione (che raddoppierà nel 2014 puntando quota 400 milioni),
mentre qui si resta a bocca asciutta. Non ci sarebbe traccia delle azioni di
ampliamento promesse, della messa in sicurezza dei terreni, della bonifica dei
siti e del ripristino dei terrazzamenti del costone. Ci sono i vincoli
comunitari della direttiva Natura 2000, rappresentata da zone Sic e Zps, a
bloccare tutto. Piero Tononi, Maurizio Bucci, Piero Camber, Bruno Marini (Pdl),
Edoardo Sasco (Udc), Igor Gabrovec , Sergio Lupieri (Pd) e Igor Kocijancic di
Rifondazione intervengono proprio su questo: serve una revisione e una
riperimetrazione delle aree carsiche Sic E Zps, rimuovendo i vincoli ambientali
e idrogeologici che ostacolano l’impianto di nuovi vigneti. Ciò attraverso la
predisposizione di un nuovo Piano di gestione «per recuperare un’agricoltura di
pregio - ha osservato Gabrovec - coinvolgendo anche la Protezione civile per la
messa in sicurezza». «La Doc Interregionale Prosecco – ha spiegato Tononi – è
stata istituita nel 2010 ma non è stata piantata nemmeno una glera a causa di
una serie di lacci e lacciuoli». Così Luperi: «Finora abbiamo trovato solo
difficoltà da una giunta disattenta e poco coinvolta su un tema centrale per
l’economia della comunità». E Sasco: «Il Prosecco sia il volano per il rilancio
del Carso». È prevista, inoltre, l’istituzione di un centro per la promozione
del vino che avrà sede proprio sull’altipiano, a Prosecco.
(g.s.)
Non tutte le aziende collaborano a ridurre lo spreco di
cibo - LA LETTERA DEL GIORNO - Roberta Tarlao Assessore alle
Politiche Sociali della Provincia di Trieste
Cogliendo l’occasione offerta dalla signora Francesca Corso che
segnalava episodi di spreco alimentare e condividendo lo sdegno della stessa, mi
preme evidenziare che la Provincia di Trieste dal 2009 sostiene il Piano
Anticrisi al cui interno si colloca il progetto Solidarietà contro lo spreco,
iniziativa finalizzata al recupero di prodotti alimentari freschi vicini alla
scadenza donati dalle Coop Consumatori Nordest, e alla successiva distribuzione
presso le strutture di accoglienza della Comunità di San Martino al Campo, della
Caritas diocesana, della Fondazione Luchetta-Ota-D’Angelo-Hrovatin, delle mense
della Parrocchia Sant’Apollinare Frati di Montuzza e della Parrocchia dei Santi
Giovanni e Paolo di Muggia. Il progetto si pone l’obiettivo di contrastare lo
spreco di generi alimentari sensibilizzando e coinvolgendo l’opinione pubblica e
anche il personale dei singoli supermercati, e al tempo stesso contribuisce a
sostenere persone singole e nuclei familiari in difficile situazione economica.
Per aumentare la quantità e la qualità di prodotti recuperabili la Provincia nel
2011 ha donato alla Comunità di San Martino al Campo, partner del progetto, un
furgone frigorifero nuovo per il trasporto di generi alimentari. Inoltre,
attraverso il contributo erogato dalla Provincia viene offerta un’opportunità di
inserimento sociale attivo a persone che temporaneamente si trovano in
situazione di disagio le quali gestiscono materialmente il recupero degli
alimenti. Nonostante però diversi tentativi di ampliare il numero di donatori ci
troviamo di fronte a delle resistenze da parte di aziende di distribuzione
alimentare che vedono in questa attività non un circolo virtuoso di riduzione
dello spreco e di conseguenza dei rifiuti, ma un onere aggiuntivo a carico delle
aziende perché come dice la signora “è più semplice buttare il cibo nella
spazzatura”. Per questo è doveroso ringraziare le Coop Consumatori Nordest, Anna
Maria Giove responsabile del Distretto sociale di Trieste, per la disponibilità
e la sensibilità dimostrata anche dai loro dipendenti che aderiscono al progetto
con un’attività di volontariato, con l’auspicio che questo esempio virtuoso
venga presto seguito da altre realtà della nostra Provincia. Recenti stime della
Fao denunciano che ogni anno nel mondo circa 1.3 miliardi di tonnellate di cibo
vanno perdute o sprecate: un fenomeno che non solo "insulta il buon senso" ma
che comporta anche danni all'ambiente e perdite economiche e siccome il 2014 è
stato proclamato anno europeo contro lo spreco alimentare ci deve essere un
impegno concreto da parte di tutti, enti pubblici, aziende e cittadini per
abbattere queste cifre spaventose.
IL PICCOLO - MARTEDI', 22 maggio 2012
Ciriani: no ai rifiuti che arrivano dalla Campania
Sono 11.830 tonnellate di rifiuti «non pericolosi» quelli trasportati nei
giorni scorsi via treno dalla Campania - dagli impianti Stir di Giugliano e
Tufino - e destinati all’inceneritore cittadino. Lo rende noto la Regione sulla
base di quanto dichiarato da AcegasAps in merito al carico in questione. I
rifiuti, in quanto non pericolosi, non hanno bisogno di alcuna autorizzazione
regionale. Ma il vicepresidente e assessore all’ambiente della Regione Luca
Ciriani si dice «contrario alla scelta dell'amministrazione di AcegasAps in
relazione all'acquisizione dei rifiuti campani: ritengo invece che vada
valorizzata una politica territoriale, dove il conferimento dei rifiuti debba
riguardare esclusivamente il Friuli Venezia Giulia. Mi chiedo poi se il Comune
di Trieste, da azionista Acegas, sia al corrente delle scelte della società, che
rispondono a dinamiche economiche e non ambientali. Quanto alla sicurezza -
osserva Ciriani - la Regione effettua, attraverso l'Arpa, i controlli di legge:
in particolare sul rischio di presenza di radioattività, la procedura di
sicurezza è sempre in atto».
Nuovo piano regolatore terzo incontro
Terzo incontro delle “settimane d’ascolto” nelle
Circoscrizioni. L’iniziativa è stata organizzata dall’Amministrazione comunale
per illustrare il nuovo Piano regolatore. Appuntamento oggi alle 18 alla IV
Circoscrizione (Città Nuova, Barriera Nuova, San Vito, Città Vecchia) nella sala
del Consiglio Circoscrizionale di via Locchi 23. All'incontro interverranno
l'assessore alla pianificazione urbana Elena Marchigiani, lo staff dell'Ufficio
di Piano, oltre agli studenti della Facoltà di Architettura di Trieste che, per
tutta la settimana, saranno presenti nella sede della Circoscrizione e sul
territorio per aiutare i cittadini interessati nella compilazione dei
questionari. Il Comune ricorda che in ogni caso, specie per chi non potrà essere
presente all’incontro, all’indirizzo web www.retecivica.trieste.it è attivo un
sito dedicato al nuovo Piano, dove è possibile trovare tutte le informazioni e i
questionari compilabili on-line. Il quarto incontro alla Circoscrizione VI (San
Giovanni, Chiadino, Rozzol) è in programma mercoledì 30 maggio alle 19 Nella
sala del Mib presso il palazzo Ferdinandeo. Gli altri incontri il 5, il 12 e il
19 giugno.
«Salvate il Carso di Duino dal cemento»
Il Wwf si appella al neosindaco Kukanja, che però avverte: difficile
tornare indietro. Ret: «La variante 27 approvata da tutti»
DUINO AURISINA La sezione triestina del Wwf chiede alla nuova
amministrazione comunale di Duino Aurisina e al neosindaco, Vladimir Kukanja, di
salvare il Carso dal cemento rimediando alle scelte della giunta Ret, e quindi
cancellare la variante 27 al piano regolatore perché, a suo, avviso è
“insostenibile dal punto di vista ambientale”. Gli esponenti del Wwf infatti
sottolineano come “il consumo di suolo” risulti essere “una delle criticità
ambientali più allarmanti in tutto il Friuli Venezia Giulia” ed esorta le
amministrazioni comunali a prendere gli opportuni provvedimenti “per invertire
un trend devastante per il territorio”. Nel caso specifico di Duino Aurisina
l’oggetto in questione è dato appunto dall’ultima variante adottata (ma non
ancora approvata) nell’ultimo consiglio comunale, la numero 27. «Il Comune di
Duino-Aurisina – scrive il Wwf – ha dato un sostanzioso contributo alla
cementificazione del territorio agricolo e naturale fin dalla variante al piano
regolatore della metà degli anni ’80; per arrivare alla drammatica variante
24/25 del 2007 ed, infine, alla 27 di quest’anno”. Quest’ultima variante,
secondo il Wwf, viene addirittura considerata “assurda sotto ogni punto di
vista, perché motivata soltanto dalla volontà dell’amministrazione Ret di
accontentare in qualche modo anche le richieste di nuova edificazione
residenziale scartate, all’epoca della variante 24/25”. Ad aggravare la
situazione, secondo gli stessi poi, ci sarebbe “il patrimonio edilizio-abitativo
esistente non utilizzato o sottoutilizzato “ nonché “un trend demografico in
diminuzione” che quindi, “smentirebbe clamorosamente la Relazione della variante
27, dove si vaneggia di crescita costante della popolazione residente”. Di
conseguenza secondo l’organizzazione ambientalista, con quest’ultima variante,
“il consumo di suolo aumenterebbe più dell’1,5% ufficialmente dichiarato,
(andando ad aggiungersi sia all’incremento del 3,5% deliberato con la variante
24/25, sia con quanto previsto dalle varianti precedenti) con “oltre 31.238
metri cubi che vanno ad aggiungersi ai 33.354 metri cubi autorizzati con la
variante 24/25”. Ad aggravare la situazione, poi, ci sarebbe il fatto che “le
aree di futura cementificazione sono di pregio paesaggistico ed ambientale
trattandosi di zone boschive o prative a landa carsica”. Il neosindaco Kukanja,
interpellato, ha ribadito che “non appena sarà costituita la giunta (su cui si
dovrebbe sciogliere la riserva a breve, n.d.r) si prenderà in esame il caso. Ma
- avverte - sarà comunque difficile tornare indietro, visto che è stata
adottata. Semmai si potrà cercare delle soluzioni alternative”. Per quanto
riguarda la vecchia amministrazione, invece, la replica dell’ex primo cittadino,
Giorgio Ret, è molto più secca. «Sempre lo stesso tono provocatorio. La variante
27 è stata fatta per esigenze dell’amministrazione comunale e votata
all’unanimità dal consiglio. Per la maggior parte, infatti, riguarda interventi
per tutta la comunità e non singoli cittadini per i quali i volumi sono comunque
ridotti (e con un limite di 150mq per abitazione)». Ret ha confermato inoltre il
suo appoggio al neosindaco per qualsiasi sua iniziativa “a patto che non tolga
le cose essenziali della variante. Cancellarla in toto – ha sottolineato -
significherebbe cancellare progetti già finanziati come il piano del porto al
Villaggio del Pescatore, il sovrappasso di San Pelagio, la riqualificazione di
Castelreggio e lo spazio per le società nautiche, solo per citarne alcune”.
Secondo Ret, se proprio si volesse intervenire, “lo si potrebbe fare con le
cubature previste per i privati, riducendole o togliendole del tutto. Sarebbe
comunque una grossa responsabilità – conclude - e dovrebbe essere appoggiata da
tutto il consiglio”.
Viviana Attard
Greenaction-Transnational.org - LUNEDI', 21 maggio 2012
TRENI DEI RIFIUTI CAMPANI: ASSE “PRIVILEGIATO”
NAPOLI-TRIESTE
AL VIA A BREVE IL COLLEGAMENTO SETTIMANALE. REGIONE FRIULI VENEZIA GIULIA
E COMUNE DI TRIESTE RIFIUTANO DI RISPONDERE.
Trieste, 21 maggio 2012. Dopo la prima spedizione del 17 maggio, è prevista
un’intensificazione dei trasporti dei rifiuti campani a Trieste con il mezzo
ferroviario. Il primo treno sarebbe servito a sperimentare il nuovo metodo in
sostituzione del trasporto su strada, ritenuto più pericoloso e più facilmente
intercettabile (e controllabile).
Durante la settimana il sindaco di Napoli De Magistris, in accordo con la
Regione Campania, dovrebbe dare il via libera alla nuova fase che porterebbe a
spedizioni con cadenza settimanale o bisettimanale. Nell’operazione sono
ovviamente coinvolte la Regione Friuli Venezia Giulia che avrebbe già dato
l’assenso, ed il Comune di Trieste da sempre favorevole (si vedano le
sconcertanti dichiarazioni del Sindaco Cosolini e dell’assessore all’ambiente
Laureni) a questo smaltimento per motivi economici. I rifiuti della Campania
vengono infatti smaltiti nell’inceneritore comunale gestito dalla Acegas-APS, la
multiservizi controllata dal Comune di Trieste quale socio di maggioranza (50,1%
delle quote).
Un’operazione squisitamente commerciale svolta nella massima segretezza. Ad oggi
a nessuno è dato sapere di che tipo di rifiuti si tratti, né la destinazione
finale delle ceneri. Una segretezza che stride con la necessità invece di
massima trasparenza su una questione che investe direttamente la salute
pubblica. Una segretezza che sembra essere imposta anche agli stessi organi
democraticamente eletti dai cittadini, visto che il via libera ai rifiuti
campani sembrerebbe essere stato dato dalla Giunta Regionale (in cui ci sono tre
assessori triestini) e dalla Giunta del Comune di Trieste, bypassando così
consiglio regionale e comunale.
Greenaction Transnational ha già richiesto fin dall’11 aprile chiarimenti
urgenti sui rifiuti provenienti dalla Campania e il blocco di nuovi arrivi senza
ottenere alcuna risposta. Silenzio da parte della Regione Friuli Venezia Giulia
e del suo presidente friulano, silenzio da parte del Comune di Trieste, silenzio
da parte delle autorità sanitarie. La logica è la solita e collaudata della
semplice e brutale negazione di ogni diritto ai cittadini, avvelenati ogni
giorno da questi amministratori impuniti.
La legislazione comunitaria in materia di rifiuti è molto chiara: protezione
della salute umana e tutela dell’ambiente da ottenersi con riduzione della
produzione dei rifiuti e riciclaggio spinto ai massimi livelli. E naturalmente
massima trasparenza nella gestione dei piani di gestione rifiuti da parte della
autorità competenti.
Il commercio dei rifiuti attuato dal Comune di Trieste a scapito del proprio
territorio e dei propri cittadini va contro queste linee guida. Un comportamento
irresponsabile che non potrà non portare a conseguenze.
Greenaction Transnational
IL PICCOLO - LUNEDI', 21 maggio 2012
Scarti verdi: ora parte la raccolta differenziata -
ACEGASAPS
Introdotta la raccolta differenziata degli scarti verdi dei giardini,
continua la distribuzione gratuita dei contenitori promossa da AcegasAps, che si
possono ritirare nella sede di via Caboto 19/9, il giovedì dalle 14 alle 20 e il
sabato dalle 9 alle 20. Con il contenitore vengono forniti un codice cliente e
un codice bidone, numerici, da utilizzare per prenotare lo svuotamento. Lo
svuotamento del bidone va prenotato telefonando all’800 955988. Dopo la risposta
del sistema automatico andranno digitati prima il codice cliente e poi il codice
bidone. All’accettazione della prenotazione, il sistema indica il giorno
previsto per il servizio. Si può conferire erba, foglie, ramaglie e radici. Gli
scarti vanno introdotti sfusi nei contenitori, senza sacchetti, e privi di
terra, sassi, vasi. Le ramaglie vanno legate in fascine della lunghezza massima
di un metro, del diametro massimo di 50 centimetri e del peso massimo di 20
chili. La sera del giorno previsto per lo svuotamento, tra le 19.30 e le 20, il
contenitore andrà lasciato in posizione accessibile. Contenitori e fascine -
precisa AcegasAps - vanno messi in strada, nelle adiacenze dell’ingresso della
casa. Per chi possiede un giardino la raccolta differenziata degli scarti verdi
è obbligatoria.
I percorsi naturalistici dal mare a Contovello - LA
PROPOSTA DI UNA MOSTRA FOTOGRAFICA
TRIESTE Una mostra fotografica con immagini di ieri e di oggi per
valorizzare storia e ambiente del ciglione carsico e dei terrazzamenti di
Contovello. E’ un’idea della Riserva Marina di Miramare, impegnata a ampliare il
proprio lavoro di divulgazione sui temi ambientali e intenzionata a “uscire” dai
suoi ambiti istituzionali e fisici per salire sul Carso, verso quell’altipiano
che per motivi culturali e economici mantiene solidi legami con il mare. «Appena
sopra al parco di Miramare dove è situata la nostra sede – spiega il direttore
della Riserva Marina Maurizio Spoto – troviamo quel sentiero Natura che,
inerpicandosi nel bosco e tra i campi coltivati, giunge sino al borgo storico di
Contovello. Accanto ai suoi importanti valori naturalistici, vanno riproposti
quelli storici. I percorsi che dall’altipiano scendono alla costa sono
testimonianza di un passato dove quotidianamente agricoltori e pescatori
utilizzavano queste direttrici per spostarsi e lavorare». La mostra fotografica
intende ricostruire quei rapporti e favorire la riscoperta di quegli antichi
percorsi che oggi possono contribuire in maniera sensibile alla tutela
dell’ambiente naturale e alla crescita turistica. Per realizzare l’evento, la
Riserva Marina di Miramare ha chiesto la collaborazione della Cooperativa
Sociale di Contovello. L’obiettivo di Spoto è di concretizzare la rassegna in
due sedi, una nel castelletto di Miramare che ospita la Riserva, l’altra in un
locale della storica Trattoria Sociale di Contovello di proprietà della
Cooperativa. Così accanto agli scatti naturalistici e paesaggistici colti dal
sentiero, troveranno spazio alcune fotografie di proprietà della Cooperativa. Un
piccolo universo fatto di lavoro e di tradizioni tutto da riscoprire e da far
conoscere in particolare a quelle scolaresche di ogni ordine e grado alle quali
da tempo la Riserva Marina si rivolge.
(m.l.)
IL PICCOLO - DOMENICA, 20 maggio 2012
Quiz sul Piano regolatore: 400 risposte in 7 giorni
Il questionario si trova sul sito Retecivica, compilazione “on line” o in
carta Un software speciale analizza le risposte su verde, case, parcheggi,
bus...
In una sola settimana già 400 questionari restituiti “on line”. Di questo
passo a fine luglio, quando scatta lo stop al sondaggio sul Piano regolatore,
potrebbero esserci in Comune migliaia di risposte. Il verde, la bicicletta, i
palazzi storici, i bus e i parcheggi, l’inquinamento, i restauri, la casa. Col
metodo “partecipativo” non solo si verifica che cosa i cittadini pensano e
vogliono, ma si fa un test complessivo, una sorta di quiz che alla fine con le
sue percentuali potrebbe dare una concreta immagine, più che della città, degli
occhi che la guardano e delle persone che la abitano. Dunque, ditelo con il test
(anonimo). Il Comune aveva promesso consultazione prima di dare forma al nuovo
Piano regolatore, e in effetti sul sito Retecivica è stato immesso il sondaggio
in 12 pagine. Il documento è da compilare “on line” ma anche in carta, in
versione stampata. In questo secondo caso va riconsegnato alle circoscrizioni o
all’Ufficio relazioni col pubblico di via della Procureria 2. Si intitola
«Insieme per la Trieste di domani, verso un nuovo Piano regolatore». È
obbligatorio dichiarare zona di residenza, fascia di età, professione,
cittadinanza, sesso. Seguono i quesiti, da cui traspare soprattutto l’intento di
verificare quanto i triestini seguano le direttive di questa amministrazione,
infatti le domande insistono su aree pedonali, verde, piste ciclopedonali,
sull’evitare consumo di suolo, riqualificare gli edifici esistenti. Proprio alla
fine le domande più generali, che riassumono l’eterno dilemma triestino: «Con
quale immagine vorrebbe che si rappresentasse la Trieste del domani?». Tra le
opzioni: città della vela e dei servizi legati al mare, città della scienza e
della ricerca avanzata, città della cultura e del turismo, città dei servizi
(capoluogo di Regione), città del porto, città dell’industria. Ma il sondaggio
ha anche lo scopo pratico di individuare se in borghi e rioni esistono edifici
dismessi da riqualificare, e in tal caso a quale funzione si vorrebbe
destinarli, se il trasporto pubblico è sufficiente o no, se i triestini
vorrebbero più parcheggi a pagamento o privati, con quale mezzo soprattutto si
muovono in città, e fra tutto questo ci sta la domanda sul paesaggio: «Quali
sono i luoghi di maggior valore paesaggistico da tutelare o valorizzare?». Tra
le opzioni: piazze, viali, monumenti, borghi carsici, costiera. Le risposte sono
aperte, in una scala da 1 a 5. «Per leggere le risposte e fare le statistiche -
afferma l’assessore all’Urbanistica Elena Marchigiani - ci siamo dotati di un
“software” apposito, che analizza i documenti via via che arrivano. I tasselli
in cui i cittadini devono scrivere proposte verranno invece letti fisicamente,
uno a uno». Nel frattempo proseguono gli incontri nelle circoscrizioni, e sono
entrati in azione 8 studenti di Architettura che affiancano il personale e
raccolgono quesiti. «È un procedimento preventivo - precisa Marchigiani -
rispetto alla stesura del Piano regolatore, ma non sarà eliminata, come qualcuno
teme, la possibilità di presentare osservazioni. L’iter di adozione del Prg le
prevede obbligatoriamente».
Gabriella Ziani
Piano traffico, S. Giacomo “ribelle” - Quinta
circoscrizione contraria a nuovi stalli blu e a via Madonnina in discesa
Nuovi stalli a pagamento per strada, a cielo aperto, come prevede il futuro
Piano del traffico di Cosolini? No grazie, mette immediatamente le mani avanti
il parlamentino della Quinta circoscrizione di San Giacomo e Barriera Vecchia,
la più popolosa della città coi suoi 51mila abitanti, un quarto di Trieste
intera. Si apra anzi - ribatte lo stesso parlamentino - lo spazio-posteggi
dell’Ippodromo, magari solo quando non ci sono le corse dei cavalli, e si
facciano piuttosto sconti dignitosi ai residenti che utilizzano i grandi
impianti esistenti, dal park interrato di San Giacomo al multipiano di via
Pietà, che assieme fanno quasi mille posti coperti. Eppoi - si domanda ancora la
Quinta circoscrizione - perché rendere via Madonnina discesa e via del Bosco
salita? L’attuale assetto viario le appare, effettivamente, «più funzionale».
Dette così potrebbero passare per obiezioni rese da un parlamentino con una
tinta politica diversa da quella del Comune. E invece no. Trattasi comunque non
di battaglia in famiglia, semmai di guerra di posizione, perché il quinto
parlamentino è tutto compatto, da sinistra a destra, nel fare le barricate.
Quelle obiezioni, infatti, sono tecnicamente delle osservazioni, e sono
contenute in una delibera bipartisan approvata recentemente all’unanimità dal
Consiglio circoscrizionale, in testa le firme di Claudia Ponti, la presidente
espressa dal Pd, e di Francesco Battaglia, coordinatore della commissione
Urbanistica, militante del Pdl. In tale delibera sta scritto, ad esempio,
«parere contrario» a nuovi stalli a pagamento» in via San Marco, campo San
Giacomo, largo Mioni, via della Tesa, piazza Foraggi, piazza Perugino, via
Vergerio, via Settefontane e via Gambini, «in quanto si andrebbe a gravare la
cittadinanza di un pesante costo sociale senza sortire sostanziali effetti
positivi per le attività commerciali». Il documento «auspica la valorizzazione
delle grandi strutture coperte attualmente sottoutilizzate, anche mediante
convenzioni per agevolare residenti, lavoratori, utenti delle strutture
pubbliche e clienti degli esercizi commerciali». Altre proposte vanno da «una
rotonda» fra via D’Alviano e via Svevo ad «adeguate barriere» per separare
all’incrocio le vie San Giacomo in Monte, Frausin e Veronese, dalla «tempestiva
risistemazione e riapertura al traffico» di via del Pollaiuolo fino al cambio
dei parcheggi da paralleli a pettine di fronte al complesso Ater di piazzale De
Gasperi. Il quinto parlamentino giura che non c’è voglia di far guerra, bensì di
collaborare in modo costruttivo: «Lo spirito della delibera condiviso da tutte
le forze politiche - scrivono Ponti e Battaglia, il che è una precisazione cara
soprattutto al Pd e ai suoi alleati - è quello di dialogare con la giunta». Chi
vorrebbe pure dialogarci è una rete di comitati e associazioni che hanno appena
scritto una lettera a Cosolini chiedendogli «un incontro urgente»» sul caso
masegni. L’iniziativa, su input fra gli altri di Roberto Sasco, segretario Udc,
qui come presidente del Comitato per la salvaguardia del canale di Ponterosso,
coinvolge anche, fra gli altri, Italia Nostra, Wwf, Cosapu, Comitato per piazza
Libertà e Comitato per la salvaguardia del Borgo Teresiano. Lo stesso,
quest’ultimo, che si sta muovendo contro l’ipotesi di bus in via Geppa. Chissà
che i masegni non siano poi un pretesto per parlare pure di Piano del
traffico...
di Piero Rauber
«Non vedenti, sbagliato il sistema a infrarossi» -
Stanziati dalla giunta 50mila euro. Associazione disabili visivi: meglio la
segnalazione tattilo-plantare
La giunta comunale ha stanziato 50mila euro per dotare del sistema a raggi
infrarossi le zone fra piazza Unità, piazza Verdi, via Canalpiccolo e, in parte,
corso Italia. Questa tecnica punta ad agevolare la mobilità delle persone con
disabilità visiva. Negli anni scorsi altre zone della città, come Riva 3
novembre, corso Cavour e viale XX Settembre erano state abilitate a questo
servizio per i non vedenti. «Una decisione - sottolinea l’assessore ai Lavori
pubblici Andrea Dapretto - che intende concludere un percorso iniziato anni fa e
che ci è sembrato corretto definire». La decisione però non è stata condivisa da
tutte le associazioni di non vedenti; il sistema, non nuovo a Trieste, ha
ricevuto numerose e ampie critiche proprio da chi dovrebbe beneficiarne, i
disabili della vista. E i due “grillini” Paolo Menis e Stefano Patuanelli hanno
annunciato un intervento al prossimo Consiglio comunale: puntare piuttosto che
sui raggi infrarossi, meglio concentrare gli investimenti sulla segnalazione
tattilo plantare. «Questo sistema - afferma Fernanda Flamigni, non vedente,
referente provinciale dell’Associazione disabili visivi onlus - esiste a Trieste
dal 2006 e non ha mai ricevuto il gradimento di chi doveva fruirne perché non
funziona. Innanzitutto il non vedente deve avere un ricevitore a batteria che
trasmette i messaggi. Ma il non vedente, proprio perché non vede, deve avere le
orecchie libere perché il suo movimento è condizionato da quello che sente. Chi
arriva poi da fuori città e non ha il ricevitore, non può muoversi. La nostra
associazione ha proposto, non in alternativa, la segnalazione tattilo plantare
soprattutto in alcune aree, come alle fermate dei bus e soprattutto lungo il
canale di Ponterosso». Per Flamigni i disabili della vista non vogliono affidare
la propria autonomia a uno strumento che necessita di frequenti manutenzioni e
batterie cariche, cosa di cui non si può essere sempre certi. «Inoltre la
delibera della giunta è in contrasto con il dpr 503/1996 (norme per
l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici, spazi e servizi
pubblici, ndr) che all'articolo 1 comma 2c prevede "accorgimenti e segnalazioni
che permettono l'orientamento e la riconoscibilità dei luoghi e delle fonti di
pericolo per chiunque e in particolare per i non vedenti, per gli ipovedenti e
per i sordi". Un sistema di guida che prevede il possesso di uno strumento
dedicato per definizione non consente il riconoscimento di luoghi e fonti di
pericolo a chiunque. Di più, la Regione che nel 2004 aveva introdotto il sistema
a raggi infrarossi, nel 2006 lo ha abrogato». «Ripeto - ribadisce l’assessore -
la giunta ha deciso di completare un’opera già avviata. Sono convinto anch’io
che occorre verificare alcune situazioni e intervenire. Nei prossimi giorni mi
sono impegnato a portare a un unico tavolo tutte le associazioni che si occupano
dei non vedenti e a trovare una soluzione comune». Il problema sarà posto
all’attenzione del Consiglio comunale dai grillini Menis e Patuanelli: «È
sbagliato - scrivono - puntare sul sistema a raggi infrarossi per agevolare la
mobilità delle persone con disabilità visiva. Meglio sarebbe stato concentrare
gli investimenti sulla segnalazione tattilo plantare. Le critiche espresse sulla
decisione della giunta meritano di essere ascoltate».
Ferdinando Viola
Una discarica sul tracciato della ciclabile - il tratto muggesano della pista ciclabile realizzata nel tragitto dell'ex ferrovia Parenzana
Carcasse d’auto, pneumatici e perfino residuati bellici nel tratto
muggesano dell’ex Parenzana. La pista pronta per l’estate
MUGGIA Un furgone, nove carcasse di automobili e le batterie sparse qua e
là, i resti di una cucina, un container, pezzi di paraurti e di motori, persino
una motozappa e un carro attrezzi, oltre a più di un centinaio di pneumatici. È
questo lo spettacolo che è emerso dopo aver ripulito da rovi e sterpaglia il
tratto muggesano di quella che fu la ferrovia Parenzana, una volta iniziati i
lavori per la realizzazione di una parte dell'anello della pista ciclabile. Una
vera e propria discarica abusiva, su un terreno di proprietà comunale, che per
decenni, evidentemente, una carrozzeria-autodemolizione ha utilizzato per
“smaltire” automobili e suppellettili varie su quella parte della ferrovia che
arriva fino al vecchio confine con la Slovenia. Così dopo il danno, per il
Comune di Muggia, arriva la beffa. Sì, perché a farsi carico della rimozione e
dello smaltimento dei rifiuti sarà l'amministrazione comunale: i costi stimati
oscillano tra i 6 mila e i 10 mila euro. «Si tratta di una discarica
parzialmente nota e più volte segnalata nel corso degli anni passati. Abbiamo
diversi fascicoli nei nostri uffici – spiega il sindaco Nerio Nesladek durante
un sopralluogo lungo il percorso della futura pista ciclabile. Non ci
aspettavamo però un danno di questa entità. Ma poiché si tratta di un'area
pubblica la questione si complica perché sarà il Comune a dover sostenere un
aggravio dei costi per la realizzazione della pista ciclabile». Sono stati
trovati i resti di diverse automobili, nel vano motore del furgone una volpe ha
scelto di farci la sua tana, e alcuni alberi sono cresciuti accerchiati dai
copertoni, non è escluso che nel corso dei lavori riemerga anche qualche altro
modello di auto targato anni Ottanta. Ma oltre al cumulo di automobili e di
pneumatici i lavori hanno subìto un ulteriore stop perché, pare, che nel tratto
che va verso la Slovenia, siano presenti anche degli ordigni inesplosi durante i
bombardamenti alleati della Seconda guerra mondiale. «Macché bombe – dice
scherzando uno degli abitanti della zona – saranno di sicuro i resti delle
automobili che stanno sepolti sotto tre metri di terra ad essere stati rilevati
dalle strumentazioni». Sta di fatto che a breve interverrà il Genio per la
verifica e la eventuale rimozione di possibili residuati bellici. Il progetto
della ciclabile, nonostante gli intoppi, continua però spedito. I lavori sul
tratto che va dal Rio Ospo ai Laghetti delle Noghere sono già iniziati. A questo
tracciato si collegherà la pista che andrà in direzione di San Dorligo della
Valle-Dolina mentre dall'altra parte si potrà arrivare fino alla foce dell'Ospo
e infine il collegamento con la Parenzana. Qui la pista ciclabile diventerà
parte integrante dell'omonimo tracciato verso la Slovenia per arrivare,
percorrendo tutto il tratto della ex ferrovia, fino a Parenzo in Croazia. A
questo primo anello si aggiungeranno altri tracciati verso Muggia e Lazzaretto
che per ora non sono ancora stati finanziati. Finora il costo totale del
progetto messo in cantiere è di circa 400 mila euro: una parte, 130 mila,
finanziato con fondi comunitari legati all'iniziativa transfrontaliera
Carso-Kras mentre i restanti sono stati erogati dalla Regione. Il tratto di
ciclabile sulla Parenzana sarà pronto già per questa estate: ad agosto è in
programma una pedalata transfrontaliera, in autunno sarà invece terminato il
resto del circuito. «L'obiettivo – ha detto il sindaco Nesladek – è di far sì
che il percorso della Parenzana diventi un circuito unico che unisce l'Italia
alla Slovenia e Croazia».
Ivana Gherbaz
Mountain bike e Pro loco insieme a Muggia
MUGGIA La Pro Loco Muggia si ingrandisce. È nata ufficialmente in questi
giorni la sezione sportiva Pro loco Muggia-Mountain bike, frutto della
collaborazione tra il sodalizio presieduto da Andrea Spagnoletto e un gruppo di
corridori locali che intendono sviluppare la disciplina nella loro terra natia
che ben si presta a questo sport. Il progetto nasce per sviluppare la pratica
della bici fuoristrada nel comune di Muggia creando un’associazione come punto
di riferimento dove conoscersi, incontrarsi e condividere insieme questa
passione. «Una delle finalità principali è far riscoprire il senso di libertà
attraverso il freeriding, letteralmente “guidare liberi”, stando a contatto con
la natura – spiega Spagnoletto – e l’obiettivo quindi è rendere le aree boschive
di Muggia praticabili con le mountain bike fornendo mappe, indicazioni e
organizzando uscite di gruppo ed escursioni». Come evoluzione futura del
progetto la Pro Loco ha in mente di adattare un'area dove poter esercitarsi
creando delle tracce dal fondo compatto con sponde in terra (parabole) e
passerelle di legno, un “pump track”, ossia un circuito a ciclo continuo dove
non è necessario pedalare, e l’avanzamento è dato dalla compressione e
decompressione delle sospensioni. Verranno presi in considerazione anche i salti
da “dirt jump”, nuova disciplina molto amata soprattutto dai più giovani. La Pro
Loco ha attivato per chi fosse interessato un pagina sul social network facebook
del gruppo “Boschetto-Sezione Mtb Pro Loco Muggia”.
(ri.to.)
Salvaciclisti in piazza
“Salvaciclisti chiede più sicurezza sulle strade per chi usa la bicicletta.
A Trieste l’appuntamento è oggi alle 21 in piazza Unità in contemporanea a tutte
le città d’Italia.
Sossi: «Un esposto su rifiuti e inceneritore» - Il
capogruppo di Sel in Comune annuncia: «Lo depositerò domani. Vogliamo chiarezza
da AcegasAps»
Un esposto alla Procura della Repubblica di Trieste, per avere risposte
precise sulla qualità dei rifiuti in entrata al termovalorizzatore AcegasAps di
via Errera, qualsiasi sia la loro provenienza, e ottenere certezze sui processi
di verifica e poi di incenerimento cui vengono sottoposti all’interno
dell’impianto. Lo depositerà domani Marino Sossi, capogruppo di Sinistra
ecologia e libertà in Consiglio comunale, una delle forze della coalizione di
centrosinistra, della maggioranza che sostiene il sindaco Roberto Cosolini.
L’annuncio della richiesta di intervento all’autorità giudiziaria arriva proprio
a due giorni di distanza dall’arrivo a Trieste via ferrovia di una trentina di
container contenenti immondizie provenienti dalla Campania e destinate
all’inceneritore. «Ho parlato anche con il coordinatore provinciale del partito,
Fulvio Vallon - spiega Sossi -, che è d’accordo. Alla luce di alcune
dichiarazioni lette sulla stampa e di voci che girano, bisogna accertare la
situazione. Presenteremo come Sel un esposto affinché si indaghi sulla qualità
del rifiuto, sia che arrivi da Trieste sia da altre province o regioni, e quindi
sulle relative verifiche, e si accerti inoltre se il successivo processo di
termovalorizzazione non produca un pericolo per la salute dei cittadini.
Vogliamo chiarezza su tutta la procedura che mette in atto AcegasAps. Il primo
dato è proprio la tutela delle persone. Penso che le indagini possano
concludersi rapidamente». L’ex municipalizzata ha sempre ribadito come tutti i
rifiuti in ingresso all’impianto, qualsiasi sia la loro provenienza, vengano
sottoposti agli accertamenti previsti anche per verificare la presenza di
eventuale radioattività. Intanto, sul tema, il sindaco replica al duo grillino
in Municipio composto da Paolo Menis e Stefano Patuanelli: «I consiglieri del
Movimento 5 Stelle mi chiedono una posizione chiara? Non ho nessun problema ad
accontentarli - premette Roberto Cosolini -. Innanzitutto dicendo che se
avessero elementi sulla pericolosità e nocività di questi conferimenti e del
loro trattamento dovrebbero segnalarli alle sedi competenti, perché altrimenti
questa rischia di essere una demagogica dimostrazione di irresponsabilità, in
piena sintonia con la Lega Nord, che può sconfinare nel procurato allarme e
creare un pesante danno di immagine e perciò economico, a quella che, seppur a
loro non piace, è comunque un’importante industria di Trieste, che dà
occupazione a centinaia di persone». «La mia posizione è molto chiara - aggiunge
il sindaco -: se, e le cose mi pare stiano proprio così, le caratteristiche, la
certificazione della provenienza e la regolarità del processo di conferimento
sono corrette, l’AcegasAps fa bene ad acquisire nuove commesse in regione e
fuori, senza distinguere tra rifiuti padani e meridionali, dovendo garantire
l’ammortamento di un investimento industriale, la compensazione dell’auspicabile
e progressivo ridursi di rifiuti locali per effetto della crescita della
differenziata e per garantire i livelli occupazionali». Ora, però, sull’operato
di AcegasAps vuole conferme ulteriori Sossi, esponente della maggioranza in
Comune. Comune che, peraltro, è il principale azionista di AcegasAps Holding
(col 50,1%, mentre il 49,9% è del Comune di Padova), società che a sua volta
controlla il 62,7% delle quote di AcegasAps spa.
(m.u.)
IL PICCOLO - SABATO, 19 maggio 2012
Treni carichi di rifiuti in arrivo dalla Campania
Utilizzata per il trasporto la linea secondaria che passa per Aquilinia.
I convogli depositati nel piazzale della Artoni&samer. omero: «Nessuna
irregolarità»
Dalla Campania a Trieste con modalità inedite. Per la prima volta tra il
pomeriggio e la sera dell’altro giorno, giovedì, il trasporto di rifiuti
provenienti dal territorio campano e destinati al termovalorizzatore AcegasAps
di via Errera è avvenuto via rotaia utilizzando la ferrovia che arriva ad
Aquilinia con fermata nell’area in testa al canale navigabile, nel piazzale in
concessione alla Artoni&Samer. Sui vagoni una trentina di container da sei metri
l’uno, pieni di immondizie. Per spostarli dal treno ai camion dell’Italspurghi,
su cui poi sono giunti all’impianto di via Errera, è stato impiegato il parco
mezzi della Frigomar, azienda che ha in gestione da Artoni&Samer l’attività nel
piazzale. La notizia sull’arrivo di nuovi rifiuti dalla Campania (non una novità
assoluta, ma pare che per le volte precedenti fosse stato sempre scelto il
trasporto solo su gomma) è stata diffusa in prima battuta dall’associazione
ambientalista Greenaction Transnational. Da AcegasAps non è stato possibile
avere alcun chiarimento sulla quantità precisa e sulla tipologia di rifiuto in
entrata a Trieste. «Si tratta di informazioni commerciali, che non diffondiamo
in una situazione di libero mercato»: questa la posizione ufficiale dell’ex
municipalizzata. Che, in più, ha ribadito come tutti i rifiuti, a prescindere
dalla loro provenienza, siano soggetti al medesimo regime di controlli previsto
dal Sistema di gestione ambientale e inoltre tutte le immondizie in ingresso al
termovalorizzatore passino per un portale che rileva l’eventuale radioattività
presente (la frequenza - secondo AcegasAps - è la stessa sia per i rifiuti
“locali” sia per quelli provenienti da altre province o regioni). Infine, altro
particolare riferito dalla multiutility come in precedenti occasioni: «I rifiuti
che arrivano dalla Campania non provengono da “discariche irregolari” ma sono
prodotti dalle lavorazioni di impianti di trito-vagliatura». La questione non è
passata inosservata agli occhi del mondo politico. Lega Nord e MoVimento 5
Stelle Trieste (ne riferiamo a fianco), forze d’opposizione in Consiglio
comunale, hanno sferrato subito un attacco all’indirizzo dell’amministrazione
Cosolini. E anche della Regione, dove peraltro ad oggi il Carroccio è parte
della maggioranza di centrodestra che sostiene il presidente Tondo. Il Comune,
per voce dell’assessore con delega alle aziende partecipate Fabio Omero, ricorda
che «al termovalorizzatore arrivano anche immondizie provenienti da Gorizia e in
estate da Lignano. Se c’è lo spazio poi, ne vengono bruciate altre ancora, come
quelle della Campania: una scelta coerente rispetto al piano economico oltre che
un concetto di solidarietà verso un territorio che vive un’emergenza». Il
collega di giunta Umberto Laureni, titolare della delega all’Ambiente,
sottolinea: «Quello dei rifiuti provenienti dalla Campania è un falso problema.
Se arrivano qui vuol dire che è possibile e che è stata concessa una deroga per
il conferimento fuori regione». Per garantire la massima trasparenza
sull’argomento, Laureni annuncia: «Vorrei rendere libero ai cittadini l’accesso
all’inceneritore, organizzando visite guidate a gruppi una volta alla settimana.
Un modo per evitare ogni possibile sospetto. Ne ho parlato con AcegasAps, che
concorda».
Matteo Unterweger
«Trieste non è l’immondezzaio d’Italia» - I GRILLINI E
LA LEGA NORD
«Trieste non può diventare l’immondezzaio d’Italia, la tecnica
dell’incenerimento è nociva e non è possibile continuare a fare business sulla
salute dei triestini. L’altro ieri sono arrivati a Trieste via ferrovia 26
convogli carichi di rifiuti provenienti dalla Campania, con destinazione
l’inceneritore. Chiediamo che il sindaco intervenga e prenda una netta posizione
contraria a queste scelte compiute da AcegasAps». I grillini Paolo Menis (foto)
e Stefano Patuanelli chiamano così in causa il sindaco Roberto Cosolini. «Non
può sempre trincerarsi dietro la storia che “l’ex municipalizzata è un’azienda
privata e quindi può agire come meglio crede” - proseguono -: la maggioranza
relativa delle azioni è del Comune di Trieste. Inoltre lo scorso febbraio
l’assessore regionale Luca Ciriani aveva affermato che la Regione non avrebbe
dato il consenso all’arrivo di rifiuti da altre parti d’Italia. Ha cambiato
idea? Nel 2011 il termovalorizzatore di Trieste ha ricevuto 11.830 tonnellate di
rifiuti provenienti dalla Campania». Critica anche la Lega Nord, il cui
segretario proviciale Pierpaolo Roberti afferma: «Trieste non è una città di
serie B, buona solo a togliere le castagne dal fuoco a chi produce immondizie
senza sapere poi come smaltirle». «Questa non è che la logica ricaduta della
politica adottata dai partiti che sostengono l’esecutivo Monti - aggiunge il
capogruppo leghista in Comune, Maurizio Ferrara -: tassare il Nord per
finanziare il Sud e scaricare su di noi le conseguenze della malagestione delle
Regioni meno virtuose».
Per aiutare il porto non basta adeguare Campo Marzio -
L’INTERVENTO DI LUIGI BIANCHI
L’adeguamento di Trieste Campo Marzio è condizione necessaria ma non
sufficiente per lo sviluppo dei traffici: senza la piena efficienza di tutta la
rete ferroviaria regionale anche il Porto di Trieste non trarrà alcun beneficio
dal miglioramento dello scalo. Appare riduttivo limitarsi alla sola cura dei
raccordi industriali, anch’essi strettamente legati all’effettiva funzionalità
di smistamenti, scali, stazioni e dei relativi servizi commerciali. Chiudere
Cervignano significa rinunciare all’unico smistamento del Nord Est, essenziale
per la formazione dei treni completi. Ridurre Opicina e Pontebba, dopo la
chiusura di Barcola, significa eliminare importanti polmoni per l’interscambio
con Slovenia e Austria. Trasformare stazioni in fermate significa impedire
incroci e precedenze con inevitabile appesantimento della circolazione merci e
viaggiatori. Eliminare la lunetta di Ronchi comporta un sicuro peggioramento
anche della circolazione merci. Aggravare le condizioni dei raccordi industriali
e portuali significa rinunciare al principale strumento del porta a porta
ferroviario. Tutto è congeniale alla rete snella, in pratica al ritiro di
Trenitalia dal mercato merci. Ma quanto viene a costare lo smantellamento della
rete regionale a Rfi che si ostina a ritardare opere improcrastinabili perché
non ottiene (o non propone) i finanziamenti? Come per il raccordo Cormons -
Redipuglia, non si trovano i fondi per il completamento, ma si ottengono per
demolire opere costate pesantemente alla collettività. Anche nella nostra
Regione emerge l’azione autolesionistica delle FS che ridimensionano la rete,
operazione onerosa ma soprattutto in contrasto con la missione di Rfi (offrire
una rete ferroviaria pienamente efficiente non solo a Trenitalia ma a tutte le
imprese, pubbliche e private, italiane ed estere, seriamente interessate allo
sviluppo dei traffici europei). La condivisione della Regione Fvg è
sorprendente: mette in evidenza la non distinzione delle missioni di Trenitalia
e di RFI. Viene ignorata l’origine della caduta dei traffici, legata ai gravi
ritardi negli adeguamenti infrastrutturali e alla rinunciataria politica di
Trenitalia Cargo che è giunta a puntare solo sui treni completi, in ossequio al
credo Tremonti (risanamento senza sviluppo in termini di finanza creativa e
cartolarizzazioni) che ha promosso la liquidazione del patrimonio
infrastrutturale delle ferrovie italiane, ridotte ormai ad operare da
finanziaria immobiliare e non da promotrice del prodotto treno. Sorprende che
venga messa in ombra la missione di Rfi (garantire al Paese, e quindi anche al
Fvg, la competitività della modalità ferroviaria attraverso l’adeguamento, e non
la demolizione, delle infrastrutture, che devono essere messe a servizio non
della sola Trenitalia ma di tutti gli operatori che lavorano per la promozione
dei trasporti continentali). Missione ben distinta da quella di Trenitalia
(organizzare la commercializzazione del prodotto treno, merci e viaggiatori, in
una logica intermodale). Bilancio e risanamento delle società vanno visti in una
sana gestione imprenditoriale che punta sull’incremento dei prodotti del
traffico e non si limita alla sola speculazione finanziaria ed immobiliare. Gli
amministratori della nostra Regione, anziché rinnovare sempre comprensione per
il vertice FS (“Rfi ha l’esigenza dei costi e dei ricavi”), dovrebbero battersi
invece per l’immediato scorporo di Rfi dal Gruppo Fs, senza il quale è
impossibile ricondurre la rete alla sua missione di consentire lo sviluppo di
tutti i traffici, nazionali ed internazionali, dovrebbero impegnarsi per
ottenere, con il blocco dei tagli, il rifinanziamento della Metropolitana
leggera (progetto per la rivitalizzazione del nodo di Trieste ai fini del
traffico portuale e del servizio passeggeri regionale), della Stazione di Ronchi
Aeroporto e del raccordo Cormons–Redipuglia, affrontabile con un decimo
dell’impegno necessario per il raddoppio della Udine – Cervignano. Le tre opere
rientrano nel novero di quelle immediatamente cantierabili propugnate in
funzione anticongiunturale dal nuovo Governo in contrasto con il blocco imposto
da Tremonti. Gli amministratori del Fvg anziché giustificare le FS ( impegnate
nell’opera di demolizione della rotaia regionale, dopo aver eliminato tutte le
relazioni internazionali), dovrebbero lavorare per realizzare quelle opere che
sono vitali non per la sola regione ma per il sistema della mobilità europea e
per lo sviluppo dei traffici continentali. La ferrovia del Fvg è una risorsa del
Paese per i legami con l’Europa.
Visite guidate al Geopaleontologico
Proseguono le visite guidate al Percorso Geopaleontologico del civico Orto Botanico di via Carlo de’ Marchesetti 2, dalle 10 alle 12, organizzate dal Servizio musei scientifici (Assessorato alla Cultura del Comune di Trieste): oggi e sabato 26 maggio, sabato 2, 9, 16, 23 giugno, domenica 6 maggio e domenica 3 giugno. Nel corso delle visite saranno illustrati in una ventina di tappe le rocce e i fossili più importanti del Carso Triestino, dalle più antiche rocce di 125 milioni di anni fa, alle pietre più recenti di “soli” 40 milioni di anni d’età.
Riso solidale
Dalle 9 alle 19 in piazza della Borsa, viale XX Settembre (presso la fontana), piazza Tra i Rivi a Roiano, piazza Marconi a Muggia e presso 19 parrocchie nell’orario delle messe, ritorna l’iniziativa “Abbiamo riso per una cosa seria” per il sostegno alla realizzazione di una rete idrica in Bolivia, che porterà l’acqua potabile a 18 comunità del bacino di San Isidoro. I volontari dell’Accri offriranno 1kg di riso equosolidale per un’offerta minima di 5 euro.
Festa dell'oasi marina con il WWF
Coin ha risposto all’appello del Wwf per la tutela delle nostre coste e dei nostri mari e, dopo aver lanciato la campagna di sensibilizzazione per il Mediterraneo “A sea of love, a sea of life”, partecipa domani alla Festa delle Oasi. La suggestiva Riserva Marina di Miramare nel Golfo di Trieste, prima Oasi marina del Wwf, farà da sfondo a un laboratorio didattico destinato a sensibilizzare grandi e piccini sull’importanza della tutela del mare. Dalle 9 alle 11, infatti, Coin e Wwf organizzano al Castelletto di Miramare il “Touch Tank all’aria aperta” per far scoprire, attraverso il gioco, la flora e la fauna marina che popolano questo ambiente. In compagnia degli educatori i bambini potranno conoscere e ammirare le creature che vivono lungo la costa, dotata di caratteristiche biologiche senza uguali nel Mediterraneo, per imparare a conoscerla e a rispettarne il delicato equilibrio.
IL PICCOLO - VENERDI', 18 maggio 2012
Carsiana riapre i battenti Nuovi gestori con più idee
Visite guidate per scolaresche e gruppi, in diverse lingue, escursioni e
laboratori Previsto anche l’abbonamento stagionale per chi vuole seguire le
fioriture
SGONICO C’è quella “classica”, quella denominata “Wildlife gardening: un
aiuto per la biodiversità”, quella “Chimico fisica” che permette di approfondire
gli aspetti del topoclima della dolina ospitante Carsiana e, per i più piccoli,
addirittura una “Caccia al tesoro” alla ricerca delle specie presenti nel
giardino. Queste sono solo una piccolissima parte delle attività e delle
escursioni, organizzate dalla cooperative di giovani naturalisti Rogos, per
rilanciare il giardino botanico Carsiana dopo una stagione estiva (quella
passata) alle prese con lavori d’ultimazione per il parcheggio e conseguenti
ritardi d’apertura (ogni anno si apre il 25 aprile), cambi di guardia corredate
da polemiche sulla vecchia amministrazione provinciale e l’inclemente fattore
atmosferico. Quest’anno, invece, sebbene l’inaugurazione si sia svolta piuttosto
in sordina tutto sembra svolgersi secondo programma. Ovviamente, tempo
permettendo. Da dicembre Carsiana è on–line il nuovo sito
(www.giardinobotanicocarsiana.it), pratico e conciso ma con tutte le
informazioni necessarie e gli aggiornamenti in tempo reale sulle varie attività.
È presente anche su Facebook con la pagina “Giardino Botanico Carsiana”. Ma cosa
è cambiato rispetto all’anno scorso? «Non ci sono stati grossi cambiamenti -
spiega Aila Quadracci, responsabile della Rogos – abbiamo solo permesso alle
varie zone del giardino di trovare la loro conformazione originale. Negli anni
la boscaglia aveva preso il sopravvento sulle alle altre specie, impedendo alle
piante di godere della luce. Con dei piccoli interventi sullo scotano (che
imperversava su tutto il giardino) siamo riusciti a ristabilire l’equilibrio».
Ad evolversi è anche l’offerta con visite guidate (per scolaresche e adulti) in
diverse lingue: italiano, sloveno, inglese, tedesco (su prenotazione), visite
tematiche e laboratori didattici non solo all’interno dell’area botanica ma
anche sul Carso, sul sentiero Riselce, o nella Riserva del Monte Lanaro. Tra le
novità, poi, quest’anno c’è l’abbonamento stagionale (previsto a prezzo ridotto
per minorenni ed ultrasessantenni) che permetterà a quanti desiderano seguire il
succedersi delle fioriture o anche solo assaporare l’atmosfera accogliente del
giardino, di ritornarvi assiduamente ad un costo contenuto. La prossima
escursione organizzata dalla Rogos all’interno delle celebrazioni per le due
giornate della biodiversità è per questa domenica alle 19: passeggiata
all’imbrunire nel giardino botanico, la dimostrazione pratica dell’installamento
di una bat-box e la conferenza della dottoressa Donatella Samenc sui chirotteri
che popolano il Carso. Gli orari per accedere al giardino: martedì al venerdì
dalle 9.30 alle 13. Nei fine settimana e nei giorni festivi dalle 10 alle 13 e
dalle 15 alle 19. Visite guidate senza prenotazione nei giorni feriali alle 10 e
nei fine settimana e festivi alle 10.30 e alle 16.00. Info: Rogos soc. coop. –
3334056800 – e-mail: inforogos@gmail.com - www.giardinobotanicocarsiana.it
Viviana Attard
Urbi et Horti.
Oggi ultima lezione del percorso Urbi et Horti alle 17.30. Si parlerà con Luciana Boschin “Italia Nostra - Ipotesi di regolamentazione degli orti”, Tiziana Cimolino, associazione Bioest agricoltura biologica, biodinamica, sinergica. Domani, lezione pratica ore 10-12, campo Giarizzole, via Inchiostri 4; dalle 12 grigliata conviviale Casa del Giovane, via Inchiostri 4.
Risparmio energetico
L’associazione difesa di Opicina organizza oggi alle 20.30 nella sala della Banca di Credito cooperativo del Carso, via del Ricreatorio 2, Opicina un dibattito pubblico sul risparmio energetico. Interverranno Paolo Gon, Pierangelo Virgolini, Alessandro Coslanich.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 17 maggio 2012
Più auto e meno infrastrutture - Libro bianco
Confcommercio. Nelle città lenti come nel 700. Immatricolazioni in calo ad
aprile
ROMA Troppe auto in giro e poche infrastrutture: con 41,4 milioni di veicoli
in circolazione l'Italia ha un record mondiale ed europeo per densità in
rapporto alla propria rete stradale. Un dato che emerge dal Libro bianco su
trasporti e infrastrutture presentato da Confcommercio. L'aumento dei veicoli,
rispetto al 1970, è stato del 271%, a fronte di una crescita dell'intera rete
stradale del paese del 34%. Si è passati da 81 a 225 veicoli per ogni km di
strada disponibile. L'Italia ha una densità autostradale di 2,2 km ogni 100 km
quadrati rispetto a 5,5 di Olanda, Belgio e Lussemburgo, 3,6 della Spagna e 2,7
della Germania. Come nel Settecento. Conseguenza diretta del rapporto tra
veicoli e infrastrutture è la diminuzione della velocità media registrata nei
maggiori centri urbani italiani. Di fatto, la velocità media nelle grandi città
ricorda da vicino quella raggiunta alla fine del Settecento: oscilla intorno ai
15 km/h e scende fino a 7-8 km/h nelle ore di punta. Le incompiute. Altra nota
dolente è quella dedicata alle «incompiute» un gruppo di 27 infrastrutture
viarie cominciate e mai portate a termine. Tutte insieme valgono 31 miliardi e
hanno accumulato ritardi che variano da un minimo di 5 anni a un massimo di
mezzo secolo. Meno Pil. Secondo il rapporto, se l'Italia avesse messo in campo,
nel decennio 2001-2010, politiche di miglioramento dell'accessibilità stradale
si sarebbe registrato un incremento del Pil pari a 142 miliardi di euro. I costi
chilometrici medi in Italia si dimostrano poco concorrenziali. «Serve il
contributo di tutti per una nuova stagione», ha chiesto il presidente di
Confcommercio Carlo Sangalli, ricordando che dal 2004 al 2011 la spesa per
investimenti in opere pubbliche si è ridotta di circa un terzo in termini reali.
Nel presentare il rapporto, Sangalli ha chiamato in causa il ministro per lo
Sviluppo, Corrado Passera, il quale, dal canto suo ha sottolineato l'intenzione
a invertire la rotta. Immatricolazioni in calo. Prosegue, intanto, il calo delle
vendite di auto nuove nell'Ue e nei Paesi Efta, ad aprile le immatricolazioni
sono state di poco inferiori a 1,06 mln di veicoli, con una diminuzione del 6,5%
rispetto allo stesso periodo del 2011. Dopo lo sciopero delle bisarche che aveva
penalizzato pesantemente Fiat nel mese di marzo, il Lingotto vende
complessivamente oltre 75,4 veicoli, con un calo dell'11,3% rispetto all'aprile
2011. Nel mese la sua quota di mercato in Europa si attesta al 7,1%. Italia e
Spagna sono i Paesi in cui il mercato è più rallentato.
Fabio Iuliano
Miramare, incontri ravvicinati con tartarughe e delfini - ESTATE VERDE
Incontri ravvicinati con le tartarughe grazie alla “Turtle week”, un “battesimo subacqueo” per i più piccoli, svariati appuntamenti con il “Sea watching” volti all’esplorazione dei fondali marini o addirittura il “Dolphin Day” per conoscere e imparare di più sui “Flipper” nostrani. Queste sono solo alcune delle attività che la Riserva marina di Miramare ha pensato, e organizzato, per creare un’offerta naturalistica rivolta a grandi e piccini. Grazie all’aiuto di fondi provinciali, infatti, a partire da giugno un ricco calendario scandirà i mesi estivi con laboratori, escursioni o mostre. A darne notizia e, a presentarlo alla stampa ieri mattina a Palazzo Galatti, sono intervenuti l’assessore provinciale, Vittorio Zollia, e il direttore della Riserva marina, Maurizio Spoto. «Il programma 2012 prosegue nell’ottica strategica, condivisa con l’Area Marina, di valorizzare il territorio provinciale con l’intento di sensibilizzare i residenti e i visitatori verso una fruizione rispettosa dell’ambiente e compatibile con le esigenze dell’ecosistema», ha dichiarato Vittorio Zollia. «In particolare durante i prossimi mesi verranno proposte attività per far conoscere le bellezze naturali e la loro potenziale fragilità». Si parte dunque con la Turtle Week, una settimana – evento (dal 18 al 24 giugno) di matrice nazionale proposta da Wwf, che da noi avrà luogo nella riserva marina di Miramare, che premetterà di avvicinarsi a questi rettili tramite laboratori tematici, incontri a tema nonché una mostra tridimensionale con modelli di grandezza naturale delle tre specie di tartarughe marine del Mediterraneo. Sabato 30 giugno sarà la volta di “Bolle nel parco”, “battesimo subacqueo” con tanto di bombole e boccaglio dedicato ai più piccoli, accompagnati dalle guide del Circolo Sommozzatori Trieste. Dall’11 giugno, inoltre, si rinnova la proposta per i ragazzi che vogliono assaporare il contatto con il mare con i corsi settimanali di “Sea weatching” a Miramare. Per chi è ancora troppo piccolo per avventurarsi sono previste attività a riva come “Impronte nel mare”, un appuntamento settimanale, il lunedì pomeriggio di luglio e agosto, che permetterà loro di scoprire grazie a speciali visori, la vita sottomarina nell’acqua della battigia. Non solo i bambini, inoltre, saranno i protagonisti “dell’estate alla Riserva Marina”. Tanti gli appuntamenti pensati per tutta la famiglia con alcune giornate (4 luglio, 8 agosto e 5 settembre, salvo variazioni dovute al maltempo) nelle spiagge dei Filtri di Aurisina e Santa Croce, per sensibilizzare sulla durata e la pericolosità dei rifiuti che finiscono in mare. Da non perdere, poi, venerdì 13 luglio lo speciale Dolphin Day, per scoprire le peculiarità di questi curiosi mammiferi. I laboratori tattili e il riciclo creativo, per ri-utilizzare i materiali di scarto e portarli a nuova vita, invece, sono previsti per mercoledì 27 giugno, 18 luglio e 22 agosto. Info: scrivere a promozione@riservamarinamiramare.it oppure telefonare allo 040-224147, in orario d’ufficio.
Viviana Attard
Servizio Civile
Il 2 maggio è uscito il bando regionale per il Servizio Civile Solidale rivolto a giovani di 16 - 17 anni. I giovani interessati possono presentare la domanda all’Arci Servizio Civile in via S. Francesco 31 entro il 1° giugno 2012, con inizio servizio nel mese di luglio (12 posti). L’impegno è di 360 ore distribuite nell’arco dell’anno. É previsto un riconoscimento economico.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 16 maggio 2012
Chiusa la battaglia sul Porto Vecchio: Italia a tutti
gli effetti
Il Consiglio di Stato rigetta l’appello: nessun regime di
extraterritorialità. Valido il Piano regolatore
Una sentenza definitiva. Il Porto Vecchio a nessun titolo può essere
considerato «in regime di “extraterritorialità”», cioé non parte integrante
dello Stato italiano. Al suo interno è lecito esercitare «l’ordinario potere di
pianificazione del territorio, tipico di ogni paese civile». E gli strumenti di
pianificazione prodotti fin qui sono «conformi sia con il regime giuridico del
demanio e sia con quello del Porto franco internazionale». Quel che a Trieste si
è finora deciso di realizzare con la riqualificazione del Porto Vecchio «fa
proprie le consuetudini vigenti negli altri porti e zone franche del mondo e
rispecchia il trend evolutivo delle tradizionali zone franche verso il settore
dei servizi e della logistica». Non solo: tutta la materia è stata normata ex
novo dal Trattato di Osimo del 1975, di cui è titolare lo Stato italiano. Ieri
il Consiglio di Stato ha messo la parola “fine” al lungo contenzioso ingaggiato
dall’Associazione Porto franco internazionale e da altre cinque società
rappresentate e difese dall’avvocato Francesco Alessandro Querci, e con una
sentenza di 9 pagine ha rigettato per intero l’appello presentato dagli stessi
ricorrenti alla precedente sentenza del Tar del Lazio. Facendo base su una
interpretazione dell’Allegato VIII del Trattato di pace del 1947, e sul
successivo Memorandum di Londra del 1954, i componenti dell’associazione da anni
contestano l’illegittimità di ogni “ingresso” civile nell’area del Porto
Vecchio, esigendo che per ragioni doganali discendenti da quei trattati essa sia
da considerare non solo intoccabile Punto franco, ma perfino al di fuori della
sovranità italiana. Di conseguenza sia al Tar e sia nell’appello al Consiglio di
Stato hanno anche lamentato l’illegittimità del Piano regolatore del porto, fra
l’altro aggiungendo che non sarebbe passato per le procedure di Via e Vas
(contestazione «inammissibile» per i giudici). A firmare l’appello datato 2010
erano state l’Associazione Porto franco internazionale e Logistica portuale, la
srl Alberti, la srl Vecchietti e Revini-Trasporti e spedizioni internazionali,
la srl Levante (ex Quadrante), la srl Adriatic finance & trade. I giudici hanno
imposto ai ricorrenti il pagamento, oltre che delle spese, di 3000 euro
all’amministrazione dello Stato, 3000 euro alla Regione e 3000 euro al Comune di
Trieste che erano fra gli enti citati in giudizio. Rigettato anche l’appello
riguardante la legittimità del Piano regolatore del porto, affermando che esso è
stato prodotto in sintonia con il Piano regolatore generale della città e
secondo le destinazioni d’uso ammissibili, e che le procedure di approvazione
del 2005 e 2007 sono state coerenti e corrette.
Gabriella Ziani
«L’Ue è contraria alla concorrenza fiscale» - Il
docente di diritto internazionale Amadeo: «Per gli scali dell’Adriatico
agevolazioni non sfruttate»
La sentenza di cui sopra un punto fermo lo mette, Porto vecchio a oggi è
giuridicamente a posto, e anche in prospettiva secondo gli atti di
pianificazione fin qui prodotti. Il problema è che intanto entrano in circolo
ancora nuove proposte su quale dev’essere il suo futuro, che a taluni sembrano
riportare le lancette a qualche decennio fa: attività commerciali grazie al
Porto franco, una “borsa merci”, e perfino attività finanziarie “off shore”.
Naturalmente salvaguardando il pattuito libero ingresso dei cittadini. Stefano
Amadeo, professore associato di Diritto internazionale all’Università di
Trieste, è fra quelli che non solo hanno studiato la materia, ma che oggi
manifestano forti perplessità di fronte a queste ipotesi «perché l’Europa tende
a evitare la concorrenza fiscale fra Stati», perché «a Trieste non manca certo
la libertà di commercio che i trattati del dopoguerra si preoccupavano in quel
contesto storico di salvaguardare, ma i soldi e i traffici», e perché «esistono
nuove normative che aprono possibilità di attivare col sostegno degli enti
pubblici, senza che siano configurati come aiuti di Stato ormai proibiti,
attività di scambio merci e passeggeri nell’Adriatico orientale, ma sono cose -
dice - che bisogna conoscere molto bene, e anche sapersi accaparrare subito:
solo chi lo sa fare sfrutta bene le norme e ne ha un guadagno». Ma «se si pensa
di far circolare capitali finanziari sottraendoli alla tassazione, questo oggi è
proprio impossibile - afferma il docente -, e se poi ancora si pensa di usare il
Porto franco per attirare merci da spedire verso gli scali del Nord, è
altrettanto un’affermazione insensata, perché quelle merci, attraversando la Ue,
dovrebbero comunque pagare dazi e tasse. Così parlare di nuovo di vantaggi nel
traffico di merci ha senso unicamente se queste merci andassero dalla nostra
zona franca a tutte le zone franche d’Europa, ma in questo senso Trieste non
offre vantaggi specialissimi rispetto alle altre, e altri porti si sono molto
ben sviluppati senza offrire queste garanzie locali. Perché è l’approccio
economico che conta soprattutto. A me sembrano - aggiunge Amadeo - progetti
campati per aria, o c’è una seria base di studio, con una valutazione economica
seria e ben strutturata, supportata da pareri del governo e della Ue, oppure
nell’attesa che si schiariscano le idee si finisce per non fare niente». E così
anche rispetto ai macigni che fino alla sentenza del Consiglio di Stato pesavano
sulla realizzabilità di un completo restauro del Porto vecchio, e cioé le
pretese che solo attraverso un’intesa con gli Stati firmatari dei trattati del
dopoguerra fosse possibile “toccare” quel territorio, Amadeo mette una riga
sopra: «Quei trattati volevano garantire un regime aperto per l’entrata e uscita
delle merci, che oggi non è più impedito come allora, ma anche ammettendo che
quella norma avesse ancora valore (e a me non pare) c’è da chiedersi: è di fatto
esigibile da parte di quegli Stati? Oppure è caduta in desuetudine? E se fosse
vigente, sarebbe più o meno liberale delle leggi Ue?». Dalla somma di questi
dubbi che consiglierebbero di guardare altrove per pianificare un conveniente
futuro, il giurista ricava anche un ultimo e più generale pensiero: «Sempre a
Trieste manca una “regìa”, si parla di rigassificatore ma anche di crociere, di
Porto vecchio aperto alla città ma anche di regimi doganali, e cioé di cose che
confliggono l’una con l’altra».
(g. z.)
Beni architettonici, nuovo soprintendente - Nominata
Maria Giulia Picchione. Martines: un curriculum ricco di esperienze e competenza
Non una supplenza, ma un soprintendente stabile per i Beni architettonici. È
stata nominata ieri Maria Giulia Picchione, che ha preso il posto di Luca
Rinaldi. Un curriculum talmente fitto di incarichi anche ministeriali, che il
direttore regionale dei Beni culturali, Giangiacomo Martines, esulta: «Una
grandissima gioia, il Friuli Venezia Giulia troverà in lei un patrimonio di
conoscenze molto vaste, esperienza e competenza in tutti i settori, perché il
nuovo soprintendente si è occupata di beni architettonici e paesaggistici, di
rischio sismico e barriere architettoniche, di procedure di Via e di Vas in
commissioni ministeriali, ha lavorato alla scrittutra del Codice dei beni
culturali e ha fatto parte del Nucleo di valutazione dei fondi Fio. Abbiamo
aspettato qualche settimana in più per coprire questo ruolo, ma - aggiunge
Martines - abbiamo avuto il meglio del meglio e adesso la nostra squadra
“ammiraglia” è di nuovo completa con soprintendenti tutti di altissima
competenza e qualità». L’architetto Maria Giulia Picchione per venire a Trieste
ha lasciato la Soprintendenza del Lazio. Si è laureata nel 1980 alla Sapienza e
dal 1985 è funzionario del ministero per i Beni culturali. Ha lavorato a Pompei,
nella Soprintendenza di Campania e Basilicata, agli Uffici centrali che danno le
Valutazioni ambientali e strategiche, all’Istituto centrale per il catalogo e la
documentazione e prevenzione dai danni sismici, e dopo il 2001 è stata assegnata
alla Direzione generale per il paesaggio. «Io l’avevo conosciuta a Roma nel
2009, quand’ero Soprintendente per il Lazio, e Picchione dirigeva Roma Nord e
cioé l’area dell’Etruria - dice ancora Martines -, e già ne avevo apprezzato la
competenza e la versatilità: è molto austera, severa, di grandissima
intelligenza e lungimiranza, aggiornatissima sulle norme, e assai capace di
ascoltare cittadini e amministrazioni. Quando ho saputo - esclama il direttore
regionale - che, prima in graduatoria, aveva scelto Trieste, ho provato una
grandissima gioia. In Friuli Venezia Giulia, a statuto speciale, c’è bisogno di
grande competenza, ogni atto che siamo chiamati a esaminare ha sempre una
valenza strategica, e ora ci sono tantissime iniziative in corso». Di fronte
alla “new entry”, che sarà stabilmente a Trieste a partire dalla prossima
settimana, Martines preferisce privilegiare la grandissima soddisfazione per il
“team” di soprintendenti e mettere in secondo piano la drammatica carenza di
personale amministrativo, che ha causato anche severi scontri col sindacato a
causa di mancati pagamenti: «È un momento felice per gli ammiragli - dice con
immagine figurata -, se scendiamo alla macchina, funziona bene, non ci mancano
né carbone né rotte da seguire, certo se guardiamo ai “marinai” sono sempre di
meno, ma la collaborazione interna è molto forte, e anche coi sindacati ci
possono essere momenti di confronto teso, ma sempre molto civili». Il «casus
belli» è la mancanza di un responsabile del personale per la Soprintendenza ai
Beni storico-artistici: sorveglianti e custodi di Miramare hanno molti turni
aggiuntivi non pagati per mancanza di loro registrazione.
di Gabriella Ziani
Val Rosandra, maggioranza divisa Il Pd si astiene sull’odg di Sel
Discussione in Consiglio sull’idea di coinvolgere il
Comune di Trieste nell’intervento di ripristino Coloni: «Non possiamo agire nel
territorio di S.Dorligo». Russo: «Ragioni di rispetto istituzionale»
Quella inferta alla Val Rosandra è una ferita che non smette di bruciare. Il
caso, almeno politicamente, scotta ancora parecchio, come dimostrato l’altra
sera dall’accesa discussione scoppiata in Consiglio comunale. Una discussione
che ha visto la maggioranza di centrosinistra spaccarsi platealmente, con Sel e
Pd schierati su fronti opposti, Federazione della sinistra combattuta sul
sostegno da dare a questo o quell’alleato, pezzi di opposizione accorsi a
sorpresa in aiuto ai “ vendoliani”. Ad accendere la miccia è stato un ordine del
giorno presentato da Marino Sossi per tentare di delineare un piano d’azione per
affrontare il post scempio perpetrato dalla Protezione civile. «Politicamente
tutti abbiamo condannato l’episodio - spiega il capogruppo di Sel - e tutti
attendiamo che gli organi competenti accertino le responsabilità. Nel frattempo,
però, bisogna darsi da fare per gettare le basi di un intervento di ripristino.
Questo era lo spirito del nostro ordine del giorno: una proposta che mi sembrava
ragionevole, ma che il Pd non ha voluto sostenere». Al centro della soluzione
indicata da Sel, l’invito al sindaco Cosolini a promuovere, d’intesa con Comune
di San Dorligo, Provincia e Regione, «un’azione coordinata per una pronta
valutazione dei danni e dei primi interventi da mettere in campo» e un piano
finanziario per superare l’emergenza ambientale. Piano a cui eventualmente
contribuire con un’apposita posta di bilancio. Due mosse inopportune secondo il
Pd - che al momento del voto si è astenuto, così come Roberto Cosolini -,
soprattutto perchè irrispettose dell’autonomia della giunta Premolin. «Un conto
è esprimere disponibilità politica a collaborare - commenta il capogruppo
Giovanni Maria Coloni -, un altro è assumersi l’onere, tra l’altro anche
finanziario, di agire come ente capofila per affrontare un problema che
interessa un’area fuori dal nostro territorio di un altro Comune». Una posizione
dietro la quale qualcuno ha intravisto una sorta di imbarazzo istituzionale dei
democrats triestini, poco propensi ad offrire all’esecutivo “amico” di San
Dorligo un aiuto che potrebbe essere letto come una sgradita invasione di campo.
«Nessun imbarazzo - taglia corto il segretario Pd Francesco Russo -. Si tratta
solo di rispetto istituzionale. L’atteggiamento sarebbe stato identico anche se
San Dorligo fosse guidato dal centrodestra. Il punto è che del dopo scempio deve
farsi carico il vero responsabile, cioè la Regione». Critico nei confronti della
proposta di Sel anche Iztok Furlanic che ha votato contro l’odg, “disobbendo”
così al capogruppo Fds Marino Andolina che si è espresso invece a favore. E
critici anche i “grillini” e consiglieri del Pdl che, per esprimere la loro
contrarietà, hanno scelto di non partecipare al voto. «Quella di Sel è una
proposta fuori tempo e fuori luogo, oltre che di pessimo gusto - affema il
capogruppo Pdl Everest Bertoli -. Non è nostro compito andare a commissariare
altri Comuni. E men che meno intervenire nei loro territori con soldi del nostro
bilancio». Visti i tanti distinguo, verrebbe da pensare che l’ordine del giorno
sia stato bocciato. Invece no. In “soccorso” ai 3 consiglieri di Sel sono
arrivati i due esponenti di “Un’Altra Trieste” («su ambiente, sanità e lavoro
non ragioniamo in maniera ideologica - chiosa Franco Bandelli -e, se c’è da
sostenere anche Sel, noi lo facciamo»), Maurizio Ferrara e Roberto De Gioia
(Lega), Paolo Bassi e Cesare Cetin (Idv) e il “futurista” Michele Lobianco («ho
votato a favore dell’odg della Val Rosandra, che ha però evidenziato la fragile
tenuta della maggioranza»). Contrari, come detto, Furlanic e il consigliere
della lista Dipiazza Carlo Grilli. Assenti al momento del voto Paolo Rovis (Pdl),
Roberto Dipiazza, Roberto Antonione (Gruppo misto), Igor Svab e Stefano Ukmar
(Pd), Roberto Decarli (Trieste Cambia) e Patrick Karlsen (Cittadini).
Maddalena Rebecca
Premiati i generatori “verdi” di C-Energy
Allo spin off dell’ateneo il riconoscimento assegnato da Area alle
ricerche più promettenti come impatto sul mercato
«Per aver risposto alla crescente domanda di risparmio energetico e basso
impatto ambientale anche in impianti di piccola taglia». Ecco la motivazione che
ha spinto la giuria del Premio Innovazione 3L/3T istituito da Area Science Park
ad assegnare la “maglia rosa” della categoria “Early Birds” alla società
C-Energy, spin off dell’Università attivo nel campo delle tecnologie avanzate
per la conversione dell'energia e lo stoccaggio. Lo staff di C-Energy si è
imposto su numerosi e agguerriti concorrenti: in totale, infatti, la commissione
del Premio ha esaminato 32 tra prodotti e tecnologie,frutto di attività di
ricerca e sviluppo finalizzate a innovazioni tangibili, in grado di migliorare
il lavoro e la qualità della vita nei settori più diversi: medicina,
telecomunicazioni, nanotecnologie, energia. Un obiettivo, a ben vedere,
perfettamente centrato dalla soluzione proposta dallo spin off universitario:
l’idea sviluppata dalla srl, insediata nel consorzio scientifico di Basovizza,
la vita, specie quella dell’ambiente, potrebbe infatti semplificarla davvero. Al
Premio Innovazione 3C/3T C-Energy ha partecipato con un’idea quanto mai attuale
nel campo degli impianti di microgenerazione. La ricerca proposta in gara punta
a “sfornare” generatori elettrici a basso impatto ambientale, basati su celle a
combustibile. Impianti che, a differenza di quelli disponibili attualmente sul
mercato che funzionano ad idrogeno, possono utilizzare come combustibile gas
naturale o GPL, ma anche biogas. Possibilità che li rende potenzialmente molto
versatili, nonchè estremamente compatibili e vantaggiosi dal punto di vista
ambientale. A convincere la giuria, sono state in particolare alcune
caratteristi dei generatori C-Energy: l’alta efficienza, il rumore di
funzionamento estremamente basso e l’alta affidabilità. Un mix di fattori che
rendono questi impianti adatti per molte applicazioni: dall’alimentazione di
yacht e imbarcazioni da diporto all’integrazione all’interno di elettrodomestici
intelligenti. Il ventaglio dei campi in cui sfruttare la ricerca, quindi, è
ampio e variegato. Abbastanza per meritare come detto il primo premio per la
categoria innovazione potenziale “Early Birds,”, vale a dire quella riservata ai
risultati della ricerca ancora da industrializzare, ma promettenti come impatto
sul mercato e come ricadute su aziende, settori industriali, territorio e
utilizzatori finali. Risultati che, ha sottolienato il presidente di Area
durante la cerimonia di premiazione, l’Italia ha il dovere di valorizzare. «Il
2011 è stato un anno particolarmente difficile per il nostro Paese, per
l’economia regionale e, inevitabilmente, per il Parco - ha commentato Adriano De
Maio -. Ma, nonostante la crisi, le imprese e i centri di ricerca hanno
continuato a credere nelle loro idee, investendo e sostenendole affinché
diventassero innovazioni. Con la convinzione che è soprattutto nei momenti di
crisi che bisogna supportare le nuove idee».
(m.r.)
Passeggiata a Carsiana con i pipistrelli - SGONICO
SGONICO Domenica alle 19 a Carsiana, sarà possibile effettuare una
“passeggiata con… i pipistrelli”. L’appuntamento, che rientra nelle iniziative
organizzate nell’ambito delle Giornate della Biodiversità 2012, prevede una
lezione-conferenza ad ingresso gratuito dedicata ai pipistrelli che popolano il
Carso, a cura della dottoressa Donatella Samec. L’iniziativa è anche l’occasione
per osservare le tante fioriture del giardino botanico. Quest’anno la
cooperativa Rogos introduce una novità per gli appassionati di Carsiana:
l’abbonamento stagionale per seguire il succedersi delle fioriture o anche solo
assaporare l’atmosfera accogliente del giardino, di ritornarvi assiduamente ad
un costo contenuto. Il pubblico può accedere a Carsiana dal martedì al venerdì
dalle 9.30 alle 13 e durante i fine settimana e nei giorni festivi dalle 10 alle
13 e dalle 15 alle 19. Per informazioni: Rogos 3334056800.
IL PICCOLO - MARTEDI', 15 maggio 2012
C’è la salvaguardia, no al cantiere - Ricorso contro il
Prg di Cosolini
Al Tar una ditta di costruzioni. Sostiene, fra le altre cose, che l’area
verde dietro il Faro della Vittoria è regolata da una variante urbanistica a sé
e non è quindi assoggettabile alle direttive
E dopo il caso, recente, della cittadina greca di Parga (che intende
tutelare il valore degli immobili di cui è sorprendentemente proprietaria a
Trieste fin dai tempi del povero nostro Franz) ecco che sulla groppa del Piano
regolatore di Cosolini piomba adesso (mentre siamo in piena campagna di
“concertazione” nelle circoscrizioni) anche una causa fatta in casa. Sostanziosa
e complessa, peraltro. La promuove davanti al Tribunale amministrativo regionale
l’Impresa costruzioni ingegneri Franco e Giorgio Perco, che attraverso
l’avvocato Furio Stradella ha depositato al Tar, per l’appunto, un ricorso
contro l’applicazione delle nuove misure di salvaguardia entrate in vigore a
fine 2011 con l’approvazione da parte del Consiglio comunale delle direttive al
Prg che verrà. La sospensione Un voto, quello dell’aula di piazza Unità sulle
direttive del futuro Prg, che ha innescato a caduta (perché nel caso specifico
le cubature consentite scendono del 25%) la sospensione del procedimento
riguardante un’altra approvazione di competenza del Consiglio comunale: quella
di un Prpc, cioè un Piano particolareggiato d’iniziativa privata, in altre
parole il progetto di un complesso edilizio in più lotti che proprio l’Impresa
Perco punta a costruire in un’area verde alle spalle del Faro della Vittoria.
Sono oltre due ettari e mezzo che se edificati, sulla carta, si è stimato
possano valere attorno agli otto milioni e mezzo. Ma, in realtà, tale
procedimento risulta fermo addirittura da sette anni, prima ancora dunque
dell’avvio dell’iter del Prg di Dipiazza mai andato in porto e al quale è stato
lo stesso Cosolini a staccare la spina. La storia La storia di questo complesso
vista mare mai nato parte infatti da lontanissimo, da una serie di acquisizioni
di piccole particelle di campagna operate anni e anni addietro dall’impresa
proponente. L’area di proprietà che ne venne fuori, però, con la variante al Prg
numero 66 di epoca Illy fu ricompresa in una zoonizzazione ancor più grande, per
la quale si pianificò un unico piano attuativo. L’impresa impugnò la variante 66
e il Consiglio di Stato, oltre dieci anni fa, le diede ragione. A quel punto il
Comune varò per l’area Perco una variante della variante. La numero 78. Restava
però ancora da risolvere un’anomalia formale: la proprietà dei Perco, in
effetti, non risultava collegata alla strada pubblica, a sinistra di via Bonomea,
in quanto l’accesso passava su proprietà altrui (in mezzo alla causa ci sono
anche le case della zona acquisite dalla Valdadige Costruzioni col fallimento
Sasi). Fu proprio per questo che, nel 2005, quando furono maturi i tempi per la
presentazione in Municipio del Prpc, proprio l’amministrazione cittadina lo
bloccò per quell’anomalia. Seguirono le direttive e le salvaguardie della
variante 118, il Prg di Dipiazza, con le conseguenti osservazioni fatte dalla
stessa Impresa Perco. Che però, nel frattempo, riuscì a risolvere l’anomalia
della strada d’accesso, facendosi riconoscere dal Tribunale ordinario, in virtù
di una causa vinta in quella sede, la cosiddetta servitù coattiva, e dunque la
possibilità di transito da via Bonomea. Tutto finito? No. E arriviamo ai giorni
nostri. Il ricorso A fine 2011 ecco le salvaguardie di Cosolini, con la
contestuale informativa del Comune ai Perco che dice che il Piano
particolareggiato torna un’altra volta in congelatore. «Ma sono direttive che a
nostro avviso non si possono applicare all’area in oggetto, dal momento che, fra
le altre cose, come abbiamo osservato nel ricorso al Tar, esse si riferiscono
alla variante 66, non alla variante 78, è una contraddizione», rileva l’avvocato
Stradella. Che guarda già a tutte le possibilità “uscibili” dal giudizio: «Ci
siamo riservati, nell’eventualità, un’azione di risarcimento danni».
Piero Rauber
Al via gli incontri sul Piano regolatore nell’Altipiano
Ovest
CONTOVELLO Inizia questa settimana nella palestra di Contovello il primo di
una serie di incontri tra il primo consiglio circoscrizionale e i residenti del
territorio di Altipiano Ovest sul tema del nuovo Piano regolatore generale del
Comune di Trieste. Sarà impegno dei consiglieri raccogliere suggerimenti,
istanze e idee dai cittadini e inviarle successivamente ai competenti uffici
comunali. «Al pari dei colleghi del parlamentino a est dell’altipiano – afferma
il presidente di Altipiano Ovest Roberto Cattaruzza – saremo a disposizione dei
cittadini per discutere a fondo sulla delicata materia urbanistica e,
soprattutto, per individuare le loro necessità e tradurre le loro indicazioni
nelle sedi opportune. È importante perciò riuscire a coinvolgere i residenti in
un dibattito costruttivo e propositivo». Il primo appuntamento con i residenti
della frazione di Contovello e di quella parte di Borgo San Nazario vicina a
questa frazione è previsto per domani sera nella palestra di Contovello.
L’incontro con i cittadini di Santa Croce è previsto in data giovedì 24 maggio.
Per i residenti di Prosecco e della parte di Borgo San Nazario la serata
individuata è quella di giovedì 31 maggio. Martedì 5 giugno circoscrizione e
cittadini si incontreranno nel teatro di Prosecco con gli assessori comunali
Elena Marchegiani e Andrea Dapretto. «I due ospiti spiegheranno agli intervenuti
direttive e contenuti del piano urbanistico – conferma Cattaruzza – oltre a
fornire modalità e indicazioni per l’utilizzo dei suggerimenti dei cittadini.
Sarà dunque un’occasione importante per approfondire le tematiche inerenti il
PRG e per far conoscere ai due assessori le questioni più importanti che
caratterizzano questa parte del territorio comunale». Dal 6 all’11 giugno, nella
sede circoscrizionale di Prosecco, un team di stagisti sarà comunque a
disposizione del pubblico per la compilazione dei questionari messi a
disposizione dal Comune alla popolazione per l’espressione delle proprie
opinioni sul Prg.
Maurizio lozei
Raccolta firme per bocciare il rigassificatore -
Iniziativa della Lega per stoppare il progetto. Ai banchetti anche l’assessore
regionale Seganti
Una petizione popolare «per ribadire il no dei triestini al
rigassificatore». I vertici provinciali della Lega Nord, a partire dal
segretario Pierpaolo Roberti e dai capigruppo in Consiglio provinciale e
comunale Paolo Polidori e Maurizio Ferrara, hanno annunciato l’avvio di una
raccolta di firme, «che ribadirà – hanno precisato - il no già espresso
all’unanimità nelle assemblee di piazza dell’Unità e di palazzo Galatti». Si
comincerà sabato, con banchetti che saranno distribuiti in centro città.
«All’iniziativa – ha annunciato Roberti – parteciperà attivamente anche Federica
Seganti, assessore al Turismo della giunta guidata da Renzo Tondo». Proprio il
governatore, tra l’altro, ha recentemente espresso il suo “sì” al progetto
portato avanti dalla spagnola Gas Natural. «Ma non appena in Consiglio regionale
si comincerà a discutere del rigassificatore - ha chiarito ancora Roberti -, i
rappresentanti della Lega Nord lotteranno contro questa ipotesi». Il no
all’impianto è dunque frutto «di una discussione interna – ha evidenziato il
segretario della Lega – che ha trovato tutti d’accordo sull’argomento. La nostra
intenzione è ostacolare il tentativo di accelerare le procedure per arrivare a
una conclusione prima della fine della consiliatura regionale. Ma noi ci
opporremo». Polidori ha sottolineato poi che «il rigassificatore comporterebbe
una costante attività nel canale navigabile e l'intero sistema portuale ne
sarebbe negativamente condizionato. Chi ne ha la competenza deve esporsi,
dichiarando il sì o il no sul futuro di Trieste, che non può prescindere
dall'operatività portuale. È la comunità dei residenti che deve decidere cosa
fare del territorio in cui vive. Se c'e qualcuno che, passando sopra le teste
dei triestini – ha concluso - vuole andare oltre la volontà della popolazione,
troverà la Lega Nord pronta a tutte le forme di protesta e resistenza
democratica». Ancora più diretto il consigliere comunale Maurizio Ferrara:
«Tondo va contro la volontà unanime del consiglio comunale, che ha detto no al
rigassificatore. Bisogna rispettare la volontà del popolo - ha concluso il
capigruppo del Carroccio in Municipio -. Una volontà espressa chiaramente e con
forza dai rappresentanti nei consigli comunale e provinciale eletti dalla
cittadinanza».
(u. s.)
Sentieri a nuovo e piste ciclabili E molto resta ancora
da fare - GLI INTERVENTI DEL PIANO CARSO-KRAS
Duino Aurisina Riguardo al territorio italiano, già numerosi sono gli
interventi portati a termine col progetto Carso-Kras. La riqualificazione della
rete di sentieri che collega gli abitati di Gropada e di Trebiciano, per
esempio. Con l’intervento (circa 100.000 euro), oltre ai lavori di pulizia,
taglio ed estirpo della vegetazione, sono stati ripristinati alcuni muretti
carsici eseguiti a secco e sono state collocate otto tabelle informative in
legno, contenenti testi descrittivi delle particolarità della zona carsica, note
storiche e immagini esplicative serigrafate: un tabellone è dedicato anche
all’attività di “orienteering”. A Duino Aurisina, a marzo 2012, sono stati
ultimati i lavori stradali realizzando il sistema di dispersione delle acque
meteoriche, l’impianto d’illuminazione pubblica, il recupero dei muretti a
secco, nuova asfaltatura e la segnaletica orizzontale e verticale. In più il
comune di Sgonico, presso l’ex cava di marmo di Rupinpiccolo, ha allestito uno
spazio per spettacoli all’aperto in grado di ospitare 270 spettatori. Con il
progetto Carso-Kras, inoltre, si stanno migliorando le dotazioni strutturali del
centro visite della Riserva naturale regionale della Val Rosandra e del Centro
polifunzionale di Bagnoli della Rosandra, al fine di migliorarne le potenzialità
per quanto riguarda la possibilità di svolgere iniziative per la promozione e
valorizzazione della natura e della cultura locale. In lista rimangono ancora
interventi da portare a termine, come la sistemazione del sentiero Ressel,
rendendolo usufruibile con punti itinerari e cartelloni informativi adeguati
anche ai cechi e ipovedenti; la realizzazione del museo delle acque sul Carso,
presso la vecchia cisterna d’acqua “Ciganka” a Gropada; la realizzazione della
pista ciclabile a Rio Ospo (800 metri di strada principale e 1000 di quella
secondaria) sistemando recinzioni, paletti, staccionate, panchine, cartelloni
informativi e quattro aree belvedere. L’intervento previsto dal Comune di Muggia
prevede la sistemazione di un tratto del percorso ciclo-pedonale. Il primo
tratto ricade in un insediamento industriale d’interesse regionale, un secondo
tratto riguarda la viabilità già esistente e il terzo tratto in un’area di
rilevante interesse naturalistico (Biotopo naturale Laghetti delle Noghere).
Inoltre, nel progetto, è prevista la riqualificazione della piazza di Repen e il
miglioramento dell’attrezzatura del centro naturalistico didattico di Basovizza.
(c. p.)
Grado e Lignano riconquistano la Bandiera Blu
In Italia aumentano i vessilli, boom al Sud, Rimini esclusa Ma in Friuli
Venezia Giulia non ci sono new entry
GRADO Le perle turistico-balneari di Grado e Lignano continueranno a far
sventolare sui pennoni delle spiagge e delle cittadine la Bandiera Blu assegnata
dalla Fee. Grado continua così a essere la spiaggia italiana che, assieme alla
località balneare di Moneglia in provincia di Genova, ha conquistato in assoluto
il maggior numero di volte – per l’esattezza 23 - il prestigioso vessillo al
quale i turisti guardano con attenzione. Quest’anno sono state premiati
complessivamente 131 comuni rappresentativi di 246 spiagge (sette Comuni hanno
ricevuto la bandiera per la prima volta tra cui Anacapri) che rappresentano il
10 per cento delle spiagge premiate a livello internazionale. C’è stata una
crescita al Sud e qualche “esclusione” eccellente come Rimini e Fiumefreddo. Tra
le varie regioni quella che ha ricevuto più Bandiere Blu è la Liguria con 18,
seguita da Marche e Toscana (16), Abruzzo (14) e la Campania che con un nuovo
ingresso arriva a quota 13. È stato ancora una volta il presidente della Fee
Italia, Claudio Mazza, a rendere noti i nomi delle località che vengono premiate
per essere le più virtuose sotto diversi punti di vista. Prima cosa l’eccellente
balneabilità delle acque secondo regole più restrittive di quelle previste dalla
normativa nazionale sulla balneazione. Solo in assenza di campionamenti
favorevoli durante tutta l’estate si può accedere a tutti gli altri criteri che
vanno dall’efficienza della depurazione delle acque reflue e della rete
fognaria, alla raccolta differenziata, con la corretta gestione dei rifiuti
pericolosi, per arrivare alle più ampie o lunghe aree pedonali e piste
ciclabili, all’arredo urbano e alle aree verdi. Proprio in questi ultimi settori
si è incentrato maggiormente in questi anni l’impegno del Comune di Grado. Lo
ricorda il primo cittadino dell’Isola del Sole, Edoardo Maricchio, che non ha
potuto essere presente a Roma per impegni in Regione: «Abbiamo proseguito nelle
numerose attenzioni verso il territorio continuando a puntare sulla pulizia,
sull’ambiente, sulla promozione del messaggio ambientale nelle scuole e siamo
costantemente impegnati sulla questione della raccolta differenziata. Ovviamente
abbiamo continuato anche con la piantumazione e la cura del verde». Ed è proprio
la cura di questo settore che lo scorso anno ha fatto conquistare a Grado non
solo il titolo italiano ma addirittura la medaglia d’oro in campo europeo nel
concorso fra comuni turistici fioriti. Ad essere valutate per la conquista della
bandiera blu sono ovviamente anche le spiagge, le strutture ricettive, i servizi
di pubblica utilità, le certificazioni ambientali, la presenza dell’attività di
pesca ben inserita nel contesto della località marina e da quest’anno c’è pure
un ulteriore parametro. «Tra i vari aspetti – afferma il presidente della Fee (Foundation
for Environmental Education), Claudio Mazza – abbiamo tenuto in alta
considerazione anche l’efficienza energetica ovvero l’illuminazione pubblica che
non deve causare inquinamento». Nonostante tutti questi parametri qualcuno
afferma, però, che è facile ottenere la Bandiera Blu. «C’è anche chi, e mi
riferisco ad esempio ad una nota località della Sicilia, che quest’anno non l’ha
avuta, segno che non è facile continuare a mantenerla poiché ogni anno è
necessario migliorarsi». Tra l’altro, una in meno ce l’ha quest’anno anche la
Romagna mentre il Veneto mantiene le sue 6. «Un altro segnale importante –
prosegue Mazza – è che quest’anno, pur se in generale sono aumentate, il maggior
numero di bandiere blu riguarda il centrosud anziché, come in passato, il
centronord». Per arrivare alla premiazione è, dunque, necessario conseguire
risultati positivi in tutti i parametri previsti. E solo con un ottimo risultato
si ha il gratificante riconoscimento. Ma a che livello si trovano Grado e
Lignano rispetto alle altre località? Quali sono i punteggi conseguiti? Risponde
sempre Mazza: «Non possiamo fornire i risultati numerici, è una cosa riservata.
Posso dire solo che le due località del Friuli Venezia Giulia hanno un’ottima
valutazione».
Antonio Boemo
In regione undici porticcioli premiati. Aquileia non ce
la fa
GRADO Oltre alle località balneari di Grado e Lignano sono stati premiati
con la Bandiera Blu anche 11 approdi nautici del Friuli-Venezia Giulia, uno in
meno rispetto allo scorso anno. Tra i premiati l’approdo della Lega navale di
Trieste che ha sede nella vecchia Lanterna ma che ha gli ormeggi che chiudono la
Sacchetta. Da qualche anno Trieste riceve solo questo riconoscimento. In passato
a essere premiati fra gli approdi sono stati anche Marina San Giusto di Trieste
e Porto San Rocco di Muggia. I prestigiosi vessilli blu per gli approdi sono
importanti alla pari delle Bandiera Blu assegnate alle località. Vanno, infatti,
a evidenziare le qualità di strutture molto rilevanti per un settore, quello
della nautica, che evidentemente in sofferenza per via della crisi economica e
anche a seguito della “fuga”, che forse è stata meno evidente rispetto alle
previsioni, di imbarcazioni verso le coste istriane. Scelta fatta dai
proprietari per evitare di pagare le ventilate tasse previste dal Governo, poi
tramutate in una meno pesante tassa di possesso. Nell’elenco delle Bandiere Blu
per gli approdi assegnate quest’anno, mentre vengono riconfermate le due in
provincia di Gorizia, Porto San Vito a Grado e l’Hannibal di Monfalcone, e
quella della Lega Navale di Trieste, nell’elenco di quelle della provincia di
Udine ne manca una. Si tratta della Bandiera Blu di Marina di Aquileia che
l’aveva puntualmente ricevuta in questi ultimi anni ma non per il 2012. Tutti
riconfermati invece i porti nautici della zona di Lignano e pure quello che fa
capo al Comune di San Giorgio di Nogaro. Quelli premiati dalla Fee hanno
dimostrato di essere porti turistici che hanno intrapreso scelte di
sostenibilità, rispondendo ai requisiti previsti per l’assegnazione
internazionale. Ovviamente garantendo la qualità, ma anche la quantità, dei
servizi erogati nella piena compatibilità ambientale.
(an.bo.)
Sprechi d’acqua, bollette sempre più care - L’Autorità
per i servizi idrici: gli acquedotti obsoleti perdono, rincari inevitabili.
Servono 2 miliardi
TRIESTE Acqua sempre più salata in Friuli Venezia Giulia. Le tariffe, in
bolletta, sono destinate a crescere. Si pagano a caro prezzo le condizioni
obsolete della rete di acquedotti e fogne dell’intero territorio. Per
intervenire servono 2 miliardi di euro per il prossimo triennio, ha stimato il
presidente dell’Autorità regionale per la vigilanza sui servizi idrici Lucio
Cinti, in un convegno organizzato a Udine nella sede della Regione. “È questo -
ha detto - uno dei temi principali che dovranno essere affrontati, per fare sì
che i cittadini paghino lo stesso importo per l'acqua e i servizi connessi”.
Resta alta l’attenzione nella lotta allo spreco; mentre in Germania il consumo
annuo è di 62 metri cubi per abitanti, in Spagna è pari a 127 e in Italia di
152. Come segnala l'Istat, tuttavia, specialmente in Fvg, gli sprechi sono da
addebitare per oltre un terzo alle perdite nella rete. «Si tratta di un
argomento di rilevante attualità - ha commentato il presidente del Consiglio
regionale Maurizio Franz – anche in ragione di un inverno e di un inizio
primavera con scarsissime precipitazioni che ci ha portati a toccare con mano lo
stato di sofferenza idrica». Queste nuove condizioni climatiche, a giudizio del
presidente, impongono una riflessione sull'uso attento dell'acqua in quanto
«bene finito». «Tutti i soggetti interessati hanno l'obbligo di promuovere un
utilizzo responsabile attraverso una politica di informazione e di
sensibilizzazione», ha affermato Franz. Il presidente ha anche fatto riferimento
a un due passaggi normativi, il referendum sulla gestione del servizio idrico e
il suo esito «che non potrà essere ignorato dal legislatore», e le nuove
disposizioni che si stanno profilando a livello nazionale in termini di
liberalizzazioni di alcuni servizi oggi gestiti da municipalizzate o da società
di capitale ad alta partecipazione pubblica. «In questo contesto - ha spiegato -
è auspicabile che la Regione ponga mano entro il termine della legislatura alla
riscrittura della legge 13 del 2005 che recepisce in regione la legge Galli,
tenendo conto che anche in questo ambito la situazione è in rapida evoluzione».
Il presidente della Quarta Commissione Alessandro Colautti (Pdl) ritiene invece
un errore «lo scontro ideologico tra pubblico e privato nella gestione acqua,
mentre è fondamentale avere anche da noi una autorità unica, con un ruolo
regolatore delle tariffe, che eviti l'anarchia gestionale».
(g.s.)
Fotovoltaico, Italia secondo Paese al mondo - Al primo
posto c’è il mercato tedesco
L’Italia è il secondo paese al mondo dopo la Germania per capacità
fotovoltaica totale e strappa addirittura il primo posto a Berlino per quanto
riguarda la nuova capacità produttiva entrata in esercizio lo scorso anno. È
quanto rileva il Rapporto Statistico sul solare fotovoltaico relativo al 2011
pubblicato dal Gse sul proprio sito internet. In Italia, si legge nel rapporto,
sono in esercizio circa 330.200 impianti per 12.780 megawatt installati e 11
Terawatt prodotti. L’anno si è infatti arricchito di 174.220 nuove unità per una
potenza aggiuntiva di 9.300 megawatt, quasi tre volte la potenza esistente al 31
dicembre 2010, ed è ormai presente un impianto fotovoltaico nel 95% dei comuni
italiani. Il meccanismo di incentivazione del Conto Energia erogato dal Gse, si
legge ancora nel rapporto, è stato il principale artefice di questa crescita.
ARPA - Report sull’ambiente - Confronto in Regione
L’Arpa e la direzione Ambiente della Regione organizzano oggi a Udine, a
partire dalle 10, nell’Auditorium di via Sabbadini 31, un incontro dedicato al
report sullo stato di salute dell’ambiente che l’Arpa ha già presentato alla
Commissione consiliare. territorio
Patrimonio naturale In arrivo nuovi fondi
La Regione darà risposta a ulteriori richieste di finanziamento rispetto
alle domande presentate dai Comuni sul bando per la realizzazione di progetti
volti alla valorizzazione del patrimonio naturale. Lo ha deciso la Giunta
regionale, su proposta degli assessori Violino e De Anna. L’importo stanziato
sarà di 410mila euro.
Nel “village” eco-sostenibile dibattiti e aperitivi a
km zero - UNIVERSITÀ »OGGI E DOMANI IN PIAZZALE EUROPA
Si parla di stili di vita ed economie alternative, in serata lo
spettacolo “Terracotta” Spuntini “locali” grazie ai Gruppi di acquisto solidale,
a chiudere musica e dj set
Un’occasione per vivere l’università fuori dalla concezione comune, non solo
come luogo fatto di lezioni, esami e “fatiche universitarie” ma anche e,
soprattutto, come possibile spazio d’incontro, di confronto e di crescita. È
l’obiettivo di Univillage, giunto quest’anno alla sua seconda edizione, che oggi
e domani trasformerà piazzale Europa in una piccola comunità aperta a tutta la
città. Qui ci si potrà incontrare per un aperitivo a “Km zero”, ascoltare una
conferenza, seguire una performance teatrale con un unico obiettivo: “riportare
l’Ateneo alle sue massime espressioni di cultura e dialettica, per riempire di
vita e dibattito, socialità e attività, musica e teatro gli spazi che viviamo
ogni giorno” come sottolineano gli organizzatori. Le menti (e le braccia) di
tutto ciò sono una trentina di ragazzi dell’Arci–Casa dello Studente e di Lista
di Sinistra che dall’anno scorso (il tema portante era l’immigrazione) mettono a
disposizione il loro tempo e il loro entusiasmo per creare questa
manifestazione. Il tema di quest’anno, come dichiara la portavoce di Lista di
Sinistra, Alice Guarnieri, è “l’eco-sostenibilità. Un’attitudine che, in Italia,
non è ancora molto radicata”. L’avvio della manifestazione è previsto alle 17
con il dibattito “Stili di vita ed economie alternative” moderato da Giorgio
Osti professore dell’Università di Trieste, con Francesca Guidotti, presidente
della Rete Italiana Villaggi Ecologici (Rive), Beatrice De Luca,
dell’eco-villaggio di Circea (Pistoia), Daniele Rallo, presidente
dell’Associazione nazionale degli Urbanisti pianificatori territoriali e
ambientali e Daniele Ruscigno, sindaco del comune di Monteveglio (città
post-carbon) insieme con Cristiano Bottone, rappresentante di Città in
transizione. Durante il dibattito si affronterà in particolar modo la tematica
degli stili di vita, mettendo a confronto modelli diversi ma ugualmente
innovativi. A seguire, grazie alla collaborazione con l'associazione Arci
Trieste, ci sarà “l’aperitivo a Km 0” con prodotti locali tramite la rete dei
Gas (gruppi di acquisto solidale) del territorio. L’appuntamento gastronomico,
inoltre, sarà accompagnato dai Bristol Taste Sound System. A seguire, lo
spettacolo teatrale di e con Stefano Lucarelli, “Terracotta”. Domani, invece,
dalle 14, gli spazi esterni dell’ateneo ospiteranno una varietà di workshop,
conferenze e attività proposte dalle tante associazioni e persone che
collaborano nell’organizzazione. In serata concerto de Les Tambours de Topolo
(Udine), Ujamaa (Monfalcone) e i dj Jack Rabbit Slim e Max Kali
dell’associazione TriesteInLevare.
Viviana Attard
IL PICCOLO - LUNEDI', 14 maggio 2012
Comitato per la Val Rosandra: inviate 10mila firme alla
Ue
A due mesi dallo scempio compiuto dalla Protezione Civile, non si
spengono le proteste e continua il pellegrinaggio. A giugno il caso va a
Bruxelles
Il silenzio è rotto solo dal rumore dell’acqua che scorre lungo il torrente.
Per il resto l’atmosfera è permeata da un senso di irreale. La valle, con le sue
rocce bianche, assume le sembianze di un gigante spoglio e addormentato. Sono
passati quasi due mesi dall’operazione della Protezione Civile denominata “alvei
puliti”, ma nessuno, tra escursionisti, aficionados o semplici visitatori della
Val Rosandra, ha ancora digerito quello che è accaduto. La sensazione, sostando
sul ponte che attraversa il torrente, è quella di una mesta processione. Come se
ognuno volesse, in qualche modo, portare il proprio saluto ad una persona cara
che non sta bene. E’ il caso di Giorgio che, per la prima volta, ha voluto
rendersi conto personalmente di quello che era successo. «Devo dire che arrivare
fino a qui e guardare la valle così com’è adesso è un qualcosa che ti prende il
cuore. E’ stato compiuto un vero e proprio atto di vandalismo». Insomma rabbia
ed indignazione sono sentimenti ancora ben impressi nelle menti e nei cuori di
chi ama questo territorio. A passeggiare ci sono ragazzi, coppie con gli amici a
quattro zampe ed intere famiglie. Molti portano con sé una macchina fotografica,
per poter raccontare a chi non ha la possibilità di vederlo con i propri occhi,
come si presenta adesso la Val Rosandra. Roby è appena rientrato con un gruppo
di amici del Cai XXX Ottobre da una scuola di roccia e le parole che usa sono
più che eloquenti. «Ancora oggi quando mi trovo a passare in quel punto,
accelero il passo e scappo via di corsa, perché non riesco a capacitarmi di come
sia potuta accadere una cosa del genere». C’è anche chi usa l’arma tagliente
dell’ironia. «Davvero un bel lavoro, eccellente, fatto con i soldi pubblici.
Complimenti a chi ha avuto questa idea». Giovanni invece la prende con maggior
filosofia. «Purtroppo il danno è stato fatto e adesso non si torna più indietro.
Semmai è il caso di guardare avanti e di cercare qualche rimedio». Daniel è un
ragazzo di origini spagnole, che da dodici anni vive a Trieste, insieme alla
moglie Annalisa e alla piccola Raquel. «E’ la prima volta che vedo quello che è
stato fatto. Certamente si nota la grande incompetenza di chi deve prendere
decisioni così delicate. Dispiace moltissimo per un ambiente stupendo come
questo». Fabio è un esperto rocciatore, parcheggia lo scooter e si prepara
all’arrampicata. «La sensazione che si prova è di profonda depressione. E’ stato
brutalizzato un angolo di paradiso, rovinandolo con ruspe e bulldozer». Non c’è
solo la voce della gente comune, ma anche quella del Comitato per la Difesa
della Val Rosandra, che continua a portare avanti la propria battaglia. Sono più
di 10 mila le firme raccolte, che faranno parte dell’incartamento che a giugno
sosterrà la denuncia di infrazione alla Commissione Europea a Bruxelles. «Siamo
riusciti a scongiurare un altro intervento di pulizia nella valle che per il
momento è stato sospeso – spiega Alessandro Severi, vice presidente del Comitato
-. Adesso siamo fiduciosi che l’Unione Europea riconoscerà che quell’intervento
non andava fatto e che di conseguenza imporrà all’Italia il ripristino di
quell’area, che a quel punto non potrà mai più essere violata».
Pierpaolo Pitich
Il pm Miggiani sta per chiudere l’inchiesta
Entro pochi giorni sarà conclusa la prima fase dell’inchiesta del pm Antonio
Miggiani sulla legittimità dell’azione della Protezione civile in val Rosandra.
Il magistrato ha dato incarico agli agenti del Corpo forestale dello Stato di
acquisire tutti i documenti che, secondo i il Wwf nazionale e gli ambientalisti,
firmatari dei due esposti, dimostrerebbero la violazione di svariate norme di
legge o regolamenti. Il pm Miggiani sta cercando insomma di definire gli aspetti
giuridici delle ipotesi di reato individuate nelle denunce presentate. In
particolare si tratta della violazione dell’articolo 743 del Codice penale
riguardante la distruzione e il depauperamento delle bellezze naturali. Ma anche
la mancanza del nulla osta alla realizzazione di opere in zone non protette.
Altipiano Est i cittadini “studiano” il Piano
regolatore
PROSECCO Il Consiglio circoscrizionale di Altipiano Est inizia domani alla
casa di cultura “Skala” di Gropada un ciclo di incontri per raccogliere i
suggerimenti e le indicazioni dei residenti in merito al nuovo Piano Regolatore.
L’amministrazione comunale infatti ha avviato l’iter per il nuovo Prg, che
prevede nella sua prima fase un incontro in ogni Circoscrizione per ascoltare le
proposte dei cittadini. Il territorio di competenza del secondo parlamentino
comprende sei comuni catastali corrispondenti a altrettanti paesi storici,
ognuno dei quali rappresenta una realtà ben distinta. Sono frazioni
caratterizzate da dimensioni diverse e differenze piuttosto marcate derivate
pure dalla loro recente espansione con conseguente diversa composizione della
popolazione. Un’ espansione, osservano i vertici del parlamentino, che non è
andata di pari passo con le urbanizzazioni, la conservazione delle attività
commerciali, artigianali e agricole, il diverso utilizzo del territorio. «Il
nostro consiglio, consapevole delle diverse problematiche – afferma il
presidente Marco Milkovich – si è reso conto che un unico incontro con la
popolaziore residente non sarebbe stato sufficiente. Per poter mettere meglio a
fuoco tutti gli aspetti di ogni singola borgata, abbiamo deciso di organizzare
una serie di sei incontri con la popolazione, uno per ogni frazione compresa nel
territorio di nostra giurisdizione». Il primo appuntamento, come detto, sarà a
Gropada alle 20.30. L'incontro successivo è previsto per lunedì prossimo alla
Casa del Popolo di Trebiciano. Sarà poi la volta della Casa di Cultura “Grad” di
Banne e della sede della Cooperativa economica di Basovizza. La riunione finale
si terrà martedì 19 giugno a Opicina.
(m.lo.)
IL PICCOLO - DOMENICA, 13 maggio 2012
Il nuovo Piano del traffico ha il suo “comitato contro”
Riunisce circa 200 cittadini che vivono e lavorano in Borgo Teresiano e
si oppongono in particolare al dirottamento del transito dei bus in via Geppa
Sono stati spesso la spina nel fianco di Dipiazza. Adesso però anche Roberto Cosolini, il campione d’ascolti (nel senso di incontri pubblici nel nome della concertazione), incrocia sulla sua strada un comitato-contro, nato di questi tempi in Borgo Teresiano, che non esclude oggi di arrivare, se serve, al Tribunale amministrativo. Non è una congregucola, se è vero come dicono che vi orbita un paio di centinaia di persone, tra residenti, albergatori, negozianti e professionisti. E neppure l’oggetto della contestazione è roba da poco: è il Piano del traffico, che sta vivendo proprio il suo iter di concertazione nelle circoscrizioni. Il comitato non si professa contro, ma per. Si chiama Comitato per la salvaguardia del Borgo Teresiano. Riunisce, racconta chi ne fa parte, cittadini che vivono e/o lavorano tra la stazione e Ponterosso. Ma i suoi militanti più motivati sono quelli di via Geppa. È la trasversale di via Ghega oggi Ztl dove (sulla scia della prossima riqualificazione di piazza Libertà, funzionale al nuovo Silos che verrà) il Piano del traffico di Cosolini prevede di spostare una certa quota di transito di mezzi pubblici. «Diciotto linee di bus, stando alla bozza», precisa l’avvocato Stefano Candotti, presidente di un Comitato che, finora, si è tenuto dietro le quinte. E ciò nonostante abbia già chiesto e ottenuto di recente un’udienza in Municipio. Qui ha consegnato un faldone di documenti e perizie statiche che ammoniscono: via Geppa anzitutto ma anche la vicina via Galatti e altre ancora, non essendo larghe come via Ghega e via Mazzini (dove vibrazioni e crepe negli edifici comunque non mancano...) potrebbero non reggere a lungo il cosiddetto “movimento ondulatorio e sussultorio” che andrebbe a propagarsi dalla strada verso i palazzi. Motivo: diversi di quei palazzi, sostiene il Comitato forte delle sue perizie, poggiano su vecchie palafitte in rovere, che non possono garantire la medesima inossidabile stabilità data dai canali a volta sotto via Carducci o sotto la stessa via Ghega. Una nuova colata d’asfalto, insomma, potrebbe non bastare. Interlocutore, nell’occasione dell’udienza in Municipio, il vicesindaco Fabiana Martini, che ha assicurato, una volta chiusi i giorni di massima concitazione del bilancio di previsione, «un attento esame della documentazione consegnata, con l’assessore all’Urbanistica Marchigiani, il mobility manager Bernetti e altri tecnici comunali». «Finora non abbiamo trovato una grandissima sensibilità nelle istituzioni», rileva di rimando Candotti. Il quale, non appena gli si fa notare che due anni fa via Geppa fu il fulcro di una raccolta di firme di contestazione ai progetti di futuro transito di autobus in loco, anche perché levavano sulla carta decine e decine di parcheggi sempre in loco, tiene a precisare: «Noi che abitiamo in zona, e non solo in via Geppa, siamo abituati al problema-parcheggio. È una questione irrilevante. Eppoi non siamo pregiudizialmente contrari ai principi del Piano del traffico. Via Geppa possono farla pedonale, o metterci delle statue, va bene, ma non è fatta per gli autobus. La nostra preoccupazione è la sicurezza delle case, e pure la salute di chi ci vive dentro, visto che negli anni Novanta la chiusura di via Ghega per lavori impose il trasferimento temporaneo dei bus in via Geppa che, essendo stretta, non consentì un adeguato ricircolo dell’aria. L’inquinamento si fece sentire eccome». «Noi siamo piccoli, ma cresceremo», chiude Candotti citando Rascel. Non è un caso. Il Comitato di Borgo Teresiano sta infatti facendo rete con altri omologhi, a cominciare da quelli d’ispirazione ambientalista. Ultimamente si è attivato ad esempio un canale privilegiato con il Comitato di via Giulia, dove anche lì qualcuno pare abbia da ridire sul Piano del traffico...
Piero Rauber
Perché non si accetta il referendum sul
rigassificatore? - La lettera del giorno
Perche? Io non riesco a capire perché, su un argomento così importante,
come il rigasificatore da collocare nel golfo, non si accetta la proposta di un
eventuale referendum. Qualcuno ha dichiarato che siamo emotivi: chissà poi
perché. Non sarebbe poi necessario effettuarlo, perché già il consiglio comunale
e quello provinciale hanno dato parere ampiamente negativo (o per la Regione
valgono meno che nulla?) Comunque prendiamo esempio dai sardi che, con i
referendum (abrogativi e propositivi) ci hanno indicato una strada che vale la
pena di considerare. Chissà perché poi, solamente il nostro? Il governatore
Tondo è favorevole e con lui i (non) consiglieri triestini facenti parte della
stessa parte politica (si giocano forse la prossima conferma?). Se è un affare,
come dice lui, lo faccia da San Giorgio di Nogaro in giù, come già scritto su
queste colonne da altri concittadini: se avrà avuto ragione gli faranno una
statua sul lungomare di Lignano. Parliamoci chiaro: io per la Venezia Giulia non
lascerei decidere, a uno non eletto delle nostre parti, neanche il colore delle
luci di piazza Unità! Figuriamoci una cosa di tale importanza che coinvolgerà le
prossime generazioni. Ricordatevi di Violino e Ceriani. Il futuro di Trieste è
nel porto e nei suoi relativi commerci: così era e così sarà (alla faccia di chi
per anni ha remato contro). Abbiamo anche, per la lungimiranza di alcuni pochi
eletti, una posizione di preminenza (anche quella insidiata perché hanno visto
il business) nella dimensione internazionale della scienza con l’Area di Ricerca
e la Sissa. Un’ultima cosa. Ho letto della proposta per la Sanità regionale con
un’Azienda Unica. Domanda: chi dovrebbe avere in mano le sue redini, ovvero il
portafoglio? Se sta oltre l’Isonzo non ci siamo proprio. Occhio triestini, che
fra un anno si vota (e sarebbe auspicabile vedere facce nuove).
Iginio Zanini
Si aprono i giardini privati a Caresana e Grignano -
DOMENICA NEL VERDE »IN REGIONE
Visitabili settanta parchi per iniziativa degli “Amici” con il supporto
di Turismo Fvg A Trieste gli appassionati potranno scoprire rose, viti e piante
mediterranee
Roseti, serre, frutteti, splendide fioriture, aiuole potate in modo
fantasioso ed esplosioni di colore con piante di moltissime varietà. Angoli
nascosti, spazi verdi privati, saranno visitabili da tutti oggi nella terza
edizione di “Giardini Aperti” in Friuli Venezia Giulia, dalle 10 alle 13 e dalle
14.30 al tramonto. L’iniziativa è promossa dal circolo di giardinaggio “Amici in
giardino”, in collaborazione e con il supporto dell’Ente Turismo Friuli Venezia
Giulia–Agenzia Turismo Fvg. A Trieste sono due le persone ad aver aderito, che
apriranno le porte al pubblico: Rita Bensi-Sturman a Caresana 138 (tel.
040-231879, ritarosa@hotmail.it) con il suo roseto, il vigneto e il giardino; a
Grignano, Annamaria Tamburini Mitri (tel 040-224562, a.m.tamburini@gmail.com),
con un assaggio di vegetazione mediterranea. A Gorizia sarà invece possibile
visitare la proprietà di Carolina di Levetzow Lantieri in piazza Sant’Antonio
(tel. 0481533284, contatto@palazzo-lantieri.com) con il giardino alla persiana,
il roseto grande e il giardino antico. Tutti i riferimenti riguardanti gli altri
spazi aperti sono disponibili su www.amicingiardino.it, con numeri di telefono,
mail, orari e disponibilità dei singoli proprietari. In tutta la regione saranno
una settantina i giardini che resteranno a disposizione dei visitatori nell’arco
della giornata. Sempre sul sito, a ogni nominativo è legata anche una breve
descrizione. Si scopre così che tra i partecipanti ci sono anche proprietari di
giardini storici, di piante rare o chi ha curato con dettagli laghetti e fontane
nell’ambito del proprio parco. Lo slogan scelto dagli organizzatori è “Condividi
il tuo giardino, regalerai felicità” e l’iniziativa viene promossa con successo
già danni in Francia, Inghilterra e in Austria, approdata da poco anche in
Italia. «Questo progetto, con forte valenza turistica, è stato progettato e
promosso Il progetto “Giardini Aperti” nasce dall’idea di affermare il valore
del giardino, sia pubblico che privato nella vita di tutti i giorni», spiegano i
promotori. «Il giardino privato è una grande risorsa per il territorio,
importante per la valorizzazione del paesaggio». Il circolo di giardinaggio
amatoriale “Amici in giardino” ha avuto origine in forma spontanea tra persone
che da anni si frequentano e visitano i rispettivi parchi. In caso di maltempo
la manifestazione si svolgerà la domenica successiva. Sul sito dell’associazione
sono riportanti anche alcuni eventi concomitanti, come mostre, incontri e
approfondimenti , che si svolgono nel fine settimana, legati sempre al mondo del
giardinaggio.
Micol Brusaferro
Invasati all’orto botanico
Oggi, dalle 10 alle 14, all’Orto botanico di via Marchesetti, si terrà il
mercatino del giardinaggio e orticoltura “Invasati, tutti pazzi per i fiori”.
Alle 10 visita guidata agli iris; alle 11.30 concerto a cura della Glasbena
Matica di Trieste con gli allievi di flauto di Erika Slama.
DALMAZIA - La strage dei pesci nell’oasi di Vrana
Almeno una tonnellata di carpe, lucci e “siluri” morti nel maggior lago
croato per effetto della siccità. È disastro ambientale
ZARA Un disastro ambientale, il peggiore degli ultimi trent’anni. Nel più
grande lago in Croazia, quello dalmata di Vrana che si trova tra Zara e Sebenico,
è stata registrata nell’ultima settimana una terribile moria di pesci causata
dall’eccezionale siccità di questi ultimi mesi. Come effetto della pressoché
totale mancanza di precipitazioni, infatti, il livello delle acque è calato di
parecchio, con la temperatura che ha raggiunto addirittura i 23 gradi. Un fatto
assolutamente anomalo che, come conseguenza, ha portato all’aumento della
salinità, che ora è del 17 per mille, ma soprattutto ha determinato il fenomeno
dell’eutrofizzazione. In pratica vi è stata l’esplosione di alghe microscopiche,
con maggiore consumo di ossigeno, il che che alla lunga ha portato alla morte di
un’ingente quantità di pesci. In questa strage – si stima che almeno una
tonnellata di pesci siano stati uccisi dalla carenza di ossigeno - i più colpiti
sono le carpe, i lucci e i pesci siluro. Nonostante siano state organizzate
diverse operazioni di raccolta, sulla superficie del lago continuano a
galleggiare decine e decine di pesci morti, che danno un aspetto da incubo a
quello che è un parco naturale, dove sono vietate attività quali pesca e caccia,
proprio per non danneggiare l’ecosistema. «Personalmente non ho mai visto
qualcosa del genere a Vrana – ha dichiarato Ivica Prtenjaca, direttore del parco
naturale – è certo che non è stata una malattia a falcidiare i pesci, la qual
cosa è stata appurata dall’Istituto di veterinaria di Zagabria. Inoltre sui
corpi degli sfortunati animali non sono visibili segni di lesioni. È stata
purtroppo la natura a condannarli a morte». Le condizioni meteo di questi
giorni, con temperature che in Dalmazia hanno raggiunto i 30 gradi, non hanno
fatto altro che peggiorare la situazione e ora si attende l’annunciata parentesi
di maltempo che dovrebbe cominciare proprio oggi per durare fino a martedì. Si
spera che il peggioramento previsto del tempo porti la tanto attesa pioggia, che
arrecherebbe sollievo ai pesci di un lago che negli ultimi anni non ha avuto
molta fortuna. Al contrario. Vrana è stato infatti preso di mira in più
occasioni da piromani che hanno appiccato disastrosi incendi per quella che è
anche una riserva ornitologica. Negli incendi causati dolosamente sono andate
distrutte ampie porzioni di canneti e altra vegetazione quale vendetta – così,
almeno, si sostiene – dopo che il lago era stato proclamato area in regime di
tutela, con divieto d’attività per tutti i pescatori e i cacciatori.
Andrea Marsanich
IL PICCOLO - SABATO, 12 maggio 2012
Da Roiano a piazza Foraggi la mappa dei park possibili
POSTEGGI - I SITI ALTERNATIVI
Opzioni individuate dal Comune per scongiurare il risarcimento di 3,5
milioni all’impresa Riccesi. Allo studio anche la trasformazione di un grande
edificio in centro
La dead line è fissata al 24 maggio. O, entro quella data, il Comune
riuscirà a individuare le aree da adibire a posteggi in grado di compensare
l’impresa Riccesi per il mancato guadagno provocato dallo stop al park
sotterraneo di Ponterosso, o il costruttore presenterà definitivamente il conto.
Un conto da 3,5 milioni di euro, cifra che corrisponde all’indennizzo previsto
dalla novazione firmata con la ditta e lasciata in eredità dalla precedente
amministrazione comunale. Corsa contro il tempo Per scongiurare il rischio-
questa volta davvero reale - di dover pagare il maxi risarcimento, quindi, la
giunta Cosolini ha a disposizione appena 15 giorni. Un breve lasso di tempo
durante il quale perfezionare la lista di parcheggi alternativi. Lista in cui,
accanto a soluzioni “storiche” come il parcheggio in largo Roiano, spunta anche
qualche new entry, illustrata ieri per la prima volta all’interlocutore, nel
corso di un vertice in Municipio. Piazza Foraggi La prima delle nuove soluzioni
messe sul tavolo dall’amministrazione municipale, chiama in causa l’area di
piazza Foraggi. L’idea è di affidare all’impresa Riccesi lo spiazzo vicino
all’imbocco della galleria che già ospita attualmente una serie di stalli in
superficie, peraltro piuttosto caotici e disordinati. Al loro posto, nelle
intenzioni del Comune, potrebbe sorgere un contenitore da 130-150 posti. Nessun
blocco faraonico, quindi, bensì un piccolo edificio con due piani fuoristrada o,
al limite, un livello interrato e uno in superficie. «Una soluzione a nostro
giudizio interessante - commenta l’assessore alla Pianificazione Andrea Dapretto
- anche nell’ottica della riqualificazione della zona. Definire una
progettazione di qualità per il nuovo parcheggio, potrebbe rappresentare il
primo passo di un percorso di riassetto dell’area». Edificio in centro storico È
però su un’altra proposta, ancora più centrale e potenzialmente più appetibile
agli occhi dei costruttori, che si concentrano le speranze dell’amministrazione.
«Stiamo verificando la possibilità di trasformare in parcheggio un grande
edificio già esistente - chiarisce ancora Dapretto -, dettaglio particolarmente
vantaggioso per l’impresa che non dovrebbe procedere alla costruzione di livelli
interrati». Dove si trova fisicamente l’immobile sotto esame, però, l’assessore
la momento non lo dice, limitandosi a parlare di «zona del centro». «Non abbiamo
comunicato quest’informazione nemmeno a Riccesi, e lo faremo solo quando gli
uffici avranno completato le necessarie verifiche di fattibilità. Posso dire
solo che questa soluzione, nel caso in cui andasse in porto, ci consentirebbe di
risolvere gran parte del problema». Questo lascia intuire che il sito “top
secret” oltre che centrale sia anche molto capiente e in grado quindi di
assicurare buona parte dei 450 posti auto che, in base alla novazione, dovranno
essere garantiti a Riccesi. Largo Roiano La parte restante degli stalli pattuiti
potrebbe essere assicurata dall’ultimo dei progetti di cui si è discusso nel
vertice di ieri: il contenitore da 120 posti auto distribuiti su 3 livelli
previsto in largo Roiano. Tra tante incognite, infatti, questa pare essere
l’unica certezza. Dopo anni di attesa, il park da realizzare vicino al
supermercato Pam ha incassato il sostanziale via libera della giunta. Da
definire restano solo pochi dettagli progettuali, legati probabilmente anche
all’assetto da dare alla parte in superficie. Quella in cui, secondo l’idea
originale, dovrebbe trovare posto un’isola pedonale con una piccola piazza al
centro.
Maddalena Rebecca
Sul piatto anche le ipotesi di via Cereria e dell’ex
Maddalena
E il contestato parcheggio di via Cereria? Né archiviato per sempre, né
autorizzato in via definitiva. Il vertice di ieri in Municipio non ha chiarito
il destino del posteggio a i San Vito, rimasto sospeso a mezz’aria nell’attesa,
evidentemente, di sistemare tutti gli altri tasselli del puzzle. L’impressione è
che, viste anche le rimostranze avanzate da alcuni residenti, il Comune non
scalpiti dalla voglia di dar corso a quel progetto. Tutto dipenderà, però, dalla
possibilità di trovare ipotesi alternative. Una tra l’altro, nel vertice di
ieri, l’ha proposta la ditta stessa: concedere ai costruttori, sempre a mo’ di
compensazione per il park di Ponterosso, un certo numero dei parcheggi all’ex
Maddalena che, in base all’Accordo di programma, avrebbero dovuto essere ceduti
a titolo di oneri di urbanizzazione. Ipotesi però giudicata troppo complessa dal
Comune e, di fatto, uscita di scena.
«Accetteremo solo soluzioni che abbiano mercato» - IL
COSTRUTTORE
Di per sè il fatto di individuare due o tre zone in cui ricavare futuri
parcheggi non è sufficiente ad allontanare la spada di Damocle rappresentata
dagli obblighi di novazione contratti con l’impresa Riccesi. Perchè quell’incubo
si dissolva, infatti, è necessario anche le proposte messe sul tavolo siano
giudicate valide e adeguate dal costruttore. «I parcheggi vanno fatti dove
servono - commenta Donato Riccesi - altrimenti restano vuoti, come dimostra il
caso del park di via Locchi. Noi, quindi, accetteremo solo proposte per le quali
esiste realmente mercato: se il Comune riuscirà a individuarle bene, altrimenti
punto scatterà inevitabilmente il risarcimento previsto dalla novazione. Con la
carenza di lavoro che c’è in questo momento, non possiamo più aspettare. Sembra
di assistere ad un film infinito, visto che la “rappresentazione” è iniziata nel
lontano 2001. Ma ora, a distanza di 11 anni - conclude Riccesi - è venuto il
momento di mettere la parola fine». Questa volta, insomma, l’impresa fa sul
serio come ben sa lo stesso Roberto Cosolini. «Devo dare atto alle ditte
interessate di aver dato prova di disponibilità e ragionevolezza - commenta il
sindaco -. Detto questo, posso dire che avrei fatto volentieri a meno di questo
problema. Invece mi sono trovato a gestire una “rogna” bella e buona: una
novazione che mi obbliga a pagare un indennizzo di 3,5 milioni di euro o a
compensare le imprese con proposte alternative. E visto che di questi tempi
sborsare una cifra simile è pura follia, stiamo cercando con grande impegno di
percorrere la seconda strada. Siamo al lavoro quindi - conclude Cosolini - per
trovare opzioni che rispondano ad effettivi bisogni di parcheggi e siano anche
sostenibili dal punto di vista del territorio».
(m.r.)
Interventi difficili per pastini e scalinate - Lavori
sui collegamenti pedonali fra Contovello e Strada del Friuli ma scarseggiano gli
artigiani
CONTOVELLO Il Comune di Trieste a breve provvederà alla manutenzione di due
scalinate che dal centro di Contovello collegano il borgo antico della
pittoresca frazione a Strada del Friuli. Lo comunica l’assessorato comunale ai
Lavori pubblici alla circoscrizione di Altipiano Ovest che, attraverso il suo
presidente, aveva sollecitato l’intervento. «Le due scalinate vengono utilizzate
quotidianamente da diversi paesani per connettersi con l’area di raccolta dei
rifiuti e la sottostante direttrice viaria. Oltre alla riparazione delle parti
sconnesse o rotte – spiega il presidente del parlamentino Roberto Cattaruzza – è
previsto il riassetto del corrimano. Sempre da piazza Unità veniamo informati
che la richiesta di potenziamento dell’illuminazione pubblica per una delle
scalinate è stata inoltrata all’AcegasAps competente in materia». L’assessore ai
Lavori Pubblici Andrea Dapretto ha confermato inoltre che per il percorso che
dall’area della “Tenda Rossa”, sulla strada Costiera, conduce al mare, è in
corso l’iter di affidamento dei lavori di ristrutturazione. La manutenzione
dell’erta scalinata risulta finanziata con un contributo della Regione e del
Comune di 75 mila euro ciascuno. Nessuna buona nuova invece per il recupero di
quel sentiero Natura che dalla parte a monte del Parco di Miramare si inerpica
sino all’abitato di Contovello. Si tratta di uno dei percorsi della provincia
triestina più frequentati dagli escursionisti e dai turisti, direttrice rurale
che oltre a offrire splendide panoramiche sul golfo riveste assoluto rilievo dal
punto di vista didattico naturalistico. «Preso atto dell’oggettiva situazione di
degrado del sito – scrive il Comune – si rende noto che sarà possibile
effettuare un sistemazione del sentiero a avvenuta verifica della proprietà
delle murature franate sul selciato e dopo aver reperito un finanziamento a
copertura della spesa». Il problema è davvero di difficile soluzione. Difficile
rintracciare i proprietari di quei terreni sovrastanti il sentiero da cui
continuano inesorabilmente a franare al suolo i fradici muretti a secco di
contenimento ai terrazzamenti. «Ferma restando la necessità di individuare i
proprietari, le normative e i vincoli prevedono che i pastini vengano cinti con
i soli muretti a secco», continua Cattaruzza. «Il fatto è che oggigiorno è
difficile rintracciare artigiani capaci di ripristinarli a regola d’arte, è un
mestiere in via di estinzione il che complica ulteriormente il recupero del
sito».
Maurizio Lozei
Anche il Pdl frena sul rigassificatore: servono
garanzie - MARINI E CAMBER SOLLEVANO IL CASO
TRIESTE Il Pdl di Trieste chiama Renzo Tondo e Luca Ciriani sulla questione
rigassificatore. È disposto a un’apertura rispetto al suo storico “no” in cambio
di garanzie per la città «che la Regione può contribuire a dare», dice Bruno
Marini. Il consigliere regionale, assieme al collega Piero Camber, ha sollevato
il caso nell’incontro post-elettorale del Pdl, ma è poi entrato nel merito in un
vertice ristretto con Ciriani. Per poter rimuovere il “no se pol” triestino
servono garanzie certe di sviluppo economico a fronte dell’impatto ambientale
dell’opera. E la Regione se ne deve fare carico. Perché una Trieste chiamata ad
accettare il rigassificatore, spiega Marini, «non può non avere in cambio
contropartite: sul tavolo vanno messe le ricadute occupazionali di un
investimento da 600 milioni di euro. E si tratta di fare chiarezza sulle
royalties da destinare a servizi per i cittadini, sul beneficio economico in
bolletta, sulla partecipazione societaria di Acegas-Aps». In sostanza, se
rigassificatore deve essere, ci siano anche lavoro, ritorni economici (ai tempi
di Dipiazza si parlava di 4-5 milioni all’anno per 20 anni di Gas Natural al
Comune), prezzo “agevolato” per il gas dei triestini e pure un ruolo importante
per Acegas-Aps all’interno della società che gestirà il business: «Nessun dubbio
che i tributi dovranno restare sul territorio e che alla multiutiliy locale vada
assegnata una quota non simbolica». Tutti temi, sottolinea Marini, «sui quali
Dipiazza aveva iniziato ad alzare i paletti ma che adesso, con Cosolini
condizionato dall’ala sinistra della sua maggioranza, nessuno segue più». Di qui
il richiamo a Ciriani: «Prima di dare un via libero convinto, attendiamo che la
Regione si prenda carico di questioni chiave per il futuro di Trieste». Senza
trascurare l’aspetto ambientale: nello stesso incontro Camber ha manifestato
forte preoccupazione per le acque del golfo segnalando il rischio
dell’inquinamento da cloro.
(m.b.)
La Lucchini: «Gli operai della cokeria stanno bene»
«Sono simili ai valori di riferimento della popolazione italiana quelli
risultanti dalle ultime analisi effettuate sui lavoratori della cokeria dello
stabilimento siderurgico di Servola, i cui dati sono stati recentemente
comunicati, in forma anonima, anche alle rappresentanze sindacali della Lucchini
e consegnati – come abitualmente ogni sei mesi – all’Azienda sanitaria di
Trieste». È quanto fa sapere in una nota la stessa Lucchini per tentare di
rassicurare i lavoratori e la città intera. «Il monitoraggio biologico,
effettuato su 89 lavoratori della cokeria e su qualche decina di persone che
operano in altri reparti, nel tener conto anche delle abitudini individuali dei
singoli (fumo di sigaretta, alimentazione, residenza, igiene e cura della
persona) ha evidenziato, ancora una volta, come i fumatori presentino dei valori
relativamente più elevati rispetto ai non fumatori, anche se non allarmanti».
«Per questo, la Lucchini – d’intesa con le organizzazioni sindacali – ha deciso
di mettere in atto una serie di ulteriori procedure di carattere
igienico-sanitario e organizzativo, con l’obiettivo di sensibilizzare, informare
e formare i lavoratori tutti».
La Soprintendenza nel caos: manca chi firma gli
straordinari
I sindacati minacciano azioni legali, penalizzati anche i dipendenti del
castello di Miramare.
Caburlotto scrive al suo direttore Martines: «Il mio
ufficio ora rischia la paralisi»
Scoppia una mezza rivoluzione in Soprintendenza. L’assenza di un
responsabile del personale scatena reazioni a catena. I dipendenti sono tanto
pochi che basta una casella vuota per mandare all’aria piani alti a piani bassi.
Custodi e sorveglianti del castello di Miramare non sono stati pagati per le ore
di lavoro festive e straordinarie di Natale 2010, e di molte giornate del 2011.
I sindacati hanno ora minacciano vertenze a carico del soprintendente ai Beni
storico-artistici Luca Caburlotto, il quale ha manifestato “mani legate”, visto
che la Direzione dei Beni culturali (e lo ha contestato con una dura lettera) ha
chiesto al ministero l’assunzione di un’archivista al posto di un dirigente
amministrativo, e lo ha destinato a Udine. Se un dirigente non firma le presenze
e le ore straordinarie, queste non possono venir pagate. Una questione non di
soldi, ma di mera burocrazia. La storia però è più complessa, e fotografa la
grande magrezza degli organici dei Beni culturali. Per concorso doveva essere
coperta questa posizione amministrativa, ed è perfino avvenuto. Ma la
dipendente, dopo appena due mesi, ha dato le dimissioni. Posto nuovamente
vacante. «Mi era stata data verbale assicurazione - recrimina ora Caburlotto al
direttore Giangiacomo Martines - che sarebbe stata sostituita». Ma nell’ambito
delle graduatorie ministeriali, che avevano destinato al Friuli Venezia Giulia
una sola unità amministrativa, la lista delle disponibilità (dopo quelle
dimissioni) era esaurita. Martines allora ha domandato al ministero di attingere
a un’altra lista, quella degli archivisti, e ha sanato un “buco” a Udine. Apriti
cielo. Caburlotto scrive a Martines: «Ciò comporterà la privazione per tempi
prevedibilmente molto lunghi di un indispensabile funzionario amministrativo,
mettendo il mio ufficio in condizioni di paralisi, di cui la Direzione si assume
tutte le responsabilità». I sindacati hanno mostrato i denti, un’infuocata
riunione di quasi 4 ore si è chiusa con la minaccia di cause. «Al castello di
Miramare - racconta Carmela Sterrentino della Cgil-Funzione pubblica - lavora
una trentina di persone per 365 giorni all’anno, compresi festivi, Natali e
Pasque, fanno visite guidate in italiano e in lingue straniere, custodia e
accoglienza, non è possibile non pagare gli “extra” per anni, se la cosa non si
risolve c’è la possibilità di una vertenza individuale da parte dei dipendenti.
Il problema - prosegue Sterrentino - è che da una Soprintendenza unica si è
passati anni fa a tre, ciascuna con il suo organico, che dunque non basta mai, e
c’è un continuo, vorticoso cambio di direzioni e soprintendenti, nessuno fa in
tempo a risolvere le situazioni. A questo si è aggiunto il blocco del turn-over
e il blocco degli aumenti contrattuali di stipendio fino al 2014. Così non si
può andare avanti».
Gabriella Ziani
Definiti i contributi per la differenziata - Ai comuni
La Giunta regionale ha definito i contributi ai Comuni sulla base dei risultati della raccolta differenziata dei rifiuti urbani effettuata nel 2010. La tabella prevede un rientro pari da 0,25 euro per abitante per i comuni che differenziano tra il 50 e il 60 per cento dei rifiuti fino a 4 ore per chi differenzia oltre il 90%.
IL PICCOLO - VENERDI', 11 maggio 2012
«Rigassificatore, progetto presto obsoleto» - I motivi
del no all’impianto ribaditi in un incontro organizzato dal Tavolo tecnico
transnazionale
È molto pericoloso per le conseguenze di un possibile incidente, per
l'impatto sull'ambiente circostante, costoso e fra qualche anno potrà essere
sostituito da condutture di trasferimento a terra. Un nuovo secco no al
rigassificatore a Trieste è giunto ieri dalle analisi proposte da una serie di
specialisti ed esperti, durante un incontro organizzato dal Tavolo tecnico
transnazionale coordinato da Adriano Bevilacqua e svoltosi all'Università. Sulla
probabilità che «il rigassificatore possa diventare in pochi anni un impianto
superato, obsoleto e a quel punto inutile» si è espresso Giorgio Trincas,
docente all'Ateneo cittadino: «Ci sono due progetti per portare il gas dal Medio
Oriente al centro Europa e uno dei due già nel 2015 porterà a ridosso del
confine il 75% del fabbisogno del nostro Paese. Ecco perché insistere con
impianti fissi come il rigassificatore appare ingiustificato. Gas Natural ha
annunciato che servono 550 milioni per costruirlo. Secondo me la somma
necessaria è almeno il doppio, perché mancano gasdotto e impianti di sicurezza».
Concetto ribadito da Marino Valle: «Un rigassificatore è un sistema non un
semplice impianto e per funzionare deve necessariamente essere collegato a un
gasdotto, perciò l'impatto ambientale sarebbe molto elevato e il costo per
costruirlo notevole. Di grande dimensione anche il costo sociale che potrebbe
essere determinato da un incidente che dovesse verificarsi. I rischi maggiori -
ha concluso l’ingegnere - sono un incendio e un'esplosione, ed entrambi
vedrebbero accentuati i propri effetti dal vento». Il fisico nucleare
Gianrossano Giannini ha citato «l'incidente nucleare di Fukushima, che è stato
catalogato al settimo livello, il massimo, della scala Ines, che classifica i
disastri nucleari per pericolosità. Oggi le possibilità di accadimenti di questa
entità si misurano in per cento e non in per mille, perciò il rischio collegato
alla presenza di un impianto di questo tipo nel golfo va considerato con estrema
attenzione». Carlo Franzosini, della Riserva marina di Miramare, ha affermato
che «l'impianto sarebbe situato a solo una decina di chilometri dalla nostra
Riserva. L'impatto sull'ambiente sarebbe terribile, perciò ritengo
indispensabile spostare eventualmente il rigassificatore in altre acque, con
fondali diversi». Marina Zweyer, docente dell'Università di Trieste, ha
ricordato che «nel mare ci sono comunità batteriche che servono a pulirlo,
decomponendo e degradando sostanze organiche che vanno a finire nel golfo. Se
noi immettiamo nel mare grandi quantitativi di cloro, come accadrebbe nel caso
di realizzazione del rigassificatore questo equilibrio si spezzerebbe
irreversibilmente». Giovanni Nedoclan, docente di Igiene ambientale a Trieste,
ha illustrato il rischio rappresentato da un eccessivo versamento di cloro nelle
acque del golfo sotto il profilo chimico. «Il cloro può unirsi a molteplici
sostanze ossidandole. Le conseguenze dei processi di lavorazione del
rigassificatore consisterebbero in una generale ossidazione di elementi già
presenti nel mare, con la formazione di composti tossici e cancerogeni. Gli
studi finora fatti e proposti da chi vuole realizzare il rigassificatore non si
occupano a sufficienza - ha concluso Nedoclan - del formarsi di cloro derivati
organici. Accettare questo progetto equivarrebbe a formare una cambiale in
bianco».
Ugo Salvini
«Porto vecchio zona off shore a patto che rimanga
aperto» - IL CASO »DOPO IL DIBATTITO DI ROMA
Il concessionario Enrico Maltauro favorevole alla conservazione del Punto
Franco: faciliterebbe il commercio, la “marina” e la ricerca. Le perplessità di
Cosolini e Rosato sulla proposta di Paoletti
Porto vecchio come centro d’affari “extraterritoriale” senza vincoli di
dogana.World trade center. Borsa delle merci. Banche off-shore. Centri di
ricerca in regime extradoganale. Attività di trasformazione nell’ambito dei
privilegi concessi dal Punto franco. Una ennesima trasformazione entra in scena.
Forse digerita la prima, di costruire anche case in Porto vecchio, l’altro
giorno (e non per caso da un palco romano con un ampio “parterre” politico,
ministeriale, economico) si sono rovesciati di nuovo prospettiva e profilo della
“nuova città”. Il sasso sfonda il sipario dell’eterno tabù e trova favorevoli i
concessionari. Sì al mantenimento parziale del Punto franco. Lo ha ribadito da
una plancia alta la presidente del Porto, Marina Monassi. Braccio operativo di
nuovo il presidente della Camera di commercio Antonio Paoletti, che oggi non
vuole esplicitare i dettagli della proposta, ma che intende insediare negli
spazi in concessione a Portocittà l’iscrizione al consesso del World trade
center newyorkese di cui afferma di avere la licenza. La prospettiva apre
interrogativi non da poco. La concessione a Maltauro-de Eccher e soci quali
clausole contiene? Prevede vincoli reciproci tra Porto e privati sul Punto
franco? Se si delimitano zone per deprimere il profilo di cittadella civile, e
si torna ad attività di Punto franco come invocato da chi osteggia
trasformazioni, come si salvaguarda l’altrettanto invocata “libera
circolazione”, e che cosa si fa della discussa sdemanializzazione? «Una Borsa
delle merci, che porti 300 posti di lavoro - esclama il deputato Pd Ettore
Rosato -, va benissimo, ma solo se qualcuno ci mostra finalmente l’imprenditore
e il suo progetto, ci dice dove lo ha tenuto nascosto finora, e noi gli
stringiamo la mano. Monassi non è da ieri in Porto, ma ancora non ha fatto
niente in questo senso, e penso che quel convegno pomposo sia stato solo una sua
prova di forza per riaprire il vortice delle discussioni, un’altra volta solo
parole, e sono quelle che sentiamo da 20 anni». Il sindaco Roberto Cosolini:
«Non ho in mano l’atto di concessione. Ma a Roma ho sentito parole fumose, che
mescolano il Punto franco con l’idea di una “zona franca urbana”, una sequenza
di sciocchezze. Io ribadisco: deve restare garantita la libera circolazione in
Porto vecchio, e mi aspetto dal tavolo tra Autorità portuale, Comune e
concessionari una proposta chiara e comune. Dove serve il Punto franco, e dove
no. Mi pare però evidente - stringe il sindaco allusivo - che tutte queste
proposte (e sarebbe incomprensibile il contrario) si riferissero casomai al
Punto franco del Porto nuovo...». Sono però i concessionari ad avere in mano non
solo gli accordi firmati, ma anche larghi pezzi di timone. Parla Enrico Maltauro,
uno dei soci di Portocittà, reduce dal convegno romano: «Io sono come uno che
deve salire al 175° piano, ma non ha la chiave dell’ascensore - esordisce -, nel
dare la concessione l’Autorità portuale (epoca Boniciolli, ndr) non poteva
impegnarsi sul Punto franco, perché è di competenza esclusiva del ministero
degli Esteri, discende come si sa da accordi internazionali del dopoguerra. Io
chiedo garanzie? Non me le possono dare. Però - precisa Maltauro -, mantenere
settori di Punto franco può starmi benissimo, significa utilizzare
un’opportunità. Ma a una condizione: che resti saldo il presupposto, la volontà
che Porto vecchio rappresenti sempre un ampliamento alla città, e cada il
vincolo dell’ingresso chiuso. Uno strumento “modellato” è tuttavia interessante,
per attività di “marina”, di commercio, e anche per una “zona franca” in cui
fare ricerca». E le perimetrazioni? Si prefigura un Porto vecchio a scacchi?
Maltauro: «Oggi tutto è virtuale, il Punto franco io lo vedo non tanto come
elemento fisico, ma come norma che consente operazioni finanziarie. Se aggiungo
un pezzo di città, deve essere zona integrata, con una sua ragione d’esistere.
Immaginare recinti è ridicolo».
Gabriella Ziani
«Bonifiche, la Regione ora vari un piano a favore delle
attività»
La ridefinizione del sito inquinato annunciata da Clini per il 26 tra i
temi al centro del dibattito con Cosolini, Razeto e Moretton
La situazione economica di Trieste e le possibilità di sviluppo della città.
Idee e proposte concrete per superare lo stallo che ha coinvolto numerosi
progetti negli ultimi anni; il tutto nel contesto della crisi economica generale
che sta attanagliando l’Italia. Si è sviluppato intorno a questi presupposti il
dibattito organizzato alla Stazione marittima, che ha visto confrontarsi il
sindaco Roberto Cosolini, il presidente di Confindustria Trieste Sergio Razeto e
il presidente del gruppo del Pd in Consiglio regionale Gianfranco Moretton. Un
excursus che ha toccato i temi più caldi sul tappeto, attraverso gli spunti e le
domande del moderatore (e consigliere regionale del Pd) Sergio Lupieri. A
partire dalle bonifiche del Sito inquinato (Sin), nodo che sta prendendo una
direzione precisa dopo che il ministro all’Ambiente Corrado Clini ha annunciato
che il 26 maggio sarà presentata al Consiglio dei ministri la riperimetrazione
del Sin con la semplificazione delle procedure per il recupero. «Finalmente una
buona notizia – ha commentato Cosolini – dopo anni di inconcludenze, il problema
della perimetrazione delle aree è stato riportato nei suoi termini reali. Una
decisione dettata dal buon senso che permetterà a molte industrie di poter
mettere in atto i loro investimenti». Razeto: «Ci sarà un cambiamento
sostanziale per le imprese esistenti che potranno muoversi liberamente dopo
essere rimaste bloccate per troppo tempo, ma non potrà essere questo l’elemento
unico e risolutore». Una decisione importante ma tardiva, per Moretton. «Il
ministero dell’Ambiente ha impiegato più di dieci anni per arrivare alla
delimitazione adeguata delle aree inquinate. E comunque il problema non è
concluso. La Regione deve attuare un piano di intervento per sostenere le
attività industriali ad iniziare dalle infrastrutture». Una discussione che non
poteva non portare al rigassificatore di Zaule, cui Cosolini ha ribadito la
contrarietà. «Il rigassificatore è una di quelle cose che non si devono fare a
tutti i costi, ma solo se esistono le condizioni di sicurezza e rispetto
ambientale. In questo senso Gas Natural non è mai stata in grado di fornire
garanzie e spiegazioni adeguate». Concetto ripreso anche da Razeto, ma con dei
distinguo: «Da un punto di vista tecnico-industriale il rigassificatore è una
soluzione strategica. Il mercato del gas sarà il propulsore dei prossimi
vent’anni, a patto però di limitarne l’impatto ambientale». Una questione su cui
Moretton non ha risparmiato bacchettate alla giunta Tondo. «È evidente che se le
autonomie locali non sono d’accordo quell’impianto non potrà mai essere
realizzato. Tondo non può andare avanti per la sua strada, disinteressandosi di
questo problema». Ecco poi il Porto. Secondo Razeto «con pochi quattrini si
possono raggiungere buoni livelli di movimentazioni, ma serve un’accelerata sul
Piano regolatore e le istituzioni devono muoversi in questo senso». Troppe le
occasioni perdute in passato, per Moretton: «Molti progetti si sono fermati per
strada. Servono investitori privati, penso ad esempio alla Cina, ma ci vuole una
politica di accompagnamento affinché il Porto non diventi territorio di
conquista». Fondamentali per Cosolini le alleanze strategiche «È importante la
collaborazione con Capodistria e occorre aprire agli investitori che arrivano da
fuori. Solo così si migliora il servizio». Infine i collegamenti ferroviari e
non solo. Per Razeto la situazione «è in completa sofferenza e lo sarà sempre di
più in futuro. Sul fronte merci serve un’apertura con l’estero e bisogna puntare
sui collegamenti via mare sottoutilizzati». Per Moretton «è fondamentale un
piano regionale che punti ad ampliare collegamenti e infrastrutture, per dare un
impulso di crescita alla città ed a tutta la regione». Le ultime battute sul
turismo: secondo Cosolini «la promozione della città deve passare per il
rafforzamento delle relazioni con le capitali europee, che rappresentano la
principale rete turistica», e sul patrimonio del mondo scientifico che però per
Razeto «deve razionalizzare e non disperdere le risorse, in un’ottica di aumento
della qualità offerta e di diminuzione dei costi».
Pierpaolo Pitich
Sabato ecologico a Borgo S. Sergio per ripulire il
verde dai rifiuti - INVITATI I CITTADINI
Un’intera giornata dedicata alla raccolta dei rifiuti abbandonati e alla
pulizia nell’area verde semiboschiva “Le cascatelle”, vicina alle case di Borgo
San Sergio. Oggi, nell’ambito del programma Habitat Microaree, residenti e
volonterosi sono invitati all’iniziativa “Differenziamoci”, con ritrovo alle
9.30 alla Casa del Popolo di via di Peco. L’iniziativa – cui partecipano
Legambiente, Associazione Tri(est)e, Cooperativa Duemilauno, Acegas, VII
Circoscizione, scuola Roli, ricreatorio Ricceri, biblioteca Mattioni - è stata
illustrata ieri dall’assessore alle Politiche Sociali del Comune Laura Famulari
e dai vari rappresentanti, Martina Goica dell’Ass, il presidente della VII
circoscrizione Francesco Bettìo, Francesca Oliva per le Cooperative, Sara Bais
del Gas (Gruppo Acquisto Solidale), Massimiliano Capitanio per La Quercia e
Mauro Cotterle responsabile Acegas per la VII circoscrizione assieme a Fulvio
Zoch per la IV. Saranno messi a disposizione dei cassoni dove verranno raccolti
i rifiuti che l’Acegas provvederà a smaltire. Questa è la prima area interessata
dal “sabato ecologico”, che verrà in futuro “esportato” in altri rioni, a
seconda di esigenze e necessità. L’anno scorso - hanno sottolineato gli
intervenuti - alla raccolta hanno partecipato circa 50 persone e sono stati
riempiti ben cinque container. Tutti coloro che parteciperanno sono invitati a
munirsi di guanti, pale e acqua. Le merende saranno fornite dalle Cooperative
Operaie. Sara Bais, ideatrice dell’iniziativa, ha posto l’accento
sull’«importanza di sensibilizzare le persone a non gettare i rifiuti
ingombranti nelle aree verdi, ma di utilizzare gli appositi centri o il servizio
di ritiro a domicilio dell’Acegas». E ha sollecitato a partecipare alla raccolta
anche i bambini, per imparare a tutelare il verde come bene comune.
SEGNALAZIONI - Ferriera / 1 Contro lo smog basta parole
Dal 26 giugno 2007 al 10 maggio 2011 Ass. n. 1 Triestina ha inviato ben 12 lettere alle autorità interessate, in tutte le lettere ha espresso precise valutazioni sui rischi per la salute umana e per l’ambiente conseguenti all’inquinamento da polveri, benzene e Ipa. In seguito è stata analizzata la qualità dell’aria, nella zona dell’Università e nella mia abitazione in via Pitacco (Servola), i risultati sono i seguenti: concentrazioni di Ipa del giorno 8 agosto 2011, Università: Ipa totali 0.49 Ipa cancerogeni 0.24 B(a)P 0.00. Servola: Ipa totali 1170, Ipa cancerogeni 431 B(a)P 127. N.b.: la differenza, la qualità dell’aria tra l’Università e Servola. Il 5 e 6 maggio in via Pitacco (Servola) sono state giornate infernali. La Ferriera mi ha costretto a barricarmi in casa, a causa dell’inquinamento di una polvere grassa e un odore acre, proveniente dallo stabilimento siderurgico. Ho segnalato alla Polizia municipale (come faccio da molti anni), la quale segnala all’Arpa, ma purtroppo la Ferriera continua a inquinare, grazie alla non tutela delle autorità preposte. Ho azzeccato a scrivere sullo striscione che si trova appeso al mio balcone, “inquinamento ferriera no bla bla ma giustizia” visto che i responsabili delle istituzioni non fanno nulla per impedire che la Ferriera usi violenza ai cittadini con l’inquinamento, e soprattutto, non tutelano la salute dei più deboli che sono i bambini e gli anziani.
Nevio Tul
SEGNALAZIONI - Ferriera / 2 Salute a rischio
È la seconda volta che vi scrivo per il problema della Ferriera ma questa volta ho scattato delle foto nel cortiletto di casa mia (Servola) nelle quali si vede in modo molto chiaro la polvere di carbone che si e' depositata al suolo a seguito della pioggia. Prima questa polvere era sospesa in aria e veniva respirata da tutti, bambin i, adulti e anziani con conseguenze facilmente immaginabili per i sofferenti di asma branchiale nonche' di allergie asmatiche. Cosa stanno facendo le istituzioni preposte alla tutela della salute della popolazione? Cosa sta facendo l'Arpa, non dovremo mica fare una coletta per dotarla di una apparecchiatura atta all'aspirazione dell'aria? Dove sta la Regione, cosa stanno facendo Tondo e la sua giunta per tutelare la salute dei contribuenti che tra l'altro contribuiscono ai loro lauti stipendi? Dimenticavo che e' piu' importante insegnare il friulano nelle scuole (quello di Udine, quello della Bassa Friulana, quello della Carnia?), predisporre il finanziamento per un vocabolario friulano – italiano e viceversa e poi magari pensare di attuare una riforma delle aziende sanitarie territoriali per andare a colpire quelle che funzionano, come quella di Trieste. A questo punto penso proprio che parlare seriamente di salute con costoro non sia possibile. Evidentemente la salute piu che un bene prezioso e' un businness prezioso per chi lo esercita indirettamente, ma non per chi lo subisce. Le stesse foto con e-mail di accompagnamento le ho inviate anche al sindaco Cosolini.
Arduino Adamolli
IL PICCOLO - GIOVEDI', 10 maggio 2012
L’inquinamento sale a livello di guardia
L’Arpa, in un dossier di 318 pagine, denuncia i rischi ambientali. In
crescita le polveri sottili. Acqua contaminata in pianura
TRIESTE Non di certo un malato terminale, il Friuli Venezia Giulia è
piuttosto un paziente da tenere sotto stretta osservazione. Il dottore, l’Arpa,
ha fatto la sua diagnosi e ci dice che stiamo così così. Si boccheggia, tra gas
di scarico e fumi industriali. Trieste ne sa qualcosa. Il Rapporto 2012 sullo
stato dell’ambiente redatto dall’agenzia regionale, illustrato ieri in
Commissione dal direttore generale Lionello Barbina e dal responsabile tecnico
Fulvio Stel, è una scomoda cartella clinica di 318 pagine. Che ora la politica
deve scegliere se archiviare nell'improbabile voce dei “faremo” o se rimboccarsi
le maniche subito. Il 2011 ha consegnato chiare indicazioni: la legge, come
ricorda Stel, afferma che nell’arco di un anno non si possono avere più di 35
giorni in cui la concentrazione media di polveri sottili (Pm10) supera i 50
microgrammi per metro cubo d’aria. Ebbene, nonostante le procedure di
Autorizzazione Integrata Ambientale (Aia) per gli stabilimenti e la riduzione di
emissioni nel trasporto su gomma grazie agli Euro 5 e 6, a Pordenone e a Trieste
i dispositivi hanno registrato una cinquantina di sforamenti, a Udine oltre i
40, mentre Gorizia è stata sotto la soglia. Cosa è successo? «Un ristagno
dell’aria sull’intero territorio, meno vento», spiega l’Arpa, che si accompagna
all’aumento della combustione domestica: si costruiscono più case e schizza la
vendita di apparecchi di riscaldamento a legna. Dal 2005 al 2009 in Fvg sono
state vendute dalle 10 mila alle 12 mila stufe, di cui il 60% a pellet e il 40%
a ciocchi. Tra le sostanze esalate dalla combustione della legna figurano gli
idrocarburi policiclici aromatici (riconosciuti come cancerogeni dall’Oms) tra i
quali il benzopirene e le diossine. Un inquinamento che incide in particolare
nel caso di materiali solidi, a causa del ridotto rimescolamento tra la sostanza
che brucia e l’ossigeno nell’aria. Non va meglio con l’acqua: quella sotterranea
della bassa pianura goriziana, friulana e pordenonese, «presenta vaste e
significative contaminazioni di nitrati e prodotti fitosanitari di origine
agricola – rileva l’Arpa – o da scarichi industriali». Si tratta dunque di
ridurre l’utilizzo di fertilizzanti chimici. Altri pericoli ambientali, che
l’agenzia invita a tenere sotto controllo, riguardano la legionella che rischia
di diffondersi insieme all’incremento degli impianti di condizionamento e del
numero di piscine. Infine elettromagnetismo determinato dall’introduzione del
digitale terrestre e dalla proliferazione degli impianti di telefonia mobile.
Gianpaolo Sarti
Il mercurio “abita” nell’Alto Adriatico e insidia pesce spada, tonno e branzino
Branzino al mercurio, buon appetito. L’Alto Adriatico è inquinato dalle concentrazioni del metallo, dovute alle attività minerarie risalenti al 1500 e terminate da oltre 10 anni. Ma nonostante le elevate contaminazioni delle foci dell’Isonzo, nel golfo di Trieste e nella laguna di Marano e di Grado, «dove si sovrappongono gli apporti industriali conclusi all’inizio degli anni Novanta – precisa l’Arpa – le acque marine e lagunari non presentano superamenti degli standard ambientali di riferimento europeo». Mercurio a livello «significativo» si riscontra «solo nei grandi pesci predatori pelagici», vale a dire le specie in cima alla piramide alimentare, come ad esempio pesce spada, tonno e branzini. «In assenza di possibilità di bonifica – aggiunge il Rapporto – e di un comprovato rischio sanitario, occorre assumere una particolare attenzione nel consumo di prodotti ittici da parte delle donne in gravidanza».
(g.s.)
INCONTRO-DIBATTITO ALL’UNIVERSITA’
“Non rifiuto, io riciclo” Arci Comitato territoriale di Trieste e Arci Casa
dello Studente presentano oggi, alle 17, nell’aula Venezian dell’Università,
l’incontro-dibattito “Non rifiuto, io riciclo” rivolto agli studenti
universitari di Trieste e fuori sede riguardo l'importanza e l'utilità delle
buone pratiche nella gestione dei rifiuti per il rispetto dell'ambiente, per una
cultura del riuso e del riciclo attraverso pratiche di consumo critico e
consapevole. Intervengono Umberto Laureni, assessore all'ambiente Comune di
Trieste, Paolo Plossi del Servizio Tutela del territorio della Provincia,
Alessandro Giadrossi, presidente del Wwf, con "Prima della raccolta
differenziata il riuso", Paolo Dalmaso ed Erica Zugna, dirigenti dell’Acegas.
Modera Alfredo Altobelli, docente di Ecologia all’Università. Segue una
dimostrazione pratica su “Riciclo carta Faida te”.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 9 maggio 2012
Ennesimo no del Consiglio al rigassificatore - MOZIONE
DOPO IL RILANCIO DI TONDO
Stabulario dell’Università: aula contro la vivisezione quale metodo
scientifico e didattico
Il presidente della Regione, Renzo Tondo, nei giorni scorsi durante
l’assemblea di Confindustria, aveva annunciato che intende prendersi la
responsabilità «anche a costo di perdere consenso» di realizzare il
rigassificatore a terra nella zona industriale di Zaule nonostante i pareri
negativi espressi dal Consiglio comunale di Trieste. Un ulteriore no è ora
arrivato lunedì sera dal Municipio triestino grazie a una mozione “trasversale”
firmata da 12 consiglieri. Nella mozione s’impegna il sindaco a invitare Renzo
Tondo in aula per un confronto pubblico. Il “governatore” potrà così esporre i
vantaggi che deriverebbero a Trieste con la realizzazione del rigassificatore,
mentre il Consiglio comunale dovrà esprimere nuovamente un parere negativo,
anche attraverso il supporto di tecnici con specifica competenza sull’argomento.
La mozione ha raccolto 28 voti favorevoli, nessun contrario e un astenuto (Lobianco
Fli), mentre cinque consiglieri del Pdl non hanno votato (Bertoli, Bucci, Camber,
Declich e Giacomelli). Secco il commento di Roberto Decarli (“Trieste Cambia”):
«Era immediatamente necessaria una risposta di carattere politico». Nello stesso
Consiglio è stata poi approvata a larga maggioranza anche un’altra mozione
presentata da Marino Andolina, Michele Lobianco e Paolo Menis che riguardava la
ristrutturazione e l’ampliamento dello stabulario dell’Università di Trieste. La
mozione impegna il sindaco e l’assessore competente a inoltrare all’Università
di Trieste la contrarietà all’utilizzo della vivisezione quale metodologia di
sperimentazione scientifica e didattica e a sollecitare la Regione affinché
finanzi esclusivamente strutture e progetti che prevedano metodi alternativi
alla vivisezione. La mozione è stata approvata a larga maggioranza dal Consiglio
comunale. Ci sono stati i soli no di Roberto Decarli (“Trieste cambia”) e di
Loredana Lepore (Pd). Astenuto il sindaco Roberto Cosolini.
Alla prova in autunno il nuovo piano del traffico
L’operatività promessa un lungo stallo. Entro l’estate la passerella sul
canale che precederà il cantiere per la riqualificazione di piazza Ponterosso
L’agenda delle attese è un romanzo non scritto. È un calendario di scadenze.
Se si voltasse pagina per tempo molte cose potrebbero cambiare. La Giunta
Cosolini, a quasi un anno dal suo insediamento, e nonostante la mancanza di
soldi, ha cominciato a smaltire qualche caso irrisolto, e a mettere in campo
qualche idea. Scaletta. Entro giugno (parola del Comune) deve cominciare l’iter
istituzionale (in Giunta e in consiglio) del nuovo e “partecipato” Piano del
traffico. Operatività? È promessa per l’autunno. Se ne parla da tanti anni,
cambiare rotta sarebbe un sollievo rigenerante. Entro l’estate dobbiamo vedere
montato l’ormai celeberrimo ponte nuovo sul Canal grande. Consumato non già dai
passi, ma dalle polemiche. Entro questo mese, secondo gli impegni presi,
dovrebbe poi schiarirsi la questione dell’eventuale Park Audace sulle Rive: il
Comune, per accettare il progetto, anche questo in attesa da secoli, lo vuole
ridimensionato nel perimetro su strada, affinché lo scavo fronte-mare non metta
a rischio i palazzi storici. Ottobre: devono partire i lavori per la
riqualificazione di piazza Ponterosso. Durata: 4 mesi. Dunque ci si dà
appuntamento a gennaio 2013. Il 31 gennaio scadrà anche il termine concesso dal
Comune per l’adeguamento dei déhors fuori da bar e ristoranti. Urbanistica: il
restauro dell’intero Borgo Teresiano, con le promesse pedonalizzazioni, è
fissato per la fine del prossimo anno. E il 2013 si rivela di nuovo anno
cruciale. Dopo una serie infinita di rinvii, problemi e ritardi, devono
terminare il prossimo anno anche i restauri all’ex Ospedale militare, una sorta
di fabbrica del duomo, che sarà campus per studenti universitari. E va finito,
finalmente, l’annoso Magazzino vini (di cui a parte). Quest’anno il ministero
dei Beni culturali ascrive infine a Trieste la terza e ultima “tranche” di
finanziamento per risanare palazzo Carciotti, per un totale di 2 milioni di
euro, che si sommano agli 800 mila in mano al Comune (destinati al tetto e alla
cupola danneggiata). Contatti sono in corso tra Direzione dei Beni culturali e
assessorato ai Lavori pubblici: andrà in porto o no la fondamentale questione? I
soldi certamente non bastano. Altri dubbi dovranno essere risolti entro giugno
per destinare il contributo regionale di 600 mila euro al parco di Miramare: si
restaureranno o no le “serre nuove” per un centro dei colibrì, oppure, in
assenza di un ente di gestione che supporti le enormi spese la tortuosa vicenda
sfumerà nel nulla? Meno vicino agli occhi dei cittadini, ma problema tanto grave
da aver procurato al governo italiano una procedura d’infrazione della Ue, c’è
da ultimo il caso del depuratore di Servola da mettere a norma. Sbloccata una
“impasse” di anni, c’è una data di fine lavori fissata al 2014. E stavolta non
si scappa più, perché è imposta dall’Europa.
(g. z.)
La nuova pista ciclabile: partiti i lavori alle Noghere
Il tracciato si allaccerà alla via collegata oltreconfine alla vecchia
Parenzana Cantiere del segmento Rio Ospo-Laghetti concluso già entro la fine
dell’estate
MUGGIA I lavori per la realizzazione del nuovo tratto della ciclovia Rio
Ospo-Laghetti delle Noghere sono finalmente partiti. Il tracciato, lungo poco
meno di due chilometri nell'area di Rabuiese collegherà l'ex strada provinciale
con i laghetti situati in zona Noghere e si allaccerà al futuro percorso
ciclabile che collegherà la Parenzana, da una parte verso Trieste e dall'altra
verso Muggia. La pista entrerà nella strada che porta ai laghetti e proseguirà
fino al confine con il territorio appartenente al comune di San Dorligo della
Valle. Parallelamente sta proseguendo l'iter per la definizione dei progetti
inerenti il resto della pista ciclabile che partendo dalla Parenzana, con una
sorta di anello giungerà verso Aquilinia e poi verso la foce dell'Ospo. Il piano
finanziario, pari a circa 130 mila euro, verrà completamente coperto da un
contributo comunitario transfrontaliero appartenente al progetto denominato
Kras-Carso. «Non si può che essere soddisfatti, e lo si è per due motivi: in
primo luogo, ovviamente, per l’inizio dei lavori di un’opera che sarà un
indiscutibile valore aggiunto alla qualità della vita dei muggesani e di tutti
coloro che ne usufruiranno, e poi perché grazie al significativo ribasso di
gara, possiamo immaginare in modo concreto la realizzazione del collegamento tra
una ciclovia e l’altra così da avere un’articolata rete ciclabile», ha
commentato l'assessore ai Lavori pubblici di Muggia Loredana Rossi. Secondo
l'esponente della giunta Nesladek “già entro la fine estate si potrebbe godere
di un itinerario ciclistico che copra la parte orientale del territorio”. Il
tratto Rio Ospo-Laghetti sarà infatti un anticipo di un progetto molto più ampio
che andrà ad interessare quasi 7 chilometri di territorio. I 6 mila 886 metri
del nuovo percorso interesseranno il collegamento dal confine con la Slovenia in
località Rabuiese fino all’incrocio della strada Provinciale n.14 per Muggia con
la galleria della via Flavia di Aquilinia con un altro tratto che farà in
pratica marcia indietro parallelamente al Rio Ospo. La ciclovia avrà un costo di
280 mila euro, suddivisi tra 200 mila euro di contributi regionali e i restanti
80 mila provenienti da fondi del Comune. In parte la pista sarà a doppio senso
ed in parte a senso unico (lungo le strade che non permettono l’allargamento);
in alcuni tratti è prevista sul sedime stradale preesistente, in altri sarà di
nuovo innesto. Sono state altresì predisposte le opportune opere di sistemazione
del manto stradale, bonifica, decespugliamento ove richiesto, la necessaria
segnaletica orizzontale e verticale conforme alle normative e tutte le varie
opere di finitura e completamento. Ogni intervento sarà effettuato nel rispetto
delle zone sottoposte a vincolo paesaggistico e dei vincoli posti dal Sito
inquinato nazionale. L'intervento che si andrà ad apportare a Muggia avrà
comunque un respiro molto più ampio. La Slovenia infatti ha già realizzato un
percorso ciclabile che sfruttando il sedime della ex ferrovia austroungarica (“Parenzana”)
da Risana arriva a Rabuiese. E con il progetto muggesano il ciclo-turismo avrà
un valore aggiunto anche in territorio triestino.
Riccardo Tosques
«Offese ai No Tav», Terpin nella bufera - Kocijancic e
Antonaz protestano dopo un programma tv. Il presidente Autovie: «Caso che non
c’è»
TRIESTE Scivolone di Emilio Terpin sui no-Tav. Rifondazione non perde
l’occasione e ne chiede le dimissioni. In un’intervista alla Rai regionale,
andata in onda sabato 14 aprile nella rubrica Tg Settimanale, il presidente di
Autovie Venete avrebbe considerato «disfattista» il movimento, precisando poi
che «nella prima guerra mondiale i disfattisti venivano fucilati». Dichiarazioni
che innescano un insolito incidente diplomatico per il numero uno della società
autostradale che, peraltro, in questo momento sta vivendo un momento politico
estremamente delicato per la concessione del maxi-finanziamento necessario per
la costruzione della terza corsia. In un’interrogazione al presidente Tondo Igor
Kocijancic e Roberto Antonaz portano a galla il fatto e sollecitano l’uscita di
scena di Terpin. «A una domanda del conduttore televisivo su quale fosse la sua
opinione nei confronti di chi è contrario alla realizzazione di grandi opere
viarie, tra cui la Tav – scrivono i due consiglieri – il presidente avv. Terpin
ha risposto, come riscontrato dalla registrazione video, che ‘nella Prima guerra
mondiale i disfattisti venivano fucilati perché erano pericolosi’. Sottolineato
– precisano gli esponenti di Rifondazione – che Terpin è presidente di
un’Azienda a preminente capitale pubblico e di nomina della giunta alla quale
risponde del suo operato e ricordato che le posizioni di chi ritiene che le
grandi opere e in particolare la Tav siano inutili e superate e prospetta
soluzioni alternative e che quindi hanno piena legittimità come quelle di chi la
pensa in modo opposto, i consiglieri interpellano Tondo per sapere se non
ritenga le affermazioni di Terpin gravi e offensive improntate a una violenza
verbale inaccettabile». Kocijancic e Antonaz si aspettano «scuse a nome della
giunta e Sue personali ai cittadini del Fvg così pesantemente insultati» e la
sostituzione del presidente Terpin alla guida di Autovie Venete «con persona più
equilibrata e più rispettosa». Pronta la replica del presidente della società:
«Spiace constatare che ancora una volta, in Italia, un paradosso declinato in
battuta, non venga compreso ma utilizzato strumentalmente per creare un caso che
non c’è». Alza gli occhi al cielo il presidente Emilio Terpin – si legge in una
nota di Autovie – accusato da alcuni Consiglieri di 'violenza verbale' per
un’affermazione fatta durante un’intervista e non aggiunge altro».
(g.s.)
IL PICCOLO - MARTEDI', 8 maggio 2012
Variante al Prg da oggi all’esame dei cittadini
«Ascoltare i cittadini per meglio comprendere i modi con
cui la città e i suoi spazi vengono concretamente vissuti, percepiti, immaginati
nel presente e nel futuro», è quanto afferma Elena Marchigiani, assessore alla
Pianificazione Urbana nel predisporre la nuova variante al Piano regolatore
generale da presentare poi alle varie circoscrizioni. E oggi inizia il primo
incontro: si svolgerà alle 20.30 nella sede della III Circoscrizione (Roiano-Gretta-Barcola-Cologna-Scorcola),
in Villa Prinz (Salita di Gretta 38). L’incontro, ricorda l’assessore, è
finalizzato innanzitutto a illustrare le modalità di partecipazione proposte
dall’Amministrazione; in particolare, il questionario che dovrà essere poi
compilato da parte del più ampio numero di persone. Proprio nell’intento di
supportare questo processo di “ascolto”, all’incontro di stasera saranno
presenti studenti della Facoltà di architettura dell’ Università di Trieste che
aiuteranno i cittadini nella compilazione dei questionari. Gli studenti
assicureranno inoltre la loro presenza, per tutta la settimana successiva (fino
a lunedì 14 maggio), sia durante gli orari di apertura della sede della
Circoscrizione, sia sull’intero territorio Circoscrizionale per effettuare
rilievi puntuali utili alla predisposizione del Piano.
PIANO REGOLATORE
Oggi, alle 20.30, nella sede della terza circoscrizione a Villa Prinz, Salita di Gretta 38, l’assessore Elena Marchigiani illustrerà le modalità di partecipazione dei cittadini alla redazione della nuova variante al piano regolatore. Studenti di architettura aiuteranno i cittadini nella compilazione del questionario e saranno presenti fino al 14 maggio negli orari di apertura della circoscrizione.
Caprioli e cinghiali abbattimenti inferiori al previsto
- FEDERCACCIA
TRIESTE Lo scorso anno oltre 200 animali selvatici della provincia triestina
sono finiti sotto le ruote di automobili o dei treni. Si tratta per la maggior
parte di caprioli, ma anche cinghiali, tassi, volpi e addirittura qualche cervo.
Nel conteggio non risultano centinaia di ricci e mici che ogni giorno trovano la
morte lungo le tante strade provinciali. Questi numeri sono stati forniti dalla
Federcaccia Provinciale che ha presentato a Jamiano, in provincia di Gorizia, la
tradizionale mostra dei trofei degli ungulati prelevati dai cacciatori triestini
durante la trascorsa stagione venatoria. I soci agiscono nelle dodici riserve
che compongono il 13° Distretto “Carso” attraverso la caccia di selezione.
«L’obiettivo di tutti deve essere la tutela del territorio e la sua gestione –
afferma il presidente provinciale della Federcaccia Fabio Merlini -. I
cacciatori da sempre svolgono nel nostro comprensorio un ruolo importante che è
quello della gestione e del monitoraggio delle diverse specie». Nel comprensorio
triestino sono i caprioli (2mila circa i capi esistenti) e i cinghiali (800
unità) gli animali selvatici più diffusi. Durante il periodo venatorio 2011–2012
sono stati 361 i caprioli prelevati, rispetto ai 490 previsti dai piani di
abbattimento regionali, probabilmente a causa dell’urbanizzazione e
parcellizzazione del territorio e dalla presenza consistente del cinghiale.
Questi, i prelevati sono stati 312 rispetto ai 577 previsti. La diminuzione dei
prelievi – secondo la Federcaccia – dipenderebbe dalla concentrazione dei
cinghiali a ridosso delle aree urbanizzate, dove essi trovano rifugio,
protezione e cibo. I cacciatori hanno poi abbattuto tre esemplari di camoscio,
un centinaio di capi è presente nelle riserve di Duino e in quelle confinanti
con la provincia di Gorizia. Cresce pure la popolazione dei cervi, circa una
ventina di capi, avvistati soprattutto nelle aree boschive a cavallo dei
confini. Diverse le segnalazioni anche per lo sciacallo colto non solo da
osservazione diretta ma anche da “fototrappolaggio”. Il lupo è stato avvisato
nella parte orientale della provincia, nella zona del monte Cocusso. Un
esemplare chiamato “Slavc”, marcato dall’Università di Lubiana con un radio
collare monitorato da satellite, è stato avvistato in provincia di Verona, nei
Monti Lessini. Lì vi è giunto dopo aver attraversato Carinzia, Stiria e le
provincie di Bolzano, Trento e Belluno. «La rassegna dei capi abbattuti –
sostiene Merlini – è un momento di massima trasparenza nei confronti della
comunità e degli enti pubblici su come viene gestito il patrimonio faunistico
sul territorio. Per ogni animale prelevato viene presentato il dato biometrico,
suddiviso per specie e riserva di caccia, con i diagrammi corrispondenti a
densità di prelievo e proporzione degli abbattimenti per classi di sesso e età».
Va ricordato che l’attività venatoria relativa al capriolo e al cinghiale verrà
aperta il 15 maggio e si concluderà il 15 gennaio 2013.
Maurizio Lozei
Volontari per il servizio civile - LE DOMANDE ALL’ARCI
Nei giorni scorsi è uscito il bando per “reclutare” volontari al Servizio civile solidale, rivolto a giovani di 16-17 anni. L’Arci regionale partecipa con tre progetti, che a Trieste riguardano le manifestazioni sportive e le iniziative rivolge ai giovani e l’attività di informagiovani. Chi fosse interessato può presentare domanda direttamente all’Arci Servizio Civile Fvg entro il 1° giugno 2012, con probabile inizio del servizio nel mese di giugno, al termine dell’anno scolastico. L’impegno dei giovani è di 360 ore distribuite nell’arco dell’anno scolastico che non andranno a intaccare lo studio o gli impegni personali, ma anzi saranno occasione di formazione civica, sociale, culturale e professionale. È previsto un riconoscimento economico pari a 892,38 euro.
IL PICCOLO - LUNEDI', 7 maggio 2012
Rigassificatore, Pdl e Fli “bocciano” il referendum
Piero Camber: «Proposta vecchia e superata». Menia:
«Prevarrebbe l’emotività» Ma Cosolini: «Se fosse necessario lanciare un altro
segnale condividerei l’idea»
Irricevibile e demagogica per alcuni, utile e auspicabile secondo altri. La
proposta di indire un referendum sul rigassificatore lanciata da Roberto
Antonione, leghisti e bandelliani - convinti che questa sia l’unica carta in
grado di “costringere” la Regione a tener conto dell’orientamento del territorio
-, divide la politica e incassa in qualche caso anche bocciature particolarmente
sonore. I giudizi più critici, com’era prevedibile, arrivano dai vecchi compagni
di squadra di Antonione, quegli esponenti del Pdl che forse non hanno ancora
perdonato all’ex sottosegretario agli Esteri l’uscita dal partito e il
passaggio, sia in Parlamento sia in Comune, al Gruppo misto. «Quella di
Antonione - taglia corto Piero Camber - è un’idea vecchia e superata. La
richiesta di un referendum sul rigassificatore è già stata avanzata in passato
(nel 2006, per iniziativa di un gruppo di ambientalisti tra cui l’allora
consigliere dei Verdi Alessandro Metz ndr) e bocciata dal Comitato dei garanti
del Comune. Riproporre oggi soluzioni già dichiarate inammissibili ieri, quindi,
non ha alcun senso». Sulla stessa linea anche Bruno Marini. «Parlare di
referendum in questo momento mi sembra demagogico - commenta il consigliere
regionale Pdl -. La volontà popolare si può invocare solo quando si hanno tutti
gli elementi a disposizione. Al momento, invece, resta grande incertezza su
molti aspetti chiave dell’operazione di Gas Natural: dalle ricadute
occupazionali alle eventuali royalties per il Comune». Contrario all’opzione
Antonione anche l’ex sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia: «Quando in
ballo ci sono questioni strategiche come l’approvvigionamento energetico, non si
può procedere a colpi di referendum - afferma l’esponente di Fli, da sempre a
favore del rigassificatore -. Le consultazioni popolari, infatti, risentono
dell’emotività del momento e non si basano mai sulle reali conoscenze». Per
trovare toni più concilianti e posizioni più favorevoli, bisogna spostarsi sul
fronte opposto, precisamente in casa Pd. «Un referendum sul rigassificatore:
perché no? - commenta il consigliere comunale Mario Ravalico -. La contrarietà
al progetto è stata già espressa in maniera forte e chiara dal Consiglio
comunale, ma su una materia così pregnante non vedrei nulla di strano nel
chiedere un pronunciamento dei cittadini. Questo non significa cedere a logiche
populiste: di fronte ad argomenti decisivi per il futuro della città, il
referendum può essere legittimamente indetto». «Il Pd - concorda il consigliere
regionale Sergio Lupieri - deve essere in prima linea qualora si decida di
ricorrere al referendum, per far capire una volta di più alla Regione che
Trieste è contraria al progetto Gas Natural. La consultazione darebbe
indubbiamente più forza al no istituzionale già espresso». Disponibile a
ragionare sull’ipotesi anche Roberto Cosolini. «Di per sé il voto del Consiglio
comunale è stato così chiaro che potrei considerare il referendum anche
superfluo - osserva il sindaco -. Ma se fosse necessario lanciare un segnale
ancora più netto, condividerei sicuramente la proposta di Roberto Antonione».
Ancora più deciso, infine, l’appoggio del primo cittadino di Muggia. «Mi fa
piacere sia stata avanzata questa proposta, che testimonia l’esistenza di una
perplessità “trasversale” - chiarisce Nerio Nesladek -. Ogni iniziativa lanciata
in questo senso è la benvenuta. È vero che tutte le assemblee elettive si sono
già dichiarate contrarie. Ma è altrettanto vero che il referendum potrebbe
rappresentare un ulteriore, utile strumento per far sentire la nostra voce. A
patto, però, di indirlo per tempo».
Maddalena Rebecca
E Muggia promuove per metà giugno il raduno del “no”
Una grande manifestazione pubblica da organizzare indicativamente nella
seconda metà di giugno e in cui chiamare a raccolta rappresentanti
istituzionali, tecnici, esperti e cittadini. È l’iniziativa a cui sta lavorando
il Comune di Muggia che, proprio oggi, renderà note le prime coordinate di
quello che si annuncia come un appuntamento imperdibile per i sostenitori del
fronte del no al rigassificatore. «L’idea - spiega Nerio Nesladek - è riprendere
e rilanciare in grande il percorso avviato con il presidio sotto il palazzo
della Regione. Un momento per tornare a far sentire le nostre voci».
IL PICCOLO - DOMENICA, 6 maggio 2012
«Referendum per ribadire il no al rigassificatore»
Antonione con Bandelli e Lega: «Tondo prenderà atto
della contrarietà della gente» Russo (Pd): «La consultazione? Bomba atomica
finale, ma potremmo pensarci»
Il no convinto al rigassificatore di Zaule espresso dal Consiglio comunale
di Trieste non è bastato. Il parere contrario della Provincia e dei Comuni
minori, nemmeno. Il governatore Renzo Tondo, paladino del progetto di Gas
Natural, continua infatti a perorarne la causa, ignorando l’orientamento degli
enti locali. Come muoversi, quindi, per riuscire a far valere sul serio le
ragioni del territorio? Semplice, giocando la carta del referendum. Una di
quelle “armi” capaci di far male, specie in periodo preelettorale. È la proposta
ad effetto lanciata dall’ex presidente della Regione e ora consigliere comunale
del Gruppo Misto Roberto Antonione, sostenuto nell’occasione da nuovi “alleati”:
Franco Bandelli e Alessia Rosolen di Un’Altra Trieste, e Maurizio Ferrara e
Roberto De Gioia della Lega. «È venuto il momento di stanare le incongruenze a
cui stiamo assistendo - afferma Antonione -. Tondo e il governo centrale hanno
il dovere di prendere atto della contrarietà di Trieste al rigassificatore. E se
non intendono farlo, non resterà che indire un referendum che consenta di
informare i cittadini su tutte le possibili ripercussioni dell’opera. Chi ha
responsabilità istituzionali deve confrontarsi con la gente e agire alla luce
del sole». Una stoccata, questa, rivolta all’Autorità portuale. «Il suo silenzio
non è più accettabile - continua l’ex candidato sindaco del centrodestra -.
Finora il Porto non si è mai chiaramente espresso, forse proprio perché stava
sotterraneamente trattando per portare a casa quel rigassificatore che la città
non vuole. Stimolare il dibattito in vista di un referendum, consentirebbe
finalmente di capirne la strategia». Perché la soluzione invocata da Antonione
si realizzi, c’è bisogno però del sostegno anche delle altre forze politiche.
Oltre a “bandelliani” e leghisti - come detto, d’accordo con il parlamentare
sulla necessità di «chiarire una volta per tutte le idee a Tondo, ribadendo il
no incondizionato di Trieste al rigassificatore» -, il fronte del referendum
deve arruolare ulteriori sostenitori. Che, fa capire Francesco Russo, potrebbero
arrivare anche dalle file del Pd. «Il referendum è la bomba atomica finale -
afferma il segretario provinciale dei democrats -. E, se necessario, potremo
anche pensare a sganciarla. Francamente, però, non credo ce ne sarà bisogno. Le
uscite di Tondo non vanno prese troppo sul serio: ho l’impressione di assistere
all’ennesima puntata della telenovela preelettorale di un presidente che fa
molti annunci, ma non realizza nulla di concreto». Meno allettato dall’idea del
referendum il vicesegretario Pd e consigliere comunale Pietro Faraguna: «Che la
stragrande maggioranza della popolazione sia contraria al gnl è cosa già nota -
commenta -. Non serve una consultazione popolare per ribadirlo». Convinti della
necessità di tornare ad alzare con più decisione la voce, invece, gli esponenti
di Sel e Idv. «La nostra provincia ha già pagato un prezzo elevato all'ambiente,
basta pensare alla Siot - affermano i capigruppo Marino Sossi e Paolo Bassi -.
Dire sì la rigassificatore, quindi, significherebbe continuare a distruggere il
territorio».
Maddalena Rebecca
Sel e idv - «No all’Ass unica e alla fusione di Acegas»
Non solo il rigassificatore in golfo. Nell’elenco dei “progetti distruttivi”
caldeggiati da Tondo, Sel e Idv inseriscono anche l'Azienda unica regionale per
i servizi sanitari e la fusione di Acegas Aps. «Tutte e tre le proposte - ha
affermato il dipietrista Paolo Bassi - danneggerebbero Trieste sul piano
ambientale e della conservazione dei livelli occupazionali. L’idea di creare
un'azienda sanitaria unica, in particolare, ci sembra la chiara manifestazione
di una volontà di favorire i privati a scapito del pubblico». Sull'ipotesi di
fusione dell'Acegas Aps con altre aziende del settore, Bassi ha ricordato poi
che «l'azienda è di proprietà di Trieste e il Consiglio comunale è l'unico
soggetto che può deciderne il futuro, in quanto azionista di maggioranza».
Ancora più dura la posizione del capogruppo di Sel in Comune Marino Sossi (in
foto): «Tondo continua a usare la motosega, come ha fatto in Val Rosandra. Sta
distruggendo l'Ass di Trieste, la cui esperienza riconosciuta, specie in tema di
salute mentale, a livello nazionale e internazionale. La proposta di spostamento
a Udine della sua Direzione chiude da subito ogni discussione - ha sottolineato
- e il nostro no è deciso. Evidentemente la città non è elettoralmente
appetibile. Quanto all'ipotesi di una fusione di Acegas Aps con altre grandi
aziende, di cui abbiamo avuto notizia dalla stampa e di cui sarebbe artefice il
presidente Massimo Paniccia - ha aggiutno Sossi - non ci risulta che lo stesso
abbia avuto un mandato in tal senso dal cda. Acegas Aps è un'azienda di
proprietà pubblica, perciò una scelta così importante fatta in autonomia dal
presidente non è accettabile». Infine un accenno alla Ferriera: «Bisogna
predisporre al più presto un piano di riconversione serio».
(u.s.)
Agenti marittimi, Busan il nuovo presidente -
ASSOCIAZIONE IN ASSEMBLEA
L’uscente Filipcic: le istituzioni non seguono le reali necessità degli
operatori portuali
Una stoccata alle istituzioni per la mancanza di «intelligenza», la
consapevolezza delle difficoltà legate ai collegamenti ferroviari, un approccio
ottimistico per il futuro a medio termine e un via libera al rigassificatore di
Zaule. Con una relazione di questo tono si è chiuso l’altra sera, nella sede di
via Coroneo, il mandato di Edoardo Filpicic alla presidenza dell’Associazione
Agenti Marittimi Fvg i quali, riuniti in assemblea, hanno nominato nuovo
presidente Pietro Busan, amministratore delegato della G. Tarabochia & Co. Srl.
Davanti agli associati Filipcic ha tracciato lo scenario in cui si è mossa
l'associazione negli ultimi anni, con la crisi finanziaria mondiale e un periodo
negativo («stiamo vedendo un po’ di luce alla fine del tunnel»). Altri problemi
si sono però aggiunti – secondo gli Agenti marittimi – quali le questioni legate
al trasporto ferroviario ma anche la burocrazia delle pubbliche istituzioni «...
che non hanno l’intelligenza e la capacità di uniformare le proprie attività
istituzionali alle reali necessità degli operatori portuali». Nonostante tutto,
il presidente uscente ha voluto dare previsioni ottimistiche in merito
all’andamento dei traffici, citando – per quanto relativo al Porto di Trieste -
l’allungamento del Molo VII, lo sblocco dei finanziamenti per la Piattaforma
Logistica, la ristrutturazione del Molo VI e della Stazione Marittima come
segnali concreti di speranza. Favorevoli, invece, gli Agenti marittimi al
rigassificatore di Zaule: «Sono anni che ne sentiamo parlare ma a tutt’oggi non
abbiamo ritenuto esprimerci in merito. A breve sarà indetta la conferenza dei
servizi, dalla quale ci attendiamo maggiori precisazioni. Come operatori
portuali non possiamo che valutare positivamente tutto ciò che possa imprimere
sviluppo dei traffici portuali della nostra città», ha detto Filpicic, ma nel
rispetto delle norme di sicurezza. Nessun timore quindi che le gasiere possano
influenzare negativamente i traffici in quell'area? «No, siamo favorevoli
all'impianto», dice con chiarezza Filipcic. Quanto allo scenario futuro della
portualità adriatica, infine, la relazione conclusiva del presidente ha definito
il Corridoio Baltico ancora «una scatola vuota, perché da solo non potrà
certamente mai fare miracoli. Solo se sarà adeguatamente supportato da moderne
infrastrutture portuali potrebbe in futuro veicolare notevoli volumi di
traffico».
Riccardo Coretti
Parcheggi, in ritardo il via alla “zona viola”
In base alla delibera comunale doveva scattare il 2 maggio ma la partenza
è slittata a metà mese
“Zona viola” in ritardo. La novità tariffaria per i 73 parcheggi a pagamento
di Androna chiusa e via del Teatro romano, passati in gestione alla Park San
Giusto spa, sarebbe dovuta entrare in vigore mercoledì scorso, il 2 maggio.
Invece, nell’area vale ancora la tariffa da zona rossa (1,40 euro all’ora contro
la novità da 1,65). Una situazione che pare si protrarrà sino almeno al 14
maggio. Per il 2 maggio però la delibera comunale della giunta Cosolini -
relativa al contratto di concessione di costruzione e gestione con la Park San
Giusto spa, in cui ricade anche l’assegnazione alla società che sta realizzando
il parcheggio interrato sotto il colle della gestione di 138 posti macchina a
pagamento a cielo aperto in centro - aveva previsto e definito l’avvio del nuovo
aggiornamento tariffario. In base al quale è stato deciso che i 73 stalli in
questione abbiano un costo per l’utenza di 1,65 euro all’ora. La tariffa più
alta fra tutte quelle applicate ai parcheggi a pagamento in superficie in città.
Al momento, tuttavia, gli automobilisti che decidono di posteggiare in quegli
spazi continuano a pagare il “prezzo rosso” da 1,40 euro all’ora. Ma cos’è
accaduto? Perché questo ritardo? A far luce sulla questione è il presidente
della Park San Giusto spa, Franco Sergas: «Per iniziare è necessario
riprogrammare i parcometri - spiega - e sistemare la nuova segnaletica al posto
di quella attuale. Ci vuole il tempo per completare il tutto. Per la fine della
prossima settimana dovrebbero arrivare le nuove tabelle. Così penso che,
indicativamente da lunedì 14 maggio, potrà prendere il via l’applicazione della
nuova zona viola». A proposito, Sergas rileva: «La tariffa da 1,65 euro all’ora
è stata decisa per mantenere l’equilibrio previsto dal nostro Piano economico
finanziario, nel quale era stata individuata una tariffa oraria unica da 1,22
euro per i parcheggi a pagamento in superficie, ottenuta dalla media fra i
prezzi della zona rossa e di quella gialla. Per non modificare le tariffe in
vigore in queste due zone - conclude Sergas - e rispettare l’equilibrio del
Piano, si è stabilita l’introduzione della zona viola». Dal Comune, prende atto
del ritardo l’assessore all’Urbanistica, mobilità e traffico Elena Marchigiani:
«Immagino che la società si starà adeguando. Noi abbiamo dato loro il via
libera. Non volevamo a tutti i costi creare la zona più costosa ma, agendo
altrimenti, avremmo dovuto ricalibrare le tariffe delle altre aree. Ci siamo
trovati a gestire - aggiunge Marchigiani - una cosa già definita dalla
precedente amministrazione».
(m.u.)
AREE PEDONALI - Giovani che rinunciano ad avviare
attività: vogliono certezze urbanistiche - L’appello al comune
«Prima il Comune vara il nuovo Piano del traffico, e
diventano evidenti e certe le nuove zone pedonali, e meglio è. Giovani che
vogliono aprire attività commerciali ce ne sono, ma davanti all’incertezza si
fermano». Franco Rigutti (foto qui a lato), al vertice della categoria, lancia
questo e un altro appello, di fronte a una crisi del commercio che Trieste
patisce vistosamente per l’attuale momento economico e per ragioni particolari:
è ancora in fase di contrazione dopo il “boom” creato con i flussi dalla ex
Jugoslavia. Il secondo avvertimento è sul fronte urbano: «Dove per lungo tempo
ampi fori commerciali restano vuoti - dice - si crea un problema per la
sicurezza, e contemporaneamente zone di città si desertificano». Dunque è
urgente ripopolarle, ma se tanti chiudono quali categorie invece potrebbero
sperare nel successo? «Noto - aggiunge Rigutti - che i turisti ci sono, ma
negozi per loro no. Manca la vendita ben identificata di prodotti di
degustazione, di souvenir e cose tipiche. Quelle che ognuno di noi cerca quando
è turista altrove».
IL PICCOLO - SABATO, 5 maggio 2012
Alta velocità al palo: Vicenza lancia la fermata
“leggera”
La proposta degli industriali alla presentazione del libro di Paolo
Possamai: «Progetto pronto fra 60 giorni»
VICENZA Tav a Nordest, qualcosa si muove. Dopo il dibattito pubblico alla
francese fortemente voluto dal commissario straordinario per la tratta
Venezia-Trieste, Bortolo Mainardi, che ha coinvolto nella discussione i comuni
dell’entroterra veneziano chiamati a scegliere entro il 30 giugno tra due
ipotesi di tracciato tra Venezia e Portogruaro, oggi Vicenza ha lanciato il suo
progetto di territorio. Entro 60 giorni, ha spiegato il presidente della
Confindustria berica Giuseppe Zigliotto, «Vicenza porterà all’attenzione un suo
progetto per la soluzione della fermata in città, che non avrà un grande impatto
economico». Una virata c’è stata. E Il Nordest ieri ad Altavilla vicentina,
nella sede della Fondazione Cuoa, ha ha iniziato a parlare di Alta Capacità e
non più di Alta Velocità. Tarando al ribasso i chilometri orari della ‘sua’ Tav.
Così come sostiene lo stesso Mainardi. L’occasione è stata la presentazione del
libro: «Ultima fermata Treviglio. Perché la Tav non arriva a Nordest» di Paolo
Possamai, direttore del Piccolo, edito da Nordesteuropa e Marsilio Editori.
Oltre all’autore, sono intervenuti il giornalista del Corriere della sera, Dario
Di Vico, Erasmo Venosi della Commissione del piano generale dei Trasporti e
della Logistica, il sociologo Aldo Bonomi e Zigliotto. «La Tav a Nordest? É
sempre stata una questione prettamente ideologica, un affare di opposte fazioni
– ha spiegato l’autore. Perché ad oggi non esiste una riga su una mappa
condivisa. Siamo meno che all’anno zero». La tesi di base del volume è ragionare
sulla praticabilità di un «modello che fino a oggi è stato vagheggiato», e che è
quello francese ovvero: zero fermate tra Parigi e Lione, con un’alta qualità
dell’infrastruttura, anche in termini di spesa. Ma il bivio che si pone è:
continuare a ragionare su tracciati ad altissimo costo, che il territorio ha
dimostrato di non volere o «discutere in modo pratico di modernizzazione?».
Ovvero: ragionare sulla capacità più che su un’astratta velocità?, ha provocato
Possamai. «Parlare di alta capacità e non alta velocità significa riconoscere
alcune specificità territoriali del nostro modello di sviluppo. Qui abbiamo
300mila capannoni, c’è densità – risponde Bonomi che però pone un interrogativo
-: Riusciremo a mantenerla questa densità, in tempi di crisi?». «A Nordest,
dobbiamo chiederci dove dovrebbe fermare il treno – sottolinea Zigliotto che ha
riportato in auge l’irrisolta questione della fermata a Vicenza - . Perché non
siamo in Francia dove tra Parigi e Lione ci sono 700 chilometri di niente, siamo
in un territorio altamente urbanizzato». La soluzione? Zigliotto propone, dopo
Verona: «Una fermata leggera vicino a un casello e alla tangenziale, tipo in
Fiera a Vicenza». Ma la fermata significa per l’imprenditore, anche «individuare
quelle fasce orarie a traffico di pendolari più inflazionate e scegliere,
ipoteticamente, di dieci treni al giorno di farne fermare anche solo un paio».
Bonomi apre però nuove interrogativi: «Il capitalismo delle reti si muove sulla
convenienza. E mi par chiaro che l’unico nodo oggi sia Venezia». Ma il problema
è anche un altro, e lo rimarca Venosi. Chi decide? «Siccome non c’è il Doge…»
sobilla Bonomi. Ma Possamai chiude il cerchio: «La riflessione dev’essere
radicale e il territorio deve elaborare lui la proposta perché, se ci aspettiamo
che venga da governo e Rfi, temo che non arriverà mai».
(e.v.)
SEGNALAZIONI - VAL ROSANDRA Un esempio dei rischi con la Tav
Il barbarico intervento sulle rive del Rosandra ha messo in evidenza, ancora una volta, l'amore dei triestini per il loro territorio e l'attenzione costante da loro esercitata affinchè non ne venga deturpata la bellezza e l'integrità. Attenzione che si è caparbiamente e vittoriosamente opposta alla devastazione dei pastini nella zona di Roiano, ad esempio, e che si oppone tuttora al progetto del rigassificatore. Amore che si è manifestato, in questa occasione, con le innumervoli lettere alle Segnalazioni del Piccolo, con il mesto "pellegrinaggio" sul ruolo dello scempio ambientale, con la sentita e partecipata manifestazione in piazza Unità. Ed è proprio a questa manifestazione che sono apparse anche le bandiere con la dicitura "No Tav". In modo molto appropriato, secondo me, perché in un futuro, più o meno prossimo, sarà questo l'impegno più importante per tutti coloro che amano il Carso, la cui devastazione, nonostante alcune importanti correzioni fatte ai progetti inziali, sarà di gran lunga superiore allo scempio della Val Rosandra. Se l'indignazione popolare mobilitatasi a proposito della nostra Valle sarà in grado di rinnovarsi anche per la Tav, il nostro Carso potrà salvarsi. Per questo mi sento di dare un consiglio agli amici che si battono contro questo progetto : sulle vostre bandiere non scrivete un perentorio No Tav, ma un più preciso No Tav sul Carso. Avrete così dalla vostra parte non un intera città, ma un intera provincia. Il che presuppone di avanzare anche proposte alternative, come hanno fatto intelligentemente i sindaci di Muggia e di San Dorligo quando, a proposito del rigassificatore, hanno avanzato l'ipotesi di navi rigassificatrici in mezzo al mare per rifornire di gas Italia, Slovenia e Croazia. E le proposte alternative non mancano. Dal progetto di utilizzare la Valle di Aidussina, con molti meno problemi ambientali e geologici, a quello di optare per una soluzione" alta" che faccia perno sulla Pontebbana, oltrepassando la Slovenia non pienamente convinta dell'utilità del progetto per il proprio paese. E se non fattibili questi progetti, battersi da ultimo, per un semplice raddoppio della linea attuale sul Carso con le necessarie rettifiche, come sembra prospettarsi per la tratta Mestre - Portogruaro. In questo caso la mobilitazione popolare sarebbe certamente forte e convinta. Ed anche pacifica perchè, come dicono le parole imortali di Ghandi, la violenza è l'arma dei deboli, la non violenza quella dei forti.
Fabio Denitto
Industriali Fvg all’attacco «Elettrodotto strategico» -
DOPO L’AUT AUT DI BENEDETTI (DANIELI)
TRIESTE Più sicurezza ed economicità degli approvvigionamenti di energia per
le industrie del Friuli Venezia Giulia. Una richiesta ribadita l’altro giorno
all’assemblea di Confindustria Udine dal presidente Adriano Luci. Giampiero
Benedetti che guida la Danieli è stato ancora più esplicito: l’elettrodotto
Redipuglia-Udine Ovest è la prima condizione (si riferiva all’Abs) per rimanere
in Fvg anzichè andare in Serbia dove l’energia per le industrie costa molto meno
rispetto all’Italia e ad altri paesi Ue. È dal 2003 almeno che si parla di
questa nuova infrastruttura energetica, il progetto ha valenza nazionale, è
strategico non solo per il Fvg ed ora, dopo innumerevoli e fortissimi attacchi
dei gruppi ambientalisti (che hanno rischiato di mettere in ginocchio prima la
giunta regionale guidata da Riccardo Illy e poi quella di Tondo) ora è in attesa
della Conferenza dei servizi ed è stata istituita pure una commissione ad hoc
sotto la responsabilità del vicepresidente del Fvg, Luca Ciriani. Il cantiere
dell’opera è a un passo dal via, ma ci sono ancora difficoltà oltre che da parte
dei comitati cittadini e ambientalisti che sono contrari anche da alcuni
esponenti politici della stessa maggioranza. Lo stesso Ciriani proprio ieri ha
fatto sapere che «L’elettrodotto non è un tema in discussione, è un preciso
impegno di questa amministrazione regionale» e che ha convocato lunedì i sindaci
dei Comuni interessati al passaggio dell’infrastruttura. Un progetto
fondamentale secondo Terna (la società che gestisce la rete nazionale di
distribuzione dell’energia elettrica) che l’aveva iniziato nel 2003 con un costo
previsto di 100 milioni di euro, e l’aveva pure inserito nel piano nazionale di
sviluppo della rete. Grazie a questo nuovo elettrodotto che porterà 380 kilowatt
potrà essere ammodernata una rete che ha oltre 30 anni e che oltre ad essere
obsoleta è insicura e a rischio black out in particolare per le aziende. La
stessa Terna ha previsto, grazie a questa nuova rete, che cancellerà oltre 110
chilometri di vecchie linee elettriche, un calo di almeno 12 mila tonnellate di
anidride carbonica. Non solo anche un risparmio di 60 milioni dovuto al fatto
che le centrali di Torviscosa e di Monfalcone potranno immettere sulla rete
elettrica ulteriori 600 megawatt di capacità produttiva. A questo risparmio
bisogna aggiungere 10 milioni per l’aumento della capacità di approvvigionamento
dall’estero, 4,5 milioni per ulteriori risparmi per l’incremento della sicurezza
del sistema (energia garantita e niente più black out) e infine 2 milioni in più
in cassa per la riduzione delle perdite di rete di circa 28 milioni di kilowatt
all’anno che è il consumo medio di circa 1130 famiglie. Dal 2003, viste anche le
contestazioni, si è arrivati al 2006 (giunta regionale Illy) con il processo di
concertazione con i Comuni. Nel 2007 si è raggiunto un protocollo di intesa che
alla fine del 2008 è stato inviato al ministero dell’Economia. Nel 2009 è stato
dato parere favorevole alla Via (Valutazione di impatto ambientale) della
Commissione ambiente del ministero con una serie di prescrizioni per l’ambiente
e la salute che prevedono anche l’interramento del cavo in alcune zone. Nel
corso del 2012 Terna ha iniziato a integrare la progettazione per arrivare a una
conferenza dei servizi con il ministero allo sviluppo economico che deve
raggiungere l’intesa con la Regione. C’è una commissione ad hoc guidata dal
vicepresidente Ciriani che deve fare l’ultima mossa per aprire il cantiere.
Giulio Garau
Cosolini: contrari al rigassificatore - REPLICA A TONDO
«Il Presidente Tondo dice che il rigassificatore va fatto
anche a costo di perdere consenso? Al contrario, mi pare una frase detta per
prendere consenso all’assemblea di Confindustria a Udine». Lo sostiene il
sindaco di Trieste, Roberto Cosolini. «Tondo - sosstiene Cosolini - dimentica
che il tema è un altro e a ricordarglielo implicitamente è anche il ministro
dell’Ambiente Corrado Clini, quando dice che la scelta deve tener conto delle
compatibilità ambientali, della sicurezza e della movimentazione portuale. Allo
stato attuale mi pare che le carenze non siano state per niente superate. La
nostra contrarietà al rigassificatore perciò rimane ferma e motivata».
Amt, 3,2 milioni di utile con i parcheggi
Ma sul sensibile aumento dei ricavi hanno pesato i soldi di Ansaldo.
Fermo: migliorati i servizi
Un utile di oltre 3 milioni e duecento mila euro nel bilancio di esercizio
del 2011, con un sensibile aumento dei ricavi rispetto all’anno precedente ed
una crescita costante dei risultati in rapporto alle passate gestioni. E’ la
fotografia che emerge dallo stato patrimoniale di Amt, la società partecipata
del Comune di Trieste che si occupa della gestione della sosta a pagamento sul
territorio. Dati snocciolati in sede di conferenza stampa, ad avvenuta
approvazione del bilancio, dall’assessore comunale allo sviluppo economico Fabio
Omero e dai vertici di Amt, il presidente Andrea Polacco e il direttore Davide
Fermo. Un risultato che è stato influenzato sensibilmente da una componente
straordinaria, vale a dire la sentenza di appello favorevole ad Amt nella causa
relativa alla vicenda “Stream” nei confronti di Ansaldo, dove sono state
rigettate le richieste risarcitorie di quest’ultima a causa dell’interruzione
del rapporto contrattuale. Ma sul bilancio pesano in positivo anche le
componenti di natura strutturale, cioè le scelte operative messe in atto
dall’azienda nel corso dell’ultimo anno, come l’aumento del raggio d’azione
nell’offerta dei parcheggi a disposizione dell’utenza, sia di quelli in
superficie, sia nelle strutture multilivello. Ma soprattutto, ha spiegato il
presidente Polacco, «sono state fondamentali le scelte di politica aziendale che
hanno puntato sulla riorganizzazione ed il potenziamento del personale interno,
con il conseguente effetto di diminuire i costi di esercizio e di aumentare la
qualità del servizio offerto». Dunque personale qualificato e preparato per un
miglior servizio ed un miglior approccio con l’utenza: questa in sintesi la
filosofia di Amt spiegata anche dal direttore Davide Fermo. «L’idea è stata
quella di affidare al personale interno tutta l’attività operativa, mentre, al
contrario, di esternalizzare le attività saltuarie od occasionali. A questo
vanno aggiunte le decisioni di arricchire la flessibilità tariffaria e la
diversificazione dei sistemi di pagamento per venire incontro alle esigenze
degli utenti». Un’azienda che dunque vuol farsi trovare pronta a quelli che
saranno i cambiamenti previsti dalla legge entro la fine dell’anno, in virtù
delle direttive comunitarie e cioè che le società affidatarie di servizi, a
capitale interamente pubblico, dovranno mettere a gara l’appalto o quantomeno
una partecipazione societaria del quaranta per cento. Come ha confermato
l’assessore Omero, è allo studio una terza via, che prevede che la titolarità
del servizio dei parcheggi a pagamento finisca in capo all’amministrazione
comunale, con le modalità di riscossione affidate ad Esatto. Una soluzione che
prevede altresì il conseguente assorbimento dei quattordici dipendenti di Amt in
Esatto.
«Regione inerte sul futuro della Ferriera»
Decarli e Karlsen: protocollo di marzo caduto nel nulla. Savino: già
avviato il coordinamento
Reciproco scambio di accuse di «scarso impegno sul futuro della Ferriera»
ieri fra i consiglieri comunali Roberto Decarli e Patrick Karlsen -
rispettivamente capigruppo di “Trieste cambia con Cosolini” e “Libertà Civica
Cittadini per Trieste” - e l’assessore regionale alle Finanze, patrimonio e
programmazione, la triestina Sandra Savino, dall’altro. Decarli e Karlsen hanno
preso spunto dal protocollo sottoscritto a metà marzo, fra gli altri da Regione
e Comune, che dovrebbe portare a «programmare la riconversione dell’area
industriale di Servola», per affermare che «dalla firma l’amministrazione di
Renzo Tondo non ha fatto nulla, a differenza del forte impegno dimostrato invece
da quell’esecutivo a favore di aree industriali in crisi nel vicino Friuli».
Decarli e Karlsen hanno chiamato in causa la Savino «che, oltre che essere
competente per materia – hanno sottolineato - è triestina e perciò dovrebbe
impegnarsi per la sua città». Immediata la replica dell’interessata. «Proprio
oggi (ieri, ndr) abbiamo firmato in giunta l’atto – ha affermato la Savino - con
il quale, di concerto con Provincia e Comune di Trieste, si potrà procedere alla
scelta del personale che andrà a formare l’Ufficio speciale, che il protocollo
prevede con sede alla Regione, e che dovrà svolgere la funzione di segreteria
tecnica di coordinamento fra tutti i soggetti coinvolti. Se Decarli e Karlsen,
che sostengono la giunta guidata da Roberto Cosolini – ha incalzato l’assessore
regionale – non hanno un buon dialogo con il sindaco, non possiamo farci
niente». «Il protocollo – ha però insistito Decarli – prevede una serie di
interventi finalizzati alla continuità del lavoro, alla salvaguardia
dell'occupazione, alla tutela dell'ambiente, nel contesto di un programma
complessivo che guardi alla crescita della città. Capofila dei soggetti che
hanno sottoscritto il documento è la Regione, ma oramai siamo a maggio e nessuna
delle date indicate nel programma è stata rispettata». Decarli ha concluso
affermando che «il presidente della giunta regionale Renzo Tondo dovrebbe
rivolgersi alle banche creditrici dell'azienda proprietaria dello stabilimento,
per individuare un piano triennale di rilancio, che lo stesso Tondo aveva
dichiarato di avere in tasca già nel 2008, guarda caso nel pieno della campagna
elettorale per le regionali». Karlsen ha detto che «Tondo fa continuamente
proclami per il rigassificatore e dimentica la Ferriera di Servola. Forse non si
è accorto che il consiglio comunale si è dichiarato contrario al
rigassificatore. Abbiamo chiesto al presidente della terza Commissione – ha
proseguito - di convocare una seduta sul futuro della Ferriera».
Ugo Salvini
IL PICCOLO - VENERDI', 4 maggio 2012
«Un piano per diventare una città più pulita» -
AMBIENTE»IL CASO
Cosolini riunisce la giunta e invita gli assessori a mettere a punto in 2
settimane una strategia più incisiva anche per l’estate: «Divertimento e riposo,
garantire tutti»
Un paio di settimane di tempo per mettere a punto una serie di misure in
grado di fare di Trieste una città più pulita e accogliente, ma anche in grado
di contemperare le esigenze di tutti: dei turisti in arrivo con la bella
stagione; dei giovani che vogliono divertirsi nei locali e stare all’aperto; e
dei cittadini che esigono di vedersi garantito il diritto al riposo. Più
pulizia, più severità nei confronti dell’inciviltà di alcuni, più rigore nei
confronti dell’operato di AcegasAps. Su questi tre binari dunque la giunta
comunale ha iniziato a lavorare per arrivare all’obiettivo. Un obiettivo la cui
discussione è stata ieri al centro della seduta dell’esecutivo. Sul fronte della
pulizia, dal sindaco Roberto Cosolini arriva - ancora una volta - un netto
richiamo tanto ai cittadini («i cui comportamenti - precisa - possiamo
normalmente definire molto civili») quanto ad AcegasAps. Insomma, per dirla con
l’assessore all’ambiente Umberto Laureni, «dalla fase della moral suasion si
passa a quella delle sanzioni». Ma anche a un tavolo coordinato tra assessorati
che giunga alla definizione delle misure. E allora, «ho chiesto agli assessori
interessati - dice Cosolini - di invitare AcegasAps a mantenere puntualmente gli
impegni presi sul fronte della garanzia del servizio di svuotamento dei
cassonetti e di pulizia e lavaggio delle strade: continuo a ricevere tante
segnalazioni dalla gente che dice di una città non sufficientemente pulita». E
se le guardie ambientali dovranno iniziare a multare di più AcegasAps (che a sua
volta si può rivalere sulle ditte appaltatrici) per mancati interventi, anche i
vigili urbani saranno chiamati a sanzionare con maggiore intensità: «La giunta
precedente ha posizionato un numero rilevante di posacenere nelle vie: un’azione
positiva che deve avere riscontro. Ci devono essere pattuglie di vigili, anche
in borghese se necessario, che multino chi getta le cicche a pochi metri dai
contenitori». Altro capitolo importante - all’arrivo dell’estate - la necessità
di coniugare le notti dei giovani con il decoro delle strade, soprattutto quelle
di Cittavecchia, e con il diritto al riposo di tutti. Anche qui, «giro di vite -
dice il sindaco - su chi scambia gli angoli del vecchio ghetto per wc pubblici».
Ma poi, «è chiaro che chiederemo ai locali che hanno un’intensa attività
notturna di farsi carico in qualche misura» del mantenimento del decoro dei
paraggi. Sul come, la riflessione nella giunta è aperta. «A Parigi o a
Barcellona - è l’esempio dell’assessore alle partecipate Fabio Omero - i locali
notturni hanno del personale che controlla ciò che accade all’esterno: dopo una
certa ora non si esce nemmeno con bicchieri di carta, e chi parla a voce alta
viene allontanato». Più complesso da affrontare - viste anche le
liberalizzazioni - il tema degli orari di chiusura dei locali. Ma sempre per
quanto riguarda divertimento e riposo, il sindaco sta pensando anche ad altri
provvedimenti. Un’ipotesi è quella di «limitazioni di velocità nelle ore
notturne in alcune vie cittadine» e lungo la riviera barcolana. «C’è da fare un
lavoro integrato tra assessorati - interviene il vicesindaco Fabiana Martini - e
stiamo guardando anche a quanto si sta facendo in altre città, giacché siamo
assolutamente favorevoli a copiare le buone pratiche». Fin qui le ipotesi. Tra
un paio di settimane, in giunta la discussione dei provvedimenti da assumere.
Paola Bolis
«Quel cassonetto svuotato dopo sei giorni di inutili
solleciti»
Cassonetti di via Schiaparelli svuotati da AcegasAps dopo sei giorni di
inutili solleciti. La segnalazione arriva da un cittadino. E infatti, il sindaco
lo ribadisce: «Da parte degli assessori competenti deve esserci un forte
richiamo» alla multiutility. Mentre l’assessore all’Ambiente Umberto Laureni
osserva che «in una logica non di contrapposizione, ma di rispetto tra Comune e
partecipata non possiamo essere tre volte buoni. E laddove c’è un ripetersi di
situazioni che non vanno, le guardie ambientali possono impostare un’azione
preventiva». Verso AcegasAps e verso i cittadini. L’assessore alle partecipate
Fabio Omero, confermando «le tante segnalazioni di cittadini al Comune»,
annuncia il rilancio di un coordinamento per il controllo dello spazzamento
strade e della differenziata: «Un lavoro di squadra tra guardia ambientale -
sostanzialmente una per circoscrizione -, responsabile di zona Acegas e
circoscrizione stessa».
Patto Tondo-imprese sul rigassificatore Clini: «Decidete voi»
Il ministro chiama in causa Regione e Autorità portuale
Il presidente: «Avanti tutta anche a costo di perdere voti»
UDINE Chiede energia, il Friuli Venezia Giulia. Quella che si può ottenere
realizzando progetti già sulla carta. Politica e industriali, ieri riuniti
all’assemblea di Confindustria Udine, vogliono dunque rigassificatore ed
elettrodotti. Chiave di volta anche per convincere un colosso come la Danieli a
rinunciare all’investimento in Serbia e a restare in Italia. E se Corrado Clini,
il ministro dell’Ambiente, rimanda sul rigassificatore alla conferenza dei
servizi, Renzo Tondo tira dritto: «Sono opere da realizzare anche a costo di
giocarsi una parte del consenso». Imprese da trattenere Sono due le questioni da
affrontare «con coraggio», insiste il presidente della Regione. Alle imprese,
«oltre agli strumenti finanziari e alle infrastrutture, vanno messe a
disposizione energia a costi più bassi e fiscalità di vantaggio: è il solo modo
per trattenerle sul territorio». Concetto che, a margine dell’assemblea,
rilancia anche Gianpiero Benedetti, presidente della Danieli: «Vedremo se le
cose, tra Belgrado e il Friuli, sono più o meno equivalenti. Se verificheremo
che lo sono, daremo precedenza al Friuli». Sempre che qualcosa cambi, però: «La
prima condizione è la linea elettrica da Redipuglia a Udine, per noi
fondamentale». Via libera al rigassificatore Sull’asse Tondo-Clini, invece, il
tema del rigassificatore. Il ministro spiega che sull’iter di autorizzazione «la
conferenza dei servizi deve ancora sciogliere alcuni nodi» e rimanda al
territorio: «Aspettiamo di conoscere le valutazioni sulla compatibilità
dell’impianto con le prescrizioni date in materia ambientale e di sicurezza con
le attività portuali. Questo non spetta a noi ma alla Regione e all’Autorità
Portuale. Aspettiamo». Il governatore, dal canto suo, non indugia: «Siamo pronti
ad assumerci le nostre responsabilità». Il fallimento in laguna In una tavola
rotonda che Confindustria Udine dedicata all’ambiente, dopo l’articolato
intervento in videoconferenza di Emma Marcegaglia, Clini interviene anche sulla
laguna di Grado e Marano. Fa sapere in particolare che l’area del sito di
interesse nazionale sarà «fortemente limitata» in seguito alla revoca del
commissariamento, ritenuto evidentemente un fallimento, e annuncia la
convocazione a breve di una conferenza dei servizi. Dopo di che la fine
dell’ordinanza di Protezione civile «riporterà le competenze in ambito
regionale». Ciò che è importante, aggiunge il ministro, «è assicurare che in
quest’area possano rapidamente essere create le condizioni per la ripresa degli
investimenti e la fine di una situazione di stallo che aveva effetti sociali ed
economici assolutamente negativi». Le istituzioni In apertura dei lavori i
saluti del sindaco di Udine Furio Honsell, che ha chiesto attenzione allo
sviluppo del Friuli come importante piattaforma logistica lungo l’asse Nord-Sud
Europa, e del presidente della Provincia di Udine Pietro Fontanini, che ha
invece auspicato maggiore sostegno da parte statale a una regione «abituata a
fare tutto da sola». Gli industriali Quindi, l’intervento del presidente degli
industriali del Friuli Venezia Giulia Alessandro Calligaris, che ha stroncato
l’ipotesi governativa di aumentare l’Iva di ulteriori due punti e criticato pure
la stagione di tecnici e commissari: «La politica deve essere capace di prendere
le sue decisioni». Nella relazione del padrone di casa Adriano Luci, duro con
Roma («Uno Stato incapace di onorare i propri impegni e quindi di pagare in
tempo è uno Stato che ha gravissime pecche morali»), entra il tema del lavoro:
«L’attuale mancata riforma non appare risolutiva sui problemi di fondo. Il
rischio è che non venga favorito l’ingresso nel lavoro dei giovani e che i
vincoli alla flessibilità in uscita restino». Poi, rivolto a Clini: «L’economia
verde è volano fortissimo perché tutela l’ambiente e crea occupazione. Vogliamo
fare industria ponendo massima attenzione ad ambiente e salute, ma vogliamo nel
contempo liberarci dalla logica dell’ambiente come vincolo che purtroppo ha
imperato negli anni recenti».
Marco Ballico
Bandelli e Rosolen diffidano il governatore
«Renzo Tondo ha accusato il primo caldo di stagione, prendendo l’ennesimo
abbaglio sul rigassificatore». Così Franco Bandelli, consigliere comunale di
Un’Altra Trieste, commenta la recente uscita del governatore che, dopo aver
ringraziato il ministro Passera per lo sblocco dei fondi sulla piattaforma
logistica, l’ha invitato ad accelerare anche sul progetto dell’impianto di Gas
Natural. «Tondo però - prosegue Bandelli - dimentica che a Trieste il Comune, la
Provincia e i sindacati si sono già espressi negativamente sul rigassificatore
evidenziando, tra le altre cose, una ricaduta praticamente irrisoria in termini
di occupazione sul nostro territorio». «Un’Altra Regione quindi - chiosa Alessia
Rosolen - non farà sconti sul rigassificatore. Nessun accordo e nessun
compromesso. Un messaggio che Tondo, specie in ottica elettorale, farebbe bene a
tenere a mente». Critico verso le affermazioni del presidente regionale anche
l’esponente Pd Sergio Lupieri: «Le dichiarazioni del governatore sulla
fattibilità e sostenibilità del rigassificatore di Zaule sono inaccettabili
perché ignorano completamente le decisioni degli enti locali».
WWF «Le ditte austriache fanno strage di alberi»
Non solo in Carnia, ma anche nelle Prealpi Giulie ditte boschive austriache stanno tagliando massicciamente i boschi di Abete rosso: a lanciare l’allarme è il Wwf regionale, che sottolinea al riguardo come boschi misti di conifere sono stati già "spazzolati" nei Comuni di Nimis, Taipana e Prepotto.
COMUNICATO STAMPA - GIOVEDI', 3 maggio 2012
L’allarme - IL WWF: “BOSCHI DI ABETE ROSSO RASI AL SUOLO DA DITTE AUSTRIACHE. LA REGIONE INTERVENGA”
Boschi misti di conifere sono stati "spazzolati" in
comune di Nimis, di Taipana e di Prepotto. In alcuni casi gli interventi hanno
lasciato completamente nude ampie superfici fortemente pendenti, mettendo a
rischio la stabilità dei versanti.
Non solo in Carnia, ma anche nelle Prealpi Giulie ditte boschive austriache
stanno tagliando massicciamente i boschi di Abete rosso: a lanciare l’allarme è
il WWF regionale, che sottolinea come già diverse decine di ettari di
imboschimenti effettuati circa 50 anni fa hanno destato l'interesse, oltre che
delle ditte locali, di una grossa ditta d'oltralpe, che in virtù dell'elevato
grado di meccanizzazione, è in grado di realizzare tagli a raso in pochi giorni.
Boschi misti di conifere sono stati "spazzolati" nei Comuni di Nimis, Taipana e
Prepotto.
“In alcuni casi - denuncia l’associazione - gli interventi hanno lasciato
completamente nude vaste superfici fortemente pendenti, mettendo a rischio la
stabilità dei versanti. Va sempre tenuto presente che la tipologia del nostro
territorio non è paragonabile alle ampie valli austriache, che hanno consentito
lo sviluppo di grandi foreste e una vera e propria “coltivazione” dei boschi, su
versanti meno ripidi e più facilmente accessibili dei nostri. In Austria,
inoltre, a tagli di una certa consistenza viene sempre fatto seguire il
rimboschimento artificiale delle superfici lasciate scoperte ed esposte alle
precipitazioni; non risulta che questo sia stato fatto dalle nostre parti”.
E non è tutto: sembra che alcuni di questi tagli siano stati realizzati senza
attendere la necessaria autorizzazione della forestale, e per questo motivo sono
stati effettuati in modo non corretto. “D'altronde le ditte boschive, senza
distinzione di nazionalità – continua il WWF -, hanno gioco facile ad insinuarsi
in una situazione di scarsa efficienza della macchina amministrativa,
approfittando dello scollamento venutosi a creare tra gli Ispettorati forestali
regionali e le Stazioni forestali. Un tempo il ruolo tecnico-amministrativo era
tutt'uno con quello di controllo e vigilanza, mentre ora, a seguito della
riforma voluta dall'assessore Violino, questi due ruoli sono rigidamente
distinti. E' questo il motivo per cui i "forestali" si trovano in gravi
difficoltà nel gestire il territorio, e ad approfittarsene sono le ditte
boschive che non intendono rispettare a fondo la normativa vigente”.
“La tutela del territorio - conclude l’associazione - esige maggiore presenza di
personale, e quindi è auspicabile un miglior coordinamento tra le varie
strutture di appartenenza, l’assunzione di guardie forestali prima dello scadere
della graduatoria concorsuale, la riapertura delle Stazioni forestali
recentemente soppresse, come tra l’altro già sancito da una mozione del
Consiglio Regionale”.
WWF Friuli Venezia Giulia
IL PICCOLO - GIOVEDI', 3 maggio 2012
Tondo a Passera: avanti col rigassificatore
La conferma del governatore al ministro dopo lo sblocco dei 32 milioni
per la piattaforma logistica
«Il finanziamento della piattaforma logistica è una luce che si accende, una
volta collegato col Corridoio Adriatico-Baltico il porto di Trieste diventerà un
centro distributore per tutto il Nord e l’Est Europa». Lo ha ribadito il
presidente della Regione Renzo Tondo, dopo lo sblocco dei 32 milioni per il
porto di Trieste, deliberato l’altro giorno dal Cipe. Al ministro Passera il
governatore ha anche confermato la volontà di realizzare il rigassificatore: «In
una terra che ha bisogno di energia per le proprie aziende diventa
fondamentale». «Lo sblocco dei fondi per il porto è un’ottima notizia, con la
quale archiviamo la stagione Berlusconi-Matteoli contrassegnata da anni di
promesse mancate e disinteresse verso questa parte d’Italia, ma è ancora un
timido passo rispetto alla dotazione di infrastrutture, soprattutto ferroviarie:
serve a poco rafforzare i porti se poi non si reperiscono risorse per le
ferrovie». Questo il commento dell’eurodeputata Pd Debora Serracchiani. Che nel
contempo contesta al presidente Tondo di aver confermato a Passera la volontà di
realizzare il rigassificatore nella baia di Zaule, e di non aver mai coinvolto i
parlamentari italiani sulla questione della terza corsia dell’A4, altro tema
caldo che Tondo ha toccato con il ministro. È soddisfazione generale per questi
soldi così attesi senza i quali era stato finora impossibile mettere a gara
l’opera di ampliamento del porto con 247 mila metri quadrati, di cui 140 mila
strappati al mare. «Un buon risultato per tutto il Friuli Venezia Giulia e per
le realtà produttive regionali - ha detto il presidente di Unioncamere
regionale, Giovanni Da Pozzo -, oggi è necessario più che mai ragionare come
sistema per sostenere le nostre imprese che devono presentarsi, farsi conoscere
all’estero e lavorare con l’estero». Da Pozzo ha ricordato che «a livello
camerale è stato affidato uno studio all’Ocse per individuare i possibili
vantaggi dati dallo sviluppo di una portualità e di una logistica integrata in
grado di innescare un circolo virtuoso verso tutte le connessioni produttive del
territorio». Sia Serracchiani, sia la Regione, sia la Provincia di Trieste hanno
comunque puntato l’attenzione su un passaggio ora politicamente importante
proprio nell’interesse del porto triestino: la Ue deve ancora ufficializzare
l’estensione al Friuli Venezia Giulia del Corridoio Baltico, che unirebbe
Helsinki e il Nord Adriatico in una via diretta per i traffici. Forte
apprezzamento per la delibera del Cipe è stata infine espressa anche dal
segretario regionale della Cisl, Giovanni Fania, che ha inviato un sollecito al
porto di Monfalcone «affinché si creino le stesse sinergie per far sì che l’area
attragga quegli interessi internazionali verso l’Alto Adriatico oggi rivolti
altrove».
INCONTRO ALLA CASA DELLA PIETRA - Candidati Pd ed esperti a confronto su gnl e rifiuti
AURISINA Rigassificatore e gestione dei rifiuti. Sono i
temi attorno ai quali si è sviluppato il dibattito organizzato alla Casa della
pietra di Aurisina per iniziativa di due candidati del Pd, Francesco Foti e
Roberto Gotter, con l’intervento di cinque esperti: Carlo Franzosini del tavolo
tecnico Wwf sul rigassificatore, Lino Santoro di Legambiente, Elio Di Giusto
presidente del Consorzio smaltimento rifiuti del basso Friuli, Elio Baracetti,
coordinatore del tavolo energia del Forum ambiente del Pd e Saul Ciriaco,
tecnico ambientale. Presente il candidato sindaco del centrosinistra Vlado
Kukanja. Sul fronte dei rifiuti, è stato sottolineato, va definitivamente
abbandonata la strada delle discariche e perseguita quella della raccolta
differenziata, che consente di vedere nei rifiuti una sorta di ricchezza. Basta
pensare all’umido, che può diventare concime per iniziativa dei privati
proprietari di un orto (a Duino Aurisina esistono sono già incentivi con la
riduzione della tassa per le immondizie) o con iniziative industriali. Sul
fronte dell’energia, è stato evidenziata l’assenza in Friuli Venezia Giulia
persino di un piano energetico, ma i Comuni, siglando un vero e proprio patto,
possono incentivare l’educazione alle fonti alternative e al risparmio. In
questo contesto - è stato detto -il rigassificatore è una risposta superata e
pericolosa per l’ambiente e i cittadini.
Il fantasma dell’alta velocità a Nordest
Nel nuovo libro di Paolo Possamai i paradossi di un progetto che si
trasforma in binario morto da Verona a Trieste
VENEZIA C’era una volta… Solo che la favola ha invertito il suo corso
rispetto alla versione originale: il cigno è regredito a brutto anatroccolo.
Così l’alta velocità ferroviaria lungo la pianura padana strada facendo ha
cambiato nome, diventando più sobriamente alta capacità. Ma in realtà la dizione
esatta è “alta incapacità”, quanto meno sul fronte orientale: perché da quando
dovrebbe entrare in Veneto a quando dovrebbe uscire dal Friuli-Venezia Giulia,
diciamo da Verona a Trieste, il treno è un assoluto fantasma, né è dato sapere
se mai prenderà forma concreta. Se a nordovest i binari sono bloccati dai “no-Tav”,
a nordest sono rimossi dai “sì, no, non so” tipici di un’inconcludenza genetica.
E in tal senso scorre tra irritazione e malinconia la lettura delle pagine di
“Ultima fermata Treviglio”, il libro di Paolo Possamai che Marsilio pubblica
nella collana “Nordest tra crisi e sviluppo” promossa da Nordesteuropa.it.
Treviglio è la stazione terminale della teorica Lione-Budapest: che, una volta
entrata in Italia, è progettata e finanziata appunto solo fino al confine tra
Lombardia e Veneto. E’ lì che Possamai, ripercorrendo una catena di puntuali e
pungenti servizi giornalistici da lui curati nell’ultima dozzina d’anni, fa
scendere il lettore in una terra di nessuno, di soldi e di decisioni,
affidandogli una sconsolata riflessione: Trieste oggi è collegata via treno a
Milano con tempi superiori a quelli dei vecchi “rapidi” di trent’anni fa.
Resterà così a tempo indeterminato, visto che da Verona in poi non esiste uno
straccio di progetto messo a punto e condiviso, e che la sola progettazione
della tratta confinaria tra Italia e Slovenia sarà pronta, bene che vada, per il
2015; figuriamoci i cantieri… D’altra parte, è stato l’amministratore delegato
delle Ferrovie Moretti a spiegare chiaro e tondo che il treno veloce arriverà a
Venezia non prima del 2019-2020, ma di proseguire oltre non se ne parla perché
non c’è un bacino sufficiente di utenti. Nel frattempo, andare dalla città
lagunare a Trieste via binario è un’avventura, come documentano le due
testimonianze di Mauro Covacich e Federica Manzon riportate da Possamai nel suo
libro; e come ha esemplarmente spiegato in un denso réportage sul “Corriere
della Sera” Susanna Tamaro. Ma al di là del merito della questione, il libro
viaggia tra ilarità e sconforto nel rivisitare gli autogol di un’area
soprattutto come il Veneto, tanto pronta a rivendicare l’autonomia delle scelte
quanto tarda nell’esercitarla. Due esempi su tutti: la polemica sul numero di
fermate (addirittura tre a Venezia!), nel delirio di pensare che un treno veloce
possa arrestarsi ogni 20-30 km; e l’idea, per fortuna poi accantonata, di
scegliere un tracciato che ponesse la Tav al servizio del turismo balneare delle
spiagge, cioè di un fenomeno che dura al massimo 90 giorni su 365. Le
conseguenze di questa serie di alte incapacità sono plurime, e tutte negative:
l’Europa ci mette in mora, il traffico si riversa sempre più su strada, Trieste
e l’intero Friuli-Venezia Giulia rischiano l’isolamento dal resto d’Italia, le
ricadute sui porti dell’Alto Adriatico e più complessivamente sull’impianto
della logistica sono destinate a penalizzare pesantemente il Nordest. Il tutto
condito dall’immancabile pizzico di comicità: in realtà un pezzo di Tav in
Veneto c’è, e sono i 25 km tra Padova e Mestre. Prima e dopo, il deserto:
singolare esempio di “binarius interruptus”. La sintesi è inevitabile, e
Possamai la puntualizza senza giri di parole: abbiamo perso un paio di decenni a
chiacchiere per precise responsabilità di classi dirigenti che vanno in ordine
sparso, e in cui spicca l’assordante silenzio della politica. Franco Migliorini,
autorevole quanto inascoltato urbanista veneziano, la mette giù in termini
ancora più secchi: paghiamo dazio all’abitudine della politica di guardare solo
al recinto domestico dei collegi elettorali. Signori in carrozza, era un tempo
la parola d’ordine. Oggi a Nordest riproposta nel più realistico e brutale,
signori scendere.
Francesco Jori
«Ultima fermata Treviglio»: domani la presentazione ad
Altavilla Vicentina
Domani alle 18, a villa Valmarani Morosina di Altavilla Vicentina, sede del
Cuoa, verrà presentato il libro “Ultima fermata Treviglio – Perché la Tav non
arriva a Nordest”, edito da Marsilio per Nordesteuropa.it, e scritto dal
giornalista Paolo Possamai (foto), direttore de “Il Piccolo”. Con lui ne
discuteranno Giuseppe Zigliotto, presidente di Confindustria Vicenza, Aldo
Bonomi, sociologo e direttore del Consorzio Aaster, ed Erasmo Venosi, della
Commissione del Piano generale dei trasporti e della logistica. L’incontro sarà
condotto da Dario Di Vico, giornalista del “Corriere della Sera”. L’evento
rientra nel calendario del Festival delle Città Impresa, le Fabbriche delle
Idee.
Gestione rifiuti La Regione dice no a nuovi impianti
Il vicepresidente della Regione, Luca Ciriani, convocherà a breve le
municipalizzate del Friuli Venezia Giulia e i gestori delle discariche per
avviare con rapidità un percorso che prepari il sistema regionale alle prossime
modifiche del processo di gestione dei rifiuti. «Il percorso che vogliamo
intraprendere - ha spiegato Ciriani - è quello che ci porterà ad avere come
ambito territoriale ottimale l'intera regione. Questa scelta, inevitabile e
giusta, consentirà di ottimizzare l'utilizzo degli impianti esistenti,
eliminando doppioni e la necessità di aprirne di nuovi, oltre a realizzare
economie di scala per ottimizzare anche le tariffe per i cittadini».
CONVEGNO Un piano per il paesaggio nel Friuli Venezia Giulia
Si svolgerà domani alle 14.30 nell’aula Tomadini dell’Università di Udine la seconda parte del convegno, che si propone di calarsi nelle esperienze regionali del Friuli Venezia Giulia in corso che possono essere propedeutiche all’avvio di una stagione di pianificazione del paesaggio e del territorio regionale.
ANCI Comuni in pressing per la legge sull’acqua
«Comuni e Regione collaborino per una legge sui servizi
idrici integrati condivisa che veda al centro i Comuni, i proprietari delle
reti». A chiederlo è l’Anci con Nerio Belfanti. La Regione risponde con Luca
Ciriani: «Piena disponibilità a rivedere le decisioni se l’Anci ha cambiato le
proprie decisioni».
Progetto Zamparini Grado dice sì alla lottizzazione
Via libera ad alberghi e aree commerciali in Valle Cavarera Il sindaco
Maricchio: «Il tempo dirà se abbiamo fatto bene»
GRADO Via libera dal Consiglio comunale di Grado al piano particolareggiato
di Valle Cavarera proposto dal Gruppo Zamparini, per la realizzazione
dell’insediamento denominato “Vivere in laguna”. Sono stati gli undici
rappresentanti della maggioranza ad alzare la mano votando favorevolmente al
progetto, mentre hanno espresso voto negativo i tre consiglieri di Liber@ (Facchinetti,
Raugna e Tognon) e il consigliere del Pd, Angela Giorgione. Assenti Enzo Tirelli
della Lega Nord e Giorgio Marin del Pd, che avevano approvato il piano in sede
di commissione urbanistica. Quanto approvato è, dunque, il piano di
lottizzazione, non il progetto, che comprende l’individuazione delle aree
destinate a wellness, attività sportive ed edilizia, a fronte di una volumetria
di 394.342 metri cubi su una superficie di 495.587 metri quadrati. Vi potranno
sorgere varie tipologie di insediamenti: residenza e residenza
turistica-alberghiera (massimo 73,51%), ricettivo e ricettivo-complementare,
direzionale, commerciale al dettaglio, artigianato di servizio, servizi e
attrezzature collettive (26,49% di cui un massimo del 20% della volumetria
complessiva per il ricettivo e il ricettivo-complementare). Per gli edifici
commerciali e direzionali è previsto un massimo di 4 piani fuori terra per
un’altezza di 13,50 metri; per quelli ricettivi sempre 4 livelli fuori terra per
un’altezza massima di 15; residenza e residenza turistica massimo 3 livelli per
un’altezza di 10,50 metri. Le quote dei terreni dovranno essere portate fra i 2
metri e mezzo e i 3 metri, consentendo così anche il parcheggio interrato.
L’intera area a ridosso della provinciale Grado-Monfalcone sarà schermata con
un’ampia fascia di verde, per una profondità che arriva fino a quasi 48 metri.
Sono previste dieci aree parcheggio di relazione per un totale di oltre 8.700
metri quadrati, oltre a un parcheggio confinante con la provinciale per
sopperire alla mancanza di parcheggi del dirimpettaio rione di Pineta. Il
sindaco Edoardo Maricchio ha osservato: «Il tempo dirà se abbiamo fatto bene»,
ricordando che anche quando erano stati realizzati il Parco delle Rose o la
Colmata, Grado era insorta.
Antonio Boemo
Vicino/lontano, l’altro Cacciari bacchetta il governo
Monti e critica la Tav: «È superata»
Oggi si apre alla Chiesa di San Francesco a Udine l’edizione 2012 della
rassegna con un dibattito a cui partecipa il giornalista, autore di saggi sulla
decrescita
A dialogare con l’autore che si ispira a Serge Latouche saranno Gilberto
Corbellini, Ernaldo Cecchini e Francesco Marangon
Bisogna invertire la rotta: dematerializzare il sistema produttivo e
diminuire i flussi di energia e di materie prime impegnati nei cicli di
produzione e consumo». Così Paolo Cacciari, giornalista e già assessore
all'Ambiente e alle Politiche giovanili del Comune di Venezia e parlamentare di
Rifondazione Comunista, nonché membro di spicco dell’Associazione per la
Decrescita ispirata ai principi del teorico Serge Latouche. Tra i protagonisti
del primo incontro della rassegna “Vicino/Lontano” che si apre oggi a Udine,
Cacciari dialogherà con Gilberto Corbellini, Arnaldo Cecchini e Francesco
Marangon stasera alle 20 nell’ex chiesa di San Francesco sul tema “Quale misura
per il presente: un confronto su scienza, democrazia, sostenibilità”. Autore di
pubblicazioni come “Pensare la decrescita” (2006). “Decrescita o barbarie”
(2008) e “La società dei beni comuni (2011), della Tav dice: «E’ un’opera
superata, controproducente sotto il profilo ambientale e perfino
controproduttiva dal punto di vista economico, perché non regge. I costi di
esercizio sono tali che dovranno essere pareggiati da interventi statali». E sul
governo, taglia corto: «Un esecutivo fatto da economisti che fino a due anni fa
lavoravano per le stesse società che ci hanno portato al disastro è
un’abdicazione della politica e una sospensione della democrazia. Spero sia solo
una parentesi». Bisogna ritrovare una “misura”, scrive Cacciari nell’ultimo
numero di “Multiverso”, rivista dell’Università di Udine pubblicata da Forum,
che sarà presentata a Vicino/Lontano. Che cosa significa? Abbiamo proprio perso
la bussola? «Qui voglio sottolineare che oggi c’è molta difficoltà nel misurare
la qualità dell’ambiente e della natura, perché per farlo servono capacità
cognitive allargate e invece nel pensiero scientifico razionalista occidentale
l’approccio è spesso riduzionistico, tende a scomporre la complessità in
segmenti e così si finisce per perdere la visione sistemica della realtà». Al
pensiero scientifico, però, dobbiamo molti progressi... «Certo, questo approccio
ha portato a tante conquiste, ma ci ha fatto anche perdere altre dimensioni:
quelle estetiche, globali, sentimentali e dunque ecologiche. L’approccio di
Newton, Bacone, Galileo alla fine trasforma gli organismi in macchine e questo
pensiero ha alcuni limiti, che sono stati resi evidenti dalla crisi ecologica».
Qual è il limite più evidente? «E’ appunto l’incapacità di comprendere il
limite, la finitezza del mondo fisico. Per avere un rapporto equilibrato con la
natura, dobbiamo reimparare a comprendere che siamo parte della natura stessa,
che non la dominiamo, ma anzi la stiamo consumando e distruggendo con un
atteggiamento predatorio e di saccheggio». Come si supera questo atteggiamento
miope, che rischia di mettere a repentaglio la sopravvivenza della nostra stessa
specie? «Recuperando il senso della giusta misura nel rapporto con la natura.
Che significa non considerarlo sotto il profilo meramente matematico, ma
riprenderne una visione globale, olistica, ecologica. In sostanza dobbiamo
rimettere in moto il processo cognitivo intuitivo, qualitativo e spirituale.
Riprendere un rapporto d’amore, di unità con il tutto, oltre il riduzionismo
razionalistico occidentale». Dobbiamo ritrovare una misura anche nella
democrazia? «La democrazia rappresentativa, borghese e liberale, è entrata in
crisi profonda perché è totalmente incapace di rappresentare. I partiti dovevano
essere i canali di questo sistema e invece sono diventati imprese del consenso e
hanno creato un baratro tra società civile e istituzioni». Come se ne esce?
«Tornando alla democrazia come partecipazione, utopia dell’autogoverno,
esercizio della sovranità popolare, spostando i centri decisionali sempre più
verso il basso, il territorio. Come hanno fatto molte comunità insorgenti
dell’America Latina da cui l’Europa in decadenza dovrebbe prendere l’esempio,
invece di considerarsi “civilizzatrice”. Come si è cercato di fare a Firenze
fondando nei giorni scorsi l’Alba, Alleanza per lavoro beni comuni e ambiente».
Alberto Rochira
Il giro d’Italia al minimo - Si viaggia in Porsche e a
vela per rivalutare le basse velocità
TRIESTE Quasi 12 ore per percorrere 336 chilometri. Con una Porsche da 380
cavalli. A raccontarlo ha quasi dell’incredibile. È il paradosso del viaggio da
Trieste a Chioggia a bordo della Panamera S Hybrid, prima tappa terrestre del
“Giro per la vita 2012” , il giro d’Italia in tandem vela-macchina ideato dallo
skipper e giornalista Alfredo Giacon per dimostrare che cambiare stili di vita è
possibile. La lezione arriva proprio dalla “berlina” tedesca con motore 3mila di
cilindrata. A stupire non sono tanto i 46 km/h di media tenuti nel corso delle 7
ore e mezzo effettive del viaggio che tocca il Villaggio del pescatore, le
risorgive del Timavo, il punto più a nord del Mediterraneo, il Centro recupero
fauna selvatica di Terranova, Grado, Aquileia, Marano Lagunare, Carlino, Venezia
e le valli della laguna. A stupire è piuttosto il fatto che per più della metà
del tempo la macchina “veleggia” proprio come lo Sly 42 Fun diretto via mare
verso la stessa meta. Quando si alza il piede dall’acceleratore, il motore a
scoppio si scollega automaticamente e questo permette alla vettura di
risparmiare carburante. La batteria elettrica non viene ricaricata attraverso
una presa di corrente: si ricarica con l’energia cinetica prodotta dal motore
(quando è in funzione), ma soprattutto si ricarica grazie al rotolamento delle
ruote e durante le frenate. La potenza rimane, basta schiacciare il pedale di
destra per capirlo, ma in questo caso la sfida è un’altra: dimostrare che si può
viaggiare “a emissioni zero”, che c’è cioè un’alternativa alla propulsione
tradizionale. Alla guida il punto di vista cambia, mettersi al volante non è più
una questione di forza, ma d’intelligenza. «Dall’alto, non ci diranno mai di non
consumare: siamo noi che dobbiamo prendere l’iniziativa – spiega Giacon una
volta raggiunto il Marina Saline di Chioggia -. Dopo 20 anni trascorsi a
navigare per il mondo tra gente povera ma felice che non aveva niente, ma aveva
tutto il necessario per vivere, al ritorno ho trovato un mondo devastato. Ho
pensato allora di impegnarmi per divulgare le piccole accortezze che si
osservano in barca affinché vengano seguite anche nella vita quotidiana di
città». In rappresentanza di Porsche Italia, c’è il direttore generale Loris
Casadei. Il marchio di Stoccarda ha condiviso in toto la visione del mondo
promossa dal velista veneto e ha subito messo a disposizione la propria vettura
ibrida per l’inconsueto connubio vela-motore. «Quando si parla di ecologico
bisogna essere onesti – nota Casadei -: se oggi tutto il parco auto viaggiante
fosse elettrico, ma prendesse energia dalle centrali a carbone, l’inquinamento
in realtà sarebbe maggiore di quello che è. Il punto su cui dobbiamo
concentrarci è quello del ‘come realizziamo l’energia’. Si tratta di un elemento
che spesso non si prende in considerazione quando si affrontano temi di questa
natura». Cervello e non muscoli. Appunto. Anche con 380 cavalli sotto il cofano.
Stefano Bizzi
KONRAD - MARTEDI', 1 maggio 2012
Lucia sirocco e' la nuova presidente di Legambiente Trieste
ANSA - MARTEDI', 1 maggio 2012
IL PICCOLO - MARTEDI', 1 maggio 2012
Ambientalisti e agricoltori, intesa sul Carso
DUINO AURISINA A vederli insieme sembrano come il diavolo e l’acqua santa.
Davide Peric è un focoso agricoltore di San Giovanni, Maurizio Rozza è un
ambientalista doc, consigliere comunale uscente: è nota l’ostilità che spesso
affiora nei rapporti tra queste due realtà del territorio di Duino Aurisina. E
invece, con molta buona volontà, stanno cercando una convivenza attiva come
candidati nella lista di Sinistra ecologia e libertà. Si sono confrontati
l’altra sera in un’assemblea alla Casa della pietra di Aurisina. «Gli
agricoltori – ha detto Peric – sono la classe disagiata del Carso. La burocrazia
ci sta ammazzando». «È vero – ha subito replicato Rozza – molte norme sono
antiquate e contraddittorie, i vincoli vanno razionalizzati: il Carso va
sfruttato con intelligenza anche ai fini turistici. Si possono conciliare i
valori ambientali e lo sviluppo economico. L’antagonismo è inventato da chi ha
ben altri progetti di uso speculativo delle aree». Testimoni dell’insolito
matrimonio Grazia Francescato, del coordinamento nazionale Sel e battagliera
ambientalista, e il candidato sindaco di centro sinistra Vlado Kukanja.
L’economia deve saper dialogare con l’ecologia - ha detto Francescato - è una
delle strade per uscire dalla crisi che ci affligge purché non ci si affidi per
il salvataggio ai grandi circuiti finanziari, oggi ispiratori delle scelte
politiche. Le ha fatto eco il segretario provinciale di Sel, Fulvio Vallon. «Se
il centro sinistra non avesse vinto a Trieste – ha detto – avremmo già nel golfo
il rigassificatore».
Ogs: necessario un patto per salvare il mare
Alla XXIII edizione della manifestazione di Rimini evidenziate le
problematiche del settore
Si è svolta a Rimini la “XXIII Rassegna del Mare”, manifestazione
internazionale che ha affrontato quest’anno il tema “Risorse marine e attività
di pesca in un quadro di sviluppo sostenibile”. All’iniziativa, realizzata da
“Mare Amico”, hanno preso parte anche i vertici e alcuni ricercatori
dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e Geofisica Sperimentale di Trieste. In
occasione del convegno “Ricerca scientifica, educazione e comunicazione
ambientale” il presidente Ogs, Maria Cristina Pedicchio, ha evidenziato la
necessità di un patto tra scienza, politica e società per poter efficacemente
promuovere la ricerca scientifica e favorirne le ricadute a beneficio dei
cittadini e dello sviluppo sociale ed economico del paese. «Forte è la
responsabilità dei ricercatori - ha concluso Pedicchio - nell’assumere un ruolo
attivo per promuovere, divulgare e informare i cittadini e i giovani del valore
della ricerca scientifica; in questo settore Ogs è estremamente attivo grazie a
molteplici iniziative di formazione e divulgazione». Il secondo intervento a cui
l’Ogs ha preso parte riguardava il tema “Bilancio degli scambi di CO2 tra
atmosfera e mare” e ne hanno discusso per il centro di ricerca triestino
Miroslav Gacic e Cosimo Solidoro, assieme a Nicholas John Riley del British
Geological Survey, Andrew Sweetman del Norwegian Institute of Water Research e
Antonio Brambati, dell’International Union of Geological Sciences, coordinati da
Sergio Persoglia, segretario generale di CO2GeoNet. Nel corso dell’incontro è
stato rilevato che, quando si analizzano i dati sul clima a scala globale e le
evidenze indirette su cicli temporali molto ampi, occorre usare molta cautela
per non scambiare cause ed effetti. Ciò vale anche quando si affronta la
connessione tra cambiamenti globali ed emissioni di CO2 in atmosfera. Il fatto
che nel lontanissimo passato possano essersi già verificate condizioni
climatiche simili a quelle previste entro la fine del secolo (se non si
ridurranno le emissioni di CO2 in atmosfera) non significa però che queste siano
situazioni desiderabili per il genere umano. Per quanto riguarda i fatti
misurabili, l’aumento di CO2 in atmosfera negli ultimi 150 anni e la velocità
dello stesso sono dati evidenti da essere difficilmente controvertibili. Il mare
può assorbire una quota rilevante di CO2 (30% a livello globale), mitigando il
fenomeno e fornendo un “servizio di ecosistema” importante. Questo però ha anche
una conseguenza negativa in termini di acidificazione dell’acqua del mare (Ocean
Acidification). Certamente sarebbe molto importante, hanno concluso i
ricercatori intervenuti a Rimini, l’avvio di un progetto specifico sui mari
italiani.
Parchi di confine par l’ambiente - Convegno a Muggia - Naturalisti e docenti di diritto italiani e sloveni a confronto
MUGGIA «Il parco come strumento di tutela transfrontaliera dell’ambiente»: questo il tema del convegno organizzato dal Comune di Muggia in collaborazione con l’Università di Udine, che avrà luogo venerdì 4 maggio alle 9 al teatro Verdi di Muggia. Dopo gli interventi introduttivi dell’assessore Fabio Longo e del sindaco Nerio Nesladek, la relazione introduttiva sarà tenuta dall’avvocato Francesco Longo, docente di diritto amministrativo e di biotecnologie all'Università degli Studi di Udine. LGli altri interventi: “Le situazioni e gli interessi naturalistici da proteggere e salvaguardare “ (Giuseppe Zerbi, ordinario di ecologia all’Università di Udine); “Dal golfo di Trieste alla costiera muggesana” (prof. Antonio Brambati, università di Trieste); “Le zone parco e le situazioni oggetto di protezione giuridica” (prof. Marcello M. Fracanzani, ordinario di diritto amministrativo all'Università di Udine); “Il parco nella Repubblica Slovena” (dott. Marko Starmann, direttore parco naturale di Strugnano Portorose); “Il parco come strumento di investimento e promozione dello sviluppo economico e sociale – le potenzialità dell’area muggesana-istriana” (prof. Franco Rosa, professore di economia agraria all’Università di Udine); “Lo sviluppo urbanistico all’interno delle zone parco” (prof. Daniele Rallo, docente di urbanistica all’Università di Udine). Agli interventi programmati seguirà un dibattito. Per informazioni: Comune di Muggia - Servizio Ambiente e Sviluppo Energetico - arch. P. Lusin tel.040-3360413 –fax.040271629 (e-mail:paolo.lusin@comunedimuggia.ts.it); dott. D. Del Core tel.040-3360405 (e-mail:daniela.delcore@comunedimuggia.ts.it)
Sfida dell’economia verde a Nordest - Da domani al 6
maggio il Festival delle Città d’Impresa promosso da Nordesteuropa
VENEZIA La green economy, una delle sfide per il futuro del Nordest, sarà il
leit-motiv della quinta edizione del Festival Città Impresa, da domani al 6
maggio e che coinvolgerà varie sedi fra Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino
Alto Adige. L’evento, promosso da Nordesteuropa e Sette Green, avrà come ospiti,
tra gli altri, due ministri, quello dello Sviluppo economico Corrado Passera e
quello dell’Ambiente Corrado Clini. Nel programma molto fitto degli appuntamenti
e incontri, esteso in venti tra città e territori, ci sarà anche la presenza di
Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola, e Maurizio Pallante,
fondatore del Movimento della decrescita felice, oltre a politici, imprenditori,
docenti universitari, scrittori e artisti. In contemporanea piazze, impianti
industriali, luoghi culturali si accenderanno di verde per ospitare incontri,
dibattiti e workshop, presentazione di progetti e prodotti, laboratori per
adulti e bambini. Il salto di paradigma implicito in questa confluenza di
progetti e aspirazioni di diversa origine è evidente - ha spiegato Enzo Rullani,
presidente del Comitato scientifico del Festival Città Impresa - così come è
evidente che il Nordest non resta chiuso nel suo passato, ma si candida ad
essere laboratorio simbolo di una rivoluzione culturale, imprenditoriale,
istituzionale, ancorata alle esperienze che, sui temi affrontati, sono
all’avanguardia in Europa. Innovazione e qualità - prosegue Rullani - cominciano
ad essere riconoscibili nel dna delle nostre imprese, delle amministrazioni
pubbliche e dell’intero sistema territorio, o almeno nella parte più dinamica e
aperta di esso. Lo dimostra la grande adesione a questo esperimento che promuove
e incoraggia i comportamenti virtuosi. Il segnale è chiaro: la strada della
green economy è una chiave straordinaria per costruire un nuovo sviluppo». «Ora
occorre realizzare - conclude il presidente del Comitato scientifico del
Festival Città Impresa - una sinergia efficace, nei comportamenti quotidiani e
non solo nelle intenzioni professate, tra impresa e cultura, tra settore
pubblico e privato». Il 5 maggio, ci sarà anche una Notte Verde del Nordest che,
per far emergere i casi più significativi, i progetti e le prospettive del
territorio, “accenderà” strade, luoghi, impianti industriali dell’area
metropolitana nel segno dell’economia verde e della sostenibilità. Oltre 20
città e territori saranno connessi contemporaneamente nelle tre regioni per dare
vita alla più grande manifestazione europea nel suo genere, per festeggiare, fra
le altre cose, il raddoppio del numero di pmi manifatturiere che hanno investito
in prodotti e tecnologie verdi (passate dal 28,3 al 57,3%). Domani nella
giornata di apertura del Festival alla Fiera di Vicenza, ci sarà la cerimonia
collettiva di premiazione dei 1.000 fabbricatori di idee del Nordest alla Fiera
di Vicenza, con la partecipazione del ministro dello Sviluppo Economico Corrado
Passera (a fianco l’elenco dei premiati per Trieste e Gorizia).
Sviluppo e salute sono compatibili? - CONFERENZA A PIU'
VOCI DELL’AMEC
Amec segreteria permanente in via Valdirivo 19 Info: tel. 040-3499050 amec@smileservice.it
La conferenza su “Rischi ambientali ed efficienza energetica. Sviluppo ed
economia, salute e benessere: possono essere compatibili?” promossa dall’Amec,
si terrà domani alle 17 al Savoia. Interverranno Umberto Laureni, assessore
comunale all’Ambiente, Energia, Riqualificazione ambientale dei siti inquinati,
Agricoltura e Pesca (foto); Piermario Biava, dell’Istituto di ricerca e cura a
carattere scientifico Irccs Multimedica di Milano; Fabio Dandri dell’Agenzia per
l’Energia del Friuli Venezia Giulia; Marco Manzan, professore associato di
Fisica Tecnica, Dipartimento di Ingegneria Civile e Architettura dell’Università
di Trieste. La conferenza sarà moderata da Fabio Burigana, presidente Amec.
Vista la grande affluenza alle conferenze, l’associazione invita gli interessati
a prenotare il posto a sedere, fino ad esaurimento
GREENSTYLE.it - LUNEDI', 30 aprile 2012
Fotovoltaico al grafene: in arrivo pannelli solari
super efficienti
Il segreto per ottenere dei pannelli fotovoltaici più
efficienti potrebbe essere nascosto dentro la punta di una matita. Allo studio,
infatti, sono le applicazioni del grafene nella costruzione delle celle del
futuro. Abbiamo spesso parlato della varie ricerche mirate a un aumento
sensibile dell’efficienza dei sistemi fotovoltaici. Invece non abbiamo ancora
avuto modo di parlarvi del grafene.
Si tratta di uno degli ultimi ritrovati nel settore della ricerca dei materiali:
sostanza dalle altissime capacità conduttive (superiori a quelle del rame),
grandi qualità plastiche e praticamente trasparente. Se le sue capacità sono
note da tempo, recentemente degli studiosi giapponesi sono riusciti a scoprire
un sistema per sintetizzarlo a costi competitivi. In questa maniera il grafene
si candida a sostituire, ad esempio, il silicio nei materiali elettronici di
nuova generazione.
E se chimicamente, come leggiamo da Wikipedia:
un materiale costituito da uno strato monoatomico di atomi di carbonio (avente
cioè uno spessore equivalente alle dimensioni di un solo atomo)
e se le sue capacità e potenzialità sono ancora da scoprire, in pratica si
tratta di un film trasparente che normalmente troviamo legato chimicamente in
maniera diversa nella grafite. Sì, proprio il materiale di cui è fatta la punta
della vostra matita. E il processo di sintesi messo a punto in Giappone parte
proprio dall’interazione di alcuni batteri con dell’ossido di grafite.
Ulteriori studi, stavolta statunitensi, permettono di prevedere un incremento
del 52% nell’efficienza di sistemi fotovoltaici qualora venisse implementato del
grafene. In pratica, si tratterebbe di aggiungere tale materiale al diossido di
tungsteno presente nelle celle.
Facile? In realtà, lo studio è tutto da realizzare. Infatti, si è visto anche
come una percentuale troppo alta di grafite finirebbe per assorbire dei fotoni,
riducendo l’efficienza del sistema, invece di aumentarla.
Ad ogni modo, come testimonia il gran numero di articoli a riguardo (ed il gran
numero di notizie che escono ogni giorno al riguardo), c’è da giurare che tempo
pochi anni il problema del fotovoltaico come tecnologia troppo poco efficiente
sarà completamente superato.
Guido Grassadonio - Fonti: EcoFriend
IL PICCOLO - LUNEDI', 30 aprile 2012
Antenne, “prima” al Tar: il ministero con il Comune
Iniziata la sfida in aula fra l’amministrazione di Muggia e la società
Finmedia Nuova udienza il 26 settembre. Roma attenta alle implicazioni
internazionali
MUGGIA La diffida del Comune di Muggia era partita ai primi di febbraio e
riguardava ancora una volta le nuove antenne di Chiampore. Nel mirino
dell’Ufficio servizio Ambiente e Sviluppo energetico quella volta era finita una
società triestina, la Finmedia con sede in via Campo Marzio. La società era
stata diffidata dall’avviare ed eseguire i lavori per la modifica di un impianto
tecnologico di radiotelecomunicazione in località Valle San Bortolo, nella
frazione di Chiampore. Finmedia alla Conferenza dei servizi aveva presentato un
progetto di ampliamento, sostenendo la necessità di un intervento urgente per
mettere in sicurezza il traliccio “pericolante”. Il Comune di Muggia era
intervenuto bloccando di fatto ogni iniziativa della società triestina e
affermando l’esigenza di un piano generale relativo alle antenne che armonizzi
ogni intervento. Alla diffida del Comune, Finmedia aveva risposto chiedendo la
sospensiva e adducendo l’urgenza dell’intervento. La questione è così approdata
al Tar. E giovedì si è tenuta la prima udienza al Tribunale amministrativo
regionale. Il Comune di Muggia ha presentato una memoria in cui ha ribadito la
propria posizione e la necessità quindi di un piano generale. Mentre la società
Finmedia ha deciso di rinunciare alla richiesta di sospensiva. La causa sarà
quindi ridiscussa il 26 settembre e fino ad allora non sarà possibile alcuna
operazione sui tralicci. Da segnalare poi il fatto che accanto alla memoria
presentata dal Comune di Muggia, è stata consegnata un’altrettanto corposa
memoria da parte del ministero dello Sviluppo Economico che si è costituito
nella causa attraverso l’Avvocatura di Stato. Con questa azione il ministero ha
inteso sottolineare la delicatezza del tema degli impianti nella zona di
Chiampore in funzione degli sconfinamenti del segnale oltre il confine sloveno
con le relative problematiche internazionali connesse. Soddisfatto della prima
udienza al Tar e della posizione espressa dal ministero il sindaco di Muggia,
Nerio Nesladek. «È un’altra tappa significativa - ha sottolineato il primo
cittadino - del percorso portato avanti con determinazione e trasparenza dal
Comune che non solo conferma la validità dell’impostazione che l’ente ha
riconosciuto in un progetto generale che tenga conto degli effetti che
complessivamente le antenne hanno nell’intero rione di Chiampore ma che
incoraggia e fornisce il tempo necessario per continuare insieme ai cittadini e
insieme ai gestori un percorso condiviso che veda primaria la salute dei
cittadini e, poi, il diritto di informazione».
(fe.vi.)
IL PICCOLO - DOMENICA, 29 aprile 2012
Via Cereria, i cittadini: «Cosolini è con noi» - Pronta
ad approdare in Consiglio comunale la petizione che si oppone alla costruzione
del parcheggio
Il comitato di cittadini che si oppone alla realizzazione del parcheggio in via
Cereria incassa l’appoggio del sindaco Roberto Cosolini. Lo conferma uno dei
rappresentanti del gruppo di residenti, l’ex consigliere comunale dei Verdi e
candidato alle ultime elezioni amministrative con la lista civica cosoliniana
Trieste Cambia, Alfredo Racovelli: «Siamo stati ricevuti qualche giorno fa dal
sindaco - spiega -. Cosolini ci ha detto che quel parcheggio non lo vuole
realizzare e nel contempo ha fatto presente che c’è un problema con la ditta
Riccesi, problema nato con la giunta Dipiazza». Il riferimento è alla novazione
tramite la quale il Comune avrebbe dovuto risolvere la questione generata dalla
mancata costruzione del parcheggio sotterraneo di piazza Ponterosso, attraverso
cioè l’individuazione e assegnazione di nuove aree su cui creare i 450 posti
auto inizialmente previsti per il progetto del park in Ponterosso
(l’alternativa, che il Municipio vuole scongiurare, è quella di corrispondere un
indennizzo all’impresa da 3,5 milioni di euro). Fra le aree selezionate, era
stata inserita anche quella di via Cereria, con progetto per un parcheggio da 75
stalli. Che il comitato di cittadini contesta da tempo, chiedendo invece la
destinazione a giardino dello spazio verde, oggi terreno incolto. «Noi -
prosegue Racovelli - abbiamo depositato una petizione con oltre 1.300 firme. Il
sindaco ci ha detto che il Consiglio comunale la discuterà in maggio. Per quanto
ci riguarda, vorremmo comunque portare in aula una proposta di utilizzo per
l’area. E l’auspicio è che il nuovo Piano regolatore le assegni la destinazione
d’uso di verde urbano. In ogni caso, Cosolini ha anche specificato che soldi per
investire non ce ne sono». Quanto ai siti alternativi fra i quali cercare quello
da assegnare alla Riccesi al posto dello spazio di via Cereria, la situazione
rimane per il momento in stand-by. Come conferma l’assessore comunale ai Lavori
pubblici, Andrea Dapretto: «Su via Cereria stiamo discutendo per individuare
nuove soluzioni con Riccesi. Sono state elencate delle possibili aree - conclude
l’esponente della giunta - ma niente è stato ancora definito». Nei giorni
scorsi, intanto, il Comitato di cittadini che si oppone alla costruzione del
parcheggio ha affisso a una recinzione nell’area uno striscione dal contenuto
esplicito: «Il giardino di via Cereria è un bene comune. No al parcheggio!».
Nelle prossime settimane il tema approderà, accompagnato dalla relativa
petizione, nell’aula del Consiglio comunale. (m.u.)
Caro Parking, in via del Teatro nasce anche la “zona
viola”
Nuova tariffa a 1,65 euro all’ora (quella attuale è di 1,40) in vigore
dal 2 maggio per 73 stalli a raso
La gestione è della Park San Giusto spa e rientra nel
contratto di project financing con il Comune
Settantatre parcheggi a pagamento in superficie pronti a colorarsi di viola.
Da mercoledì 2 maggio, infatti, per gli stalli disposti lungo Androna Chiusa e
via del Teatro romano, dietro piazza Unità, inizia una nuova era: quella della
zona tariffaria “viola”. Il cittadino che deciderà di posteggiare il proprio
autoveicolo in uno di questi 73 spazi, dovrà pagare 1,65 euro all’ora (cioè 25
centesimi in più di quanto si sborsa con l’attuale status di zona rossa). Non
solo una novità: la “viola” diventa infatti in un colpo solo anche la zona più
costosa per i parcheggi a raso nel centro cittadino, seguita nell’ordine - fra
quelle definite per competenza dal Comune - dalla “rossa” (1,40 euro all’ora) e
dalla “gialla” (1 euro). La variazione è stata definita dalla delibera della
giunta Cosolini (in cui viene specificato come il nuovo Piano del traffico ne
recepirà le modifiche), approvata meno di una settimana fa e avente per oggetto
il contratto di concessione di costruzione e gestione con la Park San Giusto
spa, in cui ricade anche l’assegnazione alla società - che sta realizzando il
parcheggio interrato sotto il colle - della gestione di 138 posti macchina a
pagamento a cielo aperto in centro città. Dei quali 73 si trovano in via del
Teatro romano e Androna chiusa e dal 2 maggio si tingeranno dunque di viola
spogliandosi dell’odierno color rosso, altri 52 rientrano nella zona rossa (che
tale rimarrà) in via Cadorna nel tratto fra via Boccardi e via del Mercato
vecchio, via del Mercato vecchio e piazza dello Squero vecchio e infine gli
ultimi 13 in quella gialla (anche qui nessuna variazione) nel tratto di via
Cadorna tra via Boccardi e via Venezian. Il riassetto tariffario si lega alle
previsioni del Piano economico e finanziario dell’opera, sul cui ricavo lordo -
si legge nel documento di giunta - gli aggiornamenti in questione incideranno in
una misura pari allo 0,36% per il 2012. La Park San Giusto si avvia a iniziare
proprio il 2 maggio la gestione definitiva dei 138 stalli in superficie, in
continuità con il periodo provvisorio scattato il primo aprile scorso
contestualmente al subentro ad Amt. Da contratto fra la spa titolare del project
financing per la realizzazione del park multipiano interrato sotto San Giusto e
il Comune, la nuova gestione avrebbe dovuto prendere il via il primo gennaio
2011. Invece, da quella data e per i successivi 14 mesi i 138 parcheggi sono
stati amministrati sempre da Amt. Così il Municipio è ora chiamato a “risarcire”
la Park San Giusto per i mancati ricavi del periodo fra primo gennaio 2011 e 31
marzo 2012: il quantum individuato è di 139.352,50 euro, le modalità di
corresponsione verranno stabilite entro la fine di quest’anno. Il servizio di
custodia dei parcheggi a pagamento in superficie gestiti dalla Park San Giusto
sarà attivo in ogni giornata feriale dalle 8 alle 20. Nei casi di inadempienze
da parte dell’utenza, il recupero forfetario è stato inizialmente fissato in 18
e 12 euro, rispettivamente per scontrino non esposto e emesso per un tempo
insufficiente, nelle zone viola e rossa, mentre in 15 e 10 per la zona gialla.
Matteo Unterweger
Marchigiani: «Così regge l’operazione» Menis critico
«Nel Piano economico e finanziario della Park San Giusto sono state fissate
delle tariffe per i parcheggi a pagamento in superficie, che permettano a tutta
l’operazione di stare in piedi». Elena Marchigiani, assessore comunale a
Pianificazione urbana, Mobilità e traffico, spiega così l’attivazione della
nuova zona viola. Per sottolineare poi come, a livello generale e includendo
nella riflessione le altre zone, rossa e gialla, degli stalli in superficie
assegnati in gestione (con concessione di 36 anni) alla Park San Giusto, «la
volontà sia stata quella di rendere tutto più omogeneo come tariffe». Critiche
all’indirizzo dell’amministrazione Cosolini, giungono però dal consigliere
comunale del MoVimento Trieste 5 Stelle, Paolo Menis: «Ogni mese permette alla
società Park San Giusto di cambiare le carte in tavola. Adesso aumenta di 0,25
euro l’ora la tariffa di altri 73 posti auto a raso gestiti dalla società. Mi
chiedo fino a quando questa amministrazione ha intenzione di buttare al vento
denaro pubblico per un’opera inutile che - conclude Menis - dovrebbe venir
pagata dalla società privata che la sta realizzando, e non dai triestini».
(m.u.)
Rfi, migliorie per il Porto in Campo Marzio e Aquilinia
Interventi delle Ferrovie dello Stato anche a Prosecco e Aurisina. Ma gli
operatori restano perplessi: «I tagli nel resto della regione vanificano il
potenziamento»
Un intervento per lo sviluppo che rischia però di essere vanificato dal ridimensionamento della rete ferroviaria sul resto della regione. È questo il timore che una parte degli operatori portuali esprime in merito a ciò che Rfi (la società delle Ferrovie dello Stato che gestisce le infrastrutture) si accingerebbe a mettere in atto a favore del Porto di Trieste. Nella lista di interventi, non ancora ufficiale ma sotto esame proprio da parte delle imprese regionali, Trieste sembra essere l'unica area del Friuli Venezia Giulia nella quale i potenziali tagli sarebbero ben bilanciati dagli investimenti di Rfi sul Porto. Le intenzioni delle Ferrovie, infatti, sono quelle di eliminare sia il fascio di binari che i fabbricati del lato sud di Trieste Centrale a favore del recupero urbanistico di quella parte di città a ridosso del Porto Vecchio, spostando la formazione dei RoLa (camion su carri ferroviari) alla Stazione di Aquilinia in zona industriale. Una razionalizzazione fortemente richiesta dagli operatori e dall'Autorità portuale proprio per riattivare quella parte di infrastruttura ferroviaria che potrebbe rappresentare il futuro sviluppo del porto anche attraverso la realizzazione dell'attiguo progetto per il terminal traghetti all'ex Aquila nell'area di proprietà Teseco. Ma tra gli interventi in discussione pare esserci anche la riattivazione della “linea bassa” tra la Stazione di Campo Marzio e Servola, un altro fondamentale passo in avanti allo sviluppo commerciale del Porto che sarebbe così pronto ad espandersi verso le nuove aree della Piattaforma logistica e del Molo VIII, che dovrebbero prendere il posto della Ferriera di Servola. Secondo la Confetra Fvg/Aspt-Astra (l'Associazione degli spedizionieri del porto di trieste-alleanza della spedizione e del trasporto nel Friuli Venezia Giulia), però, la serie di interventi che potrebbero essere realizzati sul resto della rete regionale vanificherebbe anche i progetti di sviluppo per Trieste. «Se la rete verrà distrutta da questi interventi, sarà impossibile fare treni, siano essi completi o raccoglitori, le imprese ferroviarie non avranno più binari di appoggio e sarà impossibile la movimentazione e riorganizzazione dei treni - commentano gli spedizionieri -. Non facciamoci ingannare dai lavori sul porto di Trieste: sarà difficile attraversare il Friuli, e a quel punto il porto non avrà più servizi ferroviari efficienti. È necessario che i nostri parlamentari si muovano in fretta, per avere da parte di RFI evidenza di quello che c'è oggi e di quello che Moretti/RFI si accinge realmente a fare, ovvero a distruggere la rete ferroviaria del Nord Est, soprattutto del Friuli». Sempre a proposito della lista non ufficiale di tagli che Rfi si accingerebbe a mettere in atto per ridimensionare la rete commerciale nell'area triestina, un'ipotesi riguarda Bivio Aurisina con l'eliminazione della precedenza (significa rallentare il flusso dei treni), ma anche l'eliminazione del Posto di movimento di Proseccco e la riduzione da 43 ad 8 dei binari a Villa Opicina. Un discorso a parte, purtroppo, sembra meritarlo l'Autorporto di Fernetti dove le intenzioni di Rfi sono quelle di fissare un canone (si parla addirittura di 150 mila euro) per il raccordo ferroviario, considerando l'area dell'intero Autoporto e non l'effettiva produzione di treni. Di questo i vertici della Terminal Intermodale di Trieste-Fernetti spa stanno ancora discutendo con Rfi, mentre il collegamento ferroviario che consentirebbe alla struttura di entrare nella rete nazionale e internazionale, ma soprattutto di essere a disposizione del Porto di Trieste resta ancora inattivo a un anno e mezzo dalla sua inaugurazione e dopo i lavori finanziati dalla Regione con un milione di euro.
Riccardo Coretti
Da tutti i candidati no al rigassificatore
Affollata tavola rotonda in vista delle amministrative di Duino. Ricette
diverse su come il Comune debba affrontare la crisi
DUINO AURISINA Grande risposta da parte dei cittadini all’iniziativa
promossa dal Piccolo che ha visto riuniti per la prima volta i sei candidati
sindaci alle amministrative di Duino Aurisina. A meno di dieci giorni dal voto,
la tavola rotonda di venerdì che si è svolta al Collegio del Mondo Unito, ha
rappresentato l’occasione, tanto per i sei protagonisti quanto per il folto
uditorio in sala, di dibattere sui temi di maggiore interesse. Moderato dal
giornalista del Piccolo, Livio Missio, l’appuntamento ha preso le mosse dal
grande nodo della crisi: come gestire il Comune di Duino Aurisina durante la
congiuntura economica garantendo il livello esistente di servizi e, allo stesso
tempo, affrontando la realtà dei tagli. Roberto Cecchini (Forza Nuova), chiamato
a sostituire il candidato sindaco Dino Norbedo, immagina una ricetta fatta di
turismo, cooperative e sostegno: «La crisi si affronta con lo sviluppo,
attraverso l’implementazione delle iniziative turistiche, la creazione di
cooperative per inserire i giovani nel mondo del lavoro, l’aiuto agli anziani.
Noi, inoltre, se eletti, intendiamo devolvere il nostro compenso alla
cittadinanza». Massimo Romita, vicesindaco uscente e candidato per il Pdl, parla
di continuità con le scelte di sviluppo attuate finora, di impulso al turismo e
di ricorso a risorse esterne: «I contributi erogati da Provincia e Regione - non
per concordanza di colore politico ma grazie alla nostra credibilità e agli
investimenti fatti nell’interesse del territorio – saranno un obiettivo cui
punteremo anche in futuro». La soluzione alla crisi per Fabio Urlini, candidato
per la Lega Nord, è il federalismo: «Propongo il blocco dei grandi centri
commerciali per far riemergere i nostri produttori a costo zero, il recupero del
Carso e la chiusura di Equitalia, da sostituire con un ufficio tributi locale.
Importante, inoltre, l’utilizzo di energia da fonti rinnovabili». Simone
Napolitano, a capo della lista Nuova Generazione, immagina uno sviluppo coerente
con il territorio: «Bisogna risalire alle tradizioni del luogo, far sì che i
giovani s’inseriscano nel contesto lavorativo locale, dare spazio alla cultura,
sostenere gli anziani e puntare alla massima coesione sociale. “Fare sistema”,
insomma, per raggiungere obiettivi comuni di crescita, miglioramento e tutela
del territorio». Vladimir Kukanja, candidato del centro-sinistra, parte dalle
richieste della gente per arrivare a una proposta di risanamento del Comune: «La
manutenzione ordinaria di scuole e strade porterà a un risparmio e la
rivalutazione del territorio, una “miniera morta”, una ricchezza non valorizzata
come si dovrebbe, porterà a una crescita. Intendo inoltre investire in progetti
europei e transfrontalieri». Alessandro Longo Elia, candidato per la lista
Libertà Civica, offre una risposta da “tecnico” al problema della crisi: «Credo
vada predisposto un piano di emergenza, che tenga sotto controllo quanto
indispensabile per il Comune. L’energia potrebbe essere recuperata con dei
cappotti sugli edifici pubblici, risparmiando in riscaldamento; il turismo
dovrebbe essere messo a sistema, creando una rete ricettiva ben pubblicizzata;
per lo sviluppo dell’agricoltura si potrebbero prevedere degli orti sociali e
andrebbe sfruttato il valore economico dei rifiuti». La salvaguardia del
territorio in primis, ma quali sono le posizioni dei candidati su Tav,
elettrodotto Terna e rigassificatore. Tutti si sono detti contrari al progetto
del rigassificatore di Trieste, sottolineando il rischio di annientamento della
fauna marina del golfo. Tutti d’accordo anche sulla necessità di interrare
l’elettrodotto, realizzato, a detta di Romita, calpestando le volontà espresse
dal Comune. Sulla Tav, al contrario, c’è chi è favorevole a un compromesso e chi
ha promesso barricate: «Qualora il nuovo treno ci venga imposto, si potrà
procedere a un negoziato con l’ente costruttore per ottenere delle barriere per
la riduzione del rumore e per il recupero della stazione di Duino Aurisina»,
spiega Longo Elia, mentre per Fabio Urlini il problema non si limita al treno ma
riguarda anche il percorso, tracciato in modo errato: «Dovrebbe andare verso
Slovenia e Austria, per recuperare gli itinerari degli scambi economici vigenti
sotto l’impero asburgico». Evidente la contrarietà di Napolitano: «Mi
incatenerei alle rotaie, sicuro di avere al seguito tutto il popolo di Duino
Aurisina e non solo».
Vanessa Maggi
“HappyLamp”, così si riciclano le lampadine
All’immaginario scientifico domenica all’insegna
dell’ecologia: col gioco si impara lo smaltimento
Oggi all'Immaginario Scientifico protagonista saranno ecologia, ambiente, e
riutilizzo dei materiali. Lo Science Centre sarà aperto dalle 10 alle 20 e,
oltre alle divertenti “macchine scientifiche” con cui sperimentare e giocare,
sarà presente una nuova postazione interattiva, tutta dedicata al corretto
sistema di raccolta e trattamento delle lampade a basso consumo esauste.
Realizzata nell’ambito del progetto nazionale “Happylamp” del consorzio Ecolamp,
la postazione si presenta come una grande “isola educativa”, dove i visitatori
possono guardare un video che suggerisce come raccogliere le lampadine
fluorescenti, oppure, attraverso schermi touch screen, giocare a “ricostruire”
il meccanismo dello smaltimento. Toccando con mano e indovinando alcuni
materiali utilizzati nelle lampadine, come frammenti di vetro o alluminio o
parti in plastica, si crea infine l’occasione per scoprire da dove vengono
questi materiali, che funzione hanno nelle lampadine e a che cosa possono
servire se riciclati correttamente. L’iniziativa “Happylamp”, realizzata dal
consorzio senza scopo di lucro Ecolamp, coinvolge in Italia otto strutture tra
musei (A come Ambiente di Torino, Immaginario Scientifico, Explora-il Museo dei
bambini di Roma e Città della Scienza di Napoli) e parchi tematici (Gardaland,
Minitalia Leolandia, Oltremare e Mirabilandia). Alle 16 i visitatori potranno
portare i bambini (5-10 anni) ai laboratori ludo-didattici “Ecolab”: oggetti da
riciclare portati da casa vengono riutilizzati in modo creativo. È consigliata
la prenotazione: 040-224424.
A vela e in Porsche per promuovere l’ecologia - Il Giro
d’Italia dell’inconsueto “tandem” vuole offrire un nuovo approccio ai consumi
DA TRIESTE LA BARCA E L’AUTO IBRIDA TOCCHERANNO 15 REGIONI
TRIESTE “La terra vista dal mare, il mare visto da terra”. Ovvero, cambiare il
punto di vista sulle cose. Parte domani da Trieste un Giro d’Italia in tandem
molto particolare, un viaggio in 25 tappe che si concluderà il 3 luglio ad
Andora (Savona). Una barca a vela e una vettura sportiva circumnavigheranno la
Penisola portando con sé, in 15 regioni, un messaggio di tipo ecologico:
promuovere valori e stili di vita compatibili con le necessità del pianeta,
troppo ignorate. L’iniziativa battezzata “Un giro per la vita 2012” è stata
presentata ieri mattina alla Lega navale di Trieste e se per un’imbarcazione,
come può essere uno Sly 24 Fun, fare da testimonial a favore della mobilità a
basso impatto ambientale è senza dubbio facile, un po’ più complicato può
esserlo per una Porsche. E qui sta la sfida lanciata da Alfredo Giacon,
ambientalista scrittore e velista padovano dell’associazione Asd Jancris:
riuscire a cambiare il punto di vista delle persone sulle cose facendo
abbandonare loro gli stereotipi. «Per capire meglio e migliorare la propria vita
- dice il promotore della sfida - a volte basta vedere le cose da una
prospettiva diversa: per 20 anni io ho imparato a vedere il mondo stando in
barca a un metro d’altezza». Il fatto che, per il viaggio a terra, la scelta sia
caduta su una Panamera S Hybrid non è certo casuale. Intanto è realizzata con
materiali riciclabili al 95%, poi quando il guidatore rilascia l’acceleratore,
motore elettrico e motore termico si disaccoppiano permettendo al mezzo di
viaggiare come se fosse in folle. Questo “veleggiare” porta a risparmiare
carburante e abbatte a zero le emissioni di scarico, ma come spiega Mauro
Gentile, di Porsche Italia, la questione è un’altra. «Vogliamo raccontare i
valori che stanno dietro a un prodotto tecnologicamente avanzato e abbattere i
luoghi comuni – dice -. L’uso intelligente di un’automobile passa solo dal
nostro intelletto». Il messaggio è stato colto dall’assessore all’Ambiente del
Comune di Trieste Umberto Laureni che, nel consegnare a Giacon il cesto di
prodotti agro-alimentari da consegnare al collega di Chioggia (prima tappa del
viaggio), nota: «All’inizio mi sono chiesto cosa potesse c’entrare la Porsche
con la difesa dell’ambiente, ma poi ho riflettuto e ho rivisto le mie idee: il
discorso è provocatorio. L’insegnamento che dobbiamo trarre è che quello che può
valere per una macchina come la Panamera ibrida, deve potere valere anche per
una vettura di massa». Ad ogni tappa i due equipaggi, oltre a consegnare i
prodotti tipici del porto di partenza, parteciperanno a degli incontri con le
comunità locali affrontando con loro otto grandi temi di tipo ambientale.
Stefano Bizzi
IL PICCOLO - SABATO, 28 aprile 2012
Ferrovie, ecco i tagli alla rete regionale -
Le modifiche alla rete ferroviaria in Friuli Venezia Giulia
Nel progetto di Rfi pesanti dismissioni di binari un po’ ovunque, da
Tarvisio a Trieste, che avrebbe vantaggi solo in porto
RICCARDI POLEMICO Reagiremo a ogni tentativo di chiusura, ma prima ci siamo
presi il mese di maggio per riflettere su cosa condividiamo o meno
TRIESTE Chiusure di linee, dismissioni, riduzioni di binari. La mannaia
delle Ferrovie dello Stato sta per abbattersi sul Friuli Venezia Giulia. Per il
momento si tratta di un'ipotesi di lavoro, ma la lista degli interventi che Rfi
(la controllata delle Ferrovie che gestisce la rete) si appresta a mettere in
atto in regione risulta inquietante. Talmente inquietante che lo stesso
assessore ai Trasporti, Riccardo Riccardi, parla di un mese di analisi prima di
iniziare al alzare le barricate se le intenzioni dovessero diventare realtà. Gli
operatori economici non parlano volentieri, i vertici di Rfi a Trieste non
rilasciano dichiarazioni e l'assessore nega di avere ricevuto alcuna lista di
interventi, pur ammettendo che il problema esiste ed è già oggetto di
trattativa. «Noi reagiremo ad ogni tentativo di chiusura, ma prima di arrivare a
ciò ci siamo presi il mese di maggio per capire cosa condividiamo o meno. Gli
operatori analizzeranno con Rfi la loro situazione e poi discuteremo di un
eventuale intervento pubblico» spiega l'assessore Riccardi. Ciò che Rfi
intenderebbe fare, il condizionale resta d'obbligo anche se dalle parole
dell'assessore Riccardi si capisce che i tagli saranno pesanti, altro non è che
l'applicazione in Friuli Venezia Giulia del modello nazionale: se c'è traffico
si mantiene in vita l'infrastruttura, altrimenti si chiudono i binari. «La
politica della logistica in Friuli Venezia Giulia la fa la Regione discutendo
col governo, perché l'aspetto economico va sommato a quello di potenziale
sviluppo - avverte Riccardi – , anche se mi rendo conto che Rfi ha l'esigenza
dei costi e dei ricavi. Ad ogni modo non pensiamo di dover tenere tutto così
solo perché già esiste». Tradotto significa che su molti punti si dovranno
cedere le armi, anche perché un intervento pubblico ad ampio raggio risulterebbe
insostenibile. Le infrastrutture sulle quali si intenderebbe intervenire partono
da Tarvisio Boscoverde con l'eliminazione di un binario del fascio di manovra,
passando per la trasformazione in fermata (adesso Stazione) di Ugovizza, il
ridimensionamento di Pontebba e Carnia. La linea Sacile-Osoppo dovrebbe essere
chiusa, mentre Osoppo (con le strutture a servizio delle aziende locali)
diventerà “fascio lontano di Gemona” e quest'ultima conserverà un solo binario
per portare i treni ad Osoppo. A Udine i binari di sosta della regionale
subirebbero una riduzione del 50% e i due fasci ovest andrebbero in dismissione.
A Cervignano è previsto un taglio drastico eccezion fatta per l'Interporto di
Alpe Adria. Nella Bassa friulana ancora tagli a Torviscosa, San Giorgio di
Nogaro (eliminazione del 50% del fascio appoggio e binari fascio secondario),
Latisana e Palmanova (dismissione totale, resta un binario di corsa ed una sola
precedenza). Interventi di razionalizzazione anche a Basiliano, Codroipo e
Casarsa. Pordenone perderebbe 3 binari del fascio, mantenendo solo binari di
circolazione. Dismissioni anche lungo la linea Udine-Trieste, con Gorizia che
manterrebbe un binario di precedenza e due binari per Nova Gorica. A Ronchi si
discute dell'eliminazione della bretella tra Ronchi Nord e Ronchi Sud, mentre
Monfalcone subirebbe un taglio dello scalo secondario e di un binario. Di
positivo invece, sempre a Ronchi, l'intenzione di collegare l'aeroporto. In
provincia di Trieste dismissioni a Bivio Aurisina, Proseccco e Villa Opicina
(binari ridotti da 43 ad 8), ma anche interventi di sviluppo per il Porto di
Trieste con lo spostamento dei Rola (camion su treno) ad Aquilinia e la
riattivazione della linea bassa tra Campo Marzio e Servola. Chi non teme di fare
commenti è Luigi Bianchi, già dirigente del Servizio commerciale delle Ferrovie
dello Stato: «Se le ipotesi venissero mantenute sarebbe un disastro per la rete
regionale».
Riccardo Coretti
Un contenzioso non risolto neanche da Moretti
Un contenzioso sempre aperto, quello tra le Ferrovie e la nostra Regione. Il
difficile rapporto, anche con lo stesso amministratore delegato, Mauro Moretti
(foto), e le istituzioni locali è fatto di continui saliscendi. Qualcosa
sembrava essersi mosso dopo le proteste sul servizio passeggeri (ridotto e
inadeguato per i pendolari) all'indomani della visita a Trieste dello stesso
Moretti a febbraio. In quell'occasione l'ad di ferrovie dello Stato si era detto
disponibile ad investire per il porto regionale. Del resto anche la Regione si
era detta pronta a prorogare il contratto stipulato con Trenitalia per il 2012,
mettendo sul tavolo 38,1 milioni di euro. Meno di un mese fa un primo accordo
per rafforzare i collegamenti regionali per i passeggeri, mentre su tutto
incombe la nuova società di Montezemolo, pronta a sbarcare in Regione con i
treni privati. Ora la questione dei treni merci che rischia di avere pesanti
ripercussioni sull'economia regionale .
(r.c.)
Ciclisti a rischio in regione - Quinti in Italia per sinistri - Gli incidenti in bicicletta
Secondo l’indagine della Das le maglie nere degli
incidenti sono Udine e Gorizia In dieci anni aumentata del 5% la casistica in
regione, meno che in altre aree
TRIESTE Altro che placido pedalare alla larga da rischi e stress: in Friuli
Venezia Giulia ogni giorno un ciclista viene coinvolto in un incidente stradale,
dalle conseguenze più o meno gravi. Una media alta, che piazza la nostra regione
al quinto posto in Italia per incidenza di sinistri sulle due ruote. La maglia
nera, in termini assoluti, spetta a Udine, con una media di 14 incidenti al
mese, mentre Gorizia sale al primo posto se si considerano i numeri in rapporto
alla popolazione. La ricerca I dati sono forniti da Das., compagnia del gruppo
Generali specializzata nella tutela legale, che ha analizzato l'andamento dei
sinistri che hanno coinvolto i ciclisti (tra i 6 e gli 85 anni), a livello
nazionale, nel periodo tra il 2001 e il 2010, in occasione del lancio di alcuni
nuovi prodotti rivolti in particolare proprio ai "meno assicurati" come i
ciclisti, i pedoni, chi utilizza barche, windsurf e moto d’acqua. «Analizzando
il mercato di riferimento per costruire i nuovi prodotto di tutela legale -
spiega Roberto Grasso, amministratore e direttore generale di Das – ci siamo
resi conto che il bisogno di protezione sulla strada è molto forte non solo per
chi si trova alla guida di veicoli a motore, ma anche per chi si muove a piedi o
in bicicletta. Gli incidenti che coinvolgono queste ultime due categorie di
persone sono infatti molto frequenti». In Italia Le regioni più pericolose per
gli amanti dei pedali sono l'Emilia Romagna (un incidente ogni 1.341 abitanti),
il Veneto (uno ogni 2.261), la Lombardia (uno ogni 2.410) e la Toscana (uno ogni
3.096). Il Friuli Venezia Giulia, come si diceva, si posiziona al quinto posto,
con un sinistro ogni 3.137 residenti. La media nazionale è di un incidente ogni
4.026 abitanti. Passando invece in rassegna le province, in pole position c'è
Rimini (un sinistro ogni 904 abitanti), Ravenna (uno ogni 979) e Forli-Cesena
(uno ogni 1.111). In Fvg Se la nostra regione, nel suo complesso, rimane
purtroppo ai piani alti della graduatoria. Considerando i valori assoluti è
Udine la provincia del Fvg in cui si verifica il più alto numero di sinistri
sulle due ruote: mediamente uno ogni due giorni, quindi 14 al mese. Sono invece
10 al mese gli incidenti rilevati nella provincia di Pordenone, mentre nell'Isontino
si scende a 5 e a Trieste 1,5. La fotografia cambia se si osservano i dati
rapportati alla popolazione residente. In questo caso, la peggio spetta a
Gorizia, che conta un incidente ogni 2.339 abitanti ed è 20esima in Italia;
distanziata di una sola posizione è Pordenone, con un sinistro ogni 2.447
abitanti. Proseguendo l’analisi sulle altre province del Friuli Venezia Giulia
si riscontra che a Udine (33esima in Italia) si verifica mediamente un incidente
ogni 2.919 abitanti, mentre uno ogni 12.750 abitanti a Trieste (76esima ).
L'aumento degli incidenti Osservando l’evoluzione degli incidenti nel periodo
2001-2010 emerge che in Friuli Venezia Giulia i sinistri che vedono coinvolta
una bicicletta sono cresciuti del 5%. Un aumento dei sinistri, dunque, c'è
stato, anche se il Fvg è tra le regioni che hanno registrato i numeri più bassi.
È andata infatti meglio solo in Molise (-29%), Toscana (-5%) e Abruzzo (+4%).
Tutte le altre regioni hanno visto invece un'impennata dei numeri: ad esempio la
Basilicata (+100%), la Campania (+93%) e la Valle d’Aosta (+89%). In Fvg, spiega
la compagnia assicurativa, si è quindi davanti a una stabilizzazione del
fenomeno. A livello provinciale è Gorizia (con -42%) la provincia che ha
registrato il calo maggiore di sinistri, dai 96 del 2001 ai 56 del 2010, la nona
performance più virtuosa a livello nazionale. Si riducono del 29%, dai 24 del
2001 ai 17 del 2010, gli incidenti censiti nella provincia di Trieste, mentre
sono cresciuti dell’11%, da 106 a 118, i sinistri nella provincia di Pordenone e
ancora di più quelli in provincia di Udine (+43%), dai 120 del 2001 ai 171 del
2010.
Elisa Coloni
COMUNICATO STAMPA - VENERDI', 27 aprile 2012
ASCOLTATELI! Prosegue il digiuno di sensibilizzazione
sul TAV, mentre si è fermato il progetto Capodistria - Divaccia in Slovenia
Proseguono le iniziative di informazione e sensibilizzazione sul Treno ad
Alta Velocità. Dopo le ferrovie tedesche anche il Commissario al TAV Venezia -
Trieste annuncia la diminuzione della velocità massima sulla linea dai 300 ai
250 km orari per economicità di gestione, ma le banche italiane che contano due
ministri nel governo Monti continuano ad esporsi coi progetti di Treno ad Alta
Velocità.
Oggi a Trieste Legambiente ha tenuto una conferenza per fare il punto sui
progetti attuali del TAV Venezia - Trieste, mentre prosegue l'azione di
sensibilizzazione che ha portato a partecipare al digiuno a staffetta
ASCOLTATELI! lanciato dagli attivisti torinesi per la puntuale verifica di tutte
le tesi sul TAV, Liliana Obad di Beati i costruttori di pace lunedì scorso,
Alessandro Capuzzo del Comitato Danilo Dolci martedì, Tiziana Cimolino
dell'Associazione Bioest mercoledì, Francoise Soubeyran giovedì, Edvino Ugolini
di "Penombre" venerdì e frate Antonio Santini sabato 28 aprile.
Sempre oggi,a Torino, un convegno di 9 ore al Politecnico ha smontato le deboli
argomentaioni del ministro Passera in risposta alle domande poste dalla Comunità
montana della Valsusa. ASCOLTATELI! registra anche lo stop al progetto
ferroviario sloveno Capodistria - Divaccia con interesse, poichè lo stop
consente di considerare meglio un progetto utile ma legato alla filosofia del
TAV. Il cantiere avrebbe insistito sulla parte superiore della Val Rosandra,
zona protetta appena sfregiata da un intervento distruttivo di disboscamento
sull'alveo del torrente omonimo.
ASCOLTATELI!, chiede ai cittadini di conoscere ed eventualmente condividere
l'azione, scrivendo a comitatodanilodolci@libero.it, telefonando al 3381652364 o
visitando il sito www.ascoltateli.org e le pagine facebook omonime.
Comitato pace convivenza e solidarietà Danilo Dolci - via Valdirivo 30, 34132 Trieste
IL PICCOLO - VENERDI', 27 aprile 2012
Progetto bike sharing presentato in Comune LEGATO AL
TURISMO
La soluzione delle bici elettriche non solo per il centro ma anche per il
Carso e Muggia
Un progetto legato al turismo in bicicletta e una sperimentazione che
potrebbe portare anche a Trieste e provincia le biciclette a noleggio,
nonostante salite o lunghe distanze da percorrere in sella. Protagonista la
Mathitech, società che fa capo all'ingegner Enrico Merlani, che di mestiere
farebbe il produttore di strumentazione biomedicale, ma con una passione
insanabile per la bicicletta. Una passione che ha origini “antiche”. Vi
ricordate “L'Ordegno”, curiosa imbarcazione a pedali? Ebbene, anche lì c'era lo
zampino dell'ingegnere. Oggi la società ha due sedi, una a San Dorligo della
Valle e una a Sesana, in Slovenia. Oltre a produrre bici da corsa e mountain
bike, il gruppo guidato da Merlani è stato coinvolto in un progetto di per la
promozione turistica dell'area di Aquileia, addirittura in collaborazione con il
Vaticano, per una serie di itinerari dedicati ai luoghi del pellegrinaggio. Oggi
l'idea è quella di portare anche a Trieste le biciclette a noleggio per
spostarsi in centro città, ma anche nel resto del territorio provinciale. Ma a
Trieste ci sono le salite, si obbietterà. E poi spostarsi fino a Muggia o in
Carso con la bicicletta, magari vestiti in giacca e cravatta, non è pensabile.
Proprio su questi aspetti è partita una sperimentazione con Area di ricerca ed
Ezit, mentre nei giorni scorsi il progetto è stato presentato anche ai sindaci
dell'Associazione intercomunale Mare Carso e al Comune di Trieste. La soluzione
alle difficoltà che hanno sempre impedito lo sviluppo di simili iniziative è
stata ricercata nelle biciclette, in particolare si tratta di mountain bike in
alluminio, a pedalata assistita. Bici elettriche, in definitiva. Ma questa non è
una novità, sul mercato ne esistono già, ma in questo caso pare si voglia
puntare sul rapporto qualità-prezzo. Un altro passaggio fondamentale consiste
nel “battery sharing”: si noleggia la batteria e la si cambia in piccoli
chioschi chiusi a chiave, dove è possibile anche lasciare il proprio mezzo a due
ruote. «Non ne servono uno ogni 100 metri – spiega l'ingegner Merlani – ma pochi
sistemati in punti strategici sarebbero in grado di far coprire l'intero
territorio».
Riccardo Coretti
«Io, uomo-cavia, vi dimostro che la Ferriera inquina»
Nevio Tul, pensionato residente nella zona di Servola, viene sottoposto
ad analisi per documentare la correlazione tra i suoi problemi di salute e
l’attività siderurgica
L’uomo ha iniziato a effettuare accertamenti medici da quando, nel 2008,
l’Azienda sanitaria definì nella norma gli esiti dei test condotti su 68 persone
«Inquinamento Ferriera: non bla bla ma giustizia”. Recita così lo striscione
appeso al balcone del secondo piano di via Pitacco 15, nel rione di Servola. Il
proprietario dell’appartamento si chiama Nevio Tul. Ha 71 anni, è un pensionato,
da oltre vent’anni abita in quella zona. La sua è una storia decisamente
particolare. La storia di una battaglia intrapresa per cercare di dimostrare la
pericolosità dello stabilimento della Ferriera e accertare la correlazione
diretta tra l’attività siderurgica e i problemi di salute accusati non solo da
lui stesso e dalla sua famiglia, ma anche da molti abitanti del rione di
Servola. La vicenda si ricollega a quanto accaduto quattro anni fa, quando nel
2008 l’Azienda sanitaria eseguì un test su 68 residenti per verificare eventuali
alterazioni nei valori dei metalli pesanti nel sangue e di metaboliti nelle
urine, riconducibili a esposizione da inquinamento industriale. Le analisi,
condotte in un laboratorio di Brescia, non rilevarono però sforamenti
significativi nei valori medi, definiti «nella norma». Quel risultato non
convinse Nevio Tul, che a quel punto decise di non arrendersi e di andare avanti
per la propria strada. Il pensionato si è trasformato così in una sorta di
“cavia umana”, sottoponendosi negli ultimi anni a tutta una serie di esami per
riuscire a dimostrare la propria tesi. Per primi quelli del sangue eseguiti
all’Ospedale civile di Udine dove, carte alla mano, gli è stata riscontrata una
presenza alterata di manganese nel sangue, con valori anche otto volte superiori
alla norma, poi però fortemente ridimensionati. «Mi hanno detto che c’era stato
un errore nelle analisi – precisa – e così, dopo un successivo controllo dei
dati, i valori sono “miracolosamente” scesi, pur restando due volte superiori
alla norma». Tul non si ferma e, dopo una lunga attesa, lo scorso agosto riesce
a sottoporsi insieme alla moglie a un doppio monitoraggio, per un periodo di
tempo prestabilito, sia di campionamento dell’aria respirata, per rilevare la
concentrazione di benzoapirene nelle polveri sottili, sia degli esami delle
urine, per verificare la presenza collegata di idrossipirene, entrambi indici
derivanti da esposizione da inquinamento industriale. I risultati hanno
accertato valori ampiamente superiori rispetto a un altro campione analizzato in
una zona diversa della città, nei pressi dell’Università. «Veniamo violentati
ogni giorno dalla Ferriera, eppure nessuno si preoccupa della nostra salute. E
questo vale per tutti gli abitanti, soprattutto i bambini, che sono i soggetti
più deboli». La battaglia di Nevio Tul continua anche attraverso una raccolta
firme che mira a sensibilizzare sul problema inquinamento le autorità
competenti, in modo particolare l’amministrazione comunale. Parallelamente si
muove anche l’associazione Nosmog, con in testa la presidente Alda Sancin: «La
classe politica deve prendere atto che la situazione a Servola è grave e deve
intervenire per garantire la nostra salute. Invece nessuno si assume la
responsabilità di trarre le conclusioni. In questi anni l’Azienda sanitaria ha
interpellato più volte le istituzioni, mentre sono quasi una ventina gli esposti
indirizzati dalla nostra associazione alla magistratura, ma per ora senza
ottenere risposta».
Pierpaolo Pitich
IL PICCOLO - GIOVEDI', 26 aprile 2012
Mainardi: Tav, basta una velocità media
Il commissario dell’opera: i 300 km/h non servono, le Frecce vanno a 250.
Riccardi: il problema non è se ma come farla
TRIESTE «La Tav? Acronimo un po’ esagerato». Bortolo
Mainardi spiazza tutti. Secondo il commissario dell’Alta velocità, «è più
sufficiente» la media. Insomma, la Tav non serve? «E’ una battuta rivolta agli
anti-Tav, ma…». Il «ma» serve a spiegare che nel Nordest ci si può anche
accontentare al momento di andare sotto i 300 chilometri all’ora, anche non di
poco: «Le varie Frecce di Trenitalia vanno al massimo a 250 km/h, le merci
viaggiano a non più di 140 km/h, rimango convinto che l’aspetto più importante
del Corridoio paneuropeo che ci riguarda sia legato alla filosofia europea di
spostare quanto possibile il traffico pesante da gomma a rotaia». Il vertice
Osservazioni a margine del vertice che ha visto Mainardi illustrare ai sindaci
veneti interessati al progetto Tav il tracciato alternativo a quello costiero.
Una novità per la quale il commissario attende una risposta entro il 30 giugno:
«A quel punto porterò ogni documentazione raccolta al ministero. Non c’è tempo
da perdere». Quel che è certo è che Mainardi, preso atto dei costi (2,6 miliardi
di euro) di una Mestre-Portogruaro disegnata direzione spiagge, ha evidenziato
agli enti locali il risparmio (costerebbe non più di 1 miliardo) di un tracciato
che fa perno sulla linea esistente, da modernizzare e ampliare. Progetto per
gradi Ma, ecco la novità, il commissario ha pure rilevato che si parla di una
linea nel presente sottoutilizzata: «Addirittura meno del 50%». E dunque
«cerchiamo prima di portarne lo sfruttamento al 100%, saliamo dagli attuali 140
a 200 km/h e solo dopo, eventualmente, penseremo a quadruplicare i binari».
Avanti per gradi ma senza farsi trovare impreparati «quando la richiesta di
passeggeri e merci imponesse il quadruplicamento», ha insistito Mainardi facendo
l’esempio della Torino-Lione «che dopo 11 anni non ha ancora un progetto pronto»
e quello della Svizzera «dove invece si sta realizzando il tunnel di base del
Gottardo». La contrarieta’ di Chisso Alla riunione di Venezia, quando per la
prima volta i sindaci si sono visti descrivere la soluzione alternativa,
Mainardi si è trovato davanti anche la contrarietà di chi si attendeva una linea
in galleria, sotto i centri abitati. Lo ha detto a chiare lettere il primo
cittadino di Marcon Pier Antonio Tomasi. Lo ha ribadito l’assessore ai Trasporti
del Veneto Renato Chisso, lo stesso che ha sempre sostenuto la via balneare
prima di cedere alla contrarietà di 13 dei 14 comuni coinvolti. Secondo Chisso
l’ipotesi quadruplicamento avrebbe un forte impatto sociale oltre che su Marcon
anche su Quarto d’Altino, Meolo, Musile, San Donà, Ceggia e San Stino. La
replica di Mainardi Ma il commissario non ci sta: «Voci isolate. Il tracciato
affiancato all’autostrada presenta impatti ambientali sostanzialmente
annullabili». E assicura: «Sono disposto ad andare comune per comune a spiegare
tecnicamente la questione. Sono pronto ad affrontare ogni dibattito pubblico. La
scelta sarà del territorio ma, entro due mesi, dovrò avere una risposta».
Mainardi intende infatti inserire nel progetto preliminare della Tav il
potenziamento della ferrovia e la realizzazione del tracciato dei Bivi, la
cintura di Mestre. Riccardi con il commissario Che ne pensa la nostra Regione?
Riccardo Riccardi, dopo aver precisato che le scelte del Veneto, in un senso o
nell’altro, non modificano quelle del Friuli Venezia Giulia, pare assecondare la
posizione di Mainardi quando afferma: «Quello verso le grandi opere è un cammino
impegnativo e faticoso e va dunque necessariamente costruito un consenso per
realizzare un'infrastruttura indispensabile per il futuro. Eventualmente, si
proceda anche per parti». Al primo punto dell’agenda dovrebbero entrare «i nodi
più critici che, per il nostro territorio, sono i sistemi di allacciamento ai
tre nodi portuali, il quadruplicamento di San Polo e il raddoppio della
Udine-Cervignano. Se non lavoriamo a un adeguamento delle nostre reti, c’è un
oggettivo rischio di marginalizzazione. E ciò vale per tutti i sistemi modali».
Partita cruciale Perché il problema, insiste Riccardi, non è «se» fare la Tav (o
la media velocità come vorrebbe Mainardi) ma «come» farla. «L'arco Sud Europeo
sotto le Alpi – afferma l’assessore ai Trasporti – rischia grosso in termini di
capacità attrattiva del sistema produttivo se non crea condizioni di efficiente
mobilità dei traffici. E’ una partita cruciale per il Nordest e la risposta può
arrivare solo dal Corridoio V Est-Ovest e dall’Adriatico Baltico Nord-Sud».
Marco Ballico
«Capodistria-Divaccia, mazzata anche per Trieste» COLLEGAMENTI
Il sindaco Cosolini: «I finanziamenti europei persi una
sconfitta per la nostra città»
«I finanziamenti europei persi per la realizzazione del secondo binario
della Capodistria-Divaccia rappresentano una sconfitta non solo per la Slovenia
ma anche per l’Italia e per Trieste, in particolare». Ne è convinto il sindaco
Roberto Cosolini che esce dalla logica della concorrenza tra «due porti piccoli
e vicini» e ribadisce l’importanza della collaborazione. Dice: «È l’unico modo
per attrarre i traffici dall’estremo oriente verso l’Adriatico del Nord».
Ripete: «In realtà Trieste e Capodistria sono due piccoli porti che messi
assieme ne fanno uno anche piccolo ma che ha qualche possibilità. Se Trieste e
Capodistria si presentassero funzionalmente e operativamente assieme sarebbero
in grado di produrre sviluppo». L’Unione europea aveva messo a disposizione
della Slovenia, per lo sviluppo della rete ferroviaria, 450 milioni di euro, di
cui Lubiana contava di destinare circa la metà - 230 milioni - per il
cofinanziamento del secondo binario della Capodistria - Divaccia. Ma i ritardi
nella progettazione della nuova tratta e il mancato rilascio, nell'autunno del
2011, del permesso ambientale per la Capodistria - Divaccia da parte
dell’Agenzia della Repubblica di Slovenia per l'ambiente (Arso) hanno fatto sì
che Lubiana non sia più in grado di inviare a Bruxelles per tempo la
documentazione necessaria per ottenere i fondi previsti. L’analisi di Cosolini
va oltre: «C’è interesse da parte degli operatori internazionali. La prova
provata è rappresentata, per esempio, dall’attenzione verso il superporto di
Monfalcone che per ora è solo un progetto peraltro abbandonato. A Trieste e a
Capodistria ci sono i terminal che funzionano. E qui da noi ci sono i fondali
necessari per certe navi. Quello che è necessario ora sono i collegamenti. Per
questo motivo la perdita dei finanziamenti europei per il secondo binario del
tratto ferroviario Capodistria Divaccia è una sconfitta, una brutta notizia
anche per Trieste che di quei collegamenti in quest’ottica di collaborazione, ha
bisogno assoluto per il suo sviluppo».
(c.b.)
«Che fine ha fatto il corridoio V?» Un dibattito
transfrontaliero - OGGI A OPICINA
La necessità di superare le attuali misure basate esclusivamente
sull’austerità a favore di politiche a sostegno della e crescita e
dell’occupazione. È questo il tema che sarà affrontato oggi pomeriggio
nell’incontro transfrontaliero promosso dal Consiglio sindacale interregionale
Nord Est Fvg-Slovenia, cui aderiscono Cgil, Cisl, Uil, Zsss e Ks 90, che si
terrà alla stazione ferroviaria di Opicina. Parteciperanno i presidenti dello
Zsss Dušan Semolic e del Ks 90 Peter Majcen, i segretari regionali di
Cgil-Cisl-Uil Franco Belci, Giovanni Fania e Giacinto Menis. «Constatiamo – dice
il presidente del Csi Roberto Treu – che importanti progetti di cooperazione
transfrontaliera sono stati accantonati, rischiando di mandare in fumo anni di
lavoro e di progetti. Il Corridoio V, in particolare, doveva e deve continuare a
rappresentare una priorità strategica. A 20 anni dalla prima proposta europea
sul Corridoio, di chi è la responsabilità di tali enormi ritardi? E quali sono
le possibilità di realizzare il progetto, tenuto conto della scadenza del 30
giugno».
Dalle acque del canale spunta un intero salotto -
OPERAZIONE ECOLOGICA
Ponterosso: i sub hanno recuperato quintali di materiale, da segnali
stradali a vecchi arredi
Come qualcuno possa gettare impunemente nel canale di Ponterosso mobili e
altri elementi d’arredamento resta un mistero. Sta di fatto che i volontari
impegnati domenica scorsa nella pulizia della parte del canale più vicina alla
chiesa di San’Antonio, con i mobili recuperati sono riusciti a allestire in
piazza un vero e proprio “salotto”. Sul tavolo estratto dal canale, colonizzato
da cozze e altri mitili, i volontari hanno poi collocato un omaggio floreale,
piccolo tocco d’ironia per una situazione di degrado che fa riflettere. La
pulizia è stata promossa dal “Sub Sea Club Trieste” assieme all’associazione
Economist settore nautico, con la collaborazione del gruppo locale di Greenpeace
e del Corpo dei pompieri volontari triestini. L’operazione ecologica rientra nel
novero delle migliaia effettuate nel resto del Paese e del mondo per celebrare
la Giornata mondiale della Terra - Earth Day 2012. «Sono diversi anni che
partecipiamo a questa iniziativa – afferma il presidente del Sub Sea Trieste e
coordinatore di Greenpeace locale Francesco Tominich – un appuntamento “verde”
che intende dare risalto alle azioni organizzate e realizzate in prima persona
dalle persone al di la del contributo di enti e istituzioni. Anche quest’anno il
risultato è stato ottimo. Oltre a quanto raccolto – spiega Tominich – siamo
riusciti a sensibilizzare tanti cittadini e turisti, incuriositi dal nostro
lavoro. Molti ci hanno ringraziato, sottolineando l’importanza di ridare decoro
e dignità a una delle aree monumentali più belle e importanti del centro».
Suppergiù una decina i sommozzatori impegnati nel recupero dei rifiuti e delle
immondizie abbandonate sul fondo del canale. Sotto l’occhio curiosi di tanti
passanti, si sono immersi nelle acque tutt’altro che invitanti riportando in
superficie di tutto e di più: mobilio, vecchie batterie d’auto, segnaletiche
divelte dalla bora, cianfrusaglie, plastica, telefonini e tanto altro ancora.
Per riuscire a portare a galla gli ingombranti più pesanti – tra cui alcuni
relitti di imbarcazioni, pezzi di motore, strutture in cemento – i sommozzatori
hanno dovuto utilizzare dei palloni di sollevamento. I rifiuti, stimati in
diversi quintali, sono stati ammassati in un container poi portato in una
depositeria cittadina. «Tanti i materiali recuperati – annuisce il presidente
del Sub Sea Club – ma altrettanti quelli che giacciono ancora sul fondo del
canale. Per recuperarli ci vuol ben altro che una azione dimostrativa come la
nostra». Comunque sia, grazie al lavoro dei volontari, il Circolo Marina
Mercantile, nel prossimo weekend, potrà organizzare al meglio proprio nelle
acque del canale il torneo internazionale di “Canoa Polo” con squadre
provenienti da Austria e Boemia. Maurizio Lozei
LA STELLA MARINA AL “BESTIARIO TATTILE”
Il Centro Visite al Castelletto di Miramare sarà aperto sabato 28, domenica
29 aprile e martedì 1 maggio con orario 10-13 e 14-18. Domenica, ultimo
appuntamento con il laboratorio del “Bestiario tattile”, che questa volta si
occupa della stella marina. Per bambini tra i 5 e i 10 anni al Castelletto di
Miramare: un'occasione per scoprire assieme ai biologi del Wwf gli abitanti del
mare che poi si potranno osservare dal vivo durante l'estate con maschera, pinne
e boccaglio! Appuntamento alle 11 al centro Visite. Prenotazioni al n.
040-224147. Martedì 1° maggio è in programma una bio-passeggiata a Miramare,
dalle 11.30 alle 13, con ritrovo al Castelletto, adatta a tutti: anche questo
appuntamento è da prenotare.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 25 aprile 2012
Muggia, illuminazione a led meno costosa ma “fredda”
Le nuove lampade faranno risparmiare al Comune 35 mila
euro all’anno Critici Paolo Cigui e Delconte (Pdl): «Così il centro storico non
invoglia i turisti»
MUGGIA Risparmiare sulla bolletta della luce va bene, ma il centro storico a
luci “fredde” pare non convincere del tutto. Installate dall'amministrazione
Nesladek le lampade a led che stanno caratterizzando l'illuminazione pubblica
muggesana stanno indubbiamente sortendo un doppio effetto. Grazie ad una
convenzione con Enel Sole circa 900 lampade stradali obsolete sono state
sostituite con altrettante a tecnologia led. Oltre ad essere – come evidenziato
dal Comune - più performanti ed avere ottiche cut-off, le lampade al led
porteranno ad un risparmio del 45-50% dei relativi consumi attuali per un totale
di stimati 250mila kW/annui e relativo risparmio netto in bolletta di circa
35mila euro all'anno. Cifra di non poco conto in questi tempi di crisi
economica. Inoltre, parallelamente, il Comune assieme all'Acegas Aps ha dato
vita alla prima nuova linea di illuminazione pubblica di circa un chilometro con
56 punti luce sempre a tecnologia led (53 W a lampada) che rispetto ad un
impianto tradizionale con lampade a vapori di sodio otterrà un risparmio
dell'ordine del 54% dell'energia. L'obbiettivo dichiarato è quello di dotarsi di
impianti recenti e quindi praticamente privi di costi di manutenzione, oltre che
di risparmiare sui costi dell'energia elettrica. Ma questa politica non sta
convincendo tutti. «L'illuminazione a led sarà a risparmio energetico e quindi
ecosostenibile, ma è anche priva di suggestione. Il centro appare buio e non
invoglia certo il turista, mentre invece le bellezze architettoniche e i
monumenti andrebbero valorizzati con un'illuminazione ad hoc», spiega il
ristoratore-politico Paolo Cigui. Secondo il mancato candidato sindaco alle
ultime elezioni comunali muggesane «va bene il risparmio, ma sempre nell'ottica
della qualità e della visibilità delle strade, da attuarsi quindi in periferia e
non nelle vie del turismo». Decisamente scettico anche il consigliere comunale
del Pdl, Nicola Delconte: «La scelta sull'utilizzo dei lampioni a led con luce
fredda non è stata delle più felici. Nei centri storici vanno usate luci calde
per valorizzare l'ambiente urbano mentre i lampioni poco luminosi di Piazza
Marconi non la valorizzano affatto». Da qui la proposta: «Spero che si
concretizzi al più presto un piano luci per la piazza che coinvolga la facciata
del Duomo e il municipio per valorizzare quanto di più artisticamente bello
esiste a Muggia. Risulta ovvio che il Comune con i led risparmia sulla bolletta
– prosegue Delconte - ed è altrettanto palese che c'è meno luce. I risparmi sono
reali se calcolati sulla stessa luce emessa E non dimentichiamo la periferia».
Riccardo Tosques
IL PICCOLO - MARTEDI', 24 aprile 2012
Il no di San Dorligo al rigassificatore: «Troppi pericoli»
SAN DORLIGO DELLA VALLE San Dorligo ribadisce la propria contrarietà all'impianto di Zaule. Lo ha ripetuto l’altra sera il sindaco, Fulvia Premolin, nell'incontro pubblico con gli esperti del Tavolo tecnico rigassificatori indetto dal Comune al Centro visite della Riserva naturale della Val Rosandra. «Lo avevamo già detto nel 2006, quando in brevissimo tempo - ricorda Premolin – siamo stati chiamati dalla Regione a esprimere un parere su sette tomi alti così. Con il sindaco di Muggia ci siamo chiesti come si potesse pensare di realizzare un impianto del genere in un territorio così ristretto e così vicino ai centri abitati e come si pensasse di collegarlo, visto che non c'era traccia di un gasdotto. Oltre alla questione sicurezza (qui tutti hanno ancora vivo il ricordo dell'attentato all'oleodotto), abbiamo temuto un ulteriore sbancamento, appena concluse le opere della Grande Viabilità. Questa posizione è stata rafforzata dalla cittadinanza che si è unanimemente espressa contro, anche con una raccolta di firme. Ricordo l'intervento di un concittadino: “Dobbiamo capire cosa vogliamo fare del nostro territorio: o vogliamo lo sviluppo turistico, economico e portuale o lasciamo che qualcuno lo blocchi”. Non siamo contrari allo sviluppo economico, ma dobbiamo guardare all'interesse del nostro territorio, che all'industria ha già dato molto, vista la sua particolarità e bellezza. Guardiamo perciò con favore al Tavolo transnazionale proposto dal coordinatore del Tavolo tecnico rigassificatori promosso dalla Uil Vigili del fuoco, Adriano Bevilacqua, a Zagabria su invito del ministro croato per l’Ambiente, per un ragionamento condiviso sulle strategie economico – politico – energetiche, le cui ricadute vanno oltre i confini nazionali». «Auspico perciò - ha proseguito il sindaco - che si organizzi quanto prima un incontro anche con il ministro sloveno per gettare le basi di un'azione sinergica, che va nella direzione da noi intrapresa fin dall'inizio, coinvolgendo anche il sindaco di Capodistria, Boris Popovich». Anche a San Dorligo gli studiosi hanno illustrato quelle che hanno definito “carenze e artifici progettuali su sicurezza e inquinamento” presenti nel progetto su cui avevano già espresso “forti perplessità – così si legge nel documento firmato dal Ttrt sul sito www.uilvvf.fvg/ttrt - determinate dal tipo di impianto e la sua collocazione, all'interno di una città e sulla riva di un bacino con scarso ricambio, per le implicazioni di sicurezza (effetto domino e rispetto della legge Seveso) e per il conseguente raffreddamento e clorazione della Baia di Zaule”. Nel corso dell’incontro sono state proposte delle alternative, come le navi Lng con rigassificatore a bordo o come la soluzione off shore (al largo) anziché on shore (cioè su terraferma): “gasiere attraccate a miglia di distanza dalla città – sostengono i tecnici - costerebbero la metà rispetto al rigassificatore”.
(g. t.)
Capodistria-Divaccia persi i finanziamenti Ue
Lubiana non è riuscita a inviare la documentazione a
Bruxelles in tempo utile Nel Corridoio Adriatico-Baltico il ramo sloveno in
ribasso a vantaggio di Trieste
LUBIANA Quello che a Lubiana si temeva ormai da alcuni mesi, ora è
ufficiale: la Slovenia resta senza i fondi europei della Prospettiva finanziaria
2007-2013 per la costruzione del secondo binario della ferrovia Capodistria –
Divaccia. Lo ha confermato nei giorni scorsi il ministro per le infrastrutture e
l'ambiente Zvonko Cernac. I ritardi nella progettazione della nuova tratta e il
mancato rilascio, nell'autunno del 2011, del permesso ambientale per la
Capodistria – Divaccia da parte dell'Agenzia della Repubblica di Slovenia per
l'ambiente (Arso) hanno fatto sì che Lubiana non sia più in grado di inviare a
Bruxelles per tempo la documentazione necessaria per ottenere i fondi previsti.
Nell'ambito del bilancio comunitario 2007-2013, l'Unione europea aveva messo a
disposizione della Slovenia, per lo sviluppo della rete ferroviaria, 450 milioni
di euro, di cui Lubiana contava di destinare circa la metà - 230 milioni - per
il cofinanziamento del secondo binario della Capodistria – Divaccia. Una parte
di questa cifra, 130 milioni, sono stati poi destinati alla modernizzazione
della tratta attuale, altri 50 sono serviti per gli investimenti sui tracciati
Dolga Gora – Poljcane e Slovenska Bistrica – Pragersko, mentre gli ultimi 50
milioni, se Lubiana non riuscirà a dirottare i fondi comunitari verso altri
progetti, andranno irrimediabilmente perduti. Restare senza i fondi europei
significa, a questo punto, che dovrà essere rinviata di almeno alcuni anni la
costruzione del secondo binario sulla Capodistria – Divaccia, tratta che in
Slovenia è considerata strategica per far crescere il porto di Capodistria e
collegarlo nel migliore dei modi al Corridoio europeo numero 5 (Lione – Trieste
– Divaccia/Capodistria – Divaccia/ - Lubiana – Budapest – confine ucraino). La
Capodistria – Divaccia è una tratta breve, di soli 27 chilometri, ma molto
impegnativa, visto che più di 20 attraverseranno otto gallerie e due viadotti
per salire dal mare all'altipiano carsico. Il costo del progetto, che adesso
slitterà, è stimato in oltre 800 milioni di euro. Persa dunque parte dei fondi
europei della prospettiva finanziaria 2007-2013, la Slovenia – scrive il
quotidiano “Dnevnik” - ora non ha alcuna certezza che lo stesso progetto otterrà
luce verde da Bruxelles anche nell'ambito del bilancio 2014-2020. In più, con
l'Austria che tra giorni darà via ai lavori del traforo del Semmering –
essenziale per i collegamenti ferroviari Nord–Sud lungo la direttrice del
corridoio Adriatico - Baltico ed importantissimo anche per il Friuli Venezia
Giulia e l'intero Nord-Est – la Slovenia e Capodistria rischiano di perdere peso
e importanza nella rete transeuropea dei trasporti.
Franco Babich
Piano traffico e aree pedonali, nessuna scelta di bassa politica - LA LETTERA DEL GIORNO
Le segnalazioni sulla bozza del Piano del traffico e sulla proposta di nuove aree pedonali (“Parcheggi a pagamento obbligatori col nuovo piano traffico”, “Piazze a S. Giovanni), mi offrono lo spunto per svolgere alcune riflessioni su diversi aspetti. Partiamo dalla questione dei parcheggi nel rione di San Giacomo (queste considerazioni potrebbero però essere applicate anche ad altri rioni della città e dell'altipiano). Durante tutto il mese di marzo io e i tecnici del Comune abbiamo presentato e discusso la proposta di Piano del traffico con moltissimi attori istituzionali ed economici, oltre che con numerosi cittadini e cittadine nell'ambito degli incontri organizzati con le Circoscrizioni. Nella bozza presentata abbiamo previsto l’istituzione di alcune aree di sosta di superficie a pagamento nei rioni, al fine di agevolare la rotazione veicolare in zone ad elevata valenza commerciale. La proposta deriva dalla valutazione di una precedente esperienza sviluppata in Largo Roiano. Inizialmente osteggiata fortemente dai residenti, questa scelta è stata successivamente accolta con favore sia dai commercianti che dagli abitanti in zona: i primi, infatti, possono beneficiare del turn-over per i propri clienti, mentre i secondi, nel caso utilizzino l’auto nelle ore diurne per motivi di lavoro, di sera hanno reali possibilità di trovare un parcheggio libero. È a partire da questi esiti positivi (e non certo per proteggere i “poteri forti” cui fa riferimento il signor Giorgio Della Valle nella sua segnalazione), che l’amministrazione comunale ha proposto l’introduzione di aree analoghe nel rione di San Giacomo. Cambiare approccio all'uso degli spazi urbani non è facile, ma mi si consenta una semplice quanto ovvia valutazione: dove stanno le macchine i pedoni fanno fatica a muoversi. La proposta di realizzare aree pedonali dirottando la sosta prolungata delle auto verso i tanti contenitori di parcheggi oggi semi-vuoti deriva proprio da queste considerazioni. Così come l'inserimento di aree di sosta a pagamento è legata alla volontà di supportare il piccolo commercio anche nelle zone più periferiche. Si tratta quindi di due piccole strategie che, se bene coordinate, possono contribuire a migliorare l'utilizzo degli spazi pubblici e la creazione di nuove centralità anche nei rioni più esterni. In questa ottica si inserisce la proposta – ugualmente sottoposta alla valutazione della Circoscrizione – di una nuova piazza a San Giovanni, al posto di quello che è oggi un mero snodo per traffico e bus (mi riferisco a piazzale Gioberti). Le osservazioni avanzate da Elena Albertelli nella sua segnalazione toccano molti aspetti, cui cercherò di dare qualche risposta. La nuova piazza comporterebbe uno spostamento minimo delle fermate dei bus, appena all’inizio di viale Raffello Sanzio. In cambio si otterrebbe uno spazio pubblico, che in realtà molti residenti chiedono, attrezzato con panchine e luoghi ombreggiati in cui sedersi e stare in compagnia (pratiche che mi dispiace continuino a essere lette solo come occasione per lo stazionamento di “barboni” e che, in realtà, come in molte città avviene, sono proprie di tante persone che ambiscono ad avere l’opportunità di ritrovarsi all’aperto e in un’area pubblica). La signora Alberelli parla anche di altri problemi, che si ritrovano a San Giovanni come in altre aree della città, legati al miglioramento del servizio di Trasporto pubblico. Un servizio che fa capo a Provincia e Regione e che, per essere ampliato alle aree richieste (strada di Guardiella, vie San Cilino e Damiano Chiesa), richiede – oltre alla verifica dei costi - la rimozione della sosta delle auto e la creazione di sensi unici. Soluzioni possibili, che andranno però valutate nell’ambito di un Piano particolareggiato del traffico. Se la Circoscrizione manifesta questo interesse, noi siamo disponibili a procedere. In sostanza, non sono le piccole manovre “politichine” – cui il signor Della Valle allude – a muovere le nostre scelte, bensì un'immagine di città più vivibile per pedoni e ciclisti, in cui la presenza di negozi di prossimità renda l'abitare più piacevole, confortevole e sicuro. Tanto è che l'amministrazione comunale, lungi dal volere tutelare e salvaguardare gli interessi economici di coloro i quali operano nel campo della gestione dei parcheggi coperti e in superficie, sta discutendo con questi soggetti al fine di pervenire ad una rimodulazione della politica tariffaria a beneficio dell’utenza e, in particolare, dei residenti.
Elena Marchigiani - Assessore alla pianificazione
urbana, mobilità e traffico del Comune di Trieste
«Rischio delocalizzazione per la siderurgia italiana»
Antonio Gozzi (Duferco) è il presidente designato di
Federacciai: «Energia cara e norme ambientali penalizzanti». «Trieste si prepari
al dopo Servola»
TRIESTE All’insediamento, previsto per i primi di giugno, sono attesi i
ministri Passera e Clini. E il neo-presidente di Confindustria Giorgio Squinzi,
per il quale l’associazione, con unanime decisione, ha votato. Così Antonio
Gozzi si avvia ad avvicendare Giuseppe Pasini alla presidenza di Federacciai con
un curriculum ben tornito: amministratore delegato di Duferco, insegnamento
universitario nell’Università di Genova, dieci anni di “vicariato” in
Federacciai, consigliere di amministrazione di Premuda. Duferco, a cavallo tra
commercio e produzione siderurgici, è una multinazionale che fattura 7,4
miliardi di dollari (solo il 10% in Italia) con un utile di 77 milioni, che
occupa 8500 dipendenti, che ha interessi anche a Trieste con la proprietà di
Sertubi. Professore, perchè ha accettato di guidare Federacciai in una fase così
incerta? Me lo hanno chiesto per due ragioni. La prima: il profilo
internazionale di Duferco e gli interessi aziendali in Belgio agevolano i
contatti con Bruxelles, dove si giocano le partite principali per il settore. Il
secondo: mi hanno detto che con un professore (Monti) ci vuole un professore!
Scherzi a parte, oggi necessita un’azione di lobby più sofisticata. I dati del
primo trimestre 2012 segnalano una frenata produttiva per l’acciaio nazionale.
Vero, nel 2011 l’incremento ha raggiunto un rispettabile 11,6%, adesso siamo
attorno al 6%. L’acciaio è un classico indicatore congiunturale e risente della
recessione. Soffrono molto le produzioni destinate al comparto delle
costruzioni, produzioni che si sono difese esportando. Hanno meno problemi gli
acciai destinati alla meccanica, alimentati dall’industria automobilistica
tedesca. Diciamo che l’export ha parzialmente compensato la caduta di domanda
interna. E i margini sono bassi: come resistono le aziende? Volumi sostenuti,
prezzi bassi, squilibrio domanda/offerta: oggi il mercato non è facile ma la
siderurgia italiana ha ben patrimonializzato un ottimo quinquennio 2003-08,
vanta alti livelli di efficienza. Non dimentichiamo che siamo secondi in Europa
solo alla Germania e siamo primi per i prodotti da forno elettrico. Su quali
priorità indirizzerà il suo mandato? Dobbiamo competere ad armi pari con i
concorrenti europei. Rispetto ai quali patiamo due handicap: il costo
dell’energia, con + 10% per l’elettricità e +25% per il gas, e le normative
ambientali, molto complicate soprattutto per quanto riguarda
l’approvvigionamento di rottame. Lei ha detto che buona parte del suo lavoro si
svolgerà in sede Ue: in che senso? Bruxelles ha nutrito per troppo tempo un
atteggiamento di sufficienza, di disinteresse nei confronti dei settori
industriali. Certe esasperazioni liberiste hanno causato pericolose asimmetrie:
per esempio, la Russia può vendere in area Ue tutto l’acciaio che vuole, ma
mantiene dazi sull’export di rottame, che è la nostra materia prima. Dov’è la
reciprocità? Reindustrializzare è la nuova parola d’ordine? Negli ambienti
comunitari più avvertiti se ne parla, in Italia no. Significa che c’è il rischio
che i produttori italiani delocalizzino? Se le condizioni peggioreranno, il
rischio esiste. Le nostre imprese maggiori hanno dimensioni internazionali:
penso a Riva, a Beltrame, alla stessa Duferco. Chi ha impianti in Paesi più
“ospitali”, come la Francia, potrebbe approfittarne. Il dossier più spinoso del
settore in Italia riguarda l’avvenire del gruppo Lucchini. Un pronostico?
Questione da affrontare con discrezione e prudenza. La situazione è piuttosto
critica e non sembrano appalesarsi compratori, per cui la soluzione più
probabile sarà lo “spezzatino”. Ma non è il momento più propizio per vendere e
per comprare: i gruppi italiani sono concentrati sui loro asset, gli stranieri
interessati possono essere quelli che hanno ampia disponibilità di materia
prima. Alla sorte della Lucchini è legata la Ferriera di Servola. Quale l’esito
possibile per lo stabilimento triestino? Il problema si porrà dopo il 2015,
quando si esaurirà il “Cip 6”. Ma è opportuno che Trieste prepari già da adesso
il dopo-Servola, pensando a riconvertire il sito. C’è tempo sufficiente per
preparare un piano credibile. Come proprietari della Sertubi, seguiamo con
attenzione l’evolversi della situazione triestina. Credo che si possa prendere
in considerazione l’ipotesi logistica, dal momento che il porto comincia a
camminare.
Massimo Greco
Francescato (Sel) «Crescere con l’ambiente»
DUINO AURISINA “Crescere con l’ambiente: idee e progetti
per Duino Aurisina”: è il tema dell’incontro pubblico organizzato per oggi
(martedì) alle ore 20 alla Casa della pietra di Aurisina da Sinistra e libertà (Sel).
Interverrà all’incontro Grazia Francescato, componente del coordinamento
nazionale e responsabile del Forum nazionale beni comuni Sel. Parteciperanno al
dibattito il coordinatore regionale di Sel, Giulio Lauri, il consigliere
comunale di Sel e candidato alle amministrative, Maurizio Rozza, e il candidato
Davide Peric. Chiuderà il dibattito il candidato sindaco del centro sinistra
Vladimir Kukanja.
COMUNICATO STAMPA - LUNEDI', 23 aprile 2012
Rigassificatori nel Golfo di Trieste - IL WWF a Clini: “Vogliamo partecipare all’annunciato summit italo-sloveno-croato”.
Lo ha chiesto il presidente del WWF Italia Stefano
Leoni in una nota ufficiale al Ministro dell’ambiente.
Anche il WWF vorrebbe partecipare al summit italo-sloveno-croato sui
rigassificatori nel Golfo di Triste, annunciato giorni fa dal ministro
dell’ambiente Corrado Clini: lo ha scritto il presidente del WWF Italia, Stefano
Leoni, in una nota ufficiale inviata al ministro lunedì scorso.
Alla fine di marzo la stampa aveva annunciato l’intenzione di Clini di
promuovere un summit sui rigassificatori progettati nel Golfo di Trieste,
coinvolgendo“tutti i soggetti interessati comprese Lubiana e Zagabria”.
Un’iniziativa “opportuna e condivisibile”, scrive il presidente del WWF, “stante
la complessità – e talvolta la confusione – del dibattito in corso da parecchi
anni su questo argomento”.
L’associazione ambientalista segue in effetti, fin dall’inizio (cioè dai primi
mesi del 2006), le vicende legate al progetto del rigassificatore proposto da
GasNatural nel sito di Trieste-Zaule, di quello off shore proposto da E.On.,
nonché quello del gasdotto Trieste-Grado-Villesse, indispensabile per la
funzionalità del primo impianto ma collegato anche al secondo.
Il WWF ha prodotto sul tema abbondante materiale di approfondimento
tecnico-scientifico e dispone, conclude Leoni, di vasta esperienza
sull’argomento, “configurandosi senz’altro come uno dei “soggetti interessati”
dell’annunciato summit”.
Tra i tanti materiali prodotti, la lettera a Clini ricorda il “Documento di
approfondimento sull’utilizzo dell’acqua di mare negli impianti di
rigassificazione del GNL”, inviato sia allo stesso Clini, sia ad altri referenti
istituzionali, alla fine dello scorso mese di marzo.
Si tratta di un’analisi approfondita dell’impatto negativo che l’uso dell’acqua
di mare nel processo di rigassificazione del GNL (tecnologia prevista in
entrambi i progetti presentati nel Golfo di Trieste), avrebbe sull’ecosistema
marino e sulle attività che da questo dipendono.
Una problematica di grande rilevanza, ma praticamente ignorata sia dagli studi
di impatto ambientale, presentati dalle società proponenti dei progetti, sia
dagli organi ministeriali che avrebbero dovuto analizzarli criticamente e invece
non lo hanno fatto.
Da ciò la richiesta del WWF di poter partecipare, con i propri esperti, al
summit annunciato da Clini.
WWF-FVG
COMUNICATO STAMPA - LUNEDI', 23 aprile 2012
ALVEI PULITI, ANZI SPENNATI - Quando la mano destra non sa cosa fa la sinistra.
In merito alla fulminea e radicale operazione di “messa in
sicurezza” degli alvei, Legambiente FVG e una parte dell’opinione pubblica è
ancora in attesa di qualche segno da parte della Regione e della Direzione della
Protezione Civile, perché la suddetta operazione, per diversi aspetti, “ha fatto
notizia” e lasciato indubbiamente il segno.
Tra l’altro, a parziale lenimento della diligente spelatura, sarebbe
interessante avere una rassicurazione che il fogliame, le ramaglie e il legname
abbattuti saranno destinati a pacciamature o compostaggio o come biomassa
energetica a disposizione dei Comuni interessati.
Sulla gestione oculata della vegetazione ripariale, Legambiente ricorda alla
Regione e alla Direzione della Protezione Civile regionale l’esistenza di un
interessante Studio sulle potenzialità di crescita di biomassa lungo gli alvei,
realizzato nel 2007 e 2008 dall’ISPETTORATO RIPARTIMENTALE FORESTE di TOLMEZZO e
reso pubblico nel 2009, in cui vengono valutati e censiti circa 400 ettari di
aree di alveo e golenali del Demanio Idrico Regionale e una parte del Demanio
dello Stato.
Queste “formazioni boscate ripariali” sono state attentamente esaminate e
suddivise in tre principali tipologie attitudinali:
aree soggette a concessione di legname ai richiedenti;
aree potenzialmente soggette a recupero di biomasse a fini energetici;
aree da lasciare all’evoluzione naturale.
Secondo razionali e prudenziali criteri di valutazione delle caratteristiche
geomorfologiche e di tutela dell’ambiente e della funzione di contenimento delle
esondazioni. Senza dire del valore economico che tale legname potrebbe
rappresentare e del contributo che potrebbe dare a fini energetici e di
funzionamento degli impianti a biomasse esistenti.
Lo studio ha riguardato complessivamente circa 600 ha, ma potrebbe essere preso
a modello per la gestione degli alvei anche nel resto della Regione. Lo stesso
lavoro di censimento e suddivisione potrebbe veder coinvolta la Protezione
Civile in affiancamento al Corpo Forestale Regionale in modo che si diffonda una
preziosa cultura del territorio non legata solo a prevenire più o meno
inevitabili fenomeni calamitosi.
Legambiente FVG ricorda infine a chi ha responsabilità politiche di indirizzo in
Regione, come proprio a partire dal caso specifico dell’Operazione “Alvei
Puliti”, sia necessario procedere a una “ricalibratura”, questa volta sì,
radicale del ruolo della Direzione della Protezione Civile che in questi anni,
similmente a quanto accaduto su scala statale, ha espanso le proprie attività di
norma oltre le situazioni di emergenza e pericolo per occupare territori di
competenza altrui (idraulica, sistemazioni idrogeologiche, competenze comunali,
viabilità, ecc.), approfittando delle mirate normative semplificatorie ad essa
afferenti, per bypassare le presunte lungaggini delle ordinarie norme ambientali
e dei lavori pubblici ed erodendo gli spazi istituzionali di altri uffici ed
enti.
E tutto ciò con il beneplacito della politica di qualsiasi colore cui ha sempre
fatto comodo, in questa Regione poco avveduta e competente nelle materie
ambientali, uno strumento forte e potente come la Direzione della Protezione
Civile per disperdere nel territorio interventi frammentari e di favore, senza
nessuna programmazione e pianificazione.
Legambiente FVG
IL PICCOLO - LUNEDI', 23 aprile 2012
Soprintendenza dimezzata per i Beni architettonici
Al concorso ha risposto un unico dirigente che però poi ha scelto la Calabria Da indire un nuovo bando, ma sarà per un “interim”: due sedi in contemporanea
Non ci sarà un nuovo soprintendente titolare dei Beni
paesaggistici e architettonici. Trieste (e la regione) avranno solo un
“interim”. Bisogna ancora cercare, con un nuovo bando del ministero dei Beni
culturali, un soprintendente che voglia assumersi il doppio incarico, a mezzo
tempo. La squadra di palazzo Economo, dopo lunghi anni di organici traballanti,
aveva appena trovato una sua stabile conformazione con tre soprintendenti
titolari, ma i tentativi andati a buon fine di Luca Rinaldi, che non appena si è
aperta una posizione ha ottenuto il trasferimento a Torino, lasciano di fatto
vacante il settore, cruciale, di paesaggio e architettura. Rinaldi, trasferito
qui dalla Lombardia, aveva fatto causa al Tar per andarsene da Trieste, perché
per il ministero è soprintendenza classificata “di stipendio B”, e cioè più
basso, e l’architetto aveva preteso e ottenuto di conservare il livello
precedente. Il Mibac ha emesso il bando di concorso per sostituirlo. Ha risposto
all’appello un unico dirigente, in servizio a Roma. «Il collega - dice il
direttore regionale dei Beni culturali, Giangiacomo Martines - aveva però dato
due preferenze di sede: Friuli Venezia Giulia e Calabria. Io e il direttore
della Calabria ce lo siamo dunque contesi con una lunga battaglia. Ma la prima
sede indicata era proprio la Calabria, e così il candidato è andato in Calabria.
Da Roma del resto è più facile raggiungere quella regione che non la nostra...».
Nel frattempo il Mibac ha assunto una certa schiera di architetti per colmare
carenze di organico ormai gravi. Ma mentre si combatteva sul fronte della
Calabria, tutti i nuovi arrivati hanno fatto i concorsi e ottenuto un posto.
Martines: «Non c’è più nessuno disponibile, il ministero deve fare un nuovo
bando, e stavolta solo per un “interim”». Uno da dividere in due. Tra i papabili
c’è Sabina Ferrari, soprintendente ai Beni paesaggistici e architettonici del
Veneto orientale, ma ci vorranno almeno due settimane prima che scada il bando e
si conosca l’esito. Ed è questione rilevante, perché questa Soprintendenza è
titolare di pareri, valutazioni, permessi e bocciature che riguardano il
patrimonio architettonico, le sue trasformazioni, e gli assetti urbanistici fino
ai piani regolatori. Senza quella firma non si apre un cantiere. Che cosa accade
dunque in assenza del titolare? «Molti premono perché io subentri - afferma
Martines -, ma non è possibile per legge. Oggi i direttori regionali sono
funzionari del ministero, capi dell’ufficio, non dei “super-soprintendenti”.
Dovrei farmi un autodecreto, non è possibile. Solo in casi davvero eccezionali
il direttore regionale può avocare a sè una funzione. Quindi per adesso sono i
funzionari a esaminare le varie pratiche».
di Gabriella Ziani
Miramare attende un restauro da 1,2 milioni - Rinforzo dei muraglioni a mare, potature, pergolati da risistemare: fondi stanziati dal ministero
Alberi da potare, alberi d’alto fusto da sostituire, prati erbosi da ripristinare, il “parterre” davanti alla caffetteria da ripiantare dopo che tutte le aiuole erano state attaccate da un fungo, e poi muretti da rinforzare, pergolati da dipingere, panchine e cestini da disseminare per i turisti: è un restauro imponente quello che aspetta il parco di Miramare. La Soprintendenza ha 1,2 milioni di euro stanziati dal ministero dei Beni culturali (fondi del lotto) per questo intervento, per il rinforzo dei muraglioni lato mare che si stanno sgretolando, per il ripristino delle preziose “serre storiche” in cui ormai è assodato che i colibrì sono ospiti abusivi. E nell’accordo da 600 mila euro per le “serre nuove” (che sono in realtà ex casette dei giardinieri costruite negli anni ’60 e dunque di nessun vero valore) che la Direzione regionale ha stretto con la Regione ci sono adesso anche i dettagliati progetti. Il rinforzo dei muraglioni del castello, il cui lavoro propedeutico di studio è stato affidato al Dipartimento di geoscienze dell’Università per un esame della situazione statica, costerà 164 mila euro, l’intervento sul verde quasi 400 mila, altri 256 mila serviranno per il riassesto dei viali e per vari manufatti. Le serre storiche (200 mila euro) dovrebbero tornare all’originaria preziosa fattura, e ospitare di nuovo le rare essenze arboree che vi aveva piantato Massimiliano d’Asburgo. Per le casette ex giardinieri (600 mila euro regionali) il progetto indica tutti gli interventi tecnologici per allestire un nuovo habitat tropicale per i colibrì. Sempre che l’operazione vada in porto. Intanto il soprintendente Luca Caburlotto (che nel giro di valzer delle poltrone dal 7 maggio cesserà anche l’ultimo dei tanti “interim” che ha sostenuto in Veneto) è andato a guardare il contatore dell’acqua fatto installare per la conta dei consumi attribuibili ai colibrì, che notoriamente ha sfrattato come abusivi: «Da marzo 2011 a oggi sono 3395 metri cubi, 8 al giorno, tutti ancora a carico della Soprintendenza» avvisa. E non basta, perché «da 40 anni non s’era fatta manutenzione, abbiamo scoperto gravi perdite dalle tubazioni dopo aver fatto installare ad Acegas un misuratore notturno». Per non pensare ai colibrì, Caburlotto ha intanto messo in cantiere anche il restauro della zona d’ingresso del castello, il biglietto da visita.
(g. z.)
Colibrì, ultimo atto Serve un gestore o niente nuove serre - UN MESE E MEZZO DI TEMPO
Un mese e mezzo: è quel che resta per sapere se dopo le strenue battaglie che hanno coinvolto ministeri e Regione, Procure e associazioni, Prefettura e privati, il Centro per la salvaguardia dei residui 20 colibrì di Miramare potrà esistere, trasferendosi nelle “serre nuove”, oppure no. L’accordo di programma firmato dalla Direzione regionale dei beni culturali con la Regione lo scorso 4 gennaio, e pubblicato sul Bur il 15 febbraio (oltre 50 pagine, con allegati e progetti preliminari) destina 600 mila euro regionali in aggiunta alla somma di 1,2 milioni stanziati dal ministero per la riqualificazione di parco e strutture portanti del castello. Ma fissa come condizione, perché i soldi servano specificamente al Centro colibrì, che siano indicati entro i termini un organo di gestione e la sostenibilità economica dell’impresa. Altrimenti andranno a restauri generici. Il piano firmato da Giangiacomo Martines e dall’assessore Sandra Savino calcola in ben 595 mila euro i costi di gestione in 3 anni, e prefigura un contributo regionale “di avvio” (finora solo teorico) pari a 80, 70 e 60 mila euro per anno. Per “animal keeper”, veterinari, alimenti, accoglienza, amministrazione e assicurazioni i colibrì insomma costerebbero 200 mila euro all’anno. E con ospitalità gratuita sul terreno demaniale. Se non si troverà un gestore, se nessuno sosterrà le spese, i colibrì (già sfrattati dalle serre storiche perché usate abusivamente), nel frattempo in larga parte venduti, e in parte vittime dell’incendio, dovranno andarsene. «Speriamo di riuscirci - dice Martines -, è un centro di riproduzione (come sottolinea Margherita Hack), a Miramare c’è la Riserva marina protetta, un centro di così rari esemplari potrebbe starci, ci fermiamo solo di fronte all’impossibilità. Speriamo in una cordata: si sta lavorando al “biglietto integrato” tra Miramare e i musei della città, e Miramare fa 1 milione di ingressi all’anno...». Dai biglietti venduti il piano previsionale calcola 120 mila euro all’anno per il gestore, ma è un’ipotesi. Si era parlato dell’Istituto di cultura marittimo e portuale come di un possibile gestore. Ma di recente il presidente Alfonso Rossi Brigante ha negato ogni intenzione: «Dobbiamo allestire il Museo del porto, la Centrale idrodinamica in Porto vecchio, completare i restauri della sottostazione elettrica, portare qui da La Spezia il sottomarino Fecia di Cossato... abbiamo talmente tante cose cui pensare, i colibrì non sono una nostra competenza». Intanto le responsabilità sulla vicenda restano scisse. Il soprintendente Luca Caburlotto, titolare di Miramare, autore dello sfratto ai colibrì, contrario a ospitarli in futuro, non ha accettato di gestire la prossima fase: «L’accordo di programma prefigura decisioni che mi sono state sottratte». Martines aveva avocato a sè il gran garbuglio e ora dice: «Responsabile delle “serre nuove” sarà l’architetto della Soprintendenza Maurizio Anselmi, Caburlotto seguirà la restante ma più consistente fase dei restauri».
(g. z.)
Traforo del Semmering al via i lavori in Austria
Opera essenziale per i collegamenti ferroviari nord-sud
lungo la direttrice del corridoio baltico-adriatico. Un investimento da 3
miliardi di euro
UDINE Da quasi trent’anni se ne discuteva e ora il gran momento è arrivato:
il 25 aprile, che in Austria è un normale giorno lavorativo, sarà dato il via ai
lavori di scavo del tunnel di base del Semmering, opera essenziale per i
collegamenti ferroviari nord-sud lungo il corridoio Baltico-Adriatico. È una
data da ricordare, perché quel tunnel a due canne di 27,3 chilometri costituisce
l’ultimo ostacolo allo sviluppo di un flusso di merci essenziale alla portualità
nell’Alto Adriatico, con tutti gli annessi e connessi. Perché del corridoio
Baltico-Adriatico, una delle direttrici considerate prioritarie dall’Ue, il
tratto settentrionale tra Danzica e Vienna è in fase di completamento. Quello da
Tarvisio in giù è ormai in esercizio da tempo. Restava il tratto austriaco con
due nodi importanti da sciogliere: il collegamento Graz-Klagenfurt, che ora non
c’è (la ferrovia esistente aggira a nord il gruppo montuoso della Koralpe,
allungando di un’ora il viaggio, per cui tutto il traffico di persone e merci
preferisce l’autostrada) e il superamento del Semmering, dove la storica
ferrovia costruita oltre un secolo e mezzo fa dal veneziano Carlo Ghega deve
salire fino a quasi mille metri di quota, con viadotti e gallerie di dimensioni
e curvature inadatte agli standard di oggi. Nel marzo dello scorso anno fu dato
il via ai lavori di un tunnel di 32,9 chilometro sotto la Koralm, parte del
tracciato completamente nuovo di 130 chilometri tra Graz e Klagenfurt, che,
sottopassando la catena montuosa che fa da confine tra Carinzia e Stiria, evita
il lungo aggiramento a nord. In questo modo era stato eliminato uno dei due
ostacoli, perché, anche se i lavori andranno per le lunghe e non saranno finiti
prima di dieci anni, una volta fatto il tunnel, che è l’opera più costosa, non
si tornerà più indietro. E ora è la volta del Semmering. Il progetto era in
bilico fino all’ultimo, per l’ostilità del Land Bassa Austria, che per una
dozzina d’anni lo aveva ostacolato con ricorsi alla Corte costituzionale e alla
Corte dei conti. Invece, superata positivamente la verifica di impatto
ambientale, i lavori potranno finalmente avere il via. Al simbolico primo colpo
di piccone saranno presenti la ministra delle infrastrutture Doris Bures, il
direttore delle Öbb (le ferrovie austriache) Christian Kern, il governatore
della Stiria Franz Voves e quello della Bassa Austria Erwin Pröll. Sarebbe
opportuna anche la presenza della nostra Regione, perché il significato
dell’evento va ben al di là dei confini austriaci e riguarda direttamente il
futuro del Friuli Venezia Giulia e dell’interno Nord-Est. Il tunnel di base del
Semmering costerà 3 miliardi e il suo completamento non potrà avvenire prima del
2024 (quasi in contemporanea con quello della Koralm). La cerimonia del 25
aprile si terrà a Gloggnitz, sul versante della Bassa, dove avrà inizio la
galleria.
Marco Di Blas
LA PICCOLA VARNA ESEMPIO DI ECOLOGISMO - RUBRICA MONTAGNA
L’annuale rapporto di Legambiente ha assegnato a Varna, in
Valle Isarco, il premio 2012 dei Comuni 100% rinnovabili. Da quest’anno Varna,
un piccolo comune formato dalle località di Novacella, Scaleres, Spelonca, a due
passi dalla cittadina di Bressanone risulta essere uno dei comuni più virtuosi
nella produzione di energia da fonti alternative. Legambiente, infatti, lo ha
messo in cima alla sua classifica per aver sfruttato al meglio le risorse
naturali: nel comune ci sono 66 impianti fotovoltaici per complessivi 3,3 MW, un
impianto mini idroelettrico da 70 kW, un impianto a biogas da 1.140 kW e un
impianto a biomasse da 6.500 kW per il teleriscaldamento. Questo grazioso borgo,
dove spiccano il laghetto di Varna, incontaminato biotopo naturale protetto, un
percorso naturale Kneipp e soprattutto l’Abbazia dei canonici agostiniani di
Novacella, fondata nel 1142 e immersa in un idilliaco paesaggio ricoperto da
vigneti e frutteti, ben rappresenta la Valle Isarco e il suo impegno per una
sostenibilità ambientale. La Valle Isarco è un esempio in questo senso con
progetti energetici ecologici che soddisfano le esigenze locali e del turismo,
come in Val di Funes, una vallata già totalmente autosufficiente a livello
energetico, e con la mobilità dolce per un turismo responsabile che incentiva
l’uso dei mezzi pubblici al posto delle auto private proponendo il noleggio di
bici elettriche o l’uso card turistiche a prezzi stracciati per usufruire dei
mezzi pubblici. Ma non basta. In Valle Isarco è in programma anche un grande
evento legato all’ecologia. Dal 10 al 13 maggio, a Bressanone, ci saranno le
Giornate della Sostenibilità “Think more about”. Si tratta di un congresso della
sostenibilità, un appuntamento annuale che mira a raccogliere spunti di
riflessione per un’economia sostenibile. L’appuntamento clou delle Giornate sarà
il convegno dedicato agli approcci economici alternativi per lo sviluppo
dell’economia. Il programma, inoltre, propone mostre, seminari tematici, la
proiezione di documentari e attività gioco, dedicate all’ecologia, per i più
giovani (www.thinkmoreabout.com). Info: Consorzio Turistico Valle Isarco, tel.
0472/802232, www.valleisarco.com
ANNA PUGLIESE
La grotta delle Torri di Slivia riapre dopo tren’anni -
DAL PRIMO MAGGIO
DUINO AURISINA La grotta delle Torri di Slivia ritorna accessibile al
pubblico dopo oltre trent’anni. la grotta infatti, di proprietà di Corrado e
Roberta Greco, si trova proprio sotto uno dei terreni dell’azienda agricola (con
agriturismo) “le Torri di Slivia”. Ora la grotta, la terza per dimensioni del
Carso italiano, è stata attrezzata con una scala e l’illuminazione particolare
per poter conssentire l’inngresso a tutti nel rispetto dell’ambiente ipogeo. La
grotta infatti sarà aperta ai turisti e alle scuole, che nelle visite dovranno
attenersi alle prescrizioni degli esperti per non disturbare la numerosa colonia
stanziale di pipistrelli che abita la grotta. Infatti è stato fissato un numero
massimo di visitatori per gruppo e al giorno. La grotta sarà raggiungibile
dall’agriturismo grazie all’agribus allestito appositamente dall’azienda, che
attende i primi visitatori per martedì primo maggio. Nella stessa data anche a
Borgo Grotta Gigante si terrà una giornata di festa che si svilupperà fra lo
storico tendone e i prati circostanti. Gli organizzatori annunciano palco,
birra, grigliate e tanta musica dalle 16 in poi.
IL PICCOLO - DOMENICA, 22 aprile 2012
«Gelo di febbraio, colpita la catena alimentare» - WORKSHOP dell’ogs - Bora sull’Adriatico: esperti a confronto su dati e ricadute anche nel comparto ittico
Gli eccezionali eventi climatici dello scorso febbraio, che hanno fatto registrare valori record della temperatura del mare, sono stati al centro del workshop organizzato dall’Ogs con il supporto della Regione e intitolato “Effetti della bora sull’Adriatico settentrionale: l’evento dell’inverno 2012”. Un tavolo nel quale si sono confrontati studiosi provenienti dalle regioni dell’alto Adriatico, comprese le vicine Slovenia e Croazia con l’obiettivo di discutere ed elaborare i dati raccolti, mettendo in evidenza le anomalie riscontrate e le eventuali alterazioni dell’ecosistema, utili per affrontare in futuro situazioni analoghe. Ma anche per fornire uno strumento di lavoro atto a supportare gli interventi di tutela dello stato di calamità che si è venuto a creare nel comparto ittico, con inevitabili ricadute a livello economico. Un evento, quello accaduto lo scorso inverno, di portata eccezionale sia per la temperatura del mare scesa sotto i 4 gradi, con il valore record di 3,6, sia per il fatto che numeri così bassi sono stati registrati per un periodo particolarmente lungo, di quasi due settimane, tanto da richiamare alla memoria l’inverno rigido del 1929. «Si tratta di un episodio scatenato da una serie di concause – ha spiegato Paola Del Negro, direttore del dipartimento Bio di Ogs – quali le temperature molto fredde dell’aria, cui si è aggiunta l’elevata salinità del mare per lo scarso apporto fluviale, dovuto alla siccità: tutto questo ha provocato massimi storici di densità con conseguente moria di pesci». E gli effetti sul comparto ittico sono stati devastanti, con la distruzione della quasi totalità delle colture delle valli da pesca, e ripercussioni pesanti anche in mare. Per Otello Giovanardi, ricercatore Ispra di Chioggia, «danni ingenti si sono verificati soprattutto nella raccolta di canocchie e seppie, ma non solo, e gli effetti si vedono tuttora, con il mercato ittico letteralmente messo in ginocchio». Un dato letto in modo ancora più ampio da Mariangela Ravaioli del Cnr di Bologna: «La formazione di acque dense, che portano correnti fredde verso il basso, lungo tutto l’Adriatico, è andata a incidere sulla stessa catena alimentare». Un fenomeno, quello registrato a febbraio, studiato anche dagli esperti della meteorologia. «Dobbiamo parlare di un evento straordinario, con una bora che ha soffiato a quasi 100 all’ora per due settimane - precisa Agostino Manzato dell’Osmer Arpa –. Ma non si può ragionare in termini di conseguenze climatiche, in quanto, quando ci riferiamo al clima, vengono prese in considerazione soltanto fasce temporali non inferiori ai trent’anni».
(p.pi.)
Energia elettrica troppo cara: rinnovare il piano regionale - L’intervento di GIGI SEDRAN* E GIOVANNI FANIA **
Il tema sollevato da diverse grandi imprese della regione sul costo dell’energia elettrica, che condiziona lo sviluppo degli investimenti o nuovi insediamenti manifatturieri in regione, come nel resto d’Italia, è un tema che è strettamente collegato al parco delle centrali elettriche oggi presente nel nostro Paese. E le prese di posizione degli industriali, così come delle associazioni dei consumatori, confermano quanto la Flaei-Cisl e la Cisl stanno dicendo da tempo: chi non ha il controllo dell’energia non ha il controllo del proprio sviluppo. Il piano energetico regionale, che in Friuli Venezia Giulia è stato redatto nel 2007 in un conteso socioeconomico completamente diverso da quello di oggi, va nella direzione degli obiettivi dell’Unione Europea del 20-20-20: +20% di energie rinnovabili, +20% di risparmio energetico, -20% di emissioni di Co2 per contrastare l’effetto serra. È grazie a questo piano energetico che il Friuli Venezia Giulia ha un numero di impianti fotovoltaici fra il più elevato d’Italia, così come ha avuto un forte impulso lo sviluppo della produzione elettrica da biomasse. Ma queste fonti energetiche, essendo incentivate, da un lato portano benefici ai produttori, ma dall’altro comportano un aumento delle tariffe del mercato elettrico: le fonti rinnovabili sono finanziate dalle bollette di tutti gli italiani che si avvalgono ancora del mercato vincolato a cui attingono maggiormente famiglie, pensionati, piccole imprese. In pratica, per finanziare le fonti rinnovabili si prendono soldi dalle bollette dei poveri per darle ai ricchi (se è giusto incentivare il fotovoltaico familiare, è alquanto discutibile incentivare le grandi imprese che producono decine di megawatt/ora). Fermo restando che è indiscutibile un sostegno per lo sviluppo della produzione da rinnovabile, si deve prendere atto che oggi esse non rappresentano la produzione più economica, sebbene la fonte sia a disposizione gratuitamente: sole e vento non si pagano e i canoni idrici sono molto bassi. Così come non sono economiche e competitive le centrali a ciclo combinato alimentate a gas, a causa del costo della fonte primaria ancora legato all’andamento del petrolio; costo che si potrebbe ridurre notevolmente con la realizzazione di un rigassificatore. E a questo proposito male non sarebbe un intervento, anche politico, più deciso sull’impianto triestino. Un sistema elettrico è complesso: uno dei temi che non trova spazio nel dibattito è la riaccensione del sistema elettrico in caso di black-out estesi come quello del 2003. Un piano di riaccensione che oggi è ancora garantito dalle centrali termoelettriche di tipo tradizionale che attualmente sono piuttosto obsolete. È quindi necessario che, assieme alle fonti rinnovabili, nel piano energetico regionale siano coinvolte anche le grandi imprese elettriche che oggi usano acqua, aria e terreno della nostra regione, definendo un patto per e con il territorio. La Regione, titolare della materia energetica, dovrebbe chiamare attorno ad un tavolo queste grandi imprese della produzione elettrica per avere conferma degli investimenti che intendono realizzare e che possono rappresentare un volano occupazionale per le aree di crisi. Ma al contempo la Regione deve stabilire con le aziende produttrici la compensazione per l’utilizzo del territorio regionale: una proposta potrebbe essere la cessione a titolo agevolato di una parte della produzione elettrica generata dai grandi impianti (termoelettrici, a ciclo combinato, idrico, solare) alla Regione che poi potrebbe “girarla”, alla manifattura regionale per abbattere i costi della bolletta. È quindi indispensabile creare le condizioni per il rilancio del tessuto produttivo elettrico e manifatturiero regionale, così come è stato fatto dopo il sisma del 1976: prima le fabbriche che danno lavoro, il lavoro porta benessere alle famiglie che possono poi investire nei consumi e quindi finanziare i servizi pubblici come sanità o scuole. Ecco perché il controllo dell’energia è importante per lo sviluppo di un territorio: la politica ha il compito di governare il legame fra Economia e Territorio e una politica che non decide rappresenta un costo soprattutto perché fa scappare investimenti che possono portare benefici per tutti.
* Segretario generale Flaei Cisl FVG
** Segretario generale Cisl FVG
Trieste in bicicletta
Oggi, alle 8.45, ritrovo in piazza Unità per la partenza, alle 9.45, della 36.a edizione della pedalata ecologica “Trieste in bicicletta - VII Memorial Giordano Cottur”.
COMUNICATO STAMPA - SABATO, 21 aprile 2012
Grande successo del dibattito sullo scempio in Val Rosandra.
Gli organizzatori: “La Protezione Civile si limiti agli interventi di vera emergenza.
Mozioni di sfiducia contro l’assessore regionale
Ciriani e la sindaca di S. Dorligo, Premolin”.
Aula magna della Scuola Interpreti e Traduttori di Trieste strapiena,
venerdì pomeriggio 20 aprile, per l’incontro sullo scempio causato
dall’intervento della Protezione Civile in Val Rosandra.
L’iniziativa è stata promossa dalle principali associazioni ambientaliste
(Italia Nostra, Legambiente e WWF) insieme con il Comitato per la Difesa della
Val Rosandra.
Lucia Sirocco, presidente del circolo Legambiente di Trieste, ha contestato
l’uso della Protezione Civile, allo scopo di scavalcare, in nome di presunte
ragioni di emergenza, le norme di tutela dell’ambiente (com’è avvenuto anche in
molte altre circostanze).
Dopo la proiezione di un suggestivo filmato di Max Morelli, sulla situazione del
torrente Rosandra prima e dopo la “cura”, il prof. Livio Poldini, docente di
ecologia vegetale all’Università di Trieste e presidente del Comitato Val
Rosandra, ha denunciato il gravissimo ritardo culturale di tecnici ed
amministratori locali, nel capire l’importanza delle funzioni svolte dagli
habitat e dalle specie presenti in ambienti straordinari come la Val Rosandra:
ritardo che produce interventi come quello della Protezione Civile, ispirato a
logiche “idrauliche”, proprie di mentalità ingegneristiche superate da decenni
nel resto d’Europa. Interventi che oltre tutto, nel caso della Val Rosandra,
presumibilmente aggraveranno – anziché risolvere – i fattori di rischio in caso
di piena del torrente.
Il biologo Dario Gasparo ha elencato le norme e disposizioni (Direttive europee,
leggi regionali, strumenti urbanistici del Comune di S. Dorligo della
Valle-Dolina, vincoli paesaggistici, ecc.), clamorosamente violate
dall’intervento di taglio a raso della vegetazione proprio nell’area di maggior
pregio naturalistico lungo il corso del torrente Rosandra.
Nicola Bressi e Andrea Colla, del Servizio Musei Scientifici di Trieste, hanno
elencato i danni gravissimi e assai difficilmente rimediabili, che l’intervento
sul torrente Rosandra ha prodotto nei confronti di numerosissime specie di
anfibi, rettili, pesci, insetti e mammiferi, molte delle quali particolarmente
protette dalle Direttive europee.
Così come sono state compromesse – ha spiegato l’ornitologo Paolo Utmar – le
possibilità di nidificazione di molte specie di uccelli (sono stati abbattuti,
infatti, anche molti alberi che ospitavano nidi).
Nel dibattito seguito alle relazioni, è stato sottolineato da più parti che
l’operazione “Alvei puliti”della Protezione Civile, in Val Rosandra e altrove,
fa parte del sistematico smantellamento delle strutture, create faticosamente
tra gli anni ’80 e ’90, preposte alla tutela della natura e della biodiversità:
uffici ad hoc dotati di personale competente, aree protette dotate di adeguate
risorse finanziarie, ecc.
Il tutto risponde ad un preciso disegno politico, che ha preso le mosse alla
fine degli anni ’90 ed è stato perseguito con tenacia a prescindere dai
cambiamenti politici nella Giunta regionale.
Roberto Pizzutti, presidente del WWF Friuli Venezia Giulia, ha concluso
l’incontro elencando le richieste degli organizzatori dell’incontro:
1) la Protezione Civile si limiti ai soli interventi di effettiva emergenza, con
esclusione quindi della manutenzione ordinaria dei corsi d’acqua
2) siano adottati criteri ecologici avanzati, sull’esempio di quanto accade in
altri Paesi, e non meramente “idraulici”, nella gestione corsi d’acqua
3) siano svolte valutazioni di incidenza preventive (come prescritto dalle
Direttive europee), per tutti gli interventi che interessino habitat e specie di
interesse naturalistico
4) sia ripristinata una struttura regionale, dotata di personale competente e
risorse adeguate, per la gestione delle riserve naturali, sottraendole ai Comuni
5) i consiglieri regionali ed a quelli comunali di S. Dorligo della
Valle-Dolina, presentino mozioni di sfiducia nei confronti dell’assessore
regionale alla Protezione Civile (e all’ambiente), Ciriani, e della sindaca di
S. Dorligo-Dolina, Premolin.
WWF-FVG
IL PICCOLO - SABATO, 21 aprile 2012
«Subito un piano per le aree protette della Val Rosandra»
Raccolte finora 10mila firme. Il docente di botanica
Poldini: «C’è una scarsa conoscenza dei problemi ambientali»
Spiegare perché un intervento come quello eseguito in Val Rosandra non
andava fatto e, soprattutto, unire le forze affinché situazioni del genere non
si ripetano più. Si è mosso su questi due registri il dibattito pubblico
organizzato dalle associazioni ambientaliste intitolato “Dalla distruzione lo
stimolo per creare una vera coscienza ambientale”, andato in scena in una
affollata Aula magna della Scuola per Interpreti e Traduttori. Dopo le
manifestazioni organizzate in queste settimane per sensibilizzare l’opinione
pubblica, accompagnate da una raccolta firme che ha raggiunto quota 10 mila
adesioni, Italia Nostra, Legambiente e Wwf hanno voluto guardare al futuro,
ripartendo proprio da quanto accaduto in Val Rosandra. Ad introdurre l’incontro,
moderato da Franco Zubin di Italia Nostra, è stata Lucia Sirocco di Legambiente,
che ha sottolineato come pur partendo da un evento drammatico, ci sia
l’opportunità del recupero della cultura dell’ambiente. «La Val Rosandra, in
qualità di area protetta, è sottoposta ad una doppia tutela da parte della
Comunità europea. Noi non critichiamo l’intervento della Protezione Civile in
quanto tale, ma il modo di gestire la situazione da parte di chi di dovere,
risultato scorretto e non onesto, visto che si è parlato di situazioni urgenti e
di pericolo, quando invece l’operazione era stata pianificata nei dettagli già
quattro mesi prima». Particolarmente atteso nella scaletta della serata
l’intervento di Livio Poldini, docente emerito di Economia vegetale, nonché
presidente del Comitato Val Rosandra, che si è soffermato su due aspetti: la
scarsa conoscenza dei problemi ambientali e la mancanza di una cultura di fondo
su queste tematiche, che porta poi a delle decisioni che Poldini definisce
“insensate”. «Nell’intervento in Val Rosandra si è parlato di “vegetazione
infestante”, cioè non legata al territorio, ma non è così. Si tratta invece - ha
spiegato Poldini - di un ambiente straordinario con delle funzioni
insostituibili. In questo modo si è dissipato un patrimonio costruito nei
secoli. Questo significa non conoscere l’importanza degli ecosistemi. Non si è
quindi innescato il salto culturale da parte degli amministratori della cosa
pubblica». Dopo la proiezione di un video realizzato da Massimiliano Morelli,
con immagini suggestive su com’era e com’è adesso la Val Rosandra, che ha
emozionato il pubblico presente in sala, a prendere la parola è stato il biologo
Dario Gasparo che ha elencato tutte le normative a disposizione
dell’amministrazione regionale e del Comune di San Dorligo, dalle quali non si
poteva non capire come un intervento del genere andasse evitato. «Era
impossibile non accorgersi che la situazione in Val Rosandra era delicata e ci
voleva un’opera di mitigazione per ridurre al minimo l’impatto ambientale. E
invece, a causa della negligenza degli amministratori, si è verificato un
disastro, per porre rimedio al quale ci vorranno almeno trent’anni. È necessario
adesso adottare un piano per le aree protette». A chiudere l’incontro,
l’intervento di Roberto Pizzutti del Wwf, secondo il quale «è accaduto un fatto
grave. Sono state alterate le condizioni complessive dell’ambiente, con evidenti
ricadute su molte specie vegetali e animali. La Val Rosandra deve servire da
monito per salvare altre zone boschive a rischio».
Pierpaolo Pitich
La giunta Premolin non difende più la sua Valle
La giunta Premolin non ne vuol più sapere di uscire dal suo fortino, dove si è arroccata dopo lo scempio compiuto in Val Rosandra dalla Protezione Civile sotto l’egida della Regione. Ne ha fatto un caso politico, quando la questione è invece puramente ambientale. Ma la giunta Premolin fa di peggio: non tutela il suo territorio, non difende più la sua valle ma se stessa malgrado la mobilitazione di ambientalisti, del comitato di esperti e intellettuali e dell’opinione pubblica cittadina. Bastava ammettere che la Protezione civile aveva esagerato e che la situazione era sfuggita al controllo per scarsa vigilanza o perchè si era fidata della Regione. Il caso Val Rosandra ha così determinato una sorta di cortocircuito politico dove una giunta di centrosinistra è costretta a giocare di sponda con un assessore regionale del Pdl (Ciriani, il mandante dello scempio), mentre il Pd e i suoi alleati triestini (Sel scalpita) avevano stigmatizzato da subito l’intervento. Imbarazzante. Intanto la Valle giace lì nuda e piangente e la giunta di San Dorligo se ne sta nel suo fortino. Ci pensi sindaco Premolin, ci pensi.
(cat.)
«La politica accerti le responsabilità» - COORDINAMENTO PROVINCIALE DI SEL - Proposto anche un finanziamento collettivo per riparare i danni
Individuare le responsabilità politiche e tecniche del “disastro ambientale”. Istituire un tavolo di discussione fra enti locali coinvolti “per approdare a un finanziamento collettivo, che permetta di riportare la zona dell’alveo del Rosandra al suo stato precedente”. Promuovere, da parte del consiglio regionale che risulterà eletto alla prossima tornata, un “riordino delle competenze della Protezione civile, che qualcuno ha trasformato da soggetto d’intervento d’emergenza, in caso di calamità, in ente organizzatore di eventi di vario tipo”. Queste le proposte di Sel, illustrate ieri dal coordinatore regionale, Giulio Lauri e da alcuni consiglieri ed esponenti del movimento. «Come geologo – ha detto Lauri - sottolineo che l'intervento in Val Rosandra, pensato per evitare future esondazioni, ha originato invece conseguenze frutto di un atteggiamento sconsiderato. Abbattere gli alberi è stato un autentico errore idraulico perchè si è ripulita dalla vegetazione una zona dell'alveo nel quale le piante rallentavano il flusso dell'acqua, che adesso scenderà con maggiore forza e velocità. È stata dimostrata una gigantesca incompetenza. In tutti gli enti locali – ha concluso Lauri - i nostri consiglieri chiederanno che si chiariscano le responsabilità e si rimetta in pristino la Val Rosandra». Sul “perverso utilizzo” della Protezione civile, il coordinatore del Sel ha parlato poi di «responsabilità dell’assessore regionale Ciriani, ma anche del centrosinistra, all’epoca di Illy». Stefano Bertuzzi, responsabile del Forum ambiente del Sel ha ricordato che «l'area nella quale si sciaguratamente operato è una riserva regionale, considerata un habitat prioritario, molto rara in questa regione e definita tale perché rischiava di scomparire. Due sono le direttive violate – ha proseguito – in primis le linee guida dell’Arpa che indicavano quel bosco come un elemento fondamentale per la tutela dei corsi d'acqua. Inoltre, il momento non era quello adatto: è questa la stagione della riproduzione degli uccelli e degli anfibi. Così sono stati danneggiati flora e fauna. A tutti questi argomenti da noi più volte sollevati – ha continuato Bertuzzi - non è stata data risposta. La vegetazione poi non era infestante – ha concluso - e non si trattava di un bosco, definirlo tale e' stata una grande inesattezza». Marino Sossi, capogruppo del Sel in consiglio comunale, ha annunciato che «sarà presentato in aula un ordine del giorno, per impegnare il sindaco a istituite un tavolo di confronto con i Comuni di Trieste e di San Dorligo della Valle ed eventualmente con quello Muggia, la Provincia e la Regione, affinché si individui un piano finanziario per il ripristino della situazione ex ante. Chiederemo che il Comune di Trieste metta una posta specifica a bilancio – ha concluso – in modo che gli altri enti locali siano in qualche modo obbligati a seguirlo».
Ugo Salvini
Rigassificatore Coinvolte nel no anche Slovenia e Croazia - TAVOLO TECNICO
La battaglia contro l’operazione gnl di Gas Natural allarga i propri confini e “contagia” Slovenia e Croazia. Il Tavolo tecnico sui Rigassificatori di Trieste è diventato una realtà transnazionale. Gli esponenti del comitato scientifico, assieme al sindaco di Muggia Nerio Nesladek, sono stati ricevuti a Zagabria dal ministro croato per l’Ambiente Mirela Holj. Il Tavolo ha espresso le proprie valutazioni sul progetto del rigassificatore di Zaule, presenti diversi relatori tra docenti e ricercatori dell’Università di Trieste, dell’Ogs e del Cnr, e rappresentanti dei pescatori di Slovenia e Croazia. Annunciata una nuova tappa del percorso del Tavolo rigassificatori, che ora si chiamerà Tavolo tecnico transnazionale. Più volte era stata sottolineata l'importanza di un tavolo economico e politico, oltre a quello energetico «perché – così Nesladek - solo iniziando un ragionamento integrato si potrà cooperare in un progetto unitario». Di qui l’invito del sindaco a proporre Muggia come sede del nuovo Tavolo congiunto che preveda la collaborazione di Italia, Slovenia e Croazia. Nella riunione, dallo staff di Holj è stata avanzata l’idea di allargare il gruppo a esponenti e scienziati croati e sloveni.
Riccardi: tracciato Tav In Fvg non cambia niente
Assessore ottimista ma i sindaci si affidano a un
tecnico per l’impatto ambientale Mainardi: con questa scelta risparmi del 60%,
si scende da 2,6 a un miliardo
TRIESTE «Per noi non cambia niente». Il Veneto pare optare per il tracciato
Tav alternativo a quello costiero, con un risparmio di 1,6 miliardi di euro, e
il Friuli Venezia Giulia non fa una piega. Riccardo Riccardi prende atto delle
notizie che arrivano dalla Regione confinante, conferma la soluzione affiancata
all’autostrada dal Tagliamento a Ronchi e in qualche modo rassicura il
commissario Bortolo Mainardi che una settimana fa sollecitava sul Piccolo i
sindaci Fvg interessati alla tratta a produrre una relazione di supporto al
progetto preliminare sulle questioni ambientali. I sindaci, fa sapere appunto
l’assessore regionale ai Trasporti, hanno incaricato un professionista perché
metta insieme le valutazioni necessarie da presentare poi nel procedimento di
impatto ambientale che interessa il livello ministeriale. «Ci vuole un po’ di
tempo ma il lavoro procederà – assicura Riccardi –. Per quel che riguarda la
Regione, porterò all’esame della giunta le osservazioni dei sindaci a raccolta
completata». Nulla cambia, tuttavia, in conseguenze delle scelte del Veneto.
Riccardi lo ribadisce e resta pure lui alla finestra rispetto a un dibattito che
sembra procedere verso il cambio di rotta nella direzione Mestre-Portogruaro.
Lunedì i sindaci della zona conosceranno nel dettaglio il percorso alternativo
alla costa (quel tracciato è già stato bocciato da 13 dei 14 Comuni
interessati), vale a dire quello che fa perno sulla linea esistente, la
Mestre-Portogruaro, da modernizzare e ampliare con la quadruplicazione dei
binari. Una soluzione, ha più volte sottolineato Mainardi, che consentirà
risparmi fino al 60% della spesa prevista inizialmente: con il progetto ora
nelle mani del commissario si scenderebbe da 2,6 a 1 miliardo di euro.
Decisamente un’altra storia. Il risparmio deriva anche dal numero contenuto di
espropri: 120 milioni con il tracciato litoraneo, una ventina al massimo con
l'affiancamento alla ferrovia. E solo una ventina di fabbricati da abbattere,
senza che tra questi ce ne siano di “sensibili”. Motivi molti solidi per tirare
dritto anche se Mainardi, al solito prudente, ricorda che «è la politica a
decidere, io sono un tecnico». Quel che è certo è che «non c’è più tempo da
perdere: i sindaci avranno tutto il tempo per riflettere ma, entro fine giugno,
servirà una risposta definitiva». I nodi lungo i 60 chilometri del percorso da
Mestre a Portogruaro? Le stazioni di San Donà, Quarto d'Altino e San Stino:
problemi di impatto acustico. Ma il commissario dà per certo che si troveranno
soluzioni ottimali. Intanto il Comune di Venezia cerca un compromesso tra
l’esigenza di mobilità cittadina e le intenzioni di Rfi sull’Alta velocità. E’
allo studio un “baffo” che, da Mestre, permetta di proseguire verso Trieste
evitando la tappa di Venezia. Soluzione non diversa viene ipotizzata all’altezza
dello svincolo per l’aeroporto Marco Polo.
Marco Ballico
Potatura selvaggia nel centro di Grado
Sconcerto di turisti e residenti. Nell’area di viale
Europa avevano nidificato anche tortore e merli
GRADO Incredulità da parte dei turisti e dei gitanti, ma anche dei
residenti, per il drastico taglio degli alberi del giardino privato di un
istituto bancario del centralissimo viale Europa Unita (l’ex Cassa di Risparmio
di Gorizia oggi Cassa di Risparmio del Friuli Venezia Giulia). Sconcerto anche
perché gli alberi erano per tutto l’anno – e ci sono varie foto che lo
testimoniano – punto di ritrovo di vare specie di uccelli. In questo periodo
c’erano anche due nidi, e la conferma è data anche da un uovo trovato a terra
che è stato preda di un vorace gabbiano (nella foto). Tra i residenti,
maggiormente sorpresi se non inviperiti, sono soprattutto, e sono davvero tanti,
quelli che hanno a cuore l’ambiente, la flora e la fauna. Tra questi anche
Margit Schuff Thomann, una fotografa che ha ottenuto riconoscimenti a livello
internazionale per le sue immagini spettacolari che hanno “catturato” volatili e
altri animali. «Sono rimasta sorpresa - dice Margit Schuff Thomann - e insieme a
me anche altre persone, a vedere potare gli alberi in questo periodo e così
radicalmente. So per certo che ci avevano nidificato le tortore e i merli».
Nelle foto scattate da Margit si vedono proprio due tortorelle mestamente
appoggiate a ciò che è rimasto di un albero, dove c’era anche il loro nido. «Le
potature – precisa ancora la fotografa - vanno fatte in febbraio o in autunno,
ma non in un momento così delicato. E’ come se si potassero in questo momento
gli alberi da frutta! Ovviamente non crescerebbe alcun frutto». Da appassionata
fotografa, Margit ha nel tempo ripreso con la sua macchina anche gli uccellini
che frequentavano il giardino della banca: merli, ghiandaie, tortore e
passerotti. Un anno si sono visti anche i codibugnoli nordici. Il giardino in
questione - in origine faceva parte dell’albergo “Alla salute” - è stato ai
tempi d’oro del turismo gradese un punto centrale del turismo, trovandosi quasi
di fronte alla gelateria Panciera (oggi desolatamente chiusa) e al Lacroma.
C’era “la conchiglia”, un’area con parte di una grande capasanta a fare da
sfondo, dove nei periodi di maggiore affluenza si sono tenuti tanti concertini.
Ciò che ha colpito in questa sconcertante vicenda delle potature è stato anche
il fatto che i gabbiani non si siano lasciati perdere la ghiotta occasione di
cibarsi con le uova cadute a terra. Del resto questi uccelli hanno dimostrato da
tempo di non aver più paura di nulla, tanto da frequentare anche i viali
pedonali.
Antonio Boemo
Il piano del traffico non basta - Tutta la mobilità va ripensata - L’INTERVENTO DI CLARA COMELLI - Osservatorio mobilità sostenibile - Trieste
A breve l’amministrazione comunale sarà chiamata ad
approvare il nuovo Piano generale del traffico urbano (Pgtu). Per dotarsi di
questo strumento, che la legge prevede sia rivisto con cadenza biennale e che a
Trieste risale al 1998, il Comune ha optato per un processo di partecipazione. È
stata infatti presentata pubblicamente la prima bozza il 6 febbraio scorso e, a
breve, verrà redatta la seconda bozza comprensiva delle prime indicazioni
fornite dai cosiddetti “portatori di interesse”. A dare concretezza a questo
lodevole metodo ha preso parte anche una neonata realtà che merita di essere
segnalata a tutta la cittadinanza per l’importante lavoro che ha prodotto e che
intende continuare a produrre e cioè l’ “Osservatorio mobilità sostenibile”.
Coordinate all’interno dell’Osservatorio, dieci realtà associazionistiche
triestine hanno prodotto un documento sotto forma di osservazioni/valutazioni,
consegnato il 3 aprile scorso all’amministrazione comunale. In tale documento le
associazioni apprezzano il valore di fondo del Piano generale del traffico
urbano e cioè rendere più sostenibile la mobilità a Trieste (sia nei suoi
aspetti ambientali, sia in quelli economici e sociali), aumentando del 60 per
cento le aree pedonali, progettando finalmente una rete ciclabile urbana e
raddoppiando le corsie preferenziali degli autobus. Oltre a ciò però
l’Osservatorio ha voluto dare un contributo per lo sviluppo del Pgtu fornendo
una serie di osservazioni per rafforzarne l’efficacia e la visione a medio e
lungo termine. L’obiettivo dell’ Osservatorio è infatti quello di “cambiare il
modo di muoversi a Trieste, far sì che la mobilità in città sia per tutti e che
la stessa sia sostenibile e che migliori la salute e il benessere dei
cittadini.” Partendo da una imprescindibile considerazione generale sulla
pianificazione della mobilità urbana, il documento dell’Osservatorio contiene
osservazioni che hanno carattere tecnico e che sono tradotte in singoli
interventi su pedonalità, ciclabilità, rete del trasporto pubblico, regolamento
viario e relazione tra Pgtu e altri strumenti di pianificazione. Tutto ciò
perché l’”Osservatorio mobilità sostenibile” ritiene che il nuovo piano del
traffico urbano dovrà essere uno strumento che trasformi Trieste in una città
libera dal traffico, con un concetto europeo di mobilità e di sostenibilità e
dove ragazzi e bambini possano crescere conquistando autonomia di movimento in
sicurezza. Per raggiungere questi obiettivi l’Osservatorio propone di superare i
limiti propri di un Piano del traffico chiedendo lo sviluppo di un Piano urbano
della mobilità, strumento di pianificazione a medio periodo che permetterebbe di
progettare nuovi servizi quali il car-sharing, un servizio di trasporto a
chiamata, la razionalizzazione del sistema di trasporto pubblico puntando su
alcuni assi principali e la realizzazione della progettata rete ciclabile. Sono
necessari anche investimenti per eliminare le barriere architettoniche ed altri
rivolti ai cittadini (in particolare quelli giovani) per progetti di educazione
e promozione alla mobilità sostenibile. Pedonalità, ciclabilità e trasporto
pubblico sono infatti tra gli ingredienti indispensabili per ridurre gli alti
livelli di inquinamento dell’aria ed acustici, di emissioni di gas serra e la
congestione del traffico urbano. Le associazioni che compongono l’Osservatorio
vantano, singolarmente ed ognuna per la sua specificità, una esperienza
pluriennale sui temi della mobilità, della salute e dell’ecologia; l’essersi
riunite in una rete per collaborare in un processo di partecipazione vuole
essere per la città intera e per l’amministrazione comunale un contributo
fattivo e concreto al miglioramento. Il documento “Osservazioni alla bozza del
Pgtu del Comune di Trieste” redatto dall’Osservatorio può essere consultato sul
sito www.triestemobile.org Hanno sottoscritto tale documento le seguenti
associazioni: Ulisse-Fiab, Uisp Trieste, Legambiente, Coped Cammina Trieste, Acp
Associazione culturale pediatri, Isde Medici per l’ambiente, Wwf Trieste,
Trieste in bici group, Comitato lavoratori e utenti per i servizi essenziali,
ProjecTS.
Trieste in bicicletta da piazza Unità a Miramare - DOMANI IL VIA ALLE 9.45
Una pedalata ecologica per unire due dei punti più suggestivi di Trieste, la piazza dell’Unità d’Italia e il castello di Miramare. Lungo questo splendido percorso si snoderà domani mattina la più longeva delle manifestazioni ciclistiche della città, “Trieste in Bicicletta - VII Memorial Giordano Cottur”, giunta alla 36.a edizione, allestita dalla società ciclistica “Cottur” e inserita nel calendario della Federazione ciclistica italiana (Fci). Dopo la partenza alle 9.45 (ritrovo da un’ora prima del via), si arriverà al bivio di Miramare proseguendo poi sul lungomare di Barcola, le Rive, Campo Marzio, largo Irneri, con arrivo per la prima volta in piazza Ponterosso. La distanza percorsa sarà di circa 21 chilometri. A metà percorso e all’arrivo ci saranno punti di ristoro per i concorrenti, con consegna della maglietta ricordo. La manifestazione è abbinata al Palio dei Rioni: all’atto dell’iscrizione, tutti saranno invitati a dichiarare il rione di appartenenza. In base al numero raggiunto sarà compilata una classifica. Al termine ci sarà l’estrazione dei biglietti della lotteria che mette in palio una bici, vari omaggi e consumazioni gratuite. La manifestazione è organizzata in collaborazione con il Comitato “Trieste in Palio” e col supporto del Comune. Per le iscrizioni (il cui costo è stato fissato a 6 euro) e per informazioni ci si può rivolgere al negozio Cicli Cottur di via Crispi 9 fino a oggi, entro le 17.30 o scrivere una e-mail a sccottur@yahoo.it. Sarà possibile iscriversi anche domani mattina alla partenza dalle 8.30 alle 9.15. Per maggiori informazioni, si può consultare sul web il sito internet www.sc-cottur.org.
(u. s.)
La questione ferroviaria
Questa mattina alle 10 alla Stazione Rogers (Riva Grumula, 12) Romano Vecchiet discuterà su “Il Friuli e Trieste nella questione ferroviaria di metà ottocento”. Visita Museo Ferroviario di Trieste Campo Marzio.
ECOSPORTELLO.org - VENERDI', 20 aprile 2012
Varati i decreti di incentivazione delle rinnovabili
Sono stati varati, dal Ministro dello Sviluppo
Economico, Corrado Passera - di concerto col Ministro dell’Ambiente, Corrado
Clini e dell’Agricoltura, Mario Catania - due schemi di decreti ministeriali in
materia di energie rinnovabili.
I due provvedimenti, all’esame dell’Autorità dell’Energia e della Conferenza
Stato-Regioni, definiscono i nuovi incentivi per l’energia fotovoltaica (Quinto
Conto Energia) e per le rinnovabili elettriche non fotovoltaiche (idroelettrico,
geotermico, eolico, biomasse, biogas).
Il V conto energia, come già previsto dalla precedente normativa, entrerà in
vigore al superamento della soglia di 6 miliardi di incentivi per il
fotovoltaico (previsto tra luglio e ottobre prossimi), mentre il decreto per le
altre rinnovabili elettriche entrerà in vigore dal 1 gennaio 2013.
Con il nuovo regime vengono favorite le tecnologie con maggior ricaduta sulla
filiera economico-produttiva nazionale e ad alto contenuto innovativo,
introducendo inoltre meccanismi per evitare distorsioni a livello territoriale e
conflitti con altre filiere produttive nazionali, in particolare con quella
alimentare. Questo significa, secondo i dati dei ministeri, togliere di più al
FV, il cui volume d'affari resterebbe ancora solo per il 50% entro i confini
nazionali, e meno ad altre fonti come geotermia e biomasse, la cui filiera è per
l'80-90% italiana.
Viene inoltre introdotto un sistema di controllo e governo dei volumi installati
e della relativa spesa complessiva, attraverso un meccanismo di aste competitive
per i grandi impianti (superiori a 5 MW) e tramite registri di prenotazione per
gli impianti di taglia medio-piccola (sono invece esclusi dai registri i micro
impianti). Quest’ultimo è un sistema per cercare di tenere sotto controllo il
settore, che ha visto riduzioni dei costi delle tecnologie che spesso non sono
stati valutati con attenzione e per tempo da chi ha deciso l'entità.
Il Governo, si legge nella nota stampa dei ministeri, punta a raggiungere e
superare gli obiettivi europei delle energie rinnovabili fissati per il 2020
(dal 26% a circa il 35% nel settore elettrico) attraverso una crescita virtuosa,
“basata su un sistema di incentivazione equilibrato e vantaggioso per il sistema
Paese e tale da ridurre l’impatto sulle bollette di cittadini e imprese: queste
le principali finalità”. L’intento, inoltre, è quello di stabilizzare
l’incidenza degli incentivi sulla bolletta elettrica.
Il comunicato stampa di Legambiente ha un tenore ben diverso. Così Edoardo
Zanchini, vicepresidente di Legambiente, ha commentato i decreti ministeriali
sulle rinnovabili varati l'11 aprile : “E’ evidente il mancato confronto con le
associazioni e le aziende del settore. Nei decreti ministeriali varati ieri c’è
qualche passo avanti ma si rischia di bloccare lo sviluppo delle fonti pulite
con i tetti annui alle installazioni, il complicato sistema delle aste e
l’obbligo dei registri per gli impianti che tolgono ogni certezza agli
investimenti. I limiti annui fissati per le diverse fonti, inoltre, rendono
impossibile raggiungere gli obiettivi europei al 2020. Se rispetto alla prima
bozza, si vede il ruolo positivo svolto dal Ministro dell'Ambiente Corrado
Clini, questo non può comunque bastare. Non si può essere soddisfatti di una
proposta che, di fatto, rende più incerti e complicati gli investimenti per
famiglie e aziende”. E' dunque mantenuta la manifestazione del 18 Aprile davanti
a Montecitorio insieme alle aziende e alle associazioni delle rinnovabili.
GREENSTYLE.it - VENERDI', 20 aprile 2012
Fotovoltaico a film sottile organico dalla Germania: efficienza record
Dalla Germania in arrivo un nuovo fotovoltaico a film
sottile. Il nuovo pannello solare Heliatek è realizzato con celle realizzate con
materiali organici e sembra permetteranno un’ottima integrabilità con le
facciate degli edifici. Un progetto che potrebbe rendere molto più vicina
l’ipotesi di trasformare gli edifici in vere e proprie centrali di produzione
energetica da fonti rinnovabili.
Il fotovoltaico a film sottile realizzato dalla Heliatek promette di
incrementare in maniera significativa l’efficienza dei pannelli portandola da
una percentuale compresa tra il 3 e il 5% all’8-10%. La novità introdotta con
questo nuovo solare in pellicola è l’utilizzo di oligomeri in sostituzione dei
classici polimeri. Il risultato è un insieme di molecole più stabili che offrono
una maggiore uniformità d’applicazione e la possibilità di realizzare strati
multipli per aumentare ulteriormente la resa.
Rispetto ai pannelli tradizionali il film sottile organico paga ancora qualche
punto percentuale in termini di efficienza massima, un distacco che sembra però
essere colmato alla lunga distanza in virtù di una maggiore produttività in
condizioni di scarsa luminosità. Test da poco condotti a Singapore hanno
evidenziato una resa maggiore del fotovoltaico Heliatek rispetto ai moduli
classici.
La Technology Review del MIT fa sapere intanto che la società tedesca ha già
avviato alcune collaborazioni con costruttori edili per ottimizzare nel minore
tempo possibile la produzione di fotovoltaico a film sottile perfettamente
integrabile con le facciate degli edifici. Tempi d’attesa previsti 5 anni.
Claudio Schirru - Fonte: TreeHugger
IL PICCOLO - VENERDI', 20 aprile 2012
Legambiente, la presidenza all’architetto Lucia Sirocco - CIRCOLO VERDEAZZURRO
L’architetto Lucia Sirocco è la nuova presidente del
circolo Verdeazzurro Legambiente di Trieste. L’elezione è avvenuta alcuni giorni
fa, da parte del Direttivo del circolo. Sirocco subentra a Lino Santoro, che ha
presieduto il sodalizio dall’aprile 2007 all’aprile 2012 e rimane comunque a far
parte del Direttivo. Presentandosi in una conferenza stampa, Lucia Sirocco ha
riassunto le linee portanti dell’attività futura di Legambiente nella provincia
triestina. «In continuità con quanto fatto finora - ha spiegato la neopresidente
-, particolare impegno sarà dedicato ai temi della gestione del territorio e
dell’urbanistica, cominciando con il nuovo Piano regolatore del Comune di
Trieste, senza dimenticare quello, anch’esso imminente, di Muggia. Legambiente -
ha proseguito Sirocco - ribadirà la necessità di arrestare il consumo di suolo
agricolo e naturale, per garantire la tutela del paesaggio e della biodiversità,
oltre che per una migliore qualità della vita urbana». Riflettori puntati anche
sui progetti che interessano il golfo. «Come associazione - ha concluso Sirocco
- ci batteremo per eliminare la previsione del “polo energetico”, che prefigura
la costruzione sia del rigassificatore di Zaule proposto da Gas Natural, sia
della nuova centrale termoelettrica di Lucchini Energia). Parallelamente
continueremo a promuovere l’efficienza energetica, che ha visto negli anni
scorsi la nascita degli “Ecosportelli” a Trieste e Muggia».
Oggi il dibattito sullo scempio in Val Rosandra
Si intitola “Val Rosandra. Dalla distruzione lo stimolo
per creare una vera coscienza ambientale” il dibattito che si terrà oggi alle 17
a Trieste, nell’aula magna della Scuola Interpreti di via Filzi 14. L’iniziativa
è promossa da Italia Nostra, Legambiente, WWF e dal Comitato Val Rosandra, per
approfondire le circostanze e le conseguenze del pesante intervento con cui la
Protezione Civile, il 24 e 25 marzo scorsi – nell’ambito dell’operazione “Alvei
puliti” (in foto) - ha raso al suolo la vegetazione lungo un tratto del Torrente
Rosandra. Sarà proiettato il filmato di Max Morelli: “C'era una volta la Val
Rosandra”. Dopo l’introduzione di Lucia Sirocco, presidente del circolo
Legambiente di Trieste, interverrà Livio Poldini, docente emerito di ecologia
vegetale all’Università di Trieste e presidente del Comitato Val Rosandra).
Prg, al via i confronti con categorie e cittadini
Previsti dibattiti nelle Circoscrizioni e questionari
da compilare online per favorire il coinvolgimento
Gli incontri con i portatori di interesse, l’organizzazione di tavoli
tematici, ma anche la possibilità per tutti i cittadini di venire a conoscenza
delle più svariate informazioni e di poter proporre suggerimenti o modifiche. La
strategia dell’amministrazione comunale nella predisposizione della variante del
Piano Regolatore Generale passa attraverso la partecipazione attiva della
cittadinanza. Un “modus operandi” che partirà ai primi di maggio e che è stato
illustrato davanti ad una numerosa platea, composta anche da consiglieri
comunali e circoscrizionali. «Ci siamo posti due obiettivi di fondo per la
realizzazione della nuova variante – ha dichiarato il sindaco Roberto Cosolini,
aprendo l’incontro -. Il primo riguarda i contenuti del Piano che dovranno
essere all’altezza della situazione su tutti gli aspetti: da quello ambientale
fino al miglioramento generale della qualità della vita. Il secondo obiettivo
interessa il metodo: nella fase introduttiva, abbiamo deciso infatti di
prevedere una forte partecipazione della cittadinanza». Un’operazione dal titolo
significativo, “Ascolto dei cittadini per una Trieste dei quartieri”, e che è
stata spiegata nei dettagli dall’assessore alla Pianificazione urbana Elena
Marchigiani. Un ruolo fondamentale in questa prima fase sarà assunto dalle
Circoscrizioni, che si trasformeranno in luoghi di dibattito e proposte, cui
contribuiranno gli stessi cittadini. Ma ci sarà la possibilità di accedere a
tutte le informazioni necessarie, come visionare mappe o planimetrie, anche
comodamente da casa, via internet, collegandosi al sito della Rete civica di
Trieste (www.retecivica.trieste.it), dove si potranno compilare dei questionari,
nei quali inserire eventuali suggerimenti, indirizzati all’Ufficio di Piano. Il
progetto di partecipazione punta inoltre ad arricchirsi di confronti diretti con
i principali portatori di interesse: dalle categorie economiche fino al
coinvolgimento di altre amministrazioni, provinciali o regionali, in particolare
sulle scelte dello sviluppo sostenibile, una delle principali direttive previste
dal nuovo piano. La fase di ascolto inizierà a maggio e terminerà a luglio.
Tutte le informazioni raccolte saranno poi elaborate dall’Ufficio di Piano,
mentre l’approvazione definitiva dovrà rispettare la scadenza delle
salvaguardie, prevista per il mese di novembre del 2013. «Per creare la Trieste
del domani, auspichiamo il contributo di tutti – ha sostenuto l’assessore
all’urbanistica Elena Marchigiani -. La realizzazione del nuovo Piano Regolatore
deve essere il frutto di un processo di condivisione. Un processo che passa
inevitabilmente attraverso il contributo dei cittadini, che poi sono quelli che
vivono quotidianamente la città ed i singoli quartieri».
Pierpaolo Pitich
Zagabria “resuscita” il rigassificatore sull’isola di Veglia
Il governo croato dà l’aut aut al Consorzio Adria Lng:
«Rileviamo noi il progetto. E lo completiamo entro il 2016»
VEGLIA Riprende slancio il progetto del rigassificatore di Castelmuschio (Omisalj),
sull’Isola di Veglia, che pareva definitivamente dirottato su un binario morto.
Il principale collaboratore del premier croato Zoran Milanovic, cioè il vice
presidente del governo e ministro dell’Economia Radimir Cacic, afferma in
un’intervista concessa a Bloomberg Tv che il terminal metanifero isolano sarà
costruito entro il 2016. «Al consorzio concessionario del rigassificatore,
l’Adria Lng – ha precisato Cacic – abbiamo proposto di rilevare il loro
progetto. Se la proposta venisse bocciata, la concessione sarà annullata dal
governo che avrà così la libertà di scegliere partner nuovi». Secondo notizie
ufficiose, già un mese fa l’esecutivo Milanovic si sarebbe rivolto ad Adria Lng
per acquistare la documentazione progettuale dell’impianto, senza avere ancora
risposta. Del consorzio fanno parte la tedesca E.On, la francese Total,
l’austriaca Omv e la slovena Geoplin. Adria Lng si era presentata nel 2006,
decisa a fare entrare in funzione il rigassificatore nel 2014. Il sito di
Castelmuschio era stato giudicato il migliore perché già vi esisteva
un’infrastruttura industriale (polo petroli e azienda petrolchimica). Quindi era
stato formulato lo studio d’impatto ambientale e la richiesta per la licenza per
l’uso del suolo. Dopo che sui mercati mondiali si era avuta una consistente
contrazione della domanda, Adria Lng aveva spostato l’apertura dell’impianto al
2017, per poi chiudere gli uffici a Zagabria, rilevando che il progetto era da
considerarsi congelato. Anche il precedente governo Hdz si era rivolto in
diverse occasioni al consorzio, chiedendogli di non ritirarsi: altrimenti
sarebbe stato privato dei diritti di concessione. In questi ultimi anni nulla si
è mosso, fino a quando il nuovo governo di centrosinistra non ha manifestato –
per bocca del ministro Cacic – l’intenzione di costruire l’impianto Lng: vale un
miliardo di euro e contribuirebbe a creare numerosi posti di lavoro. Cacic ha
parlato di grande rigassificatore a terra, non più dunque un piccolo impianto
metanifero off-shore antistante Castelmuschio. Rilevare la documentazione di
Adria Lng potrebbe costare 15 milioni di euro, la cifra finora spesa dal
consorzio in Croazia.
Andrea Marsanich
Pronta la centrale a olii vegetali Energia da maggio
GORIZIA «Abbiamo concluso i collaudi e, in questi giorni,
stiamo testando il ciclo dei vapori. Entro maggio la nuova e prima centrale a
olii vegetali di Gorizia entrerà in esercizio commerciale: produrrà cioé energia
che verrà poi immessa nella rete». L’ingegnere Giuseppe Fiannacca, project
manager della centrale che sta sorgendo a Sant’Andrea nell’area del Consorzio di
sviluppo industriale e artigianale (Csia), traccia la tempistica di apertura del
nuovo impianto. «L’impianto sta già funzionando nel senso che stiamo effettuando
tutta una serie di test ma è chiaro che si potrà definire ufficialmente in
azione quando entrerà in esercizio commerciale». Per la sua alimentazione verrà
utilizzata la Jatropha. «Arriva dall’Estremo Oriente ma anche dall’Africa e
dall’America Latina», specifica ancora l’ingegner Fiannacca. L’olio estratto
dalla Jatropha è un biocarburante che ha un grande potenziale. L’organico sarà
composto da quattordici specialisti, in parte già selezionati e già in organico
e in parte da individuare per il completamento dello stesso in prossimità
dell’entrata in esercizio commerciale. «Pertanto, i benefici immediati sono
occupazionali, gli altri sono culturali, quelli consequenziali saranno lo
sviluppo di accordi informali, ma esistenti, con l’Università di Trieste per
studiare quelle forme innovative che solo la ricerca potrà generare. Quando si
studia un investimento così cospicuo - spiega il project manager - non bisogna
fare alcun errore e quindi quando lo si presenta presso gli istituti di credito
bisogna che ci siano numeri certi e non approssimati, la materia prima ha un
peso importante nel processo: l'olio di palma è una commodity ed è quotato nelle
borse di tutto il mondo, il valore quotidiano è certo è le oscillazioni note,
per qusto si individua l'olio di palma come riferimento nel business plan. La
tipologia dei motori primi scelti fa si che anche altri olii possano essere
impiegati, augurandoci che possano provenire dalla nostra Regione». L’impianto
ha una potenza installata di 38MW (può alimentare contemporaneamente 38mila
condizionatori, per esempio) e l'investimento è stato di 40 milioni di euro.
Francesco Fain
Il vero mostro nella regione è il convoglio di Tir sulla A4 - l’intervento di LUIGI BIANCHI
Il Piccolo del 12 febbraio, cronaca di Gorizia: ”Il mostro di Fogliano giù entro l’anno. Si userà l’esplosivo... entro un anno, tutto dovrebbe essere risolto. Con un botto. Il costo complessivo ammonta a 600mila euro, 270mila a carico della Provincia di Gorizia e 330mila a carico di Friuli.Venezia Giulia Strade”. Messaggero Veneto del 28 febbraio: “Il cavalcavia delle FS potrà essere abbattuto nel 2014. Cormòns: costo di 400mila euro. Sorgerà una pista ciclabile... al posto dell’ecomostro”. Dunque accorti amministratori che non riescono a ottenere finanziamenti per realizzare opere vitali per l’economia della Regione sono però in grado di spendere per demolire. Opere inutili? Evidentemente non hanno ben presente, come del resto il Gruppo FS, che lo Stato ha conferito alle concessionarie il demanio ferroviario per garantire al Paese la competitività della rotaia, per sviluppare mobilità e logistica nazionali in una dimensione europea, attraverso il costante miglioramento del servizio merci e viaggiatori, non per fare cassa o, peggio, per alienare e distruggere il patrimonio infrastrutturale al fine di evitarne la manutenzione. I saggi amministratori sono a conoscenza di quanto è stato speso per la realizzazione delle opere civili e di quanto è necessario per l’armamento e l’elettrificazione del raccordo Cormons–Redipuglia, la cui realizzazione permetterebbe a Gorizia di essere alleggerita del traffico merci in transito con un effetto circonvallazione che anziché allungare il percorso lo riduce di 15 km., lasciando libere tracce per lo sviluppo del servizio viaggiatori metropolitano e internazionale? Evidentemente ignorano che la linea metropolitana “senza confini” Trieste-Gorizia–Capodistria–Nova Gorica–Divaccia– Veneto ha assoluta necessità di dirottare le merci in transito. La Provincia di Gorizia non risulta infatti impegnata nel Progetto Adria A per la realizzazione della metropolitana transfrontaliera volta a collegare gli aeroporti di Lubiana, Ronchi e Venezia. Non a caso il completamento dell’opera è stata indicata quale meno onerosa alternativa al raddoppio della linea Cervignano–Udine, vitale per l’incremento del traffico merci sulla Pontebbana. Saggi amministratori hanno l’obbligo di fare adeguate comparazioni ai fini dell’analisi costi/benefici: la Corte dei Conti non ha l’esclusiva per la valutazione della sana gestione dei beni pubblici. Purtroppo il disinvolto uso del patrimonio pubblico, trattato in contrasto con l’oggetto sociale delle imprese, non è ormai solo appannaggio della Capitale: la rete ferroviaria è capitalizzata dallo Stato per conseguire la competitività dell’anello fondamentale della catena logistica nazionale, l’impresa di trasporto per il costante miglioramento del servizio merci e viaggiatori sull’intera rete. Anche la nostra Regione si è adeguata ormai ad una pratica deleteria in contrasto con l’interesse pubblico che porta a non sfruttare economicamente il patrimonio. Saggi amministratori dovrebbero essere sensibili soprattutto alla rimozione del vero mostro della nostra Regione: il convoglio continuo di autotreni stranieri che intasa l’autostrada, con ricadute negative sul piano della sicurezza e dell’inquinamento, grazie al grave ritardo nell’adeguamento della rete ferroviaria regionale e al ritiro di Trenitalia dal mercato merci internazionale.
luigi.bianchi10@tin.it
Incontro Slow Food a Sales per i giovani
SGONICO Un incontro dedicato ai giovani all’insegna delle buone pratiche dell’allevamento e della produzione di salumi d’eccellenza nel cuore del carso. La Rete giovane Slow Food di Trieste, unica in regione, si presenta al pubblico, domani, con un primo appuntamento, presso l’azienda agricola Bajta di Sales, dalle 16.30. La Rete giovane mira a promuovere tra le nuove generazioni, in modo semplice e informale, uno stile di vita buono, pulito e giusto, nella consapevolezza della necessità di un cambiamento dell’attuale modello di sviluppo. La famiglia Skerlj accompagnerà i partecipanti in una visita guidata all’interno della propria azienda, in primo piano nell’allevamento allo stato brado di bovini e suini e nella produzione di salumi. Nel tour guidato sarà possibile visitare le sale di stagionatura e la cantina dei vini, quindi il percorso si concluderà con una degustazione dei vari prodotti aziendali. Slow Food Rete Giovane è una rete di studenti, contadini, chef, artigiani associati al movimento Slow Food (associazione nata a Bra nel 1986) che supporta il cambiamento del sistema agro-alimentare. Anche a Trieste, la locale condotta Slow Food ha ritenuto di stimolare la crescita di quella parte giovane della città che si riconosce nei principi slow e che, tra gli obiettivi primari, ha quello di “fare rete”. E’ nata così “Slow Food Rete Giovane – Trieste” primo esempio in regione. L’incontro a Sales è rivolto ad un pubblico inferiore ai 30 anni, il costo della visita e della degustazione è di nove euro per i soci Slow Food e di undici euro per i non soci. Per la prenotazione, obbligatoria, scrivere a slowfoodtrieste.giovani@gmail.com, aspettando la conferma.
(c. p.)
Triestebella sul verde urbano
Oggi alle 18 al Centro Servizi in Galleria Fenice, III piano, l’associazione Triestebella terrà un incontro aperto anche ai non iscritti. Si tratterà del verde urbano.
Conoscere la natura - CICLO DI INCONTRI AL CCA
Circolo cultura e arti via San Nicolò 7 Info: tel.
040-366744
A partire da oggi la sezione scientifica del Circolo della Cultura e delle Arti,
a cura del professor Andrea Sgarro, propone la seconda edizione del corso
monografico denominato "Invito alla conoscenza della natura", indirizzato
specificamente all'approfondimento dei rapporti tra "Gli ambienti e la
vegetazione", che sarà tenuto da Carlo Genzo (naturalista e presidente
dell'associazione "Cammina Trieste"). Gli incontri, che avranno luogo a cadenza
settimanale nella sede del Circolo, ad ingresso libero ai soci, tutti con inizio
alle 17.45 (fino ad esaurimento dei posti), prevedono il seguente schema di
svolgimento: oggi e il 27 aprile, venerdì 11 e 18 maggio, con un'uscita
didattica intercalata in data da definire. Per informazioni: passare o
contattare la sede, martedì, mercoledì e giovedì, dalle 16 alle 18 (foto di una
passeggiata in Carso).
Waste Land
Oggi, alle 19, al teatro Miela, proiezione del documentario “Taste the waste - Il gusto dello spreco”, quindi, alle 21.30, “Waste Land” di Lucy Walker, pluripremiato documentario.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 19 aprile 2012
Ammoniaca dalla Ferriera Ultimatum del Comune
In seguito all’emissione residenti al pronto soccorso.
Monito di Laureni: serve un manager per la sicurezza. Lucchini d’accordo: siamo
consapevoli
Era la prima mattina del 28 marzo e nella cokeria della Ferriera si è rotta
una pompa nell’impianto che contiene ammoniaca. L’ammoniaca è venuta fuori, ha
scatenato spavento in fabbrica, ma il micidiale vapore è andato anche nel
quartiere di Servola, molte persone si sono sentite male. Da Pronto soccorso,
dice il Comune. La notizia è diventata pubblica ieri. In conseguenza
dell’allarmante nuovo incidente l’amministrazione comunale ha dato un ultimatum
“creativo” alla Lucchini. Non solo l’ennesima ordinanza con la richiesta di
eliminare o ridurre le emissioni (l’ultima è dello scorso gennaio) ma una cosa
operativa e di assoluta evidenza, perché stavolta il “danno alle persone” è
stato conclamato. La Lucchini, dice il Comune, deve assumere un dirigente
tecnico che affianchi e rinforzi il vertice strategico dell’azienda. Questo
manager tecnico deve essere preposto esclusivamente alla gestione della
sicurezza sul lavoro e dell’ambiente, e deve lavorare sulla prevenzione in modo
programmato. Inoltre Lucchini deve dare garanzia che il dirigente non abbia
limite nell’uso delle risorse necessarie a governare la sicurezza degli
impianti, in linea con i sistemi di gestione che lo stabilimento ha del resto
adottato. Ma che finora non risultano efficaci nei fatti. «Questa è una
situazione difficilmente gestibile - ha avvertito l’assessore all’Ambiente
Umberto Laureni presentando in conferenza stampa l’ultimativa richiesta alla
Ferriera -, mentre si stanno riscrivendo in Regione, con norme tecniche più
efficaci e verificabili, i termini dell’Autorizzazione integrata ambientale
(Aia), la realtà resta straordinaria e preoccupante, questa fabbrica è
notoriamente vetusta. Non voglio - ha detto Laureni - vedere un’altra estate con
fumi, puzze, fuochi, biancheria nera a Servola, che certamente causano danno
alla salute. Serve una robusta prevenzione programmata. È presto detto: un aereo
vecchio senza manutenzione prima o poi cade... Il nostro è un passo
collaborativo, ma non può che essere l’ultimo». Il Comune si attende in un paio
di settimane l’assenso e anche l’assunzione. «Non ci sarà un muro contro muro -
risponde Francesco Semino, portavoce Lucchini -, stavamo esattamente maturando
la stessa decisione. La Ferriera ha necessità che sia rafforzata la gestione
degli impianti, ne siamo consapevoli, io credo che nelle prossime settimane,
dopo che avremo avuto la formale richiesta del Comune, potranno esserci risposte
soddisfacenti per tutti». Una fuga di ammoniaca non è sottovalutabile. Ma anche
tutto il resto ormai è arrivato, si vede, al confine. Dopo anni di battaglie e
ricorsi al Tar. «Per questa funzione - conclude Semino - servono competenza,
capacità ed esperienza di alto profilo, non sarà una posizione per il
neolaureato, anche se da 110 e lode». Sbloccata appena nelle scorse settimane la
perigliosa questione finanziaria del gruppo Lucchini in rapporto al debito con
le banche, firmato un protocollo in Regione che porti alla dismissione e alla
salvaguardia delle posizioni lavorative, in attesa magari di un compratore che
si proietti sul futuro destino dell’area siderurgica, sembra che anche la
questione sicurezza stia cambiando passo. «Pur in questo difficile momento
economico, chiediamo che emerga una volontà strategica da parte della Lucchini -
ha sottolineato ancora Laureni -, perché finora abbiamo visto solo un “giro”
allucinante di carte da un tavolo all’altro: noi non ci stiamo. Lucchini ha un
certificato sistema di gestione: lo metta in pratica. Con la nuova Aia sarà
previsto anche un gruppo tecnico di verifica esterno. Se l’azienda rifiutasse la
proposta, la medicina ultima sarebbe sempre chiudere la fabbrica. Un po’ più
grave che assumere un dirigente».
Gabriella Ziani
«Bonifiche più veloci? Attenti alla salute» - Commissione bicamerale sugli illeciti connessi al ciclo dei rifiuti, fitta serie di incontri in città
«Quando si accelerano le procedure per avviare le bonifiche nei Siti inquinati d’interesse nazionale bisogna stare attenti a non abbassare le tutele ambientali, anzi è necessario rafforzare le competenze di controllo, specie perché nei momenti di crisi economica l’ambiente diventa argomento di serie B. Prima industrializzare. E se fra 10 anni ci si trova con problemi di salute? Lo abbiamo detto anche al ministro Clini: fretta? Emergenza? Nel 99% dei casi si finisce con l’aggravare il problema che si voleva risolvere». Un serio avvertimento è stato dato ieri sulla complicatissima questione del Sin triestino da Alessandro Bratti, deputato Pd, ieri in Prefettura a Trieste con la Commissione bicamerale di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti che ha fatto tappa in regione. Commissione che, in assenza del presidente Gaetano Pecorella, ha visto Bratti alla guida della fittissima serie di incontri da mattina a sera con prefetto, Comune, Provincia, Arpa, Regione, Autorità portuale, Ezit, Procura della Repubblica, sindaci e amministratori di tutto il territorio regionale. Scopo della commissione, che ha funzione di magistratura, è indagare attraverso colloqui e documenti la situazione del grande torbido sui rifiuti. «In Lombardia - ha detto Bratti - una buona parte della gestione di rifiuti e bonifiche è in mano alla criminalità, mafie ma anche organizzazioni solo lombarde, malavita organizzata che in tempi di crisi trova più spazio, perché offre costi minori per lo smaltimento, declassificando i rifiuti. I problemi economici rischiano di incrementare il malaffare». A Trieste non ci sono indagini. Del resto (e Bratti è stato bene informato dai rappresentanti di tutti gli enti chiamati in audizione) qui sulle bonifiche non s’è fatto niente in 10 anni. Altrove, la commissione ha rilevato che i reati ambientali «sono spesso collegati alla pubblica amministrazione». «Ma in nessuno dei 57 Sin italiani la bonifica è stata completata - ha riferito il deputato, di professione direttore generale dell’Arpa in Emilia Romagna -, la loro istituzione dunque non è stata efficace, presto vogliamo aprire su questo un dibattito alla Camera. Perché le vaste aree perimetrate sono anche quelle più ricche di infrastrutture. Inoltre - ha aggiunto Bratti riferendosi anche al Sin delle lagune di Grado e Marano sotto inchiesta - è ormai dimostrato che mettere un commissario sperando di risolvere le questioni non serve a niente. Si spendono solo più soldi. Quando si stacca la dirigenza dal suo territorio, nulla si risolve». Molti, e anche a Trieste, hanno chiesto la “regionalizzazione” delle bonifiche, mentre per Grado e Marano non è stato confermato il commissariamento. Da ultimo e con “report” allarmanti su varie regioni italiane, Bratti ha avvertito: «È soprattutto la movimentazione a terra dei rifiuti a essere in buona parte in mano a organizzazioni malavitose, ma non bisogna pensare che l’Italia sia in questo senso il posto peggiore. Anzi, per l’attività della magistratura, delle associazioni ambientaliste, dei mass-media, da noi le cose diventano facilmente note, invece poco si sa di quanto avviene all’estero dove il controllo incrociato è molto inferiore. E penso a certi porti, molto grandi e molto famosi, del Nord Europa, molto meno monitorati dei nostri...».
(g. z.)
Via Giulia, progetto reversibile se non si rivelerà efficace - INTERVENTO DI ELENA MARCHIGIANI (assessore alla Pianificazione urbana, mobilità e traffico)
Come sempre le segnalazioni dei cittadini sono utilissime
per chiarire e diffondere i principi che stanno alla base della bozza di Piano
generale del traffico urbano in corso di perfezionamento, nonché di alcuni
interventi che per certi versi ne anticipano la “filosofia”. Mi riferisco in
particolare a quanto scritto sulle pagine di questa testata il 10 aprile scorso
da Valerio Staccioli in merito alle relazioni tra le scelte più generali del
Piano e la loro ”anticipazione” nel progetto di riqualificazione via Giulia. Mi
preme in primo luogo sottolineare che l’attuale bozza di Piano (sottoposta alla
valutazione delle Circoscrizioni) è stata redatta in coerenza alla scala dei
valori prevista dalle direttive ministeriali e dagli indirizzi dell’attuale
Giunta comunale: in primis privilegiare la mobilità dell’utenza debole (pedoni e
ciclisti), a seguire il trasporto pubblico (la cui programmazione è comunque di
competenza della Provincia, con la quale da mesi è in corso un dialogo continuo
e proficuo) ed, infine, il traffico privato e la sosta. In relazione a tali
obiettivi si è proposto l’ampliamento della aree pedonali e l’incremento delle
corsie riservate ai bus e, come logica conseguenza, si è resa necessaria una
riorganizzazione completa della maglia viaria principale della città. In
particolare, la modifica degli attuali sensi di marcia si è fondata su una
puntuale e dettagliata conoscenza delle origini e delle destinazioni dei flussi
che oggi percorrono le strade urbane, tenendo conto delle esigenze dei veicoli
che vi transitano, senza trascurare la peculiare configurazione orografica di
Trieste. Alcune scelte di piano (vedi via Rossetti in discesa) non si
configurano pertanto come semplici cambi di direzione di marcia proposti “a
sentimento”, ma seguono la logica di spostare il traffico privato da un asse non
più percorribile in salita (via Battisti che verrebbe riservata ai bus) verso
altri itinerari utili per raggiungere la zona di via Giulia. Un altro importante
principio è quello di non penalizzare singoli assi, ma di consentire una
distribuzione del traffico privato su più itinerari, nell’intento di ridurre i
flussi sulle singole vie e, quindi, il carico di inquinamento atmosferico e
acustico. Il progetto di riqualificazione di via Giulia si basa su questi stessi
principi: favorire la sicurezza pedonale ed aumentare l’efficienza del mezzo
pubblico. I dati di incidentalità confermano la pericolosità dell’asse, dovuta
principalmente alla presenza di svolte a sinistra non protette (come ad esempio
quella da via dello Scoglio in salita verso San Giovanni), alla lunghezza degli
attraversamenti pedonali e, non da ultimo, all’elevata velocità veicolare. La
corsia centrale riservata ai bus proposta dal progetto intende opporsi a queste
criticità: da un lato, favorendo la discesa dei mezzi pubblici verso via Cesare
Battisti (che, come emerge dai dati della Trieste Trasporti, nell’ora di punta
del mattino – solo su questo tratto di via Giulia - accumulano un ritardo pari
quasi alla metà di quello complessivo sull’intera linea); dall’altro, favorendo
la sicurezza pedonale tramite la creazione di un attraversamento “protetto”.
Parallelamente, a ridosso dei parcheggi in linea e del marciapiede, la corsia
veicolare verrà ridimensionata proprio per creare un naturale deterrente
all’elevata velocità. Un altro intervento importante è costituito dalla
realizzazione della rotatoria di piazza Volontari Giuliani, finalizzata ad
eliminare le svolte a sinistra lungo tutto l’asse di via Giulia, causa oggi di
ritardi, imbottigliamenti e problemi di sicurezza. Prima dell’immissione nelle
rotatorie, la corsia preferenziale dedicata in discesa ai bus godrà comunque di
precedenza sui veicoli privati, così da favorire ulteriormente i mezzi pubblici
su tutto il percorso. In riferimento ai costi, voglio sottolineare come il
progetto preveda la realizzazione di limitate opere infrastrutturali. Gran parte
dell’operazione di riqualificazione si basa infatti su interventi di segnaletica
orizzontale. In definitiva, il progetto di via Giulia è orientato da semplici
finalità: migliorare e incentivare la fruizione pedonale, realizzare interventi
di riqualificazione di alcuni tratti di marciapiedi, eliminare i rischi di
incidenti. I costi sono estremamente ridotti. Le scelte sono facilmente
reversibili qualora – come nel caso della corsia centrale dei bus – non si
rivelino efficaci. Forse vale quindi la pena di scommettere sulla
sperimentazione di una soluzione logica e coerente, che potrebbe rivelarsi
valida e ripetibile anche in altri contesti.
L’arringa di Brandi sulla Val Rosandra: “colpa” di San Dorligo
Ha sostituito l’assessore all’ambiente Ciriani, assente
per malattia. «Compiuta la pulizia per evitare le piene»
Mandano avanti, come un’annunciatrice, l’assessore al lavoro per dire che la
Regione sulla Val Rosandra non ha alcuna colpa, alcuna responsabilità e che si
doveva intervenire per scongiurare il pericolo di inondazioni. Angela Brandi,
che è triestina e sa benissimo cosa rappresenta e significa la Val Rosandra per
i suoi concittadini, legge quattro paginette “girate” dal vero assessore
all’ambiente Luca Ciriani. Lui, il principale “imputato”, non ci mette la
faccia, è assente dall’aula del Consiglio regionale. E qualcuno nel brusio
generale ironizza sulla malattia: è “malrosandra”. Un compito tutt’altro che
facile per Angela Brandi spiegare le ragioni e i motivi di quello che viene
definito come un disastro ambientale su cui il pm Antonio Miggiani ha aperto
un’inchiesta. L’assessore al lavoro parla a voce bassa e spiega di chi è la
colpa. Indica chi ha chiesto di intervenire. «Il documento relativo all’attività
di pulizia dalla vegetazione infestante all’interno dell’alveo del torrente
Rosandra - dice Brandi - è stato sottoscritto dal sindaco di San Dorligo e dal
direttore operativo responsabile del Servizio del medesimo Comune e comprende
anche mappe cartografiche con l’indicazione dell’area complessiva
dell’intervento in alveo, così come individuate congiuntamente tra il Comune e
la Protezione civile della Regione». La Regione, quindi, scarica le
responsabilità sul Comune di San Dorligo. «Nell’ultimo decennio il torrente
Rosandra - spiega ancora Brandi - è stato interessato da fenomeni di piena negli
anni 2002, 2003, 2008 e 2010, e in particolare durante l’evento verificatosi nel
mese di settembre 2010 è esondato provocando l’allagamento della zona
industriale di San Dorligo della Valle e ha prodotto, nella parte alta del
proprio corso, una grave erosione della sponda, in corrispondenza del ponte in
località Bagnoli Superiore». Tra i mugugni e le proteste dell’aula, l’assessore
accenna ad alcune pubblicazioni scientifiche, tra cui quella di Dario Gasparo e
di Paolo Paronuzzi. E riferendosi agli episodi più importanti aggiunge: «In
genere vengono facilmente dimenticati, per non dire “rimossi”, ma sono invece
evidenze preziose per ricordarci che quel modesto torrente dall’aspetto così
innocuo e pittoresco può rapidamente trasformarsi in un minaccioso fiume in
piena capace di distruggere e inondare ampi spazi di pianura circostante».
Riguardo la Protezione civile finita sotto tiro e paragonata ad Attila, Brandi
precisa: «L’intervento in oggetto non è assoggettato ad alcuna autorizzazione in
materia di tutela paesaggistica. È stato eseguito a tutela della pubblica
incolumità». E poi incalza: «Ribadisco che la Protezione civile della Regione ha
operato intervenendo unicamente nell’alveo del torrente come definito dalle
norme giuridiche, mantenendosi anzi in un ambito ancora più ridotto. Dalle
modellazioni idrauliche e dei rilievi plano-altimetrici del tratto del torrente
Rosandra, effettuate dalla Protezione civile della Regione, risulta che la
superficie dello specchio d’acqua corrispondente alla portata trentennale
contiene completamente il perimetro dell’area della pulizia svolta nei giorni 24
e 25 marzo». Un’arringa difensiva che non ha forse pienamente convinto neanche i
suoi alleati, almeno quelli triestini.
Corrado Barbacini
«Richieste per completare l’intervento» - Il sindaco Premolin difende l’opera della Protezione civile e tenta di capovolgere la questione
Evocare le terribili alluvioni di Genova o Sarno accostandole alle piene del torrente Rosandra? Proporre di mettere un ticket d'entrata nella Riserva naturale? Accusare il Gruppo di lavoro tecnico-scientifico della Valle di "cospirare" contro il Carso? Sì, a San Dorligo della Valle-Dolina accade anche questo. Chi si aspettava colpi di scena non è certo rimasto deluso ieri pomeriggio durante il Consiglio comunale di San Dorligo (assenti illustri l'assessore regionale Luca Ciriani e gli esperti scientifici) riunitosi in sessione straordinaria per discutere della devastazione della parte iniziale a valle della Val Rosandra. In primis il sindaco Fulvia Premolin ha preso la parola tramutandosi come il Rosandra nei momenti più ostici: un fiume in piena. Per quasi 30 minuti filati il sindaco in quota Pd e Unione Slovena-Ssk ha sciorinato leggi e numeri atti a confermare la bontà dell'intervento svolto. Due gli elementi principali: tutta la vegetazione presente nell'alveo doveva ritenersi infestante e andava pertanto rimossa non essendo considerata bosco, l'intervento svolto dalla Protezione civile non ha alterato in modo permanente lo stato dell'alveo. Il sindaco Premolin ha evidenziato inoltre come in municipio «stiano arrivando richieste da parte di cittadini per terminare il lavoro iniziato». Diverse le osservazioni dei consiglieri. «Quando e chi ha deciso di ampliare di oltre 600 metri l'intervento iniziale andando ben oltre il ponticello di legno e perché questo intervento è avvenuto in una zona risaputamente protetta?», ha chiesto il consigliere del Pdl-Udc Roberta Clon. Anche Rossano Bibalo (Idv-Verdi) ha chiesto se all'interno della Valle valgono le leggi per le quali gli alberi all'interno di un alveo possono essere tagliati indiscriminatamente. Il consigliere Roberto Massi (Pdl-Udc) ha evidenziato come gli interventi si sarebbero dovuti apportare a valle e non a monte, denotando poi l'anomalia dell'urgenza per la manutenzione del torrente dopo oltre 40 anni di stasi. Il capogruppo Roberto Drozina (Pdl-Udc) ha rimarcato come i lavori di pulizia dell'alveo dovevano essere sì fatti, ma a valle. A prendere la parola poi è stato anche Marko Savron, della Us-Ssk che ha spostato il tiro contro il Comitato tecnico-scientifico della Val Rosandra reo, secondo Novak, di aver procurato danni sistematici al Carso. L'assessore all'Ambiente Elisabetta Sormani ha rimarcato come il Gruppo di lavoro si sia spaccato al suo interno sull'intervento della Val Rosandra tra “pro e contro”. Polemiche le parole dell'assessore alla Cultura Tatiana Turco (Rc- Pdci) che ha lanciato la proposta di mettere a pagamento l'entrata della Val Rosandra. L'unico a prendere le distanze sull'accaduto è stato Igor Ota (Rc-Pdci) che ha rilevato le criticità sull'intervento della Protezione civile auspicando al contempo trasparenza da parte della Giunta. Infine c'è stata la stoccata finale da parte del consigliere Rossana Pettirosso (Pd) che ha chiesto all'assessore Ghersinich (Pd) di spiegare che quando l'assessore parla usando il pronome “noi” lo fa a titolo personale e non certo a nome dei consiglieri del Partito Democratico.
Riccardo Tosques
Brussa: una brutta pagina e una risposta insoddisfacente - LE REAZIONI
«Capisco che l’assessore Ciriani sia malato ma,
considerato anche il grave errore compiuto con l’operazione in Val Rosandra, se
si dimettesse probabilmente né noi né gli uffici sentiremmo la sua mancanza», ha
detto il consigliere regionale Alessandro Corazza replicando alla risposta
dell’assessore Brandi. «A fronte di un vero e proprio disastro ambientale,
vengono addotte motivazioni che non stanno in piedi: come si fa a considerare
“manutenzione” - ha osservato Corazza - il taglio di alberi che hanno più di
quarant’anni? O in quell’area non è stata fatta la manutenzione da diversi
decenni oppure l’intervento va evidentemente inquadrato come qualcosa di
profondamente diverso, mai accaduto prima». Nella risposta di Brandi è stato
evidenziato anche il riferimento ad una norma che prevede che non ci sia bisogno
di autorizzazione in materia di tutela paesaggistica se l’intervento “non altera
in modo permanente lo stato dei luoghi interessati, vista la naturale e
spontanea ricrescita delle piante”. «Chiunque abbia visto le foto che mostrano
l’impatto dell’intervento effettuato – ha commentato ancora Corazza – si può
facilmente rendere conto che non solo è stato enormemente modificato l’aspetto
del territorio e dei luoghi interessati, ma che la situazione è ormai
compromessa». «È una brutta pagina per la Regione e per la Protezione civile»,
ha commentato Franco Brussa del Partito democratico. Ha aggiunto: «La risposta
dell’assessore ha glissato sulla domanda posta e si è incentrata esclusivamente
sul fatto che l’intervento sia stato sollecitato dal Comune di San Dorligo e
abbia riguardato, legittimamente, la pulizia della vegetazione infestate
all’interno dell’alveo del torrente Rosandra». Poi Brussa ha contestato i
contenuti della risposta, sottolineando come non ci fosse alcuna urgenza per
l’intervento, considerando che la richiesta del Comune è del 31 gennaio e lo
stesso è stato effettuato dalla Protezione civile e del 24 e 25 marzo».
Ad Aurisina e Bagnoli si parla di cave e Gnl
Dalle cave di Aurisina all’eventuale rigassificatore
previsto dall’altra parte del territorio provinciale. Dalla storia a un
possibile futuro su cui, però, il territorio nutre serissimi dubbi. Questo sarà
un pomeriggio di dibattiti. Alle 17.30, alla Casa della pietra di Aurisina, è
previsto il dibattito “Cave di pietra: il territorio, la storia, il lavoro”
promosso come già annunciato dal Piccolo da Spi-Cgil del Carso, Fillea, Auser e
Gruppo volontari Duino Aurisina Santa Croce. Per le 18.30 invece, al centro
visite della Val Rosandra a Bagnoli (nella foto) il Comune di San Dorligo della
Valle organizza un incontro pubblico con gli esperti del cosiddetto Tavolo
tecnico Rigassificatore Trieste: introduce il sindaco Fulvia Premolin.
Nella discarica più grande del mondo - AL MIELA PROIEZIONE DEL PLURIPREMIATO “WASTE LAND”
“Videobox” in via Cassa di Risparmio raccoglie
interviste sui rifiuti
Nell’ambito della campagna “Semplici Scelte, Grandi Cambiamenti - Progetto
di Comunicazione e Educazione sul tema dei Rifiuti Urbani per la Sostenibilità
Ambientale” finanziato dalla Regione e realizzato dal Laboratorio Regionale di
educazione Ambientale LaREA - Arpa, in collaborazione con La Cappella
Underground, si terrà domani al Teatro Miela (piazza Duca degli Abruzzi 3) un
doppio appuntamento cinematografico a ingresso libero. La serata si apre alle 19
con una proiezione in collaborazione con Cinemambiente Tour: si tratta del
documentario “Taste the waste - Il gusto dello spreco” del regista tedesco
Valentin Thurn, che riflette in modo approfondito sui motivi dello spreco e
della distruzione di cibo nel mondo, nel tentativo di analizzare le possibili
soluzioni al fenomeno. Alle 21.30 sarà proiettato il pluripremiato documentario
“Waste Land” di Lucy Walker, che segue l’artista di fama mondiale Vik Muniz in
un viaggio dalla sua casa di Brooklyn verso il nativo Brasile e alla discarica
più grande del mondo, Jardim Gramacho, nella periferia di Rio de Janeiro.
Nell'ambito dello stesso progetto, un furgone allestito a videobox girerà tra le
principali piazze della regione, per raccogliere delle video interviste sul tema
dei rifiuti: a Trieste il videobox sarà presente oggi e domani, con orario 10-13
e 15-18, in via Cassa di Risparmio, dove sarà collocato uno stand divulgativo
dedicato alla tematica dei rifiuti urbani.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 18 aprile 2012
Comune, aperto uno sportello per l’energia alternativa
Da domani i triestini avranno a disposizione una nuova struttura comunale che permetterà loro di capirne di più sul risparmio energetico e le energie alternative. Nasce l'Ufficio che cercherà di dare tutte le risposte su questi temi, novità assoluta per il Comune di Trieste. All'interno del palazzo dell'anagrafe, in passo Costanzi 2, al quinto piano (stanza 508 bis), sarà operativo uno sportello "che accompagnerà i triestini - ha detto ieri, in sede di presentazione, l'assessore per l’Ambiente, Umberto Laureni - in un percorso finalizzato alla sensibilizzazione sull'argomento del risparmio energetico. Vogliamo evitare confusioni, che siano diffuse notizie non veritiere, che si creino aspettative o convinzioni non fondate». L'Ufficio osserverà questo orario: lunedì e mercoledì dalle 14.30 alle 15.30, martedì e giovedì dalle 12 alle 13. Responsabile della nuova struttura e' stato nominato l'ingegner Fabio Morea, (tel. 040.6758552), che riceverà per appuntamento, in modo da offrire consulenze specifiche. Morea e' un professionista che collabora con l'Università, dove insegna "Elementi di fisica degli edifici", e con l'Area science park. «Il prossimo passo - ha aggiunto Laureni - sarà la definizione di un regolamento edilizio che tenga conto di tutte le novità in materie e che possa garantire, nel complesso, il rispetto di regole indirizzate al risparmio energetico e incentivare l'utilizzo delle energie alternative. Certo - ha sottolineato – fare un regolamento di questo tipo non sarà impresa facile e soprattutto ci vorrà il tempo necessario per predisporlo, ma l'obiettivo e' quello». Più in generale, l'Ufficio fornirà informazioni e indicazioni, spiegherà le strade attraverso le quali arrivare ai Fondi comunitari, utili alla realizzazione degli obiettivi energetici perseguiti dal Comune, collaborerà con gli analoghi Uffici della Camera di commercio, della Provincia, dell'Acegas Aps, con l'Università e gli enti di ricerca. «Cercheremo di coinvolgere anche le aziende che operano sul territorio - ha proseguito Laureni - per favorire lo scambio di informazioni, per il migliore utilizzo delle innovazioni tecnologiche sulle tematiche ambientali ed energetiche. Vogliamo fare di Trieste – ha concluso – una città migliore sotto il profilo ambientale».
Ugo Salvini
Val Rosandra, scalatori mettono in fuga coppia di gufi reali
A causa del rumore del trapano sulla roccia,
abbandonato il nido con tre uova. L’ornitologo: una zona da proteggere
Un piccolo gruppo di arrampicatori sportivi, ha costretto una delle tre
coppie di Gufo reale “residenti” nell’area triestina, ad abbandonare il nido e
le uova che la femmina stava covando. I rapaci impauriti dal rumore del trapano
elettrico che bucava la roccia, sono scappati e le tre uova deposte nel nido e
prossime alla schiusa, sono diventate preda di altri animali. Probabilmente da
uno o più corvi imperiali. In altri termini la scalata di una paretina di
otto-dieci metri di altezza, posta all’imboccatura della Val Rosandra, ha
impedito la nascita di tre esemplari di uno degli uccelli più rari d’Europa,
protetto da leggi e convenzioni. Oltre al trapano elettrico gli arrampicatori
sportivi hanno usato per superare il modesto dislivello “spit”, viti e una
rumorosa catena di acciaio, rimasta sulla sommità della parete. Il disastro è
stato scoperto dal faunista e ornitologo Enrico Benussi che seguiva da tempo
l’attività della coppia di gufi reali, insediati in quell’area da almeno
quindici anni. Mai scalatori, raccoglitori di “bruscandoli”, fotografi in vena
di prodezze e alla ricerca di inquadrature, si erano avventurati nei pressi di
quella paretina appartata. Invece ora è accaduto e non è per nulla certo che la
coppia di gufi reali riusi il prossimo anno quel sito per deporre le uova. Per
scongiurare nuove intrusioni umane la catena d’acciaio e gli spit sono stati
rimossi dalla parete nelle ultime ore dalla paretina teatro dell’impresa
“alpinistico- sportiva”. «Non credo che i giovani che si sono avventurati su
quelle rocce fossero coscienti del danno all’ambiente che stavano provocando»,
spiega Enrico Benussi che non sa darsi pace per l’accaduto. «Non possiamo tenere
24 ore su 24 sotto controllo le aree di nidificazione delle specie più rare ma
qualcosa andrebbe fatto a livello istituzionale e di informazione pubblica. Anni
addietro siamo riusciti ad allontanare i rocciatori dalle falesie di Duino,
sottostanti il sentiero Rilke. Una apposita ordinanza ha introdotto il divieto.
Lì nidificava il falco pellegrino. Qualcosa di simile deve essere fatto anche
nella zona adiacente della Val Rosandra. Le vie d’arrampicata normalmente
battute sono moltissime. Non è strettamente necessario tracciarne altre del
tutto nuove, a scapito della nidificazione di una delle tre coppie di Gufo reale
presenti nel nostro territorio». Il Gufo reale, che raggiunge nei maschi
un’apertura alare di un metro e 60 e di quasi due nelle femmine, oggi si trova
in una situazione critica, specie per la presenza delle linee elettriche ma
anche per la crescente urbanizzazione e cementificazioni di varie aree del
Paese. Nidifica tra marzo e aprile, collocando i nidi nelle fessure più ampie
delle rocce. I maschi difendono il loro territorio con una regolare emissione di
canto nelle ore del crepuscolo. Le femmina depone le uova in spazi angusti e le
cova per 34-36 giorni. I piccoli restano nel nido per cinque sei settimane e
vagano nei dintorni per un altro mese, imparando dai genitori a cacciare.
Claudio Ernè
In tutta Italia non più di 500 esemplari
Il gufo reale si alimenta cacciando piccoli mammiferi -
specie i ricci - ma anche altri uccelli. Come gli altri rapaci notturni ingoia
le prede di piccole dimensioni. Un tempo era perseguitato perché i cacciatori lo
ritenevano dannoso per i loro interessi in quanto predava i fagiani. Ora il
maggiore pericolo per questa specie è rappresentato dai cavi sospesi degli
elettrodotti contri i quali spesso si infrange durante i voli notturni. Il
maschio raggiunge da adulto i 2,8 chili di peso. La femmina supera spesso i 4
chili. E’ diffuso in quasi tutta Europa, tranne le isole britanniche, la
Danimarca, l’Olanda e la Francia settentrionale. In Italia è presente ovunque,
tranne in Sardegna e secondo le stime l’intera popolazione raggiunge i 300-400
esemplari. Questo dato spiega l’entità del danno prodotto dagli arrampicatori
nei pressi della Val Rosandra.
L’esercito dei volontari a raduno - Sabato a Palmanova l’assemblea regionale. Molinaro: «Nuova legge in arrivo»
UDINE “Noi ci siamo” è il titolo-slogan della XII
assemblea regionale delle organizzazioni di volontariato del Friuli Venezia
Giulia. Evento, che si terrà sabato 21 aprile a Palmanova, al quale la Regione,
come ha affermato l'assessore regionale all'Istruzione, Università e Ricerca,
Roberto Molinaro, affida grande importanza perche si pone l'obiettivo di
coinvolgere e mettere in rete le realtà che lo animano. Anche nella convinzione
che, sempre il volontariato, è un elemento fondante della coesione sociale.
Proprio in un periodo nel quale la società, non soltanto italiana, attraversa un
momento di crisi, anche dei valori, per Molinaro il contributo di solidarietà e
partecipazione che possono fornire i volontari e le loro forme di organizzazione
è davvero rilevante. Nel Friuli Venezia Giulia sono circa 1300 le associazioni
di volontariato iscritte al registro regionale, ma si calcola che attualmente il
numero complessivo di tali sodalizi sia salito a 1600. Si tratta di dati, che
per l'assessore evidenziano la consistenza del movimento volontaristico, che si
sta rafforzando sempre di più soprattutto nel settore del welfare e della salute
(circa 400 associazioni). Un capitale importante, dunque, per la nostra
comunità, che «è fatto di relazioni, le quali sono il fondamento della coesione
sociale». L'Assemblea regionale, ha specificato Molinaro, avverrà in un momento
particolare per il settore: è infatti stato rinnovato il Comitato di gestione,
ovvero l'organizzazione attivata dalle fondazioni bancarie alla quale le stesse
hanno confermato il loro sostegno per i prossimi due anni. Mentre anche la
Regione, che al volontariato ha destinato quest'anno un milione di euro, farà la
sua parte. Inoltre è in fase di predisposizione la nuova legge regionale sul
volontariato, che potrà prevedere strumenti adatti a favorire il settore.
L'Assemblea regionale delle organizzazioni, come ha ribadito Giorgio Volpe, vice
presidente del Comitato regionale del volontariato, sarà un momento di confronto
e di dibattito tra il volontariato e le istituzioni, per valutare il ruolo che
il settore dovrà interpretare nella società, verso il cambiamento in atto.
IL PICCOLO - MARTEDI', 17 aprile 2012
Differenziata, giro di vite Controlli e più sanzioni - AMBIENTE»RIFIUTI
Cosolini: il 29,2% non basta, puntare a raggiungere
almeno il 35% entro l’anno Già fissata una riunione con AcegasAps per rivedere
le stime al rialzo
Il Piano redatto da AcegasAps e approvato a fine marzo dalla giunta
comunale, con la delibera portata dall’assessore alle partecipate Fabio Omero,
prevede che la raccolta differenziata arrivi quest’anno al 29,2%. Ma sebbene si
resterà comunque lontani dalla soglia prefigurata dall’Ue al 65%, quel tetto
appena fissato per l’anno in corso non soddisfa affatto Roberto Cosolini
(peraltro assente alla seduta in cui il documento è stato approvato). Il
sindaco, considerandolo «un obiettivo di minima», ricorda che il testo in
questione, frutto di un tavolo tecnico aperto negli scorsi mesi tra AcegasAps e
Comune, può essere «modificato in qualsiasi momento». È fissata per il 26 aprile
una riunione mirata ad adeguare le cifre all’insù. «Abbiamo messo in campo
risorse per circa un milione di euro in più, credo che lo sforzo di tutti -
Comune, AcegasAps, cittadinanza - debba essere rivolto a raggiungere almeno il
35% durante il 2012. La crescita della differenziata non può essere miracolosa,
presupporrebbe investimenti che non siamo in grado di fare. Ma di qui al 2013
dobbiamo arrivare almeno al 50%. Bisogna crederci tutti di più: a differenza di
quella precedente, l’attuale amministrazione comunale ha lanciato all’azienda un
segnale preciso». Il 29,2% va superato d’un balzo, dunque. Come? Certo, la
raccolta del verde dei giardini privati è appena partita; ed è in progetto la
raccolta dell’umido in grandi strutture come le mense. Ma il punto è uno:
«Maggiore attenzione alle infrazioni», scandisce il sindaco. Giro di vite sulle
multe. Che sono salate. Qualche esempio: inottemperanza alla separazione dei
rifiuti, dai 50 ai 300 euro. Rifiuti indifferenziati nei contenitori della
differenziata, da 75 a 450 euro. Rifiuti non ingombranti lasciati sul suolo
pubblico (e qui siamo nel campo della pulizia delle strade), da 25 a 155 euro.
Chi commina le multe? Il compito principale, dice Omero, è delle guardie
ambientali. Invitate ora a maggiore severità. Chiusa la fase “sperimentale” (la
differenziata ha preso il via lo scorso giugno), la consegna è di far rispettare
gli obblighi. Nei confronti della cittadinanza, ma anche di negozianti ed
esercenti. «Se per esempio trovano in un contenitore dell’indifferenziata un
ammasso di bottiglie gettate da un bar, è di solito facile risalire
all’esercizio in questione», dice Omero. «Ho visto uscire un cameriere da un
ristorante - aggiunge Cosolini - e buttare nel contenitore dell’indifferenziata
una trentina di bottiglie: a qualche decina di metri c’era l’apposito
cassonetto. Non deve più accadere. E chiederemo alla polizia locale maggiore
severità anche verso chi lorda le strade». Del resto, sulla necessità di puntare
alto non nutre dubbi nemmeno l’assessore all’Ambiente Umberto Laureni: «Il 29,2%
è una cifra che non sta né in cielo né in terra, e su cui ho espresso in tutte
le sedi la mia perplessità. AcegasAps, che ha individuato un tecnico che
sovrintenderà in modo efficace alla differenziata (è il direttore della
divisione ambiente Paolo Dal Maso, ndr), sa bene che quell’obiettivo non sarebbe
molto corrispondente all’impegno che stiamo mettendoci. Proporsi almeno il 40%
significa arrivarci vicini, anche utilizzando in modo molto più severo le
guardie ambientali. Fin qui ci siamo fidati troppo del civismo di tutti». Più
differenziata, dunque. Ma anche strade più pulite. «È questo l’altro obiettivo
forte da raggiungere, a favore della cittadinanza ma anche di una Trieste più
attrattiva nei confronti dei turisti», dice il sindaco. Anche su questo (come si
legge qui a lato) il confronto con AcegasAps è aperto.
Paola Bolis
Partito il servizio per le ramaglie, in progetto c’è l’umido
La carta la fa da padrone. Sul totale del 29,2% di differenziata fissato nel “Piano economico finanziario 2012 del servizio di igiene urbana”, l’8,61% è composto appunto dalla raccolta della carta. A seguire ecco il vetro, che dovrebbe incidere per il 3,43%; il legno, a quota 3,06%; e il cartone, dal quale si intende ricavare il 2,44% del totale. Tra le altre voci più rilevanti la plastica, a quota 2%, gli inerti a quota 2,55%, e i rifiuti ingombranti (2,04%). Sempre sul versante differenziata, stanno partendo altri due tipi di servizio. Uno è quello dedicato alle ramaglie dei giardini privati, per le quali AcegasAps ha acquistato 2500 contenitori da distribuire a chi li richieda in comodato gratuito: ne dovrebbe derivare l’1,2% della differenziata totale. L’altro servizio è quello della raccolta dell’umido in grandi strutture come le mense: in fase progettuale, dovrebbe diventare operativo nel secondo semestre dell’anno.
«Già buoni risultati su plastica, vetro e carta»
Dal Maso: insoddisfacente la raccolta dei cartoni.
Omero: il messaggio tra i negozianti non è passato
Un bel quantitativo di tonnellate in più, quello raccolto da AcegasAps nel
primo trimestre dell’anno rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Per
quanto riguarda la raccolta differenziata di carta, plastica, vetro e lattine
«gli incrementi sono rilevanti», commenta l’ingegner Paolo Dal Maso, direttore
della divisione Ambiente dell’azienda. Nei cassonetti gialli sono finite in un
trimestre 1928 tonnellate di carta, 414 in più rispetto al 2011; 554, pari a 196
in più, le tonnellate di plastica raccolte; vetro e lattine sono arrivati a
quota 1197 tonnellate, 418 più dello scorso anno. «Un risultato soddisfacente,
la differenziata sta entrando nella mentalità comune», dice Dal Maso. Meno
soddisfacente è invece la raccolta dei cartoni che i negozianti dovrebbero
depositare in determinati giorni e orari serali nelle apposite aree dei
marciapiedi (evidenziate a terra dalla scritta gialla Src). A marzo, enumera Dal
Maso, AcegasAps ha raccolto 81 tonnellate di materiale a fronte di una media
mensile di 50 tonnellate registrata lo scorso anno, quando invece «da questo
servizio ci aspettiamo circa 150 tonnellate di materiale al mese». Malgrado «la
comunicazione capillare» effettuata, si vedono in giro ancora troppi cartoni nei
cassonetti. «Il messaggio ai negozianti non è passato», commenta l’assessore
Fabio Omero: si dovrà ricalibrare il servizio, e «siamo pronti a ragionare su
altri orari e ad aggiungere altre fermate ai nostri percorsi, se necessario»,
aggiunge Dal Maso. Quanto al superamento del 29,2% di differenziata invocato dal
sindaco Cosolini, «il Piano che contiene quella percentuale - premette Dal Maso
- è stato redatto a quattro mani» da Comune e multiutility. Il direttore parla
di una stima «prudenziale a fronte di un 40% potenzialmente raggiungibile. Va
anche considerato però - aggiunge il direttore - che il rifiuto è un ottimo
indicatore del Prodotto interno lordo del paese, e dunque inevitabilmente
risente al momento della crisi». Infine, la questione dello spazzamento delle
strade su cui il Comune chiede «uno sforzo straordinario», nelle parole del
sindaco. «Ma questa partita dipende anche dalle risorse a disposizione», dice
Dal Maso: «In ogni caso AcegasAps fa tutto il possibile, e anche noi usiamo le
sanzioni a nostra disposizione verso le imprese. E certo poi va considerato
anche il comportamento da parte della cittadinanza. Ossia di tutti noi». Un
esempio molto concreto e, ahimé, molto visibile sulle strade? «I nostri centri
di raccolta di rifiuti ingombranti - elenca Dal Maso - sono attivi in taluni
casi sette giorni su sette, gli orari di apertura che offriamo sono più ampi
rispetto a Padova. Eppure i rifiuti ingombranti lasciati sulla strada, e che noi
dobbiamo prelevare, sono in continuo aumento». Dai vecchi materassi alle sedie
ormai inservibili, tutto sul marciapiede: per qualcuno la differenziata può
attendere... (p.b.)
Pulizia delle strade “Guardie” in azione - SPAZZAMENTO
Non solo differenziata. Anche pulizia delle strade.
All’insegna, dice il sindaco Cosolini, della «massima collaborazione con
AcegasAps unita però all’intransigenza. Ci devono essere margini di
miglioramento che ho richiesto all’azienda: spesso mi è capitato di segnalare
situazioni di cassonetti strapieni e di vie non pulite, e a onor del vero esiste
un servizio di pronto intervento che si attiva in breve. Ma l’obiettivo resta
l’autodisciplina». Anche su questo versante, racconta l’assessore Omero, le
guardie ambientali sono impegnate con l’obiettivo di maggiore severità verso
l’azienda (che a sua volta ha esternalizzato il servizio). «Finora se le guardie
verificavano situazioni non adeguate nello spazzamento contattavano AcegasAps
affinché predisponesse un intervento immediato. Il sistema però non ha
funzionato. Le guardie dovranno essere più intransigenti nell’applicare le
penali del caso»: 192 euro per il mancato spazzamento della via, 62 per il
mancato svuotamento dei contenitori. Multe anche ad AcegasAps (che poi si può
rivalere sulle ditte esterne), dunque, oltre che a cittadini ed esercenti
“indisciplinati”. «È vero che le guardie ambientali sono poche, ma proprio per
questo abbiamo ribadito anche la necessità di un loro stretto coordinamento con
le Circoscrizioni». Istituite nel 2003, le guardie ambientali in servizio
effettivo sono sette. Nel primo trimestre del 2012 hanno lavorato per 3300 ore,
la metà delle quali impiegate nel controllo del territorio sulla base delle
segnalazioni («tante», precisa Omero) arrivate al Comune. In tre mesi sono state
comminate 74 sanzioni sul regolamento per la gestione dei rifiuti e la pulizia
del territorio: 30 per «inadeguato conferimento dei rifiuti». Sono stati 57 i
disservizi di AcegasAps individuati.
Clini: sulla Val Rosandra aspetto le carte dalla Regione
«Caso all’attenzione del ministero ma prima di
pronunciarmi voglio leggere la relazione». Domani Consiglio comunale
straordinario a San Dorligo
Il caso Val Rosandra è arrivato sul tavolo del Ministero dell’Ambiente. Una
segnalazione sull’intervento della Protezione civile che ha stravolto, il 24 e
25 marzo scorsi, una parte della valle è stata infatti inoltrata al governo. E
il ministro Corrado Clini si è attivato per avere, nel più breve tempo
possibile, informazioni precise dalla Regione su contorni e dettagli della
contestata operazione. «Dai dati riferiti fino ad ora, non abbiamo osservazioni
e segnalazioni da fare - spiega Clini, raggiunto al telefono nella mattinata di
ieri -. Abbiamo chiesto alla Regione un approfondimento e altre informazioni
sulla questione, anche perché non è un caso di competenza diretta del ministero.
Finora non ci è arrivato alcun riscontro, nessuna risposta». Per il momento
dunque, in attesa di ricevere la documentazione necessaria, «non è in programma
un sopralluogo sul posto», aggiunge il ministro dell’Ambiente. Ma non è detto
che una “missione dedicata” in Val Rosandra non possa essere fissata (quantomeno
per alcuni delegati dell’esponente dell’esecutivo Monti) nei prossimi giorni o
nelle prossime settimane, sulla base dei nuovi incartamenti in via di
acquisizione. «Vedremo», conclude Clini, che assicura come l’accaduto sia
«all’attenzione del ministero». E se Roma aspetta, ad aspettare sono anche
cittadini e istituzioni locali: anche in questo caso si tratta di chiarimenti,
quelli che potrebbero arrivare dall’appuntamento fissato per la giornata di
domani. Nel primo pomeriggio, a partire dalle 15, è infatti in programma il
Consiglio comunale straordinario convocato in municipio a San Dorligo della
Valle proprio per affrontare la questione dell’intervento in Val Rosandra.
All’appuntamento è stato invitato anche il vicepresidente della Regione Luca
Ciriani, in giunta regionale assessore all’Ambiente con delega alla Protezione
civile. Nulla si sa, al momento, su quel secondo intervento inizialmente
programmato nella valle per il 14 e 15 aprile e poi “stoppato” e sospeso alla
luce della grande mobilitazione popolare sfociata in manifestazioni di protesta
contro lo scempio messo in atto a marzo nell’ambito dell’operazione “Alvei
puliti”. Il dubbio rimane: quel secondo step è stato sospeso momentaneamente o
cancellato definitivamente? La risposta a questa domanda è probabilmente il
punto più atteso dell’incontro di domani. «Non mi hanno ancora comunicato nulla
in merito. Credo comunque - prospetta il sindaco di San Dorligo della Valle,
Fulvia Premolin - che a breve avremo delle risposte per sapere se ed
eventualmente quando l’intervento continuerà. Mercoledì (per l’appunto domani,
ndr) dovremo sapere qualcosa, durante il Consiglio comunale straordinario a cui
interverranno tecnici e l’assessore regionale Ciriani». Proprio il numero due
della giunta Tondo è risultato costantemente irrintracciabile al cellulare nel
corso della giornata di ieri. Mentre attendono chiarimenti dall’audizione di
domani anche i componenti del Comitato per la difesa della Val Rosandra: «Il
secondo intervento era stato sospeso - riepiloga Alessandro Severi,
vicepresidente del comitato -. Speriamo ora di scoprire mercoledì (domani, ndr)
cosa succederà».
Matteo Unterweger
«Sito inquinato Porto Marghera è il modello»
«Il modello di Porto Marghera potrebbe essere utilizzato
da Trieste che ha una situazione ancor più incredibile, perché ha un sito
inquinato così largo da prendere mezza città». Lo ha detto il ministro
dell’Ambiente Corrado Clini (foto), ieri a Venezia, alla firma dell’accordo per
il rilancio di Porto Marghera in chiave industriale-ambientale. «Trieste è un
altro porto molto importante - ha aggiunto Clini -, ha possibilità di
insediamenti produttivi con alte tecnologie, quindi stiamo lavorando per
chiudere anche lì un accordo simile». Il riferimento è al tema del Sin, su cui
lo stesso Clini ha voluto imprimere una decisa accelerazione. Il 12 marzo scorso
in Prefettura era stato firmato l’accordo di programma per restituire al libero
uso tutti i terreni Ezit analizzati nel 2004 e con presenza di ferro e manganese
certificata come storica e quindi “normale”.
Un “preludio d’Istria” nei progetti Pisus della giunta Nesladek
Oggi nella sala della stazione degli autobus la
presentazione dell’esposizione del piano integrato di sviluppo di Muggia
MUGGIA È' presentato dall'amministrazione Nesladek come il volano per
Muggia. E se si dimostrasse un boomerang? C'è grande interesse per capire cosa
accadrà questa mattina nella Stazione degli autobus di piazzale Foschiatti
quando alle 11.30 verrà inaugurata l’esposizione “Pisus - Piano Integrato di
Sviluppo Urbano Sostenibile – Muggia preludio d’Istria”. Il progetto avrà un
costo economico di 5 milioni 871 mila euro da realizzare grazie al contributo di
Fondi comunitari pari a 4 milioni 440 mila 202 euro e tramite l'alienazione di
terreni in viale XXV Aprile (1 milione 55 mila 797 euro) e del fabbricato della
scuola San Rocco (375 mila euro). Per ora però il finanziamento è ancora in fase
di aggiudicazione. L’allestimento prevede un totale di 15 tavole di
rappresentazioni con viste fotorealistiche delle soluzioni proposte nel Pisus
del Comune, un progetto che coinvolgerà sette aree: la riqualificazione della
stazione autocorriere e del Piazzale Foschiatti, dei giardini Europa e delle
zone adiacenti, del Largo Caduti della libertà, del Piazzale ex Alto Adriatico,
dell’incrocio di Santa Barbara, nonché l’illuminazione di Piazza Marconi e la
creazione della rete di bike-sharing. Un progetto che intende perseguire tre
finalità: riqualificazione urbana, miglioramento della mobilità e viabilità e
sviluppo economico – turistico – culturale. Tutto bene? Forse. I commercianti
della zona non hanno mai nascosto il “disappunto” di fronte allo spostamento
della autocorriere. «Tutto funziona se la stazione funziona: in epoca di crisi
economica un simile equilibrio commerciale e sociale non va destabilizzato, ma
aiutato», era lo slogan lanciato dalla vicepresidente di ViviMuggia Cristina
Pranzo e dalle attività di piazzale Foschiatti. Insomma: il progetto Piano
integrato di sviluppo urbano sostenibile è un'occasione da cogliere al volo, ma
la proposta avanzata dall'amministrazione Nesladek di spostare la stazione delle
autocorriere nell'ottica dei commercianti non doveva nemmeno da prendere in
considerazione. Già nello scorso ottobre i commercianti erano stati chiari: «La
stazione delle autocorriere è punto di arrivo e partenza da e per il centro
della città punto in cui i cittadini trovano tutti i servizi di cui abbisognano
dagli uffici comunali agli esercizi commerciali. Da qui pare evidente
l’importanza della sosta dei bus in piazzale Foschiatti onde portare
direttamente i cittadini in centro». E pare che anche tra l'associazionismo vi
sia di qualche malumore serpeggiante. Il Comune però è convinto assertore di
“aver prodotto una proposta progettuale il più aderente possibile ai bisogni
della cittadinanza, capace di dare risposte concrete alle necessità di sviluppo
economico e sociale del nostro territorio”. E non solo: quello del Pisus è stato
un “percorso condiviso capace di raccogliere idee e verificare l’interesse alla
partecipazione da parte dei diversi attori (siano stati essi cittadini,
associazioni, imprese, commercianti o altro)”. E il progetto viene inquadrato in
termini più ampi: «Negli ultimi dieci anni si è portato avanti un progetto di
riqualificazione del centro storico e di parte del Lungomare muggesani, ora, con
il Pisus, s’intende avviare un processo di riqualificazione urbana della zona a
ridosso delle antiche mura, coinvolgendo anche l’intera area compresa fra la
foce del Rio Ospo ed il centro storico, nell’ottica di uno sviluppo turistico ed
economico di Muggia». All'inaugurazione di oggi interverranno l’assessore ai
Lavori Pubblici Loredana Rossi, l’assessore alla Promozione della città Stefano
Decolle ed il responsabile del Servizio Ambiente Paolo Lusin. La mostra sarà
visitabile sino a domenica 13 maggio.
Riccardo Tosques
Una batteria per 500 miglia in auto - Primo giorno dell’Industrial Physics Forum: all’Ictp presentato il rivoluzionario progetto energetico
Una batteria di potenza tale da riuscire a far viaggiare
per una distanza di 500 miglia, cioè poco più di 804 chilometri, un’automobile.
Con conseguenti vantaggi in chiave ambientale, con evidente riduzione di
emissioni nell’atmosfera alla luce del non utilizzo di benzina o gasolio, e pure
in termini di risparmio considerato il venir meno delle spese per il pieno di
carburante. Il progetto, lanciato dalla Ibm e che vede coinvolto nello sviluppo
un gruppo di esperti internazionali, è stato presentato ieri pomeriggio da
Alessandro Curioni (ricercatore del team Ibm) all’Ictp - Centro di fisica
teorica Abdus Salam con sede a Miramare, durante la prima giornata del “2012
Industrial Physics Forum”, organizzato con l’American Institute of Physics. Il
summit, che per la prima volta si tiene al di fuori dei confini degli Stati
Uniti, affronta quest’anno le tematiche legate alle ultime scoperte nel settore
della fisica applicabili ai processi industriali e all’innovazione nei Paesi in
via di sviluppo. Nello studio del “Battery 500 project”, oltre al centro di
ricerca della Ibm, sono coinvolti numerosi laboratori americani e un paio di
partner commerciali: entro il 2013 sarà realizzato il prototipo di batteria a
lunga durata. Si tratterà di un congegno di dieci volte più potente
(nell’accumulare e poi rilasciare l’energia) rispetto alle tecnologie attuali.
«Abbiamo cominciato questi studi due anni e mezzo fa – ha raccontato Curioni –
quando i problemi sembravano irrisolvibili. Dovevamo estendere l’autonomia di un
veicolo elettrico fino a 800 chilometri, sembrava impossibile. Oggi possiamo
dire di aver risolto i problemi fondamentali, tanto da aver quasi pronto un
primo prototipo. Diversa la questione dell’introduzione sul mercato: restano da
risolvere numerosi problemi relativi alla sicurezza e al tempo di ricerca, tanto
che puntiamo al 2020». Sempre nel corso della giornata d’avvio del forum (che
proseguirà sino a giovedì), proprio in apertura dei lavori è stato affrontato il
tema dell’energia solare. Nel 2020 l’Europa trarrà oltre 85 gigawatt di energia
dal sole, gli Usa si assesteranno a 138: i dati sono stati riferiti da Larry
Kazmersky, direttore del “Science and Technology Partnerships” al Laboratorio
nazionale degli Usa per le energie rinnovabili. Conseguenza evidente sarà quella
di un mercato completamente rivoluzionato, con pannelli solari di terza
generazione, ben diversi dall’attuale prima generazione. Nel frattempo, da qui a
dieci anni, non mancheranno passi avanti intermedi con pannelli sempre più
sottili e flessibili. Nell’arco di 10-15 anni le nanotecnologie e i materiali
“bio inspired” diverranno poi i protagonisti della produzione di energia dal
sole. Con una ricetta semplice e vantaggi chiari: minori costi, produzione
massimizzata e celle adattabili a un maggior numero di supporti.
Matteo Unterweger
GREENSTYLE.it - LUNEDI', 16 aprile 2012
Quinto Conto Energia e rinnovabili: ecco i testi dei decreti incentivi
Non si placano le polemiche sui due provvedimenti in
materia di incentivi per le fonti rinnovabili presentati nei giorni scorsi dai
ministri competenti. Ora i testi dei decreti sono stati trasmessi dal Governo
Monti all’Agenzia per l’Energia Elettrica e il Gas (AEEG) e alla Conferenza
Stato – Regioni per la necessaria approvazione.
Nel dettaglio, si tratta del testo del Quinto Conto Energia, che riforma lo
schema di incentivi per il fotovoltaico. Confermati, in particolare, sia il
taglio delle tariffe (dal 32% al 36% in meno a seconda del tipo di impianto) che
l’introduzione di un registro per le installazioni di potenza superiore ai 12
megaWatt.
Il secondo provvedimento riguarda le sovvenzioni statali alle rinnovabili
elettriche diverse dal fotovoltaico (geotermia, eolico, idroelettrico, biomasse
e biogas), che introduce un meccanismo di aste al ribasso per gli impianti di
potenza superiore ai 5 megaWatt. Previsto inoltre un registro simile a quello
del fotovoltaico per le installazioni di potenza media.
Entrambi i decreti sono al centro di feroci polemiche da parte delle
associazioni di settore, convinte che i tagli e le modifiche al meccanismo degli
incentivi possano mettere a rischio gli investimenti già programmati e
determinare un vero e proprio blocco del settore. La speranza degli operatori è
che la Conferenza Stato-Regioni introduca ora dei correttivi al testo dei
provvedimenti.
Fonte: Energy In Link
Silvana Santo
Quinto Conto Energia: 200 milioni dallo stop allo scambio sul posto
Dopo la presentazione della bozza ufficiale del Quinto
Conto Energia, e le primissime reazioni a caldo, gli esperti stanno iniziando a
spulciare il decreto in cerca dei reali cambiamenti per gli operatori del
mercato. E saltano fuori novità interessanti e “bug”, errori nel testo che
aumentano ulteriormente l’incertezza sui futuri incentivi al fotovoltaico.
Il notiziario tecnico sull’energia DailyE, ad esempio, fa notare che
dall’abolizione dello scambio sul posto (sostituito nel V Conto dall’acquisto da
parte del GSE di tutta l’energia prodotta dall’impianto fotovoltaico) risulta un
vuoto normativo sui ricavi provenienti dalla vendita dell’energia rinnovabile:
In questo caso tutta l’energia prodotta sarà gestita dal GSE e non verrà
riconosciuta al produttore, ma non vi è nessun cenno nel decreto su come verrà
gestito questo introito finanziario. Infatti il legislatore si è dimenticato di
dire come saranno utilizzati questi ricavi, che potrebbero essere reinvestiti
nell’aumento del tetto semestrale per le fonti rinnovabili, per almeno altri
100-200 milioni di euro
Togliendo lo scambio sul posto cambia tutto: finché era attivo, infatti, il
titolare dell’impianto poteva consumare il suo stesso eccesso di energia in un
secondo tempo, come se fosse stata immagazzinata virtualmente. Con un conguaglio
tra quanto prodotto e quanto consumato, anche se produzione e consumo avvenivano
in tempi diversi. Tipicamente di giorno e di notte.
Ora l’energia in eccesso viene semplicemente pagata al produttore con una
tariffa fissa omnicomprensiva dal GSE, che poi la immette nel grande fiume della
produzione elettrica nazionale da tutte le fonti. Dalla vendita di questa
energia deriverebbero dei ricavi che, secondo DailyE, dovrebbero essere
reinvestisti nel sistema delle rinnovabili:
E comunque sarebbe serio indicare almeno come verranno utilizzati questi soldi,
visto che al più potrebbero essere utilizzati per ridurre i costi della
bolletta, anche si ci sembra logico utilizzarli per lo sviluppo delle
rinnovabili.
Il “tesoretto” delle rinnovabili, pari a 100-200 milioni, sarebbe logico
investirlo nell’aumento del tetto massimo per gli incentivi al fotovoltaico. In
questo modo gli incentivi si ripagherebbero in parte da soli. O, al limite, si
potrebbero usare questi soldi per abbassare altre componenti della bolletta
elettrica. Il che aiuterebbe anche i consumatori a capire che non è proprio
tutto vero quel che si dice sul legame tra rinnovabili e caro bollette.
Fonte: DailyE
Peppe Croce
COMUNICATO STAMPA - LUNEDI', 16 aprile 2012
Brindisi, Tribunale confisca ex cantiere del rigassificatore di British Gas - Legambiente: "Ottima notizia. Riconosciute le nostre ragioni"
A conclusione del procedimento penale concernente
l'impianto di rigassificazione previsto nell'area di Capo Bianco nel porto di
Brindisi è stata accolta la richiesta del PM di confisca della colmata.
“Il pronunciamento del Tribunale di Brindisi è l'atto più significativo –
dichiara Legambiente in una nota congiunta firmata da Stefano Ciafani, vice
presidente nazionale, Francesco Tarantini, presidente regionale, e Fabio
Mitrotti, presidente del circolo brindisino - in un percorso caratterizzato da
decisioni che hanno evidenziato le innumerevoli irregolarità amministrative e
l'assenza dei requisiti di fattibilità. La nostra associazione, che fin dal 2001
si è schierata contro la realizzazione di tale progetto, non può che esprimere
grande soddisfazione nel vedere riconosciute le ragioni della sua opposizione,
sempre tecnicamente puntualmente motivate. L'augurio adesso – conclude la nota
di Legambiente – è che la volontà della popolazione e delle istituzioni e la
richiesta di investimenti che valorizzino le risorse del porto trovino riscontro
nelle scelte che in primo luogo il Governo dovrà compiere”.
IL PICCOLO - LUNEDI', 16 aprile 2012
La fisica mondiale a Trieste per discutere del futuro
Da oggi all’Ictp il Forum internazionale, per la prima
volta fuori dagli Usa Al centro le applicazioni della scienza nei campi
dell’industria e della medicina
Atteso il consulente del segretario di Stato americano Hillary Clinton
Sul sito web del Piccolo domani si potranno seguire stralci dei principali
interventi
Trieste per quattro giorni crocevia mondiale fra la fisica e le sue
possibili applicazioni industriali, innovative e sostenibili, a favore dei Paesi
in via di sviluppo. Da oggi e fino a giovedì il Centro internazionale di fisica
teorica Abdus Salam (Ictp) ospita infatti il “2012 Industrial Physics Forum (Ipf)”,
organizzato assieme all’American Institute of Physics. Un evento durante il
quale si approfondiranno i temi legati alla fisica da collegare a questioni
inerenti le energie alternative (fotovoltaico e solare), le tecniche laser nel
campo della medicina, la spettroscopia e la telemedicina. Per la prima volta
l’evento varca i confini degli Stati Uniti: sino ad ora era sempre stato
organizzato negli Usa. Quest’anno la scelta di spostarsi a Trieste, una
decisione che conferma tutto il valore e la credibilità internazionali del
capoluogo regionale nella sua veste di città della scienza. Il tema della fisica
e l’obiettivo di applicare le nuove scoperte di settore all’attività industriale
nei Paesi in via di sviluppo, per aiutarli a colmare il gap rispetto alle
nazioni più avanzate: questi i contenuti scelti per il summit, che hanno
contribuito a convincere gli organizzatori a stelle e strisce a optare per l’Ictp,
in quanto pienamente calzanti rispetto alla missione del Centro con sede a
Miramare. Ad assistere ai lavori del summit presenzieranno oltre 120 persone,
fra scienziati, rappresentanti di istituzioni, industrie e accademici. Fra i
relatori, spicca l’annunciata partecipazione di William Colglazier, consulente
scientifico del segretario di Stato americano Hillary Clinton. Nel suo atteso
discorso, Colglazier parlerà del ruolo della scienza e della tecnologia nella
diplomazia e nelle relazioni estere. Altro ospite illustre al convegno sarà,
nella mattinata di domani, lord Martin Rees, astronomo e cosmologo di Cambridge,
molto noto anche per i tanti libri scritti. Fra questi anche “Il secolo finale”,
probabilmente la più conosciuta delle sue opere, alla luce di quanto
effettivamente accaduto nel mondo negli anni successivi: nel testo - era il 2003
- Rees aveva infatti ipotizzato eventi catastrofici naturali e causati
dall’uomo. Tra questi, il terremoto di Tokyo e il disastro nucleare di Fukushima
del marzo del 2011. Prima del Centro di fisica, oggi proprio Rees farà tappa
alla Sissa: nel pomeriggio, alle 17.30 nell’aula magna della Scuola
internazionale superiore di studi avanzati (in via Bonomea), terrà una lezione
dal titolo “From planets to universes” in memoria dell’astrofisico Dennis
Sciama, scomparso nel 1999 e al vertice del settore astrofisica della Sissa fra
il 1982 e il 1998. Collegandosi sul web al sito del Piccolo (www.ilpiccolo.it)
si potranno seguire in streaming nella giornata di domani ampi stralci dei
principali interventi in programma all’Ictp nell’ambito del forum. A Miramare
saranno presenti anche fisici dei centri di ricerca di alcune importanti
industrie: Ibm, Texas Instruments ed Exxon. Rappresentati anche il Mit di
Boston, il California Institute of Technology, le Università di Harvard,
Berckley, Cambridge e Oxford, centri specializzati con sede in Cina, in India e
vari fra i principali istituti europei interessati dalle tematiche del forum.
Matteo Unterweger
BORA.la - DOMENICA, 15 aprile 2012
Focus Rigassificatore: intervista con l’assessore comunale Umberto Laureni
Dunque, al Consiglio delle Autonomie, dove gli Enti locali
valutano disegni e proposte di legge regionali, Trieste e Muggia si astengono
sul provvedimento che parla del rigassificatore. Perché?
Il disegno di legge sull’energia e sui carburanti, pur positivo sotto molti
aspetti, non ci è sembrato convincente se applicato alla procedura autorizzativa
del rigassificatore di Zaule. Infatti non dà risposte in merito alle competenze
autorizzative, lascia irrisolto il problema del gasdotto di collegamento con la
rete nazionale che dovrebbe seguire un diversi iter procedurale e non chiarisce
i rapporti con gli strumenti pianificatori, del comune di Trieste e del Porto.
La Provincia di Trieste che posizione ha preso?
Non è intervenuta alla riunione, come era successo altre volte. E ci è sembrato
strano.
C’è ancora incertezza sull’autorizzazione finale, no? Non si sa se tocchi al
Friuli Venezia Giulia, o al governo?
E’ una storia complicata. Dell’impianto di Zaule si comincia a parlare nel 2005,
con domanda inoltrata direttamente ai ministeri. Ritenendosi espropriata di una
propria precisa potestà, la giunta regionale, all’epoca guidata da Riccardo
Illy, fa ricorso. E vince, perché c’è una legge nazionale che attribuisce alle
Regioni la competenza sui rigassificatori. Senonché quattro anni dopo il quadro
legislativo cambia, per cui questa dovrebbe ritornare a livello governativo.
Vediamo se ho capito: nel 2009, con Berlusconi e la Lega Nord al potere, si fa
una norma che depotenzia le prerogative della Regione e dice che a decidere deve
essere “Roma padrona”, tanto per addolcire un motto dei padani?
Nei fatti è così. La giunta in carica ha comunque chiesto al Consiglio di Stato
di fare chiarezza, ma nell’attesa del suo pronunciamento ha deciso di procedere
come se la decisione spettasse a lei. Nei fatti il confronto con Gas Natural
continua, su più tavoli (quello dell’AIA, quello del progetto definitivo e
quello del rapporto di sicurezza in merito ai rischi di incidente rilevante). La
prima documentazione presentata era incredibilmente carente, sono stati
richiesti ulteriori dati, sul rapporto di sicurezza siamo alla terza revisione.
Il ministro Passera vede per Trieste un futuro come grande centro energetico. E
anche il presidente Tondo si è detto favorevole al rigassificatore. Quindi che
la palla ce l’abbia o meno la Regione potrebbe cambiare poco.
Il governatore si è espresso a livello personale. E comunque, se il Comune di
Trieste desse un giudizio negativo a livello urbanistico, la Regione boccerebbe
l’impianto. Così almeno ci è stato assicurato.
Promosso da lei doveva esserci un incontro, in Municipio, tra il “Tavolo” di
docenti universitari e scienziati che hanno studiato il problema, e il consiglio
comunale. All’ultimo momento è saltato. Perché?
I capigruppo hanno deciso che conoscevano gli argomenti, visto che si erano già
pronunciati in Consiglio contro l’impianto, e che, trattandosi di un problema di
natura ambientale, se ne poteva occupare la commissione competente. Devo dire
che la cosa mi è dispiaciuta molto, in quanto sono convinto che la città sia
ancora pochissimo informata sull’argomento.
Ma in consiglio quanto si è parlato del problema sicurezza? Qui sembrano
spargersi rassicurazioni anche se il rigassificatore dovrebbe sorgere a due
passi dalla città In America sono stati considerati troppo pericolosi, e
abbandonati, impianti che si volevano costruire al largo. Siamo furbi noi e
sciocchi gli americani?
Il problema sicurezza è stato approfondito anche in consiglio comunale.
Tuttavia, secondo legge, ad esprimersi sull’argomento dovrebbero essere la
Capitaneria di porto per quanto riguarda la sicurezza della navigazione e il
Comitato Tecnico Regionale per gli incidenti rilevanti e gli effetti domino con
impianti limitrofi. Il tutto basato su calcoli previsionali e su modelli
matematici che determinano la probabilità dei possibili eventi catastrofici e i
loro effetti. Entriamo in un campo delicato, con tantissimi parametri da
valutare, in cui basta variare le condizioni di partenza per arrivare a
risultati e conclusioni molto diversi tra loro.
A Oxnard, città californiana di 200 mila abitanti, qualche anno fa è stato
bocciato un impianto realizzato a 18 chilometri dalla costa. Per Trieste, e
Muggia, e Capodistria, invece, il pericolo non ci sarebbe?
E’ chiaro che il golfo di Trieste è a priori assolutamente controindicato a
ricevere impianti del genere. Al riguardo però, o il divieto è assoluto, cioè
(direbbe Totò) a prescindere da tutto, oppure si entra in quel meccanismo di
valutazione previsionale di cui parlavo sopra, sulla cui attendibilità esprimo
non da ora fortissimi dubbi, ma che rimandano ad altri Enti competenti.
A Porto Viro, fuori dalla costa di Rovigo, dove funziona un rigassificatore in
mezzo al mare, l’area di sicurezza interdetta a ogni attività nautica, è di tre
chilometri e mezzo. A Trieste, siccome l’impianto è a terra, basterebbe una
fascia di sicurezza di 400 metri. Paurosi i rodigini e coraggiosi i triestini?
Vale quanto già detto. Gli Enti che ho citato sopra considerano sufficienti le
condizioni di sicurezza che verranno garantite, comprese le aree di rispetto.
Non tutti gli esperti. Il “Tavolo” ha posizioni molto diverse.
Delle conclusioni del “Tavolo” abbiamo tenuto ampiamente conto nell’esprimere il
parere di Comune e Provincia di Trieste. Io però mi riferivo agli Enti aventi
per legge il compito di esprimersi su questi aspetti del progetto di Zaule.
Al di là dei problemi di safety, il nodo della security è stato affrontato?
Non mi risulta sia stata presa in considerazione l’ipotesi di attentati.
Ci si è dimenticati di settembre nero alla Siot, nel ’72. En passant, una
dozzina di giorni fa in Yemen c’è stato un attentato di Al Qaeda alla pipeline
di un terminal, la cui attività è stata bloccata. Non pensa che sia il caso di
farlo sapere in giro?
Direi proprio di sì, anche perchè come ho detto sopra ci dovrebbe essere molta
più informazione in città
Lasciamo stare la sicurezza, primo problema, perché è cosa che compete al
sindaco, oltre che ad ogni cittadino. Ma non ci sarebbero da tenere presenti
anche i progetti di sviluppo del Porto?
Non è chiaro, al momento, se e quanto il rigassificatore potrebbe interferire
con l’operatività dello scalo e con i progetti di sviluppo indicati nel Piano
regolatore del porto (piattaforma logistica, terminale RO-RO, ampliamento molo
VII, nuovo molo VIII). La presidente Monassi non si è infatti ancora mai
pronunciata sull’argomento e sarebbe un giudizio pesante. La questione portuale
è senz’altro primaria e rimanda ad una considerazione di fondo: non si può fare
tutto e il contrario di tutto, in questa pozza d’acqua che è il nostro golfo,
tutto insieme cultura e turismo, ricerca scientifica di eccellenza e grande hub
dell’energia. E intanto l’industria, quella manifatturiera, scompare…
Le scelte, la vocazione, il destino di Trieste…
Mi occupo di questi problemi da quasi quarant’anni. Quando ho iniziato c’era una
Trieste dove si producevano dei beni, che fossero navi, marmellate, vetri,
liquori o lingottiere. Quel sistema industriale è stato via via smantellato, e
in cambio ci hanno proposto cose diverse, sempre presentandole come l’unica,
ultima occasione offerta a Trieste, o prendere o lasciare. Le enumero: la Siot a
fine anni ’60, la zona industriale sul Carso nel ’76, un mega terminale
carbonifero e la centrale termoelettrica di Muggia negli anni ’80. Poi, all’
inizio del decennio successivo, è stata avanzata la proposta del gpl: caverne
sotterranee a Muggia e “sigari” nell’ex zona Esso. Di fatto, attraverso i suoi
amministratori, la città si era sempre dichiarata disponibile, trovando
disponibilità politiche assolutamente trasversali. Anche perchè realizzare
l’opera voleva dire comunque dare lavoro . Ragionamento questo che ci farebbe
accettare tutto …
Ricorderei anche la proposta di spostare a Trieste il traffico delle petroliere
che facevano scalo a Venezia.
Già, eravamo nel 1994. Si disse che le navi potevano venir dirottate a Trieste o
a Ravenna. Quest’ultimo rispose: questo è il mio piano sui rischi, non se ne
parla nemmeno. A Trieste invece ci sarebbe stata un’ampia disponibilità.
La centrale termoelettrica a carbone dell’Enel, venne però stoppata dai
triestini…
All’epoca la soglia della reattività sociale, la capacità di sdegnarsi erano
sicuramente più alte. E la Regione prese posizione in maniera netta. Per inciso,
là dove volevano fare l’impianto si è poi insediata “Pasta Zara”, che dà lavoro
a più persone, con rischio e inquinamento minori. Io vorrei davvero che la città
ritrovasse la voglia, il gusto di produrre. Per non trasformarsi semplicemente
in un grande centro di stoccaggio e smistamento di combustibili.
Si è mossa la Slovenia, e, recentemente, anche la Croazia. Potrà essere
determinante questo interessamento internazionale?
Difficile che sia ininfluente. Mi auguro che anche per merito dagli sforzi
comuni dei tre Paesi si arrivi ad una soluzione migliore, penso alla boa al
largo alla quale potrebbero collegarsi le navi gasiere anche rigassificatrici,
eliminando il riscaldamento con acqua di mare. Una cosa che avevo suggerito
parecchio tempo addietro, e di cui adesso qualcuno ipotizza la riproposizione in
chiave trinazionale.
Luciano Santin
IL PICCOLO - DOMENICA, 15 aprile 2012
La Tav “anti-spiagge” costa il 60% in meno - Mainardi accelera sul progetto alternativo e annuncia forti risparmi. Giovedì il confronto con i sindaci
TRIESTE Bortolo Mainardi stringe i tempi. Il commissario della Tav Venezia-Trieste ha in mano lo studio di fattibilità del tracciato alternativo dell’Alta velocità in Veneto, quello affiancato agli attuali binari lungo la Mestre-Portogruaro e non più a un passo dal mare. Una soluzione che può far spendere, Mainardi ne è convinto, circa il 60% in meno. Giovedì prossimo è in programma il confronto con i 19 sindaci dei Comuni interessati. «Gli illustrerò e consegnerò lo studio. Avranno tutto il tempo per riflettere ma, entro fine giugno, servirà una risposta definitiva». Il commissario si è incontrato a inizio anno con i tecnici di Rfi e Italferr per definire l’incarico e ora la documentazione è pronta. E conferma la fattibilità di un tracciato che avrebbe innanzitutto il pregio di costare meno, così da coinvolgere più facilmente interventi privati e forse anche l’interessamento della Banca europea per gli investimenti. Nell’ipotesi costiera, infatti, il solo tratto da Mestre a Portogruaro costerebbe 3,4 miliardi di euro sui 7,4 complessivi dell’intero percorso Mestre-Trieste e, di quei 3,4 miliardi, 772 milioni sono il costo stimato per il segmento Mestre-Tessera mentre i restanti 2,6 miliardi servirebbero a realizzare l’Alta velocità a servizio delle spiagge, con un costo al chilometro in quell’area di 44 milioni di euro. Virare verso il tracciato che fa perno sulla linea esistente, la Mestre-Portogruaro, da modernizzare e ampliare con la quadruplicazione dei binari, costerebbe invece «tra i 15 e i 18 milioni di euro al km», fa sapere Mainardi. Meno della metà: un differenziale eccessivo per poter sostenere l’opzione più cara all’assessore regionale dei Trasporti del Veneto Renato Chisso. E allora, dopo aver spiegato in settimana in audizione alla commissione Trasporti del Consiglio regionale del Veneto che non ci sono controindicazioni nemmeno riguardo all’impatto ambientale, il commissario procede con il confronto con gli enti locali. «Giovedì ci sarà anche l’occasione per ribadire la vetustà della linea ferroviaria Venezia-Trieste, che ha oggi una media di percorrenza tra i 70 e gli 80 km all’ora. E per sottolineare che, più che di alta velocità, sarebbe corretto parlare di media, visto che arriveremo attorno a 240 km/h. Sempre molto meglio di oggi e, in ogni caso, una scelta di civiltà dei trasporti in un Nordest che deve approfittare di questa occasione strategica per il suo futuro». Mainardi ha una sollecitazione anche per alcuni sindaci Fvg, «quelli interessati alla tratta San Michele-Ronchi che non si sono detti contrari, come è accaduto in alcuni casi in Veneto, ma che hanno comunque incaricato i tecnici di approfondire le questioni ambientali. Mi aspetto che producano una relazione di supporto al progetto preliminare e mi chiamino, perché entro fine maggio vanno depositate eventuali integrazioni al ministero dell’Ambiente».
(m.b.)
“Horti tergestini” tra felci, gazebo e agrumi di Sicilia
Affollata apertura per la settima edizione
dell’iniziativa nel Parco di San Giovanni Messo a dimora l’albero della pace,
“discendente” del sopravvissuto a Nagasaki
Una giornata dal sapore tipicamente autunnale più che primaverile,
accompagnata da raffiche di bora, non ha fermato l’assalto degli appassionati
alla mostra mercato di piante e arredi per il giardino “Horti Tergestini”, che
ha aperto i battenti al Parco di San Giovanni tagliando il traguardo della
settima edizione. Sono stati in tanti a curiosare tra gli stand espositivi,
triestini ma non solo, con arrivi da tutta la regione, dal Veneto e anche da
Slovenia e Croazia. Ben 106 gli espositori presenti quest’anno, dai migliori
vivaisti d’Italia fino a quelli cosiddetti di nicchia con le loro collezioni
botaniche. I colori di rose, orchidee e garofani, ma anche i profumi degli
agrumi di Sicilia, senza dimenticare erbe aromatiche, felci, aceri giapponesi o
viti ornamentali. Decisamente un’offerta per tutti i gusti, completata dalle
novità in materia di arredi per il giardino, dai gazebo, fino ai vasi di
terracotta. Con la curiosità degli stand dedicati all’abbigliamento country e ai
variopinti cappelli per signore. La mostra si è aperta alla presenza degli
organizzatori Giancarlo Carena per “Agricola Monte San Pantaleone” e Mariangela
Barbiero per l’associazione orticola “Tra fiori e piante” e delle autorità
cittadine. Il sindaco Roberto Cosolini ha sottolineato «come l’amministrazione
comunale sia attenta ai temi del verde urbano in una logica di miglioramento
della qualità della città e della vita dei cittadini». Per la Presidente della
Provincia Maria Teresa Bassa Poropat «questa iniziativa è soltanto uno dei
tasselli per restituire alla città un polmone verde molto importante ed il sogno
è quello di creare, proprio all’interno del Parco, una scuola di giardinaggio di
alta qualità». Momento particolarmente significativo, la piantumazione
dell’albero della pac: è stato messo a dimora il “discendente” del caco di
Nagasaki, una pianta miracolosamente sopravvissuta al bombardamento atomico
della città giapponese. La cerimonia si è tenuta nell’aiuola della memoria, alla
presenza tra gli altri del direttore generale dell’Azienda sanitaria Fabio
Samani e di cui è stato protagonista il botanico Masayuki Ebinuma, che da anni
si prende cura della pianta, distribuendo talee ai bambini delle scuole come
segno di pace. Un progetto, quello del “Kaki Tree”, nato ormai vent’anni or
sono, che viene trasmesso in tutto il mondo e che per la prima volta ha toccato
anche Trieste. A fare da cornice al messaggio di pace e speranza lanciato da
Ebinuma i bambini della scuola Giacomo Venezian di Prosecco, che hanno coperto
di terra le radici dell’albero, creando per l’occasione disegni e illustrazioni.
Pierpaolo Pitich
Tecnica bonsai e lezioni sul campo
Tanti gli appuntamenti anche oggi, nella seconda e ultima
giornata di Horti Tergestini. Si va dagli incontri dedicati alla teoria dei
colori del giardinaggio, alle lezioni teorico-pratiche di compostaggio sul
campo, fino alle dimostrazioni di tecnica bonsai e sui rinvasi delle orchidee.
Non mancano le passeggiate nel Parco tra storia e arte, entre alle 11 al
Teatrino Basaglia si terrà Ortovi, il laboratorio di narrazione e costruzione di
storie e miniorti per i bambini curiosi di tutte le età.
“Vivicittà” va al passo di tutti e all’insegna di riciclo e riuso - MARCIA ECOLOGICA
Si veste di ecologia l’edizione 2012 di “Vivicittà”, la tradizionale e seguitissima manifestazione organizzata dall’Uisp, in programma oggi. Saranno in tutto 41 le città italiane in cui si svolgerà quella che viene definita la “corsa più grande del mondo”. Da registrare, in queste ultime ore, il rinvio di Bologna al prossimo fine settimana, causa maltempo, e il forfait di Napoli, priva di sufficiente personale da adibire alla sicurezza. Ovunque si correrà sulla distanza dei 12 km, mentre Firenze sarà l’unica a sperimentare la mezza maratona, 21,097 km. Trieste sarà la sola città a dare alla manifestazione un connotato esclusivamente ecologico. Dedicata al motto “vivere la propria città a piedi”, l’edizione di quest’anno sarà infatti completamente diversa da quelle passate. Non si correrà, ma si camminerà, ognuno al proprio passo, «lungo un anello che racchiude alcune tra le future nuove aree pedonali proposte all'interno del prossimo Piano del traffico – spiegano gli organizzatori – perché l’obiettivo di ‘Vivicittà’ di quest’anno è di dare a tutti i partecipanti la possibilità di verificare le proposte avanzate dal Comune in tema di mobilità pedonale, immaginando alcune strade libere dalle auto, godendo dei benefici di una passeggiata in compagnia degli amici, e senza fretta». L'edizione 2012 di Vivicittà è la 29°, ma sarà diversa anche sotto molti altri aspetti. Volendo prestare particolare attenzione al tema della vivibilità della città, partendo dal punto di vista di chi sceglie la mobilità pedonale per gli spostamenti in ambito urbano, si potranno scambiare anche quattro chiacchiere con chi sta progettando il cambiamento della viabilità. Saranno presenti e cammineranno con tutti gli altri anche l'assessore alla Mobilità e Traffico del Comune, Elena Marchigiani e il mobility manager dell’amministrazione, Giulio Bernetti. Vivicittà 2012 propone anche un altro tema, quello del riciclo, del riuso e dalla riduzione nella produzione di rifiuti, dando concretamente un esempio nella fase organizzativa. Al ristoro che si terrà all'arrivo, i rifiuti saranno differenziati per il riciclo. Anche il gadget va in questa direzione: non ci sarà più la maglietta, per diminuire la produzione e il consumo di plastica inoltre, a chi si iscrive sarà data in omaggio una borraccia che si potrà usare durante la manifestazione, portandosi l'acqua da casa. Al ristoro infine, non ci saranno bottigliette d'acqua, ma sarà distribuita l'acqua di rete. Per chi non vuole proprio rinunciare alla maglietta, ci sarà un banchetto con tutte quelle delle scorse edizioni. Il ricavato sarà devoluto in beneficenza all'Ong dell'Uisp chiamata “Peace games”, che in questo periodo sta proponendo in Palestina attività ricreative, educative e sportive per donne e adolescenti nel Campo profughi di Shu'fat. La partenza sarà data in Foro Ulpiano alle 10.30, il ritrovo è fissato alle 10. Il Comitato provinciale dell’Uisp ha sede in via Beccaria 6, (tel. 040-639382), sito www.uisp.trieste.it. Il costo di iscrizione è di 5 euro a persona. Ci si può iscrivere anche oggi alla partenza dalle 8.30.
Ugo Salvini
IL PICCOLO - SABATO, 14 aprile 2012
Via libera a Greensisam: prime gru in Porto Vecchio - URBANISTICA » PROGETTO MODIFICATO
Il gruppo Maneschi ha ottenuto il sì dalla
Soprintendenza al restauro di 5 hangar per la sede di Italia Marittima.
Investimento da 140 milioni. Si parte in luglio
Trentasettemila metri quadrati - in confronto ai 65 ettari della
mega-concessione data due anni fa dall’Authority di Boniciolli a Portocittà Srl,
dietro la promessa di rilancio dell’intero waterfront di Porto Vecchio - non
valgono per estensione più del cantuccio di un grande appartamento. Meno del 6%,
a conti fatti. Pur tuttavia, anche in virtù della sua collocazione - giusto
all’imbocco più vicino al centro città, alle spalle della Capitaneria - quel
cantuccio, storicamente in concessione a Greensisam, è destinato a diventarne
l’avamposto buono, di quel grande appartamento. Un avamposto proiettato verso
quel Magazzino 26, l’unico già bell’e recuperato, che oggi fa il figurone della
cattedrale nel deserto. “Buono” nel senso che - in virtù del via libera
definitivo, fresco fresco, rilasciato dalle Belle arti in cambio dell’ultima
variazione al progetto, che prevede in primis semplici coperture piane anziché
reticoli a vetri - i suoi 37mila metri quadrati saranno calcati dal primo
cantiere già quest’estate e con ogni probabilità risulteranno tutti rifatti,
pronti e funzionanti entro il 2017. Quindi ben prima dei 65 ettari che
proseguono fino a Barcola e per il cui mastodontico piano di riuso si profila un
orizzonte temporale fra il 2020 e il 2025. Nulla più “osta” infatti - con
l’autorizzazione della Soprintendenza ai Beni architettonici e paesaggistici, a
chiusura di una storia infinita che va avanti dal 2001 - ai cantieri di
Greensisam per la realizzazione del quartier generale triestino di Italia
Marittima ed Evergreen per l’Europa centro-orientale, nel nome di Pierluigi
Maneschi. Fanno appunto 37mila metri quadrati alla radice di Porto Vecchio tra i
moli III e IV (i soli, di fatto, fuori dalla mega-concessione a Portocittà),
dove gli annunci originari evocano un paio di centinaia di nuovi posti di
lavoro, con cinque hangar a farne da cuore pulsante: l’1A e il 3, i due
affacciati sul mare, più i restrostanti 2A, 2 e 4. Una partita da 140 milioni di
euro, tutto compreso. Parecchi dei quali, in base all’orientamento espresso in
queste ultime ore dallo stesso Maneschi attraverso la voce dell’architetto Fabio
Assanti, attuale coordinatore del team di progettisti Greensisam, dovrebbero
generare più che sensibili ricadute occupazionali, fiscali, e più in generale
economiche, sul territorio e i suoi paraggi. Notizia non trascurabile, in
momenti, anzi, «momentacci» come questi: «Il presidente - parola di Assanti -
credo sia persona che ha ampiamente dimostrato la sua attenzione per Trieste.
Non ha in animo di dare appalti a imprese di Honh Kong, tanto per citare un
posto lontanissimo, ma di avvalersi di quelle operanti in quest’area». Se
possano essere della partita i colossi delle costruzioni oggi lanciate proprio
nella sfida di Portocittà - come ad esempio il vicentino Maltauro o ancora, come
dicono certe voci, il friulano Rizzani de Eccher - non è dato sapere. Né, tanto
meno, risultano ora essere aggiudicati appalti. «I lavori dovrebbero durare tra
i 4 e i 5 anni, a iniziare da quest’estate, e per ora siamo orientati a
suddividerli in 5 lotti, parzialmente sovrapponibili», precisa Assanti.
Greensisam è un privato, che non ha ricevuto denari pubblici, quindi potrebbe
sbrigarsi con affidamenti diretti, «ma l’idea- ancora il coordinatore del team
di progettisti - è quella di prendere in considerazione delle procedure
consorsuali». Gare insomma, benché presumibilmente ristrette, a invito forse. E
che qualcosa stia già bollendo in pentola lo lascia intuire, nella serata di
ieri, il progettista storico, l’architetto toscano Gennaro Albamonte: «Il nostro
intento è quello di iniziare coi lavori, il prima possibile». L’autorizzazione
delle Belle arti, dietro il rispetto di tutte le prescrizioni - in particolare
quelle di armonizzare le coperture dei cinque hangar alle altre, rinunciando a
slanci vetrati oltre che alle “torrette” già accantonate - risale a fine
febbraio. È il testamento dell’architetto Luca Rinaldi, l’ex soprintendente ai
Beni architettonici e paesaggistici, che col primo marzo ha preso possesso della
Soprintendenza di Torino. Qui il suo successore non è stato ancora designato.
Dovrebbe esserlo a breve, lo ribadisce il direttore regionale dei Beni culturali
Giangiacomo Martines, il soprintendente dei soprintendenti, precisando però che
l’autorizzazione a Greensisam è stata proprio prerogativa, legittima, di Rinaldi,
che se ne è occupato in prima persona. Cosa confermata in queste ore dagli
stessi uffici triestini della Soprintendenza.
Piero Rauber
Avviata la procedura con celerità dall’Authority - LA TEMPISTICA
L’ultimo via libera della Soprintendenza - conseguente come chiarisce Assanti a una versione progettuale «più conservativa, comprendente anche il recupero dei ballatoi, a chiusura della quale la committenza ha fatto un grande sforzo», economico s’intende - si aggiunge agli ok incassati dal 2007 in qua dalla Conferenza dei servizi, dagli uffici regionali preposti alla Via, la Valutazione d’impatto ambientale, e dall’Azienda sanitaria. Ora l’incartamento è in mano all’Authority di Marina Monassi, cui spetta l’ultimo passaggio: l’avvio della procedura d’accordo Stato-Regione per l’accertamento delle compatibilità urbanistiche, iter in cui sono coinvolti anche Comune e Genio civile. «Seguirà un decreto del Provveditore alle opere pubbliche che equivarrà a un Permesso a costruire», semplifica il percorso burocratico Fabio Assanti, titolare della J&T Engineering e nome ricorrente nelle cronache passate anche per essere stato presidente della Trieste Expo Challenge ai tempi della sfida per l’Expo. Tempi in cui, per inciso, si era aperta la voragine di “vedute” tra Giulio Camber, di cui le malizie ricordavano continuamente essere cugino di Assanti, e l’allora sottosegretario agli Esteri Roberto Antonione, lo sponsor in giro per il mondo dell’Expo 2008. L’iter in questione prevede una durata massima di 120 giorni. «Ma 120 giorni - puntualizza ancora Assanti - è il termine massimo. Se non emergono difficoltà istruttorie il decreto può arrivare anche prima». Morale: «nella peggiore delle ipotesi - si sbilancia Assanti - tra una cosa e l’altra potremo piantare la prima gru entro la fine dell’estate». Sarà di certo un momento di svolta per Greensisam, chiamata a pagare dal 2010, per la concessione, un canone annuale da circa 470mila euro, per effetto della “correzione” della Corte dei conti sui 296 euro l’anno pattuiti con l’Autorità portuale nel 2005, al tempo della prima presidenza Monassi.
(pi.ra.)
Quegli edifici storici che nessuno vuole più
I palazzi Kalister e Arrigoni di via Sant’Anastasio e di
piazza Dalmazia sono da anni in uno stato di avvilente abbandono. Difficile
trovare acquirenti
Imponenti, storici, spesso citati nelle guide che accompagnano le visite alla
nostra città, eppure desolatamente vuoti. Di palazzi storici disegnati e
progettati da noti architetti ma purtroppo abbandonati, dimenticati e da anni
senza una destinazione a Trieste ce ne sono parecchi. Alcuni negli ultimi anni
sono stati salvati e recuperati grazie all’intervento dei privati. Gli enti
pubblici per queste bellezze architettoniche non hanno più fondi. AcegasAps, per
esempio, ha salvato palazzo Modello. Un altro caso? E’ intervenuta la
Unoponterosso a ridonare splendore a palazzo Genel e a palazzo Diana per
trasformarli in residenze. La Carlyle ha ridato vita al complesso del Tergesteo,
la Comelli Costruzioni sta lavorando al recupero del palazzo che un tempo
ospitava il teatro Filodrammatico. E ci si chiede che fine faranno palazzo
Biserini di piazza Hortis o il Carciotti che ormai perde pezzi. Il viaggio tra i
vecchi edifici di Trieste parte già da piazza della Libertà dove l’imponente
palazzo Kalister, l’edificio all’angolo tra la piazza e via Sant’Anastasio, da
anni è chiuso, sprangato. Di proprietà di un professionista triestino che sogna
di vendere quegli spazi ad una catena alberghiera, è stato costruito a cavallo
tra il 1879 e il 1882 su progetto dell’architetto Giovanni Scalmanini. Vuoti
anche gran parte dei cinque piani di proprietà delle Ferrovie dello Stato che in
piazza Vittorio Veneto un tempo erano destinati agli uffici dell’Istituto
pensioni degli impiegati del Lloyd Austriaco. Basta spostarsi di poco e arrivare
in Largo Panfilli per imbattersi nella parte retrostante del palazzo delle
Poste. Quella parte della costruzione oggi nelle mani della Fintecna Immobiliare
è “ingabbiata” ormai da due anni. Quando gli operai avevano montato le
impalcature tutti speravano che la riqualificazione di quegli spazi avrebbero
potuto ridare dignità a quella piazzetta ridotta a parcheggio. Indiscrezioni
parlavano della realizzazione di un albergo ma ad oggi i lavori sono fermi. Non
si vede un operaio. Non molto distante, in piazza Dalmazia, è sotto gli occhi di
tutti l’avvilente abbandono di palazzo Arrigoni che doveva diventare il quartier
generale della Banca di Credito di Trieste. Nel 1996 la Kreditna, in 40 giorni,
viene prima messa in amministrazione controllata e poi subito ritenuta fallita e
messa in liquidazione coatta amministrativa. Vittima di quel crac anche il
palazzo che costruito nel 1925 e completamente ristrutturato nel 1995 è disposto
su otto piani gode di superficie lorda di quasi 9.670 metri quadrati, Ogni piano
misura 1.100 metri quadrati tranne il settimo, destinato a sala convegni e sala
interpreti. Ascensori, impianto di riscaldamento e aria condizionata, allarmi,
rilevazione presenze e sistema di aspirazione polveri. Scrivanie, sedie, armadi,
divani e banchi reception. Arredi per un valore stimato intorno ai 3 milioni e
600 mila euro. Ma l’edificio è chiuso. Proseguendo verso il centro città ci si
imbatte nell’imponente palazzo ottocentesco Ras di piazza della Repubblica.
Disegnato da Arduino e Ruggero Berlam e articolato su 5 piani è inutilizzato da
anni. Le generazioni più giovani non hanno mai potuto dare un’occhiata oltre
quella ricca galleria d’ingresso e al di là della preziosa cancellata. La bella
fontana centrale dell’atrio con il gruppo scultoreo di Giovanni Marin sono un
ricordo di chi ormai ha i capelli bianchi. Su Corso Italia da tempo è invece sul
mercato l’ex sede del Banco di Napoli. Abbandonata a tal punto che lo scorso
anno era stato occupato dai disobbedienti.
Laura Tonero
La Stazione Transalpina: un futuro incerto
E che dire della Stazione della Transalpina di via Giulio
Cesare? Disegnata da Max Fabiani viene ufficialmente inaugurata nel 1906.
L’ultimo treno da lì partì nel 1960. La parte destinata ai viaggiatori ospita il
Museo Ferroviario ma il resto della costruzione non è destinata più ad alcuna
funzione. L’amministrazione comunale, in tal senso, si aspetta una parola
definitiva da Trenitalia mentre numerosi intellettuali triestini e non si sono
mobilitati per salvare il Museo ferroviario. Un po’ più fuori dalla città è già
stato oggetto di dibattito il gasometro di Broletto (in foto). Qualcuno avanzava
l’ipotesi di trasformarlo in una sala per la musica ma ad oggi anche
quell’interessante esempio di architettura industriale disegnato nel 1901 da
Francesco Boara, è caduto nel dimenticatoio.
Nesladek a Zagabria presenta lo studio sul rigassificatore
MUGGIA Il Tavolo Tecnico Rigassificatori Trieste ed il
sindaco Nerio Nesladek, su invito del Ministero per l'Ambiente croato, saranno
il 17 aprile a Zagabria per un'audizione che si terrà a partire dalle ore 10.30.
Il Ttrt è composto da circa venti docenti e ricercatori dell’Università di
Trieste, dell’Ogs e del Cnr che si sono prestati gratuitamente per il sindacato
Vigili del Fuoco della Uil ad esaminare il progetto del "Terminale di ricezione
e rigassificazione GNL Zaule-TS", il cosiddetto rigassificatore di Zaule,
presentato da Gas Natural riscontrandone “carenze e artifici progettuali su
sicurezza e inquinamento”. Nell'incontro di Zagabria, i tecnici esprimeranno le
proprie valutazioni circa la compatibilità ambientale e i rischi antropici
legati alla realizzazione di un impianto di rigassificazione nell'area dell'Alto
Adriatico, proponendo soluzioni alternative. L'incontro si propone di gettare le
basi per la creazione di un tavolo tecnico congiunto che preveda la
collaborazione transfrontaliera di tecnici ed esperti di Slovenia e Croazia,
nell'ottica di giungere all'organizzazione di un Simposio internazionale sui
problemi dell'energia nell'Alto Adriatico con il coinvolgimento diretto della
Regione Friuli Venezia Giulia, Slovenia e di Croazia. Dopo un primo incontro
pubblico tenuto nel dicembre 2010 al teatro Bobbio di Trieste, gli esperti del
Ttrt hanno illustrato al pubblico e alle istituzioni i risultati del proprio
lavoro (disponibili sul sito www.uilvvf.fvg/ttrt) anche in un incontro promosso
dal Comune di Muggia al teatro Verdi in febbraio. Un nuovo incontro con gli
esperti del Ttrt promosso dal Comune di San Dorligo della Valle è previsto per
giovedì 19 aprile alle 18.30 nel centro visite della Riserva naturale della Val
Rosandra a Bagnoli.
“Cullato” per 70 anni dalla Val Rosandra sfregiata da scriteriati
Palestra di vita e di roccia per gli amanti
dell’arrampicata Un errore madornale che gli alpinisti non perdonano
Nella primavera del 1942 sono andato per la prima volta in Val Rosandra.
Settant' anni fa. Un momento drammatico della mia esistenza, nell'attesa della
“cartolina rossa” che avrebbe scaraventato nell'orrore di una guerra non voluta,
odiata, che ti obbligava a vivere in un incubo prolungato, inaridendo la
giovinezza, speranza, futuro. Allora ti aggrappavi ad ogni cosa che poteva
offrirti di una possibilità d'esistenza. Un compagno di tennis, allievo della
Scuola di Alpinismo Emilio Comici, si era messo in testa di farmi provare
l'arrampicata, dicendo che avevo il fisico adatto: forte di braccia, agile,
leggero....Avevo accettato proprio per la ricerca di sensazioni nuove, certo che
la roccia avrebbe costituito per me un diversivo estemporaneo. Così ero andato
in Valle, quella lontana primavera di settant' anni fa. E la Valle da allora non
l' ho più abbandonata. E quelle domeniche dedicate alle sue rocce chiare avevano
costituito non certo un passatempo ma una passione che strappava dall'orrore,
dall'instabilità, dalla triste passività giornaliera: un motivo di fede, di
amore. La settimana nell'attesa della domenica dove, nella piccola conca valliva
in funzione della montagna, avrei trovato l'abbraccio con la bellezza della
natura, cui aggrapparmi con passione disperata. Un giorno, la domenica, che
significava vita e amore. Non solo per la prassi ardente della scalata, per il
gruppo di meravigliosi amici – i “Bruti”- con i quali condividevo il mito
dell'arrampicata; ma per l'inconsueta, irripetibile bellezza di questa valle,
piccolo scrigno di selvaggia, incontaminata bellezza, che si raggiungeva
camminando in poco più d'un'ora, e per quel giorno, avrebbe permesso di
ritrovare se stesso, la speranza, la vita. Appena giunto, arrampicavo con i
compagni lungo le erte paretine, i torrioni, le gugliette; poi, ci si ritrovava
con le altre cordate al torrente, a divorare le strane, esigue provviste portate
da casa. Ma specie per ristorarci tuffandoci nelle acque fresche di quel nastro
d'argento che scorreva spumeggiando tra i varchi di rocce lisce, o s'adagiava
quieta per una pausa magica in una vasca più profonda, racchiusa come perla
preziosa tra il verde della vegetazione o il grigio delle rocce. Poi, dopo la
pausa, tornavamo a scalare con ansia disperata, perché il pomeriggio inoltrato,
poi la sera, preannunciavano la fine di quella giornata d'incanto, strappata
all'orrore ed all'ansia della guerra incombente. Talvolta, quando l'angoscia
troppo forte non trovava sfogo neppure nelle salite più dure, scendevo al
vecchio mulino per risalire da solo lungo il percorso incantato del torrente
Rosandra. E questo itinerario ho continuato a seguirlo lungo tutto l'arco della
mia vita, finché le forze e la salute me l'hanno consentito. E dopo, in questi
ultimissimi anni, l'ho ripercorso con la mente e col cuore. La bellezza assoluta
incanta sempre la mente e il cuore, quando la natura ti riserva il dono di
poterla incontrare. Di poterla capire. Di poterla amare. Il fascino
incomparabile del “Rosandra”! Penso, nella mia non breve esistenza dedicata alla
montagna, di non averne mai trovato di uguale! Per fascino, emozione, dolcezza.
Il torrente, fondamento di tutta la Rosandra, che da esso pare innalzi le sue
pareti verticali in un anelito al cielo. Il torrente, che l'inscusabile,
inutile, crudele violenza ha ora voluto distruggere, minando la base d'un sito
senza pari, sospeso come un miracolo tra l'altipiano del Carso e la pianura
istriana. Andava proprio fatta questa pulizia dell'alveo? Perché innanzi tutto
il sindaco del comune di San Dorligo ha rifiutato l'offerta di un gruppo
d'abitanti della zona che si erano dichiarati pronti ad effettuare gratuitamente
la rimozione delle ramaglie giacenti nel letto del Rosandra? Ma no, niente
incarico a privati che, proprio perché del luogo offrivano la garanzia di ben
conoscere l'ambiente. Niente lavori fatti in casa: ma la richiesta
dell'intervento con trombe e tamburi della Protezione Civile che ti sguinzaglia
200 volontari presuntuosi e trasforma la presunta “pulizia” in scellerata,
inconcepibile, delittuosa devastazione, in orribile, assurdo scempio. Non
occorreva essere Einstein per capire che gli alberi non devono mai essere
tagliati in queste circostanze, perché proprio in caso di esondazione frenano e
rallentano il deflusso delle acque. Bisognava davvero eseguire questa pulizia
del letto del Rosandra? Ma allora, risultava indispensabile scegliere il momento
adatto. E non predisporre il criminale intervento proprio nel periodo di
nidificazione degli uccelli e la nascita degli anfibi, le cui riproduzioni
appaiono adesso seriamente compromesse. E cosa dire del camion che, per andare a
caricarsi gli alberi abbattuti da trasportare in non tanto ignota e corretta
destinazione, riesce con abile, elegante manovra, a distruggere alcuni gradini
in arenaria costruiti tre anni fa con i fondi della Comunità europea? Val
Rosandra, amata, illustrata dagli scritti di grandi autori (Giani Stuparich,
Guido Devescovi) e dall'amore di sommi alpinisti (Bianca Di Beaco, Enzo
Cozzolino) Val Rosandra in cui ho accompagnato, artisti, attori, filosofi
scienziati. Val Rosandra che ha arricchito la mia vita di scalatore e di uomo,
cui per grata, infinita riconoscenza ho dedicato settant'anni di amore. Val
Rosandra, piccolo gioiello che la natura ha voluto regalare a Trieste e che la
prosopopea sprovveduta, ignorante, becera d'un potere cieco e demente ha voluto
colpire nella sua base fondamentale e più preziosa: il torrente. Dio voglia,
nella Sua infinita bontà, ridarci quell'angolo di bellezza incomparabile che
l'ignoranza, la stupidità, il sadismo dei nostri dissimili hanno senza motivo
distrutto. E nella Sua misericordia voglia pure perdonare agli autori lo scempio
assurdo e delittuoso di cui si sono resi colpevoli. Perché gli alpinisti, gli
uomini, ben difficilmente potranno farlo.
SPIRO DALLA PORTA XYDIAS
Sceneggiatore con oltre 50 scritti all’attivo
Spiro Dalla Porta Xidias è nato a Losanna nel 1917 ma vive
da tempo a Trieste. È stato sceneggiatore e alpinista e ha scritto circa 50
libri dedicati alla montagna e ai suoi protagonisti. Traduttore di molti dei
libri classici dell’alpinismo, come le opere di Pierre Mazeaud, Lionel Terray,
Anderl Heckmair, Kurt Diemberger, Tony Hiebeler e Dumler. Ha vinto cinque premi
internazionali di letteratura. È stato direttore editoriale di Alpinismo
Triestino e ha collaborato molti anni con Il Piccolo, Il Messaggero Veneto, Il
Gazzettino e altre testate di alpinismo. Socio Accademico del Club Alpino
Italiano. In montagna ha effettuato 107 vie nuove su monti in Italia, Grecia,
Montenegro e Norvegia. Ha fondato la stazione di soccorso alpino a Trieste,
Maniago e Pordenone. Per meriti riconducibili al soccorso alpino ha ricevuto il
conferimento dell’Ordine del Cardo. I suoi incarichi lo hanno visto presidente
dell’Accademico Orientale, Consigliere Centrale del CAI e, infine, attualmente è
Presidente del Gism, Gruppo Italiano Scrittori di Montagna. Una delle
definizioni più lusinghiere di Spiro Dalla Porta Xidias porta la firma di un
altro noto scrittore e amante della montagna, Mauro Corona. Corona ha descritto
infatti lo sceneggiatore e alpinista «un nobile signore dei tempi passati, un
giovane uomo di soli 95 anni che indica la propria strada».
SEGNALAZIONI - Val Rosandra - Bastava la manutenzione
Il vicepresidente del F.V.G. nonché assessore all’Ambiente dà l’ok al massacro. Appena arrivato a Trieste immediatamente trovo una brutta notizia su “Il Piccolo”, che mi colpisce come un “pugno al plesso solare”: “Val Rosandra “violata”, strage di alberi”. Incredulo e boccheggiante, leggo l’articolo di un fiato e la mia rabbia “monta”, ma è mai possibile che sia tutto vero? Siamo davvero di fronte ad un ennesimo misfatto dei soliti “beceri” aggressori alla natura incolpevole? Ancora incredulo, ma con poche speranze, voglio assicurarmene di persona e così mi reco assieme al nipotino in quei luoghi, tanto cari e noti sin dall’infanzia, scegliendo la “domenica delle palme” come buon auspicio! Giunti al paesino, troviamo un’insolita marea di gente e tanti giovani, quasi tutti discutono animatamente, poi percorriamo il torrente in secca tra raffiche di bora e un continuo andirivieni di persone silenziose. Passo, dopo passo constatiamo amaramente lo scempio perpetrato! Ai nostri occhi si presentava uno spettacolo terribilmente desolante e tutto appariva devastato alla stregua del passaggio di una “orda di barbari”, mentre invece era passata la Regione con il suo Assessore e la Protezione Civile! Notammo che rimanevano in “bella” evidenza, a dimostrare “l’insano” intervento, i poveri resti di grandi e robusti alberi, sia nel letto del torrente, sia sulle sponde, chiaramente utili ad evitare le frane degli argini stessi e infine notevoli quantità di rami e sterpaglie abbandonate nell’alveo o sulle sponde del torrente in secca! Il tutto rivelando nel complesso un intervento veloce e pressappochista! Si analizzi la motivazione accampata dell’assessore regionale all’Ambiente (sic!) della necessità immediata dell’intervento per evitare gravi esondazioni, ma tale asserzione non regge! Infatti, le piante nell’alveo e, ancor meglio, sugli argini del torrente esistevano da decine d’anni senza interferire nel deflusso delle acque! Perciò non era questo il problema! Invece, i veri problemi non sono gli alberi sani, ma quelli caduti e i rami secchi, che si accumulano negli anni nell’alveo formando delle “dighe naturali” e poi, cedendo improvvisamente, riversano notevoli ed improvvise quantità d’acqua a valle! Sarebbe risultata di gran lunga più opportuna, molto meno onerosa e non invasiva nell’equilibrio dell’ecosistema, una normale e tradizionale manutenzione biennale del corso d’acqua! Per un assessore all’Ambiente, tra l’altro provvisto di autista e auto blu a spese dei cittadini, dovrebbe essere buona norma recarsi sui luoghi dei lavori e verificarne il loro corretto andamento! A voi giovani l’ardua sentenza alle prossime elezioni regionali, l’arma della tremenda vendetta è nelle vostre mani: una matita!
ing. Bruno Strukel
Horti Tergestini, il “verde” e il giardinaggio in mostra
Torna oggi e domani al Parco di San Giovanni Horti Tergestini, la manifestazione dedicata al giardinaggio e alla cura del verde giunta alla settima edizione, sempre a ingresso gratuito, in programma come tradizione dalle 9 al tramonto. Quest'anno l'ospite d'onore è il decano dei botanici triestini, Livio Poldini, professore emerito, già ordinario di Ecologia vegetale dell'Università di Trieste. «Horti Tergestini è diventata la più importante mostra del Friuli Venezia Giulia, non per i numeri, che comunque non sono di poco conto, quanto per la qualità – spiegano gli organizzatori - in un circolo virtuoso tanto più sono eccellenti gli espositori tanto più sono raffinati i visitatori, e viceversa. E noi cerchiamo ogni anno di venire incontro ai desideri e ai sogni del giardiniere appassionato. Accanto ai vivaisti più blasonati d'Italia, che hanno creduto in noi fin dalla prima edizione, oggi possiamo contare anche su quelli di nicchia, che arrivano con le loro collezioni botaniche, come quelle di ellebori, di aceri giapponesi, di aquilegie inglesi, di orchidee rustiche da giardino, di sinningie, di tillandsie, di minihoste, di glicini, di viti ornamentali, di clematidi, di frutti antichi, di restionacee, di poacee, di felci, di piante acquatiche e palustri». Oltre a piante e fiori in vendita ci saranno anche agli arredi per il giardino, vasi da balcone o casette per gli uccellini, i fiori, gli animali e gli uccelli in ferro riciclato che hanno avuto grande successo l'anno scorso. Tra le novità gli arredi di vimini di Salix, il vivaio-laboratorio di Anna Patrucco. E ancora stand che proporrà abbigliamento country o i cappelli delle romantiche signore inglesi. L’inaugurazione questa mattina alle 10, alla presenza di Livio Poldini. Tantissimi gli eventi nella due giorni, il programma completo è visibile sul sito www-hortitergestini.it. Tra questi oggi alle 11 “Kaki Tree Project - L'Albero della Pace arriva a Trieste” con il botanico Masayuki Ebinuma , alle 11.30 "Il Cercarose - 1000 rose dal Roseto di San Giovanni a Trieste" a cura di Pier Luigi Nimis. Alle 12 "Passeggiate nel Parco tra storia e arte" per riscoprire la storia della città attraverso una visita guidata nel Parco, con ritrovo accanto alla chiesa del Buon Pastore. Nel pomeriggio alle 15 "Dimostrazioni sui rinvasi delle orchidee" presso lo stand dell'Atao (Associazione Triveneta Amatori Orchidee), alla stessa ora previste anche dimostrazioni di tecnica-bonsai. Domani alle 11 “Ortovi” laboratorio di narrazione e costruzione di storie e mini-orti che ogni bambino potrà portarsi a casa alla fine dell'esperienza, realizzato da Cooperativa sociale Cassiopea di Trieste condotto da Barbara Della Polla al Teatrino Franco e Franca Basaglia, a ingresso libero. Domani sempre alle 11 "Natura in rete" laboratorio per tutti a partecipazione gratuita. Ma la lista di appuntamenti del week end è lunghissima e prevede iniziative rivolte anche ai bambini. Horti Tergestini è realizzato grazie a Comune, Provincia di Trieste, Camera di Commercio, Azienda per i Servizi Sanitari n° 1 “Triestina”, Agricola Monte San Pantaleone, Cooperativa Sociale Onlus , Associazione orticola del Friuli Venezia Giulia “Tra Fiori e Piante” Onlus.
Micol Brusaferro
Gorizia, pista ciclabile che mangia la rotaia - L’INTERVENTO DI LUIGI BIANCHI
Sarebbe saggio impegnarsi piuttosto a promuovere opere
in grado di trasferire il traffico merci dalla strada ai convogli ferroviari
I saggi amministratori del goriziano sono all’opera per contendere alla
Capitale il premio Attila della rotaia. Il venerdì santo l’annuncio: ”La
ferrovia di Fincantieri diventerà pista ciclabile… Due chilometri da Ronchi Sud
utilizzati assai di rado...I vagoni sono ormai ridotti a poche unità all’anno…”.
L’operazione non è limitata alla pista ciclabile ma investe anche
l’autotrasporto: ”…garantire una viabilità alternativa e funzionale per il
passaggio dei mezzi pesanti a servizio dell’attività del cantiere navale”.
Dunque perfetta consonanza con il Gruppo FS, ormai interessato ai soli treni
completi, che chiude i raccordi industriali, il principale strumento del porta a
porta ferroviario e, come tale, essenziale per la riconversione modale (più
rotaia e meno gomma), di stringente attualità a fronte dell’invasione dei Tir
stranieri che mettono in crisi l’intermodalità nazionale. I saggi
amministratori, dopo aver assecondato l’abbandono del raccordo Cormons –
Redipuglia, importante segmento della logistica regionale, con la guerra ai
raccordi industriali ribadiscono di non aver ben chiara l’esigenza del mondo
imprenditoriale di contrastare il disimpegno delle FS dal traffico merci
internazionale che ha messo in crisi la competitività della catena logistica
nazionale. Saggi amministratori dovrebbe invece richiedere l’impegno della
Regione nel caso di mancata resipiscenza delle FS nella realizzazione della
Cormons – Redipuglia, opera fondamentale, insieme con la Metropolitana leggera,
per consentire un programma di esercizio in grado di affrontare efficacemente la
mole di traffico container come quello ipotizzato dal progetto Unicredit. Saggi
amministratori dovrebbero infatti essere a conoscenza che il completamento del
raccordo è valida alternativa, meno onerosa, rispetto al raddoppio della
Cervignano – Udine, per il pieno sfruttamento della Pontebbana. Saggi
amministratori dovrebbero invece promuovere una missione a St .Moritz, per
verificare sul campo che il raccordo Pontresina – Samedan, lungi dall’isolare il
centro dell’Engadina, ha contribuito positivamente all’incremento della mobilità
viaggiatori sgravandolo dal traffico merci di transito. Saggi amministratori non
pensano solo alle piste ciclabili, ma si impegnano per promuovere opere in grado
di trasferire il traffico merci dalla strada alla rotaia aprendo le porte al
progetto Adria-A, congeniale allo sviluppo della mobilità viaggiatori
transfrontaliera. Isolamento e marginalità si superano solo con programmi di
esercizio che sfruttano le infrastrutture nella compatibilità del traffico merci
e passeggeri.
luigi.bianchi10@tin.it
Distrutto il ginepro in Carso, prospera l’infestante Ailanthus - LA LETTERA DEL GIORNO
Dopo Basovizza, procedendo verso Kosina ma subito fuori
dell’abitato, vi è sulla destra una landa sassosa dove un tempo vi furono
boschi, ma che adesso a quel che ricordo è sempre stata un deserto con pietra
carsica arrotondata dal tempo e delle temperie, qualche spurgo di terra rossa
qua e là. Erba rada, dura, arsa dal sole, bruciata dalla bora d’inverno. Ma dove
il seme cadeva e trovava la zolla radicava il ginepro. Valoroso e resistente
s’alzava e si espandeva di anno in anno popolando quel deserto, soldati
combattenti contro l’arsura ed il gelo. Quel pomeriggio d’inverno del 2007 scesa
dell’auto per una passeggiata, vidi il territorio cambiato e sconvolto. Ecco per
terra schiantato il primo grande ginepro. Più in la altri, tagliati divelti. Non
ne avevano risparmiato uno! Tutti buttati sui sassi, tra gli sterpi. Là dove non
vive pianta, i ginepri hanno saputo sopravvivere e crescere per venti,
cinquant’anni. Non ci saranno più i minuscoli fiori celesti e profumati e nella
tarda estate le bacche nere aromatiche e medicinali. Perché sta accadendo tutto
questo, quale danno producono il ginepro, il sommacco, il pino nigra e altre
essenze della nostra terra? Più in là un cartello che scrive di pascoli futuri.
Per chi renna, cammello, capra, lama? Meglio non vedere, non sentire, non
pensare. Così è stato disinfestato il Carso presso Sistiana, da vegetazione
locale giudicata dannosa. Chi prospera è l’Ailanthus altissimo: alto
improduttivo, senza grazia né armonia, infestando il territorio con rapidità
senza soffrire freddo e aridità. Si tace a ogni decisione dell’onnipotenza! Si è
cittadini ossequienti e perfetti. Progetto interregionale Italia Friuli
2007-2013 finanziato di 300.000 euro iniziali da Bruxelles. Ma Basovizza non è
ancora Friuli! Attraversiamo la larga strada asfaltata e inoltriamoci sulla
sinistra per un sentiero che conduce all’interno del Bosco Ressel. Pini nigra
piantati nella landa deserta 150 anni fa hanno valso all’Austria il
riconoscimento di benefattrice dell’umanità. Pace, aria buona, il canto di
qualche uccello, ma procedendo ecco che vi sono tanti fusti eretti, seccati e
altri obliqui che, morti, pesano su quelli sani. Il disordine, la decadenza, non
vi è mano che curi abbatta e risani il bosco invecchiato. L’esperto, che spende
tempo e denaro ad eliminare i ginepri sani utili nel creare humus, non cura il
malato e il decadente. Matilde Turk
LA REPUBBLICA - VENERDI', 13 aprile 2012
"Tangenti per il rigassificatore di Brindisi" - Corruzione prescritta, confiscata l'area - LA SENTENZA
La decisione dei giudici a 5 anni dal sequestro del
cantiere dell'impianto. L'ex sindaco e i veritici della società protagonisti del
giro di mazzette che avrebbe accompagnato le autorizzazioni. Cinque mesi all'ex
ad del colosso britannico, che annuncia azioni legali
A cinque anni dal sequestro del cantiere del rigassificatore di Brindisi che
dovrebbe sorgere nell'area di Capobianco arriva la confisca. Lo ha deciso il
collegio giudicante del tribunale di Brindisi che ha accolto la richiesta dei
pubblici ministeri nel processo al colosso British gas. Un processo nato dalle
accuse all'ex sindaco Giovanni Antonino, imputato insieme ai dirigenti della
società, per un presunto giro di tangenti utili ad oliare gli ingranaggi
amministrativi e ottenere l'autorizzazione. Il tribunale di Brindisi ha
dichiarato prescritte le ipotesi corruttive, come aveva già annunciato l'accusa,
respingendo le richieste di assoluzione formulate dalla difesa. Condannato a
cinque mesi l'ex amministratore delegato della società, Franco Fassio, accusato
di occupazione abusiva di suolo demaniale. La sorpresa, però, è stata il rigetto
in toto delle richieste risarcitorie formulate dalle parti civili, fra cui gli
enti locali e tutte le associazioni ambientaliste del territorio.
La Bg annuncia azioni di tutela in sede legale oltre che ricorso non appena
saranno depositate le motivazioni della sentenza. Solo qualche settimana fa, la
multinazionale aveva messo in mobilità i lavoratori impiegati nella sede
amministrativa di Brindisi, che ha chiuso definitivamente i battenti. La scelta
non ha significato "la rinuncia al progetto", precisò la società, lamentando gli
"undici anni di ritardo nella concessione dei permessi" e dicendosi pronta a
procedere per veder riconosciuti i propri diritti.
Nel frattempo, il 4 aprile scorso, il progetto ha incassato anche la bocciatura
del comitato tecnico regionale (Ctr), che non ha concesso il nulla osta di
fattibilità. Scelta contro la quale British gas ha ugualmente annunciato azioni
legali
SONIA GIOIA
IL PICCOLO - VENERDI', 13 aprile 2012
L’Ue preme: «Intesa tra Italia e Slovenia sui rigassificatori»
La richiesta è del commissario Ue all’ambiente Potocnik: «Serve più dialogo tra i governi dei paesi dell’Alto Adriatico»
«La Commissione europea segue con attenzione i progetti
per la costruzione dei rigassificatori nel golfo di Trieste ed e' impegnata a
sollecitare il dialogo tra Italia e Slovenia». Lo ha ribadito ieri a Lubiana il
commissario europeo per l'ambiente Janez Potocnik, ospite della seduta congiunta
dei Comitati per l'ambiente e Affari europei del Parlamento sloveno. Secondo
Potocnik, una soluzione che fosse il risultato del dialogo tra i due Paesi,
sarebbe sicuramente migliore per l'ambiente e per gli stessi Paesi coinvolti che
non una soluzione che prescindesse da un sereno confronto tra Roma e Lubiana.
Per il commissario, in prospettiva e' necessario pensare a una strategia comune
per l'Alto Adriatico, che coinvolga tutti e tre gli stati che vi si affacciano:
Italia, Slovenia e Croazia. I rigassificatori nel golfo di Trieste sono un
investimento italiano, ha sottolineato Potocnik, che deve essere effettuato nel
rispetto delle direttive europeo. «Se esiste un impatto ambientale
transfrontaliero, e in questo caso esiste, e' necessario consultare il Paese
vicino. Da parte italiana questo e' stato fatto», ha ricordato Potocnik che ha
aggiunto come la Commissione insiste affinche' la valutazione dell'impatto
ambientale venga effettuata tenendo conto di tutti e tre gli impianti
progettati: il rigassificatore di Zaule, quello off-shore e il gasdotto. Per
quanto riguarda infine l'eventuale procedura di infrazione, il commissario
europeo per l'ambiente ha rilevato che questa puo' scattare – qualora
l'infrazione fosse riscontrata - soltanto dopo che saranno rilasciate le licenze
edili per la costruzione dei terminal. E questo finora non e' avvenuto.
Bruxelles comunque, ha spiegato Potocnik, continua a seguire la vicenda e a
insistere sul dialogo. La Slovenia e' contraria ai rigassificatori nel golfo di
Trieste fin dall'inizio e questa posizione e' stata ribadita recentemente anche
dal nuovo ministro dell'agricoltura e l'ambiente Franc Bogovic, secondo cui a
Lubiana e' cambiato il governo, ma non l'atteggiamento sui terminal. Per la
Slovenia i rigassificatori sono inaccettabili, soprattutto quello off shore, ha
dichiarato alcune settimane fa il ministro sloveno nel corso di un incontro con
la stampa. In quella stessa occasione, anche Bogovic, come ha fatto ieri
Potocnik, si era espresso a favore di una strategia comune di Italia, Slovenia e
Croazia per la gestione dell'Alto Adriatico. I terminal rigassificatori, secondo
il ministro, non sono compatibili con gli interessi turistici e ambientali in
quest'area. Tornando all'intervento di ieri del commissario europeo di fronte ai
deputati del Parlamento sloveno, Potocnik ha voluto sottolineare che bisogna
fare attenzione, negli sforzi per uscire dalla crisi economica e finanziaria, di
non aprirne altre, di crisi, e di non trascurare l'ambiente. La crescita e i
nuovi posti di lavoro sono importanti, ha ribadito Potocnik, ma bisogna pensare
anche alla qualita' e non solo alla percentuale di crescita: sfruttare in modo
piu' razionale le risorse naturali non e' solo una questione di rispetto
dell'ambiente, ma anche un vantaggio economico.
Franco Babich
Val Rosandra, ora le aziende temono l’arrivo della piena
Le imprese di via Flavia che si affacciano sul canale
navigabile: «A causa di arbusti che fanno da tappo qui resta la minaccia del
torrente»
La devastazione della Val Rosandra, conseguenza dell’intervento - datato 24
e 25 marzo scorsi - di “pulizia” dell’alveo del torrente. Uno scempio con coda
di proteste e accuse che hanno investito Regione, Protezione civile e Comune di
San Dorligo, di documenti che spuntano e altri che vengono momentaneamente
secretati, di esposti e pure di un’inchiesta giudiziaria avviata. Al quadro si
aggiunge ora un dettaglio in più, dal sapore del paradosso: riguarda il degrado
dell’alveo del torrente Rosandra nella sua parte più vicina allo sbocco nel
Canale navigabile, lontana insomma dalla valle violata. E su cui nessuna azione
di semplice pulizia è stata messa in atto. Tutto il contrario di quanto
successo, in maniera dirompente, più su. Eppure - si scopre - il tema è noto,
perché già sollevato. Rami, foglie, arbusti, alberi sradicati, che in caso di
piena del corso d’acqua potrebbero determinare pericolosi effetti “tappo”: una
situazione segnalata infatti alla Regione, ai Comuni di Trieste, Muggia, San
Dorligo della Valle e all’Ezit in una lettera inviata loro il 28 novembre del
2011 dall’Autamarocchi, capofila di alcune aziende insediate in zona e
preoccupate dallo stato di degrado in cui versa la porzione del vicino torrente
e dai possibili rischi derivanti per le loro attività. Uno scritto che,
peraltro, aveva fatto seguito a un’altra raccomandata «di data 2/11/2011»,
puntualmente citata nella missiva successiva. «In caso di piena - recita la
lettera del 28 novembre - gli alberi sradicati impedirebbero il normale deflusso
delle acque andando a formare tappi, in particolare all’altezza
dell’attraversamento di via Flavia e dei due ponti che conducono alle aree
Teseco e Seastock, con conseguente esondazione». L’alveo, è specificato ancora
nel documento, «è interessato dal deposito di rifiuti d’ogni genere ed ha subito
negli anni importanti modifiche nel profilo», a causa di «vegetazione
spontanea», «accumulo di sedimenti terrigeni» e «detriti vari». I tre punti
critici coincidono con tre ponti: quello di via Flavia all’ingresso di Aquilinia,
il secondo che porta alle aree Teseco e infine l’ultimo, che condurrà alle aree
del futuro terminal ro-ro. Nella lettera, con la quale veniva richiesto un
sollecito intervento alle istituzioni per riportare la situazione alla
normalità, era stato portato all’attenzione degli enti stessi il pericolo di
«danni che potrebbero conseguire al nostro patrimonio mobiliare e immobiliare,
così come a quello delle altre realtà, imprenditoriali o private, presenti in
zona». Uno scenario preoccupante, prospettato quale conseguenza più grave di una
“piena” che gli imbuti via via formatisi faticherebbero a contenere. Qualche
anno fa, fra l’altro, un innalzamento del livello del torrente causato dal
ripetersi di rovesci temporaleschi creò non pochi problemi a un paio di aziende
di quell’area. E in effetti, pure Enrico Samer, amministratore delegato della
Artoni&Samer, operativa anche con la Frigomar, riconosce a cinque mesi di
distanza dalla segnalazione come «sia importante effettuare quest’intervento,
essendo l’alveo del torrente non pulito da parecchio tempo. È auspicabile si
proceda - conclude Samer -: se lo dicono le società che ci lavorano più vicine,
sicuramente va fatto».
Matteo Unterweger
«Alvei puliti, alzate la guardia» Ma i Comuni snobbano l’appello - MONITO DI LEGAMBIENTE
Nonostante l’eco avuta dal “caso Val Rosandra”, il grido di allarme lanciato da Legambiente sui pericoli che altre aree della regione potrebbero correre, è stato ignorato. Gli ambientalisti hanno rivolto un appello a 35 comuni del Friuli Venezia Giulia interessati dal proseguimento dell’operazione “Alvei puliti”. Ma l’sos non ha ottenuto la risposta sperata. L'incontro informativo sulla manutenzione dei fiumi e delle acque pubbliche, che si è tenuto l’altro pomeriggio a Udine, ha visto la partecipazione solo di 15 persone e, tra l’altro, si è visto togliere dalla Regione stessa la sala che era stata concessa in un primo momento. Su quest'ultimo dettaglio Emilio Gottardo, responsabile Biodiversità, acque e foreste dell’associazione, non si sbilancia. «I motivi sono formali, dieci giorni fa abbiamo svolto altre iniziative senza che la Regione abbia eccepito alcunché. Certo ci aspettavamo un'attenzione più ampia». L’incontro, che voleva essere un’occasione di confronto tra i Comuni individuati per le prossime sessioni dell’operazione, non ha fatto centro. Eppure erano presenti autorità di peso: Livio Poldini e Andrea Goltara, che hanno illustrato le modalità corrette con cui operare. Tra i punti di discussione, è stato preso in esame anche o l'impiego improprio dei volontari. Gottardo ha sottolineato il valore forte del volontariato all'interno di questi progetti, ma anche il suo carattere di emergenzialità. «Bisogna che l'amministrazione regionale esca dalla concezione emergenziale degli eventi anche quando non lo sono, come in questo caso, per dare spazio alle strutture interne proprie, delle Regioni e degli enti locali, deputati alla manutenzione del territorio».
(l.b.)
Il docente di Idraulica: «Intervento eseguito senza principi tecnici»
«È stato un intervento inappropriato per le dimensioni e
per il luogo in cui si trova la Val Rosandra». Commenta così l’operazione “Alvei
puliti” Elpidio Caroni, professore di Idraulica all'Università cittadina: «Non
c'è principio tecnico - precisa - per attuare un intervento di questa misura in
un sito extraurbano e per giunta su un corso d'acqua minore come quello in
questione». Normalmente interventi del genere vengono organizzati dalle
amministrazioni che poi li assegnano a privati, ma in questo caso non è stato
così. Se l'è presa la Protezione civile - su richiesta del Comune di San
Dorligo-Dolina - la responsabilità di “bonificare” l'area e i risultati sono
stati quelli che tutti conosciamo. «Serve progettazione - esclama Caroni -.
Interventi che mirano al miglioramento del naturale sviluppo idraulico di un
corso d'acqua sono, anzi, devono essere tutelati da un progetto che individui le
variabili e faccia fede al contesto nel quale viene concepito. Non si può
generalizzare e trattare un corso d'acqua come quello della Val Rosandra come
fosse il Tagliamento». Il docente esprime dissenso e critica prettamente dal
punto di vista dell'idraulica e dell'idrologia, materie nelle quali è esperto:
«Non entro nel merito della biosfera, non è il mio ambito», aggiunge. Ma
probabilmente non serve: chiunque può rendersi conto che l'intervento della
Protezione civile dal punto di vista botanico-ambientalistico sia stato un
disastro. Lo hanno ribadito con forza quanti hanno manifestato domenica scorsa
in piazza Unità d’Italia sotto il palazzo della Regione, ma anche i tanti che si
sono espressi via web, accostando due foto del prima e dopo 25 marzo (giorno
dell’intervento), e commentando il tutto con un «che tristezza». Il professore
tratta la questione soltanto sotto il profilo tecnico e aggiunge: «C'è un terzo
motivo per il quale considero questo intervento esagerato. Che bisogno c'era di
estendere l'opera di pulizia degli alvei anche a monte dei centri abitati? Il
pericolo di un potenziale straripamento del letto del fiume sussiste a valle, è
evidente che i lavori sono stati promossi ed eseguiti da chi, per essere
diplomatici, non è di certo un habituè di operazioni di simile impatto». Caroni
aggiunge infine: «Ho fatto un sopralluogo domenica primo aprile e ciò che ho
potuto notare fin da subito è che i lavori, nelle zone fluviali fra il rifugio
Premuda e Bagnoli, sono stati eseguiti male. Se davvero l'intervento mirava a
evitare possibili alluvioni è soprattutto lì che doveva concentrarsi, lì dove le
ceppaie continuano a ostruire l'alveo fluviale». Un intervento inutile sotto
ogni punto di vista quindi, inadeguato anche per l'unico presunto vero motivo
per il quale era stato concepito. Sebastiano Blasina
E i ceppi rimasti diventano rossi - La provocazione - A dipingerli con il colore del sangue l’artista Giovanni Franzil
Per contestare il “deserto” che la Protezione civile ha provocato col suo intervento a metà delle Val Rosandra, non esistono solo le denunce alla magistratura, le manifestazioni pubbliche di protesta e la mobilitazione di chi vuole che l’ambiente sia rispettato. C’è anche chi per sottolineare lo scempio degli alberi e d’alto fusto effettuato a suon di motoseghe, ha scelto di dipingere i ceppi e i “moncherini” rimasti con la vernice rosso-sangue. L’artista che ha scelto questa efficace forma di protesta è l’architetto e pittore Giovanni Franzil. Sulla superficie piana dei ceppi ha steso il colore e poi lo ha ricoperto con una strato di cera in modo che l’acqua non lo cancelli. Non si sa quanto resisterà alle intemperie ma di certo quanto l’architetto ha fatto e poi fotografato rappresenta una forma artistica di non comune protesta. Il colore rosso sangue - simbolico, ma ben visibile a tutti - potrebbe essere applicato a buona parte di ciò che resta di quel bosco. Altre piante, altri arbusti sono stati uccisi nell’intento di “ripulire l’alveo del torrente” per evitare piene e inondazioni. Quanto questo proposito sia errato e dannoso, lo ha spiegato il professor Livio Poldini. «Gli alberi e gli arbusti, frenano l’impeto delle acque. Al contrario gli alvei cementati aumentano la velocità del flusso che innesca l’erosione».
c.e.
Come far rivivere gli edifici inutilizzati al servizio della città
Riqualificazione urbana basata sulle necessità del
territorio Provincia e ManifeTso 2020 insieme nel progetto
Anche Trieste, come tutte le città, presenta delle interruzioni nel suo
tessuto urbano: sono i tanti edifici inutilizzati che punteggiano la sua
cartina. Questi spazi, ora vuoti e privi di di funzioni, possono però acquisire
un nuovo senso in un’ottica di rigenerazione urbana. Questo è lo spirito della
convenzione firmata dalla Provincia con ManifeTSo2020, associazione composta da
un gruppo di giovani studenti, ricercatori e professionisti. Con la sigla
dell'accordo la Provincia sancisce la propria adesione al progetto “Spazi
Opportunità”, che si prefigge l'obiettivo generale di promuovere una
riqualificazione urbana sostenibile all'interno del territorio «partendo dalle
esigenze della comunità locale e in coerenza con la pianificazione degli enti».
«L'associazione è nata nel 2011 da un gruppo autofinanziato di ricercatori e
liberi professionisti - dice Marco Barbariol di ManifeTSo2020 -. L'anno scorso
abbiamo distribuito quasi duemila questionari per capire quali erano le
necessità di Trieste: è emerso il desiderio di recupero sostenibile degli spazi
urbani abbandonati in un'ottica di sviluppo dell’impresa e quindi
dell'occupazione». Da quest’esigenza nasce il progetto appena avviato, che si
svolgerà in tre fasi. «La prima è la creazione di un elenco di questi edifici,
il “Catalogo degli Spazi opportunità” - spiega Barbariol -, che si svilupperà su
un sito web aggiornato di continuo e accessibile a livello internazionale». Il
punto di forza del catalogo sarà di riunire in un unico portale web una serie di
informazioni (condizioni dell'edificio, proprietà eccetera) che di solito sono
accessibili solo dopo numerose traversie burocratiche. Il repertorio informativo
sarà affiancato da indicazioni relative al tessuto urbano in cui l'edificio è
inserito. La seconda fase del progetto prevede l'avvio di un Forum delle
Opportunità in cui tutti i portatori di interessi saranno invitati a
confrontarsi sul possibile riutilizzo degli spazi in un’ottica di rigenerazione
urbana: «Vi parteciperanno ad esempio le istituzioni e i proprietari ma anche i
potenziali finanziatori e le associazioni di categoria interessate - afferma
Barbariol -. La metodologia partecipativa sarà finalizzata all'incrocio della
domanda e dell'offerta per risolvere i problemi di carattere pratico di recupero
e riutilizzo». Una terza fase della collaborazione è contemplata nel Progetto
Pilota Spazi Opportunità, che porterà al recupero funzionale di uno o più
manufatti architettonici messi a disposizione nell'ambito del progetto. La
Provincia ha messo a disposizione dell'associazione uno spazio in via Roma, che
farà da vetrina al progetto. Stagisti dell'Università cittadina, inoltre,
prenderanno parte alla sua elaborazione. L'idea di ManifeTSo2020 ha suscitato
interesse anche fuori città, tanto che l'associazione sarà presente al Salone
del mobile di Milano mercoledì prossimo per presentare il progetto. Per
l'assessore provinciale al Patrimonio Mariella De Francesco «il progetto è una
buona occasione per raccogliere idee innovative di cui il nostro territorio ha
bisogno. Già la fase di catalogazione fornirà uno strumento molto utile per
creare nuove prospettive di sviluppo».
Giovanni Tomasin
L’Italia guadagna posizioni sull’utilizzo delle rinnovabili - ENERGIA PULITA
MILANO Negli ultimi cinque anni nessuno ha fatto meglio
dell’Italia in quanto a crescita in energie rinnovabili, raggiungendo la
leadership mondiale per i livelli di investimenti in proporzione alla sua
economia. A bollare così l’impegno del nostro Paese nelle energie pulite è una
ricerca di ’The pew charitable trusts’ proprio all’indomani della presentazione
dei nuovi decreti sulle rinnovabili e delle polemiche sollevate, specie dagli
incentivi al fotovoltaico che comunque, garantisce il ministro dell’Ambiente
Corrado Clini, «non uccide gli investimenti in corso». Secondo lo studio
l’Italia sarebbe oggi quarta nella classifica dei Paesi G-20 per gli
investimenti in energia pulita, prima nel tasso di crescita su cinque anni,
prima nell’intensità degli investimenti, sesta nella capacità di energia
rinnovabile installata (28 Gigawatt). L’aumento complessivo degli investimenti,
secondo il report, sarebbe stato del 38,4% pari a 28 miliardi di dollari
americani. Per il ministro Clini in ogni caso «il passaggio dal IV al V Conto
energia (incentivi al fotovoltaico) assicura gli investimenti avviati, in modo
che lo scalino sia tale da non uccidere quelli in corso».
Stabulario, la parola passa al Consiglio comunale - Ambientalisti e rappresentanti dell’ateneo a confronto su vivisezione e metodi alternativi
RIUNIONE DELLA PRIMA COMMISSIONE
La prevista ristrutturazione dello stabulario dell’Università - con un
investimento di quasi 460 mila euro, derivanti in gran parte da finanziamento
regionale, e la possibilità che sul fronte della ricerca scientifica vengano
usati metodi alternativi alla sperimentazione animale -, è diventata oggetto di
una mozione urgente presentata da diversi firmatari, sulla quale sarà chiamato
ad esprimersi il Consiglio comunale. Un parere che non avrà una rilevanza
diretta in materia amministrativa, ma che fungerà comunque da cassa di risonanza
sul piano etico-politico. Temi dei quali si è discusso anche in sede di Prima
Commissione consiliare alla presenza dei rappresentanti del mondo scientifico da
un lato e degli ambientalisti schierati a difesa dei diritti degli animali
dall’altro. Un dibattito che ha vissuto dei momenti particolarmente animati, e
nel quale si sono registrati gli interventi anche di alcuni consiglieri comunali
e dei rappresentanti del Comitato di cittadini che si batte contro lo
stabulario. «Grazie al progresso scientifico, molti esperimenti effettuati oggi
non ricorrono all’utilizzo di animali – ha precisato Renato Gennaro, direttore
del Dipartimento di Scienze della Vita dell’Università di Trieste -. Dunque,
quando è possibile, si fa riferimento a modelli alternativi. Attualmente però
non siamo ancora in grado di eliminare totalmente la sperimentazione animale. La
cosa importante è agire in totale sicurezza nel rispetto delle norme». Di parere
opposto Fulvio Caruso Tomsich, della Lega Anti Vivisezione, secondo il quale i
farmaci usati sugli animali solo in pochissimi casi hanno effetti benefici
sull’uomo: «I metodi alternativi alla vivisezione sono l’unica via da seguire
oggi. Bisogna avere il coraggio di cambiare marcia e di fare un passo in avanti.
Trieste ha un’opportunità storica, quella di essere la prima città ad usare dei
soldi pubblici per proporre qualcosa di veramente innovativo, rinunciando per
sempre alla sperimentazione animale». Una discussione che dal piano scientifico
si è spostata su quello etico, toccando dei tasti sensibili, come le sofferenze
cui sono costretti gli animali sottoposti alla sperimentazione. «Certe terapie
in uso oggi non sarebbero mai esistite senza la sperimentazione animale – ha
dichiarato Tullio Giraldi, presidente della Commissione Etica dell’ateneo-. È
chiaro che bisogna cercare di ridurla al minimo, rispettando le normative
vigenti. Il mondo scientifico non è popolato da sadici, ma da professionisti che
si dedicano alla ricerca per migliorare la salute dell’uomo». Pierpaolo
Pitich
La nostra avidità sta distruggendo il futuro di tutti - INTERVISTA»A VANDANA SHIVA
Un libro della scienziata e attivista indiana per
spiegare come “Fare pace con la Terra”
La crisi economica mondiale, che non si risolverà tanto facilmente perché è
strutturale, è la prova più forte che il nostro sistema ormai è malato
Sono fortemente contraria al nucleare: è una forma di energia che presenta
fortissimi rischi per la salute e per l’ambiente, oltre che costi altissimi
MILANO Primo: il mondo economico e industriale mondiale è in guerra contro
la Terra e questa guerra sta diventando una guerra contro le persone. Secondo:
noi dobbiamo fare pace con la Terra, sia per un imperativo ecologico di
sostenibilità sia per una necessità democratica di giustizia sociale. Sono
questi i due assunti centrali del nuovo libro di Vandana Shiva, “Fare pace con
la Terra” (Feltrinelli, pagine 288, euro 18,00, traduzione di Gianni Pannofino e
Gioia Guerzoni). Che denuncia una logica drammatica capace, se non vi si porrà
rimedio, di far precipitare la Terra verso una situazione di non ritorno.
«Questo libro - spiega l’attivista ambientalista indiana, - documenta la guerra
in atto contro la Terra e i suoi abitanti, ma anche la lotta in sua difesa, per
il diritto dei popoli a godere del suolo e dell’acqua, delle foreste, delle
sementi e della biodiversità. Spiega come le nostre residue speranze di
sopravvivenza dipendano dal passaggio a un paradigma basato su un’economia, una
politica e una cultura della Terra. Fare pace con la Terra è un imperativo per
la sopravvivenza e per la libertà». Signora Shiva, nel suo libro lei parla dei
“diritti della Madre Terra”. Quali sono principalmente? «I diritti della Madre
Terra sono in primo luogo il riconoscimento che la Terra viene prima di tutto e
che dobbiamo rispettarla. Come conseguenza dobbiamo rispettare i diritti di
tutte le creature e di tutte le specie. I diritti della Madre Terra includono i
diritti umani, degli esseri umani intesi come abitanti del pianeta, compresi i
diritti di accesso alla terra, al suolo e ai semi, all’acqua e al cibo che essa
fornisce». Lei insiste sulla necessità di un mutamento di mentalità nei nostri
comportamenti quotidiani. Che cosa dovremmo fare? «La crisi economica mondiale,
che non si risolverà tanto facilmente perché è strutturale, è la prova che il
sistema è malato. Dobbiamo invece tornare a produrre e a consumare in armonia
con i ritmi della natura. E dobbiamo spingere i nostri governanti ad attuare
politiche che vadano in questa direzione. Ma è necessario che anche ciascuno di
noi, ogni giorno, inizi dove può ad assumere scelte ecologiche ed etiche. Solo
così avremo una speranza di futuro. In pieno caos, con coraggio e amore, la
gente comune, dal basso, sta costruendo una nuova visione del pianeta». Veniamo
all’attualità politica indiana, portata sulle prime pagine dei giornali italiani
prima dall’arresto dei due marò accusati di omicidio e poi dal rapimento dei
nostri due connazionali da parte dei terroristi maoisti. Oggi in India quanto
sono influenti i fondamentalismi politici e religiosi? «Il fondamentalismo
religioso è cresciuto dopo la globalizzazione e le politiche neo-liberali che
sono state imposte in India attraverso l’adeguamento strutturale voluto dalla
Banca Mondiale nel 1991 e l’ampliamento del libero scambio decretato
dall’Organizzazione Mondiale del Commercio nel 1995. Come ho scritto nei miei
precedenti libri, i fondamentalismi religiosi sono lo strascico della
globalizzazione economica e monetaria». Quanto ai due marò arrestati in
India,che il governo italiano sta provando a riportarli a casa, ma il governo
indiano si oppone recisamente. Come spiega questa rigidità? Qual è la posta in
gioco? «Non me la sento di censurare su questo punto il governo indiano, ma
vorrei spostare l’attenzione dal fatto specifico al contesto nel quale esso ha
avuto luogo. Il governo indiano agisce secondo la legge vigente nel Paese,
perché, non dimentichiamolo, due pescatori sono stati uccisi. Questa tragedia è
un altro esempio delle conseguenze delle guerre scatenate contro la Terra da un
appetito senza limiti di petrolio e risorse. I soldati italiani erano su una
petroliera che navigava dall’Indonesia all’Egitto. Una transizione dal petrolio
alle energie rinnovabili creerebbe pace con la Terra e pace tra i popoli». A
proposito di energie alternative, che cosa pensa del nucleare? «Sono fortemente
contraria al nucleare: è una forma di energia che presenta fortissimi rischi per
la salute e per l’ambiente, oltre che costi altissimi. Non parlo dei rischi per
l’ambiente e per l’umanità, pure non trascurabili, ma anche solo dell’aspetto
economico: oggi non esistono progetti nucleari che siano supportati dal mercato.
Sono solo i governi autocratici e le lobby a volere il nucleare, che è
costosissimo e non crea neanche posti di lavoro. Il settore delle energie
rinnovabili ne crea molti di più. La gente e i parlamenti sono sempre contrari,
sono i governi a volerla». Chi spinge allora per questa forma di energia? «Vuole
il nucleare un’industria che vi ha investito molto e che dunque ha tutto
l’interesse a continuare, anche quando è dimostrato che alla collettività non
conviene affatto». Due altri nostri compatrioti erano nelle mani di estremisti
maoisti. Cosa può dire riguardo a questi tipi di gruppi? Qual è il loro
orientamento politico e quanto sono radicati nella società indiana? «I due
italiani erano stati rapiti in Orissa, dove le guerre per le risorse sono state
scatenate a causa dell’illimitato appetito di materie prime per alimentare il
mercato globale. Le tribù, i cui boschi e terreni vengono distrutti, stanno
combattendo contro questo ingiusto furto delle loro risorse alle quali hanno
diritto secondo la Costituzione indiana e anche secondo la legge denominata
“Tribal Self-Rule” approvata nel 1996. La sovversione della Costituzione e dei
diritti democratici delle tribù da parte di uno Stato corporativo militarizzato
ha portato alla nascita del movimento dei Naxaliti in Orissa e in altre regioni,
dove lo sfruttamento sta minacciando la vita e la libertà delle persone. Il
rapimento degli italiani dimostra che il vortice di violenza scatenata da
un’economia globale anch’essa violenta ci coinvolge tutti». Nel suo libro cita
una frase di Gandhi: «La Terra ha abbastanza per i bisogni di tutti, ma non per
l’avidità di alcune persone». Qual è oggi l’attualità della figura di Gandhi?
«Gandhi è forse più rilevante oggi che ai suoi tempi. Il suo concetto di
auto-organizzazione è un punto cruciale per recuperare e ricostruire la
democrazia, che non è la democrazia delle multinazionali. Gandhi parlava di
auto-realizzazione, auto-creazione, auto-produzione, in una parloa di
auto-determinazione. Sono idee di vitale importanza in tempi di distruzione dei
posti di lavoro e dei mezzi di sostentamento. Gandhi parlava poi della “forza
della verità”, un’idea fondamentale per i nostri tempi in cui la propaganda ha
rimpiazzato la realtà e la dittatura economica delle imprese ha chiuso tutte le
libertà dei cittadini. La sua affermazione per cui “la Terra ha abbastanza per i
bisogni di tutti, ma non per l’avidità di alcune persone” è un’apertura a un
immaginario che unisce sostenibilità e giustizia sociale».
Roberto Carnero
Ha vinto il Nobel alternativo per la pace con Nader e Rifkin - LAUREATA SULLA TEORIA QUANTISTICA
Tra i fisici più rinomati dell’India, attivista politica e
ambientalista, classe 1952, Vandana Shiva è una delle intellettuali più in vista
nel mondo. Laureatasi in Fisica in Canada sulla teoria quantistica,
successivamente si è occupata di ricerca interdisciplinare all’Indian Institue
of Management di Bangalore. Nel 1982 ha fondato la Research Foundation for
Science, Technology and Natural Resource Policy. Nel 1993 ha vinto il Right
Livelihood Award (il premio Nobel alternativo per la pace) e, insieme con Ralph
Nader e Jeremy Rifkin, presiede l’International Forum on Globalization. Nel
corso degli anni si è battuta per cambiare pratiche e paradigmi nell’agricoltura
e nell’alimentazione. Tra i suoi numerosi libri, tutti pubblicati da
Feltrinelli, ricordiamo “Il mondo sotto brevetto” (2002), “Le guerre dell’acqua”
(2004), “Il bene comune della Terra” (2006).
COMUNICATO STAMPA - GIOVEDI', 12 aprile 2012
DA LEGAMBIENTE UN RICHIAMO: INTERVENIRE CON CONTINUITÀ E COMPETENZA NEL TERRITORIO PER LA PREVENZIONE DEI RISCHI IDROGEOLOGICI.
USARE MEGLIO LA GRANDE RISORSA DEL VOLONTARIATO DI
PROTEZIONE CIVILE
Si è svolto ieri l’incontro tecnico convocato da Legambiente FVG sul tema
della manutenzione dei fiumi e delle acque pubbliche sollecitato dagli
interventi realizzati dalla Protezione Civile della Regione in occasione
dell’Operazione “Alvei Puliti”.
Tale operazione ha suscitato nei giorni scorsi grandi reazioni nella società, in
particolare per i pesanti interventi avvenuti nella Riserva Regionale della Val
Rosandra e nella zona dell’Isonzo tra Sagrado e Gradisca, per le ampie superfici
tagliate a raso negli alvei e sulle sponde, provocando l’eliminazione temporanea
totale di ambienti ed ecosistemi spondali ed alveali importanti non solo per gli
aspetti ambientali, ma anche per quelli, positivi, idraulici che essi potevano
assicurare.
Emilio GOTTARDO, a nome della segreteria regionale di Legambiente, ha
sottolineato quelli che appaiono con evidenza essere elementi di non rispetto
delle normative paesaggistiche (D. Lgs. 42/2004 – Codice del Paesaggio e LR
5/2007 legge urbanistica regionale) ed ambientali, limitatamente alla Val
Rosandra (DPR 357/2007 e D. Lgs. 152/2006), vigenti.
Tutte queste importanti normative di tutela ambientale sono state ignorate dalla
Protezione Civile che ha programmato l’operazione basandola unicamente su una
norma, appositamente studiata ed emanata lo scorso agosto, proprio per bypassare
le “fastidiose” normative di tutela, norma che le consente “interventi urgenti
di asporto della vegetazione arborea ed arbustiva presente all’interno dei corsi
d’acqua, nelle aree golenali e lungo gli argini” (LR 11/2011), utilizzando
l’urgenza del pericolo come elemento sufficiente per affermare che non serve
“attardarsi” con le normative ordinarie, evidentemente ritenute “inutili”
inghippi formali.
Modus operandi purtroppo spesso applicato dalla PC che non farebbe una piega se
vi fossero effettiva urgenza o conclamato pericolo, ma che, almeno nel caso
dell’operazione Alvei Puliti, non erano per nulla presenti sull’insieme delle
aree interessate dagli interventi!
GOTTARDO ha voluto peraltro affermare il grandissimo valore rappresentato per la
nostra Regione dai Volontari di Protezione Civile, a cui partecipano anche molti
iscritti di Legambiente FVG, che hanno saputo e sanno esprimere capacità umane,
tecniche e operative in tutti i campi ove serve una presenza capillare sul
territorio.
Ma quello che oggi va rivisto nell'attività di prevenzione dei rischi
idrogeologici, è proprio il modo di utilizzarli, superando il surrettizio
ricorso alla legislazione d’urgenza e rientrando in una gestione ordinaria,
affidata alle strutture della Regione e degli Enti Locali a ciò
istituzionalmente deputate, rilanciando una politica di manutenzione vasta e
diffusa del territorio, abbandonando la politica delle grandi opere di
cementificazione ed impermeabilizzazione cui affiancare, magari con appositi
accordi convenzionali, anche i volontari di PC. Il tutto in operazioni
correttamente pianificate e valutate tecnicamente nella loro correttezza ed
efficacia in un quadro di programmazione ordinaria così come compete alla
Regione ed agli altri Organismi deputati (Autorità di Bacino; ex Comunità
Montane; Province e Comuni).
In questo quadro, andrebbero utilizzate anche le competenze tecniche più attuali
in questo campo, ormai consolidate anche a livello scientifico, e che non paiono
essere oggi presenti in maniera adeguata all’interno della struttura dirigente
della PC.
GOTTARDO ha infine ricordato che la Protezione Civile nazionale ha saputo
intessere ottimi rapporti con Legambiente nazionale cosa che ha auspicato anche
per la nostra Regione e che l’iniziativa di ieri era volta proprio a lanciare un
segnale di collaborazione tecnica sul delicato tema della gestione e
riqualificazione dei fiumi, ahi noi, ancora evidentemente considerati alla
stregua di canali da ripulire periodicamente.
E’ intervenuto successivamente il prof. em. Livio POLDINI botanico di fama
europea dell’Università di Trieste che ha illustrato gli importanti servizi
ecologici svolti dai fiumi, sottolineando gli elementi differenziativi di un
fiume, alpino o di risorgiva, naturale, rispetto ad un canale o ad una cloaca.
Partendo dal pregiudizio ancora molto radicato nella società secondo cui le
vegetazioni di sponda e di alveo sono tout court un impedimento al libero
scorrere delle acque, ne discende che ogni ramoscello o virgulto e, a maggior
ragione, ogni albero o cespuglio un po’ troppo grande, debba essere eliminato
attraverso una sorta di pulizie a fondo periodiche, andantemente applicate con
criteri uguali ovunque ci si trovi.
POLDINI ha ricordato le specifiche e differenziate proprietà di pioppi, salici,
ontani, assieme a tutto il corteggio delle relative specie arbustive ed erbacee
accompagnatrici, nel colonizzare e consolidare i terreni alveali e spondali, in
grado di adattarsi molto bene alle estreme situazioni degli ambienti che li
ospitano, potendo piegarsi e rialzarsi, riprodursi rapidamente ed
abbondantemente, diffondersi utilizzando l’acqua fluente per colonizzare o
ricolonizzare altri siti.
A partire dalla conoscenza di queste specificità ecosistemiche e funzionali
della vegetazione dei fiumi, POLDINI ha ricordato come ogni intervento dovrebbe
discendere dalla pianificazione del bacino imbrifero ed ha infine chiesto che la
PC, nel continuare a svolgere iniziative analoghe a quella in discussione, si
orienti particolarmente a contrastare l’inquinamento vegetale dei fiumi
determinato dalla presenza di molte specie esotiche (per es. Amorpha fruticosa e
altre provenienti da Africa, America ed Asia) oltre all’inquinamento da
immondizie (abbandoni, discariche abusive) che connota spesso i nostri ambienti
fluviali e campestri, degradandoli.
L’ing. Andrea GOLTARA, direttore del Centro Italiano per la Riqualificazione
Fluviale (CIRF), ha ricordato come altre Operazioni “Alvei Puliti” si siano
svolte negli anni in Italia e quasi sempre con risultati deplorevoli e di bassa
efficacia idraulica; purtroppo prevale ancora l’idea che i fiumi siano una sorta
di canali in cui far scorrere l’acqua il più rapidamente possibile a valle,
senza tener conto che la velocità stessa è un elemento di danno e che, al suo
crescere, aumenta di molto la pericolosità di ogni struttura trasversale (ponti)
che non sia adeguatamente dimensionata.
GOLTARA ha sottolineato come, nel caso del torr. Rosandra, non si sia tenuto
conto delle disposizioni di legge, ma ha soprattutto insistito sul rischio che
tali operazioni portino ad un conflitto tra chi difende le ragioni della
sicurezza e chi quelle dell’ambiente. In realtà tale conflitto non dovrebbe
esistere perché la gestione degli aspetti ambientali fa ormai parte anche di una
corretta gestione di quelli idraulici e, a tal proposito. ha presentato uno
studio pubblicato proprio dal CIRF, da Legambiente e dalla Protezione Civile
nazionale (!!!) in cui si illustrano i criteri e le modalità operative per i
corretti interventi di gestione e manutenzione fluviale e di cui l’Operazione
“Alvei Puliti” non ha sicuramente tenuto conto.
Fortunatamente, ad un primo esame effettuato da Legambiente su alcune situazioni
di intervento della PC nell'ambito dell'Operazione “Alvei Puliti” diverse da
quella sopra citate, pare che l’impatto provocato dalla pulizia degli alvei sia
contenuto e rimarginabile.
In sostanza, GOLTARA ha affermato che ogni intervento va studiato e realizzato
per e nel contesto che esprime, verificando di luogo in luogo l’effettivo
rischio provocato dalla vegetazione e valutando analogamente quali danni si
possono provocare eliminandola e quali vantaggi si desidera conseguire
dall’operazione di pulizia.
In sintesi, GOLTARA ha ricordato le ragioni per cui la vegetazione va mantenuta
(aumento della scabrezza idraulica, rallentamento della velocità della corrente,
effetto di laminazione analogo alle casse di espansione, contributo alla
riduzione dei picchi di piena, intercettazione di alberi travolti con riduzione
del rischio di ostruzione dei ponti, consolidamento delle sponde, riduzione
della franosità) e quelle per cui può essere rimossa (aumento locale del livello
idrico e maggior rischio di esondazione, ostruzione della luce dei ponti non
adeguatamente dimensionati e rischio che, nel caso di improvviso sfondamento
della barriera ostruente, l’onda d’urto a valle sia disastrosa; sfavorire
l’insediamento di animali (nutrie, ratti, tassi) che scavando tane, ne minano la
stabilità).
Emilio Gottardo - responsabile biodiversità, acque e foreste - Segreteria
regionale Legambiente FVG
IL PICCOLO - GIOVEDI', 12 aprile 2012
Taglio agli incentivi per le rinnovabili - I decreti
I nuovi incentivi alle rinnovabili produrranno una
riduzione di spesa di 3 miliardi l’anno rispetto al costo che si sarebbe
raggiunto con il precedente regime. Si stabilizzerà così l’incidenza sulla
bolletta evitando futuri balzi. Lo hanno spiegato ieri i tecnici del ministero
dello Sviluppo. Rispetto alle scelte fatte per esempio dalla Spagna che ha
tagliato drasticamente gli incentivi, il governo ha deciso, ha spiegato il
ministro dello Sviluppo, Corrado Passera, di «continuare a credere nelle
rinnovabili» e nelle opportunità di sviluppo e di crescita dell’economica da
esse offerte. Gli incentivi continueranno dunque ad aumentare nei prossimi anni,
ma in misura inferiore rispetto a quanto stabilito dal precedente regime.
Saranno garantiti tutti gli incentivi finora promessi e pari a 9 miliardi l’anno
al 2020, incrementando con ulteriori 3 miliardi l’anno gli aiuti pubblici. Si
passerà quindi da 9 a 12 miliardi rispetto ai 15 miliardi previsti dalla
precedente normativa. In questo modo l’incremento al 2020 non sarà quindi di 6
miliardi ma di 3, con un risparmio annuale di altrettanti 3 miliardi che
permetterà di stabilizzare l’incidenza degli incentivi sulla bolletta. Fissato
anche l’obiettivo del 35% di produzione elettrica “verde” al 2020. «Scopo del
Governo – è scritto nella nota diffusa dai ministeri competenti – è programmare
una crescita dell’energia rinnovabile più equilibrata che, oltre a garantire il
superamento degli obiettivi comunitari al 2020 (dal 26% a circa il 35% nel
settore elettrico), consenta di stabilizzare l’incidenza degli incentivi sulla
bolletta elettrica». I decreti introducono anche «un sistema di controllo e
governo» dei volumi installati e della relativa spesa, attraverso un meccanismo
di aste competitive per i grandi impianti (oltre 5 MW) .
CONVEGNO SU FOTOVOLTAICO
Oggi alle 17 Banca di Credito Cooperativo del Carso (via del Ricreatorio 2 Opicina) convegno su “Fotovoltaico un’alternativa per andare verso il futuro”. Ingresso libero. Per informazioni 3336785843
WWF - Serata dedicata ai lupi di confine
La ricercatrice Letizia Kozlan stasera parlerà del viaggio di Slavc e dei branchi che vivono al confine tra Slovenia e Friuli Venezia Giulia. Il terzo degli incontri organizzati dal Wwf e dedicati alla fauna selvatica che sta ripopolando la regione si svolgerà nell'Aula Magna dell’Università della Terza Età “Paolo Naliato” a Udine, vicino alla chiesa del Seminario Arcivescovile, in via Ellero 1, con inizio alle 18.
LA VOCE.info - MERCOLEDI', 11 aprile 2012
IN DIFESA DEGLI INCENTIVI ALL'ENERGIA RINNOVABILE
Da mesi una campagna mediatica mette l'accento, in maniera
quasi ossessiva, sui costi eccessivi per la bolletta elettrica degli italiani di
sussidi troppo generosi all'energia rinnovabile. Sono tuttavia incentivi non
solo opportuni, ma necessari perché finalizzati a sostenere l'introduzione,
l'adozione e la diffusione di nuove tecnologie. I benefici che generano per i
cittadini, le aziende e la società nel suo complesso superano di gran lunga il
costo. E il governo dovrebbe affermare senza ambiguità che l'obiettivo ultimo è
sostituire le fonti fossili di energia con quelle rinnovabili.
Circola in rete un appello alla mobilitazione intitolato “Salviamo il futuro
delle rinnovabili” con cui viene dato appuntamento il 18 aprile in piazza
Montecitorio a Roma per manifestare contro “la campagna mediatica che sta
mettendo in luce solo i rischi e gli impatti in bolletta e non gli enormi
vantaggi per il paese, i cittadini e le aziende”.
SUSSIDI E FOTOVOLTAICO
Gli economisti non amano i sussidi. Gli incentivi alla produzione o alle vendite
dovrebbero dare fiato a un settore, in realtà lo drogano, conferendo un
vantaggio immeritato ad aziende inefficienti, vantaggio destinato a essere
temporaneo. Non solo: misure di questo tipo costano alle casse statali e creano
effetti a catena perché i settori non beneficiati presto li reclamano a loro
volta. Se poi al loro annuncio non segue celermente la concessione, gli effetti
dell’attesa possono innescare comportamenti che finisco per vanificare
totalmente i presunti benefici. A pagare i costi delle regalie sono
inevitabilmente i cittadini e le aziende, indirettamente attraverso la fiscalità
generale o addirittura direttamente, attraverso una quota incorporata nel prezzo
di alcuni beni o servizi.
Tutto ciò secondo il manuale. Ma quello che sta succedendo ormai da mesi in
Italia intorno ai sussidi all’energia rinnovabile, e al fotovoltaico in
particolare, rischia seriamente di farci buttare il bambino con l’acqua sporca.
Sul tema esperti ed economisti – anche su questo sito – così come commentatori e
autorevoli giornalisti, nonché esponenti di spicco dell’industria, della
politica e delle associazioni dei consumatori mettono reiteratamente l’accento,
in maniera quasi ossessiva, sui costi eccessivi per la bolletta elettrica degli
italiani di sussidi troppo generosi in un momento in cui aumenta tutto tranne
che i redditi (da lavoro). L'operazione è dannosa in quanto fa sì che “pestando”
sui costi si oscurino totalmente nella mente di chi legge e ascolta i benefici.
E occhi e orecchie sono molto ricettivi perché i costi riguardano la generazione
attuale, mentre i benefici – ancora una volta – riguardano le generazioni
future, ancorché non troppo lontane.
È allora quanto mai opportuno fare un poco di chiarezza per evitare di
demonizzare questo strumento. Gli incentivi alle fonti rinnovabili, in
particolare il cosiddetto Conto energia per il solare fotovoltaico, sono stati
assai generosi e ciò ha favorito un’eccezionale espansione dell’industria lungo
tutta la filiera produttiva. Hanno attirato imprese serie e motivate, ma hanno
anche finito per favorire comportamenti al meglio disonesti e al peggio
penalmente e civilmente rilevanti. Infine, come si sente ripetere ultimamente,
hanno preso in larga misura la strada dell’estero perché le imprese produttrici
di importanti componenti della tecnologia (i pannelli) sono soprattutto
straniere: cinesi, americane e tedesche. Gli oneri sono stati posti a carico
della bolletta elettrica (la cosiddetta componente A3) e quindi gravano sulle
tasche degli italiani.
Ci sono, tuttavia, alcuni “ma” che è doveroso opporre a queste considerazioni.
BOLLETTE SOTTO ESAME
Il primo “ma” riguarda l’aggravio della bolletta a causa degli incentivi alle
rinnovabili. Si parla di 6 miliardi di euro di costo annuo, motivo per cui i
nuovi decreti attuativi dovrebbero fissare un tetto massimo di 7 miliardi per il
nuovo Conto energia. In realtà, la presunta insostenibilità per le tasche degli
italiani e per i conti delle aziende (soprattutto le energivore) è anzitutto
dovuta all’aumento dei costi delle materie prime, quelle fossili, utilizzate
dalle centrali termoelettriche con cui si genera oggi l’80 per cento
dell’elettricità del nostro paese. Se nell’immediato su questo fronte non v’è
molto da fare, è proprio il contributo delle rinnovabili che potrà permettere,
in un futuro che può essere (volendolo con determinazione) prossimo, di
ridimensionarne l’impatto del costo dell’energia sulle bollette. Ma c’è
dell’altro.
Se guardate la vostra bolletta vedete che è composta da quattro voci: servizi di
vendita, servizi di rete, imposte, altri proventi e oneri. Il costo dell’energia
inteso come materia prima è incluso nella prima voce, che pesa per il 60-70 per
cento del totale, mentre i sussidi alle rinnovabili di cui si discute sono parte
della cosiddetta componente A3 della quarta voce – gli altri proventi e oneri –
che complessivamente pesano per circa il 7 per cento della bolletta totale. (1)
Questo per capire di cosa si sta parlando. In bolletta finiscono anche 4
miliardi circa per la messa in sicurezza dei siti nucleari, i sussidi alle
acciaierie, i regimi tariffari speciali alle Ferrovie, insomma oneri che sarebbe
ragionevole e doveroso porre a carico della fiscalità generale. I sussidi
direttamente riferibili alle fonti rinnovabili come il discusso fotovoltaico
costituiscono il 70 per cento della componente A3 (quindi il 70 per cento del 7
per cento), mentre il restante 30 per cento fa riferimento al famigerato
Cip6/92, un onere da 35 miliardi di euro che abbiamo pagato dal 1992, per il
quale la Commissione Europea nel 2004 aprì una procedura di infrazione contro
l’Italia in quanto non si poteva spacciare l’incenerimento come energia
rinnovabile, dunque ammessa a ricevere incentivi pubblici. Quel meccanismo
infatti compensa i produttori di energia da fonti "assimilate" alle rinnovabili,
cioè centrali elettriche a ciclo combinato alimentate con il metano o il gas
ottenuto dalla gassificazione dei residui di raffineria, termovalorizzatori
connessi agli inceneritori di rifiuti, e così via. (2) Quanto è corta la memoria
delle persone?
LO SVILUPPO DI NUOVE TECNOLOGIE
Il secondo “ma” riguarda il fatto che gli incentivi in questione non sono i
sussidi di cui abbiamo detto in apertura: sono strumenti affatto differenti,
finalizzati al supporto dell’introduzione, adozione e diffusione di nuove
tecnologie. Tutte le nuove tecnologie, quelle energetiche in particolare,
passano tipicamente attraverso le fasi della ricerca di base, della ricerca
applicata, la fase dimostrativa, pre-commerciale, del mercato di nicchia fino
alla fase pienamente commerciale. In questo percorso, che talune tecnologie non
compiranno mai fino in fondo, i costi unitari sono inizialmente molto alti, ma
scendono più o meno rapidamente a mano mano che la tecnologia viene adottata e
si diffonde. Si chiama curva di apprendimento. (3) Compito degli incentivi è
quello di “spingere” inizialmente le nuove tecnologie e assecondare il loro
percorso verso la diffusione lungo quella curva. Nel caso del fotovoltaico, per
fare un esempio, per un impianto da 3 Kw di potenza solo due o tre anni fa
l’investimento si aggirava intorno ai 20mila euro, circa 7mila euro per Kw di
potenza. Oggi la soglia si è ridotta almeno della metà, senza che la qualità sia
diminuita. I sussidi traggono dunque la loro ragion d’essere dalla presenza di
un traguardo di adozione che la politica fissa per la tecnologia che si vuole
favorire: sono gli obiettivi nella loro dimensione quantitativa e nella loro
tempistica che dettano anzitutto l’entità e l’intensità dei sussidi. I quali
perciò non sono solo utili, ma sono necessari se si vuole saltare l’iniziale
ostacolo rappresentato dagli alti costi. Per le ragioni dette è poi naturale che
quei sussidi si riducano progressivamente nel tempo fino a scomparire quando la
tecnologia sarà divenuta pienamente competitiva con le altre già presenti o il
target di diffusione sia stato raggiunto. La velocità con cui ciò si verificherà
dipenderà anche dalla volontà della politica circa i tempi con cui si desiderano
raggiungere certi risultati.
QUALI SONO I BENEFICI
Il terzo “ma” riguarda i benefici degli incentivi. Se ci fosse una più ferma
volontà di spiegare e cercare di quantificare i benefici dei sussidi all’energia
rinnovabile sarebbe molto più facile fare accettare all’opinione pubblica il
costo che comportano. Alcuni benefici sono più facilmente quantificabili di
altri, ma non proveremo qui a fare un simile esercizio numerico. Basti tuttavia
ricordare quali essi sono. Sono anzitutto benefici da minori emissioni
inquinanti, di anidride carbonica ma non solo. Questo contribuisce a rallentare
il riscaldamento globale, ma fa anche risparmiare il prezzo della CO2 che la
generazione termoelettrica e le altre industrie energivore devono pagare
nell’ambito dell’Ets europeo. Sono poi benefici da minori importazioni di
combustibili fossili, il che comporta non solo un risparmio monetario, ma ha
anche una valenza geopolitica dovuta alla maggiore indipendenza dai paesi
produttori esteri: Russia, Iran, Algeria, Libia (come si quantifica questo
beneficio?). Sono poi benefici più immediati in termini di creazione di
occupazione, valore aggiunto, opportunità di business, ricerca e sviluppo,
esportazioni, gli ingredienti in altre parole della cosiddetta “green economy”:
che valenza ha il fatto di essere tra i pochi settori in crescita in un momento
di profonda recessione come quella che stiamo attraversando? E da ultimo sembra
emergere anche un effetto di calmieramento dei prezzi nelle ore di picco sul
mercato elettrico: nel 2011 l’effetto di “peak shaving” attribuibile al solo
fotovoltaico in Italia sarebbe stato prossimo ai 400 milioni di euro. (4)
Non vi è alcun dubbio che gli incentivi siano stati gestiti in maniera pessima
negli ultimi anni da chi ci ha governato: sono stati scritti in maniera non
ponderata prima, così da favorire le speculazioni e il malaffare, e si è
permessa poi, in occasione dei rinnovi dei provvedimenti, una ridda di voci di
segno opposto, lasciando trapelare indiscrezioni circa volontà punitive, salvo
repentine smentite, giravolte, marce indietro, così da generare incertezza e
caos nel settore interessato e in quelli collegati. Non vi è poi dubbio che si è
privilegiato una fonte rinnovabile particolare lasciando a bagnomaria gli
interventi su altri fronti, quelli delle rinnovabili termiche e dei trasporti,
assolutamente necessari visti gli obiettivi che il piano nazionale d’azione
stabilisce. E grande e maggiore spazio è obbligatorio dedicare agli interventi a
favore dell’efficienza energetica.
In fin dei conti è necessario che si dica con chiarezza che sulle fonti
rinnovabili di energia esistono impegni e obiettivi che il governo si è dato e
che ha preso con l’Unione europea. In questo quadro, gli incentivi non sono solo
giustificati ma sono necessari. È bene poi che si dica con nettezza che i
benefici che generano per i cittadini, le stesse aziende e la società nel suo
complesso superano di gran lunga il costo. È infine necessario dire senza
ambiguità che l’obiettivo ultimo è quello di sostituire le fonti fossili di
energia con quelle rinnovabili. Questo forse non piacerà a qualcuno nella
politica all'interno e all'esterno del governo e nell’industria, vista la massa
di entrate fiscali generate dai consumi e dalla produzione di energia
tradizionale, anche alla luce del “noise” generato dal conflitto d’interessi di
un governo azionista di riferimento dei maggiori attori energetici di casa.
(1) Oltre ai servizi di vendita vi sono i servizi di rete, che contano per il 15
per cento del totale, e sono oneri collegati alla distribuzione, il trasporto e
la misurazione dell’energia elettrica fornita all’utente finale. Le imposte
valgono un 14 per cento della bolletta e comprendono quelle sul consumo (imposta
erariale e addizionali degli enti locali, comune e provincia), la cosiddetta
accisa - applicata al consumo totale ed espressa in euro (più precisamente, in
€/kWh), e l'imposta sul valore aggiunto (Iva), che invece è espressa in termini
percentuali. Infine, per un’incidenza di circa il 7 per cento, vi sono gli altri
proventi e oneri, che sono componenti previste per legge, il cui gettito è
destinato a finalità particolari. Sono costi associati a diverse voci, come la
promozione delle fonti rinnovabili (componente A3), il mantenimento di regimi
tariffari speciali (componente A4), i contributi per ricerca e sviluppo
(componente A5), i contributi per lo smantellamento delle centrali nucleari e
relative misure di compensazione (componente A2 e Mct) ed altre voci minori. La
più consistente di queste componenti è la A3, destinata a promuovere la
produzione di energia da fonti rinnovabili e assimilate. Oltre agli oneri
generati direttamente dagli incentivi statali, essa serve a coprire anche i
costi di funzionamento del Gse (Gestore del sistema elettrico), quelli per i
Certificati verdi, quelli per le agevolazioni per le connessioni alla reti di
distribuzione, etc. Gli attuali incentivi statali per il fotovoltaico- e, più in
generale, per l'energia prodotta da fonti rinnovabili: eolico, geotermico,
idroelettrico, etc. – sono parte della componente A3.
(2) Le percentuali indicate sono soggette a una certa variabilità, in relazione
al tipo di bolletta considerata (utenti domestici o aziende) e in relazione a
chi ne scrive. Per avere un’idea di ciò si vedano i seguenti siti:
http://www.fulvioscaglione.com/2011/03/09/rinnovabili-bolletta-e-balle-varie/;
http://www.consulente-energia.com/elettricita-come-leggere-nuova-bolletta-energia-elettrica-imposte-tasse-oneri-di-sistema-componente-a3-consumi-servizi-vendita-rete-iva.html;
http://blog.forumnucleare.it/notizie/anno-nuovo-bollette-nuove-piu-care/attachment/contatori-energia-elettrica-2/.
(3) Ben noto lo studio del 2000 dell’Agenzia internazionale dell’energia
“Experience Curves for Energy Technology Policy”. Si veda anche “ETP 2008:
Technology Learning and Deployment”.
(4) Secondo l’Irex Annual Report 2012 presentato da Althesys.
Marzio Galeotti
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 11 aprile 2012
Differenziata, nel 2012 il Comune punta al 29,2%
Aumentano i costi legati alla raccolta dei diversi
materiali, mentre i rifiuti diretti all’inceneritore scenderanno da 83mila a
69mila tonnellate
Omero: per l’indifferenziata manteniamo in via sperimentale lo svuotamento dei
cassonetti tre giorni su sette, se ci saranno problemi interverremo
Il “Servizio di igiene urbana e di smaltimento dei rifiuti” costerà
quest’anno al Comune quasi 29 milioni di euro (per l’esattezza 28.977.700 euro,
Iva compresa). Ma all’interno di questa cifra - che è la quota del gettito
derivante dalla Tarsu che il Comune “gira” ad AcegasAps - cambiano le somme
destinate alle singole voci. In soldoni, come sintetizza l’assessore comunale
alle partecipate Fabio Omero: «Aumentano le spese per la raccolta differenziata,
scendono quelle relative alla raccolta indifferenziata». Del resto, la decisione
presa dal Comune di «non aumentare la Tarsu» da far pagare ai cittadini ha
imposto delle scelte di campo. E allora: sforzi concentrati sulla differenziata.
Mentre per quanto riguarda l’indifferenziata, «prosegue la sperimentazione dello
svuotamento dei cassonetti per tre giorni su sette», dice Omero (ma con «giri di
rinforzo», si legge nel documento di AcegasAps), sebbene nei mesi scorsi la
soluzione abbia scatenato polemiche per l’accumulo di rifiuti che in più casi -
e in più zone - si era venuto così a creare. «Teniamo però sotto controllo la
situazione, e laddove servirà interverremo», precisa l’assessore. È questo uno
dei temi affrontati durante le numerose riunioni tra Comune e AcegasAps che
hanno portato la multiutility alla redazione del piano economico finanziario
2012 del Servizio approvato di recente dalla giunta Cosolini. Un piano che si
pone l’obiettivo di arrivare quest’anno al 29,2% di raccolta differenziata
(certo «sempre poco», riconosce Omero, rispetto al 65% fissato quale soglia
minima dall’Unione europea). E dunque: i costi per la differenziata «incidono
per circa un milione di euro in più», dice l’assessore. Qualche esempio: la
raccolta dell’umido in grandi strutture come ristoranti o mense (ma qui siamo
ancora alla “fase progettuale”) costerà 227mila euro; per quella di verde e
ramaglie dei giardini di casa (appena partita, è stata pubblicizzata nei giorni
scorsi dopo che AcegasAps ha acquistato allo scopo 2500 contenitori) ce ne
vorranno 405mila; la differenziata “portone a portone” in alcuni grandi
complessi abitativi, come Rozzol Melara, ne richiederà 50mila. E altri 456mila
(con un aumento di 300mila euro rispetto al passato, dice Omero) ne serviranno
per la raccolta dei cartoni dagli esercizi commerciali... A fronte di queste
spese, scende però sensibilmente la somma necessaria per i rifiuti
indifferenziati destinati al termovalorizzatore: il piano prevede infatti di
passare dalle 83mila tonnellate finite in via Errera nel 2011 alle 69mila di
quest’anno, per una spesa complessiva che scende da poco più di 9 milioni ai
previsti 7milioni 792mila euro. Quanto alla differenziata, il documento prevede
sia portata a regime nel corso dell’anno la raccolta stradale, affiancandola con
l’incremento della raccolta di altri tipi di materiali. Resta poi il capitolo
dello spazzamento delle strade, «completamente esternalizzato» (affidato cioè in
appalto) il cui costo resta «sostanzialmente stabile», dice l’assessore
comunale, rispetto al 2011. «Non c’è piena soddisfazione del Comune su questo
punto - commenta Omero - ma il confronto con AcegasAps è continuo. E va
sottolineato che anche il comportamento civico della popolazione gioca la sua
parte».
(p.b.)
Erbe del Carso: un corso sul campo per tornare alla terra
MONRUPINO Rispondere ad un bisogno sociale cui difficilmente altri danno risposta. Questo, per Enrico Maria Milic, il successo dei corsi su orticoltura e apicoltura. Le abitudini stanno cambiando in cucina, e il gran successo dei prodotti fai da te ha portato Cibo. Un’altra avventura. «Insegneremo metodi ecologici per coltivare salvia, lavanda, rosmarino, timo e santoreggia», afferma Milic. Proprio le erbe officinali del Carso, infatti, saranno l’oggetto del prossimo corso che partirà il 14 aprile. La prima lezione, sabato 14, dalle 9 alle 13 presso l’ostello di Pliskovica, sarà gratuita e aperta a tutti gli interessati. Per gli iscritti al corso, che durerà fino a metà settembre, saranno messi a disposizione cento metri quadri ciascuno da coltivare grazie alle nove lezioni pratiche dentro un campo di landa carsica, nei dintorni di Pliskovica. Gli insegnanti sono Tanja Godni› e Borut Benedej›i›, esperti naturalisti e amanti del Carso. «Questi corsi - spiega Milic - danno la possibilità alle persone di ricollegarsi alla terra e alla sua generosità. Questo vuol dire insegnare la cura della terra e creare un legame sentimentale con essa». Il raccolto di foglie e fiori e i prodotti derivati saranno di proprietà di ogni gruppo. «Nel successo dei nostri corsi c'è anche un aspetto pratico - continua Milic - con la crisi economica la capacità di gestire la terra può anche corrispondere a una soglia di sopravvivenza». Il costo per l’iscrizione ammonta a 600 euro a gruppo per le lezioni e l’accesso al campo per ogni giorno del corso. L’iscrizione individuale è, invece, di 150 euro. Al corso di erbe officinali ci si può iscrivere prima e dopo la presentazione del corso sabato 14 aprile a Pliskovica, oppure presso la segreteria del corso in piazza Goldoni 2 a Trieste, presso “Noiza”, ogni mercoledì dalle 14 alle 16. Per ulteriori informazioni tutti i contenuti e il calendario delle lezioni sono scaricabili in pdf dal sito Cibo.Si. Si può, inoltre, scrivere a milic@bora.la o telefonare al 338 4410243 o allo 00386 41 961 943.
(c.p.)
IL PICCOLO - MARTEDI', 10 aprile 2012
Val Rosandra, “secretati” i documenti dello scempio
Il sindaco di San Dorligo nega l’accesso agli atti dell’intervento della Protezione civile
Il capogruppo Idv-Verdi Bibalo : «Sono pronto a
presentare denuncia ai carabinieri»
Seduta straordinaria Chiesta una riunione dell’aula con l’audizione di Ciriani -
Fulvia Premolin «Non possiamo consegnare il materiale. Ripassi tra una
settimana»
«I documenti sull'operazione della Protezione civile in Val Rosandra? Non
possiamo consegnarglieli, ripassi la prossima settimana». Questa è l'incredibile
risposta che Rossano Bibano, capogruppo di Idv-Verdi nel Consiglio comunale di
Duino, si è sentito dare dal sindaco Fulvia Premolin. Una risposta che ha
mandato su tutte le furie l'esponente ambientalista: «Se entro mercoledì (domani
ndr) non avrò tutte le carte, sarò costretto a chiedere l'intervento dei
carabinieri per verbalizzare l'omissione atti d'ufficio e, forse, anche l’abuso
di potere». La vicenda della devastazione in Val Rosandra non finisce insomma di
riservare sorprese. E pensare che durante l'ultima riunione del Consiglio
comunale il sindaco di San Dorligo Premolin aveva chiaramente detto che «i
documenti sull'operazione “Alvei puliti” sono a disposizione di tutti». Il
consigliere comunale Bibalo però ha sperimentato in prima persona il contrario
di tale affermazione. Mercoledì scorso l’esponente di Idv-Verdi aveva fatto
richiesta al responsabile dell'Area dei lavori pubblici e Ambiente Mitja Lovriha,
per ottenere l'istanza di accesso agli atti riguardante l'operazione della
Protezione civile “Alvei puliti 2012”. «Nessuno però mi ha degnato di una
risposta – ricorda Bibalo –. Ho provato anche a contattare telefonicamente gli
uffici ma senza esito positivo». Tre giorni dopo, allora, Bibalo decide di
recarsi in Municipio dove trova il geometra Lovriha il quale riferisce che «il
fascicolo è dal sindaco» e che lui attende «istruzioni per cosa fare». In quel
momento il sindaco Premolin non è presente in sede, come pure il segretario
comunale Fiorenzo Garufi. Bibalo trova però il vicesegretario Igor Giacomini il
quale contatta telefonicamente Premolin che decide di mettere “tutto per
iscritto” attraverso uno scambio di mail. «L'accesso agli atti in questione
sarebbe sospeso (per impossibilità dell'ufficio di adempiere all'istante) per 30
giorni - scrive il vicesegretario Giacomini -. Vista però l'urgenza ivi
dichiarata, anche alla luce del richiesto Consiglio comunale straordinario di
qui a poco e sentito il Sindaco, si è concordato che l'ufficio comunale
competente contatterà telefonicamente il consigliere Bibalo entro martedì o al
massimo mercoledì prossimi, per stabilire la data nella quale potrà prendere
copia degli atti, oggetto dell'istanza». In attesa dell'epilogo l'esponente di
Idv-Verdi promette battaglia: «La procedura sostenuta dal Comune di San Dorligo
della Valle ha leso il mio diritto-dovere di consigliere comunale ad essere
adeguatamente informato sugli atti: se mercoledì non avrò tutte le carte mi
vedrò costretto a chiedere l'intervento dei carabinieri per verbalizzare
l'omissione atti d'ufficio e se è il caso anche di abuso di potere». E Bibalo
(ma non solo lui) attende anche di conoscere la data nella quale verrà indetto
il Consiglio comunale straordinario per discutere dei danni ambientali recati
alla Val Rosandra. Con un documento a firma di Roberto Drozina, Roberta Clon,
Roberto Massi, Boris Gombac (oltre che dello stesso Bibalo) i consiglieri
comunali d'opposizione hanno espressamente chiesto che durante il Consiglio
vengano sentito in qualità di “esperti della materia” i membri del Gruppo di
lavoro tecnico-scientifico della Val Rosandra, istituito con l'accordo di
programma del 2006 tra Regione e Comune di San Dorligo. Alla riunione è stato
chiamato a relazionare anche l'assessore regionale all'Ambiente Luca Ciriani.
Per ora non è ancora noto se l'esponente della Giunta Tondo deciderà di esser
presente o meno.
Riccardo Tosques
Lettera aperta del comitato per la difesa della valle - «Chiediamo chiarezza e una commissione tecnica»
«Chiediamo che sia fatta chiarezza e che venga istituita
quanto prima una commissione tecnica per la valutazione dei danni e gli
interventi di ripristino». La lettera aperta del “Comitato per la difesa della
Val Rosandra” è indirizzata al ministro dell’Ambiente Corrado Clini, al
presidente della Regione, Renzo Tondo, al presidente della Provincia, Maria
Teresa Bassa Poropat e al sindaco di San Dorligo della Valle Fulvia Premolin.
Porta le firme autorevoli di Livio Poldini, Pier Luigi Nimis, Sergio Dolce,
Dario Gasparo assieme a quelle di Wwf, Legambiente, Cai XXX Ottobre e Cai Alpina
delle Giulie. Sette i punti sui quali viene chiesta “chiarezza”.«Prima di tutto
chiediamo di sapere chi e sulla base di quali motivazioni e perizie tecniche
abbia autorizzato un intervento diverso da quanto richiesto dal Comune di San
Dorligo in data 31 gennaio 2012, tramite il responsabile dell’Area lavori
pubblici e ambiente Mitja Lovriha, considerato che il vicesindaco Antonio
Ghersinich ha dichiarato che la decisione di andare oltre alle indicazioni della
lettera è stata presa congiuntamente dal Comune e dalla Protezione civile,
tuttavia non specifica sulla base di quali studi scientifici e perizie tecniche,
né chi sono i responsabili di tale scelta. Secondo quesito, la Guardia Forestale
è stata interpellata? In che termini è stato fatto? E durante l'operazione
“Alvei Puliti 2012” un agente forestale nella Riserva della Val Rosandra è stato
presente?» Il Comitato punta poi a apsere perché il vicesindaco Ghersinich, come
da lui dichiarato, non ha vigilato sui lavori durante tutto l'arco delle
operazioni sul sito, visto che a tale compito era stato delegato dal sindaco
Premolin stesso e ne aveva il dovere istituzionale. Quarto quesito: «Quale
ditta, e con che criteri, è stata incaricata di eseguire il taglio a raso e chi
ha indicato alla stessa gli alberi da abbattere? E perchè, come risulta
chiaramente dal documentario realizzato dal professor Dario Gasparo, sono stati
tagliati anche alberi portatori di nidi di picchio verde e picchio rosso
maggiore?». Infine le ultime tre questioni cardine: «Chi risulta essere
l'esperto o il tecnico qualificato della ditta incaricata di eseguire il taglio
a raso? Quale ditta, e con che criteri, è stata incaricata di asportare il
legname di pregio risultante dall'operazione di taglio nella valle? E, infine, a
che titolo la legna è stata ceduta alla suddetta ditta e a privati?».
«Altri casi analoghi in giro per l’Italia» - IL CIRF
«Su con la vita siete in buona compagnia». E’ questa in
sintesi la sostanza della nota del Cirf (Centro per la riqualificazione
fluviale). In giro per l’Italia esistono altri “casi Val Rosandra” provocati
dall’opera dei laboriosi volontari della Protezione civile. Protezione civile
che non ci vuole mettere la faccia e si nasconde dietro lo scudo dell’assessore
regionale Ciriani, al di là di quattro scarne righe rilasciate una settimana fa
all’Ansa. Ma perchè si nasconde la Protezione civile anzichè fornire la sua
versione dei fatti in una conferenza-stampa? Ecco cosa dice il Cirf. «La cosa
più preoccupante è che alla luce della crescente attenzione anche mediatica sul
tema del rischio idrogeologico e sbandierando, generalmente a vanvera, lo slogan
della “messa in sicurezza”, operazioni ed interventi emblematici come questi non
paiono destinati a rimanere casi isolati, ma al contrario a divenire la panacea
per risolvere in modo semplicistico problemi, ahinoi, di estrema complessità e
di ben altra origine e dimensione. A testimonianza di ciò, tra le decine di casi
simili alla Val Rosandra, possiamo segnalare le modalità di intervento applicate
sul Fiume Fortore, in Puglia, o nell'Oasi Lipu Arcola nel Parco della Magra.
Prima quindi che l’abbattimento a colpi di motosega e ruspe di ontaneti o
saliceti protetti a livello comunitario diventi il nuovo passatempo nazionale, è
bene cercare di inquadrare questa tematica non banale ricollocando la logica
degli interventi di rimozione/asportazione della vegetazione lungo i corsi
d’acqua in una più corretta dimensione». «Nonostante la presenza di vegetazione
naturale - dice la nota - di per sé sia, in generale, un fattore di sicurezza
(rallenta il deflusso), la nostra dissennata gestione del territorio, in molti
casi, l’ha trasformata in un potenziale fattore di rischio. A priori, quindi,
non si può né essere certi della possibilità di lasciarla alla libera
evoluzione, né della necessità di una sua rimozione, ma la decisione va presa
caso per caso».
Bonifiche, via al bando da tre milioni di euro per le caratterizzazioni
Dopo l’accelerazione impressa dal ministro Clini sul
sito inquinato, l’Ezit intende partire con le analisi
Un bando di gara per analizzare i terreni e procedere nella collaborazione
tra ministero dell'Ambiente e imprese del territorio, in merito al recupero dei
terreni compresi nel Sito inquinato di interesse nazionale. L'Ezit ha dato
ufficialmente il via – pubblicando un avviso di preinformazione – alla procedura
che consentirà di mettere a disposizione ben 3 milioni di euro per mettere in
atto il piano di caratterizzazione delle aree sulle quali c'è ancora incertezza
rispetto al grado di inquinamento. Nel frattempo lo stesso Ente per la zona
industriale di Trieste, reduce da un incontro con il gruppo di lavoro del
ministero dell'Ambiente, sta già procedendo alla mappatura delle aree per lo
svincolo di quelle considerate “pulite”. La procedura, che prevede l'esecuzione
di sondaggi, campionamenti e analisi chimico fisiche, consentirà di distinguere
il grado di rischio esistente nelle diverse zone interessate dallo sviluppo
industriale, liberando quelle già disponibili per un certo genere di interventi.
Avrà così inizio, di fatto, quella che lo stesso Ministro Corrado Clini ha
definito come una vera e propria riperimetrazione in grado di sbloccare una
situazione di stallo. Il bando per un contratto della durata di 6 mesi, dovrebbe
vedere la luce entro maggio, previa delegazione amministrativa da parte della
Regione, dalla quale arrivano parte dei fondi necessari ai lavori. La parte
restante dovrà essere messa a disposizione dai proprietari o dai soggetti
interessati delle aree da caratterizzare. L'avviso di preinformazione sul bando
fa seguito ad un importante incontro, avvenuto nei giorni scorsi alla Camera di
commercio tra imprese e gruppo di lavoro del ministero, proprio per fare il
punto sulla situazione delle bonifiche in area Ezit. «Il 20 aprile avremo una
mappa completa delle caratterizzazioni con cui vorremmo poter svincolare questi
lotti, per poter poi procedere subito alla loro reindustrializzazione. Al
momento stiamo sia seguendo l’Ezit per la parte a terra, che l’Autorità
portuale, per quella a mare, un po’ più complessa». ha spiegato Antonio Gurrieri,
consigliere del ministro dell’Ambiente, Corrado Clini. «L’Ezit, pur tenendo
conto di qualche piccolo ritardo, ha la situazione sotto controllo e saremo
pronti nei termini posti dal Ministro – ha reso noto Dario Bruni, componente
della Giunta camerale e presidente Ezit -. In quella data si farà il punto sulle
caratterizzazioni: stiamo completando una complessa mappatura delle aree,
affinché si possa procedere con lo svincolo di quelle già risultate pulite». «La
Camera di Commercio ha da sempre, per troppi anni, seguito le problematiche
legate alle bonifiche. Oggi, però, siamo a un punto importante. Il
cronoprogramma dettato dal ministro Clini prevede una forte accelerazioni e un
termine a inizio 2013. Le aziende e tutti gli attori coinvolti non possono
rimanere in stallo o giungere impreparati. Ecco perché abbiamo voluto questo
incontro, autorizzato dal ministro stesso: un momento informativo per
pianificare i prossimi passi e prevedere investimenti futuri», ha commentato il
presidente camerale, Antonio Paoletti.
Riccardo Coretti
Riqualificazione di via Giulia anche Aristotele si arrende - intervento di VALERIO STACCIOLI*
Nuovo Piano del traffico e riqualificazione di via Giulia:
quali logiche? In un recente passato ebbi ad affermare che ci sono due concetti
base che si studiano in merito all’Urbanistica e ai flussi di traffico: il primo
è che un asse di scorrimento rettilineo avrà un flusso di traffico sempre più
scorrevole di un itinerario zigzagante, il secondo è che due flussi inversi non
devono incrociarsi. Trieste abbraccia il Golfo e su questa morfologia si è
sviluppata: indispensabili quindi sono degli assi continuativi di scorrimento
paralleli a tale sviluppo. Per attraversare la città da Barcola-Roiano fino a
via Flavia due sono le arterie principali: la Marina e la sua continuazione,
l’asse Piazza della Libertà-via Carducci-viale d’Annunzio. Parziali alternative
sono l’asse via Rismondo-via Rossetti e l’asse Corso Italia-Corso Saba-Viale
d’Annunzio. Cosa propone il Nuovo Piano del traffico? blocca in salita via
Rossetti e Corso Saba ai veicoli privati! Quanto al concetto di evitare
l’incrocio tra flussi inversi si vuole cambiare il senso di marcia di parte di
via Rossetti (a partire dall’incrocio con via Pietà) costringendo a incrociare i
due flussi per impegnare la più stretta alternativa lungo via Gatteri e via
Pietà dove tra l’altro i due flussi convergono... Passiamo alla riqualificazione
di via Giulia per la quale si pubblicizzano le convenienze di sicurezza e di
regolarità del flusso del traffico grazie a tre corsie di cui quella centrale
riservata ai mezzi pubblici che scendono. Già creando così una corsia riservata
ai veicoli in discesa il problema dell’alta velocità tenuta dai veicoli
provenienti dalla Rotonda del Boschetto si incrementerà, giusto come
dissuasione... I pedoni poi dovranno scendere e salire dagli autobus della
corsia preferenziale non dai marciapiedi laterali, ma da isole centrali,
costretti quindi ad attraversare una corsia o due senza ausilio di semafori e
quindi in stato di minore sicurezza! Mi sembrano argomentazioni consequenziali e
logiche, almeno secondo il principio (aristotelico) di non contraddizione. Ma a
quanto pare questa la mia logica da “retroguardia culturale” non coincide con
quella dei progettisti del Nuovo Piano del traffico e della riqualificazione di
via Giulia certamente più aggiornati sulle varie logiche quantistica,
costruttivista matematica, della computabilità ecc., per non parlare della
geometria iperbolica secondo la quale due rette parallele si incontrano
all’infinito ( preferisco un aforisma di De Crescenzo secondo il quale “due
rette parallele si incontrano all’infinito quando ormai non gliene frega più
niente”...) Niente paura: nella ristrutturazione di via Giulia le due corsie
parallele riservate che scendono non aspettano l’infinito, ma si incontrano dopo
solo qualche centinaio di metri. Ma è veramente funzionale e utile per un breve
tratto fare tre corsie creando poi un imbuto prima della strettoia di Largo
Giardino che ingolfa il traffico retrostante? Una corsia centrale per i veicoli
pubblici è una soluzione intelligente su lunghi percorsi come a Roma e Milano,
dotati di strade larghe e dai lunghi flussi continui (comunque a quasi ogni
incrocio ci sono semafori e sulle isole centrali vi sono panchine con
pensiline). E qui si ritorna alla logica, a quella elementare che si usa ogni
giorno per tentare di far quadrare il bilancio casalingo: parlo del rapporto
costo-benefici. Ci saranno benefici nella riqualificazione di via Giulia? Penso
di aver sollevato alcuni dubbi a questo proposito. I costi invece ci saranno
eccome e peseranno sul contribuente. Sintesi finale per coloro che amministrano
il nostro Comune: al contribuente interessa solo il cosiddetto “buon senso”:
quello cioè che anche il Diritto Amministrativo sancisce tra le discipline del
pubblico impiego imponendo l’espletamento delle mansioni con l’uso di una
diligenza superiore a quella del “buon capo famiglia”. Come si dice, “Multa
paucis, intelligenti pauca”: cioè molte cose in poche parole, poche parole sono
sufficienti a chi sa intendere. *storico del design e dell’Archeologia
industriale
IL PICCOLO - DOMENICA, 8 aprile 2012
Val Rosandra, stop al secondo intervento
La Protezione civile non vi tornerà il 14-15 aprile.
L’esito della protesta in piazza Unità. Raccolte quasi 6mila firme
«Non ci sarà un secondo intervento della Protezione civile». Un primo
“taglio”, dopo quello degli alberi in Val Rosandra, l’ha ottenuto la protesta
spontanea dei cittadini. La Protezione “incivile” (nome conquistato sul campo)
non tornerà in Val Rosandra il 14 e 15 aprile. Non gli sarà permesso di
completare il “lavoro”. L’operazione “alvei puliti” si ferma per ora al 24 e 25
marzo quando in due giorni “l’uomo ha distrutto ciò che la natura ha impiegato
40 anni a realizzare” (opinione degli esperti scientifici) al modico prezzo di
800mila euro. “Diamoci un taglio!” è il titolo della manifestazione che si è
svolta ieri, alla vigilia di Pasqua, in piazza Unità a Trieste davanti al
palazzo della Regione. Prima uscita del “Comitato per la difesa della Val
Rosandra” nato come pesce d’aprile domenica scorsa. Presidente emerito Livio
Poldini e vicepresidente Alessandro Severi. Esperti ambientali: Pier Luigi Nimis
e Sergio Dolce. Cinquecento persone hanno sfidato una leggera pioggia e il clima
pasquale per presentare il conto alla politica: “Cos’è successo in Val Rosandra?”.
Nessuna bandiera di partito. Poche le bandiere che spuntavano tra qualche
ombrello: tre bianche del Wwf e tre gialle della Legambiente a cui si sono
aggiunte due Ño-Tav. L’ovazione della folla arriva quando Severi, in piedi sulla
panchina davanti alla Regione, annuncia il blocco dell’intervento della
Protezione civile. Prima vittoria. Si fa per dure. Visto che niente e nulla
cancella quando è successo. «Un crimine ambientale gravissimo, uno scempio
impressionante, una barbarie che non ha nessuna giustificazione, un atto di
ignoranza assoluta» elenca il leader per caso del Comitato. Intanto si
raccolgono le doppie firme: quella su una petizione da inviare alle istituzioni
(ministero dell’Ambiente, presidenza della Regione Fvg, Provincia di Trieste e
Comune di San Dorligo della Valle) e quella da mandare all’Unione europea. Le
firme raccolte sfiorano quota 6 mila (5.775 per la precisione): 1572 sono state
raccolte il primo aprile in Val Rosandra. «Si chiede che venga quanto prima
istituita una commissione tecnica da noi presieduta insieme alla Forestale, per
la valutazione dei danni e gli interventi di ripristino» è la richiesta finale
della petizione. «Noi chiediamo che venga fatta chiarezza. Vogliamo i nomi dei
responsabili» grida Severi. Alcuni nomi sono già iscritti d’ufficio come quello
dell’assessore regionale Luca Ciriani. «Uno che dice: “Io lo rifarei”, è già
colpevole» dice Severi. E la folla emette la sentenza: «Dimissioni subito». Non
ci sono alibi. «È stato un autentico disastro ambientale in un sito protetto. A
me piacerebbe vivere in un Paese normale e in un Paese normale queste cose non
possono succedere» dice Pier Luigi Nimis, professore di Botanica a Trieste e
membro della Commissione scientifica della Val Rosandra che nessuno ha pensato
di consultare prima del folle intervento. Livio Poldini, professore emerito, non
ha parole tenere. «Non mi sento a mio agio come tribuno del popolo. È grave il
disastro fatto dalla mano pubblica in Val Rosandra. Dimostra un grave ritardo
culturale». E, dulcis in fundo, Sergio Dolce, ex direttore dei musei
scientifici. «Oggi non mi sento per niente dolce - attacca -. In Val Rosandra
bisogna correre subito ai ripari: è urgente avviare un ripristino ambientale.
Vanno trovati fondi pubblici». Altri soldi pubblici per riparare i danni fatti
con altri soldi pubblici. Così gira l’economia in Friuli Venezia Giulia. E pure
qualcos’altro. «Visto che di soldi nostri si tratta» denuncia Dolce. «Mi spiace
constatare l’assenza totale di cultura nell’ambito della casta che ci governa».
Fabio Dorigo
I “precedenti” ambientali della Moviter
Una foto non mente. Quella del cartello della Protezione
civile in Val Rosandra appare sul sito del Comitato per la difesa della Val
Rosandra (comitatovalrosandra.org). È stata presa dal sito della Protezione
civile prima che fosse cancellata come tutto il resto del materiale relativo
all’operazione “alvei puliti”. Alla faccia della trasparenza. Sul cartello si
leggono questi nomi: Mario Radanovic (direttore tecnico e responsabile per la
sicurezza), Moviter srl di Bagnoli della Rosandra (esecutore), Adriano Morettin
(progettista e direttore dei lavori, geometra della Protezione civile).
Responsabile per la sicurezza: Mario Radovic. «Tenete a mente il direttore
tecnico e responsabile per la sicurezza e il nome della ditta esecutrice»
raccomanda il Comitato per la difesa della Val Rosandra. Il motivo? La ditta
Moviter srl di Bagnoli ha un passato non indifferente dal punto di vista
ambientale. Precedenti non proprio confortanti. «Un ex assessore comunale –
l’esponente Pd Igor Tul -, accusato di furto, e due imprenditori – Mario Radovic
e Iztok Smotlak -, indagati per truffa - si legge sul sito. Sono i primi nomi
finiti al centro dell’inchiesta avviata dal pm Federico Frezza su presunte
irregolarità commesse durante l’esecuzione dei lavori di realizzazione della
zona artigianale di San Dorligo (...) Gli indagati, sempre secondo l’accusa,
avrebbero messo in piedi poi un secondo tipo di raggiro: al momento di riempire
gli scavi, anzichè servirsi solo di terreno ”pulito” avrebbero utilizzato anche
dei detriti (almeno 14.600 metri cubi di materiale inerte derivato da
demolizioni), facendoli però pagare come terra ”buona”. Un trucchetto, costato
al Consorzio poco meno di 200 mila euro, finito al centro di una seconda
indagine di tipo ambientale». (Il Piccolo 26 luglio 2009). Le domande sorgono
spontanee. «Ma in che mani hanno messo la Riserva naturale della Val Rosandra?
Nelle mani di una ditta che era stata indagata per illeciti e per aver combinato
guai ambientali!» si chiede il Comitato per la difesa della Val Rosandra.
(fa.do.)
«I pregiati ontani in mani friulane» - IL CASO
«Il legno pregiato di Ontano è stato portato in un
mobilificio friulano. Servirà a fare dei tavoli per i fogolars dover verranno
bruciati i ceppi estirpati della Val Rosandra per per fare la brovada e il muset».
La denuncia di Pier Luigi Nimis, botanico dell’Università di Trieste, manda la
folla di piazza Unità in visibilio. E non è difficile capire il motivo. Il solo
pensiero degli ontani della Val Rosandra che arrederanno le taverne del Friuli è
devastante. Come la legna bruciata nei fogolars furlans. Il fatto poi che lo
dica un professore che di nome fa Nimis è ancora più stravagante. «E lo dico io
che sono friulano. Questo non è un Paese normale» dice il noto botanico. No, non
è un Paese normale.
«Tagliare un albero è come compiere un omicidio» - Le voci della CONTESTAZIONE
A manifestare ultraottantenni, adolescenti e famiglie
con bambini. Erano in 500 malgrado il brutto tempo
Indignazione, sconcerto ma soprattutto tanta rabbia. Sono i sentimenti che
hanno animato la protesta organizzata dal Comitato per la difesa della Val
Rosandra, che ha potuto contare sul supporto di circa 500 presenze, non solo di
triestini, ma anche di persone provenienti dalla regione e da oltre confine, che
si sono date appuntamento in Piazza Unità. Senza distinzioni di età, sesso e
appartenenza politica. Tutti insieme per far sentire la voce di chi chiede
risposte sul perché e sul che cosa è successo realmente. E soprattutto di chi è
la colpa per quanto è accaduto in Val Rosandra. Rinaldo, 85 anni ben portati,
una vita vissuta all’aria aperta, non ha dubbi: «Quello che abbiamo visto tutti
è un autentico disastro. Evidentemente fa parte dell’uomo stesso distruggere ciò
che la natura ha creato». Ma c’è anche chi, come Lorenzo, ha le idee chiare su
come sia potuto accadere un fatto del genere: «Un episodio simile dimostra
perfettamente l’incompetenza e la superficialità degli amministratori della cosa
pubblica. Non credo ci sia malafede, ma stupidità certamente si». La protesta
prosegue per un paio d’ore abbondanti e qualche goccia di pioggia non spaventa
certo nessuno. Ci sono famiglie intere con bambini piccoli al seguito, molti
giovani ma anche persone più mature. In tanti sono venuti insieme ai loro amici
a quattro zampe. Lucia è una ragazza che arriva da Gorizia e ci teneva ad essere
presente alla manifestazione: «Non ci si meraviglia mai troppo di cosa sia
capace di fare l’uomo in negativo. E soprattutto della sua arroganza nel violare
delle cose che non gli appartengono e delle quali dovrebbe avere il massimo
rispetto». Sventolano le bandiere delle associazioni ambientaliste, spunta anche
un gruppo No Tav. Si vedono anche alcuni volti noti della politica locale,
rigorosamente bipartisan. In mezzo alla folla anche un nome legato alla storia
sportiva di Trieste, quello di Bruno Rocco, figlio del mitico Paròn, che ha
deciso di aderire alla protesta insieme a tutta la famiglia: «Quello che è
successo è una vergogna, non si possono usare altre parole. È evidente che
qualcuno ha sbagliato e sarebbe il caso che i responsabili si degnassero di
ammettere l’errore». Parole dure, parole forti come quelle di Mariuccia, una
signora elegante e distinta, che però non va certo per il sottile: «Chi ha fatto
tutto questo è come se avesse commesso un omicidio. Tagliare un albero, a mio
avviso, è come uccidere un uomo».
(p.p.)
Pezzi di Carso in “affido” ad amanti dell’agricoltura
A disposizione di privati per sei mesi porzioni di
terreno da curare e coltivare Al via dal 14 aprile i corsi di orto aromatico.
Tra gli insegnanti un guru sloveno
TRIESTE Camminare su una farmacia self service, e non accorgersene. Avere a
disposizione una dispensa pronta all’uso e scaffali di cosmetici bio-local, e
non sapere come metterci le mani sopra. E’ tutto lì, davanti ai nostri occhi, in
quel Carso transfrontaliero che da Trieste e Gorizia scivola nell’entroterra
sloveno e vira verso l’Istria, dando casa a un patrimonio naturale unico al
mondo fatto di svariate piante tipiche, erbe mediche e aromatiche, strategiche
nella vita di ogni giorno. Perché non imparare a usarle e a coltivarcele da
soli? E’ da qui, da questo concetto tanto semplice quanto fantascientifico per
l’odierna società-discount, che parte la sfida degli organizzatori di “Cibo.Sì”,
ideatori di un’iniziativa dal sapore tradizionalissimo ma dal metodo decisamente
innovativo: dare in “affido”, per sei mesi, una landa carsica a gruppi di
dilettanti giardinieri e insegnare loro tutto, ma proprio tutto, sulla
coltivazione di cinque piante aromatiche tipiche del Carso: santoreggia, salvia,
timo, lavanda e rosmarino. “Il Carso come cura per te e la comunità”: è questa
la filosofia alla base del corso pratico dell’orto aromatico, organizzato
appunto da “Cibo.Sì” e al via il 14 aprile nella slovena Pliskovica, non lontana
dal paese di Duttogliano. Un’iniziativa di formazione sulla terra che insegna a
guardare, osservare, annusare e toccare la natura e le sue risorse. Che spinge
su quell’utilizzo rispettoso e “slow” della terra, e che oggi stride, tanto, con
le immagini delle bastonate inferte alla vicina Val Rosandra tra rabbia e sdegno
della gente. Il corso dell’orto aromatico partirà, come si diceva, il 14 aprile.
Le lezioni saranno dieci, di cui una teorica e nove pratiche, tutte in sloveno e
italiano. Ogni partecipante potrà presentarsi singolarmente o in gruppo. Ciascun
gruppo gestirà 100 metri quadrati di landa carsica, nei dintorni di Pliskovica,
da metà aprile a fine settembre. Muniti di forconi, pale e rastrelli, i
debuttanti giardinieri impareranno a conoscere e riconoscere le piante, le loro
caratteristiche e funzionalità in cucina, nella cura e nel rilassamento del
corpo. Poi si cimenteranno nella loro coltivazione e gestione, nelle varie
stagioni. L’obiettivo del corso è fornire ai partecipanti gli strumenti per
realizzare un proprio giardino aromatico. “Materie” d’insegnamento saranno la
salvia, la lavanda, il rosmarino, il timo e la santoreggia. A salire in
cattedra, due super esperti dal pollice verde: Tanja Godnic e Borut Benedejcic,
guru carsolino del garden design, vincitore del più prestigioso premio di
giardinaggio al mondo all’Hampton court flower palace show, portato a casa
proprio grazie alla creazione di un giardino carsico. Benedejcic basa infatti il
suo lavoro sulle piante biotipiche del Carso. Spiega Enrico Maria Milic,
fondatore e curatore di Cibo.Sì: «Si tratta di un corso dall’alto valore
ecologico e sociale, che insegna come coltivare piante tipiche del Carso, valida
alternativa decorativa a piante più esigenti, nonché simboli della nostra
identità». L’universo di Cibo.Sì è quanto più a metà tra intellettuale e manuale
esista; tra gli organizzatori ci sono un naturalista e contadino, un antropologo
e due ingegneri esperti di gestione e delle proprietà organolettiche del vino e
dell’olio. Il loro obiettivo è costruire un’economia e una socialità
alternative, attorno al cibo, che costituisce la sintesi di un rapporto con il
territorio e ne esprime la qualità. I principi cardine della loro attività vanno
dall’approccio eco-sostenibile alla campagna coltivata alla gestione umana (non
di massa) della produzione agricola e del consumo di cibo, e al sostegno
all’autonomia economica delle piccole comunità. Tutto ciò ovviamente, come
sottolineano i curatori dell’iniziativa, operando in un territorio che «risiede
nelle bioregioni del Carso, dell’Istria e di Trieste: un insieme di terre che
naturalmente convergono». Un unico territorio, piccolo, ma traboccante di
ricchissime diversità. E non solo naturali. D’obbligo, dunque, imparare a
conoscere questa terra per poterla apprezzare al meglio. I corsi di formazione e
le iniziative cultural-naturalistiche organizzate vanno in questa direzione.
L’ultima in ordine di tempo il corso pratico dell’orto aromatico pronto a
partire (info sul sito web www.cibo.si milic@bora.la).
Elisa Coloni
Parcheggi a pagamento obbligatori col nuovo piano traffico - LA LETTERA DEL GIORNO
Ho avuto il piacere di essere presente, mercoledì 28 marzo al Ricreatorio Pitteri, alla presentazione, ai cittadini della V Circoscrizione (San Giacomo-Barriera Vecchia), della nuova bozza del “Piano Generale del Traffico Urbano” relatori l’Assessore competente Elena Marcheggiani e il direttore del Servizio Giulio Bernetti. Ho provato un grande entusiasmo iniziale nell’apprendere dalla relazione introduttiva che per avere un miglioramento del vivere urbano, le principali caratteristiche del progetto sono improntate nel favorire il trasporto pubblico locale, l’estensione della rete delle piste ciclabili, l’estensione delle pedonalizzazioni e un miglioramento della fruizione dei parcheggi di cintura. Poi però, durante lo scorrere delle slide, il pragmatismo della realtà quotidiana ha cominciato a prendere il sopravvento sul sogno e sull’utopia; per avere una città più bella e più funzionale per rilanciare il commercio e il turismo, il piano prevede soprattutto la creazione di nuovi parcheggi di superficie a pagamento, che nel rione di San Giacomo non risultano necessari, a meno che il reale obiettivo del piano sia costringere il cittadino locale ad utilizzare la struttura di Campo San Giacomo occupata mediamente al 30% della sua disponibilità. Che triste storia trovarsi per un momento a sognare che si potrebbe vivere in una città dove chi amministra considera il cittadino il soggetto da tutelare soprattutto in questi momenti di grosse difficoltà economiche e invece al risveglio dal sogno ci si trova a dover convivere con una realtà quotidiana amministrata da “politichini” il cui principale obiettivo nella realizzazione del “Piano Generale del Traffico Urbano”, è la tutela e la salvaguardia degli interessi economici dei “Poteri Forti” che operano nel campo della gestione dei parcheggi locali che sono: la Saba Italia S.p.A. società del gruppo Saba Infrastrutture di Barcellona, una delle maggiori realtà internazionali nel settore della gestione di posti auto, in città gestisce le strutture del Ospedale Maggiore, del Giulia, del Silos, del Foro Ulpiano, di Campo San Giacamo e la AMT S.p.A. società locale che gestisce i parcheggi di superficie a pagamento, e che ha come maggiore azionista, cioè quello che con i divedendo sugli utili “fa cassa”, il Comune di Trieste.
Giorgio Della Valle
IL PICCOLO - SABATO, 7 aprile 2012
Piano regolatore, la parola ai cittadini-suggeritori - URBANISTICA »L’INIZIATIVA
Parte un processo di consultazioni con incontri,
dibattiti, schede e questionari Circoscrizioni in prima linea. Marchigiani:
«Raccogliamo idee e desideri»
RETE CIVICA Il sito internet verrà utilizzato per l’occasione come una sorta di
bacheca in cui inserire richieste e porre specifiche domande
RELAZIONE GEOLOGICA Per evitare i guai del passato, presto verrà indetta la gara
per individuare un professionista iscritto all’Ordine
Dalle segrete stanze alle pubbliche consultazioni. Dai chiavistelli alle
conferenze e ai siti web. Dal decisionismo tecnico e blindato all’assemblearismo
cittadino da cui tirar fuori idee, sogni e miraggi sulla città di domani, da
tradurre comunque, alla fine, in uno strumento urbanistico organico con le
direttive votate dal Consiglio comunale. È la svolta sul Prg di marca Cosolini
che adesso si mette in marcia ed entro giugno dovrà aver raccolto, per metterli
in un database, tutti i suggerimenti dei triestini rione per rione, strada per
strada. Qual è la città del futuro che immaginano? Che cosa vogliono veder
realizzato urbanisticamente? Dalla variante 118 del Piano regolatore secretato
(e infine cassato) di Roberto Dipiazza il mondo si è ribaltato: la prima parola
ai cittadini. Il percorso è stato presentato ieri nei dettagli (ma ulteriori
informazioni su quando andare a esprimere suggerimenti, e come, e dove,
arriveranno il 18 aprile). L’assessore alla Pianificazione, Elena Marchigiani,
ha inaugurato a Trieste una pratica molto colta, moderna e raffinata, forse mai
vista in questi termini e da queste parti, e alla quale bisognerà vedere come
gli abitanti (sempre pronti a protestare e ricusare, anche con intelligenza e
sapienza) sapranno attivamente rispondere. Si useranno per la prima volta in
pieno le circoscrizioni. Per decenni considerate la “periferia”
dell’amministrazione, oggi con la nuova logica sono promosse a indispensabile
anello di raccordo tra centro e zone satelliti. Insomma, «un piano regolatore
partecipato», comunque da licenziare entro 2 anni, quando scadranno le
salvaguardie, cioé il divieto di intervenire con modifiche sul territorio finché
esso non è regolato da una legge nuova. «Oltre alle categorie e ai gruppi
portatori di interesse - ha spiegato Marchigiani annunciando lo “start” alla
maratona - vogliamo costruire percorsi di ascolto, capire le esigenze ma anche
l’immaginario di questa città. Verranno istituiti dei tavoli tecnici settimanali
nelle circoscrizioni, sarà aperto un ufficio in centro città, le schede con
specifiche domande verranno inserite anche sul sito di Retecivica del Comune.
Quando a metà luglio avremo elaborato tutte le proposte, della sintesi faremo
una presentazione pubblica». Tecnicamente parlando, sarà a disposizione del
Comune «una mappa georiferita». Dunque i triestini sono abilitati a “desiderare”
per centro, rioni, periferie, borghi, strade e palazzi, paesaggio e zone verdi,
come per il Piano del traffico, ma anche di più. Il Comune è curioso di
conoscere proprio i “desiderata”. E se poi fossero domande impossibili?
Eccessive? In qualche modo sbagliate, o contraddittorie? «La nostra guida sono
sempre le direttive al Prg votate in Consiglio comunale - risponde l’assessore
-, parlando avremo però anche modo di spiegare, nel concreto, perché una cosa
non si può fare. Le critiche alla “secretazione” arrivate alla precedente
variante 118 erano giuste, noi presentiamo un processo al contrario, convinti
che dai cittadini possono venire anche idee migliorative rispetto alle nostre,
intuizioni e informazioni sulla riqualificazione dell’esistente,
sull’organizzazione della città, che solo chi vive nelle singole zone è in grado
di elaborare e che terremo nel massimo conto». C’è anche un’altra logica in
questo processo: «Non vogliamo, com’è stato fatto in precedenza, lasciare che le
questioni spinose emergano solo alla fine, se ci sarà conflitto (e ci sarà
certamente) verrà espresso, e sarà governato». Il primo spinoso incidente da
superare (posto che molte relazioni introduttive risulteranno ancora utili e
usabili) sarà la relazione geologica che fa da base al Prg e che ha bisogno
anche di un’approvazione regionale. Il documento inserito nel Prg di Dipiazza è
finito nelle reiterate denunce dell’Ordine dei geologi per mancata gara
pubblica. Un pasticcio rivelatosi inestricabile. Stavolta il Comune, non appena
sarà approvato il bilancio 2012, indirà regolare gara per le ricerca di un
professionista.
Gabriella Ziani
L’esito raccontato in pubblico entro metà luglio
L’Ufficio di piano consegnerà alle circoscrizioni
“planimetrie in bianco” della loro zona, per elaborare una bozza progettuale.
Verranno forniti pannelli esplicativi e schede su cui scrivere le proposte, una
volta fatti incontri illustrativi e discussioni a tema. La Giunta ha adottato un
procedimento formale, lo scorso 2 aprile. Il 18 aprile il progetto sarà
dettagliato nelle sue modalità concrete. Entro metà giugno le consultazioni
dovranno concludersi. A metà luglio verranno presentati gli esiti. Le direttive
al nuovo Prg della Giunta Cosolini sono state approvate il 22 novembre 2011, il
23 dicembre è stata costituita l’”Unità di progetto-Variante generale al Piano
regolatore”, e il 30 dicembre si è deciso di ingaggiare 5 professionisti esterni
di rinforzo.
Provincia, contributi per pannelli fotovoltaici - RISPARMIO ENERGETICO
Arrivate 1900 domande. Ma la Soprintendenza autorizza
l’installazione solo in 317 siti
Il progetto “La Provincia, i cittadini e il sole”, avviato nel 2010 per
favorire l'installazione di pannelli fotovoltaici, si prepara a passare alla
fase operativa. Scaduti i termini per la presentazione dei contributi e quasi
completata la verifica delle domande pervenute, palazzo Galatti si prepara
infatti a dare il via agli interventi veri e propri. Di domande, in totale, ne
sono arrivate ben 1900. Non tutte però potranno essere accolte, dal momento che
la Soprintendenza ai Beni culturali, chiamata ad esprimere un parere
sull’impatto paesaggistico e ambientale dei pannelli, ne ha autorizzato
l’installazione solo in 317 “location”. «Nel contratto originale che abbiamo
stipulato, non esiste un limite alle richieste – ha spiegato l’assessore
provinciale all'Ambiente Vittorio Zollia –, ma per il momento è in stand by la
situazione per le aree vincolate a livello ambientale». A partire da maggio si
procederà all'installazione degli impianti approvati, che sarà totalmente a
carico dei soggetti attuatori, ovvero la Abn di Perugia e la cooperativa Service
Noncello di Roveredo in Piano. Nell’immediato, intanto, le società contatteranno
i cittadini per definire le convenzioni necessarie alla concessione energetica.
Alle spese amministrative contribuisce anche la Provincia, versando una somma di
200 euro ai privati che hanno ceduto il proprio tetto per la costruzione
dell’impianto. «La cernita delle domande è stata un processo lungo – aggiunge
Zollia – perché ha richiesto diversi sopralluoghi e accertamenti, primo tra
tutti quello ambientale-paesaggistico». A essere interessati a questo primo
intervento saranno zone come quella di Campanelle e dell’Università centrale.
Oltre che a Trieste, gli impianti verranno installati anche a San Dorligo, a
Mugggia, a Sgonico e a Duino Aurisina. La Provincia sta esercitando pressioni
sulla Soprintendenza affinché vengano vagliate le adesioni riguardanti zone
escluse dalla prima selezione, anche per motivi architettonici. «Cercheremo di
risolvere il problema - dice Zollia - anche se i progetti singoli richiedono
dagli 800 ai 1000 euro in più». L’elenco delle location è disponibile su
www.provinciatrieste.it
(l.b.)
Val Rosandra, la Procura acquisisce tutte le carte
Il pm Miggiani vuole esaminare i documenti relativi
allo scempio: le autorizzazioni di Regione, Protezione civile e Comune di San
Dorligo
Il pm Antonio Miggiani titolare assieme al procuratore Michele Dalla Costa
dell’inchiesta su quanto accaduto, due week-end fa, nell’area protetta della Val
Rosandra, ha disposto l’acquisizione dei documenti sullo scempio. Si tratta di
lettere e autorizzazioni della Regione, della Protezione civile e del Comune di
San Dorligo. La procura sta puntando infatti a verificare l’esistenza e la
legittimità con la normativa vigente della documentazione riguardante le
autorizzazioni a effettuare il massiccio intervento. Norme di legge o
regolamenti, che come hanno sottolineato i firmatari dei due esposti presentati
in procura (Wwf nazionale e ambientalisti) sarebbero state ripetutamente e
ingiustificatamente violate. In pratica - proprio alla luce degli esposti
presentati - il pm Miggiani sta cercando di definire gli aspetti giuridici delle
ipotesi di reato individuate nelle denunce presentate in procura. In particolare
si tratta della violazione dell’articolo 743 del Codice penale riguardante la
distruzione e il depauperamento delle bellezze naturali. Ma anche anche della
mancanza di nulla osta alla realizzazione di opere in zone protette da vincolo
ambientale. «Quanto realizzato dalla Protezione civile costituisce un illecito
ambientale. Durante i lavori sono stati tagliati molti alberi di grandi
dimensioni anche del diametro di oltre 90 centimetri. È stato compromesso
l’habitat della foresta “a galleria” che garantiva ombreggiamento e
ossigenazione alle specie presenti, con disturbo all’avifauna», si legge
nell’esposto presentato dall’avvocato Alessandro Giadrossi per conto del Wwf
nazionale. «Non risultano essere state rispettate le procedure autorizzative
imposte dalle varie norme. Presumiamo che la protezione civile abbia inteso
avvalersi del regime derogatorio straordinario previsto dalla legislazione di
emergenza», è scritto nell’altra denuncia degli ambientalisti. Al momento non ci
sono indagati. Ma è evidente che l’inchiesta del procuratore Dalla Costa e del
pm Miggiani punta a individuare anche «in ipotesi» due differenti tipi di
responsabilità, quella penale, ma anche eventualmente quella amministrativa che
subentrerebbe come inevitabile conseguenza della prima. Infatti, nell’ipotesi in
cui dovesse essere accertata l’illegittimità dell’intervento proprio per la
carenza o la mancanza di autorizzazioni e di conseguenza in violazione di legge,
l’azione della procura infatti potrebbe di conseguenza puntare anche a chiarire
l’aspetto dell’eventuale danno finanziario. E cioè la responsabilità della
spesa, non consentita, di denaro pubblico per effettuare l’intervento che
appunto potrebbe essere stato ipoteticamente fuorilegge. Insomma un doppio
danno: all’ambiente ma anche alle casse pubbliche. Ma c’è di più: l’indagine
della procura punterà anche a verificare il tipo di disposizioni che erano state
date ai volontari della protezione civile. A molte persone giunte dal Friuli e
dalla Bassa infatti, secondo le denunce, erano state date indicazioni di lavoro
spesso superficiali e imprecise. La prova indiretta è il fatto che molti alberi
sui quali vi erano nidi sono stati abbattuti quando al contrario ufficialmente
questo era stato espressamente vietato. Difficile pensare che sia stato un caso.
Corrado Barbacini
E sul caso si attiva anche il Centro Unesco - ASSEMBLEA DELLA SEZIONE PROVINCIALE
Il “caso” dell’intervento della Protezione civile in Val
Rosandra è arrivato all’attenzione anche del Centro Unesco di Trieste. Tra gli
argomenti inseriti all’ordine del giorno dell’ultima assemblea dell’organismo,
infatti, è stata inserita anche la questione delle potature selvagge all’interno
della riserva naturale. «Il Centro Unesco di Trieste - si legge nel testo della
mozione approvata al termine dell’assemblea - prende atto di quanto avvenuto in
Val Rosandra in seguito all’intervento della Protezione civile per la pulitura
dell’invaso dell’omonimo torrente, opera di per se stessa essenziale per la
sicurezza delle vicine comunità a fronte di possibili gravi avversità naturali.
Il Centro sottolinea inoltre l’importanza del sito sia dal punto di vista
ambientale, per la ricchezza di significative particolarità naturalistiche, sia
da quello storico e sociale. La valle, infatti, costituendo fin dall’antichità
un punto di incontro di culture diverse, con importanti resti archeologici, e
un’antica via commerciale, risalente dal mare verso l’interno della Slovenia.
Elementi alla base della tutela concessa al sito dalla legge regionale 42 del
30.09.1996, con la quale fu istituita la Riserva naturale regionale della Val
Rosandra». Di qui la scelta dell’Unesco di Trieste di farsi parte attiva per
arrivare a chiarire le responsabilità. «Auspichiamo -conclude la mozione - che
importanti e necessari interventi di prevenzione specialmente in zone tutelate
siano effettuati con le dovute cautele, d’intesa con le comunità locali, in modo
da non incidere sull’ambiente in maniera irreparabile, come avvenuto. Inoltre ci
impegnamo a segnalare l’accaduto alla Federazione italiana dei Centri e Club
Unesco e alla Commissione Nazionale Unesco, fornendo la necessaria
documentazione».
Bandelli: «Da Tononi frasi imbarazzanti»
«Tononi è un fuoriclasse dell’offesa e dello sproloquio.
Sarei preoccupato se parlasse bene di me». Franco Bandelli, leader di Un’Altra
Trieste, replica per le rime all’esponente di Un’Altra Trieste che l’aveva
chiamato in causa sul caso Val Rosandra. «Tononi - continua Bandelli - cerca
spasmodicamente visibilità, ricorrendo sistematicamente agli insulti personali.
Sull’intervento della Protezione civile in Val Rosandra, da lui sono arrivate
dichiarazioni imbarazzanti, che offendono sia l’intelligenza dei triestini, sia
dell’assessore Ciriani, non riconoscendogli nemmeno la capacità di sapere cosa
stesse facendo. Triste è il tentativo di scaricare sul Comune di San Dorligo
l’operato dell’assessore, che avrebbe dovuto rendersi conto del disastro
ambientale che si stava creando. E che dire poi dell’attacco alla Lega Nord,
tutt’ora parte della maggioranza in Regione? Su una cosa, però, devo dare
ragione al consigliere Tononi: io mi sto realmente specializzando in botanica,
non per tagliare gli alberi in piazza Libertà, bensì per tagliare gli alberi
secchi della politica, di cui lui stesso è espressione». «Dispiace vedere che a
critiche politiche circostanziate, Bandelli non risponda in alcun modo, ma
faccia affermazioni astratte e senza alcun possibile riscontro - risponde a sua
volta Piero Tononi -. Fortunatamente il prossimo anno gli elettori saranno
chiamati a votare e, concretamente, vedremo se sosterranno “un’altra
astrattezza” o continueranno a dare la propria fiducia a chi, nei fatti, sta
lavorando per il proprio territorio».
Oggi in piazza Unità la protesta del Comitato - ALLE 12
«Cosa è stato fatto? Vogliamo che le autorità rispondano alle nostre domande in modo chiaro e univoco senza scaricarsi le colpe a vicenda sullo scempio della Val Rosandra». È questo il coro che si alzerà stamani alle ore 12 in piazza Unità sotto la sede della Regione. Centinaia di manifestanti motivati a farsi sentire e ad aver chiarezza su quello che è il caso ambientalistico di Trieste e del Friuli Venezia Giulia. «Chi sono i responsabili di tutto questo? Dov’era la forestale? Che fine ha fatto la legna di pregio che è stata trasportata via dal sito?». Sono solo alcune delle domande che i manifestanti rivolgeranno sotto il palazzo della giunta Tondo. Il “Comitato per la difesa della Val Rosandra” infatti, dopo aver raccolto ben 1592 firme con la manifestazione di protesta di domenica scorsa, si dice pronto a dar battaglia per venire a capo dei motivi che hanno promosso questo disastro ambientale: «Abbiamo subìto un danno ecologico e paesaggistico difficilmente rimediabile in tempi brevi, bisogna far venir fuori i responsabili di questo massacro per il quale sembra siano stati sborsati qualcosa come 800mila euro dalla cassa della Regione. In un giorno l’uomo ha distrutto ciò che la natura ha impiegato anni a realizzare, vogliamo chiarezza».
Vicino a Bottazzo due ponti e non più la diga
Presentata la Capodistria-Divaccia. Il Wwf a Regione e
ministeri: serve la valutazione transfrontaliera
Val Rosandra, lato sloveno. Raddoppio della ferrovia Capodistria-Divaccia.
L’altro giorno nella cittadina di Gabrovica è stato presentato il progetto
relativo a quest’area sensibile, che crea timori anche per il lato italiano
della valle, appena violata dal taglio di alberi ora sotto inchiesta. I
progettisti hanno annunciato che nella parte alta della valle, dove è prevista
una strada temporanea di collegamento al servizio dei cantieri, si è deciso di
costruire due ponti al posto di una impattante diga, ipotesi che ormai è stata
esplicitamente esclusa. Il tracciato, è stato detto, sarà di 28 chilometri di
cui 21 in galleria, costerà 1,3 miliardi di euro e richiederà 6 anni per essere
completata. Il punto più vicino di tangenza con la parte italiana è nei pressi
di Bottazzo. Nei giorni scorsi Debora Serracchiani, europarlamentare Pd, ha
chiesto di vedere i progetti. Adesso è il Wwf a entrare in campo: «Sulla nuova
linea ferroviaria Capodistria Divaccia è necessaria una Valutazione d’impatto
ambientale transfrontaliera (Via): anche gli enti e i cittadini italiani devono
poter esprimere il proprio parere sul progetto, e sul modo per evitare che
arrechino danni irreversibili all’ambiente e al paesaggio». La richiesta,
firmata dal presidente regionale Roberto Pizzutti, è stata inviata alla Regione,
al ministero per l’Ambiente sloveno, per conoscenza al sindaco di San
Dorligo-Dolina, e naturalmente al ministero dell’Ambiente, dove il ministro
Corrado Clini, già sollecitato sui fatti della Val Rosandra, ma in questi giorni
all’estero, è in procinto di occuparsi del tema, anche perché destinatario di
interrogazioni parlamentari sulla contestata pulizia dell’alveo del torrente. Il
Wwf ricorda che la Val Rosandra è dal 1996 riserva naturale regionale, ma fa
anche parte del Sito di importanza comunitaria “Carso triestino e goriziano” e
della Zona di protezione speciale “Aree carsiche della Venezia Giulia”. «Da qui
- afferma la nota - l’obbligo di sottoporre le opere, che potenzialmente
potrebbero arrecare danno alle specie e agli habitat tutelati, a un’approfondita
valutazione, che tenga conto dell’impatto che i lavori possono avere sul
paesaggio, sul regime delle acque, anche per l’inquinamento prodotto dai mezzi
di cantiere e lo smaltimento dei materiali scavati, impatti che interesserebbero
anche il territorio italiano. Giustamente - conclude il Wwf - la Slovenia ha
chiesto di partecipare alla “Via” sul rigassificatore e non solo, ora è l’Italia
che deve potersi esprimere sul raddoppio della ferrovia slovena. Confidiamo nel
governo, nella Regione e anche nel Comune di San Dorligo».
(g. z.)
Case nel Bosco della Luna sotto tutela paesaggistica
Il Comune si oppone, ma la giunta Gasperini aveva già
concesso il permesso E sull’area disabitata si ipotizzava di trasferire i
ripetitori tv di Chiampore
MUGGIA «Non abbiamo bisogno di altro cemento quindi dico no ai 16
appartamenti da edificare nel bosco della Luna». Posizione netta e chiara quella
presa dall'assessore all'Ambiente del Comune di Muggia Fabio Longo nel giudicare
i lavori che potrebbero interessare a breve tre particelle del Comune censuario
di Valle San Bortolo, poste in linea d'aria sulla collina posta sopra Porto San
Rocco ed oggetto di un Piano attuativo comunale (Pac) di iniziativa privata.
«Muggia ha già un numero superiore di aree edificate rispetto a quelle che in
realtà potrebbe contenere – spiega Longo – quindi non vedo il bisogno di gettare
altro cemento sul nostro territorio». In questi giorni la giunta comunale ha
votato all'unanimità la decisione di assoggettare a Valutazione Ambientale
Strategica (Vas) l'intervento, in considerazione che l'area oggetto dello stesso
è ricompresa all'interno del perimetro delle aree soggette a tutela ambientale
(individuate nella tavola della zonizzazione del Prgc). L'area infatti è
considerata di pregio ambientale e dunque sotto tutela paesaggistica. Ma allo
stesso tempo la zona risulta edificabile. «Tutto nasce dalla variante 15 al
piano regolatore promosso nel 2001 dalla Giunta Gasperini che di fatto ha creato
una situazione evidentemente conflittuale», ha ricordato Longo. Sono emerse
comunque già alcune prescrizioni fissate dal Comune per garantire la
sostenibilità degli eventuali lavori. Dovranno essere adottati degli appositi
accorgimenti finalizzati ad una gestione sostenibile e sicura della raccolta e
utilizzo delle acque meteoriche, accertando l'idoneità idraulica dei corpi
recettori delle acque reflue anche alla luce del vincolo idrogeologico gravante
sull'area interessata dal Pac. Dovrà poi essere predisposto un cronoprogramma di
lavoro sulle attività di cantiere e dovrà essere posta particolare attenzione a
tutti gli aspetti annessi e connessi quali rumore, traffico, emissioni di
polveri, gestione rifiuti e materiale di escavazione. Inoltre dovrà essere
espletato il necessario approfondimento degli effetti del piano sulle delicate
componenti che concorrono a definire la “sensibilità ambientale” del territorio
considerato con particolare riferimento alla realtà geologica dell'area e al
mantenimento del suo equilibrio idrogeologico a mezzo di elaborati specifici che
assicurino la fattibilità in tal senso degli interventi di progetto. Non solo:
dovrà essere ulteriormente valutata la sostenibilità del carico veicolare sulla
strada comunale ipotizzando nel caso un allargamento del piano viario. Inoltre
si dovrà proporre un'ipotesi di circuito carrabile che colleghi Località
Vanisella e le strade interne di nuova progettazione con la via comunale per
Fontanella posta oltre l'impluvio, per alleggerire il carico veicolare su di
un'unica via e di prevedere nell'ambito delle opere di urbanizzazione
secondaria, un sentiero con segnaletica che dal lungomare attraversi seguendone
la morfologia l'ampia area di verde pubblico prevista dal Pac per raggiungere la
sovrastante zona residenziale di progetto e la strada comunale post a monte del
sito. Servirà anche un progetto del verde che individui puntualmente le essenze
da rimuovere e le ripiantumazioni con il rapporto di due nuovi alberi per
ciascuno albero abbattuto ed il programma di verifica di attecchimento delle
piante e di sistemazione delle rimanenti aree verdi. Infine dovrà essere
approfondito l'impatto paesaggistico con le eventuali mitigazioni proponendo un
fotoinserimento dell'intervento da punti di vista significativi, nonché
specificando le caratteristiche edilizie degli edifici e delle sistemazioni
esterne ed dovrà essere preliminarmente verificata con la Soprintendenza la
compatibilità della proposta di Piano. Infine, l’area (oggi deserta) era stata
indicata come possibile sito alternativo per i ripetitori di Chiampore: nuove
case, niente ripetitori, che resteranno dove sono.
Riccardo Tosques
GREENSTYLE.it - VENERDI', 6 aprile 2012
Bici contromano, dal Ministero dei Trasporti il via
libera nelle città
Le biciclette potranno circolare anche contromano nei sensi unici.
L’importante concessione alle due ruote ecologiche arriva dal Ministero delle
Infrastrutture e i Trasporti, seppure con alcune limitazioni dovute alla
sicurezza. Soddisfazione della FIAB (Federazione Italiana Amici della
Bicicletta), che vede accolte dopo anni le proprie richieste al riguardo.
Biciclette libere di circolare in entrambe le direzioni di marcia anche in
strade a senso unico, purché però rispettino alcuni criteri fissati dal
Ministero. Il provvedimento sarà quindi operativo su “strade larghe almeno 4,25
metri, in zone con limite di 30 km/h, nelle zone a traffico limitato e in
assenza di traffico pesante”. Un atto di buon senso secondo il presidente della
Federazione Antonio Dalla Venezia:
Alcuni comuni virtuosi e coraggiosi, come Reggio Emilia – sottolinea Dalla
Venezia – hanno introdotto giù questa soluzione che consente al ciclista di
usufruire di tragitti più brevi, evitando di seguire i sensi unici pensati
esclusivamente per le auto e che portano il ciclista a fare giri molto più
lunghi. Praticamente una maniera per scoraggiare l’uso della bicicletta.
Una pratica che arriva in Italia dopo aver già preso piede nel resto d’Europa.
Insieme ai cartelli di senso unico andrà esposta una segnaletica supplementare
con l’indicazione “eccetto bici”, un provvedimento già adottato da alcune città
italiane. La decisione del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti
consentirà inoltre un più agevole completamento delle reti ciclabili urbane
secondo Enrico Chiarini, responsabile area tecnica di Fiab:
Il Ministero, finalmente, dando parere favorevole alla nostra proposta, pur con
prescrizioni compatibili con i contesti urbani, di fatto ha offerto alle
amministrazioni locali un nuovo strumento a favore del traffico ciclistico –
spiega Enrico Chiarini, responsabile area tecnica della Fiab – Ma non è tutto.
L’applicazione di tale soluzione consentirà il completamento a basso costo della
rete ciclabile urbana di molti comuni italiani e di fatto offrirà al ciclista
interessanti alterative a strade fortemente trafficate.
Claudio Schirru - Fonte: Adnkronos
IL PICCOLO - VENERDI', 6 aprile 2012
Al via la raccolta differenziata delle ramaglie - Saranno distribuiti 2500 contenitori in cui depositare erba e foglie. A svuotarli ci penserà l’AcegasAps
Niente più bottini ricoperti di erba secca, ramaglie e rifiuti verdi. E basta anche alle piazzole ecologiche trasformate in una piccola giungla. Smaltire i rifiuti originati dalle pulizie del giardino di casa, sia quello di una villetta sia di un grande condominio, d'ora in poi sarà più facile. Tutti i proprietari di piccoli appezzamenti di terra avranno gratuitamente a disposizione in comodato gratuito, a partire da giovedì prossimo, un apposito contenitore, contrassegnato con un numero di serie, da adibire a questo utilizzo. L’Acegas Aps ne ha acquistati ben 2.500, che saranno in distribuzione in via Caboto 19, tutti i giovedì dalle 14 alle 20 e tutti i sabati dalle 9 alle 19. Ma il numero complessivo potrebbe salire: «Siamo pronti a comprarne altri – ha annunciato Paolo Dal Maso, dirigente della spa – se la cittadinanza risponderà bene». La novità, assoluta per Trieste, è stata presentata ieri dagli assessori comunali Umberto Laureni e Fabio Omero. «Questo progetto – ha detto Laureni – si inserisce nel contesto più generale di un nuovo approccio nei confronti dello smaltimento di tutti i rifiuti e ricordiamo che, per i possessori di un giardino, la raccolta differenziata degli scarti verdi è obbligatoria». «Confidiamo nella buona volontà dei triestini - ha sottolineato Omero – che si sono dimostrati finora sempre sensibili sull’argomento, anche perché a beneficiarne è l’intera città». Si apre una nuova era dunque, anche perché questi rifiuti, cosiddetti “verdi”, rappresentano il 4/5 per cento del totale. «Con questa iniziativa quindi – ha precisato Dal Maso - non dovranno più essere inseriti nella raccolta indifferenziata». Il meccanismo è questo: negli orari indicati, i possessori di un giardino potranno ritirare un contenitore per ogni numero civico. Esso dovrà essere utilizzato per la raccolta dei rifiuti “verdi”. Una volta riempito il contenitore, sarà sufficiente telefonare al numero verde 800955988 per prenotare il suo svuotamento, che avverrà a cura dell’Acegas Aps sulla pubblica via, nel punto più vicino a quello di raccolta, in orari serali. Ogni contenitore, capace di 240 litri, «sta comodamente nel baule di un'automobile – ha assicurato Dal Maso – perciò non sarà difficile venirli a ritirare». Laureni ha fatto una raccomandazione: “È vietato inserire sacchetti di plastica per contenere l'erba, vasi da fiori, sassi, perché questo ne impedirebbe il compostaggio”. Dal Maso ha poi colto l’occasione, passando a un argomento complementare, per invitare ancora una volta i commercianti «a rispettare puntualmente le disposizioni in tema di raccolta del cartone. I risultati sono buoni – ha concluso – ma bisogna migliorare».
Ugo Salvini
Pace con Trenitalia, ecco i “Vivalto” - Quattro nuove carrozze in Fvg entro l’estate e otto Civity dal gennaio 2013. Riccardi: servizi migliori per chi viaggia
ROMA Buone notizie per i pendolari del Friuli Venezia
Giulia, circa ventimila persone costrette a spostarsi ogni giorno su rotaia per
raggiungere il posto di lavoro, spesso in carrozze affollate, senza aria
condizionata e bagni inagibili. Da luglio entreranno in funzione i primi due
nuovi treni “Vivalto” delle Ferrovie dello Stato destinati al trasporto pubblico
locale (in grado ciascuno di trasportare fino a 850 persone sedute), e alla fine
dell'estate 2012 ulteriori due convogli. «Anche se – fa notare l'assessore
regionale alle Infrastrutture Riccardo Riccardi – a causa dei ritardi di
consegna del materiale rotabile da parte del fornitore di Trenitalia scontiamo
uno slittamento di circa sette, otto mesi rispetto ai termini del contratto, che
indicava la messa in esercizio a fine 2011». L'altra apprezzabile novità è che
dal gennaio del prossimo anno saranno operativi altri otto elettrotreni Civity,
acquistati direttamente dalla Regione con il proprio bilancio per 50 milioni di
euro, ed altri quattro stanno per essere ordinati per una spesa complessiva di
ulteriori 26/28 milioni di euro. A confermarlo è stato lo stesso Riccardi,
durante la conferenza stampa di presentazione a Roma da parte
dell'amministratore delegato di Fs, Mauro Moretti, del “Piano di investimenti
trasporto regionale Trenitalia”. Incontro che ha sancito una, per ora, ritrovata
armonia fra i vertici regionali e Trenitalia, con cordialissimo saluto fra
Moretti e l'assessore, salutato per primo pur fra i numerosi Governatori
presenti da varie parti d'Italia, con cordiale stretta di mano, pacche
reciproche sulle spalle e chiacchierata a tu per tu sotto l'occhio affamato dei
fotografi. Fotoreporter e cineoperatori che hanno peraltro, complice l'effetto
Passera (il ministro dello Sviluppo ecnomico era presente all'evento),
praticamente monopolizzato il tavolo della sala del binario 24 della Stazione
Termini, per poi immortalare in decine di scatti una raggiante (e probabilmente
sollevata dopo le polemiche feroci dei pendolari romani) Governatrice del Lazio,
Renata Polverini, in formato cartolina dal finestrino dei nuovi Vivalto a
quattro carrozze e due piani: sedili in eco-pelle blu lavabili, nuovi
tavolinetti, presa da 220 volt integrata, finestrini a isolamento termoacustico,
climatizzazione, videosorveglianza, toilette rinnovate e postazioni per
disabili. Solo seconda classe. «Con un po' di fatica – commenta Riccardi – siamo
in prossimità del risultato che ci eravamo prefissati grazie all'impegno di
tutti. Il trasporto regionale assumerà una nuova dimensione, più rispondente
alle esigenze dei nostri pendolari. E rispetto ad altre regioni, in Friuli
Venezia Giulia Trenitalia ha già avviato, di questo va dato atto, le attività di
ammodernamento delle carrozze, il cosiddetto restyling che in altre realtà
territoriali deve ancora cominciare». Quanto alle tensioni dei mesi scorsi e
alla minaccia di prendere in considerazione altri partner ferroviari, come la
Ntv di Montezemolo, Riccardi ribadisce, «nonostante le baruffe», la sua stima
nei confronti di Moretti («Un grande personaggio»), ma rimanda alla gara in
programma nel corso di quest'anno. «C'è un percorso condiviso con Trenitalia –
dice – stiamo andando avanti nello sforzo di recuperare le difficoltà. Io
comunque di certo non mi sottrarrò alla battaglia, se ci sarà». Nel giorno in
cui sono state presentate le 350 nuove carrozze, Moretti ha annunciato il via a
due nuove gare finalizzate ad acquistare altri 130 convogli elettrici e diesel
con un'opzione per altri 60 destinati al trasporto locale e metropolitano per un
totale di 1,25 miliardi di investimento. «Risanato i bilanci abbiamo la
possibilità di investire», ha detto l'ad. Il quale si è reso conto che «la
partita più calda è quella dei pendolari delle grandi città», reinvestendo nel
trasporto locale i profitti dell'alta velocità. Scelta condivisa da Passera, che
vuole aprire alla concorrenza, realizzando «un trasporto pubblico in
collaborazione con le regioni per creare poche grandi aziende al posto delle
piccole aziende inefficaci di oggi». Concorrenza sì, ha però chiosato il
presidente delle Fs Lamberto Cardia, ma con «Regole chiare applicate da tutti,
altrimenti ci sono vincitori e vinti».
Marina Nemeth
Un esercito di pendolari: sono 20mila - IL FENOMENO
Sono ventimila le persone nel Friuli Venezia Giulia che devono spostarsi ogni giorni dalla loro città per raggiungere con il treno il lavoro o il luogo di studio. La tratta più frequentata, secondo i dati della Direzione regionale di Trenitalia, è la Udine-Venezia. Ma anche altre linee ferroviarie sono molto frequentate. Tanto che negli anni di fronte ai disagi (treni soppressi, viaggi al limite della sopravvivenza) si sono formati gruppi spontanei di protesta presenti anche nella Rete. Come Il Comitato Pendolari Alto Friuli, blog attivissimo e dedicato ai viaggiatori della linea Udine-Tarvisio. Anche Facebook e Twitter sono diventati punti di riferimento in cui i pendolari stringono patti di solidarietà scambiandosi informazioni su orari, ritardi e diari di viaggio, nello stile di quello che in Usa viene chiamato citizen journalism. Consigliata visita al sito odisseaquotidiana.blogspot.it. Con 458 dipendenti la Direzione regionale assicura gran parte del trasporto locale mettendo a disposizione mediamente 135 treni al giorno su una rete ferroviaria di 430 chilometri. Il parco treni è composto da 17 locomotive, 105 carrozze di media distanza, 15 complessi leggeri elettrici e 5 complessi leggeri termici. Dodici le biglietterie di sportello e 43 le macchinette self service dei biglietti.
(m.n.)
Val Rosandra, niente alberi niente più caccia al tesoro
Il progetto sul sito per studenti delle scuole era
costato al Comune di San Dorligo 3mila euro. Bisognava individuare il nome delle
piante
Prima commissiona una guida interattiva per scoprire le bellezze naturali
della Val Rosandra, poi dà il consenso alla Protezione Civile per raderne
barbaramente al suolo la parte più verde. Roba da psicanalisi? Quasi. Eppure il
Comune di San Dorligo della Valle è riuscito a fare proprio questo. L'ultima
tragicomica notizia emersa in queste ore dopo gli interventi di “pulizia”
dell'alveo del torrente Rosandra è la "Caccia al tesoro botanica in Val Rosandra",
un progetto promosso dall'amministrazione Premolin, costato circa 3mila euro,
intento a valorizzare da un punto di vista didattico la conoscenza della Riserva
naturale regionale. Il software, disponibile anche per palmari e smartphone,
doveva di fatto creare le premesse per inscenare una vera e propria caccia al
tesoro riservata agli studenti delle scuole elementari dando loro il compito di
individuare nel tratto iniziale della Valle dieci specie differenti di piante
(su una lista complessiva di 27) che sino a circa dieci giorni fa
contraddistinguevano l'entrata della riserva. Ora, dopo l'intervento della
Protezione Civile, avallato dal Comune di San Dorligo, l'applicazione non ha più
ragion di esistere per un semplicissimo motivo: tutti quegli alberi non esistono
più. Nel sito non è rimasto assolutamente nulla, salvo il pioppo nero (ma
inutilizzabile perché capitozzato) e qualche rovo scampato alla furia
distruttrice. Sono completamente scomparse dall'area tutte le seguenti specie
che rientravano nel giochino per i cellulari: acero campestre, ontano, asparago
sempreverde, crespino, berretta da prete, luppolo, noce, ligustro e salice
bianco. «Francamente mi sembra assurdo che nessun rappresentante del Comune
sapesse che sin da settembre dell'anno scorso l'area devastata dall'intervento
fosse proprio quella dedicata all'applicazione didattica per telefonini,
commissionata dal Comune stesso al Dipartimento di Scienze della Vita
dell'Università di Trieste pochi mesi prima con una spesa di alcune migliaia di
euro», commenta stupito e amareggiato Pier Luigi Nimis, professore ordinario di
Botanica al Dipartimento di Scienze della Vita dell'Università di Trieste. Nimis,
assieme a Rodolfo Riccamboni ed Elena Pittao, è stato l'artefice di questo
programma che in pochi mesi è stato scaricato da più di 4mila persone,
provenienti anche da fuori Italia. «Una cosa particolare – prosegue Nimis – è
che il Comune di San Dorligo, dopo aver commissionato e pagato regolarmente il
software, si sia disinteressato di questo non utilizzandolo». Il professore
ordinario di Botanica ha poi preannunciato che il Gruppo tecnico-scientifico
della Riserva naturale della Val Rosandra di cui fa parte – ad Aldo Tomat,
Alfonzo Zampatti, Anna Cavani, Kajetan Kravos e Sergio Paradisi – è sul piede di
guerra. «Sono a dir poco stupito che il Comune di San Dorligo, gestore della
Riserva, non abbia mai informato dell'intervento il Gruppo Tecnico-Scientifico
della Riserva stessa, di cui faccio parte ed ho chiesto che entro la fine della
prossima settimana il Gruppo venga sentito da parte del Comune altrimenti credo
che io, e probabilmente anche i miei colleghi, ci vedremo costretti a rassegnare
le dimissioni».
Riccardo Tosques
Gombac: «Premolin ora deve aprire una seria inchiesta»
La Protezione Civile ha operato su un'area grande 39mila 444 mq, lunga 1.736 metri pari a circa 4 ettari, “sforando” quindi di 636 metri rispetto all'intervento presentato in origine dal Comune di San Dorligo della Valle-Dolina. I dati, inequivocabili, sono contenuti nella brochure di presentazione dell'operazione “Alvei puliti 2012” a firma della Protezione Civile. A conti fatti, dunque, rispetto ai 1.100 metri di intervento richiesti il 31 gennaio scorso dal responsabile dell'Area dei lavori pubblici e Ambiente del Comune di San Dorligo, Mitja Lovriha, i lavori di pulizia dell'alveo del torrente Rosandra hanno impegnato la Protezione Civile per altri 636 metri, tutti a monte, quelli che di fatto hanno recato il vero e proprio disastro ambientale della Riserva naturale. In base a quanto dichiarato dalla Protezione civile la responsabilità di tutta l'attività dei volontari scesi in Val Rosandra era posta in capo al sindaco Fulvia Premolin. In ordine gerarchico, al di sotto del primo cittadino, troviamo poi il “funzionario comunale nominato dal sindaco con compiti di programmazione e coordinamento”, e successivamente il “caposquadra della Protezione civile” ed i vari volontari della Pc. Come noto all'interno della giunta Premolin la delega della Protezione Civile è stata affidata ad Antonio Ghersinich, vicesindaco di San Dorligo della Valle in quota Pd. Ghersinich, durante l'ultima riunione del Consiglio comunale di San Dorligo ha ammesso di essere stato presente nella due giorni dei lavori al Rosandra «circa 2 ore», perlopiù a valle «nella zona del Teatro Prešeren» facendo poi «un sopralluogo con l'assessore regionale Ciriani». Chi era sicuramente attivo durante i i due giorni di lavoro è il coordinatore comunale della Protezione Civile di San Dorligo, Willy Vorus, che ha sempre difeso il proprio operato: «I volontari che hanno operato nei giorni 24-25 marzo sono persone che abitano in comunità piccole, paesi del Friuli, del Goriziano o del Carso, gente che ama ed apprezza la natura». Intanto Boris Gombac, capogruppo consigliare di San Dorligo della lista civica Uniti nelle Tradizioni (all'opposizione rispetto all'amministrazione Premolin) ha lanciato una proposta: «Auspico che il Consiglio comunale trovi il coraggio di istituire, in base all'articolo 47 del Regolamento per il funzionamento del Consiglio comunale, una Commissione di indagine che ci permetta di chiarire quanto è successo e chiudere questo triste capitolo». Ed ora, in attesa di capire se tra due fine settimana (ossia il 21-22 aprile) la Protezione Civile tornerà a San Dorligo, dall'operazione “Alvei puliti 2012” emerge che dopo la Val Rosandra vi sarà un'altra azione di pulizia della Pc entro l'anno nella provincia di Trieste, prevista a Barcola-Grignano per un totale di 118mila 700 mq. quasi il triplo rispetto alla Val Rosandra.
(r.t.)
Tononi (Pdl): «Ora Bandelli si scopre anche botanico» - IL CASO PROTEZIONE CIVILE
«La credibilità politica di Franco Bandelli sulla Val
Rosandra, come su altro, si potrebbe misurare con l’acrobazia delle retromarce
con le quali ci ha intrattenuto in questi anni. Uomo di lotta e di governo che
riesce a cambiare opinione su tutto ciò gli capiti a tiro, fiutando l’aria del
consenso facile». È l’attacco di Piero Tononi, coordinatore vicario del Pdl
provinciale e consigliere regionale, al leader di Un’altra Trieste. Prosegue
Tonini: «Da una parte bacia il tricolore, dall’altra candida a Duino il suo uomo
nella lista della Lega che il tricolore lo vedrebbe meglio “buttato nel cesso”;
poi c’è il voto favorevole che espresse al rigassificatore quando era assessore
comunale, per poi invece diventarne un accanito contestatore. «Ora – prosegue
Tononi – assistiamo a un’altra evoluzione: la svolta ambientalista come paladino
della Val Rosandra, un novello botanico che però quando stava in Comune ai
Lavori pubblici passò alle cronache per gli innumerevoli alberi secolari di
Piazza Libertà che intendeva far fuori (all’insaputa dei colleghi assessori),
per un progetto che poi, dopo la sua uscita dalla Giunta, è stato opportunamente
rivisto». Tononi ribadisce che va ricordato «il ruolo amministrativo del Comune
di Dolina nella vicenda della Val Rosandra, reso palese dai documenti e dalla
presenza del vicesindaco alle operazioni di pulizia dell’alveo».
Domani in Regione la manifestazione indetta dal Comitato - PIAZZA UNITA'
Quella organizzata domenica scorsa è stata solo la prima
uscita pubblica. Il secondo atto andrà in scena tra poche ore. Domani, infatti,
il neonato “Comitato per la difesa della Val Rosandra” tornerà a farsi sentire.
Lo farà con un presidio organizzato a mezzogiorno sotto la sede della giunta
regionale in piazza Unità. Ai rappresentanti dell’esecutivo Tondo, i
manifestanti ricorderanno l’intenzione di proseguire con la raccolta di firme
(già arrivata a quota 1592 sottoscrizioni) e di procedere, anche con l’aiuto
della Procura, all’individuazione dei responsabili dello scempio perpetrato
nella valle. «Vogliamo che le autorità rispondano alle nostre domande in modo
chiaro - si legge nel volantino che pubblicizza la manifestazione -, senza
scaricarsi le colpe a vicenda. Chi ha autorizzato l’intervento in Val Rosandra?
Dov’era la Forestale? E infine, che fine ha fatto la legna di pregio portata via
dal sito?».
Con l’inverno gelido è andato distrutto oltre il 10% del verde
Il Comune amplia l’appalto: dopo il freddo anche la
siccità Il 14 e 15 aprile “Horti tergestini” dedicato a Livio Poldini
Il 10 per cento di vegetazione è andato “bruciato” in città dal gelo di
febbraio, dall’acqua di mare che è salita fin sulle rive ghiacciandosi. Palme
che hanno perso il loro fogliame, cespugli e aiuole intristite da un malinconico
color marroncino, centinaia di oleandri lungo la riviera di Barcola di cui
ancora non si sa capire se torneranno in salute oppure no, anche perché proprio
lì ci sono stati danni pure al sistema di irrigazione. Il breve ma disastroso
inverno ha costretto il Comune ad ampliare temporaneamente l’appalto con la
ditta che si occupa delle manutenzioni del verde, in attesa di rinnovarlo
quest’estate quando dovrà essere bandita la gara. Il monitoraggio, ora che
dovrebbe essere primavera piena, è tuttora in corso. I giardinieri hanno divelto
molte bordure sulle rive, hanno ripulito degli abbondanti fogliami secchi, hanno
fatto una ricognizione in tutto il centro città, ad altre aiuole che sembravano
“morte” è stato lasciato un tempo supplementare per capire se c’è una
possibilità di ripresa, e si è dato corso a un piano di irrigazioni. Perché dopo
il freddo anomalo, e dopo la lunghissima bora che ha “avvelenato” le piante meno
robuste, è arrivata anche la «siccità permanente» come la definisce Andrea
Dapretto, assessore ai Lavori pubblici, in grado comunque di certificare che il
Giardino pubblico non ha subito devastazioni irreparabili . Tutto ciò accade
mentre proprio il Comune lancia in concreto i suoi “Orti urbani” per la cura
degli spazi verdi nei rioni e la creazione di nuovi appezzamenti coltivati, in
un appello ai cittadini affinché rendano più concreta la loro riconosciuta
passione per alberi e fiori, che si materializza anche violentemente quando una
sola pianta sembra minacciata, sia pur da una potatura, e diventa vera e propria
rivolta come si è visto con il brutto affare della Val Rosandra. Intanto, dopo
la manifestazione del mercato floreale in viale XX Settembre, dove si sono viste
frotte di acquirenti andarsene via con rosai e camelie, gelsomini e cassette
intere di gerani, gli appassionati attendono la nuova edizione, la settima, di
“Horti tergestini” nel parco di San Giovanni. La manifestazione (ogni anno presa
d’assalto) si svolgerà sabato 14 e domenica 15 aprile e sarà dedicata a Livio
Poldini, il decano dei botanici triestini, professore emerito dell’Università,
che parlerà del Carso, della sua biodiversità, della “green economy” e dello
sviluppo dell’agricoltura «che sono il nostro prossimo futuro come alternativa
al possibile nessun futuro». Tra gli espositori, i vivaisti più blasonati e
quelli di nicchia con le loro collezioni botaniche, di ellebori e aceri
giapponesi, di orchidee rustiche e glicini, oltre a una sorpresa, un «albero
della pace» chiamato “Kaki Tree Project”, la cui storia è tutta da scoprire. E
poi le consuete prelibatezze, dalle collezioni di ortensie, azalee e rose a
quelle di piante grasse, aromatiche, da giardino e balcone. In più, “Ortovi” per
i bambini, lezioni, conferenze, laboratori, dimostrazioni dal vivo di varie
tecniche di coltivazione. Visti i disastri precedenti, che hanno distrutto tanto
patrimonio, non resta che sperare che almeno l’esposizione non sia funestata da
bora, e pioggia in ritardo.
Gabriella Ziani
Paesaggio, mostra e questionario: proponi un giardino
In questa scia “verde”, che è anche per fortuna la moda
del momento, si inserisce pure l’originale proposta di Trieste contemporanea:
fino al 14 aprile allo Studio Tommaseo resta allestita la mostra “Green Shots”
dell’architetto del paesaggio Erika Skabar, che propone nuove idee per il verde
pubblico strettamente cittadino (in foto il giardino di piazza Hortis),
praticelli e giardinetti formato mignon, non più grandi di un parcheggio. Ma che
soprattutto ha aperto un sito Internet dove ciascuno può segnalare un angolo di
Trieste dove vorrebbe veder inseriti piante e giardinetti. Le segnalazioni, con
foto del luogo, possono essere inviate al sito triestecontemporanea.it/greenshots/segnala.html,
oppure via e-mail a tscont@tin.it. I risultati saranno discussi in un convegno
con esperti nazionali sul tema del verde “funzionale”.
I nonni insegnano l’orticoltura alle elementari
MUGGIA Il Parlamento europeo ed il Consiglio hanno
proclamato il 2012 “Anno europeo dell’invecchiamento attivo e della solidarietà
tra le generazioni”. Per questo il Comune di Muggia ha deciso di destinare il
cinque per mille del gettito Irpef 2008 alla Casa di riposo (per un totale di
4.319 euro) per la realizzazione di iniziative e eventi per e con gli anziani
ospiti. La Casa di riposo intrattiene da anni una significativa collaborazione
con le scuole muggesane, promuovendo incontri e condividendo progetti
finalizzati a favorire i rapporti intergenerazionali. Con l’inizio del nuovo
anno scolastico la collaborazione si è arricchita con la programmazione
congiunta di un progetto biennale in tema di coltura di erbe aromatiche e
medicinali consolidando così rapporti significativi e importanti tra i nonni e i
ragazzi. Il progetto “Orti e giardini” coinvolge, quindi, gli anziani ospiti
della Casa di riposo e gli alunni delle classi 4A e 4B della scuola primaria E.
De Amicis ma ambisce ad allargare nel tempo la sua condivisione a sempre più
classi. Fondamentale la fase “teorica” di presentazione agli alunni da parte
degli anziani delle varie piante aromatiche (una ventina), delle loro
caratteristiche, proprietà, usi, tecniche di coltivazione, ma anche la fase
“pratica” di coltivazione dell'orto, nella quale le classi, con la consulenza
tecnica di Marco Marinaz, cureranno le scelte di coltivazione, le semine o i
trapianti e lo sviluppo degli ortaggi fino alla raccolta, sempre accompagnati
dai “nonni”. Non mancheranno anche “lezioni sull’uso e le tradizioni” che si
svilupperanno sull’utilizzo di piante, erbe aromatiche ecc. in cucina e nella
medicina popolare da parte degli anziani della Casa di riposo, dell’erborista
dott. Laura Marzi e del docente di Fitoterapia dott. Nerio Nesladek. Particolare
attenzione sarà rivolta anche al recupero e alla pulizia degli spazi attraverso
la sistemazione dell’ area verde attigua al plesso scolastico, la manutenzione
della serra comunale e la sistemazione del giardino della Casa di riposo. A
conclusione del progetto, le attività svolte, i racconti e gli aneddoti, le
curiosità locali, le ricette così come la documentazione fotografica, scritta ed
il materiale raccolto saranno elaborati, organizzati e pubblicati in un opuscolo
sulla coltivazione, essicazione e consumo delle erbe aromatiche. L’assessore
Giorgio Kosic: «È un’iniziativa particolarmente significativa, non solo perché
offre ai ragazzi la possibilità di apprendere nuove conoscenze in modo
interattivo, ma anche perché favorisce la condivisione di progetti e la
collaborazione tra generazioni attraverso la trasmissione di sapere e di
ricordi. L’obiettivo è il recupero di quella memoria storica che è il grande
patrimonio del nostro territorio. Un ringraziamento va, in particolar modo, ai
volontari ed ai collaboratori, grazie alla passione ed all’impegno dei quali si
è potuto attuare questo progetto».
WWF «Piene del Tagliamento
Va annullato l’accordo» Annullare il mandato al Magistrato delle Acque di Venezia per realizzare opere e interventi per le piene nel medio e basso corso del fiume Tagliamento e il progetto delle casse di espansione: lo chiede il Wwf nazionale e regionale alla giunta Tondo con una lettera.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 5 aprile 2012
«Porto ok anche col rigassificatore» - STUDIO COMMISSIONATO da GAS NATURAL - La società Rina: l’impianto non condiziona l’operatività dello scalo
«L’indice di utilizzo del Canale Sud (nella baia di
Muggia, ndr) relativo ai traffici del 2011 è pari al 21%: valore molto al di
sotto dei normali indici di saturazione logistica. L’insediamento del terminale
di rigassificazione nelle condizioni di traffico attuali, non condiziona
l’operatività degli altri terminalisti presenti». «Il traffico aggiuntivo
originato delle 109 metaniere/anno porta a un incremento dell’indice di utilizzo
del Canale Sud dal 21% al 26%. Nell’ipotesi di un aumento futuro del traffico,
la quota parte relativa al traffico delle metaniere risulta sostanzialmente
invariata e pari a circa il 6%. In comparazione con altri porti europei
analizzati, la situazione della gestione del traffico all’interno del Porto di
Trieste appare più agevole: i volumi di traffico risultano infatti decisamente
più contenuti e le condizioni meteomarine, cui il porto è sottoposto, risultano
meno gravose». Sono le principali conclusi messe nero su bianco dalla società di
certificazione Rina (operante dal 1861), cui Gas Natural Rigassificazione Italia
ha commissionato un nuovo studio volto a fornire l’analisi del traffico
attualmente in arrivo alla baia di Muggia e la valutazione dell’impatto che il
traffico delle metaniere avrà in presenza del rigassificatore, tenuto conto del
futuro sviluppo dei traffici marittimi del Porto di Trieste. Come noto, di Gas
Natural è il progetto per la costruzione di un rigassificatore a Zaule, ipotesi
contestata da più parti. Altra conclusione dello studio messa in evidenza dalla
costola italiana della spagnola Gas Natural in una nota: «Il traffico delle navi
cisterna, tra cui le metaniere, è già regolamentato dall’attuale ordinanza della
Capitaneria di Porto relativa ai traffici marittimi». Lo studio si è composto di
più fasi: raccolta dei dati statistici del traffico marittimo, simulazione dei
traffici marittimi attuali nella baia di Muggia, simulazione dei traffici
marittimi nello scenario futuro in presenza del rigassificatore, e analisi dei
traffici in alcuni porti europei con presenza di terminali di rigassificazione (Mildfor
Haven, Barcellona e Zeebrugge).
Scempio in Val Rosandra, parte l’indagine
Fascicolo aperto dal procuratore capo Dalla Costa dopo l’esposto-denuncia firmato dal presidente nazionale WWF
Lo scempio della Val Rosandra è finito ufficialmente in Procura. Ieri mattina il procuratore capo Michele Dalla Costa ha aperto un fascicolo. Lo ha fatto anche se appena l’altro ieri aveva dichiarato di dover «partire dal presupposto che l’attività della pubblica amministrazione sia stata corretta in quanto tale». Il procuratore capo si era riservato, in precedenza, di «valutare» il caso. Ma ieri sul suo tavolo è arrivata una segnalazione formale. Il fascicolo dunque è stato aperto. «Al momento non ci sono indagati», ha precisato Dalla Costa. Il via all’inchiesta giudiziaria che dovrebbe portare a individuare le eventuali responsabilità penali sull’intervento effettuato due week-end fa nell’alveo del torrente Rosandra dai volontari della Protezione civile coordinati dall’assessore regionale Luca Ciriani è scattato attorno alle 10, quando l’avvocato Alessandro Giadrossi, presidente provinciale del Wwf, ha depositato l’esposto-denuncia firmato dal presidente nazionale dell’associazione ambientalista, Sergio Leoni. «La questione non è semplice - commenta Giadrossi - perché tocca i vertici di Regione e Comune». Ecco ciò che si legge nella denuncia: «Quanto realizzato dalla Protezione civile costituisce un illecito ambientale. Durante i lavori sono stati tagliati molti alberi di grandi dimensioni anche del diametro di 90 centimetri come pioppi bianchi e neri e ontani neri. È stato compromesso l’habitat della foresta “a galleria” che garantiva ombreggiamento e ossigenazione alle specie presenti, con disturbo all’avifauna. Inoltre il sito di riproduzione della Rana ridibunda è stato distrutto dal passaggio di mezzi pesanti come camion ed escavatori. L’intervento è avvenuto nel pieno periodo riproduttivo per l’avifauna e gli anfibi». L’ipotesi avanzata è quella della violazione dell’articolo 743 del codice penale: distruzione o depauperamento delle bellezze naturali, punibile con una pena fino a 18 mesi e con l'ammenda non inferiore a 3mila euro. Non solo: viene anche ipotizzata l’accusa della realizzazione di opere in carenza di autorizzazioni in zone vincolate paesaggisticamente. In questo caso la pena arriva fino a quattro anni di reclusione. Nell’atto vengono indicati i presupposti giuridici. Si legge: «La Val Rosandra è stata tutelata paesaggisticamente sin dal 1953 con l’avviso numero 22 del Governo militare alleato. Dal 2007 è ricompresa nelle zone “Zps” e “Sic” come previsto dalla direttiva europea “Habitat”. Nel 1984 la zona è stata ricompresa nella Riserva comunale e nel 1996 in quella regionale». Ma c’è un altro aspetto della questione che viene sottolineato e fa riferimento anche all’impiego della Protezione civile per interventi di questo tipo, non certo urgenti: la Protezione civile avrebbe agito in violazione della legge regionale che attribuisce i poteri di intervento alla Protezione civile stessa solo in caso di emergenza. «L’Amministrazione regionale - prosegue l’esposto-denuncia - giustifica la carenza dell’autorizzazione paesaggistica affermando che gli interventi di taglio a raso della vegetazione nell’alveo rientrerebbero tra quelli di manutenzione ordinaria dei corsi d’acqua. Ma l’articolo 149 del decreto legge 42 del 2004 invece prevede che possano essere realizzati senza autorizzazioni solo gli interventi di manutenzione ordinaria che non alterino lo stato dei luoghi. In realtà quanto fatto ha provocato una grave alterazione del paesaggio». «Devono essere accertate le responsabilità», ha detto durante una conferenza stampa l’avvocato Giadrossi. Poi ha spiegato che l’iniziativa del Wwf vuole avere «un effetto preventivo. Perché non continuino i lavori di questo tipo. L’obiettivo è impedire che simili devastazioni non accadano mai più».
Corrado Barbacini
Spunta la lettera: «Pulizia a valle del ponte»
L’attraversamento era quello all’ingresso di Bagnoli.
Ghersinich: ma poi si è deciso insieme di andare oltre
Uno “sforamento” di circa 300 metri lineari rispetto ai lavori previsti in
origine. Si apre uno scenario inedito, e sorprendente, sul disboscamento che tra
il 24 e 25 marzo scorsi ha devastato l'entrata a valle della Val Rosandra. Nella
giornata di ieri è comparso sul blog del consigliere comunale Paolo Rovis un
documento chiave da cui partire per far luce sull’accaduto e sulle
responsabilità. Nella lettera inviata il 31 gennaio scorso (anche se nel
documento originale l'anno indicato erroneamente è il 2010) il responsabile
dell'Area lavori pubblici e Ambiente del Comune di San Dorligo, Mitja Lovriha,
ha chiesto alla Direzione regionale della Protezione civile di «eseguire una
manutenzione dell'alveo del torrente Rosandra per un tratto di circa 800 ml
(metri lineari, ndr) a valle del ponte a Bagnoli superiore e circa 300 ml a
monte». In queste poche righe - con planimetrie allegate - si delineano quindi
concretamente le dimensioni dell'intervento che la Protezione civile, su
indicazione del Comune di San Dorligo, avrebbe dovuto compiere di lì a breve. Ma
cosa si intende per «ponte a Bagnoli superiore»? La risposta è semplice: è il
manufatto che sorge all'entrata dell'abitato della frazione, ossia il primo che
si incontra imboccando (a piedi o in auto) la stradina dalla piazza di Bagnoli.
Un ponte che quindi non ha nulla a che vedere con i due successivi: quello in
cemento dopo il rifugio Premuda e quello in legno, più volte immortalato in
questi giorni dai fotografi in mezzo al nulla degli alberi tagliati: quasi il
simbolo dello stravolgimento della natura presente in Val Rosandra. Numeri alla
mano, quindi, c'è stato una prosecuzione a monte dell'intervento di “pulizia”
che avrebbe raggiunto circa i 300 metri lineari. Si potrebbe ipotizzare quindi
che con la dicitura «ponte di Bagnoli superiore» ci sia stato un fraintendimento
da parte della Protezione civile, ossia che ci sia stato un clamoroso equivoco
sui ponti di riferimento? Antonio Ghersinich, vicesindaco e assessore con delega
alla Protezione civile del Comune di San Dorligo della Valle, dà un'altra
versione. Forse ancora più sconcertante: «È vero, la lettera parla di ponte di
Bagnoli Superiore, ossia il primo ponte che si incontra entrando da Bagnoli. Ma
a mio parere non vi è stato alcun fraintendimento perché dopo alcuni
sopralluoghi Protezione Civile e Comune hanno deciso, congiuntamente, di
ampliare il raggio d'azione andando ancora più a monte». In pratica la richiesta
del geometra Mitja Lovriha, formulata per conto del Comune di San Dorligo,
sarebbe stata completamente disattesa. Ma da chi? «Io non sono un tecnico e
quindi non mi assumo la responsabilità – si difende Ghersinich - qui
bisognerebbe chiedere a chi ha la competenza in materia di Lavori pubblici
all'interno del Comune». Quindi al sindaco di San Dorligo Fulvia Premolin.
Tornando alla lettera di richiesta redatta dal geometra Lovriha (per conto del
Comune) ed indirizzata alla Protezione civile, emerge comunque con chiarezza
ancora un importante elemento: la «necessità» del «taglio e asporto delle piante
di medio e alto fusto che ostruiscono il regolare deflusso dell'acqua». Insomma,
carta canta: almeno in questo Comune e Protezione Civile si sono trovati
d'accordo con il progetto iniziale. E i “frutti” della ferrea sinergia tra i due
enti sono sotto gli occhi di tutti.
Riccardo Tosques
Sabato protesta sotto la Regione in piazza Unità
Nuova manifestazione di protesta contro lo scempio di cui
è stata vittima la Val Rosandra. Sabato, dopodomani, alle 12 sotto la sede della
Regione in piazza Unità il “Comitato per la difesa della Val Rosandra” ha
infatti programmato il ritrovo denominato “Diamoci un taglio!”. Gli obiettivi,
come spiega il relativo volantino: prosieguo della «raccolta di firme per una
petizione» a supporto di un successivo «esposto alla procura» per individuare i
responsabili dell’operazione, e risposte chiare e univoche dalle autorità. Info:
comitatovalrosandra.org e “No alla distruzione della Val Rosandra” su Facebook.
Val Rosandra devastata dagli Unni dell’epoca moderna - LA LETTERA DEL GIORNO
Chi ci proteggerà dalla Protezione civile? Questa domanda mi sono posto venerdì 23 marzo, quando in valle si sono precipitati i “protettori” che sono riusciti in un solo giorno a distruggere un ambiente pressoché unico. Siccome non sono corrispondente di guerra, scelgo un paragone naturalistico: un centinaio di elefanti africani inferociti non avrebbe causato il disastro che invece hanno prodotto questi Unni dell’epoca moderna. Meno male che ai tempi di Attila non esistevano i Caterpillar e le Stihl. Avevano il compito di pulire la vegetazione nell’alveo del torrente e asportare gli alberi caduti e quelli pericolanti. Però già appena entrati nella riserva hanno spaccato i rami degli alberi e sbancato la terra accanto ai ruderi del mulino “Misnek”, di proprietà privata. Sono stati tagliati gli alberi sugli argini, pioppi centenari che i nostri avi avevano piantato in difesa degli argini stessi, ontani i quali con le proprie radici nodose compattano la terra fino a farla sembrare cemento armato difendendo le sponde e l’alveo dall’erosione. La stessa fine hanno fatto 5 alberi di noce di circa settanta anni (uno era secco), come altri quattro noci che io stesso piantai molti anni fa sulla riva sinistra di fronte alla vecchia cava e le acacie di venticinque anni sull’argine della briglia superiore. Tutto è andato distrutto. L’esecuzione stessa del lavoro testimonia una scarsa professionalità dei esecutori. Dappertutto hanno lasciato alte ceppaie e spuntoni appuntiti di ramaglie. Sembra che tutto ciò sia venuto a costare la piccolezza di 800 mila euro. Non male. La comunella di Bagnoli è intervenuta nell’alveo del torrente diciotto anni fa. In quattro lavorammo sodo per tre mesi e pulimmo il tratto che va dalla vasca “Lopatnik minore” fino al ponte che collega Jama con il teatro F. Preseren. Asportammo gli arbusti dall’alveo e rifacemmo la capitozzatura dei pioppi e gelsi lungo gli argini, tutto con mezzi e attrezzi propri. Nemmeno il carburante ci fu pagato, come è stato invano aspettarsi un qualsiasi ringraziamento. Tornando all’intervento di questi giorni, ormai il danno è fatto e la natura impiegherà almeno venti anni per sanare le ferite. Mi fa tristezza sapere che ai miei nipoti non sarà dato di vedere i pioppi centenari, che erano un decoro tipico della valle. A maggio fiorivano e ci coprivano di bianchi batuffoli, mentre in estate era piacevole sostare nell’ombra ascoltando il fruscio delle foglie mosse dal ponente. In autunno non ci saranno più le noci, non verranno più gli scoiattoli e i ghiri a fare le provviste per l’inverno, come pure le chiassose ghiandaie che lottavano fra loro per i dolci gherigli e i picchi che con il loro sordo battere sui rami secchi in cerca di cibo scavavano i buchi nei quali l’anno dopo facevano i nidi le cince. Chi ha progettato e attuato questo disastro deve rendersi conto di aver sconvolto e cambiato l’aspetto centenario dell’ambiente. Girano voci che i Forestali dopo il sopraluogo non gongolavano proprio di contentezza. Spero che intervengano.
Stojan Glavina
«Trieste in bicicletta sfrattata da piazza Unità»
De Gioia: sbagliato relegare la manifestazione a
Ponterosso. Edera: ma gli organizzatori erano d’accordo
«Nel momento in cui il Comune è impegnato nella stesura del Piano del
traffico che punta a valorizzare la mobilità su due ruote, questa manifestazione
viene dimenticata». Così il consigliere comunale della Lega Roberto De Gioia
commenta la decisione presa dall’amministrazione in reazione alla 36.a edzione
di “Trieste in bicicletta”: arrivo e premiazioni dell’iniziativa, infatti, che
si terrà il 22 aprile, non saranno accolti in piazza Unità, come ogni anno, ma
lo spazio designato sarà invece quello di piazza Ponterosso. Per De Gioia è una
contraddizione che svaluta il significato dell’evento. «In questo modo,
spostandola, diventa una manifestazione come tante altre. Se invece la
premiazione si fosse tenuta in piazza Unità, il messaggio sarebbe stato molto
chiaro». «Se la filosofia è quella di mettere al primo posto i pedoni e i
ciclisti per rendere più fruibili le aree del centro città - prosegue De Gioia
-, perché non prendere al volo l’occasione e fare della “Trieste in bicicletta”
un grande momento di aggregazione e di promozione di un diverso modo di
muoversi?». Il consigliere, che ha presentato ieri un’interrogazione
sull’argomento indirizzata al sindaco Roberto Cosolini, prosegue poi sulle
condizioni logistiche: «Il Comune ha concesso, come sempre, la sala matrimoni di
piazza Unità come base dell’evento, e trascinare poi premi, tavoli, generi
alimentari e il resto della struttura organizzativa in piazza Ponterosso sarà,
per i volontari dell’associazione, un disagio non di poco conto. Avessero
concesso almeno la piazza Verdi, ma perfino quella è stata rifiutata. D’accordo
nel regolamentare l’uso di piazza Unità, ma almeno si usi il buon senso». De
Gioia rivolge un’ultima critica pungente all’amministrazione, facendo
riferimento a Giordano Cottur, storico rappresentante del movimento ciclistico
italiano e triestino, scomparso nel 2006, e inventore dell’iniziativa. «Dopo
trentacinque anni la pedalata ecologica si vede interdetta la piazza Unità, che
il ciclista aveva conquistato, anticipando quella cultura della mobilità
sostenibile che appena ora il Comune vuole diffondere tra i cittadini, e che
ancora oggi, al di là delle enunciazioni, purtroppo dimostra di non aver
maturato», conclude l’esponente leghista. Sorpreso dalla polemica politica
sollevata da De Gioia, l’assessore allo Sport del Comune Emiliano Edera osserva:
«Proprio questa mattina (ieri, ndr) abbiamo avuto una riunione tecnica con gli
organizzatori e non ho ricevuto alcuna lamentela in merito. Peraltro, nella
domanda che mi è arrivata si fa riferimento a piazza Ponterosso. Inoltre -
prosegue Edera - non sarebbe stato possibile sistemare il punto ristoro
richiesto in piazza Unità. Comunque non mi sono arrivate proteste». In vista del
22 aprile, fa sapere ancora l’assessore: «Presenteremo l’evento assieme agli
organizzatori, in una conferenza stampa».
Natura e paesaggio
“Il fuoco della natura” presenta l’ultimo appuntamento del ciclo “Natura e...” Ciclo di incontri a margine della mostra per discutere di criticità ambientali e cambiamenti climatici. Oggi alle 18 si parlerà di natura e... paesaggio, a cura di Erika Skabar, architetto del paesaggio, e Alessandro Bonaventura, studio Favero&Mila Ingegneria di Venezia.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 4 aprile 2012
Rigassificatore, no all’acqua di mare» - Il Wwf: gravi danni all’ecosistema marino. L’alternativa: gas dalle navi alla rete
Un impianto di rigassificazione come quello proposto da Gas Natural a Zaule, con una capacità di distribuzione di 8 miliardi di metri cubi di gas all'anno, per poter funzionare si “beve” ogni giorno 630mila metri cubi di acqua di mare che viene poi rigettata nel golfo a temperature più basse, ma soprattutto piena di cloro. Un procedimento i cui danni molto spesso vengono minimizzati dalle società che vogliono investire in Italia. Nel nostro paese poi non esiste una normativa precisa che imponga la costruzione di determinati tipi di impianti, né un piano energetico nazionale: piena libertà alle aziende sul mercato. Perciò il Wwf ha deciso di inviare alle istituzioni competenti nazionali e locali, comprese quelle della Slovenia, uno studio realizzato dal proprio comitato scientifico: vi si descrivono i gravi danni che possono essere causati all'ecosistema marino dai rigassificatori che usano acqua di mare. I problemi creati dall'uso delle acque marine, spiega Carlo Franzosini responsabile Wwf della Riserva naturale di Miramare, si sono presentati dopo l'apertura dell'impianto offshore di Porto Viro: «Sia l'anno scorso che questo si è depositata sulle spiagge una quantità impressionante di schiume, una striscia lunga 9 chilometri e larga dai 10 ai 20 metri». Se per i responsabili della Adriatic Lng, che gestisce l'impianto, si è trattato di normali schiume dovute al moto ondoso, queste - secondo Franzosini - si sono formate per lo stress cui sono stati sottoposti i microrganismi marini: «I cloroderivati buttati in mare oltre a essere tossici distruggono i microrganismi nelle acque marine e le sterilizzano». Negli studi di impatto ambientale presentati dalle società, come anche Gas Natural, «non vengono fatti test e studi - annota Franzosini - prima della realizzazione dell'impianto. Ma come nel caso di Gas Natural, se il problema viene riconosciuto, l'impegno è di monitorare le acque a processo avviato, senza aver quindi chiari i reali danni all'ecosistema». Perciò il Wwf suggerisce altre possibilità, come la realizzazione nel golfo di Trieste di una boa baricentrica dove le navi possono immettere direttamente nella rete di distribuzione il gas, coinvolgendo nel progetto anche Slovenia e Croazia.
Ivana Gherbaz
Lucchini, al via la ristrutturazione - Venduto alla ceca Dt-Vyhybkarna il 100% del capitale delle fonderie di Bari
BRESCIA É diventato pienamente operativo nei giorni scorsi
il piano di ristrutturazione del gruppo Lucchini (che controlla la Ferriera di
Servola), che ieri intanto ha sottoscritto il contratto definitivo per la
cessione del 100% del capitale di Bfm (Bari Fonderie Meridionali) alla società
ceca Dt-Vyhybkarna a Strojirna As. Si tratta di una società specializzata nella
progettazione e produzione di scambi ferroviari, con un fatturato annuo di circa
45 milioni di euro. Bfm, ex Breda Fucine Meridionali, è attiva da 50 anni ed è
il principale produttore italiano di materiale fisso da armamento ferroviario.
Il fatturato è intorno ai 15 milioni di euro ed ha circa 100 dipendenti. La
cessione - afferma una nota - si inquadra nell’ambito del piano di
ristrutturazione Lucchini che è divenuto pienamente operativo il 23 marzo
scorso. In coerenza con quanto predisposto dal piano, entrato nella sua fase
attuativa, sono in corso i pagamenti alle banche e agli azionisti firmatari
dell’accordo, come anche ai fornitori titolari di fatture che, al 31 ottobre
2011, risultavano scadute da oltre 30 giorni. Pierre Varnier, dirigente a capo
della ristrutturazione del gruppo, ha dichiarato: «Questo accordo garantirà a
Bfm una prospettiva di consolidamento e sviluppo nell’ambito di un gruppo come
Dt tra i più qualificati nel settore degli scambi ferroviari. Adesso
continueremo a lavorare per ristrutturare la Lucchini e trovare quanto prima le
partnership che consentano una prospettiva industriale per gli altri
stabilimenti del gruppo».
La bella addormentata sotto i rifiuti - A Trieste si fa ancora troppo poco per la raccolta differenziata: bisognerebbe renderla obbligatoria
Città che dorme e cittadini pigri recano danno all'ambiente: non fare niente non basta, bisogna agire. Trieste non sembra proprio all'avanguardia nella gestione dei rifiuti. È da poco che in Piazza della Borsa hanno messo i bottini per la differenziata, quando in altre città come Bologna c'erano già da anni anche in centro. Secondo Legambiente la nostra città con la differenziata raggiunge a malapena il 15%, un dato sconfortante. Sebbene l'Acegas non si stanchi mai di mandare ogni gennaio un'informativa sulle dinamiche della differenziata, pochi cittadini sembrano prestarvi attenzione. Nel mio quartiere, Roiano, proprio sotto casa ci sono i bottini colorati che dovrebbero attirare l'attenzione, ma evidentemente il grigio alla gente da più sicurezza. Interpellando i vicini emerge disinformazione e pigrizia. Su sei famiglie, solo una presta davvero attenzione a smaltire i rifiuti in modo corretto e sostenibile. Un'altra si ricorda solo di mettere da parte le bottiglie vuote di latte, d'olio e di vino per i raccoglitori di plastica e vetro. È emerso che solo una famiglia si preoccupa di gettare la carta usata nel raccoglitore apposito; chi se ne occupa è la figlia maggiore, studentessa, che si sente “piangere il cuore” quando per le interrogazioni usa un sacco di fogli per scarabocchiarvi gli appunti e poi, avuto il voto, li getta via: «Almeno se li metto nel raccoglitore della carta quando leggo che la deforestazione in Amazzonia è arrivata ad uno stadio mai visto non mi sento in colpa». Per molto tempo è circolata la voce che la raccolta differenziata sarebbe diventata obbligatoria, ma non è ancora successo. Le famiglie che non si servono dei bottini colorati sostengono di non avere tempo - “con tutte le cose da fare durante la giornata”- per prestare attenzion al materiale che stanno gettando. Ma “se ci fosse un obbligo sarebbe molto più facile non trasgredirlo. L'uomo è un essere che obbedisce e che ha bisogno di minacce per fare il bene. Fare il male è sempre più facile e più comodo” - filosofeggia un anziano. E, infatti, tutte le famiglie intervistate si dichiarano a favore dell'entrata in vigore dell'obbligo a differenziare i rifiuti e non sembrano spaventate dei controlli, ma anzi tutte caldeggiano multe consistenti per chi dovesse trasgredire. Vista la pigrizia dei cittadini e la poca voglia di farsi venire senso civico, l'unica soluzione non repressiva sembra la raccolta “porta a porta”. Si tratta di un sistema che prevede il ritiro dei rifiuti differenziati a intervalli di tempo regolari da parte di un servizio che, oltre ad assicurare che tutti svolgano al meglio questo compito, darebbe anche lavoro a molte persone. A Napoli, dove l'emergenza rifiuti è arrivata a mobilitare i carabinieri, la raccolta “porta a porta” sembra un'iniziativa positiva, tanto che nelle zone dove è presente i cassonetti grigi e l'indifferenza sono spariti a favore di bidoncini colorati posizionati in ogni stabile. Trieste, la bella addormentata, potrebbe svegliarsi un giorno sommersa dai rifiuti. Oppure i cittadini, già pressati dalla crisi economica, si potrebbero ritrovare a pagare tasse troppo alte per i servizi di smaltimento. Infatti l'attuale Tarsu non si propone di premiare i comportamenti virtuosi, mentre a livello europeo si sta pensando di istituire una nuova tassa rifiuti secondo la quale paga meno chi inquina meno: siccome “viviamo per vivere e non per prepararci a vivere”, come scrisse Boris Pasternak nel “Dottor Zivago”, allora è bene pensare che il momento di occuparci del riciclaggio qui e ora!
Flavia Rolli - Classe II A Liceo classico D.
Alighieri
Tutti i pericoli del progetto Tav per l’ambiente della regione - TRASPORTI
Manifestazioni, scontri con la polizia, rabbia: è quello che emerge dalle ultime vicende riguardanti la Tav, la linea ferroviaria ad Alta Velocità, progetto dell’Unione Europea volto a collegare Lisbona a Kiev. E dopo i fatti della Val di Susa, il grido contro la Tav inizia a farsi sentire anche in Friuli Venezia Giulia. Si parla del collegamento Ronchi dei Legionari-Trieste, parte della tratta Venezia-Trieste, di cui si conosce il tracciato da poco tempo: la ferrovia interesserà i comuni di Turriaco, San Canzian d’Isonzo, Ronchi dei Legionari, Staranzano, Monfalcone, Doberdò del Lago e Duino Aurisina. Ed ecco che al movimento “No Tav” nato in Piemonte si aggiungono sempre più persone preoccupate per la tratta che attraverserà il Carso. Eppure le autorità non sono disposte nemmeno a discuterne, l’Alta velocità è un’occasione unica per una crescita: essere contrari alla Tav significa essere contrari al progresso. Per di più, secondo il governo, la tratta nord-est è indispensabile per salvare la zona dall’isolamento. Questa grande opera e l’enorme spesa di denaro che essa comporta sono quindi così fondamentali come le autorità sostengono? «Un costo così smisurato si potrebbe evitare facilmente potenziando la linea ferroviaria già esistente, sfruttata solo al 20%» risponde Boris Legiša, presidente della Jus Comunella di Ceroglie, zona toccata dal progetto, e attivista “No Tav”. «Inoltre i tir continueranno ad essere preferiti come mezzo per portare le merci, perché gli imprenditori sono più sicuri del trasporto su gomma». Secondo alcuni studi di ingegneria dei trasporti, infatti, solo l’1% del traffico su gomma si trasferirà su ferrovia. «Uno dei problemi più grandi, però, è che qui non si è mai saputo niente. Nessuno ha mai voluto spiegare alla popolazione questo progetto, ci sono troppi interessi nascosti. In altri stati, perlomeno, hanno indetto un referendum», insiste Legiša, elencando i disastri che potrebbero derivare dalla ferrovia nella tratta Ronchi dei Legionari-Trieste: «Nel percorso fino a Monfalcone ci sono delle aree densamente abitate e i lavori recherebbero senza dubbio dei problemi alla cittadinanza. Si parla addirittura di separare alcuni paesi a metà. La mia più grande preoccupazione però riguarda il Carso. La Tav passerebbe per 23 km sotto terra, distruggendo un intero ecosistema».
Lara Giacomello - Classe II A Liceo classico D. Alighieri
«Lavori per la ferrovia, la Slovenia chiarisca» - Serracchiani (Pd): l’Italia va coinvolta altrimenti porteremo il caso alla Ue. E Bandelli attacca Ciriani
«La Slovenia dia chiare informazioni e garanzie sull’impatto ambientale della Capodistria-Divaccia». Lo chiede l’europarlamentare del Partito democratico Debora Serracchiani in merito alla realizzazione della ferrovia veloce che in territorio sloveno dovrà collegare il porto di Capodistria allo snodo di Divaccia, toccando l’adiacente Val Rosandra. Tra Beka e Val Rosandra esiste già una stradina. Accanto a questa ne verrà aperta un’altra, temporanea e di collegamento, che assicuri l’accesso ai terreni interessati dai lavori. Una strada che evidentemente correrà sul ciglione della valle. Secondo Serracchiani «sono legittime le preoccupazioni sulle ripercussioni sul delicato habitat carsico della Val Rosandra e sarebbe davvero stupefacente se ora da parte slovena si procedesse con interventi che dalle prime notizie sembrano altamente invasivi, dopo che da parte italiana abbiamo evitato che il tracciato della ferrovia toccasse quell’area». Precisando che «non possiamo adattarci alla logica perdente dei veti incrociati», Serracchiani definisce «non accettabile che la Slovenia segua una procedura che esclude dall’informazione e dalla partecipazione un territorio transfrontaliero. In mancanza di un coinvolgimento adeguato – conclude – saremo costretti a portare il caso di fronte alla Commissione europea». Intanto, sull’intervento di pulizia promosso dall’assessorato regionale all’ambiente e protezione civile, interviene il leader di Un’Altra Trieste Franco Bandelli: «L’assessore regionale Luca Ciriani - dice - avrebbe fatto meglio a scegliersi altri "avvocati" piuttosto che la sgangherata pattuglia di consiglieri regionali triestini del Pdl, che con le loro parole aggravano la posizione di questo assessore all'ambiente che ci auguriamo ormai pro tempore. Il Pdl triestino - sottolinea Bandelli - nel meschino tentativo di scaricare le responsabilità sul vicesindaco del Comune di San Dorligo, sul cui ruolo c'è molto da capire, finisce per sconfessare definitivamente Ciriani, che nonostante l'evidenza dello scempio commesso si ostina a difendere la bontà» dell’intervento. Bandelli definisce «ridicolo che il consigliere Piero Tononi accusi il Comune di San Dorligo di omessa vigilanza, quando con tanto di foto di gruppo da gita scolastica, numerose immagini testimoniano la presenza di Ciriani e la condivisione di quanto stava accadendo». «Spero che in Consiglio regionale - prosegue Bandelli - fiocchino mozioni di sfiducia verso l'operato di un assessore che l'ha combinata grossa e che con le sue parole, dimostra la sua mancanza di rispetto verso Trieste e i suoi cittadini: prima attaccando il Consiglio comunale in occasione del voto contrario al rigassificatore, oggi accusando i cittadini di strumentalizzazione di fronte alle loro legittime proteste per la devastazione della Val Rosandra».
«Val Rosandra, intervento nella legalità»
Il procuratore Michele Dalla Costa: «Penso che la
pubblica amministrazione abbia agito correttamente». Oggi gli esposti
«Devo partire dal presupposto che l’attività della pubblica amministrazione
sia stata corretta in quanto tale. Infatti non sono state fatte diffide da
nessuno degli abitanti nè dai pubblici amministratori che hanno avuto a che fare
con il taglio degli alberi in val Rosandra. Se qualcuno presenterà una denuncia
o attiverà una segnalazione, è evidente che ci comporteremo di conseguenza». Le
parole sono del procuratore capo Michele Dalla Costa. Il suo è un atteggiamento
attendista. Mantiene le distanze dalle proteste della gente e degli
ambientalisti che anche domenica hanno manifestato contro quello che è stato
definito un vero e proprio scempio della natura. Si chiede: «Perché nessuno in
questi ultimi mesi ha sollevato il problema degli alberi comunicandolo alla
procura o agli organi investigativi?». E conferma: «Non ho ricevuto alcuna
segnalazione di violazioni. Per questo motivo non ho disposto al momento alcuna
indagine e nemmeno incaricato alcuna forza di polizia». Come dire che il taglio
degli alberi effettuato dai volontari della protezione civile sotto la
supervisione dell’assessore regionale Luca Ciriani è avvenuto in conformità ai
regolamenti e alle disposizioni ufficiali. E che non è stata violata «fino a
prova contraria» alcuna norma del Codice penale. Ma già oggi però lo scenario
giudiziario sulla vicenda potrebbe cambiare. Infatti questa mattina sarà
depositato in Procura un esposto denuncia del Wwf Italia e un altro da parte dei
1600 firmatari della petizione avviata nell’immediatezza. «L'intervento della
Protezione civile regionale in Val Rosandra era ingiustificato ed errato. - ha
detto nei giorni scorsi il presidente della sezione triesina Alessandro
Giadrossi - È avvenuta la distruzione della vegetazione ripariale, lungo un
tratto del torrente Rosandra, con deturpamento ingiustificato dei suoi valori
paesaggistici e alterazione ambientale di un'area tutelata naturalisticamente e
paesaggisticamente, ricompresa nell'omonima Riserva naturale. Sono stati
tagliati molti alberi anche di grandi dimensioni (pioppi bianchi del diametro di
90 cm, ontani neri, salici, ecc.) ed è stato compromesso l'habitat della
“foresta a galleria” che garantiva ombreggiamento e ossigenazione alle specie
ivi presenti, con disturbo all'avifauna quale picchio rosso maggiore, picchio
verde, ballerina bianca e gialla, merlo acquaiolo». Ma c’è di più: nell’esposto
presentato dai firmatari della petizione si chiede se l’autorità giudiziaria non
ritenga indispensabile disporre accertamenti tecnici urgenti volti a valutare
l’entità dei danni agli ecosistemi, alle specie, agli elementi storico-culturali
e al paesaggio e avanzare al Gip istanza di sequestro preventivo sul corso del
torrente Rosandra». In questo documento si ricorda che l’area è sottoposta a un
regime di tutela e pertanto va applicato l’articolo 6 della direttiva 92/43
della Cee che fa esplicito riferimento alle zone speciali. Inoltre
nell’operazione della Protezione civile, sempre secondo questo esposto, «è
evidente che, anche qualora fosse stato immaginato un rischio potenziale, non ci
si sarebbe potuti sottrarre alla valutazione di incidenza ambientale»
L’intervento insomma avrebbe potuto essere autorizzato «solo davanti alla
dimostrazione dell’esistenza di imperanti motivi di interesse pubblico».
Corrado Barbacini
Val Rosandra, bastava chiedere consiglio alla Forestale - LA LETTERA DEL GIORNO
Signor vicepresidente della Regione Friuli Venezia Giulia nonchè assessore all'ambiente dottor Luca Ciriani, le scrivo per esprimere la mia modesta opinione sulle sue parole che, riguardo alla Sua iniziativa "Alvei puliti", trovo così riportate dalla stampa friulana: «L'attività portata avanti dalla Protezione Civile in questa occasione è molto selettiva e strettamente confinata a ridurre il rischio idreogeologico. Si tratta di un intervento in armonia con l'ambiente, ad alto valore preventivo». La sua affermazione è incontestabile ma il risultato finale è invece molto discutibile, almeno in Val Rosandra. Ed infatti già qui mi sorge il primo dubbio, ovvero se credere di più a lei, che ha una laurea in Lettere moderne e che afferma che «si tratta di un intervento in armonia con l'ambiente» o se credere al professore ordinario di Botanica alla facoltà di Scienze della Vita dell’Università di Trieste, Pier Luigi Nimis che, al contrario, afferma che «l’intervento effettuato in Val Rosandra si configura come un vero e proprio disastro ambientale». Ma un secondo dubbio mi assale ancora, dottor Ciriani, ed è il dubbio che lei dedichi poca a nulla parte dei suoi interessi alla città di Trieste. Infatti le riporto qui quanto ho letto sulla stampa friulana: «Grande soddisfazione è stata espressa dal vicepresidente della Regione e assessore alla Protezione Civile, Luca Ciriani, che ha seguito da vicino l'operato dei volontari partendo da Pordenone, con i lavori sul fiume Meduna, per poi spostarsi a Ronchis, dove oggetto di intervento è stata la roggia Barbarigia, a Caneva di Sacile, dove i volontari hanno ripulito il tratto del fiume Meschio e del torrente Grava nei pressi del Ponte della Muda. Il vicepresidente ha raggiunto poi i siti del torrente Venzonassa, a Venzone, del torrente Degano a Ovaro e raggiungendo infine Fanna dove i volontari hanno rimosso la vegetazione infestante dal rugo Mizza, dal rio Riziol e dal rugo Storto». E la Val Rosandra? Perchè la Val Rosandra non è riportata tra i siti da lei visitati durante questa operazione? Svista di stampa, o qui proprio lei non è venuto? Se ci fosse stato forse si sarebbe accorto per tempo che qualcosa non quadrava. Forse la sua competenza di assessore alla Protezione Civile e all'ambiente le avrebbe fatto sorgere dei dubbi sull'operato, incontestabilmente in buona fede, ancorchè senza guida informata, dei volontari della Protezione Civile. Chiudo con un piccolo riferimento personale. Quando decido di tagliare qualche pianta nel mio giardino, riconoscendo la mia incompetenza in materia, mi rivolgo a mia moglie che non è assessore all'ambiente, ma più modestamente è laureata in Scienze naturali e a lei chiedo di segnarmi le piante da tagliare. Mia moglie mette un nastrino sulle piante che posso tagliare... e così io non abbatto quelle che vanno rispettate. Nel suo caso, partendo dal presupposto che non tutti gli assessori possono avere una moglie laureata in Scienze naturali, lei poteva rivolgersi al Corpo delle guardie forestali, che pure è alle dipendenze della Regione, che con competenza avrebbe potuto mettere dei nastrini sulle piante abbattibili ... e lo scempio di Val Rosandra, che solo lei ritene essere una grande operazione "selettiva... in armonia con l'ambiente", non avrebbe avuto luogo. Ciò che lei avrebbe potuto fare, ma che non ha fatto, viene solitamente definito con il termine di "comportamento secondo le regole del buon padre di famiglia", che poi sono le regole che noi tutti, amministratori della cosa pubblica, siamo tenuti a rispettare.
Fabio Petrossi (consigliere comunale a Trieste,
gruppo PD)
COMUNICATO STAMPA - MARTEDI', 3 aprile 2012
Rigassificatori nei mari italiani - Il WWF: “Gravi danni all’ecosistema marino” - Gli effetti già visibili in alcuni litorali veneti: in Fvg accadrebbe lo stesso.
L’uso dell’acqua di mare nel processo di
rigassificazione ha gravi conseguenze ambientali: lo sostiene l’associazione
nell’ampio documento di approfondimento redatto da un gruppo di esperti.
Nei mari italiani va evitata la costruzione di impianti che utilizzino
l’acqua di mare nel processo di rigassificazione del GNL.
Questa la principale conclusione di un ampio documento di approfondimento,
presentato oggi in una conferenza stampa a Trieste e redatto da un gruppo di
esperti del WWF.
Impiegare l’acqua marina come vettore di calore nei rigassificatori, infatti,
implica lo scarico di enormi quantità di acqua fredda, nonché di cloro,
nell’ambiente marino.
I volumi in gioco sono notevolissimi: basti dire che un impianto da 8 miliardi
di metri cubi/anno (come quello proposto da Gas Natural a Trieste-Zaule, quello
off shore progettato da E.On nel centro del Golfo di Trieste e quello già in
funzione al largo di Porto Viro) preleva – e poi restituisce, sterilizzati,
636.000 metri cubi di acqua marina al giorno. Una quantità che va moltiplicata
per le giornate di funzionamento dell’impianto – tendenzialmente 365 all’anno -
e per i 30-40 anni di vita utile dello stesso.
Le conseguenze ambientali che ne derivano sono rappresentate da fortissimi
stress termici e meccanici, nonché dalla formazione di cloro-derivati organici e
cloramine, fortemente tossici, che distruggono i microorganismi (zoo- e
fitoplancton) presenti nell’acqua del mare, sterilizzandola.
I microorganismi distrutti consentono l’auto-depurazione del mare e
rappresentano la base fondamentale della catena alimentare, dalla quale dipende
la vita di tutti gli organismi acquatici e dalla quale dipendono, di
conseguenza, anche le attività (pesca, acquacoltura, ecc.) che su questi
organismi si fondano.
La manifestazione tangibile dei danni prodotti da questa tecnologia, si ha già
su alcuni litorali veneti, invasi periodicamente da abbondanti schiume,
originate (come ha accertato l’ARPAV) dagli scarichi del terminale GNL di Porto
Viro, situato 15 km al largo della costa. Quella invece più minacciosa e
invisibile è legata all’immissione di un paio di centinaia di tonnellate
all’anno di sostanze organiche legate al cloro: sono tossiche, in parte
persistenti e mutagene. Si accumulano nei lipidi e vengono trasmesse lungo la
catena alimentare. Dove possono agire da “endocrine disruptors”. Si tratta di
molecole ricompresse – ai sensi della normativa europea – tra le “sostanze
prioritarie”, da monitorare per lo stato di salute dei corpi idrici.
La procedura di Valutazione dell’Impatto Ambientale sul progetto del
rigassificatore di Trieste-Zaule non ha tenuto conto di queste sostanze,
semplicemente perché omesse degli studi allora prodotti da Gas Natural. E’
questa una delle più gravi lacune del decreto VIA che ha espresso un giudizio
ambientale positivo sul progetto: mancando una quantificazione dei veleni che
verrebbero immessi in mare, non c’è stata infatti neanche una seria valutazione
delle tecnologie alternative all’uso dell’acqua marina.
L’intera problematica è rinviata dal decreto VIA ai futuri “monitoraggi” delle
condizioni ambientali, senza entrare nel merito di ciò che potrebbe succedere
nell’ambiente marino e alla qualità del pescato dei nostri mari.
Il documento del WWF sottolinea che la formazione di schiume e l’immissione di
sostanze tossiche non mancherebbero di riprodursi anche sulle coste del Friuli
Venezia Giulia, qualora venissero realizzati i rigassificatori di Gas Natural e
E.On., basati sulla stessa tecnologia di quello di Porto Viro, considerata anche
la scarsa profondità dell’Adriatico, mare chiuso con ridotta circolazione
idrica.
Sono però una dozzina i progetti di nuovi terminali di rigassificazione ad acqua
di mare, proposti in varie località italiane, ai quali vanno aggiunti quelli
proposti sulle coste croate (Omišalj, sull’isola di Veglia) e su quelle
albanesi.
E’ l’intero complesso dei mari che bagnano l’Italia, perciò, ad essere esposto
al rischio di pesanti impatti sull’ecosistema, se questi impianti entrassero in
funzione. Il danno per la perdita di “servizi ecosistemici” può anche essere
quantificato: nel caso del terminale di Trieste-Zaule ammonterebbero ad oltre 2
milioni di Euro all’anno. Gas Natural usufruirebbe gratuitamente di questo
servizio, per un piccolo guadagno immediato, senza rifondere il danno causato
dalla perdita dei servizi ecosistemici e dall’immissione di veleni in mare.
Esistono però tecnologie alternative, che non prevedono l’utilizzo dell’acqua di
mare: ad esempio quella “a circuito chiuso” (utilizzata da anni nel terminale di
Panigaglia, presso La Spezia), dove una piccola quantità del gas liquefatto
trasportato dalle gasiere – dallo 0,87 all’1,30% - viene bruciata per ricavare
il calore necessario al processo di rigassificazione.
Il documento degli esperti del WWF sottolinea inoltre che le scelte in materia
dovrebbero essere inquadrate in un Piano Energetico Nazionale (oggi inesistente
in Italia), nel quale stabilire il fabbisogno energetico, i modi per soddisfarlo
con il ricorso alle varie fonti – efficienza e risparmio in primis – nonché la
localizzazione di massima degli impianti (tenuto conto anche degli aspetti
relativi alla sicurezza) e le tecnologie più appropriate di questi.
Il PEN andrebbe ovviamente sottoposto a Valutazione Ambientale Strategica in
base alla Direttiva europea in materia, innescando perciò un processo
partecipativo che coinvolga anche i cittadini.
In questo quadro, la rigassificazione con impiego dell’acqua di mare, secondo il
WWF, non dovrebbe trovare spazio alcuno nei Paesi rivieraschi dell’Adriatico e
nei mari italiani: entrambi i progetti proposti da Gas Natural e E.On. vanno
quindi respinti. L’associazione ambientalista ritiene che, in una realtà come
quella dell’Adriatico, andrebbe semmai approfondita l’alternativa proposta dal
Tavolo Tecnico Rigassificatori - Trieste e condivisa dal sindaco di Muggia,
rappresentata da una nave rigassificatrice “trinazionale”, da ormeggiare ad una
boa collocata in un punto dell’Adriatico, prescelto d’intesa tra Italia,
Slovenia e Croazia e che utilizzi la tecnologia di rigassificazione “a ciclo
chiuso”.
Il documento del WWF è stato inviato, a firma del presidente nazionale Stefano
Leoni, del responsabile progetto “Mare” Marco Costantini e del presidente
regionale Roberto Pizzutti, agli enti italiani competenti (i ministri Clini e
Passera, a vari uffici ministeriali e regionali, ai Comuni di Trieste, Muggia e
Dolina, al ministero e all’Agenzia statale slovena per l’ambiente.
L’associazione auspica anche di poter partecipare al summit italo-sloveno-croato
sui rigassificatori, annunciato di recente dal ministro Clini.
WWF Friuli Venezia Giulia
IL PICCOLO - MARTEDI', 3 aprile 2012
Lisbona ferma il Corridoio V - Il governo portoghese dice addio all’alta velocità e annuncia l’abbandono del progetto
TRIESTE Il Corridoio V perde il suo punto di partenza: il
governo portoghese ha annunciato in via ufficiale l'abbandono definitivo del
progetto per la tratta ferroviaria ad alta velocità Lisbona-Madrid. In questo
modo viene decapitata la direttrice europea che, sulla carta, dovrebbe collegare
l'estremo occidente del continente con Kiev, passando per la Val di Susa e
Trieste. Secondo quanto riportato dal quotidiano spagnolo El Paìs, «il ministero
dell'Economia portoghese ha assicurato giovedì scorso, per mezzo di un
comunicato, l'abbandono "definitivo" del progetto, annunciato nel 2003 in un
vertice bilaterale presieduto da José Marìa Aznar e José Durão Barroso e che
fissava un'ottimista data di partenza per il 2013». L'attuale primo ministro
portoghese, il conservatore Pedro Passos Coelho, aveva già annunciato la
sospensione della linea ad alta velocità, come parte di un piano di tagli volto
a ridurre il debito pubblico. Il costosissimo sogno di unire la capitale
portoghese e quella spagnola in sole tre ore di viaggio non aveva retto il peso
della crisi economica che attanaglia il Portogallo. La scelta politica era già
stata presa, quindi, ma a porre la parola fine sul progetto sono stati gli
intoppi di carattere giudiziario. L'equivalente portoghese della Corte dei Conti
(un organismo incaricato di esaminare gli appalti statali superiori a un
determinato ammontare) ha classificato come irregolare «il contratto firmato nel
maggio di due anni fa fra il governo dell'allora ministro socialista José
Sòcrates e un consorzio di imprese denominato Elos - scrive ancora El Paìs -,
costituito per costruire il tratto lungo 167 chilometri che collega le località
di Poceirão, a trenta chilometri da Lisbona, e Caia, nei pressi della frontiera
spagnola». Un affare da un miliardo e 400 milioni di euro. Il tribunale elenca
una serie di irregolarità che potranno servire al governo portoghese per
ottenere delle riduzioni sulle indennità per il mancato compimento dell'opera.
Secondo quanto riportato dal quotidiano iberico il consorzio starebbe pensando
di ricorre in tribunale. Verrà abbandonata di conseguenza anche la tratta che
avrebbe dovuto unire Lisbona a Poceirão: lunga solo 34 chilometri, sarebbe
costata quasi due miliardi di euro e avrebbe incluso un nuovo ponte sul fiume
Tajo e un collegamento al nuovo aeroporto della capitale. Al fine di non perdere
i fondi europei già assegnati a questa tratta del Corridoio, il governo di
Lisbona sta studiando una riconversione del progetto dall'alta velocità all'alta
capacità, per dare priorità al trasporto delle merci. In Portogallo come nel
resto della penisola iberica, infatti, le linee ad alta velocità servono al
trasporto delle persone e non delle merci, che corrono su altri percorsi:
l'unione delle due prestazioni in un'unica linea ferroviaria è una particolarità
principalmente italiana. «L'annuncio dell'addio all'alta velocità - aggiunge El
Paìs - è arrivato in un giorno particolare, in cui il sindacato principale del
Portogallo Cgtp ha convocato uno sciopero generale per protestare contro le
nuove misure sul lavoro».
Giovanni Tomasin
Val Rosandra “aggredita” dal cantiere per la ferrovia
Sarà aperta una seconda strada sul versante di Bottazzo
per i camion che lavorano alla Capodistria-Divaccia. Anche un elettrodotto
Violata, come tutti convengono, nella parte bassa dove corre il torrente, la
pregiata Val Rosandra sta per essere aggredita dall’alto, nel punto di tangenza
con la Slovenia. Ormai si muove, e decisamente in fretta, e proprio da quelle
parti, il megaprogetto che fa parte della linea ferroviaria veloce comunemente
nota come “Trieste-Divaccia” (prosecuzione a Nord-Est della contestatissima Tav
in Val di Susa). La Slovenia, rallentata nel progetto maggiore per difficoltà
procedurali interne, intanto si concentra attivamente sul raddoppio ferroviario
Capodistria-Divaccia, altrettanto finanziato dalla Ue. In questo senso
potrebbero essere abbastanza fatti interni (a prescindere dalle conseguenze che
ciò avrà per il porto di Trieste) se non fosse che un pezzo di questo tracciato
non solo sfiora, ma tocca fisicamente con cantieri e modifiche sul terreno
proprio la Val Rosandra, l’area nei pressi di Botazzo, partendo dalla cittadina
di Beka, non distante da Erpelle-Cosina, i Comuni dove, quando c’erano i
confini, si svolgeva la manifestazione “Confini aperti” con San Dorligo della
Valle. E dove una volta correva l’antica ferrovia austro-ungarica. Domani alle
19.30, nella cittadina di Gabrovica, si terrà la pubblica presentazione del
progetto. Nello specifico saranno sottoposti alla obbligatoria valutazione
pubblica due recenti modifiche introdotte: «Per il superamento della Val
Rosandra, anziché i previsti terrapieni, è stata trovata una miglior soluzione,
verranno costruiti dei ponti». La soluzione viene spiegata con la necessità
indotta «dal quadro giuridico», «dalla tutela naturalistica». Non è l’unica
novità. Tra Beka e Val Rosandra esiste già una stradetta, nei progetti indicata
come “T2a1”. Accanto a questa ne verrà aperta un’altra, temporanea e di
collegamento, che assicuri l’accesso ai terreni interessati dai lavori,
denominata “T-1c”. Una strada che evidentemente correrà sul ciglione della
valle. Per alimentare il rinforzo della ferrovia tra Capodistria e Divaccia
verrà anche realizzato, si dice, un nuovo elettrodotto. Il procedimento
autorizzativo è alle ultime battute. In sede di Piano regolatore nazionale e
secondo le leggi della Slovenia, il periodo per completare l’iter di
illustrazione dei piani, e il tempo delle osservazioni che i cittadini possono
depositare, è compreso tra il 26 marzo e il 26 aprile. Sempre domani analoga
presentazione si svolgerà a Lokev alle 17, per la parte di progetto che riguarda
il tratto Sesana-Divaccia. Entro la fine del mese dovrà essere completata la
fase delle pubbliche illustrazioni, che coinvolgono i Comuni di Erpelle, Cosina,
Sesana, Capodistria e, naturalmente, Divaccia, dove la stazione subirà un
ampliamento. I risultati dovranno confluire al ministero delle Infrastrutture
per la pianificazione territoriale e alla Direzione nazionale delle Ferrovie. Il
raddoppio della linea ferroviaria Capodistria-Divaccia sarebbe dovuto partire
già nel 2010, ma è stato rallentato dai processi di alienazione dei terreni
interessati, senza aver concluso i quali la Direzione nazionale per gli
investimenti nelle infrastrutture ferroviarie di Lubiana non poteva ottenere le
licenze edilizie. L’aumento del traffico previsto con questa mega-operazione
(che precede, e si aggiunge alla vera Tav transfrontaliera per la quale vi sono
ancora accordi nazionali da firmare anche con la Regione) è di 82 treni al
giorno. È stato calcolato che il porto di Capodistria potrà spedire su rotaia 14
milioni di tonnellate di merci all’anno, al posto delle attuali 9. Per questa
tratta l’Unione europea ha finanziato la Slovenia con 68 milioni di euro per
l’ammodernamento di 26,4 chilometri di linea, e con 230 milioni per il suo
raddoppio. Non resta che vedere che cosa accadrà davvero nel punto di contatto
con la Val Rosandra, già “graziata” da un precedente e invasivo disegno della
Tav, ma non immune da strade, e addirittura ponti, che sono la novità del giorno
rispetto alle cose note. Una novità che arriva a ridosso dello “shock” per la
deforestazione.
Gabriella Ziani
Bressi: «Basta copiare dai parchi d’Europa»
Il direttore dei musei naturalistici critica
l’intervento: «Non si è tenuto conto delle varie componenti»
«Passato lo sgomento, archiviate le proteste, le difese e le polemiche è
molto importante sgombrare il campo da un pericoloso equivoco che sta
serpeggiando. Non si è trattato di scegliere tra un intervento necessario di
messa in sicurezza dalle esondazioni, da una parte, e la tutela di un ambiente
naturale dall'altra. Anzi, la perplessità di molti tecnici deriva proprio
dall'assurda affermazione che questo modo di operare sia stato un necessario
"effetto collaterale" di un'opera di protezione civile». Nicola Bressi,
direttore Servizio musei scientifici, commenta così lo scempio avvenuto in Val
Rosandra denunciando cosa non ha funzionato. «Ammesso che la pulizia dell'alveo
- sottolinea Bressi - fosse una reale necessità proprio in quel punto (da
naturalista ho forti perplessità, ma mi rimetto alle decisioni degli idrogeologi
e degli ingegneri fluviali) si sarebbe potuto operare quasi senza impatto.
Bastava seguire quanto viene fatto nei parchi naturali di gran parte d'Europa a
fronte di situazioni analoghe». Per il direttore Servizio musei scientifici
anzitutto bisognava elaborare un progetto che tenesse conto delle componenti
storiche, naturalistiche, turistiche e residenziali: «Gli enti e le associazioni
che sarebbe stato possibile consultare gratuitamente e rapidamente non mancano
certo sul territorio. Grazie ad essi si poteva effettuare una valutazione
condivisa e ottenere tutte le autorizzazioni necessarie». Bressi elenca
eventualmente le cose che non si dovevano fare: «Andava evitato il periodo
primaverile, quando le piante rivegetano, gli animali si riproducono e le
persone amano immergersi nella natura. Si sarebbe poi dovuto intervenire in modo
chirurgico e puntiforme sia nel tempo che nell'alveo. Ad esempio, un anno si
potevano pulire 50 metri di riva destra in un tratto e, l'anno successivo, 50
metri di riva sinistra in un altro tratto». Il direttore dei musei scientifici
afferma poi che si doveva incaricare nel contempo qualche volontario locale di
segnalare eventuali punti critici e di controllare la ricrescita, eliminando le
vere infestanti che tendono a insediarsi dopo i tagli. «In tal modo - aggiunge -
si sarebbe potuto intervenire in modo efficace sulle singole piante
problematiche senza compromettere la sopravvivenza di un intero ecosistema e,
cosa più importante, senza pregiudicare i servizi che tale ecosistema rendeva e
tutti noi».
San Dorligo: Pdl e Lega chiedono le dimissioni di Ciriani e Premolin
Burrascoso Consiglio comunale post-devastazione Il Pd
fa quadrato attorno al sindaco e non si indigna
«Da cittadino mi associo alla richiesta di dimissioni dell'assessore Ciriani
e il buon senso dovrebbe suggerire anche le dimissioni del sindaco Premolin, del
vicesindaco Ghersinich e dell'assessore comunale all'Ambiente Sormani». Le
parole del capogruppo del Pdl-Udc Roberto Drozina ieri hanno riecheggiato forte
nell'aula del Consiglio comunale di San Dorligo. La vicenda Val Rosandra, come
era ben ovvio, è stato forse il punto più difficile dell'era Premolin. Il primo
cittadino ha cercato di liquidare la devastazione avvenuta sotto i dettami della
Protezione civile come un lavoro “dovuto”. Durante la relazione introduttiva il
sindaco ha parlato della “pulizia dell'alveo del torrente Rosandra che andava
fatta", con lo scopo "di salvaguardare la salute e i beni dei residenti", un
intervento svolto dopo "alcuni sopralluoghi congiunti da parte del Comune
assieme a Protezione Civile e Comunella". Insomma: tutto normale. E le 1.600
firme per urlare contro lo scempio compiuto? Dimenticate. A dare una scossa ad
una situazione quasi kafkiana è il capogruppo dell'Idv-Verdi Rossano Bibalo, il
primo a far capire che quello avvenuto in Val Rosandra non ha nulla di normale:
«Siamo di fronte a un delitto. Ma chi è il responsabile di tutto ciò? Dovete
assumervene la responsabilità politica, anche perché c'è un esposto in Procura».
Risposta della Premolin: «Le carte sono a disposizione dei consiglieri». Poi a
volere la parola è Roberta Clon, consigliere in quota Udc. «Mai come oggi provo
vergogna ad essere qui in Consiglio nonostante io segga all'opposizione perché
mi rendo conto che in questa aula da parte della maggioranza non c'è la
percezione di ciò che è avvenuto. Siamo sulla bocca di tutti. Tutti chiedono un
responsabile. E prima o poi dovrà emergere». Dopo la Clon arriva l'intervento
del capogruppo Pdl-Udc Drozina. «Sindaco Premolin, la sua Giunta è
corresponsabile di quanto accaduto: abbiamo assistito ad una barbarie senza
motivo. E mentre Lei, Sindaco, ha ringraziato l'assessore Ciriani ricordiamo che
i rimasugli dell'operazione sono ancora nel torrente e sono preannunciate
precipitazioni». Sergio Rudini, capogruppo della Lega Nord, concorda sulle
dimissioni ed evidenzia come «l'operazione di pulizia sia decisamente andata
oltre alle righe». E dal centrosinistra? Il nulla. Gli assessori Elisabetta
Sormani (Libertà civica), Tatiana Turco (Rc-Pdci), Alenka Vazzi (Pd) e i
consiglieri del Pd Igor Cavarra, Anna Blasevich e Rossana Pettirosso, il
capogruppo di Rc-Pdci Igor Ota, i rappresentanti della Slovenska skupnost-Unione
slovena Aljoša Novak e Marko Savron non hanno proferito una sola parola sulla
vicenda. L'unico a parlare è stato il vicesindaco Antonio Ghersinich, assessore
con delega alla Protezione Civile: «I volontari si sono alzati alle 4 di mattina
e hanno fatto una cosa positiva. Io personalmente li ho ringraziati per il loro
lavoro». Entro 20 giorni si svolgerà un consiglio straordinario sulla Val
Rosandra, Ciriani è stato invitato a relazionare.
Riccardo Tosques
Rosato e Menia a Clini: «Il ministero faccia chiarezza sullo scempio»
«I ministri Clini e Gnudi chiedano chiarimenti alla
Protezione civile regionale e alla Regione, per una verifica sulla correttezza
delle operazioni eseguite in Val Rosandra alla luce della competenza dello Stato
in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema». Lo scrive il deputato Pd
Ettore Rosato in un’interrogazione parlamentare ai ministri dell'Ambiente
Corrado Clini, e dei Rapporti con le Regioni Piero Gnudi. «Malgrado la
Protezione civile regionale assicuri che la manutenzione è stata svolta
regolarmente – scrive Rosato - è emerso con evidenza che durante le operazioni
di pulizia sono stati arrecati gravissimi danni a flora e fauna: da segnalazioni
e testimonianze - anche video - è attestato che l'intervento non si è limitato
alla vegetazione “arborea e arbustiva infestante” come previsto nel decreto
dirigenziale» del 19 marzo della Regione. A presentare un’interrogazione al
ministro Clini è stato anche il deputato Fli Roberto Menia. «L’intervento
eseguito dalla Protezione civile, come denunciato da autorevoli esperti -
osserva l’ex sottosegretario all’Ambiente - si è purtroppo palesato in tagli
radicali e indiscriminati di decine di alberi di alto fusto. Una vicenda che ha
generato nella comunità locale sgomento e sdegno, manifestazioni di protesta e
iniziative giudiziarie». Alla luce di questo Menia chiede a Clini di fare
chiarezza, eventualmente anche «intervenendo in via sanzionatoria nei confronti
dei responsabili dello scempio ed in particolare dell'assessorato regionale che
ne ha diretto le fasi» e «inviando uno o più esperti ministeriali per constatare
la situazione e adottare con urgenza eventuali misure volte a tutelare e
proteggere l'ecosistema compromesso».
«Non mi sento un vandalo» - Un volontario della Protezione civile parla della bonifica
«Sono un volontario della Protezione civile, non sono un devastatore. Ho fatto solo quello che mi è stato detto. Sono dispiaciuto per come le cose sono andate riguardo a quanto accaduto in Val Rosandra». Le parole sono di Tommaso Congera. Abita nella Bassa, non lontano da Palmanova. E dedica «tutto il tempo libero al volontariato nella Protezione civile a favore delle popolazioni». Racconta: «Ero in Val Rosandra, sia sabato che domenica. La direttiva che ci era stata impartita era di non toccare le piante sulle quali vi erano i nidi. Per gli altri alberi si poteva, anzi si doveva tagliarle. Mi hanno detto che le piante che si trovano all’interno dell’alveo fluviale non sono considerate bosco e dunque si possono eliminare». Poi Tommaso Congera spiega più precisamente quale è stata la sua attività nell’intervento in Val Rosandra: «Ho operato da Bagnoli della Rosandra in sù. La mia squadra era composta da una decina di persone. Lavoravamo con le motoseghe che utilizzavamo per tagliare i tronchi del diametro di 20, 30 centimetri. Ma gli alberi più grossi erano già stati abbattuti nei giorni precedenti da una ditta privata. Non ci siamo resi conto. Pochi, sono convinto, avevano la competenza tecnica per capire il tipo di intervento. Insomma, abbiamo fatto quello che ci è stato detto. So che c’erano stati vari incontri tra il sindaco e i responsabili. Sono loro che hanno scelto, deciso quello che doveva essere fatto e soprattutto come». Continua: «È brutto sentirsi definire vandali, quando il nostro spirito di volontari è quello di aiutare la gente. Ripeto: eravamo stati incaricati. Non avevamo alcuna indicazione riguardo gli alberi rari. Riguardo i rifiuti avevamo delle indicazioni specifiche: non dovevamo minimamente toccarli. Per esempio abbiamo trovato alcuni pezzi di Eternit e abbiamo delimitato la zona avvisando i responsabili. Perché questi interventi devono essere eseguiti da ditte specializzate». Lancia una sorta di accusa: «Nessuno degli abitanti della zona ci ha chiesto cosa stavamo facendo, nessuno ci ha detto di fermarci. Come mai non hanno reagito? Perché forse non se ne sono resi conto, questa è la verità. Per questo ribadisco che quanto accaduto non è colpa nostra. Sentirsi dare degli incompetenti è offensivo. Se in Val Rosandra si fossero svegliati prima... Se chi ha la responsabilità avesse fatto il suo dovere....». E infine dà una sua spiegazione: «Se qualcuno ha sbagliato per quanto è accaduto in Val Rosandra è stato ad alti livelli. La colpa non è della Protezione civile. Ma più in alto...».
Corrado Barbacini
Cercansi volontari per aiutare i rospi ad attraversare la strada - NATURA »SOS PER GLI ANFIBI IN VIA DI ESTINZIONE
Appello del gruppo Tutori Stagni che opera tra Dolina e
Mattonaia: senza di loro nelle serate di pioggia morirebbero schiacciati dalle
auto anche 300 esemplari
L'appuntamento è all'imbrunire, al limite del bosco, la prima sera di
pioggia. Potrebbe essere l'inizio di una favola, visto si parla di rospi. Ma in
questo caso nessun rospo - e nessuna rana dalmatina, nessun tritone crestato,
nessuna raganella - si trasformeranno in principi. Anzi, il destino degli anfibi
che in queste sere di primavera si muovono nella zona tra Dolina e Mattonaia per
compiere il loro rito di accoppiamento e la deposizione delle uova negli stagni
naturali che costeggiano il deposito carburanti della Siot, è assai meno
fiabesco. Finire schiacciati sotto le ruote delle automobili. A scongiurare
l'ecatombe, che certe sere lascia sull'asfalto 200, o anche 300 esemplari, si
muove da tempo il gruppo Tutori Stagni, un’agguerrita pattuglia di volontari che
nelle sere in cui è prevedibile il corteo nuziale degli anfibi, agisce in zona.
Dotati di elmetti luminosi, giubbotti rifrangenti, guanti, contenitori di tela,
e con innato spirito ambientalista, i Tutori Stagni ripristinano le antiche
rotte migratorie di questi utili e preziosi animali aiutandoli ad “attraversare
la strada”. O quantomeno, sconsigliando il transito agli automobilisti che
percorrono la viabilità provinciale, dal tramonto fino ai primi rigori della
notte. «Gli animali si muovono con il buio, altrimenti sarebbero facile preda di
altre specie. Un’automobile in transito difficilmente riesce a evitarli» spiega
uno dei volontari di Tutori Stagni. «Una femmina di rospo è in grado di deporre
migliaia di uova, ma l'involontaria strage di centinaia di esemplari in una sola
sera, può portare all'estinzione di un'intera popolazione anfibia nel giro di
pochi anni». Che fare? Le istituzioni sembrano sensibili al problema. «Il comune
di Dolina ha dato una risposta entusiasta alle nostre proposte - prosegue
l'esperto - e sta promuovendo iniziative di informazione. L'obiettivo a cui
puntiamo è una sospensione temporanea del traffico nella zona interessata. Ma
indispensabile risulterebbe l'aiuto di altri volontari, che assieme a noi
possano indirizzare la popolazione degli anfibi verso i pochi passaggi naturali
che ancora si aprono in una zona delimitata da numerose recinzioni e ostacoli».
Tutori Stagni e Zone Umide del Fvg è una associazione nata 2 anni fa da un
gruppo di volontari e appassionati, coinvolti e formati al Museo di Storia
Naturale. La loro “mission” è il ripristino e il monitoraggio degli stagni
carsici e di quelli urbani (Orto lapidario, Villa Giulia...), ma nei periodi di
riproduzione l'emergenza rospi li assorbe completamente. L’attività può essere
seguita sul sito www.tutoristagni.it, dove si raccolgono via e-mail le adesioni.
Roberto Canziani
COMUNICATO STAMPA - LUNEDI', 2 aprile 2012
OPERAZIONE ALVEI DISTRUTTI: PRESENTATO UN ESPOSTO ALLE
PROCURE DELLA REGIONE DA PARTE DI LEGAMBIENTE
Restano tutte valide le perplessità già espresse da Legambiente lo scorso 22
marzo sull’Operazione “Alvei puliti” della Protezione Civile.
Le modalità di intervento effettuate lo scorso 24-25 marzo lungo fiumi e
torrenti, l’eliminazione a raso di tutta la vegetazione, il disastro provocato
nel Sito di Importanza Comunitaria, nonché Zona di Protezione Speciale, nonché
Riserva Regionale della Val Rosandra, dove ieri hanno protestato civilmente
2.000 persone, l’assenza delle prescritte autorizzazioni hanno convinto
Legambiente della necessità di chiedere un urgente intervento alle Procure della
Repubblica della Regione di sospensione cautelativa del prosieguo
dell’Operazione previsto per il 14 e 15 aprile pv.
Legambiente stigmatizza il comportamento della PC che ha ritenuto di procedere
secondo le norme dell’urgenza e del pericolo in situazioni ove tali condizioni
non esistono, per giustificare la necessità di un’esercitazione che si poteva
fare con minor danno ambientale e secondo regole tecniche meno impattanti, in
linea con gli orientamenti scientifici più avanzati in materia di deflusso delle
piene in alvei fluviali e torrentizi.
E’ forte, invece, la preoccupazione che proprio questo tipo di interventi, là
dove le condizioni idrologiche e morfologiche sono più delicate, come, per es.,
lungo il torrente Rosandra, possa essere foriero di gravi danni ai torrenti in
caso di piogge intense e piene improvvise le cui sponde, non più ricoperte della
preziosa vegetazione, ora ridotte a un canale pulito e scorrevole,
consentirebbero all’acqua, non più rallentata, di acquistare grande velocità ed
erodere le sponde scoperte.
Legambiente FVG
IL PICCOLO - LUNEDI', 2 aprile 2012
Val Rosandra, giù le mani - Una marcia e 1600 firme
Si sono radunati in centinaia sul ponte di legno per
una civile protesta Chiesto il sequestro della zona danneggiata per evitare
altri interventi
Per salvare la Val Rosandra ed evitare che lo scempio ambientale prosegua,
deve essere posta sotto sequestro preventivo l’area devastata dall’intervento
demolitore dei “volontari” della Protezione civile. È questo il punto nodale del
documento che ieri è stato firmato da 1600 persone radunatesi nella tarda
mattinata e nel primo pomeriggio attorno al ponte di legno, posto a qualche
centinaio di metri di distanza dal rifugio Premuda. Nelle prossime ore questo
documento sarà presentato all’ufficio ricezione atti della Procura della
Repubblica di Trieste e assumerà la forma di esposto-denuncia. In altri termini
un magistrato dovrà verificare l’eventuale violazione dell’articolo 734 del
Codice penale che punisce chi deturpa o distrugge bellezze naturali. Per evitare
altri “interventi” all’interno della Val Rosandra, già fissati per le prossime
settimane, i firmatari del documento chiedono che l’intera area sia sequestrata
in attesa delle necessarie verifiche. Una seconda copia dell’esposto verrà
inviata alla Commissione della Comunità europea a Bruxelles perché valuti se è
stato violato il regime di tutela a cui è sottoposta l’intera valle e in
dettaglio la zona coinvolta otto giorni fa dall’operazione “pulizia” autorizzata
dal vicepresidente della Regione ed assessore regionale alla Protezione civile.
A Luca Ciriani, eletto nelle liste del Popolo della Libertà, aveva inviato una
lettera di ringraziamento anche il sindaco di San Dorligo Fulvia Premolin,
appartenente allo schieramento opposto, salvo poi compiere di fronte alla
protesta montante una maldestra piroetta nel tentativo di smarcarsi. Ieri un
esponente della “Comunella“ di Bagnoli ha affermato al microfono, durante la
manifestazione, che con un gruppo di altri abitanti della zona si era offerto di
rimuovere gratuitamente le ramaglie dall’alveo del torrente Rosandra. Sono stati
invece preferiti gli uomini della Protezione civile e chi voleva verificare cosa
stessero facendo non ha potuto assistere ai lavori conclusisi con l’abbattimento
di decine e decine di alberi di alto fusto, perché le vie d’accesso all’area
erano presidiate dai carabinieri. Anche ieri la strada per raggiungere prima il
rifugio Premuda e poi il ponte di legno è stata presidiata dai militari
dell’Arma che avevano istituito con tre automobili blu tre punti di
“osservazione”. Tra i manifestanti si sono mischiati anche alcuni investigatori
in borghese della Digos perché la Questura riteneva possibile o probabile la
presenza di militanti No Tav che avrebbero cercato di egemonizzare la protesta
con un loro striscione. Non solo non è accaduto nulla, ma nessuno ha steso
striscioni o si è palesato come un contestatore “formato Val di Susa”. Nell’area
indicata come punto nodale della manifestazione si sono visti tanti giovani,
famiglie con bambini, appassionati di montagna e di speleologia, anziani tra cui
uno aiutato nei suoi movimenti da un paio di stampelle, amanti degli animali con
decine e decine di cani di tutte le taglie al guinzaglio, un asinello, parecchi
appassionati di mountain bike e centinaia di macchine fotografiche. La
manifestazione si è svolta non solo pacificamente, ma ha costituito anche un
preciso punto di scambio di informazioni su altre imprese realizzate dalla
Protezione civile regionale. È stato citato pubblicamente un altro intervento
demolitore in Comune di Varmo e un altro ancora nei pressi di Lignano dove lo
“spianamento” del terreno ha distrutto un sito di nidificazione delle garzette.
La forte bora a tratti ha disperso la voce di chi è intervenuto al microfono, ma
ha anche sollevato ripetute nuvole di polvere che hanno disturbato non poco i
partecipanti alla protesta. «È già iniziata l’erosione del terreno innescata
dalla cosiddetta operazione di pulizia dell’alveo» ha spiegato il professor
Livio Poldini che alla “valle” e alla botanica ha dedicato la sua vita di
ricercatore. «Non si possono mandare 200 uomini a tagliare tutto. Sono spaurito
e mi riempio di furore freddo. Quanta ignoranza. La vegetazione naturale non è
qualcosa di sporco che deve essere rimosso. C’è una connessione profonda tra
vegetazione e complessità geologica. Non si può definire con tanta supponenza
che la vegetazione rappresenta una perturbazione delle rive del torrente. Al
contrario rappresenta la migliore protezione contro le esondazioni perché gli
alberi rallentano le acque. Una volta tagliati, il torrente prende velocità e
innesca l’erosione. Anche le raffiche di bora stanno rimuovendo la parte più
sottile del terreno. Ci vorranno 50 anni perchè tutto ritorni come prima...»
Claudio Ernè
Devastazione, una relazione in Parlamento
La inoltrerà Spiro della Porta Xydias al Gruppo amici
della montagna. Mobilitata anche la Di Centa
Dalla Val Rosandra a Roma. Della devastazione effettuata dai 200 “volontari”
della Protezione civile regionale sarà informato il Gruppo amici della Montagna
del Parlamento italiano. Lo ha annunciato ieri il presidente del Cai XXX ottobre
Giorgio Godina che ha preso brevemente la parola nel corso della manifestazione
di protesta. «Lo scrittore Spiro dalla Porta Xydias ha già inoltrato una
relazione molto circostanziata sull’accaduto, in modo da informare il Parlamento
su come viene tutelato il nostro patrimonio ambientale. Se ne dovrebbe occupare
anche l’olimpionica carnica Manuela Di Centa. Questo è l’ultimo dei tanti
“attentati” che la nostra Valle è costretta a subire, nonostante sia stata
definita con dettagliati provvedimenti Zona protetta e Riserva naturale
regionale». Tra i partecipanti alla manifestazione non sono mancati i commenti.
«Che schifo» ha affermato una giovane ragazza. Altri quando hanno visto lo
scempio non sono riusciti a proferire parola. Poi, ripresisi dallo stupore,
hanno sostenuto «che i responsabili devono essere individuati e puniti; ma
devono soprattutto anche ripristinare a proprie spese quanto hanno distrutto».
«È passato un tornado. Sono intervenuti senza nemmeno interpellare la Forestale,
sostenendo, senza fornire alcuna prova che il rischio di esondazione del
torrente era altissimo», ha detto un ragazzo con un piccolo cane al guinzaglio.
L’amico che lo accompagnava ha ricordato che la Giunta regionale presieduta da
Renzo Tondo ha chiuso, tra gli altri, anche il distaccamento della Forestale di
Basovizza. «Forse qualcuno sarebbe intervenuto per limitare i danni...» «Sono
tanto ignoranti che non sanno nemmeno dove poter attingere adeguate conoscenze e
informazioni». Il giudizio «sono ignoranti» era rivolto, senza tema di smentite,
a chi ha prima voluto e promosso la cosiddetta “operazione di pulizia” e a chi
poi l’ha attuata a “motosega selvaggia”. I termini che sono circolati con più
frequenza tra i partecipanti alla manifestazione sono stati «arroganza»,
«ignoranza», «fuga dei politici dalle loro responsabilità». I giudizi
accomunavano quello che un tempo si definiva l’intero schieramento politico.
Dario Gasparo, il naturalista che quattro anni fa ha realizzato uno splendido
volume su “La Val Rosandra e l’ambiente circostante” - la prefazione è del
sindaco Fulvia Premolin - ieri di fronte alle mille e più persone convenuta
attorno al ponte ha ricordato con amarezza che «tanta gente si riunisce solo per
i funerali: è questo è un funerale». Davanti e a lato dei tavoli ai quali si
raccoglievano le firme - organizzati da Maurizio Rozza e da altri componenti del
Comitato - si sono formate file lunghissime di gente in attesa. Oltre al nome e
cognome, sui fogli che verranno allegati all’esposto alla Procura venivano
annotati gli estremi della carta di identità.
E sabato prossimo la protesta arriva in piazza Unità
Sabato prossimo a mezzogiorno in piazza dell’Unità
d’Italia. Gli organizzatori della manifestazione di ieri non mollano la presa e
hanno annunciato una nuova iniziativa a salvaguardia della Val Rosandra. Ieri
non sono mancati gli slogan. «Ciriani, dimissionii” hanno gridato in tanti. Su
un lenzuolo adagiato su di un masso si leggeva polemicamente “Protezione
in-civile”.
Cosolini: «Elicottero come auto di servizio?». Lauri: «Dimissioni» - LE REAZIONI POLITICHE
Reazioni a catena dal mondo politico cittadino sullo
scempio compiuto in Val Rosandra. «L’elicottero è un mezzo di emergenza: che
qualcuno lo confonda con l’auto di servizio?» si è chiesto il sindaco Roberto
Cosolini in un messaggio affidato a Facebook. «Non potevo esserci in Val
Rosandra - prosegue il sindaco -, ma mi pare evidente che l’intervento, pur
necessario, è stato sbagliato per tempi e intensità. Ha provocato seri danni.
Ammetterlo sarebbe meglio». Giulio Lauri, geologo e coordinatore regionale di
Sel, va giù duro: «Il coinvolgimento diretto dell'assessore alla Protezione
Civile Ciriani nell'assurdo intervento in Val Rosandra domenica scorsa disvela
l'operazione “alvei puliti” per quello che è: una inutile comparsata in cui, con
l'incredibile scusa dell'indifferibilità e dell'urgenza, si interviene con
arroganza sul territorio, in un'area di elevato pregio naturalistico, saltando
tutte le procedure di valutazione di incidenza previste dalle normative in
materia ambientale. Ciriani a questo punto deve dimettersi: per arroganza contro
l'ambiente e per aver offeso il senso comune di migliaia di triestini». Pesanti
critiche anche dal Movimento Cinque Stelle. Il consigliere comunale Paolo Menis:
«È sempre dura ammettere le proprie responsabilità ma di fronte all'evidenza e
alle testimonianze di botanici, biologi e altri esperti, l'assessore Ciriani
dovrebbe mettersi in tasca il suo orgoglio e il suo “ambientalismo da
elicottero” e abbandonare la poltrona».
Corona: «Vanno puniti - Un lavoro da incompetenti»
Lo scrittore e alpinista di Erto sbugiarda la
Protezione Civile e la Regione: «Adesso che hanno tolto gli alberi il torrente
esonderà sul serio»
«Questi incompetenti senza buon senso vanno puniti per quel che hanno fatto
in Val Rosandra, ma in Italia nessuno paga mai, né per il Vajont né per Ustica,
si trovano al governo di paesi, città, regioni e Stati perché non bestemmiano,
non fornicano e vanno a messa la domenica, ma non capiscono niente, e purtroppo
là dove sono ce li abbiamo messi noi». Leva un ruggito di dolore l’uomo dei
boschi sacri, lo scrittore Mauro Corona di Erto, che in Val Rosandra è andato
tante volte ad arrampicare, e la definisce «un paradisino». Cita Borges: «Meno
Stato e più gente» e anche padre David Maria Turoldo: «Sì alla disobbedienza
civile». Ma non è solo sentimento. Corona è indignato come conoscitore dei
muscoli della natura, oltre che dei suoi profumi, e avverte: «Il fiume esondava?
Adesso che hanno tolto gli alberi vedrai come esonderà sul serio, l’acqua andrà
ancora più lontano, lo sanno che il Nilo si è sempre potato da solo? Questi
politici non si può nemmeno dire “vadano a zappare i campi”, farebbero danni
anche lì. Io ho un’idea - prosegue lo scrittore, scultore e “montanaro” -, c’è
qualcosa che non quadra... C’è sotto qualcosa». Ma che cosa? «Per esempio in Val
Cellina passano un sacco di Tir che portano via la ghiaia, dicono che altrimenti
il Cellina esonda, ma la verità è che quei Tir la ghiaia vanno a vendersela, per
non far uscire il fiume basterebbe una sopraelevata. È così purtroppo - riflette
Corona con triste passione -, la politica è sporca, questi incompetenti hanno
delle mire, anche un tonto lo capisce. E io non son di quegli ambientalisti di
professione molto radicali per cui non puoi tagliare un filo d’erba. No, dico
proprio che chi ha deciso questa operazione in Val Rosandra è un inetto.
Tecnici? Per piacere. Se mandi 200 tecnici fanno 2000 morti, neanche la
Forestale sa nulla, son ragazzi con un po’ di addestramento. Il buon senso non
te lo dà mica l’università». Mauro Corona certifica che ci vorranno 20-25 anni
per avere di nuovo un albero «tale che lo puoi abbracciare». E «questo è il
segno del principio della fine, del nichilismo imperante, della mancanza di
qualsiasi fede. Adesso - è lui un torrente in piena - tutti pensano “dopo di me
chi se ne frega che cosa sarà. Mangio, rubo, gozzoviglio”, è il segno della
morte politica e fisica, una volta c’era fede in qualcosa, e anche paura, c’era
un freno biologico ed etico. Oggi invece uno dice: “Vivo poco e male, e dunque
inquino e arraffo a scapito della terra”, e ci va di mezzo chi ha ancora a cuore
quello che Borges chiamava “questo progetto dimenticato chiamato Terra”. No -
conclude Corona - non è umano chi ha fatto piazza pulita della Val Rosandra. Se
hai cinque alberi e non ne lasci nemmeno uno è chiaro che sei un coglione».
Gabriella Ziani
Premolin: «Grazie solo per la pulizia» - Gli abitanti di Bagnoli vanno controcorrente. Mal sopportata la manifestazione
Un bruttissimo primo aprile per Fulvia Premolin. Da dimenticare. Per motivi di sicurezza per tutto il giorno sono rimasta barricata in casa. Con tutto quello che è stato detto....E’ venuta gente incappucciata a gridarmi qualcosa...Non è giusto ma soprattutto le mie parole sono state mal interpretate. Non ho mai ringraziato l’assessore Ciriani per il taglio degli alberi, bensì per la pulizia dell’alveo. Sono due cose ben diverse». Dalla Premolin alla manifestazione in Val Rosandra. Mille voci che si accavallano. «È stato un intervento di tipo industriale e con la natura non ci si può muovere senza ascoltare le voci degli alberi, del vento, dell’acqua. Chi ha responsabilità deve pagare». Roberto Nanut ha appena compiuto 18 anni. Ieri è arrivato in Val Rosandra con il padre e la madre. «Mi portavano a giocare qui da piccolo - ricorda il giovane - è un luogo di bellissimi ricordi e chi ha autorizzato questo barbaro intervento, oltre ad aver creato un danno irreparabile a livello ambientale, ha distrutto anche i miei sogni». Durante il susseguirsi dei diversi interventi, chi ascolta e applaude si guarda attorno incredulo. «Lì c’era un grande albero sotto il quale mi sdraiavo al rientro dalle passeggiate – ricorda Alessandro Adamo indicando una zona a ridosso del ponticello - avevo anche inciso il nome mio e di mio padre, appassionato escursionista, che ora non riesce più a raggiungere questi luoghi». Ognuno dei presenti ieri alla manifestazione porta con sé ricordi, immagini ma soprattutto tanta rabbia. «La polvere che oggi la bora sta sollevando qui non si è mai vista – fa notare Giulio Cosetto – questo ambiente aveva un suo equilibrio che ora è stato per sempre rovinato». Il dibattito scatenatosi attorno all’intervento della Protezione civile ha spinto ieri ad arrivare fino alla riva del torrente Rosandra anche chi lì non ci era mai stato. «Sono iscritto alla facoltà di Scienze Naturali – afferma Sebastiano Filippo – avevo visto solo delle foto di questo luogo e ora sono venuto a vedere come l’hanno ridotto: incredibile». In molti ora si chiedono che fine abbia fatto la legna portata via dopo l’intervento delle ruspe e delle seghe. «Una settimana fa ero qui e ho assistito ai lavori – riferisce Bruno Giorgolo – e gli operai mi hanno raccontato che quella legna sarebbe stata trasformata in trucioli per un famoso mobilificio friulano». Ma scendendo in paese, nella piazza qualcuno non guarda di buon occhio le persone che attraversando il paese si dirigono verso la Val Rosandra. «Qui siamo in molti a essere d’accordo con l’intervento della Protezione Civile – assicura Aljosa Ota, un giovane di Bagnoli – andava fatta pulizia. Spero non ci sia tanta gente a protestare».
Laura Tonero
Nuovo ponte sul canale Lavori al via tra un mese
La passerella sarà realizzata altrove e poi posata
tutta intera grazie a una gru Dapretto: perplessità per l’impatto estetico, ma
si valorizzerà il Borgo Teresiano
Entro la fine di aprile o al massimo nei primi giorni di maggio. Il discusso
ponte è pronto a “posarsi” lungo le due sponde del canale di Ponterosso, andando
a unire lungo un unico asse pedonale via Trento e via Cassa di risparmio. È
infatti imminente l’avvio dei lavori. Lo conferma l’assessore comunale ai Lavori
pubblici, Andrea Dapretto: «Siamo alla firma del contratto definitivo con
l’impresa che si è aggiudicata l’appalto (il consorzio guidato dalla capofila
Officine Bertazzon Spa di Vidor, in provincia di Treviso, e composto anche
dall’affiliata friulana Cgs Spa di Tavagnacco, ndr). Entro 45 giorni consecutivi
dalla firma, sarà dato il via al cantiere. Credo che nel giro di un mese, si
partirà». Peraltro l’intervento, «che avviene - prosegue Dapretto -
contestualmente con la riqualificazione di via Trento, cui seguirà quella di
piazza Ponterosso (in autunno, ndr)», si svilupperà con modalità non consuete.
Nel senso che «il ponte - specifica a riguardo ancora l’esponente della giunta
Cosolini - verrà preparato “fuori opera” e sarà poi sistemato sulle rive del
canale nella sua interezza. Quella sarà peraltro l’occasione di un momento di
particolare interesse». Per completare l’operazione verrà impiegata una gru,
un’attrezzatura particolare, e sulle sponde del canale si procederà «in
precedenza in modo da rinforzarle dal punto di vista statico». «Inoltre è in
programma - aggiunge - la realizzazione di apposita segnaletica per i non
vedenti. Il ponte, fra l’altro, risulterà molto utile nel corso della
riqualificazione di piazza Ponterosso, fungendo da asse viario alternativo: così
i cittadini potranno evitare di passare attraverso il cantiere». L’opera
pubblica, già approvata dal Comune nel corso del mandato Dipiazza-bis, prevede
una spesa da 750mila euro, finanziati dal fondo per la mobilità sostenibile del
ministero dell’Ambiente. Come accennato, nel tempo non sono mancate
contestazioni alla sua realizzazione, non ultima quella del comitato-contro
guidato dall’Udc Roberto Sasco (presidente della Commissione urbanistica del
Comune con la vecchia amministrazione di centrodestra), forte di una petizione
da 600 firme, arrivata però “fuori tempo massimo”. Ma del dibattito che cosa
pensa lo stesso Dapretto, di professione architetto (è stato presidente
dell’Ordine degli architetti di Trieste sino al 16 marzo scorso, quando si è
dimesso per concentrarsi sul nuovo ruolo di assessore)? «Al di fuori della
questione della prospettiva violata che sostiene qualcuno - è l’analisi di
Dapretto -, sotto il profilo urbano il ponte è una soluzione utile per la
valorizzazione del Borgo Teresiano, di un’area sempre rimasta un “retro” sia di
via Roma da una parte sia delle Rive dall’altra». Per l’impatto estetico
«qualche perplessità esiste in tutti ma l’opera è stata disegnata dagli uffici
in maniera pulita, con il minor impatto possibile: parapetti vetrati, struttura
esile e orizzontale. Una città - conclude l’assessore - deve poter dimostrare
una crescita e stratificare un’esperienza. L’immutabilità esiste ma bisogna
valutare caso per caso. Sono sicuro che il ponte funzionerà».
Matteo Unterweger
IL PICCOLO - DOMENICA, 1 aprile 2012
Val Rosandra: ma la Premolin ringrazia Ciriani - LA VALLE VIOLATA»LA POLEMICA
Spunta una mail inviata dal sindaco «Mi sono fidata del
mio vice Ghersinich»
Una mail inviata dal sindaco di San Dorligo della Valle Fulvia Premolin
all'assessore regionale all'Ambiente Luca Ciriani per ringraziare la Protezione
civile dell'operato svolto in Val Rosandra lo scorso weekend. Sviluppo
decisamente inatteso nella vicenda della devastazione ambientale commessa ai
danni dell'entrata della riserva naturale da parte di oltre 200 volontari della
Protezione civile provenienti da tutto il Friuli Venezia Giulia. All'indomani
dei lavori che hanno reso l'area un vero e proprio campo di guerra è emerso che
il primo cittadino di Dolina, in ferie in Austria durante quei giorni, ha fatto
inviare dal Comune una mail per ringraziare l'assessore Ciriani del lavoro
svolto. «La lettera di ringraziamento l’ho scritta senza aver visto
l’intervento. Ero via in quei giorni. Mi sono fidata del mio vicesindaco»
ammette il sindaco. «Fa parte della mia educazione, ringraziare per un
intervento effettuato» dice ora, anche se di quei ringraziamenti non più così
convinta dopo i sopralluoghi effettuati. «Faremo i nostri rilievi e gli
invieremo a chi di dovere. Non mi sottraggo alle proteste e alle critiche.
Voglio capire. Qualche perplessità ce l’ho anch’io». L'intervento, previsto per
ripristinare l'officiosità idraulica dell'alveo del torrente Rosandra, alla luce
dei fatti, più che occuparsi “dell'asporto della vegetazione arborea e arbustiva
infestante”, è stato incentrato all'abbattimento di decine e decine di alberi.
Beffa delle beffe: la maggior parte delle ramaglie e del materiale cipposo
tagliato giace ancora nell'alveo. Il risultato finale ha lasciato grande
sgomento sia da parte degli amanti della Val Rosandra che da parte di diversi
naturalisti che hanno seccamente criticato la qualità dell'intervento. Dal
Comune per ora stanno giungendo voci contrastanti. Nella riunioni dei capigruppo
svoltasi due giorni fa (domani alle 15.30 ci sarà una seduta del Consiglio
comunale a Dolina in cui il tema della Val Rosandra sarà naturalmente all'ordine
del giorno) il capogruppo della Slovenska skupnost Aljoša Novak ha prospettato
l'ipotesi che il Comune possa dichiararsi parte offesa nella vicenda e quindi
ricorrere alle vie legali. Altre fonti all'interno del Municipio, però,
escludono a priori una causa contro la Protezione civile anche perché sono in
molti all'interno dell'amministrazione Premolin a difendere la devastazione
svolta in Val Rosandra. La conferma arriva dal vicesindaco con delega alla
Protezione civile, Antonio Ghersinich (Pd): «Io difendo l'intervento fatto dai
volontari della Protezione civile, forse si poteva fare meglio, ma i residenti
di Bagnoli superiore e zona limitrofa sono contenti e chiedono che gli
interventi proseguano avanti». Ma perché tutto questo accanimento? «E' un
discorso di sicurezza - prosegue Ghersinich - basti pensare ai pioppi che con
acqua abbondante e bora forte sono fonte di pericolo per i cavi elettrici». Però
non tutti la pensano così. Se il coordinatore comunale della Protezione civile
Willy Vorus difende l'intervento sottolineando come le critiche arrivano
perlopiù da cittadini di Trieste che non vivono la Valle e «parte di quei
paesani che protestavano si sono portati a casa quintali di legname». Non è di
questo avviso Maurizio Sigoni, ex vicesindaco (Rifondazione comunista) di Dolina
e membro della Protezione civile: «Non ho partecipato all'operazione e forse è
stato un bene, se no a quest'ora stavo in galera! Non riesco a capire, a chi la
Protezione Civile regionale si sia appoggiata nel nostro comune. Quello che è
stato fatto è una cosa orrenda».
Riccardo Tosques
L’assessore attacca: triestini strumentalizzati - Dopo le proteste se la prende con il popolo del web che ha scatenato la rivolta: emotività e populismo
Il vicepresidente della giunta regionale e assessore
all’ambiente Luca Ciriani non è un grande incassatore. Non ci pensa nemmeno a
chiedere scusa, anzi reagisce al mare di critiche e accuse piovutegli da tutte
le parti cercando fare valere le sue ragioni. «Il mio obiettivo - attacca - è
quello di parlare ai cittadini che, strumentalizzati via internet da
ambientalisti che guardano più alla politica che al territorio, si recheranno in
Val Rosandra. Ai quei cittadini, ai quali è stato detto e scritto che l'ambiente
è stato deturpato, chiedo di guardare oltre, e usare il loro senso critico. «I
letti dei fiumi, o alvei hanno un solo scopo: far scorrere i fiumi. Se per
quarant'anni - come accaduto in Val Rosandra - non vengono tenuti puliti, la
vegetazione ne prende possesso, facendo crescere alberi che con il tempo
diventano anche di grande dimensione. Quando il fiume si ingrossa, a causa delle
piene, la presenza di cespugli e alberi grandi e piccoli intralcia il normale
scorrere, e con tanta acqua presente l'esondazione diventa sempre più
probabile». Ciriani è proprio come un fiume in piena. «Quando il torrente
esonda, la popolazione è minacciata: le case sono minacciate, e anche la zona
industriale a valle subisce dei rischi. La legge stabilisce che negli alvei dei
fiumi non devono crescere alberi, e per quanto l'effetto scenografico indotto
dal quarant'anni di incuria fosse affascinante, la sicurezza era minima,
l'intervento richiesto come urgente dall'amministrazione locale. Abbiamo
rispettato le leggi ed tolto gli alberi da dove non dovevano esserci, anche se
stavano lì da quarant'anni. Emotività e razionalità sono messe in questo
contesto alla prova, e i cittadini devono riuscire a comprendere la differenza
tra populismo e necessità di agire. Aggiunge Ciriani: «Lo stesso sindaco di San
Dorligo della Valle ha confermato che l'intervento era necessario e concordato,
richiesto dal Comune dopo che negli ultimi anni l'amministrazione regionale ha
speso in sicurezza sullo stesso sito circa 350mila euro. Gli alberi tagliati
sono alberi tagliati: hanno l'aspetto di alberi tagliati e senza dubbio fanno
impressione. La questione è che non avrebbero mai dovuto essere lì».
Un esposto in Procura dell’avvocato Giadrossi - Dalla Costa: valuteremo
«Ritengo che ci siano tutti gli elementi per aprire un procedimento penale riguardo la vicenda della Val Rosandra. Chiederò alla segreteria nazionale del Wwf di attivarsi anche da questo punto di vista. Nei prossimi giorni presenterò un esposto denuncia alla procura di Trieste». Le parole sono di Alessandro Giadrossi, avvocato, ma anche presidente del Wwf di Trieste. Dice: «Se il taglio degli alberi avesse riguardato un terreno privato credo, che con quello che è successo, sarebbe già stata sequestrata l’area. Il danno è grave come hanno rilevato esperti di chiara fama come Dario Gasparo, Livio Poldini e Nicola Bressi. Addirittura è stato sbagliato anche il periodo per effettuare quel tipo di intervento». Il procuratore della Repubblica Michele Dalla Costa dichiara: «Verificheremo i fatti, le competenze e le procedure». Poi precisa: «Valuteremo la situazione, perché ormai il taglio (ndr, agli alberi) è stato fatto. Dalle notizie pare che sia stato finalizzato alla pulizia dell’alveo ddel fiume e l’Italia è sempre a rischio idrogeologico». Ripete: «Valuteremo i fatti, poi potremo parlare». Domani intanto, dopo le segnalazioni, il procuratore esaminerà i primi elementi dai quali potrebbe scaturire l’indagine. Elementi che saranno integrati dall’esposto denuncia del Wwf consentendo così l’apertura di un fascicolo al momento a carico di ignoti. In una nota a firma dello stesso Giadrossi si legge: «L’intervento della Protezione civile regionale in Val Rosandra era ingiustificato ed errato. È avvenuta la distruzione della vegetazione ripariale, lungo un tratto del torrente Rosandra, con deturpamento ingiustificato dei suoi valori paesaggistici e alterazione ambientale di un’area tutelata naturalisticamente e paesaggisticamente, ricompresa nell’omonima Riserva naturale. Sono stati tagliati molti alberi anche di grandi dimensioni (pioppi bianchi del diametro di 90 cm, ontani neri, salici, ecc.) ed è stato compromesso l'habitat della “foresta a galleria” che garantiva ombreggiamento e ossigenazione alle specie ivi presenti, con disturbo all’avifauna quale picchio rosso maggiore, picchio verde, ballerina bianca e gialla, merlo acquaiolo». Continua: «È stato distrutto dal passaggio dei mezzi il sito di riproduzione della Rana ridibunda. L’intervento, inoltre, è avvenuto nel periodo riproduttivo per l’avifauna e gli anfibi Un intervento che, come attuato, era ingiustificato dal punto di vista idraulico».
(c.b.)
“Mezzogiorno di fuoco” sul ponte di legno per La protesta nata sul Web
La protesta corre sul Web. Stando al numero di contatti,
migliaia di triestini indignati dovrebbero oggi radunarsi in val Rosandra per
“soccorrere” un posto a loro caro. E’ da prevedere una fiumana di gente:
ambientalisti, escursionisti, curiosi, persone di tutte le età e di tutti i
ceti, amanti della natura che in passato avevano sempre trovato conforto tra
quegli alberi tagliati. L’appuntamento è per mezzogiorno sul ponte di legno (ma
non ci staranno tutti) ma il pellegrinaggio nella valle violata comincerà già
dalle prime ore del mattino e finirà a tarda sera. Il rifugio Premuda sarà preso
d’assalto dai “gitanti solidali”. A Bagnoli prevedibili anche problemi di
viabilità. Non è invitata la Protezione civile.... Ma il popolo del web,
contrariamente a quanto asserisce l’assessore regionale Ciriani, non intende
essere strumentalizzato. Il comitato no Tav e i gruppi antagonisti stanno
tentando di impossessarsi in qualche modo di questa pacifica protesta che invece
non ha bisogno di sponsor. E’ nata in maniera spontanea.
La protesta sul web Prove di senso civico e di responsabilità - LA VALLE VIOLATA »IL TAM TAM DELL’INDIGNAZIONE
Informazione dirompente in rete, ma con un tono pacato
e costruttivo che è mancato tra politici e ambientalisti
Sabato 24 marzo, io ero a Milano. C’era il cielo azzurro di primavera che
difficilmente si vede in città. Pedalavo alla ricerca di un po’ di verde,
pensando a quello che avrei fatto a Trieste: sarei andata ad arrampicare o a
camminare lungo la vecchia ferrovia. Mentre pensavo al verde del Carso, alla
luce che parte dal mare e rimbalza tra le foglie, mi ha telefonato un amico. Era
ad arrampicare appena sotto la Vedetta di Moccò: «Ciò, qua i sta fazendo un
casin, xe pien de camion, ruspe, omini e i sta disbratando tuto!». Non ho capito
subito, ho pensato a comuni lavori di cura boschiva, quelli che in un primo
momento sembrano amputare violentemente e invece dopo restituiscono una natura
pulita e più rigogliosa. Ma la sera, a casa, ho aperto Facebook e ho capito che
qualcosa non andava. Sulle pagine di molti amici c’erano foto che mostravano la
Val Rosandra prima dell’intervento della Protezione civile e dopo: sembrava un
paesaggio di guerra, devastato dal passaggio di carri armati, nudo e riarso. Ho
cercato informazioni nei giornali, nelle notizie dell’ultima ora. Niente. Ero a
Milano e faticavo a credere a quelle foto: non mostravano la valle che
ricordavo, con le sue fronde che fanno il fresco in estate e i rami cui
aggrapparsi scendendo dai sentieri più in alto. Ma su internet l’allarme
esplodeva. Io ero lontana, non avevo modo di verificare quello che leggevo,
dovevo fidarmi di internet? Non si trattava di un allarmismo eccessivo? Magari
di una strumentalizzazione? Come fare ad avere informazioni attendibili? Forse
il giorno dopo tutto si sarebbe sgonfiato... E invece i giorni successivi,
mentre dalle fila della politica non volava una mosca, sul web cresceva la
qualità delle informazioni. Gli stessi utenti badavano a fare da filtro e
isolare i facinorosi che semplicemente cercavano visibilità su internet, in
molti si mobilitavano a raccogliere informazioni e condividerle: testimonianze
di chi c’era andato, video, pareri di esperti forestali e botanici, recupero di
decreti legge. Chiunque avesse una competenza specifica la metteva a
disposizione. E così, anch’io che stavo lontano ho cominciato a farmi un’idea di
come erano andate le cose: da chi erano stati autorizzati i lavori, di chi era
stato il coordinamento logistico, qual era la flora della zona, gli altri casi
simili... In grande ritardo sono poi arrivate le dichiarazioni politiche e le
cautele, ma ormai l’informazione organizzata su web aveva segnato il passo:
aveva dimostrato di essere non solo più rapida, ma inaspettatamente anche più
approfondita, più matura, più responsabile. In una parola: attendibile. E anche
quando dalle pagine virtuali è partita l’idea della manifestazione, subito il
tono è stato costruttivo e civile. Se oggi in valle non ci saranno bandiere di
partito né slogan opportunistici che assimilano il caso Rosandra alla questione
No Tav, lo si dovrà ai continui appelli su Facebook da parte dei partecipanti.
Se per una volta, e proprio in Val Rosandra-Dolina-Glinšcice, non ci si dividerà
in recriminazioni italo-slovene, lo si dovrà alla calma e la diplomazia
dispiegata in rete. Se oggi non risuoneranno urla e tamburi, ringrazieremo chi
in rete ha ricordato che non dobbiamo spaventare i pochi animali rimasti, la
natura già privata e violentata. Queste prove di senso civico non sono venute
dalle parole di politici né dalle associazioni ambientaliste, ma da singoli
cittadini sul internet. Ieri sono arrivata a Trieste e anch’io, come molti, sono
salita a Moccò per vedere il disastro. All’inizio del sentiero un cartello
ammoniva tristemente “Parco Naturale della Val Rosandra”, comportatevi bene. Ho
guardato dall’alto: il Sentiero dell’amicizia che porta fino in Slovenia ora si
apre con uno squarcio, una ferita che denuncia tutta l’ignoranza di chi l’ha
compiuta. Il terreno è brullo e triste, difficile non immaginarlo cedere alla
prima pioggia e trascinare nel fiume i suoi detriti, senza più le radici a
trattenerlo, ma questa è materia per esperti. Io guardo la valle dove mille
volte sono stata felice e posso solo pensare che al momento la ferita è profonda
ma limitata, la natura aiutata con nuovi innesti si riprenderà. Ma un pericolo
più grande la minaccia e non ci sono più scuse, bisogna vigilare affinché il 14
e 15 aprile quella ferita non diventi mortale.
FEDERICA MANZON
La Soprintendenza: non è compito nostro
Nell’enorme sconcerto per quanto accaduto in Val Rosandra
molti si sono chiesti: la Soprintendenza, che ha giurisdizione e compito di
controllo anche sui beni paesaggistici, dov’era? Perché non è stata interpellata
prima che entrassero in azione i tagliatori di alberi in una zona protetta dal
punto di vista naturalistico? Risponde l’architetto Alvaro Colonna dell’ufficio
già guidato da Luca Rinaldi, il soprintendente che ha vinto il trasferimento a
Torino e non è stato ancora sostituito: «Non mi risulta che siano state
presentate richieste di autorizzazione, ma probabilmente non era necessario,
perché la tutela del paesaggio da questo specifico punto di vista è
responsabilità della Regione, che poi la delega direttamente ai Comuni». In
questo caso infatti a chiedere l’intervento alla Regione è stato proprio il
Comune nel quale la Val Rosandra ricade, quello di San Dorligo della Valle. «Se
ci sono tutele di tipo idrogeologico - prosegue Colonna - in certi casi è la
Forestale ad avere titolo per intervenire, e comunque ci sono ancora altre cose
da tenere in considerazione. Il Comune di Trieste, per esempio, si è dotato di
un “Piano del verde”, che indica quali alberi possono essere tranquillamente
rimossi, quando necessario, anche in zone sottoposte a tutela. Nel Piano è anche
indicata una misura della pianta che segna il limite: sotto una certa altezza si
può tagliare senza permessi, e sopra quell’altezza no». Infine, per
considerazione generale, Colonna conclude: «Questa è stata presentata come
“pulitura del sottobosco”, in questo senso potrebbe essere considerata
un’operazione perfino doverosa».
In Regione il Pdl tenta una difesa d’ufficio «Colpa di San Dorligo»
I consiglieri Tononi e Piero Camber riconoscono:
perpetrato uno scempio. Però assolvono il vicepresidente
«Per chi che xe abituado a viver fra panoce e leti de ghiaia, xe difficile
capir...». Il popolo del web è impietoso nei confronti di Luca Ciriani,
assessore regionale all’Ambiente e vicepresidente della Regione. Le sue
giustificazioni per l’intervento in Val Rosandra appaiono deboli. Come debole è
la difesa del Pdl triestino. Una difesa d’ufficio con alibi precostituito. Tanto
per nascondere l’imbarazzo. «Non ha colpe - spiega Piero Tononi, consigliere
regionale e vicecoordinatore provinciale del Pdl -. Ciriani è di Azzano Decino,
cosa può sapere della Val Rosandra». La colpa? È tutta di Antonio Ghersinich,
vicesindaco di San Dorligo della Valle. «Omessa vigilanza - spiega Tononi -. Il
vicesindaco, che conosce il territorio, va a vedere i lavori e non si accorge di
nulla. A me sembra allucinante che abbia avallato l’intervento. Una cosa
lunare». «Sono sconcertato, agghiacciato, sbigottito, a bocca aperta». Piero
Camber, consigliere regionale del Pdl, non sa che altri termini usare per
esprimere la sua indignazione per quanto visto. «Io amo la Val Rosandra. Ci vado
spesso. Non riesco a capire come possa essere successo. Ci vorranno anni e anni
prima che torni come prima». Ma il colpevole non va cercato in Regione?
«L’assassino della storia non è Ciriani - rivela Camber - ma il Comune di San
Dorligo che ha richiesto l’intervento e ha lasciato fare. Incomprensibile». «Le
immagini lasciano qualche perplessità» dice Maurizio Bucci, consigliere
regionale Pdl. Che però non si spinge oltre: «Non conosco tecnicamente la cosa,
non credo che la Protezione civile sia così sprovveduta da fare un intervento
così devastante. E neppure l’assessore Ciriani che era presente». Sandra Savino,
assessore regionale alle Finanze e coordinatrice provinciale del Pdl, non
partecipa alla protesta. «Sono stata due volte in Val Rosandra in tutta la mia
vita - confessa -. Non ho competenze per dare un giudizio. E comunque ho
completa fiducia nell’assessore Ciriani né metto in dubbio l’operato della
Protezione civile». Bruno Marini, consigliere Pdl di area cattolica, non dà
assoluzione preventive, ma neppure condanne. Come premessa ammette un peccato
grave per un triestino: la non conoscenza della Val Rosandra. E così finisce
nello stesso girone di Savino. «Non sono un tuttologo e non pretendo di saper
tutto - dice Marini -. Le spiegazioni fornite da Ciriani mi sono sembrate
francamente sufficienti ed esaurienti. Era da 40 anni che nessuno interveniva».
Così dice Ciriani e così è. Ma non fa testo. La Val Rosandra di Marini non è
neppure un luogo della memoria.
Fabio Dorigo
Park Audace, un passo avanti nell’iter per la costruzione
Quattro piani interrati tra palazzo Carciotti e il Verdi.
L’amministrazione comunale conferma il sì ma anche la
richiesta di garanzie: area da ridimensionare per non mettere a rischio gli
edifici storici
Si è rimesso in marcia il progetto del park Audace, sotterraneo, sulle Rive,
nell’area tra palazzo Carciotti e teatro Verdi, che è in attesa dal 2005 e dopo
aver incassato alcuni “no” tecnici dal consiglio comunale di epoca Dipiazza è
stato rilanciato dal sindaco Cosolini. L’altro giorno l’Autorità portuale, che
fa da capofila poiché l’opera insiste quasi del tutto su terreno demaniale, ha
convocato la Conferenza dei servizi che la società Interparking, filiale
italiana di un’azienda belga, attendeva con una certa cortese fretta. E questo è
il primo atto concreto di un riavvio del procedimento per un’opera fronte mare
di quattro piani sotto terra, con oltre 662 posti macchina, del costo anni fa
stimato in 24 milioni di euro, in un’area estremamente delicata: da un lato il
mare, dall’altro la fila dei più pregiati palazzi storici della città da
preservare di fronte a ogni possibile rischio. Sul tavolo la Interparking ha
messo il progetto definitivo, depositato nel 2011, dopo che quello preliminare
aveva già ottenuto nel 2009 il via libera dalla Regione. Ma nonostante
attraverso questi anni, passando anche attraverso un ricorso al Tar contro i
“freni” messi dal Comune, sia rimasta stabile la richiesta di modifica del
progetto, questo ancora non è cambiato e la richiesta è stata reiterata anche
dalla nuova amministrazione. Qual è il problema, che l’impresa si era comunque
detta disposta a considerare di fronte a una decisione definitiva? «Il progetto
ancora oggi - dice l’assessore alla Pianificazione Elena Marchigiani che ha
rappresentato l’amministrazione comunale alla Conferenza dei servizi - non si
sviluppa solo entro le aree demaniali, ma sfora verso città, superando il
“confine” che è delimitato dalle aiuole che separano l’area pedonale dalla
strada, praticamente ci sono 1700 metri quadrati di superficie che sconfinano in
area comunale». La riunione si è chiusa con alcune richieste all’impresa. Di
presentare la relazione geotecnica completa in modo da rassicurare gli
amministratori sulla sicurezza dei palazzi che affacciano sulle Rive in
corrispondenza del maxi-scavo; di far rientrare il perimetro (proprio per questi
motivi) entro le aree demaniali. «Entro un mese - dice Marchigiani - dovrebbero
esserci il progetto modificato e una riconvocazione di tutti gli enti». Presente
anche la Soprintendenza, la Provincia ha chiesto che le strutture di ingresso e
uscita delle auto non guastino la prospettiva visuale, coprendo palazzi o snodi
importanti degli assi viari o addirittura il molo Audace. «L’interesse di
togliere automobili dalle Rive è nostra come della precedente amministrazione -
conclude l’assessore -, l’unica cosa che ci interessa è avere garantita la
maggiore sicurezza per le persone e per il patrimonio». Già a suo tempo la
Interparking aveva assicurato che il progetto era stato redatto «per la parte
geologica dallo studio Zini di Udine e per quella strutturale dal Politecnico di
Milano», spiegando che addirittura «nessuna vibrazione» avrebbe interessato
Carciotti, Verdi e edifici adiacenti. Se il perimetro del park si restringerà,
come da richieste, entro il limite demaniale, si perderanno, rispetto al
progetto iniziale, solo 40 posti macchina.
Gabriella Ziani
*
Rive “libere” dalle auto, un’idea di Dipiazza rilanciata da Cosolini
L’idea era stata dell’allora sindaco Dipiazza (foto): due
park sotterranei sulle Rive, uno davanti alla Stazione marittima (Saba Italia) e
uno davanti a palazzo Carciotti (Interparking). Saba si era poi tirata indietro,
puntando sul raddoppio del parcheggio davanti al Tribunale, sotto via
Giustiniano. Interparking aveva trovato in Consiglio comunale qualche stop, non
di principio ma tecnico. Il sindaco Cosolini ha ripreso in mano i fascicoli:
assenso pieno al togliere le auto dalle Rive (compensando con altre aree di
sosta la società Ttp che gestisce le “strisce blu” a pagamento). Saba Italia,
che nel frattempo ha rinunciato anche a via Giustinano, si è detta nuovamente
disponibile. Interparking invece era in ansiosa attesa e sempre ben intenzionata
a realizzare l’opera. Spettava all’Autorità portuale convocare impresa e enti
locali per avviare il procedimento. Questo è avvenuto, i lavori sono in corso.
«San Giacomo e Barriera No a nuovi stalli a pagamento» - PDL in CIRCOSCRIZIONE
No a qualsiasi soluzione che preveda un aumento dei posti auto a pagamento. È secco il diniego del gruppo del Pdl all’interno del Consiglio della quinta Circoscrizione, competente per la zona di San Giacomo e Barriera Vecchia. All’indomani dell’incontro con l’assessore comunale per l’Urbanistica Elena Marchigiani, i rappresentanti del partito all’opposizione non hanno dubbi: «Il nostro rifiuto alle proposte di creare nuovi posti a pagamento in punti molto importanti come le vie San Marco, Settefontane e Vergerio o in largo Mioni – spiega Roberto Dubs, capogruppo del Pdl nella quinta Circoscrizione – è dettato dalla volontà dei residenti, che si sono dichiarati più che soddisfatti dalla presenza dei parcheggi a pagamento già realizzati e funzionanti come quello di campo San Giacomo, oppure quello delle Coop in piazzetta Puecher». Marchigiani in realtà già nel corso del’incontro con i residenti ha manifestato grande disponibilità a «recepire le richieste della gente, come più volte assicurato anche quando abbiamo incontrato altre Circoscrizioni». È una filosofia ribadita in varie occasioni quella della giunta Cosolini, in relazione al tema del piano del traffico e dei parcheggi, che prevede di ascoltare, per quanto possibile, le necessità della popolazione residente. Quando sono state avanzate le proposte dei nuovi parcheggi a pagamento, tutti i residenti presenti si sono espressi in maniera negativa. «Il gruppo del Pdl – ha continuato Dubs - presenterà un documento che, se votato, andrà allegato alle osservazioni sul piano del traffico e in cui si chiede di non aumentare di una sola unità il numero dei posti a pagamento. Non arretreremo – ha concluso - perché non é possibile che il Comune faccia cassa in questo modo nei rioni più popolari della città».
(u. s.)
Il rigassificatore di Zaule? Non s’ha da fare, né si farà - INTERVENTO DI GIANFRANCO GAMBASSINI
Il ministro Passera confida nelle istituzioni ma quelle
locali si sono già espresse chiaramente, dichiarandosi contrarie al progetto
Pochi giorni fa Corrado Passera, il ministro per lo Sviluppo Economico
Infrastrutture e Trasporti, è venuto a strigliare i responsabili politici e
amministratori locali, affinché il progetto di Gas Natural di istituire un
rigassificatore a Trieste venga realizzato senza altri ritardi e non finisca
anche qui, com’è successo a Brindisi dove British Gas ha definitivamente
rinunciato proprio ora al rigassificatore, dopo undici anni di dibattiti e
un’autorizzazione mai arrivata. Implicitamente la sferzata di Passera era
rivolta anche al suo collega del Ministero dell’Ambiente, il “triestino” Corrado
Clini, il quale, benché dal 2009 esistano i nullaosta preliminari di Via dei
Ministeri dell’Ambiente e dei Beni Culturali, aveva parlato “di una questione
non chiusa”. Io dico – e mando a dire al ministro Passera – che il finale è
“obbligato” e che il rigassificatore a Zaule non s’ha da fare e non si farà! Del
resto sono unanimemente e plebiscitariamente contrari, a parte gli ecologisti,
il Consiglio comunale e la Provincia, senza contare il ricorso al Tar già in
atto da parte del Comune di Muggia e altri possibili ricorsi. Anche sul piano
internazionale la Slovenia si è dichiarata contraria fin dall’inizio a un
rigassificatore costruito nel golfo di Trieste e si è riservata di ricorrere con
la sua protesta al Tribunale dell’Unione Europea. È ben difficile, dunque, come
dice Passera, «che la filiera istituzionale possa farsi garante di facilitare e
non ostacolare le soluzioni più adeguate dal punto di vista ecologico,
ambientale e di impatto occupazionale». Quelli della filiera sono infatti tutti
contrari e sono tutti quelli che rappresentano la voce e il parere dei cittadini
di Trieste, ragion per cui un “referendum popolare” boccerebbe sicuramente e
ampiamente il progetto. Di fronte a tutte queste chiare controindicazioni emerse
da tutte le parti, personalmente ritengo di poter escludere che il presidente
della Regione Renzo Tondo si azzardi a rilasciare il “nullaosta” regionale che
aprirebbe la strada a Gas Natural. C’è da osservare, purtroppo, che, come al
solito, lo Stato e i Governi italiani si ricordano di Trieste solo per progetti
negativi: questo progetto, in particolare, ridurrebbe la funzione del porto di
Trieste a quella di porto petrolifero. Sono già stati tutti minutamente e
ripetutamente presi in esame gli enormi pericoli che a Zaule provocherebbe un
incidente o uno scoppio di una nave gasiera e che coinvolgerebbero decine e
decine di migliaia di persone; è stato rilevato che l’acqua troppo bassa
incrementerebbe l’inquinamento marino dovuto al processo di raffreddamento;
enorme sarebbe il disagio del traffico portuale triestino se è vero che ogni
nave deve arrestarsi e tenersi a debita distanza quando transita una nave
gasiera; sembra inoltre che sia ancora da decidere il percorso del gasdotto che
dovrebbe distribuire agli altri Paesi il gas ricavato dalla trasformazione del
gas liquido della gasiera...e così via. Vantaggi offerti: bonifica dell’area ex
Esso e ricadute economiche, mentre sono scarse quelle occupazionali. Ma non
interessano le elucubrazioni tecniche e ambientali e le proposte di modifiche
procedurali avanzate dalla Gas Natural alla ricerca di una approvazione.
Interessa e preoccupa, invece, la pazza “idea” che ha guidato tutto il progetto
fin dall’inizio: andare ad immaginarsi un rigassificatore da collocare non solo
nel golfo di Trieste ma, restringendo la rotta, anche all’interno della
minuscola baia di Muggia e, per finire, ancora all’interno di essa, nel buco di
Zaule, è da considerare una vera follia! Qualunque triestino abbia seguito
questi eventi e conosca i posti di cui si parla (ma il ministro Passera li ha
visti?) dirà che il rigassificatore non s’ha da fare e non si farà mai! Un’altra
occasione perduta? No! Un altro pericolo scampato da questa martoriata
“città-porto”.
Fotovoltaico, gli incentivi saranno rivisti - Il ministro: «Non sono stati impegnati nel modo migliore i soldi delle famiglie e delle imprese»
ROMA Gli incentivi sul fotovoltaico saranno rivisti e riallineati a quelli degli altri Paesi. Il ministro dello Sviluppo, Corrado Passera, ieri a Cernobbio, ha sottolineato che nell’ambito delle fonti rinnovabili bisognerà agire «bene e non come è stato fatto in questi anni, in cui sono stati impegnati troppi soldi delle famiglie e delle imprese non nella maniera migliore». Il governo intende procedere nello sviluppo del fotovoltaico, ma finora sono stati utilizzati «150 miliardi delle famiglie per fare un’operazione troppo accelerata a prezzi troppo alti, più alti degli altri Paesi». Le rinnovabili pesano molto sulle bollette elettriche che il governo, invece, vuole alleggerire. E l’Autorità per l’energia, a questo proposito, ha deciso di dividere in due tranche un super-aumento della tariffa, che corre verso il 10% (il 5,8% che scatta da oggi e l’ancora ipotetico 4% previsto per maggio). Con lo scopo, hanno spiegato dall’Autorità, di lanciare un «segnale chiaro e concreto» alla politica. Un messaggio affinchè si intervenga «su un sistema di incentivazione che non è sopportabile per le famiglie e per le imprese». La spesa sostenuta per compensare l’intermittenza di alcune fonti rinnovabili (come, ad esempio, il fotovoltaico) pesa per il 40% sull’aumento del 5,8% già deciso. Ci sono poi gli incentivi alle rinnovabili, che nel corso del 2012 raggiungeranno la cifra ragguardevole di oltre 10,5 miliardi di euro e che vengono addebitati agli utenti nella bolletta. «Ora il governo interverrà riallineando gli incentivi a quelli degli altri Paesi» ha annunciato ieri il ministro. La prossima settimana usciranno anche i decreti ministeriali su questi temi «per continuare a sviluppare verso livelli di mercato tutte le rinnovabili – ha assicurato il ministro – con particolare interesse verso le aziende che fanno occupazione in Italia, fanno filiera tecnologica e imprenditoriale».
(d.a.)
Speleovivarium e Museo del mare - VISITE GUIDATE
Dolce&Salata Speleovivarium e Museo del mare Info: tel.
333-9339060
Oggi, il ciclo di iniziative di “Dolce&Salata” per le Giornate dell’acqua 2012,
visita a due musei cittadini, lo Speleovivarium (foto) e il Museo del Mare. Con
la visita “La vita al buio”, curata dalla Società Adriatica di Speleologia, si
scoprirà il mondo inaspettato di forme viventi nell’atmosfera incontaminata
delle cavità sotterranee del Carso: l’evoluzione ha fatto sì che in questo
ambiente, a prima vista così sterile e inospitale, molte specie di organismi
abbiano potuto adattarsi e vivere in un mondo privo di luce. Marino Vocci
guiderà quindi un affascinante percorso all’interno del Museo del Mare, che per
ricchezza, varietà e valore storico delle raccolte, si colloca certamente tra
gli istituti più importanti nel campo scientifico esistenti nell’ambito del
Mediterraneo. Per le escursioni bisogna prenotare al n. 333-9339060 o contattare
l’indirizzo carso@riservamarinamiramare.it
IL PICCOLO - SABATO, 31 marzo 2012
Il passaggio di un tornado sul torrente Rosandra
Una dannosa operazione di cosmesi delle ruspe della
Protezione civile Già cominciato il pellegrinaggio degli escursionisti. Sembra
un funerale
Sono scesi a vedere il disastro anche da oltre confine. Sloveni da Beka,
Ocizla, Erpelle, Capodistria. Fanno fotografie, non gli pare possibile, a loro
che tengono i boschi come giardini, che le ruspe entrino in un santuario. I
triestini invece sono là senza parole, parlano a bassa voce, manca solo che
tengano il cappello in mano. Sono al funerale del Rosandra. Roberto, sulla
sessantina, piange calde lacrime su quella che considera la morte del fiume.
«Ricordatevelo, ricordatevelo com’era. Avevo portato amici padovani a vedere la
mia valle, ed ecco cosa mi tocca mostrare». Un altro digrigna: «Mandemoli a
casa, adesso no xe più l’articolo dicioto». Quelli di Boljunec-Bagnoli se la
prendono meno calda, vedono il lato pratico della questione. Raccolgono i ceppi
con la carriola per le loro stufe. E poi il fiume di una ripulita aveva bisogno:
anni fa dopo un temporale si era portato via una mezza casa sulla sponda, poco a
valle del rifugio. Ma sul “come” è stato fatto il lavoro sono tutti d’accordo:
coi piedi. Passano le ore e cresce la processione di gente inferocita. Il tam
tam ha chiamato a raccolta la “gente della valle”. Non si è toccato un luogo, ma
un simbolo. Domenica saranno a migliaia, per la grande protesta indetta via web
contro la Mala-protezione civile e la direzione dei lavori assunta
dall’assessore regionale Ciriani. In bocca a tutti lo stesso nome: “Virgilio”,
l’alpinista considerato il custode morale della valle, che proprio in quella
valle è morto di un guasto alla pompa del cuore, due anni fa, maledicendo fino
all’ultimo l’incuria degli uomini. Virgilio Zecchini, un nome un programma. Era
lui che cinque anni fa aveva sollevato il popolo contro il tracciato della Tav,
deciso in gran segreto, che avrebbe dovuto sventrare la Rosandra, ed era lui che
aveva vinto la battaglia. «Virgilio non avrebbe permesso tutto questo», è la
frase che si sente ripetere in mille varianti. Perché l’allarme non è partito
prima? La sindachessa Premolin, dicono in paese, pare abbia addirittura
ringraziato Ciriani, prima del putiferio. E il vicesindaco avrebbe seguito i
lavori da terra, mentre l’elicottero dell’assessore rombava sugli strapiombi.
Voci sconfortanti. Era stata fatta una valutazione di impatto ambientale? Pare
di no. Erano stati avvertiti gli uomini della forestale? No, perché i metri di
bosco vicini all’alveo non sono di loro competenza. E la soprintendenza ha
saputo? Non pare, visti i risultati. Menefreghismo totale, o rischio aperto di
illegittimità nell’operazione. Le ruspe hanno fatto “carne di porco” del
terreno, divelto cartelli, dissestato scalini di pietra, abbattuto barriere. I
tronchi sono stati spostati dall’alveo, ma le montagne di ramaglie sono ancora
lì e anche gli imbecilli capiscono che in caso di pioggia può formarsi una
micidiale diga di legnami. A monte del rifugio trovo il ceppo di un ontano di un
metro di diametro. Un “gigante della memoria”, di quelli che alcuni bravi
forestali hanno raccolto in un magnifico libro fotografico sulla regione. Fatto
secco anche quello. Tagli di fantasia, un’esibizione di forza, anzi di potere.
Sembra sia passato un tornado, una trivella di vento. Poi di colpo tutto
finisce. Là dove il bulldozer non è potuto passare, là finisce anche il lavoro,
tra le rocce cinquecento metri sopra il rifugio. Oltre è l’abbandono, la foresta
vergine con vecchi alberi caduti che nessuno smuove. E allora l’esibizione di
forza si svela per quella che è: un’ammissione di debolezza. Si è tagliato dove
era facile, non dove si doveva. Un’operazione cosmetica, utile solo a dire
“abbiamo fatto”, ma inutile nella messa in sicurezza del fiume. Ma non era
meglio pagare quei soldi alle comunità perché facessero un lavoro capillare,
assumendosene la responsabilità? Responsabilità: ecco la parola chiave.
Sconosciuta al potere e, ahimè, anche al popolo d’Italia. I boschi della regione
fanno schifo, nessuno li cura più, perché tanto c’è la Protezione. E così quello
che ieri veniva dal basso oggi è calato dall’alto coi risultati che si vedono.
La distruzione a pagamento ha sostituito la manutenzione gratuita. Ma il peggio
è che coloro che consentono scempi simili sono gli stessi che spergiurano che il
raddoppio della centrale nucleare di Krsko non costituisce pericolo, oppure che
il rigassificatore non può saltare in aria in mezzo alla città e le immense
gasiere non intralceranno il movimento navi del porto. Dopo quanto è accaduto in
Val Rosandra è molto più difficile credere alle loro parole.
PAOLO RUMIZ
Rivolta scoppiata sul web - Domenica la marcia
Ambientalisti e non, semplici escursionisti, amanti della
natura, rappresentanti di associazione si ritroveranno domenica in Val Rosandra
per una marcia di protesta contro lo scempio compiuto in Val Rosandra dalla
protezione civile. Un modo per “solidarizzare” con la valle ferita.
L’appuntamento è per mezzogiorno sul ponte di legno. Prevista la partecipazione
di centinaia di persone. La rivolta era partita già martedì sul web dove decine
di persone (ora sono quasi 2mila) avevano cominciato a scriversi per manifestare
la propria indignazione. Poi sono seguite le prime testimonianze.
Wwf e Legambiente: «Incomprensibile superficialità» -
AMBIENTALISTI ALL’ATTACCO
«Vanno chiarite le responsabilità, per lo scempio compiuto in Val Rosandra ad opera della Protezione Civile regionale». A chiederlo sono gli ambientalisti del Wwf, decisi a fare piena luce sulla “strage” perpetrata domenica scorsa. «L’intervento – denuncia l’associazione - è stato attuato nel pieno del periodo riproduttivo per l’avifauna e gli anfibi, sono stati asportati completamente tutti gli alberi più grandi (pioppi bianchi di 40 anni del diametro di 90 cm, ontani neri, salici, ecc.), è stato compromesso l'habitat della “foresta a galleria” che garantiva ombreggiamento e ossigenazione alle specie che la abitano, mentre sono rimaste molte robinie che avrebbero dovuto essere eliminate. Sconcerta poi – continua il Wwf - che il Comune di S. Dorligo della valle, ente gestore della riserva naturale, abbia collaborato all’esecuzione degli interventi suddetti, senza la minima considerazione per gli habitat le specie che la riserva dovrebbe tutelare». Di qui la necessità, secondo l’associazione ambientalista - di dare risposta ad una serie di quesiti: «È indispensabile chiarire se esistano reali pericoli di esondazione del torrente Rosandra e cos’abbia motivato l’“urgenza” dell’intervento eseguito, perché sia stato scelto proprio questo periodo per l’intervento di “pulizia”, perché non sia stata svolta la valutazione di incidenza, prescritta dalle norme europee, sull’intervento nel SIC/ZPS e, infine, chi si sia assunto la responsabilità della pianificazione e dell’esecuzione dell’intervento». Estremamente critico nei confronti dell’operazione “Puliamo il mondo – Clean up the world”, anche il Circolo Verdeazzurro di Legambiente. «L’intervento della Protezione Civile ha arrecato danni incalcolabili alla vegetazione ripariale e all’importantissimo ecosistema che coronava un lungo tratto del torrente Rosandra , in comune di San Dorligo della Valle. Nel corso dell’operazione, attuata in un momento assolutamente inopportuno perché coincidente con il periodo riproduttivo di uccelli ed anfibi, sono stati asportati importanti esemplari di carpino nero, pioppo bianco e salici che avevano diametro anche superiore a 80 cm. È incomprensibile - conclude Legambiente - come la Protezione Civile abbia potuto operare con tanta superficialità su aree così delicate».
Bandelli: «L’assessore deve essere cacciato» - Un’Altra Trieste con Fli, Sel e il Movimento 5 Stelle presentano il conto al vice del governatore Tondo
FOTO E VIDEO DELLO SCEMPIO IN VAL ROSANDRA SUL SITO www.iIpiccolo.it
Non è Adamo e non c’entra Eva. Il paradiso comunque c’era. Prima dell’orgia delle “motoseghe in libertà” della Protezione civile. «Devastata la Val Rosandra, cacciate l'assessore Ciriani». Franco Bandelli, leader di Un’Altra Trieste, non è tenero con il vicepresidente della giunta regionale,nonostante il comune passato in Alleanza nazionale. Il titolo del suo comunicato stampa ha il sapore biblico. Da Genesi. Non è l’unico a chiedere la cacciata dell’assessore regionale. «Ciriani deve chiedere scusa, rifondere i danni e togliere il disturbo» aveva dichiarato mercoledì a caldo Paolo Menis, consigliere comunale del Movimento 5 stelle. A chiedere il conto al vicepresidente della giunta regionale c’è anche Michele Lobianco (Futuro e Libertà), un passato comune nelle file della destra. «Quel che impressiona è che testimone di quest’operazione è stato l’assessore regionale Luca Ciriani che a questo punto deve rispondere di quanto accaduto». Non diversa la richiesta, dal fronte opposto, di Sel firmata da Stefano Bertuzzi, Giulio Lauri e Fulvio Vallon: «Il vicepresidente della Regione dovrebbe assumersi la responsabilità per un rozzo e grossolano intervento». È stato Lobianco a coniare il termine di “motoseghe in libertà”: «Non si trattava di ripulire dalla sterpaglie le pur prestigiose mura di Palmanova, ma di intervenire in un delicato ed unico ecosistema». «Intervenga la magistratura – auspica Bandelli -. Ma d’altro canto, cosa sperare dall’Assessore regionale con delega alla Protezione Civile Luca Ciriani, che ha già ampiamente dimostrato quale sensibilità provi nei confronti della nostra città, tanto da proporci sempre, solo e come soluzione di tutti i nostri problemi, la realizzazione dell’impianto di rigassificazione che nessuno vuole, escluso l’ex sindaco Dipiazza». Da Zaule in Val Rosandra. A pensar : «Mi chiedo se l’assessore Ciriani abbia voluto fare una prova di disboscamento in Val Rosandra per proporre un sito alternativo al suo amato impianto di rigassificazione». E il sindaco di Trieste? Roberto Cosolini, da spettatore interessato, evita i toni duri. Non vuole incidenti diplomatici. »Dal filmato visto su internet e da quanto mi riferisce una persona qualifica di fiducia che è andata sul posto (Nicola Bressi, direttore dei musei scientifici, ndr), le preoccupazioni per l'intervento in Val Rosandra hanno un fondamento - dice il sindaco -. Non voglio certo invadere competenze di altri, anzi sarei felice se gli allarmi che rimbalzano sul web venissero autorevolmente confutati, ma certo le immagini non sono tranquillizzanti e farebbero pensare che la gestione dell'intervento non sia stata sufficientemente attenta e rispettosa». La cautela, in questi casi, non è mai troppa. Andare con i piedi di piombo. L’avesse fatto anche la protezione civile non ha fatto in Val Rosandra...
fa.do.
«Un disastro ambientale Intervento scellerato»
L’amarezza di Pier Luigi Nimis, ordinario di botanica
alla facoltà di scienze all’università di Trieste: «Niente più boschetto a
galleria almeno per 20 anni»
«L’intervento effettuato in Val Rosandra si configura come un vero e proprio
disastro ambientale». Pier Luigi Nimis, professore ordinario di Botanica alla
facoltà di Scienze della Vita dell’Università, ieri mattina in Val Rosandra ci è
andato di persona. Ha voluto vedere con i suoi occhi lo scempio compiuto dalle
ruspe, le seghe elettriche e le accette. Nimis è membro della Commissione
scientifica della Val Rosandra e ha cercato subito di mettersi in contatto con
il sindaco di San Dorligo, Fulvia Premolin, per avere delle spiegazioni. «Lo
scriteriato intervento, effettuato all’insaputa della Commissione - sottolinea -
prescindeva completamente dall’analisi delle funzionalità e dei servizi
ecologici della vegetazione riparia, partendo dall’assunto grossolano che essa
sia qualcosa di dannoso, da eliminare per mettere in sicurezza il torrente. Il
risultato è stato un danno ecologico e paesaggistico difficilmente rimediabile
in tempi brevi». Il botanico ricorda che quella valle, oltre ad essere parte di
una riserva naturale regionale, è inserita nell’area Sic “Carso Triestino e
Goriziano”, nella zona di protezione speciale “Aree carsiche della Venezia
Giulia” ed è pertanto sotto tutela europea. «L’intervento – prosegue - ha
completamente distrutto un habitat prioritario: il bosco ripariale ad ontano
nero (in termini scientifici, Alnus glutinosa) costituisce una valida difesa
delle rive, tanto che la sua presenza viene considerata una caratteristica che
aumenta notevolmente il valore dell’indice di funzionalità fluviale, adottato
anche dall’Arpa per monitorare lo stato dei corsi d’acqua della regione».
Secondo Nimis la completa scopertura del suolo derivata dal taglio drastico
effettuato in Val Rosandra priverà quel tratto del torrente del suo presidio
forestale, accelerando il disseccamento del suolo e l’erosione delle rive.
«L’impatto derivante dalla distruzione di un ambiente unico nel nostro
territorio sulla biodiversità, sia animale che vegetale, sarà elevato: il
drastico intervento ha già modificato il delicato habitat di molti animali
acquatici ed è stato effettuato proprio durante il periodo di nidificazione
degli uccelli». L’intervento ha distrutto un'oasi d'ombra che gli escursionisti
trovavano al ritorno alla fine delle passeggiate. «Gli ontani ricresceranno
lentamente - conclude Nimis - ma al posto dello splendido boschetto a galleria
all’imboccatura del sentiero principale della Val Rosandra, per almeno 20 anni
crescerà un cespuglietto impenetrabile».
Laura Tonero
Ciriani: «Non toccato il bosco ma solo l’alveo del
fiume»
L’assessore difende la Protezione civile
“dall’ambientalismo da salotto”: «In quell’area non si metteva mano da 30-40
anni e le esondazioni più volte hanno raggiunto le case. Il Comune era
d’accordo»
TRIESTE Video, fotografie e un comunicato che riempirebbe una pagina di
giornale. La Regione risponde alla accuse di una Val Rosandra violata.
Ricostruisce, precisa. E, con Luca Ciriani, anche contrattacca: «Difenderò
sempre i volontari della Protezione civile dall’ambientalismo da salotto».
L’assessore regionale all’Ambiente spiega che l’intervento di taglio degli
alberi, «chiesto dal comune di San Dorligo», aveva una funzione anti-piena: «Non
si è toccato il bosco ma solo l’alveo del fiume, lì dove nessuno metteva mano da
30-40 anni, periodo in cui più volte le esondazioni hanno raggiunto le case. La
scelta era tra pulire quell’alveo o lasciare tutto come stava e continuare a
mettere a rischio la popolazione». Insomma, come si legge nel comunicato della
Regione, che allega pure un video che testimoniano le recenti piene, si è
trattato di «interventi urgenti di prevenzione per il ripristino dell'efficienza
idraulica dei corsi d'acqua regionali a tutela della pubblica incolumità
mediante l'asportazione della vegetazione arborea e arbustiva infestante gli
alvei». Interventi, viene ulteriormente sottolineato, previsti dalla legge
regionale 64/1986. Nell’ultimo decennio, si ricorda, «il torrente Rosandra è
stato interessato da fenomeni di piena nel 2003, 2008 e 2010. Nel settembre di
due anni fa, in particolare, è stata allagata la zona industriale a valle e si è
registrata una grave erosione in sponda sinistra in corrispondenza del ponte in
località Bagnoli Superiore, con la compromissione della stabilità
dell'abitazione soprastante». Sempre in quell’occasione, fa sapere ancora la
Protezione civile regionale, «il livello è stato assai prossimo all'esondazione
proprio in corrispondenza dell'abitato di Bagnoli e, dai sopralluoghi allora
effettuati, risultava che proprio in tale tratto, e in quello immediatamente a
monte, la sezione idraulica disponibile per il regolare deflusso delle acque di
piena era significativamente ridotta dalla presenza di tronchi caduti in alveo e
dall'abbondante vegetazione arbustiva e arborea». Di qui l'esigenza di
salvaguardare l'incolumità delle popolazioni rivierasche e l'integrità delle
infrastrutture. Urgenza sollecitata dal Comune di San Dorligo «che a fine
gennaio 2012 ha segnalato alla Protezione civile la necessità di eseguire
l'intervento di manutenzione lungo il tratto compreso tra l'abitato di Bagnoli
Superiore e Bagnoli». Ma la particolarità del sito? Il fatto che sia protetto?
Anche su questo Ciriani ha una spiegazione: «Secondo legge, la vegetazione di
qualsiasi tipologia che cresce nell'alveo di un corso d'acqua non costituisce
bosco. Pertanto, per attuare questo tipo di interventi di manutenzione, non sono
necessarie autorizzazioni forestali di alcun tipo. Inoltre, l'intervento di
taglio a raso della vegetazione in alveo rientra comunque tra gli interventi di
manutenzione ordinaria dei corsi d'acqua, in quanto non modifica in modo
permanente lo stato dei luoghi, e non è assolutamente soggetto a nessun tipo di
autorizzazione paesaggistica». E poi dal punto di vista della norma in materia
di aree Sic-Zps il competente servizio della direzione centrale risorse rurali
agroalimentari e forestali, ha raccomandato per le vie brevi esclusivamente il
rispetto degli eventuali alberi portatori di nidi. E infine, durante le due
giornate di taglio «le operazioni sono state svolte seguendo scrupolosamente
quanto concordato nella riunione del 21 marzo, sotto l'attenta sorveglianza
anche del Comune, nella persona del vicesindaco, e senza alcuna contrarietà
manifesta da parte della popolazione residente». Quanto l’acqua esonda, conclude
polemicamente Ciriani, «arriva la Protezione civile, non Legambiente o il Wwf».
Marco Ballico
Abbattimento degli alberi: erano assenti i Forestali -
LUNGO IL TORRENTE
SAN DORLIGO É ormai sicuro che alcun effettivo della Direzione centrale delle Risorse forestali regionale fosse presente in modo ufficiale all’intervento di taglio e manutenzione realizzato in una parte dell’alveo del torrente Rosandra lo scorso weekend. Con la presenza di qualche Guardia Forestale i volontari, per la maggior parte provenienti dal resto della regione, sarebbero stati meno intraprendenti e più prudenti nell’abbattimento di pioppi e ontani. La Forestale in precedenza ha avuto modo di autorizzare l’intervento della Protezione civile. I Forestali un tempo impegnati nella defunta stazione di San Dorligo della Valle avrebbero sicuramente potuto dispensare informazioni e consigli in tempo reale durante l’operazione di taglio e manutenzione. Purtroppo la stazione Forestale di San Dorligo non esiste più dallo scorso primo novembre, “spenta” dalla Regione assieme a quel Centro didattico di Basovizza che divulgava la scienza ambientale e forestale a migliaia di studenti e turisti. Ma un tempo alcune guardie presidiavano la Val Rosandra ogni giorno, domeniche comprese. Per far percepire la loro presenza nella Riserva naturale, parcheggiavano i due loro mezzi all’entrata della valle e nella località di Bottazzo. Un intelligente espediente per far capire agli escursionisti che si vigila e si controlla di continuo quella preziosa e meravigliosa vallata.
(ma.lo.)
«Esecuzione degna del peggiore Attila» - Mario Ravalico
geologo e consigliere comunale pd
«L’esecuzione maldestra e degna del peggior Attila ha
segnato in modo negativo e dannoso un intervento la cui finalità positiva non
può essere messa in discussione da chiunque guardi ai vari aspetti, ugualmente
importanti, delle tematiche ambientali». Lo afferma il geologo e consigliere
comunale del Pd Mario Ravalico. «Certamente in questo momento - aggiunge - è
prioritaria la più che giusta protesta per lo scempio operato ma non dobbiamo
dimenticare che un aspetto altrettanto grave è lo stato di abbandono in cui
versano i nostri corsi d’acqua. Nel caso specifico vorrei ricordare che
storicamente le esondazioni del torrente Rosandra hanno causato estesi
allagamenti con notevoli danni soprattutto nell’area più a valle».
«Scempio all’interno della riserva naturale» - Sergio
Dolce, per 20 anni direttore del Museo di Storia Naturale
Per Sergio Dolce, direttore del Museo di storia naturale
dal 1990 al 2010, in Val Rosandra è stato distrutto un buon tratto dell'ambiente
ripariale costituito da vegetazione igrofila ed idrofila composta da notevoli
esemplari di Pioppo nero il cui tronco raggiungeva anche due metri di
circonferenza. Distrutti anche alberi assenti dall'altopiano carsico come gli
Ontani comuni . Tagliati pure i salici rossi, le Sanguinelle e il Sambuco comune
. Il tratto caratterizzato da una fitta vegetazione a Petasites hybridus
(farfaraccio maggiore) non esiste più. « Vorrei sapere perché - chiede Dolce -
Vorrei sapere quanto si è speso per perpetrare questi danni! E poi se non
sbaglio questo avviene all’interno di una riserva naturale».
Piano del traffico, raccolte le osservazioni - TRA LE
RICHIESTE PIU' BUS E PARCHEGGI
La creazione di nuove aree pedonali, lo spostamento di alcune linee del trasporto pubblico e la garanzia, sul fronte parcheggi, di maggiori agevolazioni economiche per i residenti. Sono questi i temi più caldi emersi, sotto forma di richieste e di osservazioni, al termine della fase generale di consultazione sulla bozza del nuovo Piano del Traffico. Un processo di partecipazione lungo una trentina di incontri, in cui si sono confrontati diversi portatori di interesse, tra cui Circoscrizioni, enti e cittadini, le cui risultanze sono state illustrate dall’assessore al Traffico Elena Marchigiani e dal mobility manager Giulio Bernetti. Nel dettaglio, ci sono state delle richieste di pedonalizzazione della via Imbriani per quel che riguarda il centro città, e per Piazzale Gioberti nel rione di San Giovanni, che attualmente ricopre il ruolo di snodo di alcune linee dei bus. E proprio nel campo del trasporto pubblico, dove è stato aperto un tavolo settimanale con la Provincia e la Trieste Trasporti, le maggiori sollecitazioni riguardano lo spostamento di alcune linee in zone particolarmente trafficate, come via della Geppa, con la soluzione di rilocalizzarle sull’asse delle Rive. Un’ulteriore proposta riguarda la possibilità di far transitare i bus lungo via Gallina in direzione Piazza Goldoni, con contestuale allargamento dei marciapiedi. Sul tema parcheggi, le richieste principali riguardano le agevolazioni ai residenti del centro storico, dove è allo studio una soluzione diversa rispetto alle fasce orarie gratuite, che prevede un abbonamento mensile modulato in base al reddito. «La filosofia rimane quella di mettere al primo posto gli spazi riservati a pedoni e ciclisti, e di rendere in questo modo più fruibili le aree del centro città – ha spiegato l’assessore Marchigiani -. Abbiamo puntato su un cambio di rotta deciso rispetto al passato, che deve portare ad un graduale ma significativo cambiamento delle abitudini dei cittadini». Le richieste e le proposte emerse saranno adesso esaminate dagli uffici competenti in vista della stesura definitiva del Piano del Traffico, che passerà anche attraverso la procedura di valutazione ambientale strategica. A giugno partirà l’iter in giunta e in Consiglio, la cui conclusione è prevista in autunno.
(p.p.)
Orti urbani, salute & ambiente, notte bianca
Dalle voci di bilancio ai programmi dei vari
assessorati: oltre ai “maxi temi”, anche altre iniziative
Adesso che il bilancio per il 2012 è scritto, che cosa vogliono fare dei
soldi (e specialmente dei soldi che insperatamente hanno ricevuto in più
rispetto alla dotazione trovata in cassa) gli assessori? Già nota la politica
sociale di Laura Famulari su anziani, giovani, bambini, e lotta allo spreco
alimentare, quello all’Ambiente, Umberto Laureni, ha visto aumentare di 1
milione il “budget” e fra varie altre cose intende avviare «una serie di azioni
per il maggior contenimento dell’inquinamento». A fine maggio è in calendario la
prima «Conferenza sulla salute della città», che dovrà rispondere alla domanda
«come sta Trieste?» valutando condizioni ambientali e di salute. Pianificazione
e casa: Elena Marchigiani ha già molto raccontato dei piani per il futuro,
nell’ottica - sottolinea - «di un cambiamento di rotta che vede un processo di
riorganizzazione degli uffici e degli assessorati in direzione del massimo
coinvolgimento dei cittadini». Oltre al sostanzioso restauro dei rioni, e ad
aver messo in agenda la ripresa della riqualificazione in viale XX Settembre
(area di fronte al Rossetti), il Piano regolatore e quello del traffico,
Marchigiani punta a estendere in città il “sistema degli orti urbani». Che, in
collaborazione con la collega che regge Scuola ed educazione, Antonella Grim,
sarà attivo anche nelle scuole. Grim, che ricorda come «Trieste abbia 17 nidi
per 874 posti, e 29 scuole per l’infanzia per 2500 posti», promette l’apertura
di un nuovo nido e due nuove sezioni di scuola per l’infanzia, di cui una con
insegnamento della lingua slovena, e «progetti educativi di impronta
storico-culturale riferiti alle nostre terre». Ma anche un’estensione ai
giovanissimi delle nozioni scientifiche di cui Trieste abbonda: «I ricreatori
collaboreranno al prossimo “Next, Salone della ricerca scientifica” che si
svolgerà in settembre sul tema delle “Nuove frontiere dell’alimentazione”». Il
Commercio di Elena Pellaschiar aggiunge ai Centri in via la promessa di una
prima “Notte bianca” con musei e negozi aperti di sera in giugno. Fabio Omero,
per i Progetti europei, aprirà un ufficio comunale “dedicato” e un coordinamento
fra le diverse aree dell’amministrazione. Fabiana Martini, che ha anche la
delega alla Comunicazione, progetta una nuova “piattaforma on line” dove i
cittadini possono inviare segnalazioni dirette, affiancata dall’introduzione
degli altri “social network”, e la rete “wi-fi” gratuita in 9 aree della città.
(g. z.)
GREENSTYLE.it - VENERDI', 30 marzo 2012
Cancro ai polmoni per colpa del diesel, lo rivela uno
studio USA
Se andate a vedere una qualsiasi guida del perfetto autista ecologico
scoprirete che al 95% vi si viene consigliato l’uso di motori a diesel.
Difficile, infatti, negare che consumino meno e che producano meno CO2. Le
generazioni moderne poi garantiscono prestazioni del tutto in linea con quelle
dei tradizionali motori a benzina. Eppure, studi ventennali dimostrano come i
motori a gasolio abbiano comunque delle conseguenze estremamente nefaste per
l’ambiente e, soprattutto, per la salute umana.
Già negli anni ’80 l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro aveva
classificato come probabilmente cancerogeno lo smog prodotto dagli scarichi dei
motori diesel. I risultati di ulteriori studi statunitensi permettono di
giungere a conclusioni simili. Sergio Harari, direttore dell’Unità di
pneumologia all’ospedale San Giuseppe di Milano, precisa:
Gli ultimi esiti delle ricerche americane rafforzano i dati di altre analisi
precedenti che documentavano come l’inquinamento atmosferico fosse causa oltre
che di malattie respiratorie e cardiovascolari anche di tumori, e in particolare
di tumori polmonari.
Insomma, come nota lo stesso Prof. Harari, l’effetto dei gas di scarico dei
motori a gasolio sarebbe assimilabile a quello del tabacco, anche se:
Bisogna però ricordare che la prima causa di questo killer è di gran lunga il
fumo di sigaretta, nel nostro Paese sempre più diffuso tra i giovani e fra le
donne. E se si aggiunge che l’azione nociva del tabacco è potenziata dallo smog
è chiaro che smettere di fumare è ancora più fondamentale per chi vive in città
industriali.
Gli studi suddetti sono stati effettuati a partire da lavoratori esposti per
necessità continuamente ai gas di scarico di motori a gasolio. Ad esempio, si
parla di minatori e situazioni “estreme” simili. Eppure, il paragone fra una
miniera e una grande città non appare forzato. Anzi, viene azzardato da uno
degli stessi ricercatori americani:
I risultati delle nostre ricerche sono importanti non sono per chi lavora in
miniera ma anche per l’1,4 milioni di americani e i tre milioni di europei che
quotidianamente devono usare macchinari diesel. E per chi vive in città molto
inquinate, dove l’esposizione ai gas di scarico diesel è simile.
Ma dovremmo sommare, probabilmente, a questa cifra anche i milioni e milioni di
abitanti dislocati nelle inquinatissime metropoli orientali o sudamericane: da
Pechino a Città del Messico, passando per Roma, Parigi e New York, lo smog
promette allora di diventare il prossimo Big Killer. Secondo l’Ocse, infatti, da
qui al 2050 lo smog ucciderà 3,6 milioni di persone ogni anno. Una cifra
spaventosa che fa impallidire gli effetti di guerre o epidemie.
Guido Grassadonio - Fonti: Corriere della Sera
BORA.LA - VENERDI', 30 marzo 2012
Pier Luigi Nimis: in Val Rosandra un vero e proprio
disastro ambientale
L’intervento effettuato in Val Rosandra si configura come
un vero e proprio disastro ambientale. Ricordo che la Valle, oltre ad essere
parte di una Riserva Naturale Regionale, è inserita a nell’area SIC (Sito di
Interesse Comunitario) ‘Carso Triestino e Goriziano’ e nella Zona di Protezione
Speciale ‘Aree carsiche della Venezia Giulia’ ed è pertanto sotto tutela
europea. L’intervento ha completamente distrutto un habitat prioritario: il
bosco ripariale ad ontano nero (Alnus glutinosa),. Questo costituisce una valida
difesa delle rive, tanto che la sua presenza viene considerata una
caratteristica che aumenta notevolmente il valore dell’ Indice di Funzionalità
Fluviale, adottato anche dall’ARPA regionale per monitorare lo stato dei corsi
d’acqua della Regione. La completa scopertura del suolo derivante dal taglio
drastico effettuato in Val Rosandra priverà questo tratto del torrente del suo
presidio forestale, accelerando il disseccamento del suolo e l’erosione delle
rive. L’impatto derivante dalla distruzione di un ambiente unico nel nostro
territorio sulla biodiversità, sia animale che vegetale, sarà elevato: il
drastico intervento ha già modificato il delicato habitat di molti animali
acquatici ed è stato effettuato proprio durante il periodo di nidificazione
degli uccelli. Al di là delle considerazioni ecologiche, l’intervento ha
distrutto un sito esteticamente splendido, un’oasi d’ombra che gli escursionisti
trovavano al ritorno alla fine della passeggiata per gli assolati ghiaioni. Gli
ontani ricresceranno lentamente, ma al posto dello splendido boschetto a
galleria all’imboccatura del sentiero principale della Val Rosandra per almeno
20 anni crescerà un cespuglieto impenetrabile. Lo scriteriato intervento,
effettuato all’insaputa della Commissione Scientifica della Val Rosandra di cui
faccio parte, prescindeva completamente dall’analisi delle funzionalità e dei
servizi ecologici della vegetazione riparia, partendo dall’assunto grossolano
che essa sia qualcosa di dannoso, da eliminare per mettere in sicurezza il
torrente. Il risultato è stato un danno ecologico e paesaggistico difficilmente
rimediabile in tempi brevi.
Pier Luigi Nimis - Professore Ordinario di Botanica - Dipartimento di
Scienze della Vita, Università di Trieste
IL PICCOLO - VENERDI', 30 marzo 2012
Val Rosandra “violata”, strage di alberi - Sotto accusa
l’intervento di pulizia dell’alveo compiuto dalla Protezione civile. Ingenti
danni anche all’avifauna
«Un vero disastro ambientale». «Un intervento scellerato effettuato da persone incompetenti». «Un luogo meraviglioso distrutto per sempre». Sono questi solo alcuni dei commenti e delle invettive esternati da tante persone in merito all’intervento di pulizia dell’alveo del torrente Rosandra effettuato l’ultimo fine settimana dai volontari della Protezione Civile nell’ambito dell’operazione “Alvei puliti”. In Val Rosandra erano convenuti oltre 200 volontari giunti da ben 15 comuni della regione. Un intervento salutato con particolare soddisfazione dall’Amministrazione Comunale di San Dorligo, non altrettanto da decine e decine di escursionisti e cittadini che sono rimasti a bocca aperta di fronte alla radicale manutenzione prodotta. «Siamo stati tra i primi a effettuare un sopralluogo in seguito alle segnalazioni inviateci – spiegano Dario Gasparo, biologo, già professore di economia e gestione ambientale nell’ateneo triestino e Paolo Parmegiani, agronomo. Ciò che abbiamo visto va al di là della peggiore delle ipotesi che ci eravamo fatti. Con particolare riguardo per il tratto del torrente che dal Rifugio Premuda sale per oltre un centinaio di metri addentrandosi nella valle sono stati effettuati dei tagli radicali lungo tutto il letto del fiume e nelle golene (zone di terreno adiacenti il letto di magra di un torrente). Praticamente è stata cancellata la foresta a “galleria” di Salice e Pioppo bianco che, assieme agli Ontani, caratterizzava questa parte del Rosandra. Ci vorranno ben più di trent’anni per ripristinare questo sito». Secondo i due tecnici sono stati abbattuti degli alberi vecchi di almeno quarant’anni, e le modalità di taglio non sarebbero state del tutto ortodosse, con la riduzione della foresta a galleria ripariale che garantiva ombreggiamento e ossigenazione alle specie che vi vivevano. Appare dunque compromessa – secondo Gasparo – la nidificazione di diverse specie di uccelli, tra questi il picchio rosso maggiore, il picchio verde, la ballerina gialla e bianca, il merlo acquaiolo. Problemi pure per i siti riproduttivi degli anfibi, in primis la Rana ridibunta, il cui spazio sarebbe stato completamente distrutto dai camion incaricati di asportare ramaglie e tronchi, passaggio che parrebbe pure responsabile della frantumazione di alcuni gradini in arenaria concretizzati con soldi europei tre anni orsono. «E’ gravissimo ancora – sostengono i due tecnici – che si sia scelto di intervenire nel pieno della stagione riproduttiva dell’avifauna e degli anfibi. Va sottolineato che ci troviamo in una Riserva Comunale e Regionale dove insistono i vincoli comunitari di “Natura 2000”, ovvero le Zone di Protezione Speciale (ZPS) e i Siti di importanza comunitaria (SIC) creati proprio per proteggere la nidificazione degli uccelli”. «Difficile capire tanta urgenza di intervento in un habitat così importante – aggiunge Parmegiani – quando in zona carsica chi intende recuperare antiche attività agricole in zone di vincolo deve sottostare a estenuanti e lunghe procedure per le debite autorizzazioni». Dal Municipio esprime la sua preoccupazione pure Roberto Cosolini che, per capire meglio la situazione, ha mandato ieri in avanscoperta il direttore dei Civici Musei Scientifici Nicola Bressi. La Direzione della Protezione Civile tace, così come il suo assessore regionale Luca Ciriani che era intervenuto di persona in Val Rosandra.
Maurizio Lozei
Domenica protesta sul ponte di legno a mezzogiorno
Verdi, rossi, bianchi, azzurri, neri, no-golbal, anarchici e qualunquisti. Ci sarà un po’ di tutto - perché l’ambientalismo è super-trasversale - alla manifestazione di protesta indetta per domenica proprio in Val Rosandra. Un appuntamento nato come incontro pubblico promosso dal Comitato per la difesa della Val Rosandra, che ha fissato il ritrovo a mezzogiorno sul ponte di legno del torrente Rosandra, attorno al quale tuttavia è presumibile si formerà un capannello dalle dimensioni importanti, considerato il tam-tam sul web. Alla manifestazione hanno aderito sia i grillini del MoVimento 5 stelle sia Italia Nostra.
(pi.ra.)
Il popolo del web: «Che scempio!» - Su facebook e
youtube impazzano video e foto di confronto “prima e dopo”
SAN DORLIGO DELLA VALLE Decine e decine tra segnalazioni, commenti, video e foto della valle “prima e dopo”. Da youtube a facebook, passando per le e-mail e il sito del Piccolo, il popolo degli internauti si scatena. E gli interventi sono durissimi: «È incredibile che qualcuno si sia permesso di distruggere un bene comune come la Val Rosandra, ma chi ha dato i permessi, devono andare in galera», scrive un lettore. «Spero vivamente che diate voce a chi si è scandalizzato di fronte allo scempio», rincara la dose un altro. «Ciriani iera presente, Ciriani devi dimeterse», sentenzia un terzo dal profilo facebook del Piccolo. Ma piovono anche interventi istituzionali. «Non ho difficoltà - tuona il grillino Paolo Menis, consigliere comunale di Trieste - a definire scellerato l’intervento. Tagliare alberi in questa stagione è un’operazione criminale. L'eliminazione degli esemplari più grossi di pioppo bianco e ontano, oltre a comportare un danno ecologico innegabile, rendono anche meno sicuro il corso d’acqua che allo stato attuale si presta ad essere spazzato da una eventuale piena senza nessun trattenimento delle acque e dei fanghi. L’assessore Ciriani deve chiedere scusa, rifondere i danni e togliere il disturbo». Rossano Bibalo, capogruppo Idv-Verdi proprio a San Dorligo, ha depositato a sua volta un’interpellanza, in cui chiede al sindaco Premolin, fra le altre cose, «se all’ufficio di gestione della Riserva risulta che tale operazione poteva essere fatta anche senza alcuna Via» e «quale stato di emergenza e di pericolo pubblico, scientificamente ed oggettivamente provato, giustificava simile intervento». Anche Italia Nostra - scrive la presidente Giulia Giacomich - «si associa alla protesta contro il barbaro abbattimento di alberi e alla devastazione della vegetazione ripariale in Val Rosandra». «Siamo rimasti a dir poco basiti», aggiunge Giorgio Cecco per FareAmbiente, da dove valutano «positivamente in linea generale tale operazione a livello regionale, per l’obiettivo di ridurre il rischio idreologico, ma abbiamo forti perplessità sull’intervento specifico nella provincia triestina».
(pi.ra.)
Caro-benzina? Pazienza I triestini snobbano il bus
Controtendenza rispetto ad altre città. Vendita di
biglietti pluricorse salita del 10% in gennaio e febbraio, ma sono calati nel
contempo gli abbonamenti quindicinali
Lo scorso anno calo totale del 3% malgrado il costo della corsa sia salito solo
dell’1,56%
Paparo: i nostri veicoli sono i più “giovani” d’Italia, in arrivo a giugno 33
nuovi mezzi
Il caro benzina ha fatto cambiare le abitudini degli automobilisti
nelle maggiori città italiane: auto in garage e assalto ai mezzi pubblici o, per
piccoli spostamenti, in bicicletta anche con la pioggia. Questa tendenza ormai è
stata certificata un po’ dappertutto, meno che a Trieste. In molte città, Roma e
Milano in prima fila, si è constatato, negli ultimi mesi del 2011 e nei primi di
quest’anno, un consistente aumento nella vendita di biglietti dei bus e un calo,
del 20 per cento, del consumo della benzina. A Trieste invece le cose sono
andate diversamente, colpa forse dell’”agevolata” concessa dalla Regione. Gli
automobilisti triestini preferiscono ancora la macchina, e non solo nel fine
settimana. Anche se nei primi due mesi di quest’anno qualcosa di diverso è
successo, ma le abitudini non si cambiano da un giorno all’altro. Il dato
positivo che fa pensare a un’inversione di tendenza è l’aumento del 10 per cento
della vendita dei biglietti pluricorse (10 corse al prezzo di 9); nel contempo
però c’è stato un uguale calo degli abbonamenti quindicinali. «Potremmo
definirla una scelta intelligente da parte dei triestini - sottolinea Cosimo
Paparo, amministratore delegato di Trieste Trasporti - che comprano un pacchetto
di corse valevole tutto l’anno per un abbonamento a scadenza. É un aspetto
decisamente positivo, ma il problema resta». Per Paparo, a parte questo aspetto,
l’uso dell’autobus in città rimane sempre al di sotto di un’offerta certamente
di qualità. Basta analizzare i numeri. Nel 2011 sono stati staccati più di
3milioni di biglietti che durano un’ora e oltre 300mila abbonamenti mensili, con
un calo complessivo del 3 per cento sulla vendita del 2010. Questi sono dati
ufficiosi, in corso di rielaborazione, che verranno presentati nel prossimo
Consiglio di amministrazione dell’azienda, ma la tendenza è chiara: l’anno
scorso il triestino del caro benzina se n’è fatta una ragione e ha continuato ad
andare in auto, magari in Slovenia a fare il pieno. E non perchè c’è stato un
aumento del costo dei prezzi - peraltro solo dell’1,56% - che però ha riguardato
esclusivamente gli abbonamenti, non i biglietti. Certe cifre poi, 70 milioni di
passeggeri trasportati nel 2011, sembrano enormi ma che a un’attenta analisi non
lo sono poi così tanto. Il cambiamento, relativo e tutto da verificare, si è
verificato nei primi mesi di quest’anno, nonostante la bora e il freddo di
febbraio abbiano scoraggiato soprattutto gli anziani, a uscire di casa. «Eppure
- aggiunge Cosimo Paparo - il costo del biglietto è competitivo rispetto a molte
altre città. Gli abbonamenti mensili costano meno di un caffè al giorno, 238 per
una linea e 300 mila per l’intera rete». Ma per le casse (più 0,80% di ricavi
nello scorso anno) le noti dolenti arrivano dai “portoghesi” («Chiamiamoli pure
con il loro nome, evasori, - dice Paparo - senza riferimenti a un popolo di
grande dignità»), che secondo una stima dell’azienda sono il 7/8 per cento. A
giugno arriveranno 33 autobus nuovi per una spesa di 9 milioni di euro. «I
nostri mezzi - sottolinea ancora l’amministratore delegato - hanno una vita
media di 4 anni, la più bassa in Italia. Questo perchè ci interessa, oltre alla
comodità, la sicurezza dei passeggeri».
Ferdinando Viola
PIANO DEL TRAFFICO
Oggi alle 18 incontro pubblico in previsione della prossima assemblea dei Rioni di San Giovanni-Cologna sui problemi inerenti il nuovo piano del traffico relativo all’asse viario via Giulia-viale Raffaele Sanzio/Piazzale Gioberti. L’incontro si svolgerà alla sala del Piccolo Centro di aggregazione rionale di via San Cilino 40/2. Si possono lasciare delle comunicazioni sul tema presso l’apposita cassetta della posta.
“Fa’ la cosa giusta” quest’anno punta al turismo
consapevole
I promotori della sostenibilità riuniti a Milano da
oggi a domenica a Milano per la nona edizione dell’evento sul consumo critico e
sugli stili di vita virtuosi
Di necessità virtù, dicevano i latini. E lo ripetono da tempo i promotori
della sostenibilità, da oggi sino a domenica riuniti a Milano alla Fiera del
consumo critico e degli stili di vita virtuosi "Fa’ la cosa giusta!”. Il focus
della nona edizione, organizzata da Terre di Mezzo onlus, è sui viaggi
responsabili e sulle buone pratiche, intese come sostenibili per l'ambiente ma
anche per le nostre tasche. La sezione speciale dedicata al Turismo Consapevole
permette di lasciarsi sedurre da itinerari fuori dal comune e propone percorsi
enogastronomici per scoprire luoghi vicini e lontani attraverso i sapori tipici
dei luoghi. C'è un'intera area al “turismo lento” con escursioni immerse nella
natura a piedi, in bicicletta, a cavallo o a dorso d’asino. Negli stand sono
rappresentati Parchi, riserve naturali, aree protette e luoghi che oltre a
custodire tesori naturali, mantengono vive le tradizioni locali e l’artigianato.
E, visto che i portafogli piangono, affinché il viaggio non sia un privilegio
solo per pochi, non mancheranno proposte low cost per girare il mondo senza
spendere una fortuna, scambiandosi temporaneamente l'alloggio, riscoprendo
luoghi vicini, anche se ancora poco noti, oppure assaporando le gioie di
un'esperienza lenta e a misura d'uomo nelle numerose destinazioni di turismo
responsabile. C'è anche un'area "dinamica, dove sperimentare direttamente
attività e sport praticati nelle diverse destinazioni di viaggio, con tanto di
parete da arrampicata se i più coraggiosi hanno voglia di cimentarsi. Ma la
manifestazione non si esaurisce certo in una sola sezione. Ce ne sono di
dedicare a oggetti di arredo e design in materiale riciclato, prodotti biologici
e a filiera corta, giochi per bimbi che stimolano la loro creatività e fantasia,
modaioli capi di abbigliamento realizzati eticamente, cosmetici naturali che
coniugano bellezza e rispetto per l'ambiente. Tra le nuove sezioni tematiche,
molto interessanti sono certamente quelle dedicate a orti e giardini, con
innovativi sistemi di irrigazione, sementi antiche e biologiche, concimi
naturali, e ai Servizi per la sostenibilità: dalle assicurazioni solidali ai
progetti open source, dai servizi al no profit alle agenzie di comunicazione
green e solidale, dagli investimenti eticamente orientati a tutto ciò che rende
un’azienda attenta all’ambiente e alla qualità del lavoro. Temi insomma di
assoluta attualità ai quali dedicare un bel weekend "conoscitivo". E se dopo
aver visitato la fiera, volete invece dedicarvi sostenibilmente alla scoperta di
una Milano insolita, potrebbe essere carino esplorarla in bici (il Comune di
Milano, presenta in fiera, in un enorme stand nella sezione mobilità
sostenibile, anche il servizio pubblico Bikemi) magari spingendosi verso la zona
del Naviglio della Martesana, dove non c'è una vera e propria pista ciclabile ma
quasi. Il percorso offre degli scorci davvero belli. Dal termine di via Gioia,
si fa un tratto urbano, passando prima sotto viale Monza e poi da via Padova
fino alle periferie esterne, alle campagne e ai vicini comuni. Al rientro, se vi
è venuta fame, potete spostarvi nella zona tra Viale Montenero, via Colletta e
Porta Romana, ricca di localini da aperitivo, ristoranti ed enoteche. Per
rimanere in ambito bio-sostenibile, i posti giusti sono il Risotorante Boutique
Biosapori Regionali e il Bottegas "Filiera Minima", appena aperto. Entrambi
propongono ottimi menù rigorosamente bio.
Cristina Favento
Andarci in treno, bus o bicicletta per non inquinare
“Fa’ la cosa giusta!” (www.falacosagiusta.org),
organizzata a Fieramilanocity (viale Scarampo 14), è aperta oggi fino alle 21,
domani dalle 9 alle 22 e domenica 10-20. Si entra presentando il catalogo (in
vendita all’entrata, 6 euro), mentre una copia del libro "Ho piantato 500.000
alberi" (10 euro) permette l'ingresso in fiera per 2 giorni. Per meno inquinare,
gli organizzatori invitano a raggiungere la fiera in treno (o, se proprio non si
può far a meno dell’auto, con il car sharing o il car pooling) e mezzi pubblici,
magari utilizzando le biciclette del Bike-Mi (www.bikemi.com) del Comune di
Milano. Il ristorante Biosapori Regionali è in via Lattuada 2 (tel. 02-89696028;
www.biosaporiregionali.it), Bottegas Filiera Minima in via Colletta 31, tel.
02-89764376, http://www.bottegas.it/hom.
Acidificazione degli oceani, come cambia l’acqua Il
progetto «Co2 School Lab» è stato presentato ieri all’università di Trieste
IL LABORATORIO VIRTUALE
Studiare, analizzare e conoscere come cambierà l'acqua del mare a causa del
processo di acidificazione degli oceani. Questi sono alcuni degli obiettivi che
si prefigge "e - CO2 School Lab", un progetto di laboratorio virtuale
interattivo ideato per gli studenti delle scuole, presentato ieri all'Università
di Trieste. Ormai è confermato che l'oceano assorbe quasi il 25% delle emissioni
di CO2 immesse nell'atmosfera ogni anno dalle attività umane, riducendo così
l'impatto di questo gas ad effetto serra sul clima. Quando l'anidride carbonica
entra in soluzione nell'acqua di mare, si forma l'acido carbonico. Questo
processo crea la cosiddetta acidificazione degli oceani, rendendo l'acqua del
mare sempre più corrosiva nei confronti di gusci e di scheletri di numerosi
organismi marini, con conseguenze anche sulla riproduzione e sulla fisiologia.
Tali effetti, già rilevati sugli organismi viventi in diverse regioni del mondo,
metteranno a repentaglio, entro alcuni decenni, anche la crescita delle barriere
coralline dei mari tropicali. Di conseguenza questi cambiamenti potranno avere
un impatto pure sulle catene alimentari, sulla biodiversità e sulla pesca. Il
progetto, avviato dal dipartimento di Scienze della Vita dell'Università degli
Studi di Trieste con la collaborazione dell'Università di Gothenburg, ha visto
la luce grazie al sostegno della Fondazione CrTrieste. «Fra gli obiettivi della
Fondazione - ha sottolineato Renzo Piccini, vice presidente del consiglio di
amministrazione della Fondazione CRTrieste - c'è anche lo sviluppo sociale ed
economico del territorio, sostenendo iniziative di rilievo come questa. Un
rapporto già avviato, quello fra Fondazione ed Università». Fulvia Bradassi,
responsabile del progetto scientifico, ha sottolineato dal canto suo
l'importanza ricoperta dalle alghe, in quanto indicatori biologici. «Le alghe -
ha ricordato la docente - sono testimoni fossili di ere geologiche lontane e
riescono a registrare tutti i mutamenti avvenuti». Questa ricerca, che ha avuto
origine proprio nel golfo triestino, si associa ad altri studi effettuati in
altre parti del mondo per approfondire il problema dell'acidificazione del mare.
Il progetto eCO2 School lab propone tre esperimenti in cui si osserva la
reazione biologica delle alghe rosse calcaree (Corallinaceae - Rhodophita) ad
elevata concentrazione di CO2.
Andrea Di Matteo
La Banca etica rimane “regionale” - Le quote non
saranno dismesse. Indecisione sulle quote rosa nei cda
TRIESTE Entra Banca Etica, escono le quote rosa. Altri scossoni alla legge della giunta sul riordino delle partecipate. La legge è stata votata dalla Commissione ma il testo passa all’aula con ulteriori cambiamenti. Banca Etica, l’unica realtà da cui la Regione si sarebbe di fatto tolta e in cui è al momento è presente con 45 mila euro, resta nell’orbita dell’ente. La decisione è stata presa dopo un’audizione in cui sono stati invitati due rappresentanti dell’istituto, Anna Fasano ed Enrico Trevisiol. L’istituto, attivo nel terzo settore, «in questo modo potrà continuare a potenziare anche le finalità istituzionali della Regione – ha commentato Franco Codega (Pd) – la giunta intendeva dismettere la partecipazione ma ha cambiato idea. Siamo soddisfatti». Incerto l’indirizzo che il Consiglio imboccherà rispetto alle quote rosa nei cda, su cui ha espresso dubbi soprattutto Roberto Asquini (Gruppo misto). L’assessore Sandra Savino ha ritirato i propri emendamenti per verificare se quanto disposto dalla legge statale debba essere applicato anche alle società di cui tratta la norma regionale. Ritirato anche l'emendamento Pdl sull'acquisto di quote del Consorzio Friuli Innovazione, che sarà ripresentato in aula. Bocciate le proposte di Alessandro Corazza (Idv) che chiedeva di togliere i benefici aggiuntivi ai componenti dei cda e di ridurre di 15 mila euro il tetto massimo dei compensi. Critico anche Piero Colussi (Cittadini): «Non è stata presa in considerazione la nostra legge sulle nomine ma è stato approvato un emendamento della giunta che conferisce al presidente della Regione il potere di nomina nelle partecipate in via esclusiva e su base fiduciaria».
(g.s.)
SEGNALAZIONI - Rifiuti - Senso civico
Gentili frequentatori del Parco Farneto (Boschetto) le recenti giornate di bora e i soliti cittadini incivili hanno sporcato notevolmente il bosco che quotidianamente percorriamo. Perché aspettare che le istituzioni provvedano alla pulizia e all’asporto di bottiglie, lattine, carte e tanti altri rifiuti abbandonati a margine della via Marchesetti e lungo i vialetti del bosco tra San Luigi e San Giovanni, tanto il Comune si preoccupa solo di tenere pulite le aiuole delle rive. Allora in questo periodo dell’anno prima che il sottobosco diventi troppo fitto muniamoci di guanti e sacchetto di plastica e rimuoviamo le immondizie che incontriamo durante la nostra passeggiata. Non serve asportare quantità industriali, ma se ognuno di noi farà la sua parte forse potremo usufruire di un parco più pulito.
Fabio Bona
IL PICCOLO - GIOVEDI', 29 marzo 2012
«Rigassificatore, vecchi i dati sulla sicurezza» -
Nuova bocciatura degli esperti del Tavolo Tecnico: niente spazi per Siot e
terminal alle Noghere
«Il progetto definitivo del rigassificatore riproduce il Rapporto di sicurezza vecchio, coi serbatoi disegnati ora a destra e ora a sinistra, gli estensori (anonimi) affermano che “progettare impianti di gas naturale (Gnl) in modo da assicurare livelli di rischio generalmente accettati per la vita e la proprietà all’interno e all’esterno del perimetri degli stessi (...) è obiettivo oneroso” e che “lo studio non si prefigge di quantificare i rischi connessi al terminale, né di esaminare in dettaglio i rischi provenienti da fonti esterne». Lo denuncia la ventina di docenti e ricercatori dell’Università di Trieste, dell’Ogs e del Cnr coordinati dalla Uil-Vigili del fuoco che sul progetto definitivo di Gas Natural aveva chiesto un’audizione al Consiglio comunale. Prevista per il 2 aprile, al momento non si farà. «Secondo i capigruppo - spiega Iztok Furlanic, presidente del Consiglio - la lettera con cui il Tavolo tecnico rigassificatore motivava la richiesta di audizione conteneva argomentazioni già più volte trattate in aula, hanno dunque deciso di invitare il “Ttrt” dapprima in commissione, affinché siano illustrate eventuali novità anche in riferimento alle ipotesi di riutilizzo dell’area». Constatato che il Consiglio comunale ha già espresso col voto quattro “no” al rigassificatore, i capigruppo hanno deciso di vederci meglio. Ora incombe l’approvazione del bilancio e non si sa quando la commissione potrà essere messa in agenda. Intanto i professori scoprono che il progetto “definitivo” contiene analisi sulla sicurezza ancora imprecise. Il rapporto, dicono, rimanda appena al «progetto esecutivo l’analisi dei rischi provenienti da fonti esterne». Contestate le distanze dei serbatoi dal confine dello stabilimento: «Si citano fonti Usa che indicano 61 metri, qui la distanza tra serbatoi e recinzione sarebbe di 62. Ma ci si dimentica - scrivono i professori - che la legge Usa in caso di impianti con serbatoi di gas infiammabile di capacità superiore ai 38 metri cubi consiglia una distanza di 1600 metri dalla recinzione dello stabilimento: e a Zaule ne avremmo 280 mila, di metri cubi». Infine, confermano gli esperti che il rigassificatore bloccherebbe «le attività della Siot, del canale navigabile, del Molo VII per 200 giorni all’anno, perché le gasiere devono avere attorno 450 metri di spazio di manovra». Aggiungono i docenti: «Ovviamente il nuovo terminal traghetti Aquilinia-Noghere nascerebbe morto». Allarme anche per il cloro versato in mare e «le centinaia di tonnellate di cloroderivati», per l’abbassamento della temperatura, calcolato, si dice, con misurazioni troppo brevi (18 e 72 ore), mentre «i primi consulenti di Gas Natural (Alatec) avevano prefigurato correttamente il raffreddamento progressivo della baia e il superamento dei limiti di legge, ma sono stati subito sostituiti».
(g. z.)
Vertice romano Terzi-Erjavec su minoranze e
rigassificatori - ITALIA-SLOVENIA
TRIESTE Breve incontro a Roma tra il ministro degli
Esteri, Giulio Terzi di Sant’Agata e il suo omologo sloveno Karl Erjavec in
occasione dell’inaugurazione di una mostra dedicata ai 20 anni di indipendenza
della Slovenia alla Farnesina. I due ministri non si sono confrontati nello
specifico dei temi bilaterali ancora aperti demandando il tutto alla prossima
riunione della commissione mista interministeriale. Erjavec, comunque, ha
sollevato a Terzi i gravi problemi economici in cui si sta dibattendo il
quotidiano triestino della minoranza slovena Primorski Dnevnik. Il responsabile
della Farnesina si è impegnato ad affrontare la questione per trovare una
soluzione. Sempre Erjavec ha sollevato anche la questione relativa alla
costruzione dei rigassificatori nel Golfo di Trieste, la restituzione dei quadri
trafugati alla Slovenia dall’Italia prima e durante la Seconda Guerra mondiale e
il finanziamento delle rispettive minoranze. Terzi si è impegnato a prestare la
massima attenzione ai temi relativi al finanziamento delle minoranze ma a
riguardo dei rigassificatori ha demandato l’intero dossier al ministro
dell’Ambiente Corrado Clini. Il quale ha peraltro annunciato lo svolgimento a
breve di un summit sul tema con tutti i soggetti interessati compresa Lubiana e
Zagabria. Erjavec si è detto favorevole a questo confronto ma ha altresì
ribadito con fermezza la contrarietà della Slovenia alla costruzione dei
rigassificatori, posizione questa, ha detto Erjavec, pienamente in linea con
quanto espresso da Comune e Provincia di Trieste. I due ministri hanno anche
esaminato una strategia comune di Slovenia e Italia nell’ambito comunitario. I
due non si sono sottratti a un confronto sulla crisi economica globale ed
Erjavec ha illustrato a Terzi la manovra per il rientro di bilancio varata dal
governo di Lubiana, una manovra lacrime e sangue che ha trovato in Slovenia una
ferma opposizione dei sindacati.
Mauro Manzin
«No alla vivisezione Ateneo, va chiuso lo stabulario»
«È necessario intervenire urgentemente affinché venga
siglato un protocollo d'intesa tra Regione e ministero dell'Università e Ricerca
per sospendere ogni attività di vivisezione in Friuli Venezia Giulia e procedere
alla chiusura dello stabulario dell'Ateneo triestino e di tutti i laboratori di
ricerca degli altri Atenei regionali dove si pratica la vivisezione: la ricerca
scientifica ha dimostrato che la sperimentazione su animali non è attendibile
per la specie umana». A chiederlo con un'interrogazione al presidente della
Regione è il consigliere regionale Piero Tononi. L’esponente Pdl fa riferimento
a quanto sostenuto dal Medical research modernization committee - ovvero che la
sperimentazione animale è un metodo di investigazione delle dinamiche delle
malattie umane per sua stessa natura fallace, e al fatto che le facoltà
universitarie scientifiche praticano la vivisezione anche su animali di
affezione come cani, gatti e conigli - per sostenere che sarebbe opportuno
considerare, dopo la chiusura dello stabulario dell'Università, la possibilità
di riconvertirlo in un «centro di ricerca dove l'osservazione clinica venga
fatta su malati umani».
Ferrovie, la nostra marginalità causata dai tagli alla
cieca - INTERVENTO DI LUIGI BIANCHI
L’isolamento del Friuli Venezia Giulia e la marginalità
dell’Italia rispetto all’Europa non sono una costante, ma hanno una precisa
origine. Già dal 1970, quando le FS si dotarono di un servizio commerciale
orientato al mercato, il cargo ferroviario nazionale e regionale era ben
inserito nelle dinamiche dei traffici continentali, le relazioni merci erano
soprattutto a livello europeo per servire la parte più industrializzata del
paese. In tale quadro il Fvg era lo snodo essenziale per i traffici
nordorientali con i tre transiti (Tarvisio, Gorizia e Trieste-Opicina) e i tre
porti (Trieste, Monfalcone e Porto Nogaro), non tanto per il servizio
produzione, quanto per il ruolo commerciale della regione ben inserita nei
traffici extracomunitari che comportavano una professionalità specifica sotto
l’aspetto doganale, linguistico e delle tariffe dirette internazionali:
Trieste-Opicina rappresentava la scuola, fucina di professionalità commerciali,
a cui attingevano, direzione centrale e rappresentanze commerciali all’estero
prima ancora che le sedi locali: l’agenzia doganale di Trieste-Opicina, come
quella di Milano Farini, era uno strumento essenziale per l’acquisizione dei
traffici orientali non comunitari, più che scuola università per la formazione
di quadri commerciali. Con la gestione Cimoli, che mette al vertice del settore
merci un professore inviato da Genova (ministro Burlando), inizia la demolizione
del servizio commerciale che porta progressivamente a ridimensionare la rete di
vendita per arrivare all’attuale completo accentramento totale (artefici
Matteoli, Tremonti e Moretti), sempre più lontano dalla clientela reale e
potenziale, con il risultato del pratico fallimento di Trenitalia, che pretende
addirittura di trasportare esclusivamente i treni completi. Isolamento e
marginalità sono la conseguenza di un’autolesionistica impostazione che si
illude di risanare tagliando sia produzione che commerciale, ignorando le più
elementari regole del traffico continentale e delle problematiche della
logistica europea. A farne le spese non è purtroppo solo il Friuli Venezia
Giulia ma tutto il paese. “Trieste–Divaccia, 5 anni per i progetti”. “Terza
corsia A4, il silenzio delle banche”. I due articoli comparsi domenica 11 marzo
sul Piccolo non potevano meglio sintetizzare il fallimento della giunta Tondo
nella politica dei trasporti della regione. Sotto un preteso pragmatismo nella
realizzazione delle infrastrutture, si è celato l’abbandono del lavoro impostato
dalla giunta Illy per la promozione di mobilità e logistica in una visione
europea. Sono attribuibili infatti alla gestione Riccardi: la resa alla Regione
Veneto nella realizzazione del corridoio transpadano affiancato all’autostrada
che avrebbe comportato consistenti economie (il Fvg è rimasto in silenzio anche
di fronte alla singolare pretesa di ottenere il percorso balneare); la rinuncia
a Trieste stazione passante della stessa Transpadana per il collegamento con la
Slovenia; l’individuazione di Udine come unico centro regionale delle relazioni
nazionali e internazionali, contro l’esigenza di collegamenti transfrontalieri
attraverso i tre transiti di Tarvisio, Gorizia e Trieste Opicina nell’area
metropolitana che investe i centri di Austria e Slovenia; l’abbandono della gara
unica gomma–rotaia per il servizio regionale viaggiatori, in contrasto con
l’esigenza dell’integrazione che rende competitivo il trasporto collettivo; il
boicottaggio dell’impresa commerciale Alpe Adria con esperienza ventennale nella
promozione del traffico merci a livello continentale, per favorire un’impresa di
produzione, nata per la gestione dei raccordi industriali, con una dimensione
regionale. “Se non si legano insieme in un disegno coerente le azioni, volte a
fornire nell’immediato servizi apprezzabili e offerte credibili, con l’attività
per gli adeguamenti infrastrutturali a breve e a medio termine, non si dà tutto
il sostegno necessario a un’opera (come la Transpadana) che rientra nei grandi
disegni strategici di respiro europeo e che è di vitale importanza per tutta
l’economia nazionale, come insostituibile strumento per la salvaguardia e lo
sviluppo dei traffici a sud delle Alpi”. Il messaggio risale al luglio del 2000.
La giunta Tondo si è incaricata di disattenderlo: isolamento della regione dal
Paese e dall’Europa per il servizio viaggiatori e duro colpo alla competitività
del servizio merci internazionale che è sempre stato il punto di forza del
Friuli Venezia Giulia.
Presentazione progetto in boschetto
Oggi alle 17.30 in via San Cilino 40/2, alla sala centro di aggregazione rionale Proloco presentazione del progetto di tutela partecipata di un bene comune cittadino per un futuro di città sostenibile “Il Boschetto”.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 28 marzo 2012
Piano traffico Ultimo incontro in circoscrizione
Quinto e ultimo appuntamento del ciclo d’incontri nelle
Circoscrizioni per la fase di consultazione sul Piano generale del Traffico, la
cui bozza è stata approvata dalla giunta municipale il 6 febbraio scorso e
dovrebbe concludere il proprio iter con l’approvazione definitiva entro qualche
mese. Questa sera appuntamento alle 19.30, con la Quinta Circoscrizione in via
Caprin 18/1. Parteciperanno al confronto l’assessore comunale ai lavori pubblici
Elena Marchigiani e il mobility manager Giulio Bernetti.
Bruni: «Teseco ci propose di restituire altri terreni»
Ro-ro all’ex Aquila: il presidente dell’Ezit sentito
dal Tribunale civile sul ricorso proposto da Samer, rappresentato in aula da
Maurizio Maresca al posto del figlio
L’azienda contro la quale è stata avviata l’azione legale ha scelto di esporre
pubblicamente le proprie ragioni solo dopo la decisione del giudice
Entro pochi giorni - questa almeno è la speranza di tutti gli attori
coinvolti, oltre che dei vertici delle istituzioni cittadine-, il Tribunale
deciderà se accogliere o meno il ricorso della Samer & c. Shipping srl contro la
Teseco per la questione del terminal traghetti all'ex Aquila. Durante l'udienza
di lunedì pomeriggio, il presidente della sezione Civile del Tribunale di
Trieste, Giovanni Sansone, ha ascoltato tutte le parti in causa, chiedendo
delucidazioni anche ai diretti interessati e riservandosi di decidere. Chi si
aspettava un passaggio formale e un rinvio ad altra data è stato smentito dai
fatti: pare ci sia la volontà di arrivare subito alla fine del primo capitolo
della vicenda, mentre salta fuori che Teseco aveva offerto all'Ezit terreni
diversi, in cambio di quelli stabiliti dall'Accordo di programma per la
bonifica. Violazione delle leggi in materia di aiuti di Stato e concorrenza
sleale. Con queste motivazioni la Samer & c. Shipping si è presentata in
Tribunale contro la Teseco, chiedendo al giudice di impedire alla stessa società
di disporre dei terreni ex Aquila e di invitare Ezit e Autorità portuale a non
firmare concessioni e autorizzazioni che consentano a Teseco di svolgere
attività economiche in quell'area. Tutto ciò perché la stessa Teseco avrebbe
offerto alla società guidata da Enrico Samer i terreni (ancora da bonificare) a
187 euro al metro quadrato, mentre l'Accordo di programma firmato – e ormai
scaduto – con la Regione prevedeva che li restituisse all'Ezit bonificati e con
un prezzo compreso tra i 25 e i 30 euro, dopo averli pagati 1 euro al metro
quadrato proprio con la promessa di ripulirli dall'inquinamento accumulato nel
corso dei decenni dall'ex raffineria. Tesi non accettata dalla Teseco, che però
ha scelto di non divulgare le proprie ragioni se non dopo la decisione del
giudice. A quest'ultimo ha invece raccontato tutto l'ingegner Stefano Vendrame,
direttore dell'Area nordest della società toscana, sentito lunedì assieme ad un
funzionario dell'Autorità portuale, a Enrico Samer (che però non è intervenuto
direttamente lasciando parlare il suo legale) e al presidente dell'Ezit, Dario
Bruni. «Ho esposto i fatti, ciò che è successo in questi anni. L'Accordo di
programma che prevedeva la bonifica è scaduto e noi non abbiamo ricevuto
indietro il terreno (circa 200mila metri quadrati, ndr) – racconta Bruni - ma
Teseco ci ha proposto di sostituirlo con altri terreni di sua proprietà. È
nostro interesse che il terminal ro-ro si faccia, ma io non posso modificare in
maniera autonoma quanto stabilito dall'Accordo di programma scaduto nel 2010. È
la Regione, in questo caso, che comanda. Ad ogni modo mi auguro che tutto si
risolva positivamente e se qualcuno ha commesso qualche scorrettezza, noi ci
affidiamo alla magistratura nella quale abbiamo grande fiducia». Una curiosità
“tecnica”: non era presente all'udienza di lunedì l'avvocato che ha presentato
il ricorso per conto della Samer Shipping, Davide Maresca. È stato infatti
sostituito dal padre, Maurizio Maresca (già presidente dell'Autorità portuale di
Trieste e oggi nel consiglio di amministrazione di Trieste terminal passeggeri
per conto della Cordata Unicredit-Costa), perché convalescente da un intervento
chirurgico.
di Riccardo Coretti
IL PICCOLO - MARTEDI', 27 marzo 2012
L’Arpa “vieta” i telefonini ai bambini - Il
suggerimento precauzionale dell’Agenzia ai genitori. Check up sull’ambiente:
rumore, radon e legionella tra i pericoli
TRIESTE All’Arpa lavorano tecnici ambientali e non medici.
Non c’è un nuovo studio che confermi la nocività dei cellulari. Ma, questione di
prevenzione, è meglio che i bambini, il telefonino, lo maneggino solo nella
versione giocattolo. Tra gli avvertimenti del Rapporto sullo stato dell’ambiente
del Friuli Venezia Giulia, illustrato ieri a Udine dal direttore dell’Agenzia
Lionello Barbina e dall’assessore all’Ambiente Luca Ciriani, c’è l’esplicito
invito a limitare l’utilizzo della telefonia mobile da parte dei bambini. I
piani ambientali Una precauzione come altre suggerite dal Rapporto dell’Arpa. Un
documento «strategico», sottolinea Ciriani insistendo sulle parole chiave
«monitoraggio, prevenzione e lavoro in rete». «Si tratta di calare questi
principi a livello legislativo, uniformando le nostre norme ai più evoluti
criteri europei: lo abbiamo fatto con i Piani dell'aria e dell'acqua,
quest’ultimo atteso da decenni in regione, e con quello sullo sghiaiamento dei
fiumi e delle attività estrattive. Con il Piano di gestione dei rifiuti urbani e
le norme in materia di energia e carburanti innoveremo anche altri due settori
cruciali». I nuovi rischi Tra le emergenze «consolidate», lo studio dell’Arpa,
con la precisazione del direttore Barbina che si tratta «non di giudizi di
merito ma di focalizzare l’attenzione su una serie di trend da tenere sotto
osservazione», mette in luce pure rischi nuovi: rumore, campi elettromagnetici,
sistema di gestione dei farmaci come rifiuti, diffusione della legionella negli
impianti di climatizzazione, di radon nei luoghi pubblici e nelle abitazioni, di
mercurio nelle acque. Suggerimenti Una situazione, quella dell’ambiente Fvg, che
è buona ma potrebbe essere migliorata con piccoli accorgimenti. Per esempio,
cellulari a parte, evitando di mangiare esageratamente pesce in stato di
gravidanza, riducendo il riscaldamento a legna e monitorando le concentrazioni
di radon. Diecimila misurazioni Sul radon, nel Rapporto, c’è un capitolo
specifico sulle 10mila misurazioni Arpa in oltre 1500 edifici, sia pubblici che
privati, con 60 accertamenti di superamento dei livelli di legge. In tutti i
casi l’Agenzia ha effettuato sopralluoghi e fornito indicazioni utili per gli
interventi di rimedio: il 60% delle abitazioni “infette” è già stato risanato.
Acqua Nella fotografia, che segnala anche l’incremento della temperatura media
in Fvg di 0,7 gradi negli ultimi vent’anni, si evidenzia la buona salute
dell’acqua: viene considerata criticità solo la presenza di nitrati rilasciati
in agricoltura nelle acque sotterranee e nelle risorgive, mentre sulla storica
contaminazione da mercurio in laguna non si registrano superamenti degli
standard ambientali di riferimento europeo e concentrazioni significative se non
nei grandi pesci predatori pelagici. Terra e aria In un Fvg ad altissima
biodiversità (70 habitat tutelati, 92 specie animali e 22 vegetali di interesse
comunitario), anche la voce terra non preoccupa più di tanto. Tra i rischi
quello della compattazione, dovuto alle macchine agricole, ma anche
all'urbanizzazione. Il terzo macroambiente, quello dell’aria, è invece il più
critico: nonostante il miglioramento tecnologico riguardante le emissioni
industriali e l'autotrazione, la qualità dell'aria non migliora. Rifiuti Anche
sul tema rifiuti la regione mostra alti e bassi: è una tra le più "riciclone" se
si considerano le province di Udine e Pordenone, ma paga le scarsissime
percentuali (20% circa) di differenziata conferita dalla provincia di Trieste.
Nel 2010 sono state prodotte circa 3 tonnellate di rifiuti per ogni abitante (la
metà della media europea) e 482 kg/abitante di rifiuti urbani (la media italiana
è di 541), per il 52% raccolti in modo differenziato, ma ben 78 comuni su 218
non raggiungono l’obiettivo fissato nel 2008 pari al 45%. Energia Tra i temi
emergenti, l'Arpa segnala infine l'importanza di monitorare i potenziali effetti
negativi di un generalizzato e indiscriminato incremento dei sistemi alternativi
di approvvigionamento dell'energia elettrica, in particolare per via
idroelettrica e con biomassa.
Marco Ballico
ARPA - LE CRITICITÀ
1 L’Inquinamento DELL’ARIA E DELL’ACQUA IL PRIMO È DOVUTO
ANCHE ALL’ECCESSO DI COMBUSTIONE DI LEGNA DOMESTICA IL SECONDO DALLA PRESENZA
DEI NITRATI UTILIZZATI IN AGRICOLTURA 2 il pericolo campi elettromagnetici
L’AGENZIA REGIONALE PER L’AMBIENTE CONSIGLIA CALDAMENTE AI GENITORI DI RIDURRE
L’UTILIZZO DEI TELEFONI CELLULARI DA PARTE DEI BAMBINI 3 l’allarme radon e la
legionella SU 10MILA MISURAZIONI DI RADON SI SONO RILEVATI 60 SFORAMENTI I CASI
DI LEGIONELLA SONO LEGATI ALL’AUMENTO DEI CONDIZIONATORI
SEGNALAZIONI - Riqualificazione - Ama via Giulia
È stata presentata al Comune di Trieste, rivolta al sindaco Roberto Cosolini, la petizione “Ama via Giulia”, affinché non si dia corso all’ipotizzata sua riqualificazione. Sono stati allegati un documento (sottoscritto finora da oltre 700 persone) ed un dvd contenente due brevi filmati realizzati nella via stessa. Pur esprimendo contrarietà, dell’ipotesi si apprezza la ricerca di miglioramento della sicurezza per i pedoni, si lamenta viceversa una lettura dell’esistente migliorabile e soprattutto ampliabile ad altri aspetti (multidisciplinari) si esprime infatti dispiacere nel vedere la realtà rionale trascurata, le sue dinamiche inosservate ed in futuro assoggettate a logiche meramente “trasportistiche”: stupisce in tal senso anche il vedere l’uso di misure cosiddette di traffic calming per una volta usate in favore di chi il rione lo debba attraversare (seppure su un mezzo pubblico) invece di chi vi risiede o vi lavora. Si ritiene che i problemi siano anche altri, ad esempio l’ipotesi non fa cenno agli allagamenti che periodicamente interessano la via, e temiamo che quelle proposte non siano soluzioni efficaci, corsia preferenziale centrale in primis. Della perdita dei parcheggi preoccupa sia il fatto in sé, che andrebbe a gravare economicamente e direttamente sui residenti, sia le sue conseguenze, qualora i negozi con le loro vetrine fronte strada finissero con il chiudere o lo spostarsi altrove, interrompendo qui la loro funzione di contributo “implicito” alla sicurezza, oltreché di socializzazione. Si chiede quindi al sindaco di non dar corso ai lavori e di convocare il già annunciato incontro aperto alla più grande partecipazione della cittadinanza, dato che il Piano urbano del traffico (Pgtu) questi lavori li prevede e le ruspe sono già in azione. Le firme si raccolgono ancora, invito i cittadini interessati ad aderire.
Lorenzo Tommasoni
IL PICCOLO - LUNEDI', 26 marzo 2012
Via al “parco eolico” nella zona di Spalato Servirà
30mila utenti
Altri impianti si stanno già progettando in tutta la
Dalmazia La Croazia deve adeguarsi all’Ue sull’energia rinnovabile
SPALATO È cominciata nei giorni scorsi la costruzione del primo parco eolico
nella Regione spalatino – dalmata, in zona Jelinak, a una manciata di chilometri
dalla città di Diocleziano. I lavori vengono eseguiti dall’ impresa spagnola
Acciona Energia, con gli aerogeneratori – 20 per l’ esattezza – che avranno una
potenza installata di 30 megawatt. Da quanto comunicato, le torri avranno
ciascuna una potenza di 1,5 kilowatt e produrranno annualmente 81 milioni di
kilowattore. È quanto basterà a coprire i consumi di 30 mila utenze private con
energia che andrà a sostituire, è stato calcolato, 48 mila barili di petrolio.
Non è stato comunicato l’ ammontare dell’ investimento, ma stando ai dati
diffusi alcuni mesi fa si tratterebbe di circa 45 milioni di euro. I lavori
edili dovrebbero concludersi entro la fine del 2012, secondo quanto comunicato
dall’ Acciona Energia, che pianifica la costruzione di altri impianti eolici
nelle località dalmate di Boraja, Cemernica e Opor. In questo momento è in corso
l’ ottenimento della licenza d’uso della superficie, con i parchi che dovrebbero
essere realizzati intorno al 2017. La Croazia è un Paese che ha grosse
potenzialità nel settore dell’ energia rinnovabile, purtroppo non sfruttate. Ma
Zagabria, entrando il primo luglio 2013 nell’ Unione europea, dovrà adeguarsi
alle normative comunitarie in materia di energia ricavata da acque, sole, vento
e geotermia. In questo momento in Croazia l’ energia rinnovabile incide soltanto
nella misura del 2 per cento sul totale dei consumi, mentre si sa che l’ Europa
unita si è impegnata a far sì che entro il 2020 tale percentuale sia portata a
20 punti. Da rilevare inoltre che la contea di Spalato è quella che meglio ha
pianificato la presenza di impianti eolici e fotovoltaici. In base al piano
regolatore regionale, sono 25 i siti in cui dovrebbero sorgere impianti
produttori di energia elettrica grazie al vento. Ad essi si aggiungeranno due
centrali fotovoltaiche. Per tutte queste strutture già esiste l’interesse degli
investitori, soprattutto esteri. Lo ha confermato il presidente della Regione,
Ante Sanader.
Andrea Marsanich
RACCOLTA FIRME “L’Italia sono anch’io”: Fvg al prim o posto
Il Friuli Venezia Italia è al p’rimo posto a livello
nazionale nella raccolta firme della campagna “ l’Italia sono anch’io“. Questo è
quanto emerge dal comunicato rilasciato dagli organizzatori della campagna a
livello nazionale, promossa dall’ Acli, l’Arci, la Caritas italiana, la Cgil,
Libera , la Fondazione Migrantes.
PROTEZIONE CIVILE - Prima esercitazione di “Alvei puliti”
Si è concluso ieri come previsto il primo fine settimana
di "Alvei Puliti 2012", la grande esercitazione della Protezione Civile
regionale che ha visto coinvolti oltre duemila volontari nella rimozione della
vegetazione infestante dai letti di diversi corsi d'acqua su tutto il territorio
del Friuli Venezia Giulia. Grande soddisfazione è stata espressa dal
vicepresidente dellaRegione e assessore alla Protezione Civile, Luca Ciriani,
che ha seguito da vicino l'operato dei volontari a Pordenone, a Ronchis, a
Caneva di Sacile.
Volontari al lavoro, Breg ripulito dai rifiuti
Oltre 100 metri cubi di rifiuti raccolti da oltre 250 volontari impegnati su tutto il territorio del “Breg”, dove sono state individuate diverse discariche. Più di un centinaio di addetti della Protezione Civile seguiti dal direttore regionale Guglielmo Berlasso e dal vicepresidente della Regione Luca Ciriani, con elicottero al seguito, al lavoro per ripulire argini e alveo del Torrente Rosandra. Si è svolta così nel fine settimana la massiccia bonifica a San Dorligo della Valle-Dolina nell'ambito dell'iniziativa “Puliamo il mondo - Clean up the World”. Ad aprile una ditta sarà impegnata in ulteriori lavori di riassetto del letto del torrente Rosandra e di due altri corsi d'acqua di Dolina e Puglie di Domio, lavori finanziati per circa 800mila euro dalla Regione. «Giornata memorabile», commenta il sindaco di Dolina Fulvia Premolin: «Dal primo mattino i volontari delle nostre frazioni, dodici borgate in totale, avevano iniziato la raccolta di rifiuti e immondizie in siti preindividuati». I volontari hanno raccolto bottiglie, lattine, carte e tanti altri rifiuti abbandonati lungo strade e scarpate, viottoli e aiuole: tra Prebenico e Dolina si sono trovati di fronte a almeno due discariche. I rifiuti sono stati accumulati in più punti per facilitarne lo smaltimento in diverse tornate. «Tra i 250 e i 300 residenti hanno partecipato alla pulizia - afferma Premolin – accanto a diversi escursionisti, tutti accomunati da senso civico, entusiasmo e dedizione all’ambiente. Un plauso e ringraziamenti – aggiunge Premolin – alla Protezione civile, che con spiegamento di forze imponente ha condotto lungo il Rosandra lavori di pulizia e riassetto radicali».
Maurizio Lozei
La Regione non deve dismettere la sua quota in Banca Etica - L’INTERVENTO DI PAOLO GIURCO
(coordinatore dei soci di Trieste e Gorizia, a nome dei
1138 soci del Fvg di Banca popolare Etica)
Egregio presidente Tondo, ancora una volta alcune notizie apparse sulla
stampa e alcuni “rumors” provenienti dai palazzi della politica hanno
evidenziato la volontà della Sua giunta di procedere alla dismissione delle 833
quote di Banca popolare Etica di proprietà regionale, nel quadro del riordino
della partecipazione della Regione Friuli Venezia Giulia a società di capitali.
Come forse saprà, essendo stato lei assessore durante la giunta Antonione che
deliberò in questo senso, la partecipazione della Regione al capitale sociale di
Banca Etica risale al 1998 e in quella occasione, la Regione si era dimostrata
particolarmente coraggiosa, lungimirante e propositiva nella decisione di
acquistare 1000 quote (pari a 100 milioni di lire), della neo costituita Società
Cooperativa Verso la Banca Etica, che stava muovendo i suoi primi passi
nell’inesplorato settore della finanza etica. Da allora, anche per l’adesione e
la fiducia concessa da circa 400 enti locali e 36.000 soci, Banca popolare Etica
è riuscita a crescere, consolidarsi, assumere un ruolo innovativo e fondamentale
nel quadro della politica creditizia in Italia, senza mai venir meno ai suoi
valori di trasparenza, solidarietà, privilegiando progetti di crescita
sostenibile nel rispetto dell’ambiente e della dignità dei lavoratori.
Attualmente, sono socie di Banca Etica le Regioni Piemonte, Valle d’Aosta,
Emilia Romagna, Toscana, Marche, Lazio e Calabria, 54 Province, 324 Comuni. Nel
Friuli Venezia Giulia sono socie le Provincie di Trieste e di Gorizia e i Comuni
di Trieste, Udine, Cormons, San Vito al Tagliamento e Trasaghis. Per tutti
questi Enti locali l’acquisto delle quote si è rivelato un investimento, sia per
il valore sociale che producono grazie ai finanziamenti concessi ai settori meno
garantiti e più deboli dell’economia, sia dal punto di vista finanziario: il
valore della quota di Banca Etica non si è svalutato, come tanti “prodotti
derivati” che hanno infestato anche la finanza pubblica, ma ha aumentato il suo
valore, raggiungendo ora i 55,50 euro. Ma è forse dalle realtà finanziate nel
territorio regionale, tutte verificabili sul sito www.bancaetica.com, che meglio
si può cogliere la valenza strategica di questa partecipazione bancaria, capace
di moltiplicare, in tempi di riduzione delle risorse pubbliche a favore del
terzo settore, del mondo dell’associazionismo e del volontariato, le opportunità
di credito e costituire un volano virtuoso verso un’economia reale e non
finanziaria. In questo senso, possiamo affermare che, anche grazie ai 46.231
euro di capitale sociale della Regione, Banca Etica ha potuto aprire la sua
filiale regionale a Trieste, nel novembre 2011. In questi primissimi mesi
l’attività è stata travolgente: quasi 20 milioni di raccolta, 6,5 milioni di
impieghi finanziari sul territorio regionale, mentre i soci hanno raggiunto
quota 1.138, per un capitale sociale di 850 mila euro. Sul fronte del credito è
continuato il sostegno all’acquisto della prima casa, con tassi sui mutui
rimasti quasi inalterati quando invece il sistema ha riversato sui clienti la
propria crisi. Alla fine, presidente Tondo, lei si chiederà: ma che cosa
comporterebbe una dismissione delle quote di Banca Etica, visto che le cose sono
ormai così ben avviate? Dismettere capitale sociale significherebbe diminuire
quel denaro che si trasforma in attività economiche ma anche in relazioni, in
solidarietà, in welfare. Significherebbe ridurre la possibilità di dare credito
al territorio di almeno 500 mila euro, considerando il nostro “moltiplicatore
12”, ovvero il rapporto tra capitale sociale di garanzia e finanziamenti
erogabili. Significherebbe soprattutto andare in controtendenza rispetto
all’entusiasmo, al favore che ci viene concesso da tante persone che credono in
nuovi modelli di sviluppo. E allora sì che, a fronte di un poco significativo
rientro economico, la dismissione delle quote avrebbe un impatto “Politico”
fortemente negativo sul mondo del volontariato, della cooperazione, del terzo
settore ma anche di tanti soggetti privati. Crediamo, presidente Tondo, che
negli anni, e soprattutto in questi ultimi anni, non siano certo venuti meno i
principi e le idealità che hanno motivato la Regione a partecipare al capitale
sociale di Banca Etica. Nella speranza che il nostro appello venga accolto, da
lei personalmente e da tutte le componenti politiche presenti in Consiglio, le
confermiamo la disponibilità per un incontro e per una convocazione in sede di
commissione. Grazie per l’attenzione.
IL PICCOLO - DOMENICA, 25 marzo 2012
Deutsche Bahn rafforza il suo impegno - Le Ferrovie
tedesche aumentano i collegamenti con auto al seguito da e per città come
Berlino e Dusseldorf
Se Trenitalia isola la nostra città dal resto d’Italia, Deutsche Bahn, gestore delle ferrovie tedesche, decide invece di rafforzare i collegamenti su rotaia che collegano la Germania con Trieste. Lo fa aumentando il servizio Autozug che permette di viaggiare su rotaia anche con auto o moto a seguito. Le tratte che allacciano Trieste a Berlino, Dusseldorf, Hamburg e Hildesheim avverranno in alcuni casi con maggior frequenza e in altri per un periodo annuale più esteso. Un esempio. Lo scorso anno il collegamento Berlino - Trieste aveva frequenza settimanale e veniva attivato da giugno a settembre. Quest’anno Deutsche Bahn ha deciso si attivarlo da aprile a ottobre e con frequenza bisettimanale. Da Berlino si partirà alla volta di Trieste il mercoledì e il venerdì, mentre dalla nostra città si potrà salire in treno alla volta della capitale tedesca il giovedì e il sabato. Ampliati nei mesi di aprile e ottobre anche i collegamenti con Dusseldorf che nel 2011 erano programmati solo da maggio a settembre. E all’orizzonte c’è pure un’ulteriore possibilità che Deutsche Bahn sta vagliando proprio in questi giorni. «I lavori, già programmati da tempo, che stanno interessando il Brennero - specifica Alessandro Millevoi, direttore amministrativo e tecnico della Fratelli Cosulich, unico punto vendita regionale dei biglietti per questo servizio delle ferrovie tedesche – da giugno non permetteranno per un periodo i collegamenti tra la Germania e Verona e Bolzano. Si sta valutando quindi se dirottare su Trieste anche il traffico ora è diretto a Verona». Dalla Germania i posti sui treni che permettono di imbarcare automobili e moto sono già prenotati da mesi. Per molti tedeschi è ormai una prassi raggiungere Trieste in treno con un mezzo a seguito per poi muoversi in regione o alla volta di Slovenia e Croazia. Lo stesso servizio in partenza da Trieste alla volta della Germania ha subito un sostanzioso incremento lo scorso anno. Questo grazie ad una campagna pubblicitaria di Deutsche Bahn. Assente invece un supporto da parte della stazione ferroviaria di piazza della Libertà dove non sono ci sono né orari né indicazioni che segnalino il servizio. Tra i triestini che finora hanno optato per "Autozug", ci sono molti i motociclisti scesi ad Amburgo per dirigersi poi in Scandinavia o Svezia o per fare un tour della Germania. I prezzi variano a seconda della destinazione, del periodo e della grandezza della macchina Chi è interessato deve rivolgersi direttamente alla Fratelli Cosulich. «Prima della partenza – spiega Giuseppe Demartis, responsabile vendite dell’agenzia - un addetto delle DB attende i passeggeri al binario 1 e li accompagna anche nell’eventuale pratica di carico di automobile o moto». A Milano e Verona le ferrovie tedesche hanno aperto anche un punto informazioni nella stazione centrale. Un investimento che in futuro, visto l’incremento dei collegamenti con la nostra città, potrebbe avvenire anche a Trieste.
Laura Tonero
Cibo ai cinghiali l’Enpa non approva: divieto
“incongruo”
TRIESTE Le strategie da adottare nei confronti dei cinghiali non vedono d’accordo Provincia e Ente protezione animali. L’Enpa infatti ha dichiarato la sua indisponibilità a partecipare alla realizzazione di un manifesto informativo che invita a non dare cibo ai cinghiali in quanto - come dice il presidente Gianfranco Urso - sollecitata da molti soci e cittadini che non sono d’accordo con l’imposizione di non dare alimenti agli animali, soprattutto nei periodi di freddo e gelo. «In particolare per i cinghiali - dice Urso in una lettera inviata alla presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat al vice Igor Dolenc - vogliamo ribadire l’incongruità di vietare, ovunque, la distribuzione di cibo mentre questa pratica è consentita ai cacciatori, anche a ridosso dei centri abitati, per consentire agli stessi un facile abbattimento delle prede attirate dal cibo. Ciò lede - continua il presidente dell’Enpa - il principio di libertà del cittadino, oltre ad essere un comportamento eticamente discutibile e discriminante. Ma la stessa politica della Provincia nei confronti della fauna selvatica non ci vede consenzienti: questa è patrimonio di tutti e viene invece considerata un bene destinato ai soli cacciatori o un male da combattere per gli agricoltori. Non ci sono programmi di tutela o di cultura del territorio - sostiene il battagliero presidente - ma solo indicazioni sugli animali da abbattere o da scacciare, sui danni agricoli da rimborsare. E se una attenzione viene data, essa ruota attorno alla mostra di trofei di caccia o alle feste enogastronomiche a base di selvaggina.» «Questo manifesto - conclude Urso - è finalizzato solo a dimostrare un interesse di facciata senza un piano faunistico provinciale alle spalle: nessuno potrà adoperarci come comoda copertura».
(a. g.)
IL PICCOLO - SABATO, 24 marzo 2012
Caccia a discariche abusive con l’operazione Rosandra
Oggi i volontari parteciperanno alla bonifica delle
aree più sporche del Breg Domani invece la protezione civile interverrà lungo
gli argini del torrente
SAN DORLIGO DELLA VALLE In concomitanza con l’iniziativa “Puliamo il mondo/Clean
up the World”, cittadini e volontari del Comune di San Dorligo saranno impegnati
in questo fine settimana nella bonifica di alcune aree del “Breg” avvilite da
rifiuti e immondizie. Ieri i responsabili dell'azione di pulizia delle diverse
frazioni del Comune hanno ritirato in Municipio attrezzi, guanti e sacchi messi
a disposizione dal Comune. Oggi il ritrovo dei partecipanti è previsto attorno
alle 9.30. Alla fine delle pulizie, è previsto un piccolo rinfresco. Di “Puliamo
il mondo” e raccolta differenziata si è parlato frattanto in un incontro
pubblico tenutosi al Centro Visite di Bagnoli. Oltre ai dettagli dell'operazione
ambientale, è stato sottolineato come il percorso di raccolta differenziata
attivato dal Comune di San Dorligo/Dolina nel 2007 rappresenti a livello
provinciale un modello di gestione del problema dello smaltimento dei rifiuti.
«In tema di raccolta differenziata, il Comune di San Dorligo ha fatto in questi
ultimi anni dei passi da gigante – ha avuto modo di affermare Alessandro
Giadrossi per il Wwf. Questo sistema di raccolta ha oggi un valore simbolico e
educativo, perché il cittadino è costretto attraverso lo smaltimento dei propri
rifiuti a una analisi dei propri consumi, del proprio modello di vita, persino
della sua identità. Così un Comune a “rifiuti zero” promuove non solo una sana
gestione dei propri bilanci e un modello di sviluppo coerente, ma dimostra di
avere a cuore il livello culturale dei propri cittadini e di credere nella
democrazia». Il rappresentante del Wwf ha ricordato come nel sito della propria
organizzazione, in collaborazione con il Comune di Trieste e con l’Acegas/Aps,
vengono settimanalmente inserite nuove informazioni sul riuso e la raccolta
differenziata, e i cittadini possono rivolgere quesiti, segnalare disservizi,
inoltrare proposte. «Il Comune di Dolina è senz’altro più avanti degli altri in
tema di raccolta differenziata – ha spiegato Daribor Zupan di Lega Ambiente –
che effettua in una percentuale superiore al 40 per cento del totale. Per
migliorare è necessaria la collaborazione con i circoli e le associazioni
territoriali al fine di promuovere una informazione capillare e un'azione più
efficace». «Possiamo dire di aver imboccato la strada giusta perché la spesa
generale per il trattamento dei rifiuti è senz’altro diminuita senza incidere
sulle tasche dei contribuenti» fa sapere il sindaco Fulvia Premolin. «Nella
differenziata ci attestiamo a una percentuale vicina al 45 percento, e questo
senza calcolare la raccolta dell’umido che nel nostro Comune viene utilizzato
per il compostaggio. A breve inoltre attueremo la separazione nella raccolta tra
plastica e vetro. Da parte dei cittadini – afferma il sindaco di Dolina –
abbiamo trovato collaborazione, anche perché alcune famiglie erano già avezze a
questo tipo di raccolta». Il sindaco ha inoltre annunciato che la Protezione
civile inoltre si impegnerà domani nell’azione di pulizia degli argini del
torrente Rosandra. Successivamente l'alveo dello stesso torrente verrà ripulito
radicalmente, un intervento finanziato dalla Regione per un importo di circa
800mila euro che verrà effettuato da una ditta specializzata. Ulteriori lavori
di pulizia verranno condotti su due corsi d'acqua dislocati nella stessa San
Dorligo e a Puglie di Domio.
Maurizio Lozei
Guerra al mais Ogm. Greenpeace: «Quantificare i danni»
TRIESTE «Soddisfazione» per la sentenza della terza
sezione penale della Cassazione che ha confermato l’illegalità dei due
appezzamenti seminati con mais Ogm Mon810 in Friuli nel 2010, è stata espressa
ieri da Greenpeace. «È una conferma definitiva - commenta Federica Ferrario,
responsabile campagna Ogm - di quanto Greenpeace sostiene da tempo: le
coltivazioni di mais Ogm in Friuli erano illegali. Ora è necessario effettuare
un’attenta stima dei danni della contaminazione, danni che non devono ricadere
sugli agricoltori onesti o sugli Enti pubblici». La sentenza inoltre, per
Ferrario «conferma la necessità dell’intervento degli attivisti di Greenpeace
nel luglio 2010. Mentre le autorità preposte ritardavano le misure necessarie a
prevenire la contaminazione dai campi illegali, gli attivisti sono intervenuti
sul mais transgenico nel campo di Vivaro (Pordenone), isolando e mettendo in
sicurezza le parti superiori delle piante di mais e bloccando così la
dispersione del polline e la contaminazione. Per questa attività, lo scorso
febbraio è stato notificato agli attivisti un decreto penale di condanna per
oltre 86 mila euro. Greenpeace ha naturalmente già depositato opposizione al
Decreto e si difenderà - conclude la nota - in sede giudiziaria». Per il
presidente di Slow Food Italia, Roberto Burdese, la sentenza con la quale la
Cassazione ha definito illecite le coltivazioni piantate dall’imprenditore
friulano Giorgio Fidenato «fa chiarezza, mettendo fine a interpretazioni di
comodo. Ora bisogna quantificare i danni prodotti dalla semina illegale».
Burdese fa notare come la Comunità europea consenta «ai singoli Stati membri di
adottare in via preventiva le misure più opportune per limitare gli effetti
economici connessi alle potenzialità diffusive degli Ogm e, quindi, non
compromettere la biodiversità dell’ambiente naturale».
IL PICCOLO - VENERDI', 23 marzo 2012
Doppio incontro sul Piano traffico: gli «8 quesiti» di
Dubs - QUINTA CIRCOSCRIZIONE
A volte, di domande, non ne servono dieci. Ma ne bastano anche otto: tante ne pone, in un’interrogazione, il consigliere circoscrizionale del Pdl Roberto Dubs alla presidente del Quinto parlamentino Claudia Ponti «affinché si informi con l’assessore Elena Marchigiani». La questione ruota attorno a un doppio incontro di presentazione della bozza del nuovo Piano del traffico, in programma nella stessa giornata: mercoledì 28 marzo. Alle 19.30 al ricreatorio Pitteri di San Giacomo è prevista infatti la presentazione del Piano in Quinta circoscrizione (San Giacomo-Barriera Vecchia), aperta ai cittadini: presenti l’assessore all’Urbanistica Elena Marchigiani e il mobility manager del Comune Giulio Bernetti. Un’ora e mezza prima, però, alle 18 all’Hotel Filoxenia di via Mazzini 3, «il Partito democratico - sottolinea Dubs nella sua interrogazione citando i volantini che annunciano l’appuntamento - ha organizzato un incontro con gli abitanti del rione della circoscrizione Quarta sul Piano del traffico con Marchigiani, Bernetti e il sindaco Cosolini». Dubs chiede, fra i vari quesiti, «in quale veste Bernetti, valido e stimato funzionario del Comune, partecipa all’incontro organizzato dal Pd?». E ancora: «Marchigiani e Bernetti riusciranno a essere presenti con puntualità all’incontro istituzionale?».
(m.u.)
Energie rinnovabili In alto mare i decreti attuativi
«Per il momento siamo ancora lontani da un punto di arrivo
nella discussione con il ministero dello Sviluppo economico» sui decreti
attuativi per gli incentivi per le fonti di energia rinnovabili non
fotovoltaiche. Lo ha detto il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, intervenuto
ieri mattina al Meeting di primavera della Fondazione per lo sviluppo
sostenibile per rispondere alle domande di imprenditori e esperti del settore.
«Non siamo d’accordo - ha proseguito - e dobbiamo continuare a lavorare perchè
siamo molto in ritardo». Clini ha quindi ricordato che esiste un tetto di 5
miliardi l’anno, «di cui - ha spiegato - 3 miliardi sono già coperti mentre
sugli altri due dobbiamo lavorare». L’impegno è anche per «capire quali sono le
linee d’investimento internazionali sulle quali consolidare la nostra capacità
industriale».
Condannato il mais Ogm di Pordenone
La Cassazione: «Le coltivazioni sono fuorilegge». Ma
l’agricoltore ribelle Fidenato non cede: «Vado alla Corte europea»
TRIESTE Le coltivazioni di mais Ogm nel Pordenonese sono fuori legge. Lo
precisa la Cassazione motivando la sentenza dello scorso novembre, il primo
verdetto sui semi “Frankenstein”, la bocciatura del ricorso di Giorgio Fidenato,
l’imprenditore ribelle accusato di aver seminato mais Ogm Mon 810 a Fanna e a
Vivaro senza le autorizzazioni di legge. La prima risposta del diretto
interessato? Non certo di resa: «Ce la vedremo in Corte di Giustizia europea».
L’Italia, invece, non ha dubbi: quel mais non può essere coltivato. Nonostante
le autorizzazioni al commercio del prodotto. Il ricorso dell’imprenditore
riguardava l’istanza di sequestro della sua azienda disposto dal tribunale di
Pordenone il primo aprile 2011 e poi confermato dal tribunale del riesame tre
settimane dopo. Secondo la magistratura, i semi Ogm, pur se muniti di
autorizzazione al commercio, in quanto iscritti al catalogo comunitario dei
sementi gm, non possono in ogni caso essere piantati sul territorio italiano
senza le autorizzazioni ministeriali e il rispetto delle procedure. La replica
di Fidenato, ieri come oggi, è invece che la libera commercializzazione implica
conseguentemente pure la libera messa a coltura. Di più: la «regola tecnica»
richiesta dalla normativa italiana, vale a dire le necessarie autorizzazioni,
non sarebbero null’altro, a parere del ricorrente, che una «violazione delle
regole comunitarie poste a tutela della libera circolazione delle merci». Di
qui, sempre nel memoriale depositato in Cassazione, la sottolineatura che, per
introdurre un simile paletto, l’Italia avrebbe dovuto informarne la Commissione
europea. «La questione andava già affrontata dalla Corte di Giustizia», insiste
Fidenato citando la sentenza che ha respinto in passato il ricorso dell'Alta
Austria contro la decisione della Commissione europea che aveva detto no alla
richiesta di Vienna di mettere al bando nella regione gli organismi
geneticamente modificati. Finalmente, conclude l’imprenditore, «è arrivato il
momento di quel grado di giudizio». Per adesso restano le motivazioni della
Cassazione che sottolinea come «la disciplina comunitaria si occupa di tutelare
l’ambiente, la vita e la salute di uomini, animali e piante, ma consente alla
normativa interna la possibilità di adottare le misure più opportune per
limitare gli effetti economici connessi alle potenzialità diffusive degli Ogm e,
quindi, non compromettere la biodiversità dell’ambiente naturale in modo da
garantire la libertà di iniziativa economica, il diritto di scelta dei
consumatori e la qualità e la tipicità della produzione agroalimentare
nazionale». «La normativa comunitaria - aggiunge la Suprema Corte - lascia alla
legislazione degli Stati membri la possibilità di adottare ogni misura
preventiva in grado di evitare commissioni fra prodotti individuando le modalità
più idonee in grado di far convivere tra loro le tre filiere: agricoltura
transgenica, convenzionale e biologica». Ma il principio della coesistenza
previsto per legge? I giudici precisano che le autorizzazioni alla coltivazione
Ogm, richieste in Italia, tutelano «aspetti economici» e sono rivolte a
«perseguire la finalità che le colture transgeniche vengano introdotte senza
pregiudizio per le attività agricole esistenti». Mentre l’iscrizione dei semi
Ogm nel catalogo serve solo a garantire che si tratta di prodotti «non
pericolosi per la vita e la salute di uomini, animali e piante». Il primo
commento è della Coldiretti: «Occorre ora valutare il giusto risarcimento dei
danni provocati dalla contaminazione per la semina illegale, vera aggressione al
made in Italy».
Marco Ballico
SAN DORLIGO DELLA VALLE - Via all’operazione “Puliamo il mondo”
In concomitanza con l’iniziativa “Puliamo il mondo/Clean up the World”, cittadini e volontari del Comune di San Dorligo della Valle saranno impegnati in questo fine settimana nella bonifica di alcune aree del “Breg” avvilite da rifiuti e immondizie. Nella serata odierna i responsabili dell'azione di pulizia delle diverse frazioni del Comune si recheranno al Municipio per ritirare attrezzi, guanti e sacchi messi a disposizione dall'Amministrazione locale. Domani il ritrovo dei partecipanti è previsto attorno alle 9.30. Alla fine delle pulizie, è previsto un piccolo rinfresco.
Battaglia per l’ambiente, scatta “Puliamo la Slovenia”
CAPODISTRIA Nel 2010 all'azione parteciparono circa 270mila persone e furono raccolte 15mila tonnellate di rifiuti: quest'anno si vuole fare anche di più. Sono ormai a buon punto, in tutto il paese, i preparativi per la grande azione di pulizia “Puliamo la Slovenia”, in programma domani. Decine di migliaia di volontari si daranno appuntamento quel giorno per raccogliere quanti più rifiuti sparsi nell'ambiente e per aggiornare la mappa delle discariche abusive, in modo che negli anni a venire si possano combattere ancora più efficacemente coloro - imprese e singoli cittadini - che disperdono i loro rifiuti, anche quelli pericolosi, laddove non dovrebbero farlo. L'azione sarà dedicata inoltre a sensibilizzare l'opinione pubblica sull'importanza della raccolta differenziata e sulla necessità di abolire l'utilizzo di sacchetti di plastica monouso. E' la seconda volta che in Slovenia viene organizzata un'azione di questo tipo, sulla falsariga di quanto hanno fatto gli ambientalisti estoni nel maggio del 2008, quando in un solo giorno cinquantamila volontari riuscirono a raccogliere 10mila tonnellate di rifiuti, operazione per la quale le aziende pubbliche ci avrebbero messo tre anni e avrebbero speso oltre 20 milioni di euro. Questa volta, l'azione si svolge a livello globale, e oltre alla Slovenia i Paesi che hanno aderito all'iniziativa “Puliamo il mondo 2012” sono oltre 80. Si calcola che nel periodo che va dal 24 marzo al 25 settembre, con una serie di azioni giornaliere di vario tipo, si riuscira' a raccogliere 3 milioni di tonnellate di rifiuti. Domani, dunque, in tutta la Slovenia saranno allestiti alcune centinaia di punti di raccolta, dove i partecipanti riceveranno guanti e sacchetti per l'immondizia e da dove partirà l'azione, coordinata per gruppi e per settori. Dal ministero per l'agricoltura e l'ambiente hanno suggerito di fare attenzione a non ripetere l'errore di due anni fa, quando la raccolta non è stata differenziata, cosa che aveva poi aumentato i costi dello smaltimento. Quest'anno, pertanto, si farà più attenzione. All'iniziativa, con uomini e mezzi, prenderà parte anche l'Esercito sloveno, che provvederà in particolare al trasporto dei rifiuti raccolti. Nei giorni scorsi, intanto, sono stati già intensificati i controlli delle discariche abusive.
Franco Babich
Centrale idrodinamica, oggi la presentazione del
restauro - CONVEGNO IN MOLO IV
Si intitola “La Centrale idrodinamica del Porto Vecchio di
Trieste” il convegno in programma oggi alle 17 in Molo IV. L’appuntamento,
organizzato dall’associazione Italia Nostra in collaborazione con Regione,
ministero dei Beni culturali, Autorità portuale e Istituto di cultura marittima
e portuale di Trieste, intende celebrare la conclusione dell’intervento di
restauro della Centrale, destinata ora a diventare un polo museale portuale.
Nell’occasione verrà anche presentata la nuova edizione del libro sulla
Centrale, edizioni Italo Svevo, nel quale sono confluiti i risultati di alcuni
recentissimi studi sulle caratteristiche e la provenienza delle macchine che
erano il fulcro della movimentazione nel nostro porto ottocentesco. Studi svolti
da Antonella Caroli in collaborazione con Slapeta Vladimir delle Università di
Brno e Praga, Lenka Blazkovà del Mining Museum Pribram e Jan Palas del National
Technical Museum di Praga. Al convegno di oggi parteciperanno i vertici delle
istituzioni cittadine e numerosi rappresentanti del ministero per i Beni
culturali, tra cui il capo di Gabinetto Salvatore Nastasi.
Una conferenza sui laghetti delle Noghere oggi alle 18
in sala Millo
Il biotopo naturale “laghetti delle Noghere” tra ricchezza
biologica e gestione ecosostenibile: è il tema di una conferenza in programma
oggi alle 18 nella sala convegni del Centro culturale “Millo” in piazza della
Repubblica a Muggia. Il faunista Enrico Benussi relazionerà sull’importanza
della conservazione e della gestione di uno degli ambienti umidi più importanti
della provincia di Trieste. Nell’occasione verrà consegnata al Comune di Muggia
copia della tesi di laurea conseguita da Valerio Toselli relativa ad uno studio
sulla fauna e la vegetazione del biotopo, in collaborazione con l’Università di
Trieste, Dipartimento di Scienze della vita. Nel biotopo naturale è possibile
incontrare varie specie di animali tra cui uccelli legati agli ambienti
acquatici quali il martin pescatore, vari aironi ed anatre ma anche più specie
di picchi e uccelli cantori. Tra le piante acquatiche lacustri e i salici è
possibile osservare molti anfibi come rane e raganelle e talvolta predatori come
l’innocua biscia d’acqua. E nei laghetti ci sono anche vari tipi di pesci, primi
fra tutti lucci e tinche. I laghetti sono sottoposti a regime di ripopolamento
da parte dell’Ente tutela pesca: la pesca è attualmente proibita.
Raccolta differenziata
Oggi, alle 17, al liceo Galilei, ultima conferenza sulla raccolta differenziata: intervengono gli assessori Laureni e Zollia, i dirigenti Acegas Dal Maso e Sugna, il presidente Università Dobrina, Luppatelli, e il docente Biagio Mannino.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 22 marzo 2012
«Bus, semafori più lontani dagli incroci» - PIANO DEL
TRAFFICO
Sicurezza e corsie riservate tra i temi dell’incontro
tra Marchigiani e sindacati di Tt
Spostare impianti semaforici e attraversamenti pedonali così da rendere meno
pericolosi alcuni incroci del centro. Rendere più sicuri - magari con
l’installazione di catenelle - tratti riservati agli autobus, come quello di via
Mazzini o di via Imbriani, per non consentire ai pedoni di scendere dal
marciapiedi con il rischio di venire travolti. Spostare i percorsi di certe
linee. Sono alcune delle richieste giunte ieri dalle organizzazioni sindacali di
Trieste Trasporti, presenti all’incontro convocato dall’assessore alla Mobilità
Elena Marchigiani (presente anche il mobility manager Giulio Bernetti) per
discutere la bozza di piano del traffico. All’incontro hanno presenziato anche i
rappresentanti dell’Osservatorio della mobilità sostenibile che riunisce
associazioni di ciclisti e pedoni. «I sindacati - racconta Marchigiani - ci
hanno fatto presente una serie di problematiche, dalla sincronizzazione dei
semafori all’esigenza di spostare i semafori più lontano dagli incroci. E se
dalle associazioni dei ciclisti giungeva da tempo la richiesta di prevedere la
coesistenza di biciclette e mezzi pubblici sulle corsie riservate, è emerso con
chiarezza che questo sarà possibile solo su alcune direttrici, mentre in altre
la frequenza e la velocità degli autobus metterebbero a rischio la sicurezza».
Si è parlato anche, prosegue Marchigiani, di spostare i percorsi di alcune
linee, soluzione questa da studiare a parità però di chilometraggio. «Per quanto
ci riguarda - dice per la Usb Willy Puglia - apprezziamo molto il fatto che il
Comune nel nuovo Piano dia le giuste risposte alla mobilità pubblica
disincentivando quella privata. Come Usb abbiamo proposto un documento
contenente le nostre richieste atte a risolvere situazioni di rischio per
autisti e pedoni». Puglia cita ad esempio l’incrocio piazza Goldoni-via Mazzini,
o quello via Ghega-via Roma, i cui impianti semaforici secondo il sindacato
andrebbero spostati. «Abbiamo anche detto che i 30 ausiliari previsti dal
protocollo Comune-Trieste Trasporti firmato nel 2006 devono andare in strada,
per evitare soste selvagge degli automobilisti e garantire più sicurezza a
tutti». Quanto a pedoni e ciclisti, «stiamo predisponendo una mappatura delle
aree in cui realizzare stalli per biciclette», dice Marchigiani, mentre sono
allo studio nuove piste ciclabili. Sul Piano intanto continuano i confronti con
le circoscrizioni, «ma anche con Provincia e Tt c’è un rapporto continuo, una
collaborazione che ci è di grande aiuto», precisa l’assessore: «Vogliamo che
questo Piano sia uno strumento il più possibile calibrato sulla base delle
esigenze della città».
Depuratore in avaria E tutti i liquami finiscono in
“Sacheta”
L’incidente provocato dal guasto di una pompa
dell’impianto. Subito bonificato lo specchio di mare
Allarme liquami ieri mattina nello spazio acqueo della Sacchetta, di fronte
alla Stazione Rogers. Un problema tecnico generatosi agli impianti collegati al
lontano (dalle Rive) depuratore di Servola ha infatti determinato, con una sorta
di effetto a catena sul circuito, lo sversamento di liquidi e sostanze organiche
dalla rete fognaria direttamente in mare. Per tamponare completamente
l’emergenza fuoriuscita sono servite alcune ore: la segnalazione alla
Capitaneria di porto è giunta alle 8.10 e l’intervento dei tecnici AcegasAps e
degli incaricati della Crismani (impegnati nelle operazioni di pulizia del sito)
si è esaurito qualche minuto prima delle 12. Ma cos’è stato a generare l’anomalo
flusso scaturito da sotto la banchina? Effettuate tutte le dovute verifiche, nel
tardo pomeriggio l’AcegasAps ha fatto sapere in primis come l’accaduto non sia
stato in alcun modo innescato dai lavori in corso in questo periodo lungo le
Rive. Non vi è correlazione, insomma. Anzi - hanno specificato dalla
multiutility - pare invece che paradossalmente proprio il bypass creato ad hoc
nell’ambito di quei lavori sia servito, grazie a un collegamento diverso delle
tubature, a far sì che lo sversamento si sia concentrato solamente in un unico e
circoscritto punto. L’episodio è avvenuto praticamente all’altezza del tratto
che congiunge Riva Grumula con via Ottaviano Augusto, nell’area data in
concessione (come recita la targhetta lì piazzata) dall’Autorità portuale alla
Società nautica e di pesca sportiva “Sacheta”. Lo sversamento in mare è avvenuto
fra le imbarcazioni attraccate una di fianco all’altra. Accertata l’origine del
problema, AcegasAps ha specificato come tutto vada ricondotto ad alcuni lavori
in atto al depuratore di Servola. Nel dettaglio, ieri mattina attorno alle 6.30
si è verificato un guasto a una pompa che alimenta il bypass attraverso il quale
dal cosiddetto collettore della zona bassa i liquami vengono trasportati al
depuratore per il relativo trattamento. Bloccatosi quindi il passaggio e reso di
conseguenza impossibile lo svuotamento del collettore, questo ha iniziato a
riempirsi sino a superare il livello massimo. L’eccessiva quantità di liquido è
così strabordata, prendendo la direzione della Sacchetta. Alle 7.30 il guaio
tecnico verificatosi alla pompa è stato risolto e il collegamento ha
ricominciato a funzionare. Ci è voluto però più tempo per svuotare il collettore
e per completare la bonifica del tratto di mare interessato dallo sversamento,
operazione su cui ha vigilato anche il personale della Capitaneria di porto. Per
fronteggiare l’emergenza l’AcegasAps ha anche impiegato alcune fra le più
moderne tecnologie in dotazione: le telecamere subacquee e i traccianti sui
liquami, usati per capirne esattamente il “percorso”. Alle 12 di ieri, come
accennato, la situazione era tornata alla normalità.
Matteo Unterweger
Incendi boschivi i pompieri chiedono mezzi e persone -
Incontro a opicina
OPICINA Fare sistema tra tutti i soggetti interessati, Comuni in testa, per fronteggiare adeguatamente il rischio di incendi boschivi su un territorio, quello carsico «che in caso di siccità si trasforma in una polveriera»; stante soprattutto «la scarsità di mezzi e personale a disposizione dei vigili del fuoco che rende loro impossibile intervenire efficacemente» rimarcata da Adriano Bevilacqua, coordinatore regionale della Uil vigili del fuoco. È quanto emerso ieri in un incontro presso il distaccamento dei vigili del fuoco di Opicina al quale hanno partecipato i rappresentanti dei Comuni di Trieste, San Dorligo della Valle, Muggia e Duino Aurisina, della Provincia, della Circoscrizione Altipiano est, della Comunella di Opicina, della Protezione civile e gli esponenti dei gruppi ambientalisti. Disponibilità al dialogo è stata assicurata da tutti gli intervenuti in quello che Bevilacqua ha definito «un incontro proficuo che è servito ad aprire un tavolo permanente congiunto sulla prevenzione». «Nonostante gli incendi boschivi non siano più competenza dei vigili del fuoco, ma delle Regioni, che si avvalgono del Corpo forestale e della Protezione civile - prosegue Bevilacqua - sono loro gli unici a poter intervenire tempestivamente. E sono costretti a farlo con mezzi inadeguati». Il comandante provinciale dei vigili del fuoco, Carlo Dall'Oppio, ha ribadito la piena disponibilità da parte del Comando provinciale a collaborare con i Comuni interessati. «È già attiva – ha ricordato - una convenzione tra la Direzione regionale dei vigili del fuoco e la Regione che va a beneficio della quattro le province». Il consigliere regionale Piero Camber ha suggerito il ricorso a un accordo di programma tra Ministero e Regione, il cui braccio operativo è appunto la Protezione civile, coinvolgendo le Prefetture. L'assessore comunale all'Ambiente, Umberto Laureni ha rimarcato l'importanza dell'agricoltura anche in termini di prevenzione, con l'agricoltore che potrebbe essere anche operatore ecologico. Livio Poldini, già docente della Facoltà di Ecologia Vegetale dell’Università ha evidenziato la necessità di restituire complessità strutturale ai boschi: il rischio incendi si ridurrebbe così del 60-70%. E di un piano di conservazione e sviluppo, come ricordato dal sindaco Fulvia Premolin, si sta per dotare il Comune di San Dorligo. Per il sindaco di Muggia, Nerio Nesladek «i vigili del fuoco per competenza e professionalità dovrebbero avere la regia e la disponibilità dei mezzi».
Gianfranco Terzoli
Catena umana per dire no ai razzismi - IN PIAZZA
VITTORIO VENETO
Si è svolta ieri mattina anche a Trieste la prima catena
umana per dire no a tutti i razzismi, organizzata dalla Provincia in
collaborazione con l'Unar – Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali della
Presidenza del Consiglio e con il patrocinio di Unhcr (Agenzia Onu per i
Rifugiati), in occasione della Giornata mondiale contro il razzismo. Alle 10.30
in piazza Vittorio Veneto si sono radunati studenti, insegnanti, volontari
dell'associazionismo, comunità straniere, cittadine e cittadini per manifestare
pubblicamente il rifiuto del razzismo e della xenofobia. «All’evento – ha
ricordato l’assessore Roberta Tarlao - hanno collaborato tra i tanti la Consulta
provinciale degli studenti, e i rappresentanti dei principali enti ed
associazioni interculturali del territorio».
Mare, città e Carso - INCONTRI legati al “il fuoco
della natura”
Oggi, alle 18, per il ciclo di incontri legato alla mostra
“Il Fuoco della Natura” all’ex Pescheria, si terrà la conversazione “Natura e...
in cammino tra mare, città e Carso”, introduce e modera Marino Vocci, con la
partecipazione di Diego Masiello, sociologo del territorio, Moreno Zago, docente
universitario, ideologo di SlowTourism e Poljanka Dolhar, giornalista e
coautrice della guida “Com’è bella Trieste”. Domani, sempre alle 18, “Natura
e... Mare” a cura di Wwf Mare. In collaborazione con il Wwf Trieste verrà
presentato l'Ufficio Mare del Wwf Italia. Trieste è stata scelta come sede
nazionale per l’attuazione del programma nazionale sui mari italiani e il
Mediterraneo. Partecipano Marco Costantini, responsabile del Programma Mare del
Wwf Italia, Maurizio Spoto, direttore della Riserva Marina di Miramare, Saul
Ciriaco, biologo marino e Carlo Franzosini, Presidente Shoreline (un’opera in
mostra).
Laghetti delle Noghere, ricchezza biologica
Il biotopo naturale “laghetti delle Noghere” tra ricchezza biologica e gestione ecosostenibile: è il tema di una conferenza in programma domani alle 18 nella sala convegni del Centro culturale “Millo” in piazza della Repubblica a Muggia. Il faunista Enrico Benussi relazionerà sull’importanza della conservazione e della gestione di uno degli ambienti umidi più importanti della provincia di Trieste. Nell’occasione verrà consegnata al Comune di Muggia copia della tesi di laurea conseguita da Valerio Toselli relativa ad uno studio sulla fauna e la vegetazione del biotopo, in collaborazione con l’Università degli Studi di Trieste, Dipartimento di Scienze della vita. Nel biotopo naturale è possibile incontrare varie specie di animali tra cui uccelli legati agli ambienti acquatici quali il Martin Pescaore, vari aironi ed anatre ma anche più specie di picchi e uccelli cantori. Tra le piante acquatiche lacustri e i salici è possibile osservare molti anfibi come rane e raganelle e talvolta predatori come l’innocua biscia d’acqua.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 21 marzo 2012
Urbanistica inaugurato nuovo sportello
L’assessore Elena Marchigiani ha inaugurato il nuovo
“Sportello Urbanistico” per il pubblico del Comune. Lo ‘Sportello’ al piano
terra del Palazzo Eisner Civrani-Zois di via Punta del Forno 2 (accanto
all’Ufficio Accettazione Atti), sarà aperto 2 ore in più, dal lunedì al venerdì,
dalle 9.30 alle 11.30, e vi si avvicenderanno a rotazione 13 tecnici del Comune.
Rivolgendosi allo sportello, l’utente avrà un primo utile approccio per sapere
come muoversi e dove poter ricevere informazioni di carattere generale sui
procedimenti previsti dalla normativa vigente per l’esecuzione di interventi
edilizi e urbanistici. Da lunedì poi, gli Uffici del Servizio Edilizia Privata,
al 5° piano di Passo Costanzi 2, resteranno aperti al pubblico, da lunedì a
giovedì con orario: lunedì e mercoledì dalle 14.30 alle 15.30, martedì e giovedì
dalle 12 alle 13. E nncora anche gli Uffici dei Servizi Pianificazione Urbana,
Mobilità e Traffico, Ambiente ed Energia, Edilizia Pubblica, Casa, Rioni,
Strade, Spazi Aperti e Spazi Verdi Pubblici, Edilizia Scolastica di Passo
Costanzi 2, saranno aperti da lunedì a venerdì l’orario: lunedì e mercoledì,
dalle 14.30 alle 15.30 e martedì, giovedì e venerdì, dalle 12 alle 13.
Rifiuti e raccolta differenziata Una conferenza a San
Dorligo - AL CENTRO VISITE DELLA VAL ROSANDRA
SAN DORLIGO DELLA VALLE “Rifiuti: perché differenziare?”,
è il titolo della conferenza che il Comune di San Dorligo della Valle-Dolina ha
organizzato per oggi alle 18.30 in collaborazione con WWF Trieste e Legambiente
Trieste al centro visite della Riserva naturale regionale della Val
Rosandra-Dolina Glinscice. Una serata in cui si parlerà di raccolta
differenziata, grazie ai contributi di due relatori esperti: Alessandro
Giadrossi per il Wwf e Daribor Zupan per Legambiente, che relazioneranno
rispettivamente di “Riuso e raccolta differenziata. Verso un Comune a rifiuti
zero”, e “Come raggiungere l'obiettivo del 65 % di raccolta differenziata entro
il 2012”. Il servizio di raccolta rifiuti “porta a porta” nel Comune di S.
Dorligo della Valle – Dolina è stato istituito nel 2007 e si è passati dal 15%
di rifiuti differenziati all’attuale 44%. Con questo tipo di iniziative il
Comune vuole quindi spiegare, informare e sensibilizzare i cittadini che, anche
se abituati ormai a fare la raccolta differenziata, forse potranno trarre spunto
dai suggerimenti dei due ospiti per ridurre ancora di più la produzione dei
rifiuti e quindi ottenere un ulteriore “risparmio” ambientale. È così che il
Comune di Dolina aderisce a World Clean Up 2012, un’azione congiunta di
volontari di tutto il mondo, capace di unire oltre 100 nazioni, con lo scopo di
pulire dalla spazzatura illegale oltre 100 Paesi.
IL PICCOLO - MARTEDI', 20 marzo 2012
Rigassificatore sotto la lente della Procura - Sentito
ieri dal pm Frezza il sindaco di Muggia Nerio Nesladek sulla sicurezza e su
presunti artifici progettuali
INDAGINE »APERTO UN FASCICOLO DOPO L’ESPOSTO
Il sindaco di Muggia Nerio Nesladek ieri mattina ha passato quasi un’ora
nello studio del pm Federico Frezza. Quando al termine del colloquio è riemerso
nel corridoio della Procura della Repubblica, il sindaco non ha avuto difficoltà
a spiegare la sua presenza in un ufficio che da anni e anni la stragrande
maggioranza di politici e degli amministratori pubblici non ama certo
frequentare. «Sono venuto a spiegare i dettagli dell’esposto che ho presentato a
febbraio sul rigassificatore di Zaule. Sono qui da testimone, da persona
informata sui fatti». Sui dettagli del colloquio col magistrato inquirente,
Nerio Nesladek non ha voluto addentrarsi. Il segreto istruttorio protegge
infatti le sue parole ma soprattutto le domande che gli ha posto il magistrato.
Certo è che se un esposto è stato presentato e un pm ha sentito l’esigenza di
ascoltare una persona informata sui fatti, è evidente che un fascicolo di
indagine è stato formalmente aperto dal pm Federico Frezza. «Sono stato
convocato - ha affermato il sindaco di Muggia, svelando un dettaglio non
secondario: la richiesta di sentirlo come testimone era arrivata da chi sta
indagando. Prima di allontanarsi dal palazzo di Giustizia il sindaco ha svelato
un altro particolare significativo. «Oltre della vicenda del rigassificatore di
Zaule, incidentalmente ho parlato anche del progetto del terminal ro-ro e
dell’area un tempo occupata dagli impianti della raffineria Aquila». Non è un
mistero per nessuno che il Comune di Muggia, così come quelli di Trieste e di
San Dorligo sono contrari all’insediamento dell’impianto progettato dalla
società spagnola “Gas Natural”. L’esposto presentato alla Procura della
Repubblica all’inizio dello scorso febbraio ne sottolinea le carenze e i
presunti “artifici” progettuali. Il punto nodale delle critiche al progetto ma
anche dell’esposto presentato alla magistratura, è rappresentato dal problema
della sicurezza di migliaia di persone che l’impianto di rigassificazione
metterebbe a repentaglio in caso di un incidente. In una recente assemblea anche
lo studio geotecnico è stato giudicato “errato”; critiche pesanti hanno
coinvolto anche l’utilizzo massiccio dell’acqua di mare del vallone di Muggia
utilizzata, secondo il progetto- per riscaldare il gas liquido, portandolo alla
stato gassoso. Altrettanto cristallino è stato di recente l’atteggiamento del
sindaco di Muggia sulla scelta tra rigassificatore e terminal ro-ro. Le aree
coinvolte dai due progetti sono adiacenti. L’una di fronte all’altra. Ecco
perché Nerio Nesladek ha affermato di temere «fortemente che lo sviluppo
economico del territorio sia in pericolo. Un terminal ro-ro insediato nei 200
mila metri quadrati dell’ex Aquila, è un’ipotesi che caldeggiamo da sempre. Per
questo auspichiamo che la contrapposizione si risolva presto...» La
contrapposizione a cui accenna il sindaco di Muggia è quella che è già approdata
al Tribunale civile di Trieste: da una parte è schierata la “Samer Shipping”,
dall’altra la “Teseco spa”, proprietaria dei terreni dell’ex Aquila. Nella causa
la società di armamento chiede al giudice di impedire alla controparte di poter
disporre dei terreni dell’ex Aquila: allo stesso tempo viene chiesto alla
magistratura di inibire all’Ezit e all’Autorità portuale la possibilità di
firmare concessioni e autorizzazioni che consentano di svolgere attività
economiche in quell'area.
Claudio Ernè
Una selva di attori in gioco a sparigliare le carte -
LA VICENDA
Sempre più complessa, sempre più articolata e sfaccettata.
Si complica ulteriormente la vicenda annosa del rigassificatore di Zaule. Nuovi
“attori” entrano in scena e si affiancano ai comitati, ai voti unanimi espressi
dai Consigli municipali, alle scelte dei sindaci e della Provincia e alle
indecisioni delle Regione. Sullo sfondo della scena è presente lo Stato, nel
senso dell’esecutivo, del Governo “tecnico” che gode oggi di un consenso senza
uguali e sembra deciso a decidere. Ora sono entrati in scena nuovi attori e
nuovi “mattatori”. C’è il Tribunale civile a cui è ricorsa la “Samer Shipping” a
tutela del proprio interesse a realizzare nell’area dell’ex Aquila un terminal
traghetti destinato ai Tir. C’è anche la magistratura amministrativa che dovrà
dipanare gli inevitabili ricorsi che accompagnano ogni realizzazione di una
qualche importanza pubblica. E ora sappiamo che c’è anche la Procura della
Repubblica che ha il ruolo istituzionale di verificare che negli annosi iter dei
vari progetti e delle richieste di finanziamento, non sia stato commesso qualche
reato. Proviamo a mettere in fila tutti coloro che sono coinvolti direttamente
in questa vicenda. C’è la Gas Natural, c’è la Samer Shipping, la Teseco, l’Ezit,
l’Autorità portuale, i Comuni di Trieste, Muggia, San Dorligo, con i rispettivi
sindaci e assessori, la Provincia, la Regione, il Ministero dell’Ambiente e
quello delle Attività industriali. C’è il Tribunale civile, quello
amministrativo, la Procura della Repubblica e forse anche, a breve scadenza, la
Procura della Corte dei Conti che dove vigilare sui presunti danni erariali. Ci
sono poi i consulenti tecnici e quelli legali alla cui assistenza nessuno nel
nostro Paese è disposto ragionevolmente a rinunciare. Nel momento in cui una
soluzione sulla realizzazione del rigassificatore si stava profilando
all’orizzonte, nuovi attori sono entrati in scena. Il gioco si amplia, la
“carte”, una volta in più vengono “sparigliate”.
Impianto di Zaule, se ne riparla in Consiglio - Il 2
aprile invitato il tavolo tecnico per esaminare le criticità. Gas Natural
consegna nuovi documenti
Il 2 aprile di rigassificatore si parlerà in Consiglio comunale. L’assessore all’Ambiente, Umberto Laureni, ha invitato i componenti del “Tavolo tecnico” che sotto la guida della Uil-Vigili del fuoco, e con il parere di molti docenti universitari ed esperti ha da subito allertato sui rischi a terra e in mare e sui difetti documentali del progetto. La seduta pubblica potrà essere seguita sul sito web del Comune. «Vogliamo dare massima diffusione alla conoscenza delle criticità che presenta la proposta di Gas Natural - afferma Laureni -, e lo facciamo dopo che il Comune si è già espresso con il voto, non si potrà dire che siamo influenzati». Laureni è seccato dopo il fallimento della prima riunione in Regione per l’Autorizzazione ambientale (Aia): «Metterci davanti delle carte del 2009, mentre nel 2011 era stato presentato un progetto nuovo - ribadisce - è stato veramente un gesto squalificante per tutti, anche per la stessa Regione». Quel procedimento si è interrotto. Il tavolo sarà riconvocato quando arriveranno le carte nuove. E la riunione dei giorni scorsi, ricorda l’assessore Vittorio Zollia della Provincia, è solo una falsa partenza: «C’è un’interruzione nella procedura fintanto che Gas Natural non riallinea i progetti. I suoi rappresentanti hanno detto di poterlo fare “ in due giorni”, ma non abbiamo notizie. Incredibile - dice Zollia - farci decidere su documenti non aggiornati. Noi non chiediamo integrazioni, ma appena il vero progetto». Che cosa risponde Gas Natural? «Ieri abbiamo consegnato in Regione, nei tempi prestabiliti, le integrazioni relative alla prescrizioni richieste dalla Conferenza dei servizi interna alla Regione, nell’ambito del procedimento relativo al rilascio dell’autorizzazione unica». Che è il tema principale. Quanto ai documenti per l’Aia, «in quel primo incontro - risponde la multinazionale - Gas Natural ha confermato che il progetto definitivo presentato nel settembre del 2011 non contiene cambiamenti tali da influire sulla domanda di Aia del 2009, sono invariati tutti i parametri oggetto di valutazione. Tuttavia, su espressa richiesta della Provincia e del Comune di Trieste, l’azienda si è dichiarata disponibile a mettere a disposizione una versione aggiornata della domanda del 2009, che tenga conto dell’evoluzione progettuale dell’impianto, ancorché ininfluente ai fini dell’Aia. Il procedimento relativo al rilascio è attualmente sospeso».
(g. z.)
Ferriera da riconvertire I lavoratori: sì all’intesa -
VOCI RICORRENTI - Si ritorna a parlare di nuovi compratori
L’assemblea dello stabilimento ha accolto il protocollo
regionale. I sindacati rivendicano il merito del risultato: «Siamo passati dal
limbo a una regia politica»
Tra fidarsi e non fidarsi, stavolta i lavoratori di Servola hanno scelto la
prima soluzione. Ieri i sindacati hanno sottoposto alla base il “protocollo”
regionale che istituisce anche un ufficio per costruire la fine, e insieme un
possibile futuro, della Ferriera e dei suoi dipendenti. E che vincola tutti gli
enti locali, Confindustria, Ezit e in proiezione tre ministeri dello Stato a
lavorar sodo su una traccia scritta e firmata. Dopo anni e anni di proteste,
drammi, incertezze, semifallimenti, inquinamenti, battaglie legali e sindacali,
sembra ora a tutti che sotto la Ferriera sia stata tesa, all’ultimo minuto, una
rete di salvataggio per non cadere nel vuoto del 2015, fine dei lavori. I
sindacati credono nello strumento. Anzi: rivendicano il merito del risultato
istituzionale. I lavoratori, riuniti dalle 13.30 alle 14.30 nella sala mensa,
hanno accolto. Non c’è stato nemmeno bisogno di votare. L’occasione era
importante, a spiegare i nuovi eventi sono andati in fabbrica i segretari
provinciali, Adriano Sincovich per la Cgil, Luciano Bordin per la Cisl, Enzo
Timeo per la Uil, Marco Stolfa dell’Ugl, e in più le Rsu con Umberto Salvaneschi
(Fim-Cisl), Tonino Pantuso (Fiom-Cgil), Franco Palman (Uilm). «Dal limbo siamo
passati a una regìa politica, a un ufficio tecnico in Regione con 6 persone al
lavoro, col sindacato partecipe, tappe con la data - sintetizza Adriano
Sincovich (Cgil) -, da qui a un anno dovrà diventare chiaro chi e che cosa entra
al posto della fabbrica siderurgica, chi bonifica, con quanti soldi e messi da
chi, e tutto questo con un processo semplificato perché sul territorio si lavora
assieme». «Noi - precisa Timeo (Uil) - ci prendiamo il merito di questa intesa
che abbiamo voluto e sollecitato, siamo riusciti a coordinare tutti gli attori».
E sottolinea Bordin (Cisl): «Finalmente vediamo una volontà comune sulla
Ferriera, questo comprensorio deve diventare un volano per l’intera industria
del territorio, e la Regione fa da interlocutore per tutti gli eventuali
investitori oltre che per Lucchini: devono prima di tutto trovare le condizioni
per investire». Compratori? Sulla porta ci sarebbe qualcuno, lo si sussurra
tanto piano che la voce è quasi impercettibile. Ma a contendersi veramente la
Ferriera o l’intero gruppo Lucchini ormai governato dalle banche non c’è,
seriamente, ancora nessuno. Stolfa (Ugl) rafforza ancora il peso della Regione:
«Questa fabbrica può anche lavorare al servizio di interi distretti industriali,
per la Wärtsilä ma non solo - afferma -, e se la Regione per legge istituisse
una percentuale obbligatoria di pannelli fotovoltaici, diventerebbe interessante
trattare qui il silicio per le “celle” degli impianti». Il famoso “green”.
Un’altra conseguenza dell’accordo, che solo quando sarà più riempito di
contenuti su una possibile produzione alternativa potrà definire i percorsi di
riqualificazione dei lavoratori, è secondo i sindacati «che la Regione fa da
capofila coi ministeri». Ne sono da coinvolgere tre: Ambiente, Lavoro, Attività
produttive. Da Trieste, dopo il risolutivo intervento del sindaco Cosolini nel
momento della crisi creditoria con Elettra (in cui la Ferriera ha rischiato un
drammatico “stop” tecnico senza rete) ci si aspetta un fondamentale atto: il
Piano regolatore. Che tenga conto delle nuove prospettive.
Gabriella Ziani
«garantire la sicurezza degli impianti»
Tutto bene, a fronte di buone carte e buone firme sulla Ferriera? Sì e anche no. Lo rammenta Umberto Salvaneschi, Rsu Cisl: «Da qui al 2015, anno in cui la Ferriera dovrebbe chiudere, all’interno della fabbrica le cose - dice - saranno sempre più complicate. C’è il problema di garantire la buona gestione degli impianti, di non finire in una sorta di pericoloso “rilassamento”, noi sindacati interni dovremo molto vigilare. Anche perché - prosegue Salvaneschi - se sicurezza, ambiente e impianti sono governati bene, si arriva “in attività” e non già dismessi ad affrontare una situazione industriale nuova, se gli impianti sono lasciati andare, la Ferriera diventa meno appetibile». Intanto tutti aspettano che diventi definitivo il piano di accordo con le banche per il megadebito Lucchini, «perché solo questo dà certezza alla continuità d’impresa» raccomanda Tonino Pantuso, Rsu Fiom. Mentre a Piombino si sono fatti i contratti di solidarietà per non lasciare a casa nessuno, «qui - dicono i sindacati - stiamo per tornare a una produttività del 100%».
Città a misura di ciclista Su due ruote senza rischi
Aci/Istat: Trieste tra le città dove non c’è stato
alcun incidente mortale “Ulisse”: pedalatori raddoppiati in dieci anni ma
mancano corsie preferenziali
L’Osservatorio della mobilità sostenibile segnala anche il nodo parcheggi:
niente aree attrezzate dove lasciare i mezzi in sicurezza. Confronto con il
Comune
Pedalare diverte, fa bene alla salute e, soprattutto in periodo di crisi e
con la benzina alle stelle, fa risparmiare. E Trieste è un posto ideale perché
il rischio di morire sotto un’auto è zero. Un’ottima notizia certificata da un
rapporto Aci/Istat che si riferisce al 2010: con il capoluogo giuliano ci sono
anche Aosta, Trento, Genova, Campobasso e Ancona. Ma andare in bicicletta a
Trieste non è così facile, spesso è un’avventura con il traffico e
l’inquinamento che non aiutano. L’unica pista ciclabile si trova in Val Rosandra;
mentre in tutte le altre città, e nei centri minori, le amministrazioni
investono parte del bilancio per realizzare le ciclabili. Nel piano del traffico
che in questi giorni il Comune sta presentando e discutendo in vari incontri con
i cittadini gli annunci di piste ciclabili o di corsie preferenziali in città
sembrano più che altro delle buone intenzioni suffragate però da nessun progetto
concreto. Eppure, come ha sottolineato anche l’assessore alla Pianificazione
urbana Elena Marchigiani «è apparsa evidente l’urgenza di assicurare percorsi
protetti e dedicati ai ciclisti in centro città». L’urgenza è giustificata dai
numeri: negli ultimi dieci anni l’uso della bicicletta in città è aumentato del
cento per cento. Un monitoraggio compiuto in piazza della Borsa e realizzato da
Ulisse, l’Associazione cicloturisti e ciclisti urbani, ha documentato il
passaggio, in un’ora, di circa 70 persone in bicicletta. Dieci anni fa non erano
neppure la metà. Naturalmente ci sono persone che usano la due ruote durante il
tempo libero o per sport, basta fare un giro nel Carso per rendersene conto. E
altre che la usano per muoversi in città. Il punto dolente è proprio questo.
«Siamo felici che non vi siano stati incidenti mortali che hanno coinvolto i
ciclisti, ma a Trieste - fa notare Stefano Cozzini, responsabile mobilità di
Ulisse - non è semplice muoversi perchè non ci sono corsie preferenziali. I
problemi ci sono, eccome. Incidenti di lieve entità non sono mancati, come le
discussioni a volte anche accese con gli automobilisti che pensano di avere
sempre ragione». Ma anche il comportamento dei ciclisti non è sempre
esemplare... «La frequenza di inciviltà nelle strade - sottolinea ancora Cozzini
- è pari sia per gli automobilisti sia per i ciclisti; solo che i ciclisti
indisciplinati vengono sempre notati, gli automobilisti no». Vero è anche, come
è stato fatto presente in un altra indagine della Das, la Compagnia del gruppo
Generali, incidenti succedono perché i ciclisti, molti dei quali virtuosi,
viaggiano privi di fanali, segnalatori acustici e freni usurati. L’Osservatorio
della mobilità sostenibile di cui fanno parte oltre a Ulisse, altre associazioni
ambientaliste come il Wwf, Uisp, Legambiente ha avviato con l’amministrazione
comunale una discussione proprio su questo. «Le piste ciclabili sono essenziali
- afferma ancora Cozzini - ma ci sono anche altre questioni che riguardano i
ciclisti, come quella per esempio dei parcheggi. Trovare delle aree attrezzate
dove lasciare la bici in sicurezza è una delle questione che stiano portando
avanti con il Comune. Speriamo di avere risposte precise nel più breve tempo
possibile».
Ferdinando Viola
SEGNALAZIONI - Progetto Traffico in via Giulia
Per la ristrutturazione del traffico di via Giulia si pubblicizzano le convenienze di sicurezza e di regolarità del flusso del traffico a tutto vantaggio della comunità. Attualmente una delle problematiche maggiori del traffico in via Giulia è la velocità troppo alta tenuta soprattutto dai veicoli che scendono dalla Rotonda del Boschetto fino all’altezza di Pisoni: creando una corsia riservata ai veicoli in discesa tale problema si incrementerà a danno della sicurezza. Se alle esigenze dei cittadini comuni si pensa assai poco, almeno si ponga mente alle persone anziane e agli invalidi che dovranno scendere e salire dagli autobus non dai marciapiedi laterali, ma da quello centrale costringendo queste persone ad attraversare una corsia o due senza ausilio di semafori e quindi in stato di minore sicurezza! Le tre corsie iniziano con la Rotonda del Boschetto, ma presso la riduzione della carreggiata prima della Rotonda di Largo Giardino diventano due creando un imbuto sia pericoloso per il convergere di 2 corsie in una sia illogico per il conseguente (e facilmente intuibile) rallentamento del traffico che comprometterà il flusso del traffico retrostante. Inoltre non ci sarà spazio per panchine coperte che in via Giulia potrebbero essere incrementate ad ogni fermata di bus, se non altro per evitare che chi ne ha necessità possa stare al riparo in caso di vento e pioggia. Infine le 3 corsie richiedono l’eliminazione dei posteggi laterali. Tuttavia lo scarico e carico di merci è indispensabile lungo la via: cosa che bloccherà continuamente il traffico. Ricapitolando: il progetto non risolve ma peggiora il problema sicurezza; contraddice le esigenze umane della collettività e in particolare delle persone anziane e di quelle con problemi fisici; non risolve il problema di un flusso regolare del traffico, con l’imbuto verso Largo Giardino e con una rotonda all’altezza di Piazza Volontari Giuliani; infine crea il problema di mancanza di posteggi laterali e molti residenti, in un periodo di crisi, dovranno pagarsi un posto auto. Realizzare le tre corsie richiede inoltre un costo che sarà pagato con le tasse dei contribuenti che già sono rimasti entusiasti dei “vespasiani” di Piazza Goldoni e della pessima soluzione di arredo urbano di Piazza Vittorio Veneto. C’è veramente di cosa preoccuparsi a pensare che sono gli stessi staff ad aver ideato i progetti di via Giulia e il Nuovo Piano del Traffico, di cui alcune incongruenze sono state bene dimostrate su queste pagine da una segnalazione dell’8 marzo. Ci si rivolge a chi governa oggi questo Comune: ripensare un programma, tra l’altro di una Giunta precedente, non è un segno di debolezza, ma di intelligenza.
Roberto Bernich presidente collegioTsrm Friuli Venezia Giulia
Come valorizzare il parco del Farneto
Migliorare il territorio, la qualità della vita dei residenti, diffondendo al contempo una valida cultura di tutela dell'ambiente. E' questo l'obiettivo del progetto "In boschetto", presentato ieri in Comune dall'assessore Emiliano Edera, che si propone di valorizzare e rivitalizzare il più esteso polmone verde della città, il parco del Farneto che, con i suoi 915.400 metri quadrati, «può diventare, grazie a una serie di eventi che andremo ad allestire al suo interno, elemento di aggregazione sociale - ha precisato lo stesso Edera - in un contesto di tutela del paesaggio». L’obiettivo sociale del progetto “In boschetto” è di «responsabilizzare il cittadino – è stato sottolineato ieri nel corso della presentazione – creando relazioni sociali, coinvolgendo le scuole, affinché trovino nel boschetto un’aula all’aperto, una naturale collocazione per apprendere conoscenze e modalità di contatto con il verde urbano a portata di mano». Lino Santoro, di Legambiente, ha spiegato che «una rete a diffusione regionale, che comprende associazioni che operano in tutto il Friuli Venezia Giulia, si è impegnata a creare spazi aggreganti, iniziative di natura sociale, cultuale, ricreativa e artistica, attività capaci di promuovere la tutela del bene comune». Saranno perciò curati il bosco e gli spazi verdi e sviluppati interessi da parte di istituzioni e cittadini, acquisendo elementi di "alfabetizzazione sensoriale", così e' stata definita, e nozioni di educazione ambientale. «Con le giunte guidate da Riccardo Illy - ha ricordato Santoro - era già stato avviato un primo processo di valorizzazione del bosco del Farneto, poi interrotto dalle due giunte Dipiazza. Con l'elezione di Cosolini – ha aggiunto - abbiamo trovato nuovamente riscontro alle nostre sollecitazioni». Il progetto prevede in particolare il coinvolgimento di scolaresche e anziani su progetti comuni, che avranno come comune denominatore la tutela dell’ambiente, «che potranno così dialogare fra di loro su temi storici, ambientali, cultuali, nell'ambito dell'attività di valorizzazione del bosco - ha concluso il rappresentante di Legambiente - per fare di questo posto un luogo di studio, approfondimento e socializzazione». Anna Mozzi, consigliere comunale del Pd, si è già attivata per coinvolgere nel progetto l’Istituto comprensivo di San Giovanni. Mariano Cherubini, presidente della sezione per il Fvg dell’Associazione medici per l’ambiente, ha auspicato che "iniziative di questo genere possano essere sempre più frequenti in futuro in regione". Per coinvolgere il più possibile la popolazione nella realizzazione di questo progetto predisposto di concerto dall’amministrazione comunale e dalla Legambiente, giovedì 29 marzo, alle 17.30, si svolgerà una pubblica assemblea, nella sala di via San Cilino 40/2, alla quale sono invitati tutti gli interessati.
Ugo Salvini
Il Museo ferroviario memoria della città - INTERVENTO
DI LUIGI BIANCHI
Accolto dal presidente del Circolo della Stampa di Trieste
Roberto Weber, Bruno Pizzul, ha fatto visita al Museo Ferroviario di Trieste
Campo Marzio per esprimere solidarietà ai volontari della Sezione Appassionati
Trasporti del Dopolavoro Ferroviario di Trieste, i quali da più di trent’anni
tengono in piedi un’iniziativa culturale e promozionale, patrimonio del Paese,
più conosciuta all’estero che in Italia, purtroppo abbandonata proprio dalle
Ferrovie Italiane. Il giornalista è venuto a Trieste anche per rispondere alla
domanda “Trieste Campo Marzio è solo un museo ferroviario ?”. Tanti hanno già
risposto “Transalpina e Metropolitana hanno il capolinea a Trieste Campo
Marzio”, seguendo Margherita Hack , Paolo Rumiz e Etta Carignani, presidente
dell’Associazione Nazionale Donne Elettrici di Trieste. Infatti il Museo
Ferroviario è l’unico in Italia (tre nel Mondo)ad essere realizzato in una
stazione ancora pienamente operante, in grado di ricevere e far partire treni,
come avvenuto dalla metà degli anni ’80, quando venne effettuata per la prima
volta la circolare di Trieste, utilizzando la galleria di circonvallazione, in
occasione dell’inaugurazione del Marketing Mix, la cui conferenza stampa si
svolse a bordo di un elettrotreno con impianto video in tutte le carrozze. In
tale occasione la SWG fece il primo sondaggio sulla metropolitana di Trieste. Il
convoglio, partito da Trieste Campo Marzio, vi fece ritorno toccando Miramare,
Aurisina, Opicina, Guardiella, Rozzol-Montebello. La seconda effettuazione
avvenne in occasione della visita a Trieste del Collegio degli Ingegneri
Ferroviari Svizzeri, con fermata a Guardiella per consentire la colazione alla
Trattoria Suban di via Comici, raggiunta a piedi dalla maggioranza dei
partecipanti. I volontari della Sat-Dlf hanno poi aggiunto alle circolari
carsiche “Binari sconosciuti”, utilizzando la vasta rete in partenza da Trieste
Campo Marzio. Finalmente anche le FS si sono mosse realizzando i “Rondò”,
circolare carsica, su iniziativa del Comune di Trieste, egualmente facenti capo
a Campo Marzio, dove ancora i volontari sono riusciti a portare numerosi treni
storici dall’Austria e dalla Germania contribuendo concretamente allo sviluppo
turistico della città e della regione. Ma l’importante iniziativa ha avuto una
brusca interruzione, anche in questo caso ad opera delle FS , che tramite
Trenitalia hanno imposto tariffe proibitive, con il risultato di far arrestare i
treni turistici in Slovenia. Prevale su tutto ormai il ritornello “C’è poco
mercato”,”Dobbiamo riempire i treni”,“Chi paga ?”, per coprire l’assoluta
mancanza di una visione europea dei traffici e delle potenzialità di sviluppo di
mobilità e logistica, sia per il porto che per la città, sia per le merci che
per i passeggeri. La deriva autolesionistica fa emergere l’urgenza dello
scorporo della rete dal gruppo FS, al fine di garantire quell’indipendenza
necessaria per ricondurre alla loro missione le singole imprese e per cogliere
tutte le opportunità offerte dai traffici in una dimensione europea. Non a caso
dall’Università degli Studi di Milano Bicocca il prof. Giulio Mellinato ha
affermato:”Senz’altro offro il mio sostegno a tutte le iniziative che possano
non solo salvare, ma possibilmente valorizzare il Museo Ferroviario, magari
facendolo diventare il motore trainante del Museo dei Trasporti della
Mitteleuropa, ove (un tempo) comunicare non era un lusso ma un elementare
strumento di civiltà.” Dall’Università di Trieste gli ha fatto eco il prof.
Alfio Toselli: ”Aderisco alla petizione per salvare il Museo di Trieste Campo
Marzio con grande preoccupazione per il destino di tale struttura, memoria
storica della città e possibile mezzo di un programma di sostenibilità urbana,
quale ad esempio una metropolitana leggera, proiettata verso il futuro di
Trieste.”
SEGNALAZIONI - Ferrovie L’intercity è rimasto
Facciamo presente al vostro lettore (8 marzo) che l’Intercity Notte 774 non è mai stato cancellato. L’unica novità, introdotta lo scorso dicembre, riguarda la sostituzione della carrozza letto con la cuccetta confort a 4 posti. Una scelta dettata dal basso numero di richieste per il vagone letto, insufficienti a coprire i costi del servizio. I viaggi in treno sulle lunghissime rotte, quelli descritti nella lettera, hanno conosciuto negli ultimi anni una forte crisi di domanda (- 60% in 10 anni), complice il crescente successo dei voli low cost. Per continuare a effettuarli, dopo che nel 2011 avevano registrato un forte passivo (oltre 90 milioni di euro), il committente del servizio, ossia lo Stato, ha deciso che i treni notte effettuati da Trenitalia da e per la Sicilia, la Calabria e la Puglia facessero capolinea a Roma e a Bologna e si integrassero anche con le corse ad Alta Velocità. In sostanza, si è lasciato ai treni notte il solo servizio effettivamente notturno, riducendone percorrenza e costi di produzione e mantenendo pressoché inalterato il prezzo finale del biglietto. I tempi di viaggio però sono diminuiti. Il Roma Trieste, in ogni caso, viaggia ancora, senza sostanziali modifiche.
Federico Fabretti - Direzione Centrale Media Ferrovie dello Stato Italiane
Discariche abusive aperta la “caccia” in Val Rosandra
SAN DORLIGO DELLA VALLE Perché differenziare i rifiuti? Sarà questo il quesito chiave dell'incontro pubblico in programma domani alle 18.30 al Centro Visite della Riserva naturale della Val Rosandra a Bagnoli. La tavola rotonda, a cui prenderanno parte il Sindaco del Comune di San Dorligo della Valle Fulvia Premolin ed alcuni esperti del Wwf e di Legambiente, rientra nell’ambito dell’iniziativa “Puliamo il mondo - Cleanup the World”. In questi giorni il Comune di Dolina sta attuando una verifica delle ubicazioni delle discariche abusive sul territorio in vista dell'azione di rimozione dei rifiuti solidi urbani che coinvolgerà anche i dintorni delle superfici pubbliche, dei borghi e dei sentieri prevista per il 23 e 24 marzo. «Il progetto è un momento unico per rendere consapevoli i giovani del problema dei rifiuti: il coinvolgimento dei bambini e dei ragazzi nell'azione di pulizia è una buona opportunità per far loro sentire il legame con la propria comunità locale, per fargli fare qualcosa di positivo per l'ambiente in cui vivono e al contempo per fargli imparare qualcosa di nuovo», spiega il una nota il Comune di San Dorligo. A Dolina sabato 24 marzo verrà organizzata l'iniziativa comunale dei volontari per l'ambiente. I volontari e il personale addetto del Comune di San Dorligo verificheranno, fino alla data in esame, le ubicazioni delle discariche abusive, ovvero i punti di maggior criticità; nei giorni attorno al 24 marzo verrà invece effettuata una azione di rimozione dei rifiuti solidi urbani da queste discariche. Oltre a ciò, verranno puliti anche i dintorni delle superfici pubbliche, dei borghi e dei sentieri. I volontari del comune di San Dorligo si inseriranno in una “pattuglia” composta da milioni di persone che da marzo a settembre del 2012 effettueranno nei propri territori azioni di pulizia in oltre 70 Paesi di tutto il mondo.
(ri.to.)
Catena umana contro i razzismi - Domani in piazza
Vittorio Veneto l’iniziativa promossa dalla Provincia con l’Unar
Una catena umana per dire no a tutti i razzismi.
L’iniziativa, programmata a livello nazionale per domani, è stata presentata
ieri dall’assessore provinciale alle politiche sociali e all’immigrazione,
Roberta Tarlao. Organizzato dalla Provincia in collaborazione con l’Unar -
Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali della Presidenza del consiglio e
con il patrocinio di Unhcr (Agenzia Onu per i rifugiati), l'evento viene
proposto in occasione della Giornata mondiale contro il razzismo istituita
nell’anniversario della strage di Sharpeville, in Sud Africa, dove il 21 marzo
1960 la polizia sparò sui manifestanti uccidendo 69 cittadini neri in protesta
contro il regime dell’apartheid. Alle 10.30 in punto, nelle 35 città che hanno
aderito all’iniziativa, un popolo anti-razzista fatto di studenti, insegnanti,
volontari dell'associazionismo, comunità straniere, cittadine e cittadini si
prenderanno per mano e circonderanno i luoghi-simbolo della cultura italiana,
per manifestare pubblicamente il rifiuto del razzismo e della xenofobia. «A
Trieste - spiega Tarlao - la catena umana prenderà forma in Piazza Vittorio
Veneto – con un vero e proprio evento al quale collaborano la Consulta
provinciale degli studenti, e i rappresentanti dei principali enti ed
associazioni interculturali del territorio, fra cui l’associazione Etnoblog che
si è occupata degli aspetti scenografici della manifestazione». Il programma,
nell’ambito del protocollo sottoscritto tra Provincia e Unar, curato
dall’assessorato guidato da Tarlao, prevede il coinvolgimento diretto degli
studenti delle scuole provinciali e di referenti delle associazioni che operano
nell’ambito delle discriminazioni. Ci saranno interventi e testimonianze,
attività musicali, distribuzione di materiale mirato, offerta di magliette e
palloncini. La catena umana è solo una delle numerose iniziative che l'Unar
realizza per l'ottava Settimana di azione contro il razzismo, in programma da
domani e fino al 28 marzo. Sarà possibile seguire l'iniziativa su facebook
all’indirizzo http://www.facebook.com/norazzismi
IL PICCOLO - LUNEDI', 19 marzo 2012
Pm10 vicine a sforare, allerta in Comune
Occhi aperti in Comune. I dati sulla qualità dell’aria, certificati e diffusi dall’Arpa nei giorni scorsi, hanno messo in evidenza alcune situazioni vicine allo sforamento del limite di legge previsto per la presenza di polveri sottili. Limite fissato nella media giornaliera di 50 microgrammi per metrocubo. Giovedì e venerdì scorsi la centralina di via Carpineto ha registrato una media proprio di 50 precisi, in entrambe le giornate. Discorso identico, il giovedì, per via Pitacco. L’assessore comunale all’Ambiente Umberto Laureni analizzerà nella giornata odierna il report domenicale dell’Arpa, per capire come si stia evolvendo la situazione. Nel caso di sforamenti, con oltre 70 microgrammi per metrocubo in due delle tre centraline di riferimento in una sola giornata o con tre giornate consecutive con medie oltre i 50, il Comune è infatti chiamato a disporre la chiusura al traffico del centro città. Ma non lo farà più - in deroga al Piano d’azione comunale - con decisione presa al mattino per il pomeriggio stesso. Bensì, attenendosi al Pac, avviando la limitazione dal pomeriggio del giorno successivo.
(m.u.)
MUSEO FERROVIARIO
Oggi, alle 11, al Museo Ferroviario di via Giulio Cesare in Campo Marzio, Carlo Genzo e Sergio Tremul di Camminatrieste, accolti da Claudio Vianello e Roberto Carollo del Dopolavoro ferroviario e da Leandro Steffè di Ferstoria, porteranno la loro solidarietà ai volontari della Sat-Dlf che permettono con il loro impegno di mantenere in vita il Museo.
IL PICCOLO - DOMENICA, 18 marzo 2012
Accordo sulla Ferriera, domani l’assemblea - Al
giudizio dei lavoratori l’intesa siglata in Regione. Timeo (Uil): «Stavolta c’è
un impegno serio»
Domani assemblea dei lavoratori della Ferriera. Sotto
giudizio l’intesa siglata in Regione nei giorni scorsi che per la prima volta
(gli stessi sindacati ne sono certi) vincola tutti gli enti locali a costruire
il percorso di “trasformazione” della fabbrica, per dismettere le funzioni
siderurgiche, trovare un acquirente, una nuova “sostenibile produzione”.
Salvando l’occupazione. Operazione complicata, finora andata a monte, che ora
però dovrà portare a un accordo di programma entro marzo 2013, fra un anno
esatto. Lavorerà un “Ufficio speciale” istituito in Regione. Con obbligo di
rendiconto due volte al mese, per 12 mesi. È stato firmato anche il calendario
completo. Dell’assemblea riferiranno subito dopo i sindacati, con i segretari
provinciali di Cgil, Cisl e Uil. Ieri le Rsu hanno dato illustrazione
dell’accordo, e inaugurato al Circolo della Ferriera una mostra con le foto di
Oliviero Bertuzzi che raccontano l’ultimo sciopero. I recenti anni sono stati
segnati da proteste dure in Municipio e in Regione. «È vero che si alzava sempre
il livello dello scontro ma non si è mai portato a casa niente - afferma Enzo
Timeo, segreterio provinciale Uil -, adesso però le cose sono cambiate. Questo
gruppo tecnico, di cui fanno parte non solo Regione, Comune, Provincia, ma anche
Ezit e Confindustria oltre che i sindacati, è vincolato a produrre risultati
operativi nell’arco di una fitta serie di incontri. È significativo che la
Regione abbia istituito un ufficio specifico, assegnato persone dedicate, e
dunque investito sulla riconversione». Nell’accordo si citano il progetto
Lucchini di creare nell’area una centrale elettrica, le analisi dei terreni già
avviate, per misurare gli inquinanti. Si concorda che «vi è una una diffusa
convinzione che l’impianto debba essere dismesso perché non è più compatibile
con il contesto territoriale». Nel frattempo, è da evitare «lo stallo
amministrativo e produttivo». Perché porterebbe un carico pesantissimo proprio
sulle amministrazioni locali: obbligo di pagare le bonifiche, spesa sociale per
i lavoratori coinvolti, responsabilità per la riconversione produttiva. Piombino
vara i contratti di solidarietà per proseguire la produzione a scartamento
ridotto, Trieste con un assenso già espresso da due ministeri forse imbocca,
dopo tanti tormenti, una strada. (g. z.)
Area ex Aquila, disatteso l’accordo di programma
L’assessore Savino: non è stata effettuata la bonifica.
La valutazione del sindaco di Muggia Nesladek: «Riaprire il confronto per fare
il terminal»
Un Accordo di programma mai rispettato, scaduto e mai riaperto nonostante le
richieste, inascoltate, di Ezit e Comune di Muggia. Il ricorso della Samer
Shipping contro la Teseco nella vicenda del Terminal traghetti da realizzare
nell'area ex Aquila porta alla luce un altro aspetto della vicenda, nel quale
sono coinvolti gli enti locali e in particolare la Regione. Al di là delle
contestazioni tra due soggetti privati, con Samer ad accusare Teseco di tentare
di vendere un terreno ad un prezzo superiore a quello di mercato dopo averlo
pagato una cifra simbolica in cambio della bonifica mai fatta, la vicenda
giudiziaria evidenzia anche il mancato rispetto di altri accordi. Nel ricorso,
infatti, cita l'Accordo di Programma firmato il 28 dicembre 2005 tra la Regione
Friuli Venezia Giulia, la Provincia di Trieste, i Comuni di Muggia, Trieste, San
Dorlingo della Valle-Dolina, Ezit e Teseco per la bonifica e la riqualificazione
del sito “ex Aquila” (circa 200.000 mq). «Ad oggi, la sottozona A - ex Aquila -
non è stata bonificata e l’Accordo di Programma, scaduto, non è stato
rinnovato», si dice nel ricorso. La conferma arriva dall'assessore regionale
alla Finanze e alla Programmazione, Sandra Savino: «E' vero, l'Accordo di
programma è scaduto e a noi abbiamo chiesto più volte a Teseco di rispettarlo.
Ci hanno risposto adducendo delle ragioni, ma poi tutto è rimasto fermo». Cosa
succederà ora, mentre le aree non bonificate stanno per essere cedute per il
progetto del terminal traghetti? «Stiamo valutando la riapertura della
Conferenza dei servizi per un nuovo Accordo di programma – spiega ancora
l'assessore Savino – ma il mio assessorato fa una regia per la chiusura di
quanto concordato». In tempi non sospetti e temendo che prima o dopo il caso
sarebbe scoppiato, già due enti avevano chiesto che si riprendesse in mano la
questione. «Da tempo e in varie sedi abbiamo fatto presente che i tempi andavano
accelerati. Bisogna riaprire il confronto con un nuovo Accordo di programma –
sostiene il sindaco di Muggia, Nerio Nesladek – facendo però attenzione a tener
ben presenti tre aspetti. Quello economico previsto nel primo Accordo, ma
soprattutto il Piano regolatore portuale in via di approvazione che prevede il
terminal traghetti e il protocollo appena firmato dal ministero dell'Ambiente
per il recupero di quelle aree. Non mi sembrano novità da poco». «Non so perché
la Regione non abbia rinnovato l'Accordo di programma, come avevamo chiesto di
fare – commenta invece Dario Bruni, presidente dell'Ezit – ora se ci sono
omissioni o scorrettezze è giusto che si vada avanti, anche se se personalmente
sono dell'idea che in Tribunale le questioni si ingarbugliano».
Riccardo Coretti
«Progetto Teseco, serve più trasparenza» - DUBBI
SULL’ITER
Cervesi (Un’altra Trieste): «Il privato ha avuto, ma
non ha restituito e adesso cambia idea»
«Chiarezza sull’area ex Aquila, oggi di proprietà Teseco» chiede Francesco
Cervesi, consigliere provinciale di Un’altra Trieste, ricordando che su parte
della zona pende un accordo di programma mai rinnovato con la Regione. «L’area
della raffineria - scrive Cervesi -, acquistata dalla Teseco di Pisa, è stata
oggetto di un accordo pubblico tra Regione ed enti locali che concedeva alla
proprietà di realizzare un grande centro commerciale (100 mila metri quadrati)
nella zona dei serbatoi. In cambio di tale concessione la proprietà si impegnava
a bonificare il resto dell’area e a rivendere i terreni così “ripuliti” a un
prezzo calmierato. Da una parte la collettività dava al privato, dall’altra il
privato restituiva alla collettività: aree utili per insediamenti produttivi a
prezzo calmierato – merce assai rara in provincia». A 10 anni da quell’accordo,
ricorda Cervesi, «Teseco ha ottenuto le autorizzazioni per il centro
commerciale, ma non ha ancora restituito le aree bonificate. Propone invece una
diversa destinazione per le aree da bonificare (il terminal ro-ro, ndr), col
supporto di alcuni enti firmatari dell’originario accordo, in testa il sindaco
di Muggia. Il privato ha incassato ma non ancora restituito: propone invece una
revisione dell’accordo». Aggiunge il consigliere provinciale: «Se è corretto che
il privato cerchi di massimizzare i profitti derivanti dall’operazione ex
Aquila, e si comprende che proponga tutte quelle modifiche che ritenga utili ai
suoi scopi, non si comprende perché alcuni enti avrebbero cambiato idea. Perché
il sindaco di Muggia e gli altri soggetti coinvolti non richiedono
l’applicazione dell’accordo di programma e sollecitano le operazioni di bonifica
e restituzione delle aree?».
Manifestazione contro la vivisezione e abusi sugli
animali
Un milione ogni anno in Italia, pari a tremila ogni giorno. 12 milioni in Europa, 115 milioni nel mondo. Sono i numeri degli animali vittime di esperimenti scientifici. Numeri contro i quali si batte da trent’anni la Lega Antivivisezione. Una battaglia portata avanti con un messaggio preciso, che rivendica la protezione degli animali, la difesa dei loro diritti, e che combatte ogni forma di sfruttamento e violenza nei loro confronti. Anche quest’anno, in occasione delle giornate nazionali contro la vivisezione, programmate in questo e nel prossimo fine settimana, la Lav è scesa in campo in oltre 350 piazze italiane, per sensibilizzare i cittadini sul tema della sperimentazione scientifica sugli animali. Anche a Trieste è stato allestito un banchetto informativo per la raccolta firme, che in questa circostanza, sono state indirizzate su quello che sarà il nuovo Decreto Legislativo che, entro il mese di novembre, dovrà delineare le linee guida sulla sperimentazione animale, in base alla direttiva europea del 2010. «La norma comunitaria in questa materia è fortemente penalizzante, in quanto consente la sperimentazione su cani e gatti randagi, cosa che fortunatamente in Italia è proibita – spiega Fulvio Tomsich Caruso, consigliere della Lav Trieste -. Dunque questa è un’occasione importante per cambiare le regole della sperimentazione scientifica, favorendo la diffusione dei metodi alternativi, basati ad esempio sulla coltura in vitro di cellule e tessuti umani, oppure su modelli informatici, senza più ricorrere all’utilizzo degli animali per test che sono inutili, crudeli e dannosi». Nel pomeriggio di ieri, anche i volontari della Lav, si sono uniti al corteo pacifico organizzato per dire no alla costruzione del nuovo stabulario all’Università di Trieste, promosso da un gruppo di cittadini, contrari alla vivisezione e ad ogni abuso e sfruttamento animale, che si è dato appuntamento grazie al passaparola nato via internet. Il corteo, cui hanno aderito circa 400 manifestanti, e accompagnato da una petizione, è partito da Piazza della Borsa e si è snodato lungo le vie del centro cittadino, da Corso Italia a via Carducci sostando simbolicamente in piazza Oberdan, davanti al palazzo della Regione. Striscioni, cartelli e slogan anti vivisezione hanno accompagnato la marcia dei manifestanti, alcuni vestiti provocatoriamente con camice e mascherina da chirurgo, altri sfilati in corteo insieme ai loro amici a quattro zampe. «Il nostro obiettivo – precisa Anna Stancanelli, una delle promotrici della manifestazione - è quello di far sì che i soldi pubblici stanziati, quasi 460 mila euro, in gran parte derivanti da fondi regionali, invece che essere impiegati per la costruzione di uno stabulario, siano investiti in una realtà scientifica didattica, che si adegui alle nuove tecnologie, come lo sviluppo dei metodi di ricerca già esistenti, che non fanno ricorso alla sperimentazione animale».
Paolo Pitich
Perché non realizzare il rigassificatore a Porto Nogaro?
- LA LETTERA DEL GIORNO - Ezio Solvesi
Ho letto le recentissime esternazioni del ministro Passera
a proposito del previsto rigassificatore "On-shore" di Trieste e, se permettete,
vorrei esprimere anche la mia opinione. È dal 2007 che si trascina la "pratica"
delle scelte politiche senza una conclusione. Cinque anni, evidentemente, sono
pochi per i tempi decisionali dei nostri politici. Sono, quindi, pienamente
d'accordo con il ministro sul fatto che non è il caso di perdere altro tempo.
Certo che l'insediamento di un rigassificatore a Trieste potrebbe essere una
splendida opportunità. Per Gas Natural, però. Non dimentichiamo, infatti, che
per rendere operativo l'insediamento, bisognerà stendere anche un lungo gasdotto
sottomarino da Zaule alla costa nei pressi di Grado. Tale grosso tubo dovrà
essere posato sui fanghi del fondale in una trincea scavata all'uopo, in modo da
proteggerlo da ancore, reti e ogni altro oggetto pesante che possa raggiungere
il fondo. Ovviamente i fanghi scavati andranno estratti e stoccati a riva.
Presumo in zona industriale. Peccato si tratti di fanghi pesantemente inquinati
da scarichi di metalli pesanti accumulatesi lì nei decenni e che, finché restano
sul fondo, sono innocui ma, rimescolati e trasportati a riva, genererebbero un
pesante problema di inquinamento sia nel mare che sul terreno. Trieste sta già
diventando la "pattumiera" d'Italia (ci sono la Ferriera, l'inceneritore, il
Cementificio, l'Oleodotto, l'ex raffineria e i residui delle fabbriche dismesse,
cantieri e Vetrobel in primis che, a fronte di un limitato numero di occupati,
consumano il territorio e rovinano la salute dei residenti in maniera pesante).
C'era bisogno anche di metterci un rigassificatore? L'autorizzazione, quindi, a
costruire questo "tubone" per il gasdotto sarebbe probabilmente più difficile da
ottenere rispetto a quella per il rigassificatore stesso. Potrebbe quindi
verificarsi il caso di un rigassificatore costruito, ma privo di connessione
alla rete gas. Ebbene, anche in questo caso, la Gas Natural avrebbe convenienza
a costruire. Sembra, infatti che il contratto preveda che la società
costruttrice (Gas Natural) avrà diritto, per un congruo numero di anni, ad un
rimborso spese calibrato sulla capacità di stoccaggio del rigassificatore, anche
nel caso questo restasse non operativo. A questo punto vorrei suggerire ai
nostri amministratori una soluzione per tagliare la testa al toro. Il
rigassificatore si potrebbe costruire a Porto Nogaro, invece che a Zaule. Lì
fare il gasdotto è una questione di poco. L'allaccio alla rete sarebbe a qualche
chilometro, senza necessità di pesanti escavazioni. L'area portuale è ampia,
pianeggiante, ben collegata e ricca di servizi. Inoltre si tratta di un porto ad
accesso più diretto rispetto a Zaule e senza i problemi di blocco delle attività
del Porto di Trieste imputabili alla presenza di navi metaniere. Sono certo che
gli amici friulani apprezzerebbero questa installazione che permetterebbe alla
Bassa Friulana di usufruire di forniture dirette di gas in una zona industriale
che ne consuma certamente di più di quella triestina. A chi obbietta che forse i
fondali non sarebbero adeguati si potrebbe rispondere che il punto di ancoraggio
potrebbe trovarsi fuori dalla laguna, a ridosso, per esempio, dell'isola di
S.Andrea. Sono curioso di sentire le opinioni dei diretti interessati.
IL PICCOLO - SABATO, 17 marzo 2012
Piano del traffico, preferenza alle ciclabili -
Marchigiani: progetto in discussione con la città per poter giungere a un
risultato condiviso
Un principio generale: «Dare una piazza a ogni rione». Tante novità di dettaglio, a cominciare dalla rotatoria che sarà realizzata all'incrocio fra via Flavia e strada della Rosandra, utilizzando un finanziamento garantito dall'Anas, in cambio del passaggio di competenza di quella strada al Comune, per continuare con i percorsi riservati ai ciclisti nelle vie XXX Ottobre e Trento. E ancora con lo spostamento dei capolinea di varie linee pubbliche da piazzale Gioberti in viale Sanzio, per creare, nel centro del piazzale, un'ampia area pedonale. Sono queste le novità relative al Piano del traffico emerse nel corso dei vari incontri che l'assessore per la Pianificazione urbana, Elena Marchigiani, ha avuto nel corso della prima metà di marzo con l’Osservatorio per la mobilità sostenibile, numerose associazioni ambientaliste, Vigili del fuoco, alcune Circoscrizioni, nello specifico quelle che hanno competenza sul territorio dell’altopiano. Incontrati per discutere. «Ho sempre ritenuto – ha spiegato Marchigiani – che il Piano del traffico non debba essere uno strumento imposto ai triestini, ma un progetto da discutere con la gente e le istituzioni rappresentative delle esigenze della popolazione, per arrivare a un risultato che sia condiviso». I suggerimenti, le proposte, le alternative alla bozza originaria che si sono sviluppati nel corso di questi incontri, «e quelli che emergeranno dai prossimi, che abbiamo già fissato in calendario», ha precisato, saranno attentamente vagliati. «Da questa prima tornata è apparsa evidente – ha chiarito l’assessore – l’urgenza di assicurare percorsi protetti e dedicati ai ciclisti in centro città. Con le Circoscrizioni dell’altipiano abbiamo valutato l’opportunità di creare aree di sosta a pagamento a Opicina, in piazzale Brdina e vicino alla rotatoria di Strada per Vienna. Sul tema le Circoscrizioni hanno manifestato alcune perplessità, riservandosi di fare ulteriori approfondimenti, che aspettiamo entro la fine del mese». Nel corso della prima metà di marzo Marchigiani ha incontrato anche gli Ordini professionali e l’Ance. «Nel complesso – ha continuato l’assessore – sono molto soddisfatta, perché si sta passando dalla fase di contrapposizione a quella del dialogo». Marchigiani ha annunciato infine che si sta predisponendo il piano delle variazioni al traffico necessarie per permettere lo svolgimento dei lavori di risistemazione della galleria di piazza Foraggi, che sarà chiusa. I prossimi incontri in calendario sono quelli del 21 marzo, con la sesta Circoscrizione, alle 19 al Mib, il 23 alle 20 con la terza, il 28 alle 19.30 con la quinta alle 19.30, nelle loro sedi.
Ugo Salvini
«No a Krsko, Tondo scandaloso» - ACCUSE AL GOVERNATORE
- Il Pd: «Il rischio nucleare è alto, speriamo che Passera lo convinca»
TRIESTE L’incontro tra il presidente sloveno Türk e il
governatore Tondo provoca dure e immediate reazioni da parte dell’opposizione.
«Alto il rischio per la centrale nucleare di Krsko - commenta il capogruppo del
Pd, Gianfranco Moretton -sono scandalose le dichiarazioni di Tondo con le quali
dichiara di voler confermare, e quindi finanziare, il raddoppio della centrale
nucleare slovena di Krsko, pur conoscendo i risvolti catastrofici degli ultimi
avvenimenti, e nonostante l'esempio di numerosi Paesi di frenare la corsa al
nucleare». «Nel caso specifico della centrale di Krsko, già considerata obsoleta
- continua l’attacco di Moretton - , è evidente che il rischio si moltiplica, e
non si capisce perché, anziché evitare le catastrofi, Tondo le voglia
promuovere». «A questo punto c’è da augurarsi che almeno il ministro tecnico
Passera sappia convincere Tondo alla prudenza - incalza l’esponente democratico
- e soprattutto a prendere coscienza di quanto questo investimento alzi il
rischio sicurezza anche per il Friuli Venezia Giulia, rispetto ai benefici che
ne potrebbero conseguire». «Viene spontaneo dire - conclude polemicamente
Moretton - meno male che a breve si torna al voto. Vogliamo infatti garantire
che un governo di centrosinistra promuoverà certamente una politica di nuove
forme energetiche, che tuteleranno in primo luogo la salute e la sicurezza dei
cittadini».
«Ferriera, tutto da definire il percorso di
dismissione» - Fiom
«La firma del protocollo d’intesa non equivale ad un
assenso preventivo su un accordo di programma tutto ancora da definire». Così la
Fiom Cgil precisa il senso dell’accordo, sottoscritto da istituzioni e parti
sociali, sul percorso da seguire per arrivare alla dismissione della Ferriera e
alla reindustrializzazione dell’area di Servola. «L’intera partita - sottolinea
in una nota il sindacato - andrà affrontata alla luce della nuova situazione
della Lucchini e del contesto economico, produttivo, energetico ed ambientale
del territorio triestino. Andranno quindi tenuti in considerazione gli effetti
della crisi, la scarsa percentuale di attività industriali, l’elevatissimo tasso
di disoccupazione nella nostra provincia. Anche alla luce di questi elementi -
prosegue la Fiom - è importante che l’ipotetica data di cessazione dell’impianto
siderurgico prevista nel piano industriale e finanziario presentato
dall’azienda, vada verificata con il nuovo cda della Lucchini e con gli
eventuali futuri compratori e investitori. È necessario quindi - conclude la
nota - che non ci siano preclusioni all’ insediamento di attività del ciclo
siderurgico (che oggi coinvolgono non solo la ferriera di Servola, ma anche la
Sertubi) nella realizzazione dell’accordo di programma». Sul protocollo d’intesa
fa sentire la propria voce anche l’Ugl. «Esprimiamo soddisfazione per il
risultato ottenuto», commenta Marco Stolfa della segreteria Metalmeccanici.
«Oggi la sinergia con le istituzioni ha finalmente prodotto un accordo condiviso
con tutti gli attori chiamati a fare la loro parte in questa difficile vertenza
- aggiunge Matte Cernigoi, segretario regionale Ugl -. Non dobbiamo però
abbassare la guardia. Questo è un primo passo, speriamo ne seguano altri
concreti».
SAN DORLIGO DELLA VALLE - Raccolta differenziata - Un incontro sul tema
Il Comune di San Dorligo della Valle in collaborazione con Wwf e Legambiente Trieste promuove un incontro per mercoledì 21 marzo alle 18,30 nel centro visite della Riserva della Val Rosandra a Bagnoli sul tema “Rifiuti: perchè differenziare? Conferenza sul tema della raccolta differenziata nell’ambito di Cleanup the World 2012”.
I percorsi naturalistici in un convegno a Duino - IN
CASTELLO
DUINO AURISINA Oggi, con inizio alle 14,30, nella sala
conferenze del Castello di Duino, avrà luogo il convegno sul tema “Percorsi
naturalistici della provincia di Trieste e del Carso”. Moderato da Masssimo
Romita, vicesindaco e assessore al turismo del Comune di Duino Aurisina, il
convegno vedrà gli interventi di Igor Dolenc, vicepresidente della provincia di
Trieste; Guerrino Lanci, presidente di Promotrieste; Maurizio Spoto, direttore
dell’Area marina protetta di Miramare; Mario Privileggi, presidente della
Società Alpina delle Giulie; Tiziana Brazzatti, geologa, insegnante e
scopritrice del dinosauro “Antonio”; Mila Erbisti, referente del Gruppo
speleologico Flondar; Corrado Greco, dell’azienda agricola le Torri di Slivia;
Nicola Bressi, direttore del Museo di Storia naturale di Trieste; Enzo
Sartorello, presidente del Consorzio Villaggio del Pescatore; Fulvuio Tamaro,
assessore all’Ambiente e parchi della Regione Friuli Venezia Giulia; Fabio Perco,
naturalista; Zvonko Legisa, professore e promotore di percorsi naturalistici e
storici del Carso.
GREEN STYLE.it - VENERDI', 16 marzo 2012
TAV: inutile per l’Italia. Intervista al presidente di
Legambiente
TAV: un’opera necessaria oppure soltanto un enorme
spreco di denaro? Abbiamo provato a fare chiarezza sul tema ponendo alcune
domande a Vittorio Cogliati Dezza, presidente di Legambiente, una delle
associazioni ambientaliste che da sempre si è schierata contro la realizzazione
dell’Alta Velocità in Val di Susa.
Si fa un gran parlare di TAV in questi giorni. Legambiente si è sempre posta
sul fronte di una pacifica opposizione alla grande opera. Vuole riassumere le
vostre ragioni?
In estrema sintesi direi che non è una priorità, a diversi livelli. Non lo è
rispetto agli investimenti nel sistema trasportistico nazionale per le merci,
che ormai vanno più da sud a nord che da ovest a est. Non lo è perché non vi è
nessun segnale che si voglia cambiare l’impianto del sistema, spostando le merci
dalla gomma al ferro, tanto che il Parlamento si è appena rifiutato di
sottoscrivere il protocollo trasporti della Convenzione delle Alpi, che va in
questa direzione, e mentre si parla tanto del nuovo tunnel ferroviario, si sta
costruendo il raddoppio di quello autostradale (e la domanda sorge spontanea,
visto che il trasporto merci Italia – Francia sta calando, quale delle due
strutture rimarrà sottoutilizzata?). E poi perché mai le merci dovrebbero
muoversi ad alta velocità?
Sulle cifre dei lavori stiamo assistendo a un vero e proprio balletto. Tra
vecchio e nuovo progetto low cost, facciamo un po’ di chiarezza: quanto
costerebbe la TAV?
Fare chiarezza è pressoché impossibile, perché si dice che all’Italia costerà il
57%, il resto alla Francia, di un totale che non si sa per due ragioni, la prima
è che l’Europa ancora non ha definito la sua quota, la seconda è che sempre le
cifre dette in partenza sono molto inferiori ai costi finali. Questo vezzo in
Italia è particolarmente consolidato tanto che abbiamo il record europeo di un
aumento dei costi di circa sei volte (così si capisce anche perché l’Italia ha
accettato di addossarsi la maggior parte dei costi per un’opera che sta sul
nostro territorio solo per 13 km contro i 44 su territorio francese).
Inoltre c’è da considerare che da questo ultimo progetto sono escluse le opere
da Bussoleno a Torino e intorno al nodo di Torino, che è la vera urgenza di
tutta la questione!
Il Governo sembra darvi torto. In particolare il Ministro dell’Ambiente Corrado
Clini ha spiegato come secondo lui la vecchia linea sia strutturalmente inadatta
al trasporto dei TIR (con conseguente modifiche che hanno portato al senso unico
alternato); questa sarebbe la ragione del calo dei trasporti di merci via treno
nel tratto Lione-Torino e un ottimo motivo per iniziare i lavori per il nuovo
valico. Inoltre, Clini ha ribadito che non ci sarebbero rischi ambientali
particolari collegati ai lavori. Cosa risponde al Ministro?
Innanzitutto il calo da 49,7 milioni di tonnellate/anno a 42,5 dal 2000 al 2010
riguarda il traffico totale (strada+ferrovia) di merci tra Francia e Italia, la
strettoia del Frejus non c’entra (mentre quello con la Svizzera è cresciuto da
29,5 a 38,4, e quello con l’Austria da 58,3 a 66,4). Secondo, sulla vecchia
linea sono stati spesi ultimamente 700 mln (400 in Italia) per l’ammodernamento,
perché non si è adeguata la linea agli standard moderni? Chi ha sbagliato?
Infine l’arch. Virano dice che la vecchia linea è troppo ripida, mi viene in
mente un’obiezione: non si fa prima e costa meno costruire locomotive più
potenti? Invece che fare 57 km di galleria?
Quanto ai rischi ambientali, credo che siano quelli normali di queste opere, che
si può mettere in conto di correre (visto che ci sono gli strumenti per mettere
in sicurezza) solo se l’opera è davvero indispensabile.
Ma c’è davvero un rischio di contaminazione da amianto, come notato da vari
osservatori e ribadito recentemente, fra gli altri, da Travaglio a Servizio
Pubblico?
Da quello che so il rischio era soprattutto presente nel primo progetto che
attraversava la catena montuosa a sinistra della valle, dove esistevano anche
miniere di uranio. Sul versante destro non saprei, d’altra parte il tunnel
geognostico si dovrebbe fare proprio per verificare questa presenza.
Un’opinione sull’ipotesi del Governo Monti di risarcire la Valle con sgravi
fiscali e finanziamenti extra? Ha ragione Perino a dire che il Presidente del
Consiglio non conosce i gli abitanti della Val di Susa?
Sicuramente Perino conosce gli abitanti della Val Susa meglio di Monti, ma anche
di me e quindi non le so rispondere. Certo è che la “carota” degli sgravi e
delle compensazioni non risponde a un’esigenza strutturale della valle, ovvero
qual è lo sviluppo durevole che si vuole costruire per quel territorio? La Val
Susa può essere solo una grande struttura di trasporto (due ferrovie,
un’autostrada, due strade statali) o può pensare a un futuro che dia garanzie
temporali che vanno al di là della durata dei cantieri?
Tra le aziende appaltanti leggiamo alcuni nomi noti: la Impregilo e la CMC di
Ravenna. Qualcuno potrebbe pensare che la TAV sia il perfetto esempio del
sodalizio politica-aziende che tanti guasti ha creato al nostro Paese. Com’è
possibile, secondo lei, che un’azienda così discussa come la Impregilo vinca
appalti ovunque, dalla Val di Susa al Ponte sullo Stretto, passando per
l’inceneritore di Acerra?
Qui entriamo in un altro ordine di problemi che non ha a che fare con la TAV in
Val Susa, ma ha a che fare con tutto il sistema dei pubblici appalti in Italia.
Un sistema che come ho già detto vive di preventivi bassi e consuntivi
altissimi, che punta su progetti purché sia, senza indirizzo di interesse
generale, e qui, prima ancora che nella corruzione, credo che sia il vero
misfatto della politica, che ha rinunciato al suo ruolo strategico di indirizzo
delle priorità del paese. Inoltre credo che il problema vero in Italia sia la
“turbativa” che è continuamente creata dalle organizzazioni mafiose. Qui è il
vero punto debole dell’Italia.
Concludiamo con una “lista della spesa”: può elencare quali sono, secondo lei,
la opere che si potrebbero costruire al posto della TAV investendo gli stessi
soldi e ottenendo vantaggi maggiori per il nostro Paese?
Anche qui userei il criterio delle priorità, anche rispetto all’emergenza
lavoro, con la TAV si sottraggono preziose risorse ad altri settori ancora più
strategici per il Paese: la sicurezza sismica e idrogeologica, il trasporto
pendolare e urbano, la riqualificazione energetica del patrimonio immobiliare e
gli investimenti sulle energie rinnovabili, il sostegno al lavoro giovanile e
alla diminuzione del carico fiscale, la ricerca e l’innovazione tecnologica, la
piccola e media impresa e la cultura. O se si vuole rimanere in ambito
trasportistico servono strutture ferroviarie per il collegamento con il nord
Europa.
Guido Grassadonio
IL MESSAGGERO VENETO - VENERDI', 16 marzo 2012
Nucleare regione fvg - Il raddoppio di Krsko non è nei
piani sloveni
La recessione frena i piani di sviluppo nucleare di
Lubiana. I nostri vicini puntano molto sul gasdotto russo di South Stream
UDINE. Renzo Tondo ripete il suo pallino. L’opposizione tuona e scalpita. Ma
a Lubiana, sul fronte dell’evocato, ipotizzato e temuto raddoppio della centrale
nucleare di Krsko, tutto tace. Il giorno dopo la visita del presidente della
Repubblica, Danilo Turk, a Gorizia, il giorno dopo le nuove dichiarazioni del
presidente della Regione, nella capitale slovena quasi nessuno si occupa di
nucleare.
La visita di Turk è finita sui giornali con un’evidenza relativa, ed etichettata
molto più come un incontro con la minoranza slovena in Italia che un punto di
svolta della politica energetica del Paese. Nel comunicato ufficiale della
presidenza della Repubblica slovena diffuso martedì c’è appena un riferimento
alla volontà futuribile di un confronto tra Friuli Venezia Giulia e Slovenia sul
futuro energetico. Rigassificatori, centrali nucleari e quant’altro non trovano
spazio. Il motivo vero e profondo dell’apparente disinteresse - o della
contrarietà, nel caso degli impianti di rigassificazione - può trovare
spiegazione con varie sfumature. La prima, lampante, è l’accordo blindato che
Lubiana ha firmato con la Russia: la Slovenia fa parte del progetto di South
Stream, il gasdotto che porterà il gas russo in Europa. Il progetto della
controllata russa Gazprom tocca anche l’Italia, con l’Eni.
Ma il gas arriverà a Sud, in Puglia, mentre a Nord il gasdotto si fermerà in
Austria e Slovenia. Basta tornare allo scorso 27 febbraio per trovare l’ultimo
incontro tra il presidente di Gazprom, Alexey Miller, e il presidente Turk. In
quel caso la presidenza slovena era stata ben più foriera di particolari: a
Lubiana si era studiato il progetto South Stream e la nascita di una nuova
società mista russo-slovena. Ma la Slovenia, che attraversa un momento di
recessione - ieri è uscita la stima sul Pil in calo dello 0,9% nel 2012 -, ha
anche altri motivi per non accelerare su Krsko.
Il governo di centrosinistra di Borut Pahor, in carica fino alle elezioni
anticipate di fine 2011 ha investito 1,3 miliardi di euro sul potenziamento
della centrale termoelettrica a carbone di Sostanj. Il progetto è già stato
avviato - spiegano da Lubiana -, sono stati già spesi almeno 700 milioni, e non
si può certo cambiare idea. Il governo di centrodestra di Janez Jansa, in carica
da febbraio, sarebbe ufficiosamente favorevole al raddoppio del reattore della
centrale di Krsko, ma al momento non può fare nulla.
Dalla giornata goriziana restano così le intenzioni - Tondo parlerà dell’ipotesi
del raddoppio al ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera - e le
polemiche. Dopo le proteste del Pd, ieri è stata la volta di Sel. «Capiamo il
fatto che le elezioni si avvicinano e che sulle politiche economiche i risultati
di Tondo stanno a zero - ha commentato Giulio Lauri -, ma svendendo l’ambiente
della regione e la salute, si mette contro la volontà dei cittadini».
Beniamino Pagliaro
IL PICCOLO - VENERDI', 16 marzo 2012
Muggia ritorna unita sul “no” al progetto del
rigassificatore
Approvato all’unanimità in consiglio un ordine del
giorno presentato da Finocchiaro del Partito democratico
MUGGIA «Forse è iniziata una nuova era nella quale la politica sta tornando
ad essere vicina ai problemi dei cittadini, al di là delle contrapposizioni
ideologiche». Marco Finocchiaro, consigliere comunale del Partito Democratico di
Muggia, è decisamente raggiante. L'ultima riunione del consiglio comunale ha
visto infatti un'ampia condivisione d'intenti e di voto su atti e argomenti che
riguardano la comunità muggesana. Dopo le divisioni venutesi a creare sul
presidio contro il rigassificatore indetto dal Comune per martedì scorso, in
consiglio tutte le parti politiche si sono ritrovate (ancora una volta) contro
il progetto del mega-impianto di Zaule. Nell'ordine del giorno proposto proprio
da Finocchiaro sono stati evidenziati infatti diversi punti critici riguardo al
progetto proposto da Gas Natural, progetto che pure ha ottenuto il decreto di
compatibilità ambientale rilasciato dai Ministeri competenti anche se nella
sostanza esso è "diverso dal progetto definitivo presentato in Regione", senza
dimenticare poi che molte prescrizioni contenute nel decreto stesso “sono state
disattese se non addirittura eluse”, che il progetto definitivo necessità di
"una nuova Via e di un adeguamento del decreto", e che tutte le presunte
irregolarità riscontrate nei procedimenti autorizzativi dovranno essere
evidenziate dal Comune agli enti competenti. Questo l'intervento da parte del
consigliere comunale del Pdl, Christian Gretti: «L'esigenza di dotare il
comparto energetico nazionale di rigassificatori è comprensibile e
condivisibile, ma deve essere comunque vista nella logica della assoluta
sostenibilità ambientale e paesaggistica, oltre che della assoluta garanzia di
sicurezza nei confronti della popolazione. Nessuna di queste assunzioni risulta
soddisfatta dai progetti attualmente proposti». Un altro punto clou della seduta
straordinaria è stata la votazione sul regolamento comunale contro il
proliferare delle sale gioco. Un intervento atteso e condiviso all'unanimità,
all'infuori di Maurizio Coslovich, capogruppo della Fds, che al momento del voto
ha abbandonato l'aula. «Questo documento è frutto di un proficuo lavoro da parte
di tutti gli uffici che si sono adoperati per la stesura del regolamento –
spiega l'assessore alla Promozione della Città di Muggia, Stefano Decolle - che
nasce da una volontà ferma e condivisa di educazione e prevenzione della
comunità». Soddisfazione anche da parte del consigliere comunale del Pdl,
Christian Gretti: «Abbiamo votato sì, anche se il regolamento dimostra che il
Comune aveva l'autonomia di muoversi prima della Regione». Sono poi stati
approvati gli ordini del giorno presentati dal capogruppo di Sel Geremia Liguori
sulle dimissioni in bianco delle donne e sulla difesa dell'acqua pubblica,
nonché la mozione del consigliere Daniele Mosetti (Pdl) sulla difesa dei soldati
e cooperanti italiani impegnati in missioni all'estero. Sorte diversa invece
hanno avuto le proposte del capogruppo di Un'Altra Muggia, Ferdinando Parlato.
Se la richiesta alla giunta regionale di “congelare” gli aumenti già deliberati
in attesa di una risposta da parte dello Stato in merito al pagamento dell’Imu
da parte dell’Ater ha ricevuto il consenso del consiglio, così non è stato per
la richiesta di una “legge speciale per Trieste” che avrebbe comportato la
richiesta di attivare la tanto discussa area metropolitana. Su questo punto
l'unico voto favorevole, oltre a quello del capogruppo bandelliano, è giunto
dall'esponente della Lega Nord Claudio Di Toro.
Riccardo Tosques
Conferenza dei servizi: Tondo resiste sul no
TRIESTE Ennesimo capitolo della guerra aperta a suon di carte bollate tra il Comune di Muggia e la Regione: l’esecutivo guidato da Renzo Tondo ha infatti deciso di resistere davanti al ricorso presentato dal Comune di Muggia al Tar contro la sua esclusione dalla Conferenza dei servizi per l’esame del progetto definitivo del rigassificatore Gas Natural. La questione, caldissima e di stretta attualità, del progetto che il colosso spagnolo dell’energia punta a realizzare nell’area di Zaule, ieri mattina è infatti finita sul tavolo della giunta regionale, riunita a Pordenone. Giunta che, davanti alla posizione espressa dall’amministrazione muggesana, non ha potuto che prendere atto e dare il via libera alla controffensiva. L’obiettivo del Comune rivierasco, che sulla questione intende dare battaglia e non mollare la presa, è noto da tempo: poter prendere parte alla Conferenza dei servizi che dovrà esprimere un parere definitivo sull’impianto di rigassificazione, al fine del rilascio dell’autorizzazione unica. E tutto questo per un motivo molto semplice, più volte ribadito dal sindaco Nerio Nesladek: Muggia non può essere tagliata fuori perché le conseguenze della maxi- struttura andrebbero a incidere direttamente su un territorio di competenza anche dell’amministrazione muggesana. A chiedere di prendere parte al tavolo era stato lo stesso Nesladek. Il primo cittadino, lo scorso dicembre, aveva inviato una lettera alla Direzione centrale Ambiente della Regione chiedendo di permettere al Comune di Muggia di partecipare alla Conferenza dei servizi. Ma la risposta era stata un secco no: secondo gli uffici regionali il Comune di Muggia non ha alcun titolo per prendere parte al tavolo, perché non risulta competente al rilascio di alcuna autorizzazione o atto di assenso in relazione al progetto. Da qui la decisione dell’amministrazione comunale di impugnare l’atto, ritenuto illegittimo, davanti ai giudici amministrativi.
(el.col.)
AREA EX AQUILA - NUOVO TERMINAL RO-RO - Il piano:
piazzale infrastrutturato e quattro accosti
Era la metà di settembre quando la presidente dell'Authority Marina Monassi (foto) aveva presentato al Comitato portuale la proposta per il collocamento nell'area ex Aquila del terminal ro-ro, i traffici dei camion via traghetto. Il tutto con l'intenzione di spostare il traffico da Riva Traiana attraverso una richiesta di concessione presentata da Teseco spa, società specializzata in bonifiche ambientali che da qualche anno opera nelle aree dell'ex raffineria. L'area considerata comprende un piazzale - che andrà dotato di infrastrutture - di 245mila metri quadrati, di cui 194mila di proprietà Teseco e 60mila su aree demaniali marittime. Il progetto, conforme al Piano regolatore del Porto attualmente in vigore, prevede la realizzazione di quattro accosti, di cui tre dedicati al traffico ro-ro e uno al multipurpose. La realizzazione inoltre sarebbe di fatto incompatibile con quella del rigassificatore di Gas Natural, causa l'intralcio che andrebbe a costituire per il traffico delle gasiere, movimentate con prescrizioni di sicurezza che rallentano le operazioni delle altre navi.
(r.c.)
SEGNALAZIONI - Regione Rigassificatore e regole
Lettera aperta al presidente Renzo Tondo, alla Giunta e al consiglio della Regione Friuli Venezia Giulia Da millenni i traffici marittimi sono stati fonti di civiltà e redditi per le popolazione, Trieste si trova grazie alla sua posizione geografica in una posizione invidiabile come tutti sanno, e come tutti sanno il massimo splendore per la nostra città è stato con la Repubblica Venezia, con l’Austria e con il Territorio libero di Trieste, poi è stata una lenta ma inesorabile decadenza per il nostro porto. Ora tutti i porti del Mediterraneo si stanno ampliando, ammodernando, si sta progettando super porti, anche noi abbiamo dei progetti da parecchi anni, e più precisamente: molo VII, piattaforma logistica, navi da crociera, terminal traghetti in canale navigabile, ex Aquila, ecc. ecc. Ora sig. presidente dovrebbe decidere se approvare o meno il progetto della Gas Natural per il rigassificatore di Zaule. Se il vostro parere sarà positivo cancellerete tutti i progetti qui sopra elencati e non solo, voi vi chiederete: perché? Perché se c’è un minimo di legalità in questa storia il rigassificatore non può essere costruito a Zaule. Come mai il rigassificatore di porto Viro collocato a circa 15 km dalla costa ha una fascia di 3 km interdetta alla navigazione pesca e ogni altra attività marittima? Come mai queste regole a Trieste non dovrebbero essere rispettate?
Sergio Burlin
Ferriera, un esperto studierà i dipendenti - Lo ha
assunto la Regione. Con la firma del Protocollo parte la ricerca di un nuovo
destino per l’azienda
La Regione ha avviato un monitoraggio delle “trasformazioni occupazionali” della Ferriera di Servola e delle imprese che costituiscono l’indotto. Scopo: «Favorire l’azione di sostegno da parte dell’amministrazione regionale al più generale processo di riconversione produttiva e occupazionale della Ferriera». Per far ciò l’Agenzia regionale del lavoro ha assunto da febbraio e fino al 30 aprile un professionista specializzato (8000 euro lordi il suo compenso). C’è anche questo dietro la firma del Protocollo tra sindacati, Regione, Comune, Provincia, Ezit, Confindustria avvenuta l’altro giorno, e che fissa nel marzo 2013 il punto di arrivo: fra un anno bisognerà firmare un accordo di programma sotto un documento che dirà che cosa la Ferriera (ormai “ex”) è destinata a diventare. «È vero che si aprono tavoli su tavoli, ma stavolta c’è una data di fine - è il commento di Franco Palman, segretario provinciale Uilm -, c’è l’accordo di tutta la politica, di tutti gli enti, c’è insomma la prova che la città prende finalmente in mano il destino dell’azienda, un’azienda - prosegue il sindacalista - che a tutti ormai è chiaro non può proseguire con la siderurgia, e una siderurgia oltretutto “povera” rispetto a quella di Piombino, e molto inquinante per una città come Trieste, un’azienda che ha rischiato di fermarsi nei mesi scorsi e che sta ancora in piedi solo perché ci sono gli incentivi nazionali Cip6 sul recupero di energia con Elettra». In questo anno non solo verrà monitorato l’organico («quasi tutti avranno oltre 50 anni») di cui il documento si impegna a mantenere integra la consistenza, ma si dovranno fare verifiche di mercato per cercare un nuovo acquirente, sperabilmente in quel campo della “green economy” che sembra il traino industriale del domani. «Ma bisognerà anche chiarire - aggiunge Palman - chi farà la bonifica, e in tutto questo processo dovrà essere coinvolto anche il governo». Se il 21 aprile il piano di sistemazione del debito Lucchini con le banche avrà il via libera definitivo dopo il periodo delle osservazioni, un’altra partita si apre: lavoro, materiali, manutenzione degli impianti. Le banche, ormai proprietarie, penseranno anche a Trieste o solo a Piombino? Intanto domani alle 11 al Circolo della Ferriera i sindacati (Rsu e segretari provinciali) inaugurano una mostra di foto sull’ultimo sciopero fatto in fabbrica. Subito dopo terranno una conferenza stampa per spiegare i termini del Protocollo. Un testo su cui la Fiom-Cgil aveva apposto emendamenti. Li ha ritirati per il buon esito del tutto, «ma ne terremo comunque conto» ha assicurato l’assessore alla Programmazione, Sandra Savino, cui è significativamente passata la competenza del caso Ferriera.
(g. z.)
Niente contratto a Trenitalia. Per ora
Riccardi non presenta la delibera sul rinnovo:
«Vogliamo risposte prima di firmare». In ballo ci sono 38,1 milioni di euro
ASPETTANDO MORETTI L’assessore vuole garanzie a fronte dei tanti disservizi
TRIESTE La Regione punta i piedi, mette in stand-by il rinnovo del contratto
con Trenitalia per il 2012 e di fatto minaccia la società: se non verranno date
garanzie sulla risoluzione dei problemi che attanagliano il trasporto pubblico
ferroviario in Fvg, la Regione potrebbe clamorosamente decidere di non rinnovare
il contratto con Trenitalia, in scadenza nel mese di maggio. Parola
dell’assessore Riccardo Riccardi, che sull’argomento afferma secco: i ritardi,
le cancellazioni e i disservizi sono troppi, «prima di firmare il rinnovo
vogliamo risposte». Una presa di posizione politica forte, dunque; una
dichiarazione di guerra bella e buona, quella dell’assessore ai Trasporti, che
brandisce un’arma – il rinnovo del contratto – da 38,1 milioni di euro. A tanto
ammontano le risorse che la Regione mette in campo annualmente per garantire il
servizio e che dovrebbe continuare a stanziare anche questa volta. Ma la musica
sembra cambiata. Il rinnovo del contratto, contenuto in una delibera
inizialmente all’ordine del giorno della giunta di ieri svoltasi a Pordenone,
non è stato infatti discusso: l’assessore non ha nemmeno presentato la delibera,
spiegando più tardi che la Regione ha ancora tempo per decidere. Prima però sarà
necessario un faccia a faccia con Trenitalia, tra l’altro già sollecitato dalla
stessa società. Data e luogo restano top secret. «Sono in fase di definizione»,
si limita a dire l’assessore. Quali potrebbero essere le conseguenze di un
eventuale niet della Regione a Trenitalia? Interruzione immediata del servizio?
Blocco del sistema ferroviario? «Non è mia abitudine fare processi alle
intenzioni – taglia corto l’assessore -. Valuteremo le nostre scelte solo dopo
l’incontro». Se con Trenitalia, dunque, tutto è rimandato alla resa dei conti,
il discorso cambia quando si parla di un altro contratto, quello siglato dalla
Regione con le Fuc. In questo caso il via libera della giunta al rinnovo per il
2012 c’è stato: il contratto vale 2,1 milioni e garantirà il servizio di
trasporto ferroviario sulla linea Udine-Cividale. «Qui tutto procede come
previsto – il commento di Riccardi – perché queste ferrovie funzionano». Ma
oltre che di trasporti, ieri la giunta si è occupata anche di altro. Su proposta
dell’assessore alle Attività produttive Federica Seganti è stato adottato in via
preliminare il programma annuale del settore artigiano 2012. Le aree di
intervento individuate prevedono l’attuazione di progetti di animazione
economica, attività d’incubatore d’impresa, iniziative dirette a promuovere la
commercializzazione dei prodotti artigiani e infine indagini e ricerche su temi
di interesse del comparto. Al momento per l’attuazione di questo piano ci sono
200mila euro, ma «auspichiamo – ha spiegato Seganti - di poter integrare questa
somma». L’assessore al Lavoro Angela Brandi ha presentato una delibera sul
riconoscimento degli esercizi storici a Trieste e Gorizia, e il Regolamento per
la concessione di contributi per il sostegno alla costituzione di nuove imprese,
nell’ambito della terza edizione del progetto Imprenderò. «Se in passato – ha
spiegato Brandi - lo strumento comprendeva solo la parte formativa, da
quest’anno ci sarà anche l’erogazione di un contributo per l’avvio di
un’attività autonoma, destinato a chi ha seguito il ciclo dei corsi». A
disposizione vi sono 400mila euro. La giunta ha poi approvato, su proposta di
Roberto Molinaro, il regolamento che definisce le procedure per l’utilizzo delle
risorse stanziate sul Fondo per il sostegno alla realizzazione di un’adeguata
rete di servizi per la prima infanzia, attraverso la concessione di contributi
in conto capitale. «Abbiamo avviato – ha spiegato Molinaro - il percorso con cui
sarà possibile far partire gli investimenti, assegnando i 6 milioni di euro a
disposizione». Infine disco verde alla delibera proposta da Andrea Garlatti, con
cui viene ridefinita la composizione delle Unioni montane, recependo le
indicazioni fatte pervenire dai Comuni. Un provvedimento che ha suscitato
qualche polemica.
Elisa Coloni
Un ciclista al giorno investito sulla strada - I
consulenti automobilistici: spesso sono loro a provocare gli incidenti perché
non rispettano il codice
TRIESTE Trecentosessantadue. È il numero di ciclisti
coinvolti in incidenti stradali in Friuli Venezia Giulia, uno ogni 3137
abitanti. Il dato si riferisce al 2010 ed emerge da un’indagine recente della
Das, compagnia del gruppo Generali specializzata in tutela legale. La nostra
regione, a ben vedere, non è messa neppur troppo male: a precederci in questa
lista poco virtuosa ci sono Lombardia, Emilia Romagna e Veneto, con medie di
dieci, otto e cinque incidenti al giorno ciascuna. Molti dei sinistri finiscono
relativamente bene: contusioni o al massimo qualche osso rotto. Nei casi più
drammatici c’è chi ci rimette la vita. Come rileva l’Asaps, Associazione
sostenitori e amici della polizia stradale, l’aumento degli incidenti che
coinvolgono i ciclisti è in controtendenza con il calo dell'incidentalità
generale, che per l’anno 2009 ha fatto registrare un - 1,9% di incidenti, - 3,5
% di morti e - 1,5 % di feriti. Un risultato positivo, quest’ultimo, raggiunto
nonostante il numero di ciclomotori e di motocicli sia aumentato dell’80 per
cento nell’ultimo decennio. Oltre che al traffico veicolare spesso caotico e
indisciplinato, «l’elevato numero di incidenti in bicicletta – spiega Paolo
Crozzoli, responsabile relazioni esterne di Confarca, la Confederazione
autoscuole riunite e consulenti automobilistici, che, assieme a Unasca è una
delle due riconosciute dal Ministero dei trasporti - è in relazione
all’aumentato numero di ciclisti per una maggiore sensibilità ambientale, in
parte a causa della moda e, non da ultimo, della crisi economica. Tutti questi
fattori hanno incentivato l'utilizzo di questo mezzo in città, ma spesso in
assenza di infrastrutture adatte alla circolazione quali piste ciclabili,
illuminazione adeguata o attraversamenti protetti». Se nel caso dei motori è
maturata una maggiore consapevolezza (dal 2003 sono obbligatori i corsi per il
patentino e ormai tutti indossano il casco) non altrettanto si può dire per le
biciclette, considerate un gioco o al massimo un mezzo per fare sport. Senza
stigmatizzare l’intera categoria dei ciclisti, moltissimi dei quali guidatori
virtuosi, va detto che parte degli incidenti si deve alla disinvoltura dei
conducenti, che talvolta viaggiano privi di fanali, segnalatori acustici o di
catadiottri per raggi e pedali. Commenta ancora Crozzoli: «Le nuove generazioni
sono più mature e consapevoli nell'uso dei veicoli a motore. D’altro canto però
assistiamo spesso a comportamenti scorretti da parte di ciclisti – peraltro,
ottimi guidatori finché sono al volante – che in bicicletta viaggiano
serenamente contromano, sui marciapiedi, con il semaforo rosso, pensando di non
essere soggetti al rispetto delle più elementari norme del Codice della strada».
Dimenticando che a piedi, in bicicletta o su qualsiasi altro mezzo la strada ha
le sue regole e non perdona.
Cristina Serra
Papalia: una zona grigia tra politica e mafia -
CONVEGNO ALL’UNIVERSITÀ
Vincenzo Macrì: un fenomeno che nasce prima dell’unità
d’Italia superando vari regimi
La continua crescita del fenomeno mafioso, il rapporto tra Stato e
criminalità organizzata, e la stabilizzazione delle mafie anche al nord Italia.
Sono stati questi alcuni dei temi più scottanti, elaborati nel corso
dell’incontro organizzato all’ateneo triestino dal gruppo universitario Lista di
Sinistra, cui hanno presenziato, in veste di relatori, il vice procuratore
antimafia Vincenzo Macrì ed il procuratore generale a Brescia Guido Papalia. A
moderare il dibattito, in un’aula gremita di studenti, Mitja Gialuz, docente di
Procedura penale alla facoltà di Giurisprudenza. Un incontro organizzato per
parlare di un fenomeno, quello delle mafie, in costante crescita nel nostro
Paese, il cui fatturato di attività illecita, nel corso del 2011, è stato
stimato intorno ai 180 miliardi di euro. «Le mafie non sono un fenomeno
regionale, bensì nazionale, che incidono sulla politica, sull’economia e sulle
regole della nostra democrazia – ha esordito Vincenzo Macrì -. Un fenomeno che
nasce prima dell’unità d’Italia, e che è riuscito a sopravvivere per oltre 150
anni, superando conflitti mondiali, cambiamenti di regime, senza mai subire
grossi danni. Anzi, riuscendo a rafforzarsi sempre di più. Questo perché il
rapporto tra mafia e Stato viaggia su due binari paralleli: uno di contrasto
alla criminalità organizzata, ed uno che invece si sviluppa su collegamenti e
rapporti di utilità, tanto che l’attività mafiosa ha i suoi rappresentanti anche
in Parlamento». Macrì si è poi soffermato in modo particolare sulla “ndrangheta”
calabrese, considerata adesso la mafia più pericolosa, ben radicata in tutte le
regioni italiane, anche se nel triveneto non raggiunge ancora livelli di
guardia, e che, grazie alle nuove generazioni della cosiddetta “santa”, ha le
sue ramificazioni in tutto il mondo, soprattutto in Canada e in Australia. «La
peculiarità del fenomeno mafioso – ha dichiarato Papalia – è quella di legarsi
al potere lecito per poi riuscire a controllare tutte le sue attività criminose.
E per fare questo deve radicarsi nel territorio, e dialogare con i
rappresentanti del potere, usando come arma la corruzione». Quella che entrambi
i magistrati hanno definito la “zona grigia”: cioè la parte di politici e
amministratori che continua a convivere con la mafia, permettendole così di
crescere. Per Macrì e Papalia l’unico modo per sconfiggere il fenomeno mafioso è
quello di ridurlo a mera attività criminosa, isolandolo da tutti i legami con il
mondo politico ed economico. Altrimenti sarà una battaglia che non si potrà mai
vincere.
Pierpaolo Pitich
La mafia nel Nord è «Cemento spa» - Rapporto
legambiente
Il rapporto tra mafia, abusivismo ed edilizia è
un’equazione ormai accertata anche al Nord, al punto che per la criminalità
oraganizzata tutto il Nord Italia è una sorta di «Cemento spa»: illegalità,
corruzione e abusivismo sono un humus ideale per favorire le infiltrazioni in
settentrione. Questa la sintesi di «Cemento spa», il dossier di Legambiente
presentato ieri a Genova in occasione della XVII Giornata contro tutte le mafie,
organizzata per domani a Genova dall’associazione Libera. Il dossier fornisce
dati basati sulle risultanze investigative e le analisi conseguenti. Nelle
regioni del Nord Italia - Liguria in testa, Lombardia e Emilia Romagna - sono 26
i clan e le ’ndrine censiti dalla Direzione nazionale antimafia (nella foto il
procuratore Grasso) e 1.431 i beni confiscati. La Liguria detiene il triste
primato delle infrazioni in materia edilizia con il 25,2% dei reati registrati
nell’intero Nord Italia, 337 sequestri e 2.641 persone denunciate. Al secondo
posto c’è la Lombardia, seguita da Emilia Romagna, Piemonte, Veneto, Trentino,
Friuli e Valle d’Aosta. Tra le province del Nord, quella che presenta maggiori
criticità è Imperia, seguita da Genova, Savona e Sondrio. Nel dossier di
Legambiente viene ricordato l’alto numero di clan e ’ndrine presenti al Nord:
sono ben 26 e vengono considerati quelli di maggior spessore criminale ed
economico. Un altro dato che sintetizza la gravità della situazione è quello
relativo ai beni confiscati alla criminalità organizzata: in tutta Italia, la
Lombardia si attesta al terzo posto per numeri di confische: 205 sono stati i
beni mobili e immobili posti prima sotto sequestro e poi confiscati dopo Sicilia
(561) e Campania (317).
RAI - Al Settimanale cellulari e rischi per la salute
I rischi per la salute derivanti dall' esposizione alle onde elettromagnetiche sono stati riconosciuti di recente anche da organismi scientifici internazionali.Per questo è necessario un uso consapevole di telefoni cellulari, cordless e sistemi wifi. L'argomento sarà il servizio di apertura domani del “ Settimanale” in onda su RaiTre alle 12.25.
Un convegno in Castello sui percorsi naturalistici -
DUINO
DUINO AURISINA Domani con inizio alle 14,30, nella sala
conferenze del Castello di Duino, avrà luogo il convegno sul tema “Percorsi
naturalistici della provincia di Trieste e del Carso”. Moderato da Masssimo
Romita, vicesindaco e assessore al turismo del Comune di Duino Aurisina, il
convegno vedrà gli interventi di Igor Dolenc, vicepresidente della provincia di
Trieste; Guerrino Lanci, presidente di Promotrieste; Maurizio Spoto, direttore
dell’Area marina protetta di Miramare; Mario Privileggi, presidente della
Società Alpina delle Giulie; Tiziana Brazzatti, geologa, insegnante e
scopritrice del dinosauro “Antonio”; Mila Erbisti, referente del Gruppo
speleologico Flondar; Corrado Greco, dell’azienda agricola le Torri di Slivia;
Nicola Bressi, direttore del Museo di Storia naturale di Trieste; Enzo
Sartorello, presidente del Consorzio Villaggio del Pescatore; Fulvuio Tamaro,
assessore all’Ambiente e parchi della Regione Friuli Venezia Giulia; Fabio Perco,
naturalista; Zvonko Legisa, professore e promotore di percorsi naturalistici e
storici del carso.
Incontri tra terra e mare a scuola di “sostenibilità”
Prende il via oggi un ciclo di incontri dal titolo “Natura
e...”, collegato alla mostra “Il Fuoco della Natura” al Salone degli Incanti.
Esperti del settore affronteranno tematiche di grande attualità sul rapporto
sostenibile che l’uomo può avere con l’elemento naturale, o quello che sente
tale, nel XXI secolo. Saranno proposti alcuni spunti di riflessione sulle
politiche di tutela della natura e la ricerca di nuove soluzioni nella vita e
nelle abitudini quotidiane per migliorare il rapporto con le risorse e le
bellezze che ci offre Madre Terra, nella mutata consapevolezza del loro essere
esauritibili. Oggi, alle 18, nell’ex Pescheria, il primo appuntamento su “Natura
e... Cibo”: interverranno Nicola Bressi direttore dei Musei scientifici di
Trieste, Dario Zidaric, allevatore e casaro del consorzio Moi Sir-Mio formaggio,
il pescatore Danilo Latin, Andrea Gobet della rete giovane Slow Food Trieste,
moderatore Marino Vocci del Museo del mare. Domani e il 7 aprile, inoltre, alle
17, visite guidate a cura di Luca Bellocchi. Visita guidata anche il 21 marzo,
alle 11, su “Arte e paesaggio”, con Alessandro Giadrossi, presidente del Wwf
Trieste. Giovedì 22 marzo, alle 18, sarà la volta di “Natura e... In cammino tra
mare, città e Carso”, percorsi naturalistici e culturali nella provincia di
Trieste e oltre: dopo l’introduzione di Marino Vocci, incontro con Diego
Masiello, sociologo del territorio e Moreno Zago, docente universitario,
ideologo di SlowTourism. Il 23 marzo, alle 18, il tema proposto è “Natura e...
mare”. Trieste è stata scelta come sede nazionale per l’attuazione del programma
nazionale sui mari italiani e il Mediterraneo. Partecipano Marco Costantini,
responsabile del Programma Mare del Wwf Italia, Maurizio Spoto, direttore della
Riserva marina di Miramare, Saul Ciriaco, biologo marino e Carlo Franzosini,
presidente Shoreline. Il 27 marzo, alle 11, ancora una visita guidata da
Giadrossi su arte e paesaggio. Giovedì 29 marzo, alle 17, “Natura e... donne”, a
cura dell’Istituto Saranz e del Centro per gli Studi di genere della Facoltà di
Lettere. Sarà proiettato il film “African Women. In viaggio per il premio Nobel
della pace” di Stefano Scialotti: un road movie attraverso il Senegal per
sostenere la candidatura collettiva delle donne africane al Premio Nobel per la
pace. Il 30 marzo, alle 18, “Natura e... Cambiamenti climatici”. Ne parleranno
Alessandro Giadrossi e Maurizio Fermeglia, direttore del dipartimento di
Ingegneria industriale e dell’informazione e direttore della Scuola di dottorato
di ricerca in nanotecnologie, dell’Università. Il 2 aprile, alle 11, “Natura
e... Conservazione”, visita guidata con Marco Costantini del Wwf. Il 3 aprile,
alle 18, “Natura e... Città” a cura dell’associazione culturale Manifetso 2020:
introducono e moderano Marco Barbariol e Marco Svara, con un intervento di Luca
Diffuse. Riflessioni sulla struttura urbana e sulla possibilità di vivere
“ecologicamente” la città. Il 5 aprile, infine, alle 18, “Natura e... Paesaggio”
a cura di Erika Skabar, architetto del paesaggio, e Alessandro Bonaventura,
studio Favero&Milan Ingegneria di Venezia.
RACCOLTA DIFFERENZIATA
Oggi, alle 17, alla Casa del Giovane di via Inchiostri, conferenza informativa sul tema della raccolta differenziata dei rifiuti: intervengono l’assessore provinciale Zollia, il dirigente Acegas Dal Maso, il presidente dell’Università Dobrina Luppatelli, il docente Mannino e la dirigente Acegas Zugna.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 15 marzo 2012
Rigassificatore, già fallito il primo vertice sull’Aia
Sospesa la procedura tra enti locali, Arpa, Ass e Gas
Natural in Regione per l’Autorizzazione ambientale: «Sul tavolo documenti
vecchi: progetto del 2009»
Mentre in via Giulia sotto la sede della Direzione regionale Ambiente una
piccola folla con cartelli e megafoni, capitanata dai sindaci di Muggia e San
Dorligo con la fascia tricolore, protestava contro il rigassificatore di Gas
Natural, nella sala riunioni pochi piani più in alto si consumava ieri mattina
il primo fallimento nell’avvio delle procedure di autorizzazione ambientale per
l’impianto del possibile rigassificatore. Alle 10 era stata indetta la riunione
tecnica di avvio del capitolo “Aia”, Autorizzazione integrata ambientale, che è
altra cosa dall’autorizzazione definitiva ma non meno importante. Provincia,
Comune, Azienda sanitaria e Arpa devono, in quella sede, decidere se l’impianto
garantisce tutti i criteri di sicurezza su emissioni in aria e in acqua, sul
rumore, sui rischi, sullo smaltimento dei rifiuti, sull’uso delle “migliori
tecnologie possibili” per dare le massime garanzie al territorio. «La Regione,
responsabile del procedimento, ha messo sul tavolo documenti datati 2009 -
racconta Vittorio Zollia, che rappresentava, da assessore all’Ambiente, la
Provincia -, ma nel 2011 Gas Natural ha presentato un progetto nuovo, e la
Regione stessa ha chiesto nuove integrazioni di documenti, che noi non
conosciamo. Per esempio c’è un camino spostato di ben 75 metri nel frattempo,
Gas Natural ha risposto che è sempre quel camino, ma non è risposta accettabile
- prosegue l’assessore -, allora tanto vale che scriva che posizionerà il camino
in un posto, indifferente quale. Noi esigiamo di valutare, per l’Aia, gli stessi
documenti che verranno esposti in sede di autorizzazione finale». Una lunga
discussione, che si è conclusa alla fine con una sospensione, e un rinvio a data
da destinarsi. «Abbiamo anche verbalizzato - prosegue Zollia - che la nostra non
è una “richiesta di integrazione”, perché se ne può fare una sola nel corso del
procedimento. È proprio una richiesta di sospensione». Dibattito animato anche
su un’altra questione non da poco. Non è risultato nemmeno chiaro su che cosa la
conferenza dei servizi per l’Aia si debba esprimere: solo su due caldaie che
superano i 50 megawatt di potenza, oppure su tutto il progetto? Per gli enti, su
tutto il progetto. Per Gas Natural, solo sulle caldaie. «Io ho espresso il
massimo disappunto per come la Regione ha gestito il procedimento - rafforza
Umberto Laureni, assessore all’Ambiente del Comune -, e mi faccio forte proprio
delle parole dell’assessore e vicepresidente della Regione Luca Ciriani, che ha
detto come su questo problema bisogna agire con razionalità, coerenza e
responsabilità. Seguendo questo consiglio, non ho ravvisato alcuno di questi
termini che possa adattarsi a quanto abbiamo visto ieri. Un progetto del 2009?
Ricordo che abbiamo già anche valutato quello successivo del 2011, e che proprio
su quello sia il Comune e sia la Provincia hanno espresso e votato un parere
negativo». Altrettanta perplessità sui capitoli in campo: giudicare le caldaie
(ipotesi che ha destato sorpresa) oppure tutto? Ciriani ha immediatamente emesso
una nota: «In relazione alla procedura in corso è necessario precisare da subito
che questa amministrazione regionale si sta attenendo alle norme e agli iter
procedurali previsti a livello regionale, con l’obiettivo di portare avanti un
percorso in maniera seria, concreta, costruttiva per dare risposte a tutti i
propri interlocutori, dai cittadini fino ai proponenti l’investimento». Ma
intanto doppio dissidio e fumata nera.
Gabriella Ziani
Due sindaci coi megafoni «Cambiamo il progetto» - LA
PROTESTA DI MUGGIA E SAN DORLIGO-DOLINA
«La nostra protesta è “per” e non “contro”, non ci facciamo dare la patente del “no se pol”, tanto è che sotto la Regione abbiamo dato voce non solo alle nostre istanze “per” la sicurezza, “per” l’ambiente”, “per” uno sviluppo e un’economia sostenibili, e “per” il porto, ma anche abbiamo suggerito (se proprio il governo dovesse far valere le proprie valutazioni di strategia nazionale energetica circa il rigassificatore) una proposta alternativa». Il sindaco di Muggia, Nerio Nesladek, era ieri, armato di megafono, alla manifestazione da lui stesso organizzata sotto la sede della Direzione regionale Ambiente dove si teneva la prima riunione per l’autorizzazione ambientale al progetto di Gas Natural. Con il sindaco di San Dorligo-Dolina, Fulvia Premolin. E in mezzo a non meno di 150 manifestanti, tra cui la Federazione della sinistra e la Uil-Vigili del fuoco che ha da tempo attivo il “Tavolo tecnico” sui temi della sicurezza. «Manifestazione non politica, ma istituzionale - sottolinea Nesladek - c’erano i sindaci con la fascia tricolore e i labari». I due Comuni avversano (anche al Tar) il progetto a causa della sua dislocazione nella baia di Zaule, ma contestano pure il fatto di essere stati esclusi dalle Conferenze dei servizi (seconda causa al Tar). «Dovesse prevalere la posizione “strategica” del governo - dice il sindaco -, ci sono soluzioni alternative, ben note ai tecnici qualificati: navi rigassificatrici che completano tutto il processo in mare, usando una boa galleggiante. Da quelle navi a turno potrebbe uscire un tubo col gas verso l’Italia, un altro col gas verso la Slovenia, un terzo per i rifornimenti alla Croazia. Daremmo gas a 3 paesi, con un progetto unico, internazionale, di valenza geopolitica, sotto l’egida Ue, senza toccare terra, e che per di più - prosegue Nesladek - i tecnici assicurano costerebbe la metà: non più 1,3 miliardi di euro, ma solo 700 milioni. Entro l’estate Premolin e io organizziamo un convegno tecnico con tutti e tre gli Stati. Credo che anche per la Slovenia la prospettiva potrebbe cambiare».
(g. z.)
«Noi astenuti per distinguerci Non deludiamo il
governo...» - LISTA DIPIAZZA
«Abbiamo voluto distinguerci per una questione politica». Giustificano così il loro voto di astensione sul rigassificatore di Zaule i rappresentanti della lista Dipiazza che un mese fa in Consiglio comunale e l’altro giorno in quello provinciale sono stati gli unici a non dire “no”. Per il consigliere provinciale Giorgio Rossi «cassare il progetto di Gas Natural è frutto di un certo provincialismo di chi si crede tuttologo. Se esistono problemi di localizzazione e valutazione ambientale, che non vanno sopravvalutati, bisogna anche iniziare a parlare di sviluppo della città. Non si può continuare a discutere di problematiche inesistenti, come le distanze dei musei o di palazzo Carciotti. Sembra che i partiti siano condizionati dal consenso elettorale, non ci si rende conto della situazione di crisi che ci circonda. Il rischio è quello di fare una brutta figura con questo governo tecnico che sta cercando di rimettere in sesto l’economia italiana, con un certo interesse anche per lo sviluppo della città espresso dai ministri Corrado Passera e Corrado Clini». «Qualcuno ha voluto rifarsi la verginità - dice perentorio l’ex sindaco Roberto Dipiazza - perché alla fine il parere del Comune e della Provincia è solo consultivo. Sappiamo invece che tutti erano d’accordo sul progetto e molto probabilmente, se si fossero trovati davanti alla scelta di un voto vincolante, avrebbero dato il via libera al rigassificatore». Ma se per gli amministratori il progetto, oltre a presentare lacune sul fronte della sicurezza, non chiarisce le ricadute sul territorio, per Dipiazza si tratta di una grande possibilità di sviluppo: «Potremmo vedere bonificata un’area sulla quale nessuno metterebbe le mani visto che servono 25 milioni di euro per il recupero dei terreni inquinati. La costruzione dell’impianto darebbe da lavorare a centinaia di persone». Conclude l’ex sindaco: «La Regione andrà avanti, il progetto ha già ottenuto la Valutazione ministeriale di impatto ambientale. E poi tutte le questioni sulla sicurezza, anche per le navi in manovra, sono baggianate se pensiamo che a pochi chilometri di distanza, in Slovenia, si trova la centrale nucleare di Krsko».
(i. g.)
Türk: Lubiana non vuole rigassificatori nel Golfo
Il presidente sloveno, in visita a Gorizia, avverte
Tondo: «Non è una buona idea» Il governatore rilancia la collaborazione su Krsko:
«Ne parlerò con Passera»
GORIZIA «Realizzare dei rigassificatori nel golfo di Trieste non è una buona
idea». Solo un accenno, poco più di una battuta, ma anche una presa di posizione
piuttosto chiara, quella del presidente della Repubblica di Slovenia Danilo Türk.
Parlando ieri a Gorizia – dove ha visitato i principali centri culturali della
comunità slovena – Türk ha raccontato di aver affrontato con il governatore del
Friuli Venezia Giulia Renzo Tondo (incontrato poco prima) i problemi comuni di
economia ed energia. Ed in particolare del progetto per il rigassificatore di
Trieste: «A mio parere realizzare dei rigassificatori nel golfo di Trieste non è
una buona idea, ma è necessario continuare la trattativa in merito tra Italia e
Slovenia». Stoccata parzialmente corretta dalla precisazione che nel suo ruolo
istituzionale di presidente della Repubblica non può approfondire questioni che
spettano ai governi. Sul rigassificatore si è sbilanciato meno Tondo: «La
Regione non è pregiudizialmente contraria al rigassificatore. Ma ritengo che
abbiamo bisogno di energia, ed è necessario individuare sistemi energetici
innovativi. Per questo, senza pregiudizi, vogliamo approfondire gli aspetti
positivi e negativi del progetto». Così come resta in ballo, per Tondo, anche
ogni discorso sul potenziamento della centrale nucleare di Krsko, a proposito
del quale il governatore ha in programma di chiedere un incontro con il ministro
dello Sviluppo economico Corrado Passera. «Ho ricordato al presidente Türk la
mia posizione sulla collaborazione con Krsko da parte del Governo italiano – ha
detto Tondo - a breve riporterò il problema al ministro Passera. Da parte della
Regione c’è comunque la disponibilità a partecipare a un percorso comune qualora
questo venga intrapreso». Tondo intanto ha incassato dal presidente Türk la
disponibilità a riferire al Governo gli esiti di questo incontro. Un incontro
che però non ha avuto come tema la sola energia. Tondo e Türk si sono
confrontati anche sui rapporti transfrontalieri, specialmente in tema di
economia. Il presidente sloveno ha definito «già buoni» tali rapporti, passibili
però di essere ulteriormente migliorati. Uno dei prossimi passi potrebbe essere
lo sviluppo comune del progetto “Vie della Pace”, che intende valorizzare le
memorie condivise della Grande Guerra. «Una buonissima cosa, che la prossima
settimana sosterrò anche a Bruxelles», ha assicurato Tondo. Del resto secondo il
governatore è proprio il turismo una delle strade da battere di comune accordo a
livello sovranazionale, per «vendere il sistema “Centro Europa” al Brasile, alla
Cina, o all'India». In tema di cooperazione transfrontaliera, infine, da
ricordare che domani a Trieste ci sarà un vertice tra Friuli Venezia Giulia,
Veneto e Carinzia per approvare lo Statuto e la Convenzione della Euroregione
"Senza confini".
Marco Bisiach
Più di 38 milioni per i treni dei pendolari - Riccardi
porta in giunta la proroga del contratto con le Ferrovie. Nuove risorse alla
Udine-Cividale
TRIESTE Oltre 38 milioni di euro per il servizio di
trasporto pubblico locale ferroviario: la Regione è pronta a prorogare il
contratto stipulato con Trenitalia per il 2012 e mette sul tavolo risorse pari a
38,1 milioni. Lo prevede una delibera che l’assessore regionale ai Trasporti
Riccardo Riccardi porterà in giunta oggi a Pordenone. Sarà il trasporto su
rotaia, tema caldissimo e più che mai attuale, a livello nazionale ma
soprattutto regionale, uno degli argomenti centrali. L’assessore Riccardi,
infatti, presenterà tre delibere relative allo stanziamento di fondi per
garantire il servizio ferroviario in Friuli Venezia Giulia. Oltre a quella per i
38,1 milioni di euro per la proroga del contratto con Trenitalia, Riccardi
presenterà anche la convenzione con Trenitalia per lo svolgimento dei servizi
relativi alle tratte Trieste-Mestre e Udine-Mestre a completamento dei servizi
di trasporto ferroviario sulle relazioni di media e lunga percorrenza
Mestre-Milano e Mestre-Roma (convenzione dal valore pari a 1.980.000 euro).
Prevista infine una terza delibera, relativa questa volta al contratto con le
Ferrovie Udine Cividale: in questo caso le risorse che la Regione metterà in
campo per coprire il servizio di trasporto pubblico locale ferroviario sulla
linea Udine-Cividale ammontano a 2,1 milioni di euro. All’ordine del giorno,
dunque uno dei temi più caldi delle ultime settimane, condito da polemiche,
scontri, attacchi e contrattacchi tra lo stesso Riccardi e i vertici di
Trenitalia. Polemiche scaturite dal servizio offerto dalla società in Friuli
Venezia Giulia, ritenuto non soddisfacente e non rispettoso degli standard
previsti dal contratto stipulato e, placate solo in parte dalle rassicurazioni
del management della spa dopo il vertice con l’amministratore delegato di
Ferrovie dello Stato Mauro Moretti a Trieste. Alla base di tutti i problemi c’è
il tema dell’isolamento geografico della regione e dei difficili collegamenti
tra questa fetta di Nordest e il resto della Penisola. Difficoltà che si
traducono in soppressioni e ritardi, e che si ripercuotono all’ennesima potenza
soprattutto sui pendolari, alle prese troppo spesso con treni cancellati o in
ritardo. I trasporti, dunque, al centro dei lavori. Ma non solo. L’esecutivo
regionale, infatti, dovrà anche esaminare la delibera del vicepresidente Luca
Ciriani incentrata sulla realizzazione di opere di difesa idraulica nei Comuni
perilagunari di Carlino, Grado, Lignano Sabbiadoro, Marano lagunare e Terzo d’Aquileia,
per cui dovrebbero essere stanziati 3,6 milioni di euro. L’assessore alla
Cultura Elio De Anna si occuperà di dialetti di origine veneta, mentre Andrea
Garlatti di patto di stabilità e unioni montane. Federica Seganti, tra le tante
cose, si occuperà del rinnovo delle commissioni d’esame per i maestri di sci per
il periodo 2012-2016.
Elisa Coloni
Il corteo dei pendolari: salviamo Campo Marzio - LA
PROTESTA - «Trenitalia abbandona Trieste, ma la città non si dimentica del museo
ferroviario»
«Le ferrovie abbandonano Trieste, Trieste non abbandona il Museo Ferroviario». Questo è lo slogan promosso dal corteo silenzioso che ieri sera si è mosso dalla stazione ferroviaria di piazza della Libertà per dirigersi verso quella di Campo Marzio, ripercorrendo simbolicamente la Rivabahn (la linea ferroviaria che fino trent'anni fa univa il porto vecchio con quello nuovo) per manifestare solidarietà all'Associazione Dopolavoro Ferroviario di Trieste e ai volontari del Museo Ferroviario sul destino ancora incerto dello storico immobile di via Giulio Cesare. Questo il significato del corteo svoltosi ieri sera a Trieste. «Oggi - spiega Marco Chiandoni, uno dei referenti del Comitato spontaneo pendolari Fvg - abbiamo messo da parte il problema dei pendolari ed abbiamo deciso di organizzare questo corteo per onorare tutti quei volontari che nel corso degli anni, chi per passione, chi per amore del proprio lavoro e delle ferrovie, hanno realizzato un museo ferroviario di grande interesse e pregio per il materiale raccolto in tanti anni di attività. Una realtà forse più conosciuta all'estero che in Italia, ma sicuramente apprezzata da chi lo visita». Numerose persone hanno aderito all'iniziativa promossa dal Comitato pendolari, alla quale hanno preso parte non solo semplici cittadini ma anche alcuni volti della politica cittadina. «I pendolari - ha proseguito Chiandoni - hanno a cuore il problema della ferrovia. Un servizio non si vede soltanto dalla puntualità dei treni. In questo momento si pensa a contenere i costi a scapito dei viaggiatori e di tutte quelle strutture che ruotano attorno al treno: il dopolavoro ferroviario, il museo ferroviario e gli stessi mezzi storici. In Italia - ha concluso il portavoce del Comitato - tutto questo viene visto come un peso, mentre in altre parti d'Europa ciò è considerato una risorsa per il turismo ferroviario, che attira una clientela sempre numerosa. Quindi non si capisce il motivo per il quale dei servizi che possono fruttare denaro vengano invece ghettizzati come residui del passato, per venire poi dimenticati e lasciati al degrado del tempo». Al corteo hanno preso parte anche alcuni esponenti del Comitato No Tav di Trieste e del Carso con un volantinaggio pacifico per sensibilizzare la questione della costruzione di infrastrutture ferroviarie in Italia. Un problema che non riguarda solo la Val di Susa, ma anche il Carso triestino. Per coinvolgere i triestini sulla problematica, il Comitato No Tav organizzerà un presidio informativo domani in piazza Cavana, a partire dalle ore 17.
Andrea Di Matteo
Ferriera, una firma per il futuro - IN REGIONE -
Siglata da enti e sindacati l’intesa per avviare la riconversione
Una firma in Regione, invece, ieri è stata messa per la
Ferriera. È stato firmato un Protocollo d’intesa proposto dalla Regione su
richiesta dei sindacati che «avvia il percorso per la progettazione del
programma di riconversione dell’area industriale della Ferriera» come dice la
nota regionale. Il documento, emendato da Comune e da Cgil, Cisl e Uil,
«stabilisce tempi e modalità per giungere alla formulazione della proposta di
accordo di programma per la riconversione della Ferriera entro marzo 2013». Il
sindaco Cosolini precisa: «Inizia un percorso senza preclusioni ed esclusioni,
ma che non intende vincolare a decisioni pregresse eventuali nuovi soggetti che
potrebbero entrare in gioco». Le linee d’intesa citano il futuro della Ferriera
come sito da reindustrializzare «all’insegna di modernizzazione, innovazione e
green economy». E impongono di salvaguardare i livelli occupazionali diretti e
dell’indotto, nuove possibilità di impiego, superamento delle compatibilità
ambientali, rilancio del tessuto economico, contenimento dell’inquinamento del
mare. L’atto è stato firmato nella sede della Giunta regionale dall’assessore
regionale alla Programmazione, Sandra Savino, dalla presidente della Provincia
Maria Teresa Bassa Poropat, dal sindaco Roberto Cosolini. Non dall’Autorità
portuale, serve «un passaggio tecnico interno preventivo». Insomma entro marzo
del prossimo anno dev’essere pronto il piano di riconversione. Savino: «Grazie
al senso di responsabilità collettivo questo è il primo, fondamentale passo
verso la soluzione di una criticità che da troppo tempo attendeva l’avvio di un
percorso condiviso».
A caccia dei fondi Prusst per restaurare il Canale -
SOLDI MAI SPESI DEL “TUBONE” SOTTOMARINO
«Un progetto bello e coraggioso del Comune», così l’ha
definito il soprintendente Luca Rinaldi lasciando Trieste per Torino: un
progetto per il Canal grande (passerella a parte). Ma dai colloqui sulle belle
cose a oggi tutto è già cambiato. Di “coraggioso” sul Canale - tolto il
contestato ponticello - si sarebbe solo potuto fare quel che è risultato
impossibile: contemperare un parcheggio sotterraneo col ripristino del corso
d’acqua fin sotto la chiesa di Sant’Antonio nuovo. Una sorta di buon patto, ma
infine solo sulla carta: risarcire l’impresa Riccesi ancora in attesa di fare un
parcheggio al posto di quello, cassato, in Ponterosso, trasferendo l’opera sul
fronte-chiesa, e in cambio realizzare il sogno “storicistico” della
Soprintendenza, riportando il canale alla sua lunghezza d’alveo originaria. Le
cose non andranno così. Piuttosto parte la caccia ai vecchi e non interamente
spesi fondi nazionali del Prusst, quel Programma di recupero urbano e sviluppo
sostenibile del territorio con cui dal 2000 (giunta Illy) si sono tra l’altro
realizzate le nuove Rive. I fondi inizialmente assegnati erano di ben 534
miliardi di vecchie lire. Una consistente parte (in euro 180 milioni) era stata
destinata a un progetto avveniristico, disegnato all’interno dell’Autorità
portuale: il “tubone” sottomarino tra Porto vecchio e Porto nuovo, poi
riadattato a galleria sotto le rive. Poi andato in dimenticatoio. Curioso:
l’inizio dei cantieri era stato allora previsto proprio per il gennaio 2012. La
fine nel 2017, pena la perdita dei finanziamenti. Nel 2010 (sindaco Dipiazza) la
commissione comunale all’Urbanistica si accorse che quei soldi sarebbero stati
da restituire. Si pensò di controproporre al ministero delle Infrastrutture un
uso diverso, e cioé la riqualificazione delle banchine del Canale, in masegni.
Ed è questo che la giunta Cosolini si è ritrovata ora fra le mani, mentre sta
allestendo il concorso di idee per riqualificare entro il 2013 la piazza di
Ponterosso su cui fare un progetto per la sistemazione del mercato,
principalmente nell’area ora adibita a parcheggio di superficie, e in parte
nella zona della fontana. «Dobbiamo sbloccare i fondi Prusst - spiega Elena
Marchigiani, assessore all’Urbanistica -, quelli non spesi per il tunnel
sottomarino, ma solo nella misura di circa 1,5 milioni di euro, per
riqualificare le banchine che costeggiano il Canale. Il ministero ha risposto
che, essendo il “tubone” un progetto dell’Autorità portuale, e in area portuale,
bisogna chiedere all’Autorità portuale il recesso». Il Comitato di vigilanza
statale del Prusst ha già inoltrato domanda, si attende ora di sapere quale sarà
l’esito. Solo in seguito il Comune potrà formalmente proporre al ministero delle
Infrastrutture una deviazione della somma. Quel che è certo, comunque, è
l’orientamento di massima: «Non fare parcheggi in Ponterosso e davanti alla
chiesa di Sant’Antonio - specifica Marchigiani -. Anche portare il Canale fin
sotto la chiesa sarebbe suggestivo, ma crea notevoli problemi anche di
manutenzione a quel corso d’acqua. Dunque: no. Senza calcolare due altre cose.
Primo, il nuovo Piano del traffico non prevede di agglomerare nuove macchine in
quella zona. Secondo, i triestini sono abituati a usare la piazza davanti alla
chiesa, facendo il Canale più lungo toglieremmo spazio alle persone».
Gabriella Ziani
Riccesi e altre ditte ancora in sospeso - il contesto
Ora che la pianificazione dell’area del Canal grande
sembra aver fissato le proprie coordinate, restano in piedi i problemi delle
imprese sulla porta. Alla Riccesi, da tempo in attesa che la transazione per il
mancato park in Ponterosso vada in porto, è ancora da destinare un’altra area a
chiusura del contenzioso. Ma vanno “liberate” dall’impegno anche altre due
ditte, che già avevano invece proposto il park sotterraneo davanti alla chiesa
di Sant’Antonio nuovo, e che hanno l’offerta “in sospeso”. Problemi geologici,
di maree e d’altro genere avevano alla fine sconsigliato di fare una voragine in
piazza del Ponterosso. L’idea rimane cassata. Cassata sul nascere quella
“ante-chiesa”.
«Costa dei barbari progetto fantasma»
Lettera dell’esponente Sel Crozza al ministro
dell’Ambiente: «Nessun consigliere comunale ha mai visto lo studio»
DUINO AURISINA Come mai nessuno in commissione o in Consiglio comunale l’ha
potuto vedere? Da chi è stato approvato e dopo quali passi? Il restyling di
Duino Aurisina, di recente, è stato presentato in pompa magna alla presenza,
addirittura, del ministro dell’ambiente Corrado Clini. Idea ottima, secondo il
consigliere comunale del Sel Maurizio Rozza, qualcosa però non torna. «Di questi
tempi trovare risorse economiche per gli enti locali è tutt’altro che facile –
esordisce Rozza nella lettera aperta indirizzata al ministro – quindi non posso
che ringraziarla. Ci sono, però, aspetti poco chiari della vicenda che
desidererei sottolineare, a partire dal fatto che né il consiglio comunale di
Duino Aurisina né le sue articolazioni in commissioni hanno mai potuto vedere e
analizzare i progetti preliminari, che il Ministero e la Regione dichiarano di
aver condiviso e finanziato». Secondo il consigliere, già questo fatto stride
con il concetto di sviluppo sostenibile, codificato nel protocollo europeo sulla
gestione integrata delle zone costiere, di cui il Ministero dell’ambiente è
responsabile per quanto riguarda l'applicazione e l’implementazione a livello
nazionale. «Lei stesso ministro – continua la lettera – alla presentazione dei
progetti ha sottolineato come il rispetto delle procedure, delle competenze e
delle norme in campo ambientale, sia il filtro attraverso il quale valutare la
sostenibilità di un progetto, converrà quindi che, in questo caso, il caposaldo
dell’applicazione di metodologie partecipative (Agenda 21) agli interventi, è
venuto a mancare». L’assenza di condivisione tuttavia, per il consigliere, è un
granello di polvere rispetto ad un problema ben più grosso: «A Duino ci è stato
spiegato che il progetto preliminare sarebbe stato approvato; sinceramente non
ho capito da chi sarebbe venuta tale approvazione. Sono stati poi illustrati gli
interventi previsti, con tanto di crono programma. Da dilettante del diritto
ambientale non riesco a capire come questo iter si concili con quanto previsto
dall’articolo 6 della cosiddetta “Direttiva Habitat” e con l’art. 5 della
relativa norma di recepimento nel nostro ordinamento». Gli articoli citati da
Rozza obbligano, infatti, i proponenti a filtrare, in tutte le fasi, i “piani e
progetti” che ricadano nelle aree designate come siti d’importanza comunitaria e
zone di protezione speciale, attraverso la procedura della Valutazione di
incidenza ambientale. «Ho fatto le ricerche possibili nei siti istituzionali
deputati a pubblicizzare gli iter delle valutazioni – prosegue Rozza - ma del
progetto preliminare della Costa dei Barbari, area ricadente in entrambe le
zonizzazioni di tutela ambientale a livello europeo, non ho trovato alcuna
traccia». Non è finita, per il consigliere anche la riserva naturale della Costa
dei barbari («che doveva essere istituita già dieci anni fa») parte ora dalle
infrastrutture, il contrario di quanto imposto dalle normative nazionali e
regionali che prevedono che gli interventi, in una riserva naturale di nuova
istituzione, siano previsti nell’ambito di un piano complessivo, proprio per
garantire la più alta armonizzazione possibile tra le esigenze di utilizzo e
quelle di tutela ambientale. «Giudico il progetto di tutela e riqualificazione
della Costa dei Barbari, molto importante anche per il supporto all’economia
locale legata al turismo ambientale – conclude la lettera - ma proprio per
questo le espongo dei rilievi, che se giudicati fondati, sono assolutamente
sanabili in questa fase senza rischiare di allungare i tempi o di compromettere
i finanziamenti. Viceversa, se le anomalie procedurali non venissero affrontate
per tempo, si rischierebbero complicazioni e conflitti che potrebbero mettere a
rischio il progetto».
Cristina Polselli
COMUNICATO STAMPA - MERCOLEDI', 14 marzo 2012
VALLE CAVANATA E BANCO MULA DI MUGGIA - IL WWF: “CALO
DRASTICO DI DIVERSE SPECIE PROTETTE. L’AREA PROTETTA VA AMPLIATA”
L’associazione ha presentato le proprie osservazioni al
Piano di gestione del Sic/Zps.
In tutta l’area protetta della Valle Cavanata e del Banco Mula di Muggia è
rimasta una sola coppia di Falco di palude, mentre Fratino e Sgarza ciuffetto
non vi nidificano da diversi anni: ecco perché è tanto più necessario che il Sic
venga ampliato al bosco di Grado e alla porzione occidentale del banco dove
queste specie sono presenti ovvero hanno nidificato in anni recenti. È questa la
richiesta espressa dal WWF nelle osservazioni al Piano di Gestione del Sic/Zps
“Valle Cavanata e Banco Mula di Muggia” presentate in questi giorni alla
Regione. Un documento che mette chiaramente in luce il brusco decremento della
popolazione nidificante di diverse specie tutelate dalla Direttiva “Uccelli”,
conseguenza anche dei drastici interventi operati nel 2009 nel bosco di Grado,
dove hanno nidificato 3 specie di aironi, ad opera della squadra locale della
Protezione civile e dall'ispettorato delle foreste di Gorizia e Trieste.
Secondo il WWF, l’affermazione contenuta nel Piano di gestione dell’area
protetta secondo cui “non è previsto alcun ampliamento (del Sic, ndr) in quanto
si ritiene che l’insieme dei siti garantiscano già una sufficiente tutela degli
habitat e delle specie di interesse comunitario” è falsa e inaccettabile. “La
quasi scomparsa di Falco di palude, Fratino e Sgarza ciuffetto – sottolinea
l’associazione - dimostra chiaramente che la tutela delle specie di interesse
comunitario non è affatto garantita dall’attuale perimetrazione”.
Di qui il rilancio della proposta di ampliamento del SIC ZPS al bosco di Grado e
alla porzione occidentale del banco della Mula di Muggia esterno al SIC/ZPS, che
risulta avere per molte specie “un’importanza analoga alla Foce dell’Isonzo e al
Banco D’Orio”: una proposta peraltro, fa notare il WWF, già contenuta nella
relazione del progetto ANSER, in cui si proponeva l’estensione della ZPS “in
maniera da comprendere tutta l’area del banco emergente con la bassa marea”.
Tale zona è importante per lo svernamento del Fratino che probabilmente non
nidifica più in regione ma che attraverso la tutela dei siti frequentati ed
interventi mirati, quali isolotti realizzati ad hoc all’interno di zone
protette, potrebbe ritornare a riprodursi. Il banco esterno al SIC ZPS è
inoltre, in base a recenti rilevamenti, il sito più importante a livello
nazionale per la Pittima minore, specie dell’Allegato I della direttiva
“uccelli”, nota per la capacità di volare anche per una settimana senza
fermarsi.
Nelle osservazioni al Piano di gestione, l’associazione ha proposto anche alcuni
interventi specifici per la tutela delle specie presenti nel sito: la
schermatura dei prati del Luseo lungo la provinciale Monfalcone - Grado e lungo
la strada Luseo – Fossalon per garantire la tranquillità all’Oca lombardella
durante lo svernamento e a molte specie rare come il Cigno minore e il
Mignattaio che occasionalmente sostano nel prato. Nel medesimo sito si propone
lo sfalcio annuale delle quinte di canneto per aumentare le dimensioni della
zona aperta che in tal modo risulta idonea anche a specie diffidenti. Nella zona
di ripristino della “Penisola” si propongono alcune modifiche dei percorsi di
visita per ridurre l’impatto sulla fauna ed un maggiore apporto di acqua dolce
per mantenere livelli idrici idonei allo sviluppo della vegetazione palustre,
condizione necessaria alla presenza delle specie di uccelli che si vogliono
favorire.
GREEN STYLE.it - MERCOLEDI', 14 marzo 2012
Centrali nucleari in crescita nel mondo nonostante
Fukushima
Il nucleare nel mondo continua a crescere, nonostante
Fukushima. Lo rivelano i dati globali forniti dalla World Nuclear Association e
dalla International Atomic Energy Agency secondo i quali, nonostante il
progressivo abbandono dell’atomo da parte di diversi Paesi, su scala globale
l’uso del nucleare è sempre più diffuso.
Dopo il grave incidente alla centrale Fukushima Daiichi, in effetti, il Giappone
ha spento 52 dei suoi 54 reattori, mentre altre 7 centrali sono state chiuse
dalla Germania, che ha annunciato di disattivare i suoi altri 9 impianti entro
il 2022. Italia, Svizzera e Messico, inoltre, hanno ritirato i rispettivi
progetti per la costruzione di nuove centrali nucleari e il nuovo governo belga
ha annunciato di voler chiudere la partita atomica entro il 2025.
Molti altri Paesi, però, non hanno manifestato la stessa volontà di rinunciare
al nucleare. Potenze atomiche come Francia, Stati Uniti e Gran Bretagna, ad
esempio, continuano a produrre energia nucleare agli stessi ritmi di prima del
disastro giapponese e mantengono i loro piani, pur se modesti, per la
realizzazione di nuove centrali. Negli Usa, ad esempio, è stata recentemente
autorizzata la costruzione di due reattori in Georgia.
Ma la spinta maggiore alla crescita del nucleare viene dal Est. La Cina,
infatti, sta già costruendo 26 reattori in aggiunta ai 15 già in esercizio, e
secondo la World Nuclear Association il governo di Pechino ha già pronti i
finanziamenti per realizzarne altri 51. Anche Russia e India, dove sono
rispettivamente in attività 33 e 20 reattori, ne stanno ultimando altri 16, con
34 ulteriori progetti già programmati.
Come se non bastasse, decine di altri Paesi in tutto il mondo hanno già espresso
la propria volontà di avviare un programma energetico nucleare, dando il via
alla realizzazione della loro prima centrale atomica. Altro che cambio di rotta.
Sembra quasi che a Fukushima non sia accaduto niente.
Silvana Santo - Fonte: Technology Review
L'UNITA' - MERCOLEDI', 14 marzo 2012
Rigassificatori, dopo Brindisi anche Trieste dice no
Uno schieramento così ampio e articolato non si era visto
neanche per la prima fiducia al governo Monti. Pd, Idv, Federazione della
Sinistra, lista Poropat, Pdl, Lega Nord, Slovenska Skupnost, Un’altra Trieste,
Lista Ret, tutti gli schieramenti presenti nella consiglio provinciale giuliano,
da sinistra verso destra, ad eccezione di Fli e della Lista Dipiazza, lunedì
scorso hanno votato contro il rigassificatore che dovrebbe sorgere in località
Zaule. In tutto 23 voti contrari e due astensioni. Un plebiscito, in sostanza,
per il quarto “no” istituzionale all'opera, dopo quelli delle Giunte del Comune
e della Provincia e del Consiglio del Comune del capoluogo regionale.
Nessuno vuole quell'impianto che dovrebbe, a regime, trasformare ogni anno 8
miliardi di metri cubi di gas dallo stato liquido a quello gassoso. Nessuno
tranne la Regione Friuli Venezia Giulia, che da sette anni, prima con Riccardo
Illy e poi con Renzo Tondo, sta premendo per farlo autorizzare. Ed è questa
l'ultima carta che la spagnola Gas Natural Fenosa, alla testa del progetto,
cerca di giocarsi. Perché poi alla fine dei giochi dovrebbe essere proprio la
Regione a fare la scelta definitiva. Molto dipenderà da quello che accadrà alla
prossima conferenza dei servizi convocata proprio dalla Regione per il rilascio
dell’autorizzazione unica. Attorno a un tavolo diverse amministrazioni nazionali
e locali dovranno decidere se dare il via libera definitivo. Il parere, però,
non sarà vincolante: se non ci sarà l'unanimità, ed è chiaro che non ci sarà,
alla Regione spetterà l’ultima parola.
E che cosa sceglierà? Nessuno accetta scommesse. Il sì non è scontato. Ci sono
ancora tasselli da mettere a posto. Ad esempio, la Slovenia ha chiesto una sorta
di compensazione per il rigassificatore che sorgerà proprio sul confine. In
particolare ha reclamato di poter essere parte in causa nella realizzazione di
una serie di infrastrutture tra queste l’ampliamento del porto di Capodistria.
Ma trovato l’accordo internazionale bisognerà anche trovare l’accordo nel
governo. Perché non tutti i ministri hanno un’idea comune sull’impianto. Il
ministro dell’Ambiente Corrado Clini, ad esempio, qualche giorno fa aveva detto:
«Il parere negativo degli enti locali conta, eccome. Le loro considerazioni
riguardano il futuro da dare a quest’area così particolare, e anche i vincoli
sulla sicurezza non sono ininfluenti, così come la valutazione sulle attività
portuali e sui vincoli di sicurezza per la navigazione. Vedremo con estrema
franchezza quali possono essere le soluzioni migliorative. Ma non possiamo
forzare nessuno». Non la pensa così, invece, il ministro delle Infrastrutture
Corrado Passera che ha detto chiaramente che l’Italia non può permettersi «un
secondo caso-Brindisi», dove British Gas ha detto addio al progetto di costruire
un rigassificatore dopo 11 anni di procedure inconcluse. A Trieste ne sono
passati sette che non sono pochi. E rinunciare anche a questo progetto vorrebbe
dire, per il governo, far naufragare anche gli altri sparsi per l’Italia.
Ma anche se nel governo dovesse essere raggiunta un’intesa resta da superare lo
scoglio più ampio: l’opposizione di un’intera città. Qualche ragione per opporsi
gli abitanti di Trieste ce l’hanno. Il fatto è che la costruzione del
rigassificatore, un impianto - è bene ricordarlo - ad alto rischio industriale,
si basa su dati un po’ ottimistici. Ad esempio: nel progetto si prende come
riferimento una bora con raffiche a 70-80 km/ora, quando è pacifico che nel
golfo di Trieste il vento può arrivare fino a 130-150 km/ora, con gravi rischi
per chi è in navigazione, ancora di più, dunque, per una nave che trasporta gas.
O, ancora, le valutazioni di fattibilità si basano su una profondità del mare
che prende in considerazione quella del medio Adriatico, mentre nel golfo di
Trieste la profondità è minore. Questo comporta un calcolo del tutto diverso sul
raffreddamento dell’acqua, utilizzata nel processo di trasformazione, e a
diverse conclusioni sull’alterazione della fauna acquatica. Infine, nel
contratto è stabilito che la Gas Natural Fenosa, per alcuni anni, possa
rivalersi economicamente sullo Stato nel caso non riesca a lavorare a pieno
regime. E chi pagherà, dunque, se a Zaule il rigassificatore dovesse funzionare
con metà delle sue potenzialità? In Friuli tutti sanno la risposta. Partiti
compresi.
Roberto Rossi
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 14 marzo 2012
Rigassificatore, oggi l’incontro sull’Aia - Lunedì Gas
Natural presenterà le integrazioni chieste dalla Regione. L’iter potrebbe
chiudersi entro l’anno
Procede a passi spediti l’iter autorizzativo del rigassificatore nella valle di Zaule progettato da Gas Natural. Tanto che, secondo qualche bene informato, l’intera pratica potrebbe concludersi già entro la fine dell’anno. Una stima fatta tenendo in considerazione i tempi tecnici delle procedure di autorizzazione: le conferenze dei servizi previste dalla legge e i ritardi e le sospensioni delle stesse. Originariamente l’iter della Conferenza dei servizi, cominciata il 26 settembre 2011, si sarebbe dovuto chiudere nel maggio 2012. In virtù di alcune sospensioni e delle richieste di nuovi documenti, il termine potrà slittare a settembre o ottobre. Comunque, sostengono in molti, entro la fine di quest’anno. Il progetto, come noto, ha già ottenuto il decreto di Valutazione di impatto ambientale (Via) dal Ministero dell’Ambiente, mentre si attende il decreto relativo al gasdotto che collegherà l’impianto alla rete nazionale. Un’altra importante infrastruttura che, a suo volta, dovrà superare una lunga trafila autorizzativa. Tornando all’iter dell’impianto gnl progettato dal colosso spagnolo, oggi è in programma una nuova, decisiva tappa: si riunirà infatti la Conferenza dei servizi relativa all’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) dell’opera, un appuntamento annunciato dallo stesso ministro dell’Ambiente Corrado Clini durante la visita effettuata a Duino sabato scorso. Tale confronto avrebbe dovuto in origine tenersi il 14 febbraio, ma era stato annullato su richiesta dalla Regione. Una mossa, quella della giunta Tondo a cui Gas natural aveva risposto con le maniere forti. Come? Definendo immotivata la richiesta di rinvio e facendo partire una diffida all’indirizzo dell’amministrazione regionale. Di lì il dietro front e la decisione di riconvocare l’incontro sull’Aia atteso appunto per questa mattina. Nell’occasione Comune, Provincia e gli altri soggetti convocati al tavolo potranno chiedere integrazioni sul progetto. La Conferenza dei servizi per l’Aia si dovrà comunque chiudere entro la conclusione della Conferenza generale. Altre integrazioni e precisazioni sugli aspetti tecnico-progettuali contenuti nell’elaborato definitivo consegnato in Regione lo scorso autunno, verranno invece esposte da Gas Natural Fenosa lunedì prossimo. Giornata decisiva, quindi, specie per mettere a fuoco orientamento e linee d’azione dell’amministrazione regionale che, per voce dell’assessore all’Ambiente Luca Ciriani, non ha mai nascosto la propria opinione favorevole alla presenza del rigassificatore nel territorio triestino.
Bonanni critica il governo «Proposte inaccettabili» -
«E a Trieste bisogna fare il rigassificatore»
Il segretario Cisl dà l’altolà all’esecutivo: «No a un sistema brutale di ammortizzatori sociali».
TRIESTE «Le proposte del governo sulla mobilità sono
inaccettabili: su questo tema c'è un dialogo fra sordi e speriamo che non si
voglia arrivare a un altro strappo dopo quello sulle pensioni». Il segretario
generale della Cisl Raffaele Bonanni, ieri a Trieste per il forum “Ripensare il
lavoro”, non ha nascosto che l'intransigenza del governo in fatto di
ammortizzatori rischia di far saltare il tavolo con i sindacati. «Sarebbe dura
buttare giù un'altra spaccatura - ha spiegato - Noi rappresentiamo una linea
sindacale molto responsabile, improntata al dialogo, e non vogliamo la
responsabilità di una rottura: ma chiediamo agli altri di mostrare la nostra
flessibilità». Secondo Bonanni il governo ha il compito di tornare sui propri
passi, pena il discredito: «I cittadini italiani sono già tassati oltre ogni
limite, hanno subito una riforma delle pensioni la cui durezza non ha pari in
Europa: ora il governo non può applicare un sistema di ammortizzazione brutale».
Per il segretario della Cisl la transizione breve, proposta dal governo,
penalizzerebbe le fasce più deboli di lavoratori: «Chi finisce in mobilità ci va
perché l'azienda in cui lavorava ha chiuso o delocalizzato - ha affermato -.
Parliamo in buona parte di persone di 55 o 56 anni che non possono essere
abbandonate». La Cisl contesta il criterio applicato da Roma: «Noi stessi
abbiamo proposto di ritirare l'indennità a chi rifiuta le offerte di lavoro - ha
detto Bonanni -. Purtroppo il governo preferisce ridurre l'entità economica e la
durata delle indennità per tutti i lavoratori. Un principio inaccettabile in un
momento di grave crisi». Un attacco duro che il segretario ha accompagnato dalla
constatazione dell'accordo raggiunto su altri temi: «Siamo soddisfatti della
ridefinizione delle tipologie di contratto e della cassa integrazione. Speriamo
non si debba buttare tutto a causa della mobilità». Per la tutela dei giovani
«la priorità è fare piazza pulita di contratti come co.co.co, co.co.pro e
simili: non ci possono più essere lavoratori autonomi nella forma e dipendenti
nei fatti». Bonanni ha poi rilanciato l'ipotesi di cedere beni dello Stato per
fare cassa: «Piuttosto che vendere le persone il governo venda i beni demaniali.
Guadagneremmo 500 miliardi di euro pari a un quarto del debito pubblico
italiano». Il sindacalista ha parlato anche di Friuli Venezia Giulia: «Per tutte
le Regioni italiane vale lo stesso principio - ha detto -. Fare una politica
industriale adeguata, che non significa dare soldi alle imprese, ma investire
sui servizi, nelle infrastrutture, abbattere i costi dell'energia, puntare sulla
formazione». Secondo la Cisl bisognerebbe risparmiare sugli enti pubblici,
considerati troppo pesanti: «Le Regioni sembrano Stati, bisogna ridurle. I
piccoli Comuni devono consorziarsi. Le Province non hanno senso d'esistere - ha
detto Bonanni -. Conosco bene la situazione friulana e giuliana, avendoci
lavorato: questa Regione gode di una specialità che deve rimanere, ma che deve
anche dimagrire». Il segretario Cisl si è anche espresso a favore del
rigassificatore di Trieste: «La posizione della Cisl rimane quella nazionale:
questi impianti vanno tutti costruiti. Da un lato perché investire nelle grandi
opere stimola l'economia, dall'altro perché i rigassificatori hanno il pregio di
liberarci dalla schiavitù del tubo. È dagli anni '70 che in Italia non vengono
realizzate grandi opere degne di questo nome».
Giovanni Tomasin
SEGNALAZIONI - RIGASSIFICATORE Politici senza dubbi
Voglio sottolineare il comportamento, a parer mio, molto strano di quei politici favorevoli al rigassificatore che vorrebbero venisse posizionato a Zaule. Li ho sempre sentiti proclamare che tale impianto “è una grossa opportunità per Trieste”. Mai che avessero speso una parola, un piccolo dubbio, una incertezza sulle notissime anomalie che tale progetto comporta: fine del porto, fine del turismo, inquinamento del golfo e forse fine di tutti noi, visto il sito dove si vorrebbe posizionarlo. Mi domando il perché di tanto accanimento nel volerlo fare in un posto che secondo le leggi e il buon senso non può assolutamente venir fatto. Gas Natural sta facendo i propri interessi falsando il progetto e omettendo dati importanti come la profondità del mare, la quantità di cloro versata, la zona di rispetto per il passaggio delle gaserie, la vicinanza delle abitazioni e tanto altro ancora. Questa però è Gas Natural, ma voi con che coraggio accettate tutto ciò? Siete informati? O parlate soltanto per fare vuoti proclami? Dite che è indispensabile per il paese ed è una manna per noi, ma non dite che sarà la fine di Trieste, cosa anche comprensibile poiché la quasi totalità di voi non è ne triestina né muggesana.
Renato Mauro
Gas Snam vuole realizzare un hub in Italia
Il piano strategico 2012-2015 di Snam prevede 6,7 miliardi di euro di investimenti nel prossimo triennio. Snam conferma l’impegno a realizzare investimenti che contribuiscano alla creazione di un hub del gas in Italia.
Contovello, laghetto basso e inquinato
Sos per l’antico stagno di Contovello. Sul suo degrado giungono ormai con frequenza settimanale nuove segnalazioni alla prima circoscrizione. Sono interventi di residenti ma pure di forestieri affezionati all’ameno sito che denunciano le sue diverse criticità, a iniziare dalla principale: l’abbassamento inesorabile del livello delle acque dello specchio d’acqua. Una conseguenza – si legge in un documento prodotto dal parlamentino di Altipiano Ovest – delle tante edificazioni realizzate negli ultimi anni nelle adiacenze dell’area naturale, probabilmente causa della dispersione e deviazione, altrove, delle vene d’acqua che prima alimentavano lo stagno. «L’ultimo intervento edilizio ha fatto scomparire due pastini – afferma il presidente del parlamentino Roberto Cattaruzza – e è presumibilmente per questo che i lavori sono attualmente sospesi». Accanto alle mutazioni del territorio circostanti l’oasi naturale, la circoscrizione punta il dito per contro la superficialità di quelle persone che introducono nello specchio d’acqua specie animali allogene, snaturando completamente la natura dello stagno carsico. Attorno e dentro il laghetto hanno trovato asilo piante e erbe completamente avulse dal territorio, oltre che pesci e tartarughe che molti continuano a abbandonare. Tutto questo in barba a tutti gli appelli lanciati da tecnici e naturalistici sul tema della conservazione e la tutela degli antichi stagni della provincia triestina, distrattamente assimilati a laghetti e pozze d’acqua presenti nei giardini e nei parchi pubblici. Per tutte le ragioni esposte il presidente del parlamentino, rivolgendosi direttamente agli assessorati comunali all’Ambiente e al Demanio e patrimonio, chiede di intervenire nell’area di Contovello, magari con l’ausilio del volontariato, con competenza e capacità, per “bloccare l’edificazione selvaggia che sta distruggendo la zona e per ridare vita e ossigeno a quel laghetto che rischia di trasformarsi in una pozza maleodorante anche per effetto degli scarichi delle abitazioni, mancando in zona le fognature”.
Maurizio Lozei
Progetti sostenibili nella differenziata
Aspettando la primavera, sbocciano progetti ecosostenibili
dai giovani per le aziende. Un pomeriggio all’insegna dell’ambiente con la prima
edizione triestina del workshop di Go green. Il laboratorio dedicato agli
studenti universitari e ai neolaureati degli atenei di Trieste e Udine, “ha
riscosso moltissimo successo e i risultati sono stati davvero interessanti”,
dichiara Sara Alzetta, una delle organizzatrici ed animatrici dell’evento creato
in collaborazione con la Cooperativa Querciambiente. L’obiettivo? Coinvolgere le
giovani menti nella creazione di progetti di sostenibilità ambientale per la
raccolta differenziata a Trieste. La giuria, composta dalla stessa Alzetta e da
due rappresentanti della Cooperativa Querciambiente, ha suddiviso i partecipanti
in dieci gruppi con tre persone ciascuno di differenti facoltà. Diversi i punti
di vista come diverse le idee: «Abbiamo portato l’esperienza di ciascuno. Il
“basta lavorare” veneto, “da noi l’han già fatto” furlano e il “non se pol”
triestino», riferisce uno dei terzi classificati. Molte le soluzioni proposte:
dalla maggior sensibilizzazione al puntare sulle giovanissime generazioni, dalle
nuove tecniche comunicative ai vari sistemi incentivanti e premianti per il
cittadino per favorire la raccolta differenziata, passando, perché no,
all’organizzazione di un Eco-festival. Voci ed idee innovative, fresche, capaci
di unire esperienze differenti per una nuova sostenibilità ambientale. Federico
Zugna (Architettura), Sonia Ravanello (Scienze della Formazione) e Lucia Coscia
(Scienze matematiche fisiche e naturali) sono stati i vincitori della giornata,
conquistando il primo premio consistente in un tirocinio, sponsorizzato dalla
Provincia, presso Querciambiente. I secondi classificati si sono aggiudicati,
invece, una bicicletta e i terzi un caricatore universale a pannello
fotovoltaico. L’entusiasmo e la voglia di fare, giovanile e non, è l’energia
migliore per uno sviluppo maggiore. Che sia solo l’inizio? Auspicabile è
continuare a far collaborare le istituzioni, le aziende e le Università per
l’ambiente. Roberta Chissich
IL PICCOLO - MARTEDI', 13 marzo 2012
Rigassificatore - Anche il consiglio provinciale vota
il «no»
Quarto “no” istituzionale al rigassificatore. Dopo quelli
delle Giunte comunale e provinciale, e del Consiglio comunale, ieri l’aula di
Palazzo Galatti (in foto) ha approvato la delibera contraria presentata dalla
Giunta Poropat. Su 25 consiglieri votanti, 23 favorevoli a dire no. Come già in
Comune il Pdl ha seguito le direttive provinciali e non la linea della Regione.
I due astenuti sono i consiglieri della Lista Dipiazza, Giorgio Rossi e Stefano
Martucci. Anche in Comune su 39 votanti c’erano stati solo 2 astenuti: Fli e
appunto Lista Dipiazza. Rischi per l’ambiente, per la sicurezza e per il porto:
quasi 3 ore di dibattito e poi condivisione del rigetto. A favore lista Poropat,
Idv, Pd, Federazione della sinistra, Slovenska Skupnost (partiti di maggioranza)
e Pdl, Lega nord, Un’altra Trieste, Lista Ret (Pdl).
Muggia e San Dorligo contro il rigassificatore con i
due gonfaloni
Domani la manifestazione davanti al palazzo della
Regione Lo opposizioni: contrari all’impianto ma non ci saremo
MUGGIA No alle bandiere di partito, sì ai gonfaloni dei Comuni di Muggia e
Dolina. Una protesta civile, ma soprattutto civica. E così che il sindaco Nerio
Nesladek, attraverso anche il tam tam della rete, sta chiamando all'appello i
suoi concittadini per il presidio di domani contro il rigassificatore di Zaule.
Alle 10, a Trieste, sotto il palazzo della Regione in via Giulia 75/1 (ritrovo
davanti al centro commerciale “Il Giulia”), muggesani e cittadini di San Dorligo
della Valle saranno chiamati ad esprimere il loro disappunto per la mancata
convocazione dei due Comuni alla Conferenza dei servizi per discutere il futuro
dell'impianto di rigassificazione. Ma chi aderirà all’appello, che Nesladek
sottinea essere al di fuori dalle logiche di partito? Per quanto riguarda Muggia
la maggioranza di centrosinistra si presenterà compatta. Assieme al Pd in prima
linea ci saranno gli esponenti di Sinistra ecologia e libertà, Laura Marzi e
Geremia Liguori. «Riteniamo assurdo e inconcepibile che alla conferenza dei
servizi dove si decide il futuro di una parte importante e consistente della
popolazione, la stessa non possa far sentire la sua volontà fortemente contraria
a un progetto gravemente dannoso», spiega il capogruppo di Sel Liguori. A
manifestare il proprio no al rigassificatore ci sarà anche Meio Muja-Libertà
civica con la capogruppo Roberta Tarlao. Presente anche l'Idv con l'assessore
all'Ambiente di Muggia, Fabio Longo e la Federazione della Sinistra
(Rifondazione e Partito dei comunisti italiani). E per l'opposizione? Il
capogruppo del Pdl Paolo Prodan, pur ribadendo il proprio no al rigassificatore,
ha già annunciato che il Pdl non ci sarà. Assenti annunciati anche Lega Nord e
Un'Altra Muggia. «Sarebbe stato meglio organizzare un consiglio comunale
straordinario e discutere dell'argomento tutti assieme per adottare una
strategia comune – commenta il capogruppo dei bandelliani Ferdinando Parlato -
invece l'amministrazione ha preferito organizzare un presidio che purtroppo
lascia solo il tempo che trova». Contrario al rigassificatore, ma assente al
presidio, anche il Carroccio, come spiega il capogruppo Claudio Di Toro: «Questa
forma di protesta ci sembra assolutamente inefficace ed estemporanea, se il
sindaco voleva l'appoggio dei consiglieri dell'opposizione doveva quanto meno
renderci partecipi dell'iniziativa e condividerne le finalità». Giallo invece a
San Dorligo della Valle. Le lettere di invito al presidio, a differenza di
quanto fatto dall'amministrazione Nesladek, non sono (ancora?) state recapitate
ai consiglieri comunali. «Apprendo dalla stampa che ci sarà un presidio, peccato
non essere stati avvertiti prima: vista la nostra contrarietà al rigassificatore
valuteremo se prendere parte o meno alla protesta», è il commento del capogruppo
di Uniti nelle Tradizioni Boris Gombac. Così Rossano Bibalo per Verdi-Idv:
«Leggendo il Piccolo ho scoperto che ci sarà un sit-in contro il
rigassificatore. Sicuramente ci sarò poiché la partecipazione alla
manifestazione di dissenso dei due comuni esclusi dalla Conferenza è un compito
doveroso di chi rappresenta le comunità, che più volte hanno dimostrato la
completa contrarietà ad un progetto ingiustificabile». Appoggeranno il presidio
anche Pd, Libertà civica e l’Unione slovena come preannuncia il segretario
provinciale Peter Mocnik: «Quello del rigassificatore è un progetto dannoso, e
senza ricadute che possano in qualche modo compensare la perdita di traffici
marittimi e di guadagno, sia in termini economici che di salute». In prima linea
anche i partiti comunisti. Sostegno all'iniziativa anche da parte della Lega
Nord: «Ritengo che il presidio sia un atto dimostrativo utile per ribadire un
netto no al rigassificatore», chiosa il capogruppo Sergio Rudini. Unica parte
politica di San Dorligo assente il Pdl, contraria al rigassificatore ma non
favorevole al presidio.
Riccardo Tosques
Depuratore di Servola si fa l’adeguamento Amianto da
rimuovere - SBLOCCATA L’IMPASSE
SITUAZIONE COMPLICATA La struttura fuori norma è finita
sotto infrazione da parte dell’Unione europea, a marzo scade la deroga allo
scarico dei reflui in mare
«Possiamo bonificare l’area del depuratore di Servola. E abbiamo ottenuto di
poterlo fare solo nelle porzioni che servono per realizzare il trattamento
biologico delle acque, insomma dove è necessario. Abbiamo già il progetto
esecutivo fatto redarre per tempo allo Studio Altieri di Vicenza, approvato (nel
corso di numerose corse a Roma dove abbiamo trovato grandissima collaborazione)
dal ministero dell’Ambiente, da Regione, Provincia, Comune e Autorità portuale.
Stiamo preparando il bando di gara, per un appalto integrato: i lavori
procederanno infatti in parallelo, bonifica e acque». Trapela volentieri la
soddisfazione nelle parole dell’ingegner Enrico Altran, responsabile della
divisione acqua e gas di AcegasAps per i risultati controfimati ieri in
Prefettura sui Siti inquinati. Il depuratore di Servola (per il cui non
adeguamento l’Italia è finita sotto infrazione da parte della Ue, col rischio di
un commissariamento dell’impianto entro marzo quando scade la deroga allo
scarico dei reflui in mare) era infatti dentro il perimetro Sin. AcegasAps aveva
fatto addirittura un ricorso al Tar contro le procedure fino a ieri imposte per
le bonifiche. Ieri la situazione si è sbloccata. Al punto che certi lavori,
proprio da ieri, sono già iniziati. Si è infatti cominciato a bonificare e
smantellare le tre tettoie dell’ex Scalo Legnami che insistono nell’area del
depuratore. E che, come noto, sono rivestite di pericoloso amianto. «L’ultima
autorizzazione l’abbiamo avuta proprio da questa riunione in Prefettura -
prosegue Altran -, così è subito entrata in azione la ditta cui i lavori di
bonifica dall’amianto sono stati appaltati, la Nest-Ambiente, al 100%
partecipata da AcegasAps e specializzata in questo lavoro». Curiosità: una volta
ripulite in sicurezza dal micidiale rivestimento, le tettoie ferrose, che sono
di proprietà del Demanio marittimo, verranno cedute alla Croce Rossa, sì,
proprio alla Cri nazionale. Che vende quel ferro di risulta così ottenuto e usa
i ricavi per le proprie attività istituzionali. Ciò avviene in forza di un
accordo tra ministero dell’Economia e la stessa Cri. Posto che comunque il
depuratore di Servola è stato attrezzato per buttar fuori acque pulite e perfino
«adatte alla balneazione», dice Altran, e dunque non è un pericoloso inquinante,
il suo restauro è così in ritardo rispetto ai termini di legge (europea) che
adesso, messa la data di ieri allo “start”, quella di fine lavori è stata già
scritta dall’Avvocatura dello Stato che l’ha concordata con gli organismi di
controllo Ue: 31 dicembre 2014. Il costo complessivo (bonifica e impianto acque)
è calcolato in ben 54 milioni di euro. Il doppio cantiere farà calare la spesa,
che ufficialmente è a carico dei Comuni che compongono l’Ato (Ambito
territoriale ottimale). L’assessore comunale Laureni ha in mano il piano
economico che dimostra la sufficiente copertura: «Da piani-stralcio della
finanziaria 2011, devoluti alle Ato - spiega - abbiamo 20 milioni di euro, circa
12 ce ne derivano da un finanziamento regionale in 20 anni; poi ci sono i Fondi
europei Fas, circa 30 milioni, su cui esiste la certezza, ma non ancora
trasferiti».
(g. z.)
Bonifiche, via libera a un’area dell’Ezit
Restituiti all’uso alcuni dei terreni analizzati nel
2004 Pasta Zara potrà ampliarsi. Firmato l’accordo col ministero
Da ieri, liberi in parte dal “Sin”, ormai minacciosa sigla per Sito
inquinato nazionale. In Prefettura è stato firmato l’accordo di programma che
restituisce al libero uso tutti i terreni Ezit analizzati nel 2004 dove si sono
trovati solo alti quantitativi di ferro e manganese, che l’Arpa però aveva
dimostrato essere storicamente tipici di quel suolo, dunque “normali”. Analisi
validata. Libera da ieri anche un’area Ezit adiacente lo stabilimento di Pasta
Zara: ri-analizzata dopo che erano stati spostati i cumuli di materiale
inquinato derivanti dalla costruzione dell’azienda, da tempo erano rivendicati
all’uso, eppur sequestrati, per costruire un nuovo capannone e ampliare
l’industria. Da ieri, via libera. E in più, un altro semaforo verde di enorme
importanza: sì alla bonifica diretta dell’area del depuratore di Servola, senza
le pastoie della procedura Sin. I lavori possono iniziare. Grande giornata
dunque quella di ieri in Prefettura, grazie al decisivo impulso dato nei giorni
scorsi proprio a Trieste alla questione bonifiche dal ministro dell’Ambiente
Corrado Clini, che ha spazzato dal tavolo la riscossione del mai accettato
“danno ambientale”: «Vogliamo reindustrializzare, non fare cassa». Allo stesso
tavolo si sono ritrovati, come da appuntamento, il ministero con la dirigente
Giuliana Gasparrini, l’Ispra (l’istituto tecnico-scientifico del ministero
stesso), l’Arpa, l’Azienda sanitaria, l’Acegas, e Provincia, Regione, Comune.
Presente anche il pastificio, in quanto parte direttamente interessata. Poche
ore, e due riunioni in una, sequenza inedita per i ritmi di solito elefantiaci
della burocrazia. Primo tempo, conferenza istruttoria con l’illustrazione e
l’esame collettivo di dati e problemi. Secondo tempo, conferenza decisoria, con
approvazione e firme. «Si chiude così la prima fase della questione Sin -
commenta Vittorio Zollia, assessore provinciale all’Ambiente -, molte aziende
che stanno su terreni contenenti solo ferro e manganese non hanno più vincoli,
né obbligo di bonifica. Pasta Zara può allargare l’azienda». Dopo quasi 10 anni
di rabbie, delusioni, attese, contestazioni e rivendicazioni, e con un perimetro
tendenzialmente cimiteriale, i veloci passi di queste settimane sembrano un film
sui sogni. Prossima tappa il 20 aprile, quando l’Ezit dovrà consegnare alla
Regione il progetto per le rimanenti caratterizzazioni dei terreni. Come
concordato sempre al tavolo della Prefettura con Clini, l’orologio ha obblighi
precisi, poiché si è stabilito che il 31 gennaio 2013 sia conclusa tutta la
procedura di analisi dei terreni e validazione dei dati da parte di Arpa, con
conseguente “liberazione” di altre aree, se pulite, e avvio di bonifica per
quelle che non lo sono. «È stata una riunione molto tranquilla, molto impegnata,
in cui si è di nuovo concordato un “cronoprogramma” dai tempi strettissimi» è
l’opinione di Umberto Laureni, assessore all’Ambiente in Comune.
Gabriella Ziani
Una città greca al Tar contro il Prg di Trieste
Il Comune di Parga contesta le ultime salvaguardie:
limitano l’edificabilità su un terreno in zona Monte Radio, una delle proprietà
che detiene in città
In un’epoca in cui va di moda che le Spa si possiedano a vicenda (nel senso
che una quotata compera e poi detiene le quote di un’altra, e viceversa) a
Trieste ecco che si scopre, o meglio si riscopre, che pure e persino una città
può essere proprietaria di uno o più pezzi di un’altra città. Anche molto, ma
molto lontana. Come Parga per esempio - una suggestiva località turistica della
Grecia nord-occidentale affacciata sul mare, vis-à-vis a Corfù, sotto il tacco
pugliese dell’Italia, dove l’Adriatico diventa Ionio - che risulta ”possedere”
da più d’un secolo proprio un po’ di Trieste. Parga un tempo, 150 anni fa o giù
di lì, era terra di lupi di mare, di commercianti intraprendenti e lungimiranti.
E Trieste era un porto di mare multietnico, attrattivo, di prospettiva, e al
tempo stesso un bel posto dove abitare, e dove fare affari. La gente di Parga
acquistò così alcune proprietà a Trieste, proprietà che successivamente - in
sede di lascito, presumibilmente - finirono in quello che è oggi un nutrito, si
dice, elenco di disponibilità immobiliari della loro terra nativa. Il fatto è
che la scoperta, in questo caso, non avviene in occasione di un gemellaggio, di
uno scambio culturale, bensì in seguito all’apertura di un contenzioso davanti a
un giudice. A fine febbraio infatti il Comune di Parga - attraverso i suoi
legali, gli avvocati triestini Orio De Marchi e Alessandro Cuccagna - ha
depositato al Tar, il Tribunale amministrativo regionale, un ricorso contro
quello di Trieste. L’oggetto del contendere sono le «direttive per la
predisposizione del Piano regolatore» adottate di recente dal Consiglio comunale
di Trieste su input politico della giunta Cosolini. Indirizzi che hanno superato
definitivamente la defunta variante Dipiazza e che, come tutte le direttive
propedeutiche al varo di un nuovo strumento pianificatorio urbanistico, hanno
introdotto dei nuovi regimi di salvaguardia, dei limiti cioè all’edificabilità -
valevoli per due anni, e in determinate zone - rispetto alle cubature consentite
dal Piano regolatore vigente. In una di queste zone, periferica benché a
vocazione comunque abitativa, la possibilità edificatoria è stata ridotta del
25%. E proprio all’interno di essa - siamo in zona Monte Radio, sopra Roiano e
Gretta, verso Opicina e Conconello - esiste un terreno con annesso edificio di
proprietà del Comune di Parga, che lo stesso, prossimamente, intendeva
ristrutturare per poi metterlo in affitto e avere quindi una rendita da poter
girare nelle casse del proprio Municipio. Il che già avviene per qualche altro
immobile di sua proprietà, in centro a Trieste, e che risulta essere altra cosa
rispetto alle altre disponibilità della Comunità greca. Gli amministratori della
cittadina ellenica ritengono evidentemente che le loro stesse casse municipali
possano essere esposte al rischio di un danno, di natura economica, per effetto
delle nuove strategie urbanistiche intraprese per l’appunto dall’amministrazione
comunale di Trieste. Quindi, dopo aver già presentato negli uffici del Comune di
casa nostra, come prevedono le norme in vigore, delle «osservazioni» - che al
momento però non hanno avuto un riscontro, una risposta insomma - il Comune di
Parga ha avviato alla fine il contenzioso amministrativo davanti al Tar. Per
quella che appare essere una classica azione di tutela preventiva. Ma anche, al
tempo stesso, una causa tra due città - e di due differenti Stati - alquanto
originale.
Piero Rauber
Cellulari e rischi per la salute, esperti a confronto -
CONVEGNO IN PREFETTURA
Ricercatori divisi sui pericoli legati all’uso dei telefonini. Il consiglio? Usare l’auricolare
Le onde elettromagnetiche prodotte dai telefonini sono pericolose per la salute? È la domanda a cui ha cercato di dare risposta il convegno organizzato ieri in Prefettura dall’Associazione medici per l'ambiente in collaborazione con l'Associazione per la prevenzione e la lotta all'elettrosmog e il Cordicom Fvg. Sull’argomento la comunità scientifica internazionale è estremamente divisa. Secondo l'Organizzazione mondiale della sanità i cellulari possono causare il cancro. A detta di altri ricercatori, invece, chi usa il telefonino non corre rischi. Secondo lo studio Interphone - 11 anni di ricerche, 13 13 Paesi coinvolti tra cui l'Italia,15 milioni di euro di spesa -, sembra non esserci un legame tra l'uso dei cellulari e i tumori al cervello. Per lo svedese Lenard Hardell, che ha condotto una ricerca su di un campione più ampio, invece, il rischio di contrarre un tumore al cervello raddoppia se si è fatto uso del cellulare per mezz'ora al giorno in dieci anni. Insomma sembra difficile capire dove sta la verità. «C'è un gap tra domanda di verità scientifica e offerta da parte di chi si occupa di questa materia - ha affermato nel corso del convegno Angelo Gino Levis, già ordinario di Mutagenesi ambientale e molto critico nei confronti della ricerca condotta dalla Interphone -. E soprattutto da quest'ultimo punto di vista non c'è accordo tra gli studiosi. Quando si legge uno studio bisogna avere la capacità di valutarne criticamente i contenuti, interpretare i dati e verificare che ci sia assenza di interessi». Interessi che possono in qualche maniera influire sul risultato della ricerca. Guardando le conseguenze pratiche legate all'esposizione alle onde elettromagnetiche prodotte dai telefonini secondo Levis esiste questa possibilità: «Se teniamo conto che nel mondo ci sono 6 miliardi di abbonamenti, abbiamo a che fare con un numero molto elevato di persone che si trovano esposte al rischio e questo potrebbe causare danni sociali significativi. Lo sviluppo del tumore alla testa ha periodi molto lunghi che possono arrivare anche a 30 anni». Un elemento che non è stato preso in considerazione, ad esempio, come individua ancora Levis, dalla ricerca condotta dalla Interphone: «Si è trattato appunto di lavoro tranquillizzante cofinanziato dalle compagnie che producono telefoni. In quella ricerca abbiamo individuato ben 20 tipi di errori metodologici». Ma a farne le spese sono soprattutto i bambini più sensibili alle radiazioni elettromagnetiche. Per ridurre il rischio legato all'esposizione è consigliato usare l'auricolare, evitare telefonate lunghe, non tenere il telefono la notte vicino al comodino e durante il giorno in tasca o a contatto con il corpo, verificare al momento dell'acquisto il livello di emissioni.
Ivana Gherbaz
È allarme radon nella vecchia scuola di Prosecco
PROSECCO Situazione di allarme per il polo scolastico di Prosecco. Dall’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente (Arpa) è giunta alla sede della circoscrizione di Altipiano Ovest la notizia che in diversi ambienti della scuola sussistono elevati valori di concentrazione di gas radon. I punti critici monitorati dall’Arpa riguardano in particolare la palestra e gli spogliatoi maschile e femminile del polo. Le misurazioni effettuate, a fronte di una soglia di 500 Bequerel al metro cubo (Bq/m3) giudicata d’allarme, dicono che nel giro di circa 7 mesi la concentrazione del radon nella palestra è passata da 824 Bq (rilevati nel giugno dello scorso anno) ai 1858 registrati lo scorso 8 febbraio. La rilevante presenza del gas è stata registrata pure nei quattro locali attigui la palestra. Da un punto di vista operativo, se la concentrazione del radon in un sito risulta compresa tra i 400 e i 500 bequerel, è necessario porre in atto un monitoraggio della situazione sinché i valori non scendano sotto il riferimento di 400. Il valore di 500 Bq/m3 riscontrato in una media annuale viene invece definito “livello di azione”, ovvero quello da cui appare necessario richiedere l’adozione di azioni di rimedio che ne riducano la concentrazione. Infatti l’Arpa suggerisce al Comune di Trieste e al Dipartimento di prevenzione dell’Azienda per i Servizi Sanitari n. 1 Triestina di intervenire. «Vista la presenza di una intercapedine al di sotto dei vani – si legge nella relazione tecnica – l’intervento presumibilmente più opportuno prevede la ventilazione, eventualmente forzata, dall’intercapedine stessa». Le concentrazioni notevoli di questo gas in diverse località dell’Altopiano non sono una novità. Il Radon è incolore, radioattivo e estramente volatile, generato continuamente da alcune rocce della crosta terrestre, e si accumula facilmente in ambienti chiusi. È accertata la sua tossicità; a alte concentrazioni può essere causa di tumori polmonari. Si diffonde facilmente dalle viscere della terra in presenza di suoli permeabili, come è il caso del Carso. «Questa notizia pone ancora più in evidenza la necessità di interventi rapidi e efficaci», afferma il presidente del primo parlamentino Roberto Cattaruzza. «Si deve tenere conto che questa struttura, oltre a essere frequentata dagli alunni italiani e sloveni del polo scolastico, viene utilizzata praticamente ogni giorno dagli atleti di diverse società sportive giovanili del territorio, Kontovel in testa. L’alta concentrazione del Radon – continua Cattaruzza – si aggiunge alla lunga lista delle criticità che assillano questo polo scolastico».
Maurizio lozei
È partito il progetto Tessi, nel segno della
sostenibilità
Far sì che la parola sostenibilità non resti solo parola,
ma si traduca in azioni concrete. È questo, in sintesi, l’obiettivo del progetto
Tessi (Teaching Sustainability across Slovenia and Italy), che ha preso il via a
Trieste. Nell’arco di 36 mesi, un gruppo di esperti provenienti dagli enti e
istituti partner del progetto (Area Science Park, Immaginario Scientifico,
Università di Ferrara, Slovenski E-Forum, Università di Nova Gorica) insegnerà
come gestire/risparmiare rifiuti, acqua ed energia. A fruire degli insegnamenti
e degli esempi saranno gli studenti delle scuole superiori di Slovenia
occidentale, Friuli Venezia Giulia, delle province di Ferrara, Ravenna, Venezia,
Padova, Rovigo e Treviso. I quali, fra 36 mesi (questa la durata di Tessi),
saranno chiamati a presentare i risultati del loro lavoro, durante un concorso
finale, dimostrando di essere riusciti a cambiare il comportamento quotidiano
trasformando le cattive abitudini, cioè gli sprechi, in azioni all’insegna della
sostenibilità. Le prime cinque scuole riceveranno premi in denaro, ma saranno
premiati anche studenti singoli e i partecipanti a una sezione di video sul
tema. «C’è molta sostanza, molta concretezza in Tessi», spiega Fabio Tomasi,
coordinatore del progetto, finanziato dal Fondo europeo di sviluppo regionale e
dai fondi nazionali nell’ambito della cooperazione transfrontaliera Italia
Slovenia 2007-2013. E aggiunge: «Rispetto al precedente Iuses (Intelligent
Energy Europe), che si focalizzava solo sull’energia, Tessi abbraccia a 360
gradi le principali problematiche della società, introducendo anche il tema
della mobilità sostenibile. Tra le azioni che intendiamo perseguire figurano
corsi di aggiornamento per insegnanti e la produzione di materiali didattici».
Quattro mostre multimediali allestite dall’Immaginario Scientifico completano il
progetto. Teatro degli exhibit saranno le quattro città cui appartengono i
partner: Trieste, Lubiana, Ferrara e Nova Gorica.
Cristina Serra
“Ingabbiare” il sole, imitando la natura - Alla Sissa
un gruppo di simulazione di materiali nanostrutturati per produrre energie
rinnovabili
«Il problema dell'impiego dell'energia raggiante del Sole si impone e s'imporrà anche maggiormente in seguito». Sono parole dell’inizio del 1900, pronunciate dal chimico triestino Giacomo Ciamician alla chiusura della conferenza di inaugurazione dell’anno accademico 1903-1904, all’Università di Bologna. Ciamician, anticipando i problemi che oggi affliggono la società, esortava a rivolgersi al solare, unica fonte da cui trarre energia inesauribile e pulita. Oggi molti laboratori sperano di imitare la fotosintesi clorofilliana per produrre energia rinnovabile: non solo energia elettrica, ma anche, con qualche passaggio in più rispetto alla fotosintesi, combustibili puliti. Il gruppo di simulazione di materiali nanostrutturati Democritos dell’unità Cnr-Sissa di Trieste, guidato da Stefano Fabris, in collaborazione con Simone Piccinin e Alessandro Laio, sta lavorando dal 2009 a questa idea. «Più che un’idea è una vera e propria sfida», si entusiasma Fabris, che è ingegnere dei materiali e lavora al Cnr-Sissa dal 2003, e che per questo progetto ha usufruito di finanziamenti provenienti dalla Regione Fvg, da fondi Marie Curie e dalla Sissa. «Il fotovoltaico produce energia elettrica, ma questa è difficile da immagazzinare. Così cerchiamo di carpire i segreti alla fotosintesi naturale, per applicarli a nuovi materiali in grado di ossidare l’acqua, un processo chiave per produrre combustibili dall’energia solare». Nella fotosintesi, l’energia del sole converte sei molecole d’acqua e altrettante di anidride carbonica in una molecola di glucosio, il carburante delle piante. Lo scarto di questa reazione è dato da sei molecole di ossigeno che le piante liberano in atmosfera. «Al momento stiamo studiando due materiali nuovi, uno a base di rutenio – in collaborazione con i gruppi di Maurizio Prato dell’Università di Trieste e di Marcella Bonchio del Cnr/Università di Padova - e l’altro composto da ossido di cobalto» chiarisce Fabris. «Mediante simulazioni numeriche cerchiamo di capire in dettaglio le reazioni chimiche che avvengono a livello atomico nei centri attivi di nanostrutture simili a quelle della fotosintesi naturale». Una delle molecole oggetto di studio è formata da cobalto, ossigeno e fosforo, arrangiati secondo una disposizione irregolare, in cui si formano piccoli cubetti ordinati, cuore della reazione. «Cerchiamo i cubani – dice scherzando Fabris, riferendosi a queste bizzarre strutture – perché se riusciremo a confermarne la presenza avremo fatto un passo avanti verso la comprensione della reazione». Qualche ipotesi è già stata fatta, e un articolo scientifico è ora in fase di scrutinio da parte di revisori del settore.
(Cri.s)
ISTRIA - La pesca con gli esplosivi distrugge fauna e
flora
Il presidente dei professionisti croati denuncia il
ricorso alla dinamite per disorientare il pesce azzurro. E per stanare i polpi
si usa detersivo nelle tane
FIUME L’accusa è di quelle forti, lanciata da una voce autorevole come il
presidente della sezione pesca dell’Assoartigiani croata, Vladan Bojic. «Quasi
la metà dei pescatori croati con reti da circuizione – ha dichiarato ai
giornalisti – usa purtroppo l’esplosivo per la cattura di acciughe, sardelle e
papaline. Questi minuscoli pesci azzurri vengono disorientati dalle
deflagrazioni e dalle profondità dove si trovano finiscono nelle reti. Ai
pescatori non serve faticare troppo nel tirare a bordo il pesce mentre il danno
all’ecosistema è pesantissimo». Per Bajic le esplosioni trasformano i fondali in
una specie di paesaggio lunare, senza segni di vita anche per anni. Ha
illustrato l’esempio della Fossa di Tara, a circa 6 miglia dall’Isolotto di Busi
(Bisevo), nel bel mezzo dell’Adriatico, dove anni fa abbondavano flora e fauna
mentre oggi l’ambiente appare deserto, deteriorato dalla dinamite utilizzata dai
pescatori. «I miei colleghi non si fermano qui – ha aggiunto Bajic –, usando
pure riflettori abusivi, la cui potenza è addirittura superiore a quella che si
può trovare sui pescherecci italiani». Per tale motivo, nelle notti senza luna
il Golfo del Quarnero o il Canale di Lissa appaiono illuminati manco fossero Las
Vegas. C’è poi il grave problema del depauperamento della biomassa di sardelle e
acciughe, documentato dalla pezzatura di queste specie. Attualmente in un chilo
di acciughe si trovano in media da 60 a 120 esemplari mentre il mercato è
ricettivo soprattutto quando per arrivare al chilo servono 45 pezzi. I grossisti
italiani pagano in quel caso ai pescatori croati un euro e 30 centesimi al
chilogrammo. È che le acque croate dell’Adriatico sono percorse in lungo e in
largo da una flotta cresciuta parecchio nell’ultimo decennio: si tratta di circa
500 pescherecci di vario genere (3mila e 500 i pescatori professionisti), di cui
quasi la metà supera i 12 metri di lunghezza. La pesca non è più sostenibile o
quasi, con il settore a lamentarsi soprattutto della presenza in Croazia di
circa 56mila pescatori dilettanti, tra i quali 2mila praticano la pesca in
apnea. A detta dei professionisti, le licenze dei pescatori amatoriali costano
poco e la categoria riesce a vendere tantissimo pesce sottobanco, senza pagare
un centesimo di tasse. Le accuse non si fermano qui e riguardano la pesca al
polpo che parecchi dilettanti praticherebbero introducendo detersivo nelle tane
dei molluschi e costringendoli così a scappare. Una volta usciti all’aperto i
polpi diventano però facili prede. Numerosi anche i casi di reti da posta
strappate dai pescatori subacquei che, servendosi come in un supermercato,
prendono gli esemplari migliori.
Andrea Marsanich
Il Museo ferroviario dirottato su un binario morto - La
lettera del giorno - Dario Fabbri
Certo che occorre fare un esame di coscienza. Non bastano
i tagli dei collegamenti passeggeri da e per Trieste con l’Italia e il resto
d’Europa. Ora soprattutto l’assenza totale di responsabilità e buon senso degli
organi dirigenti sembrano volere eliminare anche il Museo Ferroviario: il lavoro
volontario iniziato quasi 40 anni fa dalla Sezione Appassionati dei Trasporti
del DLF Trieste e che ha portato alla sua inaugurazione rischia di vanificarsi,
rispettando quella politica di trascurare ciò che invece costituisce
un’opportunità da valorizzare. Il Museo di Trieste Campo Marzio è, infatti, una
struttura gestita interamente da volontari e vengono a visitarla 4mila persone
all’anno nelle tre mezze giornate di apertura (mercoledi, sabato e domenica
dalle 9 alle 13). Le intense attività promosse dai volontari del Museo con le
decine di mostre fotografiche, i viaggi con i treni storici e tutte le
iniziative culturali portate avanti dai volontari, rischiano di scomparire. Data
l’esiguità delle risorse del volontariato, diversi rotabili e altri reperti, non
si sono ancora potuti restaurare, così come è sempre stata difficile la
manutenzione dell’edificio, pur di notevole pregio storico architettonico
(costruito nel 1906 e capolinea dell’importante ferrovia statale chiamata
Ferrovia Transalpina che congiungeva Trieste con il territorio interno austriaco
e arrivava a Salisburgo e Vienna). La mancanza di fondi, che era fino poco tempo
fa un problema da risolvere per garantire la manutenzione del Museo, nulla è al
confronto dell’inizio di una fase storica che si appresta a vivere la gloriosa
Stazione di Campo Marzio se non verrà risolta la questione dei costi. In breve
questo perché, prima della privatizzazione ai tempi delle Ferrovie dello Stato,
il Dopolavoro Ferroviario aveva in comodato d’uso il Museo e le altri sedi in
base ad una legge del 1929. Con la privatizzazione del 2003 il DLF è stato
costretto a pagare 54.000 euro di affitto annuale complessivo per tutte le sedi.
La strategia prima era stata quella di cacciare via i volontari e chiudere il
Museo, che così sarebbe divenuto un rudere e avrebbe dato luogo a speculazioni
edilizie. Le Ferrovie avevano poi nel 2007 messo in vendita la stazione che è
stata acquistata dalla società veneta Sviluppo 70, in ottica di una prospettiva
di abbandono. Le Ferrovie, insomma, volevano già smantellare i binari per
svalutare un patrimonio che non ha eguali in Italia; ma per fortuna sono state
bloccate e solo i vincoli dalla Sovrintendenza delle Belle Arti hanno finora
impedito che il museo fosse abbattuto per fare posto a un quartiere di cemento.
Nel 2012 poi la somma è aumentata triplicandosi, in base alle leggi del mercato,
arrivando a 140 mila euro all’anno! Si pensi che dagli iniziali ottomila euro da
gennaio 2012, si passa a ventiquattromila euro annuali di affitto solo per il
Museo, più spese di manutenzione, che porterebbero alla cifre di addirittura 45
mila euro di affitto annuale: un’enormità. Senza questi soldi da versare a Roma
il Museo così rischierebbe la chiusura. Ora si è tutti uniti a chiedere aiuto
alle istituzioni perché risolvano il problema e nessuno vuole credere che
l’avventura del Museo Ferroviario rischia di arrivare a un altro capolinea, ma
non più quello della Transalpina.
La Lav sabato in piazza contro lo stabulario - LEGA
ANTIVIVISEZIONE
La Lav - Lega antivivisezione italiana - sarà in piazza
sabato dalle 16 per un corteo con partenza da piazza della Borsa. La Lav - si
legge in una nota - intende «manifestare contro lo stabulario dell'Università e
chiedere che la legge regionale n. 3/2010 per la divulgazione delle metodologie
alternative alla sperimentazione animale – prima in Italia - venga finalmente
seguita e che i soldi stanziati per la ristrutturazione dello stabulario vengano
invece impiegati per questa ricerca alternativa». La Lav sarà inoltre impegnata
nelle piazze di numerose città italiane, tra cui Trieste, nel prossimo weekend e
in quello del 24-25 marzo con due raccolte di firme: la prima riguarda lo stop
ai test cosmetici su animali, per chiedere alla Commissione Europea di
rispettare la data di scadenza (fissata per marzo 2013) del bando totale dei
test su animali per fini cosmetici; la seconda riguarda - siil corretto
recepimento della Direttiva 2010/63 UE, che ha già fatto parlare di sé per la
possibilità di “usare” i cani e gatti randagi per la vivisezione.
COMUNICATO STAMPA - LUNEDI', 12 marzo 2012
TAV: appello di ARCI SERVIZIO CIVILE, LEGAMBIENTE, ARCI
La decisione sul progetto della linea ad alta
velocità/capacità Torino-Lione non può essere liquidata perché già presa in modo
definitivo e da ridurre, oramai, a un problema di ordine pubblico.
Dopo anni di discussione il progetto di potenziamento dei collegamenti tra
Francia e Italia si è ridotto alla realizzazione del solo Tunnel di base. Tutti
gli altri interventi sono rinviati, persino come decisione, al 2023 e quindi
stiamo parlando solo ed esclusivamente di cantieri per l’intervento più costoso
e inutile per il rilancio del trasporto ferroviario merci e passeggeri lungo il
Frejus. Per questo motivo non è accettabile che si continui a presentare dati
che dimostrano i vantaggi per il trasporto merci su ferrovia che si
realizzerebbero attraverso il progetto, o l’accorciamento dei tempi per i treni
ad alta velocità tra Torino e Lione, come tra Milano e Parigi. I numeri che
vengono presentati sono infatti non veritieri. In primo luogo perché la
realizzazione del solo tunnel avrebbe un incidenza minima rispetto ai tempi di
percorrenza. Ma soprattutto, per quanto riguarda le merci, non vi potrà essere
alcuno spostamento modale con la semplice apertura della nuova linea senza una
politica del trasporto merci che punti a questo obiettivo, in Italia e negli
spostamenti attraverso le Alpi. Di queste politiche e strategie non si ha alcuna
notizia da parte del Governo. Al contrario, si discute di raddoppio del tunnel
autostradale. Inoltre, la parte degli interventi realmente indispensabili per il
rafforzamento della linea, quelli nel nodo di Torino e di Chambéry per il
collegamento merci e passeggeri, sono rinviati e non finanziati. Eppure è qui
che sarebbe più urgente intervenire per migliorare i collegamenti e la velocità
delle percorrenze, come chiedono i pendolari, visto che la velocità media dei
treni regionali tra le stazioni di Bussoleno e Torino Porta Nuova è di 60 km/h.
In un periodo di crisi economica scegliere di intervenire sulle opere realmente
prioritarie è quanto mai fondamentale. E il progetto della linea alta
velocità/capacità Torino-Lione è stata pensata più di 20 anni fa. In questi anni
è cambiato il mondo, sono entrati in campo nuovi giganti economici, che, ridando
un nuovo ruolo al Mediterraneo, hanno spostato l’asse principale dei traffici di
merci da sud a nord, riducendo di molto quelli da ovest ad est. Mentre per il
trasporto passeggeri è diventato, sulle medie distanze, sempre più competitivo
il trasporto aereo.
Diversi studi dimostrano che la Torino – Lione non si giustifica dal punto di
vista della domanda di trasporto. Dal 2000 al 2010 il traffico totale (strada+ferrovia)
di merci tra Francia e Italia è diminuito da 49,7 milioni di tonnellate/anno a
42,5, mentre quello con la Svizzera è cresciuto da 29,5 a 38,4, e quello con
l’Austria da 58,3 a 66,4. Quello di transito, che più esplicitamente riguarda il
corridoio 5, è sceso da 18,7 a 13,5 milioni di tonnellate/anno.
La nuova linea ferroviaria Torino-Lione, tra l’altro, attualmente percorsa da
pochissimi treni passeggeri non sarebbe nemmeno ad Alta Velocità perché, essendo
quasi interamente in galleria, la velocità massima di esercizio sarà di 220
km/h, con tratti a 160 e 120 km/h, come risulta dalla VIA presentata dalle
Ferrovie Italiane. Per effetto del transito di treni passeggeri e merci,
l’effettiva capacità della nuova linea ferroviaria Torino-Lione sarebbe
praticamente identica a quella della linea storica, attualmente sottoutilizzata
nonostante il suo ammodernamento terminato un anno fa e per il quale sono stati
investiti da Italia e Francia circa 400 milioni di euro. La stessa Agenzia per
l’Ambiente francese ha dichiarato che ammodernando l’attuale linea ferroviaria
si potrebbe arrivare a gestire un traffico pari a 19 milioni di T/anno, a fronte
oggi di circa 4 milioni di tonnellate (le Ferrovie dello Stato parlano
addirittura di 32 milioni di tonn – Osservatorio Virano, Quaderno n.1, pag.32).
Infine le previsioni di sviluppo del volume di traffico (merci e passeggeri),
dal punto di vista del conto economico, anche nella versione low cost, non
giustificano l’investimento: la nuova linea sarà fonte continua di passività,
che saranno a carico della finanza pubblica. La mancanza di un
qualsivoglia piano finanziario non può che accrescere la nostra preoccupazione e
contrarietà, soprattutto oggi, data la particolare congiuntura economica in cui
versa l’Europa ed il nostro paese.
Tutto ciò non ha nulla a che vedere con una contrapposizione ideologica o di
principio.
Non siamo contro la modernizzazione del paese. Siamo per investire nelle opere e
nelle infrastrutture che davvero servono.
Occorre individuare le priorità e la Torino-Lione non è una priorità, né per le
merci, né per i passeggeri. Investendo in un’opera inutile, come vogliono le
lobby del cemento, si sottraggono preziose risorse ad altri settori ancora più
strategici per il Paese: la sicurezza sismica ed idrogeologica, il trasporto
pendolare e urbano, la riqualificazione energetica del patrimonio immobiliare e
gli investimenti sulle energie rinnovabili, il sostegno al lavoro giovanile e
alla diminuzione del carico fiscale, la ricerca e l’innovazione tecnologica, la
piccola e media impresa e la cultura.
Il costo totale del tunnel transfrontaliero di base e delle tratte nazionali,
che non vengono nominate nell’attuale dibattito, è previsto intorno ai 20
miliardi di euro (e una prevedibile lievitazione fino a 30 miliardi e forse
anche di più, per l’inevitabile adeguamento dei prezzi già avvenuto negli altri
tratti di Alta Velocità realizzati), costo che penalizzerebbe l’economia
italiana con un contributo al debito pubblico dello stesso ordine della manovra
economica che il Governo Monti ha messo in atto per fronteggiare la grave crisi
economica e finanziaria che il Paese attraversa.
Si dice poi che è l’Europa che ce lo chiede. Non é vero che é già tutto deciso e
che ormai quest’opera é inevitabile. L’Unione Europea ha riaperto la questione
dei fondi, dei progetti e delle priorità rispetto alle Reti Transeuropee ed é
impegnata in un processo legislativo che finirà solo fra un anno e mezzo.
Esistono spazi per un ripensamento che non penalizzi l’interesse dell’Italia a
sostenere lo sviluppo di infrastrutture utili. Inoltre, l’Accordo
Intergovernativo e la sua parte finanziaria fra la Francia e l’Italia sarà
ratificato solo dopo che sarà conosciuto l’intervento finanziario della UE, su
cui al momento non vi è alcuna certezza.
Inoltre, la Lione-Torino non risulta ripresa nelle priorità infrastrutturali del
governo francese e, da documenti LTF, si vede chiaramente che i lavori per la
tratta francese sono eventualmente previsti per dopo il 2024.
Esistono poi dei costi sociali che non vanno sottovalutati. Lo scontro in atto
in Val Susa tra istituzioni nazionali e popolazione locale, sostenuta dalla
maggioranza degli amministratori e da un vasto movimento di opinione, ha
raggiunto e superato il livello di guardia. La contrapposizione muscolare di
questi mesi degenera sempre più in episodi di violenza e di esasperazione che
stanno provocando danni incalcolabili nel fisico delle persone, nella coesione
sociale, nella fiducia verso le istituzioni, nella vita e nella economia
dell’intera valle.
I problemi posti dal progetto di costruzione della linea ferroviaria ad alta
capacità Torino-Lione non si risolvono con lanci di pietre e con comportamenti
violenti. Da queste forme di violenza occorre prendere le distanze senza
ambiguità. Ma non ci si può fermare qui. Non basta deprecare la violenza se non
si fa nulla per evitarla. La protesta della valle – di tante donne e tanti
uomini, giovani e vecchi del tutto estranei ad ogni forma di violenza – non può
essere ridotta a questione di ordine pubblico da delegare alle forze
dell’ordine.
La contrapposizione e il conflitto possono essere superati solo da una politica
intelligente, lungimirante e coraggiosa. Per questo rivolgiamo un invito
pressante alla politica e alle autorità di governo ad avere responsabilità e
coraggio. Si applichi a questa grande opera lo stesso coraggio e prudenza
dimostrati con il Ponte sullo Stretto e le Olimpiadi, due progetti inutili e a
rischio finanziario, esattamente come questo.
Occorre una sede scientifica, priva di preclusioni ideologiche (da una parte e
dall’altra) che valuti l’opera nelle mutate condizioni economiche e geopolitiche
e dentro una scala di priorità nell’interesse del Paese. Siamo disponibili a
contribuire ad una vera Analisi Costi Benefici dell'opera, in tutte le sue
parti, che ne approfondisca le ricadute economiche e sociali, nonché quelle
ambientali in termini di riduzione delle emissioni climalteranti e
dell'inquinamento locale.
Per tutto ciò chiediamo che il Governo ascolti le autorevoli voci del mondo
scientifico che esprimono una visione diversa sulle priorità e sulla
strategicità dell’opera. Abbiamo apprezzato il lavoro dell’Osservatorio Virano,
ma oggi si apre una questione diversa che non era nelle competenze di
quell’organismo. Occorre una sede scientifica, priva di preclusioni ideologiche
(da una parte e dall’altra) che valuti l’opera nelle mutate condizioni
economiche e geopolitiche e dentro una scala di priorità nell’interesse del
Paese.
Chiediamo anche che il Governo incontri subito gli amministratori locali perché
non si riduca il tutto a questione di ordine pubblico e non si metta
definitivamente in discussione la coesione sociale del territorio. In questo
senso, l’applicazione di misure di sorveglianza di tipo militare dei cantieri
della nuova linea ferroviaria Torino-Lione ci sembra un’anomalia che va rimossa
al più presto, anche per dimostrare all’Unione Europea la capacità dell’Italia
di instaurare un vero dialogo con i cittadini, basato su valutazioni trasparenti
e documentabili, così come previsto dalla Convezione di Århus2.
Oggi è possibile uscire con dignità da un progetto inutile, costoso e non privo
di importanti conseguenze ambientali, anche per evitare di iniziare a realizzare
un’opera che potrebbe essere completata solo assorbendo ingenti risorse da altri
settori prioritari per la vita del Paese.
L’adesione all’appello l’ha confermato oggi anche il Presidente di ARCI Servizio
Civile del Friuli Venezia Giulia, Giuliano Gelci, che invita ad un’opera di
informazione verso i cittadini, i giovani, le organizzazioni per questa scelta
di abuso del denaro pubblico, cioè nostro, quando cresce la povertà e la
disoccupazione, mancano i fondi per i servizi sociali, la giustizia,
naturalmente… per il servizio civile.
ARCI Servizio Civile del Friuli Venezia Giulia
IL PICCOLO - LUNEDI', 12 marzo 2012
Marini: «Il sindaco tratti con Gas Natural» - IL
CONSIGLIERE REGIONALE DEL PDL
«Se il rigassificatore si facesse la città dovrebbe
riscuotere il massimo delle royalties»
“Solo gli stupidi non cambiano idea”. Bruno Marini 5, 6 anni fa era uno dei
berluscones più spietati contro il rigassificatore. «Oggi - ammette - mi ritrovo
su posizioni più possibiliste, anche perché le prospettive occupazionali sono
cambiate, in peggio. Si può dire no pregiudizialmente a un’opportunità di
sviluppo? Ma la cosa più importante è che, qualora l’impianto si facesse
nonostante tutto, la città dovrebbe essere pronta a riscuotere un sostanzioso
elenco di contropartite». Marini fa capire di non essere il solo, tra i
consiglieri triestini del Consiglio regionale tra i banchi del Pdl, a pensarla
così. Un segno, forse, che nel palazzo da cui dovrebbe uscire l’ultimo “sì o
no”, la Regione, tira una certa aria? Marini esce allo scoperto - assicura lui -
solo per dire la sua, e per dirla a Roberto Cosolini. Il sindaco espressione di
un partito, il Pd, che in questi anni ha a sua volta cambiato idea sul
rigassificatore: “tratti la resa, ne tragga il massimo del vantaggio”, pare
volergli consigliare brutalmente. «No - frena il pidiellino - voglio
semplicemente dire che il compito di un sindaco, qualora comunque il
rigassificatore si facesse, è quello di cercare di ricavare i maggiori vantaggi
per la città. Dipiazza, da buon commerciante, aveva provato a trattare. Ora sta
in Cosolini. Ho stima di lui, del comportamento pragmatico che ha dimostrato in
questi primi mesi di mandato. E comprendo, sono un politico pure io, i problemi
che ha nel rapportarsi con la parte sinistra della coalizione. Penso però che
dovrebbe svolgere il suo ruolo di sindaco anche andando ad approfondire certe
tematiche con Gas Natural». Ma per quali contropartite? «Premetto - specifica
Marini - che non mi addentro nel discorso ambientale, che lascio ai tecnici. Ne
faccio uno politico ed economico. La prima richiesta da riproporre è che
l’eventuale società di gestione abbia la sede legale a Trieste, affinché il
territorio benefici del gettito fiscale, e faccia compartecipare AcegasAps. In
modo serio. Un conto è una quota simbolica dell’1 o 2%, un altro è avere un
controllo del 25, 30%. Secondo: le royalties. Dipiazza, prima ancora che
Berlusconi togliesse l’Ici sulla prima casa, parlava di usufruire dei soldi di
Gas Natural per abbatterla. Mi pare che s’aspettasse 4, 5 milioni l’anno per 20,
di anni. Terzo: un bonus sulle bollette del gas per i triestini. Quarto: la
garanzia che una gran parte dei posti di lavoro di quest’operazione possa essere
data ai triestini stessi». Un appello il “camberiano” Marini lo rivolge pure
alla camberiana per eccellenza Marina Monassi: «Riprendo il ministro Clini e mi
chiedo se il rigassificatore sarebbe compatibile con le rotte da e per la Siot.
Boniciolli diceva di sì, la nuova presidenza dell’Authority, a quanto mi
risulta, non si è pronunciata».
(pi.ra.)
I telefonini fanno male? Rispondono gli esperti -
CONVEGNO
I telefoni e altre tecnologie fanno davvero male alla salute? È a questo importante quesito che vuole rispondere il convegno che si terrà oggi dalle 9.45, organizzato dall’Associazione Medici per l’ambiente (Isde) Italia, con Cordicom Fvg, Apple e il patrocinio di Comune e Provincia, nella sala di rappresentanza del palazzo del Governo. Titolo: «I telefonini e le moderne tecnologie: uso e abuso». L’incontro vuol fare chiarezza in chiave scientifica cercando di proporre soluzioni pratiche per ridurre al minimo i potenziali rischi, con un occhio di particolare riguardo ai soggetti più sensibili: bambini, adolescenti e donne in stato di gravidanza. Intervengono al dibattito il prefetto Alessandro Giacchetti; Mariano Cherubini, presidente regionale Isde (International society of doctors for the environment); Paolo Tomatis, di Isde Italia e presidente Eara (associazione internazionale per la difesa dall’amianto); Angelo Gino Levis, già ordinario di Mutagenesi ambientale all’Università di Padova e della Commissione oncologica nazionale; Laura Masiero, presidente di Apple; Alfio Turco, fisico, esperto in pianificazioni territoriali per la telefonia mobile.
IL PICCOLO - DOMENICA, 11 marzo 2012
Clini: rigassificatore, impossibile ignorare il no
degli enti locali - ENERGIA»IL PROGETTO DI ZAULE
Il ministro: il territorio conta e anche i vincoli
sulla sicurezza non sono ininfluenti. Aprire un tavolo con Slovenia e Croazia
«Il parere negativo degli enti locali conta, eccome. Le loro considerazioni
riguardano il futuro da dare a quest’area così particolare, e anche i vincoli
sulla sicurezza non sono ininfluenti, così come la valutazione sulle attività
portuali e sui vincoli di sicurezza per la navigazione. Vedremo con estrema
franchezza quali possono essere le soluzioni migliorative. Ma non possiamo
forzare nessuno. Peraltro ci sono anche un contenzioso diretto con la Slovenia e
uno in sede di Commissione europea perché la Slovenia chiede che il
rigassificatore sia soppesato anche con valutazione transfrontaliera.
L’importante, e questo è il momento, è mettere tutti i problemi in fila, senza
nasconderne alcuno che possa saltar fuori più tardi, e che ci porterebbe a fare
il gioco dell’oca». Corrado Clini, il ministro dell’Ambiente, torna a Trieste
per annunciare a Duino Aurisina una riserva naturale, ma deve fare conti diretti
e urgenti col contrario, un insediamento industriale ad alto rischio e in zona
inquinata all’altro capo della provincia, dove nella Baia di Zaule preme il
rigassificatore di Gas Natural. Che si porta addosso il “no” di Comune e
Provincia, ma che ha l’assenso del governo. Lo ha detto il ministro allo
Sviluppo economico Corrado Passera: «No a un secondo caso-Brindisi», dove
British Gas ha detto addio dopo 11 anni di procedure inconcluse per un
rigassificatore. Il riconoscimento dei problemi in campo, e del diritto di farli
valere tutti in sede locale, spezza però l’unanimità della voce del governo. «Il
dialogo - ha proseguito ieri Clini, per nulla perentorio, e anzi molto
accogliente rispetto alle riserve - è sempre aperto, il problema è che noi
vogliamo anche chiuderlo». Cioé arrivare a un punto, con decisioni chiare. Ma
mentre fino a ieri si dava per meramente “consultivo” il parere di Comune e
Provincia, oggi si ammette limpidamente: è una pietra non oltrepassabile in
corsa. L’assessore regionale all’Ambiente, Luca Ciriani: «È difficile che la
Regione possa obbligare il Comune di Trieste a ospitare il rigassificatore».
Motivo: «È il Comune che ha piena titolarità sulle politiche urbanistiche e
pianificatorie del territorio». «La cosa più responsabile - afferma Ciriani
rammentando le necessità nazionali di approvvigionamento di gas, e comunque
tendenzialmente favorevole, come Tondo - è riaprire il dialogo senza
pregiudiziali, il parere del Comune determina il luogo fisico dell’impianto, e
rende difficile la strada, la localizzazione è difficile da cambiare». Forse è
questa l’ipotesi (difficile) di estrema ratio. Anche l’eventuale concessione
regionale dell’Autorizzazione ambientale (procedimento al via il 14 marzo) non
potrebbe sorpassare il “no” degli enti locali. Il sindaco Cosolini peraltro ha
innalzato barriera: ricorso al Tar se passa il rigassificatore. Ciriani ricorda
che Cosolini «con Illy aveva un’opinione diversa, non dubito - aggiunge - che
l’abbia cambiata per motivi nobili...». Ma si prepara il campo alle
controfferte. L’assessore ricorda i dialoghi Dipiazza-Gas Natural per le “royalties”:
«Oggi quel discorso è surgelato, ma va riaperto il tavolo delle compensazioni».
Tentar di acquistare il Comune? Il ministro Clini mette sul tavolo tutto quello
che c’è, non dimentica né il porto, né la Slovenia, che il ricorso al Tar (e
alla Ue) lo ha già fatto. «Aspettiamo l’approvazione del piano regolatore
portuale per sapere se esso considera l’insediamento industriale - annuncia -,
quanto alla Slovenia, ieri ne ho parlato a Bruxelles alla Commissione europea:
abbiamo bisogno di reciprocità, dobbiamo esportare i vincoli anche sul porto di
Capodistria e sui progetti della Croazia, dunque dobbiamo aprire un tavolo
Italia-Slovenia-Croazia».
Gabriella Ziani
«Resta da chiarire chi ha il pallino in mano» -
L’assessore regionale: ancora da definire la valenza dei singoli e il peso di
Roma nella decisione finale
«Gas Natural fa pressioni, manda diffide e minaccia sul rispetto dei tempi, ma noi dobbiamo ancora chiarire in mano di chi sia il pallino». Parole di Luca Ciriani, vicepresidente della Regione e assessore all’Ambiente. Sul rigassificatore preme anche il governo Monti. La Regione sa che non può obbligare il Comune di Trieste, contrario all’impianto, ma non sa se potrà eventualmente farlo proprio il governo. È in parte da chiarire appena il quadro istituzionale, quello degli enti sovraordinati. Insomma, tutti i voti contano uno, oppure no? Il principale dubbio della Regione su questa così importante questione è addirittura dove debba svolgersi la conferenza di servizi, quella abilitata alla decisione finale. In Regione, poiché si tratta di un insediamento locale, oppure al ministero, visto che il rigassificatore riveste importanza nazionale nell’ambito dei piani energetici? Ultimo dubbio: basta che firmino gli enti locali, o deve firmare anche il ministro allo Sviluppo economico? La Giunta regionale, questo è chiaro, deve essa stessa esprimere (prima della conferenza collettiva) un proprio parere. Il presidente Renzo Tondo ha già detto che arriverà «nel giro di poche settimane». Intanto di settimana se ne apre una cruciale. Domani si mette un punto fermo, con la firma sotto i documenti, alla procedura definita nei giorni scorsi in sede prefettizia, con la regia del ministro Clini, per il Sito inquinato nazionale. Vengono presi impegni ufficiali su procedure e tempi: si prevede che il processo di analisi, riperimetrazione, riapertura all’uso dei terreni Ezit non pericolosi debba avvenire entro il 31 gennaio 2013. «Questa settimana - annuncia poi Ciriani - avremo in Regione un incontro con Gas Natural». Mercoledì 14 marzo infine si tiene la prima riunione degli enti in sede tecnica (Regione, Comune, Provincia, Azienda sanitaria, Arpa, ecc.) per il procedimento di esame dell’Aia, Autorizzazione integrata ambientale. Documento senza il quale un’industria “inquinante” non può essere attiva ma che, come la Valutazione d’impatto ambientale (Via), non costituisce autorizzazione vera e propria. È su questo avvio di procedimento che Gas Natural ha diffidato la Regione. La Provincia, titolare del parere ambientale, aveva chiesto un rinvio per esaminare l’ultima documentazione recepita. Non ha potuto ottenerlo.
(g. z.)
Sit-in di protesta dei sindaci di Muggia e San Dorligo
- PRESIDIO
Un presidio organizzato dai Comuni di Muggia e San Dorligo per esprimere la propria contrarietà al rigassificatore di Zaule. Escluse dalla Conferenza dei servizi, le amministrazioni Nesladek e Premolin hanno deciso di far sentire la propria voce dando vita ad un sit-in “pacifico ma fermissimo” in programma mercoledì alle 10, sotto il palazzo della Regione in via Giulia. Il presidio avverrà in concomitanza con la riunione indetta negli uffici della Direzione regionale all’Ambiente nell’ambito del sottoprocedimento per la concessione dell’Aia al progetto di Gas Natural. «Il Comune di Muggia, estromesso dalla Conferenza dei servizi ma deciso a non rinunciare al proprio dovere di portavoce di una volontà popolare assolutamente contraria al rigassificatore, insieme al Comune di San Dorligo ha deciso di alzare comunque la voce - spiega Nerio Nesladek, la cui amministrazione ha anche presentato ricorso al Tar contro l’estromissione dalla Conferenza dei servizi. L'invito a partecipare al presidio è stato esteso a tutti i gruppi consiliari che siedono nelle assemblee dei due Comuni. «Ma il gruppo del Pdl muggesano non parteciperà - ha già preannunciato il capogruppo Paolo Prodan -. Non cambiamo la nostra posizione contraria al rigassificatore, ma ci dissociamo dal sistema del presidio in quanto non pensiamo sia questo il modo di centrare l'obiettivo comune». Il presidio verrà disertato anche dal gruppo consiliare del Pdl di San Dorligo: «Siamo sempre stati fermamente contrari al rigassificatore – puntualizza il capogruppo Roberto Drozina -, ma riteniamo che una simile protesta abbia carattere più folcloristico che di contenuto vero e proprio. Il traguardo va raggiunto e trattando con tutte le autorità preposte e facendo capire i tanti effetti negativi che il rigassificatore produrrebbe sul nostro territorio».
(r.t.)
Trieste-Divaccia, 5 anni per i progetti
Lo studio preliminare della linea Tav deve essere
pronto entro giugno, pena la perdita di 50 milioni dell’Unione europea
TRIESTE Dal confine occidentale d’Italia a quello orientale, ma nella
migliore delle ipotesi passeranno cinque anni prima che i cantieri della Tav con
tutte le battaglie ambientalistiche, ideologiche e politiche che si portano
dietro si trasferiscano dal Piemonte alla Venezia Giulia. Il collegamento
transfrontaliero Trieste-Divaccia, senza il quale l’intero tracciato italiano
del Corridoio tre (Mediterraneo) Algeciras-Kiev non sta in piedi, porterà via
infatti quattro anni solo per la fase progettuale. Ancora il 30 giugno scorso a
Trieste la Commissione intergovernativa italo-slovena ha approvato lo studio di
fattibilità del tratto in questione pianificando il completamento delle attività
di progettazione (preliminare, definitiva ed esecutiva) per la fine del 2015.
«Subito dopo - era stato affermato - potranno essere avviati i primi cantieri».
Chiaro che ulteriori fasi burocratiche e gare d’appalto fanno prevedere la
perimetrazione delle aree interessate appena per il 2017. «In questi giorni -
riferisce l’assessore regionale a Infrastrutture e trasporti Riccardo Riccardi -
c’è stato a Trieste un nuovo incontro bilaterale riservato ai tecnici. Mi è
stata ora inviata la relazione che devo ancora esaminare, ma non mi risultano
proposte di variazioni del tracciato, né tantomeno slittamenti dei programmi. Le
scadenze sono sempre quelle, ma trattandosi di Tav non posso certo giurare che
verranno puntualmente rispettate, anche perché essendo questo un tratto
transfrontaliero il progetto fa direttamente capo ai due Stati.» Il prossimo
passaggio sarà la costituzione da parte dei due Stati del Geie, il Gruppo
europeo d’interesse economico, un veicolo giuridico di cooperazione che è
direttamente radicato nell’ordinamento comunitario che avrà potere di
contrattazione e di rappresentanza e sarà quindi responsabile delle attività di
progettazione. Il termine per la costituzione del Geie è fissato per il 30
giugno 2012. Il tracciato approvato è meno impattante, in particolare sul Carso
e la Val Rosandra rispetto a quello originariamente previsto. Si sviluppa per 12
chilometri in territorio italiano e per 9 in quello sloveno. Sulla tratta
ferroviaria i treni potranno raggiungere i 250 km/h consentendo di ridurre
notevolmente i tempi di percorrenza: per aggiungere Divaccia dalla Stazione
centrale di Trieste occorreranno appena 21 minuti. Il tracciato ha origine dal
Nodo di Trieste a partire dal termine orientale del previsto collegamento per il
traffico passeggeri, prosegue in direzione Sud-Est e si interconnette con
l’allacciamento nalla zona portuale-industriale della città. Superato il
confine, in territorio sloveno si interconnette con il branch verso Capodistria
e prosegue, volgendo a Nord-Est, fino a Divaccia. La pendenza massima sarà
contenuta nella misura del 17 per mille. «La prima soluzione, ipotizzata nel
2008 - ha spiegato l’assessore Riccardi - prevedeva 36 chilometri di tracciato
(che lambiva la Val Rosandra) con una pendenza molto alta e una velocità media
di 160 chilometri all’ora. L’attuale studio di fattibilità riduce invece il
tracciato a 21 chilometri, di cui 12 nella provincia di Trieste, con una
velocità minore nelle interconnessioni e maggiore nei tratti liberi, e una
pendenza del 12,5 per mille». È stata scelta è la cosiddetta “variante alta”,
più corta ed economica però con ben 11 dei 12,3 chilometri in galleria.
Originariamente il costo per la realizzazione dell’opera era stato stimato in
2,4 miliardi di euro di cui 1,3 per la porzione di tracciato in territorio
italiano e 1,1 per la parte slovena. Secondo l’accordo firmato tra i Governi
italiano e sloveno, il costo totale della progettazione invece, dallo studio di
fattibilità fino ai disegni esecutivi, è di 101,4 milioni di euro di cui il 50%
(50,7 milioni) sarà coperto dall’Unione europea. Dell’altra metà, 22 milioni
saranno stanziato dal Governo italiano mentre 28,7 dovrebbero venire da quello
sloveno. La Commissione europea per elargire i propri contributi, appunto il 50%
del costo della progettazione, chiede che si arrivi a un tracciato condiviso,
che su di esso venga formulato un progetto preliminare e come detto, entro
giugno 2012, venga costituito il Geie (Gruppo europeo di interesse economico).
Non rispettare questa scadenza significherebbe perdere i fondi comunitari e
sostanzialmente rimandare la Tav sul fronte orientale in alto mare.
Silvio Maranzana
TAV - I RITARDI
Ma se la Trieste-Divaccia avanza a ritmi lenti già nella fase preliminare e presumibilmente non potrà essere percorribile prima di una decina di anni, non brucia i tempi, nonostante il maggior dinamismo messo in mostra perlomeno fino a pochi mesi fa dalla Repubblica di Slovenia, nemmeno la Capodistria-Divaccia, tratta ferroviaria che se realizzata rapidamente rischia di mettere fuori da molti giochi il porto di Trieste. Il secondo binario avrebbe dovuto essere completato entro il 2018 e invece il termine sembra destinato a slittare di un paio d’anni. É la conseguenza del fatto che l’Agenzia della Repubblica di Slovenia per l’ambiente (Arso) ha finora negato il permesso ambientale per l’opera al Ministero dei Trasporti sloveno. Le manchevolezze del progetto sono rappresentate dal fatto che non è chiaramente esplicitato dove finiranno tutti i materiali di riporto (l’unica discarica indicata potrebbe contenere solamente la metà di quello che dovrà essere scavato) ed è stato giudicato incompleto lo studio dell’impatto ambientale sul bacino idrico del fiume Risano. E il rischio più grave è che il ritardo faccia perdere i 400 milioni di fondi europei destinati al progetto.
«Il Ferroviario? Un bomber da non tenere in panchina»
Il giornalista sportivo Bruno Pizzul in campo a difesa
del museo di Campo Marzio «Luogo simbolo dell’isolamento in cui le Ferrovie
hanno lasciato la città»
«Come avere un grande attaccante e tenerlo in panchina». Non poteva che
partire da una metafora calcistica la visita al Museo Ferroviario di Campo
Marzio di Bruno Pizzul. Il noto giornalista e commentatore sportivo ha voluto
portare la propria testimonianza di solidarietà alla storica struttura, che
rischia di scomparire perché tagliata fuori dai nuovi piani strategici delle
Ferrovie dello Stato. Pizzul, che ha visitato per la prima volta il museo, ha
fatto capire chiaramente come sia inconcepibile “dimenticare” un edificio dal
così alto valore storico e culturale. «Quando si entra in un luogo come questo
si prova un’emozione decisamente particolare – ha commentato Pizzul -. È come
fare un salto nel tempo, quando la ferrovia aveva un fascino unico e viaggiare
in treno ti dava un sapore speciale. Non posso pensare che qualcuno sia così
cieco e insensibile da voler abbandonare un gioiello simile, costruito con
amore, sacrifici e lavoro certosino da un gruppo straordinario di volontari». Il
giornalista sportivo è solo l’ultimo dei volti noti, appartenenti al mondo della
cultura, delle scienza, dell’economia e della politica, che hanno risposto
all’appello lanciato dai volontari del Dopolavoro Ferroviario per salvare il
museo di Campo Marzio. Pizzul, che ha ammesso di non guidare la macchina e di
usare prevalentemente il treno come mezzo di trasporto, ha osservato con
attenzione gli oltre duemila cimeli custoditi all’interno del museo,
soffermandosi in modo particolare sul Diorama che riproduce fedelmente, in
scala, la stazione ferroviaria di Villa Opicina nel 1910. Inoltre ha voluto
rimarcare la nostalgia dei tempi in cui, studente universitario, prendeva il
treno dalla natia Cormons per raggiungere Trieste. Tempi in cui, racconta, si
percepivano il peso ed il valore dell’ente Ferrovie dello Stato e soprattutto,
nelle stazioni, si sentiva il calore dell’ambiente e l’importanza della presenza
umana, mentre oggi si registra un processo inevitabile e generale di degrado.
Pizzul ha poi voluto allargare il discorso anche al fatto che la provincia di
Trieste sia di fatto penalizzata dalle scelte di Trenitalia. «Proprio osservando
la stazione di Campo Marzio e ammirando tutti i cimeli raccolti nel Museo, si
può capire perfettamente quanto questo territorio sia stato all’avanguardia sul
fronte ferrovie. Adesso invece, superata la stazione di Mestre, si entra in un
tunnel di isolamento logistico che non ha una spiegazione razionale. Spero
vivamente che le Ferrovie dello Stato ci ripensino e riacquistino consapevolezza
dell’importanza di queste zone».
Pierpaolo Pitich
Tour delle sale tra foto e autografi - La visita
Fedele al suo stile pacato e senza eccessi, Bruno Pizzul
ha visitato la stazione di Campo Marzio in punta di piedi, quasi mimetizzandosi
tra i visitatori del Museo. Ovviamente la sua presenza non è passata inosservata
e lui non si è negato a strette di mano, sorrisi e foto ricordo. Accompagnato
dai volontari, ha osservato con ammirazione tutti i cimeli custoditi, chiedendo
informazioni ed ascoltando con interesse racconti ed aneddoti, prima di lasciare
firma e dedica sul libro dei ricordi.
Fiaccolata di solidarietà con i volontari del
Dopolavoro
La campagna promossa per salvare il Museo di Campo Marzio, che sta coinvolgendo tutta la città, proseguirà mercoledì prossimo con una fiaccolata organizzata dai pendolari in segno di solidarietà nei confronti dei volontari del Dopolavoro Ferroviario. «Una realtà che – si legge nella nota che annuncia l’iniziativa - da più di trent’anni porta avanti un’iniziativa culturale, patrimonio del Paese, più conosciuta all’estero che non in Italia, e abbandonata proprio dalle Ferrovie dello Stato». Il corteo partirà alle 18 dalla “Meridionale”, vale a dire la Stazione Centrale e raggiungerà la “Transalpina”, cioè proprio la Stazione di Campo Marzio. Un altro segno di vicinanza particolarmente apprezzato dal gruppo di volontari: «Tutte queste attestazioni di affetto non solo ci fanno piacere ma quasi ci commuovono – spiega Roberto Carollo del Dopolavoro Ferroviario -. Significa che Trieste ci tiene a questo museo e tutto ciò ci dà morale per andare avanti. Adesso però bisogna risolvere, una volta per tutte, il problema della proprietà. Si è capito che alle Ferrovie dello Stato non interessa questa struttura. Allora sarebbe meglio che a gestirla fosse un ente presente sul territorio e questo non può che essere, a mio avviso, la Regione».
(p.p.)
«Non prioritaria» la bretella tra A27 e A23
L’assessore veneto Chisso ha proposto il collegamento
nell’ottica della futura Venezia-Monaco
TRIESTE Un collegamento interregionale tra la A27 veneta e la A23
Udine-Tarvisio? Se ne può parlare, ma non adesso, non con la Regione Fvg,
Autovie Venete e struttura commissariale impegnate pancia a terra sulla
realizzazione della terza corsia della A4. Riccardo Riccardi raccoglie l’input
del collega Renato Chisso, se ne dice interessato ma non può non considerare, al
momento, altre priorità. Impegnato com’è sulle partite aperte dell’allargamento
della Venezia-Trieste, l’assessore e commissario mette in fila quel progetto,
«di certo interessante ma che non ci possiamo permettere di prendere in
considerazione prima di aver definito altre vicende, terza corsia in primis». E’
stato Chisso, nei giorni scorsi, a parlarne alla stampa. Lo ha fatto,
l’assessore ai Trasporti della giunta Zaia, dopo il via libera della commissione
nazionale di Valutazione di impatto ambientale al prolungamento dell'autostrada
A27 che permetterà di bypassare Longarone, sopra Belluno. E se il governatore
leghista pensa a un progetto ambizioso, quello che chiama la Venezia-Monaco,
Chisso guarda prima al Passante Alpe Adria, vale a dire la A 27 che da Pian di
Vedoja viaggia fino a Pian dell'Abate, sotto Pieve di Cadore, e lo giudica
«opera compatibile con ogni soluzione in direzione centro dell’Europa, compresa
la proposta di collegamento interregionale fra la A27 e la A23 Udine-Tarvisio».
Due sono infatti le ipotesi per quel che riguarda la prosecuzione della tratta
dalla zona di Pieve di Cadore. Si parla della realizzazione di un tunnel sotto
le Alpi o, appunto, di un collegamento con l’autostrada dell’Alto Friuli. Ciò
significa però che la Regione Veneto si concentra per ora sulla A27. A breve
verranno convocati i Comuni interessati da un punto di vista urbanistico e
ambientale, mentre l’iter autorizzativo continuerà al Cipe, prima della gara: si
pensa di poter avviare i lavori tra 4-5 anni. Il progetto riguarda un percorso
lungo 20 chilometri, tutti in galleria, e per questo molto costosi (60 milioni
al km), con tre svincoli (Pian de Vedoja, Longarone e Pian dell'Abate). Per la
realizzazione di un prolungamento che diventa strategico per l’industria
bellunese e più in generale per l’intera regione, non serviranno comunque soldi
pubblici: il project financing del peso complessivo di un miliardo e 200 milioni
sarà interamente coperto dagli introiti della concessione.
(m.b.)
Duino, i due progetti verdi del “sogno sostenibile”
La Costa dei Barbari riserva naturale, porticciolo
turistico riqualificato Il ministro Clini approva ma la Regione deve ancora
sbloccare i fondi
DUINO AURISINA Il Collegio del Mondo Unito come testimone di una volontà
congiunta per realizzare concretamente il “sogno sostenibile”. Ieri mattina,
nell’auditorium del Collegio, alla presenza del Ministro dell’ambiente Corrado
Clini, i maggior esponenti istituzionali del territorio (il vice presidente
della Regione, Luca Ciriani, il sindaco di Duino-Aurisina Giorgio Ret,
l’assessore ai lavori pubblici Massimo Romita, il presidente della Provincia di
Trieste Maria Teresa Bassa Poropat e il direttore centrale Ambiente della
Regione, Giovanni Petris) hanno illustrato i due “progetti verdi”, di prossima
realizzazione, che riguarderanno quest’area: la trasformazione dell’area della
Costa dei Barbari ( di proprietà comunale) in riserva naturale ed il recupero
ambientale dell’area Ples e del porticciolo turistico di Duino. Clini ha
elogiato l’iniziativa. «Questi progetti – ha dichiarato il Ministro – vantano
radici molto lontane, addirittura risalenti al 2009 quando Trieste ospitò il G8
e, tra i vari temi, si parlò anche di sostenibilità. Oggi, dopo un tempo
relativamente breve, si può dire che l’ obiettivo di valorizzare quello che c’è
e renderlo fruibile anche a livello ecologicamente sostenibile sia stato
raggiunto. Sono sicuro – ha continuato – che questi due progetti avranno anche
il benestare della Comunità Europea e possano davvero essere un modello di
riferimento per tutto l’Alto Adriatico oltre ad essere un fiore all’occhiello
dell’Italia in Europa». Come illustrato dal Direttore centrale dell’ambiente,
Petris, i due progetti (che hanno già un progetto preliminare e l’ ok per lo
stanziamento dei fondi ma per il quale manca ancora la delibera di giunta
regionale) riguarderanno: per Duino il recupero ambientale dell’area Ples con la
realizzazione di un parcheggio servito con bus-navetta elettrico, parco, campo
sportivo, demolizione e recupero di volumi edilizi esistenti nonché la
riqualificazione del mobilità sostenibile grazie all’inserimento di una stazione
di biciclette elettriche con un investimento di 1,6 mln di euro; per quanto
riguarda la Costa dei Barbari sono previste delle opere di urbanizzazione per la
riqualificazione della viabilità urbana e per il collegamento funzionale tra
Duino e i circa 1.500 m di Costa dei Barbari, tra la frazione di Sistiana e
Marina di Aurisina;. Nuovi collegamenti tra l’abitato di borgo San Mauro e la
Costa dei Barbari, rifacimento della rete di illuminazione e ampliamento della
rete idrica (per realizzare la linea anti-incendio), creazione di un
sentiero-passeggiata da Sistiana a Marina di Aurisina e ripristino dei manufatti
storici presenti in loco da 1,1 milioni di euro.
Viviana Attard
«Come tutelerete la pace dei naturisti?» - LA DOMANDA
“È da anni che frequento la Costa dei Barbari e fin ora
tutto è stato tranquillo. Non abbiamo dato fastidio a nessuno e chi è arrivato
con cattive intenzioni è stato gentilmente allontanato. Il vostro progetto
prevede una passeggiata lungo tutta la costa. Ma così facendo come vengono
tutelati i naturisti, composti anche da intere famiglie, che frequentano la
zona?” esorta una signora tra il folto pubblico presente ieri al Collegio del
Mondo Unito. Come in tutti i grandi progetti, infatti, oltre ai molti
sostenitori non è mancato qualche commento critico, specialmente da parte dei
naturisti, appunto.
LAURI «Piano del territorio nel programma»
«Un piano territoriale con valenza paesaggistica, una legge urbanistica e uno per la manutenzione del territorio e lotta al dissesto idrogeologico» : li proporrà Giulio Lauri del Sel al centrosinistra nel programma per le prossime regionali.
Polveri sottili, le “raccomandazioni” non toccano
l’industria - LA LETTERA DEL GIORNO (Corrado Brambilla Consigliere Lega
Nord della VII Circoscrizione)
In risposta alle accorate raccomandazioni impartite dal Comune di Trieste per bocca dell’assessore all’Ambiente ing. Laureni, pubblicate su “Il Piccolo” del 2 marzo 2012 per limitare i danni causati dal superamento dei limiti di concentrazione delle polveri sottili in tutte le stazioni di rilevamento cittadine, noto che, ancora una volta, tali raccomandazioni riguardano solamente il comportamento da adottare da parte dei cittadini (riscaldamento e traffico) e non anche quello degli impianti industriali. E, guarda caso, oltre a quella di piazza Libertà, le centraline che presentano i valori più alti sono quelle situate nella zona di Servola, che non è certo un nodo stradale soggetto ad intenso traffico od una zona dal clima artico popolata da abitanti freddolosi. Come evidenziato dai dati dell’Arpa e riconosciuto dallo stesso assessore Laureni, il blocco del traffico ha una scarsa efficacia sul miglioramento della qualità dell’aria. Alla luce di tutto ciò vien da chiedersi: vuoi vedere che le principali fonti inquinanti sono proprio quelle su cui non si interviene? Sarà forse il caso che il Comune adempia l’obbligo (doveva essere fatto entro il 2005 e ad oggi non è ancora stato preso neppure in considerazione) di redigere il Pac - Piano di Azione Comunale contro l’inquinamento da fonte industriale? E poi, pur accogliendo favorevolmente ogni provvedimento che aiuti a preservare ambiente e salute pubblica, è corretto limitare la libertà degli utenti della strada, categoria che non amo particolarmente pur facendone parte, che, però, pagano bollo, assicurazione, accise sui carburanti, eccetera e sono obbligati a sottoporre non certo gratuitamente alle revisioni i loro veicoli? E che dire del commercio, penalizzato dalla chiusura del traffico e dell’immagine turistica della nostra città? Sono questi i veri responsabili? No, i veri responsabili sono coloro che non rispettano e coloro che non fanno rispettare la Costituzione della Repubblica Italiana, che tutela il diritto alla salute (art. 32), l’inviolabilità della libertà personale (art. 13), e si rendono inoltre colpevoli di un doppio danno, biologico ed esistenziale: quello direttamente causato dall’inquinamento industriale e quello della quotidiana apprensione che gravi malattie ascrivibili all’inquinamento stesso aggrediscano sè o i propri cari, come molti “sfortunati” hanno già sperimentato sulla propria pelle. Infine, perchè qui, nella VIIª Circoscrizione ci sentiamo ancor più presi in giro, il monito, veramente di valore inestimabile, essendo elargito da un assessorato all’Ambiente: «Ridurre, per quanto possibile, la permanenza all'aria aperta in ambito urbano» che cos’è? Il consiglio della nonna? Noi ed i nostri figli, soprattutto a Servola e dintorni, già siamo costretti a farlo tutti i giorni da qualche decina d’anni e non a causa del traffico, del riscaldamento o del tempo.
Antenne A Borgo S. Sergio manca un piano
È dal dicembre del 2008, che noi comitato di Borgo San Sergio stiamo facendo pressione sugli enti locali, perché s’impegnino a regolamentare, l’installazione, il controllo delle antenne radio-base. Comunità scientifiche libere hanno dimostrato la pericolosità delle onde radio per la salute. Non è difficile, secondo noi, se si ama la gente e il proprio lavoro, trovare i criteri per sistemare un adeguato piano antenne. Non è difficile, dopo quasi un anno d’insediamento, muoversi per dare risposte. Sindaco, giunta, consiglio comunale, Provincia, Arpa: dove siete nascosti? Siete forse soffocati da strutture burocratico/amministrative, che non vi permettono di lavorare ai fini di migliorare, la qualità della vita di tutti? La colpa, di non aver fatto nulla, è forse solo delle Istituzioni contorte? Ottima giustificazione! Per deresponsabilizzarvi. Per scaricare sul sistema la fiducia, che vi hanno accordato i vostri elettori. Che dite, i tempi non sono ancora maturi, per il piano antenne? Dobbiamo aspettare le prossime elezioni politiche? Saremmo curiosi di leggere su queste pagine, una vostra “autorevole” risposta!
Romano Umer (presidente Comitato antenne Borgo San Sergio)
Da giovedì “Dolce&salata” gite e incontri sull’acqua
Inizierà il 15 marzo prossimo la terza edizione di
“Dolce&Salata”, l’appuntamento dedicato all’acqua dolce (potabile) e salata (il
mare), che l’Area Marina Protetta di Miramare propone per scoprire il territorio
della provincia di Trieste attraverso il prezioso oro blu. Le Giornate
dell’Acqua si rinnovano per il terzo anno consecutivo grazie alla collaborazione
di AcegasAps, soggetto che gestisce l’acqua pubblica nel territorio, e grazie
alla partecipazione della Provincia e dei suoi Comuni, primi tra tutti
Duino-Aurisina e San Dorligo della Valle, enti gestori di due importanti riserve
naturali, gemellate con la riserva di Miramare. “Dolce&Salata” si compone
quest’anno di una decina di appuntamenti aperti al pubblico e per lo più
gratuiti, che si susseguiranno nell’arco di un mese, da metà marzo a metà
aprile: conferenze serali in tre diversi comuni e diversi appuntamenti sul
territorio, alla scoperta del Carso, dell’acquedotto Randaccio e di alcune
strutture museali cittadine, con speciali visite guidate. I tre incontri serali
si apriranno giovedì 15 marzo, alle 20.30 al Circolo Igo Gruden di Aurisina per
parlare di mulini, Timavo, sorgenti e risorgive, acqua potabile e grotte
soffianti, assieme a Maurizio Radacich del Cat (Club Alpinistico Triestino), a
Ruggero Calligaris del Gruppo Speleologico Flondar, e a Paolo Guglia e Marco
Restaino della Sas (Società Adriatica di Speleologia). Il secondo incontro si
terrà invece il giovedì successivo, 22 marzo, sempre alle 20.30, nella sala
Millo di Muggia e avrà quali argomenti l’acqua e la sicurezza alimentare,
l’acqua nelle produzioni industriali, l’acqua come diritto e come elemento da
gestire in modo moderno. Ne parleranno Alessandro Giadrossi di Wwf, Enrico
Altran di AcegasAps, Ettorina Rubino dell’Accri e la Coop Consumatori NordEst.
Chiuderà il ciclo, la serata di giovedì 29 marzo, nella sede della Lega Navale,
dove verrò dato spazio nuovamente all’acqua dolce, parlando di gestione
sostenibile di giardini e orti e di clima, ospiti Nicola Bressi dei Civici Musei
Scientifici, Marino Vocci del Museo del Mare, Arturo Pucillo dell’Osmer ed
Enrico Vinzi, dell’Area protetta di Miramare. La prima uscita “Il labirinto
della Cernizza” di domenica 18 marzo, è promossa dal Comune di Duino Aurisina ed
è dedicata alla scoperta del Bosco della Cernizza e del Villaggio del Pescatore.
La seconda, il 25 marzo, porterà invece a visitare l’acquedotto Randaccio, a san
Giovanni di Duino. Sempre domenica, ma nella sede dell’Area Marina Protetta di
Miramare alle 11, laboratorio per bambini (tra i 5 e i 10 anni, prenotazioni al
n. 040 224147 interno 3). Terza uscita il 31 marzo per una “Passeggiata al
tramonto in Val Rosandra”; l’1 aprile, l’uscita sarà dedicata a Speleovivarium e
Museo del Mare. Chiuderà l’escursione alla scoperta delle “Noghere, la valle dei
sette laghetti”, prevista per sabato 14 aprile. La partecipazione alle
conferenze è libera, mentre per partecipare alle escursioni, per lo più
gratuite, è obbligatorio prenotare al tel. 333-9339060 o scrivere a carso@riservamarinamiramare.it
IL PICCOLO - SABATO, 10 marzo 2012
Passera: «Rigassificatore, non si perda altro tempo» -
ENERGIA»IL PROGETTO DI ZAULE
Il ministro: giusto discutere ma senza ripetere il caso
di Brindisi, dove British Gas ha atteso inutilmente per 11 anni. Cosolini
avverte: pronti a ricorrere al Tar
Passera scalpita («giusto discutere ma Trieste non sia un’altra Brindisi,
dove il rigassificatore non si fa più», è il suo pensiero), Tondo invece
temporeggia, Cosolini infine barrica. Il ministro, il governatore, il sindaco.
Chi sia il buono, chi il brutto, e chi il cattivo, dipende dai punti di vista.
La storia del rigassificatore dà però l’idea del kolossal. Primo perché non
finisce mai. E secondo perché è difficilissimo intuire quale sarà il finale. Per
intanto, nella settimana in cui la Provincia boccia per mano della giunta Bassa
Poropat il progetto on-shore di Zaule con un parere negativo analogo a quello
lapidato dal Consiglio comunale (Gas Natural Fenosa non fa una piega e si
professa ancora fiduciosa e collaborativa, si legga sotto, ndr) nel dibattito
irrompe Corrado Passera, il superministro a Sviluppo economico, Infrastrutture e
Trasporti. È una sferzata rispetto all’atteggiamento del collega del dicastero
dell’Ambiente, il “triestino” Corrado Clini, che a fine febbraio ha parlato di
«una questione non ancora chiusa», benché dal 2009 esistano i nulla osta
preliminari rilasciati sotto forma di procedura di Via chiusa dai ministeri
dell’Ambiente e dei Beni culturali. «Non dobbiamo ripetere storie ingiuste e un
po’ vergognose di altri casi», detta Passera da Roma, dove ieri è intervenuto
alla presentazione del report “Italiadecide” sull’energia. Chiaro il riferimento
a quanto è successo sempre in settimana a Brindisi, dove British Gas si è
chiamata fuori dal proposito di fare in loco un rigassificatore, dopo aver
aspettato per 11 anni un’autorizzazione mai arrivata. Ma altrettanto chiaro è il
riferimento a Trieste, dove di anni, dalla presentazione della prima domanda di
Gas Natural, ne sono passati sette. Per Passera l’Italia ha il fisico per
diventare «l’hub europeo» del gas. E ciò passa per i futuri impianti di
rigassificazione. Tra questi c’è Trieste, per l’appunto, anch’esso a rischio per
la lentezza dell’iter burocratico. Una volta presa una decisione quindi, secondo
Passera, tutta la filiera istituzionale «deve farsi garante di facilitare, e non
ostacolare, le soluzioni più adeguate dal punto di vista tecnologico, ambientale
e di impatto occupazionale». Ora la chiusura della pratica spetta alla Regione.
E il presidente Renzo Tondo, nell’annunciare che ormai è questione di poche
settimane, si dice “laico”, «senza pregiudiziali», nonostante i pareri negativi
di partenza del Comune di Trieste, e adesso anche della Provincia, più il
ricorso al Tar del Comune di Muggia che si oppone al fatto di essere stato
lasciato fuori dall’apposita Conferenza dei servizi. Ma un altro ricorso,
pesantissimo, la Regione potrebbe vederselo sbattuto in faccia dal Comune
capoluogo. Si azzardi solo a concedere a Gas Natural l’ultimo nulla osta. È
quanto lascia intuire Roberto Cosolini: «Nella baia di Zaule, in base al
progetto esistente e in base alle risposte fornite finora alle nostre
osservazioni, le controindicazioni alla realizzazione impianto continuano a
essere nettamente prevalenti». No al rigassificatore di Zaule, insomma. «Noi -
precisa Cosolini - abbiamo espresso un parere nell’ambito di un iter istruttorio
che si concluderà con un atto amministrativo. È logico che, qualora in tale atto
non si dovesse tener conto del nostro parere, valuteremo la possibilità di un
ricorso al Tar». E il Passera-pensiero allora? «Sul fatto che i progetti abbiano
diritto ad essere esaminati in tempi accettabili siamo tutti d’accordo - chiude
il sindaco - a patto che questo non renda automatici dei “sì” anche in presenza
di impatti sul territorio interessato non sostenibili».
Piero Rauber
Nelle direttive al Prg la postilla che vieta
l’insediamento - L’APPIGLIO
Una strategia energetica nazionale che dipende dal Governo, un nulla osta che spetta alla Regione, e una competenza pianificatoria che la legge assegna al Comune. È il ginepraio che lascia presagire una ridda di ricorsi. Quello politicamente più significativo potrebbe arrivare dal Comune di Trieste, per l’appunto. E un appiglio in questo senso, chissà se meditato o incidentale, è destinato a venire da un emendamento alle nuove direttive al Piano regolatore. È l’emendamento 35, proposto da Marino Andolina come Federazione della Sinistra su suggerimento di Legambiente, sposato da Marino Sossi per Sel e fatto proprio da Cosolini con una correzione voluta dallo stesso sindaco: da «impianti a rischio di incidente rilevante» a «non sostenibili». «Una formula più responsabile», osserva il primo cittadino. «È stato un chiodo sopra la possibilità urbanistica di realizzare il rigassificatore o ogni altra opera pericolosa», l’eco di Andolina. E la cosa fa storcere il naso a Federico Pacorini in veste di presidente uscente del Consorzio Energia Trieste: «Appare un diniego pregiudiziale all’industria, scesa a Trieste a un passo dalla soglia del 10% contro una media del 22% nel resto del Friuli Venezia Giulia. Gli impianti a rischio di incidente rilevante sono i più avanzati in termini di tecnologie e rispetto delle norme, proprio per il fatto che sono soggetti a disposizioni e controlli più stringenti». E sul governatore Tondo che resta possibilista davanti a tutti “no” che piovono dal territorio, la coppia Franco Bandelli - Alessia Rosolen non va giù morbida. «Tondo non sa prendere decisioni», dice il suo ex assessore al Lavoro. «Dopo quattro anni chiede tempo? Ma prendiamo in giro Trieste?», si chiede quindi l’ex candidato sindaco di Un’altra Trieste.
(pi.ra.)
Gas Natural: fiduciosi che si tenga conto delle
ricadute per l’area
Sei domande. Una risposta. Si esaurisce così il dialogo via e-mail di ieri tra il Piccolo e Gas Natural. «L’azienda - si legge nella risposta - impegnata sin dal 2004 nello sviluppo di un progetto per la costruzione a Zaule di un rigassificatore segue l’ultima fase del procedimento previsto per il rilascio dell’Autorizzazione unica da parte della Regione, auspicando di ottenerne un esito positivo. Gas Natural collabora con tutte le amministrazioni, nazionali e locali, e con gli enti che, con diverse competenze, sono chiamati ad esprimersi alla Conferenza dei servizi. Oltre a fornire tutte le integrazioni che rispondono alle normali dinamiche che un procedimento di questo tipo richiede, l’azienda, su base volontaria, si è resa disponibile a fornirne di ulteriori. L’azienda è fiduciosa che venga data attenzione e sia valutato l’apporto positivo che il progetto potrà generare in termini di valore per il territorio locale».
(pi.ra.)
Differenziata, consegna dei pieghevoli informativi -
NUMERO VERDE PER RICHIEDERLI
A causa della mancata consegna dei pieghevoli informativi
sulla raccolta differenziata il Comune di Trieste e l’Acegas aps invitano i
cittadini a segnalarla al numero verde 800955988. L’intervento di Comune e
Acegas si era reso necessario perchè si erano verificati dei casi di mancata
consegna alle famiglie dei pieghevoli informativi sulla raccolta differenziata
dei rifiuti urbani. Ora i due enti chiedono ai cittadini di segnalare il
disguido telefonando al numero verde 800 955 988. Comune e Acegas ricordano che
i pieghevoli erano stati inviati con una lettera esplicativa a tutte le famiglie
di Trieste proprio allo scopo di illustrare ai cittadini tutte le modalità utili
per un corretto comportamento nella raccolta differenziata dei rifiuti,
nell’ambito di una campagna informativa promossa per il 2012 dal Comune di
Trieste-Assessorato all’Ambiente con Acegas Aps. Ora le famiglie che non hanno
ancora ricevuto i pieghevoli possono richiederlo al numero verde.
Piano del traffico Se ne discute con le circoscrizioni
- SECONDO INCONTRO
Prosegue nelle Circoscrizioni la discussione del Piano del
traffico per la fase di consultazione, dopo l’approvazione della bozza di
documento da parte della giunta comunale, che l’ha licenziata a febbraio.
Martedì prossimo alle 20.15 è previsto il secondo appuntamento del ciclo di
incontri nella sede della Prima e Seconda circoscrizione di via Doberdò 20/3.
Parteciperanno all’incontro pubblico l’assessore comunale ai Lavori pubblici
Elena Marchigiani e il mobility manager Giulio Bernetti.
La “nuova” Lucchini parte dal 21 marzo - Il piano di
ristrutturazione
Omologa del tribunale Unica condizione: l’assenza di
reclami in Corte d’appello
MILANO Il piano di ristrutturazione della Lucchini spa, cui dipende la
Ferriera di Servola, è reclamabile in Corte d'appello a Milano fino al 21 marzo
prossimo, da quella data diventerà operativo. Dopo che il tribunale fallimentare
di Milano ha dato l'approvazione agli accordi di ristrutturazioni in virtù del
182 bis, la decisione dei giudici è stata pubblicata il 6 marzo scorso e da
quella data deve rimanere pubblica per 15 giorni, il tempo eventualmente
consentivo per opporsi alla sua esecuzione. L'ok del tribunale è arrivato il 29
febbraio scorso ed è stato possibile alla luce dell'intesa raggiunta dalla
società siderurgica e le banche, che rappresentano la maggioranza dei suoi
creditori. Il gruppo bresciano, controllato dal magnate russo Alexei Mordashov
(51% direttamente, 49% attraverso Severstal), al 31 ottobre 2011 aveva debiti
per 1.168.413.500 euro. Al piano di ristrutturazione hanno aderito il 66,14% dei
crediti per un ammontare di 772.745.000 euro, di cui 733.300.000 euro è verso le
banche. Come riportato nel decreto di omologa del tribunale di Milano, firmato
dai giudici Fernando Ciampi, Francesca Mammone e Roberto Fontana, il piano
prevede da parte degli istituti di credito «il consolidamento al 31 dicembre
2017 (del debito vantato verso la Lucchini spa) con rimborso del capitale
mediante rate semestrali di 25 milioni euro a partire dal 30 giugno 2015 e il
pagamento di interessi sulla base del tasso Euribor maggiorato di 200 bps da
effettuarsi fino al 3 dicembre 2013 solo nel caso in cui la liquidità della
società superi la soglia di 130 milioni di euro e nei limiti dell'eccedenza».
Inoltre, l'accordo con le banche prevede, oltre «alla risoluzione contestuale
dei contratti di interest rate swap relativi alla copertura dal rischio di
fluttuazione tassi con inclusione dell'importo di circa 3 milioni nel debito
consolidato, anche la messa a disposizione di lettere di credito e garanzie per
38,9 milioni e affidamenti per copertura dei rischi di oscillazione dei tassi di
cambio per un ammontare di 8 milioni di euro al fine di garantire la continuità
aziendale». Il piano di ristrutturazione, oltre all'intesa con le banche,
segnala che l'azionista si impegna anche a vendere «la partecipazione in
Lucchini spa al prezzo di un euro o all'eventuale superiore prezzo offerto, al
soggetto che sarà individuato da Banca Imi spa in forza di una procura
irrevocabile a vendere». La Lucchini spa, grazie al piano di ristrutturazione
del debito, «nei prossimi anni sarà in grado di operare in condizione di
equilibrio finanziario».
Costa dei barbari, oggi il ministro Clini al Mondo
Unito
DUINO AURISINA Duino Aurisina accoglie stamane alle 11, nella sala dell’Auditorium del Collegio del Mondo unito, Corrado Clini, ministro dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare. L’occasione della visita del ministro nel comune rivierasco, dove il 6 e 7 maggio prossimi si voterà per il rinnovo dell’amministrazione comunale, è data da “Un sogno sostenibile”: progetto di ripristino ambientale e storico di Duino Aurisina e della Costa dei Barbari. Oltre alla presenza del sindaco Giorgio Ret uscente e del suo vice, Massimo Romita, all’incontro presenzieranno anche il presidente della Regione Renzo Tondo e la presidente della Provincia, Maria Teresa Bassa Poropat. Nello specifico nel corso dell’incontro verranno illustrati due importanti progetti destinati alla valorizzazione di questo territorio. Anzitutto quello relativo alla tutela integrale dell’area della Costa dei Barbari (di proprietà comunale), grazie alla realizzazione di una riserva naturale. L’altro progetto riguarda invece il recupero ambientale dell’area corrispondente all’ex Hotel Ples, e del porticciolo turistico di Duino. Iniziative, queste, che saranno sostenute economicamente grazie a finanziamenti provenienti dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare.
COMUNICATO STAMPA - VENERDI', 9 marzo 2012
TAV VENEZIA – TRIESTE WWF chiede al Governo di
risolvere il conflitto di interessi che vede Mainardi Commissario per la
Venezia-Trieste e membro della Commissione VIA
Il Commissario per la TAV non può essere anche
“giudice” dell’impatto ambientale.
C’è una vistosa anomalia nell’annosa vicenda della linea TAV tra Venezia e
Trieste. Infatti, l’architetto Bortolo Mainardi è nello stesso tempo controllore
e controllato: membro della Commissione VIA per conto del Ministero
dell’ambiente che dovrebbe valutare l’impatto ambientale del progetto,
spezzettato in quattro tronconi, e nel contempo Commissario straordinario alla
realizzazione dell’opera per conto del Ministero delle infrastrutture e dei
trasporti.
Lo segnala il WWF in una lettera inviata al ministro dell’Ambiente, Corrado
Clini, e al ministro dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei
trasporti, Corrado Passera.
Mainardi è stato infatti nominato nel 2011, dopo un lungo pressing da parte dei
presidenti del Veneto e del Friuli Venezia Giulia sull’allora ministro per le
infrastrutture, Altero Matteoli, “Commissario Straordinario per l’Asse
Ferroviario Venezia – Trieste”. E’ sfuggita però, al ministro, agli autorevoli
sponsor della nomina e – pare – allo stesso Mainardi, l’incongruenza di tale
ruolo con l’altro ricoperto contemporaneamente dall’architetto. Lo stesso
Mainardi, infatti, da alcuni anni fa parte della Commissione ministeriale VIA
(Valutazione dell’Impatto Ambientale), essendovi stato nominato dall’allora
ministro dell’ambiente, Stefania Prestigiacomo.
E’ evidente il conflitto di interessi che il doppio ruolo, affidato alla stessa
persona, implica.
Mainardi infatti, in quanto Commissario per l’Asse Ferroviario in questione, è a
tutti gli effetti il rappresentante dell’amministrazione procedente (cioè il
Ministero delle infrastrutture per il tramite di RFI) interessata alla
realizzazione delle opere incluse nei progetti dell’Asse in questione.
Si tratta, com’è noto, delle quattro (!) tratte in cui è stata suddivisa la
linea TAV Venezia-Trieste. Un’opera ciclopica, il cui costo complessivo - ha
dichiarato proprio Mainardi – si stima pari a 7,4 miliardi di Euro.
Un’opera la cui realizzazione l’architetto cerca di accelerare, con frequenti
esternazioni sui media e sollecitando le amministrazioni regionali e comunali,
venete e friulgiuliane, interessate dal tracciato.
I progetti delle quattro tratte della TAV Venezia – Trieste, presentati nel
dicembre 2010 da RFI, devono però superare lo scoglio della VIA, in cui è
decisivo il ruolo (che dovrebbe essere prettamente tecnico) dell’apposita
Commissione ministeriale. Della quale, come detto, fa parte di nuovo l’arch.
Mainardi, che si trova così a dover giudicare sulla compatibilità ambientale di
un’opera da lui stesso propugnata.
Appare strano che non esista una norma che vieti di ricoprire due incarichi tra
di loro inconciliabili. Laddove così fosse chiediamo che si proceda al più
presto a ripristinare la piena legalità. Nel caso invece dovesse sussistere un
simile vuoto, obiettive valutazioni di opportunità, la necessità di assicurare
la piena terzietà dei procedimenti all'interno della Commissione e di non creare
pericolosi precedenti rendono urgente che venga prevista l'incompatibilità tra
la carica di membro della Commissione e la posizione di soggetto proponente di
progetti sottoposti a VIA..
“Sorprende – scrivono il presidente del WWF Italia Stefano Leoni, il presidente
del WWF Veneto Walter Miotto e il presidente del WWF Friuli Venezia Giulia,
Roberto Pizzutti - che lo stesso architetto Mainardi non abbia colto da sé tale
incompatibilità, rinunciando spontaneamente … ad uno dei due incarichi citati.”
I rappresentanti del WWF chiedono perciò al ministro per le infrastrutture,
Corrado Passera, e a quello dell’ambiente, Corrado Clini, di rimuovere Mainardi
da uno degli incarichi affidatigli.
“Un governo “tecnico“ e attento alla correttezza e legalità delle procedure,
come pare essere quello presieduto da Mario Monti – conclude Leoni – dovrebbe
eliminare quanto prima le anomalie ereditate dai Governi che lo hanno
preceduto“.
WWF-FVG
COMUNICATO STAMPA - VENERDI', 9 marzo 2012
Grandi infrastrutture di trasporto, mobilità e
logistica:
il Piano serve a fare opere pubbliche o a dare
soluzioni al trasporto di merci e persone sostenibile per l’economia e
l’ambiente?
Una proposta di Legambiente FVG
Nei giorni scorsi Legambiente FVG ha esposto, con una lettera alle associazioni
di categoria e alle organizzazioni sindacali regionali, il proprio orientamento
sul Piano regionale delle infrastrutture di trasporto, della mobilità delle
merci e della logistica, approvato dalla Giunta regionale a fine 2011.
14
Quanto accadde in questi mesi in Italia è motivo ulteriore per aprire un vero
confronto, mai fatto nella società regionale, su questo Piano.
Cresce il prezzo della benzina e del gasolio verso i 2 euro al litro; non esiste
un normale e funzionante servizio di trasporto pubblico locale su rotaia per
milioni di cittadini; non esiste capacità politica e amministrativa da anni nel
gestire in modo partecipato grandi scelte per il futuro locale e nazionale; è
costante evidenza che spesso le grandi opere pubbliche sono elemento di
corruzione, infiltrazioni mafiose e di ulteriori guadagni illeciti per politici
e partiti.
In Regione il Piano della Giunta sembra un armadio nel quale siano rimasti
accatastati progetti di diversa e contrastante provenienza e logica (terza
corsia della A4 insieme a due nuove bretelle autostradali concorrenti), di
decenni antichi in cui la struttura produttiva friulana era diversa
(collegamento Manzano-Palmanova), di sogni per i quali la Regione non ha in
disponibilità né i fondi né i poteri e oggi probabilmente nemmeno le relazioni
per realizzarli (superporti e dintorni).
L’impressione è che mentre il mondo cambia qui prevalga la forza d’inerzia di
vecchi modelli di crescita e di trasporto, di spesa, di relazioni della politica
con le forze economiche.
Non sembra esservi intenzione o capacità di ascolto verso comunità e autonomie
locali, verso gruppi di cittadini utenti, utilizzando procedure comunitarie che
in tutta Europa più o meno funzionano consentendo di decidere e
contemporaneamente garantendo anche una normale partecipazione, ma che in Friuli
Venezia Giulia sono semplicemente ignorate o aggirate.
Legambiente FVG ritiene che nell’elenco delle opere immaginate dalla Giunta sia
necessario operare esclusioni, fissare priorità, tenere in equilibrio i diversi
territori. Anche così i lavori da progettare, finanziare e realizzare solo per
l’ammodernamento, il potenziamento e il pieno utilizzo di quanto già esiste per
i Corridoi europei est-ovest e nord-sud, sarebbero ampiamente sufficienti a
garantire crescita, occupazione, investimenti, mobilità, competitività e
collocazione internazionale, almeno contenendo consumo di suolo e inquinamenti.
Legambiente FVG proporrà a breve momenti di confronto sul Piano anche a partire
dalla riflessione su quanto accade in Val di Susa.
Legambiente FVG
IL PICCOLO - VENERDI', 9 marzo 2012
Provincia: no al rigassificatore Tondo resta
possibilista
Il governatore sul richiamo della multinazionale sui
tempi da rispettare: «Vediamo le ricadute economiche, parere entro settimane,
senza pregiudiziali»
Secondo “no” istituzionale al rigassificatore dopo quello del Comune. Ieri
la Giunta provinciale ha approvato la delibera sul progetto di Gas Natural, e ha
licenziato un parere negativo. Specificamente su questioni relative all’ambiente
e alle procedure, ma non solo. Lunedì 12 marzo la porterà all’esame del
Consiglio. Intanto all’azione “muscolare” della multinazionale spagnola che ha
diffidato la Regione dall’accettare richieste di rinvio per gli appuntamenti
relativi al processo appena avviato delle autorizzazioni, il governatore Tondo
risponde con un commento bilanciato, definendo tuttavia di nuovo “pregiudiziale”
la posizione contraria del consiglio comunale di Trieste. «Abbiamo
consapevolezza - ha detto Tondo - delle difficoltà nel campo dell’energia,
vogliamo capire bene quali sono le opportunità e le ricadute, anche economiche,
sulla regione e sulla città di Trieste nella realizzazione del rigassificatore.
Poi daremo il nostro parere definitivo entro qualche settimana». Il presidente
della Regione ha poi aggiunto: «Non abbiamo comunque una posizione pregiudiziale
nei confronti del rigassificatore, come invece il consiglio comunale di
Trieste». Il peso delle opinioni finali, si lascia intendere, si sposterà anche
in relazione alle ricadute economiche. Questa è pure l’opinione di alcuni
esponenti del Pdl triestino in Regione, ad esempio è la posizione di Piero
Camber. Lo stesso ex sindaco Dipiazza si era detto all’inizio favorevole al
rigassificatore proprio in virtù di sostanziose “royalties” da ottenere in
cambio per la città, di cui però non è al momento nota la consistenza (se si
esclude la bonifica, comunque assai costosa, dell’area ex Esso che è a carico di
Gas Natural). I piani parlano di oltre 4500 posti di lavoro nel corso dei 40
mesi di costruzione dell’impianto, di 70 addetti in fase di funzionamento e di
330 posti di lavoro creati nell’indotto. Già al centro dell’”incidente” che ha
provocato la diffida alla Regione da parte della multinazionale spagnola (aveva
chiesto che, per carenza di documentazione, fosse rinviata la prima riunione
sull’Autorizzazione integrata ambientale, l’Aia, in agenda per il 14 marzo), la
Provincia ha dunque dato ufficialità alla propria posizione. «Il parere è
negativo - osserva la presidente Maria Teresa Bassa Poropat - sulle questioni di
competenza di questo ente, relative cioé alla concessione dell’Autorizzazione
ambientale. In base alle relazioni tecniche, il parere è negativo sulle
soluzioni che si prospettano per gli scarichi a mare e per la gestione dei
rifiuti. Per le emissioni in atmosfera chiederemo un’integrazione di documenti e
informazioni». Se il consiglio provinciale approverà la delibera presentata
dalla Giunta, il 14 la Provincia si presenterà al tavolo tecnico regionale
sull’Aia con un parere molto netto. Anche perché, uscendo dagli stretti confini
delle competenze amministrative, la Giunta provinciale ieri si è espressa in
modo chiaro (oltre che, stavolta, ufficiale) anche su questioni inerenti la
pianificazione del territorio, e soprattutto sull’incidenza “negativa” che il
rigassificatore potrebbe avere sulle attività portuali e il loro sviluppo, data
la sede dell’impianto, nella baia di Zaule, dove - si dice - male possono
convivere navi gasiere che necessitano di un ampio spazio libero di sicurezza
tutt’attorno, e navi portacontainer, senza contare il previsto via-vai di quelle
da crociera. Ultima censura della Provincia: in materia di Aia ci sono anche
carenze tecniche nell’ambito del procedimento. (g. z.)
SEGNALAZIONI - Energia Rigassificatore, quali rischi
Condivido quasi in toto le considerazioni del signor Sergio Antonini sulla situazione della nostra città, non concordo però con le sue opinioni sul rigassificatore quando dice “a mio avviso l’unico problema è la sua compatibilità con il piano regolatore del porto e servizi connessi, ovviamente fatte salve tassativamente le più assolute condizioni di sicurezza”. Ciò perchè la localizzazione a Zaule non consentirebbe il rispetto delle condizioni di sicurezza previste dalle normative in uso in tutti i paesi civili, dove la tutela della popolazione e di chi opera in prossimità degli impianti viene considerata condizione primaria. Prima condizione di sicurezza, per impianti di questo tipo, è la loro edificazione in zone isolate ed in ogni caso a distanza di sicurezza dai centri abitati (attualmente vengono costruiti in mezzo al mare con piattaforme fisse, come Porto Vigo, o utilizzando navi gasiere con rigassificatore incorporato, sempre ormeggiate ben lontano dalla costa. In nessuna parte del mondo risultano essere in costruzione impianti del genere al centro di aree densamente popolate come la nostra). Seconda condizione di sicurezza è la distanza dalla gasiera in esercizio entro la quale nessun naviglio può avvicinarsi. Tale distanza copre tutta l’area della baia di Muggia fino al molo VII. Perciò il problema non è la compatibilità con il piano regolatore del porto, bensì l’assoluta incompatibilità con il porto stesso (compreso la Siot). Come alternativa ci sarebbe quella di non adottare, solo per Trieste, le misure di sicurezza previste a livello mondiale. Ma ciò significherebbe considerare i cittadini di questa zona come zavorra che, se anche va persa in caso di incidente, poco importa. Circa i posti di lavoro, di sicuri ci sono poco più di una cinquantina, gli altri sono ipotetici. Ma quanti ne verrebbero persi per mancato sviluppo del porto, crollo del turismo per Muggia, ecc.? Credo che prima di dare pareri sull’impianto di Zaule sarebbe opportuno analizzare il progetto di Gas Natural e di riflettere seriamente sulle osservazioni fatte da quel gruppo di studiosi, esperti, tecnici delle nostre Istituzioni scientifiche che hanno a cuore il futuro della città e che ha dato vita al “Tavolo tecnico rigassificatori Trieste”. Riflettiamo anche come mai negli altri Paesi e in Italia stessa (Porto Vigo, Livorno) nessun impianto del genere viene costruito in zone densamente popolate.
Silvano Baldassi
«Terrapieno di Barcola: sognavo un nuovo lido Non altre
residenze»
Il commiato del soprintendente ai Beni architettonici
Luca Rinaldi che va a Torino: «E quel ponte sul canale...»
Lascia Trieste dopo due anni e mezzo da soprintendente ai Beni
architettonici e paesaggistici del Friuli Venezia Giulia. Luca Rinaldi
(trasferito col 1.o marzo a Torino, ma ancora alle prese con questioni
triestine) anche in questo breve tempo ha fronteggiato molti problemi del
territorio. Mai condiscendente, benché non contento di una sede economicamente
di livello B (infatti ha fatto causa al ministero e l’ha vinta). Questo è il suo
bilancio. Architetto, Trieste e il Fvg di serie B: le par bene? La Regione è
piccola e il patrimonio culturale non certo paragonabile a quello delle regioni
vicine. Anche per questo fino a 10 anni fa c’è stata una Soprintendenza unica. E
tutto funzionava benissimo, con perfetta concordia tra architetti, archeologi e
storici dell’arte. Oggi il personale e i fondi sono diminuiti e gli uffici sono
diventati quattro... Comunque col decreto “SalvaItalia” di Monti il ministero
dei Beni culturali è stato esonerato dal taglio delle sedi dirigenziali. La sua
idea di Trieste? La città è ben amministrata e il suo patrimonio
sufficientemente tutelato. Io mi sono occupato con interesse di paesaggio,
perché la bellezza di questa città sta molto nel rapporto ancora integro tra
città, Costiera e altopiano carsico. È evidente per questo che il nuovo Piano
regolatore va licenziato in fretta, e deve eliminare le pesanti cubature
inserite nelle varianti precedenti. Dev’essere un piano a consumo di suolo
“zero”. Nel frattempo abbiamo cercato di limitare gli interventi più devastanti,
soprattutto lungo la Costiera. Porto vecchio e ponte sul Canale: che consegne
lascia? Le scelte erano già state prese prima che arrivassi. Il vincolo su Porto
Vecchio, tanto lodato, è in realtà assai debole, considerata l’importanza del
complesso. Sulla passerella ho detto come la pensavo, sono contrario, e ho visto
con piacere che tutti i grandi personaggi dell’architettura, nazionale e
internazionale, intervistati dal giornale, la pensano come me. Però la
passerella si farà. Lei non ha voluto trasformare un’opinione in azione? Abbiamo
valutato con l’Avvocatura dello Stato una possibile sospensione dei lavori, ma
pesava l’approvazione che era stata data dal precedente direttore regionale,
Roberto Di Paola. Si consideri poi che il Comune, al di là di distinguo tattici,
mi pare favorevole, in continuità con la precedente amministrazione. Di questa
realizzazione si parlerà, comunque, a livello nazionale. E di Porto vecchio no?
Molti dicono che, visti i tempi, non si farà nulla per molto tempo. È anche la
mia impressione, ma spero di sbagliarmi. Porto vecchio è una grandissima
occasione per una città in cerca di rilancio economico ma anche sempre più
oggetto di attenzione da parte dei flussi turistici. Per questo sognavo che il
terrapieno di Barcola, una volta risanato, diventasse il Lido dei triestini e
dei turisti, e non, come nelle previsioni, l’ennesimo quartiere residenziale...
Il ministero comunque ci crede. Ho portato l’anno scorso il caso di Trieste in
convegni a Mosca e Amburgo, quest’ultimo promosso da Antonella Caroli. Abbiamo
chiesto un primo finanziamento per il restauro dell’Ursus. Qualcosa si muove.
Altre idee sul Canale? Sì, mi pare che il Comune ci scommette in modo
intelligente. A parte la passerella, stiamo discutendo in armonia, e vi saranno
presto sorprese, proposte coraggiose, condivise... È partito anche il tavolo
congiunto sui “dehors”. È positivo, rispetto ai tanti casi in cui si è proceduto
in solitudine, per poi ritrovarsi con dinieghi del nostro ufficio. Il nodo, qui,
è la richiesta che in alcune zone i “dehors” non siano aperti e temporanei, ma
definitivi. Io sono di principio contrario, ma comunque vedremo... Palazzo
Carciotti ferito dalla bora. Conviene sull’idea di farne sede di musei e della
Pinacoteca nazionale? Noi abbiamo fatto la nostra parte ultimando il restauro
della facciata. Non so che cosa verrà all’interno, e non dipende da me. Diciamo
che da cittadino non farei certo un viaggio a Trieste per vedere la Pinacoteca
nazionale, anche con i quadri dell’Istria, oggi esposti in una specie di
sottoscala al Sartorio. Alle Scuderie di Miramare comunque è già bell’e pronta
una sede adeguata. Che cosa ha pensato quando il centrodestra l’attaccò con
l’accusa di bloccare la città? Be’, era tempo di elezioni, e una certa dose di
demagogia si deve mettere in conto, compreso il vecchio sciocco ritornello delle
Soprintendenze che non lasciano fare nulla. Sul nostro operato c’è sempre stata
piena trasparenza, forse fin troppa. Continuo comunque a credere che per gli
enti locali il nostro ufficio sia un risorsa, non un impiccio, e vorrei
umilmente far notare che i nostri dirigenti attualmente in servizio a Trieste
sono studiosi conosciuti e apprezzati in ambito nazionale.
Gabriella Ziani
I “nostalgici” del Tlt contestano la presenza di
Equitalia - IN OCCASIONE DI UN RICORSO DELL’AMBIENTALISTA GIURASTANTE AL GIUDICE
DI PACE
«Via Equitalia da Trieste». Stavolta, a prendersela col riscossore dello Stato, non sono i militanti di estrema destra di Forza nuova, ma i simpatizzanti di quattro “soggetti” di diversa estrazione cementati dall’unico obiettivo di rifare il Tlt, il Territorio libero. Sono quelli del Fronte giuliano, dei Volontari verdi per l’indipendenza della Padania, di Trieste mitteleuropea e di Trieste libera, che si sono dati appuntamento ieri mattina in strada per contestare proprio Equitalia. In 20 secondo la Questura, in 50 secondo i promotori, che si sono ritrovati in prima battuta sotto l’ufficio del Giudice di pace, in via Coroneo, dov’era in discussione il ricorso contro il pagamento di una cartella Equitalia per spese giudiziarie presentato dall’ambientalista Roberto Giurastante, qui nei panni di esponente di Trieste libera, difeso dall’avvocato Livio Bernot di Gorizia. Un ricorso (riaggiornato a luglio) motivato dalla contestazione della «giurisdizione italiana su Trieste», per effetto del Trattato di pace «mai abrogato», come insiste anche la camicia verde Giorgio Marchesich, «da cui consegue la nullità di ogni atto (italiano, ndr) e della stessa Equitalia quale riscossore dello Stato». Il serpente di manifestanti si è poi spostato in via XXX ottobre, proprio sotto Equitalia.
(pi.ra.)
Tutti i segreti della “differenziata” - INCONTRO
PUBBLICO
Auditorium del Museo Revoltella via Diaz 27 Questo
pomeriggio con inizio alle 17
Differenziata, questa sconosciuta. Oggi, alle 17, all’Auditorium del Civico
museo Revoltella, si avvierà il ciclo di incontri sulla “Raccolta differenziata”
e sui comportamenti corretti da seguire nel gettare i rifiuti, promosso
dall’Università della Terza Età, dal Comune di Trieste e AcegasAps. Agli
appuntamenti interverranno, tra gli altri, gli assessori all’Ambiente comunale
Umberto Laureni (nella foto) e provinciale Vittorio Zollia. «Un’iniziativa
sinergica che promuove un nuovo atteggiamento - spiega Laureni -, dove si
potranno ottenere indicazioni pratiche sulle modalità della raccolta». I
prossimi appuntamenti: venerdì 16 marzo, sempre dalle 17 alle 19, alla Casa del
Giovane di via Inchiostri e venerdì 23 marzo, con lo stesso orario, nell’aula
magna del liceo scientifico “Galileo Galilei”.
IL SOLE24ORE - GIOVEDI', 8 marzo 2012
RIGASSIFICATORI - A Trieste altro rischio di fuga
Sette anni di attesa per una autorizzazione: sempre meno degli 11 che a Brindisi hanno determinato il passo indietro di British gas. Ma il traguardo, per il rigassificatore di Trieste progettato dalla spagnola Gas Natural Fenosa, non è dietro l'angolo.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 8 marzo 2012
Gas Natural, diffida alla Regione «Processo avviato, no
ai rinvii»
Il 14 prima riunione per l’Autorizzazione ambientale. La Provincia chiede e ottiene una proroga per vedere i documenti nuovi.
Poi la marcia indietro. Oggi la Giunta dà il parere, il
12 lo porta in aula
Gas Natural ha diffidato la Regione. Non dilati i tempi della macchina
autorizzativa per il rigassificatore di Zaule già in piena corsa. Per il 14
marzo era stata fissata alla Direzione ambiente della Regione una riunione di
Comune, Provincia, Arpa, Azienda sanitaria e altri enti, nell’ambito del
sottoprocedimento per la concessione, o meno, dell’Aia, l’Autorizzazione
integrata ambientale. Avendo notizia che la Regione stessa aveva domandato alla
multinazionale, a gennaio, ma forse un’altra volta anche successivamente, ancora
nuovi documenti integrativi, la Provincia ha chiesto che la data del 14 fosse
posticipata. Anche per prendere visione delle carte in arrivo. Come decidere su
documentazione incompleta o sorpassata? Proposta accolta. Riunione rinviata. Ma
ecco che Gas natural ha reagito duramente. Ha spedito una diffida alla Regione
non concedendo margini di manovra. E così la Regione è tornata sui propri passi,
e il 14 tutti si troveranno attorno al tavolo, a discutere di aria, scarichi a
mare, rifiuti, temperature dell’acqua, rischi per la salute, di quanto l’impatto
del rigassificatore si presenta compatibile o meno, e in che modo, con
l’ambiente. Se la conferenza dei servizi, dopo questa o successive riunioni, non
trovasse un accordo, la parola (come fu per l’Aia della Ferriera) uscirà
dall’ambito tecnico, e passerà alla decisione politica della Regione. Lo stesso
schema, entro il termine di aprile, si ripresenterà per l’autorizzazione
definitiva, ultimo atto del procedimento gestito dal servizio Energia della
Direzione regionale ambiente. Il ministero ha già oltre due anni fa approvato la
Valutazione d’impatto ambientale (Via), con molte prescrizioni, Gas natural ha
risposto con molte modifiche al progetto: tecniche, di sicurezza e di impatto
sul paesaggio. Tutte depositate in Regione. I passi ministeriali sono finiti.
Ora tocca al territorio. Se gli enti riuniti dicessero per esempio “sì al
rigassificatore”, l’autorizzazione avrebbe valore definitivo, dal giorno dopo
potrebbero cominciare i lavori. Alla conferenza dei servizi decisiva
parteciperanno numerosissimi enti (il Comune di Muggia, escluso, ha fatto
ricorso al Tar per essere riammesso). Secondo la legge regionale 7 del 2000, il
processo decisorio della conferenza dei servizi ha questi termini: tranne che
per le materie di ordine sanitario, esiste il “silenzio-assenso” (chi non
partecipa è come se votasse “sì”); il dissenso subisce una classificazione, se è
“qualificato” vale di per sè, in caso contrario si passa a ulteriori
consultazioni per studiare una migliorìa convincente. Se da quella sede non esce
invece un valido voto definitivo, è di nuovo la Regione a deliberare in sede
politica. Tenendo conto o meno dei pareri tecnici. Partita all’ultimo respiro.
Enti locali per il “no” (e pesa anche il “no” sloveno, appoggiato da un ricorso
al Tar), Confindustria per il “sì”. Regione favorevole. Pdl però spaccato a
metà. Dopo il compatto voto negativo “bipartisan” del consiglio comunale di
Trieste, dopo le prudenti virgole del ministro dell’Ambiente Corrado Clini
durante la sua audizione a Trieste, ora tocca alla Provincia. La Giunta Poropat
decide oggi il proprio orientamento. Porterà la delibera in consiglio il giorno
12. Riflessioni fino all’ultimo: «È un passo difficile - secondo l’assessore
all’Ambiente Vittorio Zollia -, non si tratta solo un’opinione di natura
politica». A tutt’oggi la Provincia non sa se nuovi documenti siano arrivati o
meno. Ma c’è di più: la Regione stessa ha dubbi procedurali. Si sta accertando
se l’imminente conferenza dei servizi decisoria debba tenersi a Trieste o a
Roma. Mentre British Gas Italia scappa da Brindisi perché in 11 anni non ha
chiuso la sua partita col rigassificatore, mentre Gas natural diffida per
fretta, i dubbi in campo sono più d’uno, e l’esito dunque sarà tutto da vedere.
Gabriella Ziani
Comune: voto dato su carte ormai vecchie?
Nella notte fra il 14 e il 15 febbraio il Comune di Trieste, primo fra tutti quelli titolati a farlo, ha votato in massa, e per la terza volta dal 2006, pur avendo cambiato colore politico, il diniego al rigassificatore di Gas natural nella Baia di Zaule. Oggi, alla vigilia di riunioni tecniche che dovranno concludersi entro aprile, o al massimo entro nei primi giorni di maggio (a 200 giorni, per legge, dal deposito in Regione del progetto definitivo), l’assessore all’Ambiente Umberto Laureni, autore della delibera tecnica votata, che in pratica costituisce il testo del parere dell’ente locale, ha un dubbio serio. «Alla luce di tante integrazioni chieste dalla Regione, anche per il procedimento relativo all’Autorizzazione integrata ambientale che si comincia a discutere in questi giorni - riflette -, e poiché non siamo neanche sicuri di essere a conoscenza di tutte queste carte, mi domando se il progetto nel frattempo non sia cambiato. Mi domando insomma - prosegue Laureni - se ormai parliamo di documenti addirittura diversi, in questo caso in consiglio comunale avremmo espresso il voto su un documento forse già superato». Dubbio sostanzioso. Lo stesso che aveva consigliato prudenza alla Provincia in vista della riunione del 14, la prima per l’Aia.
(g. z.)
Rigassificatore e gasdotto bocciature identiche -
INTERVENTO DI DARIO PREDONZAN (responsabile energia e trasporti Wwf Friuli
Venezia Giulia)
Stupiscono, almeno chi abbia seguito con un po’ di attenzione la vicenda, molte curiose omissioni – da parte del mondo politico e istituzionale locale – in merito alla vicenda del rigassificatore che GasNatural vorrebbe costruire a Trieste-Zaule. L’assessore regionale all’ambiente ed energia Ciriani, ad esempio, criticando la delibera con cui il Comune di Trieste ha espresso un parere negativo sul progetto definitivo dell’impianto, ritiene che “l’amministrazione di Trieste abbia preferito inseguire un facile e immediato consenso popolare rispetto alla possibilità di approfondire, porre condizioni, discutere sulle potenzialità dirette e indirette di un impianto di questo tipo”. Gli sfugge però che il tempo per “approfondire, porre condizioni, discutere sulle potenzialità”, ecc. è ormai passato. Da anni. Se si è arrivati al progetto definitivo ed è prossima la conferenza dei servizi che potrebbe rilasciare l’autorizzazione alla costruzione del rigassificatore, è perché nel luglio 2009 il decreto via favorevole firmato dai ministri Prestigiacomo e Bondi, ha chiuso la procedura di valutazione dell’impatto ambientale, alla quale avevano partecipato sia i Comuni, sia la Regione. Chi, se non la Regione, avrebbe potuto – coordinandosi con i Comuni - costringere GasNatural a sedersi a un tavolo di trattativa per “approfondire, porre condizioni, discutere”, ecc.? Ovviamente prima del decreto via, non dopo… La Giunta regionale si è espressa ufficialmente l’ultima volta sul rigassificatore il 1 giugno 2007 (cinque anni fa! Giunta Illy), con un parere tartufesco che da un lato elencava le innumerevoli lacune del progetto ed i potenziali impatti negativi da approfondire, ma dall’altro scaricava la “patata bollente” sul ministero dell’ambiente. Dopo di allora, il nulla. In questi anni, la Giunta attuale (in carica dalla primavera 2008) di cui Ciriani è vicepresidente, ha fatto solo qualche dichiarazione ai media, sempre pro-rigassificatore. L’ex sindaco di Trieste, Dipiazza, qualche tentativo di approfondire e porre condizioni, a modo suo, l’aveva fatto. Da solo. E soltanto per strappare delle concessioni economiche a GasNatural. Risultato: zero virgola zero. Perché anche Dipiazza aveva trascurato la rilevanza strategica della questione ambientale. Che i ministeri avevano poi “risolto” a modo loro: cioè partorendo un decreto via raffazzonato (tanto né la Regione, né il Comune di Trieste ci badavano), pieno di incongruità e illegittimità, sì da giustificare ben cinque ricorsi al Tar dal Lazio, tuttora pendenti. Molto simile a quella della Giunta regionale è la posizione degli industriali, regionali e triestini. Sia per Calligaris, sia per Razeto, infatti, “la salvaguardia dell’ambiente e la tutela delle condizioni di sicurezza per tutti i tipi di impianti sono considerate una priorità”. Non si capisce, però, come mai neppure uno straccio di osservazione sia stata prodotta dalle menti confindustriali nella lunga fase (dal 2006 al 2009) della procedura via sul progetto di GasNatural. Perché quello era il momento di affrontare tali questioni. Più stupefacente di tutte è però l’omissione di un dettaglio, che dettaglio davvero non è. Il citato decreto via sul progetto di GasNatural contiene infatti la seguente prescrizione (la n. A.2): “Prima della conferenza dei servizi si richiede l’ottenimento della pronuncia di compatibilità ambientale (cioè un decreto via, ndr) relativa alle opere di allaccio del rigassificatore alla Rete Nazionale dei metanodotti, finalizzate al trasporto del gas tramite la rete stessa”. Logico, perché senza di ciò il rigassificatore non avrebbe alcun senso. Il progetto di tali “opere di allaccio” esiste dal 2008, ma non è di GasNatural, bensì di Snam Rete Gas e prevede un gasdotto parzialmente sottomarino tra Trieste, Grado e Villesse. Implica però notevoli problemi ambientali anch’esso, tant’è che il relativo decreto Via non è stato ancora firmato, dopo quasi quattro anni. Molto lacunosi, come quelli di GasNatural. È tuttora aperto pure su questo gasdotto un contenzioso con la Repubblica di Slovenia (alcuni impatti sull’ecosistema marino si estenderebbero nelle sue acque). Logica vorrebbe che chi si oppone al rigassificatore, si battesse anche contro questo gasdotto, per esempio richiamando l’attenzione del ministro dell’ambiente, Clini (tanto amico di Trieste, si dice…), sull’inopportunità di chiudere la Via con un responso favorevole, del quale mancano i presupposti.
«Il Piano traffico penalizza il Borgo Teresiano»
I dubbi dei residenti espressi nell’incontro tra Comune
e quarta circoscrizione. Chieste più isole pedonali
Il rischio inquinamento atmosferico e acustico, il problema della staticità
degli edifici, la situazione dei parcheggi a pagamento per i residenti. Sono le
maggiori criticità emerse nel corso del primo di una serie di incontri sul nuovo
Piano del traffico, che mettono a confronto i vertici dell’amministrazione
comunale con i rappresentanti dei cittadini. Ad aprire il ciclo di confronti è
stato il dibattito tenutosi nella sala, piuttosto affollata, della quarta
Circoscrizione, la più interessata dai cambiamenti previsti dalla bozza del
piano. Un confronto durato più di due ore e che ha vissuto alcuni momenti
particolarmente animati. Le preoccupazioni dei cittadini si sono concentrate su
un’area, quella del Borgo Teresiano, già di per sé ad alta densità di traffico e
che, con le nuove disposizioni, rischia di diventare ancora più inquinata. I
residenti hanno fatto capire chiaramente di sentirsi penalizzati dal nuovo
piano, ponendo l’accento sul fatto che, a loro avviso, non si è avuto il
coraggio di cambiare radicalmente le cose, pedonalizzando l’intera area e
disincentivando così l’uso della macchina. Questo il senso del messaggio
lanciato, a voce alta, ai rappresentanti dell’amministrazione comunale,
l’assessore ai Lavori Pubblici Elena Marchigiani e il mobility manager Giulio
Bernetti. Nello specifico, sotto i riflettori sono finite via della Geppa, che
sarà adibita al trasporto pubblico, e via Galatti che andrà ad assorbire parte
del traffico attualmente sostenuto da via Valdirivo, con il rischio di aumentare
il problema dell’inquinamento e delle vibrazioni, che andrebbero ad intaccare
pericolosamente la staticità di alcuni edifici della zona. Infine nel mirino
anche l’eliminazione, prevista dal piano, delle zone a traffico limitato, che
porterebbe ad un ulteriore congestionamento dell’area, oltre a creare difficoltà
di parcheggio per i residenti. Problematiche che adesso saranno al vaglio
dell’amministrazione comunale. «Siamo qui per capire e cercare di risolvere i
problemi dei cittadini – ha specificato l’assessore Marchigiani –. Non vogliamo
certo penalizzare il Borgo Teresiano. Anzi, creando delle zone pedonali in via
Trento e via xxx Ottobre, cerchiamo di valorizzare quell’area. Certamente non
possiamo permetterci di pedonalizzare tutto, proprio per le caratteristiche
morfologiche della città. Posso però assicurare che, con questi cambiamenti, e
grazie alla procedura di valutazione ambientale strategica, i flussi del
traffico veicolare e dunque la soglia di inquinamento nella zona del Borgo
Teresiano, andranno a diminuire sensibilmente». Un concetto questo, ribadito
anche da Giulio Bernetti, che ha spiegato come il Comune stia già valutando,
insieme a Trieste Trasporti, di alleggerire il trasporto pubblico previsto in
via della Geppa, deviando alcune linee dei bus sulle Rive, mentre con la
chiusura di Corso Italia alle auto, un quarto del flusso del traffico si
sposterà sempre sull’asse delle Rive, facendo rifiatare di fatto l’area del
Borgo Teresiano. Infine sono allo studio, sul fronte parcheggi a pagamento,
delle tariffe agevolate per i residenti, che andrebbero ad usufruire di cinque,
sei ore di parcheggio gratuito al giorno, divise in tre fasce orarie.
Pierpaolo Pitich
Duino, Tarsu calata del 20% per chi fa il compost in
casa
I contenitori speciali saranno dati in comodato d’uso
gratuito alle famiglie che così potranno risparmiare dai 25 ai 30 euro di tassa
comunale ogni anno
DUINO AURISINA Duino Aurisina diventa promotore “attivo” del compostaggio (o
biostabilizzazione, processo biologico aerobico e controllato dall'uomo che
porta alla produzione di una miscela di sostanze umificate (il compost) a
partire da residui vegetali). Ieri, in Comune, l’assessore alle politiche
sociali Daniela Pallotta, di concerto con l’assessore provinciale all’ambiente,
Vittorio Zollia ed il primo cittadino, Giorgio Ret, hanno presentato il nuovo
progetto comunale per invitare i propri cittadini a pensare e, di conseguenza,
agire “green”. Alla presentazione erano presenti anche l’assessore ai servizi,
Andrea Humar, quello ai lavori pubblici, Massimo Romita e quello all’ambiente,
Fulvio Tamaro. Oggetto della convocazione è stato l’avvio dell’iniziativa dei
composter, in comodato d’uso gratuito, ai cittadini che ne faranno richiesta. I
composter, uno speciale recipiente per la raccolta dell’umido, saranno
disponibili a partire dalla prossima settimana, il 15 marzo. Nel contempo, però,
in questi giorni nelle case del territorio comunale stanno arrivando all’incirca
5000 plichi informativi composti da una sorta di vademecum, una lettera ed un
modulo di richiesta, nel caso si decidesse di usufruire del composter, il
recipiente apposito per la raccolta dell’umido, da consegnare all’ufficio
tributi. Se la gratuità del contenitore, poi, non dovesse bastare come
incentivo, per chi dimostrerà di fare la raccolta dell’umido coscienziosamente
c’è la riduzione del 20% della Tarsu (la tassa per lo smaltimento dei rifiuti
solidi urbani). Ovviamente, la validità dello sconto, sarà sancita da controlli
periodici da parte di alcuni incaricati comunali. «Quello che presentiamo oggi –
ha dichiarato la Pallotta – è solo il tassello finale di un lavoro che abbiamo
iniziato già un paio di anni fa partito con un lavoro di monitoraggio del
territorio e della recettività di questa iniziativa da parte delle persone. Il
tutto è stato reso possibile anche grazie all’aiuto della Provincia che ha dato
un contributo di 54mila euro». «Si tratta di una passo importante – ha aggiunto
il primo cittadino Giorgio Ret – che da molti anni come consiglieri provinciali,
assieme all’assessore Tamaro, ci eravamo prefissi di raggiungere. È la
rappresentazione della volontà comunitaria nonché la direzione da intraprendere
nel futuro per quanto riguarda tutta la raccolta differenziata». Anche
l’assessore provinciale all’ambiente, Zollia, ha salutato positivamente
l’iniziativa ricordando al contempo che “bisogna continuare in questa direzione
anche per arrivare a risultati soddisfacenti a livello di altre realtà europee”.
«A Trieste – ha spiegato – l’obiettivo è quello di arrivare con la
differenziata, entro dicembre, al 65%. Per il momento ci attestiamo al 20- 21 %
ma sono fiducioso anche grazie alla spinta propulsiva data da queste iniziative
in Provincia che si arriverà all’obbiettivo». Secondo il Comune il costo medio
per il cittadino, per la gestione dei rifiuti, ammonta all’incirca a 125-150
euro a famiglia. Attuando la differenziata la spesa si abbatterebbe di circa 25-
30 euro a famiglia che porterebbero ad un risparmio complessivo di oltre 100
mila euro degli attuali 1milione e 595mila euro.
di Viviana Attard w
Niente benzina agevolata al volontariato
PROSECCO Aumenta il costo della benzina e, con esso, anche i disagi. Una situazione, questa, che non sembra riguardare solo le famiglie ma anche le associazioni che si occupano di servizi ed assistenza agli ammalati. Ad esporre il problema, tramite un’interrogazione presentata al Consiglio circoscrizionale Altipiano ovest, è la consigliera Maria Grazia Villi (Pd). «La Regione, con un provvedimento varato con insolita riservatezza, ha escluso gli automezzi delle organizzazioni di volontariato dal beneficio della benzina agevolata. Non c’è stata alcuna informazione preventiva agli interessati né risulta che siano stati diramati comunicati. Semplicemente dal primo di gennaio 2012 le tessere che danno diritto alla benzina scontata sono state bloccate. I volontari se ne sono accorti al primo rifornimento di carburante». Nessuna comunicazione ufficiale ai diretti interessati, dunque, se si esclude la comunicazione presente sul sito della Regione nella quale, tra l’altro, si precisa soltanto che il provvedimento è stato introdotto con una modifica della legge n. 14 del 2010. «Non si rintraccia alcuna spiegazione – chiosa la Villi. Nessuno ha chiarito le gravi ragioni che devono avere indotto l’amministrazione regionale a considerare indispensabile, in questi momenti di crisi economica epocale in Friuli Venezia Giulia, in Italia e nel mondo, un risparmio di qualche migliaio di euro all’anno, in tutta evidenza individuando veri covi di sfruttatori e speculatori nelle associazioni di volontariato». Una decisione, quella presa in piazza Oberdan, che rischia di mettere a dura prova le associazioni di volontariato, “senza fini di lucro e nella più rigorosa gratuità delle prestazioni degli operatori” i cui mezzi “vengono utilizzati esclusivamente per assistere persone ammalate, anziani, handicappati: automobili e pullmini che spesso sono stati donati alle Onlus da banche, istituti di beneficenza, privati benefattori” come sottolinea la sottoscrivente dell’interrogazione che, oltre ad essere consigliera circoscrizionale è anche presidente dell’Associazione volontari Duino Aurisina Santa Croce.
(vi. at.)
Riavvistata “Elisabeth” il delfino spettacolo -
SCOMPARSO DA OTTOBRE
Che fine ha fatto Elisabeth? Non è il titolo di uno dei
tanti film in circolazione in questi giorni, ma una domanda che sorge spontanea
se si pensa che, dell'animale che la scorsa estate ha conquistato l'affetto dei
triestini con i suoi “spettacoli” tra Miramare, Barcola e Sistiana, se ne sono
perse le tracce da mesi. Le ultime segnalazioni, infatti, risalirebbero ai primi
dello scorso ottobre, ancora prima della Barcolana dunque, quando il mammifero
era comparso nella zona di Sistiana e non si era fatto più vedere. «Elisabeth
era stata avvistata in Grecia nel 2008, da cui proviene. Lì c’è una popolazione
di delfino comune ancora abbastanza consistente, potrebbe essere tornata alla
colonia. Questo è possibile e non è da escludere», ipotizza Milena Tempesta,
biologa della Riserva marina di Miramare. L'ipotesi di un ritorno a casa pare
plausibile, se si pensa che anche il cucciolo che la accompagnava si era già
allontanato lo scorso aprile. La settimana scorsa, però, l'avvistamento, da
parte di alcune persone, di un animale della stessa specie (Delphinus delphis) a
largo della diga Rizzo ha alimentato la curiosità e, per i suoi molti
simpatizzanti, la speranza di rivederlo e di assistere ancora ai suoi
spettacoli. I biologi però frenano l’entusiasmo: «Non abbiamo motivi per pensare
che sia lei, certamente è lo stesso mammifero». Il delfino è piuttosto
riconoscibile, e chi l’ha visto ha detto che potrebbe essere Elisabeth scorta
più volte durante l’estate scorsa. «Bisognerebbe comunque avere delle foto,
specialmente quelle della pinna dorsale sarebbero determinanti, per la forma e
per le caratteristiche cicatrici della delfina», precisa Milena. Per poter
accertare l'identità del delfino, i biologi della Riserva marina del Wwf di
Miramare chiedono la collaborazione di chiunque pensi di averlo visto:
«Chiediamo di comunicare a noi o alla Capitaneria di porto qualsiasi
avvistamento così da poter di scattare qualche foto».
Colonia di cigni arrivata a Trieste dalla foce del
Timavo
Una nuova presenza, gradita ai biologi e anche ai
cittadini, è arrivata nelle acque di Trieste: si tratta di bellissimi esemplari
di cigni reali. Ventisei di questi uccelli acquatici sarebbero partiti due
giorni fa dalla foce del Timavo per giungere nel golfo di Trieste. La comparsa
dei cigni a Trieste, segnalata dalla Riserva di Miramare, è un normale fenomeno
di migrazione, non ha niente di particolarmente rilevante, spiega il professor
Paolo Utmar. Il cigno reale, sottolinea Utmar, sverna nella zona della foce
isontina o in quella friulana, solitamente nelle vicinanze di Marano o
dell'isola della Cona di Staranzano. E oggi è una presenza massiccia: da
Monfalcone fino a Venezia il numero di animali aumenta sempre di più e oggi
raggiunge il migliaio; molti poi hanno scelto una soluzione stanziale. «Anni fa
non erano molti quelli che comparivano nell'alto Adriatico, capitava comunque di
vederli soprattutto in alcune zone. Ora invece sono moltissimi», precisa il
professor Utmar. Per questa specie ora è il periodo di migrazione e di
nidificazione; dalla laguna i cigni risalgono fino al centro Europa per
raggiungere la Polonia o mete più vicine a Trieste, come la Slovenia. «Questi
volatili - afferma ancora Paolo Utmar - preferiscono seguire le vie d'acqua,
specialmente quelle marine, e quando queste vie si interrompono o non portano
verso Nord affrontano il continente». Quindi un avvistamento è “catalogata” come
esperienza comune. Trieste però, solitamente è solo un punto di passaggio, anche
se le singole coppie di specie possono scegliere di stanziare, almeno per il
periodo di nidificazione. Come si può vedere alcuni uccelli acquatici, infatti,
hanno già cominciato a fabbricare il proprio nido nella zona del canale
navigabile. Questa specie è molto adattabile in fatto di alimentazione, mangiano
piante acquatiche, crostacei, pesciolini, girini, rane, insetti. Ma anche mais e
ortaggi a foglia.Il cigno reale è il più conosciuto e celebrato, per la sua
incomparabile bellezza ed eleganza. È di colore bianco, tranne il becco di
colore rosso, ed una protuberanza sul becco di colore nero, che è più grande
negli esemplari di sesso maschile.
SEGNALAZIONI - Smog - Inquinamento da diossine
Con riferimento all’articolo sull’inquinamento transfrontaliero comparso sul Piccolo in data 2 marzo, l’associazione No smog ritiene doveroso formulare alcune osservazioni, per correttezza e completezza di informazione. A) L’inceneritore-termovalorizzatore non è l’unica fonte di diossine a Trieste; a ciò concorrono anche altre industrie presenti in zona. In particolare l’impianto di sinterizzazione della vicina Ferriera di Servola, in virtù dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (Aia) a suo tempo concessagli dalla Regione Fvg, è autorizzato ad emettere, per unità di volume di emissioni, una quantità di diossina quadrupla rispetto all’inceneritore, e, per inciso, tale impianto è autorizzato a produrre una quantità di fumi pari a circa 230.000 mc/ora, come riportato alla pag. 5 della Relazione Istruttoria della Regone Fvg stessa propedeutica all’Aia. Più chiaramente detto impianto è autorizzato a riversare sulla città, nel corso di un anno, un volume pari a circa due miliardi di metri cubi di fumi contenenti diossine. B) Non ci risulta che le stazioni di rilevamento (centraline) dell’Arpa misurino le diossine: esse misurano alti parametri della qualità dell’aria quali ad es. PM 10 etc. Le diossine vengono misurate alla fonte, cioè ai camini. Non sappiamo se il sistema di rilevamento diossine al camino dell’inceneritore faccia rilevazioni in continua, ma possiamo affermare che nel caso del camino E5, cui fa capo l’impianto di sinterizzazione-agglomerazione precitato, sul decreto di concessione Aia, alla voce “modalità di controllo” si legge “discontinuo mensile”. Detto controllo inoltre non risulta essere a carico dell’Arpa, ma bensì allo stesso gestore dell’impianto. Se quindi i nostri vicini croati lamentano la presenza di diossine nel loro cielo, provenienti dalle nostre zone, sarebbe opportuno chiedersi se oltre all’inceneritore non debbano essere poste in causa altre sorgenti non trascurabili di tale inquinante. Quanto alla tranquillizzante e ottimistica conclusione dell’articolo, ricordiamo che per la zona di Servola e limitrofe, più volte l’Arpa, unitamente all’Ass 1, ha rilevato, con riferimento ad altri inquinanti cancerogeni di classe 1 come le diossine, situazioni molto allarmanti, ma i molteplici allarmi si sono persi nelle polverose stanze delle Istituzioni trasformandosi in una mera liturgia cartacea tra enti e non ne è mai seguita alcuna contromisura concreta, atta a risolvere o almeno a mitigare il problema, come dimostra lo stato di disagio tutt’ora lamentato dai cittadini.
Alda Sancin - presidente dell’Associazione Nosmog
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 7 marzo 2012
«Tempi infiniti» British Gas lascia - BRINDISI
Dopo undici anni di attesa per le autorizzazioni British
Gas ha deciso di abbandonare il progetto del rigassificatore di Brindisi. L’Ad
di British Gas Italia, Luca Manzella, ha annunciato di aver chiesto la mobilità
per i venti dipendenti e che, nonostante i 250 milioni di euro già investiti,
«la casa madre delusa e scoraggiata dall’infinto braccio di ferro con le
autorità italiane ha deciso di riconsiderare dalle fondamenta la fattibilità
dell’investimento». Alla base della decisione c’è l’interminabile iter di
autorizzazioni: la prima richiesta è infatti del 2001 a cui sono seguiti una
serie di ricorsi amministrativi locali mentre il Governo centrale non convocava
la conferenza dei servizi decisiva. «Quello che possiamo fare è cercare di fare
in modo che le procedure di autorizzazione di progetti e investimenti avvengano
in tempi certi» ha commentato il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini. Opposta
la versione del governatore della Puglia: «I problemi sono dipesi dalla pretesa
della British di eludere le procedure di valutazione ambientale e di imporre,
per il suo rigassificatore, un luogo da sempre e da tutti giudicato inidoneo.
La differenziata svelata ai cittadini - Al via un ciclo
di incontri pubblici per fugare tutti i dubbi sulla raccolta rifiuti
Un ciclo di conferenze dedicate alla raccolta
differenziata per sensibilizzare i cittadini sull’importanza dei comportamenti
da seguire nel gettare i rifiuti, a vantaggio dell’ambiente. È l’iniziativa
promossa da Università della Terza Età, Comune e Acegas Aps illustrata ieri in
Municipio. In calendario tre incontri pubblici ( si inizia venerdì alle 17
nell’Auditorium del Revoltella) durante i quali i partecipanti potranno chiedere
e ottenere risposte e chiarimenti con indicazioni pratiche sulle modalità della
raccolta, dall’organizzazione al riutilizzo dei rifiuti. «L’obiettivo - ha
spiegato l’assessore all’Ambiente Umberto Laureni - è duplice: vogliamo che
tutti siano informati nel modo più chiaro ed esaustivo per comportarsi in modo
corretto nel gettare qualsiasi tipologia di rifiuto, e dobbiamo assolutamente
aumentare le basse percentuali del 21% e del 23% finora registrate come dato
complessivo della raccolta differenziata a Trieste». Dall’assessore provinciale
Vittorio Zollia è arrivato poi un «plauso al radicale cambiamento di rotta
nell’ambito della raccolta differenziata grazie alla stretta collaborazione fra
Comune e Acegas Aps e anche alla delibera di indirizzo della Provincia in merito
a questo tema d’importanza ambientale e sociale. La preziosa partecipazione
dell’Università della Terza Età inoltre - ha continuato Zollia - non può che
incentivare l’attenzione della popolazione sull’applicazione di una corretta
raccolta differenziata anche per far sì che sia incrementata su tutto il
territorio». «Tutti i problemi di difficile soluzione richiedono un lavoro di
squadra – ha evidenziato il presidente dell’Università della Terza Età Ugo
Luppattelli – e anche noi vogliamo fare la nostra parte, confrontandosi con le
problematiche cittadine assieme ai nostri iscritti (oltre 1700 persone dai 45 ai
92 anni) e ai 200 docenti. I cittadini devono essere consapevoli e ben informati
su problematiche come questa e non solo su come conferire i rifiuti, ma anche
sull’importanza della raccolta differenziata, fornendo le giuste motivazioni per
incentivare a certi comportamenti a favore dell’ambiente». ll ciclo di incontri,
come detto, prenderà il via venerdì al Revoltella. Seguiranno altri due
appuntamenti: venerdì 16 marzo, sempre dalle 17 alle 19, nella Casa del Giovane
di via Inchiostri e venerdì 23 marzo, con lo stesso orario, nell’aula magna del
liceo Galilei. Tutti e tre gli incontri si apriranno con gli interventi degli
assessori all’Ambiente comunale Umberto Laureni e provinciale Vittorio Zollia,
del dirigente di Acegas Aps Paolo Dal Maso e del presidente dell’Università
della Terza Età Ugo Luppattelli.
Apre il cantiere per la realizzazione della pista
ciclabile
Entro questo mese l’inizio dell’intervento sull’ex
Parenzana, 7 chilometri in parte a doppio senso. Conclusione ad agosto
MUGGIA Il futuro di Muggia si chiama cicloturismo. Loredana Rossi, assessore
comunale ai Lavori pubblici, né è convinta. I lavori sulla “ex Parenzana”, che
daranno vita ad una nuova pista di quasi 7 km, sono il fiore all'occhiello
dell'amministrazione Nesladek. Entro il mese di marzo il cantiere aprirà i
battenti. «Ad agosto organizzeremo un grande evento in sinergia con il Comune di
Capodistria – annuncia la Rossi – ed entro quella data i lavori dovranno essere
conclusi». Saranno esattamente 6 mila 886 i metri che interesseranno il nuovo
collegamento riservato agli amanti della bici che dal confine con la Slovenia in
località Rabuiese condurrà fino all’incrocio della strada Provinciale n.14 per
Muggia con la galleria della via Flavia di Aquilinia. Un tratto completato poi
dal giro opposto, sviluppato parallelamente al Rio Ospo. La ciclovia avrà un
costo di 280mila euro: 200 mila euro sono stati erogati dalla Regione e i
restanti 80 mila provengono da fondi del Comune. I lavori sono stati affidati
alla ditta Livenza costruzioni srl. La firma del contratto è stata apposta il 24
febbraio, ora entro circa 30 giorni dovranno essere consegnate le ultime
documentazioni. Poi il cantiere entrerà in funzione ed entro al massimo 6 mesi
dovrà essere terminato. Ma l'assessore Rossi ha già fatto capire che la ciclovia
sarà pronta entro agosto. «Finalmente stiamo per dar vita a un'iniziativa tanto
attesa ma che ci è costata tanta fatica», spiega l'esponente della Giunta
Nesladek. Il lavoro maggiore infatti è stato quello di “creare un progetto che
andasse bene alla Regione ed avere allo stesso tempo un numero di pareri
impressionante da parte degli enti coinvolti in questi 7 km, tra i quali posso
citare la Rio Ospo, Marea, Ezit, Trieste Trasporti e Provincia». Tornando al
progetto la pista sarà in parte a doppio senso e in parte a senso unico (lungo
le strade che non permettono l’allargamento); in alcuni tratti è prevista sul
sedime stradale preesistente, in altri sarà necessario un nuovo innesto. Sono
state altresì previste le opportune opere di sistemazione del manto stradale,
bonifica, decespugliamento ove richiesto, la necessaria segnaletica orizzontale
e verticale conforme alle normative e tutte le varie opere di finitura e
completamento. «Ogni intervento sarà effettuato nel rispetto delle zone
sottoposte a vincolo paesaggistico e dei vincoli posti dal Sito inquinato
nazionale», ricorda la Rossi. I lavori non sono ancora partiti ma
l'amministrazione Nesladek sta già guardando avanti. Il prossimo obiettivo è
quello di collegare il tratto dalla galleria di via Flavia di Aquilinia sino al
centro di Muggia. Ma l'intervento che si andrà ad apportare a Muggia ha un
respiro decisamente internazionale. La Slovenia ha già realizzato un percorso
ciclabile che sfruttando il sedime della ex ferrovia austroungarica (“Parenzana”)
da Risana arriva sino a Rabuiese. Per dare continuità a quanto effettuato da
Capodistria, per dar corso agli accordi interstatali conseguenti alla caduta dei
confini e incrementare la presenza degli amanti delle due ruote ecologiche, il
Comune di Muggia ha dunque voluto puntare sul proseguimento della “ex Parenzana”
nel tratto italiano arrivando in prossimità di Trieste. Una scelta strategica
per puntare sul cicloturismo, una chiave di volta per il futuro ambientalista di
Muggia.
Riccardo Tosques
IL PICCOLO - MARTEDI', 6 marzo 2012
Parte l’esame del Piano del traffico - Stasera il primo
confronto con i cittadini nelle sedi delle circoscrizioni
Parte oggi il confronto sul Piano del traffico. Si tratta
di una serie di incontri che si terranno presso le sedi delle circoscrizioni
alla presenza dell'assessore Elena Marchigiani e del mobility manager del Comune
Giulio Bernetti. La giunta comunale ha approvato la bozza del nuovo Piano
generale del traffico urbano il 6 febbraio scorso, dando così avvio alla fase di
consultazione. La giunta ha infatti voluto che la bozza licenziata si configuri
come una base di lavoro per la redazione di un piano basato su un processo di
massima partecipazione da parte di enti, associazioni e gruppi economici: la
Provincia, la Trieste Trasporti e i rappresentanti dei tassisti, i gestori dei
parcheggi (Amt, Ttp e Saba Italia), l’Aci, le categorie economiche e
commerciali, i comitati dei cittadini, l’Osservatorio della mobilità sostenibile
e le associazioni ambientaliste, gli operatori dei servizi di soccorso e di
emergenza, gli ordini professionali competenti, le organizzazioni sindacali del
Comune e quelle legate al sistema dei trasporti, i mobility manager delle più
grosse aziende cittadine, Acegas Aps e le autorità con competenza ambientale.
Con questi soggetti e istituzioni sono già da una settimana in corso riunioni e
tavoli di lavoro, che si protrarranno per tutto il mese di marzo. Nell'ambito di
tale confronto, l’amministrazione vuole però dare il massimo risalto anche e
soprattutto al ruolo delle circoscrizioni in quanto luogo di confronto con i
cittadini. Questo il programma. IV circoscrizione: oggi ore 20, via Locchi 23/A;
I e II circoscrizione: 13 marzo 2012 ore 20.15, via Doberdò 20/3; VII
circoscrizione: 15 marzo ore 19, via Paisiello 5/4; VI circoscrizione: 21 marzo
ore 19, Rotonda del Boschetto 6; III circoscrizione: 23 marzo 2012 ore 20,
Salita Gretta 38; V circoscrizione: 28 marzo ore 19.30, via Caprin, 18/1. Il
piano è soggetto alla procedura di Valutazione ambientale strategica (Vas),
nell’ambito della quale verranno valutate tutte le problematiche inerenti
l’ambiente e l’inquinamento acustico e atmosferico. Coerentemente con le
tempistiche previste dalla Vas, la fase partecipativa avrà una durata di circa 3
mesi a valle dell’approvazione della bozza da parte della Giunta (e quindi si
stima possa chiudersi tra maggio e giugno prossimo). L’iter prevede
successivamente la redazione del piano definitivo a partire dalle informazioni
raccolte nella fase di partecipazione e ascolto, quindi la sua approvazione da
parte del Consiglio Comunale. L'intero percorso si dovrebbe concludere entro
l'autunno di quest'anno.
Bonifiche, altre aziende pronte a unirsi alla causa di
Pacorini
Ma l’apertura del ministro Clini che vuole chiudere la partita entro il 31 gennaio 2013 ora ha bloccato l’iniziativa.
L’avvocato Borgna: obbligatorio fermarsi e vedere se
c’è la svolta
Altre aziende triestine, insediate nell’Area inquinata di interesse
nazionale e bloccate da tempo nelle loro iniziative, stavano per avviare
un’azione giudiziaria analoga a quella vittoriosamente intentata allo Stato
dalla “Pacorini”, che fu la prima azienda a opporsi alla richiesta dello Stato:
cifra esorbitante, si parlava in totale di 230 milioni di euro. In barba al «chi
non ha inquinato non paga» su cui per anni ha insistito il sistema industriale e
produttivo triestino. La “svolta” triestina del ministro Corrado Clini ha
fermato questa iniziativa. Non l’ha però azzerata. Se alle parole e agli impegni
assunti, prima all’Università, poi all’Associazione degli industriali e infine
sabato scorso al tavolo istituzionale convocato in Prefettura, il Ministero
dell’ambiente non farà seguire adeguate misure, l’azione giudiziaria di fronte
al Tribunale civile potrebbe essere riattivata. L’ascia sotterrata vedrà
nuovamente la luce. L’avvocato Giovanni Borgna, legale della Pacorini, getta
acqua sul fuoco della polemica. Ma allo stesso tempo rilancia l’iniziativa. Ecco
le sue parole. «Ho preso atto con interesse delle dichiarazioni del Ministero
dell’Ambiente che sembrano corrispondere a quanto hanno chiesto da tempo molte
imprese triestine. A questo punto è obbligatorio fermarsi e vedere se ci
troviamo di fronte a una svolta, come peraltro sembra probabile. È evidente che
attendiamo le iniziative amministrative, come una conferenza dei servizi, che
possano definire la vicenda delle bonifiche senza dare corso a nuove iniziative
giudiziarie. Preciso peraltro che i dati sulle richieste di danno ambientale
sono stati sempre ricavati dalle proposte di accordo di programma». L’avvocato
Borgna attende dunque le mosse della controparte romana. Ha imboccato da tempo
in solitario per la “Pacorini” la strada del Tribunale civile e
dell’accertamento tecnico preventivo, mentre al contrario la grande maggioranza
delle altre imprese tentava la via del Tribunale amministrativo regionale. I
fatti, per il momento, dicono che l’intuizione dell’avvocato è stata vincente.
In effetti la svolta maturata negli ultimi giorni ha fatto emergere, assieme
all’apertura del ministro Corrado Clini, anche una serie di incongruenze,
errori, pressioni e “furbate”, - come ha affermato ieri il deputato Roberto
Menia - che hanno avuto il potere di bloccare per dieci anni ogni nuova
iniziativa economica nell’area del “sito inquinato” ma che hanno anche costretto
le azienda già insediate a confrontarsi con richieste di risarcimento abnormi,
redatte da uno studio “legato” allo stesso Ministero. L’iniziativa della
“Pacorini” che giocoforza ha dovuto ricorrere ai giudici amministrativi del Tar
del Lazio per poter accedere ai documenti che avrebbero dovuto giustificare il
danno ambientale e le conseguenti richieste di risarcimento, hanno evidenziato
che il “re era nudo” o meglio che il Ministero si trova in questa imbarazzante
situazione. In sintesi i documenti faticosamente ottenuti solo per via
giudiziaria non giustificavano e non giustificano le richieste milionarie di
risarcimento avanzate da Roma. «Mancano gli elementi di valutazione che
giustificano un presunto danno di 250 milioni di euro» ha precisato più volte
l’avvocato Borgna. Ora questa situazione sembra archiviata. I “giochi” si
dovrebbero riaprire, così come gli accordi di programma necessaria a far uscire
le imprese triestine e la stessa città da una impasse che si è trascinata per
anni e anni tra mancati accordi Stato - Regione, tra richieste perentorie, voci
grosse e immediati rifiuti di pagare ciò che ”non è dovuto”.
Claudio Ernè
Riccardi a Moretti: 537 treni cancellati
L’assessore in una lettera chiede un confronto e dà le
cifre sui convogli soppressi nel 2012 nel Fvg. I disagi dell’utenza
le contestazioni
1 l’escalation senza fine dei treni soppressi NEI PRIMI DUE MESI 2012 SOPPRESSI
537 TRENI CUI SE NE AGGIUNGONO 282 SULLA LINEA CASARSA-PORTOGRUARO
2 IL MATERIALE ROTABILE IN GRAVE RITARDO TRENITALIA NON HA ANCORA CONSEGNATO 4 COMPLESSI VIVALTO VIOLANDO LE SCADENZE PREVISTE
3 le troppe assenze deL PERSONALE VIAGGIANTE LA CARENZA DI PERSONALE CON MOLTE ASSENZE TRA I CAPITRENO INFICIA GRAVEMENTE IL SERVIZIO
4 gli indennizzi a favore dei pendolari LA REGIONE RAVVISA LE CONDIZIONI PER LA RICHIESTA DI INDENNIZZO DA PARTE DEI PASSEGGERI TRENITALIA
5 LA MESSA IN DISCUSSIONE DEL CONTRATTO DI SERVIZIO LA
REGIONE SI RISERVA DI RIDISCUTERE IL CONTRATTO A FRONTE DELLE INADEMPIENZE DI
TRENITALIA
TRIESTE Oltre cinquecento treni soppressi nei primi due mesi del 2012 e
disservizi di vario genere nelle stazioni. La Regione non ci sta e, attraverso
una lettera inviata dall’assessore Riccardo Riccardi all’ad di Trenitalia Mauro
Moretti, chiede un incontro urgente per valutare i problemi e arrivare a una
soluzione. «Da molti mesi ormai i servizi ferroviari svolti da Trenitalia sul
territorio regionale presentano, come noto, una situazione di estrema criticità.
– inizia la nota di Riccardi - Numerosi treni soppressi ed altri in correlato
ritardo, a cui si aggiunge, in particolare nei momenti di maggiore criticità,
un’informazione ai viaggiatori estremamente carente quando non del tutto
assente». L’assessore regionale sciorina i numeri, che sono impressionanti. Nei
soli mesi di gennaio e febbraio 2012 il totale delle soppressioni di treni per
cause attribuibili a Trenitalia (esclusi quindi scioperi e cause esterne) è
risultato essere, in termini di ore di servizio, superiore al 35% delle intere
soppressioni dell’anno passato, in cui peraltro è stato superato di ben 3 volte
il limite per l’applicazione delle penali previste dal contratto di servizio. Il
numero di treni parzialmente o totalmente soppressi, nel 2011 è risultato pari a
1.552 mentre nei primi due mesi del 2012 si sono avute già 537 soppressioni
(dovute perlopiù a carenze di personale e allo stato del materiale rotabile),
delle quali circa la metà in fascia pendolari. La linea Casarsa – Portogruaro la
fa da padrone, con 282 treni soppressi tra gennaio e febbraio contro gli 806
dell’intero 2011. Ma quello dei treni non è l’unico problema. « ciò si assommano
puntuali situazioni di criticità determinate da scelte unilaterali di codesto
Gruppo, - prosegue Riccardi - come ad esempio la chiusura dei servizi igienici
in alcune stazioni (peraltro giustificata sulla base di inesistenti normative
europee), l’eliminazione delle sedute nelle aree di attesa della stazione di
Trieste, il significativo prolungarsi dei lavori di riqualificazione delle
pensiline nella stazione di Udine e le citate carenze informative a bordo treno
ed in stazione che hanno determinato ulteriori disagi per i viaggiatori». i sono
poi ritardi «nella consegna del nuovo materiale rotabile (4 complessi Vivalto)
la cui messa in esercizio risulta contrattualmente prevista già per il dicembre
del 2011». Riccardi, rivolgendosi a Moretti, definisce «inaccettabile
l’ulteriore protrarsi di tale situazione in quanto sostanzialmente lesiva del
diritto alla mobilità dei cittadini del Friuli Venezia Giulia e reputo pertanto
necessaria una tempestiva ed adeguata azione da parte Sua, del gruppo FS e di
Trenitalia in particolare per la risoluzione di tali criticità». E se Trenitalia
non fosse in grado di fornire risposte adeguate, «la Regione si riserva di
avviare una ridiscussione delle prestazioni inserite nel vigente contratto di
servizio». In quali termini? «Non sono ancora in grado di dirlo. Aspettiamo
prima le risposte da parte di Trenitalia» afferma Riccardi che nella lettera
richiama anche le regole per quanto riguarda i viaggiatori: «L’articolo 17 ,
comma 1 del Regolamento (CE) 1371 del 23 ottobre 2007 prevede tra l’altro che
‘…i passeggeri titolari di un titolo di viaggio o di un abbonamento che siano
costretti a subire un susseguirsi di ritardi o soppressioni di servizio durante
il periodo di validità dello stesso possono richiedere un indennizzo adeguato
secondo le modalità di indennizzo delle imprese ferroviarie…’». A buon
intenditor...
Roberto Urizio
La protesta dei No Tav che snobba la democrazia -
INTERVENTO DI MARINA DEL FABBRO (Insegnante di scuola media superiore)
Cosa ci dicono i recenti fatti della val di Susa? Anche
senza entrare nel merito della questione, sono già di per sé estremamente
eloquenti e meritano un’attenta riflessione su almeno tre punti. Primo. Di
fronte alla grande maggioranza dell’opinione pubblica, è la voce della comunità
locale quella percepita come la migliore interprete del sentire nazionale: e
questo appare sostanzialmente restio a infrastrutture grandi e dispendiose, a
forte impatto ambientale, invasive, poco rispettose delle specificità delle
piccole realtà montane. La voce del Parlamento, invece, che quel progetto lo ha
lungamente discusso e alla fine approvato è percepita come “imposta d’autorità
dall’alto”. Forse non ce ne siamo accorti, ma questo è un fatto grave,
emblematico del grado di deterioramento della nostra coscienza civica. Il
sistema democratico rappresentativo in cui viviamo, infatti, afferma esattamente
il contrario e cioè che la volontà nazionale trova la sua più alta espressione
proprio nel Parlamento. È segno di grave vulnus democratico se, sull’onda di un
costante e sottile degrado della fiducia popolare nelle nostre più alte
istituzioni, siamo giunti a sentire le disposizioni del nostro Parlamento come a
noi estranee. Secondo. All’interno dei no-Tav vi sono dei gruppi che non sono
pregiudizialmente contrari all’opera, ma contestano il progetto nei dettagli
tecnici: impatto ambientale, sicurezza, efficienza… per cui propongono un
progetto alternativo e migliorativo. Che il loro progetto sia davvero
migliorativo o meno, il fatto in sé che venga proposto è sintomatico di una
generalizzata e diffusa sfiducia nell’operato delle commissioni tecniche
nazionali: lo Stato ci garantisce che il progetto è stato già studiato e
vagliato ai livelli massimi. Eppure non ci si fida, si temono incompetenze,
superficialità, approssimazioni o quanto meno scarsa attenzione per le esigenze
della popolazione se non addirittura corruzione o inconfessabili interessi.
Quindi alla sfiducia nel Parlamento si aggiunge quella nei confronti
dell’Esecutivo. Terzo. Gli espropri che l’opera richiede sono percepiti come
“abuso” (Lele Rizzo, portavoce del centro sociale Askatasuna, come riportato da
Marco Imarisio, Corriere della Sera 28/2/12). Anche questo è un segnale molto
grave perchè invece, come è vero che per i diretti interessati gli espropri
rappresentano un prezzo doloroso da pagare, e che è dovere di tutti cercare di
limitare al minimo i sacrifici personali di ciascuno, come è vero questo, è
altrettanto vero che questi espropri sono tutt’altro che abusi, quanto piuttosto
contributi al bene comune. Il fatto che non siano percepiti così rende più amaro
il sacrificio personale ed è un pesante segnale della nostra scarsissima
considerazione dell’interesse collettivo. Le strade, gli aereoporti, gli stadi,
le scuole, gli ospedali non sono stati costruiti sulla “terra di nessuno”. In
buona parte sono frutto di espropri, e ben lo sanno quanti - ne ho raccolto
testimonianza diretta - hanno visto le ruspe devastare i loro campi coltivati
abbattendo alberi in frutto, proprietari di case deprezzate per la contiguità
con fabbriche, autostrade, impianti industriali. Tutti sacrifici fatti a denti
stretti, ma nella consapevolezza di contribuire al bene della Nazione, nella
certezza che ora toccava a loro ma quando fosse stato il turno di altri anche
essi lo avrebbero fatto. Un Paese lo si costruisce insieme, con i sacrifici, le
rinunce e il lavoro di tutti. Ma c’è un ultimo punto: il più delicato ed
esigente forse, ma anche probabilmente quello nodale. I sacrifici sono sentiti
così insopportabili e il tutto è percepito “eseguito nel modo più illegale ed
infame possibile” (ibidem) perché la minoranza che non ha condiviso il progetto
dell’opera e si è opposta in fase decisionale, ora, quando ormai la decisione è
presa, invece di accettare la volontà della maggioranza e collaborare, fa quello
che istintivamente ciascuno farebbe: si oppone e boicotta. Comprensibile,
comprensibilissimo. Ma per nulla democratico. Perché in democrazia se da un lato
la maggioranza ha il dovere di rispettate e tutelare le minoranze, del pari la
minoranza deve accettare le decisioni della maggioranza: di più, deve anche
(fatti ovviamente salvi i rari casi di obiezione di coscienza), collaborare alla
loro realizzazione. Difficile, sì, molto: richiede una matura coscienza civica,
un alto senso dello Stato ed un forte sentimento di coesione sociale. È il
prezzo della democrazia e della libertà. In dittatura, ad esempio, tutto questo
non è per nulla richiesto.
INSIEL - Oltre 4mila contatti per il “prg” on line
Parte bene il nuovo sistema informatico “Prg Evo” realizzato da Insiel per la pubblicazione del piano regolatore comunale su internet. Sono 2.133 gli accessi registrati a gennaio, primo mese di attività. A febbraio, le cifre sono raddoppiate superando la soglia di 4000, dopo l’attivazione del servizio a Trieste.
Le truppe Usa chiedono nuovi poligoni in Carnia -
L’ALLARME AMBIENTALISTA - È un sito di interesse Ue, assurdo usarlo per
l’artiglieria
L’accordo italo-statunitense prevede l’uso comune delle aree ma la popolazione è contraria.
Nel mirino dello Zio Sam c’è il monte Bivera. Tondo:
non ne so niente
TRIESTE L'onda lunga dell'ampliamento della base americana di Vicenza
arriva in Friuli Venezia Giulia. Con il prossimo anno la 173esima Brigata
aviotrasportata Usa verrà integralmente trasferita in Veneto dall'attuale sede
in Germania, e migliaia di soldati statunitensi avranno bisogno di luoghi atti
all'addestramento. L'accordo fra il ministero della Difesa italiano e il
dipartimento della Difesa Usa include già diversi siti nella nostra regione, ma
negli ultimi giorni ha destato preoccupazione in Carnia la possibilità che anche
la zona del monte Bivera, vicino Sauris, diventi un nuovo poligono di tiro per i
ragazzi dello Zio Sam. In agosto il quotidiano "Il Gazzettino" aveva elencato il
Bivera tra i siti in corso di mappatura come potenziale campo di tiro, ma ora a
lanciare l'allarme è l'associazione ambientalista "Per altre strade": «Negli
ultimi mesi abbiamo visto un insolito viavai di elicotteri militari - spiega la
portavoce Ira Conti -. Se davvero l'esercito sta pensando di cedere quell'area
agli statunitensi per farne un poligono sarebbe molto grave, perché il monte
Bivera è un sito d'interesse comunitario. Da tempo le istituzioni stanno
pensando a come valorizzarlo, sarebbe assurdo usarlo per l'artiglieria». A
Sauris sono comparsi anche dei manifesti che incitano la popolazione a tenere
alta l'attenzione, e i sindaci della zona hanno preso posizione unanimemente
contro l'ipotesi. Il presidente della Regione Renzo Tondo però ha affermato di
non aver ricevuto «alcuna comunicazione in proposito», ripromettendosi di
informarsi. Già alla fine degli anni '70 l'esercito italiano aveva tentato di
trasformare in poligono fisso il Monte Bivera, ma aveva dovuto fare dietrofront
dopo le proteste della popolazione locale. Ora viene utilizzato soltanto
saltuariamente come campo di tiro. L'ampliamento della presenza militare a
stelle strisce nel Nordest, però, si ripercuoterà anche in altre parti della
regione. Nell'accordo fra forze armate italiane e Usa per l'utilizzo delle
infrastrutture legate alla base di Vicenza, i siti del Fvg elencati come
disponibili sono diversi: Rivoli Bianchi di Venzone, Artegna, Cao Malnisio, il
monte Ciaurlec, l'area di addestramento di Maniago sono tutti identificati come
«aree di addestramento e poligoni di tiro italiani d'interesse per gli Stati
Uniti». L'accordo per le modalità d'uso è chiaro: «I siti sopra elencati - vi si
legge - sono disponibili per l'uso da parte di unità Usa. Il comandante italiano
notificherà al comandante statunitense su base trimestrale la disponibilità
delle aree d'addestramento e dei poligoni di tiro. La priorità è di soddisfare
le necessità degli italiani». Peraltro da qualche parte gli americani dovranno
addestrarsi, perché nel giugno del prossimo anno gli effettivi Usa a Vicenza
aumenteranno per l'arrivo di 2mila soldati della 173esima Brigata, che
costituisce la forza di reazione aviotrasportata degli Usa nell'area europea, ed
è subordinata al Us Army's V Corps: una macchina da guerra che impiega migliaia
di uomini e ha in dotazione armamenti ad altissima capacità distruttiva. La
173esima può contare su circa 3mila 300 soldati coordinati in sei battaglioni.
Due sono i battaglioni di paracadutisti, formati dal Primo e dal Secondo
battaglione del 503esimo Reggimento di fanteria. Il "Primo squadrone del 91esimo
Reggimento di cavalleria" è invece il battaglione di ricognizione leggera,
mentre il "Quarto battaglione del 319esimo Reggimento Afar" costituisce
l'artiglieria da campo da campo dell'unità. Oltre ai 4 battaglioni di truppe
regolari ci sono un battaglione di truppe speciali e uno di supporto.
Nell'ultimo decennio gli uomini della 173esima hanno combattuto su entrambi i
fronti della guerra asiatica della presidenza Bush, prima in Iraq e poi in
Afghanistan. Il battaglione d'artiglieria è ovviamente quello che desta le
maggiori preoccupazioni in chi non vede di buon occhio la possibilità che la
173esima venga ad affinare la mira nella nostra regione. Anche gli Usa dovranno
tenere a mente l'interrogazione che tre senatori rivolsero nel 1979 all'allora
ministro della difesa Attilio Rufini proprio riguardo al monte Bivera, in cui si
spiegava che «la protesta degli abitanti delle zone interessate dai poligoni
militari scaturisce dai disagi e dai danni economici che derivano dalle
esercitazioni militari».
Giovanni Tomasin
La “strage dei delfini” minacciati da un’infezione
Cresce il numero delle vittime con l’ultimo ritrovamento
vicino a Zara I primi esami evidenziano la presenza di un morbo. L’esperto:
«Situazione grave»
FIUME Se continua così, il 2012 sarà l’”annus horribilis” per i delfini del Mare
Adriatico. Il primo ritrovamento in acque croate di una carcassa di delfino, una
Stenella striata (Stenella coeruleoalba), è avvenuto il 17 gennaio, poco al
largo dell’Isola di Sansego. Una settimana dopo un’altra carcassa di Stenella ma
centinaia di miglia più a Sud, nel braccio di mare antistante l’insenatura Kneza,
nell’Isola di Curzola. Sono seguiti ritrovamenti a Porto di Malfi (Zaton), nelle
vicinanze di Ragusa (Dubrovnik) e quindi in febbraio a Meleda, poi a Gelsa
(Isola di Lesina), anche a poca distanza dall’Isoletta di Bua, mentre l’ultimo
caso di rinvenimento di un corpo di delfino senza vita si è avuto il 16 febbraio
a un paio di chilometri da Zara. Solo a Gelsa il decesso ha riguardato un
delfino tursiope (Tursiops truncatus), residente fisso in Adriatico, mentre le
Stenelle sono abbastanza rare in queste acque. Le morti di questi cetacei non
risultano dunque avvenute in uno spazio ristretto ma si sono verificate lungo
tutto il versante croato del bacino adriatico, da Settentrione a Meridione,
toccando anche la Dalmazia Centrale. Contemporaneamente si sono registrati
quattro decessi di delfino nelle acque italiane dell’Adriatico. Le carcasse sono
state trasportate a Zagabria, all’Istituto di biologia della Facoltà di medicina
veterinaria, dove l’autopsia è stata compiuta dal professor Tomislav Gomercic,
che da anni si occupa di scoprire le cause di morte dei mammiferi marini in
Croazia. «Ho riscontrato forti parassitosi in questi cetacei – ha precisato -,
quale evidente segno di malattia cronica o comunque di cattive condizioni di
salute. Per saperne di più avremo bisogno di ulteriori e approfonditi esami ma
sin d’ora mi sembra di potere escludere che i delfini siano deceduti per mano
dell’uomo. Certo è che si tratta di una situazione piuttosto preoccupante,
causata credo da un’infezione». Gomercic ha rilevato che ogni anno
nell’Adriatico croato decedono da una a tre Stenelle e dunque si è di fronte a
un quadro anomalo, che va studiato attentamente. «Ringrazio i cittadini per la
collaborazione dimostrata nei rinvenimenti – ha aggiunto Gomercic –: un
contributo a ciò viene dato dal sito web http://crodolphin.vef.hr, dal quale
attingiamo preziose informazioni». Gli esami autoptici eseguiti al citato
istituto zagabrese dal 1990 a oggi hanno riguardato 240 carcasse di delfino,
uccisi soprattutto dall’uomo (reti, esplosivi, rifiuti, arpioni e anche armi da
fuoco). La legge a tutela dei delfini è molto rigorosa in Croazia e prevede in
caso di morte dolosa il pagamento di una pena pecuniaria pari a 35mila kune,
circa 4.625 euro.
Andrea Marsanich
SEGNALAZIONI - Servola - Aria irrespirabile
Mi sveglio presto, giorno settimanale di riposo dal lavoro, sono felice per questo ma soprattutto perché il tempo promette una giornata soleggiata. Scendo in centro città per impegni urgenti, a mezzogiorno finalmente rientro verso casa... all’uscita della galleria di piazza Foraggi la puzza mi assale, si insinua pungente nelle narici, scende in gola con un odore acre, Valmaura è immersa in una nebbiolina biancastra, pizzicano gli occhi e non è a causa del traffico, non sono i gas di scarico, l’odore di uova marce è inconfondibile. Entro in casa, impossibile aprire le finestre per dare aria. Guardo con affetto il pruno del mio piccolo giardino pieno di gemme pronte a scoppiare, le cince che cinguettano a frotte tra i rami, i crochi appena spuntati dalla terra ancora dura. Con tristezza prendo il libro che sto leggendo in questi giorni e invece di immergermi nella lettura seduta sul mio terrazzino godendomi il sole, inforco lo scooter e mi accingo a riattraversare la città per sedermi su una panchina a Barcola. È bellissimo leggere un bel libro e alzare ogni tanto gli occhi per guardare il mare, ma deve essere una scelta, non una fuga dalla propria casa perchè l’aria è irrespirabile, in ogni stagione. Ho il massimo rispetto per gli operai della Ferriera il cui posto di lavoro deve essere salvaguardato, ma il rispetto per tutti noi, cittadini di Servola e dintorni, da anni ormai.... dove sta?
Anna Roncelli
SEGNALAZIONI - Smog - Urgono decisioni forti
Mi rivolgo al Sindaco e a tutti quelli che, con vari gradi di responsabilità, governano Trieste. Il 1.o marzo nel TG3 regionale è stato lanciato un invito ai cittadini a stare il meno possibile all’aperto, a ridurre l’uso del riscaldamento e degli automezzi privati, a fronte dell’elevato tasso d’inquinamento favorito anche dalle condizioni atmosferiche. Paradossi e circoli viziosi che si ripresentano di continuo e rappresentano una colossale presa in giro dei cittadini, i quali però subiscono invece di reagire. Ma cosa ci sarebbe di più corretto, nei confronti della salute pubblica, di chiudere il traffico “senza se e senza ma” nel momento in cui lo stesso è fonte di pericolo per la salute? Chi non si accorge che negli ultimi anni l’aria in città fa schifo? Chi, guardando verso il mare, non vede la striscia marrone che non è altro che la miscela di smog che respiriamo? Chiedo a chi mi governa la forza di prendere decisioni - popolari o impopolari che siano - invece di ciondolarsi in attesa della Bora. Nell’ipocrita invito a restare a casa non si è parlato di Ferriera e inceneritore, o termovalorizzatore come lo chiamano gli ottimisti. Quest’ultimo brucia rifiuti sanitari e rifiuti speciali, oltre all’indifferenziata di Trieste e Gorizia (e altre provenienze?), e ha bisogno di tonnellate di rifiuti per "funzionare al meglio". I cittadini sono tenuti alla raccolta differenziata e, diciamocelo chiaramente, ne ricavano solo svantaggi: 1) pagano di più la Tarsu 2) pagano acqua luce gas e detersivi per lavare vasetti e contenitori vari prima di conferirli alla differenziata 3) si vedono riempite le cassette della posta da tonnellate di pubblicità che andrà a finire nella carta 4) faticano a capire dove mettere i rifiuti perché nessuno obbliga tutti i produttori a segnalare su ogni imballaggio il tipo di materiale e ad usare un solo materiale per ogni imballaggio (yogurt: plastica + alluminio) 5) continuano a respirare aria inquinata (checché ne dicano i numeri delle rilevazioni delle varie Arpa e affini) grazie all’inceneritore e alla Ferriera. Possibile che di fronte a questi circoli viziosi e perversi chi governa Trieste sappia solo invitare i cittadini a stare meno possibile all’aria aperta? Sindaco, io l’ho votata e lei ha ancora quattro anni davanti, se tutto va bene. Mi aspetto molto ma molto di più. Riconversione della Ferriera in posti di lavoro per l’ecologia (mega impianto di compostaggio, per esempio, o parco eolico, o parco fotovoltaico su campi agricoli); esclusione di rifiuti tossici dai conferimenti all’inceneritore e riduzione dei limiti accettati di diossina; chiusura del traffico in tutta la città finché l’aria non torni stabilmente accettabile e successive grosse limitazioni per continuare ad avere aria migliore; creazione di posti di lavoro con la costituzione di orti urbani, ovunque sia ragionevole, e la vendita diretta; tam tam ininterrotto di educazione civica all’uso del mezzo pubblico, al risparmio energetico (e parallelo incremento del fotovoltaico di ultima generazione con incentivi) e, soprattutto, al consumo consapevole. Altrimenti possiamo andare avanti così, ma continuiamo a perdere tempo ed occasioni di svolta per provare ad essere una città migliore.
Valentina Comelli
IL PICCOLO - LUNEDI', 5 marzo 2012
«Sui nuovi treni investimenti per 120 milioni» -
Riccardi: sarà questo il vero salto di qualità Ma capita che chi opera da
monopolista si sieda
BINARIO MORTO»L’INTERVISTA - Situazione oggi
inaccettabile, per dieci anni nessuno si è preoccupato di fondi da spendere né
di controllo dei costi mettendo servizi senza pensare a chi pagava. Le promesse
di Moretti nel 2007? Tra lui e Boniciolli idee diverse, con Monassi c’è
condivisione. Non credo di poter garantire nulla, ma la situazione mi fa sperare
Scelte strategiche per interventi reali, in tempi rapidi. A iniziare da
quelli sul parco rotabile e sulle strutture di allacciamento al porto,
proseguendo con la ridefinizione dell’assetto dei collegamenti passeggeri. Così
Ferrovie e istituzioni, secondo l’assessore regionale a Infrastrutture e
mobilità Riccardo Riccardi, possono provare a rianimare il “binario morto”,
definizione-simbolo della situazione in cui versa, boccheggiante, il trasporto
su rotaia a Trieste e in regione e che Riccardi stesso definisce
«inaccettabile». Passeggeri sfiniti da ritardi e condizioni di viaggio a volte
impensabili. Anche lei, assessore, ha più volte sollevato la questione generale,
ma ci va in treno? Poco, ma conosco la situazione. Credo che le mie prese di
posizione verso Trenitalia siano note. Mi sono arrabbiato in più occasioni,
fermo restando che arrabbiandosi e basta non si risolvono i problemi. Mercoledì
scorso, a Trieste, dall’ad delle Ferrovie Moretti non è giunta risposta sui temi
del trasporto locale e passeggeri. Lo ritiene grave? Moretti ha detto: sono
venuto qui per parlare di porto. E poi a me: dammi 15 giorni per esaminare il
dossier passeggeri. Io ho aggiunto alcune cose, specificando come la domanda di
fondo sia una: mi devi dire se Fs, Trenitalia o Rfi, azienda che deve stare sul
mercato ma che è anche dello Stato, sia interessata a impegnarsi in Friuli
Venezia Giulia o meno? La situazione oggi è inaccettabile. La sua risposta: io
posso mettere i treni dove qualcuno li paga. In ogni caso il capitolo ferrovia
riguarda tutto il Paese, posto che addirittura la nostra situazione è migliore
rispetto ad altre regioni, e vanno distinti i temi delle ferrovie tra merci,
lunga percorrenza e trasporto locale. Perché si è arrivati a queste condizioni?
Per dieci anni nessuno si è preoccupato di investimenti né del controllo dei
costi, mettendo servizi senza preoccuparsi di chi li pagava. Ora siamo alla
fine. Il tema principale è che sui passeggeri i problemi non sono di reti ma di
modelli di esercizio. In questo, l’elemento centrale è quello del parco
rotabile. In che senso? Quando un treno si ferma, è perché è vecchio. Se è
sporco, è più difficile pulirlo quando è vecchio. E se si rompe ha bisogno di
molta più manutenzione. Nel contratto di servizio che abbiamo con Trenitalia è
previsto che facciano investimenti importanti sul parco rotabile. Così come noi:
sono in via di realizzazione dei nuovi convogli. Questo secondo me sarà il salto
di qualità vero. La Regione quanto investe in questa partita? Circa 70 milioni
di euro, cui se ne sommano altri 18 da fondi Fas. Loro invece fanno interventi
su convogli esistenti, i meno vecchi, a cui aggiungono altri 30 milioni. Detto
ciò, c’è il secondo problema. Quale? Del modello di esercizio, delle condizioni
con cui viene organizzata l’azienda che cura il trasporto ferroviario. È
abituata a operare in regime di monopolio, ha una struttura complessa e deve
affrontare problemi da Palermo a Tarvisio. E capita che chi opera da monopolista
si sieda. Dalle sue parole si evince come il venire meno del monopolio
ferroviario non possa che portare vantaggi. Siamo in un mercato ferroviario
condizionato dalla stessa proprietà tra chi gestisce il servizio e chi gestisce
la rete. Moretti sostiene che il mercato più liberalizzato è proprio quello
delle ferrovie. Quanto c’è da attendere per la gara del trasporto pubblico
locale? Dobbiamo approvare il Piano del trasporto pubblico locale, seguiranno
gli accordi col Veneto per i convogli condivisi. Il tutto entro l’anno. Poi, le
gare, due separate - una per il trasporto su ferro e l’altra per quello su gomma
-, al massimo a inizio 2013. Si parlava del 2014 perché la norma individuava in
24 mesi il tempo dato al nuovo affidatario per organizzarsi. Ora l’ultimo
decreto sulle liberalizzazioni riduce i tempi a 12 mesi per il trasporto su
gomma e a 18 per quello su ferro. L’attuale sistema di trasporto pubblico locale
costa alla Regione fra investimenti e spesa corrente 180 milioni l’anno, è la
seconda voce del bilancio regionale, che dà copertura al 70% dei costi. Il 30% è
tariffa. Il livello principale di mobilità dovrà essere garantito dal ferro,
efficiente sulle linee principali e da incrociare con la gomma nei punti di
scambio nodale. Moretti ha sollecitato le istituzioni a scegliere lo snodo
principale fra Trieste e Udine per concentrare le risorse sul trasporto
passeggeri: non è un po’ scaricare le responsabilità ridando linfa al solito
dualismo? Lo ribadisco. Avviare questa contrapposizione sarebbe il più grande
errore per continuare a discutere dei problemi da risolvere. La funzionalità dei
nodi dipende dai traffici. Penso che il modello ferroviario debba garantire la
percorrenza interna e i principali collegamenti alla rete. Su questo dobbiamo
lavorare. Come? Il problema è scegliere come garantire la connessione fra questo
punto del Paese e le linee della lunga percorrenza: oggi non è sostenibile. Il
nostro sistema di “metropolitana regionale” va agganciato al nodo più importante
che mi consenta il collegamento con la lunga percorrenza, facendo i conti con la
dimensione della regione, un milione e 200mila abitanti. O usciamo dal
battibecco inutile Trieste-Udine e affrontiamo il problema, o si continua com’è
stato per anni. Trasporto merci e porto. Qui da Moretti sono arrivate risposte.
C’è da essere soddisfatti? Moretti ha promesso che saranno migliorate le reti di
allacciamento. Ora il nodo è fare quanto detto. Vanno migliorati i collegamenti
di accesso al porto in regione, mi auguro che gli interventi siano individuati e
possano partire prima possibile. Il primo interessa Campo Marzio con lavori
strutturali. Il secondo il bivio di San Polo. La terza questione è il raddoppio
del tratto Udine-Cervignano. Così la capacità della nostra struttura portuale si
moltiplicherebbe di 3-4 volte, raggiungendo un livello pari a 10 volte l’attuale
mole di traffico container del porto di Trieste. Ma oggi il problema principale
non è la rete: non siamo di fronte alla sua saturazione. E qual è? I costi di
funzionamento ferroviario sono troppo alti. Bisogna abbatterli: con tariffe
diverse ed eliminando i colli di bottiglia dell’organizzazione ferroviaria.
Garantendo, e su questo c’è stato l’impegno di Moretti, l’operatività 24 ore su
24 in area portuale. Inoltre facendo sì che non si verifichino più rotture di
carico e rinnovando il parco rotabile. Tutte condizioni determinanti per un
sistema portuale funzionante. Com’è che oggi tutti paiono d’accordo sulle
strategie da mettere in atto in termini di ferrovie e porto, terminal ro-ro
all’ex Aquila incluso? Sui principi fondamentali la condivisione già c’era. Ora
va messo in atto quanto detto. Mi auguro che oggi chi ha le leve lo faccia. Un
ruolo importante ce l’ha l’Autorità portuale e uno Rfi. Non la stupisce la
convergenza fra il sindaco Cosolini e la presidente dell’Authority Monassi,
vista la loro collocazione politica su posizioni distanti? Penso che ci siano
questioni su cui la politica non sia né di destra né di sinistra. Ma che vanno
affrontate cercando soluzione ai problemi. Se finora non è stato così, allora si
era scelto il modo sbagliato. Qualcuno ha rilevato che Moretti aveva fatto le
stesse promesse nel 2007, ad altri interlocutori. Ci ritroveremo allo stesso
punto fra 4-5 anni? Non credo di poter garantire niente. Conoscevo molto bene la
vicenda degli accordi precedenti e devo dire che la condivisione odierna di
strategie che c’è fra Moretti e Monassi, non c’era tra Boniciolli e lo stesso
Moretti: avevano idee diverse. La nuova situazione mi fa ben sperare. Come
risolvere le baruffe fra Trenitalia e operatori ferroviari austriaci a Campo
Marzio? Gli operatori vogliono un gestore che funzioni. Mi pare che qui sia
arrivato un passo avanti da Moretti. Mi auguro possa essere tutto risolto.
Matteo Unterweger
CICLO CHIUSO - Tra disservizi e prospettive
L’intervista a Riccardo Riccardi, assessore regionale a
Infrastrutture e mobilità, chiude il ciclo “Binario morto”, etichetta sotto la
quale negli scorsi giorni abbiamo pubblicato interventi di scrittori,
professionisti, imprenditori protagonisti diretti dei disservizi di Trenitalia e
della penosa condizione in cui versano i collegamenti ferroviari che dovrebbero
unire Trieste al resto del mondo. Testimonianze che dimostrano una volta di più
come il capoluogo regionale sia oggi difficile da raggiungere via binario, e
come da esso sia altrettanto faticoso partire.
«Quell’inutile pressing sulla Prestigiacomo per il sito
inquinato»
L’ex sottosegretario Roberto Menia: «Clini ha ragione,
l’ho sempre sostenuto. La Regione perdeva tempo»
«Il ministro Corrado Clini usa parole forti: “mercato”, a proposito delle
bonifiche. Ma dice il vero. C’era un giro di professionisti espertissimi che
arrivavano al ministero con le loro soluzioni. Abbiamo scoperto delle cose anche
in merito alla causa Pacorini..». Roberto Menia (Fli), già sottosegretario
all’Ambiente col ministro berlusconiano Stefania Prestigiacomo, oggi plaude alla
soluzione veloce che il governo Monti, con Clini, già direttore generale di quel
dicastero, propone a Trieste, e non solo, per risolvere l’enorme guaio del Sito
inquinato di rilievo nazionale. Ma anche rivela molti retroscena dell’epoca. A
partire dal consenso di lunga data con Clini (da Menia appoggiato per la
presidenza dell’Area di ricerca), e le pressioni esercitate inutilmente su
Prestigiacomo: «”Vuoi fare una bella cosa, vuoi fare una modifica di questa
legge?, le dicevo, in perfetto accordo con Clini, abbiamo 50 siti inquinati in
difficoltà, vogliamo imitare i modelli europei?”. Ma niente. Io dunque in quello
schema giocavo, dovevo far rispettare la legge esistente. Poi quando mi dimisi
da sottosegretario - prosegue Menia - lo dissi a Clini, adesso che torno
deputato presento un disegno di legge». Poi è saltato il governo. E Clini è
salito al comando. Ed è sparito il “danno ambientale” tassativamente imposto,
236 milioni per Trieste. E oggi dietro gli accordi col ministero si scopre
dell’altro. Professionisti, società collegate col ministero. «Vero - prosegue
Menia - si chiedevano i soldi del danno ambientale, e i lavori di bonifica
venivano affidati alla Sogesid, una società “in house” del ministero. Tutto si
lega. Mi risulta che ora vi siano indagini in corso su Sogesid. E quando
Pacorini fece causa al ministero, citò - racconta Menia - una stima del “danno”
elaborata dal ministero stesso. Impossibile, io dissi, il ministero non ha fatto
nessuna stima. Si scoprì che era stata redatta da uno studio “legato” al
ministero dell’Ambiente...». Tutto ciò detto, però, Menia aveva fatto pressioni
al territorio triestino, e si era indignato quando la Regione disse «no, questo
procedimento ha perso lo scopo della reindustrializzazione, non firmiamo». La
Ue, lo racconta anche Menia, ha fatto osservazione sul punto: lo Stato italiano
stava premendo più sui soldi che sulle bonifiche. «Quella però era la
legislazione vigente - ribatte Menia -, io ero tenuto a farla rispettare,
comunque si erano offerte molte facilitazioni a Trieste, e quando tutti si erano
detti d’accordo proprio la Regione (del mio stesso partito, allora) si tirò
indietro. Bizzarro, o no?». Ma su tutto questo è passata l’acqua, la storia ha
fatto un passo e anche due, rimane il rimprovero che l’attuale coordinatore
nazionale di Fli ha lanciato ai triestini: «Qualcuno allora volle perdere
tempo». Chi? «La Regione. E poi qualcuno più furbo. Comprava aree in Ezit a
prezzo da niente, e sapeva che cosa comprava, e poi diceva: “Non ci metto un
euro”. Ma almeno mi garantisci che farai la bonifica? Niente. Altri, invece, non
portavano né colpa né pena...».
Gabriella Ziani
Un tormento di accordi mancati nato nel 2003
Il tormento delle aree inquinate triestine (ora
parzialmente risolto per la parte a mare, e in via di veloce soluzione per
quella a terra) nasce nel 2000: si istituiscono i 54 Siti inquinati di rilievo
nazionale. Nel 2003 è disegnato il perimetro triestino. Da allora e fino al
dicembre 2009 si susseguono 14 tentativi (falliti) di siglare l’accordo
Stato-Regione che dovrebbe portare alla bonifica, parzialmente garantita dal
ministero dell’Ambiente (parte dei lavori promessi dalla Sogesid, società del
ministero dell’Ambiente con quote al 100% del ministero dell’Economia). Il
territorio rifiuta ogni volta di pagare 236 milioni di danno ambientale. Prima
ancora dell’intervento di Clini, Trieste ha ottenuto di poter completare le
analisi dei terreni Ezit. Ora è stato stabilito che il 31 gennaio 2013 i
risultati saranno ufficiali. Molte aree Ezit torneranno “usabili”.
IL PICCOLO - DOMENICA, 4 marzo 2012
Sin, Clini chiude la partita «Non ci interessa
incassare» - AMBIENTE »RISOLTO IL NODO DELLE BONIFICHE
Il ministro detta la tempistica da qui al 31 gennaio
2013 e accusa: il governo precedente con il danno ambientale voleva fare soldi.
Era un mercato
Una data da segnare: 31 gennaio 2013. È il giorno in cui, secondo quanto
annunciato ieri al termine di una riunione in Prefettura tra il ministro
dell’Ambiente Corrado Clini, enti locali e tecnici, si dovrà chiudere la triste
vicenda del Sito inquinato nazionale di Trieste. La marcia, “risarcitoria” di
tanto tempo perso per colpa del ministero stesso (Clini lo ha riconosciuto) ha
tappe ravvicinate: il 12 marzo nuova conferenza dei servizi con la firma
dell’intesa, il 20 aprile “meeting” con la presentazione del progetto per le
analisi dei terreni Ezit e accordo di programma per fissare i tempi successivi.
Caratterizzazioni da ultimare entro il 31 dicembre. Impegno di Arpa e Ispra a
convalidarle entro il 31 gennaio del prossimo anno. Il ministero dell’Ambiente
(del governo Monti) pensa di dover qualcosa a Trieste per i ritardi che il
ministero dell’Ambiente (del governo Berlusconi) ha causato al territorio
triestino per gli oltre 8 anni di conflittualità senza esito, a causa
dell’imposizione al pagamento di 230 milioni di non negoziabile “danno
ambientale”, clausola mai accettata, definita ieri a Trieste dal ministro, già
alto funzionario proprio di questo dicastero, «un mercato». E che ha causato al
governo italiano una contestazione da parte della Ue. La macchina per il
riassetto ambientale si è messa dunque a correre. Al 31 gennaio 2013 (e staremo
a vedere) la più gran parte dell’area inquinata potrebbe essere dichiarata
usabile: industriale era e tale resta. Basterà mettere in sicurezza chi risulta
inquinato. Il 12 marzo sul tavolo arrivano importanti chiarificazioni, ad
esempio su ferro e manganese già rinvenuti ma risultati costitutivi dei terreni
e non in overdose. E anche l’eliminazione del primo sigillo. L’area dove insiste
lo stabilimento di Pasta Zara festeggerà la propria uscita dal Sin. È da tempo
bonificata, ma il vincolo persisteva. Così come grava ancora, dal 2004, su 40
mila metri quadrati certificati come “puliti”. Il ministro promette che questa
porzione sarà dichiarata “abitabile” alla riunione successiva e ultima, il 20
aprile. «Il Sin di Trieste è complesso - ha detto il ministro alla fine della
riunione -, contiene industrie, porto, commercio, artigianato, abitazioni. Il
ministero dell’Ambiente, anche coi suoi organi tecnici, ha delle responsabilità
per questi 8 anni, dunque ho raccolto le istanze di Comune e Provincia, ci siamo
dati tempi molto stretti. I costi, con questa procedura, saranno molto
contenuti, perché non si fa più la barriera a mare, e analizzare i terreni li
renderà non improduttivi, non a rischio, ma competitivi». Il Sin (6 milioni di
metri quadrati a terra) godrà di successive riperimetrazioni. Il 20 aprile Clini
dirà se per far questo è necessario o meno un decreto ministeriale. Sparisce
così, assorbita dai fatti, la richiesta locale di ottenere un “Sito inquinato
regionale”. Assolutamente critico Clini nei confronti della passata gestione dei
Sin: «Si mettevano sullo stesso piano la piccola casa e la grande industria:
mancanza di buon senso. Il “danno ambientale” era un modo per fare soldi, noi
invece vogliamo riqualificare, non incassare. Si basava su stime non
consolidate, chiedeva denaro alle aziende a prescindere dalla loro
responsabilità: l’industria paga e il ministero usa i soldi per restaurare il
sito. Ma, pagando, veniva a cadere ogni responsabilità penale degli inquinatori.
Più che una transazione, era un mercato».
Gabriella Ziani
L’ottimismo di Cosolini: «Settimana da incorniciare» -
SVILUPPO
«Se son rose fioriranno, e lo vedremo, e lo speriamo, ma credo che se le cose andranno come ora pare, questa sarà una settimana che ci ricorderemo a lungo: in sette giorni gli impegni del ministro Clini per chiudere la vicenda del Sito inquinato, e gli impegni di Mauro Moretti per i problemi ferroviari in porto, anche questi già oggetto di incontri tecnici e con un appuntamento definitivo fissato fra 15 giorni e le interse definitive da firmare entro il 2 settembre». Palese la contentezza del sindaco Roberto Cosolini, che gli interlocutori indicano come il “gran suggeritore” di queste azioni concrete e che ieri ha ringraziato il ministro dell’Ambiente, dopo una riunione in Prefettura che ha definito operativa sul minuto, soprattutto «per l’accelerazione e la tempistica stringente, adeguata all’importanza di questa partita per il Comune e la sua provincia». Estenuati ormai tutti dall’inconcludenza perenne, dal rinvio, dalle attese del nulla, dalla sala della Prefettura sono usciti col sorriso sulle labbra il presidente di Confindustria, Sergio Razeto, il presidente dell’Ezit, Dario Bruni, il presidente della Camera di commercio, Antonio Paoletti (tra i partecipanti anche l’Autorità portuale, la Capitaneria di porto, l’Arpa, l’Ispra ministeriale, consulenti giuridici di Clini). «Io ringrazio il ministro - ha detto la presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat - anche per aver messo in chiaro la destinazione d’uso dei terreni, perché è diversa la situazione dell’inquinamento dove si costruisce un asilo, un giardino, o si ricolloca un’industria. Questo è l’elemento discriminante, inoltre con Ezit e Confindustria apprezziamo la certezza dei tempi per risolvere la questione, così com’è stata decisa».
(g. z.)
Menia: «Qualcuno aveva voluto prendere troppo tempo»
Siti inquinati, il quadro è cambiato da così a così ma
Roberto Menia, sottosegretario triestino all’Ambiente attraverso molti mancati,
ma sollecitati accordi, dimessosi dopo il passaggio a Fli (di cui oggi è
coordinatore nazionale) plaude e sollecita: «Il governo ha mantenuto l’impegno
di semplificare la normativa sulle bonifiche - afferma in una nota - e il
ministro Clini ha dettato alle istituzioni e alle imprese un dettagliato
cronoprogramma. Ora tutti si assumano definitivamente le loro responsabilità».
Menia, che aveva chiesto le dimissioni dell’assessore regionale De Anna al suo
rifiuto di firmare accordi comprendivi di “danno ambientale”, aggiunge:
«L’accordo poteva già essere attuato ma qualcuno ha voluto prendere troppo
tempo, correndo il rischio di far perdere risorse a Trieste. Ora, partendo dalla
distinzione tra aree da mettere in sicurezza e aree da bonificare, questa è
l’ultima “chance”».
«Referendum sull’acqua Ora bolletta giù del 17%» - DA
SEL UNA MOZIONE anche sugli appalti
Tutela del lavoro e delle fasce deboli della popolazione. Il movimento “Sinistra, ecologia e libertà” ha presentato ieri due mozioni, che saranno a breve sottoposte all’esame del Consiglio comunale, con l’obiettivo di ribadire «la nostra presenza per la difesa dei principi di uguaglianza – ha spiegato il coordinatore provinciale di Sel, Fulvio Vallon – in un momento di crisi generale. Uno riguarda il bene acqua, che non può essere sottoposto alle ciniche leggi del mercato. Il secondo – ha aggiunto – concerne l’applicazione di un principio fondamentale nell’ambito delle gare per l’assegnazione degli appalti pubblici, che non possono comprendere, nel momento dell’attuazione della regola del massimo ribasso, la componente relativa al costo del personale, né quella sulla sicurezza». È stato il capogruppo di Sel in Consiglio comunale, Marino Sossi, a spiegare nel dettaglio i due documenti presentati. «Dal luglio del 2011 – ha precisato Sossi – con la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale del decreto del Presidente della Repubblica in merito agli esiti del referendum sull’acqua, di fatto si toglie alle società erogatrici del servizio la possibilità di inserire nelle bollette il costo relativo alla remunerazione del capitale investito. Le famiglie dovrebbero di conseguenza beneficiare di una riduzione del 17 per cento del costo della bolletta – ha aggiunto Sossi – e su questo punto impegniamo con la mozione il sindaco Roberto Cosolini, e la sua giunta a intervenire con concretezza». A Trieste – ha ricordato ancora il capogruppo di Sel in Consiglio comunale - «la rete perde il 42 per cento dell'acqua in distribuzione e questo è un dato da non sottovalutare. Questa mozione andrà in discussione nella prossima seduta del Consiglio comunale, domani o al massimo in quella di lunedì 12 marzo». Quanto alla mozione relativa al massimo ribasso, Sossi ha parlato di «principio generale di tutela dei lavoratori, il cui costo non può diventare oggetto di contrattazione nel contesto dele gare d’appalto. Si può intervenire solo sul puro costo dell’appalto – ha concluso – non sulle regole di garanzia dei lavoratori».
(u. s.)
Giunta Cosolini “impallinata” sulla chiusura del centro
Provvedimento valido almeno fino a domani mattina. Bandelli: decisioni estemporanee che creano solo disagi.
Michele Lobianco (Fli): scarsa programmazione della
giunta
Centro chiuso al traffico anche oggi, sempre dalle 9.30 alle 12.30 e dalle
16 alle 19. Di un’eventuale revoca dell’ordinanza firmata venerdì (con
disposizione di immediata esecutività dal pomeriggio stesso) si riparlerà
domattina. È quindi ipotizzabile che perlomeno nella fase iniziale della
mattinata di domani il provvedimento rimanga ancora valido. Poi si vedrà, in
base ai dati certificati dall’Arpa. Area off-limits per auto e motoveicoli
privati (mezzi con deroga a parte), dunque, all’interno del perimetro
percorribile definito principalmente dal filo viario che unisce largo Roiano, le
Rive, la Grande viabilità (dallo svincolo di viale Campi Elisi a quello di
Valmaura), via Valmaura, via dell’Istria (fra piazzale Valmaura e via Marenzi),
via Marenzi, strada di Fiume (tra via Molino a vento e il raccordo dell’ex
statale 202), strada di Cattinara (dal raccordo dell’ex statale 202 a piazzale
De Gasperi), via Revoltella (tra via Rossetti e via San Pasquale), via San
Pasquale, viale al Cacciatore, via Giulia (tra largo Giardino e Rotonda del
Boschetto), via di Cologna, via Valerio, strada Nuova per Opicina (da via
Valerio a salita di Conconello) e via Commerciale (da salita di Conconello a via
dei Cordaroli). Intanto, proprio come già accaduto a febbraio, l’amministrazione
Cosolini finisce di nuovo sotto attacco per la decisione di chiudere il centro
alla circolazione veicolare, imposta peraltro dalle legge nel caso di sforamenti
dei limiti di polveri sottili presenti nell’aria. L’opposizione in Consiglio
comunale sputa critiche. Parte Franco Bandelli (Un’Altra Trieste): «La città
inizia ad essere stufa di queste chiusure al traffico annunciate tre ore prima e
soprattutto di chi pensa che il problema delle polveri sottili lo si risolva con
questi provvedimenti del tutto estemporanei e privi di una logica complessiva».
«L’inquinamento atmosferico è un problema che si affronta avendo un disegno
complessivo e non - conclude Bandelli - attraverso misure una tantum che creano
solo disagi e non risolvono». Simile la posizione di Michele Lobianco del Fli:
«La nuova chiusura al traffico del centro città, in modo improvviso e con
decisione non delle più convinte, mette a nudo una scarsa programmazione sul
tema dell’amministrazione Cosolini. Non si può pensare di chiudere sempre
all’improvviso il traffico con annunci dell’ultimo secondo». «Peraltro -
aggiunge il “finiano” -, la chiusura nel fine settimana appesantisce ancor di
più la già situazione critica del commercio e abitua il consumatore a dirigersi
in altre città della regione». Il moVimento 5 Stelle Trieste mette in dubbio la
legittimità dell’immediata applicazione del provvedimento: «Premetto che -
esordisce Paolo Menis -, per risolvere il problema dell’inquinamento
atmosferico, ho sempre ritenuto alquanto inefficace la chiusura una tantum del
centro storico al traffico automobilistico privato. Questa volta però si è
oltrepassato il limite della fantasia, e della legge: la chiusura deve avvenire
a decorrere dalla giornata successiva all’accertamento dell’inquinamento».
Questa volta, invece, le limitazioni sono state attivate dalla mattina al
pomeriggio stesso di venerdì: «Reputo quindi - conclude il capogruppo dei
“grillini” - l’ordinanza del sindaco assolutamente illegittima e inutile. A meno
che questa giunta consideri il traffico la vera emergenza ambientale della
nostra città, mettendo nelle retrovie la Ferriera e l’inceneritore». L’assessore
comunale all’Ambiente Umberto Laureni incassa con sportività e non polemizza
sulla questione delle tempistiche: «I “grillini” hanno ragione, ma la nostra è
stata una scelta motivata da situazioni pesanti in termini di dati sulla qualità
dell’aria. Una scelta di rimanere in attesa, quando nulla dalle previsioni del
tempo lasciava prevedere cambiamenti del meteo, sarebbe stata irrazionale dal
punto di vista della prevenzione».
di Matteo Unterweger
E i pedoni si riappropriano della città - Poco lavoro
per la Municipale. Ma i commercianti: così si fanno scappare i clienti sloveni e
croati
Traffico veicolare ridotto ai minimi termini e centro storico monopolizzato dai pedoni. Ecco la fotografia scattata in questo primo sabato di marzo, effetto dell’ordinanza che di fatto ha interdetto alle auto le principali vie del centro cittadino, causa i valori delle polveri sottili quasi raddoppiati rispetto ai limiti di legge. Automobilisti dunque informati e diligenti. A circolare c’era solo chi era in regola con le deroghe speciali, autovetture euro 4 ed euro 5, oppure con almeno tre persone a bordo, conducente compreso. Gli altri hanno accuratamente evitato la zona off-limits, oppure hanno direttamente deciso di lasciare la macchina a casa e di riversarsi in centro a piedi. Negli incroci caldi nessuna transenna e nessuna limitazione particolare. Segno che la linea seguita era improntata alla flessibilità e modellata sul senso civico degli automobilisti. Poco lavoro, almeno in mattinata, anche per le pattuglie della polizia municipale dislocate sul perimetro. Nel tardo pomeriggio, al contrario, la situazione si è complicata a causa del corteo dei manifestanti No Tav sfilato proprio attraverso il cuore della città. Sono stati tanti invece i pedoni che non hanno messo in pratica i consigli anti smog e che si sono voluti riappropriare del centro storico, in una giornata, dal punto di vista meteo, da primavera inoltrata. Cielo terso, leggera brezza, sole pieno. Molti i turisti che, macchina fotografica alla mano, ne hanno approfittato per immortalare le bellezze architettoniche e paesaggistiche della città, mentre i triestini si sono dedicati a passeggiate e shopping. Letteralmente presi d’assalto i tavolini all’aperto di bar e ristoranti. Dunque una boccata d’ossigeno anche sul fronte commercio. Ma c’è anche il rovescio della medaglia, che riguarda in modo particolare il turismo d’oltreconfine, penalizzato da situazioni di questo tipo, come spiega Roberto Bettin, presidente del Consorzio “Centro in via”: «Trieste vive del turismo d’oltreconfine, ma quando i turisti che arrivano da Slovenia e Croazia vedono i cartelli che segnalano la chiusura del centro, cambiano idea e decidono di prendere un’altra strada, magari andando a Udine». Tesi condivisa da Franco Rigutti, vice presidente Confcommercio: «La chiusura del centro fatta in questo modo, pur dovuta per motivi di legge, non aiuta il commercio. Auspico invece un’accelerazione del piano del traffico, perché solo con regole precise e definitive sulle zone pedonali, si può risolvere il problema e ridare fiato al commercio triestino».
Pierpaolo Pitich
«La rete antifrana sulla falesia terrà lontani i rondoni» - ALLARME DEGLI ECOLOGISTI
SISTIANA Privilegiare la sicurezza a discapito della preservazione della fauna che abita la zona dell’ex Cava di Sistiana? È l’interrogativo sottinteso dell’interrogazione di Maurizio Rozza, del Sel, che oltre a rivolgersi direttamente al primo cittadino Giorgio Ret, s’appella “per conoscenza” addirittura all’Ue, al Ministero dell’ambiente e non da ultimo alla Regione. «In questi giorni – recita la nota - ignoti stanno rivestendo totalmente con rete metallica antifrana la falesia artificiale sita nella ex Cava Casale della Baia di Sistiana». Una misura volta alla sicurezza del cantiere che attualmente occupa la zona, se non fosse che “tale area ospita la più grossa colonia riproduttiva della Regione Friuli Venezia Giulia di Rondone maggiore (Tachymarptis melba), specie migratrice tutelata dalla Convenzione di Berna e dalla “Direttiva Europea Uccelli”; che “tale popolazione, stimata in piu di 200 esemplari, pare rilevante per le strategie di conservazione della specie a livello nazionale, a fronte di una popolazione totale sul suolo italiano stimata in 5-10mila esemplari; e che oltre ai rondoni, la zona coperta delle reti “ospita anche habitat protetti (grotte non ancora sfruttate a livello turistico e colonie riproduttive di altre specie rigidamente protette di avifauna quali la taccola (Corvus monedula), nonché siti di riproduzione e svernamento di chirotteri”. Se non bastasse tutto ciò, sempre nello stesso documento Rozza ricorda che l’area interessata dalle reti “ricade interamente in un sito di importanza comunitaria e in una zona di protezione speciale ai sensi delle direttive europee” che in tali aree le stesse direttive, al quale si aggiunge in supporto anche la normativa italiana, “vietano espressamente il disturbo, il deterioramento o la distruzione dei siti di riproduzione e riposo delle specie selvatiche”. Nonostante lo stesso consigliere del Sel supponga la “buona fede dell’intervento”, al contempo sottolinea che “esistono validi metodi alternativi per mettere in sicurezza la parete, quali la creazione di un adeguato vallo paramassi alla base della stessa”. Ret, interpellato, “prenderà al più presto in esame la situazione per decidere come intervenire”.
(Vi. At.)
Visite guidate alla scoperta della natura - AMBIENTE
DUINO AURISINA Con la primavera ripartono le attività
naturalistiche promosse dal Comune di Duino Aurisina in collaborazione con Wwf
Area marina protetta di Miramare e Aigae (Associazione italiana guide ambientali
escursionistiche). «L'importante successo riscontrato lo scorso anno, grazie
alla sinergica attività tra l'amministrazione comunale attraverso gli
assessorati al turismo e la Riserva di Miramare – dice il vicesindaco Massimo
Romita - ha convinto il prosieguo e l'intensificazione delle attività per far
conoscere siti, noti e meno noti attraverso tali significative visite». Gli
appuntamenti per il momento sono quattro: oggi ci sarà “Ermada: Camosci e non
solo”. Dall'abitato di Medeazza si salirà verso le pendici meridionali del monte
Ermada (323 mslm) osservando la vegetazione e la fauna. Domenica 18 marzo è
previsto “Il labirinto della Cernizza”, una camminata tra il Bosco della
Cernizza e il Villaggio del Pescatore, alla scoperta delle specie
caratteristiche della macchia mediterranea e di suggestivi scorci sul Golfo.
All’arrivo al Villaggio del Pescatore, visita al sito paleontologico di Antonio,
in collaborazione con il Gruppo Speleologico Flondar. Il lunedì di Pasquetta (9
aprile), toccherà a “Il Carso nascosto: scorci di vita privata della fauna
carsica”, alla scoperta della vita segreta degli animali che abitano il Carso.
Il 22 aprile, infine, ci sarà “La natura vince sempre sulla guerra”,
appuntamento che porterà alla scoperta di un suggestivo aspetto del Monte Ermada.
Per info e prenotazioni si può contattare il 333 933 9060 -
giovanna@riservamarinamiramare.it
Quei nuovi caseggiati che deturpano il colle di Barcola
la lettera del giorno
Un bel pomeriggio di una soleggiata giornata di fine febbraio, dove andare? Monti o mare, Carso o Barcola? Abbiamo optato per il lungomare barcolano, splendido con il caldo ed il sole, quasi quasi come in una giornata di piena estate. L’odore, sarebbe meglio dire il profumo, del mare, con l’acqua liscia, increspata solo da una decina di barche di canottieri, con, in bella vista, una supernave non molto lontana, che butta l’ancora accompagnata dal fragore di un rumore cupo e prolungato, quasi come quello di un jet intento a superare la barriera del suono, questo era lo scenario naturale e piacevole che ci ha accolto. Ci siamo incamminati, godendo di questo spettacolo; nei pressi della salita di Cedas a mare ci siamo bloccati, perplessi, ammutoliti, cosa era successo? Abbiamo visto uno spettacolo di cui la Natura vorrebbe fare a meno, ma non trova d’accordo l’essere umano. Tre gru, simili a tre intrusi ciclopi, stavano lavorando nei pressi di altrettanto enormi caseggiati in costruzione; cemento e vetro, cemento per deturpare il paesaggio e vetro per godere del sole e dello spettacolo del mare . Una vergogna! La zona sta diventando sempre più una cittadina a se stante, anno dopo anno. Le costruzioni cementizie stanno portando via alberi e vegetazione al monte antistante i Topolini. E tutto ciò con l’avallo di chi? Sarebbe molto interessante sapere chi ha dato i permessi per la costruzione di queste case, non certamente popolari, ma di privata trattativa alla futura vendita. Ma questi politici che sono corresponsabili del deturpamento di questa zona, come di altre naturalmente belle, non si sentono in colpa per l’enorme impatto negativo che queste “ opere” hanno sul paesaggio? Di tutto questo ci si può rendere conto ora , perché i poveri alberi si ritrovano senza fogliame e lasciano intravvedere, tra un ramo spoglio e l’altro, questi obbrobri, questi insulti alla natura, che verranno popolati da pochi fortunati danarosi. D’estate non si vede quasi nulla, gli alberi “chiomati” nascondono il tutto, contribuendo anche alla privacy degli occupanti. Mi chiedo se esiste da qualche parte uno che controlli questi politici (specificatamente quelli che hanno nelle loro mani il piano regolatore!), con la possibilità di tirar loro le orecchie e di bacchettarli all’occorrenza, perché sono persone, mi pare, incapaci di governare e di guardare ad un futuro che dovrebbe integrare maggiormente l’uomo con la natura che lo circonda e che prima o poi potrebbe ribellarsi e vendicarsi... naturalmente!
Pino Podgornik
Il progettista nautico che ha bloccato i tralicci - IL
PERSONAGGIO
Medico di professione, velista per hobby, impegnato
nelle battaglie civili per necessità
MUGGIA «Il Comitato Antenne? Un’equipe di semplici cittadini che si
oppongono alla costruzione di nuovi ripetitori radiotelevisivi nel giardino di
casa propria. E finora abbiamo avuto successo, senza proteste di carattere
violento. La ragionevolezza ha fatto da padrona». Parla è Claudio Poropat,
classe 1943, residente a Chiampore da sempre, ex medico specializzato nella cura
di dipendenze da alcool e tabacco, ora pensionato e, appunto, semplice
cittadino. Che fa politica nel senso etimologico del termine: lavora per
amministrare la comunità nell’interesse di tutti e per il bene di tutti. E che
chiarisce: «Non facciamo politica, non ci sovrapponiamo all’amministrazione
comunale. Siamo soltanto i portavoce di un disagio». Ma andiamo all’antefatto.
«Si guardi intorno, siamo una frazione tranquilla, immersa nella natura. E ora
guardi il panorama di ripetitori radiotelevisivi inquinanti installati sui
nostri terreni. L’inquietudine è venuta da sé, con l’aumentare del numero di
tralicci – soprattutto quelli abusivi - e, insieme, del rischio per la nostra
salute e del danno paesaggistico ed economico conseguente all’installazione
degli stessi». Nel 2005 delle misurazioni Arpa rilevarono gravi sforamenti
elettromagnetici nel territorio di Chiampore. In effetti la situazione che si
presentava era a dir poco critica: 14 tralicci - di cui 8 abusivi - con 63
emittenti e 43 sforamenti dei limiti di 6 volt/metro. Il Comune decise di
accorpare le emittenti su quattro nuovi tralicci sul monte di San Michele così
da poter abbattere parte degli abusivi e ridurre gli sforamenti. Poco
giovamento, risposero i cittadini. La potenza del segnale dei ripetitori non
avrebbe garantito la salvaguardia della salute. E non li avrebbe nemmeno
ripagati per il deprezzamento dei loro terreni. I cittadini chiedevano,
inascoltati, che fossero prese delle precauzioni spostando le antenne il più
lontano possibile dalle abitazioni per evitare il concentramento di radiazioni
proprio sopra alle teste di tutti. Partì la prima raccolta firme nel 2010, ad
opera di Claudio e Giuseppe Poropat, che riuscirono a coinvolgere nella protesta
27 nuclei familiari (64 persone). Da quel momento il via a una lunga serie di
incontri tra amministrazione e residenti e tra amministrazione e organi
ufficiali, tecnici e costruttori (le “Conferenze dei servizi”). La soluzione
proposta ai cittadini, a quel punto, vedeva l’innalzamento di 3 nuovi tralicci,
il ricollocamento di 4, l’abbattimento degli abusivi (ma non tutti) e prometteva
la diminuzione del 90% degli sforamenti. Non era ancora abbastanza. Come si
sarebbe controllato l’effettivo livello degli sforamenti? E perché ostinarsi a
costruire nuovi tralicci in aree densamente abitate? Nell’estate 2011 giunse la
controproposta dei cittadini: trasferimento definitivo delle emittenti in aree
non abitate, come il Bosco della Luna, l’area sottostante il Castelliere di
Elleri e quella sopra a Punta Ronco. Si formava così il Comitato Antenne, la cui
delega passava a Claudio e Giuseppe Poropat, Livio Postogna e Fulvio Furlan,
forti di 350 firme. «E qua le cose presero una piega favorevole: 350 firme erano
tante, troppe, non si poteva calpestare la volontà di tutti». Il Comitato
infatti aveva presentato un documento che non era un semplice “no” ma conteneva
obiezioni e soluzioni ragionevoli. E fu accolto dal Comune, che riuscì a
bloccare a inizio anno (2012) la costruzione della DCP. «È un primo grande
risultato, ottenuto grazie al sostegno dei residenti e alla piena collaborazione
del Comune che ha sempre ascoltato e capito il disagio della sua gente»,
commenta Poropat. In un’Italia sconvolta dalla protesta contro la costruzione
della linea Tav, ci si stupisce della capacità di ottenere ascolto (e risultati
concreti) senza arrivare allo scontro: «Da parte nostra c’è sempre stata una
grande fiducia nel Comune. Il Comitato non si è mai mosso come ente separato o
sovrapposto all’amministrazione. Non siamo rappresentativi della popolazione, ma
di una sua richiesta: la delocalizzazione delle antenne». Il segreto del
successo? Lavoro di squadra, rispetto delle competenze altrui, fiducia e
ragionevolezza. «Non abbiamo fatto pressioni né manifestazioni. Erano espedienti
secondari, la nostra arma è stata il dialogo». Per il futuro? «Tutto nelle mani
del Tar. E un traliccio, finché non ha le emittenti sopra, si può contrastare».
Finisce l’intervista e Poropat torna al suo ultimo, vero progetto: un natante di
4.80 metri, con un solo fiocco. È infatti un esperto progettista di barche,
abilità e passione derivate dal lavoro del padre nei cantieri navali muggesani.
«Un vizio di cui non riesco a liberarmi. Ogni volta che finisco un progetto
giuro di non farlo mai più nella vita. E puntualmente ci ricasco».
Vanessa Maggi
“Triestini che camminano” - CONFERENZA E MOSTRA A
BASOVIZZA
Centro naturalistico Basovizza Basovizza 224 Info: tel.
040 3773673
Doppio appuntamento oggi al Centro didattico naturalistico di Basovizza del
Corpo forestale regionale. Tema della giornata le passeggiate dei triestini e le
escursioni nella natura. Si inizia alle 10.30 quando verrà inaugurata la nuova
mostra di quadri ad olio intitolata “Passeggiata nella Natura” dell’artista
triestino Luciano Plehan. Il critico d’arte Jasna Merkù, alla presenza
dell’autore, presenterà le nuove proposte che, ancora una volta, colgono gli
aspetti più intimi del paesaggio naturale locale che, riprodotto con effetti
combinati di colore e luce, trasmettono atmosfere sempre più ricercate. Alle 15
Diego Masiello, sociologo del territorio, presenterà un incontro aperto sul tema
“Triestini che camminano: 1817-2012”; un viaggio nell’evoluzione
dell’escursionismo cittadino attratto in particolare da alcune zone dell’umland
triestino. Il Centro didattico naturalistico sarà aperto alle visite dalle 9
alle 17 a entrata libera (a Villaco nel 1959, archivio Cat).
IL PICCOLO - SABATO, 3 marzo 2012
Raddoppiate le Pm10: troppo smog nell’aria Centro
subito chiuso - AMBIENTE »L’INQUINAMENTO
Stop al traffico dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 16 alle
19 Polveri sottili alle stelle. La sorpresa di febbraio
L’ordinanza è stata firmata ieri in tarda mattinata. Decisione repentina,
stavolta senza se e senza ma. Chiudere il traffico da subito, e cioé da ieri
alle 16 e per i giorni a venire. Polveri sottili alle stelle in tutte le
centraline, previsioni meteo stabili, impossibile indovinare quando l’aria si
ripulirà. In via Tor Bandena giovedì 1° marzo si sono toccati i 95 microgrammi
per metro cubo di Pm10, quasi il doppio del limite, che è di 50, i 74 in piazza
Libertà, gli 89 in via Carpineto, gli 84 in via Pitacco. Fino a nuovo ordine (ma
certamente oggi e domani), non si va in macchina nel perimetro del centro
(escluse categorie con deroga e auto e moto di serie “Euro”) dalle 9.30 alle
12.30 e dalle 16 alle 19. Vedremo se la decisione durerà. Il Comune già qualche
settimana fa aveva dato ordine di chiusura un venerdì pomeriggio per il sabato
successivo, giornata in cui l’aveva immediatamente disdetto, perché la
situazione dell’aria «era migliorata». Chiudere o non chiudere? Dilemma. In
mezzo a una normativa che non è delle più lungimiranti e che il sindaco Cosolini
l’altro giorno ha definito «una bufala» mentre l’assessore all’Ambiente Laureni
preferisce agire sul senso di responsabilità individuale: «Andate di meno in
macchina, abbassate il riscaldamento». E perfino: «Se c’è lo smog, state di più
a casa». Guardando però i dati giornalieri delle centraline Arpa, si scopre che
non sempre è facile indovinare. Era il 18 febbraio, un sabato appunto, quando il
Comune ritirò l’ordine di non circolare, e che cosa accadde la domenica 19, a
traffico libero? Un picco di polveri sottili mai visto, con indici triplicati
rispetto al sabato: 130 microgrammi per metro cubo di Pm10 in via Tor Bandena,
quasi 3 volte tanto il limite massimo, 121 in piazza Libertà, 100 in via Pitacco,
135 in via Carpineto. Se lo “stop” fosse stato confermato, come sarebbe andata?
Le centraline nell’arco del mese scorso hanno messo a segno tra i 10 e i 6
sforamenti. Per Umberto Laureni «la situazione è davvero pesante, ma non è la
chiusura temporanea del traffico a risolvere le situazioni, né il Comune si
sente nel ruolo di unico guardiano: ciascuno deve sapere che, se i valori delle
polveri sono alti, è meglio adottare comportamenti diversi. È questione di buon
senso. Se l’aria è piena di smog, forse è meglio non scegliere proprio quel
giorno per passeggiare due ore e mezza in pieno centro con la carrozzina del
bambino piccolo». Sotto accusa la norma dei Piani di azione comunale, i Pac, che
regolano gli obblighi dei Comuni. Per Laureni è basata su un controsenso: «Devo
aspettare tre giorni di smog, poi avvertire la popolazione e quindi chiudere il
traffico? Intanto l’inquinamento è stato tutto respirato». Ci beviamo
microscopiche polveri, fumo, sostanze liquide. Con diametro di 10 millesimi di
millimetro. Più pericolose (ma non si misurano) le “Pm” con diametro inferiore a
10. S’insinuano nei bronchi, negli alveoli polmonari, nella trachea. Anche
elementi naturali rilasciano Pm10. Ma i grandi, e innaturali, accumuli vengono
da motori, riscaldamento, industria.
Gabriella Ziani
Consorzio Energia: riconsiderare il rigassificatore -
PACORINI, FINE MANDATO
Cinquantotto soci per un consumo complessivo annuo di poco meno di 212 milioni di kilowattora, con un risparmio di circa 2,6 milioni di euro. Sono i numeri del 2011 che fotografano il Consorzio Energia Trieste, illustrati dal presidente Federico Pacorini a conclusione del suo mandato, durante l’assemblea durante la quale sono stati eletti i nuovi consiglieri: Ulrike Andres (Siot), Giorgio Enrico Bobbio (Wärtsilä), Stefano Crechici (Modiano), Emilio Fachin (Alder) e Gemma Luisa Ravizza (Sifra Est). In 11 anni di attività del Consorzio il risparmio è stato di quasi 10 milioni: «Un risultato - così Pacorini - che ci stimola a perseguire l’obiettivo di ampliare le consulenze anche a piccole e medie utenze per consentire un risparmio anche a questi soggetti». Per il 2012 il Consorzio ha sottoscritto due contratti di fornitura con Amga e Green Network. I costi di energia e materie prime però «continuano a essere fra i principali freni a una ripresa di competizione per le imprese italiane». Inoltre nelle Regioni a statuto speciale l’addizionale provinciale sull’energia elettrica continua a essere dovuta accanto alla nuova aliquota di imposta erariale. «Una doppia imposizione, iniqua, dovuta al mancato coordinamento delle norme sul federalismo fiscale». Intanto, sebbene il Consiglio comunale abbia detto no al rigassificatore di Zaule, il Consorzio energia ritiene che «nel rispetto delle norme e con la garanzia di condizioni di esercizio sicure, tale impianto sia un volano per l’economia locale. Crediamo – afferma Pacorini – che le istituzioni locali dovrebbero riconsiderare il progetto valutando le modifiche progettuali migliorative proposte da Gas Natural, svestendosi da posizioni pregiudiziali contrarie. Questo anche vista la necessità di accrescere la presenza industriale».
Rigassificatore «È colpa di Nesladek se Muggia è
esclusa»
Il capogruppo del Pdl Prodan accusa il sindaco di
pavidità Dai consiglieri muggesani un unanime “no” all’impianto
MUGGIA Se il Comune di Muggia è stato escluso dalla Regione alla Conferenza
di Servizi del rigassificatore la colpa è da rintracciare nel “comportamento
pavido” del sindaco Nerio Nesladek. Paolo Prodan, capogruppo consiliare
muggesano del Pdl, analizza così la situazione di stallo nella quale si trova
attualmente la cittadina di Muggia. Pochi giorni or sono infatti il Comune
rivierasco ha annunciato di aver presentato ricorso al Tar dopo che la Regione
aveva comunicato al Comune di Muggia di non posseder alcun titolo per prendere
parte alla Conferenza di Servizi indetta per discutere del futuro dell'impianto
di rigassificazione Gnl Zaule- Trieste. Una situazione che non è affatto
piaciuta a Prodan. «La Conferenza dei Servizi per sua natura è tecnica e
convocata quindi dal tecnico responsabile del procedimento regionale – spiega il
capogruppo pidiellino - e spiace constatare la mancanza di convocazione di un
tecnico del Comune di Muggia, ma per capirne il motivo bisogna avere memoria”.
Secondo l'ex candidato alla poltrona di primo cittadino “la colpa di tale
mancanza risiede sicuramente nel comportamento pavido del sindaco Nerio Nesladek
quando, con in tasca un mandato all'unanimità del Consiglio Comunale, preferì
abbandonare la seduta del Comitato portuale anziché votare contro la
zonizzazione prevista nell'area ex-Esso (come prevedeva il mandato) adducendo a
motivazione il fatto che non poteva interferire sulla parte riguardante un altro
Comune”. Secondo Prodan questa è stata una “palese ammissione di mancanza di
interesse legittimo a discutere sulla zonizzazione di quel territorio”. Un atto
che al capogruppo pidiellino non è proprio andato giù anche perché “dopo tale
comportamento negletto, il sindaco pretende di fare la voce grossa per via
politica sbraitando”. Ma quindi è giusto che la Regione abbia estromesso il
Comune di Muggia dal partecipare alla Conferenza? Assolutamente no. Da qui la
promessa di Prodan: «Condividendo la necessità della presenza di un tecnico del
Comune, ma consci della difficoltà di far cambiare idea al responsabile del
procedimento regionale, cercheremo di attivare i nostri referenti politici
(vista anche la recente contrarietà del coordinamento comunale del Pdl di
Trieste) per tentare di recuperare al danno prodotto allora dal sindaco». Anche
da altri due esponenti del Pdl arriva chiara e forte la necessità di reintegrare
Muggia all'interno del dibattito istituzionale sul futuro impianto di
rigassificazione. «Penso sia opportuno, in quanto il rigassificatore andrebbe ad
incidere direttamente sul territorio muggesano, dar voce anche al Comune di
Muggia – ha commentato il consigliere del Pdl Christian Gretti - ricordando poi
come in Consiglio comunale più volte ci sia espressi all'unanimità su un
argomento così importante. Quindi mi pare corretto che il Comune possa
esprimersi anche all'interno della Conferenza dei servizi». Sulla stessa
lunghezza d'onda il consigliere pidiellino Nicola Delconte: «Seppure il
rigassificatore non sia sito sul nostro territorio, non c'è dubbio che sul
nostro comune avremo delle notevoli ricadute. A questo proposito, ribadendo il
mio totale diniego al progetto, trovo non corretta l'esclusione del comune di
Muggia dalla Conferenza dei servizi voluta dalla Regione». In attesa di
possibili sviluppi e mosse da parte del centrodestra muggesano per cercare una
cucitura dopo lo strappo tra Comune e Regione, il ricorso al Tar promosso dal
sindaco Nesladek va avanti.
Riccardo Tosques
Diossina a Pola? «Impossibile, viene disintegrata»
Un tragico dubbio ambientale è arrivato ieri dalla
Croazia: l’inceneritore di Trieste veicola diossine su Pola? Radioattività dai
rifiuti della Campania? «No». Questa sarebbe la lapidaria risposta
dell’assessore all’Ambiente Laureni, che però promette la diffusione di dati più
espliciti «affinché tutti siano meglio informati e più tranquilli». In sostanza,
«l’inceneritore di Trieste ha un sistema di ricombustione oltre i 1000 gradi che
distrugge l’eventuale diossina che può formarsi non solo dalle plastiche, ma
perfino dal sale. Dai camini diossina non esce». In secondo luogo, «i rifiuti
campani che arrivano a Trieste risultano “i meglio preselezionati”». Cambiati i
tempi e i modi da quando la Germania ne rifiutò perché “radioattivi”. Inoltre
Laureni proporrà un’ispezione diretta di cittadini per verificare i controlli:
«I rifiuti sono pesati all’ingresso, e lì passano la prova radioattività». A
volte, in minuscola proporzione, viene rilevata. «Dipende da residui di urina in
dipendenza da esami medici che prevedono specifici liquidi di contrasto».
Insomma non è la Campania, sono i pannoloni.
Economia sempre più “green” - Aziende ed
ecosostenibilità al centro di un convegno. Gli esempi di illycaffè e Siot
Essere ecosostenibili si può? Di green economy si è parlato in una giornata di convegno e workshop tenuta all’Università e intitolata appunto “Go green”. Organizzata dall'associazione Estroverso con il supporto dell'Arpa, della Provincia e di una serie di aziende che hanno presentato le rispettive politiche ambientali, diventate risorse in un sistema economico che premia appunto la sostenibilità, l’iniziativa aveva fra gli obiettivi quello di mettere a contatto giovani e territorio, e avvicinare i neolaureati a enti e aziende. Un’iniziativa tesa a valorizzare l’ambiente come risorsa. «Come una reale politica di sviluppo» ha commentato Umberto Laureni, assessore comunale all'Ambiente presente al convegno. Il mercato ormai propone un’ampia gamma di proposte green, da quelle relative alle energie rinnovabili a quelle sul risparmio energetico. «C’è, pertanto, un’esigenza di programmazione» ha continuato l’assessore, ma c’è bisogno anche di educare la cittadinanza. Perché «risulta più facile gestire correttamente l’energia con comportamenti “verdi” consapevoli, che costruire impianti rinnovabili». Per dare risposte concrete al riguardo, è stato creato in Comune un apposito ufficio con un energy manager, in grado di dare indicazioni in materia. Esistono anche delle certificazioni per l’energia verde, ha ricordato Roberto Sbruazzo dell’Arpa, ma «non abbiamo ancora un marchio di qualificazione nazionale». Aspettandone uno, Ecolabel certifica il processo e i prodotti a basso impatto ambientale. Certificazione che incentiva e promuove il continuo miglioramento, soprattutto nel processo di creazione del prodotto nelle aziende. Gli aggiornamenti ecosostenibili non sono mai abbastanza e hanno bisogno di un continuo perfezionamento, come hanno ricordato Bruno Makollè della illycaffè e Nevio Grillo della Siot, intervenuti a delineare la politica ambientale scelta da entrambe le aziende per fermare gli sprechi e prevenire danni ambientali. Ma «ci sono troppi eco-prodotti, per questo sono importanti le certificazioni», ha sottolineato l’assessore provinciale al lavoro Adele Pino. A moderare il convegno, cui sono intervenuti altri relatori, Walter Gerbino, preside della Facoltà di Psicologia. Alla fine della giornata, ecco la risposta alla domanda: essere ecosostenibili si può, ma bisogna prima creare un’intelligenza green collettiva.
(r.ch.)
IL PICCOLO - VENERDI', 2 marzo 2012
Pola accusa Trieste: «L’inceneritore ci sta
avvelenando»
Il quotidiano “Glas Istre” sostiene che le sue
emissioni provocano tumori. AcegasAps: monitoraggi continui
L’inceneritore di via Errera è finito nel mirino della Croazia. Non è un
caso diplomatico ma poco ci manca. Sul contestato impianto triestino si e'
ampiamente soffermato ieri il quotidiano istriano “Glas Istre” riportando alcuni
dati del tutto nuovi per l' opinione pubblica istriana, come le 600 tonnellate
di rifiuti che giornalmente vengono bruciate e le 25.000 tonnellate che arrivano
periodicamente da Napoli che per la città invece non sono un mistero. L' accento
viene puntato sugli effetti che le emissioni delle sostanze che fuoriescono
dall’inceneritore avrebbero sulla salute degli abitanti di Pola e dintorni. E si
parla molto chiaramente di tumori. A tale proposito e' stato interpellato il
dottor Stanko Ursic, docente alla facolta' di farmacologia e biochimica dell'
universita' di Zagabria. Ormai l'opinione pubblica, sostiene Ursic, conosce il
concetto di polluzione di grado 2 che indica l' inquinamento ambientale avvenuto
molto lontano dall' industria che lo genera. E cita l' esempio dei laghi sulle
Ande a grandi altezze sul livello del mare, anch' essi inquinati pur trovandosi
a grande distanza dalla fonte inquinante. E poi tira in ballo le diossine
scaturite dalla combustione dei rifiuti negli inceneritori. Le diossine non sono
scomponibili dice l' esperto e percio' sono molto stabili come tutti i composti
organoclorici. «Al giorno d' oggi si sa - continua Stanko Ursic - che le
diossine sono le sostanze piu' cancerogene che esistano anche se i lobbisti
delle grandi compagnie chimiche per vent' anni hanno ingannato il mondo dicendo
che colpiscono solo gli animali e non l' uomo. Questa bugia e' durata dagli anni
'70 agli anni '90, quando e' morta la metà dei veterani del Vietnam a contatto
con le diossine. «Purtroppo - aggiunge - e' impossibile fermare l' inquinamento
al confine di stato e vediamo effetti dannosi sui boschi del Gorski Kotar e
dell' Istria non solo a causa delle centrali termoelettriche di Fianona e Urinj.
Questo dato - dice ancora - non ci deve assolutamente far desistere dalla lotta
contro l' inquinamento a casa nostra. In caso di tramontana, conclude il dottor
Ursic, il fumo dell' inceneritore di Trieste arrivera' a Pola nel tempo di una o
al massimo due ore». Queste le accuse che arrivano da Pola, ma che
l’inceneritore di via Errera emetta diossine (che poi provocano tumori) è tutto
da dimostrare. Anzi, pare poco probabile altrimenti le centraline dell’aria
dell’Arpa avrebbero rilevato anomalie nei valori e si sarebbero subito allertati
Azienda sanitaria, Comune e Regione. Allibita l’AcegasAps che, per bocca del suo
portavoce, ha detto: «Ma l’aria è sempre monitorata. Non sappiamo proprio su che
basi possano muoverci queste accuse».
Valmer Cusma
«Via i posteggi sulle Rive, sì ai park coperti» - LA
LISTA CIVICA
Trieste Cambia: viabilità e spazi urbani al centro del dibattito pubblico in programma oggi
Razionalizzare e ridurre i parcheggi cosiddetti di superficie; incentivare l'utilizzo di quelli nei contenitori; eliminare almeno parzialmente quelli sulle Rive che rappresentano una barriera visiva in una delle zone di maggiore pregio della città; e aumentare il costo della tariffazione a ora nel caso di soste lunghe. Sono le proposte lanciate dalla lista civica Trieste cambia in tema di parcheggi e uso dello spazio urbano da inserire nel confronto sulla nuova bozza del Piano urbano del traffico da poco presentata dall'amministrazione comunale. «Questa nuova amministrazione – ha spiegato Roberto Decarli, capogruppo di Trieste cambia in Comune – ha deciso di impegnarsi nel realizzare un nuovo Piano del traffico che assieme alle direttive del Piano regolatore consentirà lo sviluppo della città per i prossimi 15 anni». Di nuove prospettive di mobilità e di utilizzo degli spazi urbani, in particolare dei parcheggi, si discuterà oggi alle 17.30 in un incontro pubblico organizzato dalla lista civica al Circolo della stampa, al quale parteciperanno il sindaco Roberto Cosolini, l'assessore alla Mobilità Elena Marchigiani, il direttore del Servizio mobilità del Comune Giulio Bernetti, l'assessore provinciale ai Trasporti Vittorio Zollia, l'amministratore delegato di Trieste trasporti Cosimo Paparo, il vicepresidente di Confcommercio Franco Rigutti e Giulio Torres responsabile di Saba Italia, moderati da Vittorio Torbianelli. Obiettivo del dibattito, mettere sul tappeto prospettive e linee di indirizzo a favore degli interessi dei cittadini, dei residenti in centro e delle categorie commerciali. «La politica della circolazione delle auto deve essere coordinata con quella dei parcheggi – ha indicato Vittorio Torbianelli - Oggi la maggior parte dei parcheggi nelle strutture è vuota e non ha funzionato come serbatoio per le automobili». Per questo, secondo gli esponenti della lista civica, andrebbe incentivato l'uso dei parcheggi al coperto prendendo accordi con i gestori privati, disincentivando d’altro canto le soste lunghe in quelli in superficie sia a pagamento con che liberi. «Le aree a disposizione in superficie – così Torbianelli – andrebbero ridotte per favorire la pedonalizzazione e il commercio, lungo le Rive e nella zona di piazza Ospitale o di via San Maurizio, riqualificando così gli spazi a disposizione. Mentre le tariffe per i parcheggi scoperti dovrebbero essere più elevate nel caso di soste lunghe avvantaggiando chi si ferma in centro per tempi brevi per fare acquisti o commissioni». Sul fronte mobilità, tra le proposte di Trieste cambia, migliorare la raggiungibilità dei parcheggi nelle strutture coperte. Per i residenti nelle zone centrali andrebbero infine adottate agevolazioni per l'utilizzo dei parcheggi in superficie nelle prime ore del mattino e in quelle serali, ad esempio un automobile per nucleo familiare.
Ivana Gherbaz
«Sos smog, lasciate l’auto a casa» - Invito del Comune
per non chiudere il centro: «State meno all’aria aperta»
Meno auto per scongiurare il blocco dell’auto. L’invito
parte dall’amministrazione comunale, che chiede ai cittadini di “tenere
comportamenti virtuosi” in queste ore in modo da contenere l’impennata dello
smog e allontanare la prospettiva di un’altra chiusura del centro al traffico,
provvedimento non sempre gradito ma soprattutto poco efficace. Muoversi nello
spazio urbano con le proprie gambe o con i mezzi pubblici può aiutare nella
manovra “preventiva” antismog. E cominciare a farlo subito tornerà utile a
tutti. Ma non solo. L’assessore Laureni invita i triestini a ridurre la
permanenza all’aria aperta. Ieri il livello delle particelle sospese PM 10 -
consentito per legge fino al limite di 50 al metrocubo - mandato a referto dalla
rilevazione Arpa era sconfortante: picco in via Battisti, dove si è toccato il
valore di 97. Tallona via San Lorenzo in Selva con 71, seguita da piazza Libertà
con 66. La situazione è delicata: se tre centraline segnano “rosso”, la legge
prevede lo stop al traffico. Anche a Muggia la concentrazione non scherzava: 75
Pm 10. L’assessore all’Ambiente Umberto Laureni, e i tecnici, valuteranno oggi i
valori aggiornati dell’Arpa, ma nessuno si fa troppe illusioni: le condizioni di
tempo stabile, previste almeno fino a domenica, non possono che peggiorare i
livelli di inquinamento. Un eventuale blocco del traffico scatterebbe dal giorno
successivo al check-up, quindi appena domani e, nel frattempo, a meno che tutti
collaborino a rendere più salubre l’aria lasciando l’auto in garage,
continueremo a intasare i polmoni. Chi fa jogging in città, intanto, è avvisato.
Il “precedente” di metà febbraio, con la chiusura del centro inizialmente
prevista per un intero weekend, poi revocata sulla base del calo delle
concentrazioni, non depone sulla linearità della procedura. Meglio dunque
evitare gli stop and go delle auto e iniziare subito con uno stop su base
volontaria. «È una cortesia che chiediamo ai cittadini - ha commentato Laureni -
in modo che possiamo evitare quella procedura cervellotica e poco utile della
chiusura delle strade al traffico. Sappiamo degli sforamenti. E sappiamo anche
che, dopo un certo numero di giorni, ci obbligano al blocco per legge.
Comportamenti virtuosi preventivi, dunque, non possono che migliorare la
situazione. Stiamo comunque già valutando l’ipotesi di procedere al lavaggio
delle strade». All’invito si associa il sindaco Cosolini: un po’ di buona
volontà può evitare la “bufala” della chiusura.
I No Tav bloccano il traffico in centro - Corteo non
autorizzato in corso italia
Un gruppo di No Tav ha bloccato il traffico nel centro
città. Dopo aver manifestato in piazza Unità, i No Tav senza autorizzazione
hanno sfilato per corso Italia fino a piazza Goldoni creando grande disagio alla
circolazione stradale.
Southstream, alleanza fra l’Eni e Gazprom
Accordo sui contratti per la fornitura di gas
all’Italia in vista della costruzione del gasdotto europeo. Scaroni rafforza la
collaborazione commerciale con i russi
MILANO Accordo fatto tra Eni e Gazprom per la revisione dei contratti di
fornitura di gas. Gli accordi ’take-or-pay’ tra i due gruppi, ossia quelle
tipologie di intesa in cui specifiche clausole prevedono che l’acquirente si
impegni in ogni caso ad acquistare un determinato quantitativo di materia prima
a un prezzo prestabilito, dovevano essere rimodulati da tempo dopo il calo dei
prezzi spot europei del gas sotto i livelli indicizzati, nei contratti a lungo
termine, ai prezzi del petrolio. Per raggiungere l’intesa, evidentemente
migliorativa per l’Italia e retroattiva a tutto il 2011, l’amministratore
delegato di Eni, Paolo Scaroni, è volato a Mosca, dove ha incontrato il
presidente di Gazprom, Alexy Miller. «L’accordo - ha annunciato il cane a sei
zampe - rappresenta un’importante tappa nella partnership strategica che lega
Eni e Gazprom da oltre quarant’anni. Le due compagnie consolidano così la loro
relazione commerciale contribuendo alla competitività del gas russo in Europa e
al rafforzamento della sicurezza negli approvvigionamenti». Proprio quegli
approvvigionamenti che invece, nella prima metà di febbraio, sono stati messi a
dura prova dal gelo che ha investito il vecchio continente, causando
un’emergenza a cui il colosso russo ha dimostrato di non saper far pienamente
fronte. I contratti con l’Italia erano in attesa di revisione da tempo, così
come quelli che Gazprom ha già modificato con altri partner europei, da Wingas e
Gdf Suez. I contratti non sono stati però l’unico oggetto dell’incontro. Eni e
Gazprom hanno infatti anche discusso del piano per l’avvio della costruzione del
gasdotto South Stream entro dicembre 2012 (in base alla tabella di marcia che i
russi hanno recentemente deciso di anticipare rispetto alla tempistica
originaria), «evidenziando come l’avanzamento del progetto stia avvenendo
secondo il programma concordato». I gruppi hanno anche discusso la preparazione
della documentazione necessaria per l’adozione entro novembre di quest’anno
della Final Investment Decision (FID), ovvero del documento dettagliato
preparatorio all’investimento, sul tratto offshore del progetto per il gasdotto.
Al South Stream partecipano Gazprom al 50%, Eni al 20%, la tedesca Wintershall e
la francese Edf al 15% a testa. La notizia non ha destato particolari sorprese
fra gli analisti perché le aziende non comunicano mai i dettagli su questo tipo
di accordi. «Le condizioni di acquisto del gas sono top secret. Ma questo
succede per tutte le aziende. Quello che si può intuire è che la base di
partenza è il 2011, pertanto nel 2012 è ipotizzabile che ci sarà un recupero dei
margini persi sui volumi di gas venduti l'anno precedente», osserva un analista
di una banca d'affari straniera. Nei giorni scorsi a Lubiana, nell’ambito della
visita ufficiale nella Repubblica di Slovenia da parte di una delegazione di
Gazprom, l’amministratore delegato Alexei Miller e Marjan Eberlinc,
amministratore delegato della compagnia slovena Plinovodi, hanno firmato
l’accordo che definisce la configurazione e i parametri della sezione slovena
del gasdotto. La decisione finale di investimento sul progetto South Stream è
stata annunciata per dicembre 2012.
Catturato il cinghiale di via delle Docce
Preso dalle guardie venatorie della Provincia dopo una
polemica con l’Ente protezione animali
È stato catturato il cinghialino che aveva trovato rifugio e domicilio
nell’area dell’ex campo profughi posto tra via delle Docce e via delle Cave. Il
suino è stato catturato ieri mattina dalle guardie venatorie provinciali che
hanno effettuato una vera e propria battuta di caccia utilizzando un fucile
(nuovo di zecca) che spara proiettili con una siringa contenente un liquido
soporifero e anestetizzante. Il cinghialino è stato centrato al terzo colpo.
Poco dopo si è accasciato al suolo, esanime. All’operazione ha presenziato un
veterinario, nominato dalla Provincia e incaricato di vigilare su sempre
possibili crisi cardiaco-polmonari innescate dall’anestetico e dal sonnifero
contenuti nel proiettile. Poi l’animale addormentato - diventato una sorta di
mascotte per gli abitanti della zona - è stato trasportato dalle guardie sul
Carso, dove «in una zona verde e isolata è stato liberato», spiega il
vicepresidente della Provincia Igor Dolenc. Per “risvegliarlo” dalla paresi
farmacologica, il veterinario gli ha somministrato un particolare antidoto che
ha annullato l’effetto dei tranquillanti. «Tanta gente aveva chiesto di
intervenire perché l’animale nell’area era come rinchiuso e poteva anche
diventare pericoloso. Lì vicino c’è anche un asilo infantile», spiega Igor
Dolenc. Ma va aggiunto che il cinghiale è stato molto utile. Ha realizzato in
questo breve periodo di permanenza nell’area una disinfestazione dai topi che
erano stati segnalati come molto numerosi. «Lì - dice un abitante - ce n’erano
molti. E il cinghiale li ha fatti sparire in brevissimo tempo». Poi lancia una
critica: «Forse sarebbe stato meglio lanciargli delle mele contenenti il
sonnifero piuttosto che sparargli una siringa. Lo scoppio rappresenta sempre un
trauma». Sulla presenza del cinghiale durata sette mesi nell’ex area del campo
profughi posto tra via delle Docce e via Delle Cave, si era innescata da tempo
una vivace polemica tra l’Enpa (Ente nazionale protezione animali) e la
Provincia. Ai carabinieri il presidente dell’Enpa, Gianfranco Urso aveva
denunciato il furto di una gabbia-trappola realizzata dall’associazione e
sistemata nella zona chiusa dell’ex campo profughi. Quella trappola avrebbe
dovuto rendere superfluo l’acquisto e l’utilizzo del fucile e del narcotico. La
sparizione ha aperto la strada alla battuta di caccia e alla siringa.
Orsi transfrontalieri, pronta la delibera per gestirli
GORIZIA Sono una decina gli orsi presenti in Friuli
Venezia Giulia. Può sembrare un numero contenuto, ma non è così e, se anche le
probabilità di entrare in contatto con un grande carnivoro sono limitate, per
ridurre ulteriormente i pericoli, le quattro province del Friuli Venezia Giulia,
la Regione e i Corpi forestali di Stato e Regione daranno vita a gruppi di
intervento rapido per la loro gestione. La giunta Gherghetta ha approvato
giovedì la delibera con cui aderisce al progetto europeo di gestione delle
emergenze. Nell’Isontino, più degli orsi italiani, a preoccupare sono quelli
sloveni. Oltre confine, ne sono stati censiti oltre un centinaio. Si muovono
indisturbati nei boschi e possono scendere dalla foresta di Tarnova fino alla
pianura. Lo scorso anno due ciclisti goriziani ne avevano avvistato uno mentre
percorrevano i sentieri del Panovec. L’esemplare, avevano riferito, doveva
pesare attorno ai 150 chilogrammi. «Monitoreremo con squadre miste di polizia
provinciale – spiega la vicepresidente e assessore all’Ambiente Mara Cernic -.
Gli orsi sono animali che si spostano, ne dobbiamo tenere sotto controllo la
popolazione per evitare che si creino problemi di convivenza con l’uomo. Dal
punto di vista ambientale, è positivo che ci sia una significativa presenza di
orsi. Fino a quando stanno nel loro habitat non ci sono problemi, i problemi
nascono quando si avvicinano alle zone urbanizzate e a differenza della Slovenia
o della Croazia, la nostra è un’area fortemente antropizzata. Il progetto, in
ogni caso, è di monitoraggio, non di intervento». Anche se l’azione è ridurre al
massimo le possibilità di conflitto tra l’uomo e l’orso, l’obiettivo finale
rimane comunque quello di avviare pratiche e protocolli di gestione in grado di
assicurare nel lungo periodo la conservazione dell’orso bruno sul territorio
regionale. La convenzione durerà tre anni.
Stefano Bizzi
Via Bembo, nuova antenna Stavolta il Comune dice sì
La concessione per 9 anni (più 6 rinnovabili) alla
multinazionale Ericsson che si impegna a versare in cambio un canone di 12 mila
euro all’anno
MUGGIA I mugggesani vedranno presto sorgere una nuova antenna. Con una
determina stipulata due giorni fa l'amministrazione Nesladek ha confermato
l'affido in concessione alla multinazionale Ericsson di una particella di 35
metri quadri sita in via Bembo. Obbiettivo? L'installazione di una stazione
radio base per telecomunicazioni. Benefici per il Comune? Un canone da 12 mila
euro annui. Indubbiamente tra i vari progetti di installazione di antenne sul
territorio di Muggia quella di via Bembo ha destato da subito minor
preoccupazione. L'area coinvolta sorge infatti a ridosso del cimitero comunale,
in una zona piuttosto lontana dalle abitazioni. Il nulla osta è arrivato dopo la
richiesta avanzata nel marzo 2011 all’amministrazione comunale da parte della
Ericsson telecomunicazioni Spa per verificare l’esistenza di aree o immobili di
proprietà comunale idonei ad ospitare stazioni radio base per telecomunicazioni.
In seguito all'istruttoria tecnica effettuata dall’ufficio Ambiente del comune
muggesano si è individuata quale area di possibile installazione degli impianti
sopra indicati parte la particella catastale n. 3746/7 all’interno del cimitero
comunale. Nel settembre scorso la Giunta Comunale ha poi dato la propria
approvazione per la proposta del Servizio Ambiente di assegnare in concessione
la particella. L’importo stabilito quale canone annuo, così come stimato dal
servizio Ambiente e sviluppo energetico, è pari a 12 mila euro, cifra che
comunque verrà aggiornata annualmente nella misura del 75% delle variazioni
Istat. La durata della concessione è stata fissata in 9 anni, rinnovabili con
altri 6 anni. Come si evince poi dal documento sottoscritto dalle due parti il
concessionario (la Ericsson) provvederà a sua cura e spese alla manutenzione
ordinaria degli apparati installati e della parte concessa, oggetto del presente
contratto, nonché alla fornitura di tutti i servizi necessari per svolgere la
propria attività. Da parte sua il concedente (il Comune) prende atto che la
porzione concessa sarà utilizzata per la realizzazione di un impianto per
telecomunicazioni comprensivo di tutte le necessarie strutture, apparati di
trasmissione e di alimentazione, antenne ed apparecchiature radio per la
diffusione di segnali di telecomunicazioni, ai fini della fornitura di un
servizio di telecomunicazioni. Ora si attendono nuove notizie sul Piano comunale
delle antenne per la telefonia mobile. Il progetto è stato affidato alla fine
del 2011 ad una società esterna - la Polab di Pisa – per avere una
regolamentazione sui possibili tralicci da collocare a Muggia. Sulla vicenda è
intervenuto Giorgio Jercog, portavoce del Comitato dei cittadini di Zaule, tra i
più attivi nella raccolta firme contro l'eventuale installazione di un antenna
nella frazione di Zaule paventata nei mesi scorsi: «Siamo tutti in attesa del
piano delle antenne mobili, attendiamo quindi le disposizioni del Comune di
Muggia ed attendiamo anche un'assemblea pubblica per capire gli indirizzi che
l'amministrazione vorrà adottare».
Riccardo Tosques
PULIAMO IL MONDO - Caccia alla discarica abusiva - Il
24 marzo volontari in azione a San Dorligo della Valle
SAN DORLIGO DELLA VALLE Una verifica delle ubicazioni delle discariche abusive seguita da una azione di rimozione dei rifiuti solidi urbani che coinvolgerà anche i dintorni delle superfici pubbliche, dei borghi e dei sentieri. Fervono i preparativi nel territorio di San Dorligo della Valle per “Puliamo il mondo - Cleanup the world”, l'iniziativa ecologica che vedrà il suo clou sabato 24 marzo, ma che in realtà proseguirà sino alla fine del mese di settembre. «Il progetto è un momento unico per rendere consapevoli i giovani del problema dei rifiuti: il coinvolgimento dei bambini e dei ragazzi nell'azione di pulizia è una buona opportunità per far loro sentire il legame con la propria comunità locale, per fargli fare qualcosa di positivo per l'ambiente in cui vivono e al contempo per fargli imparare qualcosa di nuovo», spiega il una nota il Comune di San Dorligo. Questi gli obbiettivi del progetto: il 23 e il 24 marzo cercare di coinvolgere il maggior numero di volontari del Comune di San Dorligo in una azione ambientale congiunta, successivamente formare, istruire e organizzare i cittadini su come trattare i rifiuti con lo slogan “ognuno di noi può cambiare il mondo”, poi rimuovere dall’ambiente naturale i rifiuti. Come ultimi due punti rafforzare la cooperazione nella società e quindi collegare tutte le organizzazioni del Comune di San Dorligo nella collaborazione attiva al progetto ed infine rafforzare il volontariato in ogni segmento della società. A Dolina sabato 24 marzo verrà organizzata l'iniziativa comunale dei volontari per l'ambiente. I volontari e il personale addetto del Comune di San Dorligo verificheranno, fino alla data in esame, le ubicazioni delle discariche abusive, ovvero i punti di maggior criticità; nei giorni attorno al 24 marzo verrà invece effettuata una azione di rimozione dei rifiuti solidi urbani da queste discariche. Oltre a ciò, verranno puliti anche i dintorni delle superfici pubbliche, dei borghi e dei sentieri. Il Comune di San Dorligo ha infine annunciato che intende organizzare un simposio sul tema del trattamento dei rifiuti, a cui parteciperanno alcune organizzazioni ecologiste nazionali.
(Ri.To.)
A piedi o in bici sulle strade delle ferrovie
dimenticate
Domenica la Giornata promossa dalla Confederazione per
la Mobilità Dolce e altre associazioni per recurerare turisticamente chilometri
di “binari morti”
Trasformare un’ex ferrovia in un bel percorso nel verde si può. Lo hanno
testato con piede e pedale i frequentatori della ciclopedonale che attraversa la
Val Rosandra, esempio fortunatamente non isolato di tracciato “riconvertito”. Ma
sono migliaia i chilometri di linee ferroviarie, che ancora si potrebbero
recuperare, se pensiamo alle tante tratte dismesse in Italia, così come in molti
altri paesi, a partire dagli anni ’40, a seguito dello sviluppo dell'industria
automobilistica. Tratte alle quali vanno aggiunti i tanti segmenti di linee
attive abbandonati in seguito alla realizzazione di varianti di tracciato. Si
tratta di un patrimonio importante di lingue metalliche che collegano città,
borghi e villaggi rurali, di opere d'arte come ponti, viadotti, gallerie, di
stazioni e di caselli, spesso di pregevole fattura e collocati in posizioni
strategiche. Un patrimonio che giace in gran parte abbandonato, in balia di
agenti atmosferici e naturali che piano piano se ne stanno riappropriando.?E
allora perché non agevolare il processo tutelando però questi insoliti “beni”
nella loro integrità e rendendoli accessibili? Perché non trasformarlo in
percorsi verdi per la riscoperta e la valorizzazione del territorio? O
ripristinare il servizio ferroviario con connotati diversi e più legati a una
fruizione ambientale e turistica dei luoghi? È ciò che propone Co.Mo.Do.
(Confederazione per la Mobilità Dolce), organizzatore, assieme a un nutrito
gruppo di associazioni (Fai, Wwf Italia, Legambiente, Touring Club Italiano,
Società Geografica Italiana, Cai, Ferrovie Turistiche Italiane, Associazione
Italiana Greenways e tante altre realtà nazionali e territoriali), della Quinta
Giornata Nazionale delle Ferrovie Dimenticate che si terrà domenica 4 marzo.
L’appuntamento si rinnova con decine di eventi che si svolgeranno durante la
giornata in tutta Italia, dal Piemonte alla Sicilia, coinvolgendo migliaia di
persone (circa 20mila nell’edizione dello scorso anno) in escursioni a piedi e
in bicicletta su tratte ferroviarie in abbandono, mostre con foto d'epoca e
rotabili storici, gite con treni storici speciali e visite guidate agli
impianti. L'edizione del 2012 sarà anche contrassegnata dall’appello contro la
chiusura di alcune linee ferroviarie a servizio delle comunità locali o a
supporto di un escursionismo sostenibile e attento alla tutela ambientale e del
patrimonio culturale italiano, come la Sulmona-Castel di Sangro, la più alta
ferrovia italiana, che consente l’accesso al Parco Nazionale d’Abruzzo nel pieno
rispetto del paesaggio. Nella nostra regione, la Fiab, assieme all’associazione
Ulisse, organizza una pedalata lungo la vecchia tratta della Udine-San Daniele,
con punto di partenza e di arrivo alla stazione ferroviaria di Udine. In Veneto,
invece, sono previste un’escursione a piedi lungo il vecchio tracciato montano
della Cremaliera, nel tratto tra Rocchette e Asiago che si snoda per 12 km, fino
ad arrivare a Campiello attraversando la Val Canaglia, e un percorso circolare
in bici a Vicenza (partenza dall’Arco delle Scalette), nella ciclabile lungo il
tracciato della vecchia ferrovia che conduceva a Noventa vicentina e Montagnana.
Si arriva fino al piccolo Lago di Fimon, bacino di origine glaciale circondato
dallo splendido panorama dei Colli Berici.
Cristina Favento
IL PICCOLO - GIOVEDI', 1 marzo 2012
«Carenze nel progetto del rigassificatore nella baia di
Muggia»
Il tavolo tecnico che analizza gli studi di Gas natural
ha presentato le sue controdeduzioni in un’assemblea
MUGGIA "Carenze e artifici progettuali su sicurezza e inquinamento del
Terminale di ricezione e rigassificazione Gnl Zaule-Trieste sono presenti anche
nella documentazione del nuovo progetto di Gas Natural". Questo il nuovo monito
del Tavolo tecnico rigassificatore che ieri nel corso dell'incontro-dibattito
promosso dal Comune di Muggia al teatro comunale Giuseppe Verdi ha divulgato le
ultime news sul progetto che andrebbe a riflettersi anche sulla baia muggesana.
Effetto domino Uno dei punti chiave è la sicurezza che l'impianto di
rigassificazione metterebbe a repentaglio tramite gli ipotetici incidenti
industriali a catena, incendi ed esplosioni con conseguenze sulla sicurezza
pubblica che potrebbero venir innescati – è il cosiddetto “effetto domino” - sia
dal rigassificatore e dalle navi gasiere. L’attuale progetto definitivo
presentato da Gas Natural è "privo di un rapporto di sicurezza credibile". Esso
"esamina il progetto preliminare del Terminale, ossia quello precedente,
caratterizzato dalla confusione determinata dal posizionamento dei serbatoi,
disegnati ora a destra ora a sinistra delle apparecchiature di processo", spiega
il Tavolo. Anche lo studio geotecnico appare errato. E gli anonimi estensori del
nuovo Rapporto di Sicurezza mettono le mani avanti scrivendo che "progettare
impianti di Gnl in modo da assicurare livelli di rischio generalmente accettati
per la vita e la proprietà all’interno e all’esterno del perimetro degli stessi
[…]è obiettivo oneroso", e che la loro analisi "contiene un elenco non esaustivo
degli scenari di rischio". Incompatibilità porto I tecnici del Tavolo hanno
verificato le prescrizioni emanate dalla Capitaneria di Chioggia per il
rigassificatore a mare di Porto Viro e quelle emanate a livello internazionale
in anni recenti. "In nessun caso sono state prescritte distanze di interdizione
alla navigazione, da navi gasiere in manovra o in scarico, inferiori ai 450
metri". In più, viene prescritta una "fascia di mare larga il doppio sempre
sgombra per consentire alla gasiera - in caso di incidente - di allontanarsi
senza rimorchiatori". A Trieste, tali distanze di interdizione includerebbero
"tutto il canale navigabile fra la diga e Muggia, accesso al molo VII compreso,
bloccando i pontili della Siot, procurando non meno di 220 giorni all’anno di
fermo del porto industriale (2 giorni per ognuna delle 110 navi gasiere
all’anno)". E anche "il nuovo terminal traghetti Aquilinia-Noghere nascerebbe
morto, per non parlare della pesca e del turismo". Clorazione acqua Gli impianti
di rigassificazione moderni minimizzano i danni all’ambiente non utilizzando il
mare per riscaldare il gas liquido e portarlo allo stato aeriforme. L’impianto
di Trieste invece prevede "un impiego massiccio dell’acqua marina". Siccome i
numerosi organismi presenti colonizzerebbero rapidamente le superfici interne
delle tubature dell’impianto, ostruendole, le acque in entrata devono venire
preventivamente sterilizzate. "Gas Natural sceglie di farlo con composti del
cloro, estremamente tossici per batteri e plancton, uova, larve, avannotti,
eliminando interi anelli della catena alimentare e restituendo al mare sostanze
chimiche tossiche per gli animali e per l’uomo, sostanze che permangono a lungo
nell’ecosistema marino, accumulandosi progressivamente nell’acqua e nel pesce".
Temperature baia "I rapporti DHI del 2008 e 2011 continuano a considerare il
comportamento della baia solo nelle prime ore di funzionamento dello scarico,
mentre occorrerebbe simulare la situazione dopo 1 o più anni". I consulenti di
Gas Natural scrivono che “a mille metri dallo scarico la differenza di
temperatura non supera i 3 °C”, affermazione "equivoca" perché lascia intendere
che i 3 °C non verranno superati con l’impianto funzionante a regime (dopo anni,
non dopo ore). Per il Tavolo "si sarebbe dovuto calcolare, invece, l’andamento
delle temperature (e della clorazione con formazione di cloroderivati) nel corso
dei mesi e degli anni". Ennesima riprova - è stato detto ieri a Muggia - “di un
progetto carente che continua a non convincere”.
Riccardo Tosques
Moretti: le Ferrovie pronte a investire qui
Tra gli impegni presi con gli enti locali sul Porto
l’adeguamento della galleria verso Aquilinia e i 6 chilometri di binari per
Capodistria. Domani tecnici a Roma
È passato dal ruolo di interlocutore più atteso a quello di più assediato,
ma ieri l’amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato Mauro Moretti ha
lasciato a Trieste notizie e impegni di spesa, soprattutto per riattivare i
“binari morti” del porto. Moretti ha detto sì alla riapertura della galleria
retrostante lo Scalo Legnami e all’adeguamento di quella che corre sulla linea
verso Aquilinia. Operazione che consentirà ai camion di “by-passare” l’area di
Campo Marzio. Che cosa vuol dire? Meno camion in città. Meno tempo di transito.
E primo segno del via libera al trasferimento del traffico di container verso il
futuro polo ro-ro in area ex Aquila (progetto Teseco). Si delinea così anche la
linea di sviluppo decisa in sintonia da Autorità portuale e Comune: i traghetti
per la Turchia sono destinati a lasciare Riva Traiana. I binari restano. C’è un
altro progetto. È entrata ieri in agenda, via rotaia, anche la collaborazione
con lo scalo di Capodistria. Sei chilometri in area muggesana, ora mancanti,
potrebbero cambiare strategie economiche e “geopolitiche”. Altri risultati del
“summit” blindatissimo: l’operatività in area portuale si allarga alle 24 ore
senza sosta notturna. Sì anche all’eliminazione della “doppia manovra”, e
relativo doppio costo per gli operatori portuali, fra treni delle Ferrovie e
“interni”. Solo sfiorato il nodo tecnico della collaborazione, oggi negata, tra
la linea Fs e le ferrovie straniere che agiscono all’interno dello scalo. Di
tutto questo, con progetti parzialmente alla mano, riparlano già domani a Roma
tecnici dell’Autorità portuale e delle Ferrovie. Una sveltezza concreta che pare
assai strana rispetto agli andazzi soliti. E i pendolari? E “Trieste binario
morto”, e i collegamenti che svaporano ogni giorno? Moretti è arrivato ieri in
semi-clandestinità. La protesta no-Tav lo aspettava anche qui. Cambiato il luogo
dell’incontro, non più in Municipio, ma in un posto “segreto”. Anzi, proprio
introvabile: bastava vedere l’enorme schieramento davanti al Museo Revoltella,
tra polizia, carabinieri, vigili urbani, camionette, macchine, reparti mobili,
Digos, questura. Asserragliati nella biblioteca del museo il sindaco Cosolini,
arrivato alle 11 con l’assessore Fabio Omero, la presidente della Provincia
Maria Teresa Bassa Poropat, arrivata alle 12,10 con l’assessore Vittorio Zollia,
l’assessore regionale ai Trasporti Riccardo Riccardi, arrivato senza farsi
vedere, la presidente dell’Autorità portuale Marina Monassi, entrata
invisibilmente, il segretario generale della Camera di commercio, Stefano
Patriarca. Alle 13.30, dopo una discreta caccia all’uscita meno insidiata da
proteste e giornalisti, Moretti è fuoriuscito lestissimo dall’ingresso
principale del Revoltella, prelevato da una macchina pronta alla fuga. «Moretti,
di cosa hai paura?» gridavano i giovani da sotto. «In seguito alle gentili
richieste del sindaco e dell’Autorità portuale - ha riferito all’uscita Marina
Monassi - con Moretti ci eravamo già visti, e adesso abbiamo già risposte. C’è
un cronoprogramma d’interventi, e alcune migliorie partono subito. Oltre ad aver
chiesto la linea per Capodistria, che ci serve per far fronte comune nei
traffici, ho anche detto che sarebbe bellissimo - ha aggiunto Monassi -
istituire l’Autorità portuale unica per Trieste, Monfalcone e Porto Nogaro,
basta un decreto del ministro e c’è il “superporto”, in questo modo anche i
porti regionali potrebbero avere finanziamenti statali e si faciliterebbe la
creazione di una più forte linea di collegamenti comune». «Eravamo pronti a
presentare le richieste, e abbiamo già trovato le risposte» dice sorpreso il
sindaco Cosolini. Soddisfatto per il risultati di porto e retroporto. E i
cittadini furibondi, così orfani di treni? «Moretti ha invitato a scegliere,
come in altre regioni, una unica città-destinazione di riferimento, su cui
ampliare il servizio, fatti sempre salvi i risultati di mercato... Spetterebbe
poi alla Regione organizzare i collegamenti locali». Fatta la scoperta, questa
partita dunque si deve pre-giocare in casa. Stazione leader Trieste? Oppure
Udine? Riccardi, che con le Ferrovie non è stato tenero fin qui, ha ripetuto
ieri nette richieste e lamentele: «Moretti ha promesso di aprire un fascicolo
Friuli Venezia Giulia - spiega a fine “meeting” -, noi abbiamo un’offerta
inferiore alla domanda, soppressioni e ritardi, l’impegno comune è di rinnovare
il parco rotabile, ma Moretti dice: se mettiamo i servizi, chi li paga?
Scontiamo - conclude l’assessore comunque lieto per gli esiti in chiave portuale
- indecisioni locali vecchie di anni». Insomma sui treni per la gente non s’è
fatta chiarezza, ed erano comunque l’argomento B.
Gabriella Ziani
Tra slogan e inseguimenti la protesta dei No Tav
Un gruppo di attivisti ha manifestato tra stazione, Rive e Revoltella sotto il controllo dalle forze dell’ordine.
Il capo delle Fs è riuscito a eludere l’assedio dei
contestatori
Sotto assedio al Revoltella e costretto a una ritirata precipitosa. La tanto
attesa visita di Mauro Moretti a Trieste ha avuto un epilogo tragicomico:
qualche decina di attivisti No Tav ha messo sotto scacco le forze dell'ordine
costringendole a un lungo girotondo tutt'attorno al museo in cui si trovava
l'amministratore delegato di Trenitalia. Un rimpiattino durato oltre un'ora che
si è concluso soltanto quando Moretti è riuscito, con una fuga rocambolesca, a
salire sulla sua auto e a riprendere la via di casa. La mattinata di
contestazioni è iniziata alla stazione centrale, dove un manipolo di No Tav ha
fatto una prima puntata: «Siamo andati lì con un gruppetto di studenti - ha
raccontato il ricercatore e attivista Luca Tornatore - ma nel giro di pochi
minuti si è materializzato un cordone di poliziotti e carabinieri. Proprio non
riescono a fare a meno della militarizzazione». Poco prima delle 11 la protesta
si è spostata in piazza Unità, perché ufficialmente Moretti avrebbe dovuto
incontrare il sindaco Roberto Cosolini e l'assessore regionale ai trasporti
Riccardo Riccardi in municipio. I manifestanti erano un gruppo variopinto e
decisamente poco minaccioso: una cinquantina di persone, soprattutto studenti,
con le bandiere bianche e rosse e gli striscioni. «Siamo qui per protestare
contro un progetto al quale serve soltanto la servitù di passaggio sul nostro
territorio - ha affermato Giancarlo Pastorutti dei comitati della Bassa friulana
- ma che viene fatto con i nostri soldi e a svantaggio della linea già esistente
e sottoutilizzata». Concetto ribadito al megafono da un altro manifestante: «Noi
non vogliamo l'isolamento ferroviario di Trieste, sosteniamo anzi che c'è un
collegamento chiaro fra la truffa della Tav e il depotenziamento drastico delle
linee locali». Verso mezzogiorno si è sparsa la notizia che Moretti e le
autorità locali si sarebbero incontrati al Revoltella e non in municipio, e i No
Tav si sono incamminati verso il museo. Lì è iniziato il prolungato gioco di
schieramenti tra manifestanti e forze dell'ordine per presidiare la porta
dell'edificio da cui sarebbe uscito l'amministratore delegato di Trenitalia: i
No Tav si spostavano sul retro dell'edificio, la polizia li seguiva; la polizia
tornava davanti, i No Tav la seguivano. E così via per un'ora di rimpiattino.
Nel frattempo, dentro al Revoltella, Moretti e le autorità si affacciavano ora
da un lato ora dall'altro alla ricerca di una finestra di fuga. Il gioco si è
concluso quando Moretti, con uno scatto da centometrista, è riuscito a infilarsi
in un'auto opportunamente piazzata neo paraggi. Dopo un vano inseguimento
appiedato i No Tav sono sfilati lungo le rive per chiudere la manifestazione in
piazza: «Abbiamo dimostrato che un uomo che comanda, pronto a militarizzare la
Val Susa, non ha nemmeno il coraggio di incontrare dei ragazzi», ha chiosato
Tornatore.
Giovanni Tomasin
Campo Marzio da salvare con la fondazione - MUSEO, il
nodo dell’affitto alto
Cosolini ha trovato consenso sull’idea: «Se qualcuno
pensa ai soldi pubblici si sbaglia...»
In due ore, e con un programma già scritto, non si può parlar di tutto, ma
come censurare il Museo ferroviario, strozzato dagli affitti per l’appunto di
Trenitalia, e oggetto di ansiosi appelli? Era tema squisitamente da sindaco. E
Cosolini prende, con l’occasione, un punto di vista definitivo sulla questione.
Per salvare il Museo ferroviario bisogna che nasca una Fondazione di scopo, con
l’apporto dei quattrini privati. «Io - dice - prima di tutto non credo che sia
mestiere delle Ferrovie gestire musei, e specialmente coi problemi che sono in
campo. Se poi si chiede al Comune di farsene carico, rispondo che il Museo
ferroviario è indubbiamente un grande valore per la città, ma che non si può
chiedere all’amministrazione pubblica, che ha già sulle spalle il teatro Verdi,
palazzo Biserini da ristrutturare, palazzo Carciotti altrettanto, e tutto il
patrimonio museale esistente da conservare e valorizzare, di farsi carico da
solo di un nuovo museo, quello ferroviario. Se qualcuno lo pensa - detta Roberto
Cosolini - si sbaglia». Ma l’idea della Fondazione è stata lanciata a Mauro
Moretti, ad di Trenitalia. E Moretti si è detto consenziente. «La fondazione -
prosegue il sindaco - dovrebbe dotarsi non solo di risorse, di una mobilitazione
della città in questo senso, ma anche di una società di gestione che non sia il
Dopolavoro ferroviario. A quel punto, avendo risorse, potrebbe pagare un
affitto, magari negoziato, alle Ferrovie. Mi auguro - conclude il sindaco - che
si sia capaci di arrivare al risultato, è un patrimonio che molto appassiona, ma
non lo si faccia ricadere sulle casse pubbliche...».
(g. z.)
Salvataggio Lucchini, sì del giudice - L’omologa del
tribunale milanese suggella il piano finanziario delle banche
TRIESTE Adesso si può cominciare a scrivere il domani del gruppo Lucchini: la sezione fallimentare del Tribunale di Milano ha omologato ex articolo 182 bis della legge fallimentare il piano finanziario, che era stato concertato dai 17 istituti bancari creditori dell’azienda metallurgica controllata (ormai nominalmente) da Alexei Mordashov. «Una soluzione ponte - è scritto nel decreto di omologazione - di notevole ampiezza temporale, volta ad assicurare le condizioni di una reale concretizzazione del piano di risanamento dell’impresa» L’accordo tra il gruppo industriale e le banche era stato definito in dicembre ma necessitava del “nulla osta” da parte dell’organo giudiziario competente. La Lucchini ha un monte debitorio di 1,1 miliardi, le banche ne consolideranno 733 milioni al 31 dicembre 2017 con interessi congelati e con restituzione anticipata del 14% a partire dal 2015: l’intesa permette di utilizzare i 325 milioni, incassati dalla cessione della francese Ascometal al fondo statunitense Apollo, ripartendoli tra le stesse banche, tra i crediti commerciali più vecchi e quelli privilegiati. La moratoria sul debito consegna di fatto la Lucchini alle banche, che hanno in pegno la totalità del pacchetto azionario e che hanno inserito nel consiglio di amministrazione uomini di loro fiducia. Ma consente al gruppo di rifiatare, sotto il profilo finanziario con linee di affidamento per circa 47 milioni, in attesa che si appalesino uno o più compratori entro il 31 dicembre 2014. A seconda di quello che il mercato siderurgico suggerirà: al momento sembra più probabile l’opzione “spezzatino”, ovvero la cessione dei quattro stabilimenti Lucchini ad acquirenti con caratteristiche e carature differenti. Piombino, con 2200 addetti sul totale di 2900 occupati del gruppo, necessita di un interlocutore di ragguardevoli dimensioni (erano corsi i nomi dell’ucraina Metinvest e del grande acciaiere nazionale Riva), mentre il sito produttivo triestino di Servola potrebbe interessare per la produzione di ghisa e per la prospettiva logistica (era risbucata l’ipotesi Arvedi). Feralpi e Acciaierie Venete venivano considerate buone candidate per il laminatoio di Lecco. A questo punto, acquisito l’indispensabile chiarimento del quadro finanziario, potrà riprendere anche il confronto in sede ministeriale su Piombino e Trieste che lo scorso martedì 14 febbraio era stato aggiornato. Infine Fiom, Fim, Uilm hanno scritto al premier Monti chiedendo un tavolo nazionale sulla siderurgia dove esaminare i dossier critici, da Lucchini a ThyssenKrupp.
Massimo Greco
«Servola, 48 milioni di Cip6 da recuperare»
Elettra nel 2010 ne ha incassati quasi 12. Il
consigliere regionale Kocijancic: «Sono soldi dei cittadini»
«Cip6 o Cip fai». La battuta viene facile. Se 11milioni 850mila euro vi
sembrano pochi... La cifra è stata fornita dall’assessore regionale Federica
Seganti come risposta a una interrogazione del consigliere di Rifondazione
comunista Igor Kocijancic presentata nel giugno scorso sulla vertenza della
Ferriera di Servola. Illustra la «consistenza del contributo annuale Cip6 che
viene erogato alla centrale Elettra per la produzione di energia elettrica dal
recupero dei gas forniti dalla Ferriera di Servola». Il Cip6 è una delibera del
Cipe (Comitato interministeriale prezzi) adottata il 29 aprile 1992 a seguito
della legge n. 9 del 1991, con cui sono stabiliti prezzi incentivati per
l'energia elettrica prodotta con impianti alimentati da fonti rinnovabili e
"assimilate". I costi di tale incentivo vengono finanziati mediante un
sovrapprezzo del 6-7% del costo dell'energia elettrica, che viene addebitato
direttamente ai consumatori in bolletta. «Nel 2010 la Elettra Produzione srl -
spiega Kocijancic - ha incassato un contributo di 11.850.000 euro (undici
milioni e cinquecentomila euro), poco meno di un milione di euro al mese.
Rammento a chi commenterà questa cifra, pagata direttamente dai cittadini con
l’aumento nelle bollette del 6%, che si tratta di un contributo ridotto rispetto
a quello che era stato versato per i primi dieci anni della convenzione». Ma non
basta. «Ricordo inoltre che i Fondi finanziari inglesi proprietari di Elettra
(il fondo Hutton Collins, ndr) - continua l’esponente di Rc - si erano iscritti
a un elenco per ottenere l’anticipo di tutto il contributo da qui al 2015 (data
di scadenza per l’erogazione del Cip 6)». E sorge il problema. «La Lucchini spa
- spiega Kocijancic - ha aggiornato la chiusura inizialmente indicata per
dicembre 2013 al 2014 per l’altoforno e a tutto il 2015 per la cokeria. Gli
investimenti per la manutenzione a garanzia della continuità operativa per i
prossimi quattro anni, fino al 2015, risultano essere per 2 milioni e mezzo
dalla Lucchini spa e per 18 milioni dalla Servola spa , quindi dall’attività
dello stabilimento di Trieste. Gli interventi economici per la continuità
dell’attività produttiva si limitano quindi ai 18 milioni di euro che dovrebbero
essere trovati a Trieste e quindi direttamente riconducibili in buona parte al
contributo Cip6 che permette ad Elettra di continuare a produrre energia
dall’acquisto dei gas dalla Ferriera». La conclusione? «Siamo di fronte ad una
attività produttiva e ad uno stabilimento che il protocollo definisce non più
compatibile con il contesto territoriale in cui è inserito - dichiara il
consigliere regionale -. Ci aspettano ulteriori quattro anni con l’impegno a
spendere per la manutenzione circa 20 milioni di euro in totale mentre la
centrale di cogenerazione incasserà, visti i dati del 2010, circa 48 milioni di
euro di contributo CIP6 di cui una buona parte andrà a potenziare i fondi di
finanziamento inglesi e gli stessi investitori». Un affare. Fondi a perdere per
il fondo inglese Hutton Collins. «Per questo - spiega il consigliere di Rc -
serve un accordo di programma che tracci un progetto per il futuro. In una
situazione straordinaria quale è quella presente, il governo può fare interventi
straordinari dirottando i soldi dei cittadini dal Cip6 ad un fondo per Trieste,
eliminare le regalie del governo Berlusconi e investire gli euro nella loro
destinazione originaria, cioè di supporto alle produzioni di energia
rinnovabile: sarebbe già come aprire una porta per nuovi insediamenti produttivi
nel nostro territorio».
(fa.do.)
La giunta smentisce l’arrivo a Trieste di rifiuti
campani
«La giunta non è intenzionata ad accogliere rifiuti differenziati provenienti da Napoli». Lo ha assicurato l’assessore all’ambiente Luca Ciriani, incalzato da un’interrogazione della Lega Nord, a firma del capogruppo Danilo Narduzzi , e da una di Igor Gabrovec (Pd). Il vicepresidente ha reso noto di aver chiesto informazioni all’AcegasAps di Trieste circa l’arrivo dalla Campania di materiale non proveniente dallo smaltimento, vale a dire i rifiuti speciali, per i quali la normativa ammette la libera circolazione interregionale. Da AcegasAps Ciriani ha appreso che nel 2011 sono affluite a Trieste 11.830 tonnellate di rifiuti provenienti dalle località campane di Tufino e Giuliano, da impianti Stir (dove cioè i rifiuti sono già trattati) in possesso dell’autorizzazione integrata ambientale.
(g.s.)
«In via Errera bruciati solo rifiuti controllati» -
ACEGASAPS
«I rifiuti accolti dal termovalorizzatore di via Errera
sono tutti controllati e soggetti ad un rigoroso regime di controlli previsti da
una procedura interna del Sistema di gestione ambientale». Così AcegasAps
replica alle critiche lanciate da ambientalisti ed esponenti politici come il
capugruppo della Lega in Consiglio regionale Danilo Narduzzi, che hanno avanzato
dubbi sull’opportunità di dare “ospitalità” nell’inceneritore triestino alle
immondizie sospette e potenzialmente radioattive provenienti dalla Campania. «Il
Piano di monitoraggio e controllo dell’Autorizzazione integrata ambientale -
chiarisce ancora Acegsd-Aps - prevede un controllo mensile delle emissioni da
parte di un laboratorio esterno, che si accompagna al monitoraggio delle stesse
effettuato sull’impianto. Per scongiurare poi la possibilità di incenerire
rifiuti che possano contenere materiale radioattivo, tutti i rifiuti in ingresso
vengono fatti passare attraverso un portale dedicato che misura l’eventuale
radioattività presente. Il tutto in pieno accordo con gli enti preposti
:Prefettura, Arpa e vigili del fuoco». Qualsiasi timore sulla pericolosità delle
immondizie provenienti dal Sud quindi, secondo la multiutility, è del tutto
infondato. «I rifiuti che arrivano dalla Campania - conclude AcegasAps - non
arrivano da “discariche irregolari” ma sono i rifiuti prodotti dalle lavorazioni
di impianti di trito-vagliatura autorizzati. La frequenza con cui si attiva il
rilevatore di radioattività al transito dei rifiuti campani è del tutto simile
alla frequenza con cui si attiva al transito dei rifiuti locali. In genere si
tratta di medicinali usati da pazienti che per ragioni terapeutiche o
diagnostiche si sottopongono a trattamenti con sostanze radioattive, come
scintigrafie o radio terapie».
Bonifiche, primo ok per Pacorini: «Non contaminò quei
terreni»
Azioni giudiziarie avviate da due società contro la
richiesta di risarcimento del danno ambientale: l’accertamento tecnico dimostra
la loro estraneità alla vicenda. Il nodo della perimetrazione
Il ministero dell’Ambiente ora non può più usare come arma di difesa delle
proprie tesi e delle proprie richieste monetarie alle aziende triestine il
Decreto che delimita, tracciandone il perimetro, il “Sito di interesse nazionale
Trieste”. Due iniziative giudiziarie avviate dalla “B. Pacorini srl” e dalla
“Pacorini metals Italia srl” rendono sempre più problematica, se non impossibile
da realizzare, la richiesta di risarcimento per il danno ambientale avanzata da
Roma. Sono complessivamente 250 milioni di euro che dovrebbero uscire dalla
esauste casse delle società cittadine; una somma enorme che il precedente
governo ha comunque già inserito a bilancio e che rappresenta poco meno di un
punto di Pil. Le due iniziative giudiziarie hanno raggiunto due obiettivi: il
Tribunale amministrativo regionale del Lazio attivato dall’avvocato Giovanni
Borgna, ha ordinato al ministero dell’Ambiente di esibire alla “Pacorini” tutti
gli atti attraverso i quali è stata decisa la perimetrazione del sito inquinato
di interesse nazionale. «Il ministero si era rifiutato di esibire questi
documenti sul sito inquinato e sulla valutazione di danno ambientale - afferma
l’avvocato Giovanni Borgna -. Il Tar ha accolto il nostro ricorso e dai
documenti che ora sono in nostro possesso e di cui deve essere valutata nei
dettagli tutta la complessità, sembra non emergere alcun elemento utile per
comprendere i criteri usati per definire e valutare il danno ambientale». Nel
fascicolo acquisito dalla società triestina, mancano dunque spiegazioni adeguate
a giustificare l’enorme estensione del sito e le procedure con cui Roma ha
deciso che il danno complessivo all’ambiente raggiunge quota 250 milioni di
euro. Di fronte a questa nebbia, le aziende triestine sono comunque state
costrette fino ad oggi a segnare il passo. Fin dal 2003 subiscono il blocco di
ogni nuova iniziativa industriale o commerciale. In sintesi nell’area inquinata
non possono essere realizzati capannoni, depositi, magazzini. Il mattone e il
cemento sono diventati off-limits. Da quasi dieci anni in quest’area che insiste
sul Vallone di Muggia e comprende buona parte dei terreni dell’Ezit, ogni nuova
attività è interdetta. «O pagate, o restate al palo, senza poter investire».
Questo è stato il diktat che Trieste ha subìto con la perimetrazione che ora si
sa essere stata decisa senza adeguate ricerche e analisi. Ma non basta. La “B.
Pacorini srl” e la “Pacorni metals Italia srl”, sono riuscite a dimostrare,
attraverso un accertamento tecnico preventivo autorizzato dal Tribunale di
Trieste, che “la contaminazione residua della falda, non può essere imputata
alla società, ma proviene dall’esterno del sito”. In altri termini il professor
Paolo Bevilacqua, consulente tecnico del Tribunale, ha “assolto” la Pacorini
dall’accusa di aver inquinato i terreni acquistati dall’Ezit e dalla Wooltech
Europe srl tra il luglio 2001 e il febbraio 2003 e utilizzati unicamente per lo
stoccaggio di ferro, alluminio, piombo, zinco e legno. In quell’area di 68mila
metri quadrati la società che è ricorsa ai giudici non ha mai utilizzato
solventi chimici e non ha esercitato alcuna attività industriale.
Claudio Ernè
Messa in sicurezza delle aree attuata già sette anni fa
La Wooltech Europa srl aveva costruito e usato tra il 1994
e il 2002 nel terreno poi venduto alla Pacorini, una cisterna interrata in cui
confluivano i solventi di lavaggio della lana. L’operazione di sgrassaggio, caso
unico in Europa, veniva effettuata usando trielina commerciale. L’operazione
avveniva nel capannone e nell’adiacente piazzale: poi il solvente finiva nella
cisterna. La cisterna è stata prima svuotata e sigillata con una gettata di
calcestruzzo. Era il settembre del 2005 e l’operazione di messa in sicurezza
d’emergenza era stata attuata su decisione della proprietà (in foto Federico
Pacorini) nel momento in cui erano emersi livelli di rischio non accettabile per
i percorsi di inalazione di vapori di trielina. L’ultimo accertamento effettuato
nel 2011 dall’ingegner Giampietro Gavagnin ha stabilito che era stata rimossa in
maniera integrale la contaminazione.
Lite tra Enpa e Provincia sul cinghiale nascosto -
ANIMALISTI DAI CARABINIERI: E' SPARITA UNA GABBIA
Povero cinghialino. Si era perso sette mesi fa trovando
rifugio dell’ex area profughi tra la via delle Docce e la via delle Cave. Ora la
sua presenza è causa di polemiche tra Enpa e Provincia con denunce e parole
grosse. Il cinghiale nel frattempo è cresciuto (pesa 35 chili), è diventato la
mascotte degli abitanti delle case con vista sull’area degradata che gli portano
ogni giorno da mangiare. Esce di sera, si ciba, poi torna nelle sue dimore.
Della vicenda si sono occupati la Provincia e i volontari delle associazioni
animaliste, Enpa in testa. Obiettivo, catturarlo e riportarlo nel Carso. Perchè
può diventare un pericolo per l’incolumità delle persone. Solo che una soluzione
non si è mai trovata, denuncia l’Enpa, o almeno una che possa non danneggiare
l’animale. Proprio su questo ci sono stati attriti sfociati in una denuncia ai
carabinieri di via dell’Istria. Ai militari dell’Arma l’Enpa, tramite il suo
presidente Gianfranco Urso, ha denunciato il furto di una gabbia-trappola
realizzata dall’associazione e sistemata nella zona chiusa dell’ex campo
profughi per catturare e trasferire l’animale. La gabbia è rimasta lì una notte,
sparita il mattino seguente. Rubata da chi? «I nomi di eventuali sospettati si
fanno solo ai carabinieri - sottolinea Urso - ma non dobbiamo andare molto
lontano per capire di chi si tratta». Si tratta delle guardie forestali
provinciali. Urso non è tenero con la Provincia che, come ha confermato
l’assessore all’Ambiente Igor Dolenc, conosceva da tempo la situazione. «Più
volte abbiamo avvisato l’Ente che ha cercato di catturare il cinghiale senza mai
riuscirci. Addirittura le guardie forestali pensavano di ucciderlo, una cosa
questa che avrebbe portato a una sollevazione popolare. Dopo varie peripezie -
continua Urso - abbiamo deciso di fare da noi realizzando e posizionando questa
gabbia con l’assenso del Comune, proprietario dell’area, dell’impresa Mari che
deve eseguire dei lavori edili nell’area e dopo aver informato via e-mai la
Provincia». Dopo una notte la gabbia di circa 70 chili è scomparsa. «Sono state
le guardie forestali a sequestrare la gabbia - afferma Dolenc -. Poteva essere
stata realizzata da chiunque, non sapevamo che fosse stata preparata dall’Enpa.
Poteva trattarsi anche di bracconaggio. Una volta chiarita tutta la vicenda la
restituiremo subito». All’assessore provinciale però non è piaciuto il
comportamento dell’Enpa, denuncia inclusa. «La vicenda del cinghiale la
conosciamo bene - afferma Dolenc -. Siamo intervenuti più volte sul posto anche
su richiesta dei residenti. Lì vicino c’è un asilo e la presenza dell’animale
poteva creare problemi. A dicembre le guardie forestali con una gabbia avevano
catturato il cinghiale. Ma più tardi qualcuno lo ha liberato. Altre volte sono
state usate delle carabine ad aria compressa per narcotizzarlo e poi liberarlo
nel Carso. Mai è stata presa in considerazione l’idea di ucciderlo. Se l’Enpa
intendeva catturare e poi rilasciare il cinghiale poteva dircelo. Non avremmo
posto alcuna difficoltà. Purchè fosse rispettata la legge». Ora c’è una denuncia
per furto da parte dell’Enpa. La Provincia potrebbe rispondere con una per
bracconaggio. Il cinghiale intanto continua a gironzolare incurante di
animalisti e di amministratori.
Ferdinando Viola
Bilancio: nel 2010 abbattuti 549 esemplari
I cinghiali sul Carso triestino sono circa 1300, 2709
quelli che popolano l'intera regione. Nel 2001 nella provincia triestina ne
erano stati censiti 500. Nel 2010 ne sono stati abbattuti 549: 449 dai
cacciatori e 100 in deroga dai guardiacaccia. Altri 35 sono rimasti vittime di
incidenti stradali. Per la Provincia non si tratta di sterminare questi animali,
«l'esigenza è quella di ritrovare un equilibrio». L'Ente prevede un monitoraggio
costante che definisca fertilità, mobilità e entità dei danni causati dagli
animali. Della vicenda del cinghiale dell’ex campo profughi se ne sta occupando
anche la presidente dell’associazione Il Capofonte, Grazia Beinat.
Delfino avvistato nel golfo saltava davanti alla diga
Rizzo - DELLA STESSA SPECIE DI ELIZABETH
L’hanno avvistato gli uomini della Squadra nautica della
questura davanti alla diga Rizzo, mentre si esibiva in una serie di salti
acrobatici dentro e fuori dall’acqua. Era un delfino, probabilmente della specie
comune, la stessa a cui appartiene la “star” Elizabeth, l’esemplare che da oltre
un anno vive nella baia di Panzano. E se l’animale intercettato ieri pomeriggio
fosse proprio Elizabeth? Possibile, spiegano i biologi della Riserva marina del
Wwf, ora a caccia di elementi che consentano di svelare l’arcano. Per riuscirci
gli esperti di Miramare hanno subito allertato la Capitaneria di porto e fatto
partire una sorta di tam tam via Facebook. Chiunque, da terra o in mare,
avvistasse il delfino notato ieri alla diga Rizzo, è invitato a girare video,
scattare fotografie e memorizzare qualsiasi dettaglio possa poi permettere una
sorta di riconoscimento dell’animale. Qualsiasi dettaglio, ricordano i biologi,
può rivelarsi prezioso e aiutare a stabilire età, sesso e altre caratteristiche
particolari dell’inatteso, ma graditissimo, ospite.
Green economy Aziende a confronto
“Sostenere il pensiero sostenibile: Università e mondo del
lavoro per costruire la green economy”. È il tema scelto per l’edizione 2012 di
“GoGreen”, l’evento in programma oggi nell’aula 3B dell’edificio H3 di piazzale
Europa. I lavori, che inizieranno alle 9.30, prevedono in mattinata un convegno
sullo sviluppo della green economy e nel pomeriggio un workshop interattivo
dedicato a studenti e neolaureati degli atenei di Trieste e Udine. Il convegno,
in particolare, ruoterà attorno al tema della sostenibilità ambientale come
elemento centrale della politica economica delle aziende, e dei manager della
prossima generazione. Saranno raccontate le esperienze di realtà come Illycaffè
e Siot, che hanno fatto della sostenibilità ambientale non solo un elemento di
immagine, ma un concreto impegno a vantaggio del territorio e dello sviluppo
economico.
Il premio Scabiosa Trenta al film sloveno “Sfinga” -
ALPI GIULIE CINEMA
Al Caffè San Marco in via Battisti 18, è in programma
oggi, alle 20.30, la terza e ultima giornata di “Alpi Giulie Cinema” organizzata
dall’Associazione Monte Analogo. Verranno proiettati i due filmati provenienti
da Friuli Venezia Giulia e Slovenia, premiati dalla giuria, formata da
autorevoli operatori della comunicazione, cultura ed esperti della montagna. Il
premio la “Scabiosa Trenta”, dal nome del fiore leggendario cercato da Julius
Kugy, è stato vinto dal film “Sfinga” regia di Vojko Anzeljc & Gregor Kresal. Il
premio “Luigi Medeot” è andato al film “Rosandra, principessa della valle” regia
di Giorgio Gregorio. La giuria, formata da Walter Slatich, fotografo
ricercatore, Gianpaolo Penco, regista, Giorgio Godina, alpinista, ha rilevato
come quest’edizione della rassegna sia stata ricca di opere meritevoli. In lizza
anche due filmati a costo zero, interessanti per la passione e la tenacia che
trasmettono: “Il Lucano di Legno” di Marco Arnez e “Via di Mezzo” di Andrea
Padoan. Nel film vincitore “Sfinga”, tanta roccia impervia e rocciatori che
sfidano le pareti. Una montagna impegnativa, una sfida, ma vicino casa. Il film
è bello in tutte le sue componenti, a partire dalla sceneggiatura innovativa e
dalla fotografia eccellente, all’uso di tecniche cinematografiche differenti. Ma
a catturare maggiormente l’attenzione e l’ammirazione dei giurati è stato il
confronto tra diverse generazioni di alpinisti, che diventa la storia di una
delle più affascinanti pareti delle Alpi slovene, e rappresenta lo spirito di un
paese dove la montagna è simbolo di solidarietà e mutualità, ed è presente nella
bandiera nazionale. Il montaggio parallelo tra 2 epoche della storia
dell’alpinismo è godibile, raccontato con qualche momento fantastico, una
leggera vena di umorismo e fantasia, e sorpresa finale. Il premio “Luigi Medeot”
al miglior soggetto è andato a “Rosandra, principessa della valle”, che fonde in
una prospettiva cinematografica natura, storia e cultura. Eccezionali immagini
della natura ripresa nel suo continuo mutare, a seconda delle condizioni
atmosferiche e delle stagioni. Il regista, con inesauribile pazienza permette
allo spettatore di conoscere da vicino la vita, che si nasconde in un territorio
raro, piccolo ma ricchissimo di particolarità, popolato da piccoli e grandi
animali, un luogo contiguo alla città, ma forse proprio per questo non
sufficientemente apprezzato.
CamminaTrieste compie 20 anni - MOVIMENTO PER LA DIFESA
DEI PEDONI - Mostre e nuovi progetti con le scuole per festeggiare
l’anniversario
Sensibilizzare i triestini a un più frequente utilizzo dei mezzi pubblici. Promuovere percorsi nascosti del centro di Trieste “da compiere a piedi”. Stimolare gli studenti delle scuole superiori e dell'università alla mobilità sostenibile e, infine, distribuire un vademecum sull’educazione pedonale. Sono questi i progetti per il 2012 dell'associazione Coped CamminaTrieste, che aderisce a Camminacittà, per festeggiare i 20 anni di attività. «Celebrare una data così importante - ha spiegato ieri Sergio Tremul, storico fondatore dell'associazione di difesa dei pedoni - significa stilare un bilancio, che nel nostro caso è senz'altro positivo, ma anche e soprattutto guardare al futuro. Abbiamo un importante obiettivo da centrare, che riguarda il piano del traffico per la cui definizione cercheremo di dare il nostro contributo al Comune. Ma vogliamo anche continuare a dedicarci alla gente». Nel corso dell'appuntamento sono stati ricordati i tragici numeri che esprimono in maniera chiara la gravità della situazione sulle strade italiane: 200mila persone travolte negli ultimi dieci anni, due pedoni morti al giorno, per un totale di circa 8mila deceduti dal 1999 a oggi, uno su tre travolto sulle strisce pedonali. Elena Marchigiani, assessore ai Lavori pubblici e al Traffico, nell’occasione ha ricordato che è fondamentale «utilizzare i mezzi pubblici, andare a piedi per quanto possibile, rinunciare all'automobile. Sono questi i presupposti indispensabili - ha sottolineato - per una corretta crescita urbanistica della città. La giunta può realizzare il miglior piano del traffico possibile, ma se non c'è la convinta collaborazione della gente, non si potranno ottenere risultati». Entrando nel dettaglio, Tremul ha annunciato che «il prossimo 19 marzo il Coped CamminaTrieste organizzerà una passeggiata, da piazza dell'Unita d'Italia al Museo ferroviario di Campo Marzio, per sottolineare la necessità di salvare tale struttura». L’associazione sosterrà anche i progetti per il prolungamento della linea 10 sulle Rive e della linea 5 fino alla parte alta di via Moreri, nel rione di Roiano. All'incontro celebrativo hanno partecipato anche il consigliere comunale Giovanni Barbo, in qualità di esperto di cinema, che ha citato alcuni film «che esprimono l’attenzione per le città e l’urbanistica» e gli artisti e scrittori Carlo Genzo ed Enrico Franzil. Entrambi hanno letto poesie dedicate a Trieste. A conclusione dell'appuntamento, Tremul ha evidenziato anche «l'intensa collaborazione con le scuole, che oramai è attiva e proficua da almeno dieci anni». Prossimamente CamminaTrieste celebrerà i 20 anni di attività con una mostra dedicata agli eventi più importanti accaduto in questo lungo lasso di tempo.
Ugo Salvini
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 29 febbraio 2012
Rigassificatore, Muggia al Tar Comune escluso dalla
Conferenza
Il sindaco aveva chiesto alla Regione di partecipare all’esame dello studio definitivo dell’impianto presentato da Gas Natural. Per Tondo non compete al Municipio il rilascio di autorizzazioni sul piano -
MUGGIA La Regione nega al Comune di Muggia la possibilità
di prendere parte alla Conferenza di Servizi per discutere del rigassificatore.
Il Comune di Muggia che fa? Decide di difendere i propri diritti e presenta
ricorso al Tar. Inaspettato colpo di scena nella sempre più intricata vicenda
legata al futuro dell'impianto di rigassificazione Gnl Zaule-Trieste. Alla
vigilia dell'incontro pubblico previsto quest'oggi a Muggia (Teatro comunale,
inizio alle 18) il progetto promosso dalla Gas Natural ha visto una netta
frattura tra l'amministrazione Tondo e la giunta Nesladek. La vicenda risale al
primo dicembre scorso. Indirizzata alla Regione–Direzione centrale Ambiente,
Energia e Politiche per la montagna, Servizio Energia, il sindaco del Comune di
Muggia Nerio Nesladek ha chiesto espressamente di poter partecipare alla
Conferenza di servizi indetta dalla Regione per l’esame del progetto definitivo
dell’impianto di rigassificazione di Zaule, presentato dalla società Gas Natural
Rigassificazione Italia spa. La Regione però ha rifiutato la richiesta sul
presupposto che il Comune, non risultando competente al rilascio di alcuna
autorizzazione e/o atto di assenso comunque denominato in relazione al progetto
presentato, «non avesse alcun titolo alla partecipazione al procedimento in
questione». L’amministrazione comunale, ritenendo illegittimo il diniego della
Regione, ha quindi deciso di impugnare tale atto dinanzi al Tar competente,
affidando la rappresentanza e la difesa in giudizio all'avvocato Francesco Longo
di Pordenone, già incaricato dall’Amministrazione per la proposizione del
ricorso, pendente dal 2010 dinanzi al Tar del Lazio, per l’annullamento del
decreto di compatibilità ambientale del Ministro dell’Ambiente relativo al
progetto della Gas Natural. Con il ricorso notificato in questi giorni, il
Comune ha dunque chiesto l’annullamento dell’atto di diniego della Regione,
ritenuto “illegittimo in quanto assunto in violazione dei fondamentali principi
di sussidiarietà e di leale collaborazione tra enti equiordinati, aventi pari
dignità istituzionale in seguito alla modifica del titolo V della Costituzione”.
Insomma: in questo caso, la Regione conta quanto il Comune di Muggia. Secondo
una nota inviata dall'amministrazione Nesladek “la partecipazione del Comune di
Muggia ai lavori della Conferenza di Servizi indetta dalla Regione appare, oltre
che doverosa, anche opportuna, al fine di assicurare la tutela del territorio,
della salute dei cittadini di Muggia e del più vasto contesto ambientale della
Baia di Muggia”. Intanto cresce l'attesa per l'incontro pubblico che si svolgerà
alle 18 di oggi, al Teatro comunale muggesano Giuseppe Verdi di via San Giovanni
4. La riunione, aperta al pubblico e promossa dall'amministrazione Nesladek,
vedrà la partecipazione del Tavolo tecnico rigassificatori Trieste composto da
esperti, italiani e sloveni che avranno modo di esporre, argomentare ed ampliare
ulteriori punti critici rilevati dall'analisi della documentazione del progetto
di Gas Natural.
Riccardo Tosques
Oggi l’incontro al Teatro Verdi con esperti italiani e sloveni
E del rigassificatore se ne parlerà oggi pomeriggio alle
18 al teatro Comunale “Giuseppe Verdi” di Muggia durante un incontro promosso
per discutere sul controverso progetto. L’argomento specifico dell’incontro
è:“Disamina dei rischi antropici industriali per i rigassificatori Trieste.
Esperti italiani e sloveni, che compongono il Tavolo tecnico rigassificatori
Trieste, esporranno e argomenteranno gli ulteriori punti critici rilevati
dall'analisi della documentazione del progetto di Gas Natural per il "Terminale
di ricezione e rigassificazione GNL Zaule-TS". Seguirà poi un dibattito aperto a
quanti vogliono intervenire. Gli esperti risponderanno a tutte le domande e alle
sollecitudini dei presenti sui rischi e sulle eventuali convenienze del
progetto.
Solo i friulani vogliono dire sì al rigassificatore -
L’INTERVENTO DI ARNALDO SCROCCO (Comitato per la salvaguardia del Golfo di
Trieste)
La scelta nelle acque di Trieste è un segno del
rapporto di subalternità imposto dalla costituzione di una Regione in cui altri
sono i vincitori
Il consigliere comunale di Trieste Fabio Petrossi ha replicato con
“responsabilità“ al vicepresidente della Regione Luca Ciriani che nei suoi acidi
commenti contro “gli irresponsabili“ triestini del Consiglio comunale, hanno
affossato il rigassificatore di Zaule. Tutte le puntualizzazioni espresse da
Petrossi, oltre ad essere esatte nella sostanza, hanno anche il merito di non
frammischiare le ragioni della “rivolta giuliana“ contro coloro che, sia con
motivazioni politiche che per stimoli squisitamente economici vorrebbero
vendersi al soldo straniero, trascurando una ineludibile analisi tecnica,
sociale, ambientale; trascurando, soprattutto, le note colpevoli su ciò che un
rigassificatore di quelle dimensioni può provocare sul territorio, sul suo mare,
ma soprattutto sulla salute e sull’incolumità dei cittadini. Passo in rapida
rassegna le critiche di Petrossi e di ciò che egli giustamente afferma. Per
ragioni di brevità delle cose che egli dice, mi limiterò a riprendere i titoli
da lui percorsi: 1) progetti senza firme; 2) il raffreddamento del mare; 3) non
si nomina la potenza della bora; 4) sulla profondità il progetto prende a misura
la media del mare Adriatico anziché quella di Trieste; 5) dimentica, il Petrossi,
la lentezza della circolazione dell’acqua nel nostro Golfo (è tutt’altra cosa
l’Adriatico sulle coste aperte che procurano maggiore velocità ); 6) eventuali
danni da deflagrazione dei depositi; 7) tutti i possibili danni conseguenti a
errori umani; danni ecologici eguali a quelli che si stanno riscontrando sul
rigassificatore (nuovo) di Porto Viro; 8) la regalia (questa sì irresponsabile
), che verrebbe fatta al gestore del rigassificatore anche se non sfruttasse la
totale potenzialità dell’impianto. E chi pagherebbe? I triestini! Dopo questa
precisazione, sempre per titoli, aggiungo al punto 9): sul nostro mare e
relativo territorio non è stata esperita alcuna seria ricerca per trovare un
sito compatibile; 10) i triestini non sono stati mai informati sullo stato
dell’arte connesso all’iter sul rigassificatore. Qualcuno ne dovrebbe rispondere
e non soltanto sul piano morale, poiché l’Italia ha accettato impegni, e li ha
sottoscritti, ma le regole applicate per l’ottenimento del nulla-osta, non sono
quelle stabilite dal diritto europeo. Qui, contrariamente all’invocata
responsabilità contro i consiglieri triestini, i “furlani“, si comportano da
padroni in casa d’altri; per cui è logico chiedersi: chi sono i veri
irresponsabili? Basta! I “capoccioni“ déstino le meningi e si chiedano se la
tutela dovuta ai triestini sia o meno un obbligo sociale e politico di cui i
“furlani “ devono farsi carico. In tal caso basterebbe che leggessero il
contesto dispositivo delle leggi, in specie quelle più specifiche e di maggior
tutela: Aarhus e Seveso. Attraverso la conoscenza, forse capirebbero che gli
interessi degli industrialotti post-agricoltori seguono e non precedono quelli
della civiltà giuliana. La costituzione della regione Friuli Venezia Giulia è
stato soltanto un colpo gobbo che ci è stato inferto in nome di una politica
subalterna alla forza dei vincitori che ha fatto prevalere una politica
localistica castale di cui Trieste non aveva alcun bisogno.
Bonifiche, sito “regionale” per snellire le pratiche
Ezit e Confindustria avanzeranno la richiesta
nell’incontro di sabato in Prefettura Razeto: con Clini finalmente arriva la
concretezza dopo anni di stallo totale
AREA INQUINATA»DOPO LE PAROLE DEL MINISTRO
il nuovo percorso Zollia (foto): importante ridefinire i perimetri e restituire
i terreni utilizzabili. La strada della lucidità è un bel passo avanti
iter in corso L’Ente zona industriale (nella foto il presidente Bruni) sta
provvedendo ai passaggi per completare la caratterizzazione
Il buon senso e le buone notizie, questo secondo tutti ha portato a Trieste
il ministro dell’Ambiente Corrado Clini. Specie quando ha spiegato il “via
libera” alle industrie affinché, senza più imposizione di bonifica, riprendano
possesso del Sito inquinato nazionale, l’incubo di Trieste da oltre 10 anni. È
l’effetto del decreto Monti sulle “Semplificazioni”, che peraltro apre la strada
soprattutto ad “aree dismesse”: se inquinate e abbandonate sono in pericolo di
maggiore degrado. L’Ezit è già occupata da piccole industrie, ma non importa. In
ogni caso sabato, quando Clini torna a Trieste per un incontro più tecnico in
Prefettura con le amministrazioni, l’Ezit e anche l’Associazione industriali,
troverà una proposta ad accoglierlo: «Vogliamo chiedere che il sito inquinato
diventi “regionale”, non più “nazionale”, un Sir e non un Sin» dice Sergio
Razeto, presidente di Confindustria, aggiungendo: «Nel ministro ho trovato un
parlare semplice e concreto. Che stupore: finalmente. Pensare che questo sito fu
disegnato da mano politica, e con perimetri grandi sperando che arrivassero più
soldi... Così di fatto si è bloccata una enorme area per anni». Passare da “Sin”
a “Sir”, uscire dalla griglia ministeriale per restare in quella locale, è anche
l’intento di Dario Bruni, presidente dell’Ezit che per la Regione, che ha
destinato 15 milioni tra fondi statali, comunitari e della Camera di commercio
per il sito triestino, sta provvedendo alle pratiche per completare l’analisi
dei terreni, comunque necessaria. Anche quest’azione fin qui impedita dai rigidi
“diktat” del precedente governo. «Io non so se esistano i “Sir”, e cosa voglia
dire - commenta Vittorio Zollia, assessore provinciale all’Ambiente che per il
terribile “Sin” ha fatto infinita spola con Roma, inutilmente -, ciò che conta è
confermare la nuova strada di concretezza e lucidità: analizzare, rifare i
perimetri, restituire i terreni usabili e mettere in sicurezza le aree
inquinate. Un bel passo avanti, davvero». Ma anche se Clini con una
sollecitudine qui mai vista torna per due volte in una settimana a Trieste dopo
la visita all’Area di ricerca, l’audizione in Consiglio comunale e l’apertura
dell’anno universitario, non per questo l’area Ezit sarà un fiore che sboccia
domani. Il progetto per la caratterizzazione sarà presentato in Regione ad
aprile, ci vorrà un anno per gara e lavori. Clini intende sollecitare l’Arpa,
cui spettano le analisi, a procedimenti più veloci, ma il direttore
tecnico-scientifico dell’Arpa stessa, Giorgio Mattassi, avverte: «L’impostazione
del ministro è corretta, i siti inquinati industriali basta metterli in
sicurezza, salvo che non vi siano rifiuti evidenti da portare in discarica. Ma
ci vorranno due anni per avere gli esiti delle analisi sui terreni Ezit». «La
Regione - ribatte Bruni - dà le priorità all’Arpa, renda prioritario il sito
triestino. Inoltre chiederemo al ministro, che dimostra tanta ragionevolezza,
una Conferenza dei servizi (l’ultima risale al 2009) per “liberare” i circa 40
mila metri quadrati già risultati puliti. Finalmente si è preso atto che questa
è “zona industriale”, ma non ci si deve più chiedere di contenere le acque di
falda, dove si sono trovati solo ferro e manganese tipici del terreno: si
versano in un mare che è ancora più inquinato, abbiamo i piezometri che lo
misurano». «Pensavo fra me e me: cambia una persona, e guarda come tutto cambia.
E noi fermi per anni su un Sito inquinato mentre si sarebbe potuto essere
operativi. È sconvolgente». Il pensiero della presidente della Provincia, Maria
Teresa Bassa Poropat, si materializza all’indomani dell’incontro con Clini:
«L’area Ezit è vitale per lo sviluppo di Trieste, senza la bonifica si riapre la
strada. Abbiamo perso 10 anni, solo adesso arrivano idee efficienti, efficaci,
competenti». Poropat sogna che altrettanta improvvisa velocità arrivi per lo
spostamento del Punto franco dal Porto vecchio («chi sa mai? Forse più fattibile
oggi rispetto a ieri»). D’altro canto, come il sindaco, ride amaro sui passati
disegni dell’area, più speculativi che ambientali: «Più area inquinata per avere
più soldi? Ci si è fregati con le proprie mani».
Gabriella Ziani
Il sindaco: si inizia a districare la matassa
«Che ingenuità, possiamo dire a posteriori, farsi
allargare il Sito inquinato (in foto il Canale navigabile) sperando di avere più
soldi dal governo» esclama il sindaco Roberto Cosolini dopo aver sentito il
ministro all’Ambiente del governo Monti dichiarare una simile cosa in pubblico.
Una rivelazione, quella di Corrado Clini, che è risuonata come una censura nei
confronti degli amministratori triestini del tempo. «Dovrebbe arrossire chi ha
fatto un tanto - prosegue Cosolini -, ma ci sono persone che non lo fanno mai».
Reduce dall’aver invitato Clini in Consiglio comunale, di fronte anche a
categorie economiche e Provincia, il sindaco ne sottolinea il veloce ritorno in
città per due volte in una settimana: «Le situazioni sono complesse, ma si
comincia a districarle, mentre finora ci si è baloccati coi problemi».
Anche per il mare operazioni più “leggere” - E non
serve realizzare la barriera tra terra e acqua: era l’opera più costosa tra
quelle imposte dal Sin
Su 18 milioni di metri quadrati, tanti ne misura il Sito inquinato “nazionale” di Trieste, ben 12 milioni stanno a mare. Ora si sblocca la situazione per i terreni, e il resto? Anche qui ci sono importanti novità. Le spiega Giorgio Mattassi, direttore tecnico-scientifico dell’Arpa. In buona sostanza, neanche il mare (in zona porto) è più da bonificare. Ha subìto un’altra procedura, è stato “tipizzato”. È diventato area di “pressione ambientale”. Insomma anche questa è zona industriale, tale il porto è. E quindi tollerabilmente e inevitabilmente più sporca delle zone balneabili. «Fuori dal porto - prosegue il direttore scientifico dell’Arpa - l’acqua è stata trovata in buono stato di qualità, a eccezione delle zone balneabili di Muggia e all’inizio di Barcola in prossimità del Porto vecchio. Su entrambe stiamo facendo la classificazione di stato ecologico e chimico, analisi che devono durare 12 mesi consecutivi, ce ne mancano ancora alcuni. Importante è misurare adesso il “funzionamento ecologico” del porto, e cioé la sua capacità di autodepurarsi per non mandare fuori della propria area acque inquinate: è quello che stiamo per fare». E come si sa il ministro Clini, prima di occuparsi di università e Siti inquinati, nonché di rigassificatore, a Trieste era venuto non solo per l’Area di ricerca, ma anche per il porto, nell’ottica di una qualificazione “green”. Ultima buona notizia: sparita la paura dello sporco, non serve più fare il barrieramento a mare per separare terra inquinata e acque. Era l’opera più costosa tra quelle imposte dal Sin, e quella più osteggiata a Trieste dopo l’imposizione lineare del “danno ambientale”.
(g. z.)
GREEN STYLE.it - MARTEDI', 28 febbraio 2012
Incentivi fotovoltaico: aggiornate le tariffe del Primo
Conto Energia
Sono state aggiornate le tariffe incentivanti sul
fotovoltaico riferite al Primo Conto Energia, ovvero ad impianti allacciati
entro il 15 febbraio 2006. La norma prevede che in questo caso i finanziamenti
vengano commisurati all’inflazione/aumento del costo della vita. Si tratta
quindi di un normale aggiornamento su base dati Istat. Come leggiamo dal sito
del GSE:
Per l’anno 2012, la tariffa base aggiornata (al netto della eventuale riduzione
del 30% per il riconoscimento di detrazioni fiscali) sarà pari a 0,5091 Euro/kWh
per lo scambio sul posto e a 0,5262 Euro/kWh per la cessione in rete.
Va notato che i dati fanno riferimento alla variazione dei prezzi “al consumo
per le famiglie di operai ed impiegati” per il 2011, anno in cui la crisi a
portato una bella impennata dei costi della vita. Infine, il GSE ricorda come
anche per quest’anno:
L’aggiornamento delle tariffe secondo l’indice ISTAT non è previsto per gli
impianti che abbiano usufruito della maggiorazione del 10% relativa
all’integrazione architettonica.
Se avete, quindi, un impianto fotovoltaico per cui sono stati approvati i
benefici del Primo Conto Energia, aspettatevi una rincaro degli incentivi
statali sul vostro conto.
Guido Grassadonio
IL PICCOLO - MARTEDI', 28 febbraio 2012
Clini sul Sin: «Le bonifiche non sono necessarie»
Il ministro dell’Ambiente: «Sufficiente la messa in
sicurezza del Sito inquinato se reindustrializzato». Sul rigassificatore:
«Compatibilità con il porto da chiarire»
Accelerare sulla questione Sin, arrivando alla veloce conclusione del
capitolo caratterizzazioni e alla riperimetrazione dell’area. Posto che
«applicando le disposizioni previste dal decreto legge sulla semplificazione,
nei siti di interesse nazionale per i quali vi siano interessi e progetti di
reindustrializzazione, non è necessaria la bonifica, ma è sufficiente la loro
messa in sicurezza». Parole del ministro dell’Ambiente Corrado Clini, ieri in
missione a Trieste, dove ha fatto il punto anche sulla necessità di nuove
valutazioni su altri due temi particolarmente caldi per il territorio:
rigassificatore e Ferriera. Concetti anticipati prima in prefettura - tra gli
incontri con il prefetto Alessandro Giacchetti, la presidente della Provincia
Maria Teresa Bassa Poropat scortata dall’assessore Vittorio Zollia e infine con
il vicepresidente della Regione Luca Ciriani - e ribaditi poi in Consiglio
comunale davanti ai vertici del Municipio e alle categorie economiche. Proprio
quello del Sin è stato definito il tema «numero uno» anche dal sindaco Roberto
Cosolini. Clini ha sottolineato l’«anomalia della perimetrazione del Sito di
interesse nazionale di Trieste, individuata all’epoca nella maniera più ampia
possibile forse per avere poi più soldi pubblici e a prescindere dai suoi usi
successivi. La realtà si è però rivelata diversa: poche risorse e molti vincoli.
Un sito industriale dismesso è pericoloso se non è gestito». Sulla ridefinizione
dei confini del Sito inquinato il ministro si è quindi impegnato a lavorare per
un’«accelerazione del completamento delle caratterizzazioni, che dev’essere
collegato alla riperimetrazione, al fine di liberare una grande area da vincoli
che non sono motivati da ragioni ambientali». Per arrivare a una chiusura del
cerchio il più rapida possibile Clini ha chiesto alla Regione di garantire
massima velocità d’azione da parte dell’Arpa. Nel contempo, ha fissato subito un
incontro fra istituzioni (con Regione, Comune, Provincia, Autorità portuale ed
Ezit) in cui definire la road map «che porti all’obiettivo»: appuntamento per
sabato, il 3 marzo, alle 11 in prefettura. Non solo Sin all’attenzione
dell’esponente del governo Monti nel suo lunedì triestino. Altro punto delicato
all’ordine del giorno: il progetto del rigassificatore di Zaule. «Ho ben chiara
la presa di posizione del Consiglio comunale di Trieste (che si è espresso di
nuovo per il “no” al progetto, ndr), così come chiari sono la procedura di Via e
il parere della Slovenia». Premesso questo, Clini ha ribadito sull’impianto:
«Credo possa essere gestito in sicurezza con le prescrizioni del caso».
All’apparenza una sorta di “avanti tutta”, mitigato dalla considerazione
successiva. Che se non ha il sapore di una frenata vera e propria, perlomeno
invita alla prudenza e a nuovi approfondimenti: «Non c’è dubbio che l’Italia
abbia bisogno di diversificare le proprie fonti di approvvigionamento
energetico. Ma tutto ciò deve avvenire in condizioni compatibili con gli altri
usi del territorio». Un terminale di rigassificazione, infatti, «comporta dei
vincoli per il territorio circostante e per la movimentazione dei traffici del
porto. Mi auguro di riaprire un dialogo su questo tema, in merito al quale la
valutazione è ancora incompleta». Clini ha citato anche il progetto «del
rigassificatore off-shore», ribadendo come l’intero discorso debba essere
analizzato riferendosi «non solamente all’Italia ma pure ai porti sloveni e
croati, come ho già detto al commissario europeo per l’Ambiente Potocnik». Non è
mancato inoltre un messaggio di ulteriore chiarezza sull’iter burocratico: «La
valutazione d’impatto ambientale non è l’autorizzazione al progetto». Dati
economici e ambientali vanno intrecciati, secondo Clini, sul nodo Ferriera: «Le
questioni ambientali si risolvono, con l’impiego di soluzioni compatibili. In
questo caso, bisogna capire se i costi di tali soluzioni siano competitivi o
meno per ciò che viene prodotto». In vista della riconversione dell’area di
Servola dove sorge lo stabilimento siderurgico, destinata a divenire sede di
«altre attività produttive», il ministro ha tracciato l’ipotesi di un
«incubatore dell’innovazione», capace di sfruttare tecnologia e ricerca al
servizio delle imprese. «Una prospettiva - ha concluso - condivisa con il
ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera, e secondo cui Trieste è uno
dei luoghi in cui affrontare l’uscita dalla crisi attraverso degli investimenti
in una prospettiva di sviluppo». A Clini è giunta inoltre la richiesta di
Cosolini di farsi portavoce proprio con il ministro Passera della necessità di
una politica dei trasporti e collegamenti che possa garantire «qualcosa in più»
a Trieste.
Matteo Unterweger
Rigassificatore, un dibattito con esperti italiani e sloveni - DOMANI SERA al teatro Verdi di Muggia
MUGGIA Tenere la guardia alta sul rigassificatore, sempre. E con questo spirito che domani alle 18, al Teatro comunale muggesano “Giuseppe Verdi” di via San Giovanni 4, si svolgerà l’incontro partecipato “Società Gas Natural-progetto di un rigassificatore nel Golfo di Trieste”. La riunione aperta al pubblico e promossa dall'amministrazione Nesladek, vedrà la partecipazione del Tavolo tecnico Rigassificatori Trieste composto da esperti, italiani e sloveni che avranno modo di esporre, argomentare ed ampliare ulteriori punti critici rilevati dall'analisi della documentazione facente parte il progetto di Gas Natural per il "Terminale di ricezione e rigassificazione Gnl Zaule- Trieste". In quest'occasione gli studiosi si apriranno al dibattito, rispondendo alle domande ed alle sollecitazioni della cittadinanza, nonché delle istituzioni che gradiranno intervenire. L'incontro vedrà trai suoi protagonisti il segretario regionale della Uil Vigili del fuoco e coordinatore del tavolo tecnico sul rigassificatore di Trieste Adriano Bevilacqua. Diverse associazioni ambientaliste, schieratasi da sempre contro il rigassificatore e in favore della salute dei cittadini e della tutela dell'ambiente, hanno annunciato la propria presenza.
Southstream, il gas russo in Slovenia -
il percorso
Incontri a Lubiana del presidente di Gazprom Miller.
L’opera partirà nel dicembre 2012. Ma le tariffe aumentano
TRIESTE Southstream: pronti via. Il lungo serpentone del gasdotto che
collegherà la Russia all’Europa, senza passare per l’Ucraina, sta prendendo
forma. Ieri il presidente del consiglio di amministrazione di Gazprom, Aleksej
Miller si è incontrato a Lubiana con il presidente della Repubblica di Slovenia,
Danilo Türk, il premier Janez Janša e con Marjan Eberlinec, presidente di
Plinovodi, la società che assieme a Gazprom gestirà il gasdotto nel suo tratto
sloveno. Al termine dei colloqui bocche cucite ma che si sia arrivati alla fase
operativa lo dimostra la firma di un annesso all’accordo di gestione tra
Plinovodi e Gazprom che rappresenta il punto di partenza della società mista
sloveno-russa che ne scaturirà e che sarà ufficialmente costituita il prossimo
mese di marzo. Prosegue intanto il lavoro delle due società, frutto dell’accordo
intergovernativo tra Slovenia e Russia sottoscritto l’anno scorso a Brdo pri
Kranju in occasione della visita del premier Vladimir Putin, sul tracciato
sloveno del gasdotto, che rimane, peraltro, ancora segreto. Il presidente di
Plinovodi, al termine dell’incontro con Miller, ha confermato che il progetto
Southstream è finalmente entrato nella sua fase operativa delineando, con la sua
nascita, una nuova geografia di approvvigionamento per l’Europa, con maggiore
sicurezza e un’accentuata concorrenzialità. L’orso russo dunque non si ferma e
non ascolta le Cassandre dell’Unione europea (impegnata nella costruzione del
concorrente gasdotto Nabucco) e degli Stati Uniti che proprio di recente a Kiev
per bocca del segretario di Stato per l’Eurasia, Richard Morningstar hanno
affermato che «solo Gazprom sa il vero scopo della costruzione di questo
gasdotto». Dimenticando che nel progetto Southstream sono impegnate anche l’Eni
(20%), la holding tedesca Wintershall (15%) e la Edf francese (15%). La
costruzione del gasdotto Southstream (valore complessivo del progetto stimato a
20 miliardi di euro), che passerà, nella sua tratta di circa 3.000 chilometri,
anche per il territorio sloveno, inizierà a dicembre 2012. Si prevede che dalla
conclusione dei lavori (presumibilmente fine 2015), passeranno per il territorio
sloveno annualmente fino a 8 miliardi di metri cubi di gas, tra cui -
principalmente - quelli destinati all'Italia. Complessivamente Southstream avrà
una capacità di 63 miliardi di metri cubi di gas e i lavori inizieranno nel
dicembre di quest’anno, in anticipo rispetto al pianificato 2013. Del resto la
Southstream project presentation parla chiaro. Dal 2020, si legge, i consumi di
gas degli Stati europei supereranno i 700 miliardi di metri cubi. I Paesi membri
dell’Ue però, secondo i russi, subiranno un calo della produzione interna con
picchi del 50%. La conclusione è abbastanza semplice. L’Europa necessita, per
Gazprom, di extravolumi di gas importato, come di assicurarsi nuove
infrastrutture per garantirsi l’accesso alle risorse di gas nei Paesi vicini e
per provvedere al trasporto. E Gazprom, è ovvio, è lì per fornirglieli, grazie a
una produzione record che, stando agli ultimi dati disponibili, è salita a 1,7
miliardi di metri cubi al giorno. Le stime per il 2012 poi sono da brivido. In
una nota riservata agli investitori datata 10 febbraio 2012 Gazprom prevede di
aumentare le esportazioni verso l’Europa dagli attuali 150 a 154 miliardi di
metri cubi e, già che c’è, aumenterà anche i prezzi a 314,7 euro per mille metri
cubi, pari a un +3,2%. Per Southstream accordi intergovernativi sono già stati
firmati con Bulgaria, Ungheria, Grecia, Serbia, Slovenia e Croazia. Tre joint
project company sono state avviate in Serbia, Ungheria e Grecia per il tratto
off-shore del gasdotto che sarà realizzato da Eni, Edf e Wintershall.
Mauro Manzin
Domani pure i No Tav “aspettano” Moretti
E ieri sera intanto anche in piazza Unità si è svolto
un presidio per l’attivista folgorato in Val di Susa
L’alta velocità ferroviaria? È fumo negli occhi, specie da queste parti,
dato che «il vero problema di Trieste è che qui i treni proprio non
arrivano...». Ieri sera - come altri 50 e più centri cittadini d’Italia - anche
piazza Unità, sotto la Prefettura, in quanto simbolo dell’interfaccia locale
dello Stato, è diventata teatro di un presidio No Tav (di un’ottantina di unità)
di solidarietà nei confronti di Luca Abbà, l’attivista rimasto folgorato sul
traliccio dell’alta tensione mentre protestava contro i primi espropri in Val di
Susa. Con una differenza, una tipicità tutta triestina. Il sit-in si è
trasformato infatti pure in una riunione preparatoria del movimento antagonista,
identificabile qui nel nome di Occupy Trieste, in vista dell’annunciata venuta
in città - prevista per domani - di Mauro Moretti, l’amministratore delegato
delle Ferrovie, invitato da Roberto Cosolini per discutere per l’appunto di un
possibile rilancio di Trieste nei “pensieri” del gruppo Fs. «Chiederemo a
Moretti», «gli diremo», «gli faremo presente»: questo si sentiva, tra i
manifestanti. Segno che loro, voglia o non voglia l’ad delle Ferrovie,
punteranno a farsi sentire. Come? Con un nuovo presidio, è presumibile, ai piedi
del Municipio, domani, fatto apposta per aspettare l’arrivo di Moretti. «Lui
(Moretti, ndr) dovrebbe parlare alla stazione ferroviaria, davanti ai
pendolari», osserva tra i suoi un esponente di punta dell’antagonismo sociale
nostrano. «Dovrebbe spiegare - aggiunge, chiamando ancora in causa il
supermanager delle Ferrovie - come mai hanno tolto le panchine dalla stazione,
che è a sua volta un porto, dove le persone vanno e vengono. Con i ritardi che
hanno i treni, poi, è singolare che chi è costretto ad aspettarli non possa
nemmeno sedersi». Ritardi ma non solo. Nel mirino dei No Tav e/o Occupy Trieste
(cui si sono affiancati ieri rappresentanti di Sel, Rifondazione, 5 stelle e
Cgil) ci sono i tagli ai servizi considerati anti-economici: «Hanno preso in
eredità una rete di binari che è di tutti, costruita con il lavoro delle
generazioni precedenti. Si sono arrogati la parte commerciale con la Tav, si
fanno pagare i servizi locali dalle regioni, e in più tagliano i treni che a
loro modo di vedere sono poco frequentati». Il corteo si è spostato sul tardi
verso il Municipio, mentre era in corso il Consiglio comunale, e ha fatto rotta
quindi su piazza della Borsa. Non si sono segnalati particolari momenti di
tensione con le forze dell’ordine presenti.
(pi.ra.)
Agrusti: la finanza non è un mostro - Usciremo dalla
crisi
La recessione vista dal top manager delle Generali: «Ci
sono stati troppi squilibri nella governance mondiale»
TRIESTE La scarsa vigilanza delle banche centrali che non hanno saputo
prevenire la crisi dei mutui subprime, la distruttività degli hedge fund (i
fondi speculativi), una carenza di governance nei processi di globalizzazione:
sono queste le ragioni della più grave crisi finanziaria dei tempi moderni
secondo il direttore generale delle Generali, Raffaele Agrusti. Tuttavia la
finanza -secondo il top manager- «non va considerata un mostro» perchè la sua
funzione è quella di sostenere le idee e intermediare denaro per creare
benessere collettivo. Alla fine «il mondo troverà un suo equilibrio». Il capo
della finanza delle Generali ha accolto ieri sera l’invito del Circolo della
Stampa triestino per una prima assoluta. Non era mai accaduto infatti che il
super-riservato top-manager esternasse in pubblico la sua versione sulle cause
della grande crisi. L’incontro è stato organizzato da Roberto Weber della Swg e
vi partecipa anche Riccardo Milano di Banca Etica. Agrusti spiega che la crisi
si è prodotta per una insufficiente governance nei processi di globalizzazione.
Da qui partono gli squilibri e in più ha giocato negativamente il forte debito
delle economie occidentali: «É prevalsa -spiega- una visione troppo spinta del
capitalismo con lo spostamento di capitali da una parte all’altra del pianeta
senza che si manifestasse una classe dirigente in grado di fare rispettare le
regole a una finanza fuori controllo. Questo ha creato squilibri e povertà,
colpendo le fasce più deboli della popolazione». Agrusti individua un problema
di governance mondiale che è stato all’origine dell'elevato indebitamento
dell'economia occidentale: «Quando un Paese si è molto indebitato decidono gli
altri cosa devi fare, come è accaduto alla Grecia e in parte anche all'Italia».
Ma c’è anche il problema di un’Europa sempre più fragile. Anche qui un problema
di governance: «In tutta Europa servirebbe una classe dirigente illuminata con
una grande visione». Il top manager delle Generali attacca poi gli hedge fund, i
fondi speculativi ad alto rischio: «Le cosiddette locuste si sono propagate,
anche in Europa, perchè ci sono state difficoltà nel stabilire regole di
comportamento nel settore finanziario. Questo tipo di finanza ha fatto molti
danni. Hanno attuato un comportamento distruttivo dimenticando che soltanto
l'impresa deve essere al centro del benessere collettivo». Agrusti poi si
concentra sul suo gruppo, le Generali, un crocevia di uomini e capitali in tutto
il mondo con i suoi 90 mila dipendenti: «Fare l'assicuratore significa anche
gestire solidarietà fra chi paga un premio e chi invece ne beneficia quando ha
bisogno». Il mondo delle polizze «assorbirà rapidamente gli insegnamenti di
questa crisi «perchè vi stanno entrando nuove generazioni più consapevoli e
cresce una sensibilità diversa su come un’impresa deve relazionarsi con il mondo
esterno». Agrusti ricorda che ci sono Paesi non proprio osservanti sotto il
profilo umanitario: «Per questo alle Generali diamo molta importanza alla
sostenibilità. Ecco perchè ci siamo dati un codice etico in cui si fissano
diritti e doveri dei nostri lavoratori e l'abbiamo diffuso in tutti i Paesi in
tutte le lingue nel mondo. Nell’ambito del consiglio abbiamo anche istituito un
comitato per la sostenibilità (di cui lo stesso Agrusti fa parte, ndr.) che deve
sempre partire dal basso. Il top manager ricorda le iniziative di
microassicurazione appena avviate dalla compagnia in India e di
microimprenditorialità a favore delle donne.
Piercarlo Fiumanò
IL PICCOLO - LUNEDI', 27 febbraio 2012
Il Museo ferroviario attira centinaia di visitatori
Triestini e ammiratori da fuori regione nella domenica
di “porte aperte” organizzata a sostegno della struttura riaperta dopo i danni
causati dalla bora
Unanime il coro di voci: la struttura di Campo Marzio va salvata e sviluppata -
Il responsabile: siamo colpiti e commossi per la vicinanza dimostrata dalla
gente
Chiunque varchi l'ingresso della vecchia stazione ferroviaria di Campo
Marzio per la prima volta resta basito, sia per lo stile mitteleuropeo
dell'edificio sia per gli oggetti esposti. E il coro di voci è unanime: il Museo
ferroviario, a rischio chiusura dopo che le Ferrovie hanno annunciato un
poderoso aumento del canone di locazione, va salvato e anzi sviluppato. Così
ieri, complice il bel tempo che ha spronato la gente a uscire di casa, alcune
centinaia di persone hanno accolto l'invito del Dopolavoro ferroviario e dei
volontari ad aderire alla giornata "Porte aperte al Museo ferroviario":
visitatori da fuori regione, ma anche moltissimi triestini che sostengono
l'iniziativa di tener in vita il Museo, o più semplicemente genitori che
accompagnavano i figli ad ammirare i trenini sui plastici allestiti in via
Giulio Cesare 1, tornati in movimento alla riapertura del Museo rimasto chiuso
per due settimane dopo i danni causati dalla bora. «Ogni volta che ritorno alla
stazione di Campo Marzio - racconta Roberto Milani - è un grande piacere, sia
per la raccolta di reperti sia perché esso rispecchia la Trieste mitteleuropea.
Personalmente ci sono affezionato in quanto ho preso parte alla lavorazione di
alcuni film girati proprio qui, come comparsa. Inoltre ho interessato del grave
momento di difficoltà in cui si trova il Museo ferroviario anche la sede di
Milano del Touring Club Italiano». Anche chi ha lavorato per tanti anni nel
settore ferroviario concorda sull'unicità di questo contenitore culturale. «La
situazione - interviene Luigi Bianchi, ex dirigente in quiescenza del servizio
commerciale delle Ferrovie delle Stato - è l'emblema della deriva della rotaia
italiana. Lo si dovrebbe tenere come un vanto, anziché pensare di abbandonare un
museo che è un vero gioiello. Vederlo trascurato è la dimostrazione di
un'impresa lontanissima dall'orientamento del mercato. Per di più - conclude
Bianchi - il Museo ferroviario non rappresenta soltanto un'attività culturale,
ma qualcosa di più perché si tratta di un'iniziativa allestita in un impianto
ferroviario ancora operante». Anche qualche politico fa la sua comparsa a Campo
Marzio, come il consigliere comunale Roberto Decarli. «Il museo l'ho già
visitato assieme alla commissione consiliare - ricorda Decarli - e oggi sono
tornato in attesa della visita dell'amministratore delegato delle Ferrovie Mauro
Moretti. Credo che tutte le forze politiche si adopereranno per salvaguardare
questa risorsa della città». C'è pure chi viene da fuori regione, assieme alla
famiglia, per vedere una realtà che non ha paragoni in Italia. «È la prima volta
- dice Luca Bellon di Castelfranco Veneto - che vengo a visitare questo museo,
visto che mio padre era ferroviere, e mi complimento per l'ottimo allestimento
delle sale interne. Peccato che la parte esterna della struttura sia lasciata in
balia degli agenti atmosferici». Ma a visitare il Museo ecco altri gruppi di
turisti e appassionati da Padova, da Brescia e dal Piemonte. «Siamo rimasti
molto colpiti e commossi - incalza l'ingegner Roberto Carollo, responsabile del
Museo ferroviario - per il calore e la vicinanza dimostrati dai triestini da
quando è sorto il problema della locazione. Speriamo che altrettanto sensibili
si dimostrino anche i dirigenti delle Ferrovie». Per ora non resta che aspettare
l'arrivo di Moretti, previsto per dopodomani.
Andrea Di Matteo
IL PICCOLO - DOMENICA, 26 febbraio 2012
«Inceneritore, no ai rifiuti campani» - PROTESTA -
Presidio in via Errera. Tra i manifestanti anche ambientalisti sloveni
«Stop allo smaltimento dei rifiuti campani nel
termovalorizzatore di Trieste». È il messaggio lanciato ieri da un centinaio di
manifestanti - tra cui ambientalisti italiani e sloveni di Greenaction e Alpe
Adria Green, e sostenitori del movimento Trieste Libera -che hanno organizzato
un presidio di protesta davanti all’impianto di via Errera, in corrispondenza
con l’arrivo di alcuni camion dalla Campania. «A Trieste arrivano 25 mila
tonnellate di rifiuti che fanno parte della prima parte dell’operazione
“Solidarietà nazionale” per l’emergenza rifiuti- ha affermato Roberto
Giurastante di Greenaction Transnational -. Si tratta di rifiuti incontrollati,
derivanti da discariche irregolari le cui ceneri hanno fatto scattare più volte
all’interno dell’impianto l’allarme radioattività. Inoltre, vengono poi smaltite
in ulteriori discariche di rifiuti speciali come accade a Cormons». Il respiro
internazionale della protesta è dovuto al fatto che le polveri diffuse
nell’atmosfera dal termovalorizzatore triestino ricadono in un territorio molto
ampio, anche 30-40 km di distanza, coinvolgendo buona parte del litorale
sloveno.
IL PICCOLO - SABATO, 25 febbraio 2012
Scelte miopi per le merci e un servizio di serie B
Non solo i viaggiatori ma anche l’economia della città
penalizzata da errori commessi più di vent’anni fa dalle Ferrovie. L’inutile
interporto di Cervignano
Ben sapevano i triestini che le fortune economiche della città erano – e
sono a mio parere –legate al porto e che i collegamenti ferroviari ne erano – e
sono – la relativa spina dorsale. Basta infatti evocare la nota canzone popolare
che dice che mai più ci mancherà la minestra nella pentola da quando si è aperta
la Suedbahn, la ferrovia meridionale che collegava Vienna, Graz, Lubiana e
Trieste. Dal 1857 il percorso di questa arteria di importanza vitale per il
porto fu a più riprese modificato sia per scelte tecniche che per la mutata
geografia politica, ma resta incomprensibile ed inaccettabile che nel 2012 non
si possa raggiungere, nemmeno cambiando il treno l’antica capitale perché
arrivati ad Udine bisogna salire su di un pullman che conduce alla stazione di
Villaco. Ma al coro delle denunce sin qui registrate volevo aggiungere un
contributo circa il disservizio che le FF.SS. rendono al porto (materia questa
già affrontata sul giornale grazie alle considerazioni sempre puntuali e
competenti di Luigi Bianchi). Infatti non risale a due secoli fa, ma a poco più
di vent’anni, il tempo in cui Trieste era di gran lunga il porto più ferroviario
d’Italia e quello che gestiva per circa il 90% del traffico di transito, del
traffico cioè delle merci prodotte all’estero e destinate all’estero. Parlarne
oggi quando i tempi di resa sono peggiorati (non c’è più, ad esempio, servizio
di consegna dei vagoni la notte) quando bisogna andare a Venezia per negoziare
una tariffa ferroviaria per un traffico nuovo da acquisire, sembra quasi
soltanto un’operazione di portata storica o nostalgica. E’ bensì vero che grande
è la responsabilità degli organismi economici deputati; essi sono miopi e
passabilmente incompetenti – mi riferisco all’Autorità portuale ed alla Camera
di commercio – ma è altrettanto vero che c’è una grave responsabilità in capo
alle Ferrovie dello Stato per alcune scelte ottuse operate e per altre non
fatte, senza tener conto di quanto avveniva aldilà dei confini. Mi riferisco
allo smistamento del traffico delle merci che veniva effettuato nella stazione
confinaria austriaca di Arnoldstein dove si componevano i convogli destinati al
porto, con esclusione dei convogli che trasportavano i contenitori che venivano
composti sempre con tempi di resa adeguati nella stazione a gestione privata
posta sul confine tra Austria e Baviera nel salisburghese. Nell’intento
dimostratosi totalmente vano di sottrarre agli Austriaci i margini di utile
gestionale, le FF.SS. proposero l’inutile interporto di Cervignano che, dopo
numerosi tentativi tutti falliti di trasferire - anche con il coinvolgimento di
privati – le merci dalla gomma alla rotaia e di operare una gestione virtuosa, è
rimasta una sorta di cattedrale nel deserto esattamente come è rimasta la
stazione oggi vuota di Arnoldstein. Il fatto è che mentre l’Italia ferroviaria
regrediva in una crescente dimensione ragioneristico-contabile senza fare gli
investimenti necessari e così perdendo sul piano competitivo e commerciale,
l’Austria e la Slovenia si accordavano di affidare tutta la gestione merci,
compresa la trazione sulla rete slovena, ad una società privata con capitale
austriaco e tedesco che ha finito per trasferire il traffico centroeuropeo
destinato al sud prevalentemente sul porto di Capodistria Koper, suscitando tra
l’altro in Trieste non già una reazione volta a correggere lo stato di cose,
bensì una sterile acrimonia verso lo scalo vicino, a torto considerato ostile.
Due sono le obiezioni che vengono avanzate contro gli argomenti che sto
proponendo. La prima riguarda il crescente trasferimento delle merci varie nei
container con conseguente riduzione dei convogli ferroviari tradizionali, ma non
mi pare che siano stati adeguatamente sostenuti da ogni punto di vista gli
sforzi della società triestina di trasporto ferroviario containerizzato Alpe
Adria. La seconda ha riferimento al fatto che in ogni modo i conti delle
operazioni non tornano e che pur essendo le Ferrovie un’azienda di pubblico
servizio bisogna tendere al pareggio di bilancio. Questo argomento merita una
riflessione perché i conti resteranno sempre in sofferenza se non migliora la
produttività e l’efficacia operativa in termini competitivi con il trasporto
camionistico e - per quanto riguarda il traffico di transito perduto - con le
ferrovie degli stati confinanti. In particolare se si considera la vicenda in
termini macroeconomici con riferimento al cosiddetto Sistema Italia, ogni
aumento tariffario non accompagnato da un miglioramento di efficienza sposta
soltanto, all’interno del sistema l’onere, dall’azienda di servizio che lo
produce all’utente ed il risultato finale non cambia. Diverso risultato si ha
invece con il traffico di transito anche se permane l’inefficienza e la mancata
copertura dei costi attuali perché l’entrata delle tariffe poste a carico
dell’utente estero rappresenta un’attività secca a vantaggio del sistema Italia
e realizza anche tecnicamente un’esportazione di servizi. Ahimè quanto fiato
abbiamo sprecato, quanto inchiostro è stato da noi versato su questa materia
eppure essa risulta sempre più estranea alla cultura economica nazionale e temo
anche locale. Rispetto a quest’ultima ci vorrebbe, ma in altra occasione, un
profondo ripensamento che coinvolga numerosi soggetti, sia pubblici che privati.
Oggi assistiamo al declinare ed al vacillare dei settori che fondano la nostra
economia ed in definitiva hanno prodotto quella relativa ricchezza che ancora ci
contraddistingue, ma se prima non ci diamo una regolata in casa nostra e se le
Ferrovie non muteranno politica nei confronti di Trieste abbiamo poco futuro
davanti a noi, sicchè si può pensare che venga smentita l’affermazione così
categorica contenuta nella citata canzone quando afferma che “ la boba in
pignata mai più mancherà...»
MICHELE ZANETTI
Bandiera blu, il Comune ci riprova - MARE PULITO -
Avviato l’iter per ottenere il riconoscimento negato nel 2011
Il Comune ci riprova. Anche quest’anno Trieste si
candiderà per ottenere l’ambito riconoscimento della “Bandiera Blu” assegnato
tradizionalmente alle località con i mari più puliti. Ad annunciarlo è stato
l’assessore municipale all’Ambiente Umberto Laureni. «L’amministrazione -
chiarisce Laureni - ha già compilato il questionario inviato dalla F.E.E. (Foundation
for Environmental Education-Italia Onlus) per poter concorrere al rilascio di
questo riconoscimento. A tale scopo il Servizio Ambiente ed Energia ha inviato
agli uffici competenti e agli enti esterni copia del questionario in modo da
ottenere i dati utili richiesti dalla F.E.E. Il documento, completato in tutte
le sue parti - precisa ancora Laureni - è stato poi trasmesso con raccomandata
il 6 febbraio 2012, 24 ore prima del termine fissato per la presentazione delle
richieste». Adesso gli uffici sono in attesa di conoscere l’esito della
valutazione che, di norma, viene trasmessa a primavera inoltrata. «Auspico che
quest’anno l’esito della valutazione possa essere diverso – conclude il
responsabile comunale dell’Ambiente – grazie alla collaborazione di tutti gli
uffici interpellati che hanno permesso così di ottenere la totalità dei dati
richiesti». Lo scorso anno, infatti, l’amministrazione comunale non aveva
ottenuto la Bandiera Blu per una serie di carenze documentali. «La procedura
operativa per l’assegnazione della Bandiera Blu - si legge nella motivazione del
mancato rilascio della Bandiera Blu -, prende in considerazione una seria di
parametri, per ognuno dei quali viene assegnato un punteggio. Purtroppo la
giuria ha riscontrato una carenza nella documentazione in relazione ai risultati
della qualità delle acque di balneazione, per i quali si richiedeva una sintesi
degli ultimi 4 anni sui quali calcolare il 95° percentile per stabilire la
classe di qualità delle stesse».
Un corso alla Banca Etica per “aiutare chi aiuta” -
VOLONTARIATO
“Aiutare chi aiuta“ è l'imperativo, anche se si fa solo
“quando si può”. È stata presentato ieri, nella sala del Git di Banca Etica, il
progetto della neo associazione no profit Onlus TriesteAltruista per un
volontariato flessibile. Durante l'incontro c'è stato spazio anche per
illustrare le finalità e le modalità del corso formativo “Altruisti si diventa”,
che comincerà il 5 marzo. Il corso, mirato a formare soggetti che possano
ricoprire gli aspetti organizzativi dell'associazione, si divide in due moduli:
il primo prevede un ciclo di 4 appuntamenti con cadenza settimanale, il secondo,
invece verterà suill'inserimento all'interno dei progetti e sul lavoro di
gruppo. Gli incontri formativi si terranno ogni lunedì alle 17.30 sempre nella
sala di Banca Etica e il tema sarà, naturalmente, l'altruismo analizzato in
tutti i suoi aspetti, guardando cioè sia a chi usufruisce del servizio di
volontariato, sia ai volontari. Nel primo appuntamento, quello del 5 marzo,
“Altruismo un bene per tutti:chi siamo. Un volontariato semplice e flessibile”,
l'associazione illustrerà ancora una volta i suoi obiettivi e le prospettive del
volontariato elastico. La prima lezione sarà replicata per gli “assenti” sabato
10 marzo alle 10. Nelle successive due, “L'altruismo dà felicità. Essere
Altruisti conviene?” e “Un po' di Altruismo può cambiare il nostro rione la
nostra città e noi stessi” ci si concentrerà invece sui volontari e sulle
possibilità che i progetti di volontariato nel migliorare le situazioni di
realtà in difficoltà. L'ultimo appuntamento, infine, “Storie di Altruismo”, sarà
dedicato alle testimonianze di chi partecipa al volontariato. Per informazioni e
iscrizioni al corso è possibile contattare l’indirizzo mail info@triestealtruista.org
oppure telefonare al numero telefonico 3355945470.
IL PICCOLO - VENERDI', 24 febbraio 2012
Collaborazione tra la Riserva della Val Rosandra e
Miramare - Alleanza tra aree protette
SAN DORLIGO Conservazione e tutela, ma anche educazione ambientale e turismo naturalistico. Questo il succo del proto d’intesa sottoscritto tra la Riserva naturale della Val Rosandra-Dolina Glinšcice e l’Area protetta di Miramare. Il documento, firmato dai due rappresentanti dei soggetti gestori delle due riserve, Fulvia Premolin, sindaco del Comune di San Dorligo della Valle, e Maurizio Spoto, responsabile delegato dal WWF Italia Onlus, sancisce di fatto la collaborazione delle due aree protette con l’indicazione delle linee guida indicate dal protocollo: «Realizzazione di azioni positive in materia di protezione della natura e di conservazione della biodiversità, sperimentazione e diffusione di buone pratiche di gestione di habitat carsici e marino-costieri e delle acque di transizione, promozione dell’offerta di pacchetti di educazione ambientale e turismo naturalistico a vantaggio del territorio locale». Nuovo passo in avanti dunque per lanciare turisticamente la Riserva naturale regionale della Val Rosandra. Istituita con legge regionale del 1996, l'area tutela circa 700 ettari con alcuni tra i più spettacolari ambienti carsici nel territorio di San Dorligo e offre una grande varietà di ambienti, dai ghiaioni ai boschi, dalla landa carsica alle pareti verticali del Monte Stena e del Monte Carso, separate dal letto dell'unico corso d'acqua superficiale del Carso triestino, il torrente Rosandra, responsabile della conformazione valliva della Riserva. Questa ricchezza d’acqua e di ambienti naturali diversi è responsabile dell'elevata biodiversità presente (oltre 130 specie di uccelli, ma anche rettili e anfibi che trovano qui il loro habitat ideale), mentre le numerosissime grotte offrono riparo a molti chirotteri, in particolare a specie appartenenti alla famiglia dei Rinolofidi, così come dimostra la scelta del simbolo stesso della Riserva, ossia, il pipistrello. Soddisfatto il sindaco di San Dorligo, Fulvia Premolin nel protocollo d’intesa vede l'inizio di un nuova collaborazione tra le aree protette della provincia di Trieste: «Cominceremo da subito ad operare assieme, probabilmente proprio in occasione della manifestazione “Confini aperti”, che vedrà coinvolti 300 studenti, in cui assieme all’Area Protetta di Miramare cercheremo di offrire dei servizi di didattica e informazione».
Riccardo Tosques
IL PICCOLO - GIOVEDI', 23 febbraio 2012
Gas Natural, crescono in Italia redditività e
distribuzione - Impegnata sul rigassificatore a trieste
TRIESTE Gas Natural Fenosa ha registrato in Italia nel
2011 un margine operativo lordo pari a 70 milioni di euro (+5,4% al netto dei
proventi differiti). Lo rende noto la multinazionale, sottolineando che il
«risultato dà continuità alle brillanti performance degli ultimi anni». Al
miglioramento del “mol” ha contribuito principalmente l’incremento dei margini
conseguente alla commercializzazione del gas naturale acquisito direttamente dal
gruppo, trasportato da 15 metaniere e rigassificato a Panigaglia, per un totale
di 5.373 GWh. Gas Natural Distribuzione Italia ha raggiunto in Italia i 440.297
punti di riconsegna (+4,3%) e aggiunto altri 887 chilometri a una rete
distributiva di 6.736 chilometri (+15,2% rispetto al 2010). Gas Natural Vendita
Italia ha collocato sul mercato italiano circa 506 milioni di metri cubi per un
totale di 5.548 GWh dei quali, 2.718 GWh alla clientela residenziale e
commerciale e 2.829 GWh agli operatori all’ingrosso. A Trieste è operativa la
controllata Rigassificazione, per lo sviluppo del rigassificatore di Zaule.
SEGNALAZIONI - VOTO - Tondo e il rigassificatore
Il Consiglio comunale ha bocciato quasi all’unanimità la realizzazione del rigassificatore di Zaule. Finalmente la politica ha anteposto gli interessi e la sicurezza della città e dei suoi cittadini a quelli delle multinazionali e di coloro che puntavano a ottenere facili ed effimeri benefici. Vorrei fare alcune domande ai difensori del rigassificatore di Zaule. Chiedo al presidente Tondo: come mai in campagna elettorale, in un incontro con i cittadini di Servola/Valmaura, dichiarava di essere assolutamente contrario all’impianto e poi, non appena eletto, cambiava tranquillamente opinione? Perché i favorevoli all’impianto fingono di non sapere che l’unica sicurezza in caso di incidente, anche piccolo, è data dalla distanza dai centri abitati e di altre attività industriali non compatibili? (ricordate Viareggio di qualche anno fa?). Sanno questi signori che in tutti i paesi civili, dove il rispetto per l’incolumità della popolazione viene sempre considerata prioritaria, tali impianti vengono costruiti a chilometri di distanza dai centri abitati, e sempre più spesso in mezzo al mare, utilizzando le navi gasiere con rigassificatore incorporato (che costano molto meno)? Con quale coraggio vien detto che tale impianto sarebbe un’occasione per la città quando si sa che i nuovi posti di lavoro sarebbero non più di una cinquantina e che il funzionamento di tale impianto, con l’inquinamento marino che ne deriverebbe, farebbe morire l’attività turistica di Muggia, quella dei pescatori, e quella del porto? E quale “occasione” sarebbe per la città sapendo che la delibera del 2005 dell’Autorità per l’Energia elettrica e il gas, art. 13, assicura, a chi costruisce il rigassificatore, anche in caso di mancato utilizzo dell’impianto, la copertura di una quota pari a quasi l’80% dei ricavi di riferimento per un periodo di 20 anni? Poco da dire: da una parte ci stanno tecnici, studiosi, scienziati, esperti nella costruzione di tali impianti, tutti contrari (non al rigassificatore in se stesso, ma alla sua localizzazione in quel di Zaule); dall’altra ci sono coloro che ambiscono solamente al profitto immediato senza curarsi della popolazione e del futuro della città. Se i friulani (Tondo, Ciriani) vogliono il rigassificatore, se lo facciano a Porto Nogaro, si risparmierebbe così anche il costo della tubazione sottomarina di collegamento tra Zaule e la costa friulana.
Lauro Linardon
Sul Carso torna lo sciacallo, fotografato mentre fa
pipì
DOBERDÒ DEL LAGO Alla fine, dopo tre anni di appostamenti,
a “catturarlo” è stato una fototrappola, che l’ha immortalato nel momento più
intimo: mentre faceva pipì, totalmente ignaro di essere osservato. Uno splendido
esemplare femmina di sciacallo dorato, animale rarissimo in Italia, è stato
filmato alcuni giorni fa assieme al suo compagno all’interno del bio-agriturismo
Parco rurale “Alture di Polazzo”, in località Crosera a Doberdò del lago. A
posizionare la fototrappola, mezzo efficace per il censimento degli animali in
grado di osservare con metodi non invasivi le specie faunistiche che popolano un
territorio e seguirne gli spostamenti nel corso delle stagioni, è stato il
titolare Davide Samsa, 35 anni, foglianino. La sua famiglia dal 1907 effettua il
pascolamento allo stato brado e molto probabilmente gli sciacalli sono stati
attratti nella proprietà dall’odore di placenta: le pecore di Samsa stanno
infatti partorendo in questi giorni. A differenza dei metodi tradizionali, la
fototrappola cattura e registra ogni movimento davanti ai sensori a infrarossi,
senza spaventare gli animali e memorizzando ora, minuto e secondo di ogni
scatto. Così operando, dopo tre anni, finalmente la fotocamera ha “catturato”
gli sciacalli, offrendo un’ulteriore, inconfutabile prova della loro stanzialità
nelle nostre aree. Che si aggiunge a quella offerta nel febbraio 2011 dal
rinvenimento della carcassa di un esemplare femmina, investito sulla
Villesse-Gorizia. Lo sciacallo dorato (canis aureus) è simile, per morfologia e
comportamento, alla volpe ma si differenza per le maggiori dimensioni (può
arrivare a pesare anche oltre 16 chili), la coda più corta (20-25 centimetri) e
le zampe più lunghe (altezza alla spalla mezzo metro), oltre che per il tipico
mantello; generalmente si alimenta di piccoli mammiferi, di carcasse di animali,
oltre che di anfibi, rettili e uccelli.
Tiziana Carpinelli
VITA.it - MERCOLEDI', 22 febbraio 2012
Governo. Monti manda la Finanza alle onlus - La bozza
del decreto sulla semplificazione fiscale
Porte aperte alle visite a sorpresa della Guardia di
Finanza nei locali delle onlus, Sarebbe questa una delle principali novità
contenute nella bozza del decreto sulle semplificazioni di natura tributaria
messo a punto dal governo. L'altra novità di rilievo contenuta nello stesso
decreto sarebbe la soppressione - annunciata ma non ancora ratificata -
dell'Agenzia per il terzo settore.
Nel dettaglio, il provvedimento relativo alle verifiche fiscali modificherebbe
il comma 1, dell’art. 52, dpr n. 633/1972 (decreto Iva) per potenziare l’azione
di controllo effettuata nei confronti di tutte le tipologie di enti non
commerciali ma in particolare delle onlus destinatarie dei benefici previsti
dalla legge omonima (Dlgs. 460/1997). La ratio del decreto sarebbe quella di
colpire coloro che, non essendo onlus ma società commerciali, si ammantano di
questa qualifica per godere appunto dei vantaggi fiscali riservati a fondazioni,
associazioni, organizzazioni di volontariato.
Finora per effettuare ispezioni nei locali sede delle onlus la Guardia di
Finanza necessitava di autorizzazione da parte dell'Autorità giudiziaria, visto
che le sedi dove le organizzazioni senza fine di lucro svolgono le attività
istituzionali sono assimilate alle dimore dei privati cittadini. Il decreto -
sempre stando a quanto trapela dalla bozza - correggerebbe questa limitazione
estendendo le tipologie di locali presso i quali può essere effettuato l’accesso
da parte della Finanza a quelli utilizzati dagli enti non commerciali, e con
particolare riferimento a quelli che beneficiano delle agevolazioni della 460.
Dal 1 gennaio al 31 ottobre 2011 l'attività di accertamento portata avanti dalla
Finanza nei confronti delle "false onlus" ha permesso di recuperare poco più di
65 milioni di euro in 1800 interventi, secondo i dati diffusi dall'Agenzia delle
Entrate.
Gabriella Meroni
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 22 febbraio 2012
Riecco lo spettro “cubone” ma si tratta di posti-auto
A marzo via ai lavori in Androna Campo Marzio.
Residenti di nuovo in allarme Il costruttore assicura: « Nessun rischio di
cementificazione, parcheggi lineari»
A volte ritornano. La minaccia del cosiddetto “cubone” in Androna Campo
Marzio rischia di materializzarsi nuovamente. E i residenti, già sul piede di
guerra, sono pronti a dare ancora battaglia. Un primo campanello d’allarme è
scattato poco più di una settimana fa quando, nelle giornate in cui gelo e bora
hanno messo in ginocchio la città, una squadra di operai ha provveduto a
ripulire dagli arbusti la zona circostante l’edificio dell’ex manufatto
austriaco, tagliando alberi e siepi. Nei giorni successivi, tecnici e ingegneri
erano già al lavoro per mettere a punto rilevazioni e misurazioni dell’area. Un
iter che dunque, lasciava pochi dubbi sul fatto che un nuovo progetto edilizio
era alle porte. E la conferma è arrivata direttamente dalla ditta che negli
scorsi mesi ha acquisito l’area interessata, vale a dire l’Agerpan immobiliare.
Ai primi di marzo infatti partiranno i lavori per la realizzazione di un
centinaio di posti auto. Lavori che, se i tempi saranno rispettati, dovrebbero
concludersi entro la fine del 2012. Una notizia che certamente non farà dormire
sonni tranquilli ai residenti, ai quali non potrà non tornare in mente la lunga
battaglia intrapresa per contrastare il progetto, poi arenatosi, portato avanti
dall’impresa Luci, allora proprietaria dell’area, che prevedeva la costruzione
di centinaia tra abitazioni, box e negozi, per un intervento globale di 25 mila
metri cubi di cemento. Un progetto che fu fortemente avversato dal Comitato dei
cittadini, proprio per il pesante impatto che avrebbe avuto sulla vivibilità di
una zona di grande interesse storico-architettonico e ad alta densità abitativa.
Senza contare i pericolosi effetti derivanti dalla comprovata fragilità
idrogeologica dell’area. Dunque l’incubo “cubone” continua? Non secondo il
costruttore Alberto Cutroneo, presidente di Argepan, per il quale non c’è nessun
rischio cementificazione e dunque i residenti possono stare tranquilli: «La
nostra idea è in controtendenza rispetto ai progetti del passato – spiega
Cutroneo – non faremo nessun intervento invasivo che rischierebbe di intaccare
la vivibilità della zona. I posti auto saranno collocati in superficie, senza la
costruzione di livelli superiori e senza scendere nel sottosuolo». Cutroneo
inoltre precisa che non sarà stravolta nemmeno l’antica officina austriaca, dove
peraltro esiste un vincolo della Sovrintendenza, sulla quale - puntualizza- si
andrà ad operare soltanto con un intervento di riqualificazione di restauro
conservativo.
Pierpaolo Pittich
Mega progetto bloccato dai cittadini - Nel sito
acquistato dall’Itis doveva sorgere un maxi insediamento residenziale
Il problema “cubone” nella zona di Androna Campo Marzio nasce ormai quasi una decina di anni fa, quando l’impresa Luci acquista il sito dall’Itis nel 2003 ed elabora un mega progetto di insediamento edilizio residenziale. Parte a quel punto la lunga diatriba che vede in campo, tra gli altri, il Comitato dei cittadini di via Belpoggio – Santa Giustina, con il supporto della quarta Circoscrizione. Il progetto si blocca e l’impresa Luci, nel 2010, vende l’area a Edilinvest che a sua volta, lo scorso anno, la cede ad Agerpan per la cifra di 1 milione di euro. Adesso il via al nuovo progetto di costruzione di un centinaio di posti macchina, anche se, al momento, agli uffici comunali competenti non è giunto ancora nessun atto ufficiale di ripresa edilizia nell’area, ma nemmeno nessuna richiesta di un parere su mobilità e traffico. «A noi come amministrazione comunale non risulta ancora nulla, stiamo aspettando che arrivi una comunicazione ufficiale da parte dell’impresa – precisa l’assessore ai Lavori pubblici Elena Marchigiani – mi sento comunque di tranquillizzare cittadini e residenti in quanto non c’è nessun rischio “cubone”. Tra l’altro, le direttive di dimezzamento della cubatura in quell’area parlano chiaro, non sarebbe dunque nell’interesse di nessuno intraprendere una attività di edificazione in zona». Ed a monitorare attentamente la situazione ci sarà anche il parlamentino circoscrizionale: «Se, come sembra, ci sarà soltanto la realizzazione di posti auto in superficie, l’intervento dovrebbe essere poco invasivo. – puntualizza Luca Bressan, presidente della quarta Circoscrizione – Posso però garantire che noi, come istituzione a contatto con i cittadini, terremo gli occhi aperti, mantenendoci costantemente informati su quelli che saranno gli sviluppi dell’intervento».
(p. p.)
AMBIENTE - La Regione approva il piano salva-fiumi
TRIESTE Dopo la legge sulle attività estrattive, votata
dal Consiglio regionale nel maggio 2011, ecco il Piano. Un nuovo regolamento,
approvato recentemente dalla giunta, per scavare con sicurezza la ghiaia nei
corsi d’acqua del Friuli Venezia Giulia. «Abbiamo realizzato una cartina
dettagliata sulla situazione dei fiumi e ora siamo in grado di indicare in modo
puntuale dove e come si può estrarre – annuncia Luca Ciriani, assessore
all’Ambiente e vicepresidente della Regione - Non sarà più possibile sfruttare
in maniera intensiva gli alvei senza un progetto globale e coordinato che tenga
conto di tutti gli elementi e di tutto il territorio regionale», aggiunge
l’assessore. Lo sghiaiamento è un’operazione consolidata nel territorio
regionale: i materiali erosi che scorrono nei letti dei fiumi sono una materia
prima pregiata nella produzione di materiali per l'edilizia e rappresentano una
risorsa economica di non poco conto. Il prelievo dei sedimenti però ha
inevitabilmente anche un impatto sull'ecosistema e sulla sicurezza idraulica.
«Il nostro obiettivo non è solo consentire una più ordinata attività economica
per le imprese del Friuli Venezia Giulia – aggiunge Ciriani – ma anche
realizzare gli interventi di prevenzione, indispensabili per evitare danni
dovuti a eventi alluvionali». Le conseguenze idrogeologiche da scavi non
programmati possono essere pesanti. «Nel corso degli anni sono state sghiaiate
intensivamente le porzioni dei fiumi del Friuli Venezia Giulia che si trovano
prevalentemente in pianura, dove le operazioni sono più semplici e meno costose.
Tale attività può aver contribuito ai gravi problemi che registriamo oggi –
osserva l’assessore – legati alla gestione delle piene. Ciò incide sulla tutela
dell'ambiente regionale ma anche sulla salvaguardia della popolazione in caso di
alluvioni». Il Piano predisposto dalla giunta, corredato da un censimento di
corsi d’acqua, dighe e depositi di inerti, identifica le aree del Fvg nelle
quali non sarà più consentito estrarre e individua le zone più adatte. «La
gestione coordinata degli sghiaiamenti - ha concluso Ciriani - è da considerarsi
un atto di prevenzione fondamentale: così come investiamo per la manutenzione di
argini e fiumi, dobbiamo incentivare anche la sorveglianza dei corsi d'acqua e
la programmazione coordinata degli interventi, affinché non si creino squilibri
che, in caso di piene, possono portare a eventi infausti per l'ambiente e per la
sicurezza delle persone».
Gianpaolo Sarti
TriesteAltruista smisterà i volontari - INIZIATIVA -
Venerdì l’associazione illustrerà le sue finalità. Cerca nuovi adepti
«Non ho tempo» non è più una giustificazione accettabile.
La flessibilità ora sposa la causa dell'impegno sociale. Arriva a Trieste un
progetto che vuole cambiare il volto del volontariato, renderlo dinamico e
accessibile a tutti, soprattutto alla “maggioranza silenziosa” che non ha la
possibilità di svolgerlo regolarmente. Nell'incontro del 24 febbraio, che si
terrà nella sala del Git di Banca Etica (via Donizetti 5/a) alle 11, la neo
associazione no profit Onlus “TriesteAltruista” si farà conoscere dalla città e
presenterà la sua nuova piattaforma on line, www.triestealtruista.org.
L'associazione, dedicata a Delia Bonmarco, figura molto attiva sul piano del
volontariato è un innovazione nel panorama triestino: l'iniziativa prende i
passi dall'esempio di Milano e Roma ed è figlia di “HandsOn”, progetto
newyorchese decennale ormai diffuso in 250 città e in ben 12 Paesi del mondo.
«Milano e Roma vantano una coordinazione europea e a maggio anche Trieste si
presenterà, nel merito di un incontro internazionale che si terrà ad Amsterdam»,
spiega Andino Castellano, membro dell'associazione. Quello che si propone
“TriesteAltruista” è di promuovere una collaborazione elastica e di fare da
ponte tra chi desidera impegnarsi nel servizio civile e gli operatori del III
settore che hanno bisogno di personale volontario. L'obiettivo, insomma, è
quello di essere un supporto per le altre realtà di solidarietà:“Aiutare chi
aiuta” è il motto. L'organico dell'associazione, che oggi conta dieci adepti,
vuole crescere e per questo promuove il corso “Altruisti si diventa”. Per info e
iscrizioni mail info@trieste.org o 3472216715.
Go Green, ambiente e sostenibilità - CONVEGNO
L’associazione Estroverso in collaborazione con le
università di Trieste e di Udine organizza la seconda edizione di “Go Green –
Conferenze e workshop sulla sostenibilità ambientale”. Giovedì primo marzo
convegno e workshop nella sede dell’ateneo triestino con rappresentanti
dell’economia locale ed esperti di sostenibilità ambientale. L’iniziativa
condivide con studenti e neolaureati l’attenzione nei confronti dell’ambiente,
del rispetto e del risparmio di risorse da parte delle aziende, per costruire
l’economia del territorio incentrandola sulla sostenibilità ambientale. Info
www.estro-verso.com/gogreen/
COMUNICATO STAMPA - MARTEDI', 21 febbraio 2012
Rigassificatore di Trieste-Zaule: le strane omissioni
della politica locale
Stupiscono, almeno chi abbia seguito con un po’ di
attenzione la vicenda, molte curiose omissioni – da parte del mondo politico e
istituzionale locale – in merito alla vicenda del rigassificatore che GasNatural
vorrebbe costruire a Trieste-Zaule.
L’assessore regionale all’ambiente ed energia Ciriani, ad esempio, criticando la
delibera con cui il Comune di Trieste ha espresso un parere negativo sul
progetto definitivo dell’impianto, ritiene che “l’amministrazione di Trieste
abbia preferito inseguire un facile e immediato consenso popolare rispetto alla
possibilità di approfondire, porre condizioni, discutere sulle potenzialità
dirette e indirette di un impianto di questo tipo”. Gli sfugge però che il tempo
per “approfondire, porre condizioni, discutere sulle potenzialità”, ecc. è ormai
passato. Da anni. Se si è arrivati al progetto definitivo ed è prossima la
conferenza dei servizi che potrebbe rilasciare l’autorizzazione alla costruzione
del rigassificatore, è perché nel luglio 2009 il decreto VIA favorevole firmato
dai ministri Prestigiacomo e Bondi, ha chiuso la procedura di valutazione
dell’impatto ambientale, alla quale avevano partecipato sia i Comuni, sia la
Regione.
Chi, se non la Regione, avrebbe potuto – coordinandosi con i Comuni -
costringere GasNatural a sedersi ad un tavolo di trattativa per “approfondire,
porre condizioni, discutere”, ecc.?
Ovviamente PRIMA del decreto VIA, non dopo…
Lo si sarebbe dovuto fare, va da sé, solo dopo aver risolto le problematiche -
ambientali e non - sollevate dal progetto. Problematiche ben note ma irrisolte
(impatto delle acque di scarico sull’ecosistema marino, pericolosità di un
impianto a ridosso di zone abitate e di altre industrie a rischio, ecc.), come
hanno rilevato gli approfondimenti degli ambientalisti, del Tavolo Tecnico
promosso dalla UIL-VVF e di altri.
Nulla di tutto ciò ha fatto la Giunta regionale, che si è espressa ufficialmente
l’ultima volta sul rigassificatore il 1 giugno 2007 (cinque anni fa! Giunta
Illy), con un parere tartufesco che da un lato elencava le innumerevoli lacune
del progetto ed i potenziali impatti negativi da approfondire, ma dall’altro
scaricava la “patata bollente” sul ministero dell’ambiente. Dopo di allora, il
nulla.
In questi anni, la Giunta attuale (in carica dalla primavera 2008) di cui
Ciriani è vicepresidente, ha fatto solo qualche dichiarazione ai media, sempre
pro-rigassificatore. Come l’ultima del presidente Tondo: “La Regione non si
fermerà di fronte a scelte importanti sul tema dell’energia”. E spiegare invece
perché la Regione è rimasta inerte in questi quattro anni, no?
L’ex sindaco di Trieste, Dipiazza, qualche tentativo di approfondire e porre
condizioni, a modo suo, l’aveva fatto. Da solo. E soltanto per strappare delle
concessioni economiche a GasNatural. Risultato: zero virgola zero. Perché anche
Dipiazza aveva trascurato la rilevanza strategica della questione ambientale.
Che i ministeri avevano poi “risolto” a modo loro: cioè partorendo un decreto
VIA raffazzonato (tanto né la Regione, né il Comune di Trieste ci badavano),
pieno di incongruità e illegittimità, sì da giustificare ben cinque ricorsi al
TAR dal Lazio, tuttora pendenti.
Molto simile a quella della Giunta regionale è la posizione degli industriali,
regionali e triestini. Sia per Calligaris, sia per Razeto, infatti, “la
salvaguardia dell’ambiente e la tutela delle condizioni di sicurezza per tutti i
tipi di impianti sono considerate una priorità”. Sicché “Confindustria non vuole
e non può prescindere da alcuni prerequisiti di capitale importanza … quali
l’utilizzo delle tecnologie più avanzate in termini di sicurezza e impatto
ambientale, la riduzione dell’impatto paesaggistico e la compatibilità con le
attività logistiche e portuali presenti e future”. Alleluia.
Non si capisce, però, come mai neppure uno straccio di osservazione sia stata
prodotta dalle fervide menti confindustriali nella lunga fase (dal 2006 al 2009)
della procedura VIA sul progetto di GasNatural. Perché quello era il momento di
affrontare tali questioni. Gli ambientalisti e alcuni Comuni (non Trieste)
l’hanno fatto: Confindustria no. Perché?
Più stupefacente di tutte è però l’omissione di un dettaglio, che dettaglio
davvero non è.
Il citato decreto VIA sul progetto di GasNatural contiene infatti la seguente
prescrizione (la n. A.2): “Prima della conferenza dei servizi si richiede
l’ottenimento della pronuncia di compatibilità ambientale (cioè un decreto VIA –
NdR) relativa alle opere di allaccio del rigassificatore alla Rete Nazionale dei
metanodotti, finalizzate al trasporto del gas tramite la rete stessa”.
Logico, perché senza di ciò il rigassificatore non avrebbe alcun senso. Il
progetto di tali “opere di allaccio” esiste dal 2008, ma non è di GasNatural,
bensì di SNAM Rete Gas e prevede un gasdotto parzialmente sottomarino tra
Trieste, Grado e Villesse. Implica però notevoli problemi ambientali anch’esso,
tant’è che il relativo decreto VIA non è stato ancora firmato, dopo quasi
quattro anni dalla presentazione del progetto e degli studi connessi. Molto
lacunosi, come quelli di GasNatural.
E’ tuttora aperto pure su questo gasdotto un contenzioso con la Repubblica di
Slovenia (alcuni impatti sull’ecosistema marino si estenderebbero infatti nelle
acque territoriali slovene).
Logica vorrebbe che chi si oppone al rigassificatore, si battesse anche contro
questo gasdotto, per esempio richiamando l’attenzione del ministro
dell’ambiente, Clini (tanto amico di Trieste, si dice…), sull’inopportunità di
chiudere la VIA con un responso favorevole, del quale mancano i presupposti.
Eppure nessuno sembra ricordarsene e non ne fa menzione neanche la recente
delibera del Consiglio comunale di Trieste sul progetto di GasNatural. Strano
davvero.
Dario Predonzan - Responsabile energia e trasporti WWF Friuli Venezia
Giulia
IL PICCOLO - MARTEDI', 21 febbraio 2012
Tecnologia israeliana per smaltire i rifiuti - INCONTRO
IN COMUNE
Ricevuti dal sindaco i vertici dell’azienda Arrow Bio
che trasforma l’immondizia in energia
Trieste chiama Tel Aviv. Non per scambi o iniziative culturali ma per
gettare le basi di una possibile, nuova collaborazioni in materia di smaltimento
dei rifiuti e raccolta differenziata. Si inserisce in questo tipo di progetto,
infatti, il confronto avuto ieri dal primo cittadino all’interno del Municipio.
Roberto Cosolini ha incontrato Ofer Ben Ami, direttore generale vendite e
marketing del gruppo israeliano Arrow Ecology, che ha illustrato la tecnologia
di “Arrow Bio” per il trattamento dei rifiuti solidi urbani. Tecnologia sfociata
in una serie impianti già realizzati o contratti già firmati da Tel Aviv a Los
Angeles, da Sidney a Lagos, New Delhi, Kiev, ecc. La tecnologia “Arrow Bio”
permette il trattamento dei rifiuti solidi urbani con impianti idromeccanici a
emissioni zero nonchè il raggiungimento di significative percentuali di raccolta
differenziata, fino al 95%, in ossequio alla normativa comunitaria vigente.
L’iniziativa si inserirebbe nell’ambito della gestione complessiva del ciclo dei
rifiuti cittadino per incrementare, senza significativi aggravi di costi,
riciclo e differenziazione, attraverso una gestione pulita, in sinergia con
l’amministrazione comunale e Acegas Aps. Cosolini, nel confermare l’interesse
del Comune per il progetto, ha proposto un tavolo tecnico, rivolto ai soggetti
istituzionali interessati, compresa Area Science Park, per approfondire
l’iniziativa. All’ incontro hanno partecipato anche rappresentanti della società
triestina partner del gruppo israeliano Nre Research.
«Imbarazzanti le dichiarazioni di Ciriani sul
rigassificatore» - MOVIMENTO 5 STELLE
L’accusa di irresponsabilità mossa dal vicepresidente
della Regione Luca Ciriani al Consiglio comunale, dopo il secco no al progetto
del rigassificatore, non è proprio andata giù agli esponenti del moVimento 5
Stelle. «È imbarazzante - osserva il capogruppo dei “grillini” Paolo Menis -
leggere che il signor Ciriani, a distanza di sei anni dalla presentazione del
progetto presentato da Gas Natural, evidenzia la necessità di fare ulteriori
approfondimenti sul rigassificatore di Zaule». Se solo avesse avuto la pazienza
di informarsi, secondo Menis, Ciriani avrebbe scoperto le tante carenze
dell’operazione gn. «Il nostro moVimento, grazie al supporto delle associazioni
ambientaliste e dei tecnici, ha approfondito la questione già nel 2006 ed è
chiaro che questo impianto non è compatibile nè con l'ambiente nè con la
sicurezza delle persone. Ed è ancora più grave - conclude l’esponente della
Lista % Stelle - che tutto queste considerazioni avvengano nell'assoluta
latitanza di Gas Natural, che mai ha accettato un confronto aperto con la
cittadinanza».
Ecco le ragioni “irresponsabili” del nostro no al
rigassificatore INTERVENTO DI FABIO PETROSSI (consigliere comunale Pd di
Trieste)
Scrivo scandalizzato dalle parole del dottor Luca Ciriani, che dalla posizione di alta responsabilità che occupa, in qualità di vicepresidente della Regione, dovrebbe avere ben più presente il dovere, che gli compete, di rispettare l'autonomia e la libertà di espressione e di decisione che competono ai Consigli Comunali presenti in questa regione. Egli, infatti, si permette di contestare con parole come: «...forte mancanza di senso di responsabilità nei confronti della città ... "le decisioni prese dal Consiglio Comunale di Trieste, Consiglio che opera in un contesto che evidentemente è sconosciuto al vicepresidente. Se è vero quello che tra virgolette gli viene attribuito, faccio notare che tra chi, come dice lui, ha voluto "inseguire un facile e immediato consenso popolare" ci sono anche i rappresentanti della sua maggioranza in Regione. E se da una parte resto perplesso per la sua meraviglia, d'altra parte voglio ora vedere come egli intenda comportarsi con coerenza nei confronti di chi, nel suo partito e nella sua maggioranza, non condividendo la sua corrente di pensiero, ha votato contro i suoi voleri. Riguardo poi alla da lui presunta "...forte mancanza di senso di responsabilità nei confronti della città ...", gli sarei veramente grato se rispondesse, più che a me alla popolazione di Trieste, alla seguente serie di domande ...con preghiera però di prima informarsi meglio, onde evitare affermazioni che possono nascere da una carente e/o frettolosa presa di conoscenza delle cose. Può essere mancanza di senso di responsabilità dire di no ad un progettoche non viene sottoscritto e controfirmato nemmeno dai Suoi progettisti, per quanto riguarda il raffreddamento delle acque conseguenti all'installazione del rigassificatore, a causa delle verità che non dice? Può essere mancanza di senso di responsabilità dire di no ad un progetto che parla di una bora con raffiche a 70-80 km/ora, quando tutti sappiamo che le raffiche, nel golfo di Trieste, arrivano fino a 130-150 km/ora, con gravi rischi per chi è in navigazione, e immaginiamoci per una nave che porta il gas? Può essere mancanza di senso di responsabilità dire di no a un progetto che quando parla della profondità del mare prende in considerazione quella del medio Adriatico, mentre nel golfo di Trieste la profondità è notoriamente minore e quindi il raffreddamento dell'acqua è più rapido e imponente? Può essere mancanza di senso di responsabilità dire di no ad un progetto che può produrre danni ingentissimi in caso di deflagrazione dei depositi (ricordo che tutte le disgrazie da Chernobil allo scoppio della tubatura del gas recentemente avvenuta vicino a noi, in Italia, sono sempre dovute a errori umani...)? Può essere mancanza di senso di responsabilità dire di no ad un progetto che ha tutte le caratteristiche per produrre gli stessi danni ecologici che sta producendo il rigassificatore di Porto Viro, così come riportato dalla stampa nazionale? (visto ciò che accade a Porto Viro e stanti le accuse di irresponsabilità, qualcuno potrebbe anche pensare che questo "nostro" rappresentante che vive a Pordenone e non a Trieste, non legga neppure i giornali o non abbia nenche chi li legge per lui). Può infine essere mancanza di senso di responsabilità dire di no ad un progetto che prevede che per un congruo numero di anni chi costruisce un rigassificatore si prenda dalle casse dello Stato tutto il denaro che non riuscirà ad incassare perchè non sarà in grado di rigassificare... e tutti sappiamo che un rigassificatore se lavora al 25-30% delle sue potenzialità è molto? (E tutti sappiamo che quindi chi lo installa può percepire il 75-70% del mancato ricavo dallo Stato, cioè dalle nostre tasche ... per fornire, poi, gas soprattutto al Friuli). Può, chi rimprovera di "irresponsabilità", se proprio lo vuole questo rigassificatore, impiantarselo nel giardino di casa propria, anzichè in quello degli altri? In chiusura di questa mia, saluto voglio salutare "distintamente", e con il "dovuto rispetto", il signor Vice Presidente della Regione Friuli Venezia Giulia, regione nella quale io opero come Consigliere comunale di Trieste, ... che è un Comune collocato nel sud-est della citata regione, in prossimità di un mare con fondali relativamente bassi e dove la forte bora in questi giorni ha fatto disastri! Saluto il signor Vice Presidente con rispetto ben differente da quello che egli non ha saputo riservare non tanto ai consiglieri del Comune di Trieste, quanto ai cittadini della città di Trieste, dai quali i consiglieri stessi sono stati eletti per esserne i rappresentanti e i portavoce.
Aree inquinate e Ferriera nel confronto con Clini -
TAVOLO TECNICO IN COMUNE
Tornano a riunirsi i protagonisti delle realtà
economico-produttive del territorio chiamate a confrontarsi sulle strategie di
sviluppo di Trieste. E lo faranno, questa volta, alla presenza di un ospite
d’eccezione: il ministro dell’Ambiente Corrado Clini. L’esponente del governo
presieduto da Mario Monti, infatti, parteciperà lunedì prossimo ai lavori del
terzo appuntamento sullo “sviluppo economico di Trieste”, il tavolo di confronto
voluto e promosso dal sindaco Roberto Cosolini che vede dialogare
l’amministrazione comunale e le categorie economiche e i sindacati. La presenza
di Clini, che ha prontamente accettato l'invito rivoltogli da Cosolini, consente
facilmente di intuire gli argomenti che verranno messi al centro del confronto.
Oggetto della discussione, cioè, saranno certamente il nodo dei Siti inquinanti
di interesse nazionale, il futuro dello stabilimento siderurgico di Servola, ma
anche la possibilità di sviluppare a Trieste una filiera imprenditoriale che si
inserisca nel filone della “green economy”. Un tema, questo, particolarmente
caro al ministro Clini, che aveva già avuto modo di seguirlo ai tempi della
presidenza dell'Area Science Park. All'incontro, in programma lunedì alle 11 in
Municipio, sono state invitate tutte le istituzioni interessate al tema dello
sviluppo economico: la Provincia, l'Autorità Portuale, la Camera di Commercio e
l'Ente zona industriale. Le sfide al centro del confronto con le istituzioni,
probabilmente, risuoneranno anche nel secondo intervento che Corrado Clini terrà
in città lunedì prossimo: la relazione che chiuderà la cerimonia di
inaugurazione dell’anno accademico, a cui il ministro parteciperà proprio in
rappresentanza dell’esecutivo Monti. La cerimonia, a differenza degli anni
scorsi, non si terrà nell’Aula Magna del campus di piazzale Europa, bensì al
Teatro Verdi.
IL PICCOLO - LUNEDI', 20 febbraio 2012
Siti inquinati: Marghera “semplifica”, Trieste no -
DOPO IL DECRETO MONTI
Siti inquinati, Marghera “semplifica” e offre le aree all’uso, Trieste no. A Venezia in questi giorni si sorride. Il ministro dell’Ambiente Corrado Clini ha appena assicurato come imminente un accordo Stato-Regione-Comune per rendere molto più veloce il riutilizzo del Sito inquinato, rimasto come tutti gli altri per anni in gesso a causa delle complesse e costose procedure di bonifica. Il governatore veneto Luca Zaia ha annunciato che 2 miliardi di investimento privato sono già sulla porta. Anche a Trieste Clini, quando lo scorso dicembre firmò un accordo con l’Authority per la rinascita in chiave di “green economy” di un’enorme porzione di costa, dalla Ferriera all’area ex Aquila, parlò del Sito inquinato, dicendo che per le aree «meno sporche» bisognerà «studiare una normativa che consenta un loro più rapido utilizzo». Nel frattempo il governo ha però varato il decreto sulle “Semplificazioni”. Ed è proprio facendo base sull’articolo 57 di tale decreto che Clini per Marghera (pur inquinata da petroli, mentre Trieste ha terreni sporchi da discarica) vede inaugurarsi una nuova stagione. Recita infatti il comma 9: «Nel caso di attività di reindustrializzazione dei siti di interesse nazionale, i sistemi di sicurezza operativa già in atto possono continuare a essere esercitati senza necessità di procedere contestualmente alla bonifica, previa autorizzazione del progetto di riutilizzo delle aree interessate, attestante la non compromissione di eventuali successivi interventi di bonifica». Tradotto: se trovi l’industria che vuole insediarsi sul sito inquinato, non occorre bonificare, purché questa possibilità “eventuale” non sia impedita un domani. A spese dell’azienda stessa. Dai processi di bonifica si torna a quelli di “reindustrializzazione”. E l’Eni a Marghera potrebbe non pagare più niente (salvo che non torni a insediarsi sul sito dismesso). È una riga tirata su inquinamenti a suo tempo di tale gravità da essere elevati a “interesse nazionale”, ma così mal gestiti da non aver prodotto né pulizia né riuso dei terreni a scopo economico. Il presidente dell’Ezit Dario Bruni conosce le novità. «Noi - dice - siamo un po’ indietro, dobbiamo appena finire la ricognizione per conoscere gli eventuali inquinamenti. Forse Marghera aveva accordi precedenti, noi non siamo in grado di dire a un investitore l’eventuale costo di bonifica, né sappiamo quante risorse pubbliche serviranno. Ci basterebbe un accordo col ministero che trasformasse il Sito “di interesse nazionale” in Sito “di interesse regionale”, ma anche a noi il ministro ha detto che bisogna procedere in tempi brevi». Tanto brevi, per la strada ormai faticosamente imboccata, non saranno. Basta pensare che 40 mila metri quadrati di terreno analizzati nel 2004 e trovati “puliti” non sono ancora stati restituiti al libero uso. Ora come si sa l’Ezit, per conto della Regione, ha avviato la procedura di analisi completa dei terreni ancora non caratterizzati (400mila metri quadrati), il rifacimento delle analisi che intanto con gli anni sono state superate dalle nuove leggi, e anche l’analisi di rischio collegata a eventuale presenza di inquinanti. Dovrà presentare il progetto ad aprile. Oltre un anno servirà per la gara e per i lavori, dice Bruni, «quindi un quadro completo lo avremo nella primavera del 2013». E se qualcuno, “semplificazioni” alla mano, entrasse a spingere, come pare sia già accaduto a Marghera, dove gli “investitori” restano peraltro misteriosi? Tempo al tempo.
(g.z.)
RUBRICA NOI E L’AUTO - IL CAR POOLING A TRIESTE HA GIÀ
L’AVALLO
Ritengo che, al di là degli ormai elevatissimi costi di
esercizio, esista ancora il piacere di guidare la macchina propria e di nutrire
per essa una specie di “affetto”. Cose di altri tempi? Chissà. Pragmaticamente
però, le quotidiane esigenze di spostamento, in città e fuori, l’eterno problema
del parcheggio, la necessità di risparmiare tempo e danaro, impongono spesso ed
ineluttabilmente, scelte diverse, quali il trasporto collettivo o a mezzo taxi.
Come ulteriore alternativa, da alcuni anni anche in Italia (da trent’anni in
Svizzera ed in altri paesi) di sts diffondendo il cosiddetto Car Sharing che
sostanzialmente consente di prenotare una vettura prelevandola e riportandola
presso un parcheggio, che può essere o non essere il medesimo. Se vogliamo è un
servizio di autonoleggio semplificato: ci si abbona annualmente presso la
società di gestione e con una semplice telefonata o e mail si dispone
immediatamente della vettura. Ovviamente tutte sono dell’ultima generazione, in
perfetta efficienza, ed hanno i permessi di circolare anche nelle zone centrali
regolamentate. Si paga, con la carta di credito, in base all’utilizzo,
quantificato a ore ed a chilometro. Un esempio di massima: abbonamento annuale
120 euro; costo orario (vettura economica): 2,2 euro; costo chilometrico 0,45
euro. Per una vettura un po’ più grande sono previsti 2,4 euro ora e 0,55 euro
chilometro. In definitiva il concetto si inserisce all’interno di “politiche di
mobilità sostenibile” ritenendo che il sistema contribuisca a migliorare
sensibilmente la circolazione e diminuire i costi. A Trieste se ne parla poco
perché non mi risulta che il servizio sia ancora disponibile, come avviene già
oggi a Milano, Bologna, Brescia, Firenze, Genova, Palermo, Parma, Roma, Savona,
Torino e Venezia, con previsione di espansione. Non bisogna confondere il Car
Sharing con il Car Pooling. Quest’ultimo indica che più persone, accordatesi in
precedenza, si spostano su un’autovettura di proprietà di uno dei viaggiatori.
Se vogliamo, questo sistema ha un avallo “ufficiale” anche a Trieste, nel
momento in cui le deroghe alle limitazioni del traffico, per i noti problemi di
inquinamento, comprendono anche le vetture che trasportano almeno tre persone.
GIORGIO CAPPEL
IL PICCOLO - DOMENICA, 19 febbraio 2012
Nabucco vittima della guerra dei gasdotti - Cambiano
gli scenari fra i contendenti del Corridoio Sud e perde quota il progetto
dell’Ue
MILANO I gasdotti del Corridoio Sud-Itgi, Tap e Nabucco -
affilano le armi in vista di marzo quando Shah Deniz deciderà l'assegnazione del
gas azero. Se il Nabucco sembra aver perso terreno, rimangono Tap e Itgi a
contendersi la partita. «Itgi è l'unico progetto a poter garantire una decisione
definitiva sugli investimenti entro il 2013 - ha detto il presidente di Igi e
ceo di Depa, Harry Sachinis - riducendo il rischio di possibili ritardi
nell'avvio di produzione di gas dall'Azerbaigian». A sua volta Tap fa sapere,
tramite il portavoce Michel Hoffmann, di «essere disposti a discutere una
potenziale cooperazione per creare una soluzione integrata per il trasporto di
gas azero in Europa». L'accordo siglato circa un mese fa tra la turca Botas e
l'azera Socar per l'avvio del gasdotto anatolico Tanap ha cambiato gli scenari
fra i contendenti del Corridoio Sud (Turchia e Balcani) riducendo le chance del
costoso progetto del gasdotto Nabucco, fortemente voluto dall'Ue per rompere la
dipendenza dalla Russia, e limitando la corsa a due soli contendenti: il
progetto Itgi promosso da Edison e dalla greca Depa e il Tap promosso da
Statoil-Egl-E.On. Al Tanap, che dovrà trasportare gas naturale del giacimento di
Shah Deniz II verso l' Europa, guarda con desiderio il consorzio Tap che dà il
benvenuto: «è un progetto che risolve il tema del »transito turco« - fanno
sapere - e gli azionisti Tap sono disposti a discutere una potenziale
cooperazione con i soci Tanap per creare una soluzione integrata per il
trasporto di gas azero verso l'Europa». Nel frattempo, da una parte Nabucco non
si da per vinto e avanza l'ipotesi di un progetto «low cost» alternativo, il
Seep o Nabucchino, dall'altra si diffondo rumors su ipotesi di fusione fra i due
contendenti, Itgi e Tap, che però ad oggi smentiscono di avere all'esame
progetti in questa direzione. «Qualsiasi ipotesi di fusione dovrebbe essere
guidata dal consorzio di Shah Deniz» ha commentato Sachinis per Itgi, mentre Tap
afferma di non avere «piani attuali di fusione con altri progetti di gasdotti e
se dovesse essere selezionata da Shah Deniz, sarà pronta a discutere eventuali
cooperazioni con gli azionisti degli altri progetti, inclusa Itgi, alla ricerca
di potenziali sinergie». Entrambi auspicano che da Shaz Deniz il verdetto arrivi
entro la scadenza prevista.
SEGNALAZIONI - il traffico in via della Geppa
In merito a quanto apparso a su “Il Piccolo” la Federalberghi intende precisare i motivi che hanno spinto l'associazione ae affermare che la trasformazione di via della Geppa da Ztl (Zona a traffico limitato) a strada riservata al trasporto pubblico locale causerebbe notevoli disagi. 1. Via della Geppa vede la presenza di ben 6 attività ricettive, 3 alberghi (Abbazia, Colombia, Italia) con un numero complessivo di 193 posti letto, 2 affitta camere (Alla Stazione e Saba) e 1 Bed & Breakfast (Palazzo Panfilli) che, insieme, contano altri 28 posti letto, oltre ad altre attività commerciali. Data la previsione che vi transiterà un bus ogni 45 secondi circa, dalle ore 6 fino alle 22, e poi ancora uno ogni 3 o 4 minuti fino alle 24 (linee 1, 3, 6, 17/, 19, 20, 21, 22, 24, 30, 36, 39, 40, 41, 42, 44, 46, 51), chiunque può capire chiaramente come gli ospiti saranno soggetti a un livello di rumorosità ben maggiore di quello che avvertono ora, trattandosi oltretutto di strada notevolmente più stretta rispetto alla via Ghega attualmente percorsa dagli autobus in salita e discesa. Bisogna inoltre contare come le soste presso 2 semafori e un attraversamento pedonale (futura via Trento) rallenteranno il loro flusso, creando quindi una continuità di rumore e disturbo di vibrazioni. Altrettanto si può dire per il livello di inquinamento legato al traffico, che subirà ovviamente un notevole aumento. Tali fattori si ripercuoteranno negativamente sulla qualità dei servizi e l'immagine delle strutture e di conseguenza sul loro business, spingendo i potenziali clienti a scegliere altre alternative. 2. Come è noto, via della Geppa sorge sopra il Torrente grande, il cui corso è separato dalla sede stradale da una copertura a volta spessa all'incirca mezzo metro. Da ciò deriva che la ripercussione delle vibrazioni prodotte dal traffico sugli edifici che insistono sulla strada è ben maggiore di quei luoghi che sorgono su terrapieni. Oltre al già citato problema della rumorosità, le esperienze nelle quali a causa di lavori stradali in via Ghega e piazza Libertà, gli autobus hanno transitato per via della Geppa (1996, 2005 e 2008) hanno generato crepe ben visibili di 2/3 cm in vari edifici.
Cristina Lipanje - Presidente Federalberghi Trieste
IL PICCOLO - SABATO, 18 febbraio 2012
Rigassificatori, in Italia manca un piano energetico
nazionale - L’INTERVENTO DI LINO SANTORO (Legambiente Trieste)
Nei giorni di freddo siberiano i due rigassificatori italiani di Panigaglia (onshore) e di Porto Viro (offshore), non erano operativi a causa delle avverse condizioni meteo (proprio quando si era verificato il picco dei consumi di gas). Entrambi comunque sono normalmente sottoutilizzati. Il primo nei due anni passati ha sempre operato al 30-40% della sua potenzialità, il secondo presenta problemi persistenti di rilascio di schiume inquinanti. Si è fatto quindi ricorso agli stoccaggi della Stogit (98% Eni) e della Edison. L’autorità dell’energia elettrica e del gas nel suo annuario puntualizza sulla necessità di ulteriori impianti di stoccaggio (p.e. riutilizzo di vecchi giacimenti esauriti di metano) per accumulare il gas in periodi di ridotti consumi (i contratti pluriennali take or pay costringono talvolta ENI a non ritirare le quantità comunque pagate perché non in grado di collocarle). Si fa sentire l’assenza di un piano energetico nazionale che inquadri le necessità reali, gli investimenti necessari, la scelta delle tecnologie e dei siti e le valutazioni dell’impatto dei singoli progetti e del piano nel suo complesso. È quindi evidente, in queste condizioni, che la tanto decantata flessibilità di approvvigionamento sul mercato del gas con i rigassificatori è una colossale presa in giro. Ed è ancora più evidente che in questo paese le multinazionali -senza Piano Energetico Nazionale (l’ultimo aggiornamento risale al 1985)- possono chiedere di realizzare progetti al di fuori di qualsiasi criterio programmatico. Nelle annuali Offshore Technology Conference a cui partecipano centri studi di Imprese, ma anche dipartimenti universitari di ingegneria navale di tutto il mondo, è ormai assodato che gli impianti a terra ma anche le piattaforme in mezzo al mare sono retaggi tecnologici del pur recente passato. Le soluzioni attuali, sia per motivi di sicurezza, sia per non intralciare i traffici portuali, sia per questioni economiche (tranne che nei paesi dove esistono incentivi statali insensati, come in Italia) convergono verso la rigassificazione on board su navi gasiere (proposte p.e. dalle ben note multinazionali Excelerate Energy e Höegh) in grado di trasportare fino a 260.000 metricubi di GNL e di scaricarlo in forma gassosa direttamente in rete, utilizzando le boe della norvegese APT o l’utilizzo di strutture galleggianti ancorate (Torp Sorgenia) o il riuso di vecchie piattaforme petrolifere. Nelle navi Gnlrv (Rv sta per regassification vessel) l’impianto di rigassificazione (sostanzialmente uno scambiatore di calore) occupa uno spazio limitato sulla nave e può funzionare con acqua di mare o con i gas di combustione del metano di boil-off (gas che evapora dal liquido) dei serbatoi criogenici. Sono costruite nei cantieri giapponesi o coreani per conto delle multinazionali Mitsubishi, Samsung, Daewoo. Ci sarebbe forse mercato anche per una più dinamica Fincantieri. Ultima considerazione: ammettiamo che sia strategicamente dimostrata la necessità di ulteriori impianti di rigassificazione (anche se non è così) perchè nessuna Istituzione propone a Gas Natural di modificare il progetto (visto che la bora soffia a più di 20 chilometri/ora e che il mare d’inverno può scendere sotto 5 gradi) accordandosi con altre multinazionali (p.e. Excelerate Energy con cui Legambiente ha dialogato e che ha dimostrato interesse a essere coinvolta, interesse che è stato segnalato alla nuova amministrazione comunale) puntando sull’alternativa delle navi gasiere Ebrv, cioè quelle che rigassificano a bordo ancorate al largo, lontano dai centri abitati e che non vanno a interferire con i traffici portuali? E che permettono di risparmiare il territorio e la sicurezza dei cittadini che vi abitano e di rendere effettivamente meno rigidi i rifornimenti di gas naturale. Una grande multinazionale come Gas Natural potrebbe optare per le tecnologie emergenti invece di proporre strutture superate ancorché sostenute dagli incentivi statali. Sarebbe una grande lezione di stile e di modernità. Ovviamente ci contiamo. Tanto più che il traffico di navi gasiere nella baia di Zaule impedirebbe, per motivi di sicurezza, qualsiasi altra navigazione secondo le norme della International Maritime Organization.
Danni allo Scalo Legnami Riemerge il pericolo eternit
Un pannello della Gvt caduto per la bora ha provocato
una serie di disagi Bonifica in progetto con la costruzione di un impianto
fotovoltaico
Allo Scalo Legnami del Porto resta ancora aperta la questione Eternit, ma è
già pronto un progetto di bonifica per sostituire le tettoie con un impianto
fotovoltaico da 8 megawatt. La bora dei giorni scorsi ha acuito un annoso
problema che si trascina da lunghi anni senza soluzione, mettendo a dura prova
anche i residenti e chi deve portare i propri figli alla vicina scuola “Svevo”.
Le tettoie dei magazzini sono costruite con il pericoloso materiale balzato
recentemente agli onori delle cronache per la sentenza di Torino, nella quale si
condannano i produttori per i danni procurati, e i rischi che il vento lo
disperda nell'aria sono purtroppo una realtà. «A Trieste il problema esiste ed è
drammatico. Nella nostra città la situazione più preoccupante si registra nel
Porto, in particolare nello Scalo Legnami. Tutti sanno che non c’è un solo
centimetro dei capannoni di quest’area che non sia fatto di Eternit, materiale
nocivo e da eliminare». Queste parole non sono nuove, essendo state pronunciate
nel 2008 da Paolo Hikel, allora console della Compagnia portuale, per denunciare
una situazione di grave pericolo. Le tettorie di Eternit allo Scalo Legnami
erano poi state causa dei ritardi con i quali la General cargo terminal (ora
controllata dal Gruppo Gavio ma nel 2009 con diversa composizione societaria)
aveva firmato la concessione valida fino al 2024 con l'Autorità portuale di
Trieste, innescando la discussione su chi dovesse procedere alla bonifica. E
proprio l'Authority ha ora in mano il pallino per cercare una soluzione rapida
della vicenda. La proposta di Gct, infatti, è quella di realizzare un impianto
fotovoltaico da 8 megawatt sui circa 50mila metri quadrati di tettoie. Una
soluzione apparentemente ideale, che permetterebbe di intervenire bonificando
l'Eternit a costo zero. La società incaricata di eseguire l'impianto, infatti,
riceverebbe in cambio lo sfruttamento dell'energia prodotta per un certo numero
di anni, magari cedendo qualche royalty alla stessa Gct e ai proprietari delle
tettorie, cioè l'Autorità portuale. «Intanto bisogna ringraziare il cielo se non
è successo niente di tragico in questi giorni di bora, durante i quali abbiamo
rischiato. In effetti, a staccarsi non sono state le tettoie – spiega Claudio
Grim, da 6 mesi amministratore delegato di Gct – ma un pannello di protezione
della soprastante Grande viabilità, caduto poi sopra una tettoia procurando una
serie di danni». Grim, dopo qualche settimana dal suo insediamento aveva avuto
l'idea dell'impianto fotovoltaico. Ma adesso a che punto siamo. «Nelle scorse
settimane abbiamo presentato una proposta e adesso bisogna aspettare i tempi
tecnici, ma avendo un ottimo rapporto con il management dell'Autorità portuale –
conclude Grim - confido in una rapida soluzione del problema: l'obiettivo è
quello di risolvere un problema che si trascina da almeno vent'anni».
Riccardo Coretti
IL PICCOLO - VENERDI', 17 febbraio 2012
No al rigassificatore, il Pdl a muso duro contro Tondo
Bucci: Ciriani vuole l’impianto perché lo fanno qui e
non nella “sua” Pordenone Tononi: governatore stupito? Disattento. Ma
l’assessore Brandi: niente divergenze
Il governatore Renzo Tondo esprime stupore per l’esito del voto? «Si vede
che era disattento, perché le nostre posizioni erano note già da tempo». Il suo
vice Luca Ciriani va giù ancora più duro, parlando di scelta irresponsabile?
«Dice così solo perché il rigassificatore è previsto a Trieste e non nella “sua”
Pordenone». Bastano queste due stoccate firmate Piero Tononi e Maurizio Bucci a
rendere l’idea del clima di tensione, o quanto meno di forte imbarazzo, che si
respira in queste ore in casa Pdl. Il deciso no al progetto di Gas Natural
espresso lunedì sera in Consiglio comunale ha innescato una sorta di lotta
intestina: vertici regionali da un lato, coordinamento provinciale dall’altro. E
se si pensa che di quell’organismo fanno parte tra gli altri due assessori della
squadra Tondo, Sandra Savino e Angela Brandi, appare fin troppo evidente la
difficoltà nel ricomporre la frattura. La consegna, tra i diretti interessati,
pare tuttavia essere quella di ridimensionare il caso politico. «Le distanze
sono legate solo alla diversa conoscenza del problema - commenta Piero Camber -.
Ciriani ha la delega all’energia solo da un anno e mezzo, mentre noi eletti
triestini seguiamo la partita dal 2006. In questi sei anni ci siamo resi conto
di avere come interlocutori dei desaparecidos che non hanno dato alcuna certezza
sulle ricadute economiche per la città dell’operazione gnl. La giunta Tondo
invece - conclude Camber - non ha ancora ben capito con chi ha a che fare». «Dal
coordinamento provinciale - osserva Piero Tononi - non è uscita una contrarietà
a priori al rigassificatore, bensì la convinzione di doverne approfondire
diversi aspetti. Chiediamo le stesse garanzie che chiederebbe Ciriani se
l’impianto, anziché a Trieste, venisse realizzato a Fiume Veneto. Spero che la
giunta regionale riesca a far cadere le nostre perplessità, e auspico che
presidente e vicepresidente non compiano l’errore di ignorare l’orientamento
espresso dal territorio». Orientamento che, fanno capire i triestini eletti in
Regione nelle fila del Pdl, verrà difeso a spada tratta. «Quando è stata data
scarsa attenzione alle istanze di Trieste, l’abbiamo sempre fatto notare, senza
tirarci mai indietro - puntualizza Maurizio Bucci che, dopo aver votato no al
rigassificatore, auspica ora un’identica linea dura sulla Ferriera - . Troppo
facile dire che Trieste sbaglia se sei uno, come Ciriani, che abita a Pordenone
e non rischia nulla. Quanto allo stupore di Tondo, faccio notare che tante volte
siamo rimasti noi di stucco davanti alle sue decisioni. Come si dice, “una volta
cori il can, una volta il levro”. Unica voce fuori dal coro, quella di Bruno
Marini. «Ciriani ha fatto affermazioni troppo forti, ma confesso di essere
rimasto perplesso davanti al no al rigassificatore espresso in aula. So che la
linea è uscita da una riunione del coordinamento provinciale, cui
“colpevolmente” non ho partecipato, ma credo sarebbe stata preferibile
un’astensione. In ogni caso - conclude -, quando inizierà il confronto in
Regione, l’ultima parola dovrà spettare a consiglieri e assessori di Trieste».
Un auspicio che troverà soddisfazione da parte della giunta? Da Sandra Savino e
Federica Seganti, entrambe ufficialmente troppo prese da impegni istituzionali
per riuscire ad intervenire sull’argomento, nessuna risposta. L’unica triestina
dell’esecutivo regionale a non sfuggire la domanda è Angela Brandi, peraltro
dichiaratamente favorevole al rigassificatore. «Le istanze di Trieste saranno
presto analizzate nelle sedi opportune. Non esiste comunque alcuna divergenza
tra i due livelli del partito. Del resto il fatto di pretendere garanzie per il
territorio che dovrà ospitare l’impianto mi pare legittimo. Se poi gli esponenti
triestini avranno o meno l’ultima parola nel confronto interno al Pdl - conclude
Brandi - beh, questo bisogna chiederlo a Tondo e Ciriani».
Maddalena Rebecca
Troppo smog, centro chiuso da oggi a domenica
Polveri sottili alle stelle, traffico limitato a
partire dalle 16. Laureni: il freddo è passato, abbassare la temperatura nelle
case
Da oggi alle 16 città di nuovo chiusa al traffico per polveri sottili. Le
tre centraline-sentinella hanno dato valori incredibilmente alti nonostante la
bora feroce dei giorni scorsi e il bel tempo che è seguito. Dalle 16 alle 19
scatta il divieto in tutto il perimetro del centro città (con le consuete
deroghe). Domani mattina il divieto scatta alle 9.30 e dura fino alle 12.30, per
riprendere alle 16 fino alle 19. Anche domenica centro chiuso alle macchine con
gli stessi orari, una valutazione sarà fatta dal Comune con l’Arpa lunedì
mattina. In Comune ci hanno pensato un po’, prima di far piombare questa
decisione sul week end dei triestini. «Ma quando due centraline-sentinella
superano i limiti, è un obbligo di legge, e purtroppo è d’obbligo anche una
scelta, qui le centraline erano tre» dice l’assessore all’Ambiente, Umberto
Laureni. Il sindaco Cosolini ha firmato l’ordinanza ieri pomeriggio. In piazza
Libertà la centralina aveva segnalato ben 82,7 microgrammi per metro cubo di
polveri sottili, quella di via Carpineto 74,4, in via Svevo si erano raggiunti i
75,4. Il limite è di 50 microgrammi. I Piani di azione comunale (Pac) obbligano
le amministrazioni a pedonalizzare quando «almeno due centraline non entrambe
situate nel rione di Servola superano il valore medio giornaliero di 70
microgrammi». Sotto accusa, posto che non è così certo che la bora “pulisca”
l’aria come comunemente si dice, non solo le emissioni industriali, ma anche il
riscaldamento domestico mandato al massimo nei giorni del gelo. Il Comune invita
a nuovamente ridurre la temperatura: «Dai giorni del grande freddo a oggi c’è
una differenza di almeno 15 gradi - avverte Laureni -, ma in quanti condomini è
stata proporzionalmente regolata la temperatura interna? Non solo i cittadini,
ma soprattutto gli amministratori di stabili e uffici dovrebbero intervenire».
Il divieto vale per il consueto perimento. All’interno restano percorribili via
Commerciale tra via Cordaroli e via Pauliana, l’intera via Pauliana, via Salata,
galleria di Montebello, piazza dei Foraggi, viale Ippodromo, via Udine tra
salita di Gretta e via Barbariga, via Barbariga tra via Udine e via dei
Saltuari, e le strade di accesso e uscita dai parcheggi. A tutte le deroghe
ormai note (veicoli a emissione zero, oppure Euro 4 e 5, motoveicoli e
ciclomotori Euro 2 e 3, taxi, veicoli di medici e veterinari, di autoscuole, di
corpi consolari e diplomatici, adibiti a servizio di Stato o di pubblica
sicurezza, ecc.) si accompagna anche quella che prevede il “car pooling”:
possono circolare i mezzi con almeno 3 persone a bordo, compreso il conducente.
«Abbiamo anche consultato le previsioni - prosegue Laureni -, il tempo
continuerà stabile. Ai negozianti che di solito si lamentano per le chiusure del
centro vorrei dire che di queste giornate di emergenza possono approfittare per
una prova generale anticipata del prossimo Piano del traffico. È meglio
prenderla come una cosa bella, si potrà camminare in città con meno macchine
intorno».
(g. z.)
Rotatoria all’Ospo, terra inquinata - Scoperta la
presenza di idrocarburi, i lavori rischiano di andare per le lunghe
MUGGIA Presenza di idrocarburi nella terra rimossa per costruire la futura rotatoria dell'Ospo. La notizia è trapelata ieri mattina durante la riunione dei capigruppo consiliari dei partiti presenti in Provincia convocata dall'amministrazione Bassa Poropat, su richiesta del capogruppo del Pdl Claudio Grizon, per relazionare il quadro degli interventi previsti nella zona delle Noghere. Nei lavori che concernono la riqualificazione dell'area delle Noghere, come ha spiegato l'assessore Zollia, “siamo partiti dalla rotatoria dell’Ospo, dove l’amministrazione è in attesa dell’autorizzazione richiesta al ministero dell’ambiente per il frazionamento in due parti del progetto”. Nel frattempo però, “dopo aver correttamente smaltito i cumuli esistenti, si è proceduto all’analisi dei terreni con presenza di idrocarburi” - ha aggiunto l'assessore - “inquinante che risulta presente in modo particolarmente esteso, tanto che la Provincia ha dovuto avviare l’analisi di rischio e sulla base di detti risultati chiederà all’Arpa ed al ministero, per ragioni di economicità come previste dalla norma, di lasciare in situ gli inquinanti fino all’avvio dei lavori”. Qualora gli Enti preposti al controllo condividessero l’impostazione proposta dalla Provincia, si presume che la consegna dei lavori avverrà entro l'autunno di quest’anno mentre l’ultimazione sarà prevista per l’agosto del 2013. Ma la rotonda nei pressi del Rio Ospo è solo uno dei tanti interventi che andranno ad interessare la zona. Per quanto concerne la rotatoria di via dei Caduti sul Lavoro, dove le opere provvisorie sono state concluse nel gennaio di quest’anno ed hanno portato all’apertura della strada nei due sensi di marcia, Zollia ha evidenziato che “le opere definitive, come quelle provvisorie, sono a carico del Centro commerciale Montedoro Freetime sulla base degli impegni assunti nella convenzione relativa agli oneri di concessione”. Zollia ha successivamente analizzato gli interventi oggetto di protocollo d’intesa tra Provincia di Trieste e Comune di Muggia, che riguardano nello specifico la rotatoria all’uscita della galleria Montedoro, le opere di adeguamento dell’intersezione tra la bretella autostradale e la ex Strada statale 15, la rotatoria all’ingresso del Centro Commerciale Montedoro, che, quali opere provvisorie, saranno a breve appaltate dal Comune (affidamento dei lavori in aprile e ultimazione in 6 mesi) mentre la parte realizzativa definitiva competerà alla Provincia. «L’esigenza di procedere ad una fase provvisoria preventiva serve per verificare gli impatti delle opere medesime sul trasporto privato e su quello pubblico locale per renderle definitive solamente dopo averne accertata la piena efficacia», ha puntualizzato l'assessore provinciale alla viabilità. Per quanto riguarda infine la galleria Montedoro, che la Provincia ha ricevuto in consegna dall’Anas nell’agosto 2009 e che da tempo necessita di lavori di manutenzione e pulizia, Zollia ha condiviso l’urgenza degli interventi che potrebbero essere eseguiti attraverso la sostituzione dei pannelli di acciaio porcellanato rotti e la pulizia di tutti gli altri per un altezza di 4 metri, la sostituzione dei delimitatori di margine e la rivisitazione dell’impianto elettrico, con una spesa complessiva ipotizzabile intorno ai 25mila euro, disponibili quale copertura sin da questa primavera.
Riccardo Tosques
Green economy Via libera al Fondo Kyoto
Green economy e sviluppo sostenibile per la crescita dell’Italia. Settori che, se sfruttati al meglio delle loro opportunità, possono creare occupazione, da uno a due milioni di posti. E, dal 15 marzo, cittadini, interi condomini, piccole aziende, Fondazioni, potranno presentare domanda per accedere al Fondo Kyoto da 600 milioni di euro, in grado di movimentarne, si stima, il doppio, in base al meccanismo rotativo secondo il quale è concepito il Fondo, atteso dal novembre del 2008. A presentarlo i ministri dello Sviluppo Economico, Corrado Passera, e dell’Ambiente, Corrado Clini (nella foto), insieme al presidente della Conferenza Stato-Regioni, Vasco Errani. In particolare Passera ha sottolineato che «ci saranno 1-2 milioni di occupati se sapremo sviluppare a fondo tutte le filiere e le opportunità dell’economia verde».
IL PICCOLO - GIOVEDI', 16 febbraio 2012
Rigassificatore, l’ira della Regione Ciriani: «Comune
irresponsabile»
Tuona il vice di Tondo: «L’amministrazione di Trieste
ha preferito inseguire un facile e immediato consenso popolare». Gas Natural va
avanti per la sua strada: disponibili a un nuovo confronto
Un “no” indigesto. La Regione non manda giù il boccone politicamente
trasversale servitole, quasi all’unanimità, dal Consiglio comunale con il parere
negativo al progetto del rigassificatore di Zaule. Un boccone molto pesante,
condito da 37 voti allineati fra maggioranza (compatta) di centrosinistra e
opposizione con il centrodestra e i “grillini”, due sole astensioni (Carlo
Grilli della Lista Dipiazza e Michele Lobianco del Fli) e altrettanti non
votanti perché usciti prima dall’aula (l’ex primo cittadino Roberto Dipiazza e
l’ex Pdl Roberto Antonione). Nessun contrario alla delibera che certifica la
posizione del Comune di Trieste. Due giorni dopo, i vertici regionali rompono il
muro di silenzio dietro cui si erano trincerati martedì e fanno sapere di non
aver apprezzato affatto. Se il governatore Renzo Tondo non va oltre un «mi
stupisce» registrato e diffuso dai microfoni Rai del Tg regionale, il suo vice
Luca Ciriani tuona. Una bufera di considerazioni. La premessa lo annuncia: sul
voto il numero due della Regione ha una posizione dichiaratamente «critica». Poi
gli interventi a gamba tesa sul Consiglio comunale triestino: «Ritengo che
l’amministrazione di Trieste abbia preferito inseguire un facile e immediato
consenso popolare rispetto alla possibilità di approfondire, porre condizioni,
discutere sulle potenzialità dirette e indirette di un impianto di questo tipo».
Duro Ciriani, che accantona la diplomazia e bolla il Comune come, a suo dire,
colpevole di «una forte mancanza di senso di responsabilità nei confronti della
città. Negare è sempre semplice, soprattutto quando porta con sè facile
consenso. Ma la via più facile non è sempre la migliore». Ciriani, che assieme a
Tondo aveva recentemente invitato i colleghi di partito del Pdl a valutare
l’ipotesi rigassificatore alla luce dell’evoluzione del contesto
economico-occupazionale, ribadisce la necessità di una riflessione su «quali
siano le prospettive per il futuro nel settore industriale, quale l’indotto,
quali i piani concreti di sviluppo. Non bisogna svendere il territorio, ma
nemmeno cristallizzarlo, soprattutto quando si parla di aree degradate,
inquinate e inutilizzate, già esistenti in un contesto industriale». Com’è
quella dell’ex Esso su cui il colosso spagnolo dell’energia, Gas Natural,
vorrebbe realizzare l’insediamento. Proprio Gas Natural non si scompone di
fronte al nuovo “no” del Comune, il terzo dopo quelli datati 2006 e 2007. «Gas
Natural Rigassificazione Italia prende atto del parere espresso dal Consiglio
comunale - esordisce la nota diffusa dalla società -. L’Azienda sottolinea però
che il progetto definitivo, depositato nel settembre 2011, è un progetto nuovo,
capace di dare risposte concrete ai dubbi emersi in precedenza». Collegandosi
probabilmente alle accuse di “assenza” piovutele addosso da consiglieri comunali
di maggioranza e d’opposizione, e dal sindaco Roberto Cosolini, Gas Natural si
dichiara poi aperta al dialogo, confermandosi nel contempo lontana da
tentennamenti sulla strada imboccata. Alla società iberica non sarà mai sfuggito
che il parere del Comune, nonostante sia politicamente pesante, è sì
obbligatorio ma ha valore solo consultivo. Non vincolante. «L’azienda - recita
il comunicato - ribadisce la propria disponibilità nel fornire a tutti gli enti
interessati ogni ulteriore chiarimento ritenuto necessario o opportuno e
conferma la propria fiducia nei confronti di tutte le istituzioni coinvolte
rimanendo aperta a ogni tipo di confronto diretto, nella piena convinzione che
questo progetto genererà valore per il territorio locale e aumenterà la
sicurezza nell’approvvigionamento di gas dell’intero Paese». Sul piano politico,
che la Regione oggi non possa più far leva sull’allineamento dei pianeti in
piazza Unità è evidente, ma le parole di Tondo-Ciriani e il voto del Pdl in
Comune mettono in luce anche la diversità di vedute all’interno del principale
partito del centrodestra. Cosa che lascia il coordinatore regionale Isidoro
Gottardo «del tutto indifferente», considerato che «è chi governa ad avere la
responsabilità delle scelte. E il sindaco ha la sua visione». Il capogruppo Pdl
in Consiglio comunale Everest Bertoli intanto conferma una volta di più la
«contrarietà alla proposta così come oggi prospettata. La società proponente non
ha fornito i chiarimenti e le garanzie richieste per sicurezza, ambiente e
impatto sul nostro territorio». L’unico iscritto al Pdl che in Comune pare
viaggiare sulla stessa linea di Tondo e Ciriani è Roberto Dipiazza, l’ex
sindaco, il quale però in Municipio è eletto con la lista civica che porta il
suo nome. E non si riconosce nel Pdl triestino.
Matteo Unterweger
Confindustria: Razeto e Calligaris perplessi per il
secco no - REAZIONI
«Perplessità» sul «no categorico» del Consiglio comunale
di Trieste al progetto del rigassificatore di Zaule è stata espressa ieri dal
presidente della Confindustria regionale, Alessandro Calligaris. «La
realizzazione del terminale potrebbe costituire uno strumento di supporto e
rilancio del tessuto produttivo, non solo triestino ma anche regionale - ha
rilevato Calligaris -. Fermo restando che la salvaguardia dell’ambiente e la
tutela delle condizioni di sicurezza sono considerati una priorità, per
Confindustria la realizzazione di questo importante progetto rimane necessaria e
urgente». Concorda il presidente della costola triestina dell’associazione di
categoria, Sergio Razeto: «L’orientamento favorevole di Confindustria non vuole
e non può prescindere da alcuni prerequisiti di capitale importanza nella
stesura del progetto definitivo, quali l’utilizzo delle tecnologie più avanzate
in termini di sicurezza e impatto ambientale, la riduzione dell’impatto
paesaggistico dell’impianto e la compatibilità con le attività logistiche e
portuali presenti e future». Per Razeto «sarebbe stato più costruttivo
sollecitare la società proponente a colmare i deficit progettuali attraverso la
richiesta e l’imposizione di prescrizioni sempre più stringenti, anzichè
esprimere netta contrarietà al progetto. Si riconosce che da parte di Gas
Natural - ha concluso Razeto - è mancata l’apertura a un confronto efficace e
diretto con gli attori locali, presupposto per rendere la proposta il più
possibile coerente con le esigenze del territorio».
Nella delibera il “mezzo altolà” alla Tav - Ribadito,
con emendamento di Ravalico (Pd), il contenuto già inserito nelle direttive al
nuovo Prg
«Sarà altresì esclusa la costruzione sul territorio comunale di infrastrutture di trasporto, come le linee ferroviarie Av/Ac, qualora comportino impatti non sostenibili sull’ecosistema carsico e sui fenomeni carsici ipogei ed epigei». Questo passaggio compare in uno degli emendamenti, fatti propri dalla giunta e quindi divenuti parte integrante del documento, alla delibera sul parere negativo al progetto del rigassificatore di Zaule, approvata dal Consiglio comunale. «Richiama, riportandolo pari pari - chiarisce il firmatario dell’emendamento Mario Ravalico del Pd -, il testo presentato da Marino Andolina (Fds, ndr) e approvato all’interno delle direttive del nuovo Piano regolatore». Ripete e quindi rafforza il concetto. Una sorta di “mezzo altolà”, non uno stop netto. L’emendamento di Ravalico non è sfuggito in aula, nella notte fra lunedì e martedì, al pidiellino Paolo Rovis: «Mi è sembrato inopportuno - afferma il consigliere d’opposizione -. Non c’entra nulla con il rigassificatore. È inutile specificare poi la questione del “non sostenibile” perché tutti i progetti passano per le valutazioni ambientali. Noi siamo favorevoli alla realizzazione della Tav, con le giuste cautele ovviamente». «Non è un no alla Tav. Fermo restando che non credo la vedremo nel periodo di vigenza del nuovo Piano regolatore», si affretta a specificare il sindaco Roberto Cosolini. Che approfondisce: «Il potenziamento delle strutture ferroviarie resta per noi una priorità. Quel passaggio rinnova un principio: la valutazione dell’impatto ambientale di un’opera va fatta sempre seriamente». Pare che all’epoca, la prima versione dell’emendamento Andolina alle direttive del nuovo Prg facesse riferimento a «impatti rilevanti sull’ecosistema carsico» invece del definitivo «impatti non sostenibili». La concertazione politica ha poi aggiustato il tiro. L’assessore regionale a Infrastrutture e trasporti Riccardo Riccardi prende atto di quanto accaduto in Consiglio comunale e rimane prudente: «Mi riservo di leggere il documento». Per poi ripassare i contorni della vicenda Tav: «La rete dell’Alta velocità fa parte dell’elenco delle opere strategiche del governo. L’intesa sulla localizzazione è di competenza della Regione mentre i Comuni solamente partecipano alla fase istruttoria». Sulla definizione del tracciato, conferma Riccardi, «stiamo ancora lavorando», segnatamente «per renderlo meno impattante». L’assessore assicura poi che ci sarà «dialogo con i Comuni. Sull’ultima ipotesi del tracciato c’era stata la condivisione dell’allora sindaco Dipiazza». I tempi (politici) sono cambiati. In Regione c’è sempre il centrodestra al timone, in Comune guida dalla fine del maggio scorso il centrosinistra. E allora: «Sarà mia cura - promette Riccardi - approfondire il tema con Cosolini».
(m.u.)
Addio alla Tav “balneare” Il commissario accelera
Mainardi: «Lo studio sul percorso alternativo dell’alta velocità pronto a giugno Sono qui da sei mesi, non so perchè ci siano voluti 15 anni per cambiare idea»
TRIESTE L’alternativa al tracciato costiero della Tav in Veneto è sempre più concreta. A giugno, quando sarà pronto lo studio di fattibilità chiesto e ottenuto dal commissario Bortolo Mainardi, l’ipotesi dell’alta velocità direzione spiagge potrebbe andare definitivamente in archivio. Con tutte le sue criticità: dai costi alla contrarietà degli enti locali. Il secondo studio Proprio Mainardi, recuperati i 400mila euro necessari (per il primo studio di un tracciato che nessuno vuole sono serviti 14 milioni), ha concordato con i tecnici di Rfi e Italferr il percorso di un secondo studio centrato sul quadruplicamento dell’attuale linea ferroviaria. Si punterebbe in sostanza a fare perno sull’esistente, la Mestre-Portogruaro, linea da modernizzare e ampliare ma in grado di superare la questione economica (l’alta velocità a servizio delle spiagge avrebbe un costo di 44 milioni di euro al chilometro, contro i 15-18 della media europea) e l’opposizione dei sindaci. L’incontro con i sindaci L’altro giorno, spiegando ai 14 diretti interessati (13 dei quali si sono opposti al tracciato lagunare) in una riunione che ha visto anche presenti l’assessore ai Trasporti del Veneto Renato Chisso (“sponsor” della Tav sulla costa), la presidente della Provincia Francesca Zaccariotto e il sindaco di Venezia Giorgio Orsoni, Mainardi ha visto qualche faccia più distesa. L’alternativa è al momento solo «eventuale», sottolinea il commissario, ma convince di certo più di una prima ipotesi strabocciata. La sfida «Ci saranno perplessità legate soprattutto all’inquinamento acustico – commenta –, ma si tratta di guardare al domani, di avere il coraggio della sfida, con i sindaci che possono diventare protagonisti della partita. Abbiamo ferrovie vecchie 150 anni e treni che vanno da Mestre a Trieste a 75 all’ora, si deve fare il possibile per trovare una soluzione condivisa». I comitati no-Tav? «Faccio il mio lavoro. Mi limito solo a osservare il paradosso che in Veneto protestano gli stessi che in Val di Susa dicono no al nuovo tracciato chiedendo il potenziamento dell’esistente». Quanto al fatto che ci sono voluti 15 anni per iniziare a pensionare la Tav balneare, Mainardi preferisce non commentare: «Sono qui da soli sei mesi, questioni politiche e polemiche non appartengono al mio ruolo». Il nodo Marco Polo Rimane aperto il nodo aeroporto. Al Marco Polo il collegamento con l’alta velocità sarà garantito dal bivio di Dese, con un raccordo ferroviario già pensato per il Sistema ferroviario metropolitano regionale del Veneto, ma nello studio di fattibilità in cantiere si prevede che le merci non passino per la stazione di Mestre e l’aeroporto. Venezia insiste sin d’ora con il sindaco Orsoni: non arrivare al Marco Polo sarebbe una sconfitta. Critiche, pure nei confronti del commissario, riprese dal presidente della Save Enrico Marchi che chiede lo stesso trattamento di Francoforte, Parigi, Lione: una direttiva dell’Ue dispone che i loro scali vengano raggiunti dall’alta velocità.
Marco Ballico
Il Wwf scrive a Lubiana contro “Krsko 2”
Netta opposizione alla costruzione di una nuova centrale
nucleare a Krsko e al mantenimento in servizio di quella attuale fino al 2043. È
uno dei punti fondamentali delle osservazioni del Wwf sul Piano energetico
nazionale (Pen) 2010-2030 della Slovenia, che l’associazione ambientalista ha
inviato nei giorni scorsi al neoinsediato governo di Lubiana. Le osservazioni
del Wwf erano state formulate nell’ambito della procedura Vas (Valutazione
ambientale strategica) transfrontaliera, conclusa lo scorso novembre, ed erano
state inviate ai competenti organi italiani (Ministero dell’ambiente e Regione
Friuli Venezia Giulia) e alla Commissione europea. Per l’invio a Lubiana
l’associazione ha preferito attendere la nuova compagine governativa. Il Pen,
predisposto dal governo Pahor, prevede il prolungamento della vita utile
dell’attuale centrale di Krsko fino al 2043 e la costruzione entro il 2022 di
una seconda centrale da 1.000 o 1.600 Mw di cosiddetta «terza generazione» nello
stesso sito. «Scelta - osserva il Wwf - in stridente controtendenza rispetto a
quanto hanno deciso a esempio Germania o Svizzera, per tacere dell’Austria.
Inoltre sullo smaltimento delle scorie radioattive il Pen sloveno non fornisce
risposte».
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 15 febbraio 2012
Consiglio, 37 no al rigassificatore di Zaule - COMUNE »
LA SVOLTA
Voto trasversale contro l’impianto di Gas Natural.
Astenuti Lobianco (Fli) e Grilli. La Regione sceglie il silenzio
il sindaco Cosolini "nulla di male nel cambiare idea meditatamente: per me è
stato così per l’assenza di risposte credibili da parte del proponente"
L’ASSESSORE LAURENI "Ora l’iter prevede due Conferenze dei servizi: una interna in Regione e poi quella nazionale che prenderà la decisione finale"
E nella notte si fece largo un “no” secco, chiaro, a prova
di ogni possibile interpretazione. Anche perché trasversale. Il “no”, il terzo
del Consiglio comunale dopo quelli del 2006 e del 2007, al progetto del
rigassificatore di Zaule - proposto da Gas Natural - rende ancora più granitica
la posizione di Trieste. I numeri bastano da soli a spiegarne la solidità
politica: sui 39 consiglieri presenti in aula al momento del voto (assenti i
soli Roberto Dipiazza e Roberto Antonione, usciti anzitempo dall’arena) in 37
hanno detto “sì” alla delibera che boccia, dando parere negativo, il progetto
del terminale di rigassificazione e la collegata e propedeutica (nelle
intenzioni del proponente) ipotesi di variante urbanistica e portuale. Tra
perplessità di carattere ambientale e per l’assenza di certezze in termini di
ricadute per il territorio, compatta tutta la maggioranza di centrosinistra e
quasi completamente allineata pure l’opposizione. Quasi, per l’appunto: due gli
astenuti, cioè Michele Lobianco (Fli) e Carlo Grilli (Lista Dipiazza).
Virtualmente sarebbero stati tre, con l’ex primo cittadino Roberto Dipiazza. E
altrettanto virtualmente i voti pro bocciatura del rigassificatore possono
essere considerati 38 su un totale di 41: Roberto Antonione, infatti, aveva
confermato la contrarietà al progetto nel suo intervento. Ok alla delibera
presentata dall’assessore con delega all’Ambiente Umberto Laureni anche dai sei
del Pdl, come da mandato del coordinamento comunale del partito, nonostante dai
vertici della Regione, alias il presidente Renzo Tondo e il vice Luca Ciriani -
entrambi pidiellini -, fossero arrivati nei giorni scorsi gli inviti a una nuova
riflessione sull’eventuale realizzazione dell’impianto, motivata dal mutato
scenario economico e occupazionale. Inviti a cui i consiglieri regionali
triestini del Pdl, fra cui i “comunali” Piero Camber e Maurizio Bucci, non
avevano chiuso la porta in faccia. Il quesito conseguente: come sarà stato
incassato in Regione il voto del Comune? In silenzio, per ora. Cercati ai
rispettivi telefonini Tondo e Ciriani (che ha la delega ad Ambiente ed Energia),
così come Federica Seganti, assessore alle Attività produttive, non hanno
risposto. Il tabellone del Consiglio comunale, l’altra notte, ha accolto anche
alcuni cambi di rotta (motivati in aula), come quelli di Franco Bandelli,
favorevole al rigassificatore quando era assessore nel Dipiazza-bis e ora
convintamente contrario da consigliere di Un’Altra Trieste, e del sindaco
Roberto Cosolini. Il quale, affiancato da Laureni, ha ribadito ieri pomeriggio
la sua posizione: «Ritengo non ci sia nulla di male a cambiare meditatamente
opinione, tanto più su un tema così delicato. In Consiglio ho semplicemente
motivato come mai io, nel 2008 favorevole, sono arrivato a cambiare opinione:
per l’assenza di risposte credibili da parte del proponente e grazie al parere
di vari tecnici che mi hanno invitato a diffidare del progetto». Che il parere
del Comune sia solo un atto consultivo non preoccupa Cosolini: «Regione e
ministero dovranno tenere conto della sostanziale unanimità delle rappresentanze
politiche della città affinché il rigassificatore di Zaule non si faccia», la
sottolineatura del sindaco che chiede alle forze d’opposizione che in piazza
Oberdan sono maggioranza di «spingere per far sì che il nostro orientamento
diventi quello di chi governa in Regione». Laureni - prima di riepilogare anche
i motivi alla base del parere negativo del Comune già espressi in aula - ricorda
come ora l’iter preveda (dai primi di marzo in poi ma non sono esclusi
slittamenti) «una doppia Conferenza dei servizi». «Una interna dei servizi
regionali - continua l’assessore - con gli enti chiamati a esprimere le loro
osservazioni e una nazionale da cui uscirà il parere finale sulla realizzabilità
o meno dell’impianto». Nel centrosinistra esultano consiglieri ed ex consiglieri
comunali, con tanto di jingle: «Se prima eravamo in sette ad esser contrari al
rigassificatore, adesso siamo in 37...». Firmato Iztok Furlanic e Marino
Andolina (Fds), Roberto Decarli (Trieste cambia), Emiliano Edera (Idv, oggi
assessore), ex consigliere come pure Bruna Tam, Alfredo Racovelli e Alessandro
Minisini. E per Giorgio Cecco, coordinatore regionale di FareAmbiente, il voto è
«un segnale importante».
Matteo Unterweger
Il “finiano” spiega: «Pronti a riflettere davanti a
garanzie»
Astenuto, proprio come la Lista Dipiazza. Anche il
“finiano” Michele Lobianco, unico esponente del Fli in Consiglio comunale, ha
scelto di non esprimersi sul rigassificatore l’altra notte in aula. «Futuro e
libertà - spiega i motivi della decisione Lobianco - non è preconcettualmente
contro il rigassificatore, laddove il progetto sia veramente garantito da
certificati di sicurezza e compatibilità ambientale. Fli ha voluto così aprire
una fase di ragionamento e riflessione su quelle che potrebbero essere le
ricadute per la città se si presentasse un altro progetto con garanzie». «Il no
del Consiglio comunale ha un valore politico», è invece il pensiero di Franco
Bandelli e Alessia Rosolen (Un’Altra Trieste). «C’è il rammarico - proseguono -
per non essere riusciti a raggiungere l’unanimità nell’interesse della città,
nonostante ci fossimo adoperati per convincere sia il consigliere della Lista
Dipiazza Grilli che quello di Fli Lobianco che hanno preferito astenersi di
fronte a un tema in cui non sono accettabili vie di mezzo». E ai consiglieri del
Pdl dicono: «Ora dovranno spiegare il loro voto contrario al rigassificatore a
chi ha sempre fatto del sostegno all’impianto di Zaule una condizione
imprescindibile per poter far parte del Pdl in Regione. Come faranno quei
consiglieri comunali del Pdl che siedono anche fra gli scranni di piazza Oberdan
- si chiedono Bandelli e Rosolen - a giustificare il loro voto alla luce del
recente appello giunto sia da Tondo che dal suo vice Ciriani per accelerare il
sì al progetto?».
«Uno stop che non fa gli interessi di Trieste» - L’ex
sindaco difende la validità dell’operazione gnl: «Solo con l’ok al progetto si
bonificherà l’area»
Controcorrente. Dopo il parere negativo espresso dal Consiglio comunale sul progetto del rigassificatore di Zaule, al termine di una seduta fiume protrattasi fino a notte inoltrata, Roberto Dipiazza ha spiegato le ragioni per le quali la sua lista ha deciso di optare per l’astensione, insieme a Lobianco di Fli, scegliendo così di non uniformarsi al voto, quasi unanime, di 37 consiglieri. Per l’ex sindaco, il progetto del colosso spagnolo Gas Natural rappresenta l’unica soluzione per risolvere in modo definitivo la bonifica di un’area inquinata come quella dell’ex Aquila. «Parliamoci chiaro, durante i lavori dell’aula ne ho sentite di tutti i colori – attacca Dipiazza –. C’è chi ha detto che il rigassificatore farebbe più danni di 50 bombe atomiche messe insieme, chi teme un rischio attentati, chi infine parla di un porto che resterebbe fermo per duecento giorni. Cerchiamo di essere seri: parlare in questo modo significa non conoscere a fondo le cose e soprattutto non fare gli interessi della città. Il progetto del rigassificatore è l’unico modo per bonificare quell’area inquinata, dove è necessario un investimento di 40 milioni di euro, altrimenti ci ritroveremo nella stessa situazione anche tra cinquant’anni». Dipiazza, in conferenza stampa insieme al consigliere Carlo Grilli, non crede ai dubbi e alle perplessità sugli eventuali rischi ambientali, sollevati nel corso della lunga discussione in aula, e per supportare la propria tesi cita il ministro dell’Ambiente Corrado Clini, che in una recente dichiarazione, si è schierato a favore dei rigassificatori. Pur ricordando come la mancata garanzia delle royalties richieste a suo tempo dal Comune a Gas Natural in cambio di un sostegno politico, bloccò di fatto il progetto, l’ex primo cittadino punta a soffermarsi sulle ricadute economiche favorevoli per la città nel caso di un investimento del colosso spagnolo, sia in termini di risparmio energetico, sia sul fronte occupazionale. «Degli 8 miliardi di metri cubi di gas prodotti da Gas Natural, uno di questi andrebbe a servire il territorio locale – precisa Dipiazza –. Questo significa, in termini pratici, poter usufruirne a prezzi inferiori. Altrimenti continueremo a pagare il 30 per cento in più di energia elettrica, e soprattutto ci troveremo nelle condizioni di non avere più gas per l’industria alla prima emergenza, come accaduto ad esempio con il maltempo di questi ultimi giorni».
Pierpaolo Pitich
FERRIERA - Il salvataggio Lucchini legato all’ok dei
giudici
Determinante il via libera dal Tribunale di Milano al piano delle banche Riunione al ministero dello Sviluppo Economico su Trieste e Piombino
TRIESTE Avrebbe dovuto esserci il sottosegretario De
Vincenti, che si occupa dei tavoli siderurgici, ma gli impegni parlamentari
dell’esecutivo lo hanno costretto altrove. Così ieri al ministero dello Sviluppo
Economico a coordinare i lavori del “dossier Lucchini” c’era Giampietro Castano,
“grand commis” ministeriale ed esperto di situazioni critiche, a vendo tra
l’altro seguito la delicata vertenza di Termini Imerese. In via Veneto si sono
quindi dati convegno Governo, Regione Toscana (con l’assessore Simoncini) e
Friuli Venezia Giulia (con l’assessore Savino), amministrazioni locali (gli enti
locali triestini rappresentati da Vittorio Zollia e Fabio Omero), organizzazioni
sindacali nazionali e territoriali, azienda: i soggetti hanno preso atto delle
tre questioni basilari che definiscono l’immediato futuro di Piombino e di
Trieste. La prima: auspicare che giunga al più presto l’omologa del Tribunale
milanese alla complessa operazione finanziaria con cui le banche hanno di fatto
assunto i pieni poteri nella Lucchini. La seconda: fare in modo che la “salute”
degli impianti venga tutelata . La terza: trovare il più rapidamente possibile
un interlocutore o più interlocutori in grado di comprare i siti produttivi di
Piombino, Trieste, Lecco, Condove. Per un totale di circa 3 mila addetti, cui
s’aggiungono quelli impegnati nelle attività indotte. Il gruppo Lucchini era
rappresentato ad alto livello: l’amministratore delegato, Calcagni, era
accompagnato da altri due consiglieri di amministrazione, Ria e Varnier,
entrambi indicati dal pool di banche “plenipotenziarie”. Un primo fatto concreto
è che è scaduto il tempo per opporsi in sede giudiziale al piano presentato
dalle stesse banche, piano che ha ristrutturato debiti per 725 milioni e che
dovrebbe “ ossigenare” gli stabilimenti fino al 2014, termine entro il quale ad
Alexei Mordashov dovranno succedere uno o più imprenditori, a seconda che la
soluzione di vendita sia unica o invece - come pare più probabile - “a
spezzatino”. L’assenza di oppositori potrebbe consentire un esame accelerato da
parte del giudice Roberto Fontana, cui è stato affidato il compito di omologare
il piano finanziario ex art.182 bis della Legge fallimentare. Una nota della
Regione, diramata ieri sera, faceva riferimento alla volontà di tutti i soggetti
coinvolti riguardo lastipula di un protocollo d’intesa indirizzato a un progetto
di riconversione del sito servolano. Ma senza l’omologa milanese i protocolli
restano carta: e così il nuovo appuntamento romano attenderà le decisioni
milanesi. A proposito di contesti economico-industriali, i dati riguardanti
alcuni grandi gruppi siderurgici internazionali non sembrano promettenti. Per
ThyssenKrupp, che ha appena ceduto il controllo delle attività inox alla
finlandese Outokumpu, il primo trimestre dell’esercizio 2011-12 si è chiuso con
un “rosso” di 460 milioni, ben differente rispetto ai 142 milioni di utile
conseguiti un anno fa: l’ebit è calato del 68% a 83 milioni, il fatturato è
lievemente sceso a 9,9 miliardi, forti perdite negli States e in Brasile. Nel
quarto trimestre 2011 un altro protagonista dell’acciaio mondiale, ArcelorMittal,
ha perso un miliardo di dollari . Ma entrambi i colossi confidano in un 2012
migliore.
Massimo Greco
Riccardi insiste: «Nei trasporti priorità all’asse
gomma-rotaia» - IL NUOVO TPL
UDINE Proseguono le consultazioni sul nuovo Piano regionale del trasporto pubblico locale (Tpl). Dopo la presentazione alle Province, l'assessore regionale alla Viabilità e ai trasporti Riccardo Riccardi si è confrontato ieri con le organizzazioni sindacali. Il piano, approvato dalla giunta in via preliminare a fine 2011, resta in questa fase aperto all'arricchimento delle proposte e contributi «che - ha spiegato Riccardi ai rappresentanti di Filt-Cgil, Fit-Cisl, Uilt, Ugl trasporti, Faisa, Cisal e Cub - data la complessità della materia attendiamo, dopo questo primo tavolo di confronto, in forma di relazione scritta nei tempi minimi necessari al dovuto approfondimento». Riccardi ha ribadito che l'obiettivo di base del Piano, al quale la Regione non vuole abdicare pur sapendo di dovere fare i conti con le note difficoltà in cui versa il sistema ferroviario, è lo sviluppo dell'interazione modale e tariffaria ferro-gomma, ossia fra treni con autobus e corriere. «Il confronto con i pendolari resta serrato - ha garantito Riccardi - ma anche il rapporto con i sindacati è fondamentale proprio perché per raggiungere l'obiettivo della riqualificazione dell'offerta occorre agire anche a livello di revisione del modello organizzativo». Cardine basilare di ragionamento sul Piano nel tavolo di ieri è stato quello finanziario.
IL PICCOLO - MARTEDI', 14 febbraio 2012
Comune, maratona in aula sul “no” al rigassificatore
In discussione fino a notte la delibera che dice stop
al progetto di Zaule. Laureni: rischi ambientali. Ravalico: royalties, solo
voci. Rovis: Gas Natural assente
Seduta maratona in Consiglio comunale per il voto sul parere negativo al
progetto del rigassificatore di Zaule. La discussione è proseguita sino a notte
inoltrata, galoppando fra interventi-fiume dopo l’illustrazione tecnica della
delibera firmata dall’assessore con delega all’Ambiente Umberto Laureni. Un
documento dal duplice contenuto: non solo la versione definitiva del progetto
presentato dal colosso spagnolo dell’energia Gas Natural, ma anche quello
collegato di variante urbanistica e portuale volta a creare le condizioni per
l’insediamento industriale. Un tema complessivo pesante, pesantissimo. Su cui i
lavori del Consiglio stavano preparando - sino alla tardissima serata - la
strada a una votazione dall’esito all’apparenza scontato: “sì” alla delibera,
cioè parere ancora negativo al terminale di rigassificazione. Un “no”, in
sintesi. L’ennesimo da parte del Municipio dopo quelli del 2006 e del 2007
(quest’ultimo dopo le integrazioni fornite da Gas Natural). Ma la sentenza dei
numeri, con la probabile unanimità dell’aula, è arrivata solo a notte inoltrata.
Chi ha preso la parola nel corso della discussione pre-voto non ha in effetti
nascosto dubbi e perplessità. A iniziare da quelle ambientali, sottolineate in
primis dallo stesso Laureni: «Secondo il progetto, l’acqua da usare per
riscaldare il gas liquefatto e farlo ritornare allo stato aeriforme è quella del
mare, che poi torna in mare. Ma quella stessa acqua, per scaldare il gas si
raffredda». Non solo: «L’acqua verrebbe “clorata” - prosegue Laureni - per
impedire l’accumulo di sostanze nell’impianto. Nulla ci dice, però, il
proponente sul fatto che in molti impianti del genere il cloro con l’acqua
reagisce comunque. Ci sono quindi un problema termico e uno di composti
indesiderati». E Laureni, forte del parere tecnico elaborato dagli uffici, mette
nel mirino pure la richiesta di variante urbanistica: «È estesa a tutta l’area e
non solo alla parte interessata dal progetto del rigassificatore. Per questo va
rigettata». Altra motivazione per il “no” al progetto, quella del rischio
incidenti e collegato effetto domino: «Preoccupante - è l’ulteriore
sottolineatura di Laureni citando un altro passaggio della delibera - è che il
proponente rimandi a dopo il rilascio dell’autorizzazione ogni verifica sugli
effetti del rischio». E un grande punto interrogativo rimane pure sulle
possibili ricadute economiche per la città dalla realizzazione dell’impianto:
«Le voci sulle royalties rimangono tali», ribadisce Mario Ravalico del Pd. Paolo
Rovis (Pdl), rilevando come il collega di partito Piero Camber «la totale
assenza di Gas Natural» nella vicenda in termini di confronto, ricorda poi: «Il
voto del Consiglio comunale sarà del tutto ininfluente, obbligatorio ma
consultivo. Un parere politico». Che finirà in ogni caso sul tavolo delle
Conferenze dei servizi chiamate a prendere la decisione finale. Ancora
dall’opposizione il “grillino” Stefano Patuanelli: «Oltre alle informazioni
tecniche, avremmo voluto qualche parola sul pensiero della giunta in merito al
rigassificatore e all’approvigionamento energetico della città». Dal versante
della maggioranza di centrosinistra frecciate di Roberto Decarli (Trieste
cambia) a Maurizio Bucci (Pdl) e altre stilettate implicite alla precedente
amministrazione di centrodestra: «Per la prima volta ci esprimiamo entro i
termini, a dimostrazione di una serietà tecnica e politica». E mentre Sel fa
sapere che il suo è un «no a ogni rigassificatore» e il leghista Maurizio
Ferrara propone un ordine del giorno per arrivare a una «definitiva contrarietà
incondizionata» del Comune al progetto, Marino Andolina della Federazione della
Sinistra certifica la rinnovata coesione dell’intera assise: «Di solito si fa
festa se una pecorella torna all’ovile, qui all’ovile è tornato tutto il
gregge».
Matteo Unterweger
«M’illumino di meno» per risparmiare energia -
L’INIZIATIVA
Il Comune aderisce alla giornata
lanciata da “Caterpillar”: dal pomeriggio di venerdì alla mattina di sabato
luci spente sul palazzo di piazza Unità e in altri siti cittadini
Anche il Comune aderirà venerdì prossimo, 17 febbraio, a
“M’illumino di meno 2012”, giornata del risparmio energetico proposta dal
programma Caterpillar di Radiodue. La conferma e le modalità dell’adesione
sono state in una conferenza stampa dall’assessore all’Ambiente Umberto
Laureni e dal dirigente della divisione energia e illuminazione di AcegasAps
Massimo Carratù. Partecipando per l’ottava volta a questa iniziativa – ha
spiegato l’assessore Laureni - «abbiamo inteso dare un segnale importante di
quello che si potrebbe fare in termini di risparmio energetico spegnendo
l’interruttore». Nel ricordare l’impegno del Comune su altri analoghi
percorsi (ad esempio per l’incremento della raccolta differenziata), Laureni
ha ribadito come «tutti, ma in particolare gli enti pubblici, sono chiamati
a dare un segnale virtuoso». Nello specifico, dal pomeriggio di venerdì alla
mattina di sabato saranno oscurate cinque “fiamme” di piazza Unità, il
Salone degli Incanti, Monte Grisa, la colonna di piazza Goldoni e piazza
Vittorio Veneto. Inoltre l’amministrazione comunale (attraverso comunicati
inseriti anche sul sito web della rete civica) inviterà i cittadini ad
adottare - per venerdì, ma non solo - comportamenti corretti volti a
razionalizzare i consumi energetici, ad esempio spegnendo le luci quando non
servono, e a non lasciare continuamente in stand by gli apparecchi
elettronici. Ma l’invito che giungerà ai triestini sarà anche a ridurre i
rifiuti favorendo la raccolta differenziata e a porre attenzione
all’importanza del riciclo e del riuso oltre che allo spreco di cibo. Il
Comune solleciterà poi i propri dipendenti a sfruttare, per quanto
compatibile con le esigenze, l’orario elastico al fine di utilizzare la luce
naturale e ancora ad abbassare, sempre per quanto possibile, il
riscaldamento, oltre a spegnere le luci e le apparecchiature elettroniche
quando non sono indispensabili. «Efficienza energetica – ha detto a sua
volta Massimo Carratù di AcegasAps - vuol dire fare le stesse cose di prima
utilizzando meno energia. Trieste è altamente avanti in termini di
efficienza luminosa, con una crescita del 30%»: basti pensare che «le
lampade ad alta efficienza, che sostituiscono la vecchia tecnologia, sono
ormai il 94% di quelle installate in città».
SoniaAlfano.it - LUNEDI', 13 febbraio 2012
Rigassificatori in Italia e aiuti di Stato illegittimi - Interrogazione di Sonia Alfano alla Commissione
Nella risposta all’interrogazione E-008555/2011 la
Commissione afferma che “la misura in questione sembrava comportare solo un
rischio limitato di falsare la concorrenza” e pertanto “i servizi della
Commissione hanno deciso di non concedere un trattamento prioritario alla
denuncia in oggetto”.
La Commissione fa riferimento al suo “codice delle migliori pratiche applicabili
nei procedimenti di controllo agli aiuti di Stato”. Tale codice è stato adottato
dalla Commissione “migliorare l’efficacia, la trasparenza, la credibilità e la
prevedibilità del sistema UE degli aiuti di Stato”. Proprio in virtù di questi
principi si chiede alla Commissione Europea di rispondere puntualmente alle
seguenti domande, alcune già poste nella precedente interrogazione E-008555/2011
e alle quali non si è ricevuta una risposta:
•La Commissione riconosce l’esistenza nel caso in questione di un aiuto di Stato
non conforme alla normativa comunitaria pur se non prioritario?
•La Commissione ha mai ricevuto una notifica di tale progetto di aiuto di Stato
da parte delle autorità italiane come previsto dal diritto UE?
Con riferimento alla nota della DG concorrenza del 17/06/2011 (già citata
nell’interrogazione E-008555/2011):
•In che maniera il fatto che la “garanzia di reddito è volta a coprire una quota
degli investimenti in conto capitale per la costruzione dell’impianto” consente
di escludere l’illegittimità di tali aiuti?
•Qual è la “capacità di rigassificazione su base nazionale” cui si fa
riferimento?
•Quali sarebbero le “specifiche condizioni” cui sarebbe sottoposta tale
“garanzia di reddito”?
•Quali sono le motivazioni che “con buona probabilità” inducono la Commissione
ad affermare che siffatto aiuto è compatibile con il mercato comune?
IL PICCOLO - LUNEDI', 13 febbraio 2012
Lana di roccia a Pedena agibilità alla fabbrica
contestata dalla gente
Lo stabilimento finito nel mirino per motivi di
inquinamento potrà costruire la strada di accesso. Il Comune è contrario
ALBONA La contestata fabbrica di lana di roccia della Rockwool a Pedena, è
sempre più vicina all'agognata licenza di agibilità. Il relativo test comunque è
molto complesso e articolato e può protrarsi anche per alcuni mesi. Però nei
giorni scorsi la fabbrica ha superato il più grande ostacolo sul cammino per
arrivare al test. Stiamo parlando del permesso di agibilità per la nuova strada
d'accesso alla fabbrica della lunghezza pari a 400 metri, venuta a costare 860
mila euro. Si tratta sicuramente di un bel passo avanti visto che finora gli 80
camion che giornalmente entrano ed escono dalla fabbrica, come pure i suoi 130
dipendenti, dovevano percorrere la strada bianca. Quindi polvere o fango, a
seconda delle condizioni del tempo. La portavoce della Rockwool, Andjelka Toto
Ormuz, afferma che il permesso di agibilità avrà impatto positivo sull’atmosfera
economica dell’intera Croazia, in quanto vari investitori seguono da vicino le
vicende della fabbrica venuta a costare, lo ricordiamo, 75 milioni di euro. In
un primo tempo, nel 2005, era stato il Comune di Pedena ad assumersi l'onere di
costruire il tratto stradale in parola. Poi però, con l'arrivo del nuovo sindaco
Ivan Frankovic, non se ne fece niente visto che il Comune si è schierato contro
la fabbrica, appoggiando la protesta della cittadinanza per motivi di
inquinamento. Finora si sono svolti numerosi comizi di protesta da parte degli
ambientalisti e dei cittadini a causa dei forti disturbi agli occhi e agli
organi respiratori attribuiti alle emissioni della fabbrica. Per questo motivo
in tutti gli anni di produzione a regime di collaudo, gli impianti della
fabbrica sono stati più volti controllati da varie ispezioni, senza però trovare
nulla fuori dalla norma: le emissioni della ciminiera sono sempre risultate
entro i limiti consentiti. Il presidente del Consiglio comunale Silvan Juran ha
dichiarato che questo pezzo di carta non cambia assolutamente nulla. Il Comune
di Pedena, spiega il presidente, ha denunciato la Rockwool per inquinamento
dell'ambiente e danni alla salute della popolazione locale. Il processo è ancora
in corso al Tribunale commerciale di Pisino.
(p.r.)
IL PICCOLO - DOMENICA, 12 febbraio 2012
SEGNALAZIONI - RIGASSIFICATORE Le risposte del Comune
In riferimento alla nota di Lega Ambiente a firma Lucia Scirocco e Lino Santoro pubblicata sul Piccolo di domenica 5 febbraio, e ai quesiti rivolti all’Amministrazione Comunale di Trieste, si formulano le seguenti risposte. Si assicura innanzi tutto che questo Comune sta operando in collegamento con gli altri Enti e Istituzioni al fine di arrivare, se possibile, ad una posizione condivisa rispetto al progetto del rigassificatore di Zaule. In tal senso va giudicata pleonastica la domanda sull’impegno e la convinzione con cui il Comune di Trieste porta avanti la sua posizione di netta contrarietà all’impianto, espressa con delibera di Giunta, vidimata e arricchita nei suoi contenuti dalle sette Circoscrizioni e dalla Commissione consiliare competente. L’atto finale di questa procedura sarà naturalmente il voto in Consiglio comunale, previsto per il prossimo lunedì. Un pronunciamento si spera unanime sul no all’impianto sarebbe la più importante risposta politica che questo Comune possa dare. Si rassicura inoltre che nel testo della delibera sarà inserito l'emendamento presentato dal consigliere Marino Andolina, recepito nelle direttive del nuovo Prgc, con il quale il Comune di Trieste si è espresso chiaramente contro l’insediamento nel territorio comunale di nuovi impianti industriali a rischio di incidente rilevante. Si conferma, infine che, il Comune attuerà tutte le ulteriori azioni necessarie, qualora la conferenza dei servizi convocata presso il Ministero dello sviluppo economico dovesse esprimersi a favore delle realizzazione del progetto.
Umberto Laureni - assessore all’Ambiente,
LA LETTERA DEL GIORNO - Un rigassificatore non è la
soluzione ai nostri problemi
Sembra proprio di capire che in effetti, sul rigassificatore, qualcuno effettivamente ci giochi, un gioco da «tavolo verde» e un tantino sporchetto se mi è concesso il termine. Rigassificatore in sostituzione della vecchia Ferriera? Ridicola la differenza di personale impiegato, ridicolo pensare ai guadagni che i cittadini ne ricaverebbero e goffo il pretesto di Tondo (anche lui pentito) a voler farci ingoiare il rospo (un ricatto in realtà) sotto la spinta di «serie difficoltà» che poi sono a diffusione nazionale quale conseguenza della corrente di coalizione da Tondo stesso così ben rappresentata. Niente da stupirci per l’atteggiamento del signor Bucci che sostiene assolutamente la linea di Razeto presidente degli industriali di Trieste, al momento gli va bene così, poi si vedrà. Per il «pentito» Marini, conquistato alla nobile causa anche lui in difesa del popolo e per il nostro bene comune, insomma come sempre, rimane difficile capire invece, come con tanti paladini disponibili, le nostre condizioni, sotto tutti i punti di vista, non fanno che peggiorare. I misteri della politica sono infiniti ma facciamo in modo che non diventino dogmi, e questo dipende da noi tutti cittadini. Come lui, il signor Marini, ma diversamente da lui mi chiedo anch’io qualche cosa ovvero se sia moralmente accettabile un baratto-ricatto di questa specie quando poi questi sostenitori, palesemente tecnicamente incompetenti sul progetto non sono mai stati in grado, all’infuori dell’off-shore, di arricchire con serie alternative o proposte la questione stessa. Non che sia favorevole, ma ci sono anche le possibilità di rigassificare usando parzialmente una parte del gas che alimentando una centrale usa i residui della combustione più una quota aggiuntiva per la rigassificazione della parte liquida da rigassificare (il che non andrebbe a inquinare il mare ma limitando comunque il traffico marittimo, senza contare i danni nel comparto della pesca) ma evidentemente la multinazionale non vuole perdere neanche una goccia del suo prezioso prodotto, meglio far perdere a noi il mare intero con le conseguenze del caso. Quanto importa alla nostra politica tutto questo? Assolutamente niente, contano le remunerazioni che si attribuiscono con larghezza pur nella situazione entro la quale ci troviamo, dico ci troviamo, non che si trovano, rimandando ai posteri qualche misera riduzione...! La loro «lungimiranza» sul futuro della città si limita alla distanza che intercorre tra la poltrona e la scrivania, la dimostrazione è che Trieste ha fatto il percorso inverso a partire dalla sua ultima fondazione a oggi e tutto per «merito» delle amministrazioni che si sono succedute, tranne qualche debole eccezione, perseguendo coscientemente e assolutamente non certo per il bene comune, questo ormai collaudatissimo modello che a definire negativo è soltanto un pietoso atto. Pentitevi, pentitevi, ma non sentite nell’aria qualcosa che dovrebbe farvi capire che la gente è stanca di sentire i vostri sblatteri che tendono soltanto a dare consistenza al peso che grava sulle sostanziose poltrone che occupate. Dimostrate finalmente che il «lavoro» che fate è per passione e retribuito non più di quello di un metalmeccanico, tanto per citare una categoria, allora vi crederemo, pronti a dibattere insieme, questa volta sì, per il bene comune! Ma se la soluzione per risolvere il nostri problemi consiste nel mettere un rigassificatore in casa, allora siamo ben lontani!
Stelio Cerneca
IL PICCOLO - SABATO, 11 febbraio 2012
Al via il tavolo regionale sul futuro della Ferriera -
INCONTRO
Il dopo Ferriera prende forma. Perlomeno nel metodo.
«Avviata concretamente la cooperazione tra istituzioni pubbliche, parti sociali
ed amministrazione regionale con la discussione di una proposta di Protocollo
d’Intesa che impegni le parti a cooperare fattivamente alla progettazione di un
programma per la riconversione produttiva del sito industriale» si legge nel
comunicato diffuso dopo l’incontro di ieri a Trieste che ha riunito istituzioni
e parti sociali attorno al tavolo Ferriera. Responsabile del tavolo sarà
l’assessore regionale alle Finanze Sandra Savino. «Consapevole del fatto che si
tratta di una sfida importante per tutti ed in relazione alla quale si richiede
agli attori coinvolti un significativo contributo al programma di lavoro -
spiega Savino - sottolineo il clima positivo che ha contraddistinto le relazioni
tra i protagonisti, il che offre già di per sè una prima garanzia per il
positivo proseguimento dei lavori». Un clima condiviso. «È giunto il momento di
lavorare tutti assieme - aggiunge il sindaco di Trieste Roberto Cosolini,
presenta al tavolo - per assicurare un futuro produttivo e “pulito” all'area di
Servola. La Lucchini, dovrà per intanto, in questa fase di transizione
realizzare rapidamente l'interventi necessari al miglioramento della sicurezza e
dell'ambiente impegnando parte delle risorse nel piano di consolidamento in via
di asseverazione». Giudizio positivo anche dal fronte sindacale. «Finalmente
registriamo una convergenza delle istituzioni per affrontare la questione di
Servolo - dichiara Umberto Salvaneschi, segretario della Fim Cisl -. Un avvio
positivo che fa ben sperare in vista dell’incontro di Roma». Il 14 febbraio,
infatti, la questione Lucchini Severstal (con gli impianti di Servola e
Piombino) sarà al centro di un incontro al ministero dello Sviluppo economico.
“Urbi et Horti” conquista gli abitanti di Valmaura
Ritornare alla terra e alle proprie origini. Questa
espressione, che può sembrare un banale luogo comune, a Trieste è molto sentita.
Lo dimostra l’entusiasmo suscitato dal primo appuntamento dell’iniziativa “Urbi
et Horti” organizzato nella parrocchia di Valmaura. Decine di cittadini,
infatti, hanno seguito l’incontro tenuto da un’“equipe” tutta al femminile: il
presidente dell'Associazione Bioest, Tiziana Cimolino, il presidente
dell'associazione Italia Nostra Fvg, Luciana Boschi, l'assessore Comunale alla
Pianificazione urbana Elena Marchigiani e Carmen Roll, collaboratrice al
progetto. L'appuntamento ha visto anche il contributo di numerose associazioni
che guardano alla coltura bio. E proprio da un'associazione votata agli orti
biologici è partita l'iniziativa, che vuole porsi come apripista per altri
comuni della provincia (l’amministrazione di Muggia si è già fatta avanti). Orto
come realtà sociale e spazio dedicato alla socializzazione, quindi. Questo il
filo rosso del progetto, che tiene insieme tutte le possibilità che lo
compongono. Padre Enrico, parroco della Beata Vergine Addolorata, ha
sottolineato questo aspetto e come l'attività sia utile anche per «aggirare la
tensione che, in zone come Valmaura è comune». Obiettivo di “Urbi et Horti”,
naturalmente, è anche quello di «recuperare i valori tradizionali della cultura
del luogo - ha ricordato la presidente di Italia Nostra -. Inoltre si punta a
mettere in contatto i ragazzi con i ritmi della natura». Nel corso
dell'intervento è stato trattato l'argomento del regolamento cittadino sugli
orti urbani, tasto delicato per Trieste. Ora, secondo Marchigiani, si starebbe
ritarando la normativa sul modello udinese approvato due anni fa. Si vuole
partire da una rivalutazione degli spazi: considerarli non come patrimonio
urbano, ma piuttosto come orti sociali. Niente più lotti dalle dimensioni e
spese insostenibili, quindi: le nuove concessioni interesserebbero terreni da 40
metri quadri. Ciò che il progetto si propone è anche quello di raccogliere le
diverse richieste dei cittadini, per poi proporre delle linee guida che aiutino
a sviluppare i punti da presentare in Consiglio comunale. Gli incontri prevedono
una parte formativa e una pratica. Nelle lezioni teoriche si tratteranno anche
argomenti come l'apicultura e la tutela del verde. Nella parte pratica alcuni
contadini «insegneranno con le mani nella terra l'agricoltura biologica - spiega
Cimolino -. In questo corso ciascuno avrà opportunità di realizzare l'orto che
desidera». Il prossimo appuntamento di Urbi et Horti si terrà venerdì 24
febbraio alle 17.30 alla Casa del Giovane in via Inchiostri 4.
RIFIUTI DefinIto il calcolo della “differenziata”
La giunta regionale ha definito ieri il metodo di calcolo della percentuale di raccolta differenziata dei rifiuti urbani sul territorio regionale. Si tratta di uno schema tecnico che permette di definire l'entità dei contributi ai Comuni “virtuosi”.
Rinnovabili, raddoppiati gli impianti in Italia
Nel 2011 il numero di impianti fotovoltaici in Italia è raddoppiato (+104,6%) mentre è più che triplicata la potenza, che è incrementata del 259,5%. Sono i risultati di uno studio condotto da Fondazione Impresa: ai primi posti per numero di impianti Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna.
FOTOVOLTAICO - Nel 2011 impianti raddoppiati e potenza
triplicata
ROMA. Nel 2011 il numero di impianti fotovoltaici in
Italia è raddoppiato (+104,6%) mentre è più che triplicata la potenza, che è
incrementata del 259,5%. Sono i risultati di uno studio condotto da Fondazione
Impresa, che evidenzia come Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna siano prime per
numero di impianti e come la Puglia sia la regione con la potenza installata
maggiore. A restare più diffusi sono gli impianti tipici di condomini, edifici
del terziario e di piccole attività produttive, ma crescono sempre di più
soprattutto i grandi impianti industriali. La tendenza degli operatori sembra
essere quella di potersi progressivamente affrancare dalle tariffe incentivanti:
saranno i grandi impianti, infatti, a poter operare per primi in regime di grid
parity, a sopravvivere cioè a prezzi di mercato senza bisogno degli incentivi,
che oggi rendono l’installazione degli impianti, sia familiari che industriali
più che conveniente. E il fatto che dal fotovoltaico fai-da-te si stia passando
a quello industriale è confermato dall’incremento della potenza installata, più
che triplicata soprattutto per effetto dell’aumento degli impianti con potenza
installata superiore ai 20 chilowatt di picco.
COMUNICATO STAMPA - VENERDI', 10 febbraio 2012
EMERGENZA RIFIUTI CAMPANIA: IL PROBLEMA NON SI RISOLVE
DISTRIBUENDO “EQUAMENTE” L’INQUINAMENTO ED ESPORTANDOLO.
FUORI LUOGO LA SODDISFAZIONE DEL SINDACO DI NAPOLI DE
MAGISTRIS
Premessa. Questo comunicato congiunto ha lo scopo di portare all’attenzione
della cittadinanza e delle autorità comunitarie la ‘strategia’ totalmente priva
di trasparenza che il governo italiano intende seguire per risolvere l’emergenza
rifiuti campani.
La gestione dell’emergenza rifiuti della Campania non può essere risolta,
come sta facendo il governo nazionale, a furia di decreti straordinari e
scaricando semplicemente il problema e l’inquinamento addosso agli altri, come
sta accadendo ora.
Nulla di ‘miracoloso’ è stato fatto fino ad ora e le soddisfazioni espresse dal
sindaco di Napoli De Magistris e dal Ministro dell’Ambiente Clini appaiono
assolutamente fuori luogo. L’unico miracolo è infatti consistito nel far sparire
la ‘monnezza’ napoletana, quella che il Ministro Clini definisce essere il
frutto dello smaltimento illegale perpetuato per anni e quindi “l’origine della
crisi”, in altre regioni, e spesso senza informarne la popolazione. I rifiuti
della Camorra sparpagliati quindi in tutto il Paese, e non solo.
Le perplessità su questa gestione perennemente emergenziale sono state espresse
dallo stesso Commissario Europeo all’Ambiente Janez Potocnik che ha infatti
confermato l’attuale procedimento di infrazione contro l’Italia.
Tra le regioni coinvolte nell’operazione di “solidarietà nazionale” risultano
esservi la Puglia ed il Friuli Venezia Giulia. Taranto e Trieste le città
direttamente investite dai rifiuti campani. Mentre a Taranto i rifiuti vanno a
finire nelle discariche, a Trieste gli stessi vengono bruciati nell’inceneritore
cittadino. Ma di che rifiuti si tratta? Perché le amministrazioni pubbliche
locali e nazionali nascondono ai propri cittadini cosa arriva realmente dalla
Campania per finire in discariche ed inceneritori?
La legislazione comunitaria in materia è molto chiara: protezione della salute
umana e tutela dell’ambiente da ottenersi con riduzione della produzione dei
rifiuti e riciclaggio spinto ai massimi livelli. E naturalmente massima
trasparenza nella gestione dei piani di gestione rifiuti da parte della autorità
competenti. Queste le linee guida da rispettare e di cui non si vede nemmeno la
traccia da parte delle autorità italiane nella gestione della continuata
‘emergenza’ dei rifiuti campani.
Ironia della sorte, i rifiuti campani che vengono bruciati nell’inceneritore di
Trieste portano il loro inquinamento anche nella vicina Slovenia, ovvero il
Paese del Commissario Europeo all’ambiente Janez Potocnik. L’inceneritore di
Trieste, ormai obsoleto, e già contestato per i suoi apporti inquinanti dalle
autorità slovene, si trova infatti a 3-4 km dal confine con la Slovenia.
A Taranto, la fallimentare ‘operazione solidarietà’, a firma Vendola, si è
rivelata l’ennesimo tentativo di far sparire in discarica i rifiuti provenienti
dalla Campania, e con ogni mezzo. Ma solo la costante presenza di cittadini
attenti ha permesso di accertare che il trasporto di tali rifiuti avveniva con
mezzi non idonei e in condizioni di assoluto rischio sanitario. A quel punto, il
blocco dei conferimenti, previsti dal protocollo d’intesa siglato dalle due
regioni, è stato immediato. Oggi però i rifiuti campani continuano ad arrivare
nelle discariche tarantine.
Dopo circa un anno, è ora il Ministro Clini che, agitando la bacchetta magica,
promette all’Ue il sogno di una Campania migliore, senza ‘monezza’, ad ogni
costo e ancora una volta senza alcuna trasparenza e garanzia sulla tutela della
salute di cittadini inconsapevolmente solidali.
Alpe Adria Green (Jesenice-Ljubljana) - Greenaction Transnational
(Trieste) - Legamjonici, contro l’inquinamento (comitato Taranto e provincia)
IL PICCOLO - VENERDI', 10 febbraio 2012
Rifiuti, Wwf e Comune si “alleano” - Sul sito
dell’associazione le risposte ai dubbi più frequenti sulla differenziata
Dove portare i rifiuti ingombranti, che non possono essere abbandonati nei cassonetti, e gli scatoloni di cartone? Quali accortezze seguire per raccogliere correttamente carta e del vetro? A queste e tante altre domande simili risponderà d’ora in poi lo “Sportello rifiuti”, il portale raggiungibile entrando nel sito del Wwf denominato http://wwftrieste.blogspot.com/, presentato ieri dall’assessore comunale all’Ambiente, Umberto Laureni, e dal presidente dell’organizzazione ambientalista di Trieste, Alessandro Giadrossi. «La collaborazione fra Comune e Wwf è un esempio che va diffuso – ha spiegato Laureni – e il portale predisposto è un reale esempio di intesa finalizzato al bene comune». Giadrossi ha ricordato che «il problema dei rifiuti è sempre molto complesso. Con questa iniziativa, intendiamo migliorare l'informazione a favore dei triestini sul questo fronte. In una pagina del nostro sito, realizzata in collaborazione con il Comune – ha aggiunto - si possono assumere informazioni utili per lo smaltimento di qualsiasi tipo di rifiuto. Bisogna puntare al riuso con l’obiettivo di ridurre al minimo la cultura dell'usa e getta. In particolare, è il settore alimentare a produrre una serie di rifiuti che potrebbero essere riutilizzati invece di andare a finire nei cassonetti. Ci sono poi beni ingombranti – ha proseguiti Giadrossi - che vanno gestiti nella maniera più corretta. Il recupero del settore edilizio e' altrettanto utile, perché si può recuperare una buona parte di ciò che viene smaltito nelle ristrutturazioni e nelle demolizioni. Per arrivare a modifiche nel comportamento collettivo – ha concluso - bisogna partire dal basso». Paolo Dal Maso, responsabile della Divisione Ambiente dell’Acegas Aps ha evidenziato inoltre che «l’approccio culturale è fondamentale per un corretto smaltimento dei rifiuti. E’ necessario pensare al riuso, magari sotto altre forme. Anche nel sito dell'Acegas Aps – ha ricordato - si trovano indicazioni che possono essere utili per tutti. Questa è un'iniziativa lodevole che va incrementata e la collaborazione con il Wwf rappresenta una risorsa importante».
(u.s.)
Ferriera di Servola Sindacati prudenti: «Restiamo in
allerta»
«Senza una riconversione Trieste rischia un’Aquila 2»
Oggi in Regione il tavolo sull’Accordo di programma
«Una corsa in salita». L’accordo definitivo fra Lucchini ed Elettra toglie
un macigno sul futuro immediato della Ferriera di Servola, ma è tutt’altro che
risolutivo. Si è evitato di un soffio il punto di non ritorno con lo spegnimento
dell’impianto. I sindacati ne sono consapevoli ed evitano di brindare. «La
notizia è positiva, ma non possiamo abbassare la guardia. La situazione resta di
allarme» dicono Fiom, Fim e Uilm. Per ora è garantito l’approvvigionamento di
materie prime per alimentare gli altoforni. In arrivo ci sono già due navi che,
bora permettendo, dovrebbero scaricare nei prossimi giorni. La crisi però morde
e il settore siderurgico è tra i più colpiti. La cassa integrazione alla Sertubi
(azienda collegata alla Ferriera) ne è la dimostrazione. Inutile illudersi. La
stessa azienda, o quello che resta, non dà garanzie. La Lucchini Severstal,
pesantemente esposta con le banche, è alla disperata ricerca di un investitore o
di compratori di pezzi del gruppo. «L’accordo fra Lucchini e Elettra fa piazza
pulita dei contenziosi pregressi, regolamentando sia il rientro degli scaduti,
cioè dei pregressi, che ripristinando i pagamenti per le forniture a venire,
quindi ci permette di guardare con più tranquillità al futuro» ha tradotto
Francesco Semino, capo relazioni esterne della Lucchini. Ma sull’occupazione è
rimasto vago. «Di questi tempi, con la crisi che c’è, non si può escludere
niente. Ciò che conta è che venga data una prospettiva di continuità
produttiva». Poi, ricordando l’ipotesi “spezzatino” del gruppo (ovvero la
cessione dei singoli stabilimenti, come la Ferriera) ha fatto sapere che
«l’accordo con Elettra è un tassello importante per trovare un eventuale
compratore». Frasi sibilline che non rassicurano i sindacati i quali - lo
ripetono ogni volta - non vogliono restare a fare la guardia a un “bidone
vuoto”. «Il gruppo è ormai telecomandato dalle banche. Non c’è da stare
allegri», spiega Stefano Borini della Fiom Cgil. Oggi, intanto, torna a riunirsi
in Regione il tavolo costituitosi a fine dicembre sull’accordo di programma da
scrivere sulla riconversione dell’area della Ferriera visto che l’attività
produttiva termina nel 2015, come il contratto di Cip 6 tra Lucchini ed Elettra.
Ci saranno gli assessori regionali, il sindaco Cosolini, i sindacati e gli
industriali. «Non siamo in ritardo sulla scadenza - scherza Franco Palman della
Uil - siamo all’anno zero. La situazione è gravissima». Non c’è nulla. Il dopo
Ferriera non è scritto da nessuna parte. Il piano della reindustrializzazione
dell’area non esiste. «Il rischio è che Trieste si trovi con un’Aquila 2»
profetizza Palman. Una terra di nessuno. Un’area inquinata grande quanto il
Porto Vecchio. Sessanta ettari da bonificare con un fronte mare imponente. Un
“cancro” nel cuore della città. «La Ferriera è una questione nazionale. E
infatti un incontro dovrebbe esserci al ministero dell’Economia il 14 febbraio.
La questione non va sottovalutata. Il futuro industriale di Trieste passa per
Servola. Non c’è tempo da perdere. È un problema di tutta la città», aggiunge
Umberto Salvaneschi della Fim Cisl. Il 2015 ormai è alle porte. E per la
Ferriera di Servola potrebbe anche arrivare prima. Nonostante l’accordo
raggiunto mercoledì con Elettra.
Fabio Dorigo
Passera: «Servono nuovi rigassificatori» - ENERGIA
Il governo è impegnato nella costruzione di nuovi
rigassificatori di Gnl «fondamentali per aumentare la diversificazione delle
fonti». Lo ha detto il ministro dello Sviluppo Corrado Passera illustrando alla
Camera le misure per fronteggiare l’ondata di gelo e il conseguente aumento
della domanda di energia. «Un nuovo impianto sarà operativo al largo della costa
Toscana, e saranno a breve avviati i lavori di un altro terminale a Porto
Empedocle».
INCONTRO CON TONINO PERNA
Oggi alle 17.30 alla sala Narodni Dom via Filzi 14, Tonino Perna, docente di sociologia economica dell’università di Messina presenta il suo ultimo libro edito da Altreconomia dal titolo “Eventi estremi - come salvare il pianeta e noi stessi dalle tempeste climatiche e finanziarie”. L’incontro è organizzato dalle Associazioni Senza Confini Brez Meja Mosaico per un comune avvenire e da Banca Etica Coordinamento soci di Trieste e Gorizia.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 9 febbraio 2012
Tarsu, la più cara del Nordest - La differenziata può
aiutare - TASSE » LA SPROPORZIONE
Paghiamo quasi il doppio rispetto a Padova e a Udine
che hanno introdotto la Tariffa d’igiene urbana. Cosolini: con la Tia benefici
solo per i privati
Vivere a Trieste avrà i suoi pregi, ma bisogna escludere bora e Tarsu, la
tassa sulle immondizie (che la bora fa pure volare in giro). Paghiamo fino al
doppio rispetto agli altri capoluoghi regionali. E in confronto a Padova,
altrettanto gestita da AcegasAps. Adesso che con un decennio di ritardo la
“differenziata” come serio programma sbarca, ultima fra le ultime, anche qui, la
domanda è urgente: pagheremo meno? Non si sa. Non è affatto certo. I dialoghi
tra Acegas e Comune sono appena iniziati e non vertono ancora sui soldi.
«Dobbiamo considerare il 2012 come primo anno, intero, di verifica - dice il
sindaco Cosolini - sull’incidenza della “differenziata”, sull’effetto
complessivo che provoca a costi e guadagni. Cose che non si possono vedere nella
fase di avvio». Sul tavolo stanno arrivando appena adesso le tabelle relative a
Padova. Dove però le cose sono ben diverse. Il Comune già nel 2003, avendo
avviato raccolta differenziata e recupero di materiali riciclabili, ha
introdotto la più modulabile Tariffa d’igiene urbana (Tia). Che a Udine, dove il
servizio è gestito a ciclo completo dalla Net spa, esiste dal 2001. E che è in
vigore anche a Pordenone, dove a occuparsi dei rifiuti è la Gea gestioni
ecologiche e ambientali spa. Ma a decidere se Tarsu o Tia sono solo i Comuni,
non i gestori. Cosolini: «A fine anno la Tia sarà introdotta anche a Trieste. È
chiaro che i privati pagheranno meno, ma è altrettanto certo che con questo
sistema le aziende spenderanno di più». Il divario di spesa per le abitazioni è
a tutt’oggi però impietoso. Specie dopo l’aumento del 27% della Tarsu deciso nel
2009 dalla giunta Dipiazza (e vanamente denunciato da gruppi di cittadini fino
al Consiglio di Stato). Ciascuno lo può controllare, trova sui siti dei Comuni
ogni mezzo per fare il calcolo (a Udine è comodamente fornito in via
informatica). Prendiamo un appartamento da 100 metri quadrati, senza calcolare
la piccola addizionale che va alle Province (ma che a Udine viene già inglobata
nel totale). A Trieste, vigendo la tassa e non la tariffa, il calcolo fa base
solo sull’ampiezza degli appartamenti. Sconti sono previsti unicamente per le
persone che vivono da sole. L’indice per le abitazioni, compreso il garage, è di
2,69 euro al metro. Una famiglia di due, tre, cinque o sette persone (che
producono rifiuti in quantità ben diverse), pagherà sempre 269 euro all’anno di
Tarsu. A Padova, con 3 residenti, ne bastano 199 (70 euro in meno), a Udine si
scende a 158,51 (meno 111), a Pordenone addirittura alla secca metà: 134 euro
all’anno. Due persone, in un appartamento di 200 metri quadrati, spenderanno a
Trieste almeno 538 euro all’anno, vista la grande casa. A Padova meno della metà
(239). Altrettanto a Pordenone (274). E infinitamente di meno a Udine: 201 euro,
la differenza è qui di 337 euro all’anno. Ma anche aumentando gli inquilini, il
vantaggio resta inarrivabile. A Udine 4 conviventi in 100 metri quadrati non
fanno la cifra che a Trieste pagano in due: sborseranno solo 189,89 euro.
Naturalmente ogni tipologia di edificio, a seconda dell’uso cui è adibito, se
negozio o laboratorio, se casa di cura o supermercato e così via, ha dappertutto
indici diversi. E là dove i cittadini pagano cifre così contenute, sono altre
categorie a spendere di più. Restiamo ai 100 metri quadrati standard e andiamo
ai ristoranti. A Trieste un esercizio pubblico di questa metratura paga attorno
ai 480 euro all’anno, a Pordenone 460. Il medesimo locale a Padova si ritrova
però un conto di 2041 euro e a Udine di 1322. Ma dolenti note di nuovo se
facciamo il test ai negozi. Per 100 metri quadrati di abbigliamento: 698 euro a
Trieste, 518 a Padova, 401 a Pordenone, 298 a Udine. Là dove la raccolta ha
imboccato i giusti binari, la “tariffa” si calcola pesando i rifiuti
indifferenziati che restano da trattare. E che diminuiscono per forza, se carta,
plastica, vetro, lattine eccetera vanno venduti per il riciclo, in un circuito
di consorzi che si autofinanzia sul mercato. A Trieste i primi “report” (non
quelli sul servizio interrotto per maltempo) dicono che la “differenziata”
aumenta, ma l’indifferenziata non cala. È proprio strano: stiamo moltiplicando i
rifiuti?
Gabriella Ziani
Gli indici più bassi in scuole e campeggi - Curiosita'
Scuole, università, oratori e ricreatori, ma anche
campeggi, sono al momento i “favoriti”. La loro Tarsu ha l’indice più basso in
assoluto. Se per 100 metri quadrati un cittadino paga 269 euro all’anno, questi
spazi si fermano a 61. Chi ha l’indice per metro quadrato più alto sono i punti
vendita all’ingrosso e al dettaglio di ortofrutta e fiori, i banchi dei mercati
e i chioschi di bibite e alimentari, con evidente abbondante produzione di
rifiuti: 18,04 euro al metro. Considerata però la loro limitata dimensione, il
costo reale è sempre molto basso. Critico, ieri come consigliere di opposizione,
oggi di maggioranza, Roberto Decarli (Trieste cambia): «I numeri che Acegas ci
fornisce sono proprio giusti? A che prezzo si bruciano i rifiuti di Napoli? Come
si concilia la “differenziata” con la necessità di far funzionare 24 ore il
termovalorizzatore? Acegas non ha avuto controlli per 10 anni, e ora ha anche
l’anomalia di essere senza direttore generale: Marina Monassi, presidente
dell’Autorità portuale, è in aspettativa».
Ma le strade in salita fanno lievitare del 20% i costi
- PROSPETTIVE
Padova e Trieste, stessa AcegasAps, quasi stesso numero di abitanti. Ma abissali differenze nella distribuzione del costo per la raccolta dei rifiuti. «A Trieste - specifica il sindaco Cosolini - i cittadini pagano in media il 15%-20% in più rispetto a negozi e aziende. Su un incasso annuo di AcegasAps di 33 milioni di euro, i due terzi (21 milioni) pesano sui cittadini, e un terzo sulle attività produttive (11,7 milioni). Padova incassa di più: circa 40 milioni di euro. Con la tariffa al posto della tassa, però, il 55% della Tia è a carico delle utenze non domestiche (21 milioni di euro) e il 45% lo pagano i privati (18 milioni)». Sono i dati che Cosolini si è fatto recapitare per fare un po’ di luce sullo stato di fatto, anche in vista delle future decisioni da prendere. «A fine anno introdurremo la tariffa, ci sarà un calo percentuale di spesa per i privati, e un aumento per le aziende. Discorso che stiamo affrontando - aggiunge il sindaco - all’interno di una più ampia serie di richieste». Più spazzatura e lavatura delle strade. Ma le differenze tuttavia restano. Padova ha un parco industriale più esteso di quello triestino. Consente dunque di sgravare molto più facilmente i privati, allargando il pagamento a numerose aziende. «E poi spazzatura, asporto e smaltimento a Trieste costeranno sempre circa il 20% in più avverte il sindaco -, anche a parità di popolazione, perché rispetto a Padova e a Udine che sono distese in una coerente pianura, la nostra città è fatta di salite, di scalinatelle, di androne, di vie impervie che richiedono un servizio più capillare e complesso». Intanto, considerato che i cassonetti non sono stati vuotati causa bora, e nemmeno raccolti i rifiuti lasciati in strada dai cittadini, il consigliere circoscrizionale Pdl Roberto Dubs chiede «una riduzione “una tantum” solo per quest’anno della Tarsu come forma di risarcimento per i cittadini vessati dalla grave situazione di degrado».
(g. z.)
La nuova vita del tetrapak spiegata ai bambini - Spettacoli itineranti e fumetti per coinvolgere anche i più giovani nelle attività di riciclo
Come effettuare la raccolta della carta, del cartone e dei contenitori in tetra pak nella maniera più giusta, per garantire il riciclo di questi materiali, operazione che comporta un notevole risparmio di risorse. Questa l'iniziativa presentata ieri dagli assessori comunali Antonella Grim e Umberto Laureni, che prevede una capillare informazione a tutti i livelli, con una particolare attenzione dedicata alle scuole dell’infanzia, alle primarie e ai ricreatori. «A questo proposito - ha detto Grim, titolare dell'assessorato all'Educazione - saranno organizzati una quarantina di momenti informativi, basati sul binomio gioco apprendimento, curati da Fantambiente srl. Un gruppo di animatori illustrerà ai bambini il riciclo della carta e, soprattutto, quello dei contenitori in tetra pak. Su questo fronte – ha concluso la Grim - saranno coinvolti circa 2mila ragazzi». A circa 15mila studenti invece saranno consegnati pieghevoli a fumetti, dei quali sono protagonisti i "Green kids", giovani personaggi impegnati a svelare i misteri del riciclo dei rifiuti". L’operazione, nel suo complesso denominata “La carta è preziosa. Parola di albero”, è stata allestita in collaborazione con l’Acegas Aps e con la Tetra pak Italia. A partire dal 25 febbraio e fino al primo di aprile, in alcune strade del centro saranno inoltre organizzati spettacoli itineranti dal titolo “Fiuto per il rifiuto”, con la formula di divertenti scenette finalizzate alla conoscenza, da parte dei cittadini, delle più elementari regole della raccolta differenziata di carta, cartone e tetra pak. In queste occasioni, saranno distribuite fino a esaurimento 5mila borse in cotone riutilizzabile. Paolo Dal Maso, direttore della Divisione Ambiente dell'Acegas Aps, ha ricordato che «in città, lo scorso anno, la raccolta congiunta, cioè quella fatta con i cassonetti gialli, ha prodotto complessivamente 7.218 tonnellate di carta. Nel primo semestre – ha sottolineato – era stata di circa 3100 tonnellate, crescendo nel secondo fino a 4100. Questo – ha proseguito Dal Maso – è un evidente segno dell’aumentata sensibilità dei triestini in materia. A tutto questo va aggiunto il migliaio abbondante di tonnellate di cartone raccolte dai negozianti. In questa campagna – ha concluso il responsabile della Divisione Ambiente – ci siamo dedicati soprattutto al tetra pak, che necessita di una informazione nuova e dettagliata». L’assessore comunale per l’Ambiente, Laureni, ha ribadito infine che «il Comune sta facendo grandi sforzi per sensibilizzare la popolazione sul versante della raccolta differenziata. L’operazione più corretta per quanto concerne il tetra pak – ha concluso – consiste nel risciacquo del contenitore, dopo l’uso, nell’eliminazione del tappo di plastica, se c’è, e nello schiacciamento della confezione prima del deposito nei cassonetti gialli». Nel 2011, in Italia, le confezioni di tetra pak raccolte sono state superiori al miliardo.
Ugo Salvini
«Il piano del traffico? Promosso» - Le categorie
economiche: «Le nuovo aree pedonali fanno bene alla città»
Il nuovo piano del Traffico? Commestibile. Spendibile.
Vendibile. I commercianti ed esercenti sono uniti nel promuovere a pieni voti la
rivoluzione annunciata della viabilità. Il piano, griffato dal sindaco Cosolini
(anche se Dipiazza rivendica un pezzo di copyright), mette d’accordo tutte le
categoria economiche. Merito delle aree pedonali aumentate del 60%. E pensare
che un tempo erano la bestia nera dei commercianti. Oggi, invece, la
pedonalizzazione apre i cuori e ingrossa i portafogli. Franco Rigutti,
presidente regionale di Confcommercio, è questi imbarazzato. «Ho il negozio in
via Mazzini. Non posso parlare, sono in conflitto di interesse» scherza. Via
Mazzini è destinata a dire addio alle automobili. «Il primo giudizio è un
giudizio assolutamente positivo. Sono state recepite molte nostre indicazioni
già espresse alla precedente amministrazione» spiega Rigutti. «E non solo per il
centro, ma anche nei rioni. C’è molta attenzione per San Giacomo e Roiano»
aggiunge. Ma sono le aree pedonali a essere determinanti a forma il giudizio
positivo. «Condividiamo l’impostazione di unire le isole pedonali già esistenti.
L’importante è che ora non venga stravolto. La cosa peggiore è rimanere in un
limbo e non avviare questa svolta» aggiunge il presidente regionale di
Confcommercio. La pedonalizzazione integrale di Via Mazzini fa la felicità di
molti. Tra questi molti dei 120 negozi aderenti al Centro in via “Trieste in
centro”di Confcommercio. Roberto Bettin, coordinatore del Cento in via, approva
senza riserve: «Il piano del traffico è pienamente condivisibile. Sicuramente
cambierà la città e le abitudini dei cittadini. Praticamente spariscono le
automobili dal centro storico. E la cosa non può vederci favorevoli. Finalmente
si realizza il centro commerciale in via». E non basta. «La pedonalizzazione di
via Mazzini? Su questo non solo siamo d’accordo. Di più« spiega Bettin. Giuseppe
Giovarruscio, presidente di Confesercenti. si allinea volentieri: «Mi piace.
L’aumento degli spazi pedonali ci vede da sempre favorevoli». «Bruno Vesnaver,
presidente della Fipe, non ha dubbi. «Ben venga. Io sono per le novità. Le aree
pedonali fanno bene alla città, al commercio e alla ristorazione. L’importante è
che ci siano i servizi adeguati». E su questo i commercianti hanno le idee
chiare: «Sono da valutare le aree di carico e scarico, i permessi per gli agenti
e rappresentanti di commercio» dicono. «È importante avviare anche un sistema di
bike sharing come quello esistente a Udine» dichiara Bettin. Qualche scontento
nella categoria non manca. Impossibile accontentare tutti e non scontentare
nessuno. La Federalberghi per esempio non ha vede di buon occhio l’avvento degli
autobus in risalita lungo via della Geppa. Il motivo? Elementare. La presidente
Cristina Lipanje ha lì uno dei suoi hotel. Come pure l’ex presidente degli
albergatori, Guerrino Lanci Ma si tratta, a detta di voci all’interno della
categoria dei commercianti, di leggeri maldipancia. E sicuramente passeggeri.
Rive, la fine dei cantieri “spostata” al 13 giugno -
SCONCERTO TRA COMMERCIANTI E RESIDENTI
Come un’autentica mazzata. Una tegola ulteriore che va ad abbattersi sulla pazienza, già messa a dura prova, di residenti e commercianti della zona. I lavori sul tratto delle Rive che va da piazza Venezia fino alla stazione Rogers, che dovevano concludersi ai primi di marzo, si protrarranno fino a metà giugno, alle porte dell’estate. Lo dice chiaramente la tabella esposta ad inizio cantiere che, come data di chiusura dei lavori, riporta la scadenza del 13 giugno 2012. Dunque si passa da un ipotetico mese e mezzo di disagi, il cantiere è stato aperto a metà gennaio, ad una durata più che triplicata. Un peso determinante in questo allungamento dei tempi, lo hanno certamente le condizioni meteo di questo periodo. In pratica il cantiere è rimasto fermo per una decina di giorni. Raffiche di bora oltre i cento orari e temperature glaciali hanno bloccato il lavoro degli operai. Non solo, a risentirne in modo piuttosto pesante anche macchinari e apparecchiature, che fanno fatica a rimettersi in moto. I responsabili della ditta di Treviso, cui AcegasAps ha appaltato i lavori di rifacimento delle fognature per un tratto di quasi 400 metri, si affrettano a spiegare che il limite di metà giugno è solo indicativo, e che la speranza è quella di accorciare in qualche modo i tempi. Ma poi sono costretti ad ammettere le difficoltà cui sono andati incontro e che, stando alle previsioni, dovranno affrontare anche nei prossimi giorni. In sostanza i lavori sono andati avanti solo per due settimane, dunque il ritardo nella tabella di marcia è più che evidente. Tanto che non è esclusa l’ipotesi che, quando il meteo tornerà ad una situazione di normalità, si dovrà lavorare giorno e notte per recuperare il tempo perduto. Intanto non ce la fanno più gli esercenti della zona, che avevano già digerito a fatica il boccone amaro del cantiere, figuriamoci adesso con la prospettiva di vedersi triplicare i tempi dei disagi. «Inutile nascondersi siamo decisamente penalizzati, perdiamo clienti – spiega Silvia Del Bene titolare del Nuovo Antico Pavone – Parliamoci chiaro i lavori si dovevano fare già qualche anno fa. Hanno sbagliato decisioni e strategie, solo che adesso a pagare siamo noi». Una situazione vissuta un po’ da tutti gli esercizi della zona che lamentano perdite dal 50 fino all’80 per cento. «Siamo tutti arrabbiati, il danno economico è evidente – spiegano Mimmo e Isabella del ristorante Dalì – la mancanza di parcheggi, ma anche le difficoltà dei passanti a percorrere questo tratto di strada, allontanano i clienti dalla zona, soprattutto la sera». Disagi condivisi anche da Milan Sandalj che gestisce un negozio di ricambi auto e telefonia: «Non c’è niente da fare, già non ci aiutano le condizioni meteo proibitive, adesso anche i lavori a danneggiarci. Non sappiamo più cosa fare». Pierpaolo Pitich
«Via Giulia, i lavori toglieranno tanti posteggi» -
RIQUALIFICAZIONE
Dubbi sull’intervento avanzati dal consigliere Pd
Tommasoni, promotore di una petizione
«Da cittadino auspicherei di poter scegliere il trasporto pubblico perché
più efficiente e concorrenziale, non di essere costretto a farlo per
“azzoppamento” progressivo del trasporto privato». È il commento fatto
sull'ipotesi di riqualificazione di via Giulia dal consigliere circoscrizionale
del Pd Lorenzo Tommasoni, promotore della petizione “Ama via Giulia”, che conta
già oltre 500 firme. Un’iniziativa avviata per informare i residenti sulla
“rivoluzione” immaginata per l’arteria dall’amministrazione comunale.
Rivoluzione che, accanto a soluzioni come i servizi pedibus per le scuole di via
Pindemonte e di via Kandler-Cunicoli e la sistemazione degli attraversamenti
pedonali, prevede anche alcuni aspetti controversi. Tra questi una corsia
preferenziale centrale per i bus (con direzione centro città) nel tratto tra la
Rotonda del Boschetto e la rotatoria di Largo Tomizza. Le due corsie laterali
sarebbero così divise: una in discesa per il traffico privato, l’altra in
salita, indifferenziata. Una scelta che, fa notare Tommasoni, finirebbe per
“mangiare” 70-80 posti auto, compensati con altrettanti parcheggi gratuiti
presso il centro commerciale Il Giulia, e altri a pagamento sempre presso
questo, o presso il parcheggio di Via Cologna. Non si tiene conto inoltre,
accusa il consigliere, degli allagamenti che interessano la via, e non vengono
fornite le cifre dei veicoli che quotidianamente la impegnano. Poi ci sono le
attività commerciali da considerare, quelle nel tratto di piazza Volontari
Giuliani in particolare, dove è molto presente di locali pubblici. «La via è
frequentata a tutte le ore, grazie alla larghezza della carreggiata che consente
di parcheggiare un po’ “in bilico, è una realtà spontanea, funzionale, con una
vitalità che molte zone già riqualificate della nostra città hanno perso. La
riqualificazione determinerebbe una “gentrification”, lo spostamento di persone
che non possono sostenere i nuovi costi di parcheggio e affitto. Se le famiglie
in difficoltà si spostassero i già delicati equilibri economici di alcune
attività a “fronte strada” subirebbero il colpo di grazia. Così il tessuto
sociale urbano ci rimette».
Ferriera blindata, avanti fino al 2015
Firmato il definitivo accordo tra Lucchini ed Elettra
per il rientro del debito di 48 milioni. L’incognita occupazionale
Il tempo di Lucchini a Servola - come pareva ai più ormai inevitabile, anche
se l’ipotesi resta comunque attuale ma senza più l’ansia di prima - non è
scaduto. E con esso non è ancora finito - giurano Comune, Regione e Provincia,
che stavolta ci mettono la faccia insieme - neanche il tempo della Ferriera.
Anzi. Da ieri vale un “contratto” di risoluzione del contenzioso pregresso e di
reciproco impegno con Elettra, firmato con addosso gli occhi delle tre
istituzioni di cui sopra. Un patto in cui la proprietà della Ferriera dice a se
stessa di tirare avanti - che non è la stessa cosa di tirare a campare, perché
le stesse istituzioni lasciano intendere che una riduzione dell’inquinamento non
può più restare nell’alveo delle promesse - fino alla scadenza dogmatica del
2015. L’emergenza delle emergenze insomma, la bomba occupazionale da mille posti
indotto compreso, dovrebbe essere momentaneamente disinnescata, anche rispetto
alle recentissime voci di tagli al personale, se è vero che l’intesa
Lucchini-Elettra prevede pure penali per la prima se non fornirà alla seconda
determinati standard quantitativi di gas. Tradotto: la Ferriera deve continuare
a produrre, e non a scartamento ridotto, anche se in serata il capo delle
relazioni esterne di Lucchini Francesco Semino ha messo le mani avanti
precisando che «di questi tempi, con la crisi che c’è, non si può escludere
niente». In parallelo, dovrebbe farsi meno pericolosa - il condizionale resta
d’obbligo - anche quella ecologica, di bomba. Quando l’orologeria tornerà a
ticchettare, fra due-tre anni, la politica dovrà aver dimostrato di aver saputo
sfruttare questo lasso di tempo per reinventarsi mille posti di lavoro, o giù di
lì, una volta per tutte. È questo il senso di un accordo, tra Lucchini ed
Elettra, raggiunto a chiusura di un paio di settimane di trattative serratissime
condotte nell’ombra in particolare da Roberto Cosolini, il sindaco di
centrosinistra, e dal ticket Brandi-Savino, i due assessori al Lavoro e alle
Finanze della Regione di centrodestra in quota Trieste, per una volta in barba
al teorema dei pianeti allineati. La svolta ultima è maturata ieri mattina, in
piazza Unità, nel palazzo della giunta regionale, un minuto a piedi dal
Municipio, e vis-à-vis da quella Prefettura dove solo 24 ore prima le
rappresentanze sindacali avevano pregato il prefetto Giacchetti di tenere
d’occhio ogni eventuale futuro scarto occupazionale tale da inficiare il
precario fattore sicurezza all’interno dello stabilimento. Attorno al tavolo
Sandra Savino e Angela Brandi per la Regione, Cosolini e il suo assessore allo
Sviluppo economico Fabio Omero per il Comune, e l’assessore della Bassa Poropat
a Infrastrutture e Ambiente Vittorio Zollia per la Provincia. Con loro
l’amministratore delegato di Lucchini Marcello Calcagni e lo stesso Semino, che
hanno controfirmato l’accordo già sottoscritto dal management di Elettra
Produzione Srl, la società che gestisce appunto la centrale di cogenerazione che
sfrutta i gas di risulta dell’altoforno della Ferriera. Il patto resta nei
dettagli riservato ma - a grandi linee - prevede un graduale rientro dei 48
milioni di euro di debiti maturati da Elettra nei confronti di Lucchini, che in
cambio della rinuncia alla causa risolve così il primo dei suoi problemi, la
liquidità, dal momento che una clausola impegna Elettra a pagare subito 12
milioni, cioè i concordati quattro milioni al mese per dicembre, gennaio e
febbraio. «L’accordo - così Semino - fa piazza pulita dei contenziosi pregressi,
regolamentando il rientro dei pregressi e ripristinando i pagamenti per le
forniture a venire, quindi ci permette di guardare con più tranquillità al
futuro. Abbiamo raggiunto un accordo che garantisce la continuità produttiva
fino al 2015 perché non c’è l’intenzione, né da parte nostra né di Elettra, di
risolvere il contratto Cip 6 anticipatamente».
Piero Rauber
Nota congiunta Regione e Comune: «Ottenuto un
importante risultato»
«L’iniziativa che abbiamo promosso, davanti alla grande preoccupazione per le possibili conseguenze occupazionali immediate, approda ad un accordo stabile. Ora l’impegno si deve concentrare sul futuro industriale e occupazionale dell’area basato su un piano industriale credibile e sulla compatibilità ambientale che non può più essere in alcun modo sacrificata». È soddisfatto Cosolini, che si prende la briga di divulgare un comunicato congiunto dove trova voce Sandra Savino: «Un risultato importante - osserva lei - in vista del tavolo convocato con il Governo il 14 febbraio a Roma, dove la Regione richiederà garanzie puntuali». «In quella sede - precisa inoltre Angela Brandi (nella foto) - andremo con tutta la documentazione, compresi gli impegni dell’azienda in termini di investimento su sicurezza e ambiente. Quest’accordo, ad ogni modo, riafferma pure l’impegno di Lucchini a produrre, perché sono previsti incentivi in caso di maggiori forniture di gas e penali in caso di forniture inferiori».
(pi.ra.)
Trenitalia, un mese per migliorare i servizi
Ultimatum dell’assessore Riccardi: basta ritardi e
soppressioni o l’accordo sarà stracciato e si viaggerà su gomma
TRIESTE Un mese per cambiare. E smetterla con ritardi e soppressioni. Nel
faccia a faccia serrato di ieri sera a Udine con i vertici di Trenitalia e i
pendolari, Riccardo Riccardi ha rilanciato il suo ultimatum: o si migliora o si
cestina il contratto, sostituendo i collegamenti con il trasporto su gomma. Un
aut aut che l’assessore regionale alle Infrastrutture aveva già sferrato qualche
settimana fa, il 17 gennaio, definendo l’operato della società “inaccettabile”:
dal 12 dicembre al 10 gennaio i viaggiatori si sono visti cancellare i treni 450
volte. Un periodo nero che aveva mandato su tutte le furie chi ogni giorno si
sposta per lavoro e studio, soprattutto lungo la Udine- Trieste. Dall’ultimo
incontro con Trenitalia sono trascorsi 22 giorni: un banco di prova che è
servito a verificare le promesse dell’azienda. Trenitalia, dopo i continui
disservizi, aveva assicurato «una task force per ridurre l’indisponibilità dei
mezzi», con risultati entro febbraio. I risultati non sono mancati: dal 20
gennaio al 5 febbraio ci sono state 5 soppressioni, dovute per lo più al
maltempo che imperversa sulla regione in questi giorni. Ma non basta: «Ora
vogliamo capire se sono in grado di tenere questi livelli. Un mese di tempo, e
poi vediamo cosa fare. Noi – ribadisce l’assessore – siamo pronti a chiudere il
contratto. E se la società non sarà in grado di assicurare questo tipo di
servizio, che dovrà protrarsi praticamente per tutto il 2012 ed i primi mesi del
2013, cioè sino a quando non saranno in esercizio i nuovi treni Vivalto e Civity
(acquistati rispettivamente da Trenitalia e Regione) – precisa l’assessore –
siamo anche pronti a valutare per il prossimo periodo la sostituzione di alcune
o più corse ferroviarie con il servizio su strada, al fine di dare una 'certezza
di servizio' al nostro trasporto pubblico locale». Sono 13 i treni in arrivo:
quattro o cinque tra circa tre mesi, altri otto tra un anno. Da Trenitalia,
presente ieri sera con i suoi dirigenti regionali, tra cui la responsabile per
il Fvg Maria Giaconia, giungono altre garanzie: «Abbiamo dimostrato
all’assessore che siamo riusciti a mantenere gli impegni presi a gennaio,
riducendo drasticamente le soppressioni – afferma l’azienda – impegni che
intendiamo consolidare». Ieri sera si sono fatte sentire soprattutto le
organizzazioni dei viaggiatori: il Comitato pendolari Alto Friuli, il Comitato
pendolari Nodo di Udine e il Comitato spontaneo pendolari Fvg. «Abbiamo fatto
valere le nostre rimostranze», racconta Marco Chiandoni, referente del Comitato
spontaneo pendolari Fvg. «Abbiamo denunciato cosa non va, i ritardi e le
soppressioni. E abbiamo denunciato anche un’altra vergogna – fa sapere – quella
dei bagni chiusi. Abbiamo chiesto il ripristino immediato, e così per le sedie
nelle stazioni. Discorso che vale anche per Trieste». Un punto si cui ha
insistito anche Riccardi: «In un momento in cui l'esasperazione dei pendolari è
massima, Trenitalia nel più breve tempo possibile deve dimostrarci di voler
risolvere situazioni come quella dei servizi igienici non funzionanti, di
particolari carenze nell'ambito delle stazioni, di una più puntuale informazione
all'utenza: desideriamo più rispetto da parte di Trenitalia per i suoi e i
nostri passeggeri». Il Comitato manda un avvertimento: «Chiediamo ai politici di
finirla di fare campagna elettorale sui nostri disagi. Sfruttano i nostri
problemi per il loro consenso, comincino a salire sui treni insieme a noi».
Sulla questione, in giornata, si è fatto avanti il capogruppo del Pd Gianfranco
Moretton. In una nota il consigliere si appella all’esecutivo: «Invito la giunta
e il presidente Tondo a intervenire, giacché l’impegno dell’assessore non ha
prodotto a oggi alcun risultato concreto. I pendolari meritano un trattamento
adeguato, rispettoso della persona. Speriamo che la Regione possa trovare quella
necessaria attenzione di Rfi, anche se finora – conclude il consigliere –
abbiamo assistito a un costante peggioramento del servizio che testimonia
un’inattività nella tutela e difesa dei cittadini che fruiscono del treno».
Gianpaolo Sarti
Elettrodotto, l’Us critica la Regione - LA PREFETTURA:
“OPERA INDISPENSABILE”
DUINO AURISINA Anche la Slovenska Skupnost interviene nel dibattito sull’elettrodotto. «I cittadini e la comunità del Carso triestino sono danneggiati direttamente o indirettamente da un’opera pensata e sviluppata in modo sbagliato, tecnologicamente sorpassata e fortemente lesiva dei diritti economici e sociali del territorio», afferma il consigliere regionale Igor Gabrovec. La Regione è il principale bersaglio della Slovenska Skupnost: «L’amministrazione regionale, con il suo apparato burocratico, ha prima favorito e poi sostenuto i progetti della Terna di potenziamento dell’elettrodotto, maldestramente mascherati da semplice manutenzione. Da ultimo, anche se non meno importante, è giunto anche il contenzioso culturale e linguistico. Le norme di carattere nazionale ed internazionale impongono alle amministrazioni pubbliche di rispettare i diritti della comunità nazionale slovena all’uso della propria lingua madre in tutte le comunicazioni ufficiali scritte o verbali». In merito all’incontro in prefettura del 3 febbraio per Gabrovec «di tutto ciò venerdì mattina in Prefettura si è evidentemente sentito ben poco, anche perché né gli interessati né le loro associazioni rappresentative sono stati invitati». Dalla Prefettura, invece, arriva una posizione netta: «Il Prefetto prende atto dell’indispensabilità dell’opera oggetto dell’incontro, per la garanzia della sicurezza della rete elettrica dell’area e dell’alimentazione della città di Trieste e nel quadro del sistema elettrico nazionale, realizzata nel rispetto del decreto autorizzativo e degli atti conseguenti». In merito agli scontri tra le parti la Prefettura «riconosce la comune volontà di continuare ad operare nel pieno rispetto delle norme di tutela della minoranza slovena e, in relazione alle più recenti denunce di cui è stata data notizia sugli organi di stampa locale, si è preso atto che nessuna querela è stata sporta da Terna S.p.A. nei confronti di privati». Una nota di condanna dell’episodio e della denuncia sporta verso i due cittadini viene infine del Sel (Sinistra-ecologia-libertà) che parla di “soprusi sui proprietari delle terre, trattati come criminali mentre chiedevano invece il rispetto della legge”. Il Sel chiede che «queste intimidazioni cessino e che su tutta la questione dell’elettrodotto ci sia un ripensamento serio che non prescinda dall’ascolto della popolazione e dal rispetto delle leggi e dell’ambiente».
(Cr. Po.)
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 8 febbraio 2012
Camus: bus non solo in Corso meglio anche in via
Mazzini - PIANO DEL TRAFFICO»LE PRIME VALUTAZIONI
L’autore della bozza originaria: difficile per la gente il frazionamento di via Rossetti Aci: perplessità solo per i posteggi in meno.
Confcommercio: bene le aree pedonali
Rivoluzionario per qualcuno. Poco fluido secondo un’altra campana. E,
ancora, convincente. O semplicemente non valutabile per ora. Tutto è relativo,
diceva Albert Einstein. La bozza del nuovo Piano del traffico, evidentemente,
non sfugge a questa legge. A giudicare almeno dalle opinioni che, di primo
acchito, si sono fatti “tecnici” e portatori di interesse sul documento
presentato l’altro giorno alla città dal tridente Roberto Cosolini, Elena
Marchigiani e Giulio Bernetti. Nell’ordine: sindaco, assessore alla
Pianificazione urbana, mobilità e traffico, e infine mobility manager del
Comune. Dell’argomento si era occupato a lungo durante la gestione Dipiazza in
Municipio, il professor Roberto Camus, preside della facoltà di Ingegneria
dell’ateneo triestino, incaricato nel 2003 di predisporre il nuovo Piano, alla
fine mai utilizzato con tanto di rescissione contrattuale finale fra il
professionista e l’amministrazione stessa nel 2008. Qualcosa, però, di quel
lavoro è rimasto nella nuova versione “cosoliniana”: «Ritrovo alcuni temi -
conferma Camus - come quello di corso Italia riservato al trasporto pubblico
oppure via Battisti (a senso unico verso via Carducci per i privati, con corsie
in salita per i soli mezzi pubblici, ndr)». Non mancano comunque le differenze:
«Via Carducci a doppio senso (fra via Valdirivo e piazza Goldoni, ndr) e via
Galatti verso le Rive». Opposto nel metodo un dato di fondo: «Il piano che avevo
realizzato prevedeva la pedonalizzazione di corso Italia come ultima tappa, dopo
una serie di interventi a cui adattarsi. Ora lo schema si ribalta, partendo da
corso Italia per risolvere altre cose». Motivo di perplessità, per Camus, è la
prospettata rivoluzione proprio di corso Italia: «Costringere gli autobus in
uscita a una chicane, con una svolta a 90 gradi in via Roma e poi un’altra in
via Mazzini, non mi sembra fluido. Io vedrei più i mezzi pubblici in discesa su
via Mazzini e rientro in corso Italia». Ancor meglio, per il docente
universitario sarebbe stato «il doppio senso dei bus in corso Italia con via
Einaudi aperta per farli risalire e la discesa dritta in via Canal piccolo».
Ipotesi possibile anni fa, ora non più vista la chiusura al traffico e
pedonalizzazione della stessa via Einaudi. Anche il frazionamento in due assi di
via Rossetti (da via Pietà verso via Battisti da un lato e in direzione piazza
Foraggi dall’altro), a Camus pare «di difficile comprensione per l’utenza». Su
tutto, comunque, «serve una visione strategica complessiva». Se la titolare
della gestione del trasporto pubblico locale su autobus, la Trieste trasporti,
per ora non si sbilancia (ne riferiamo nel box), parla invece di progetto
«effettivamente rivoluzionario» il presidente dell’Aci di Trieste, Giorgio
Cappel. Che premette: «Per valutare tecnicamente la proposta non basta
l’impressione epidermica, perché ci si deve riferire alle prove di simulazione».
Osservando poi: «Unica perplessità, al momento, mi sembra possa essere nella
potenziale perdita di parcheggi che le nuove corsie autobus certamente
produrranno, per esempio in via Battisti, o anche nella banalizzazione della
percorrenza in via Fabio Severo, dove credo verranno tolti gli stalli tra via
Coroneo e il Tribunale, almeno da un lato». Il Piano prevede inoltre un
incremento del 60% delle aree pedonali: «L’ampliamento delle isole pedonali e la
predisposizione per un uso ragionato dell’automobile, assieme a una maggiore
offerta di servizio pubblico, sono essenziali», conclude Cappel. Con marciapiedi
allargati e aree pedonali in più, il presidente della Confcommercio provinciale,
Antonio Paoletti, già intravede un aumento di clienti nei negozi del centro: «Il
corso potrebbe diventare più appetibile anche nella zona più alta, e così pure
via Mazzini. Il ponte sul canale di Ponterosso, poi, permetterà lo sviluppo
economico del Borgo Teresiano».
Matteo Unterweger
La Trieste Trasporti prende tempo: «Ne parleremo con la
Provincia»
La rivoluzione che porterà il nuovo Piano del traffico (la sua approvazione è prevista entro il prossimo mese di settembre) renderà la vita più o meno semplice agli autobus? Non prende posizione Trieste trasporti. Prima, l’azienda vuole approfondire la questione. Lo spiega l’amministratore delegato Cosimo Paparo: «Abbiamo ritenuto come sia più semplice e opportuno valutare il tutto assieme alla Provincia. Poi - conclude -, daremo al Comune delle indicazioni». Intanto i cittadini possono presentare al Comune, entro 90 giorni, le loro osservazioni rispetto alla bozza del Piano del traffico. Documento che punta, come recita la Rete civica, «a favorire il trasporto pubblico locale, l’estensione della rete delle piste ciclabili, delle pedonalizzazioni in centro e nelle periferie, oltre ad una migliore fruizione dei parcheggi di cintura».
(m.u.)
Dipiazza: «Questo lavoro ha due “padri”» - L’ex
sindaco: «Recepite indicazioni della mia gestione». Bucci e Patuanelli
soddisfatti, Ferrara critico
«Questa bozza ha due padri. È “nostra”, me l’ha detto lo stesso sindaco. E non può essere il contrario: sono stati recepiti vari punti di quelli proposti dalla precedente amministrazione». Roberto Dipiazza, primo cittadino dal 2001 fino al 2011 e quindi all’inizio dell’era Cosolini, rivendica anche la sua parte di paternità sul nuovo Piano del traffico. Un “papà” di centrodestra, lui, e uno di centrosinistra, Cosolini. Ma poco importa di colori politici, in questo caso, a Dipiazza: «L’importante è continuare a lavorare per la città e quando una cosa viene fatta, mi fa piacere - prosegue l’ex sindaco e oggi consigliere comunale con la sua Lista -. Ovviamente, in aula voterò a favore del Piano e se ci saranno delle modifiche interessanti, ancora meglio. Io, a fine mandato, non avevo più i numeri per farlo approvare. E l’ho lasciato lì per la prossima amministrazione». Altro esponente dell’opposizione che dà giudizio positivo al documento è Maurizio Bucci del Pdl: «Finalmente una scelta coraggiosa. Via Mazzini pedonale fino a via Roma è l’opzione più ardita, ma di certo la più intelligente per implementare la vivibilità del centro senza autovetture e senza fratture tra le isole pedonali esistenti». «Correva il novembre 2007 – aggiunge Bucci – quando, in qualità di assessore comunale al Traffico, proponevo corso Italia con due corsie centrali per i bus e l’allargamento dei marciapiedi con alberi e panchine rivolte verso i negozi, chiudendo allo stesso tempo via Mazzini fino all’altezza di via Roma, proprio come oggi prospettato. Non posso, quindi, che condividere le scelte del sindaco e del mobility manager Giulio Bernetti – conclude – con un piccolo appunto: credo che si potesse azzardare ancora di più chiudendo via Imbriani e, con il doppio senso di marcia di via Carducci, pedonalizzare anche Corso Saba fino a largo Barriera. Ma per il momento accontentiamoci». Critico invece il leghista Maurizio Ferrara, che definisce il Piano «assolutamente inutile, in quanto basterebbero solo alcuni interventi mirati nelle poche zone critiche della città. Mi ha sorpreso la mancanza di risposte dell’assessore Marchigiani ai tre semplici quesiti che ho posto: quanto costerà alle casse comunali e quindi ai cittadini questo piano? Quanti parcheggi saranno sacrificati e se e dove se ne prevedono di nuovi? Si prevedono bus navetta elettrici per le zone pedonali? Se non lo vogliono dire è grave, ma se non lo sanno ancora è tragico». Di diverso avviso il grillino Stefano Patuanelli: «Il Piano ci soddisfa abbastanza perché prende come primi elementi in considerazione il pedone e la bicicletta, proponendo una coraggiosa rivoluzione. Ora aspettiamo anche le infrastrutture per le bici e quindi il Piano urbano della mobilità. Siamo però preoccupati per la decisione su via della Geppa, che rischia di diventare un piccolo imbuto. E forse sarebbe stato meglio fare una scelta più forte tra corso Italia e via Mazzini: nessuna delle due infatti sarà completamente pedonale».
(m.u.)
Su Facebook tra perplessità e voglia di città «più
vivibile» - LETTORI
Non solo dai tecnici e dai politici, valutazioni sulla
nuova bozza del Piano del traffico arrivano anche dai lettori del Piccolo sulla
pagina Facebook del giornale. Mauro Amelio osserva, in dialetto: «Via Rossetti
in discesa, la prima nevigada penso che sarà un incidente da locandina del
picolo, spero che no i fassi ndar zo anca i bus che podessi far na strage (oviamente
esagero)». E ancora: «Me piasi l’idea de aver deciso de pedonalizar
completamente via Mazzini da via Roma in su, che le vosi de prima me dava né de
carne né de pesse». Giorgio de Prosperis non pare convinto: «Ma come è adesso
con piccoli ritocchi, no? Ogni sindaco vuole passare alla storia o quasi. Mi
sembra la città sia abbastanza vivibile». Ribatte Marco Pintarelli: «Altroché
vivibile, altamente invivibile e irrespirabile con tutte ste macchine! +mezzi
pubblici, -auto, -parcheggi, +zone pedonali!». La pensa in modo simile Michel
Giovannini: «Io mi sono trasferito a Udine e posso dire che Udine è vivibile,
mentre Trieste non lo è. A mio avviso, vanno eliminate completamente le
macchine, va dato un senso ai mezzi pubblici abbassandone soprattutto il costo».
Perplessa Maura Spangaro: «Mi stanno bene più zone pedonali, ma qualcuno mi
spiega perché proprio via Mazzini??? È triste, grigia e senza visuale». Si
interroga Lucia Sussel: «Come arrivo da via Carducci in via Giulia se non posso
passare per via Battisti?». Mentre Giovanni Andreozzi sottolinea: «Tutti i piani
del traffico saranno destinati al fallimento fintanto che le auto saranno
bellamente parcheggiate in doppia e tripla fila con totale noncuranza e mancanza
di rispetto di tutti gli altri automobilisti».
Differenziata, ditta israeliana hi-tech in visita il 20
febbraio - IL COMUNE RILANCIA
L'obiettivo del Comune è «fare del 2012 l'anno di un
significativo incremento della percentuale di raccolta differenziata». Comune e
AcegasAps promuoveranno iniziative per la sensibilizzazione dei cittadini,
cominciando dalle scuole. Ma il sindaco Cosolini vuole verificare anche la
possibilità di nuove soluzioni tecnologiche «che consentano di accelerare
l'obiettivo». Per questo incontrerà, il 20 febbraio, i rappresentanti di
un'azienda israeliana che ha realizzato una tecnologia avanzata nel campo della
differenziazione e che ha manifestato la disponibilità e l'interesse a un
possibile insediamento proprio a Trieste». Qualche tempo fa una delegazione
triestina aveva visitato l'impianto di Tel-Aviv. Dopo la successiva
presentazione al Comune, Cosolini ha chiesto a una struttura specializzata di
Area una valutazione il cui esito è stato positivo. Da qui l'invito del sindaco
agli israeliani così da valutare la fattibilità dell’insediamento. Comune e
AcegasAps intanto stanno lavorando per il potenziamento della differenziata e
per «ottimizzare il servizio di spazzatura delle strade». Nei giorni scorsi si è
tenuto un tavolo che ha visto da una parte Cosolini e gli assessori Omero e
Laureni con i dirigenti dell'amministrazione comunale, e dall’altra l'ad di
AcegasAps Cesare Pillon con i suoi collaboratori. Tra i punti di intesa che
saranno inseriti in un’evoluzione dell’attuale strumento contrattuale vi sono la
sistematicità dei servizi di lavatura e della pulizia delle caditoie. Sul
versante della differenziata invece il piano prevede, dopo il potenziamento
delle isole ecologiche «la cui collocazione verrà ulteriormente ottimizzata» e
dopo la campagna di informazione che in queste settimane sta arrivando in tutte
le case, la possibilità di attivare, se rese necessarie, anche nuove modalità di
raccolta.
Rifiuti, la battaglia di Acegas contro il vento -
Difficile smaltire le immondizie in centro e nelle zone impervie. «Non possiamo
togliere parcheggi»
La ripresa della raccolta dei rifiuti è cominciata ma la situazione su fronte immondizie resta critica. E lo rimarrà fino a quando le forti raffiche di bora non cesseranno. «Stiamo facendo il possibile e lavorando a pieno ritmo – assicura Maurizio Stefani, responsabile dell’Ufficio stampa di AcegasAps – 200 persone stanno lavorando anche facendo ore straordinarie ma le condizioni meteorologiche prevedono bora sostenuta ancora per alcuni giorni». I cassonetti, specialmente quelli per la raccolta dell’indifferenziata, continueranno a restare semi pieni. «Li alleggeriremo, raccoglieremo i sacchetti sistemati fuori dai cassonetti – spiega Stefani – ma continueremo a lasciarci dentro una parte dei rifiuti per “zavorrarli». In pratica non svuotandoli completamente i bottini non rischiano di rovesciarsi o di muoversi. Il centro città e le zone più difficili da raggiungere sono i punti più critici. I cassonetti posizionati in vie strette e quelli sistemati su ripide salite rese impraticabili dal gelo difficilmente fino a che le condizioni meteo resteranno immutate verranno svuotati con regolarità. Problema diverso invece per il centro città dove di solito la raccolta viene effettuata con frequenza perché i cassonetti sono in numero ridotto. Raddoppiarne il numero significherebbe togliere dei parcheggi. In centro le poche isole ecologiche disponibili suppliscono alle esigenze di residenti, negozi, ristoranti, bar, supermercati e tante case di riposo concentrate specialmente nelle arterie cittadine. «Queste realtà ci sono state segnalate – evidenzia Stefani – le stiamo valutando singolarmente con l’amministrazione cercando di trovare delle soluzioni, Aumentare i cassonetti significa togliere parcheggi e le decisioni non sono semplici». I cassonetti sempre stracolmi del centro mettono in difficoltà anche i gestori dei locali pubblici da sempre sotto la lente di ingrandimento di chi organizza la raccolta differenziata. Spesso, trovando i contenitori pieni, sono costretti a lasciare i loro sacchi di rifiuti o di bottiglie a terra con i timore di venir ripresi dalla polizia municipale. AcegasAps chiede anche la massima collaborazione dei cittadini: «Non abbandonate cose fuori dai cassonetti».
Laura Tonero
Ferriera, i sindacati chiedono aiuto al prefetto -
Posti di lavoro a rischio tagli: «Ma gli operai sono il baluardo della sicurezza
degli impianti»
VENERDì IL TAVOLO IN REGIONE. POI LA PARTITA SI SPOSTA
A ROMA
Bomba sociale per via dei mille posti di lavoro indotto compreso. Bomba
ecologica per l’inquinamento. Adesso bomba e basta: oltre al graduale disimpegno
in fatto di manutenzione degli impianti, e al rischio di un loro sottoutilizzo
causa scarsi approvvigionamenti di materie prime, i rappresentanti dei
lavoratori ora annunciano altre preoccupanti novità, cioè possibili «riduzioni
del personale». E siccome «gli operai sono quelli che, in questo momento di
manutenzioni sempre meno sistematiche, continuano in prima persona a garantire
la sicurezza degli impianti, non è ammissibile che dalla fabbrica ne esca
neppure uno, di operaio». Il pressing sindacale verso le istituzioni
sull’emergenza Ferriera si è arricchito ieri di un ulteriore passaggio: Rsu e
segreterie di Fiom-Cgil, Fim-Cisl, Uilm e Failms-Cisal, infatti, sono state
ricevute dal prefetto Alessandro Giacchetti, a sole 24 ore di distanza
dall’incontro in videoconferenza Trieste-Piombino tra le stesse rappresentanze
sindacali e il management, durante il quale il capo del personale Grilli -
denunciano per l’appunto i sindacati - ha iniziato a parlare di tagli al
personale già per l’anno in corso. Giacchetti - riferiscono sempre i sindacati -
ha preso atto della situazione descritta, riservandosi di «verificare» e
intervenire in sede istituzionale, per quanto compete al commissario di Governo,
in vista delle due prossime tappe decisive: il tavolo di venerdì in Regione e
quello della settimana che verrà a Roma, al ministero dello Sviluppo economico,
alla presenza di delegati aziendali, sindacalisti e delegati di Comune e
Regione. «L’ipotesi di riduzione del personale nei prossimi mesi per un
contenimento dei costi di gestione - così Stefano Borini per la Fiom -
comporterebbe un’ulteriore riduzione delle manutenzioni e di tutte quelle
attività che assicurano l’equilibrio nel funzionamento del complesso
siderurgico. Se così fosse valuteremo risposte adeguate». «Ci troviamo innanzi a
un declino costante sempre più vicino al tracollo - l’eco di Franco Palman per
la Uilm - e la paura è che gli impianti vadano per conto loro. Il senso di
responsabilità e la competenza degli operai, anche in materia di manutenzione e
sicurezza, sono oramai l’unica ruota che gira bene. Per questo non ci possiamo
permettere che manchi nemmeno uno». «Abbiamo riferito al prefetto - chiosa Luigi
Pastore dalla Failms - che in questa fabbrica non c’è più sicurezza. Gli operai
hanno pure paura di lavorare».
(pi.ra.)
SEGNALAZIONI - Ferriera - Analizzare gli abitanti
Al signor sindaco del Comune di Trieste. Spero che avrà ricevuto la mia lettera e in allegato i risultati delle analisi sull’idrossipirene e idrossinaftalene, reperiti nei liquidi biologici della mia persona ed altri soggetti, nonchè i dati della qualità dell’aria rilevati presso la mia abitazione, sita in via G. Pitacco nelle immediate vicinanze dell’impianto “cokeria” dello stabilimento siderurgico denominato “Ferriera di Servola”. I dati sono stati da me regolarmente richiesti e prelevati presso il “Dipartimento di Prevenzione”, dall’ASS 1 Triestina, committente dell’indagine in oggetto. Visti i risultati, in particolare del giorno 08/08/2011, sugli effetti del benzo(a)pirene e “soci killer”, attualmente definiti su una serie limitatissima di soggetti campione, sarebbe utile oltrechè doveroso per le istituzioni preposte alla tutela della salute pubblica, estendere detto tipo di indagini ai residenti le cui abitazioni sono esposte più direttamente alle emissioni provenienti dall’impianto di cokeria, concordando con tecnici qualificati indipendenti (es. Universitari di Trieste) le modalità di svolgimento. Con la speranza che ella, in qualità di massimo responsabile della salute pubblica, sia consapevole delle conseguenze di una esposizione a sostanze cancerogene, di origine industriale anche nei propri domicili, in particolare per obiettivi sensibili quali neonati ed anziani, che trascorrono la maggior parte del tempo nelle proprie abitazioni. Le porgo distinti saluti e attendo una Sua risposta.
Nevio Tul
Vienna apre i cantieri del maxi-tunnel sotto il
Semmering -
il nuovo progetto
L’opera sostituirà l’impervio tracciato ferroviario del
1854 eliminando l’ultimo collo di bottiglia del Baltico-Adriatico
UDINE Quel che sembrava impossibile sta per diventare realtà. Il ministero
austriaco delle Infrastrutture ha confermato che in aprile saranno aperti i
cantieri per la costruzione del tunnel di base della ferrovia del Semmering,
ultimo collo di bottiglia del futuro corridoio Baltico-Adriatico, destinato a
collegare Danzica e Bologna. Il tracciato esiste già, è stato inserito
dall’Unione Europea tra quelli prioritari, ma va adeguato per farne una
infrastruttura «ad alta capacità». Nel tratto meridionale, tra Vienna e
l’Italia, esistevano due soli punti critici, dovuti alla morfologia montuosa del
terreno: quello della Koralpe e quello del Semmering. Per superare la prima è
stato dato il via nel marzo scorso alla costruzione di un tunnel di 32
chilometri, che dovrebbe essere pronto tra dieci anni. Restava il nodo del
Semmering, dove l’attuale ferrovia si arrampica con un tracciato tortuoso fino a
985 metri di altezza, superando ponti e viadotti e infilandosi in gallerie dove
il treno deve rallentare e dove i container non passano. Un tracciato storico,
realizzato nel 1854 dall’ingegnere veneziano Carlo Ghega e proclamato
dall’Unesco patrimonio dell’umanità, ma inadatto al trasporto merci di oggi. La
costruzione del tunnel di base, che sostituirà la ferrovia di Ghega, consentirà
di sciogliere anche questo nodo. L’annuncio dell’imminente avvio dei lavori
rappresenta un evento storico, perché la vicenda del tunnel del Semmering
sembrava destinata a durare in eterno, come quella della telecabina di Pontebba
o del ponte di Messina. Se ne parla da 34 anni fa. In questo lungo arco di tempo
sono stati effettuati studi geologici e progetti di massima in quantità, senza
mai poter passare ai fatti, soprattutto per l’opposizione, motivata da ragioni
ambientali, del Land Bassa Austria, che con ricorsi alla Corte Costituzionale
prima e al Consiglio di Stato poi aveva fatto ritardare il progetto di almeno
vent’anni. La soluzione si è incominciata a intravedere nel 2008, quando è stato
buttato nel cestino tutto il lavoro fatto fino ad allora e si è ricominciato da
capo, studiando un nuovo tracciato per il tunnel di base che fosse gradito anche
al potente Land della Bassa Austria. La soluzione è stata trovata in quello che
viene definito il tracciato “Pfaffensattel”, scelto fra 13 varianti. La nuova
proposta ha superato la valutazione di impatto ambientale e in dicembre ha
ricevuto anche la benedizione della Bassa Austria. A questo punto non restava
che attendere la decisione del Ministero delle infrastrutture, che è arrivata in
questi giorni di feste natalizie. I lavori avranno inizio in aprile e
riguarderanno inizialmente opere di protezione dalle inondazioni e la
costruzione di ponti, mentre la perforazione vera e propria del tunnel
incomincerà nel 2014. Il nuovo tracciato in galleria sarà lungo 27,3 chilometri,
supererà un dislivello di 240 metri e verrà a costare 2,8 miliardi di euro
(senza considerare gli oneri finanziari). Il completamento dei lavori è previsto
nel 2021, quasi in contemporanea con quelli del tunnel della Koralpe, in modo
che dopo quella data sia percorribile l’intera linea tra Vienna e l’Italia.
Naturalmente sono molti a dubitare che le previsioni sia di costi che di tempi
possano essere rispettate, anche alla luce delle difficoltà di bilancio delle
Ferrovie austriache, ma è importante che si sia passati dalle parole ai fatti.
Perché – dicono in tanti – una volta avviati i cantieri non si torna indietro.
Marco Di Blas
I pendolari ora vogliono il “bonus” - IL CASO
TRENITALIA - Chiesto a Riccardi di destinare loro la sanzione di un milione di
euro
TRIESTE È previsto per oggi alle 18, nella sede della
Regione di Udine, un incontro tra gli esponenti di giunta e il comitato
pendolari Trenitalia sul tema dei disservizi. Un argomento estremamente caldo,
che ha portato il Comitato a chiedere che la Regione destini agli abbonati la
sanzione pecuniaria decisa per il 2011 nei confronti di Trenitalia, circa un
milione di euro. La richiesta è stata formulata in una lettera inviata
all’assessore regionale ai Trasporti, Riccardo Riccardi. Il provvedimento,
ricordano i pendolari, «risulta largamente già applicato dalle altre regioni
italiane e peraltro previsto espressamente in specifiche norme contrattuali. Il
’bonus’ è una forma d’indennizzo, seppur parziale, doverosa per l’utenza che da
anni subisce i disservizi di Trenitalia, un chiaro segnale di civiltà e rispetto
nei confronti di tutti quegli oltre 20.000 pendolari regionali che
quotidianamente - sottolinea la missiva - usufruiscono di questo servizio
pubblico di trasporto». «La gestione dei treni deve cambiare subito registro,
non possono essere più tollerate continue soppressioni, disfunzioni e disservizi
di vario tipo sopportati ormai quotidianamente dai passeggeri». È il contenuto
di una nota del capogruppo Pd alla Regione, Gianfranco Moretton, che si è
soffermato anche sulla «sporcizia nei vagoni» e «l’aumento delle tariffe». «Ci
saremmo aspettati un trattamento migliore da Rfi e pure dallo stesso Riccardi
considerato che la nostra Regione ha investito decine e decine di milioni di
euro per acquistare diversi locomotori», ha aggiunto, invitando la Giunta
regionale e se necessario lo stesso Presidente Tondo, a «intervenire
energicamente».
“Superaffollamento” di navi all’ancora lungo la costa
tra Umago e Rovigno
La bora fortissima nel Golfo di Trieste sta costringendo le navi delle rotte internazionali a cercare riparo all' ancora, lungo la costa istriana, soprattutto tra Umago e Rovigno. Ieri erano ferme 21 navi e nei giorni precedenti arrivavano fino a 30. Si tratta perlopiù di mercantili diretti nei porti di Capodistria, Trieste e Chioggia. Ha trovato riparo anche il traghetto Eurocargo Napoli dell'armatore partenopeo Grimaldi lines diretto a Ravenna che ha gettato l' ancora 3 miglia al largo di Daila vicino a Umago. Il capitano della Capitaneria di porto di Pola Lucio Toffetti precisa che questa forma di sostegno alle navi in difficoltà causa il maltempo rientra nella prassi internazionale. In situazioni del genere si tratta anche di scongiurare possibili naufragi o incagliamenti con pericolo di inquinamento del mare visto che nei serbatoi delle navi ci sono da 2 a 4.000 tonnellate di combustibile. In base alle statistiche che il Ministero del mare ha recentemente pubblicato, al largo della costa istriana annualmente navigano da 1.500 a 2.000 navi. Un numero che verrebbe moltiplicato qualora nel Golfo di Trieste venisse costruito il rigassificatore.
(p.r.)
Antenne di Chiampore, ricorso al Tar
La ditta che sta realizzando l’impianto si è rivolta al Tribunale per
l’annullamento delle diffide del Comune di Muggia
Secco il commento del Comitato: ce lo aspettavamo, ma ora guai a mollare.
L’assessore Longo: credevo piuttosto a un’ opposizione sull’ordinanza»
MUGGIA «In fondo in fondo ce lo aspettavamo: ma ora guai a mollare». Claudio
Poropat, uno dei referenti del Comitato antiantenne di Chiampore, non è affatto
sorpreso. La ditta trevigiana di Povegliano Dcp Telecomunicazioni ha infatti
deciso di ricorrere al Tar del Friuli Venezia Giulia per l'annullamento delle
diffide emesse dal Comune di Muggia per la sospensione dei lavori di costruzione
di un traliccio. Un atto, quello compiuto dalla società veneta, che ha preceduto
di fatto la successiva ordinanza emessa dall'amministrazione Nesladek nella
quale si intimava lo stop del minicantiere. «Mi sarei aspettato un ricorso
sull'ordinanza, ma non certo sulle diffide», il commento dell'assessore
all'Ambiente Fabio Longo. Che la situazione fosse elettrica era da tenere in
conto. Il Comune di Muggia, a partire dall'ottobre scorso ha iniziato ad alzare
decisamente il tiro contro il proliferare delle antenne nella frazione di
Chiampore. Nello scorso autunno due diffide, inviate dall'Ufficio Servizio
Ambiente e Sviluppo energetico del Comune rivierasco, rispettivamente il 26
ottobre e il 9 novembre scorsi, avevano invitato espressamente la ditta Dcp
Telecomunicazioni a sospendere temporaneamente i lavori in esecuzione presso il
terreno di proprietà della stessa ditta, sito in località Chiampore, relativi
alla costruzione di un impianto di telecomunicazioni. Da lì il 27 dicembre
scorso la Dcp ha avvisato l'amministrazione di aver proposto un ricorso
giurisdizionale avanti il Tar per l'annullamento delle diffide ad adempiere
emesse dal responsabile del Servizio Ambiente del Comune di Muggia. Nello
specifico la Dcp ha fatto ricorso per ottenere la pronuncia di annullamento
degli atti impegnati ritenuti “illegittimi per incompetenza assoluta, violazione
del principio di legalità e di tipicità dell'azione amministrativa e dei canoni
generali di imparzialità e di buon andamento, eccesso di potere per carenza
assoluta dei presupposti e per sviamento, irrazionalità manifesta”. Con una
delibera della giunta votata all'unanimità il Comune, visti ed esaminati i
motivi del ricorso, ha ritenuto che le pretese del ricorrente “non appaiono
fondate di fatto e in diritto” affidando rappresentanza, assistenza e difesa
dell'amministrazione comunale al legale Walter Coren. Rimane il fatto comunque
che pare quanto meno insolito il ricorso al Tar da parte della Dcp per quanto
riguarda le diffide (e non, come prevedibile, contro l'ordinanza). Tutto tace
invece sull'altro fronte. Dopo l'ordinanza contro la Dcp, l'Ufficio Servizio
Ambiente e Sviluppo energetico aveva inviato una diffida alla società triestina
Finmedia srl. Neanche a non avviare ed eseguire i lavori per la modifica di un
impianto tecnologico di radiotelecomunicazione sito su una particella del comune
censuario di Valle San Bortolo, sempre nella frazione di Chiampore. Il pugno
duro dell'amministrazione Nesladek contro il proliferare dei tralicci e delle
antenne è sorto anche per dar voce alla petizione del Comitato contro le antenne
di Chiampore che grazie al lavoro volontario di alcuni concittadini ha raccolto
lo scorso anno, nel giro di poche settimane, la sottoscrizione di quasi 350
residenti tra Muggia vecchia, Ligon, Fontanella, San Floriano e naturalmente
Chiampore per dire basta ai tralicci calati dall'alto sopra le loro teste.
Riccardo Tosques
“Urbi et Horti”, oggi si confrontano gli agricoltori
“urbani” - ALLA PARROCCHIA DI VALMAURA
Aspiranti contadini, provetti orticoltori e proprietari di appezzamenti da appaltare. Per loro l'appuntamento è per oggi, alle 17.30, alla Casa del Giovane di via Inchiostri 4, sede della parrocchia intitolata alla Beata Vergine Addolorata a Valmaura, teatro del primo incontro del progetto “Urbi et Horti – Città e Orti”, iniziativa promossa dal Comune di Trieste, dalla Associazione Bioest, Italia Nostra Fvg e dalla Aiab (Associazione Italiana Agricoltura Biologica) con il sostegno dal Centro Servizi Volontariato de Friuli Venezia Giulia e la collaborazione di una vasta rete di sigle locali che spaziano nel campo dei contenuti a carattere “ecosostenibile”. Oggi si traccia il primo solco, magari ideale, per un percorso votato al recupero della cultura contadina anche all'interno delle risorse urbane, tra semplici balconi o negli orti da (ri)scoprire e valorizzare nei vari quartieri. Appare bandito il “fai da te”. La riunione odierna svela infatti parte del piano che struttura “Urbi et Horti”, partendo proprio da un punto focale: la formazione. Tra gli esperti presenti oggi alla “Casa del Giovane” figura anche Tiziana Cimolino, presidente della “Associazione Bioest”, la sigla che ha preso in cura la parte didattica del progetto, una scuola quasi inedita aperta a tutti, a chi ha già rodato il “pollice verde” e per chi vuole scoprirlo e farne un modello di investimento. I possibili prodotti? Il pomodoro regna nella hit parade degli orti casarecci, tallonato dalla coltivazione di patate, fragole, piselli e insalata. La lista appare tuttavia ben assortita e le divagazioni sul tema svariate: «Chiamiamo all'appello anche chi possiede delle terre e vorrebbe farle coltivare – ha sottolineato Carmen Roll, una delle portavoci del progetto “Urbi et Horbi” - le adesioni non dovrebbero mancare, siamo alla ricerca anche delle aree da sfruttare. Partiremo intanto da un piccolo orto proprio concesso dalla “Casa del Giovane”, ma servono altre possibilità di sviluppo». Se ne parlerà oggi, in un incontro che si preannuncia colorato anche dai molti messaggi che coniugano il senso pratico a quello morale: «Lavorare all'aria aperta è tutta salute – garantiscono gli artefici del progetto – e dopo un po' si risparmia anche sulla spesa».
fr. car.
GREEN STYLE.it - MARTEDI', 7 febbraio 2012
Fotovoltaico e crisi: boom della cassa integrazione
Non si arresta la crisi nera del fotovoltaico made in
Italy. Dopo essere andata in rosso in Germania la Solon ora ha deciso di non
produrre più moduli fotovoltaici in Italia nello stabilimento di Carmignano del
Brenta in provincia di Padova.
Sui 180 lavoratori totali della fabbrica padovana ben 80 sono stati messi in
cassa integrazione, mentre gli altri 100 erano stati cassintegrati l’estate
scorsa. Erano i tempi in cui si rincorrevano giorno dopo giorno notizie sempre
meno rassicuranti sul futuro degli incentivi al fotovoltaico e la domanda crollò
da un momento all’altro. Domenico Sartore, presidente dello stabilimento,
criticò aspramente il Quarto Conto Energia voluto dall’allora ministro dello
Sviluppo economico Paolo Romani, anche se sembra che la decisione di ridurre la
produzione, questa volta, provenga direttamente da Berlino.
La situazione incentivi, però, non è affatto migliorata negli ultimi mesi anche
a causa della recente decisione del governo Monti di togliere gli incentivi al
fotovoltaico agricolo. Così anche altre aziende italiane entrano in crisi come
la X-Group di San Pietro Viminario, sempre in provincia di Padova, che si era
persino vista togliere 4 milioni di investimenti dalla finanziaria regionale del
Veneto.
Ma la crisi è per tutti: come riporta sul suo blog Lucia Navone, oltre alle già
citate Solon ed X-Group, hanno già fatto richiesta di cassa integrazione anche
Helios Technology, Ecoware, Ambra Sol, Ecoprogetti ed Espe. Una vera e propria
strage dovuta soprattutto al calo degli incentivi registrato in buona parte dei
mercati occidentali, che alle prese con la crisi tagliano il “superfluo”
lasciando il fotovoltaico senza tariffa incentivante.
Gli ultimi esempi di questa tendenza provengono dalla Francia, dalla Spagna e
dalla Svizzera. Per avere una idea di cosa stia succedendo basti pensare che il
prezzo attuale dei moduli fotovoltaici è sceso ad appena 65 centesimi di euro al
Watt.
In pratica, i moduli fotovoltaici necessari a costruire il classico impianto da
3 KWp sul tetto di casa costano 1.950 euro. Tutto ciò è dovuto al fatto che,
mentre i governi italiani ed europei tagliavano gli incentivi, gli imprenditori
anche italiani aumentavano la capacità produttiva fino a trovarsi con i
magazzini pieni di pannelli solari che nessuno voleva più.
Ma la cosa più interessante è che se i moduli sono certificati come “europei” (e
possono usufruire del bonus previsto dal quarto Conto energia), il prezzo sale a
circa 0,85-1 euro al Watt.
Cioè circa il 30% in più, per avere una maggiorazione del 10% sull’incentivo
dato all’energia prodotta da un pannello solare che è fatto per il 99% del suo
valore totale in Cina e poi marchiato come europeo in Italia o Germania. Vi
stupite ancora che il settore sia in crisi?
Peppe Croce - Fonte: QualEnergia
IL PICCOLO - MARTEDI', 7 febbraio 2012
Ecco il nuovo Piano traffico Rivoluzionata la viabilità
- MOBILITA’» LE TRASFORMAZIONI
Via Fabio Severo diventa a doppio senso fino
all’incrocio con via Coroneo Via Rossetti sarà percorribile solo in discesa. Via
le auto da via Mazzini
Chi immaginava che la nuova bozza del Piano del traffico dell’era Cosolini
ruotasse tutta attorno al rebus Corso Italia- via Mazzini, ha dovuto ricredersi.
Oltre ad ipotizzare una soluzione per quel caso ormai annoso, infatti, lo
strumento urbanistico approvato ieri in giunta e illustrato in precedenza a
capigruppo e componenti della VI Commissione, prevede una miriade di altri
cambiamenti. Trasformazioni anche radicali - basta pensare a via Fabio Severo a
doppio senso o a Corso Saba riservato ai bus -, che metteranno a dura prova le
capacità di adattamento degli automobilisti triestini. Sensi di marcia invertiti
Ci vorrà del tempo, per esempio, ad abituarsi all’idea di percorrere solo in
discesa alcune delle vie più strette e trafficate del centro. È il caso di via
Madonnina, che verrà imboccata dalle auto in arrivo dalla galleria Sandrinelli e
dirette verso l’asse Barriera-D’Annunzio, di via San Michele o, ancora, di via
Rossetti. Il tratto iniziale di quest’ultima arteria fino a via Pietà, infatti,
accoglierà il traffico privato che sfocerà poi su via Battisti, a sua volta
percorribile solo in discesa verso via Carducci (le corsie in salita verranno
riservate ai mezzi pubblici diretti verso via Giulia). Carichi di traffico
alleggeriti L’inversione del senso di marcia nelle vie più ripide, nelle
intenzioni dei tecnici comunali e del progettista del Piano Giulio Bernetti,
risponde ad una logica precisa: ridurre l’inquinamento e alleggerire i carichi
di traffico. La stessa filosofia che ha spinto a rivedere la circolazione
nell’ultimo tratto di via Canova, attualmente congestionato. La nuova bozza
introduce una mini-rivoluzione capace di distribuire in maniere più razionale i
flussi: le auto provenienti dalla direttrice Piccardi-Canova e dirette verso via
Carducci potranno scendere lungo via Foscolo (possibilità oggi preclusa), mentre
i mezzi in marcia verso via Giulia e San Giovanni proseguiranno per via Pietà e
via Rossetti, da percorrere appunto in discesa. Via Fabio Severo a doppio senso
Un’altra significativa novità riguarda poi via Fabio Severo. I mezzi provenienti
da via Carducci - che nel tratto via Battisti-piazza Oberdan avrà due corsie
riservate al bus sul lato interno e tre per il traffico privato al centro -, una
volta arrivati in piazza Dalmazia potranno girare a destra. Via Fabio Severo,
infatti, diventerà percorribile a doppio senso fino all’incrocio con via del
Coroneo. Un cambiamento che, nelle intenzioni dell’amministrazione comunale,
dovrebbe decongestionare la parte bassa di via Coroneo ed evitare gli ingorghi
che spesso si formano lì a causa della presenza di auto e bus incanalati sulle
stesse corsie. Corso Saba off-limits per le auto Come via Fabio Severo, anche
Corso Saba diventerà a doppio senso di marcia. Non per le auto, però, bensì per
i mezzi pubblici. La stessa rivoluzione che interesserà via Imbriani, a sua
volta off-limits per le auto, e il tratto iniziale di via Ginnastica, vale a
dire fino all’intersezione con via Timeus. Da quel punto in poi i bus, che
potranno proseguiranno ma solo in salita, dovranno “convivere” con le auto dei
privati, accolte nelle corsie a scendere. Cambiamenti che, sommati alle
trasformazioni previste per i vicini assi di scorrimento, dovrebbero da un lato
rendere più fluido il trasporto pubblico, dall’altro alleggerire strade
attualmente in sofferenza, come la stessa via Timeus. Strada che non verrà più
obbligatoriamente percorsa da tutte le auto provenienti da San Giovanni e
dirette verso le gallerie, grazie alla possibilità introdotta dalla bozza di
girare a sinistra da via Battisti verso piazza Goldoni. Borgo Teresiano
Significative correzioni di rotta interesseranno anche l’area del Borgo
Teresiano. Via Valdirivo, per esempio, cambierà senso di marcia e sarà percorsa
dalle auto che, provenendo da viale Miramare e dovendo raggiungere le gallerie,
potranno girare a destra su via Carducci e piazza Goldoni. Novità in vista anche
per via Galatti (che diventa percorribile solo in discesa per le auto dirette
verso le Rive) e via Geppa, riservata ai bus in salita. Corso Italia- via
Mazzini Infine la “madre” di tutti i provvedimenti, la scelta dell’utilizzo di
Corso Italia e via Mazzini. Nella bozza è inserita solo un’ipotesi, accompagnata
tra l’altro da eloquenti elaborazioni al computer: quella che prevede di far
circolare i bus in entrambi i sensi di marcia lungo il Corso e di pedonalizzare
completamente via Mazzini, ad eccezione del tratto da via Roma in giù,
indispensabile per far svoltare agilmente i mezzi pubblici diretti verso le
Rive. Soluzione che potrebbe far storcere il naso a più di qualche cittadino,
che avrà ora 90 giorni di tempo per presentare osservazioni al Piano, la cui
approvazione è prevista entro settembre 2012.
Maddalena Rebecca
E le isole pedonali aumenteranno di circa il 60%
Non solo auto e bus. La nuova bozza del Piano del traffico
riserva grande attenzione anche alla mobilità pedonale. L’intenzione, chiarita
ieri dall’assessore ai Lavori pubblici Elena Marchigiani e dal mobility manager
Giulio Bernetti, è di aumentare del 60% le isole pedonali e (in foto via
S.Nicolò) le aree a prevalente mobilità pedonale, da individuare prima di tutto
attorno ai principali parcheggi cittadini. Ma aumentare le isole pedonali non
ridurrà inevitabilmente gli spazi per la sosta? Sì e no, secondo Marchigiani e
Bernetti che contano di compensare gli stalli persi nelle vie off-limits per le
auto con altri (tra cui 500 stalli per motorini) da ricavare in nuove strade a
senso unico come via San Michele. La bozza inoltre prevede di eliminare le Ztl
in centro da sostituire con spazi a pagamento con forti agevolazioni per i
residenti.
«Aperti al dialogo ma senza stravolgimenti» - Il
sindaco: «Mantenute alcune idee della giunta Dipiazza». Pubblico numeroso alla
presentazione
«Un piano così articolato non può non sollevare qualche polemica». L'aveva detto Roberto Cosolini, in apertura della conferenza di presentazione del Piano del traffico, e la previsione si è puntualmente verificata. L'incontro di ieri con i cittadini, in un'affollata sala del Revoltella, si è rivelato frizzante. Come spesso accade quando la cittadinanza si trova davanti una nuova proposta, il prospetto della viabilità triestina ha subito trovato i suoi sostenitori e i suoi detrattori, più o meno puntuali. La conferenza si è aperta con l'intervento dell'assessore all'Urbanistica Elena Marchigiani, poi la palla è passata al sindaco: «Siamo aperti a entrare nel merito del piano - ha affermato Cosolini - ma auspichiamo che la sua coerenza complessiva non venga stravolta». Un invito al dialogo velatamente rivolto anche all'opposizione: «Abbiamo mantenuto alcune idee condivisibili della bozza elaborata dalla precedente amministrazione». Subito dopo il Direttore del servizio mobilità Giulio Bernetti è entrato nei particolari del piano. Purtroppo un proiettore mal funzionante sfocava alcune immagini del progetto rendendole illeggibili, e dava un tratto esoterico a certi punti dell'esposizione altrimenti molto puntuale. Infine è toccato al dibattito, da subito piuttosto vivace. Un cittadino ha sollevato il problema della raggiungibilità di Rozzol dalle Rive: «Si potrà comunque attraversare la città - ha detto Bernetti - fermo restando che chi arriva da fuori Trieste sarà incentivato a utilizzare la grande viabilità per arrivare lassù». Un altro cittadino ha osservato che con l'ampia pedonalizzazione del centro l'accresciuta centralità delle Rive rischia di diventare una lama a doppio taglio in caso di incidenti, come il crollo della cupola di Palazzo Carciotti, che bloccherebbero la città: «Il problema esiste già ora - ha risposto Cosolini - alcune vie restano strategiche e quando si bloccano si crea qualche disagio». Perplessità e soddisfazione sono entrambe emerse sia sulle ampie pedonalizzazioni previste sia sui cambiamenti di assi importanti come via Rossetti. Non sono mancate infine le polemiche sui parcheggi.
(g.tom.)
«No al rigassificatore» la base Pdl si schiera al
fianco di Cosolini - L’ITER
Parlamentini compatti malgrado il centrodestra in
Regione stia valutando. «Ma vedremo poi il quadro complessivo»
L’invito alla riflessione, legato all’attuale contesto economico e
occupazionale con - su tutto - l’incertezza sul futuro della Ferriera, sarà
anche arrivato dal presidente della Regione Renzo Tondo e dal suo vice Luca
Ciriani, esponenti di spicco del Pdl. E i consiglieri regionali triestini -
Maurizio Bucci, Piero Camber, Bruno Marini e Piero Tononi - avranno pure aperto
alla necessità di approfondire il tema. Ma dal Pdl di Trieste, sul progetto del
rigassificatore di Zaule, arriva una presa di posizione chiara: di contrarietà.
È questo il mandato che il coordinamento comunale del partito, al termine della
riunione della settimana scorsa (allargata ai consiglieri regionali, comunali,
provinciali e circoscrizionali), ha dato ai propri rappresentanti nelle
assemblee elettive. Indicazione prontamente rispettata dai consiglieri eletti
nelle circoscrizioni. Nei sette parlamentini del Comune, infatti, i pidiellini
(centrodestra) hanno votato a favore della delibera griffata dalla giunta di
centrosinistra, che dà parere contrario all’insediamento dell’impianto gnl
progettato da Gas Natural in zona industriale. In sintesi: no al
rigassificatore. La costola comunale del Popolo della libertà, guidata da Fulvio
Sluga, è stata chiara: «È emersa l’opinione che un insediamento industriale di
questo tipo debba prevedere fin da subito dei termini precisi di ricaduta per il
territorio, sia da un punto di vista occupazionale, sia sul piano economico ad
esempio attraverso un abbattimento dei costi di consumo del gas per i cittadini.
Inoltre, l’azienda potrebbe assumersi un impegno preciso per quel che riguarda
il contributo attivo al finanziamento di una serie di opere pubbliche di
rilevanza ambientale». «La “semplice” bonifica dell’area ex Esso - sottolinea il
coordinamento -, seppur particolarmente onerosa, non giustifica l’accettazione
sic et sempliciter di un così impattivo intervento». Da qui il mandato, posto
che «una valutazione definitiva» sarà possibile «quando tutto il quadro
complessivo sarà presentato». Dunque, per ora è “no”. In attesa di chiarimenti e
approfondimenti. Una contrarietà che Roberto Dubs, consigliere della Quinta
circoscrizione, motiva così: «Al momento non sono ben chiari quali potranno
essere i benefici per il nostro territorio». E sui termini della delibera Dubs
aggiunge: «Quale potrà essere la forza contrattuale del nostro sindaco quando si
presenterà ai tavoli tecnici e alla conferenza dei servizi a discutere le
possibili compensazioni per il territorio con un documento così debole?».
«Perplessità circa l’incertezza delle ricadute economiche in termini di
compensativi a favore della città», da Alberto Polacco della Quarta. «Si tratta
di un investimento importante - dice Gianluigi Pesarino Bonazza della Sesta -,
che sicuramente potrà portare una grande boccata di ossigeno per il comparto
industriale e per l’occupazione del nostro territorio, ma dobbiamo avere
garanzie chiare e quantificate fin dall’inizio». Anche il settimo parlamentino,
unico a conduzione centrodestra (presidente è Francesco Bettio proprio del Pdl)
nel panorama municipale, si è espresso a favore della delibera e quindi per il
“no” all’impianto.
Matteo Unterweger
Atteso il voto in Consiglio comunale
La delibera di contrarietà al progetto del rigassificatore di Zaule, quello targato Gas Natural, transiterà ora in commissione approdando infine in Consiglio comunale. Per il voto definitivo: «Sarà quello il passaggio fondamentale», osserva l’assessore comunale con delega all’Ambiente, Umberto Laureni, che ieri ha portato alla riunione di giunta, all’attenzione dell’esecutivo guidato dal sindaco Cosolini, il documento di ritorno dalle circoscrizioni.
(m.u.)
Forniture di metano, ce n’è fino a venerdì - Quasi
raddoppiato il consumo di gas. Possibile a giorni una limitazione sul fabbisogno
delle industrie
Osservano le lancette dei manometri, scrutano preoccupati l’andamento dei consumi. Una nuova emergenza si sta profilando sulla scena italiana e cittadina. È quella delle forniture di metano. Gazprom, la società russa dell’energia, ha ridotto le forniture dirette in Europa occidentale e da Tarvisio - secondo i dati forniti ieri dalla Snam - è transitato il 17,9 per cento di gas in meno rispetto alle aspettative. Allo stesso tempo, l’eccezionale e prolungata ondata di maltempo, ha fatto quasi raddoppiare i consumi di metano. «A Trieste - spiega l’ingegnere Enrico Altran, responsabile della rete gas e acqua dell’Acegas Aps - i consumi medi invernali si attestano sui 900 mila metri cubi nelle 24 ore. Il primo gennaio i consumi erano attestati a 700 mila metri cubi; il 3 febbraio, all’inizio dell’attuale ondata di freddo e bora, sono saliti a 1,5 milioni di metri cubi. Domenica la lancetta si è fermata a 1,7 milioni di metri cubi. Siamo preoccupati perché la crisi non si è ancora evidenziata ma gli stoccaggi nazionali assicurano regolari forniture di metano fino a venerdì. Fortunatamente nelle ultime ore la pressione nel gasdotto che raggiunge Tarvisio da 50 bar è salita a 54. È un segno positivo, ma dobbiamo anche registrato il blocco del rigassificatore di Rovigo, dove le navi gasiere non possono attraccare a causa del vento troppo forte. Siamo comunque collegati all’Algeria con due gasdotti e al mare del Nord con uno. Ma il maltempo sembra non voler dare tregua così come le basse temperature». A Trieste nei pressi delle officine del Broletto un tempo erano in attività due gasometri dove veniva stoccato il cosiddetto gas illuminante. Con l’entrata in scena del metano i gasometri sono stati abbattuti e al loro posto è stato realizzato a Padriciano, nei pressi dei campi di tennis e di golf, un “tubone” interrato dalla capacità complessiva di un milione di metri cubi. Il suo contenuto, se i consumi di metano dovessero continuare con i ritmi vertiginosi degli ultimi giorni, potrebbe essere appena appena sufficiente per una dozzina di ore o poco più. Secondo i tecnici di AcegasAps, esistono in città una serie di aziende ed enti che hanno sottoscritto contratti a prezzi favorevoli ma condizionati a eventuali distacchi dalla rete del gas in caso di necessità del gestore. In pratica, per salvaguardare il riscaldamento degli ospedali, delle case di riposo e delle abitazioni, potrebbe essere introdotta a partire da venerdì una limitazione alle forniture industriali. Tutto questo in attesa che il maltempo si attenui e che i consumi rientrino nelle normalità invernale: 900 mila metri cubi al giorno, non un milione e 700 mila.
Claudio Ernè
GAS - Case e industrie, quanto consuma l’Italia - Negli
ultimi anni flessione della domanda e boom dell’offerta ma il costo del gas
resta elevato
MILANO Metà per i consumi domestici, circa un terzo per l'industria e più di un terzo per le centrali energetiche. I dati ufficiali sul consumo di gas arrivano dal Gestore dei mercati energetici (Gme) che nel 2011 ha registrato, dopo la ripresa del 2010, una diminuzione del 6% della domanda a 77.417,2 milioni di metri cubi, sostanzialmente in linea con il 2009 (-0,3%). L'unico settore che ha conservato il segno più è l'industria, che con 13.528,4 milioni di metri cubi è cresciuta dell'1,6% sul 2010 e dell'11,5% sul 2009. Le temperature miti e forse anche una maggiore attenzione ai consumi hanno invece penalizzato la domanda civile, che con 33.607 milioni di metri cubi ha ceduto l'8% sullo scorso anno e l'1,1% su due anni fa. Il meteo non c'entra invece con la contrazione della domanda delle centrali elettriche, che con 27.677 milioni di metri cubi hanno richiesto il 7,2% in meno del 2010 e il 3,5% in meno del 2009. Il calo, avvenuto a dispetto di una domanda elettrica attesa in aumento sul 2009 e in lieve crescita anche sul 2010, è legato verosimilmente allo spostamento del mix elettrico nazionale su altre fonti, soprattutto rinnovabili, cresciute esponenzialmente nell'ultimo biennio, e in parte anche carbone (con la centrale Enel di Torrevaldaliga a pieno regime da metà 2010). Rispetto ai livelli pre-crisi del 2007, nel 2011 industrie e centrali termoelettriche hanno consumato rispettivamente il 12,8% e il 17,9% in meno. Elevati i prezzi del gas nonostante la flessione della domanda e il boom dell'offerta. I prezzi al Punto di scambio virtuale sono saliti per il secondo anno consecutivo, «riportandosi sui livelli record del 2008 e confermandosi nettamente superiori alle quotazioni dei principali hub europei» come sottolinea anche il Gme: la media è stata di 28,27 euro/MWh (+21%) e a dicembre si è arrivati, sempre in media, a 33,10 €/MWh. Fatte le dovute conversioni, i prezzi Usa risultano intorno a 5 €/MWh. Il problema è che in Italia e in molti altri Paesi europei il gas viene acquistato soprattutto con contratti di lungo termine (i famigerati take or pay), in cui il prezzo è calcolato con formule basate sulle quotazioni del petrolio (che nel 2011 è rimasto quasi sempre al di sopra dei 100 $/barile). L'Italia può contare su stoccaggi di gas, collocati prevalentemente nella pianura padana, dove sono iniettati 10 miliardi di metri cubi ai quali si devono aggiungere gli stoccaggi strategici (poco più di 5 miliardi di metri cubi di riserve di sicurezza).
Fondi in arrivo, via allo studio sulla Tav lontana
dalla costa
Il commissario Mainardi: reperiti i 400mila euro si tratterà adesso di indicare il percorso alternativo. Domani l’importante confronto con Rfi e Italferr
TRIESTE Può iniziare a decollare il progetto alternativo
alla Tav sulla costa veneta. Bortolo Mainardi, commissario dell’opera, annuncia
infatti per domani l’incontro chiave con Rfi e Italferr che può dare il via
libera allo studio di fattibilità del tracciato lungo la linea
Mestre-Portogruaro. Dopo mesi di impasse, se ne ritorna a parlare
fondamentalmente perché, adesso, ci sono i soldi per portare avanti la
progettazione. Servivano 400mila euro e Mainardi, «grazie al confronto con il
ministero», è riuscito ad averli a disposizione. Ci si può incontrare dunque già
domani, così conferma il diretto interessato, con i tecnici di Rfi e Italferr
per definire l’incarico e conseguentemente le modalità su come procedere. Di
certo, nello spazio di due-tre mesi, il commissario si aspetta di vedere
confermata la fattibilità di un tracciato che avrebbe innanzitutto il pregio di
costare meno, così da coinvolgere più facilmente interventi privati e forse
anche l’interessamento della Banca europea per gli investimenti. Ma virare verso
il tracciato che fa perno sulla linea esistente, la Mestre-Portogruaro, da
modernizzare e ampliare con la quadruplicazione dei binari, può anche servire ad
attenuare le contrarietà dei fortini ambientalisti e a restare sulla strada
delle indicazioni date da Bruxelles. L’Europa chiede infatti di utilizzare le
infrastrutture esistenti come “anima” dei nuovi Corridoi, un modo evidentemente
per non reiterare i casi Val di Susa. «Se sono contrario al tracciato costiero?
Mi sono limitato a sollevare problemi e criticità quando, a ottobre, si è poi
unanimemente deciso di verificare se ci possono essere vie alternative più
convenienti in ogni senso», ribadisce Mainardi. Nodi e nuove prospettive che il
commissario riferirà anche domani a Rfi e Italferr. Snocciolando di nuovo cifre
che sanno di sentenza: il solo tratto da Mestre a Portogruaro costerebbe 3,4
miliardi di euro sui 7,4 complessivi dell’intero percorso Mestre-Trieste e, di
quei 3,4 miliardi, 772 milioni sono il costo stimato per il segmento
Mestre-Tessera mentre i restanti 2,6 miliardi servirebbero a realizzare proprio
l’alta velocità a servizio delle spiagge, con un costo al chilometro in
quell’area di 44 milioni di euro, contro i 15-18 milioni della media europea. Un
differenziale eccessivo per poter sostenere l’opzione più cara all’assessore
regionale dei Trasporti del Veneto Renato Chisso. Senza contare la decisa
opposizione del territorio alla Tav lungo il litorale. Ci sono i comitati e le
associazioni ma pure gli enti locali non condividono: nessuna amministrazione in
provincia di Venezia ha dato l’ok alla Valutazione di impatto ambientale.
Nell’attesa di poter eventualmente promuovere, progetto alla mano, l’alternativa
di rafforzamento dell’esistente, Mainardi nelle prossime settimane incontrerà
tutti i comuni veneziani attraversati dall’opera.
Marco Ballico
Inceneritori - Sel contesta Moretton
TRIESTE «Quando Moretton afferma che il centrosinistra di
Trieste è contrario alla chiusura del termovalorizzatore di Trieste dice solo
una parte della verità». Lo afferma in una nota Sefano Pustetto, consigliere
regionale di Sinistra, Ecologia e Libertà. «E’ vero - aggiunge - che ha
schierato il Partito Democratico contro la petizione che chiedeva un
pronunciamento della Regione a favore del riciclo totale e contro la pratica dei
termovalorizzatori come soluzione al problema rifiuti, ma Sinistra Ecologia e
Libertà assieme ai consiglieri di Rifondazione Comunista, Idv e ai Cittadini
hanno votato in modo opposto. (si veda voto per appello nominale)». Ancora: «Non
è nemmeno vero che l’approvazione della mozione avrebbe comportato l’immediata
chiusura dell’inceneritore di Trieste, perché la mozione voleva solo che il
Consiglio Regionale si decidesse ad indicare chiaramente la strada che si vuole
(o non vuole) intraprendere. Queste sono tutte ambiguità e resistenze che
spiegano come la differenziata a Trieste non riesca a superare un misero 20 %
mentre nel resto della Regione si osservano percentuali nettamente migliori e
che in alcune cittadine superano anche il 65 %». Pustetto conclude chiedendosi «
come è possibile che un odg (n°1 firmato Moretton, Galasso , Sasco e Picco)
possa essere approvato “in sostituzione” ad una petizione che altri hanno
presentato?».
Elettrodotto del Carso Bloccano i tecnici e scattano le
denunce
Due uomini accusati di interruzione di pubblico
servizio Poi l’incontro in Prefettura per far proseguire i lavori
DUINO AURISINA Torna a far parlare di sé l’intervento sull’elettrodotto del
Carso. Nei giorni scorsi l’ultimo episodio di tensione quando due abitanti della
zona di San Pelagio sono stati denunciati dai carabinieri, in quanto volevano
impedire l’accesso ai lavoratori della società Terna (incaricati di sostituire i
piloni dell’elettrodotto) nei terreni di loro proprietà, chiudendo i cancelli
con catene e lucchetti, poichè non avevano ricevuto una comunicazione in lingua
slovena, come prescritto dalla legge. Da qui la denuncia dei carabinieri
(chiamati dalle parti) per interruzione di pubblico servizio, mentre la società
non ha sporto alcuna denuncia. A questo punto è intervenuto il Prefetto che ha
convocato un incontro tra i rappresentanti di Terna, i sindaci del Carso (dei
quali era presente, però, solo quello di Duino Aurisina, Giorgio Ret), il
vicesindaco di Trieste Fabiana Martini e il presidente del comitato paritetico
per la minoranza slovena Brezigar. Anche se contrariata per la mancanza
dell’invito (“Assurdo, è come non chiamare i sindacati in un tavolo di lavoro”),
la Comunanza-Agrarna skupnost si dimostra pronta a qualche passo indietro, anche
perché oramai, con l’ultimo ricorso al presidente della Repubblica, tutti gli
interventi di opposizione sono esauriti e i lavori della Terna sono destinati,
inevitabilmente, a proseguire. Come del resto ha sottolineato il prefetto
prendendo atto dell’indispensabilità dell’opera realizzata “nel rispetto del
decreto autorizzativo”. «Poiché tutte le denunce da noi fatte nei confronti
della società Terna sono state ignorate – spiega Carlo Grgic - per un senso di
correttezza e anche per smorzare i toni di una contrapposizione, che non può
essere posta in termini etnici, poniamo come condizione di proseguimento del
colloquio che siano ritirate le denunce nei confronti dei proprietari
interessati». La contrapposizione che si è venuta a creare tra le parti,
(comunelle e amministrazioni comunali contro Terna), secondo i proprietari dei
terreni, sarebbe dovuta principalmente al fatto che si è voluto “camuffare”
un'opera parzialmente nuova (15 sedi dei tralicci), incluso il potenziamento, in
un intervento di adeguamento e ordinaria manutenzione. «Per tutto il tempo della
realizzazione dell'opera e, tuttora – continua Grgic - viviamo sotto una
difficile pressione psicologia, sfociata ultimamente negli episodi paradossali
di un rapporto che rischia di creare un’accentuata sfiducia nei confronti delle
istituzioni». Sull’incontro in Prefettura, però, il sindaco Ret smorza i toni:
«Siamo stati convocati principalmente per parlare di un problema che si è creato
in un terreno a Opicina, l’area è sbarrata da una rete, ma la società Terna ha
urgenti esigenze di fare degli interventi, per questo è stato interpellato il
Prefetto». Ret però non nega che si sia anche discusso anche dell’intero
progetto dell’elettrodotto: «Il presidente Brezigar ha sottolineato la mancanza
di sensibilità, da parte di Terna nel gestire alcune questioni, come ad esempio
quella del bilinguismo e noi, come amministrazione, abbiamo ribadito che un
intervento così delicato avrebbe avuto bisogno di altre tempistiche e
soprattutto altre modalità». Il sindaco continua a sentirsi inascoltato: «Quando
ci hanno convocato a Roma, alla Conferenza dei servizi, avevamo dato parere
negativo al progetto, ma non è servito a nulla, e allora perché interpellarci?
Chiedevamo solo un po’ più di rispetto per il territorio e per i cittadini;
quello che è stato fatto bene a Visogliano, bypassando il paese, si poteva fare
anche a San Pelagio e a Prepotto».
Cristina Polselli
Oltre la metà dei proprietari ha già firmato con la
Terna - FRA PROTESTE E RICHIESTE
Oramai più della metà dei proprietari ha accettato di
firmare un accordo con la Terna. «Non hanno molte alternative – spiega il
sindaco Giorgio Ret – ribadiamo che però la risoluzione economica, anche se può
in parte soddisfare i privati, non va di certo bene per il territorio». Le
comunelle pongono delle richieste chiare. «Fermo restando che per noi l'unica
soluzione sensata resta l'interramento della linea, per motivi ambientali e di
salute – spiega il presidente della Comunanza Vladimir Vremec - chiediamo un
progetto condiviso di tutte le infrastrutture che interessano la distribuzione
dell'energia elettrica, tempi per la realizzazione del progetto che riguarderà
la razionalizzazione delle strutture esistenti e quelle da realizzare nel
futuro, regolarizzazione delle situazioni pregresse e indennità mai corrisposte,
anche perché, attraverso lo strumento dell'occupazione d'urgenza, si vuole
mascherare l'esistenza di elettrodotti in esercizio da oltre cinquant’ anni».
Per la Comunanza è preferibile, anche per le indennità, un percorso condiviso ma
qualora esso non sia possibile, dovranno essere corrisposte secondo la normativa
vigente. «In merito ai valori dei terreni – continua la presidenza - le
valutazioni dovranno essere fatte nel rispetto della legislazione nazionale e
comunitaria, tenendo conto della recente sentenza n. 181/2011 della Corte
Costituzionale che ha decretato l'incostituzionalità dell'art. 40 comma 2 e 3
del Decreto del Presidente della Repubblica 08/06/2001 n. 327 (testo unico delle
disposizioni legislative e regolamenti in materia di espropriazione per pubblica
utilità), norma che in questione faceva riferimento ai cosiddetti Vam (valori
agricoli medi). I valori agricoli medi dovranno essere valutati da parte degli
enti preposti, tenuto conto degli effettivi valori di mercato, adeguati in base
alle caratteristiche intrinseche dei beni e implementati per gli immobili che
ricadono in aree di particolare valenza paesaggistica ambientale, siti
d'interesse comunitari e zone di protezione speciale».
Morti d’amianto, Monfalcone al secondo posto in Italia
MONFALCONE Il fenomeno-amianto è implacabile: da uno
studio condotto in Italia pubblicato a gennaio, Monfalcone si assesta al secondo
posto tra le aree a più alta mortalità da mesotelioma pleurico. Preceduta da
Casale Monferrato. S’impongono misure di emergenza per fronteggiare una
situazione di emergenza. Che si evince anche dal “rapporto” pubblicato nel 2011
sul Bollettino dell’Organizzazione mondiale della Sanità: l’incidenza della
patologia maligna nella quasi totalità dei casi asbesto-correlata, pone l’Italia
al terzo posto, pari a 10,3 per milione, preceduta solo dall’Australia (16,5 per
milione) e dal Regno Unito (17,8 per milione), prendendo in considerazione i
decessi rilevati in 83 Paesi. Cifre iperboliche per il Monfalconese, dove ogni
anno si registra una media di 20-30 morti da amianto. Nel nostro territorio il
rischio di sviluppare il mesotelioma è 7,43 volte superiore rispetto alla media
riscontrata nelle altre zone italiane (11,63 volte per Casale Monferrato). Il
“caso Monfalcone” rimane purtroppo in cima alla classifica. Il professor Claudio
Bianchi, presidente provinciale della Lega italiana per la lotta contro i
tumori, nonchè responsabile del Centro di Studio e Documentazione sui Tumori
Ambientali, parla della “battaglia di Davide e Golia” facendo riferimento alle
necessarie misure per fronteggiare una realtà di chiara emergenza. Gli strumenti
a sostegno delle famiglie sono inadeguati. Ciò che manca è una rete sanitaria e
di supporto per i lavoratori rimasti esposti all’amianto. C’è un’altra
questione: che fine ha fatto la proposta per l’istituzione in città di un Centro
regionale dedicato alle patologie asbesto-correlate? Da tempo è aperto il
dibattito sulla necessità di garantire una struttura specializzata per
coordinare gli interventi sanitari, prevedendo anche percorsi specifici di
accompagnamento per i pazienti. Compreso il sostegno alla ricerca. Un “vuoto” di
risposte che stride rispetto all’incalzare del problema–amianto. Il professor
Bianchi evidenzia: «A fronte di tale situazione, fa riscontro nella nostra
regione se non un calo di attenzione, almeno una paralisi nell’adozione di
misure idonee. La ricerca viene lasciata in condizioni di asfissia. Le persone
esposte e le loro famiglie non trovano adeguato supporto per veder riconosciuti
i loro diritti». Bianchi aggiunge: «A livello nazionale la nostra zona non
sembra presente quando si discute di amianto a livello di ministeri competenti,
come è avvenuto a Roma a fine gennaio».
Laura Borsani
GREEN STYLE.it - LUNEDI', 6 febbraio 2012
Rifiuti a Napoli, associazioni: no a distribuzione in
altre regioni
L’idea di trasferire i rifiuti di Napoli e della
Campania in altre regioni italiane, per essere smaltiti in discarica o in
inceneritore, non è affatto gradita da alcune associazioni dei territori che
dovrebbero ricevere l’immondizia. In un comunicato congiunto di Alpe Adria Green
(Jesenice-Ljubljana), Greenaction Transnational (Trieste) e Legamjonici
(Taranto), infatti, si legge chiaramente che queste tre associazioni sono pronte
a dar battaglia:
La gestione dell’emergenza rifiuti della Campania non può essere risolta,
come attualmente sta facendo il governo nazionale, a furia di decreti
straordinari e sparpagliando ‘equamente’ i rifiuti in tutto il Paese, e non solo
I rifiuti provenienti da Napoli, infatti, andrebbero nelle discariche di Taranto
o nell’inceneritore di Trieste. Da quest’ultimo, poi, tramite i fumi potrebbero
persino inquinare la vicina Slovenia:
Ironia della sorte, i rifiuti campani che vengono bruciati nell’inceneritore di
Trieste portano il loro inquinamento anche nella vicina Slovenia, ovvero il
Paese del Commissario Europeo all’ambiente Janez Potocnik. L’inceneritore di
Trieste, ormai obsoleto, e già contestato per i suoi apporti inquinanti dalle
autorità slovene, si trova infatti a 3-4 km dal confine con la Slovenia
Le tre associazioni, poi, si chiedono quali tipi di immondizia verranno portati
nelle loro regioni e chiedono la massima trasparenza nei piani di gestione
rifiuti da parte delle autorità competenti. Nel mirino infine il ministro
dell’Ambiente Corrado Clini. Secondo le accuse sembrerebbe quasi agitare una
bacchetta magica, cercando di convincere l’Unione Europea che Napoli e la
Campania si possano ripulire in un batter d’occhio.
Lo scopo è chiaramente evitare le pesantissime multe che la UE ha intenzione di
fare allo stato italiano per aver perso troppo tempo nella “non gestione”
dell’emergenza rifiuti napoletana, ormai diventata cronica.
Peppe Croce - Fonte: Legamjonici
LINKIESTA.it - LUNEDI', 6 febbraio 2012
Eni usa il problema del gas russo per rafforzare il suo
monopolio
La pantomima sui problemi di fornitura col gas russo dimostra che i meccanismi “di mercato” per la gestione delle emergenze non funzionano in Italia, e tutto viene gestito dal presidio forte del governo, dell’Autorità e dell’Eni che conserva ancora un monopolio immotivato sulle rotte d’ingresso del gas verso il paese.
Forse, l’allarmismo sul gas serve all’ex-monopolista per
rinforzare la propria posizione. Ciò rischia di bloccare una serie di riforme
del settore, terribilmente necessarie, tra cui il controllo pratico delle
tariffe del gas che entra in Italia.
In merito all’attuale “crisi del gas” giornali di lunedì 6 febbraio hanno
riportato solo metà della dichiarazione del Ceo dell’Eni, Paolo Scaroni: «nessun
problema fino a mercoledì». Il resto è stato sapientemente troncato, ma è
proprio in questa parte oscura che si nasconde la chiave di volta del problema.
Da mercoledì in poi «nella peggiore delle ipotesi» potrebbero essere ridotte le
forniture ai clienti “interrompibili”.
I clienti industriali di questo tipo ricevono uno sconto del 50% sui costi di
trasporto del gas che ricevono, in cambio della disponibilità a vedere
interrotte le forniture in caso di problemi.
La fattispecie è pensata propriamente per i mesi invernali, ed è regolata
dall’Autorità per l’Energia Elettrica e il gas (delibera 192/06). La
disponibilità è data teoricamente dal fatto che questi clienti possono soffrire
un’interruzione temporanea delle forniture di gas senza particolari problemi,
per cui offrono la propria disponibilità a vedersi chiudere i rubinetti in caso
di emergenza.
E di “emergenza”, nel nostro caso, si tratta davvero. In Siberia alcune regioni
sono sottoposte a temperature inferiori ai quaranta gradi sotto zero. I flussi
in uscita sono stati ridotti. La Libia, fornitrice alternativa, non è ancora a
pieno regime. Anche il rigassificatore di Rovigo, che riceve il gas spedito per
nave, è inutilizzabile a causa del maltempo.
In mezzo a tutto questo, il sistema ha continuato a funzionare. Come da accordi
contrattuali, si è chiesto agli interrompibili di essere interrotti. Chiaramente
questa soluzione non è piaciuta a Confindustria, che per voce di Emma
Marcegaglia ha fatto sapere che sarebbe meglio impiegare le riserve strategiche,
con buona pace degli sconti concessi agli interrompibili. Forse è il caso di
cambiare la definizione agli "interrompibili”. Qualcosa tipo
“quelli-che-ricevono-sconti-per-chiamarsi-interrompibili-ma-poi-quando-serve-ti-rispondono-picche”.
Tra interrompibili, riserve e centrali a olio, in realtà, il paese ha tutte le
risorse per vedere la crisi sciogliersi con le temperature più miti dei prossimi
giorni. Non finiremo a far legna a Villa Ada, e avremo tutto il tempo per
ripensare a quanto è successo. I russi, in fondo, hanno ridotto tutto ciò che
potevano ridurre, per limiti fisici e contrattuali.
Si apriranno adesso alcune partite industriali e politiche molto importanti. Eni
conserva ancora un monopolio immotivato sulle rotte d’ingresso del gas verso il
paese. È stato poi dimostrato pienamente che il gas non è un mercato “globale”,
ma prevalentemente rigido e locale, per cui un po’ di onde possono lasciare a
secco i terminali di gas liquefatto. I russi vogliono forse dimostrare che South
Stream, il nuovo gasdotto del corridoio Sud, è necessario? La situazione del gas
europeo confronta tre modelli. C’è quello tedesco, con l nuovo gasdotto
Nord-Stream, che sta funzionando alla grande. C’è poi il passaggio Bielorusso,
presidio di Gazprom. C’è infine la melma Ucraina, dove la gente è troppo
impegnata ad arrestarsi a vicenda, per riammodernare le infrastrutture. Sembra
che il sistema tedesco sia il più affidabile, e Gazprom potrebbe proporre
l’esempio come modello per South Stream – progetto che, da qualche mese, lascia
gli italiani un po’ troppo indifferenti per i gusti di Mosca.
C’è dell’altro, a livello domestico. L’Eni vuole forse dimostrare che il
presidio “nazionale” sulle infrastrutture di stoccaggio e distribuzione è
“strategico”, e pertanto deve essere presidiato? Non è una questione di
faziosità, ma un elemento di fatto. La pantomima sugli interrompibili dimostra
che i meccanismi “di mercato” per la gestione delle emergenze non funzionano in
Italia, e tutto viene gestito dal presidio forte del governo, dell’Autorità e
dell’Eni. Forse, l’allarmismo sul gas serve all’ex-monopolista per rinforzare la
propria posizione. Ciò rischia di bloccare una serie di riforme del settore,
terribilmente necessarie, tra cui il controllo pratico delle tariffe del gas che
entra in Italia.
Vedremo nei prossimi giorni come si risolverà il tutto, non appena riusciremo di
nuovo a mettere il naso fuori casa. Possiamo già prevedere che, se questo è
stato il teatrino durante la crisi, il “dopo” sarà ancora più succulento. Dalla
commedia passeremo al thriller industriale.
Stefano Casertano
IL PICCOLO - LUNEDI', 6 febbraio 2012
Scontro dipietristi-Pd sui rifiuti - Idv: snobbata la
petizione sull’incenerimento. La replica: Trieste non gradiva
TRIESTE «Il Pd è stato smascherato: la smetta con i suoi proclami sull’ambiente». Alessandro Corazza, capogruppo dell’Idv, non ci sta a veder stracciata la petizione con cui un migliaio di cittadini chiedeva di ridurre la produzione dei rifiuti e di bandirne l’incenerimento. «Il documento ha raccolto da subito l’adesione dei relatori, cioè la mia e di Colussi dei Cittadini – ricorda Corazza – e la contrarietà di Bucci (Pdl) relatore di maggioranza». Ma il dipietrista ce l’ha con il Pd: «Per togliersi dall’imbarazzo di dover votare contro la petizione, il Pd ha presentato assieme a Pdl, Lega e Udc, un Ordine del giorno che faceva propri i contenuti della petizione a eccezione della parte che imponeva lo stop all’incenerimento». Secondo il consigliere questa è una violazione del regolamento interno e una mossa che mette in luce le contraddizioni dei democratici sul tema. «Il Pd – accusa Corazza – ha avallato un’azione autoritaria pur di nascondere le sue imbarazzanti incoerenze nel proclamarsi a tutela dell'ambiente». A detta del capogruppo «nel Pd prevalgano le posizioni politiche di chi si è visto finanziare la propria campagna elettorale da aziende che producono combustibile da rifiuto e i conflitti d’interesse di chi copre l’azione dei propri uomini nominati nelle società pubbliche che gestiscono questo business. Una petizione – conclude Corazza - tanto scomoda proprio per i conflitti d’interessi che svela». Ma il capogruppo dei democratici, Gianfranco Moretton, respinge: «Approvarla significava chiudere i termovalorizzatori in esercizio e a noi risulta che il Comune di Trieste, retto dal centrosinistra, non era d’accordo».
(g.s.)
Piano traffico, oggi presentazione - NEL POMERIGGIO -
La bozza sarà illustrata in un incontro pubblico al Revoltella
È fissato per questo pomeriggio, con inizio alle 17,
nell’auditorium del museo Revoltella (in via Diaz 27) l’incontro pubblico in cui
verrà presentata la nuova bozza di Piano del traffico, approvata dalla giunta
comunale. Interverranno all’incontro il sindaco Roberto cosolini, l’assessore ai
lavori pubblici, Urbanistica e traffico Elena Marchigiani e il direttore del
Servizio mobilità e traffico Giulio Bernetti. La nuova bozza di Piano del
traffico, che dovrebbe andare a incidere tra l’altro sulla circolazione dei
mezzi pubblici e privati lungo corso Italia, è frutto del lavoro svolto in
questi primi mesi di mandato dalla giunta Cosolini, che ha riveduto il documento
lasciato in eredità - ma rimasto incompiuto e dunque mai applicato - dalla
precedente amministrazione municipale. Del Piano del traffico si iniziò a
parlare infatti fin dal primo mandato di Roberto Dipiazza sindaco, la cui giunta
incaricò della stesura della bozza originaria l’ingegnere e docente
universitario Roberto Camus.
In Regione si discute di Ferriera - SITUAZIONE E
INTERVENTI - Domani Seganti e Brandi ne riferiranno alla Seconda commissione
Gli assessori regionali Federica Seganti e Angela Brandi
riferiranno domani alle 10 alla Seconda commissione di piazza Oberdan in merito
agli stati di crisi aziendali e alle misure attuate dalla Regione. Il confronto
sarà incentrato in modo particolare sulla situazione della Ferriera di Servola,
la cui situazione resta appesa a un filo. Scongiurato lo stop degli impianti a
partire dal primo febbraio, resta tutto da costruire un percorso per lo
stabilimento e per i suoi lavoratori - mille, se vi si include l’indotto - che
grazie a quello stipendio vivono. Pochi giorni fa, com’è noto, un vertice in
Regione promosso dal sindaco Cosolini d’intesa con gli assessori Savino e
Seganti ha consentito di portare Lucchini ed Elettra a un primo accordo sul
debito che quest’ultima ha nei confronti di Servola. Altri incontri, con
sindacati e azienda, sono in programma nella settimana che si apre. Domani, dopo
gli interventi di Seganti e Brandi, la commissione regionale esprimerà un parere
sul regolamento per la concessione di incentivi alle Camere di commercio per
nuove tecniche di gestione aziendale.
«Una Fondazione per tenere in vita il Museo
ferroviario»
Cosolini chiederà a Moretti un anno di moratoria
sull’affitto «I privati si impegnino in concreto al fianco di enti pubblici»
Con Mauro Moretti, l’amministratore delegato del Gruppo Ferrovie il cui
arrivo a Trieste - saltata per maltempo la data del 2 febbraio - è previsto ora
per giovedì 16, Roberto Cosolini ha intenzione di parlare anche del futuro del
Museo ferroviario di Campo Marzio. La proposta del sindaco è pronta. E parte da
una richiesta da indirizzare a Moretti: una moratoria di un anno sul canone di
affitto per i locali del Museo e un periodo altrettanto lungo nel quale
soprassedere a ogni possibilità di sfratto nei confronti dei volontari
dell’associazione Dopolavoro ferroviario (Dlf) che gestiscono la struttura. Ma
in contemporanea all’appello da rivolgere a Moretti, Cosolini ne ha uno da
indirizzare alla città, mirato alla creazione di una Fondazione
pubblico-privata. Perché «se da un lato possiamo e dobbiamo chiedere alle
Ferrovie qualche treno in più e meglio collegato» con la rete nazionale,
dall’altro «non possiamo pensare che le Ferrovie si facciano carico a tempo
indeterminato dei musei». E al contempo «una città così generosa, e che ha
dimostrato di avere così a cuore il Museo di Campo Marzio, saprà garantirne il
futuro». Con l’apporto del Comune, che della Fondazione è disponibile a farsi
parte attiva. Com’è noto, l’allarme sul futuro della struttura di Campo Marzio è
stato innescato proprio dall’insostenibile aumento del canone di affitto
richiesto al Dlf dalla società che gestisce i beni immobili di proprietà delle
Ferrovie. In pratica, da 53mila euro all’anno per tutte le strutture di Campo
Marzio si passerebbe a una cifra che il presidente del Dlf di Trieste Claudio
Vianello ha di recente stimato compresa «tra i 124 e i 140mila euro all’anno».
Un balzo all’insù insostenibile per un’associazione di volontariato. La notizia
del Museo a rischio chiusura ha suscitato in città una forte reazione: appelli e
petizioni per la sua conservazione - anche in quanto terminale della storica
Transalpina da recuperare - sono arrivati tanto da partiti quanto da privati e
associazioni. Il tema del Museo è stato inserito anche nella lettera indirizzata
a Moretti da tutti i capigruppo del Consiglio comunale (esclusi Lega Nord e
Un’Altra Trieste, ma per tutt’altre ragioni). Ora, dunque, la proposta lanciata
da Cosolini. Che si appella a una «città giustamente orgogliosa delle proprie
bellezze e del proprio patrimonio culturale», ma dice chiaro che né le Ferrovie
né «il Comune, che già fatica a mantenere la propria rete museale, possono farsi
carico di mantenere altre strutture». Ma il sindaco si dice sicuro che «i
privati vorranno contribuire concretamente al futuro del Museo: il Comune
incontrerà i volontari del Dlf e tutte le persone che hanno sottoscritto appelli
e petizioni così da attivare un Comitato promotore della Fondazione» che sarebbe
pubblico-privata, con l’apporto - precisa il sindaco - del Municipio e di altri
enti locali.
(p.b.)
Controlli sulla stabilità degli alberi - Appalto
aggiudicato, da analizzare 4mila delle 16mila piante censite dal Comune
Il settore Verde pubblico comunale darà luogo in tempi brevi a un controllo sulla stabilità di circa 4mila alberi disposti nei giardini e lungo vie e viali cittadini. Se ne occuperà l’impresa Silvatica di Villorba (Treviso) che si è aggiudicata l’appalto per un importo vicino ai 20mila euro e che si concentrerà soprattutto sugli alberi della maggior parte dei giardini comunali cittadini e di alcuni viali delle frazioni dell’altipiano carsico che ricadono sotto la giurisdizione municipale. Proprio in questi giorni di Bora sferzante è più facile rendersi conto di quanto il patrimonio arboreo e arbustivo cittadino debba sopportare i devastanti refoli. Rami e, nel peggiore dei casi, piante intere, vengono piegati dal vento: i rischi per persone e cose sono inevitabili. Per questa ragione è importante che a monte esista un controllo sulla solidità delle migliaia di piante della città. Su questo versante il Verde pubblico comunale è al lavoro dagli inizi del Duemila, e sinora sono stati censiti oltre 16mila alberi: un conteggio da cui sono esclusi quelli dei boschi comunali del Farneto e di Villa Giulia, altrimenti il numero di piante di proprietà municipale potrebbe salire a cifre più che ragguardevoli. Tra quelli più frequenti in città, il platano è di gran lunga l’albero più presente nei giardini e lungo le strade con 2.384 esemplari. Se ne può osservare un esempio stupendo alla Rotonda del Boschetto. Segue il tiglio, con 673 piante (ce ne sono tanti lungo Strada nuova per Opicina) e il bagolaro con 627 esemplari, ben visibili lungo via Campo Marzio nel tratto che fiancheggia il mercato all’ingrosso. Ben rappresentati anche il leccio, con 554 alberi dislocati soprattutto lungo le rive cittadine e il lungomare barcolano; e l’ippocastano (487), di cui alcuni notevoli esemplari abbelliscono diversi angoli del Giardino pubblico De Tommasini. Per ogni albero cittadino di proprietà comunale è stata prodotta una scheda che, oltre al numero identificativo e alla foto dell’esemplare, contiene informazioni sulla specie della pianta, le sue dimensioni e l’altezza, lo stato di sviluppo e, dato fondamentale, il suo stato di salute. Le verifiche sulla stabilità degli alberi vengono effettuate con periodicità. Le piante risultano monitorate visivamente; se necessario i tecnici promuovono delle verifiche strumentali per indagare sullo stato di salute dell’albero. In generale le alberature soffrono proprio per il loro essere collocate in un ambiente urbano. La loro salute risulta minata dagli spazi minimi in cui si trovano a vegetare, da tagli e potature che inevitabilmente provocano ferite in cui si insinuano insetti e batteri, dagli scavi e dai lavori che spesso riducono pesantemente il loro apparato radicale, dall’incuria generata da quelle persone che li colpiscono inutilmente e, con frequenza quotidiana, dalla pratica del parcheggio selvaggio e dagli olii combusti dei motori che si disperdono al suolo. Paradossalmente la Bora rappresenta un elemento che, specialmente per gli alberi più giovani, “abitua” la pianta a forti sollecitazioni e predispone a un radicamento più forte. Gli alberi più a rischio? Sicuramente l’ippocastano – dicono i tecnici del Verde pubblico – autentico principe tra le piante ornamentali che tuttavia nasconde al proprio interno marciumi insospettabili anche a causa della fibra particolare del suo tronco. I potenti refoli hanno spesso la meglio poi sui sempreverdi, in particolare cipressi e cedri.
Maurizio Lozei
IL PICCOLO - DOMENICA, 5 febbraio 2012
Gruppo Lucchini verso lo “spezzatino”
Piombino, Servola, Lecco distingueranno i rispettivi
destini. In settimana il Tribunale di Milano inizia l’esame del dossier
TRIESTE Verso vendite separate. Nel caso di questi esiti aziendali si
utilizza sovente la metafora gastronomica dello “spezzatino”. E il sempre più
probabile “spezzatino” marca-Lucchini si compone di quattro ingredienti, che
saranno cucinati da Rotschild, incaricata di trovare acquirenti. Il primo
ingrediente: Piombino, che con i suoi 2200 addetti è il più grande e il più
difficile da digerire. Il secondo: la triestina Ferriera di Servola, una volta
chiuso il faticoso accordo con Elettra (in settimana, se tutto va bene),
potrebbe avere, con altri quattro anni garantiti dal Cip 6, più agevole mercato.
Il terzo: il laminatoio di Lecco dovrebbe essere quello più rapidamente
collocabile. Il quarto: il torinese Condove, con un’ottantina di dipendenti,
presenta il quadro meno ansiogeno. In tutto, il gruppo Lucchini occupa circa 3
mila addetti, che diventano molti di più calcolando la vastità dell’indotto,
soprattutto a Pombino. Tremila addetti come lo stabilimento “inox” di Terni,
che, a proposito di grandi operazioni in atto nel settore a livello
continentale, da qualche giorno è transitato dalla tedesca ThyssenKrupp alla
finnica Outokumpu Di nomi siderurgici interessati a rilevare l’eredità russa
della Severstal ne corrono molti, anche troppi: occorre censire quante sono le
attenzioni autentiche e quanti sono invece i “depistaggi”. Tanto per cominciare,
ritenendo quantomeno probabile che il gruppo Lucchini venga smembrato, occorre
individuare i potenziali acquirenti dei singoli asset. Piombino, per intenderci,
ha bisogno di un soggetto molto robusto: per i prodotti “lunghi” sfornati dalla
cittadina toscana si era fatta avanti l’ucraina Metinvest, ma qualche
osservatore ritiene che, qualora interpellato, il grande acciaiere italiano per
definizione, Riva, potrebbe alzare le antenne. La Ferriera triestina avrebbe
occorrenza di un interlocutore attratto dalla ghisa e dalle prospettive
logistiche del sito, il cremonese Arvedi si era già candidato nel non lontano
2007, era già stata compiuta una “due diligence” poi l’affare sfumò: ma in
questa fase l’imprenditore lombardo potrebbe essere nuovamente ingolosito dalla
base alto-adriatica. Altri osservatori rilevano che l’indiana Jindal, con
Sertubi, non è poi molto distante da Servola. Mentre, come si diceva, sembra più
abbordabile la sorte di Lecco, che, con le sue 200 unità, rientrerebbe nelle
mire e nelle possibilità della bresciana Feralpi (guidata dall’attuale
presidente di Federacciai, Pasini) e delle Acciaierie Venete della famiglia
Banzato. Adesso il destino Lucchini è in mano alle banche, come si evince dalla
composizione del “cda” dove solo il vicepresidente Nicolas Vallorz e
l’amministratore delegato Marcello Calcagni non sono espressione del “pool” di
istituti creditori. A loro volta, le banche attendono l’omologa del piano di
risanamento finanziario ex art. 182 bis della Legge fallimentare. Da metà della
prossima settimana il giudice Roberto Fontana, del Tribunale milanese, prenderà
possesso del fascicolo e assumerà le decisioni del caso: non è un dossier
dappoco, il pool bancario creditore ha ristrutturato debiti per oltre 725
milioni, vedremo di quanto tempo avrà bisogno il magistrato per il “nulla osta”
al piano. Piano che, opportuno da ricordarsi, “fotografa” la situazione Lucchini
al 31 ottobre 2011: da allora sono trascorsi un po’ di giorni, durante i quali
il gruppo siderurgico ha continuato a perdere nella piazzaforte di Piombino non
meno di 15 milioni al mese. I delicati meccanismi finanziari, previsti dal piano
architettato dalle banche coordinate da Imi, garantiscono l’equilibrio
gestionale fino al 31 dicembre 2014: ma intanto si dovrà trovare un nuovo
azionista, disposto a succedere ad Alexei Mordashov. Le previsioni 2012
sull’andamento siderurgico risentono dell’aleatorietà della situazione economica
generale. Eurofer prevede calma nell’anno appena iniziato, mentre il 2013
dovrebbe essere contrassegnato da una nuova ripresa. In realtà anche per il 2011
i pronostici non erano entusiasmanti, poi lo stesso 2011 si è rivelato,
perlomeno per una buona metà, un’annata brillante. Ma se osserviamo la struttura
della produzione nazionale, notiamo una dinamica decisamente più vivace per i
prodotti “piani” che per quelli “lunghi”, correlati a edilizia e costruzioni:
quelli “lunghi”, fabbricati a Piombino.
Massimo Greco
Ferriera, fissato il vertice romano - SIDERURGIA -
Riunione il 14 febbraio al ministero dello Sviluppo economico
Il futuro della Ferriera di Servola sarà al centro
dell’incontro convocato per il prossimo 14 febbraio a Roma, nella sede del
ministero per lo Sviluppo economico. A darne notizia è l'assessore regionale
alla Programmazione economica, Sandra Savino, che ricorda come l’obiettivo della
giunta in questa fase sia l'individuazione di un metodo e un percorso che
consentano di mettere in sicurezza l'area dello stabilimento triestino,
garantendo un futuro ai lavoratori e tutelare l'ambiente e la salute dei
cittadini. Un obiettivo delienato chiaramente a fine dicembre nel corso di un
incontro con i lavoratori promosso dalla stessa Regione, cui avevano partecipato
anche Comune e Provincia. In quell'occasione l'amministrazione regionale aveva
anche annunciato l'apertura di un ufficio operativo permanente dedicato al tema
Ferriera. L'incontro convocato a Roma a metà febbraio rappresenta per Savino
un'opportunità per inserire la riconversione dello stabilimento di Trieste
all'interno di una discussione più ampia relativa al futuro dell'intero Gruppo
industriale e più in generale della politica siderurgica italiana.
Ezit, analisi-bis di aree inquinate Dopo 8 anni il
lavoro è da rifare
Mentre per aprile dev’essere pronto il progetto
complessivo sul Sin, su 400 mila metri quadrati si fa “il test del rischio”
previsto dalla legge. In parte da buttare gli studi del 2004 pagati dalla
Regione
Un piccolo passo avanti in zona industriale sui terreni inquinati. La
sorpresa negativa è che son passati tanti anni dalla prima parziale analisi dei
terreni che oggi anche quell’unico lavoro completato è da rifare: nel frattempo
sono cambiate le leggi. Parliamo della zona Noghere dove, su incarico della
Regione, l’Ezit nel 2004 aveva «caratterizzato» una porzione minima del Sito
inquinato nazionale, circa 400 mila metri quadrati sui 18 milioni totali, di cui
12 milioni in mare. Adesso (mentre sono in corso nuovi accordi col ministero per
definire un più ristretto perimetro delle aree, e non si parla più di “danno
ambientale”) l’Ezit ha deciso di completare il precedente processo con
l’”analisi di rischio». E’ questa la procedura intanto intervenuta per legge. Su
un terreno inquinato dove non si rilevano conseguenze negative per la salute, è
possibile ugualmente insediare attività produttive o d’altro genere. «Allora
avevamo anche analizzato le acque sotterranee di falda - racconta il direttore
dell’Ezit Paolo De Alti -, ma oggi quelli risultano soldi buttati via. Da quando
esiste “l’analisi di rischio” è obbligatorio studiare soprattutto la parte
superficiale dei terreni». Dunque sprecare tempo procura anche spreco di denaro
pubblico. Non solo. Nell’agosto 2010 (a 6 anni dai lavori) il ministero aveva
validato le analisi Ezit-Arpa, e denunciato la presenza di diossina. Grande
allarme? Sì, ma oggi è altrettanto evaporato per legge. La diossina non è
sparita, «ma è cambiato il sistema di misurarla, i nostri dati non hanno più
importanza - prosegue De Alti -, perché la quantità si calcola su campioni più
grandi, perciò l’incidenza si diluisce...». L’Ezit fa e rifà queste analisi
anche per una dozzina di imprese che negli ultimi due-tre anni si sono insediate
nel perimetro del Sito inquinato. Pagando dunque sempre i terreni alla
modestissima cifra di 18 euro al metro quadrato. «Per non frazionare il terreno
e analizzarlo tutto - prosegue De Alti - abbiamo proposto a queste aziende di
interessarci anche dei loro terreni, poi ci rifonderanno le spese». Il costo
dell’operazione è comunque contenuto in «poche decine di migliaia di euro», già
in cassa dal 2004. «Questo lavoro - afferma il presidente dell’Ezit Dario Bruni
- esula dai nuovi accordi stretti con Regione e ministero sul Sito inquinato
nazionale, secondo i quali per aprile dovremo presentare un progetto finale, con
la speranza fondata che nel frattempo il ministero restringa il perimetro del
Sito inquinato». È questa l’ipotesi messa in campo dal ministro dell’Ambiente
Corrado Clini assieme al suo collaboratore Antonio Gurrieri, già segretario
dell’Autorità portuale triestina. «Un governo tecnico - ragiona Bruni - io credo
avrà tempi molto più veloci perché è più libero di agire». Ma per larga parte
del Sin va “inventata” una soluzione. Il decreto 152 sull’ambiente (quello che
ha imposto l’analisi di rischio) ordina che il materiale inquinato «vada
rimosso». «Ma se l’intera area è il risultato di una discarica pubblica - dice
Bruni -, come si fa a spostare tutto un terrapieno inquinato? Pur fra norme
molto rigide bisognerà trovare la soluzione tecnica, ma io confido che in questo
2012 vedremo delle novità».
Gabriella Ziani
Babele di situazioni: da censire le pratiche avviate da
65 aziende
Nuovi accordi col ministero e con la Regione per ripulire il Sito inquinato? C’è una tabella di marcia fissata, ma che cosa succede nei lunghi mesi in cui non si vede risultato? «Ci sono ben 65 aziende censite nel perimetro inquinato che in questi anni hanno avviato per proprio conto pratiche di analisi dei terreni, oppure già di bonifica, o che hanno fatto ricorso al Tar contro le precedenti norme ministeriali» dice Paolo De Alti, direttore dell’Ezit (in foto). Una babele da sondare, insomma. Ezit ha la delega ufficiale della Regione per occuparsi delle complesse procedure. «Quando presenteremo il progetto, e la Regione l’avrà approvato e inviato al ministero - conclude De Alti - sarà la Regione stessa a interpellare le aziende: vorranno delegare l’Ezit a fare i lavori di bonifica, risarcendo le spese, o li faranno in proprio?». Questo per l’inquinamento a terra, di quello vastissimo a mare «nulla si sa».
Rigassificatore, cinque domande a tutela dell’ interesse collettivo - L’INTERVENTO DI LUCIA SIROCCO e LINO SANTORO (Legambiente Trieste)
Compare sull’ultimo numero di Konrad un editoriale di
Dario Predonzan sullo stato dell’arte del progettato rigassificatore di Zaule di
Gas Natural e in particolare sul ruolo svolto finora dalle nostre istituzioni
locali. È in corso la consultazione delle circoscrizioni affinché tali organi
possano esprimersi sulla proposta di delibera comunale di opposizione al
progetto definitivo di Gas Natural ed è imminente la convocazione della
commissione comunale sesta. Meno male che tutte le norme europee insistono
sull’obbligo da parte delle istituzioni di consultare tutti i portatori
d’interesse su piani e progetti che presentino rilevanti impatti sul territorio.
Non si può negare che il progetto di Gas Natural sia uno di questi. Ebbene: la
nostra richiesta alla Regione - istituzione responsabile del coordinamento della
Conferenza dei servizi, che ha il compito di autorizzare la realizzazione
dell’impianto - di avere copia del Progetto definitivo, ha ricevuto una risposta
negativa da parte del direttore del Servizio Energia, per motivi legati alla
necessità di tutelare gli interessi intellettuali, industriali e commerciali
della Società Gas Natural. Una versione incompleta del Progetto definitivo è
arrivata al Comune di Muggia che l’ha consegnata al Tavolo tecnico
rigassificatore Trieste e messa a disposizione delle associazioni. Quale
istituzione l’ha consegnata incompleta a Muggia? con quale fine? Non possiamo
dunque non sollevare alcune questioni e porre le relative domande a chi dovrebbe
tutelare gli interessi della nostra collettività. Prima domanda alla Regione:
come si può partecipare alla procedura di Valutazione ambientale strategica
prevista (e sostenuta nella delibera comunale) per una variante sostanziale al
Piano regolatore richiesta da Gas Natural per il progetto definitivo se la
documentazione non viene resa pubblica, ancorché epurata della parte che possa
essere considerata segreto industriale? La Regione ha verificato se le
prescrizioni del decreto di compatibilità ambientale risultano soddisfatte nel
progetto definitivo di Gas Natural? Seconda domanda a Gas Natural: la più volte
espressa disponibilità nei confronti della cittadinanza per spiegare il progetto
che fine ha fatto? Terza domanda al Comune di Trieste: perché la posizione di
contrarietà del Comune di Trieste non si è estrinsecata in un ricorso al Tar ad
adiuvandum nei confronti del decreto di compatibilità ambientale riguardante la
Valutazione d’impatto ambientale del progetto di Gas Natural, affiancandosi così
ai ricorsi presentati da WWF Italia, da Legambiente nazionale, da Greenaction,
dai Comuni di Muggia e Dolina e dal governo sloveno? Quarta domanda sempre al
Comune: perché nel testo della delibera comunale non viene sottolineato quanto
espresso nell’emendamento alle direttive del nuovo piano regolatore in
gestazione, proposto da Legambiente Trieste, presentato dal consigliere Andolina
e fatto proprio dal Consiglio comunale di rifiuto di impianti pericolosi sul
proprio territorio? Quinta domanda ancora al Comune: è stato sottolineato più
volte da Legambiente all’assessore Laureni che solo un’azione di lobbying da
parte del Comune di Trieste nei confronti di tutti gli altri enti e istituzioni
che devono esprimersi sul progetto Gas Natural nell’ambito della Conferenza dei
servizi – il voto deve essere unanime, altrimenti decide la Giunta Regionale-
avrebbe dimostrato la reale volontà di battersi contro l’ipotesi di un
rigassificatore on-shore a Zaule: come mai tale operazione, non si concretizza
in alcun gesto reale? Questa Amministrazione ci crede o no? Comprendiamo bene
quanto Gas Natural tenga al progetto: non c’è rischio d’impresa. Anche se non
arrivasse una goccia di Gnl a Trieste, gli incentivi assicurati dall’Autorità
dell’energia elettrica e del gas (spalmati sulle bollette dei consumi energetici
dei cittadini) ammortizzerebbero comunque gli investimenti. Comprendiamo meno la
Regione: vista la concorrenza internazionale non sarà semplice individuare il
Paese che intende vendere il gas liquefatto, per cui è una scommessa contare
sugli introiti dell’Iva: se non arriva gas niente Iva.
Gazprom taglia le forniture di gas In Italia meno 30%
Gazprom, il colosso russo del gas, ha ammesso ieri di non
essere in grado di dare all’Europa le forniture supplementari richieste per far
fronte all’emergenza maltempo. Snam Rete Gas registra dall’ingresso di Tarvisio
un calo del 30% dei rifornimenti. Gazprom assicura che i volumi di gas previsti
dai contratti vengono rispettati. Ma tuttavia, ha riconosciuto che, «per alcuni
giorni» si sono dovute ridurre del 10% le forniture a causa dell’emergenza
interna.
Veglia dichiara guerra ai siti industriali - Il
sindaco: «Fanno i conti senza l’oste». La municipalità punta tutto sullo
sviluppo del turismo
VEGLIA La “battaglia” sull’isola di Veglia è cominciata da
tempo e vede da una parte i paladini dell’industrializzazione, e dall’altra
coloro che si oppongono alla costruzione di un grande terminal contenitori, di
un rigassificatore e del secondo ponte tra l’isola e la terraferma. Veglia è
l’isola turisticamente più forte dell’Adriatico ma è anche un concentrato di
industria pesante, avendo nella sua parte nordoccidentale la petrolchimica Dioki,
il polo petroli e l’Oleodotto adriatico Janaf, situati a Castelmuschio (Omisalj).
I piani statali e regionali prevedono per Veglia l’approntamento di uno scalo
container a Castelmuschio e del ponte bis, con quest’ultimo che potrebbe essere
percorso non solo da veicoli su gomma ma anche da treni. Sì, c’è l’intenzione di
costruire il primo tratto ferroviario su un’isola dell’Adriatico, troncone che
sarebbe allacciato alla futura ferrovia pianeggiante Fiume–Zagabria–Botovo
(confine croato–ungherese). Fin qui i piani, le ambizioni, gli studi formulati a
Zagabria e Fiume. Sono invece di tutt’altro avviso le massime autorità di
Castelmuschio, comune piccolo se volete ma recalcitrante verso tutto ciò che
inquina, sporca ed è antituristico. Nella recente seduta del consiglio comunale
è stato approvato il Piano d’azione sullo sviluppo turistico di Castelmuschio.
«Stanno facendo i conti senza l’oste quando parlano del nostro territorio – è
quanto affermato dal sindaco Tomo Sparozic – adesso che il comune ha posto in
essere tutta la documentazione necessaria, nulla ci può impedire di cominciare a
realizzare i nostri progetti, per i quali sussiste anche il forte interesse
degli investitori». Innanzitutto i piani prevedono per la zona Voz–Peschera, di
circa 50 ettari, l’edificazione di un albergo con 500 posti letto, un marina con
100 ormeggi, spiagge, lungomare, un parco acquatico e ampio parcheggio. Sullo
spiazzo nelle vicinanze dell’insenatura di Peschera dovrebbe sorgere un
campeggio e diversi impianti sportivi. «Il campeggio potrà ospitare fino a 900
persone – così il primo cittadino – e inoltre abbiamo in piano di costruire in
zona Jezera un campo da golf di 156 ettari, attorno al quale i nostri ospiti
potrebbero dedicarsi all’equitazione, trekking e ciclismo. Non abbiamo
dimenticato neanche i siti archeologici di Fulfinum e Mirine, che saranno
ulteriormente valorizzati con visite turistiche guidate».
Andrea Marsanich
Centro naturalistico
Oggi il Centro didattico naturalistico di Basovizza del Servizio del Corpo forestale regionale (località Basovizza 224, telefono 0403773677 - cell. 3666867882) sarà aperto dalle 9 alle 17. Ingresso libero. All’interno esposizioni naturalistiche e materiale sensoriale per conoscere la natura, la storia e la cultura del Carso e le grandi tematiche naturalistiche mondiali. Alle 10.30 inaugurazione della mostra “Il Carso”, disegni in china di Claudio Gentile.
IL PICCOLO - SABATO, 4 febbraio 2012
Meno gas in arrivo dalla Russia, ma non è emergenza
ROMA Gas con il contagocce in Italia e in Europa per l’emergenza maltempo che ha messo in ginocchio tutto il vecchio continente e i Paesi dell’ex Urss. Le importazioni di metano dalla Russia sono crollate, con i flussi in ingresso a Tarvisio in calo di quasi un terzo. Dopo due giorni di contrazione, i dati aggiornati praticamente in tempo reale da Snam Rete Gas mostrano una diminuzione di circa il 30%, segnale di una netto ridimensionamento delle forniture di Gazprom. Di fronte alle temperature gelide che hanno investito la Russia, il gigante energetico ha preferito concentrare il gas a disposizione sul territorio russo. Con conseguenze evidenti in Europa. A risentire della diminuzione non è stata infatti solo l’Italia. Germania, Polonia, Austria, Slovacchia, Ungheria, Bulgaria, Romania e Grecia sono state tutte colpite, dalla decisione di Mosca, tanto che la stessa Commissione europea è stata costretta a rassicurare in tutta fretta che, nonostante le difficoltà, l’Ue «non è in stato di emergenza». La Russia, ha precisato Bruxelles, «ha comunicato di aver bisogno di un surplus di gas a causa dell’ondata di gelo, aggiungendo che i contratti tra Gazprom e i paesi europei prevedono una certa flessibilità in casi come quello attuale». Dichiarazioni che però non sono piaciute ai diretti interessati: «Gazprom assicura il rispetto di tutti gli obblighi contrattuali con l’Europa», hanno replicato da Mosca, puntualizzando che sono i consumatori europei a richiedere «volumi di gas più elevati rispetto a quelli che siamo obbligati a fornire». Di allarme vero e proprio sembra comunque prematuro parlare anche se la Commissione ha voluto istituire un gruppo di coordinamento per monitorare attentamente e richiedere informazioni dettagliate sugli sviluppi della situazione. L’emergenza sembra scampata al momento anche in Italia, nonostante il 30% del fabbisogno di gas del nostro Paese sia coperto con le importazioni russe. Il Greenstream, il gasdotto che trasporta il metano dalle coste libiche a quelle siciliane, è stato infatti ripristinato dopo la guerra civile in Libia. Gli stoccaggi, secondo quanto emerso dall’ultima riunione di pochi giorni fa del Comitato emergenza gas sono pieni. Il ministero continua comunque a monitorare la situazione con attenzione.
IL PICCOLO - VENERDI', 3 febbraio 2012
Il Consiglio approva la legge anti-Ferriera - In caso
di sforamento dei limiti d’inquinamento sarà il Comune con l’Ass a disporre le
sanzioni
TRIESTE Dopo un parto di dieci mesi, come ha ricordato il consigliere di Un’Altra Regione Alessia Rosolen, alla fine il Consiglio riesce ad archiviare la norma “urgente” per ridurre le emissioni di benzopirene nell’aria. È, in poche parole, la legge anti-Ferriera. La Regione si dota ora di uno strumento legislativo, figlio di due proposte di legge bipartisan (una di Pdl e Pd, l’altra di Rosolen) per contenere le emissioni a 1 nanogrammo per metro cubo d’aria. Un emendamento precisa che «il raggiungimento dei valori obiettivo deve essere conseguito nel più breve tempo possibile indicando che, in caso di superamento, è il Comune, sentita l'Azienda sanitaria, ad adottare misure urgenti anche con sanzioni e azioni limitative, e che il sindaco adotti ordinanze in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica». I commenti a caldo sono tutti triestini. «È una legge che risponde a precise esigenze di tutela della salute, anche drammatiche, dei cittadini ed in particolar modo dei residenti di Servola» – afferma il relatore di maggioranza Piero Tononi (Pdl) che assieme ai colleghi Maurizio Bucci, Piero Camber e Bruno Marini esprime soddisfazione per l’approvazione. Una norma che sta molto a cuore a Bucci, ex assessore all’Ambiente a Trieste: «Nel recente passato nell’area servolana sono stati registrati valori di sforamento che oggi non potranno essere più tollerati». Camber si appella invece al sindaco di Trieste Roberto Cosolini perché ora «si trovi una risposta ai problemi occupazionali». «Un passo avanti per la tutela della salute», riflette Sergio Lupieri (Pd), un tasto su cui insiste anche Rosolen: «Grazie ai miei emendamenti la legge ora ha una valenza, perché ha strumenti di controllo». La norma chiude una lunga giornata consiliare: l’aula in poche ore approva un ordine del giorno di Pdl, Udc, Lega e Pd che punta a ridurre la produzione di rifiuti «guardando sempre più alla raccolta differenziata, ma senza arrivare all'abbandono totale degli inceneritori». Il Consiglio ha respinto però l'ordine del giorno a firma Alessandro Corazza (Idv) che proponeva di non incenerire più rifiuti e abbandonare il loro utilizzo come combustibile nei cementifici. Amareggiato Pietro Colussi dei Cittadini che accusa il presidente Franz «di aver ha impedito, violando il regolamento consiliare, il voto in aula della petizione presentata da un migliaio di cittadini». Una mozione, invece, impegna ora la Regione a intervenire nei confronti del governo «affinché adegui le compartecipazioni sulle accise a seguito dell'incremento dei carburanti». L’assessore Savino, infine, rispondendo a un’interrogazione della Lega, è intervenuta su Mediocredito confermando che «gli organi sociali sono stati nominati a giugno 2011 e scadranno nella primavera 2014. In caso di incompatibilità - ha aggiunto – saranno rispettate le direttive del governo».
(g.s.)
Il rigassificatore utile soltanto per chi lo costruisce
- LA LETTERA DEL GIORNO
Anche nei giorni scorsi «Il Piccolo» ha pubblicato un articolo nel quale si descrive come l’impianto di rigassificazione di Zaule dovrebbe venir costruito per evitare un impatto ambientale sconveniente. Si continua quindi a proporre la costruzione del rigassificatore ignorando colpevolmente la volontà della popolazione di Trieste, di Muggia, di Dolina e dei rispettivi comuni, nonchè delle istituzioni scientifiche, tutti contrari a tale impianto, non per questioni di principio ma con argomentazioni precise e mai confutate. Qualche giorno fa il «Corriere della sera» on-line ha pubblicato un articolo sulla disponibilità di gas in Italia che di seguito riassumo: il gasdotto proveniente dalla Russia è sfruttato al 68% nel 2011, il tubo algerino al 60%, quello libico al 20%, il tubo dall’Olanda al 50%. Ma ciò che più colpisce è che il rigassificatore di Panigaglia funziona al 40% (già da anni si va dicendo che manca la materia prima per alimentare i rigassificatori esistenti e contemporaneamente cala la richiesta di gas). Quindi, poichè già adesso gli impianti di rigassificazione sono obbligati a funzionare a regime ridotto (non solo in Italia) risulta evidente che non esiste alcuna necessità di nuovi impianti di rigassificazione e quindi (anche ignorando i problemi di sicurezza per la popolazione, il blocco dello sviluppo del porto, ecc.) la volontà di costruire l’impianto di Zaule deriva solo dalla possibilità di sfruttare la delibera del 2005 dell’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas, art. 13, che assicura, a chi costruisce il rigassificatore, anche in caso di mancato utilizzo dell’impianto, la copertura di una quota pari a quasi l’80% dei ricavi di riferimento per un periodo di 20 anni. Ciò significa che, per 20 anni, chi costruisce l’impianto, anche se lo ferma per mancanza di gas liquido o perché nessuno si serve della sua struttura, si prende lo stesso i soldi. Ed a pagare sarebbero i cittadini con la bolletta del gas. Aggiungo ancora che per quanto riguarda il rigassificatore di Porto Vigo (ubicato in mezzo al mare a circa 15 km dalla costa), ho letto una segnalazione su un periodico, dove si informava che la pagina on-line del «Corriere del Veneto» del 26 luglio riportava il seguente titolo, «schiuma vicino al rigassificatore(...)». La conseguente indagine appurava che l’inquinamento era conseguenza del raffreddamento del gas metano. Queste notizie, assieme alle valutazioni di esperti, tecnici, scienziati e studiosi, tutte mai smentite, non possono non far pensare che il voler costruire un rigassificatore a Zaule risponda solo alla logica del maggior profitto per pochi e danno per Trieste e per la sua popolazione.
Silvano Baldassi
IL PICCOLO - GIOVEDI', 2 febbraio 2012
Il grido dei pendolari «Treni lenti e sporchi»
Messi all’indice il degrado degli scompartimenti e i
troppi ritardi «Una volta non bastava un fiocco di neve per mandare tutto in
tilt»
il problema del clima Spesso il riscaldamento funziona in un vagone sì e in uno
no e bisogna per forza adattarsi alla situazione, anche se fa freddo
LE RICHIESTE DELL’ASSESSORE Chiederò a Trenitalia di provvedere a una
manutenzione straordinaria dei mezzi, in attesa che vengano sostituiti
TRIESTE Alle 7 in punto del mattino la stazione di Trieste è un deserto in
cui gli unici rumori provengono dagli sparuti avventori del bar e dalla bora che
bussa sulle porte a vetri. Gli ultimi treni delle 6, carichi di pendolari, sono
partiti da pochi minuti. Il prossimo convoglio utile per chi lavora parte alle
7.35 per Udine: prima c'è soltanto l'Intercity per Roma, e non conviene. I
pendolari iniziano a comparire nella sala d'attesa dopo una ventina di minuti.
Insonnoliti, guardano di sottecchi il tabellone delle partenze con il timore di
trovarvi l'ennesimo ritardo. Facendo loro un po' di violenza gli si può chiedere
cosa pensano della rete ferroviaria regionale, ma le risposte sono più o meno
sempre le stesse: «Treni sporchi, freddi, spesso in ritardo». Piccole odissee
quotidiane La signora Maria Graziella Rapisarda non prende il treno ogni giorno,
ma almeno una volta a settimana lo usa per andare a Gorizia. Il problema
principale, secondo lei, non sta tanto nella puntualità: «Prendo sempre il
regionale delle 7.35 - dice - e devo dire che è abbastanza puntuale. Però i
vagoni sono davvero molto sporchi». La signora Alida Fontana, invece, ogni
mattina deve acchiappare un treno per raggiungere il posto di lavoro a
Monfalcone. Il suo giudizio di veterana del pendolarismo è decisamente più
"tranchant": «Cosa volete che dica, è un servizio che non funziona. C'è poca
puntualità e i vagoni sono sempre lerci. Cose da straccioni». Alle sette del
mattino in febbraio la gente non ha tanta voglia di parlare, ma i commenti
stringati il più delle volte sono di questo tenore. C'è però anche chi ha voglia
di entrare nei particolari. M.C. è una giovane donna e lavora nel settore della
pubblica amministrazione, a Gorizia: «Il servizio è pessimo - racconta -. Il
lunedì mattina è il giorno più tragico per i ritardi: qualche tempo fa i miei
colleghi sono partiti alle sette e mezza e sono arrivati a Gorizia dopo le
nove». Ma il momento peggiore della giornata è il ritorno: «La sera le
condizioni dei treni fanno rabbrividire: sono sporchissimi e spesso il
riscaldamento funziona un vagone sì e uno no. Abbiamo anche smesso di
prendercela con il personale di Trenitalia, in fondo ne sono vittime anche
loro». Ora M.C. guarda con inquietudine all'ondata di gelo che sta coprendo
l'Italia: «Basta un po' di neve perché i disguidi esplodano - dice -. Io sono di
Tolmezzo ma ho studiato all'università di Trieste: ero pendolare già allora, ma
quella volta non bastava un fiocco di neve per mandare in tilt il sistema». A
onor del vero, si trova anche chi apprezza il servizio. Noemi è una studentessa
Erasmus, viene dalla Romania e usa il treno per raggiungere la Facoltà di
architettura a Gorizia: «Il servizio dei treni mi sembra buono - commenta -.
Tutto sommato sono puntuali e abbastanza puliti». Nel suo incontro di oggi con
l'ad di Trenitalia Mauro Moretti l'assessore ai Trasporti Riccardo Riccardi si
farà portavoce dei problemi del trasporto locale: «Il parco rotabile regionale è
vetusto - spiega -, e la mancanza di manutenzione porta ad aumenti delle
soppressioni come quello verificatosi a inizio gennaio. Chiederemo a Trenitalia
di provvedere a una manutenzione straordinaria in attesa della sostituzione del
parco rotabile». Anche perché, a dispetto delle stime di Trenitalia, il treno è
un mezzo molto usato in Friuli Venezia Giulia. Secondo l'ultimo rapporto
statistico della Regione il 36% degli abitanti si sposta su rotaia (al quarto
posto in Italia): di questi il 47,6% trova soddisfacente la puntualità dei
treni, il 62,2% la loro frequenza e il 74,2% la disponibilità di posti a sedere.
«A seguito della strigliata di Riccardi a metà gennaio stiamo verificando se le
promesse di Trenitalia di ripristinare il servizio standard, come da contratto
di servizio, sono mantenute - afferma Marco Chiandoni del comitato spontaneo dei
pendolari -. Per ora no, a quanto pare dai disservizi segnalati dal comitato
pendolari alto Friuli sulla Udine-Tarvisio, ma anche sulla Udine-Trieste, linea
sulla quale tra lunedì e martedì scorsi sono stati registrati ritardi
consistenti dai 20 ai 70 minuti». Il comitato denuncia poi la chiusura dei bagni
pubblici in alcune stazioni come Gemona, Tarvisio e l'eliminazione di tutti i
posti a sedere della stazione centrale di Trieste: «Sospettiamo che sia una
discutibile scelta "estetica" per l'arrivo di Moretti».
Giovanni Tomasin
Il Pdl in pressing per ripristinare il Trieste-Lecce
«Ripristinare il treno notturno Trieste – Lecce è possibile senza cambiare alcun orologio negli orari di Trenitalia e a costo zero». Un colpo di bacchetta magica o la scoperta dell’acqua calda? No, sembra, basta la semplice consultazione dell’orario ferroviario. Ad indicare la soluzione all’amministratore delegato di Trenitalia Mauro Moretti oggi in vista a Trieste è il vicepresidente della Commissione regionale Trasporti, il pidiellino Maurizio Bucci. «Il collegamento, recentemente soppresso, era molto utilizzato dalle comunità di pugliesi, calabresi e lucani che in città sono oltre 15mila. Il servizio può essere facilmente ripristinato attraverso un treno che parta da Trieste alle 18.30, arrivi a Venezia alle 20.30 e riparta alle 20.55, dal binario tecnico (numero 7) già esistente e dedicato alle operazioni di cambio locomotore, per arrivare a Bologna dove è già previsto un treno per Lecce alle 23.05». «Tale ripristino del collegamento - aggiunge Bucci - può avvenire senza modificare alcun orario già in essere ed a costo zero attraverso l’eliminazione, se necessario come estremo sacrificio, di uno dei due treni serali Trieste – Roma via Mestre».
Moretti in Comune, mezzogiorno di fuoco - Ad attendere
l’esponente delle Ferrovie Cosolini, Riccardi, la Monassi e altri referenti
locali
TRIESTE Appuntamento in Municipio, con affaccio su piazza
Unità. L’amministratore delegato del gruppo Ferrovie dello Stato, Mauro Moretti,
arriverà oggi a Trieste nella tarda mattinata. L’incontro ufficiale, con
all’ordine del giorno la questione dei collegamenti ferroviari con il Porto
triestino, è in programma tra le 12 e le 12.30. Oltre all’atteso ospite e al
padrone di casa, il sindaco Roberto Cosolini, vi parteciperanno l’assessore
regionale a Infrastrutture e mobilità Riccardo Riccardi, e i delegati di
Autorità portuale, Provincia di Trieste e della locale Camera di commercio.
Dovrebbero essere i rispettivi presidenti, cioè nell’ordine Marina Monassi,
Maria Teresa Bassa Poropat e Antonio Paoletti, ma usare il condizionale è
d’obbligo considerato che non è escluso siano incaricati da loro stessi altri
rappresentanti istituzionali. Dopo aver concordato a Roma con Moretti la visita
triestina odierna, alla vigilia dell’appuntamento il primo cittadino Cosolini
conferma il tema principale del vertice: «Il suo interesse è sul porto, su come
rendere il sistema ferroviario più adeguato per la competitività dello scalo.
Per molti anni non c’è stata grande interlocuzione da parte dell’amministrazione
con le Ferrovie, o magari è mancata la volontà oppure la capacità di far sentire
la propria voce come invece hanno fatto in altre città». Per questo, secondo il
sindaco la riunione di oggi «segna un avvio e una ripresa del confronto con il
massimo responsabile del sistema ferroviario italiano». Si parlerà dello «snodo
di Campo Marzio e del miglioramento dei collegamenti alla rete ferroviaria». Ma
altri temi andranno toccati, nelle intenzioni di Cosolini: «Cercherò di arrivare
alla questione del trasporto passeggeri, e poi evidentemente c’è grande
sensibilità sul tema del futuro del Museo ferroviario. Per il quale - annuncia
senza sbottonarsi sui dettagli - farò una proposta che responsabilizzerebbe
anche la comunità locale. Se Moretti la accoglierà, ci lavoreremo». Non
mancherà, pare, un passaggio sulle panchine recentemente tolte dalla Stazione
centrale di Trieste, decisione che ha indotto nei giorni scorsi proprio Cosolini
a scrivere una lettera all’ad delle Ferrovie dello Stato. Il sindaco non
nasconde che fra le “varie ed eventuali” potrebbe trovare spazio anche questo
argomento di attualità, che abbraccia evidentemente la questione sociale visto
che la Stazione dei treni diventa di notte, specie in inverno, ricovero per i
senzatetto: «Sono problemi che comunque vanno risolti attraverso lo sforzo degli
enti locali e del mondo del volontariato. D’altro canto - ribadisce Cosolini -,
trattandosi di scelta temporanea, penso sarebbe stato meglio aspettare il
periodo fra la fine di febbraio e l’inizio di marzo, quand’è meno freddo».
Matteo Unterweger
La favola del Corridoio 5 e la realtà delle linee
tagliate - Verso l’Est niente di nuovo
Dubbi di coerenza sulle scelte intraprese dai vertici di Trenitalia. «Se credono alla direttrice verso Oriente perché quella esistente è stata ridotta all’osso?»
Se c'è una cosa prevedibile in questo viaggio a Trieste
del rottamatore Moretti, il capo delle Ferrovie italiane intenzionato a vendere
stazione e binari dell'ex Transalpina, è che non verrà in treno. Il motivo
ovvio: è uno che lavora sodo e non può perdere tempo. Venire su rotaia sarebbe
un “beau geste” che oggettivamente non possiamo chiedergli stante la distanza
della città “cara al cuore”. Resta il fatto che vederlo arrivare in aereo o
automobile dà da pensare. Che fiducia possiamo avere – dirà la gente - di un
servizio scartato persino dal suo massimo gestore? Noi ci limitiamo a dire che
ci dispiace che egli non abbia fisicamente sperimentato la distanza che ci
separa dal resto del Paese. Avrebbe compreso di più del Nordest. Ci sembra
dunque corretto ricordargli gli orari che egli stesso ci infligge. Ci sono solo
due possibilità per arrivare a Trieste senza aspettare un'ora a Mestre in una
delle più allucinanti sale d'aspetto dell'universo ferroviario, e sono entrambe
pomeridiane: una con partenza alle 15.45 e arrivo alle 21.20, e una con partenza
alle 16.45 e arrivo alle 22.20 (Frecciarossa più Frecciabianca). Se si deve
partire al mattino, allora ci si rassegni alle tradotte regionali da Mestre. I
prezzi da pagare per il tandem fra i due treni "veloci" sono rispettivamente di
129,50 e 94 euro. Ma, paradossalmente, anche le altre combinazioni non si
discostano molto da queste cifre: 120,50 euro per la prima e 86,95 per la
seconda. L'unico diretto senza cambio a Mestre parte da Termini alle 15.36 e
arriva a Trieste alle 23.58, dopo otto ore e 22 minuti di viaggio. Il bello è
che le “frecce” tra Mestre e il capolinea ti fanno guadagnare poco o nulla
rispetto ai regionali. Dieci minuti. La differenza la fanno solo le coincidenze,
favorevoli per i treni solo nominalmente veloci e impossibili per i regionali.
La politica Trenitalia gioca solo su quelle per simulare una velocità che non
c'è e obbligarti, scegliendo, le “frecce”, a pagare di più per lo stesso
servizio. E poi, parliamoci chiaro, venire a Trieste è rischioso. Gran parte dei
bivi sono stati depotenziati con la parola d'ordine “rete snella” e lo stesso
dicasi dei binari di sorpasso dislocati sulla rete, col risultato che, se due
treni confluiscono o devono by-passarsi, la manovra diventa possibile solo nelle
stazioni. Nei viaggi compiuti nell'ultimo anno ho contato circa sedici ore di
ritardi dovuti all'implacabile rete snella, nella sola tratta tra Mestre e
Trieste. Tutto hanno spolpato, incluse le panchine alla stazione d'arrivo. Per
chi aspetta, che siano donne, anziani o bambini, nemmeno la dignità di un
sedile. No, dottor Moretti, non venga a Trieste in treno. E poi, vivaddio,
nevica, tutta la rete è sottozero, e qui non ci sono freccerosse che tengano. Lo
si è visto nelle buriane degli altri inverni. I quadri elettrici vanno in tilt e
il piano di adeguamento delle “scaldiglie” sugli scambi non è stato completato
per il il blocco dei finanziamenti operato da Tremonti. Per quanto riguarda il
materiale rotabile, non risulta che siano stati messi allo studio i
provvedimenti per affrontare il blocco delle porte per ghiaccio su tutte le
carrozze dotate della chiusura automatica, problema risolto solo dalle ferrovie
del Nord. Per quanto riguarda il Friuli-Venezia Giulia, il piano neve è
adeguatamente operante, ma dalle altre regioni arrivano notizie di lacune nella
catena dei lavori, negli impianti, nella trazione, e nel lavoro delle imprese
private che devono garantire il pronto intervento d'emergenza. Quindi per
carità, stimato dottor Moretti, venga in aereo. So perfettamente l'obiezione che
il nostro farà di fronte alle lamentele (i soliti triestini...) sulla
marginalità di frontiera. Dirà: lasciatemi fare la direttrice veloce in
direzione di Lubiana e Budapest, il cosiddetto Corridoio Cinque, ed ecco che
Trieste sarà nuovamente vicina all'Italia e all'Europa. A questo rispondo con
altre considerazioni. Se è vero che si crede nei collegamenti con l'Est, per
quale motivo, nel frattempo, la linea esistente è stata ridotta all'osso? Perché
per andare a Lubiana oggi devo imbarcarmi a Sesana? I traffici vanno là dove ci
sono linee efficienti e direttrici attive (ragionare al contrario, come fa
Trenitalia, sono capaci tutti), il rischio è che fra vent'anni, quando e se sarà
messo in cantiere il Corridoio Cinque, saremo di fronte a un vettore già in
agonia e ampiamente by-passato dalla Lubiana-Capodistria, che tapperà l'ultima
via d'uscita autonoma per la locomotiva industriale del Nordest. Lo dico chiaro:
non sopporto più Trenitalia, e affermandolo so di avere parecchie ragioni in più
rispetto ad altre periferie del Paese. E aggiungo: detesto Trenitalia nella
misura in cui adoro i treni. La detesto non solo per quello che infligge agli
italiani e alle periferie del Paese, ma anche perché approfitta dell'amore che
una bella fetta di connazionali nutre per la strada ferrata. Preferirò sempre un
regionale strapieno e puzzolente al grande nulla delle autostrade, e, con me,
molti altri la pensano a questo modo. Davanti all'odor di vernice di un
locomotore mi commuovo. Il guaio è che Trenitalia lo sa benissimo, e si
approfitta di noi romantici imbecilli.
PAOLO RUMIZ
L’Ande protesta: è un servizio per i cittadini -
Presentato a Campo Marzio uno studio per il rilancio del trasporto su rotaia nel
Friuli Venezia Giulia
TRIESTE «Trenitalia non può pensare soltanto al profitto, deve anche offrire un servizio al Paese e ai suoi cittadini». Partendo da questa considerazione l'Associazione nazionale donne elettrici di Trieste ha illustrato ieri la sua proposta all'ad Mauro Moretti per il rilancio del trasporto su rotaia in Friuli Venezia Giulia. Uno studio che l'Ande ha realizzato con l'aiuto di tecnici come il professor Giacomo Borruso, e presentato all'interno della Stazione di Campo Marzio che ospita il museo Ferroviario di Trieste: «Perché pensiamo che Trenitalia debba impedire la scomparsa del museo - ha spiegato la presidente Etta Carignani - ma anche perché è un luogo simbolico, adatto a lanciare il nostro appello per la rinascita delle ferrovie a Nordest». Secondo l'Ande la scelta europea di privilegiare il trasporto su rotaia per il suo minor impatto ambientale può rafforzare la regione: «Diventa centrale la posizione della portualità mediterranea e adriatica, più accessibile alle rotte per il Far East rispetto ai concorrenti del Nord Euro». Da qui la necessità di potenziare le infrastrutture regionali: «Recenti studi effettuati in funzione della realizzazione del Superporto regionale - spiega Carignani - hanno dimostrato che il potenziamento della capacità ferroviaria può essere realizzato senza la necessità di pesanti interventi finanziari». Secondo l'Ande l'elemento di forza per lo sviluppo dei traffici merci regionali è rappresentato dalla linea Pontebbana, «unica direttrice Nord-Sud in Italia che disponga di capacità inutilizzata», ma anche la direttrice Est-Ovest necessita di potenziamenti. Sul piano del trasporto dei passeggeri l'Ande sottolinea la necessità di azioni su tre livelli: collegamenti internazionali, nazionali e regionali. «Per la nostra regione è importante essere connessa ad Austria e Slovenia: in caso di assenza di una domanda sufficiente a collegamenti diretti, si potrebbe ricorrere a servizi combinati strada-rotaia». Dal punto di vista nazionale l'Ande insiste sull'importanza dei collegamenti con Roma: «Facendo proseguire da Padova, attraverso la cintura di Mestre, le Frecce provenienti da Roma si otterrebbe per la prima volta l'obiettivo di collegare la capitale con i capoluoghi del Nordest». Sul piano regionale l'Ande rilancia l'idea delle "Metropolitane regionali" per unire il nodo di Ronchi ai quattro capoluoghi del Friuli Venezia Giulia.
(g.tom.)
Le dismissioni di Rfi contrarie alla metropolitana
leggera - L’INTERVENTO DI ALESSANDRO PUHALI
Il Progetto Adria A (Accessibilità e sviluppo per il
rilancio dell’area dell’Adriatico interno), finanziato con oltre 3 milioni di
euro nell’ambito del “Programma per la Cooperazione Transfrontaliera
Italia/Slovenia 2007 - 2013”, ha per obiettivo la realizzazione degli studi
preliminari rivolti ad attivare, utilizzando infrastrutture ferroviarie italiane
e slovene già esistenti e costruendo brevi tratte ancora mancanti, un servizio
ferroviario integrato, la c.d. metropolitana leggera, tra l’area urbana di
Gorizia-Sempeter-Nova Gorica e dell’entroterra sloveno (Sesana e Divaccia) e
quelle di Capodistria, di Trieste e di Monfalcone con i loro porti, favorendo
altresì i collegamenti con e tra gli aeroporti di Lubiana, Ronchi dei Legionari
e Venezia. Per completare l’anello metropolitano transfrontaliero sono
sufficienti marginali interventi sulla linea Gorizia-Nova Gorica-Vrtojba,
l’elettrificazione della linea Nova Gorica-Sesana, la realizzazione della tratta
Trieste-Capodistria di circa 6 km e degli interventi necessari a rendere idonea
al traffico passeggeri (con possibilità di utilizzo per il trasporto urbano) la
galleria di circonvallazione che sottopassa Trieste. Si tratta di lavori di non
complessa realizzazione, dai costi relativamente contenuti (alcune decine di
milioni di euro) e tempi di completamento ragionevoli (entro il 2020). Il
Progetto Adria A, coordinato dal Segretariato esecutivo dell’Iniziativa Centro
Europea e sostenuto da un numero impressionante di qualificati partner
(istituzionali e del settore economico) italiani e sloveni, sta proseguendo il
suo corso con successo. Dalla realizzazione del progetto ci si attende un
sostanziale miglioramento della mobilità transfrontaliera e nelle aree
interessate dal nuovo servizio metropolitano. L’ottimizzazione delle
infrastrutture ferroviarie di confine appare inoltre idonea a supportare la
ripresa del traffico passeggeri a media-lunga distanza con particolare rilievo
per il comparto turistico. Non va poi dimenticato, anche se è argomento sul
quale non esiste ancora condivisione tra i partner, che la rinnovata rete
infrastrutturale potrebbe in futuro anche essere utilizzata per implementare il
trasporto merci. Di Adria A però si sente parlare poco rispetto alla sua
rilevanza. Ma oggi è tempo di accendere i riflettori su Adria A per diverse
ragioni. Innanzitutto non credo di sbagliarmi definendo Adria A il più concreto
progetto in tema di infrastrutture e di mobilità che interessi oggi la Regione
Friuli Venezia Giulia. Adria A, però, è soprattutto un punto di svolta per la
storia dei trasporti nella nostra Regione, potendo invertire il progressivo
degrado del trasporto ferroviario ormai in atto da decenni e dimostrare
l’utilità di un riequilibrio modale che garantisce una mobilità più efficiente e
sostenibile sul piano economico ed ambientale. Sotto questo profilo il progetto
non è solo di interesse per la parte giuliana della Regione, ma dovrebbe essere
apprezzato e sostenuto anche in Friuli che, oltre a essere interessato al suo
successo in una logica di interessenza regionale, ha molteplici situazioni a cui
applicare la logica sottesa da Adria A ovvero la valorizzazione delle
infrastrutture esistenti con innovative logiche di servizio. Per tutte cito
l’asfittica linea Gemona - Sacile e la tratta dismessa (ma ancora esistente)
Casarsa - Spilimbergo. E veniamo al punto dolente. A fronte del progredire di
Adria A e della necessità di salvaguardare la rete ferroviaria esistente per
consentire che si possano cogliere (anche da parte di vettori privati) le
opportunità di un suo nuovo e profittevole utilizzo, si assiste da parte delle
Ferrovie dello Stato, e in particolare ad opera di Rete Ferroviaria Italiana Spa
(che peraltro sarebbe impegnata nella progettazione degli interventi
infrastrutturali necessari per completare l’anello metropolitano), ad una
progressiva dismissione delle infrastrutture esistenti. Da ultimo le allarmati
notizie che circolano sul comprensorio ferroviario di Trieste Campo Marzio, che
coinvolge anche le sorti dello splendido Museo Ferroviario, non possono che
destare sconcerto posto che la futura metropolitana leggera, dovrebbe trovare
spazi e opportunità di integrazione con il tessuto cittadino proprio in tale
ambito infrastrutturale. Amministratori pubblici, forze politiche, esponenti del
mondo economico, comunità civile devono mobilitarsi e fare quadrato attorno al
Progetto Adria A e pretendere innanzitutto che si faccia chiarezza su quale
ruolo intendono giocare le Ferrovie dello Stato, avendo ben presente che la
posta in gioco è molto alta e consiste nella capacità di avere ancora voce nel
decidere del proprio futuro.
RUBRICA CONSUMATORI - DIFFERENZIATA LAVORO IN PIÙ
MA NIENTE SCONTI
Sembrava che, con l’avvento dei contatori per i consumi
dell’elettricità elettronici si sarebbe potuto finalmente avere una bolletta con
i consumi reali: tanto consumo e tanto pago. Sono stati chiamati “contatori
intelligenti” e avrebbero potuto permettere agli utenti di fare sonni tranquilli
ma non è stato proprio così per cui, malgrado i contatori così detti
intelligenti, sulle bollette che vengono recapitate, si continua a leggere
conguaglio, conguaglio e, ancora conguaglio suscitando la protesta degli utenti.
E le bollette elettriche con conguagli sono purtroppo frequenti. Lo ammette la
stessa Autorità dell’energia elettrica. Conguaglio che può significare un
rimborso se l’utente ha pagato troppo (e allora deve attendere) e un saldo
“salato”, se sulla bolletta grava un pesante accumulo. In questo caso è concessa
la rateizzazione che va ad appesantire una bolletta resa già pesante dalla somma
dei servizi di vendita, dei servizi di rete, dal totale delle imposte il tutto
maggiorato con aliquota Iva del 21%. Una lettura da cui è difficile venirne
fuori per cui si paga e basta. Ma c’è una voce che incuriosisce particolarmente:
il prezzo cioè del “dispacciamento”. Cos’è? Qualcuno si è preso la briga di
chiedere lumi alla stessa Acegas e si è sentito rispondere: «Mai sentito
nominare!» Comunque è l’attività di regolazione della filiera dell’energia
elettrica, cioè generazione trasmissione e distribuzione. E anche ciò si paga:
semplice, no? Confidiamo in una bolletta dalla lettura semplificata. Come pure
confidiamo nella raccolta differenziata dei rifiuti che è stata tanto bene e con
arguzia spiegata pochi giorni or sono. Confidiamo nella raccolta differenziata
perché dai consigli per una raccolta efficace (accompagnata dall’ammonimento di
sanzioni) si evince che dovremo caricarci di un ulteriore lavoro: sciacquare gli
imballaggi di plastica, vetro o metallo; schiacciare bottiglie e flaconi di
plastica; lavare bottiglie e vasetti di vetro - che dovrà essere integro - e
privare, anche questi dei tappi; ridurre il volume degli imballaggi di carta e
cartone; togliere gli involucri di cellophane. Per tutto questo lavoro che andrà
a procurare maggiori introiti all’Acegas, ci verrà restituito qualche spicciolo?
LUISA NEMEZ
Un impianto alle Noghere per le centrali a biomasse
Servirà a produrre il “cippato” da bruciare anche
nell’impianto vicino alla scuola elementare de Amicis utilizzando gli scarti del
verde pubblico
MUGGIA Un nuovo impianto di compostaggio di materiale
lignocellulosico da insediare nella Valle delle Noghere. Progetto ambizioso
quello sottoscritto tra Comune di Muggia, Provincia, Ezit, Comune di San Dorligo
della Valle e Regione. In un'area di oltre seimila metri quadrati sorgerà dunque
un impianto in grado di trattare materiale proveniente da attività di
manutenzione del verde pubblico e privato quali potature, legname, sfalci d’erba
e foglie derivanti dall'attività di manutenzione delle aree verdi. «Il nostro
obbiettivo è quello di produrre il materiale necessario per alimentare la
centrale a biomasse che sorgerà vicino alla scuola elementare Edmondo De Amicis»,
ha spiegato l'assessore all'Ambiente di Muggia Fabio Longo. Le tempistiche
previste per la realizzazione della struttura paiono comunque ancora lunghe, ci
vorranno ben due anni. La decisione di creare un nuovo insediamento nella Valle
delle Noghere, in un'area non molto distante dai laghetti ma al di fuori dalla
zona di tutela ambientale, è giunta in seguito ad un incontro svoltosi in
palazzo Galatti, a Trieste, al quale hanno partecipato a diverso titolo Comune
di Muggia, Provincia, Regione, Ezit e Comune di San Dorligo della Valle.
Attualmente l'area è di proprietà dell'Ente zona industriale di Trieste che
dovrebbe affittare l'area al Comune di Muggia. La cifra che dovrà essere versata
alle case dell'Ezit non è stata ancora definita. Da qui, grazie a dei fondi
messi a disposizione della Regione (350 mila euro), sorgerà lo stabilimento
dislocato su un'area di seimila metri quadrati. Nella struttura verranno
trattati materiali lignocellulosici provenienti dall'intero territorio
provinciale. Successivamente, in base ad un project financing, la struttura sarà
affidata a privati mentre il Comune potrà usufruire gratuitamente del
compostaggio necessario per produrre il materiale (ossia il cippato) utile ad
alimentare la futura centrale a biomasse della scuola elementare De Amicis. «Si
stima che il cippato necessario dovrà aggirarsi attorno alle 150 tonnellate
all'anno, cifra che dovrebbe essere raggiunta senza grossi sforzi visto che il
potenziale muggesano è di circa 300 tonnellate», ha specificato l'assessore
Longo. Poche settimane fa il consigliere comunale del Pdl Christian Gretti aveva
espresso delle perplessità sulla reale convenienza economica ed ecologica della
centrale a biomasse della scuola De Amicis evidenziando come nell’ultimo Energy
Report del Wwf del 2011 venissero chiaramente indicate le modalità per ottenere
entro il 2050 il 100% dell’energia dalle fonti rinnovabili, sfruttando
principalmente energia solare, eolica, idroelettrica e geotermica, e che dunque
l’uso di biocombustibili liquidi e biomasse solide fosse “relegato a pochi casi
ed in mancanza d’altro”, a testimonianza del fatto che “le centrali a biomassa
sono sicuramente meno inquinanti di quelle a gasolio ma allo stesso tempo, da
studi scientifici, risulta che tali centrali hanno un impatto sulla salute per
la produzione di polveri sottili, metalli pesanti, diossine, formaldeide,
acroleina». Questa la replica dell'assessore Longo: «Partendo dal fatto che con
questo sistema eviteremo che i rifiuti finiscano nell'inceneritore con le
conseguenze che tutti noi conosciamo, posso assicurare che l'impianto sarà
assolutamente moderno e realizzato con le migliori tecniche esistenti». Tutta la
struttura avrà però un iter piuttosto lungo. Le basi sono state gettate ma prima
di 24 mesi difficilmente la Valle delle Noghere potrà veder sorgere l'impianto.
Riccardo Tosques
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 1 febbraio 2012
La differenziata gioca la carta dei cartoni - Duemila
commercianti dovranno conferire gli imballaggi in 200 punti individuati sul
territorio
Operazione cartoni. La raccolta differenziata, per quanto
riguarda la carta (i cosiddetti rifiuti cellulosici), punta all’ingrosso. A
partire dalla prossima settimana. circa 2mila negozianti riceveranno, a cura
degli addetti di Esatto, uno specifico foglio informativo con relativa mappa sul
servizio raccolta cartoni da imballaggio a Trieste. L’iniziativa è stato
illustrata ieri nella sala giunta gli assessori all’Ambiente Umberto Laureni e
al Commercio e Artigianato Elena Pellaschiar, nonché il direttore della
Divisione Ambiente di AcegasAps Paolo Dal Maso. I servizio raccolta cartoni
avverrà utilizzando 210 punti di raccolta (aree dedicate evidenziate a terra
dalla scritta gialla Src, servizio raccolta cartoni) distribuiti lungo le 8 zone
stabilite da AcegasAps sul territorio comunale, periferia compresa. In pratica
negozianti e titolari di attività economiche (che non devono utilizzare i
normali contenitori gialli per la carta riservata ai cittadini, pena sanzioni)
saranno chiamati a conferire scatole, scatoloni e cartone in genere, piegati e
sistemati sulle aree a terra contrassegnate dalla scritta gialla Src (Servizio
Raccolta cartoni), nella gran parte dei casi nei pressi delle fermata dei bus.
Il conferimento dovrà avvenire esclusivamente nei giorni di pertinenza (ognuna
delle 8 zone avrà le sue modalità) e sempre tra le ore 19.30 e le 20,
consentendo così ai mezzi di Acegas Aps di effettuare la raccolta con dei
percorsi notturni. Solo l’Altipiano (Opicina Prosecco, Basovizza) avra solo un
giorno di raccolta, il sabato. «E un piano sperimentale. Dobbiamo capire quali
sono le reali esigenze. Correzioni sono sempre possibili» spiega Dal Maso.Tra le
avvertenze, in caso di bora (proprio come in questi giorni), sarà richiesto di
attendere un turno successivo, tenendo i cartoni all’interno del proprio
negozio. Per quantitativi ingenti le attività economiche potranno comunque
prenotare il ritiro a domicilio telefonando al numero 040.7793780. Negli spazi a
terra “Src” non dovranno essere conferiti polistirolo, plastica, metalli, vetro
e neppure giornali, libri, riviste, borsette, buste e sacchetti di carta che
dovranno invece essere destinati nei cassonetti stradali di colore giallo,
quelli per la raccolta della carta normale. «Si tratta – spiega l’assessore
Laureni- di un ulteriore passo avanti sulla via della raccolta differenziata».
In futuro, inoltre, non si escludono incentivi sotto forma di sconti sulla Tarsu
per i commercianti più “ricicloni”. «Questo è un servizio in più nel rispetto
delle regole – aggiunge l’assessore Pellaschiar -. Un modo per aiutare i
commercianti e venire loro incontro». Ma non basta. «Sempre dalla prossima
settimana - aggiunge Laureni- sarà operativo il numero telefonico verde ambiente
800955988 (con orario 8-17), che offrirà tutti i necessari chiarimenti su
quesiti relativi alla raccolta differenziata». Il numero potrà essere utilizzato
anche per eventuali segnalazioni di disservizi o trasgressioni sulle modalità di
conferimento dei rifiuti urbani.
Trieste, ultimo binario Tagliata fuori dai treni e ora
dalla stessa Italia
Lettera aperta al presidente della Repubblica
Napolitano Una storia di ridimensionamenti, ritardi e dismissioni
LE CAUSE DEL DECLINO La frontiera c’entra poco, è stata la politica delle
Ferrovie a smantellare una rete che fu gloriosa ed efficiente sotto l’Austria
LE LINEE di confine Proprio nel momento in cui Bruxelles finanzia le linee
transfrontaliere qui da noi le smantellano e azzerano
Signor Presidente Napolitano, vorrei parlarle del “tappo” che le ferrovie
italiane stanno mettendo alla locomotiva del Nord. E' un tema di cui non si
parla perché i politici non vanno in treno, e forse non ci vanno nemmeno i
gestori del servizio. I politici, i boiardi di Stato e i grandi dell'economia
non sanno cosa significhi impiegare due ore e dieci tra Venezia e Trieste. Io,
che sono triestino e ho speso infiniti giorni della mia vita su quei binari
morti solo per restare attaccato al mio Paese, lo so benissimo. E ogni volta che
salgo su quella tradotta mi dico: ma come, per avere la mia città l'Italia ha
speso la vita di 600 mila ragazzi e ora la tiene a sé con un unico doppio
binario percorso da treni di lentezza esasperante? Le diranno che la causa di
questo è il confine infelice che circonda la città “cara al cuore”. Io dico di
no. La causa è la politica di Trenitalia. Vede, Presidente, oltre quel doppio
binario, non esiste più niente. Tutto il resto di quella che fu una rete
gloriosa ed efficiente (in gran parte austriaca) è stato disattivato,
smantellato, venduto. A quasi un secolo dalla Grande Guerra, ora che gran parte
delle barriere sono cadute con i Paesi vicini e la città che fu porto di un
impero si ritrova nuovamente al centro d'Europa, proprio ora assistiamo allibiti
alla rottamazione di un patrimonio su cui costruire il futuro non solo di
Trieste ma dell'intera economia del Nord, priva di vettori commerciali verso il
Danubio. La rete che ancora collega l'Italia a quel retroterra, lo stesso che
fece la fortuna della mia città, non solo non viene riattivato ma viene tolto
dalla mappa ferroviaria d'Europa. Abbiamo appreso che il capo di Trenitalia
Moretti verrà a Trieste per liberare la città dagli ultimi ferri “inutili” e dai
suoi ostinati progetti di futuro. Ma è da anni che, con la parola d'ordine “rete
snella” ci tolgono binari di precedenza, ci declassano fermate, ci riducono
all'osso gli scali merci, ci degradano a raccordi industriali linee importanti
transfrontaliere, ci svendono caselli e piccole stazioni, lasciando le altre
alle ortiche. Non c'è stata misericordia. Persino la stupenda stazione di
Miramare, quella dove Massimiliano d'Asburgo scendeva dal treno imperiale per
raggiungere in carrozza il vicino castello sull'Adriatico, si è vista estirpare
i binari di sorpasso indispensabili all'efficienza della linea. Oggi si vuole
vendere anche la stazione di Campo Marzio, fino a ieri la porta dell'Istria e
della Dalmazia, “gate” velocissimo per Vienna e la Baviera sulla direttrice
cosiddetta “Transalpina”, e questo proprio nel momento in cui si delineano i
progetti di riattivazione delle linee frontaliere, abbondantemente finanziati da
Bruxelles. I rottamatori se ne fregano. Tolgono di mezzo tutto ciò che va oltre
la nuda linea Trieste-Monfalcone. Persino al magnifico museo ferroviario,
gestito da volontari senza l'ausilio di soldi pubblici, è stato intimato lo
sfratto con l'imposizione unilaterale di un affitto scandaloso. Glielo dico
perché Lei non è solo il tutore della memoria nazionale, ma anche del paesaggio
italiano. Un ruolo-chiave che le è affidato dalla Costituzione. Ci pensi: un
secolo fa con una sola coincidenza si andava a Praga, Cracovia e Stoccarda.
Anche col fascismo molti collegamenti vitali rimasero, e ancora trent'anni fa,
con la cortina di ferro di mezzo, sul Carso transitava il Simplon Orient Express
diretto a Istanbul. Sui “wagon lit” negli anni Settanta potevi andare a Parigi,
Genova, Roma, Budapest, Belgrado. Oggi si va solo a Udine e Venezia. Sugli orari
ferroviari non c'è più altro. Per Trenitalia la Nazione finisce a Mestre. E la
città, per avere la quale si sono spese 600 mila vite, è diventata binario
morto. E' maledettamente facile, in questa situazione dire: “ridateci
l'Austria”. Le nostalgie non mancano ed è bene che sappia che non sono nostalgie
infondate. Prima della Grande Guerra, c'erano non una ma tre strade di ferro per
l'Europa: una via Lubiana-Graz, una via Pontebba e una via Gorizia-Villach,
linea che avvicinava la Germania di 250 chilometri. Oggi è rimasta solo la
seconda. Alla chetichella, due mesi fa, è stato tolto il treno fra Trieste e
Lubiana. La linea di Gorizia è chiusa dai tempi della guerra fredda, anche se i
binari esistono ancora. Tutto è finito: niente per l'Ungheria, niente per
Zagabria, niente per l'Istria, per Fiume e Dalmazia. Persino i treni storici si
sono visti sbarrare la strada da e per la Slovenia a causa degli aumenti
tariffari decisi da Trenitalia su questo confine. Trieste non è più al centro di
niente. Ma il confronto più deprimente è quello che riguarda Vienna. Nel 1915
c'erano dodici treni al giorno nei due sensi, e tutti diretti. Oggi nessuno.
Oggi per arrivare devi sottoporti a due cambi, a pagare tre diversi biglietti e
percorrere una tratta in pullman tra Udine e Villach. Un viaggio così lento e
umiliante che due mesi fa, per incontrare il borgomastro di Vienna, il sindaco
di Trieste ha voluto sperimentarlo di persona, solo per sentire fino in fondo
l'emarginazione della sua città. Trieste, ovvero “the meaning of nowhere”, come
ha scritto l'inglese Jan Morris. Ma ripeto, non è solo questo il punto. Il grave
è che, in silenzio, si inibisca il futuro di linee vitali per lo sviluppo della
nazione. Trieste è una città civile, ordinata. Così civile e ordinata che non si
è esitato a deprivarla a cuor leggero di ciò che era suo. In Italia funziona
così, i tagli si fanno non là dove servono, ma là dove – per senso dello Stato –
la gente è più obbediente. Così vincono i furbi, e quelli che scendono in
piazza. Ma non è detto che questa remissività continui. Oggi la crisi può fare
da detonatore di molti malumori. La gente ha perso la pazienza di fronte alle
ingiustizie e alle ladrerie. Per questo è importante avere una sua risposta.
Trieste interessa ancora all'Italia? E come si fa a parlare di politica estera
se qui si tagliano le strade dell'Est e del Nord, vitali all'economia di tutto
il Nord Italia? Come può un'unica azienda decidere del supremo interesse
nazionale?
PAOLO RUMIZ
Moretti domani da Cosolini No Tav in piazza
Di sicuro c’è solo il mistero. Quello che circonda la visita di domani a Trieste dell’amministratore delegato di Trenitalia, Mauro Moretti. Nessun programma di massima, nessuna anticipazione, un solo punto fermo: la visita al sindaco Roberto Cosolini, che l’ha invitato direttamente per capire fino a dove possa arrivare l’emarginazione ferroviaria della città, di cui Moretti è stato indubbiamente uno dei protagonisti. In scaletta richieste di potenziamento dei servizi per il porto, una proposta di Cosolini di razionalizzazione delle linee passeggeri, il progetto di metropolitana leggera Adria A e ovviamente la ricerca di un accordo sul Museo Ferroviario. Singolare comunque che fino a ieri sera, come ha ammesso lo stesso Cosolini, non fosse ancora stato preparato uno straccio di programma sugli spostamenti di Moretti che, dopo il Municipio è atteso, a quanto è dato di sapere, da una serie di altri impegni istituzionali. Lo attendono anche quelli di OccupyTrieste, No Tav, comitato dei pendolari, con un presidio in piazza Unità a partire dalle 10, per contestare la linea ad alta velocità e il mancato potenziamento di quelle regionali. Una protesta che nel pomeriggio sarà seguita, a partire dalle 17 da un corteo itinerante che partirà da via delle Torri.
(f.b.)
Cosolini a Moretti: sbagliato rimuovere quelle panchine
Lettera del sindaco all’amministratore delegato di Ferrovie: meglio individuare uno spazio inutilizzato della stazione per farne un punto di assistenza ai bisognosi.
L’assessore famulari Emergenza freddo, approntati altri
dieci posti letto
Domani l’amministratore delegato del gruppo Ferrovie dello Stato Mauro
Moretti sarà a Trieste e potrà vedere di persona la stazione centrale dalla
quale pochi giorni fa sono scomparse le panchine, rifugio notturno di
senzatetto. Ma intanto il sindaco Roberto Cosolini - in attesa di discutere di
Porto e collegamenti ferroviari - ha inviato a Moretti una lettera per dirgli
che ritiene la rimozione delle sedute «una decisione inopportuna e intempestiva,
considerata la stagione. In tutto il mondo - scrive Cosolini - le stazioni sono
rifugio di persone in stato di emarginazione e senza casa. Sarebbe preferibile
creare uno spazio idoneo, tra quelli non utilizzati, così da consentire
assistenza a chi in stazione trova riparo, senza togliere le zone di servizio ai
viaggiatori». Spiega il sindaco a proposito della missiva: «Non entro nel merito
della decisione di Ferrovie, che so avere investito molto nel miglioramento
dell’immagine delle stazioni italiane. Ne comprendo le ragioni, ma queste
possono anche essere contemperate con altre esigenze. Incluse quelle
dell’utenza», cioè dei viaggiatori rimasti essi stessi senza una panca dove
sostare. Ma la lettera a Moretti, si scopre ora, non è che l’ultimo episodio di
un dialogo intercorso già nei mesi scorsi con le Ferrovie. L’assessore comunale
al Welfare Laura Famulari racconta di una riunione tenuta a fine novembre con i
rappresentanti di Trenitalia, Centostazioni (società che gestisce
commercialmente la struttura) e Polfer. «In quell’occasione - dice Famulari - ci
fu rappresentato che la politica nazionale di Centostazioni era quella di
chiudere la struttura nella fascia oraria tra l’ultimo treno della sera e il
primo della mattina. Io chiesi poi per iscritto di attendere la fine della
cattiva stagione», ma non ci fu risposta. Così come rimase lettera morta la
proposta - avanzata da Famulari in quella riunione, e che ora ricompare nella
lettera del sindaco a Moretti - di assegnare al Comune e alla rete di
associazioni impegnate nell’assistenza ai senzatetto che gravitano attorno a
piazza della Libertà uno degli spazi vuoti interni alla stazione. «Era
un’ipotesi funzionale pensata per dar vita a un punto di coordinamento al quale
le persone in difficoltà avrebbero potuto rivolgersi, e al contempo avrebbe
potuto migliorare l’immagine della stazione» liberando gli spazi di passaggio
dei viaggiatori dalla presenza di senzacasa. Tutto, si diceva, è rimasto sinora
lettera morta. Ieri Ferrovie non ha inteso commentare la lettera di Cosolini,
che l’altra sera peraltro si è recato con Famulari in stazione per verificare la
situazione dei clochard. Intanto, in questi giorni di freddo eccezionale, il
Comune ha predisposto da ieri sera dieci posti letto in più rispetto a quelli
già esistenti (25 nel dormitorio della Comunità di San Martino al Campo, 15 nel
centro diurno dello stesso edificio di via Udine, 20 allestiti temporaneamente
in un locale in via Sant’Anastasio di proprietà della parrocchia Immacolato
Cuore di Maria) approntando a foresteria d’emergenza un proprio appartamento in
via San Lazzaro. Trenta posti letto in più rispetto allo scorso inverno, e una
serie di interventi per i quali l’assessorato alle Politiche sociali ha
stanziato 175mila euro.
Paola Bolis
LA LETTERA DEL GIORNO - Perché va salvato il museo ferroviario di Campo Marzio
Egregio Presidente della Regione, Egregio Sindaco di Trieste, mi consentano di rubar Loro due minuti per dire che il museo ferroviario di Campo Marzio a Trieste, custode di una sterminata collezione di rotabili, documenti, fotografie, testi e cimeli la cui raccolta ebbe inizio già nei primi anni '70, è un unicum irripetibile, sia perchè rispecchia la peculiarissima evoluzione storica e culturale del nostro territorio, ma soprattutto perchè è ospitato nei locali di una splendida stazione del 1906, ben conservata e già più volte restaurata: manca solo la tettoia dei binari, smontata per farne cannoni durante la seconda guerra mondiale. Quella stazione è di per sè il vero primo oggetto della raccolta del museo ferroviario di Campo Marzio, vera ed autentica testimone del passaggio di tutti quei vecchi treni sui propri binari, sia austriaci che italiani, vera ed autentica testimone del passaggio di tante persone diverse, e di epoche anch'esse così diverse fra loro; affascinante al punto da essere stata più volte scelta come set cinematografico e televisivo. Lo sapevate che anche una scena di Morte a Venezia è stata girata a Campo Marzio? Fuori da quella stazione ferroviaria la raccolta che in 40 anni e più è stata messa insieme con passione e tenacia dai "ferroamatori" di Trieste, di Gorizia, di Udine e di tante altre città del Friuli Venezia Giulia non avrebbe più senso. Vi prego perciò di difendere dalla speculazione e dall'ignoranza questa unica ed irripetibile testimonianza culturale della nostra Regione, insieme ai tanti che come me hanno visto questo museo crescere e diventare sempre più autorevole in Italia così come in altri Paesi dove le ferrovie han davvero miglior fortuna, antiche o moderne che siano. È una raccolta davvero unica a livello europeo che vede insieme rotabili austriaci e italiani, mezzi bellici su rotaia, la Pontebbana e il Semmering, la Parenzana e la ferrovia delle Rive, il tram di Opicina e quelli urbani di Trieste, spero davvero che anche Voi ci siate già stati almeno una volta. Proprio per l'unicità della propria raccolta il museo ferroviario di Campo Marzio ha tutte le carte in regola per diventare davvero uno dei veri simboli culturali di tutto il Friuli Venezia Giulia, uno dei tanti "unica" di Trieste che spinge molti a far turismo nella nostra Regione. Ancora più di oggi dunque il museo ferroviario di Campo Marzio potrà diventare uno degli strumenti di attrazione turistica e dunque una fonte di reddito continua e durevole, basterebbe forse volerla e saperla gestire, curare e potenziare con obbiettiva e convinta continuità. Presidente Tondo, Sindaco Cosolini, oggi il museo ferroviario, e soprattutto la stazione di Campo Marzio a Trieste, sono in serio pericolo (e non per la salsedine che da sempre si mangia gli intonaci della stazione, così come mangerà quelli delle future costruzioni progettate...). Spero di averVi convinti a difenderli, in nome dell'unicità storica e culturale delle nostre terre e delle nostre genti, delle terre e delle genti del Friuli Venezia Giulia. Grazie del Vostro tempo e per la cortese attenzione
Alfonso Taccione
Una doccia chimica sui serbatoi Siot per eliminare la
puzza
Il presidente della società Ulrike Anders : «Nessun
pericolo ma interverremo». Progetti allo studio con l’Università
SAN DORLIGO «Noi siamo già in regola rispetto ai parametri di legge
italiani. Nuovi interventi per ridurre l’impatto ambientale del nostro
stabilimento dunque non li faremo perchè la legge ce lo impone, ma perchè
vogliamo operare intrattenendo buoni rapporti con tutti: istituzioni e
cittadinanza». Ulrike Andres, presidente del gruppo europeo Tal e anche della
Siot, di cui è pure amministratore delegato, non si sottrae al confronto, anzi.
E cerca di smussare i toni della polemica. Non promette miracoli per dopodomani,
ma conferma l’impegno della società. La puzza dei giorni scorsi è stato un
episodio sporadico o la vetta dell’iceberg? Il fastidio esiste, lo sappiamo,
anche se si verifica più raramente rispetto al passato, grazie al sistema di
fiaccole per bruciare le esalazioni e le doppie guarnizioni ai tetti
galleggianti dei tank. Che, sottolineo, sono fastidiose per l’odore di zolfo, ma
assolutamente non pericolose. Però quando l’aria ristagna il fenomeno si ripete.
Si ripete quando dobbiamo svuotare i serbatoi per la manutenzione: adesso stiamo
studiando con gli esperti dell’Università di Trieste la possibilità di eliminare
i miasmi spruzzando prodotti chimici sul mantello dei serbatoi. E questi
prodotti non rischiano di essere un rimedio peggiore del male? Assolutamente no,
sono prodotti idrosolubili assolutamente innocui, il laboratorio odorifico
dell’ateneo di Udine ci dice che è un sistema efficace. Adesso dobbiamo
testarlo. E se i test vanno bene a quando la possibilità di installare questo
sistema brucia-odori? È prematuro fare tempi e cifre, dico solo che il nostro
gruppo, che spende già 10 milioni di euro all’anno per il sistema di sicurezza
del terminal di Trieste e dell’oleodotto, non avrà problemi a fare anche questo
investimento, senza aiuti pubblici e anche se - come dicevo - la legge non ce lo
imporrebbe. Il Golfo di Trieste è un bacino alquanto stretto, già la Siot
alimenta un bel traffico. Riuscireste a convivere con altre nuove realtà come un
rigassificatore o un terminal ro-ro sull’area dell’ex Aquila? Per quanto
riguarda la scelta rigassificatore o terminal, dico che la mia società è
assolutamente neutra. Non abbiamo alcun progetto per eventuali poli energetici
petrolio-gas. Per quanto riguarda solo l’aspetto del traffico navale credo che
la presenza di un terminal, come di un rigassificatore, sia assolutamente
compatibile con la presenza delle nostre petroliere, che pure arrivano in misura
di 420 all’anno. Confermate Trieste come vostro porto di riferimento in
Adriatico? Trieste è il primo terminal petrolifero in Italia, secondo in Europa
dopo Marsiglia: non vediamo motivo per andarcene da questa città e da questa
regione. Le sirene di porti concorrenti, come Fiume o Capodistria, non vi
attirano? Non abbiamo alcun interesse a lasciare Trieste, qui siamo molto
radicati. E se potesse chiedere qualcosa alla presidente dell’Authority portuale
? Chiederei condizioni di operatività più stabili, anche se sono già buone.
Livio Missio
Mosca riduce l’export di gas L’Italia perde l’8 per
cento - EFFETTO FREDDO
BELGRADO Gazprom, il colosso russo del gas, avrebbe deciso di ridurre le forniture di “oro blu” verso l’Europa, il suo più vasto mercato d’esportazione, a causa dell’ondata di gelo che sta investendo anche la Russia e per fronteggiare più facilmente la domanda interna in forte aumento. Lo ha rivelato nella tarda serata di ieri l’agenzia di stampa russa Interfax, che ha citato una fonte confidenziale che opera nel settore del gas. Le informazioni ricevute dall’agenzia moscovita, poi riprese anche dall’agenzia Reuters, svelano che l’export di gas del monopolista russo verso il Vecchio Continente sarebbe già stato ridotto durante la giornata di ieri. In particolare, l’8% della richiesta di gas da parte dell’Italia non sarebbe stata soddisfatta, mentre il flusso nel gasdotto Yamal-Europa – che dalla Siberia attraversa la Bielorussia e la Polonia per arrivare poi in Germania e da lì distribuire il gas in Europa – sarebbe stato inferiore addirittura del 10% rispetto alla media stagionale. Contattato sia da Reuters, sia dall’agenzia Bloomberg, il portavoce di Gazprom, Sergei Kupriyanov, non ha voluto commentare la notizia. Il gigante energetico nel 2011 ha esportato 150 miliardi di metri cubi di gas in Europa - in particolare verso Germania, Italia e Turchia - coprendo il 30% del fabbisogno europeo. Il gelo eccezionale che ha colpito anche Mosca ha fatto tuttavia impennare la domanda e il fabbisogno di energia per riscaldamento in tutto il Paese, mettendo in difficoltà – secondo Interfax – le capacità di rifornimento di Gazprom. Nell'ultima settimana, le temperature nella regione attorno alla capitale russa non sono salite oltre i -15 gradi durante il giorno, precipitando invece fino a quasi -30 durante la notte. E il meteo prevede gelo e neve anche nei prossimi 10 giorni. Dall’inizio dell’inverno russo, il bilancio delle vittime per assideramento è salito a 30 morti mentre un centinaio di persone che presentavano sintomi da congelamento sono state ricoverate nei giorni scorsi negli ospedali locali.
(s.g.)
COOPAMBIENTE.it - MARTEDI', 31 gennaio 2012
Una guida sulle detrazioni per il risparmio energetico
L’Agenzia delle Entrate ha pubblicato un pratico
vademecum con tutti gli aggiornamenti su agevolazioni, spese detraibili e
certificazioni
Per aiutare il cittadino a districarsi nel dedalo delle norme che regolano
la materia, più volte modificate nel corso degli anni, l’Agenzia delle Entrate
ha recentemente realizzato un’utile GUIDA su “Le agevolazioni fiscali per il
risparmio energetico” scaricabile direttamente dal sito. Tutte le informazioni
per sapere cosa e come detrarre e chi ne ha diritto. Per coloro che si
apprestano a realizzare interventi di riqualificazione energetica della propria
abitazione, il testo comprende anche un quadro sintetico dei principali
adempimenti e un’appendice con allegati tecnici e copia della modulistica di
riferimento.
Qualche anticipazione: la detrazione fiscale del 55% è stata prorogata al 31
dicembre 2012 ed estesa alle spese per interventi di sostituzione di scaldacqua
tradizionali con quelli a pompa di calore dedicati alla produzione di acqua
calda sanitaria; da gennaio 2013 le agevolazioni sul risparmio energetico
saranno sostituite con la detrazione fiscale del 36% prevista per le spese di
ristrutturazione edilizia che, dal 2012, non avrà più scadenza. Il tetto massimo
sul quale calcolare la detrazione varia in funzione dell’intervento: 100mila
euro per la riqualificazione energetica di edifici esistenti; 60mila per quelli
sugli involucri degli edifici o per l’installazione di pannelli solari; 30mila
per la sostituzione di impianti di climatizzazione invernale.
LA REPUBBLICA - MARTEDI', 31 gennaio 2012
"Le elettriche aggravano lo smog senza rinnovabili"
E' di nuovo polemica: secondo l'Istituto per la ricerca ecologica Oeko-Institut il problema della produzione di energia l'immissione sul mercato di un milione di vetture entro il 2022 taglierebbe l'attuale livello di emissioni di CO2 del 6%, mentre con la diffusione di motori a benzina più efficienti la riduzione sarebbe pari al 25%
"Senza un deciso aumento dell'offerta di energia da fonti
rinnovabili, le auto elettriche rallenterebbero la soluzione del problema
dell'inquinamento ambientale invece di contribuire a risolverlo". E' il
risultato di uno studio tedesco condotto dall'Istituto per la ricerca ecologica
Oeko-Institut e reso noto dal quotidiano Tageszeitung in edicola oggi. E chi è
già pronto a contestare questa teoria sappia che è stata confermata dallo scorso
rapporto indipendente commissionato lo scorso anno congiuntamente da Greenpeace,
Friends of the Earth Europe e Transport & Environment. Le organizzazioni
ambientaliste denunciarono come l'auto elettrica "potrebbe addirittura far
aumentare le emissioni di CO2, a meno che non sia alimenta a energia verde".
"Le automobili elettriche - ci ha spiegato Andrea Lepore, responsabile della
campagna Clima di Greenpeace - sono un importante strumento per la transizione
verso un modello di trasporto sostenibile ma il loro sviluppo deve essere
accompagnato da un adeguato impegno per garantire la loro alimentazione con
energie rinnovabili".
Secondo il rapporto, dal titolo "Energia verde per le auto elettriche", la
normativa europea in materia di emissioni dalle automobili è inadatta perché il
meccanismo dei "super crediti" consente ai produttori di usare la vendita di
veicoli elettrici per compensare la continua produzione di automobili a elevate
emissioni: per ogni auto elettrica venduta, i costruttori possono vendere oltre
tre veicoli ad alta emissione senza conteggiarli ai fini del calcolo delle
emissioni di CO2. Un aumento del 10% nelle vendite di auto elettriche potrebbe
portare in Europa a un aumento del 20% delle emissioni di CO2 nel settore
automobilistico.
"Chiediamo - spiegano le organizzazioni ambientaliste - che i "super-crediti"
siano eliminati nelle attuali e future normative sulle emissioni di CO2, a
partire da quella, ora in discussione, per la regolamentazione delle emissioni
dei furgoni. Inoltre, tutte le auto elettriche vendute sul mercato europeo
dovranno essere dotate dei cosiddetti "contatori intelligenti", strumenti che
consentono ai veicoli di essere in carica solo quando sono disponibili eccedenze
di energia, per lo più da fonti rinnovabili".
Ma torniamo alla ricerca, commissionata dal ministero dell'Ambiente di Berlino,
che ha rivelato come "l'immissione sul mercato di un milione di vetture entro il
2022 taglierebbe l'attuale livello di emissioni di CO2 del 6%, mentre con la
diffusione di motori a benzina più efficienti la riduzione sarebbe pari al 25%".
Tutto dipende insomma da come si produce l'energia elettrica. Secondo uno studio
Fiat - l'unico disponibile al momento, ad una vettura elettrica che circoli
(sempre non alimentata da rinnovabili) andrebbe addebitata un'emissione di C02
pari a 60 g/km in Italia e 40 g/km in Francia o Germania, paesi che notoriamente
producono energia in modo più pulito del nostro.
Insomma, a rendere poco 'verdi' le auto elettriche sarebbe l'alto consumo di
corrente da fonti non rinnovabili. Il risparmio di emissioni per l'ambiente
sarebbe effettivo solo se l'aumento nel consumo di energia elettrica fosse
coperto da elettricità prodotta dalle rinnovabili. Non è un caso che la Smart,
per il suo progetto di fortwo elettriche, prima ancora di cominciare a vendere
le sue auto, abbia fatto in accordo con l'Enel per dimostrare che tutte le sue
auto a noleggio sono ricaricate con rinnovabili.
Soluzione? Per il ministro dell'Ambiente tedesco, Norbert Roettgen, le auto
elettriche devono potersi approvvigionare da energia rigenerativa: "Un semplice
spostamento della produzione di CO2 dai tubi di scappamento alle centrali
elettriche sarebbe un autoinganno", ha detto oggi a proposito della polemica.
VINCENZO BORGOMEO
IL PICCOLO - MARTEDI', 31 gennaio 2012
Adriatico-Baltico al via il Corridoio
Il 15 marzo, con la prima partenza dal Porto di Trieste per quello tedesco di Rostock (via Wels), si inaugura il Corridoio Adriatico-Baltico, inserito tra le direttrici prioritarie dalla Commissione europea. Solo due giorni prima, il 13 marzo, prenderà il via il collegamento con Milano, ripristinato dopo le recenti difficoltà che avevano indotto Alpe Adria a sospenderlo. Questo e altri servizi sono stati presentati nei giorni scorsi all'Associazione degli spedizionieri triestini che sembrano avere accolto con particolare soddisfazione le novità. «Siamo molto contenti, si sentiva la mancanza di questi servizi. Il progetto, da parte nostra, è quello di collaborare con Alpe Adria, Tmt e altri vettori ferroviari con l’obiettivo di alimentare il traffico. Le situazione è decisamente cambiata, ho una visione estremamente positiva e spero di poterla mantenere». Sono parole di Guido Valenzin - operatore portuale a capo degli Spedizionieri triestini - all'indomani della presentazione del nuovo quadro di collegamenti proposti da Alpe Adria, ma anche da Trieste marine terminal, la società di gestione del Molo VII che ha appena avviato la collaborazione con Rail cargo Austria (Rca). Il collegamento con Rostock verrà gradualmente implementato, passando per una integrazione in una prima fase, mediante l’aggregazione di tre segmenti operativi Trieste-Villach, Villach-Wels e Wels-Rostock, oltre alla tratta in senso inverso. In un secondo momento ci sarà l’integrazione del primo e del secondo segmento (Trieste-Wels diretto), per poi completare lo sviluppo attraverso l’ulteriore unificazione del terzo segmento (Trieste-Rostock), raggiungendo così un tempo di percorrenza di circa 36 ore. Il nuovo network operato da Alpe Adria, dunque, comprende oggi collegamenti con Villaco e altre cinque città austriache, oltre ai possibili link internazionali. Due direttrici per la Germania del sud, un collegamento per Budapest e altre quattro destinazioni in Italia. Particolare interesse sembra aver destato tra gli operatori, inoltre, il ripristino del cosiddetto traffico convenzionale. Grazie agli accordi con Rca, infatti, gli operatori portuali avranno nuovamente la possibilità di “attaccare” vagoni merci ai treni spediti lungo le direttrici curate da Alpe Adria. In termini pratici questo significherà certezza sui tempi di percorrenza e costi ridotti. E in qualche caso il non doversi più rivolgere a Capodistria.
(r.c.)
«Salvate la stazione di Campo Marzio» - L’appello di
Kocijancic e Andolina (Rifondazione) alla vigilia dell’incontro di Cosolini con
Moretti
La tutela del Museo ferroviario di Campo Marzio, che
rischia di chiudere i battenti, ma nel contempo la necessità di un adeguato
sistema di collegamenti ferroviari per Trieste e per tutto il territorio
regionale, penalizzati dalle recenti scelte di Trenitalia. E’ ruotato intorno a
questi due temi l’intervento dei rappresentanti di Rifondazione Comunista Igor
Kocijancic e Marino Andolina, che hanno così idealmente risposto all’appello
lanciato dai volontari del Dopolavoro ferroviario. «Il Museo è un’istituzione
unica nel suo genere in Italia – ha dichiarato Kocijancic – ed è a tutti gli
effetti una stazione funzionante, che rimane però inutilizzata a causa della
miopia dei vertici di Trenitalia». Chiaro il riferimento al fatto che la
stazione di Campo Marzio rappresenta il terminale del progetto di ferrovia
transfrontaliera, già parzialmente finanziato, e recentemente riproposto a
Lubiana in sede Ince, che potrebbe costituire un rilancio del trasporto su
rotaia di Trieste e Gorizia verso gli snodi cruciali della vicina Slovenia,
permettendo adeguati collegamenti anche con l’aeroporto di Ronchi dei Legionari.
Oltre a garantire un futuro alla struttura stessa del Museo, che conta su
un’esposizione di circa duemila cimeli, e che adesso i volontari del Dopolavoro
non riescono più a gestire economicamente, dopo essersi visti triplicare il
canone di affitto dalle Ferrovie dello Stato. Sul fatto che Trieste ed il suo
porto siano sempre più isolati dal resto d’Italia e d’Europa, Kocijancic e
Andolina si sono soffermati sulle priorità da mettere in evidenza, in vista
della prossima visita in regione dell’amministratore delegato di Trenitalia
Mauro Moretti, che si incontrerà con il sindaco Cosolini e con l’assessore
regionale ai trasporti Riccardi. E cioè la creazione di nuove linee ferroviarie,
senza fermate, dai capoluoghi provinciali verso Venezia, la risoluzione del
problema dei disservizi patiti dai pendolari ed infine il vincolo dell’acquisto
dei nuovi treni, per i quali sono già stati stanziati 16 milioni di euro. I
rappresentanti della Federazione della Sinistra hanno altresì auspicato lo
sforzo delle istituzioni locali per la risoluzione del problema del Museo, ed
hanno annunciato un impegno nelle sedi opportune, che si tradurrà nella
presentazione di due mozioni, rispettivamente in Consiglio Regionale e Comunale.
«Non vorremmo buttare all’aria un lavoro di trent’anni, il nostro servizio conta
su quasi 4.000 visitatori all’anno e ci piacerebbe continuare a farlo,
naturalmente gratis come sempre - ha sostenuto, con una punta di ironia, Roberto
Carollo responsabile dei volontari, al cui appello hanno già aderito personalità
eccellenti, come l’astrofisica Margherita Hack – ma sarebbe ora di fare
chiarezza, una volta per tutte, su quale sarà il futuro di questo edificio
storico».
Sprechi di energia: in Comune un ufficio per
utilizzarla meglio
A marzo il nuovo “sportello di risparmio” a sostegno
dei cittadini e delle imprese. L’impiego di fonti alternative
L’ASSESSORE LAURENI L’obiettivo è anche quello di consumare e disperdere meno
riducendo in città di oltre il 20% le emissioni di Co2
Il nuovo Ufficio Risparmio energetico ed Energie alternative del
Comune dovrebbe aprire i battenti all'inizio di marzo. Il suo ruolo sarà
duplice: da un lato dovrà assistere le istituzioni cittadine nell'elaborare
strategie e pratiche di risparmio energetico di ampio respiro. Dall'altro dovrà
aiutare cittadini e imprese interessati a sprecare meno energia, o magari a
produrne di nuova attraverso fonti alternative. L'Ufficio Risparmio energetico è
il primo, palpabile, risultato delle "Linee guida in materia di tematiche
energetiche ed ambientali" del Comune, promulgate attraverso la delibera
giuntale n.12 del 19 gennaio e firmata dall'assessore all'ambiente Umberto
Laureni assieme all'assessore all'edilizia e ai lavori pubblici Elena
Marchigiani. «Queste linee guida segnano, assieme al piano regolatore,
l'ingresso della giunta nella fase progettuale del suo mandato - ha spiegato
Laureni -. L'obiettivo è produrre energia di tipo nuovo, consumarla meno e
disperderla meno». Un compito semplice soltanto a parole. Anche per questo in
calce al documento compare la firma dell'assessore all'edilizia: «Si richiede
un'integrazione tra assessorati - ha detto Marchigiani - perché le linee guida
hanno ricadute significative su opere pubbliche ed edilizia privata».
L'obiettivo del Comune è superare gli obiettivi formali fissati per l'Ue al
2020, riducendo le emissioni di Co2 in città di oltre il 20%: «Attraverso la
redazione e attuazione di un Piano di azione per l'energia sostenibile - si
legge nel documento -, preceduto dalla redazione di un inventario base delle
emissioni e dall'adesione da parte del Comune al Patto dei sindaci dell'Ue».
Intenzioni lodevoli che vanno tradotte in pratica: «Puntiamo a mobilitare la
società civile attraverso un vasto programma di sensibilizzazione - ha detto
Marchigiani - e dare l'esempio: il regolamento edilizio verrà rivisitato e
integrato per incentivare l'edilizia sostenibile». In questa prospettiva rientra
l'idea di dotare venti edifici scolastici con impianti a energia rinnovabile -
«Un cammino già avviato in cinque scuole» -, ma anche la valorizzazione degli
spazi verdi: «Introdurremo molto verde in città, anche sui tetti», spiega
Marchigiani. Per raggiungere questi e altri obiettivi il Comune si prefigge
obiettivi a breve e medio termine. Tra i primi troviamo la già citata apertura
dell'Ufficio Risparmio energetico così come la riduzione dei consumi pubblici,
dall'illuminazione pubblica agli edifici dell'amministrazione comunale. A medio
termine figurano invece interventi di ampio raggio sui consumi familiari, sulla
grande distribuzione commerciale e sui trasporti. «Vogliamo che queste linee
guida diventino l'occasione per dare applicazione pratica sul nostro territorio
ai centri scientifici cittadini - ha affermato Laureni -, trasformando in realtà
i tanto vagheggiati vantaggi che la qualifica di "città della scienza" dovrebbe
portare a Trieste». Il Comune si rivolgerà agli enti di ricerca per analisi e
studi di fattibilità su cogenerazione e reti di teleriscaldamento. «C'è tanto da
fare - ha concluso Marchigiani - e in passato Trieste è rimasta ferma troppo a
lungo».
Giovanni Tomasin
Il Comitato per il Golfo contro i miasmi Siot:
«Chiudere il deposito»
Giorgio Jercog: «I contenitori del greggio vanno
sostituiti» Il sindaco: «Importare petrolio a minor contenuto di zolfo»
SAN DORLIGO DELLA VALLE Sei giorni filati di nauseanti odori di natura
idrocarburica. La popolazione che sollecita il Comune per avere riscontri sui
dati della qualità dell'aria rilevati dalla centralina sita nella frazione di
Mattonaia. Il Comune che a sua volta avverte la Siot delle lamentele ricevute. E
poi? E poi non si è visto niente. Nulla di fatto. Gli odori smetteranno di
infastidire gli occhi e la gola dei cittadini solo grazie all'arrivo della bora
e dell'alta pressione. E, beffa delle beffe, i dati richiesti non saranno
disponibili perché il personale preposto è... in malattia. Storie di ordinaria
normalità a San Dorligo della Valle. Pochi giorni fa l'aria attorno allo
stabilimento della Società italiana dell'oleodotto transalpino è tornata ad
essere di nuovo irrespirabile. E il malcontento da parte della cittadinanza per
i miasmi continua a serpeggiare. Sempre più rumoroso. Da Mattonaia, Francovec,
Montedoro, Lacotisce, Dolina, Caresana, Zaule e Bagnoli oltre 150 persone si
sono recate in municipio pochi giorni fa per ascoltare le risposte da parte
della Siot per porre rimedio alla situazione dei fenomeni odorigeni che
caratterizzano la vallata di San Dorligo. Le risposte non sono state
convincenti. Anche il sindaco Fulvia Premolin ha ribadito il concetto: «Non
entro nel merito della vostra azienda però pensate seriamente a cambiare il tipo
di greggio perché i fastidi ci sono, e sono innegabili»”. E ora si sta aprendo
la seria possibilità che parte della popolazione intraprenda una linea più dura
e rigida. «I cittadini stanno continuando a subire gli effetti dei prodotti del
greggio proveniente dal Caucaso con alte percentuali di zolfo e per quanto
riguarda le richieste fatte nell'ultima petizione di un anno fa (vennero
raccolte 647 firme, ndr) non ci risulta ancora nessuna risposta da parte delle
istituzioni». Giorgio Jercog, coordinatore del Comitato per la salvaguardia del
Golfo di Trieste, tra i primi firmatari della petizione antiodori, vuole fare
chiarezza. Del resto il Comitato del quale fa parte si è fatto le ossa in anni
di battaglie contro i vari tipi di inquinamento che ciclicamente affliggono
questo ultimo lembo di Adriatico. «A parte l'inserimento di un sensore dei Cov
da implementare nella centralina di Mattonaia con la prossima manutenzione e un
possibile accordo con l'Arpa per la verifica dei dati dell'aria non si è fatto
nulla». Quindi? «Riteniamo a questo punto difficile la strada del dialogo senza
le dovute risposte ad una situazione oramai diventata insostenibile. Solo adesso
dopo quasi un anno la Siot si è rivolta all'Università per definire uno studio
per risolvere la questione che sarà di difficile attuazione senza gli opportuni
investimenti tecnologici e sostituzione dei contenitori del greggio». Da qui il
monito dell'esponente ambientalista: «Nel caso in cui in tempi brevi non si
arrivi a dei percorsi condivisi su delle scelte serie al contenimento dello
stato attuale degli odori sgradevoli, dovremo cambiare strategia e chiedere due
interventi». In primis «la chiusura del deposito costiero di San Dorligo della
Valle mantenendo al massimo dai 4 ai 6 serbatoi per il solo pompaggio del
greggio verso la Baviera e Austria (con il ripristino degli stessi con
tecnologie appropriate a contenere l'inquinamento) facendo sì che il deposito
venga fatto direttamente da loro». E in seconda battuta «riprendere a discutere
della costruzione dell'oleodotto Costanza-Trieste così da inviare direttamente
il prodotto caucasico nei paesi sopracitati».
Riccardo Tosques
E in Comune c’è un uomo solo a gestire la centralina
che rileva i dati
«Inutile nascondersi dietro a un dito: qui mancano le professionalità». Mitja Lovriha, responsabile del procedimento unico e uomo tuttofare del Comune di San Dorligo della Valle, mette le carte in tavola. E ammette: «Non nascondo che io mi trovo in difficoltà a gestire i dati della centralina di Mattonaia, non rientra nelle mie competenze, ma le risorse sono quelle che sono e personale esperto non ce n'è». Insomma: o così, o così. Lovriha è stato “formato” per gestire i dati da comunicare poi all'Arpa. Assieme ad un'altra dipendente comunale sono i custodi degli aggiornamenti quotidiani della qualità dell'aria del loro comune. Un ruolo assolutamente delicato ed importante. Purtroppo però l'organizzazione attuale del Comune pare avere ancora delle evidenti falle. La conferma arriva dal fatto che c'è un unico personal computer in tutto il municipio in grado di immagazzinare i dati. Dati che poi devono essere trasmessi da una dipendente comunale allo stesso Lovriha; che poi si occupa a sua volta della gestione del carico e della comunicazione di questo all'Arpa. «Siamo in una fase di rodaggio, ora però credo che riusciremo ad operare meglio perché stiamo valutando la predisposizione di altri pc nonché una convenzione con una ditta legata all'Università degli Studi di Trieste», annuncia il funzionario. Ma c'è un problema: i soldi. Lovriha mette le mani avanti: «Io farò un preventivo del costo, poi bisognerà vedere se ci saranno i fondi per affrontare questa spesa». Sentendo Lovriha la buona volontà del Comune pare proprio esserci. Però ora, di fronte ad un argomento come la salute dei cittadini, bisogna fare un ulteriore sforzo. Anche di tipo economico.
(ri.to.)
Odori cattivi? In Francia c’è lo “sniffer” di
professione
TRIESTE La grande puzza si fa risentire. Nubi di gas maleodoranti invadono la città dalle diverse aree contermini. Tutti i rioni cittadini, non solo i più bassi, a fasi alterne, subiscono gli attacchi olfattivi. Illazioni sulle origini delle diverse puzze si sono sprecate. Sembrerebbe che non sia solo la Ferriera che “aromatizza”, negativamente, l'aria che i cittadini respirano. Infatti, nel tempo, ciclici fastidi sono causati anche dalle esalazioni gassose di idrocarburi provenienti dal mare derivanti dalle navi cisterna in rada nel golfo. Probabilmente, in questi casi, dovuti allo sfiato e conseguente fuoriuscita dai serbatoi di vapori inerti che le alte temperature dilatavano oltremodo. Ma non basta dire che si sente odore di ”uova marce”, probabilmente provocate dalle emissioni di piccole parti di acido solfidrico per poter sostenere che un tanfo ha origini industriali. Altro disagio sono le esalazioni che si espandono nella valle del Breg, per intenderci a ridosso dei grandi serbatoi presenti nel comune di San Dorligo della Valle. È da parecchio che i residenti lamentano miasmi insostenibili. Talvolta, anche il solo transito da quelle parti permette di verificarne il fastidio. La domanda rimane: ma da dove arriva il tanfo nauseante? Personale specializzato, munito di appositi sensori, ha girato il territorio in cerca, invano, della fonte. Le risposte risultano frammentarie... procedendo a “naso”. Forse si potrebbe capire l'origine delle mefitiche emissioni odorigene proprio usando dei “nasi”. Avete letto bene. Vi sono delle persone che per mestiere annusano i fetori del mondo industrializzato. Potremmo definire costoro, dei veri e propri lavoratori socialmente utili. Non è una bufala: nella Cina meridionale alcuni esperti ambientali sono stati addestrati per fiutare gli effluvi odorosi nei pressi degli stabilimenti industriali e classificare le diverse emissioni. Infatti, non sempre i gas sprigionati in atmosfera assumono un colore e quindi diventa difficile capirne l'origine. Anche in Francia, da diversi anni, l'attività di “sniffer” (cioè l'annusatore), è un'attività particolarmente utilizzata e ben remunerata, soprattutto nelle aree ad alta densità industriale. Al che, potremmo affermare a naso, che essa sia una professione... profumatamente remunerata!
Gianni Pistrini
Depuratore di Servola: proroga per due mesi - LETTERA
DI TONDO
Pericolo scongiurato per il depuratore di Servola. Niente
black out a partire da oggi, come previsto in mancanza di interventi
ministeriali che autorizzassero la prosecuzione dello scarico a mare delle
sostanze inquinanti. È stata sufficiente la lettera inviata dal presidente della
Regione, Renzo Tondo, al Dipartimento della Protezione civile, come richiesto
nei giorni scorsi dalla presidente della Provincia Bassa Poropat, perchè il
competente dirigente di palazzo Galatti potesse prorogare per altri due mesi
l’operatività dell’impianto. Adesso spetta al ministero analizzare la situazione
e aderire alla richiesta della Provincia decretando, con un primo provvedimento,
lo stato di emergenza, cui seguirebbe la nomina di un commissario per
l’assunzione di atti in deroga alle leggi ordinarie, come appunto il via libera
allo scarico del “tubone”. In caso contrario, se il ministero non ritenesse che
sussistono le condizioni di emergenza, la proroga dell’impianto potrebbe essere
fatta in regime ordinario. L’iter con la Regione è stato seguito in prima
persona dall’assessore Vittorio Zollia, che ora, per altri sessanta giorni, può
tirare un sospiro di sollievo.
Maledetto Photoshop abbruttisce la Ferriera -
INTERVENTO DI LORENZO BATTISTA (Lista Civica Trieste 5 Stelle)
Da decenni la politica locale se ne interessa solo in
campagna elettorale, generando aspettative sia nei servolani che nei lavoratori
Dopo aver appreso che i politici locali manifestavano la propria
soddisfazione perché si era evitata la chiusura dello stabilimento siderurgico
della Ferriera con il 1.o di febbraio, sarebbe ugualmente interessante sapere
che cosa ne pensano i 200mila abitanti della città. Siamo contenti che un
migliaio di lavoratori non abbiano perso il posto di lavoro o non vadano
incontro alla cassa integrazione. Probabilmente molti cittadini dovranno
aspettare e sperare per vedere la fine di un impianto industriale che, a causa
delle condizioni meteorologiche avverse (comunicato Lucchini dd. 24/11/2011),
sembra dare tanti problemi di inquinamento. Si sono impegnati anche i
programmatori di Google Earth a far apparire questo gigante metallico
arrugginito meno simpatico ed efficiente di quanto dica la proprietà: un’enorme
macchia marrone appare nello specchio di mare antistante le banchine della
Ferriera. Maledetto Photoshop! Il problema è che la politica locale da decenni
si è sempre interessata alla questione solo in campagna elettorale, generando
aspettative sia per gli abitanti, sia per i lavoratori. I governi che si sono
succeduti hanno quindi rimandato la soluzione di volta in volta. Quand’è che
finirà la situazione di emergenza? Mentre lasciamo che governo nazionale,
Regione, Provincia, Comune fissino ulteriori incontri con Lucchini ed Elettra
per capire il futuro della Ferriera, ci sono impianti, come la Montello Spa in
provincia di Bergamo, che dal 1997 ha completato la riconversione da acciaieria
a industria specializzata nel recupero di plastica e parti umide. L’impianto
riceve e tratta per il riciclo 120mila ton/anno di imballaggi in plastica,
210.000 ton/anno di rifiuti a matrice organica, produce biogas e genera energia
elettrica. Sono impiegati 200 posti di lavoro. Perché non mettere in agenda un
simile progetto? Ci sono leggi nazionali ed europee che prevedono l’erogazione
di contributi finalizzati alla riconversione di unità produttiva già esistenti.
Qualcuno si è mai attivato in questa direzione? Le politiche miopi del passato
non sono state in grado di considerare il rifiuto solido urbano una materia
prima capace di dare ricchezza. La presenza dell’inceneritore nella nostra città
ha fatto sì che la raccolta differenziata sia ferma al 20%. Un bellissimo
servizio del programma Presa Diretta su Rai3 ci ha mostrato come a San Francisco
(800 mila abitanti) la raccolta differenziata sia giunta al 78%, che l’obiettivo
è rifiuti zero nel 2020 e che l’impianto di riciclo e compostaggio della città è
un vero e proprio esempio di efficienza. Perché non iniziare seriamente a
pensare di fare industria salvaguardando l’ambiente? Il 7 aprile 2008 Renzo
Tondo, durante la sua campagna elettorale, pubblicava un video su youtube:
“Chiaro e Tondo - cielo Limpido a Servola”. Diceva: “La salute dei cittadini
viene prima di tutto; è chiaro che la Ferriera deve essere chiusa e convertita
salvaguardando i posti di lavoro. Si può fare”. Ci auguriamo che alle regionali
del 2013 i politici abbiano qualcosa di più concreto da proporre e che i
cittadini abbiano fatto abbastanza esperienza.
LA LETTERA DEL GIORNO - Galleria di piazza Foraggi,
meglio risparmiare 9 milioni
Nel programma dei lavori pubblici il Comune ha messo anche il rifacimento della galleria di piazza Foraggi, per la cifra di 9 milioni di euro. Ai soci di Triestebella piace una città bella e sarebbero felici di vedere una galleria chiara e luminosa al posto dell’attuale antro oscuro, ma, salvo che la galleria non sia in pericolo di crollo, non sarebbe meglio spendere i 9 milioni per lavori di più immediata utilità? La galleria funzionerebbe benissimo se non fosse per i semafori di piazza Foraggi e all’incrocio fra le vie Salata, dell’Istria e Baiamonti. C’è invero qualche disagio per le poche persone che transitano a piedi, dovuto alle venute d’acqua che producono fanghiglia in alcuni punti dei marciapiedi, ma basterebbe una pulizia più frequente. Questi nodi potrebbero essere molto velocizzati con delle rotatorie e bene sarebbe collocare rotatorie anche fra le vie Flavia e Valmaura, all’incrocio con via Caboto e così via. Quante rotatorie si potrebbero realizzare con 9 milioni? Se costassero come le due che faranno a Gorizia, ben 12. E quanto costerà ai cittadini in tempo perso e disagi la chiusura della galleria per la durata dei lavori? Ipotizziamo che per piazza Foraggi passino 36.000 veicoli in media al giorno, che, se i semafori della piazza fossero sostituiti da una rotatoria, ogni veicolo risparmierebbe mediamente 15 secondi, che il tempo di un viaggiatore valga mediamente 10 euro all’ora e che in ogni veicolo viaggino in media 1,5 persone. Si avrebbe un risparmio per i cittadini di oltre 800.000 euro all’anno, a cui va aggiunto il minor consumo di carburante per la sosta a motore acceso per 55.000 ore all’anno e il relativo minore inquinamento. Se si realizzassero 12 rotatorie in sostituzione di semafori in cui transitano 36.000 veicoli al giorno, i cittadini, con un investimento di 9 milioni, risparmierebbero tempo e denaro per oltre 9,6 milioni all’anno.
Roberto Barocchi - Associazione Triestebella
I colibrì a Miramare accumulano altri debiti - DOPO IL
PAUROSO INCENDIO
Non viene pagata la farmacia che fornisce Medicine e
latte. Due nuovi nati, sono 17
Che cosa succede ai colibrì di Miramare, dopo il pauroso incendio di parte
delle serre? Per adesso, incolpevoli, stanno procurando ulteriori debiti. Uno
dei farmacisti da cui Stefano Rimoli si fornisce (nelle funzioni di custode
giudiziario degli animali per incarico della magistratura) ha un credito di
oltre 1500 euro per farmaci e latte da neonati che servono per gli uccellini.
«Nel passaggio tra questa gestione, che per i pagamenti chiama in causa il
ministero dei Beni culturali, e quella precedente che faceva capo all’Università
di Udine - dice il titolare della farmacia San Bortolo di viale Miramare - sono
rimasti in sospeso altri 780 euro. Ormai ho perso le speranze di incassarlo».
Dopo le complesse vicende giudiziarie, i fornitori ma anche i veterinari che
collaborano devono compilare una bolla in funzione di preventivo, una volta
approvata possono emettere fattura, e poi aspettare i soldi. «C’è stato qualche
ritardo, ma è solo una questione di carte, lo scorso 11 gennaio c’è stato per
questo un incontro col giudice, col 10 febbraio i pagamenti dovrebbero arrivare»
ammette Rimoli dalla Germania, dove si trova per assistere all’insediamento dei
17 colibrì che ha venduto (per rifondere debiti) a un parco naturale di 26
ettari «tra Hannover e Brema, specializzato nella cura degli uccelli - racconta
- e dove il 15 marzo i colibrì triestini verranno anche esposti al pubblico».
Mentre le serre “bruciate” sono rimaste con la loro ferita, i 15 colibrì
superstiti continuano a vivere e crescere, nel frattempo ne sono nati ancora
due, quindi siamo a 17 esemplari. Ma l’incertezza qui è di casa. I 25 mila euro
che la Direzione regionale aveva ottenuto dai Beni culturali sui fondi del
lotto, agganciati alla somma di 1,2 milioni per il restauro di queste serre (una
volta vuotate) e dei muraglioni, sono stati infatti già “girati” all’Università
di Udine, a lungo consulente scientifico di Rimoli, e per un periodo incaricata
della sopravvivenza dei colibrì. Le nuove spese adesso sono coperte oppure no?
Inoltre i 600 mila euro che la Regione lo scorso dicembre ha destinato a
Miramare, firmando un accordo di programma con la Direzione regionale dei beni
culturali, sono sì destinati al recupero delle cosiddette “serre nuove” che
dovrebbero diventare sede del Centro di riproduzione dei colibrì superstiti, ma
a una condizione. Come è esplicitato nel testo, solo a condizione che il futuro
centro dimostri struttura giuridica e capacità gestionale salda. Ci sono alcuni
mesi per elaborare il piano. Altrimenti quei soldi potranno essere spesi per la
riqualificazione di parco e castello, a prescindere dal “progetto colibrì”.
(g. z.)
Parovel: speculazione edilizia in PortoVecchio - Ha
denunciato a Roma per truffa ai danni dello Stato numerosi rappresentanti
istituzionali
Paolo Parovel, già consigliere comunale ed ex gestore di una importante libreria, ora direttore de “La voce di Trieste”, ha presentato alla Procura della Repubblica di Roma una denuncia per truffa aggravata ai danni dello Stato. Lo ha fatto come presidente dell’Associazione Libera informazione e ha richiamato l’attenzione dei magistrati su quella che lui chiama ”L'operazione speculativa edilizia e immobiliare Portocittà che si sarebbe sviluppata a danno Porto Franco internazionale di Trieste”. Sono emerse - a giudizio di Paolo Parovel che si definisce “giornalista investigativo” e non è nuovo a solitarie battaglie di principio - anche “connessioni con problemi antimafia e con le reti nazionali di manipolazione dei grandi appalti e della pubblica amministrazione”. Nel ponderoso fascicolo inviato alla magistratura romana per competenza territoriale, ma anche a un buon numero di quotidiani che finora hanno ignorato questa iniziativa, viene posto sotto la lente d’ingrandimento un presunto “tentativo doppiamente illecito di sottrarre con artifizi e raggiri allo Stato italiano, nonché ai legittimi utenti internazionali e nazionali ed alla comunità locale, il possesso indisponibile, l’esercizio economico produttivo, il lavoro ed i redditi attuali e potenziali dell’area portuale extradoganale attrezzata di 70 ettari del Porto Franco Nord di Trieste, o Punto Franco vecchio”. Scopo della presunta sottrazione - secondo il denunciante - è quello di utilizzare l’area per una speculazione edilizia ed immobiliare costiera privata, in violazione dei vincoli giuridici di destinazione esclusiva del sito alle attività di Porto Franco internazionale». L’iniziativa varrebbe oltre 1,5 miliardi di euro ed è, sempre secondo Parovel, “appoggiata localmente da una consociazione trasversale di esponenti politici ed istituzionali attraverso atti amministrativi e campagne di pressione politico - mediatica”. “Verrebbe ignorato e compresso il principio di legalità e le proteste e denunce dei cittadini”. La presunta ’cospirazione’, - secondo il presidente dell’Associazione libera Informazione - risulta strutturata in cinque fasi. “La prima - si legge sempre nell’esposto - è consistita nel ridurre, ostacolare e impedire per anni gli usi portuali del Porto vecchio. La seconda è consistita nel formare una serie di atti amministrativi per urbanizzare l'area senza tener conto del vincolo di destinazione a porto franco”. “La terza fase è consistita nell'assegnare l'urbanizzazione di gran parte dell'area in concessione, a un'apposita società privata di costruttori per 70 anni, con diritto a subconcessioni e senza le informazioni prefettizie antimafia. La quarta fase è consistita nell'utilizzare la concessione con pretesti cultural-ricreativi per chiedere ed ottenere dal prefetto - commissario del Governo la sospensione temporanea per sei mesi del regime di punto franco sull'area, con autorizzazione ad abbattere tratti della cinta doganale per aprirvi dei varchi stradali provvisori. La quinta fase è consistita nel rifiutare di richiudere tali varchi ottenendo una proroga della sospensione temporanea per un anno, pretendendo che venga poi resa definitiva. Nell’esposto-denuncia vengono indicati molti nomi su cui indagare; vanno da quelli di esponenti del Comune e della Regione, passando per l’Autorità portuale e finendo a ministri e dirigenti dello Stato.
c.e.
Tre progetti base per il parco dell’Ermada
Il Comune chiede alla Regione un milione e 600 mila
euro per trasformare vecchi edifici in strutture turistico-culturali
DUINO AURISINA «Ammonta all’incirca ad un milione e 600 mila euro la domanda
di contributo che presenteremo oggi alla Regione per alcuni dei progetti
presentati in merito alle celebrazioni della Grande guerra». Lo annuncia il
vicesindaco con delega alla cultura, Massimo Romita. Il finanziamento, per cui
l’amministrazione comunale di Duino Aurisina farà appello alle casse regionali,
riguarda i progetti relativi alla valorizzazione ed alla celebrazione della
Grande guerra che celebrerà il suo primo centenario nel 2014 (iniziata il 28
luglio del 1914). «Si tratta di una prima tranche – spiega Romita - per tre
progetti che, nell’immediato, presentavano la possibilità di realizzazione
basandosi sulla riqualificazione di edifici già esistenti. Per altri progetti è
stata presentata la domanda di contributo alla Regione direttamente dai soggetti
interessati, senza l’intervento del Comune – continua - . Altri ancora, invece,
necessitano di ulteriori studi di fattibilità o della disponibilità effettiva
dei siti in cui si vorrebbe intervenire». Vediamo i perni di questa prima
tranche di progetti. Ex scuola elementare di Ceroglie “Miroslav Vihar”: di
concerto con la Comunella il Comune vorrebbe creare uno spazio “che offra
l'opportunità a tutta la collettività di trasmettere alle nuove generazioni le
tradizioni e le memorie storico-culturali”. Nello specifico si vorrebbe
trasformare l’ex edificio scolastico, inserito all’interno dell’ipotetico parco
tematico del Monte Ermada, in un infopoint, sala espositiva, aula didattica
utilizzata dalla Comunella o dai gruppi di speleologici o visitatori. Oltre a
ciò si vorrebbe recuperare anche la strada che collegava la frazione carsica
alla cittadina di Brestovica (Slovenia), in uso fino ai primi del’900 nonché la
riorganizzazione e tracciatura, con l’opportuna segnaletica, tutti i punti
storici sia all’interno del paese che sul monte Ermada. Il costo totale
dell’opera è prevista intorno ai 624mila euro di cui il 90 per cento dovrebbe
venir coperto dai contributi regionali mente il restante 10 per cento sarebbe
messo dai fondi proprio della Comunella. La scuola di Medeazza. Qui invece la
comunella di Medeazza vorrebbe destinare una parte della struttura, quella al
primo piano, ad ostello per una dozzina di persone. L’altra parte, al piano
terra, invece potrebbe diventare una sala polifunzionale dove potranno esserci
lezioni tematiche, un punto di riferimento in cui sarà possibile prenotare una
guida per percorrere uno dei sentieri tematici sull'Ermada a cavallo, a piedi, o
in bicicletta; dove si potrà iscriversi a corsi proposti su temi storici,
naturalistici, o eno-gastonomici della zona. Il sottotetto, infine, verrebbe
trasformato nella sede dell'associazione culturale di Medeazza e San Giovanni di
Duino. Oltre alla riqualificazione della scuola si è pensato anche di offrire
dei bus navetta che partirebbero dallo slargo in prossimità del Monumento ai
Lupi di Toscana e la Chiesa di San Giovanni in Tuba, dove si immagina anche la
costruzione di un infopoint con pannelli espositivi, fotografie e dati storici
sulle attività circostanti. Anche qui, il finanziamento richiesto di 700mila
euro vorrebbe essere coperto al 90 per cento da fondi regionali. Infine gli ex
bagni comunali di Duino. Per l'intervento in questione ci si avvarrà della
collaborazione della Jus Comunella di Aurisina Nabrezina con l’obbiettivo di
riqualificare l'area esterna con la realizzazione di un parcheggio e di un’ area
attrezzata, mentre quella interna potrebbe fungere da infopoint e da area
espositiva Qui la spesa totale è prevista per 135mila euro.
Viviana Attard
GreenStyle.it - LUNEDI', 30 gennaio 2012
GIFI, APER e Legambiente: “Non toccate gli incentivi al
fotovoltaico”
Non smette di far discutere l’articolo 65 del decreto
liberalizzazioni, anche detto “Cresci Italia”, che cancella con 40 giorni
d’anticipo gli incentivi al fotovoltaico a terra su suolo agricolo di potenza
superiore a 1 MW. L’ultima reazione negativa è quella di Legambiente, che pur
apprezzando il freno tirato ai parchi a terra di grandi dimensioni non gradisce
affatto la retroattività dell’articolo 65. Come spiega l’associazione
ambientalista:
Il governo ha fatto bene a intervenire sugli incentivi per il fotovoltaico a
terra, perché il boom di progetti presentati al GSE rischia di mandare in tilt
il sistema e di diventare un boomerang per il futuro delle rinnovabili. Non
condividiamo però l’impianto dell’articolo, in primo luogo perché cancella il
fotovoltaico a terra anche per le aziende agricole dove poteva rappresentare
un’integrazione del reddito, poi perché l’incentivo proposto per gli impianti
sulle serre è troppo generoso e rischia di diventare un volano per le
speculazioni
Legambiente, poi, mette in luce quello che è abbastanza chiaro per tutti coloro
che fanno agricoltura: la copertura fotovoltaica, per quanto limitata al 50%
dalle recenti regole dettate dal GSE, è incompatibile con gran parte delle
produzioni agricole:
In parole povere, vengono previsti incentivi per il fotovoltaico su serra molto
più generosi di quelli previsti dal vigente conto energia per il fotovoltaico al
suolo (e senza incappare nei limiti imposti dalla precedente normativa), con un
limite di ombreggiatura altissimo (il 50%). Questa indicazione potrebbe dare il
via libera a speculazioni per ottenere incentivi pari a quelli delle coperture
integrate negli edifici, che sono molto più alti di quelli per i pannelli al
suolo. Ovviamente sotto le serre ci sarebbe tanta ombra da permettere ben poche
coltivazioni, ma tanto gli incentivi coprirebbero abbondantemente anche i costi
della mancata produzione
Ma le critiche all’articolo 65 arrivano persino dal GIFI, il Gruppo imprese
fotovoltaiche di Confindustria che l’anno scorso guidò la crociata contro il
fotovoltaico sui campi in favore di quello sui tetti. Secondo Valerio Natalizia,
presidente del GIFI
L’art.65 deve essere stralciato perché rappresenta per tutto il settore
un’ulteriore grave minaccia in termini di investimenti già in essere, posti di
lavoro, reputazione nei confronti degli investitori e delle banche, di stabilità
normativa e certezza delle regole. Questo provvedimento ha già causato gravi
danni agli operatori italiani bloccando in molti casi i cantieri in costruzione
che traguardano la scadenza del 28 marzo prevista dalla precedente legislazione.
Contestualmente allo stralcio dell’art. 65 si dovrà pertanto consentire di
recuperare il tempo perduto
Ultime critiche, infine, da un’altra associazione di produttori di energia
rinnovabile: l’APER. Pietro Pacchione, delegato dell’associazione per l’energia
fotovoltaica, in un’intervista a Rinnovabili.it spiega che l’APER sta valutando
azioni legali contro l’articolo 65:
Stiamo valutando se ci sono strade legali che possono essere perseguite
immediatamente. C’è un circolo vizioso dove da una parte ci sono le banche che
ovviamente si mettono in tutela e, dall’altra, ci sono gli imprenditori bloccati
perché non ricevono più soldi dalle banche per finire l’impianto. I tempi sono
strettissimi per recuperare questo errore e comunque si tratta di una situazione
che porta a perdere gli incentivi
C’è poi chi comincia a mettere in dubbio la costituzionalità di tutto l’articolo
65. Su DailyE, notiziario tecnico sull’energia, Felice Lucia spiega che sono
soprattutto due i punti a rischio: la retroattività del taglio agli incentivi,
che annulla il diritto acquisito a ottenere l’incentivo, e l’imposizione
dall’alto del nuovo incentivo sulle serre fotovoltaiche. Riguardo a quest’ultimo
punto DailyE mette in luce che
l’incentivazione della produzione di energia elettrica da impianti solari
fotovoltaici è disciplinata con decreto del Ministro dello sviluppo economico,
da adottare, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del mare,
sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28
agosto 1997, n. 281, e non con un decreto legge governativo, così come espresso
dal D.lgs. 28/2011 (art. 24 comma 5 e art. 25 comma 10). Quindi soltanto un
altro decreto ministeriale di concerto con le regioni poteva modificare gli
incentivi e i relativi premi. L’energia è una materia concorrente e come tale
dev’essere coinvolta la conferenza unificata
Con questo clima inizia a sembrare sempre più possibile che il famoso comma 4
dell’articolo 54 del decreto liberalizzazioni, che cancella immediatamente gli
incentivi anche per i parchi fotovoltaici superiori al MW già costruiti ma non
ancora entrati in esercizio, venga a sua volta eliminato o modificato in
Parlamento o con un ulteriore decreto ministeriale. La telenovela degli
incentivi al fotovoltaico potrebbe presto continuare con una nuova puntata.
Peppe Croce - Fonte: Legambiente | GIFI |Rinnovabili.it | DailyE
IL PICCOLO - LUNEDI', 30 gennaio 2012
Freddo da lupi, mercoledì forse la neve - Gli animali
avvistati sul Cocusso pochi giorni fa. Il meteo: da domani le massime
sfioreranno lo zero
Freddo da lupi sul Carso e anche in città, anzi gelo
siberiano. La settimana che comincia oggi avrà queste caratteristiche. Ma
mercoledì o giovedì potrebbe addirittura nevicare in città. Quella del “freddo
da lupi”, non è certo una battuta. Dice Stefano Filacorda, ricercatore
dell’Università di Udine, considerato uno dei massimi esperti a livello
regionale dei lupi. «Qualche giorno fa sono stato contattato da un tecnico della
Forestale slovena che mi ha segnalato la presenza di un branco sul monte Cocusso
a pochi metri dal confine. Al momento non ho avuto alcun riscontro della
segnalazione, ma ritengo possa essere credibile». La conferma indiretta arriva
dalla Forestale. Dice un sottufficiale che chiede di non rivelare il suo nome:
«Poche settimane fa ci sono pervenute alcune segnalazioni di un lupo nella zona
del confine. Qualche giorno fa alcuni ciclisti hanno riferito di aver visto
delle tracce di lupi. Ma è praticamente impossibile essere sicuri che si sia
trattato proprio di questi animali». Al momento è un mistero. Perché l’unico
elemento certo, a parte le segnalazioni, è il fatto che, come spiegano alla
Forestale, «non ci sono stati nè danni, nè aggressioni riscontrate ad altri
animali». Ma c’è un precedente di un mese fa dimostrato con un rilevatore
satellitare “Gps”. È successo prima di Natale. Era stato “seguito” un animale
“collarato” che a lungo ha vagato nella zona di Grozzana dopo essere giunto dal
monte Cocusso. Nel corso del monitoraggio effettuato dagli esperti sloveni di «Slowolf»
è emerso che il lupo aveva vagato per diversi giorni superando il confine
italiano e arrivando proprio nei pressi dell’abitato. Poi, dopo alcuni giorni di
sosta, ha proseguito verso nord rientrando in Slovenia e da lì arrivando fino in
Carinzia. Attualmente si trova nel Salisburghese. E ora con l’arrivo del grande
freddo, soprattutto nel Carso, il pericolo della presenza di lupi affamati
rischia di diventare sempre più concreto. Il meteo, come detto, infatti non
lascia ben sperare. «Da ieri (ndr, sabato) la temperatura si è progressivamente
abbassata. E così continuerà per tutta la settimana. Da domani le massime
sfioreranno lo zero», dice Arturo Puccillo, meteorologo dell’Osmer Arpa. Spiega:
«Si tratta di aria polare proveniente dalla Gran Bretagna che alimenta una
depressione profonda». Poi aggiunge: «Ma potrebbero anche aprirsi altri scenari
che lasciano prevedere anche precipitazioni nevose a bassa quota e sulla costa.
In questo caso, tra mercoledì e giovedì potrebbe anche arrivare la neve. Una
massa di aria gelida di origine siberiana tenderà a interessare l’Europa
centrale appunto già a partire da metà della settimana». Ieri intanto ha
soffiato la Bora in modo sempre più intenso. La raffica massima ha sfiorato la
velocità di 101 chilometri all’ora attorno, a mezzogiorno sul molo Fratelli
Bandiera.
Corrado Barbacini
Un dozzina i film in gara per “Hells Bells Speleo
Award” - MONTE ANALOGO
Due date, vetrina per sei nuove pellicole e per la speciale nicchia dedicata alla speleologia. “Alpi Giulie Cinema”, la rassegna cinematografica promossa dall’associazione Monte Analogo, riapre i battenti della edizione 2012, sempre al Miela. Il viaggio esplorativo tra temi, colori e cultura della montagna riparte il 16 febbraio, giornata dedicata alla seconda tornata di opere – film, corti, documentari – programmate sia al pomeriggio che nella fascia serale. Il fitto cartellone propone sei visioni in tutto, dalle 18, con le prime due pellicole della rassegna 2012: “The Pinnacle” e “Life Ascendig”. Il primo lavoro porta la firma del regista inglese Paul Diffley, prodotto nel 2010, documento legato alle ascensioni alpine compiute lo scorso secolo sul Ben Nevis nelle Isole Britanniche; una rilettura delle imprese, entrate tra i capitoli storici dell'alpinismo internazionale. “Life Ascending”, dello statunitense Stephen Grynberg, ripercorre invece le vicende emotive di Rued Beglinger, guida alpina che opera con la famiglia nella zona delle Selkirk Mountains, nella British Columbia: tra avventure, traumi, percorsi e conquiste. La sala del “Miela” si riaccende alle 21 del 16 febbraio per la seconda parte del cartellone di “Alpi Giulie Cinema”, con altre quattro visioni: “Patagonia Promise”, “The Prophet”, “Hallow caves” e “Bleed in Heel”. Rispettivamente una pellicola americana e le restanti di produzione britannica, tutte incentrate sulle trame più intense ed estreme, anche del sentimento, della montagna. La vera novità di quest'anno della rassegna cinematografica è la specialità della Speleologia, tema che a Trieste ha costituito pionierismo, cultura, storia. Un nuovo cartellone caratterizza la manifestazione, sempre a cura di “Monte Analogo” con la Commissione Grotte “Boegan” di Trieste, artefici di una sezione denominata Premio “Hells Bells Speleo Haward”, appuntamento inedito che quest'anno vivrà la sua giornata di gala il 23 febbraio al Miela, dalle 18 alle 23 circa, con il lungo carosello di opere dedicate alla storia, alle conquiste e alle svolte compiute dalla speleologia esplorativa in Italia e in campo internazionale. Una dozzina le opere in lizza nella prima edizione, provenienti dalla regione ma pure dalla Sardegna, Lombardia e Veneto, assieme a contributi prodotti nel Regno Unito, Albania, Filippine e Uzbèkistan. Non è tutto. “Alpi Giulie Cinema 2012” vive la sua tappa principe nella giornata di giovedì 1° marzo, nella sede dell'Antico Caffè San Marco (via Battisti 8, 20.30), data che propone l'assegnazione del premio “Scabiosa Trenta”, tributo ispirato al fiore immaginario concepito dal poeta delle Alpi Giulie, Julius Kugy. Il riconoscimento, secondo la consolidata tradizione del concorso, è indirizzato all'opera di un artista proveniente dal Friuli Venezia Giulia, Carinzia o Slovenia. Ulteriori informazioni sulla rassegna visitando il sito www.monteanalogo.net o telefonando alla segreteria di “Monte Analogo” allo 040-761683.
Francesco Cardella
IL PICCOLO - DOMENICA, 29 gennaio 2012
Differenziata: il business di vetro, plastica, metalli
- RIFIUTI »DOVE VANNO A FINIRE
Dal Maso (AcegasAps): «Ma non è vero che tutto finisce
nell’inceneritore» Le destinazioni? Da Ovaro a Marghera, da San Vito al
Tagliamento fino in Emilia
Cosmetici, creme, alcol. Detersivi, insetticidi, tarmicidi, termometri. Olio
da cucina. Specchi e foglie secche. Sono diventati tutti “rifiuti insoliti e
ingombranti” o “pericolosi”. Vanno guardati con sospetto prima di essere buttati
nella spazzatura. Vietatissimo. Bisogna metterli da parte. Portarseli con tempo,
pazienza e lunghi tratti di strada (in macchina) nei soli quattro centri di
raccolta della città, a Roiano, Opicina, Campo Marzio e San Giacomo, per di più
in sacchetti trasparenti. Gli addetti devono poter verificare a occhio nudo il
contenuto. Stanno arrivando a casa dei triestini le grandi buste
Comune-AcegasAps con i dépliant sulla raccolta differenziata, che trasformerà
anche le nostre case in un deposito di scarti. La lettera accompagnatoria
firmata dal sindaco Roberto Cosolini e dalla presidente della Provincia Maria
Teresa Bassa Poropat fa appello «al coinvolgimento attivo di tutti». Il vasetto
della salsa va buttato nel contenitore “vetro”, in strada. Però prima gli togli
il tappo. E lo lavi. Se getti un giornale fra la carta, prima gli togli il
cellophane. E lo dirotti al settore plastica. E le bottiglie di plastica? Le
schiacci una a una. Se no occupano troppo spazio. Ci aspetta insomma un sacco di
lavoro. E in cambio? Niente, tranne la coscienza pulita anche quella. Il ciclo
di raccolta-recupero muove molti soldi, ma i triestini non riceveranno premio.
«L’unica certezza, che deriva però da una decisione solo politica, è che la
Tarsu non aumenterà quest’anno - dice l’assessore all’Ambiente Umberto Laureni
-, da noi è il cittadino a pagarne il 70% e le aziende pagano il 30%, a Padova
avviene il contrario». E perché? Decisione politica. Ma dove va tutto questo
materiale? A chi è venduto? Chi incassa? Chi guadagna? «Sfatiamo la leggenda
metropolitana secondo cui “tutto si butta nell’inceneritore come prima” - dice
l’ingegner Paolo Dal Maso, direttore della divisione Ambiente di AcegasAps -,
ogni materiale ha la sua filiera». In cima a tutto c’è il Conai, Consorzio
nazionale imballaggi, ente privato senza fini di lucro che ha 1 milione e 400
mila aziende iscritte e una convenzione con l’Anci, Associazione nazionale dei
Comuni (e relative multiutility). Da questo dipendono 6 consorzi, per carta,
alluminio, vetro, acciaio, legno, plastica. Il “primo utilizzatore” di ciascun
materiale (industriale, importatore, commerciante) paga un “contributo ambiente”
con il quale il lavoro di raccolta e smaltimento si finanzia, e con una fetta
del quale le AcegasAps di turno si pagano anche il maggior lavoro di raccolta.
Somma che viene scaricata sulle merci in vendita: cioé la paghiamo, pro quota,
noi. Ma che strada fanno ora i rifiuti triestini? Carta: depositata alla
piattaforma della ditta Calcina in zona industriale, è pressata, imballata e
portata dal consorzio Comieco alla cartiera di Ovaro (non a quella di Duino
perché qui si fa carta col legno). Plastica: va da Calcina e poi, resa “pura”
dal consorzio relativo, è imballata e spedita a San Giorgio di Nogaro e San Vito
al Tagliamento, centri di raccolta regionale. Dove è separata per composto
chimico. Vetro e lattine, dopo la consueta sosta da Calcina, partono invece per
Marghera, lì si separa vetro da alluminio e acciaio. Il primo, macinato,
continua il viaggio verso l’Emilia, dove entra nei forni e torna bottiglia. Roba
vecchia come nuova, che torna a essere venduta e comprata. Siamo saliti su
questa macchina, ne siamo il motore.
Gabriella Ziani
Sorpresa, i vestiti buttati nel bidone giallo non
finiscono alla Caritas
Siccome prima o poi si butta tutto, i dubbi su che fare
delle infinite cose da cui siamo circondati, aiutati e afflitti saranno
altrettanto infiniti. Ecco alcuni casi di immediata evidenza. FARMACI. Quelli
scaduti, dove vanno? Non c’è scritto. Sorpresa: nelle immonidizie normali. Non
sono “speciali” o “pericolosi”. La quantità casalinga è considerata minima.
L’inceneritore brucia tutto. Se avessimo una discarica sarebbe diverso: i
batteri se ne nutrirebbero, con effetti devastanti. PILE. Sono un rifiuto
pericoloso, quelle esauste vanno negli appositi contenitori. Ma ci sono o no? Il
Comune: «Dobbiamo aumentarne il numero». ABITI. Errore nel dépliant. I
contenitori gialli per la raccolta di abiti e scarpe usati non sono della
Caritas, i vestiti smessi non vanno dunque ai poveri. I cassonetti sono da tempo
AcegasAps e cooperative. I vestiti, come il resto, sono riciclati altrove.
Multe salate ma bisogna essere colti in flagrante -
Costi e CONTROLLI
Nel 2010, ultimo bilancio noto, il Conai nazionale (fondato nel 2006 con la legge Ronchi) ha raccolto oltre 64% dei materiali riciclabili circolanti in Italia, di questi il 74% è stato recuperato. Il Consorzio ha incassato dal riciclo rifiuti 619 milioni di euro, trattenendo per propria remunerazione 17 milioni e dando il resto ai sei Consorzi che trattano i materiali. I soldi girano in un circuito chiuso. «Adesso vogliamo discuterne con Acegas - assicura l’assessore all’Ambiente Umberto Laureni- , se loro stanno nei costi, si può abbassare la spesa per il cittadino?». «A Padova già nel 2003 il Comune è passato dalla tassa (Tarsu) alla tariffa (Tia), e così i privati pagano solo il 30% dello smaltimento - dice Paolo Dal Maso, capo della divisione Ambiente di AcegasAps - ma è decisione che spetta ai Comuni. Noi dal circuito di recupero ricaviamo quanto serve per aumentare il servizio. I camion sono gli stessi, le corse sono raddoppiate». Mistero, però: aumenta in peso la raccolta differenziata, e non cala quella indifferenziata. Abbiamo moltiplicato i nostri rifiuti, o c’è un’altra più sottile ragione? I dépliant informativi (su carta rigorosamente riciclata) riportano per ora solo le multe stabilite dal Regolamento comunale. Butti i rifiuti indifferenziati nella campana di vetro o carta? Da 75 a 450 euro (ridotto: 150). Butti nei cassonetti rifiuti pericolosi o ingombranti? Da 250 a 1500 euro (ridotto: 500). Se poi hai messo nel cassonetto comunale rifiuti portati da altrove, da 100 a 600. E perfino per “mancata chiusura del coperchio del contenitore stradale” da 25 a 150 euro, 50 con lo sconto. «Ma al momento - ammette Laureni -, bisogna che il vigile colga sul fatto la singola persona, altrimenti come associare colpa e colpevole?». Una multa un po’ di carta, insomma.
E il «tetrapak» diventa anche spettacolo - Una delle
azioni di persuasione organizzate dal Comune. Coinvolti scuole e commercianti
Non è che l’inizio, altri dépliant seguiranno per mandarci a lezione sulle immondizie. Verranno coinvolte le scuole. Si organizzeranno spettacoli. Il primo è in cartellone, per ora senza maggiori dettagli, il 31 gennaio. Avrà per tema il tretapak, che non è un personaggio dei fumetti ma il contenitore di misteriosa natura in cui per esempio si vende il latte. Interrogati, potrete poi rispondere: «È carta». Della carta esiste anche una più strana versione, quella «accoppiata», che ha come sigla sulla confezione “ca”, e riguarda ad esempio contenitori cartacei con rivestimenti diversi. Che fare dell’ibrido? Bisogna trattarlo come carta. Molto più complesso (ma stavolta non spetta al cittadino risolvere in casa sua anche questa grana) quel che succede con un semplice vasetto di yogurt, dove l’ingegno umano è riuscito a mettere insieme plastica per il contenitore, alluminio per il coperchio, carta per l’involucro quando si tratta di multiconfezione. Durissimo esercizio sarà quello di buttare fra la plastica i mille sacchetti e contenitori sgocciolanti che ci troviamo in mano davanti ai fornelli, senza dimenticare la pena peggiore. Avete fritto le patatine? L’olio va raccolto a parte e per essere ortodossi andrebbe portato al centro di raccolta (come fanno i ristoranti). Chi ci riuscirà? Meno dubbi, ma più servizi, si preparano per i commercianti. Sempre il 31 gennaio è prevista la diffusione di notizie sui nuovi sistemi di raccolta degli imballaggi di cartone. Se ne occuperà il Comune assieme a Esatto: «Le isole “gialle” sui marciapiedi - avverte Laureni, l’assessore all’Ambiente - verranno aumentate di numero, e la raccolta sarà più frequente. Se il negoziante sa con esattezza a che ora c’è il prelievo, è facilitato a eseguire più puntualmente la rimozione». E questa è categoria agevolata, con imballaggi prelevati a domicilio. Invece ecco dove dobbiamo andare noi, e non solo col ferro da stiro, con tv e computer, sedie e vernici, trieline e diserbanti avanzati, ma anche con creme e pomate smesse, smalti per unghie e argentil andati a male. I centri di raccolta sono in via Valmartinaga 10 a Roiano, in Strada per Vienna 84/a a Opicina, in via Giulio Cesare 10 a Campo Marzio, in via Carbonara 3 a San Giacomo. Tutti sono aperti da lunedì a venerdì dalle 7 alle 19, tranne Campo Marzio che fa orario 6-18. La domenica invece è aperto il centro di San Giacomo, funziona dalle 8 alle 13.
(g. z.)
Coro di no al “rilancio” del rigassificatore - Lega:
«Nulla di concreto nel progetto». Udc: «Molte le zone d’ombra». Grillini: «Una
cosa da folli»
«Siamo decisamente contrari al rigassificatore di Zaule e ci sorprende che il Pdl proponga ancora questo progetto che in campagna elettorale ha escluso in modo netto». Massimiliano Fedriga della Lega Nord non ha dubbi e spedisce al mittente la proposta del Pdl regionale. Tondo, durante una riunione a Udine, ha tirato fuori dal cassetto il progetto di Gas Naturale. Anche in considerazione del quadro economico e occupazionale della città con le incertezze sul futuro della Ferriera e la situazione di sofferenza di alcuni comparti. «Che il Pdl lanci la sua proposta - aggiunge Fedriga - in considerazione della crisi che attanaglia Trieste non è cosa seria. I mille posti in pericolo alla Ferriera non si compensano certo con i 50 addetti che verrebbero impiegati nella costruzione e nella manutenzione dell’impianto. Ci vuole altro, e noi della Lega da molto tempo chiediamo un tavolo per ragionare su come riconvertire l’area della Ferriera e impiegare le forze lavoro proprio in questa ristrutturazione. Il progetto di Gas Natural non è chiaro. La società ad esempio non ha calcolato il rischio scismico e non ha presentato un vero e proprio tracciato. In definitiva non c’è nulla di concreto». Più possibilista l’Udc. «Il rigassificatore è un problema delicato e importante per Trieste - sottolinea Edoardo Sasco -; devono essere le istituzioni, Comune e Provincia in primo luogo, a verificare se il progetto è compatibile con la sicurezza dei cittadini e l’impatto ambientale. Il progetto, così come ci è stato presentato, presenta varie zone d’ombra che devono essere rimosse, come la movimentazione nel golfo dove è previsto in futuro un incremento dei traffici, l’impatto con fauna e flora marina e le infrastrutture a terra. Una volta verificate e risolte queste problematiche si coinvolga tutta la città. La Regione potrebbe avere un ruolo di regia. «Rimettere in gioco il rigassificatore di Zaule è cosa da folli». Il movimento 5 Stelle va giù duro con la proposta del centrodestra. «Il Pdl non ha un'idea per il futuro - affermano i “grillini” Paolo Menis e Stefano Patuanelli -, quindi rispolvera vecchi progetti che possono portare solo danni alla città. Il loro candidato sindaco, Roberto Antonione, si era espresso chiaramente contro il progetto di Gas Natural. E poi Bucci: un giorno parla di industria del turismo e l'altro di rigassificatore, qualcuno gli spieghi che le due cose sono incompatibili. Noi siamo sempre stati chiarissimi. Sì a industrie compatibili con la sicurezza e con l'ambiente, sì alla produzione diffusa di energie rinnovabili, sì a impianti di trattamento a freddo dei rifiuti. No a rigassificatori, centrali nucleari ed inceneritori. Per questo motivo, in Consiglio comunale, daremo un parere contrario al progetto del rigassificatore di Zaule».
(fe.vi.)
Piano regolatore, lezione di Legambiente - INCONTRO
DIBATTITO
Un vademecum da offrire al cittadino per sapersi muovere nei complicati meandri del Piano regolatore. Per saperlo leggere in modo adeguato, districandosi tra sigle, numeri e riquadri. Ma soprattutto per prepararsi a prendere le opportune contromisure in caso di necessità. Sono stati questi i temi della lezione di avvicinamento e comprensione al Prg, tenuta nella sede di Legambiente dall’architetto Lucia Sirocco, vice presidente della sezione locale. Con la proiezione di una serie di diapositive e cercando di trasformare in linguaggio semplice tutta una serie di regole e varianti, Sirocco ha illustrato come evitare rischi ed errori, ma anche quali sono i diritti del cittadino su questa materia. «Molte persone non sono a conoscenza, che ogni cittadino ha degli strumenti a disposizione per intervenire direttamente sul Piano regolatore – ha spiegato Sirocco – e questo avviene con la possibilità di produrre delle osservazioni personali, sulle quali poi il Consiglio comunale ha l’obbligo di esprimersi». Per Legambiente i punti chiave sul fronte Prg sono l’opposizione ferrea a una cementificazione generalizzata della città, ma soprattutto una visione più elastica nel cosiddetto calcolo della capacità insediativa teorica. Il che tradotto significa creare proporzionalmente alla densità abitativa prevista, non solo edifici, ma anche un numero adeguato di servizi ai cittadini. Per Legambiente insomma avere una città vivibile non significa soltanto aumentare le zone residenziali, ma dotarle dei servizi primari come spazi verdi, parcheggi, ospedali, scuole e centri di aggregazione. Sul Prg in fase di elaborazione dall’attuale amministrazione comunale, l’architetto Sirocco preferisce non sbilanciarsi su giudizi affrettati, ma tiene a precisare che Legambiente, come già fatto in passato con le varianti 66 e 118, terrà gli occhi aperti.
(p.p.)
Tutti i segreti dell’acqua salata e delle tartarughe a
Miramare - AREA MARINA PROTETTA
Acqua, mon amour. Anche per questo weekend le iniziative
promosse da Wwf Miramare vedono un’adesione entusiasta da parte del pubblico e
registrano un tutto esaurito. Ieri, nell’incontro “Dolce&salata” i partecipanti
sono stati guidati ad una visita gratuita al comprensorio dell’acquedotto
triestino, organizzata in collaborazione con Acegas Aps. Gli escursionisti si
sono trovati “alla fonte”, alle risorgive del Timavo, per un’introduzione
naturalistica. La visita è poi proseguita con tappa al Randaccio, con un
excursus sulle curiosità legate alla rete idrica della città che ha spaziato dal
panorama storico a quello mitologico e ancora a quello più prettamente tecnico.
Oggi, alle 11, al castelletto di Miramare ancora l’acqua sarà il fulcro, ma si
parla di quella salata e ad esplorarla saranno i più piccoli. I bambini tra i 5
e i 10 anni d’età parteciperanno infatti a “Il bestiario tattile”, laboratorio
ludico per la scoperta della fauna marina. Ad animare l’evento, un simpatico
abitante del mare che appassiona da sempre i giovanissimi, il delfino. I posti
sono ancora disponibili, invece, per gli incontri della settimana che si apre
domani nell’Area marina protetta di Miramare. Per chi ama il “microcosmo” marino
sabato 4 febbraio Miramare organizza una “Passeggiata in zona di marea”, pensata
per i grandi ma anche per le famiglie. Il percorso, che partirà alle 15 dal
castelletto di Miramare, è dedicato alla riscoperta di ciò che il mare lascia
dietro di sé sul bagnasciuga, quando si ritira. Pomodori di mare, patelle e
tanti altri organismi che fanno della resistenza il loro punto di forza e che
sono capaci di sopravvivere in ambienti “estremi” saranno i protagonisti di
questa escursione. In caso di maltempo l’appuntamento verrà trasferito al centro
visite. Le iniziative de “Il bestiario tattile” proseguono con domenica 5
febbraio, che sarà tutta dedicata alla scoperta del fascino della lentezza: i
giovani esploratori potranno venire a contatto con delle tartarughe Caretta
caretta. Dalle 11, sempre al Castelletto di Miramare, i bambini conosceranno da
vicino questo rettile che può apparire buffo d’aspetto ma che, in realtà, è un
perfetto nuotatore. Durante l’incontro ci sarà anche una sensibilizzazione
riguardante il tema dell’inquinamento marino e dei rischi che questo comporta
per l’animale. Il laboratorio si terrà anche in caso di maltempo. Sempre
domenica 5 sarà l’occasione per fare una “Passeggiata in fondo al mare”: grandi
e piccini potranno immergersi nei fondali della riserva marina di Miramare con
una visita multi-sensoriale all’interno del centro visite. Con la guida di un
biologo dello staff del Wwf, si andrà alla ricerca delle peculiarità dei diversi
ospiti del mare. Dulcis in fundo, la vasca tattile: i visitatori potranno avere
un’esperienza ravvicinata con organismi “speciali” come ricci di mare e stelle
marine. Il centro visite sarà aperto oggi e poi tutte le domeniche di febbraio
con orario dalle 10 alle 13 e dalle 14 alle 16.30, salvo gli orari in cui
saranno attivati il Bestiario Tattile o visite guidate prenotate, nel qual caso
la struttura sarà momentaneamente chiusa. A partire da febbraio, inoltre,
ripartono le passeggiate e le escursioni in simbiosi con la natura, in
preparazione alla primavera. Per informazioni e prenotazioni, è possibile
contattare in orario d’ufficio il numero di telefono 040-224147 (interno 3)
oppure scrivere all’indirizzo di posta elettronica giovanna@riservamarinamiramare.it.
IL PICCOLO - SABATO, 28 gennaio 2012
Rigassificatore, il Pdl riapre i giochi in Regione -
Tondo ai consiglieri: valutare le opportunità di lavoro
dopo la crisi della Ferriera Ciriani: prendere una posizione, la giunta dovrà
dare il parere in tempi brevi
Una parentesi di pochi minuti all’interno di una riunione durata quasi
quattro ore. Sufficiente però a riaprire i giochi di un partita complessa e
incerta, quella del rigassificatore di Zaule. Dal rapido confronto andato in
scena l’altro a Udine durante la riunione del Pdl regionale, è emersa infatti
una nuova apertura di credito verso il progetto di Gas Natural. Una linea, se
non ancora del tutto favorevole all’ipotesi gnl in Zona industriale, almeno
fortemente possibilista. Ben più possibilista di quanto n on fosse solo un paio
d’anni fa. A determinare il cambio di rotta è stata la presa d’atto del mutato
contesto economico e occupazionale della città. Le incertezze sul futuro della
Ferriera con il rischio concreto che mille operai perdano il posto, lo stato di
sofferenza in cui versano le casse comunali, la crisi che mette in ginocchio
comparti come l’edilizia e l’artigianato, stanno spingendo i vertici del partito
- Renzo Tondo e il suo vice Luca Ciriani in testa -, a guardare il
rigassificatore da una prospettiva diversa: non più come male assoluto, bensì
come potenziale opportunità. Una soluzione in grado prima di tutto di creare
lavoro: sia nell’immediato (le stime parlano di 30-40 addetti da impiegare nella
costruzione e nella manutenzione dell’impianto), sia in prospettiva. La presenza
del terminal gnl infatti, è il ragionamento fatto durante dai pidiellini durante
la riunione in terra friulana, potrebbe attrarre nuovi insediamenti industriali,
interessati ai benefici prodotti dalla catena del freddo. Ecco quindi spiegata
anche la frase pronunciata a Udine da Renzo Tondo, riferita da più un
partecipante all’incontro: le difficoltà della Ferriera potrebbero spingere una
parte della popolazione di Trieste ad accettare in questo momento l’ipotesi
rigassificatore. Uno spunto a cui si è aggiunto anche l’invito fatto da Ciriani
ai colleghi di partito a prendere rapidamente una posizione sul tema. I tempi
infatti, ha evidenziato il vice di Tondo, stringono e il parere definitivo della
Regione, che confida di conoscere al più presto anche l’opinione del ministro
all’Ambiente Clini, dovrà obbligatoriamente arrivare entro i primi di maggio. Di
qui la necessità di accelerare la riflessione e di inserirla, come detto, nel
mutato quadro economico. «Il ragionamento fatto a Udine - commenta Maurizio
Bucci - è in linea con quello esposto dal presidente degli Industriali Sergio
Razeto. Il rigassificatore può produrre positive ricadute occupazionali. In più,
a differenza della Ferriera, non inquina. Un aspetto che va comunicato
efficacemente». Non si pensi però ad un verdetto già emesso: il dibattito è
appena iniziato. «Il terminal sarà al centro di incontri specifici - si affretta
a precisare Piero Tononi -. L’indicazione, per ora, è analizzarne ogni elemento
senza abbandonarsi a chiusure, ma neanche ad entusiasmi, aprioristici».
«Essenziale - osserva Piero Camber - sarà mettere sul piatto costi e benefici.
Va chiarito cosa Gas Natural è disposta a dare alla città in termini di
compartecipazione al gettito fiscale, royalties e investimenti». «La crisi in
atto a Trieste è tale - osserva Bruno Marini - che anch’io, da sempre contrario
al rigassificatore, oggi ho forti dubbi. Mi chiedo se sia moralmente accettabile
da parte chi ha responsabilità politiche dire no ad un progetto che non
risolverà tutti i problemi, ma almeno potrebbe diventare una valvola di sfogo».
Maddalena Rebecca
In primavera scadrà il termine dei 200 giorni
Duecento giorni. È il lasso di tempo concesso dalla legge
alla Regione per esaminare il progetto definitivo del presentato da Gas Natural
ed esprimere di conseguenza il proprio parere sull’infrastruttura prevista in
Zona industriale (in foto). Un termine che scadrà tra fine aprile e inizio
maggio visto che le integrazioni al progetto preliminare presentate dal colosso
spagnolo sono arrivate negli uffici dell’Assessorato all’Ambiente lo scorso
autunno. Nel giro di qualche mese, quindi, l’esecutivo Tondo dovrà espletare
tutti i passaggi previsti dall’iter e raccogliere i pareri dei tanti soggetti
coinvolti: dal Comune di Trieste alla Provincia; dall'Arpa all'Autorità
portuale. Realtà, quest’ultima, che nell’era Monassi non ha ancora mai chiarito
la propria posizione sull’ipotesi gnl.
La metro “senza confini” costa 25 milioni di euro -
il progetto
L’Ince presenta a Lubiana un progetto di collegamento
che metterebbe in rete Trieste e Gorizia con Capodistria, Sesana, Nova Gorica,
Divaccia e il Veneto
TRIESTE Le Ferrovie in regione? A un binario morto. Ma proprio mentre il
Grande Tagliatore di Trenitalia, l’ad Mauro Moretti, sta per arrivare nel Friuli
Venezia Giulia, da tempo da lui trasformato nel Far East delle traversine, si
scopre che esiste un progetto intelligente di metropolitana leggera. Lo ha
realizzato quasi in sordina l’iniziativa centroeuropea (Ince), su precisa
imbeccata della Regione e della Provincia di Trieste. Ed è addirittura
transfrontaliero, nel senso che andrebbe a risolvere anche i problemi di una
linea, quella tra il Fvg e la Slovenia, attualmente invischiata in tempi di
percorrenza pre-asburgici e smembrata con precisione quasi chirurgica (vedi il
treno per Budapest). Il lavoro è stato presentato l’altro giorno a Lubiana, e a
vagliarne i contenuti c’erano anche esponenti dei tre aeroporti di Trieste,
Venezia e Lubiana. Segno che un sistema di trasporti integrato è fondamentale
per lo sviluppo dell’area. «Parliamoci chiaro - sottolinea Carlo Fortuna dell’Ince,
uno dei realizzatori del lavoro - le Ferrovie non hanno investito un centesimo
per infrastrutture in quest’area da quasi cento anni, nè lo fatto il Cipe. Basti
dire che gli scambi della stazione di Campo Marzio, a Trieste, non esistono più
da nessuna parte d’Italia da almeno 50 anni. Ci sono ferrovieri e addetti ai
lavori che arrivano qui per fotografarli...». Fortuna ha le idee chiare sulla
sua “creatura”. «I problemi sono prettamente di natura politico-istituzionale.
Il primo: la Trieste-Capodistria, mai fatta accettare agli sloveni. L’assessore
regionale Riccardi ha avuto il merito di riunire Regione Veneto e ministeri,
riuscendo a sbloccare, da parte di Lubiana, almeno l’accettazione della linea
passeggeri. Ma è stato comunque concordato con gli sloveni che nello studio
globale entreranno anche le merci. L’importante è che la stazione di Trieste
esca dallo scomodo ruolo di cul de sac, dove finisce tutto, e diventi uno snodo
a tutti gli effetti». Il progetto, in effetti, prevede oltre a collegamenti
veloci tra Divaca, Gorizia, Capodistria, Monfalcone, Nova Gorica, Sesana e
Trieste, anche almeno tre stazioni urbane nel capoluogo regionale («Campo Marzio
e un’area vicina alle “Torri d’Europa” sarebbero due di queste», anticipa
Fortuna), oltre ovviamente ai rami destinati agli aeroporti. C’è un “ma” finale,
legato alla posizione di Moretti. «Bisogna spezzare il suo circolo vizioso -
commenta Fortuna - che parte dal sotto-investimento che porta meno passeggeri e
dunque al taglio e al deterioramento dell’infrastruttura. Il Comune dovrebbe
farsi carico, sbattendo anche il pugno sul tavolo, per avere selezionatissimi
interventi per portare a Trieste almeno 25 milioni di euro per la
centralizzazione tecnologica degli scambi (con un +40% possibile di traffici per
il porto di Trieste), l’adeguamento della linea di cintura e l’allestimento
delle stazioni metropolitane in prossimità di questa linea. «Ho visto il
progetto e lo apprezzo - sottolinea il sindaco Cosolini. Non a caso vedò Fortuna
prima di Moretti, atteso per il 2 febbraio...».
Furio Baldassi
SEGNALAZIONI - TRAFFICO Serve un piano generale
In relazione a quanto pubblicato in merito al piano urbano del traffico, diciamo subito che non è solo Corso Italia o via Mazzini, è qualcosa di più. È il piano urbano del traffico della città di Trieste. Da tempo abbiamo presentato all’Amministrazione comunale proposte concrete, spetta ora alla stessa predisporre l’iter che va dalla consultazione, alla decisione e attuazione del piano con tutti i passaggi dovuti. Sembra ora di essere sul binario giusto, ma attenzione alle deviazioni. E poi c’è una nuova realtà nel Paese in materia di trasporto pubblico locale e bene farebbe anche la nostra regione, per le competenze che ha, realizzare il piano regionale integrato dei trasporti senza attendere che cosa? Allora nelle città, a Trieste è urgente realizzare questo impianto e intanto realizzare dei correttivi, ad esempio la Linea 10 prolungata sulle Rive e la tanto attesa Linea 5 in Moreri alta a Roiano, come da richieste avanzate. Poi ci sono i piani partecipati del traffico nei rioni che devono collegarsi al quadro generale, in merito abbiamo già chiesto incontri con le circoscrizioni. La sveglia sembra esserci per tutti e le misure proposte dal decreto Monti - Salva Italia – in materia di trasporto pubblico locale vengono proposte integrazioni, una diversa organizzazione e soprattutto accorpamento di servizi pubblici. In questo quadro parlare di mobilità urbana sostenibile è la migliore ricetta da attuare garantendo finalmente ai pedoni, ai cittadini, ai diversamente abili, ai bambini di essere definitivamente i padroni della città. E tanto per intenderci in merito a Corso Italia e via Mazzini, per le soluzioni indicate e riportate al quadro generale del piano bisogna dire a quei comitati di “esercenti” che non sono solo loro a decidere, ma l’intera collettività. Ha ragione il consigliere Bucci nelle sollecitazioni per un piano urbano del traffico di tutta la città (prima che lo porti via la Croce Rossa, come è successo più volte) il piano urbano del traffico può essere attuato con il contributo di tutti. Non dimentichiamoci ancora che Trieste ha oltre il 70% dei marciapiedi occupati e il 90% delle fermate bus occupate impropriamente. Un contributo per aiutare a comprendere meglio quanto si intende realizzare per la nostra città.
Sergio Tremul
Antenne a Chiampore dal Comune stop a un secondo
impianto
L’assessore Longo: la Conferenza dei servizi non ha
ancora concluso i lavori. Intanto si cerca di localizzare nuovi siti idonei
MUGGIA Ennesimo stop del Comune di Muggia alle nuove antenne di Chiampore.
Dopo l'ordinanza di pochi giorni fa contro la Dcp per imporre la sospensione dei
lavori al traliccio sito a un centinaio di metri dalle abitazioni,
l'amministrazione Nesladek ha deciso di fare il bis. Questa volta nel mirino
dell'Ufficio Servizio Ambiente e Sviluppo energetico è finita una società
triestina, la Finmedia srl. Neanche 48 ore fa è infatti partita una diffida
verso l'azienda con sede in via Campo Marzio a non avviare ed eseguire i lavori
per la modifica di un impianto tecnologico di radiotelecomunicazione sito su una
particella del comune censuario di Valle San Bortolo, nella frazione di
Chiampore. La mossa del Comune è dunque chiara: agire d'anticipo. La conferma
arriva dall'assessore all'Ambiente di Muggia, Fabio Longo: «La diffida deve
fungere da deterrente, ma se la Finmedia non ottempererà all'atto saremo pronti
a parte con un'ordinanza». Un cambio di rotta inequivocabile. Ma d'altronde
l'assessore Longo lo aveva promesso più volte, anche durante la campagna
elettorale del maggio scorso: «Le antenne a Chiampore sono uno dei problemi
prioritari da risolvere di questo comune». E così, dopo alcune settimane di
studio, a partire dall'autunno scorso gli uffici comunali hanno iniziato a
cambiare marcia dando voce alla petizione del Comitato contro le antenne di
Chiampore che grazie al lavoro volontario di alcuni concittadini ha raccolto la
sottoscrizione di quasi 350 residenti tra Muggia vecchia, Ligon, Fontanella, San
Floriano e naturalmente Chiampore per dire basta ai tralicci calati dall'alto
sopra le loro teste. A fare le spese del pugno duro del Comune è stata la
Finmedia che ha in progetto una modifica ad un impianto già esistente. La
motivazione? La Conferenza dei servizi non si è di fatto ancora conclusa.
Convocata il 7 novembre scorso per l'esame dei progetti relativi
all'installazione di nuove infrastrutture per impianti radiotelevisivi e/o
modifica di impianti preesistenti, la Conferenza – che non ha visto la
partecipazione, “nonostante l'invito esplicito”, da parte di Finmedia – ha
registrato da parte dell'amministrazione comunale “perplessità e
puntualizzazioni” su alcuni aspetti della vicenda “principalmente quello della
salute legata all'inquinamento elettromagnetico”, ma anche nuove proposte di
localizzazione per gli impianti, “in considerazione delle preoccupazioni
manifestate dai residenti di Chiampore riuniti in un Comitato” contro le
antenne. A tutt'oggi il procedimento inerente la Conferenza non è stato ancora
concluso stante – come evidenzia il Comune - “la necessità di ultimare
l'espletamento della complessa ponderazione comparativa degli interessi pubblici
e privati coinvolti nella vicenda”, in particolare per quanto concerne
“l'individuazione dell'esatta e più idonea localizzazione degli impianti,
tenendo conto anche delle istanze promosse dalla popolazione residente”. La
diffida alla Finmedia è stata trasmessa per competenza anche alla Polizia
municipale di Muggia. «Il Comune si è mosso con un atto che deve fungere da
deterrente – ha concluso l'assessore Longo – ora vedremo l'evolversi della
situazione fermo restando che gli uffici stanno continuando a operare vigilando
attentamente sulla vicenda».
Riccardo Tosques
“Caso Siot”: poche idee ma tante polemiche -
L’opposizione critica la giunta, la maggioranza soddisfatta perchè «si è
iniziato un confronto»
SAN DORLIGO DELLA VALLE L'assemblea pubblica indetta dall'amministrazione comunale di San Dorligo della Valle (in seguito ad una petizione apartitica sottoscritta da 511 cittadini) continua ad essere l'argomento del giorno sotto la Val Rosandra. I temi scottanti affrontati - Siot, Wärtsilä, autostrada e raccolta dei rifiuti – hanno destato diverse riflessioni da parte delle varie parti politiche. «Riteniamo che il metodo dell'ascolto e della trasparenza sia la strada corretta affinché una buona amministrazione affronti in maniera nuova e proficua tutte le questioni che la comunità rappresentata si trova ad affrontare», ha commentato il capogruppo del Pd Igor Cavarra. Per quanto riguarda le delicate questioni della convivenza fra i grossi apparati produttivi e le zone urbanizzate, spiega Cavarra «si è iniziato un confronto che sicuramente proseguirà: mettere d'accordo interessi spesso configgenti come salute, qualità della vita ed apparati economici, non è cosa né semplice né scontata, la presenza della direzione della Siot, nonché di quella della Wärtsilä, testimoniano che il problema esiste. Iniziare ad affrontarlo è nell'interesse di tutte le parti, in primis dell’amministrazione». Toni differenti quelli utilizzati dal capogruppo di Uniti nelle Tradizioni, Boris Gombac: «Dopo aver ascoltato per l'ennesima volta il solito ritornello che si sta facendo il massimo per eliminare le fonti di inquinamento odorigeno, acustico e atmosferico, nessun impegno è stato preso dall'amministrazione comunale nell'affrontare alle radici il problema dell'impatto odorigeno-atmosferico sulla salute degli abitanti e del depauperamento dei valori catastali degli immobili». Gombac ha poi definito “un comportamento a dir poco scorretto” quello dell'amministrazione comunale accusata di “non aver ritenuto opportuno comunicare la presenza dei vertici delle due aziende (Siot e Wärtsilä , ndr) all'incontro pubblico”. L'esponente dell'opposizione ha così evidenziato che «sarà compito nostro riportare nelle sedi istituzionali qual è il Consiglio comunale la concertazione per una soluzione definitiva sui problemi dati da Siot e Wärtsilä«. Stoccata poi all'assessore all'Ambiente Elisabetta Sormani definita “evanescente e trasformatasi per l'occasione in valletta addetta al microfono”. Pronta la replica della Sormani, esponente di Libertà civica: «Alla sottoscritta non è certo caduta la corona per aver reso un servigio alla realizzazione dell'incontro occupandosi del microfono, situazione verificatasi per problemi tecnici e mancanza di personale». Tornando ai temi dell'assemblea la Sormani ha definito “positivo” l'incontro stigmatizzando però come “non fosse certo necessario raccogliere 500 sottoscrizioni per indire un'assemblea pubblica: l'Amministrazione non si è mai tirata indietro per offrire risposte ai cittadini”. Da qui l'esortazione ai residenti “a contattare direttamente gli esponenti dei partiti di maggioranza per ogni eventuale informazione riguardo il Comune”. Così infine, con tono sarcastico, Roberto Drozina, capogruppo consiliare del Pdl-Udc: «Di una cosa abbiamo avuto nuova conferma, che le industrie, gli amministratori di strade a scorrimento veloce e di impianti di stoccaggio, insediati sul nostro territorio, nonostante i miasmi, i rumori, le nuvole di fumo di cui sono fonte, hanno sempre quale primario obiettivo, la tutela delle nostre sicurezza e salute!» Il capogruppo del Pdl-Udc ha poi evidenziato come vari rappresentanti della maggioranza «non si sono risparmiati in reprimende contro i promotori dell’ultima petizione».
(Ri. To.)
Denuncia di Greenaction all’Unione europea
Gli sviluppi di una denuncia all'Unione europea, presentata nello scorso luglio da Greenaction Transnational, per «evidenti violazioni delle normative sulla tutela dell'ambiente». Questo il tema al centro dell’incontro tenuto da Roberto Giurastante, presidente dell'associazione, che ha parlato di «copertura nel tempo, da parte di tutti gli enti locali e dei servizi di sicurezza, di comportamenti che ledono gravemente il territorio di Trieste». Giurastante, dopo aver ricordato che «la denuncia è tutt'ora all'esame della competente Commissione europea» e che «la procedura è lunga e complessa», ha affermato che «l'area che va dal Porto Nuovo fino a Muggia fa parte del gruppo di 56 zone riconosciute come inquinate a livello nazionale. La causa di tutto questo è che sia sull'altipiano carsico, sia sulla costa orientale della provincia di Trieste, sono state create nel tempo discariche per idrocarburi esausti o per altri materiali inquinanti. Esistono grotte coperte da sostanze bituminose. Questa progressiva opera di saccheggio del territorio - ha continuato Giurastante - è stata attuata per smaltire rifiuti speciali. Nella nostra denuncia sono analizzate le operazioni che hanno portato alla realizzazione delle grandi discariche nella nostra provincia. Si tratta - ha continuato - di rifiuti letali fatti sparire nelle profondità del Carso, nelle discariche sottomarine del golfo, nelle discariche costiere trasformate in zone di balneazione, sulla base di una sistematica operazione di devastazione ambientale del territorio e di contemporanea demolizione del porto». Per Giurastante nel tempo «è stata attuata una vera e propria aggressione, fatta di persecuzioni giudiziarie, intimidazioni, minacce, intercettazioni continuate, nei confronti degli ambientalisti che difendono la legalità internazionale, facendo emergere i fantasmi di un oscuro passato».
Ugo Salvini
COLAUTTI «In arrivo in Fvg nuovo piano energetico»
Il Friuli Venezia Giulia si prepara alla stesura di un nuovo Piano energetico che recepirà una direttiva Ue che prevede per l'Italia l'obbligo di utilizzare, entro il 2020, almeno il 17 per cento di energia prodotta da fonti rinnovabili. Lo ha annunciato ieri a Udine il presidente della quarta Commissione Alessandro Colautti.
Lo speleovivarium dedicato alla memoria del fondatore
Pichl - OGGI LA CERIMONIA
Oggi, alle 17.30, con l’apposizione di una targa in pietra
carsica lo Speleovivarium di via Guido Reni 2/C sarà ufficialmente dedicato alla
memoria di Erwin Pichl, padre fondatore della struttura museale, una delle poche
in Europa espressamente dedicate alla flora e alla fauna delle grotte del Carso
triestino e ai fenomeni del carsismo. Lo Speleovivarium è anche, e soprattutto,
un laboratorio di bio-speleologia, finalizzato alla riproduzione in cattività
del proteo, il piccolo animaletto anfibio che è l'unico vertebrato europeo che
vive unicamente nelle grotte, e in particolare nelle grotte dell’area del Carso,
tanto da essere il logo-simbolo della speleologia. Entrato nella speleologia
negli anni ’60, giovanissimo, nella Sezione Geospeleologica della Società
Adriatica di Scienze – divenuta negli anni ‘80 Società Adriatica di Speleologia
– Erwin Pichl - scomparso il 28 dicembre 2010 - si è sempre interessato agli
aspetti scientifici dell’esplorazione del sottosuolo, con un’attenzione
particolare alla vita degli ambienti sotterranei. Per questo le sue osservazioni
e i suoi studi si concentrarono presto sul Proteus anguinus Laurenti, con una
una ventina di pubblicazioni (di cui sei espressamente dedicate al proteo), e
nella realizzazione dello Speleovivarium, struttura museale didattica che gli è
valsa nel 1992 l’attribuzione, da parte del Comitato Difesa Fenomeni Carsici,
del Premio San Benedetto. Pichl fu, fra l’altro, tra i promotori del convegno
sull’ecologia dei territori carsici svoltosi nell’isontino nel 1979. La sua
passione per la biologia del sottosuolo lo portò a elaborare un progetto per un
vivaio dedicato alla speleobiologia. La collocazione ideale venne trovata nel
vecchio rifugio antiaereo della seconda guerra mondiale di via Guido Reni. In
quelle gallerie tutti i parametri fisici (temperatura, umidità,
insonorizzazione) si presentavano sorprendentemente simili a quelli delle cavità
naturali, e così pure la loro stabilità nell'arco dell'anno. Dopo lunghi e
impegnativi lavori, il primo nucleo del museo venne aperto al pubblico nel
gennaio 1990: nasceva così in forma ufficiale lo Speleovivarium. Guidati da
Erwin Pichl i volontari della Società Adriatica di Speleologia ampliarono
progressivamente l'area espositiva, e oggi questa struttura si presenta come una
realtà museale unica nel suo genere, riconosciuta dalla Regione come Museo
minore nel 1995.
COMUNICATO STAMPA - VENERDI', 27 gennaio 2012
Bulimia di cemento in Friuli Venezia Giulia.
Legambiente commenta un emendamento alla finanziaria
regionale 2012 che usa strumentalmente la categoria di Comune turistico.
In questi giorni il primo caso a Castions di Strada, noto Comune a vocazione
turistica, nel quale un campo di golf “giustifica” 200 mila metri cubi di
complessi residenziali e relativo consumo di suolo.
Una crisi di bulimia di cemento ha evidentemente colto il Consiglio regionale
durante l’approvazione della legge finanziaria per il 2012, la L.R. 18/2011.
La diagnosi, purtroppo postuma, è confermata dalla lettura di alcuni commi
dell’articolo 6, “Interventi in materia di infrastrutture, territorio, edilizia
e lavori pubblici”, che, fin dal titolo, evidenzia che stiamo parlando di una
delle più costanti tentazioni “mangerecce” di tanti ceti politici, ancora
convinti che ingrassare significhi stare bene, ed esibire uno status sociale
superiore. Cioè – fuori di metafora – ancora convinti che cemento e asfalto sia
la dieta che serve alla “crescita”…
L’emendamento è stato firmato da consiglieri fra i più autorevoli di questa
Legislatura, Galasso e Colautti del PdL, votato dalla maggioranza con
l’opposizione che vota contro senza farlo sapere, e prevede due tipologie per
aggirare le norme urbanistiche vigenti.
La prima consiste nell’allargamento a fisarmonica della categoria dei “Comuni
turistici”: se un Comune è “limitrofo”, ma basta essere anche solo “viciniori” –
perché farsi condizionare dalla geografia! – a un Comune già classificato
turistico basta chiedere di diventarlo e lo sarai. Questo influirà positivamente
sull’individuazione di zone omogenee G, il che vuol dire insediamenti turistici.
Ma poniamo che un Comune abbia la sventura di non essere nemmeno “viciniore” a
altro Comune turistico. Che fare per evitare che la storia, la geografia,
l’economia e l’urbanistica spezzino per sempre ogni speranza di crescita per
queste disgraziate comunità? Ecco la soluzione, semplice ed efficace: se “viene
proposta la realizzazione di impianti turistici-ricettivi rispondenti agli
standard nazionali, europei o internazionali di settore” da parte di qualche
benemerito imprenditore, ecco che, anche i “Comuni aventi caratteristiche anche
diverse da quelle proprie dei Comuni montani e costieri” possono chiedere di
diventare Comuni turistici!
Perché tutto ciò? Qual è la famosa “ratio”, la logica, che la legge dovrebbe
sempre avere? Non certo consumare suolo, né favorire speculazioni edilizie, ma
semplicemente, da amministratori pubblici che sanno essere prima di tutto “buoni
padri di famiglia”, per “l’incentivazione delle possibili entrate” di quei
poveri Comuni che non sono ancora turistici e quindi non hanno sufficienti
entrate in questi periodi sempre più neri.
Questa è la norma approvata, che sembra fatta su misura per progetti che da anni
non riescono a trovare casa: un autodromo, tre o quattro campi da golf, qualche
altra darsena. Ma soprattutto le annesse ville a schiera, centri congressi, e
via cementando.
Il tutto in una Regione nella quale si vorrebbero fare due bretelle
autostradali, terza corsia e TAV, raddoppiare Grado e fare un nuovo villaggio
turistico in quota al Pramollo con uno in costruzione allo Zoncolan.
Se non è bulimia questa…
Ah, una cosa ancora: non mancherà la “valutazione degli effetti di determinati
piani e programmi sull’ambiente” in conformità alle direttive comunitarie. Se
non altro per un motivo: del buon senso, delle leggi regionali e nazionali si
può fare a meno, di quelle europee no, perché il rischio che la “crescita” non
ci sia è – come sanno ormai tutti – solo colpa dell’Europa.
Legambiente FVG
ECOSPORTELLO.org - VENERDI', 27 gennaio 2012
Detrazione del 55% fino a fine anno. La Camera chiede la stabilizzazione
La Camera conferma le detrazioni del 55% fino a fine anno.
Il disegno di legge di conversione del Decreto Legge 6 dicembre 2011 n. 201,
recante “Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei
conti pubblici” è passato con 495 voti favorevoli ed 88 contrari. Il Decreto
proroga (art. 4) al 31 dicembre 2012 le detrazioni del 55% sulla
riqualificazione energetica, mentre dal 1 gennaio 2013 alle detrazioni fiscali
del 55% si applicherà pertanto lo stesso regime delle detrazioni sulle
ristrutturazioni edilizie del 36%.
Intanto è approvata all’unanimità dalla Commissione Ambiente della Camera una
risoluzione che impegna il Governo a dare stabilità alla detrazione del 55% per
il miglioramento energetico degli edifici e ad estenderla agli interventi di
consolidamento antisismico. La Risoluzione approvata unifica tre diverse
risoluzioni presentate dai deputati Manuela Lanzarin, Ermete Realacci e Sergio
Piffari. La proposta di quest’ultimo riguardava anche misure di riqualificazione
energetica del patrimonio edilizio pubblico.
Nel testo approvato si legge che le indagini condotte dall’ENEA e dal Cresme
attestano che l’agevolazione fiscale del 55% ha rappresentato lo strumento più
efficace e virtuoso in tema di sostenibilità ambientale, di sostegno del mercato
dell’edilizia di qualità e di risparmio di emissioni di CO2. Al dicembre 2011,
sono stati contabilizzati 1.400.000 interventi di efficientamento energetico
degli edifici per 17 miliardi di euro complessivi di investimento, che ha
interessato soprattutto piccole e medie imprese nell’edilizia e nell’indotto e
che ha attivato ogni anno di oltre 50 mila posti di lavoro, dalle fonti
rinnovabili alla domotica, dagli infissi ai materiali avanzati.
Il sottosegretario all’Ambiente, Tullio Fanelli, si è dichiarato favorevole alla
stabilizzazione del bonus del 55%, ma ha espresso dubbi sulla proposta Piffari
di adottare un programma pluriennale di riqualificazione energetica di tutta
l’edilizia residenziale pubblica, ritenendo che non sempre l’intervento pubblico
sia lo strumento più efficace per l’ammodernamento di tale patrimonio.
Ermete Realacci, responsabile per la green economy del PD, ha sottolineato in
una nota la propria soddisfazione per l'approvazione della risoluzione sul 55%
di cui è primo firmatario: "E' un segnale positivo quello che arriva dalla
Commissione Ambiente della Camera con l'approvazione all'unanimità della
risoluzione sul credito di imposta del 55% per le misure a favore
dell'efficienza e del risparmio energetico in edilizia. Ora il Governo ne tenga
conto”.
In Germania arriva l’auto-tram elettrico che si ricarica alle fermate
In più occasioni, vengono sottolineati gli ingenti
investimenti intrapresi dalla Germania per i mezzi pubblici ecologici: per il
2012 sono stati già programmati sempre più autobus, auto elettriche, treni e
tram elettrici.
Ora, in Germania, è stato presentato l’AutoTram, un prototipo di autobus
elettrico che si ricarica ad ogni fermata che compie: si tratta di un “ibrido”
tra un bus e un tram che viaggia su gomma ed è alimentato elettricamente grazie
a speciali batterie che hanno la possibilità di essere ricaricate
progressivamente ad ogni fermata del bus stesso.
Il progetto AutoTram è costato 34 milioni di euro al governo tedesco, il cui
ammortamento arriverà grazie al risparmio energetico ottenuto dall’utilizzo di
questo mez che sarà teoricamente ammortizzata in termini di risparmio
energetico.
Il progetto AutoTram è frutto della partnership tra Fraunhofer Institute for
Transportation e l’Infrastructure Systems IVI di Dresda. Obiettivo del progetto
era di realizzare un mezzo comodo, flessibile e conveniente come un autobus, ma
con zero emissioni di gas serra e zero inquinamento acustico.
Il problema dei cicli lunghi di ricarica della batteria è stato affrontato e
“superato” dagli ingegneri tedeschi: la maggior parte delle vetture sono
utilizzabili solo per poche ore al giorno, l’AutoTram deve esserlo per tutto il
giorno, da qui la necessità di far sì che abbia tempi di ricarica bassissimi. Il
mezzo non usa infatti le batterie al litio proprio perché hanno tempi lunghi di
ricarica. L’AutoTram dispone anche di un serbatoio diesel attivabile nel caso la
stazione di ricarica sia troppo lontana e la batteria necessiti di essere ancora
ricaricata.
Secondo i progettisti, i costi di questo avveniristico AutoTram sarebbero dalle
30 alle 50 volte inferiori rispetto a una metropolitana, anche se è ancora molto
più costoso rispetto a un autobus tradizionale.
IL PICCOLO - VENERDI', 27 gennaio 2012
San Dorligo: la gente stufa di sentire miasmi e rumori
Affollata assemblea in Municipio con i responsabili
delle industrie accusate Il sindaco Premolin: «Almeno cambiaste tipo di petrolio
greggio»
SGONICO Una sala consigliare stracolma così mai da anni. Obbiettivo
sostanzialmente centrato da parte di Res Publica Dolinae, l'associazione
spontanea di cittadina di San Dorligo della Valle, promotrice attraverso oltre
500 sottoscrizioni della richiesta al Comune di un'assemblea con gli
amministratori locali per discutere alcuni dei maggiori problemi del territorio.
E a sorpresa, oltre alla Giunta Premolin e diversi consiglieri comunali, sia di
maggioranza che d'opposizione, all'incontro pubblico hanno presenziato pure due
alti funzionari delle due aziende messe sotto accusa dalla cittadinanza: da una
parte la Siot, rea di emanare odori puzzolenti, dall'altra la Wärtsilä,
criticata per la produzione di inquinamento acustico. A testimonianza di come i
problemi denunciati (da anni) dai cittadini di San Dorligo siano reali. Con
decine di persone costrette a rimanere fuori dall'aula - ma supportate dalla
presenza degli autoparlanti - il primo argomento affrontato sono stati i
fenomeni odorigeni, ossia "le spuze" come rimarcato dalla sala, prodotte dalla
Società Italiana dell'Oleodotto Transalpino (Siot). Nevio Grillo, direttore
delle operazioni dello stabilimento sito nella vallata di San Dorligo, ha
rassicurato la platea evidenziando come i fenomeni odorigeni che provocano
bruciori alla gola e agli occhi, che durante i mesi estivi costringono i
residenti a tenere chiuse le finestre e che alimentano il fenomeno di disturbo
del ciclo del sonno, in realtà, "non sono una minaccia per la salute". La platea
ha confutato questa tesi evidenziando come, in realtà, vi siano delle
statistiche epidemiologiche che parlano a sfavore degli “odori”, sfortunata
concausa tra il petrolio greggio trattato e la situazione meteo esistente
all'atto dello svuotamento dei serbatoi. E anche il sindaco Premolin ha lanciato
una stoccatina al Grillo evidenziando come “un cambio di greggio (quello attuale
proviene dal Caucaso ed ha alte percentuali di zolfo, ndr) potrebbe essere
d'auspicio”. E dai polmoni passiamo alle orecchie. Un altro folto gruppo di
cittadini, residenti nell'area di Bagnoli nuova, ma non solo, ha stigmatizzato i
costanti fastidiosi rumori provenienti dalla Wärtsilä. Il fenomeno di
inquinamento acustico nasce in pratica dalla fase di test dei grossi motori
prodotti dallo stabilimento. Conseguenze per i residenti? Rumore costante 24 ore
su 24 con annessi problemi di insonnia. La società, rappresentata in aula dal
direttore del Delivery centre Trieste Giorgio Bobbio, si è difesa evidenziando
come i rumori non siano a ciclo continuo. Da un cittadino l'invito al Bobbio a
(non) dormire a casa sua per una verifica de facto sulla presenza continua dei
rumori. Preoccupazione poi è stata espressa per le nuvole di fumo provenienti
dallo stabilimento. Per il dirigente della Wärtsilä “tutto nella norma”. Quindi,
in realtà, nulla di cui preoccuparsi. Temi trattati per ultimi, ma non per
questo meno importanti, quelli riguardanti i rumori provenienti dalla
superstrada e la raccolta porta a porta dei rifiuti. Sul continuo e incessante
frastuono frammisto a sibili dei freni dei Tir sul tratto di autostrada tra le
frazioni di San Giuseppe della Chiusa – Log e Bagnoli della Rosandra è stata
ribadita la richiesta da parte dei cittadini di installare dei pannelli
fonoassorbenti. Richiesta anche questa atavica. Dulcis in fundo la richiesta di
maggior trasparenza sui prelievi dei bottini dei rifiuti, da applicare anche con
dei riscontri verificabili su internet tramite apposita password, - argomento
colto favorevolmente dal sindaco Premolin – e la possibilità di affidare
l'attuale servizio delle bollette dei rifiuti gestito da Equitalia al Comune,
richiesta almeno per ora bocciata dal primo cittadino per un semplice motivo.
Manca il personale.
Riccardo Tosques
LA SIOT ANNUNCIA - L’Università studia nuovi sistemi
per abbattere l’odore
SAN DORLIGO «Stiamo continuando ad investire in ricerca per proporre soluzioni concrete al disagio manifestato dalla popolazione di San Dorligo della Valle, ma tutti i controlli hanno sempre accertato che gli odori non comportano alcuna conseguenza per la salute». Ulrike Andres, general manager del Gruppo Tal e Presidente della Società Italiana per l'Oleodotto Transalpino conferma così la volontà dell'azienda di raccogliere le istanze della popolazione ribadendo, con azioni concrete. «Anche nel 2012 investiremo complessivamente 11,6 milioni di euro – prosegue Andres - nell'ammodernamento degli impianti per garantire sempre i migliori standard di sicurezza. Inoltre uno studio dell'Università di Trieste ci fornirà la risposta migliore all'abbattimento degli odori». Da un paio di giorni è in corso uno studio condotto dall'Università triestina attraverso un'analisi comparata dei sistemi di abbattimento degli odori in uso sul mercato, che dovrebbe portare in tempi brevi a determinare la soluzione migliore e più efficace. «In ogni caso tutte le analisi e ricerche finora condotte hanno dimostrato la non tossicità delle emissioni: i componenti esalati dal petrolio non sono catalogati dagli organismi sanitari come pericolosi, ma provocano esclusivamente disagi olfattivi», recita una nota della Siot. «Inoltre – conclude l'azienda - i monitoraggi continui dell'aria da parte dell'Arpa, attraverso la centralina che Siot si è resa disponibile a posizionare contribuendo alle spese, confermano dati rassicuranti. In nessun caso sono state evidenziate emissioni in grado di arrecare danni o addirittura problemi di natura sanitaria a carico di persone, animali o vegetazione».
(ri.to.)
Centrale, la A2A punta sul carbone per Monfalcone
Via il direttore Manzo, arriva da Civitavecchia un
manager che ha guidato la riconversione dell’impianto dell’Enel
MONFALCONE Cambio di timone alla centrale termoelettrica A2a di Monfalcone e
ipotesi di riconversione a “carbone pulito”. Dopo tre anni a capo di un impianto
con tutte le sue complessità, oggetto di progressivi interventi per migliorare
produttività e performance ambientale, l’ingegnere goriziano Luigi Manzo prepara
la valigia con destinazione Mestre, dove opererà all’interno dell’unità di
ingegneria di A2a, società dai cui è alle dipendenze dal 1999. Manca ancora
l’imprimatur dell’ufficialità, ma al suo posto subentrerà, in qualità di nuovo
direttore della centrale monfalconese, l’ingegnere Roberto Scottoni, 38 anni,
genovese, sposato e padre di tre figli. Per lui si tratta del primo incarico in
A2a, avendo finora lavorato nel gruppo Enel, dove si è messo in luce per
l’intenso lavoro di repowering della centrale di Torrevaldaliga Nord, a
Civitavecchia recentemente riconvertita proprio a “carbone pulito”. Competenze
specifiche spendibili che potrebbero aver giustificato la decisione di A2a di
attingere all’esterno nella ricerca di specifiche professionalità. Torna in
ballo dunque la questione della riconversione, anche se il primo obiettivo che
l’azienda affiderà a Scottoni sarà quello della dismissione entro marzo 2013,
così come previsto dal protocollo Aia (Autorizzazione integrata ambientale) e
pattuito col presidente della Provincia, Enrico Gherghetta, dei gruppi 3 e 4
alimentati a olio combustibile. Di qui l’apertura di una riflessione sui
rimanenti due gruppi a carbone. A2a si mantiene abbottonata, sul tavolo è ancora
tutto da delineare anche perché resta in piedi ancora il progetto Endesa sulla
metanizzazione del 2004. Certamente la possibilità di valutare una riconversione
dell’impianto a carbone di ultima generazione (cosiddetto ipercritico), con le
relative opportunità di teleriscaldamento per la collettività, può certamente
considerarsi esplorabile, una volta sondate anche le impressioni
dell’amministrazione comunale e del territorio. La società potrebbe in futuro
riprendere in mano l’analisi, tecnica e finanziaria, sulla fattibilità dello
svecchiamento della centrale e della creazione di una rete di teleriscaldamento
per la città. E in questo le competenze di Scottoni potrebbero calzare a
pennello. Quanto all’ingegner Manzo, da tredici anni al servizio di A2a,
l’azienda parla di normale avvicendamento(anche il precedente direttore era
rimasto in carica tre anni). L’approdo all’unità d’ingegneria di Mestre
rappresenta insomma un’ulteriore crescita professionale. Del resto, anche di
recente, a seguito della truffa milionaria perpetrata ai danni della centrale ed
emersa a novembre, i vertici societari avevano pubblicamente apprezzato la
condotta di Manzo durante le indagini condotte dai carabinieri e avviate dalla
Procura distrettuale antimafia di Trieste per venire a capo del traffico
illecito di rifiuti. Le indagini sono ancora in corso: gli atti non risultano
depositati. Quanto al comitato Enel, resta in attesa di poter incontrare al più
presto la nuova direzione, cui sottoporrà le questioni ambientali e la richiesta
di una maggiore attenzione, rispetto al 2011, nella gestione di sfiati e
fuoriuscite di fumi, nonché di dismissione dei gruppi a olio combustibile e
impiego del trasformatore principale del gruppo 1 per eliminare ogni sorta di
ronzio. di Tiziana Carpinelli
LA LETTERA DEL GIORNO - La stazione di Opicina uccisa
da una politica sbagliata
Le voci sulle possibilità della chiusura della stazione ferroviaria di Villa Opicina dove ho speso venti anni della mia vita di lavoro, sono molto preoccupanti. Il completamento dello scalo di Villa Opicina, con l’unificazione delle stazioni di Poggioreale del Carso e Poggioreale Campagna fu concluso nel 1963 con impressionanti lavori di sbancamento e l’investimento di un’enorme quantità di denaro. Tale realizzazione coincideva con l’istituzione della Regione a Statuto Speciale Friuli Venezia Giulia (gennaio 1963). A livello regionale i finanziamenti per la costruzione delle nuove infrastrutture ferroviarie arrivarono mediante due leggi speciali per Trieste, la 173/1955 che prevedeva lo stanziamento di 5.800 milioni di lire e la seconda, n° 298/1958 che stanziava complessivamente 45 miliardi per lavori di competenza del Ministero dei Trasporti e del Ministero dei Lavori Pubblici. In aggiunta alle due specifiche leggi, l’amministrazione delle Ferrovie dello Stato, particolarmente sensibile alle esigenze del Compartimento di Trieste riusciva, non senza gravi sacrifici di bilancio, a stanziare altri 15 miliardi da utilizzare per opere di potenziamento delle linee di afflusso dall’Italia centrale e settentrionale alla nostra Regione, ed all’acquisto di materiale rotabile. Tutto questo denaro pubblico, proveniente dalle tasse dei cittadini italiani, a 50 anni di distanza sta per diventare carta straccia grazie alla politica dissennata delle ferrovie italiane privatizzate. Ancora 30 anni fa a Villa Opicina c'erano 43 binari di cui 29 elettrificati, operavano 24 ore su 24 tre squadre di manovra con relativi locomotori diesel, coordinate da tre capistazione dirigenti movimento. Funzionava una biglietteria con deposito bagagli, esisteva un grande ufficio veicoli e lo schedario carri , e poi l’agenzia doganale, il centro tassazione, le gestioni merci riunite, senza contare il personale della sottostazione elettrica e del tronco lavori. Più di cento dipendenti per un impianto che lavorava molto intensamente, tanto che ai ferrovieri di Villa Opicina era stata concessa l’indennità di zona disagiata e quella di scalo ultraperiferico. A tutto quel personale ferroviario bisogna aggiungere gli ispettori doganali, gli agenti della Guardia di Finanza e quelli della Polizia Ferroviaria e di Frontiera. Era funzionante un bar nel fabbricato viaggiatori, ed era pure attiva la mensa aziendale accanto alla sede del Dopolavoro Ferroviario con annessi campi di bocce e pista di pattinaggio. Di tutto questo fervore di vita e di lavoro al giorno d’oggi non è rimasto quasi niente. Attualmente Villa Opicina conta meno di 30 dipendenti, ed il lavoro si svolge solo la mattina per 5 giorni la settimana. Durante tutto il resto del tempo la stazione rimane chiusa. E’ chiaro quindi che la battaglia per il trasporto delle merci nel nostro Paese è stata vinta dal vettore su gomma, grazie soprattutto alla politica suicida della società ferroviaria Cargo, e a meno di un radicale mutamento della politica dei trasporti, tutte le assicurazioni sul ruolo strategico delle ferrovie nella nostra regione che arrivano da parte di Trenitalia, RFI e Cargo, sono solo fumo negli occhi.
Gianni Ursini
VITA.it - GIOVEDI', 26 gennaio 2012
Servizio civile, via libera a 18mila giovani
Sospesi degli effetti della sentenza del 9 gennaio. Riccardi: «Siamo soddisfatti»
«Esprimo grande soddisfazione per la decisione della Corte
di accettare la sospensione della revoca del bando per i volontari del 2012. È
una decisione che consente ai giovani di partire per il loro servizio alla
comunità nazionale e riporta serenità dopo giorni di comprensibile apprensione.
Voglio fare i miei auguri di buon lavoro a tutti i ragazzi e ringrazio gli enti
che li accoglieranno per il sostegno dato in queste settimane". È quanto afferma
Andrea Riccardi, ministro per la Cooperazione e integrazione, a commento della
notizia sulla pronuncia della Corte d'appello di Milano che ha di fatto
sbloccato la partenza per 18 mila giovani che svolgeranno nel 2012 il servizio
civile
La richiesta era arrivata da Asgi e Avvocati per niente, le associazioni che
avevano seguito e vinto il ricorso al tribunale di Milano a favore del diritto
degli immigrati a svolgere il servizio civile che ha portato al blocco degli
avvii.
Scrivevano nell'appello «le associazioni ricorrenti ribadiscono l'invito al
Governo italiano affinché – prendendo atto che secondo la decisione del
Tribunale di Milano una lettura costituzionalmente corretta della norma consente
già oggi l’accesso degli stranieri al servizio civile – voglia perciò
introdurre, in occasione della emanazione di uno dei provvedimenti in calendario
(ad es. il decreto legge sulle semplificazioni che sarà esaminato a breve dal
Consiglio dei Ministri) una modifica dell’art. 3 del d.lgs. 77/2002 che, fugando
ogni eventuale residuo dubbio, chiarisca definitivamente il diritto degli
stranieri regolarmente soggiornanti a concorrere al servizio.
Le associazioni ricorrenti colgono l’occasione per ribadire che i disagi e le
ansie vissute in questi giorni dai volontari già selezionati ed in procinto di
essere assunti in servizio non possono essere addebitate alle associazioni
ricorrenti che avevano proposto la sospensiva del bando già al momento della
presentazione del ricorso, in ottobre, quando le selezioni non erano ancora
state effettuate, mentre nel corso del procedimento la Presidenza del Consiglio
dei Ministri, in qualità di parte convenuta, non ha mai fatto cenno allo stato
di avanzamento delle procedure di selezione, confidando esclusivamente nel
rigetto del ricorso.
Le associazioni ricorrenti ringraziano in particolare tutti i giovani volontari
del Servizio civile nazionale che hanno espresso in questi giorni solidarietà e
apprezzamento per l’azione giudiziaria da noi promossa, dimostrando la loro
adesione ai valori di uguaglianza, pari opportunità, solidarietà e inclusione
sociale, che sono comuni alla nostra azione così come al loro impegno nel
Servizio Civile Nazionale».
Via libera quindi alle 18 mila persone che, a causa della sentenza del Tribunale
di Milano della scorsa settimana (leggi qui) sul ricorso intentato da un
cittadino pachistano che vive in Italia, escluso dalla selezioni perché senza
cittadinanza italiana, si sono trovate da un giorno all’altro al palo, senza la
possibilità di iniziare il servizio presso l’ente di riferimento.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 26 gennaio 2012
«La Lucchini dovrà investire i soldi di Elettra solo a
Servola»
Superata l’emergenza, i sindacati della Ferriera continuano il pressing sulla proprietà.
Chiesto un incontro con l’amministratore delegato
Calcagni per ottenere ulteriori garanzie
Il rischio imminente, quello della chiusura dello stabilimento al primo
febbraio, è stato cancellato grazie all’intesa Lucchini-Elettra celebrata
martedì in Regione. Ma il pressing continua. L’hanno ribadito ai lavoratori
della Ferriera di Servola, ieri nel corso dell’assemblea convocata all’interno
della fabbrica, i rappresentanti sindacali. In attesa di avere notizie, entro
metà febbraio, sulla soluzione definitiva del contenzioso fra la Lucchini spa e
la Elettra produzione srl, vogliono infatti altre risposte da proprietà e
istituzioni. C’è in primo luogo la richiesta di garanzie sulla destinazione dei
12 milioni di euro che Elettra pagherà per la fornitura del gas di risulta
prodotto dalla Ferriera dei mesi di dicembre, gennaio e febbraio. «È necessaria
- spiega Umberto Salvaneschi (Fim-Cisl) - un’attenta verifica sul loro utilizzo.
A questo proposito abbiamo inviato una lettera alla Lucchini chiedendo un
incontro a Trieste con l’amministratore delegato (Marcello Calcagni, ndr),
affinché quei soldi siano vincolati allo stabilimento di Servola». Per delle
necessità ben precise: «Vanno impiegati per la manutenzione e messa in sicurezza
degli impianti, in modo che questi fra l’altro abbiano il più basso impatto
possibile a livello ambientale - prosegue Salvaneschi -. Inoltre c’è la
questione del piano arrivo navi: quello che ci era stato presentato tenendo
conto del rischio chiusura al primo febbraio arrivava alla prima decade del mese
prossimo. A questo punto, però, con la produzione che continua, il piano va
rivisitato tornando all’indirizzo ordinario degli arrivi e dell’acquisizione
delle materie prime». Tutto questo quadro, peraltro, va incorniciato tenendo
conto di un obiettivo ulteriore. L’utilizzo, così come descritto e auspicato dai
sindacati, della liquidità in arrivo da Elettra potrà assicurare infatti
«visibilità, importante in funzione dell’eventuale interesse da parte di
imprenditori terzi a rilevare la Ferriera. In questo modo, troveranno impianti
degni», conclude Salvaneschi. E proprio sul tema delle voci su possibili nuovi
compratori la richiesta è «di fare chiarezza - mette in evidenza Franco Palman (Uilm)
-. Poi la politica dovrà impegnarsi a non chiudere le porte a un’eventuale nuova
realtà». Alle istituzioni i sindacati chiedono risposte immediate anche sul
percorso che porterà all’accordo di programma «con cui si definiranno
riconversione e strategia futura per l’area», aggiunge Palman. Che, sulla
questione della liquidità da destinare alla Servola spa da parte del gruppo
Lucchini, rileva un elemento in più: «Con questi soldi si potrà dare respiro
anche ad alcune delle ditte dell’indotto». Il rappresentante della Uilm annuncia
infine che «ai primi di febbraio saremo a Roma, al ministero dello Sviluppo
economico e incontreremo la Lucchini per parlare degli stabilimenti di Trieste e
di Piombino. È in programma infatti un tavolo nazionale con le segreterie
provinciali dei sindacati». Nella prima metà di febbraio si terrà pure un nuovo
incontro fra Lucchini, Elettra, Regione, Comune e Provincia: sul tavolo,
stavolta, la soluzione definitiva del contenzioso fra le due aziende.
Matteo Unterweger
E il ministro Clini monitora la situazione a distanza
Interpretare il suo silenzio come un segnale di
disinteresse, probabilmente, non sarebbe corretto. Perchè, assicurano i suoi più
stretti collaboratori, Corrado Clini non solo monitora costantemente il caso
Ferriera, ma lo segue, seppur a distanza, con grande attenzione. Il futuro dello
stabilimento siderurgico di Servola, infatti, viene indicato dallo staff del
ministro all’Ambiente, come una vicenda «che gli sta molto a cuore». Eppure,
nonostante ne segua l’evoluzione, Clini non commenta. Non ora, almeno. Forse lo
farà quando il quadro si sarà chiarito e le tensioni, se non proprio cancellate,
almeno allentate. E quando arriveranno, le parole del ministro e presidente di
Area Science Park, potranno far luce su diversi aspetti della vicenda, a partire
dai contributi Cip6 che Elettra avrebbe continuato a percepire pur non pagando
le forniture di gas alla Lucchini.
Stop alla petizione contro il ponte sul canale
«Richiesta irricevibile». Nella seduta di martedì scorso
il Consiglio comunale ha esaminato la petizione proposta dal comitato di
cittadini per chiedere all'amministrazione comunale per non procedere alla
realizzazione della passerella sul canale di Ponterosso. Proposta poi bocciata
dall’aula. «La maggioranza consiliare e l'assessore ai Lavori pubblici
Marchigiani - commenta il consigliere del Pd Pietro Faraguna - hanno ribadito
che la richiesta non era ricevibile, essendo l'opera già progettata, approvata,
finanziata e aggiudicata nel corso della scorsa consiliatura. A tal proposito
stupisce che durante il dibattito il centrodestra abbia accusato la maggioranza
di non dare una risposta politica alla petizione, come se la politica potesse
fare tutto, anche porre in essere atti illegittimi. Così non è, e semmai il
problema di coesione e coerenza politica che ci è stato rivolto va rispedito al
mittente, considerato che risulta che tutti i consiglieri di maggioranza hanno
compattamente respinto la mozione, mentre nel gruppo del PdL (già orfano del suo
candidato sindaco Antonione, passato al Gruppo misto) due consiglieri hanno
appoggiato la petizione (ex assessori della giunta che volle il progetto) e
altri quattro hanno votato contrari. Giunge perciò apprezzato il voto contrario
(o di astensione) di tutti gli altri gruppi presenti in Consiglio che
evidentemente - conclude Faraguna - hanno ritenuto che la legittimità degli
atti, nonché la coerenza delle proprie posizioni, stiano al di sopra della
spasmodica ricerca di consenso politico. Ricerca forse iniziata in vista delle
prossime regionali».
Il servizio civile rischia lo stallo - Volontari
bloccati dal ricorso di un pachistano. Menis: colpa delle discriminazioni
TRIESTE Servizio civile nel caos. 18 mila volontari di tutta Italia non sanno ancora se potranno offrire la propria collaborazione volontaria ad associazioni, enti e onlus. La data di inizio dei progetti era prevista per febbraio, sebbene alcune realtà si siano già attivate, ma tutto è ancora fermo. Lo stop è dovuto a un ricorso presentato da un cittadino pachistano che non ha potuto partecipare ai bandi: la legge italiana, infatti, prevede il requisito della cittadinanza italiana. Il caso tocca anche il Friuli Venezia Giulia. E’ il consigliere del Pd Paolo Menis, promotore nel 2007 della normativa regionale di settore, a mettere in evidenza la situazione e a denunciare l’inghippo: «È bastato che un cittadino pachistano, peraltro residente in Italia da tre lustri – spiega Menis – chiedesse di essere ammesso e la macchina burocratica si è inceppata, con il rischio di provocare danni sia sul piano della credibilità internazionale, sia su quello economico, a causa dei numerosi contributi legati al settore che sarebbero automaticamente congelati». E la cosa non finisce qui, anzi, viste le sue possibili ripercussioni. « Il rischio di perdere un anno di Servizio Civile è concreto – avverte il consigliere – ed è l’ennesima conferma che discriminare non paga, ma al contrario costa». Secondo Menis il Fvg potrebbe essere preso a modello di una possibile riforma: «Nella legge regionale di settore, la n° 11 del 2007, varata sotto l’allora giunta Illy – ricorda il consigliere – il centrosinistra aveva previsto la possibilità di svolgere il servizio civile anche per i cittadini stranieri. ma a cinque anni di distanza scopriamo che la legislazione nazionale deve ancora adeguarsi a quello che è ormai unanimemente riconosciuto come un principio cardine del diritto comunitario».
(g.s.)
A Gorizia la prima centrale a olii vegetali
GORIZIA Ci vorrà un mese. Poi, la prima centrale a oli vegetali realizzata a Gorizia entrerà in funzione. Produrrà 38 megawatt di energia elettrica (potrebbe alimentare 38mila condizionatori a esempio), contribuendo al fabbisogno energetico in provincia e regione. L’investimento è di 40 milioni di euro. Queste le caratteristiche dell’impianto realizzato nell’area del Consorzio di sviluppo industriale e artigianale (Csia) di Gorizia. Ne parla il promotore Giuseppe Fiannacca: non nasconde le difficoltà burocratiche incontrate in questi anni. Ingegner Fiannacca, a che punto siamo? La centrale è in fase di collaudo e conseguentemente di consegna al committente. È un concentrato di sistemi e tecnologie che intereagiscono senza interferenze e garantiscono affidabilità e sicurezza. Per le scelte tecniche avanzate che abbiamo fatto, se si girasse il mondo intero, in questa tipologia d’impianto non si potrebbe migliorare nulla, poichè è stata impiegata la migliore tecnologia disponibile. Entro fine febbraio l’intero impianto sarà in esercizio commerciale e contribuiremo con la nostra produzione agli impegni sottoscritti dal nostro Paese in merito ai trattati ambientali. Quali le ricadute occupazionali? L’organico sarà di 14 specialisti, in parte già in organico e in parte da individuare per il completamento dello stesso in prossimità dell’entrata in esercizio. Quale è l’esatta tipologia dell’impianto? È una centrale riconosciuta dal Gestore del sistema elettrico (Gse) alimentata da fonti rinnovabili poiché utilizza la biomassa liquida proveniente da semi oleoginosi di varia natura (palma, jatropha, girasole, colza, etc.) e quindi si tratta di una fonte che si rinnova, contrariamente a quanto avviene con le fonti fossili (petrolio, gas, carbone).
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 25 gennaio 2012
Ferriera, scongiurato lo stop - Elettra pagherà a
Lucchini i primi 12 milioni del debito. A febbraio serve un accordo definitivo
Il rischio chiusura al primo febbraio è scongiurato.
L’attività alla Ferriera di Servola prosegue. Un primo accordo fra Lucchini spa
e Elettra produzione srl è infatti scaturito dal tavolo convocato ieri in
Regione. I termini dell’intesa: da Elettra è arrivato l’impegno a saldare subito
la fattura di dicembre e quelle in scadenza a gennaio e a febbraio per la
fornitura, da parte dell’impianto siderurgico di Servola, del gas di risulta con
cui la centrale di cogenerazione produce energia elettrica. Tre mensilità da 4
milioni di euro l’una: in tutto 12 milioni. La Servola spa, gruppo Lucchini,
continuerà dunque a fornire regolarmente il gas. E nell’arco di un mese, entro
la fine di febbraio, Lucchini spa ed Elettra produzioni srl si incontreranno di
nuovo per arrivare a una definizione del contenzioso che le vede opposte. Con la
Lucchini che pretende sia saldato il debito di 36 milioni di euro, posizione
contestata da Elettra che sostiene di aver subìto dei danni alle turbine proprio
a causa di una fornitura di gas prodotto dalla Ferriera. Il vertice fra le parti
- Regione, Comune e Provincia - ha in ogni caso cancellato il pericolo immediato
di improvvisa chiusura dello stabilimento causa mancanza di liquidità. Evento
che avrebbe innescato un’immediata emergenza occupazionale e sociale in città
con un migliaio di lavoratori, inclusi quelli di Sertubi e delle altre aziende
dell’indotto, a ritrovarsi da un giorno all’altro senza lavoro. La Lucchini ha
ricevuto garanzie, dunque, per il recupero di denaro, intanto 12 milioni. La
produzione continua. E c’è un mese di tempo in più per arrivare a una soluzione
della situazione. «Si continua a lavorare», hanno annunciato ieri, al termine
del tavolo convocato in Regione, i delegati sindacali davanti ai lavoratori
confluiti in piazza Unità dopo il corteo organizzato attraverso le vie
cittadine. Centinaia di persone hanno atteso all’esterno del palazzo della
Regione per un paio d’ore l’esito del confronto fra Lucchini, con l’ad Marcello
Calcagni a capo della delegazione, Elettra, col presidente Luca Ramella a
guidare la spedizione della sua azienda, i tre assessori regionali triestini
Sandra Savino, Federica Seganti e Angela Brandi, il sindaco Roberto Cosolini e
l’assessore comunale allo Sviluppo economico Fabio Omero, e il vicepresidente
della Provincia Vittorio Zollia. Il primo a lasciare il palazzo è stato Omero:
«La richiesta del sindaco di arrivare a un accordo fra Elettra e Lucchini è
stata accettata da entrambe. L’effetto è che in primo luogo si evita l’immediata
criticità e non si va alla chiusura il primo febbraio. Cosolini - conclude Omero
- ha anche chiesto alla Lucchini un ulteriore incontro per capire le intenzioni
della società sul futuro, perché su questo punto manca ancora una risposta
chiara». Un nuovo tavolo fra i protagonisti del vertice sarà riconvocato entro
la metà di febbraio, con il fine di risolvere definitivamente la querelle. «Oggi
l’obiettivo - sono state, poco dopo, le parole del sindaco - era quello di
scongiurare l’emergenza. Ora Elettra e Lucchini si reincontreranno». Dalle due
aziende (i cui rappresentanti non hanno rilasciato dichiarazioni dopo il
vertice) è giunto pure l’impegno a “congelare” le reciproche azioni giudiziarie.
«È l’inizio di un percorso - evidenzia Savino -, in cui ci sono i discorsi su
riconversione e sviluppo futuro dell’area. Ora non abbassiamo la guardia. Ci
rivedremo tante volte quante sarà necessario». «In questo momento il blocco
improvviso dell’attività della Ferriera avrebbe generato un problema sociale
devastante - osserva Brandi -. Prima o poi si arriverà alla chiusura
dell’impianto, ma un conto è che sia pilotata e programmata, un altro se
improvvisa. C’è soddisfazione per aver scongiurato il pericolo». Mentre Seganti
sottolinea: «Avremmo preferito arrivare prima a una soluzione, era da agosto che
richiedevamo questo incontro. La Regione può fungere da facilitatore ma sono i
due partner a doversi fare carico, con responsabilità, delle soluzioni
tecniche». La soddisfazione dei sindacati confederali in una nota congiunta:
«Quando le istituzioni locali, pur nella diversità di colore politico, vanno
nella stessa direzione con l’obiettivo del mantenimento e del rilancio del
sistema produttivo locale i risultati arrivano». Cgil, Cisl e Uil chiedono poi
al presidente della Regione Tondo «di rispettare l’impegno di definire il
protocollo per la gestione dell’accordo di programma entro la fine del mese di
gennaio».
Matteo Unterweger
«Una legge speciale per la riconversione» - La chiede
il Consiglio provinciale, il solo Pdl non vota la mozione. Solidarietà anche dal
Municipio
Il Consiglio provinciale ha approvato l’altro giorno una mozione urgente con cui manifesta solidarietà «ai lavoratori» della Ferriera di Servola «e alle loro famiglie» e chiede un intervento del governo, in collaborazione con la Regione, affinché si trovi una «rapida soluzione alla possibilità di chiusura dello stabilimento nella prospettiva di una riconversione». Il testo, preparato dalla maggioranza, è stato integrato da un emendamento del consigliere d’opposizione Francesco Cervesi (Un’Altra Trieste), con cui si chiede a governo e Regione «una nuova legge speciale che individui un iter burocratico e amministrativo oltre che risorse per la riconversione dell’area». Il voto favorevole al documento finale è giunto da tutte le forze politiche, con la sola eccezione del gruppo del Pdl, uscito dall’aula prima della discussione. «La solidarietà ai lavoratori, dovuta e scontata, c’è - spiega il capogruppo pidiellino Claudio Grizon - ma la mozione è troppo generica, non dà indicazioni né un mandato preciso. Inoltre, con soli tre minuti a disposizione per intervenire in aula, non c’è stato modo di fare le precisazioni per noi necessarie. Per questo siamo usciti». Dal canto suo, Matteo Puppi del Pd esprime «apprezzamento per quei colleghi dell’opposizione che hanno deciso, diversamente da altri, di partecipare al dibattito in Consiglio». Mozione di solidarietà ai lavoratori, con richiesta di audizione del presidente della Regione Tondo davanti a tutta l’assise, approvata poi l’altra sera in Consiglio comunale con 37 “sì” su 37 votanti. Assenti alla seduta Marino Andolina (Fds), Mario Reali (Sel) e Roberto De Gioia (Lega Nord), ha invece abbandonato l’aula prima del voto Maurizio Bucci del Pdl. «Per dignità e coerenza ho deciso così - spiega Bucci -, per evitare di votare un documento che certamente non potrà risolvere i problemi dello stabilimento. Personalmente continuo a rimanere dalla parte dei residenti». Il consigliere pidiellino ricorda poi a Decarli (Trieste Cambia), che lo aveva attaccato: «Il Comune di Trieste con il suo assessore all’Ambiente rappresentato all’epoca dal sottoscritto, è stato il solo che nel 2007 ha espresso parere contrario al rilascio dell’Aia sulla Ferriera, unico vero atto amministrativo responsabile del lento declino dello stabilimento di Servola e dell’aggravarsi della situazione ambientale nel rione circostante». Così, infine, il coordinatore regionale di Sel Giulio Lauri: «Chiediamo a Tondo di avocare a sé il caso Ferriera, di mantenere aperto il tavolo di cui per quattro anni si è scordato e di iniziare un’opera di pressione sul governo, con l’aiuto dei parlamentari triestini che lo sostengono, del Pdl e del Pd».
(m.u.)
Smog, si torna verso la normalità Oggi centro riaperto
alle auto
Laureni: limiti di Pm10 sforati anche ieri, ma le previsioni meteo danno il Borino in arrivo Pochi controlli, solo otto multe.
Martini: la gente ha dimostrato sensibilità ambientale
Da oggi nel centro cittadino si potrà circolare liberamente. «Ho disposto la
revoca dell’ordinanza anche e soprattutto perché le condizioni meteo sono in
costante miglioramento». L’annuncio - atteso da moltissimi - è dell’assessore
comunale Umberto Laureni, che ieri ha deciso per lo sblocco del traffico dopo
aver ricevuto le notizie dell’Arpa relative, appunto, alla situazione
meteorologica in evoluzione. «Stiamo andando verso la pulizia dell’atmosfera e
quindi non ha più senso parlare di blocchi del traffico», ha spiegato Laureni,
aggiungendo tuttavia che anche ieri i limiti di Pm 10 sono stati abbondantemente
superati in un paio di zone della città: «Ma si tratta di una situazione
temporanea. Che già domani (oggi, ndr) verrà sicuramente superata». Da oggi
dunque stop ai varchi fantasma all’ingresso della città e anche ai controlli
nelle strade del centro da parte dei vigili urbani. Ma già ieri mattina quello
che nei giorni scorsi - il divieto vigeva da sabato - era apparso un dispositivo
definito da molti «a maglie larghe» è diventato di fatto ancora più aperto,
ancora più libero. In pratica, fino alle 13 non sono stati effettuati controlli
né verifiche sulle automobili da parte degli agenti della Municipale. Non c’era
infatti per questo servizio nemmeno una pattuglia in giro. «Ci sono stati eventi
non ordinari e il numero degli agenti a disposizione è sempre stato lo stesso»,
ha commentato il vicesindaco Fabiana Martini riferendosi ai problemi di
viabilità connessi alla manifestazione degli operai della Ferriera che hanno
impegnato i vigili disponibili. «La sensazione - ha aggiunto Martini - è stata
che comunque tutto sommato la gente si sia comportata bene dimostrando una certa
sensibilità ambientale ed evitando in questi ultimi tre giorni di usare la
macchina». Nel pomeriggio l’attività di controllo in relazione all’ordinanza è
rispesa. Ma, come si può facilmente immaginare, in modo molto blando. Di certo
il traffico nel centro cittadino da sabato fino a ieri è risultato ridotto.
Insomma sembrano essere stati pochissimi - rispetto alla normalità - gli
automobilisti che si sono messi al volante alla guida dei propri veicoli, se non
in regola. Da contare sulle dita di due mani anche le multe comminate nel
periodo di blocco della circolazione. Sabato erano state appena 7, mentre lunedì
si è arrivati a 22 verbali. Ieri pomeriggio sono state elevate 8 sanzioni su 40
controlli. Per oggi è atteso cielo azzurro, con tempo stabile e sole. Farà
piuttosto freddo. E finalmente soffierà il Borino che spazzerà gli ultimi
residui delle polveri sottili.
Corrado Barbacini
“Orti sociali” per condividere terra e saperi - PARTE
IL PROGETTO
Piccoli terreni in gestione ai cittadini. E il Comune
rivede il regolamento sugli spazi verdi
Riprendere il contatto con la terra, lontani dalla fretta del quotidiano,
per riportare nelle città la sapienza contadina che ha scandito per secoli, al
ritmo delle stagioni, la vita di ogni giorno. Nascono così anche a Trieste gli
Orti sociali urbani con il progetto “Urbi et Horti”: piccoli campi da coltivare
incastonati tra le case, nei rioni, per condividere l'arte, anche terapeutica,
della coltura; per una gestione comune dei beni. Con il sostegno della Regione e
il patrocinio del Comune, il progetto è stato realizzato da un gruppo di
associazioni, alcune delle quali fanno parte della Rete di economia solidale,
con capofila Bioest, Italia Nostra, il Comitato Danilo Dolci, l'Anglat
(associazione per la mobilità dei disabili), l'Associazione italiana agricoltura
biologica e le microaree dell'Azienda sanitaria. Obiettivo dell'iniziativa, che
si concluderà tra un anno, è «progettare e attuare soluzioni di fruizione del
territorio urbano con una logica di elevata sostenibilità sociale e ambientale,
che va dalla produzione agricola biologica alla condivisione di spazi e beni
comuni». Il primo orto sociale urbano sarà realizzato con la collaborazione di
padre Antonio Santini della Comunità servi di Maria di Valmaura. «Non vogliamo
creare solo degli orti urbani in cui coltivare la terra – ha spiegato Tiziana
Cimolino di Bioest – ma anche utilizzare gli spazi cittadini per condividere
saperi e conoscenze, e mettere in relazione le persone. Realizzeremo anche dei
corsi di tecniche agricole». Il primo appuntamento per far conoscere il progetto
è fissato l'8 febbraio alla Casa del giovane di San Sabba, con l'obiettivo di
visitare poi tutti i rioni cittadini e raccogliere adesioni all'iniziativa. Nel
frattempo anche il Comune, che partecipa a “Urbi et Horti”, ha in programma di
rivedere il regolamento che assegna gli spazi verdi urbani di sua proprietà
nell'ottica di individuare e ampliare le aree da assegnare agli orti sociali
urbani. «Vogliamo stabilire regole chiare per la gestione dei beni di proprietà
dell'ente», ha detto l'assessore Elena Marchigiani ieri in occasione della
presentazione del progetto: «Sarà realizzata una mappatura delle aree da
destinare a orti sociali urbani, poi apriremo i primi bandi di assegnazione per
dare in concessione terreni di 40 o al massimo 60 metri quadrati a canoni
“sociali”». Finora i terreni dati in locazione dal Comune si sviluppano su aree
molto più ampie (400-500 metri quadrati) con affitti molto elevati, ha spiegato
Marchigiani, «mentre vogliamo estendere questa opportunità a tutti: anziani,
giovani, cooperative sociali, associazioni di volontariato, per stimolare i
cittadini alla cura degli spazi verdi comuni, per una migliore qualità
ambientale e di gestione del paesaggio».
Ivana Gherbaz
RIPRISTINATO IL “KAL” - Ritorna l’acqua nell’antico
stagno carsico di Trebiciano
TREBICIANO Per opera volontaria dei membri della Comunella Jus di Trebiciano è stato appena completato l’intervento di risistemazione dell’antico stagno della frazione. Un impegno che prelude alla prossima sistemazione dell’area naturale a mini parco del paese, a vantaggio non solo della comunità ma pure dei forestieri, sempre numerosi. Tanti infatti sono gli escursionisti che a piedi o con le mountain bike passano accanto al rinnovati sito per raggiungere il non lontano sentiero n. 3 che si articola lungo tutta l’area di confine sino al Carso isontino. Il restauro del vecchio “kal”, come viene chiamato dai residenti di Trebiciano, ovvero stagno in sloveno, è stato avviato dopo un consulto effettuato dalla comunella con la Snam. Il gruppo, attivo nel settore del gas, aveva compromesso la permeabilità dello stagno circa una quarantina d’anni fa, per posizionarvi dei dispositivi di dispersione per le correnti galvaniche che avrebbero potuto creare dei problemi alle infrastrutture sotterranee del metanodotto. Così inutilizzato, l’alveo dello stagno, il più grande dell’intero Altopiano carsico, da secoli utilizzato per la raccolta d’acqua e l’abbeveraggio degli animali, è stato invaso da arbusti e infestanti e utilizzato pure impropriamente da ignoti che vi scaricavano ramaglie e altri rifiuti naturali. Nonostante l’impossibilità di poter usufruire dei contributi dei fondi comunitari Interreg Italia Slovenia nel progetto “1001” stagni, la Comunella di Trebiciano non si è persa d’animo e, assieme alla locale scuola elementare Pinko Tomazic che collabora con il Parco delle Grotte di San Canziano per un progetto di protezione delle zone umide carsiche, si è rimboccata le maniche per ripristinarlo. «Grazie all’interessamento del compianto Igor Maher che si interessava per la parte slovena del progetto per il recupero degli stagni – spiega il presidente la comunella David Malalan - siamo riusciti a ottenere gratuitamente 180 metri cubi d’argilla per realizzare il fondo dello stagno. In novembre infatti la Snam ha effettuato dei lavori di rinnovo nel sito spiegandoci che potevamo recuperarlo senza problemi». Oltre a aver collocato l’argilla, i volontari della comunella hanno posizionato attorno al kal una staccionata realizzata con tronchi di pino e un pannello che riporta ben 170 antichi toponimi. “Ora speriamo che il Comune possa aiutarci a realizzare un mini parco».
(Ma. Lo.)
Muggia, la battaglia delle antenne continua
Il comitato di Chiampore, dopo la prima vittoria,
chiede lo spostamento dei vecchi tralicci. E ha già individuato tre siti
MUGGIA Santa Barbara, Bosco della Luna o pendici della Fortezza. Si giocherà
probabilmente su questi tre siti la prossima partita dei tralicci di Muggia.
sono queste le località infatti che il Comitato contro le antenne di Chiampore
continua a sostenere con forza come idonei per ospitare i nuovi impianti di
trasmissione. Dopo lo stop imposto dal Comune di Muggia alla Dcp di Povegliano
per la costruzione di una nuova antenna alta 30 metri - come abbiamo riferito
nell’edizione di ieri - il Comitato è tornato alla carica suggerendo nuovamente
i siti migliori per gli ecomostri che da decenni sovrastano la sommità della
frazione di Chiampore. In questi giorni a prendere piede sempre più pare essere
la possibilità di collocare il traliccio nel Bosco della Lunga, un'area verde,
lontano almeno 500 metri dalle case abitate, e quindi non pericoloso per
l’emissione di onde elettromagnetiche. E perdipiù di proprietà del Comune. «Già
all'epoca della giunta guidata da Roberto Dipiazza si era parlato di questa
locazione che personalmente ritengo essere una scelta che al Comitato potrebbe
andare bene», spiega Livio Postogna, uno dei referenti della petizione che ha
visto la sottoscrizione di centinaia di residenti contro le antenne di Chiampore
e frazioni limitrofe. In effetti la particella, sita su un terreno pianeggiante,
è collocata lontano dalle abitazioni ed è dotata di una strada accessibile,
elemento che costituirebbe un punto fondamentale anche nella scelta da parte dei
proprietari delle antenne. Ma c'è un altro sito ancora più gettonato da parte
del Comitato: l'area sopra le cave di Santa Barbara. «Secondo noi questa sede è
l'ideale - spiega Claudio Poropat – in quanto lontano dalle case in un luogo che
non darebbe davvero fastidio a nessuno». Qui pare sia già arrivato un nulla osta
da parte della Soprintendenza e anche una nota radio privata triestina è in
trattative per acquistare il terreno sul quale costruire il proprio traliccio.
L'unica difficoltà logistica è data dalla mancanza di una strada d'accesso:
problema comunque facilmente risolvibile. Così infine Poropat: «Ora attendiamo
un incontro con l'assessore all'Ambiente Longo confidando naturalmente che
l'amministrazione e gli uffici possano tenere sempre a mente i nostri
suggerimenti, frutto di un'indagine sul territorio». Intanto il Comune sta
attendendo un'eventuale contromossa da parte della Dcp, la società di Povegliano
costretta da un'ordinanza a interrompere i lavori di costruzione di un traliccio
tra Chiampore- San Floriano Ligon. In caso di mancata osservanza dell'ordinanza
la Dcp potrà incorrere in una contravvenzione e su tale situazione dovrà
vigilare, come espressamente scritto nel documento presentato dal Comune, la
Polizia Municipale. La Dcp potrà però ricorrere al Tar in via giurisdizionale
entro 60 giorni se non addirittura con un ricorso straordinario al Capo dello
Stato entro 120 giorni dalla notificazione del provvedimento. Indubbiamente
quella ottenuta dal Comitato è un primo significativo passo per far cessare del
tutto la nascita di nuove strutture vicino alle proprie abitazioni. Una prima
vittoria per i quasi 350 cittadini muggesani che tra Muggia vecchia, Ligon,
Fontanella, San Floriano e naturalmente Chiampore hanno espresso chiaramente il
loro intento a salvaguardare la loro salute esponendosi anche in prima fila
attraverso la creazione di un organismo apartitico pensato dalla gente per la
gente.
Riccardo Tosques
Una class-action contro i miasmi della Siot - La
proposta viene dal capogruppo dei Verdi-Idv, Bibalo. Oggi un vertice col sindaco
in Municipio
SAN DORLIGO «Il fenomeno di emissioni odorigene dei serbatoi Siot continua ad essere un ingiustificato motivo di degrado della vita degli abitanti limitrofi». Rossano Bibalo, capogruppo consiliare dei Verdi-Italia dei Valori di San Dorligo della Valle, ritorna così sui cattivi odori che già da parecchi anni, a fasi alterne, aleggiano attorno allo stabilimento industriale. Sulla questione una petizione di residenti con oltre 500 sottoscrizioni denunciò la situazione di disagio. L'esponente ecologista ha evidenziato come oggidì la giurisprudenza permetta ai cittadini e all'amministrazione comunale di avere nuovi strumenti per iniziare a muovere gli impedimenti. A iniziare dalla sentenza della Corte europea dei diritti dell’Uomo di Strasburgo sui rifiuti di Napoli. «I giudici dell’Alta Corte introducono nero su bianco alcuni concetti che troppo spesso in Italia vengono calpestati, a volte anche per colpa dell’inefficienza delle amministrazioni pubbliche», spiega Bibalo. «Mi riferisco alla nuova nozione di “vittima ambientale” e al “diritto a vivere in un ambiente salubre. Proprio questi due concetti sono alla base della sentenza della Corte che ha accolto il ricorso presentato da 18 cittadini di Somma Vesuviana che si sono sentiti danneggiati nella loro vita personale di cittadini, uomini e donne che come tali hanno il diritto di vivere in un ambiente degno di essere vissuto». E ancora. Il Tar del Lazio si è pronunciato su un ricorso Codacons, sul fenomeno dell’arsenico nelle acque, condannando i Ministeri dell’Ambiente e della Salute a risarcire gli utenti riconoscendo l’intervenuto danno ambientale da degrado urbano quale danno alla vita di relazione, stress, rischio di danno alla salute. «Cambiando gli attori, dal pubblico al privato, dall’arsenico alle emissioni, è chiaro che anche in questo caso ci sia la possibilità per richiamare la stessa Siot ad un ruolo risolutivo più efficace», spiega Bibalo. Da qui la proposta del capogruppo dei Verdi-Idv: «In assenza di passi concreti non resterà altra strada che quella di promuovere un comitato popolare per iniziare questa strada dei ricorsi, e delle possibili class-action, perché si è raggiunto e superato ogni possibile limite di sopportazione». Le emissioni odorigene saranno uno dei temi “caldi” che verranno affrontati durante l'incontro aperto al pubblico in programma oggi alle 18 in Municipio tra i residenti di San Dorligo e l'amministrazione Premolin.
(Ri. To.)
IL PICCOLO - MARTEDI', 24 gennaio 2012
Lo smog ancora oltre i limiti Il centro resta chiuso
alle auto
L’assessore Laureni: rilevamenti molto pesanti nelle
vie Carpineto e Tor Bandena Il comandante dei vigili Abbate: poche multe?
Nessuna caccia all’uomo
Anche oggi il centro rimarrà chiuso per lo smog. Lo ha deciso l’assessore
comunale all’Ambiente Umberto Laureni dopo aver visionato i dati delle
centraline Arpa sulle concentrazioni di polveri sottili degli ultimi giorni.
«Gli ultimi rilevamenti - ha detto - sono molto pesanti. Si è arrivati a 114
microgrammi di Co2 per metro cubo in via Carpineto e a 90 in via Tor Bandena a
fronte di un limite massimo di 50 microgrammi. Per questo ho deciso di
prolungare l’ordinanza attiva da già da tre giorni». E dunque anche per oggi il
centro sarà off-limits dalle 9.30 alle 12 e dalle 16 alle 19, come prevede
l’ordinanza del sindaco Cosolini. Ieri però, come del resto anche nei giorni
scorsi, i blocchi sono stati praticamente virtuali. Traffico scarso, poche
pattuglie della Municipale (in tutto una decina) e sicuramente anche una certa
tolleranza. La prova è che, con una macchina «Euro 3», abbiamo girato
tranquillamente per il centro passando sotto gli occhi delle pattuglie sia sulle
Rive sia lungo via Coroneo e via Fabio Severo. Nessuno si è azzardato ad alzare
la paletta e imporre l’alt. La spiegazione - bonariamente - la dà Luciano Momich,
vicecomandante della Municipale. Dice: «Non è certo una caccia all’uomo».
D’altra parte il volume di traffico per essere lunedì è stato decisamente
scarso. Aggiunge poi il comandante Sergio Abbate: «A noi in fin dei conti
interessa proprio che il traffico diminuisca». E la conferma indiretta sta nel
numero dei controlli che sono stati effettuati dalle 11 pattuglie in servizio
nel corso della giornata. Controlli che sono risultati in totale 127, e hanno
portato a comminare 22 multe. Commenta Abbate: «Vuol dire che il 90 per cento
era in regola». Sabato, primo giorno del blocco del traffico le pattuglie della
Municipale avevano fermato 125 tra automobili e ciclomotori. E sette erano
risultate non in regola con le disposizioni del sindaco. Da aggiungere poi che
anche ieri si è ripetuto il solito assalto al centralino della sala operativa
dei vigili urbani. Tutti a chiedere spiegazioni sulle sigle stampate sul
libretto dell’auto. Giorgio Cappel, presidente dell’Aci, è categorico: «Sono
provvedimenti sostanzialmente inutili che i sindaci sono costretti ad adottare
perché previsti per legge. Ma non è limitando a singhiozzo la circolazione che
si depura l’aria che viene inquinata da ben altre fonti. Prova ne sia che sembra
non sia servito a nulla l’ancor vigente blocco, che si spera domani (oggi, ndr)
venga tolto, ma unicamente grazie al sollevarsi del vento. I controlli non sono
diffusi e severi, ma è anche giusto perché non tutti sono in grado di essere
informati in tempo reale. Devo ricordare però l’ancora vigente ordinanza del
compianto assessore Ondina Barduzzi che dal 1996 vieta, con molte deroghe, dal
martedi al venerdi la circolazione in centro delle vetture non catalizzate.
Quanti se ne ricordano?». Aggiunge poi l’assessore Umberto Laureni:
«Sull’inquinamento incide in modo sensibile anche il riscaldamento domestico.
Pertanto, viste le temperature tutt’altro che rigide di questi giorni, invito
tutti i triestini a regolare al minimo gli impianti e se possibile a staccarli
temporaneamente qualora la temperatura all’interno delle abitazioni o degli
uffici - ha concluso - abbia già raggiunto i livelli necessari». Poi,
confermando le proprie perplessità sui blocchi del traffico che comunque sono
atti dovuti, aggiunge: «Non ci resta che aspettare il piano d’azione regionale.
L’attuale sistema è poco utile in chiave preventiva». Il piano d’azione
regionale, tra l’altro, dovrebbe anche tener conto delle previsioni meteo. E
finalmente oggi pomeriggio dovrebbe arrivare il Borino spazza smog. Al mattino
avremo nuvolosità variabile con foschie e possibili brevi rovesci. Dal
pomeriggio miglioramento con cielo poco nuvoloso e Bora moderata, così almeno
secondo il bollettino dell’Arpa.
Corrado Barbacini
Come si fa a sapere se un mezzo è Euro 4 o 5 -
VADEMECUM
Come si fa a capire se la propria vettura è «Euro 4» oppure «Euro 5» e dunque può circolare nei giorni di blocco del traffico? Bisogna guardare attentamente la carta di circolazione e, dopo aver trovato la pagina con la dicitura la frase “Rispetta le direttive” trovare almeno una delle sigle alfanumeriche, che qui riportiamo: Euro 4: 98/69 CE B; 98/77 ce rif.98/69 ce b; 1999/96 ce b; 1999/102 ce b rif.98/69 ce b; 2001/1 ce rif.98/69 ce b; 2001/27 ce rif.99/96 ce riga b1; 2001/100 ce b; 2002/80 ce b; 2003/76 ce b Euro 5: 99/96 fase III; 2001/27 CE Rif. 1999/96 Riga B2 oppure Riga C; 2005/78 CE Rif 2005/55 CE Riga B2 oppure riga C. Ma senza dubbio una soluzione al quesito può darla in maniera indiretta la data di acquisto dell’auto stessa. I pratica se si tratta di una vettura comperata nuova negli ultimi tre, quattro anni - in genere - sarà una «Euro 4». Se è più recente è facile che sia una «Euro 5». Il problema sostanzialmente sussiste per le autovetture immatricolate almeno sei, sette anni fa. Allora le direttive antinquinamento erano quelle indicate nell’«Euro 3» e se poi la macchina è ancora più vecchia molto probabilmente è «Euro 2».
«Prima i parcheggi, poi nuove aree pedonali» - PIANO DEL TRAFFICO
Mozione di Ferrara (Lega Nord): il sindaco pensi
innanzitutto a realizzare ulteriori stalli
Il sindaco «non autorizzi alcun tipo di nuova pedonalizzazione e/o modifica
della viabilità cittadina che comporti la riduzione del numero dei parcheggi
sino a quando non saranno realizzati nuovi stalli per motorini e nuovi parcheggi
per le automobili e camper necessari alle esigenze dei cittadini residenti e non
residenti nella nostra città». Lo chiede il consigliere comunale della Lega Nord
Maurizio Ferrara in una mozione, intervenendo così in merito alla bozza di Piano
del traffico. Ferrara esordisce ricordando come quella prospettata sia
«l’ennesima ipotesi del “prossimo “ piano del traffico di Trieste, portata a
conoscenza dei cittadini», come sempre accaduto - sottolinea - attraverso la
stampa locale». L’esponente leghista annota però come siano «ben noti i tempi
presumibilmente necessari all’approvazione e attuazione definitiva del medesimo
provvedimento». Di qui l’invito al sindaco Cosolini: nessuna pedonalizzazione
prima di avere realizzato nuovi parcheggi per auto e motorini.
LA LETTERA DEL GIORNO - Raccolta differenziata, ecco
cosa conferire nei bidoni
A seguito dell’introduzione delle sanzioni relative alla differenziazione dei rifiuti, che giungono (almeno per noi triestini) dopo svariati anni dall’inizio della raccolta differenziata, iniziamo a scoprire (finalmente) cosa conferire e cosa no nei singoli bidoni. Mi sento di dover segnalare gli errori di base e qualche suggerimento per migliorare la raccolta differenziata... non si sa mai che qualche politico si svegli dal torpore e ne prenda spunto. Per iniziare, segnalerei gli errori fondamentali: Errore 1. A livello nazionale non siamo riusciti a concordare i colori della differenziata (es. se da noi il bidone di raccolta del vetro è verde, e quello della carta giallo, state pur certi che in altre città troverete colori differenti). Errore 2. I colori scelti (qui parlo per Trieste), sono quattro: giallo per la carta, grigio per secco non riciclabile, blu per vetro e lattine, azzurro per la plastica. Adesso mi domando: a che mente malata può essere venuto in mente di scegliere i colori blu e azzurro? forse era meglio scegliere il giallo, il verde, il blu ed il rosso, in modo che a colpo d'occhio, chiunque (compresi gli anziani ed i daltonici) ne sarebbe stato facilitato. Errore 3. I colori sopraccitati sono quelli delle tabelle appiccicate sui bidoni, e quindi la campana verde del vetro è identificata dal colore blu. Errore 4. La differenziata è raccolta in modo differente in ogni Comune, lo sa bene chi ha la seconda casa in montagna o al mare. Ad esempio a Trieste il polistirolo va assieme alla plastica, ma da altre parti non è così. Stesso discorso vale per esempio per i tetrapak che da noi sono raccolti assieme alla carta. Errore 5. Sempre parlando per Trieste, i medicinali scaduti vanno gettati nell'indifferenziata. In regione (a Spilimbergo) per chi non lo sapesse abbiamo un inceneritore che brucia rifiuti ospedalieri provenienti da tutta Italia, e noi ci concediamo il lusso di spedire i nostri medicinali nell'inceneritore di via Errera... Errore 6. I piatti ed i bicchieri di plastica vanno gettati nell'indifferenziata, solo perché i produttori non pagano la tassa al Conai . In realtà il motivo è che non sono considerati imballaggi. Infatti, secondo la legge, solo i produttori di imballaggi versano obbligatoriamente un contributo al Conai (Consorzio nazionale imballaggi) per lo smaltimento degli imballaggi dopo il loro uso, di conseguenza Conai ha accordi con l’associazione dei comuni (Anci) i quali ricevono un contributo per la plastica raccolta. I produttori di piatti, bicchieri e posate non sono assoggettati al pagamento di questo contributo perché non sono produttori di imballaggi. Piatti e bicchieri monouso non sono accettati al riciclo perché nessuno ha pagato per farlo. Quindi dobbiamo gettarli nell'indifferenziata, inquinando di più, solo perché al produttore non è stato chiesto il contributo Conai Ed ora le proposte. Proposta 1. Unificazione dei colori a livello nazionale, almeno per le quattro categorie principali. Proposta 2. Invece di rompere le scatole a noi consumatori per cercare di interpretare dove gettare un rifiuto, il problema andrebbe risolto a monte. Mi spiego: basterebbe obbligare ogni produttore a marchiare il suo prodotto con un simbolo (per esempio triangolo, quadrato, pentagono, eccetera) e riportare questi simboli sui bidoni di raccolta (naturalmente ogni bidone avrebbe più di un simbolo, anche differenziato da una città all'altra). Tornando al tetrapak, se questo avesse ad esempio il simbolo del quadrato, mi basterebbe gettarlo nel bidone che riporta tale simbolo (quindi per noi a Trieste in quello della carta). Il vantaggio sarebbe doppio, oltre a semplificarci la suddivisione riusciremmo a far differenziare anche ai bambini, agli stranieri (provate a mettervi nei panni dell’enorme numero di extracomunitari che vivono nelle nostre città o di un semplice turista), eccetera. Proposta 3. Andrebbe rivisto l'obbiettivo primario della differenziata "Inquinare meno, riciclando di più" e quindi andrebbero raccolti anche i piatti e bicchieri di plastica, i medicinali e tutto quello che per problemi di qualche refuso di legge è sfuggito sinora. E nonostante tutte queste imprecisioni e mancanze, le autorità comunali si permettono di dare a noi la multa se non chiudiamo bene il cassonetto. «Mancata chiusura del coperchio del contenitore stradale»: multa da un minimo di 25 euro a un massimo di 150 (50 euro il pagamento in misura ridotta entro i 60 giorni). È una delle 10 sanzioni in vigore dal primo gennaio previste dal «regolamento comunale in caso di trasgressione delle corrette modalità di conferimento dei rifiuti».
Euro Baret
Scontro sull’Arpa tra Ciriani e Mattassi «Risorse in
arrivo»
L’assessore sconfessa il dirigente: «Non vi è alcun
allarme Le sue affermazioni sono prive di fondamento e lesive»
GLI ARGOMENTI DELLA GIUNTA Non esiste proprio un ammanco di 500mila euro
TRIESTE L’Arpa a secco di risorse e obbligata a risparmiare anche sulle
apparecchiature? «Affermazioni destituite di alcun fondamento e lesive
dell’immagine dell’agenzia, che apprendo con sconcerto e considero
inaccettabili». Già va giù pesante il vicepresidente della Regione e assessore
all’Ambiente Luca Ciriani. A finire nel suo mirino è Giorgio Mattassi, direttore
scientifico dell’Arpa, e quindi uno dei “suoi” dirigenti, colpevole, secondo
l’assessore, di aver rilasciato dichiarazioni errate sullo stato dei
finanziamenti erogati dalla Regione alla struttura per il 2012. «Insufficienti»
e inferiori di 500mila euro rispetto al 2011, secondo Mattassi. «Sufficienti» e
«in linea con quelli dello scorso anno», secondo Ciriani. Una guerra aperta e
intestina, dunque, che si gioca sul filo delle cifre. Effettivamente, il fatto
che, per l’esercizio 2012, mancassero all’appello 500mila euro, era già emerso
in Consiglio durante la discussione sulla Finanziaria, sollevano più di qualche
polemica. Gli stessi 500mila euro “fantasma” cui faceva riferimento Mattassi,
imputando al taglio di risorse la mancata approvazione del bilancio di
previsione 2012 entro il 31 dicembre scorso. Ma Luca Ciriani non ci sta e spara
a raffica sul direttore: «Non vi è alcun allarme. Quanto affermato dal direttore
riflette la sua personale opinione, non è aggiornato e non corrisponde a realtà,
tanto che egli dovrebbe chiarire la propria posizione. Quale apporto alla
struttura può dare un dirigente che autonomamente prende posizioni lesive
dell’immagine dell’agenzia per la quale lavora?». «Non esiste - commenta Ciriani
- alcun ammanco di 500mila euro al budget: la situazione economica di crisi ha
indotto la Regione a scegliere una diversa linea di finanziamento, che coinvolge
anche la direzione alla Salute, che parteciperà con un finanziamento di 400mila
euro. L’approvazione del bilancio è stata ritardata in attesa della
formalizzazione di questa ulteriore posta integrativa, ma senza ripercussioni
sull’attività della struttura. Inoltre, il bilancio dell’Arpa risulta ampiamente
in attivo e si è concordato di utilizzare parte dell’utile, superiore a 1
milione di euro, per reinvestire nell’Arpa stessa, acquisendo nuove
attrezzature». Poi l’assessore affronta il nodo del laboratorio unico, che
Mattassi aveva definito «in stallo», sempre per mancanza di risorse. Ciriani
ammette che, per l’entità dell’investimento - 30 milioni di euro - nulla si è
ancora concretizzato. Ma spiega che «il progetto è pronto. Abbiamo previsto il
reperimento delle risorse attraverso il sistema del leasing in costruendo, in
linea con i provvedimenti previsti dal Governo. Assieme all’assessore Savino
stiamo valutando come armonizzare una simile uscita con gli attuali bilanci
regionali. Ad abbassare i costi vi è anche la possibilità di dismettere parte
del patrimonio immobiliare dell’Arpa».
Elisa Coloni
Moretton: noi li avevamo già avvisati
Il “caso” Arpa infiamma il Palazzo. In prima fila c’è il capogruppo Pd Gianfranco Moretton che attacca: «Noi avevamo lanciato già l’allarme denunciando che, con una fetta di risorse in meno, l’Arpa non sarebbe stata in grado di garantire gli stessi standard del 2011. Ma, con supponenza, ci è stato detto che i fondi sarebbero stati sufficienti». Di diverso avviso il capogruppo Pdl Daniele Galasso: «Apprendo adesso che esiste un “caso” Arpa. Infatti, durante l’approvazione della Finanziaria, non ricordo alcuna lamentela sullo stato di salute dell’agenzia. Prendo atto delle dichiarazioni del direttore e verificherò la situazione». Sul caso interviene anche Sel, con il coordinatore regionale Giulio Lauri: «I fondi per ambiente e salute non andrebbero tagliati, ma aumentati. Non si capisce se Tondo e la Lega intendano, come Formigoni in Lombardia, i controlli ambientali come lacci e lacciuoli per le imprese».
(el.col.)
Sta tornando a nuovo l’antica pineta di Gropada
GROPADA È ormai in fase di completamento l’intervento migliorativo predisposto dal Comune di Trieste in quella vasta porzione di antica pineta che non lontana dall’abitato di Gropada, a cavallo del confine sloveno, porta nell’area catastale di Trebiciano oltre il Monte dei Pini. La vasta estensione racchiude un bel tratto del sentiero Cai n. 3, lunga dorsale boschiva dell’Altipiano carsico (lunga oltre 50 km) che dal Carso triestino penetra sino a quello isontino. I lavori di manutenzione al tratto boschivo citato rientrano nel Piano di Sviluppo rurale finanziato con i fondi comunitari “Fesr”, e riguardano la pulizia del bosco, l’abbattimento delle piante secche e malate, il diradamento delle essenze esistenti. Le pinete vicine a Gropada e circostanti il sentiero n. 3 sono state avviate nella seconda parte del diciannovesimo secolo dalle maestranze asburgiche. L’Altipiano carsico a quei tempi era ridotto a una pietraia desertica, e il pino nero venne individuato quale pianta pioniera per tentare il rimboschimento della vasta zona calcarea. Un esperimento riuscito, stando ai fatti, che tuttavia appare solo una prima fase nel tentativo di ricreare lungo l’altipiano l’antico bosco di latifoglie composto prevalentemente da querce, carpini, ornielli eccetera. «I lavori di manutenzione boschiva in questa zona – spiega il presidente della circoscrizione di Altipiano Est Marco Milkovich – mirano proprio al ripristino del bosco carsico autoctono, tipicizzato proprio da roverelli, carpini e altre essenze. L’intervento delle maestranze si sta protraendo da circa un anno. Vi sono stati pure dei periodi di sosta anche perché questa parte del Carso, tutelata dalle norme comunitarie di “Natura 2000”, è stata rispettata per permettere la nidificazione di alcune specie di uccelli». Oltre al risanamento del bosco, sono stati anche ritoccati alcuni sentieri e altre aree. Si tratta di un ulteriore tassello per la rivalutazione di un’area naturale che risulta interessata da interventi manutentivi anche per la contigua parte slovena, dove da poco sono stati ripristinati alcuni storici sentieri in chiave escursionista e ippoturistica.
Maurizio Lozei
Elogio della sobrietà - CONFRONTO ALLA SALA BARONCINI
“Sobrietà e nuovi stili di vita” sala Baroncini via Trento
8 Info: tel. 340-6859654 kanzian.edoardo@libero.it
Oggi, alle 17.30, alla sala Baroncini delle Assicurazioni Generali, Edoardo
Kanzian con l'associazione “Il pane e le rose”, promuove un convegno sul tema:
“Sobrietà, beni comuni e nuovi stili di vita”, un progetto finanziato dalla
Regione, mirato a docenti e studenti. Partecipano: Paolo Cacciari (giornalista,
saggista, curatore del volume ”La società dei beni comuni”, Ferruccio Nilia
(Rete di Economia Solidale – Fvg), Tiziana Cimolino (medico, ecologista Bioest),
Anna Piccioni, (docente, associazione Libera dalle mafie), Alessio Chiarotti
(sindacalista), Bruna Busdon (docente), Federico Creazzo (docente, curatore
dell'antologia che sarà data in dono alle scuole). Interviene il coro giovanile
“Casticoro-Katizbor” diretto da Carlo Tommasi. Uscire dalla crisi è la parola
d'ordine, ma merita davvero salvare il sistema così com'è, fondato sulla
tirannia del mercato e l'idolatria del denaro?
IL PICCOLO - LUNEDI', 23 gennaio 2012
Traffico, centro chiuso anche oggi - Ma arriva il
Borino spazza-smog
Limitazioni previste dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 16 alle 19, i disagi potrebbero essere accentuati dallo sciopero nazionale dei taxisti.
Pochissime le multe, previsioni meteo favorevoli per domani
Brutte notizie dal Comune, belle dall’Osmer-Arpa,
l’Agenzia regionale che si occupa tra l’altro delle variaziooni meteorologiche.
Oggi il blocco del traffico nel centrocittà continuerà esattamente con le stesse
modalità di ieri. Dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 16 alle 19 l’area centrale
resterà chiusa al traffico privato di coloro che non possiedono una vettura Euro
4 o Euro 5, le meno inquinanti del parco circolante. Lo ha confermato ieri
l’assessore all’ambiente Umberto Laureni. «Ci riuniremo nelle prossime ore per
decidere sulle eventuali limitazioni per martedì. Per lunedì il blocco
continuerà con le stesse modalità di domenica». Ma per domani, martedì, fin dal
primo mattino le previsioni meteo dell’Osmer-Arpa annunciano l’entrata in scena
del Borino che si rafforzerà leggermente col passare delle ore. Il vento
assicurerà il ricambio veloce dell’aria stagnante da giorni e spazzerà via le
polveri sottili e le altre “porcherie” prodotte dalla combustione. Motori
d’auto, impianti di riscaldamento, ciminiere di fabbriche e - se fossero
presenti massicciamente in porto - anche i fumaioli delle navi, ritenute a
ragione, grazie ai loro diesel che bruciano olii pesanti, tra le principali
fonti di inquinamento dell’aria. Le previsioni del tempo autorizzano a pensare
che il Comune, con buona probabilità, non dovrebbe porre domani alcun vincolo al
traffico automobilistico privato. Si ritorna alla normalità e alla congestione
del traffico e delle vie respiratorie. Oggi però i disagi si manifesteranno con
più virulenza di ieri anche perché gli uffici, le scuole e parte dei negozi
riaprono i battenti. La virulenza del disagio sarà maggiore anche perché ieri
nel pomeriggio, nonostante la certezza della chiusura del centrocittà nelle
prossime ore, i tassisti hanno ribadito che sciopereranno dalle 7 del mattino
alle 22. «Lo facciamo a malincuore, ma l’agitazione è proclamata a livello
nazionale e non possiamo fare marcia all’indietro a causa dell’inquinamento. Non
esistono deroghe» ha affermato Mauro De Tela, leader triestino della categoria.
«Io sarei contento di lavorare, di offrire il servizio a chi ce lo chiede, ma la
situazione in cui ci ha posto il Governo è molto difficile. Il nostro futuro è
buio. Siamo comunque pronti ad aiutare in questi giorni di traffico limitato
coloro che per le loro condizioni fisiche hanno necessità del nostro intervento.
Ma lo sciopero resta, nonostante la chiusura del centro...» Ieri il traffico in
città è stato quasi nullo. Se ne sono meravigliati persino i vigili urbani che
sorvegliano attraverso le telecamere le principali vie cittadine. Poche,
pochissime auto, quasi che abbia trovato ascolto tra i cittadini la riflessione
proposta dal Comune sull’uso dei mezzi privati. Anche nei posti di controllo
sull’eventuale mancato rispetto dell’ordinanza del sindaco che limita il
traffico, i vigili hanno avuto poco da fare: nel pomeriggio erano presenti in
via Giulia, sulle Rive e in piazza Foraggi, mentre sabato le pattuglie “fisse”
erano state schierate in viale Miramare, in via Flavia e in via Alfonso Valerio,
all’altezza dell’Università. Rarissime le infrazioni contestate: si contano
sulle dita di una mano. Fin qui la fotografia di quanto è accaduto ieri e
accadrà oggi a livello di limitazioni al traffico, condizionato come tutti hanno
ben evidente, dalla situazione meteorologica. Domani soffierà, come dicevamo, un
Borino moderato e secondo l’Osmer-Arpa, questo accadrà a Trieste anche mercoledì
assicurando un ricambio completo dell’aria. Continuerà invece a latitare per
tutta la settimana la pioggia; la temperatura ieri ha raggiunto sulla costa i 10
gradi mentre la minima non è scesa sotto gli 8. Assieme al Borino arriverà anche
un po’ di freddo che porterà la situazione meteorologica a un livello più
adeguato al mese di gennaio. Sul Carso il termometro scenderà sotto lo zero, al
contrario di quanto accadrà in centro città.
Claudio Ernè
ARPA - L’Agenzia per l’ambiente alla paralisi
La Regione taglia 500mila euro e l’Arpa non riesce ad
approvare il bilancio di previsione. Laboratorio unico in stallo
TRIESTE Acque agitate in casa Arpa Fvg. L’Agenzia regionale per l’ambiente
ha chiuso il 2011 senza l’approvazione del bilancio di previsione: è la prima
volta che accade dai tempi del commissariamento. Il motivo: la mancanza di
fondi. Nella copertura assicurata dal bilancio regionale all’attività
dell’agenzia nel 2012, infatti, mancano all’appello 500mila euro. «Ciò ha reso
impossibile formulare il bilancio», commenta il direttore dell’Arpa Giorgio
Mattassi, che lancia l’allarme: «Mancano risorse, persino per gli strumenti.
Abbiamo raschiato il fondo e stiamo accumulando ritardi nelle procedure. Persino
l’istituzione del laboratorio unico è in stallo». Una situazione tutt’altro che
semplice, dunque, resa ancora più scivolosa dai tempi di crisi. Tra l’altro, a
fine anno, l’Arpa era finita nel mirino del presidente Tondo, che non aveva
nascosto la volontà di capire se e come ridurre i costi di una macchina pubblica
complessa, composta da uffici e laboratori disseminati in tutti i capoluoghi di
provincia, in cui lavorano 355 persone. L’Arpa è il braccio operativo della
Regione sui temi di tutela e protezione dell’ambiente. Opera in maniera
autonoma, ma seguendo gli indirizzi tracciati dalla Regione. Ed è proprio il
governo regionale che ha dettato le linee di indirizzo per il 2012. «Ci siamo
limitati ad approvare quelle - spiega Mattassi -. È stato licenziato un
programma di attività corrispondente alle linee di indirizzo della giunta, in
attesa di ricevere i 500mila euro mancanti. Nel 2011 è stato infatti garantito
un finanziamento straordinario di 500mila euro per fronteggiare gli obblighi
derivanti dalle normative in materia di acque e quello stanziamento non può
venire a mancare nel 2012». L’obiettivo della giunta è proprio questo. Lo si
legge anche nelle “Linee di indirizzo per la programmazione 2012-2014 dell’Arpa
Fvg” approvato a fine 2011. Nella delibera si legge che «la manovra finanziaria
regionale per il 2012 tiene conto della necessità di mantenere la misura del
finanziamento corrente al livello complessivo del 2011, pari a 23.710.000 euro,
ritenuto congruo a realizzare l’attività istituzionale dell’Arpa, dando
attuazione alle priorità per il 2012 delle azioni strategiche. Si tratta di una
delibera contraddittoria - spiega il direttore dell’Arpa Fvg - perché le Linee
di indirizzo prevedono un’attività per un importo pari a quello del 2011, ma con
500mila euro in meno. Cosa che ha reso impossibile formulare un bilancio di
previsione». Poi il direttore lancia l’allarme: «Siamo chiamati a rispondere a
sempre più numerose incombenze, con richieste che provengono dall’economia,
dagli enti pubblici e dalla magistratura. E stiamo accumulando ritardi sul
versante dei processi autorizzativi con rischi per l’economia, in una situazione
di evidente stagnazione. Se dovessero, come si spera, ripartire le richieste di
nuovi insediamenti, non se se ce la faremmo...». Cattive notizie anche sul
fronte del laboratorio unico, secondo la Regione strumento di massima
razionalizzazione. «Purtroppo tutto si è fermato - afferma, amaro, Mattassi -.
Non ci sono i soldi per costruire un laboratorio unico adeguato sul fronte della
logistica e della strumentazione né ci sono i mezzi per tornare indietro ai
quattro laboratori dipartimentali. In pratica, nonostante un presidio di
coordinamento tra i laboratori provinciali, siamo in mezzo al guado e rischiamo
di annegare». Questa la situazione attuale, già critica. Ma cosa succederebbe se
la giunta decidesse di tagliare ancora? «In questi anni - continua il direttore
dell’Arpa - sono stati avviate riforme radicali delle riorganizzazione interna,
spostando 50 persone dal laboratorio al territorio. Sono stati accentrati i
processi autorizzativi in materia di Via, Vas e Aia. Razionalizzazioni ulteriori
sono sempre possibili, per esempio chiudendo almeno due laboratori e trasferendo
il personale negli altri due, ma anche centralizzando ulteriormente tutte le
pratiche relative ai pareri di supporto alle amministrazioni locali. Ma di una
diminuzione della spesa non è opportuno parlare: significherebbe bloccare
l’economia regionale».
Elisa Coloni
Un colosso per tutelare la salute - I compiti vanno
dalla lotta all’inquinamento al monitoraggio delle acque
TRIESTE Quali sono i compiti dell’Arpa? Cosa fa e come si muove questa macchina pubblica complessa, il cui lavoro si riflette direttamente sulla qualità della nostra salute? Come si legge nelle Linee di indirizzo per il 2012-2014, le aree di azione prioritaria sono tre: tutela degli ecosistemi e difesa del suolo, ambiente e salute, uso sostenibile delle risorse naturali e gestione dei rifiuti. Per ognuna di queste aree vengono definiti obiettivi e procedure. Il fine ultimo dell’Arpa è quello di mantenere, sviluppare e potenziare le attività di tutela e di promozione della qualità degli ecosistemi naturali e degli ecosistemi antropizzati. Questi alcuni dei compiti e delle funzioni dell’Arpa. Sul fronte della tutela degli ecosistemi l’agenzia si occupa di proteggere l’ambiente marino, ma anche di recuperare i siti contaminati attraverso i percorsi di bonifica. In materia di ambiente e salute si va dalla ricerca di alghe tossiche al rilevamento della qualità dell’aria attraverso le centraline; dalla valutazione dell’inquinamento acustico alla raccolta dei dati sui livelli dei campi elettromagnetici. Per quanto riguarda l’uso sostenibile delle risorse naturali e la gestione dei rifiuti si snoda tra il monitoraggio delle acque e la gestione dei dati relativi ai sistemi fognari, la valutazione dello stato della qualità della raccolta differenziata e la validazione dei dati di tutti i rifiuti prodotti e trattati in regione. Per tutte queste attività, che vanno quindi dal monitoraggio ambientale al rilascio di pareri per le autorità giudiziarie, dalla verifica di dati al rilascio di concessioni e autorizzazioni varie, l’Arpa lavora fianco a fianco con altri soggetti pubblici.
(el.col.)
Sporca il mare, canale sotto tiro - AMBIENTE - Il “De
Dottori” sarà sorvegliato speciale. Inquina il golfo di Panzano
MONFALCONE Primo veicolo dell'inquinamento del golfo di
Panzano, il canale De Dottori sarà sorvegliato speciale nei prossimi mesi.
L’amministrazione comunale ha prorogato l’incarico di indagine affidato
all’Arpa, l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente, nell’autunno del
2007, mettendo nel mirino appunto il canale di derivazione dall’Isonzo. La
scelta è stata fatta a fronte degli esiti del lavoro di campionamento e verifica
già svolto dall’Arpa per accertare le cause del ripetersi, anche nel giugno
2011, di episodi di inquinamento del mare antistante Marina Julia. A conclusione
dell'ultimo piano di analisi Arpa ha confermato il persistere di una situazione
di criticità, dovuta al rilevante apporto inquinante proveniente attraverso
l'Isonzo dal Goriziano. Il fenomeno dipende dalla portata dell’Isonzo e di fatto
scompare in particolari condizioni di magra. Stando allo studio dell’Arpa, il
contributo inquinante proveniente dalla zona centro-occidentale della città
interessa invece ancora in modo costante il corso d’acqua, il bacino di Panzano
e, più in generale, il golfo di Panzano. Tutto questo avviene, nonostante poco
più di due anni fa, Irisacqua abbia realizzato opere importanti di completamento
della fognatura dell’area, un intervento che ha consentito a circa 3.500 persone
di agganciarsi alla rete. La zona centro-ovest di Monfalcone è stata quindi
interamente collegata, ma, ipotizza l'amministrazione comunale, ci potrebbe
essere qualche abitazione i cui residenti sarebbero convinti di essere
collegati, non essendolo ancora, invece.
Laura Blasich
Chiampore, il Comune blocca il cantiere per la nuova
antenna
Il silenzio-assenso non sarebbe ancora scattato
Soddisfatto il comitato: adessso spostare gli altri impianti
MUGGIA Pugno duro del Comune di Muggia contro le nuove antenne di Chiampore.
L'amministrazione Nesladek ha imposto la sospensione dei lavori per la
costruzione dell'impianto promosso dalla Dcp telecomunicazioni di Povegliano.
Un'ordinanza firmata dal servizio Ambiente e sviluppo energetico del comune
rivierasco, per molti versi inattesa, ma allo stesso tempo fortemente auspicata
dai residenti, che aggiunge un pezzo importante alla trentennale vicenda delle
antenne radiotelevisive della frazione muggesana. In costruzione in uno spazio
verde lontano un centinaio di metri dalle abitazioni, sito tra Chiampore e San
Floriano Ligon, il traliccio alto circa 30 metri era il frutto di una
paradossale situazione di silenzio-assenso nata da una vecchia decisione della
Conferenza dei servizi. Sulla carta l'infrastruttura aveva un unico pregio, come
aveva evidenziato l'assessore all'Ambiente di Muggia, Fabio Longo: comportare
l’abbattimento di altri tre tralicci, più piccoli (e quindi più insidiosi per la
salute dei cittadini), siti vicini alle abitazioni, con conseguente
cancellazione dell’80% degli sforamenti legati all’inquinamento
elettromagnetico. Il Comitato contro le antenne di Chiampore aveva però
chiaramente espresso la propria contrarietà a questo traliccio, costruito troppo
vicino alle abitazioni. In base alle rimostranze dei cittadini il Comune ha
inviato due diffide alla Dcp (a fine ottobre e a inizio novembre dell'anno
appena passato), atti però disattesi dalla società trevigiana. Da qui
l'ordinanza nella quale si è evidenziato come “la Dcp non può vantare alcuna
autorizzazione o atto di assenso, con conseguente insussistenza dei presupposti
volti a legittimare l'avvio dei lavori”, in quanto la Conferenza dei servizi non
si è di fatto ancora conclusa. Ora bisogna capire come si comporterà la società
di Povegliano che in caso di mancata osservanza dell'ordinanza potrà incorrere
in una contravvenzione. Sulla situazione dovrà vigilare, come espressamente
scritto nel documento presentato dal Comune, la Polizia municipale. La Dcp potrà
però ricorrere al Tar in via giurisdizionale entro 60 giorni se non addirittura
con un ricorso straordinario al Capo dello Stato entro 120 giorni dalla
notificazione del provvedimento. Soddisfatto l'assessore all'Ambiente
partecipata, Fabio Longo: «Ricordando che quest'antenna giungeva da un
silenzio-assenso maturato da una decisione della Conferenza dei servizi alla
quale io non potevo ancora far parte, posso dire che abbiamo seguito
rigorosamente la Legge dando naturalmente ascolto alle richieste espresse in
maniera chiara da parte dei nostri cittadini». Soddisfazione anche nel Comitato
antiantenne di Chiampore che conta sull'appoggio di quasi 350 residenti tra
Muggia vecchia, Ligon, Fontanella, San Floriano e naturalmente Chiampore. Un
soggetto apolitico nato per tutelare la propria salute. Ma non solo. «Noi
nasciamo per dare forza al Comune, perché così diamo forza a noi stessi. Però è
finito il tempo delle chiacchiere e delle indecisioni, ora siamo giunti a un
bivio: che il Comune decida se essere con i residenti di Chiampore o contro i
residenti di Chiampore», dichiaravano i portavoce del Comitato. E il Comune
sembra aver intrapreso una strada dalla quale, ora, difficilmente si potrà
tornare indietro. «Il comitato antenne di Chiampore appoggia con soddisfazione
la richiesta del Comune in merito al traliccio Dcp, il cui blocco, più volte
richiesto, rappresenta la prima fase della necessaria delocalizzazione degli
impianti che è richiesta da tutti i residenti. Collaboreremo, come in passato,
con tutte le iniziative del Comune rivolte alla realizzazione di questo
obiettivo.»
Riccardo Tosques
Acqua all’arsenico Ministeri condannati a risarcire gli
utenti - LA SENTENZA
ROMA La multa non è da poco per i ministeri dell’Ambiente
e della Salute. E, come se non bastasse, potrebbe aprire la strada ad altri
ingenti risarcimenti. Arriva dal Tar del Lazio ed è di circa 200 mila euro.
Cento euro a ciascuno dei 2mila utenti di molte regioni (Lazio, Toscana,
Trentino Alto Adige, Lombardia, Umbria) che, tramite il Codacons, si erano
rivolti ai giudici amministrativi per lamentare la presenza di arsenico
nell’acqua. È stato lo stesso Codacons ad annunciare la clamorosa sentenza di
condanna e ad anticipare la predisposizione di un nuovo ricorso che, a detta
dell’associazione di utenti e consumatori, potrebbe interessare un milione di
persone. Secondo il Tar del Lazio, riferisce il Codacons, bere «acqua
all’arsenico può produrre tumori a fegato, cistifellea e pelle, nonchè malattie
cardiovascolari». Ma per il Codacons «la sentenza apre una strada di incredibile
valore» in quanto stabilisce che «fornire servizi insufficienti o difettosi o
inquinati determina la responsabilità della pubblica amministrazione per danno
alla vita di relazione, stress, rischio di danno alla salute. Ora questa strada
sarà percorsa anche per chiedere i danni da inquinamento dell’aria e da degrado
sia a Napoli sia a Roma e nelle altre grandi città in cui la vivibilità è
fortemente pregiudicata dal degrado ambientale». Per Carlo Rienzi, presidente
del Codacons, si «tratta di una vittoria importantissima perchè pone termine
all’impunità di regioni e ministeri che, per non spendere i soldi stanziati o
non sapendoli spendere, hanno tenuto la popolazione in condizioni di degrado e
di rischio di avvelenamento da arsenico. Ora i singoli presidenti delle regioni
e i singoli ministri dell’Ambiente e della Salute dovranno essere perseguiti
dalla Corte dei Conti per rimborsare l’erario dei soldi che dovranno risarcire
agli utenti». La prossima tappa, quindi, è il nuovo megaricorso in via di
preparazione: «Si può già aderire - afferma il Codacons - seguendo le istruzioni
sul sito www.codacons.it».
IL PICCOLO - DOMENICA, 22 gennaio 2012
Chiusura anti-smog virtuale 125 controlli, solo 7 multe
- AMBIENTE »TRAFFICO DIMEZZATO
Nessuna transenna e solo dieci pattuglie a vigilare. La
Municipale: non potevamo fare di più. Laureni: scelta obbligata senza intenti
punitivi
La zona proibita è virtuale, senza varchi agli incroci d'accesso e con le
pattuglie dei vigili presenti solo nei punti di maggior scorrimento. Off-limits
sì ma pressoché inviolata in quanto il triestino, con spirito asburgico, vi si è
sostanzialmente adeguato. Non prima però di aver tempestato di telefonate il
centralino dei Municipale per protestare contro l’ordinanza del sindaco
Cosolini, e aver chiesto ai vigili informazioni su dove e come circolare, ma
anche sulle famigerate sigle “Euro” che nel libretto dell’auto appaiono con
numeri e sequenze ai più incomprensibili. «E alora, poso pasar?». Da ieri
mattina, alla sala operativa dei vigili, di telefonate simili ne sono arrivate
più di mille. «Gente furiosa», racconta frastornato l’operatore: «Nessuno si
capacitava del perché chiudere in un giorno di sole dopo aver lasciato circolare
venerdì che invece pioveva». Lo stesso Cosolini ammette: «È stato un obbligo di
legge e ho dovuto firmare». Spiega poi l’assessore Umberto Laureni: «È successo
giovedì: lo sforamento ha riguardato la centralina di piazza Libertà e quella di
via Carpineto. Sono stati rilevati più di 70 microgrammi di Co2 per metro cubo
di aria. Non c’è stata scelta, abbiamo dovuto chiudere». Risultato: traffico
dimezzato ovunque. Il deserto: così - anche perché era sabato - si presentava
ieri pomeriggio il centro durante il primo blocco anti-smog dell'anno. Poche,
pochissime le auto in circolazione. E quando c'erano viaggiavano il più delle
volte con uno dei tanti permessi di deroga messi in bella vista al cruscotto, o
con tre persone a bordo. Ma altrettanto pochi erano i vigili chiamati a un
controllo a campione lungo le arterie “sensibili” all'interno della città
vietata. In totale sono stati effettuati 125 controlli. Di questi 98 hanno
riguardato automobili e 21 le moto. Alla fine sono state contestate sette multe
da 155 euro ognuna. Meno che negli altri giorni. «Sono state impegnate dieci
pattuglie», spiega Roberto Gazzea, ufficiale responsabile del reparto
motorizzato della Municipale. Proprio poche se si pensa che ogni giorno di
pattuglie ne escono almeno il doppio per i servizi di routine. Insomma quasi
niente, se si considera l’estensione del perimetro da presidiare nel giorno del
blocco. D’altra parte sarebbe stato praticamente impossibile “precettare”
dall’oggi al domani decine e decine di agenti per sistemare varchi e transenne
agli incroci. Dal suo ufficio Gazzea ha monitorato minuto per minuto la
situazione del traffico praticamente inesistente. «Alcune pattuglie - spiega -
hanno operato in viale Miramare, in via Flavia e in via Valerio, le altre hanno
effettuato controlli a campione in centro. Non si poteva fare di più». Chiosa
Laureni: «Non vogliamo e non abbiamo voluto penalizzare la gente, ma semmai
chiedere una riflessione: per cortesia usate meno la macchina. È meglio per
tutti».
Corrado Barbacini
Domani si decide sulla riapertura - L’ORDINANZA
E oggi si replica. Il centro cittadino resterà chiuso al
traffico privato dalle 9.30 alle 12.30 e poi ancora nel pomeriggio, a partire
dalle 16 e fino alle 19. Già venerdì sera l’assessore comunale all’Ambiente
Umberto Laureni era stato chiaro: dell’eventuale revoca dell’ordinanza si
riparlerà lunedì, domani cioè, alla luce dei dati registrati nel corso di questo
weekend a traffico ridotto.
Corso come un’oasi pedonale Gli sloveni: «Nessun
avviso» - COME HA REAGITO LA CITTÀ
Una commerciante: il flusso degli acquirenti è
invariato anche perché ci sono numerose macchine che possono circolare malgrado
il provvedimento
Ore 16.02. Ieri pomeriggio ad inaugurare la chiusura del centro cittadino al
traffico è stata paradossalmente una vecchia Alfa 33 color verde militare che
impassibile ha imboccato piazza Tommaseo per poi percorrere tutto Corso Italia.
Le maglie dei controlli erano larghe e qualche furbetto ha oltrepassato la zona
off-limits ma in linea di massima i triestini hanno rispettato il blocco del
traffico predisposto dal Comune di Trieste. Allo scoccare dell’ orario oltre al
quale non era possibile transitare in centro il viavai delle automobili si è
immediatamente ridotto. A tal punto che ieri pomeriggio, malgrado il cuore della
città registrasse un certo movimento di cittadini intenti a passeggiare,
guardare le vetrine e fare shopping, in certi momenti Corso Italia sembrava
essersi trasformato in una zona pedonale. Stessa sorte per via del Teatro
Romano, Corso Saba o via Ghega. «Ci sono pochi segnali che confermano la
chiusura del traffico – osserva Tullio Pittao mentre al volante attende al
semaforo di via Roma – sinceramente vista la bella giornata di oggi leggermente
ventilata pensavo l’avessero revocato». «Il movimento di clienti è invariato –
conferma Sabina Zotti, responsabile di un negozio di abbigliamento per donna di
Corso Italia – anche perché il blocco non è totale e parecchie macchine possono
comunque circolare». Un po’ disorientati gli acquirenti che arrivano da
oltreconfine. «Non sapevo che non si potesse girare in centro con la macchina –
ammette Bogdan Knez, sloveno a bordo di una impolverata Renault 21 – mica leggo
i vostri giornali prima di venire a Trieste. Comunque vedo che girano in tanti».
Eppure nei tratti stradali d’entrata alla città le insegne luminose e cartelli
segnalavano data e orari di chiusura. Un po’ più di movimento in via Carducci,
via Battisti e via Coroneo. «Per noi più anziani queste sono le giornate più
belle, - ammettono Loretta e Carlo Gruden, due coniugi che attendono l’autobus
in piazza Goldoni - quelle dove la città è a nostra dimensione e senza troppo
rumore. Gli autobus viaggiano più spediti, si attraversa la strada più
facilmente e non c’è puzza di scarico delle automobili». Ridotto anche lo
snervante traffico di scooter e moto.
Laura Tonero
IL SINDACO «Bus tra Corso e via Mazzini La soluzione
che preferisco»
I commercianti di corso Italia e quelli di via Mazzini si
scoprono concordi nel ritenere migliore la soluzione del “ring”, quella cioè che
vede transitare i bus in discesa lungo via Mazzini e in risalita verso piazza
Goldoni lungo il corso? Il sindaco Roberto Cosolini non lo nasconde: «È questa
l’ipotesi che io preferisco». Ipotesi, detto per inciso, che fu l’ingegnere
Roberto Camus, autore della prima bozza di piano del traffico, a prevedere già
negli anni del primo mandato di Roberto Dipiazza in Municipio. Ma comunque, «se
i commercianti assumono questa posizione ci aiutano a decidere. Quanto a
Confcommercio - aggiunge il sindaco - sono d’accordo con il presidente Antonio
Paoletti: non appena la bozza del piano sarà stata vagliata in giunta, i
commercianti naturalmente saranno tra i primi a essere chiamati a discuterne,
essendo tra l’altro i primi a essere coinvolti anche nella questione corso
Italia-via Mazzini». Cosolini replica intanto a quanti, tra i consiglieri
d’opposizione, accusano di non essere stati tenuti al corrente del documento:
«Polemica inesistente e speciosa. Che della bozza di piano discuta la
maggioranza (è accaduto in una recente riunione, ndr) non è affatto un vulnus al
Consiglio comunale, bensì un passaggio preparatorio. Come ho già annunciato –
chiude il sindaco - qualche ora prima di approvare la bozza in giunta, così come
ho fatto per le direttive del Piano regolatore, presenterò il documento tanto ai
capigruppo del Consiglio quanto alla commissione urbanistica».
«Bonifiche, ok i fondi Cipe ma va definita la mappa»
Bruni sullo stanziamento in arrivo: prima capire dove
serve davvero intervenire Depuratore, 35 milioni. Zollia: un aiuto sulle tariffe
che saranno meno gravate
Il presidente dell’Ezit: tra un mese e mezzo alla Regione i risultati delle
analisi di rischio
L’assessore: per il nuovo impianto di Servola la copertura era già prevista
«Lo stanziamento dei 26 milioni di euro da parte del Cipe per le aree
inquinate è senza dubbio un fatto positivo. Ma non dimentichiamo che la priorità
è completare la mappa dei siti dove è necessario l’intervento». Dario Bruni,
presidente dell’Ezit, chiarisce con un esempio la complessa vicenda del Sin, il
sito inquinato di interesse nazionale: il medico prima visita il paziente e poi
gli prescrive le medicine. Vale lo stesso per il ripristino ambientale: prima va
fatta una “diagnosi” completa sull’area, quindi si indirizzeranno gli interventi
dove sono necessari. «E a questo punto - precisa - non è detto che le risorse
rimangano invariate, anzi, è probabile che si riducano». Ben venga la
manifestazione concreta di interesse del Cipe, insomma, ma la chiave del
ragionamento va rovesciata. Dice Bruni: finora si è lavorato su una “presunzione
di inquinamento”, pensando che quanto più ampia fosse l’area incriminata,
maggiori risorse arrivassero dallo Stato. Ora Ministero e Regione hanno cambiato
atteggiamento. E si attende da Roma una “ri-perimetrazione”, secondo le aperture
già manifestate dal ministro Corrado Clini, che permetta di consegnare alle
aziende terreni vietati anche se privi di rischi concreti. «L’aggiornamento
della normativa - aggiunge Bruni - ha recepito la griglia degli inquinanti però
combinandola con l’analisi del rischio. In poche parole: dipende da che cosa uno
ci vuol fare nell’area. Perchè il parcheggio del proprio camion dovrebbe essere
impedito se il pericolo è inesistente?». Fondamentale è il tempo: per questo la
Camera di commercio sta tenendo le fila del coordinamento tra gli enti, per
presentarsi al Ministero come “sistema territorio” e centrare l’obiettivo di
snellire le procedure. L’Ezit, intanto, sta lavorando al completamento del
progetto di caratterizzazione su 250 ettari inquinati che ancora rimangono da
valutare, dei 500 di sua competenza ricompresi nel Sin. Il piano dovrà essere
integrato poi con l’analisi del rischio concreto delle aree. Tra un mese e mezzo
i risultati verranno consegnati alla Regione. «Quando l’iter sarà concluso -
anticipa Bruni – sarà possibile sapere quante risorse, dei 26 milioni,
effettivamente servono e allora arriveranno i decreti di assegnazione. Fare
ipotesi è inutile: prima va verificato dove impegnarle e se ce n’è l’esigenza».
Dei 160 milioni di euro assegnati dal Cipe al Friuli Venezia Giulia la parte più
consistente, 35 milioni, affronterà un’altra emergenza, il depuratore di
Servola. Il nodo critico, però, non sono oggi i fondi quanto l’ordinanza urgente
del Dipartimento di protezione civile per la nomina di un commissario che
autorizzi la prosecuzione dello scarico a mare di sostanze inquinanti. «La
copertura finanziaria del nuovo impianto - precisa l’assessore provinciale
Vittorio Zollia - era già naturalmente prevista nel piano. Lo stanziamento del
Cipe è un aiuto per le tariffe, che saranno gravate di meno, con maggiore
tranquillità su questo fronte». Il 31 gennaio scade l’autorizzazione del
“tubone”. Contatti ravvicinati, dunque, tra Provincia e Regione per scongiurarne
il blocco, ottenendo dal presidente Tondo una lettera di richiesta alla
Protezione civile per l’arrivo del commissario. «Questa lettera - è fiducioso
Zollia - sarà sufficiente per consentirci una proroga di settanta giorni».
Arianna Boria
«Ferriera, tutti in piazza In ballo il futuro di
Trieste»
I sindacati si appellano alla gente in vista
dell’incontro di martedì in Prefettura «La politica da dieci anni usa il tema
Servola, in Lucchini comandano le banche»
I rappresentanti dei lavoratori della Ferriera chiamano a raccolta la città
in uno dei momenti più bui. Fra 10 giorni la fabbrica chiude se martedì in
Prefettura non verrà annunciato uno sblocco dei soldi che servono per continuare
la produzione. I sindacati saranno in piazza con le famiglie, chiedono ai
triestini di fare altrettanto, ai negozi di abbassare tutte le saracinesche a
mezzogiorno. «Se chiude la Ferriera Trieste muore, speriamo che anche Servola
sia con noi nell’interesse della città: anche noi abbiamo sempre chiesto
sicurezza per l’ambiente, è la Lucchini che non l’ha data». Alla conferenza
stampa c’erano tutte le sigle, le Rsu e i segretari provinciali di categoria che
in alcuni casi coincidono nel ruolo, ma anche i sindacati della Sertubi che
altrettanto chiuderebbe senza la ghisa prodotta dalla Ferriera. «In Sicilia
hanno riscoperto i forconi, noi riscopriremo le alabarde» ha detto un
rappresentante dell’Ugl. Parlano in modo ultimativo i sindacalisti, contro la
politica che «da 10 anni usa la Ferriera, e nulla ha fatto se non deciderne la
chiusura già nel 2003», contro la Lucchini «che non esiste più, ora comandano le
banche cui interessano i soldi e non il lavoro». Al Circolo Ferriera, a due
passi dalle ciminiere, sono arrivati ieri anche alcuni consiglieri comunali di
centrosinistra, poi Roberto Decarli dei Cittadini con Franco Bandelli di
Un’altra Trieste ha annunciato una richiesta da presentare al sindaco: poter
portare in piazza, martedì, il gonfalone della città. Ma soprattutto la perdita
di produzione industriale i sindacati mettono sul piatto. Franco Palman (Uilm):
«Ogni giorno facciamo da notai a crisi di aziende, Trieste si è sempre fatta
paladina di assicurazioni e banche, nessuno si è impegnato sulla settore della
produzione, ma adesso il gioco sulla Ferriera è finito, il tempo è scaduto,
Trieste non ha futuro». La perdita di oltre 1000 posti di lavoro (con le aziende
dell’indotto) fa tremare i polsi. Umberto Salvaneschi (Fim-Cisl): «Il prefetto
deve farci sapere se si sbloccano i soldi che Lucchini ha intascato dalla
vendita di Ascometal, 360 milioni, oppure quelli di Elettra che ha 50 milioni di
debito». Anche il misterioso acquirente è stato evocato: «Se non restano accesi
gli impianti, se non si garantiscono gli incentivi Cip6 per l’energia prodotta
dai gas dell’altoforno, nessun imprenditore sano di mente prende questa
fabbrica. I cittadini - ha aggiunto Salvaneschi - devono capire la gravità del
momento, l’effetto-domino di altre chiusure di aziende avrebbe conseguenze
drammatiche, e non più gestibili. Questo per Trieste è un banco di prova. O ci
si salva o finisce il futuro». Per Stefano Borini, segretario Fiom-Cgil, «si
prospetta il buio, Trieste corre il rischio di un arretramento economico che la
porterà alla recessione, questa fabbrica è un bene collettivo, e le istituzioni
devono prenderne la regia, serve un piano economico per la città interpellando
tutte le categorie». Per Mario Pastore (Fialms-Cisal): «Politica latitante, e
Lucchini qui ha sempre guadagnato e fatto i suoi interessi, senza mai ascoltare
né la gente, né gli operai, né le istituzioni. ».
Gabriella Ziani
«Organico ai minimi, turni di 12 e 16 ore» - OPERAI E
POLITICI
Lo smottamento della fabbrica è nel racconto degli operai,
lo dicono anche ai politici presenti: «Se ne stanno andando molte
professionalità, abbiamo il direttore del personale “a tempo”, due giorni alla
settimana. L’organico è ai minimi, ci sono turni di 12 e 16 ore. Siamo a
rischio». Roberto Decarli, consigliere dei Cittadini, parla con orgoglio: «Ho
lavorato alla Ferriera per 32 anni, questa è una giusta causa e ci darà
successo». Franco Bandelli (Un’altra Trieste) sfida la politica: «Ha sfruttato
la guerra fra poveri, fa tenerezza il presidente Tondo che appena oggi ci spiega
di aver mandato una lettera al ministro, questa è la politica del paracarro».
Marco Toncelli (Pd) lavora in Fincantieri: «Porterò in piazza una delegazione».
Marino Sossi (Sel): «La Ferriera è in “codice rosso” al Pronto soccorso, senza
produzione si perde anche ogni forza di contrattazione». Cesare Cetin (Italia
dei valori): «Saremo coi lavoratori martedì, il primo pensiero è per loro e per
le famiglie: intollerabile questa incertezza, il gruppo Lucchini deve
immediatamente sbloccare i soldi per la produzione, ma poi serve un serio
progetto industriale per il riassorbimento della manodopera e la definitiva
riconversione di un impianto obsoleto e inquinante che tanti danni ha causato ad
ambiente e salute». I rappresentanti della Sertubi raccontano l’altra faccia del
problema: «Se dal 1° febbraio non arriva più ghisa, saremo in cassa integrazione
straordinaria per un anno, gli investimenti da 6 milioni sono stati già
bloccati. Se si chiude, nessuno più pagherà i mutui». Sottolineato anche il
fatto che Sertubi ha chiesto alla Regione agevolazioni sul prezzo dell’energia,
ma non ha ancora ottenuto risposta.
«Un cambio culturale per la differenziata» - Lo chiede
l’assessore Laureni: «Inaccettabile abbandonare elettrodomestici vicino ai
cassonetti»
Un "cambio culturale". E’ questo ciò che serve in città per quanto concerne la raccolta differenziata. Lo ha affermato ieri l'assessore comunale Umberto Laureni, presentando una nuova campagna di informazione, attuata dall'amministrazione, «che riguarderà - ha sottolineato – l’intera popolazione, con un capillare processo di approfondimento che coinvolgerà tutti». Primo atto concreto, l'invio, a partire dai primi giorni della prossima settimana, a tutte le famiglie triestine, di una lettera del Comune «nella quale - ha precisato l'assessore - si spiegano le modalità di un giusto comportamento nella raccolta dei rifiuti». Al suo interno una sorta di vademecum per i cittadini, che illustra i comportamenti virtuosi da osservare per quanto concerne la raccolta dei rifiuti di qualsiasi tipo. Subito dopo questa prima lettera, ne seguirà un'altra «che riguarda specificamente il tetrapak, sostanza - ha evidenziato Laureni - che comporta spesso errori nella gestione dei rifiuti». Nel complesso, il Comune «è all’inizio di una vera e propria battaglia per migliorare la raccolta dei rifiuti a Trieste - ha ribadito l'assessore - che passerà attraverso un sempre più accentuato coinvolgimento delle scuole, perché è dalla sensibilizzazione dei giovani, che sono i cittadini di domani, che bisogna cominciare». Fondamentale anche l'informazione destinata ai commercianti e ai pubblici esercenti triestini: «Abbiamo registrato troppo spesso casi di negozianti ed esercenti - ha puntualizzato Laureni - che buttano i cartoni nei contenitori della carta o vicino a essi, senza neppure darsi la briga di disfarli, piegandoli, sprecando così molto spazio ed esaurendo troppo rapidamente la capacità dei cassonetti dedicati». Sotto questo profilo, Paolo Dal Maso, responsabile della raccolta rifiuti dell'Acega Aps, ha evidenziato che «i cassonetti per la carta sono riservati ai privati, i negozianti devono raccogliere i cartoni, piegarli e metterli negli appositi punti di raccolta nei giorni dedicati». Analizzata anche la oramai diffusa presenza di commercianti di lingua cinese «ai quali dovremo fornire - ha spiegato Laureni – una specifica informazione nella loro lingua». Paolo Dal Maso ha poi ricordato che «è assolutamente da evitare l'abbandono in strada, oggi purtroppo molto frequente, di oggetti come televisori, elettrodomestici, materassi, vicino ai cassonetti. Mettiamo a disposizione della cittadinanza ben quattro centri di raccolta - ha proseguito - con orari molti ampi di apertura. Esiste anche la possibilità di prenotare il ritiro a domicilio di questi oggetti - ha rammentato - perciò serve un atto di buona volontà da parte di tutti per migliorare la città sotto questo profilo. In realtà - ha concluso Dal Maso - tutto o quasi è recuperabile e riciclabile, perciò l'appello e' rivolto a tutti e speriamo che i triestini si confermino cittadini disciplinati e attenti». In vista anche la disponibilità di un numero di telefono: «che sarà a disposizione di chiunque abbia bisogno di informazioni - ha concluso Laureni - mentre stiamo predisponendo un servizio di raccolta dei rifiuti cosiddetti 'verdi' per chi ha un giardino».
Ugo Salvini
«Salvare il Ferroviario per rilanciare i traffici» - Il
Pd in campo a sostegno della Stazione di Campo Marzio: «Non solo un museo, ma
uno snodo chiave»
La stazione di Campo Marzio non è solo un museo: è il capolinea a Trieste della linea Transalpina e il naturale terminale per la metropolitana transfrontaliera. Ne sono convinti i volontari del Dopolavoro ferroviario che, per salvare il museo da loro gestito da decenni, a metà dicembre hanno lanciato un appello per salvarne gli spazi. Una battaglia contro l'isolamento di Trieste, che si trova a fare i conti non solo con la possibilità di vedere sparire uno dei luoghi storici della città, a cui hanno scelto di dare il proprio sostegno anche gli esponenti del Pd. Nel corso di un incontro organizzato ieri alla Stazione Rogers, infatti, alcuni rappresentanti del Partito democratico hanno infatti spiegato di aderire a quell’appello, vista la necessità «di rilanciare il traffico su rotaia a Trieste partendo anche dalla stazione di Campo Marzio». I democratici sono quindi al fianco dei volontari del Dopolavoro ferroviario per salvare i naturali collegamenti infrastrutturali che la città già possiede. Storia e sviluppo economico viaggiano sugli stessi binari. «Il futuro del museo - ha precisato Tarcisio Barbo dell'Assemblea regionale del Pd – sta in un ragionamento che non è distante da quello che vede Trieste coinvolta in un progetto più ampio di sviluppo economico. Questo perché l'area della stazione di Campo Marzio non ha solo una funzione storico-museale, ma è anche un nodo per i trasporti visto il suo collegamento con il porto e capolinea della linea ferroviaria Transalpina». Tra le ipotesi di rilancio rientra anche il progetto della metropolitana leggera transfrontaliera, un progetto che aveva già ottenuto nell'era Illy il via libera dalla Regione per il finanziamento e che ora potrebbe essere rispolverato, sottolinea Barbo, con l'obiettivo di «ottenere il rifinanziamento diventando quindi un progetto cantierabile da subito. Il museo in quest'ottica acquisterebbe una potenzialità diversa legata allo sviluppo dell'intera area». Spetta quindi alla Regione, la grande assente secondo i democratici, fare un passo avanti per cercare di sbloccare la situazione. «La Regione si è più volte dimenticata di Trieste – ha sottolineato l'assessore comunale Antonella Grim –. Ora invece bisogna utilizzare questi spazi che sono già cantierabili per rilanciare il trasporto su rotaia, valorizzando anche l'esistente, senza dimenticare che il museo ogni anno, con solo tre aperture settimanali, raggiunge i 4 mila visitatori». Non si tratta di spirito nostalgico, come indica il vicesegretario provinciale del Pd Pietro Faraguna, «perché il museo ferroviario è un'eccellenza nell'ottica di uno sviluppo futuro della ferrovia come mezzo di trasporto moderno, quando oggi arrivare a Trieste con i mezzi pubblici diventa quasi un miracolo. Questo perché la Regione per motivi elettorali ha preferito investire altrove penalizzando la nostra città». E visto che la stazione di Campo Marzio è anche il capolinea della Transalpina, per il vicepresidente della Provincia Igor Dolenc dovrebbe diventare, in vista del centenario dallo scoppio della Grande guerra, «un punto di partenza e di arrivo in un percorso di sviluppo del turismo culturale».
Ivana Gherbaz
La rivoluzione della lattuga comincia sul balcone di
casa - VERDE SUL TETTO » NUOVA CONSAPEVOLEZZA ALIMENTARE
Domani, al Knulp, la giornalista di “Panorama” Franca
Roiatti presenta il suo libro sugli orti casalinghi che stanno sottraendo spazi
urbani al degrado e al cemento
Gli uffici marketing delle industrie alimentari spendono a piene mani per
campagne pubblicitarie all’insegna di genuinità e tradizione. A parole insomma,
verdura, polli, frutta e uova planano nei carrelli del supermercato direttamente
da fattorie gestite da nonni felici, gli ortaggi per il minestrone “casalingo”
sono stati raccolti nottetempo in valli incontaminate, le uova deposte da
galline in libertà nell’aia modello. Portare in tavola cibi biologici, coltivati
con amore ma senza pesticidi o composti chimici, è invece possibile, salutare ed
economicamente vantaggioso. Lo dimostrano le diverse formule di agricoltura
sostenibile, un movimento alternativo a quella industriale, per ridisegnare e
riappropriarsi del rapporto con gli alimenti, come racconta in “La rivoluzione
della lattuga. Si può riscrivere l’economia del cibo?”, la giornalista di
Panorama, Franca Roiatti, che presenterà domani alle 18.30 il libro edito da
Egea, al Knulp in via Madonna del Mare 7/a. Come? Sia su larga scala, e quindi
riconvertendo in “green” spazi urbani insospettabili sia in versione
“casalinga”, con l’orto sul balcone di casa. «Potrebbe sembrare una moda
passeggera: invece rispecchia una nuova consapevolezza, soprattutto nei giovani,
della necessità di trovare strade alternative alla catena industriale per la
produzione del cibo. Ma anche il desiderio di instaurare un rapporto più sano
con i prodotti alimentari, che hanno perso molto dal punto di vista
nutrizionale», spiega la giornalista di origine friulana, milanese d’adozione da
alcuni anni. Una rivoluzione del gusto, ma anche dell’economia, che si può
mettere in pratica in vario modo: con l’orto-balcone di casa, o nel giardino
piantando patate e peperoni al posto delle ortensie. Seguendo insomma l’esempio
della first lady Michelle che ha trasformato parte dell’austero garden della
Casa Bianca in un paradiso vegetariano bio. Anche se l’orto veramente sovversivo
gioca la carta dei grandi numeri. Come le fattorie sui tetti dei grattacieli di
New York, le fattorie sociali nelle strade fantasma dei sobborghi di Detroit, i
giardini biologici dell’Havana. Rimanendo nel Belpaese, invece, la voglia di
frutta e verdura autoprodotta esercita il suo appeal soprattutto sulle giovani
famiglie che coltivano spazi urbani inutilizzati. Ravanelli, pomodori e
cavolfiori non sono però “guardare e non toccare”, poiché fanno parte del
patrimonio della comunità e, quindi, si possono portare a casa. Se una volta i
campi venivano lentamente accerchiati dai palazzi, oggi accade l’inverso. È il
caso delle urban farms dalle dimensioni impensabili per spazi metropolitani,
come la fattoria “Brooklyn Grange” sul tetto di un edificio industriale del
Queens, circa 4mila metri quadri di filari di frutta e verdura, per coltivare
l’orto ma anche lo spirito, godendosi il panorama dall’alto.
Patrizia Piccione
IL FATTO QUOTIDIANO - SABATO, 21 gennaio 2012
“Limiti superati in molte città italiane” -
Legambiente, rapporto “Mal’aria 2012”
Degli 82 capoluoghi di provincia esaminati, ben 55
hanno sforato le percentuali di inquinamento consentite. Il 12 per cento in più
del 2010. Le città lombarde sono quelle in cui si respira peggio. Sotto accusa
macchine e riscaldamenti
Maglia nera a Milano e alla Lombardia sulla qualità dell’aria. Il rapporto
di Legambiente “Mal’aria 2012” non fa sconti e dà l’insufficienza in pagella a
quasi tutte le città della regione più popolosa d’Italia. L’anno scorso ben otto
capoluoghi lombardi (sui 12 totali) si sono posizionati tra i primi 16 posti
della classifica nazionale: Monza, Brescia, Cremona, Mantova, Pavia, Bergamo e
Lodi. E ovviamente il capoluogo superato a livello nazionale solo da Torino. La
centralina di rilevamento istallata nella centralissima via Senato ha raggiunto
ben 131 giorni di sforamento delle Pm10. Val la pena ricordare che la soglia
massima consentita è di 35 giorni all’anno, superato questo limite si viene
dichiarati “fuorilegge”.
Da metà classifica in poi troviamo anche Como con 76 giorni di sforamento,
Varese a 69, Lecco a 64 e Sondrio con 44 giorni.
Non solo polveri sottili. Sette capoluoghi lombardi, infatti, si sono piazzati
nei primi 10 posti anche tra le città che hanno registrato i peggiori valori
medi di ozono. In leggero aumento, a livello nazionale, anche le città che hanno
sforato i livelli di biossido di azoto.
Il quadro è desolante proprio a livello nazionale, prima ancora che a quello
regionale. Secondo l’associazione del cigno, nel 2011 il 67 per cento dei
capoluoghi di provincia non ha rispettato il limite consentito di superamenti,
con un aumento del 12 per cento rispetto al 2010. Delle 82 città prese in esame
ben 55 hanno esaurito i 35 superamenti all’anno consentiti.
“Il numero dei capoluoghi fuorilegge – si legge nel rapporto – è aumentato
rispetto allo scorso anno (erano 47 su 86), ma quello che più preoccupa è
l’entità del fenomeno e il numero impressionante di superamenti annuali del
limite giornaliero di protezione della salute umana per molte di queste 55
città. Se per ipotesi le città potessero accumulare dei debiti di emissione,
ovvero utilizzare in anticipo i 35 superamenti concessi ogni anno, Torino non
potrebbe più andare oltre i 50 μg/m3 per almeno tre anni e mezzo, Milano e
Verona per 2 anni e otto mesi, Alessandria e Monza per 2 anni e mezzo, altre 6
città per oltre due anni. Per non parlare poi delle preoccupanti variazioni da
un anno all’altro. In alcune città lo smog ha tolto ai cittadini fino a due mesi
di aria respirabile rispetto al 2010, come è successo a Cremona e Verona (terzo
posto a livello nazionale) casualmente due città dell’area della Pianura Padana,
che si conferma ancora una volta l’area più critica, un’area dove solo sei città
si salvano dalle polveri fini”
Un po’ meglio invece la Capitale, dove nei primi due giorni di questa settimana
sono tornate le targhe alterne: si è piazzata al trentatreesimo posto con “solo”
69 sforamenti sul Pm 10. Un dato comunque doppio rispetto al 2010 e che ha
spinto gli attivisti a consegnare un cigno nero al Sindaco Alemanno.
I dati di Legambiente arrivano mentre nelle città italiane, Milano al primo
posto, ci si prepara a tutta una nuova stagione di blocchi del traffico, targhe
alterne, chiusure programmate. La Provincia milanese guidata dal Pdl Podestà
proprio oggi ha annunciato che da lunedì 23 scatteranno le ordinanze con i
provvedimenti antismog anche nei Comuni dell’hinterland. Mentre a Milano è da
poco partita la nuova Area C, sostanzialmente promossa, per il momento, da
Legambiente.
E se pare chiaro che gli inquinanti nelle città italiane non siano causati solo
dalla automobili, per una bella fetta sono responsabili anche i riscaldamenti,
dice l’associazione, meno macchine fanno comunque meglio ai polmoni. In attesa
di quel Piano nazionale di risanamento della qualità dell’aria, che ancora si fa
attendere nonostante le dichiarazioni del nuovo ministro dell’Ambiente Corrado
Clini.
Federico Simonelli
IL PICCOLO - SABATO, 21 gennaio 2012
Smog oltre i limiti, centro chiuso da oggi -
AMBIENTE»L’ORDINANZA DEL SINDACO -
la zona interdetta
Area off-limits alle auto dalle 16 alle 19, domani
dalle 9.30 alle 12.30 e nel pomeriggio. Laureni: non si poteva aspettare
QUADRO DA MONITORARE L’assessore: valuteremo il da farsi lunedì alla luce dei
dati relativi al fine settimana. Non ci sono margini per una retromarcia al volo
LE GIORNATE CONSIDERATE Valori sforati da giovedì scorso. La situazione si è
ripetuta più volte da dicembre, ma stavolta niente Bora né pioggia a migliorarla
Centro città chiuso al traffico a partire da oggi pomeriggio, quando la
limitazione scatterà dalle 16 per concludersi alle 19. Il provvedimento
proseguirà domani, dalle 9.30 alle 12.30 e sempre fra le 16 e le 19. Per i
giorni successivi, poi, si vedrà, sulla base dei dati sulla qualità dell’aria
forniti dall’Arpa al Comune. Proprio i numeri registrati l’altro giorno dalle
centraline di rilevamento cittadine hanno innescato, come impone la legge,
l’ordinanza del sindaco Roberto Cosolini: giovedì, il 19 gennaio, la media
giornaliera di Pm10 nell’aria ha oltrepassato infatti la quota-limite massima di
70 microgrammi per metrocubo sia nella stazione di piazza Libertà (il valore è
stato di 84,4) sia in quella di via Carpineto (78,8). Troppo smog. Già il giorno
precedente, il 18 gennaio, in piazza Libertà le Pm10 avevano sfondato la
barriera dei 70, raggiungendo i 74 microgrammi per metrocubo. Quelle di piazza
Libertà, via Carpineto e via Svevo sono le tre centraline-riferimento per il
Comune. Il Piano di azione comunale (Pac) per il contenimento e prevenzione
degli episodi acuti di inquinamento atmosferico prevede che il provvedimento di
limitazione del traffico veicolare scatti «in caso di raggiungimento anche per
un solo giorno, del valore medio giornaliero di 70 microg/mc per le polveri
sottili (Pm10), riferito ad almeno due centraline di misurazione della qualità
dell’aria non entrambe situate nel rione di Servola». Questo è successo giovedì
in piazza Libertà e via Carpineto. Era comunque da inizio dicembre che l’allarme
si ripresentava ciclicamente, sventato prima dalla pioggia, poi dalla Bora.
Stavolta, il problema è rimasto, determinando l’ordinanza. Ieri, dunque, la
firma del sindaco sull’atto, secondo le disposizioni del Pac. Così, niente mezzi
- deroghe (di cui riferiamo qui a fianco) a parte - in circolazione nell’area
compresa tra largo Roiano, le Rive, la Grande viabilità dallo svincolo di viale
Campi Elisi a quello di Valmaura, la stessa via Valmaura, via dell’Istria, via
Marenzi, strada di Fiume, strada di Cattinara, via Revoltella, via San Pasquale,
viale al Cacciatore, via Giulia, via Cologna, via Valerio, strada nuova per
Opicina e via Commerciale. Queste le principali arterie del perimetro viario che
fa da confine percorribile alla zona off-limits (tutte le informazioni nel
grafico qui sopra). Parte proprio dal dato di piazza Libertà, l’assessore
comunale all’Ambiente Umberto Laureni, evidenziando come il suo posizionamento
la renda «la più soggetta all’influenza del traffico». Nella riflessione, la
conferma dell’urgenza di provvedere alla chiusura. Che durerà almeno sino a
domani: «Riprenderemo in mano la situazione, a questo punto, lunedì - conferma
Laureni - anche perché proprio quel giorno avremo i dati sulla qualità dell’aria
del fine settimana. Non ci sono margini, dunque, per un’eventuale retromarcia al
volo: non si poteva aspettare oltre». Saranno i vigili urbani a occuparsi dei
controlli su automobilisti, motociclisti, scooteristi e così via per il rispetto
dell’ordinanza. «Sarà una chiusura al traffico come tutte le altre - fa il punto
il vicesindaco Fabiana Martini, che in giunta ha la delega alla Polizia locale
-, con verifiche effettuate a campione». L’ultimo giorno in cui era stato
attivato un provvedimento di questo tipo, di limitazione al traffico in centro
città causa inquinamento, prima di quanto stabilito ieri? Il 12 marzo scorso,
ancora nell’era-Dipiazza. Per i trasgressori, colti a violare le indicazioni del
dispositivo emesso da Cosolini, è prevista una sanzione amministrativa da 155 a
624 euro. L’atto del sindaco include anche l’invito ai cittadini «a ridurre la
temperatura degli ambienti riscaldati nonché il numero complessivo delle ore di
accensione giornaliera dei propri impianti termici», e inoltre l’avviso alla
Servola spa e alla Elettra produzione srl per «l’adozione delle misure di
contenimento delle emissioni» dei rispettivi impianti. Cioè la Ferriera e la
centrale di cogenerazione.
Matteo Unterweger
Tutte le deroghe Dai mezzi pubblici al “car pooling”
Capitolo deroghe. L’accesso alla zona soggetta a
limitazioni di circolazione è consentita a veicoli a emissione zero e a quelli a
metano o Gpl. Sulla Rete civica del Comune (www.retecivica.trieste.it), l’elenco
degli altri mezzi “derogati” sulla base delle direttive europee legate alla
categoria di inquinamento di appartenenza. Possono transitare anche i veicoli
del trasporto pubblico (bus, taxi e autonoleggio con conducente), di servizio
degli invalidi, quelli adibiti a compiti di sicurezza, e ancora con targa di
riconoscimento C.C. o C.D. e con targhe “prova”, quelli usati da testate radiotv
e stampa, da “ministri di culto” nell’esercizio delle loro funzioni, da medici e
veterinari in visita domiciliare urgente così come da medici, infermieri e
tecnici chiamati in servizio, auto per il trasporto di persone soggette a
trattamenti (di particolare gravità) sanitari, riabilitativi programmati e/o
continuativi, di persone con ridotta capacità deambulatoria o altre gravi
patologie. Così pure per veicoli in uso agli addetti comunali all’assistenza
domiciliare, mezzi diretti a revisioni programmate, veicoli partecipanti a
cortei matrimoniali, mezzi di proprietà delle autoscuole in esercitazione o
esame, quelli destinati al trasporto merci in attività, veicoli di lavoratori
dipendenti o autonomi con autocertificazione dell’orario di lavoro, e infine
veicoli con almeno 3 persone a bordo, conducente compreso, in analogia alla
metodica “car pooling”.
Cosolini: niente tir sulle Rive, un piano contro le
emergenze
Il sindaco: incontro con Authority e operatori per
ridurre i tempi di attesa dei camion all’imbarco per la Turchia
SOLUZIONI DA ESAMINARE Samer: ampliare le aree di sosta a Fernetti, il treno per
Salisburgo ad Aquilinia o in un’area delle Ferrovie in Campo Marzio
«In linea di principio, fatti salvi momenti straordinari, i tir non
passeranno sulle Rive». E non andranno certo parcheggiati in Porto Vecchio, come
accadde lo scorso anno in un picco di emergenza. Il sindaco Roberto Cosolini
intende affrontare a breve, in una riunione da tenersi assieme all’Authority e
alla Samer&Co. Shipping, il tema dei camion turchi che si imbarcano al terminal
ro-ro di Riva Traiana. Le emergenze - nel gennaio 2011 l’apice con centinaia di
tir in attesa fino alla piscina terapeutica e oltre, verso la Sacchetta; ma
situazioni di disagio se ne erano avute anche nei mesi successivi - «non devono
ripetersi». Tanto più in previsione della bella stagione, quando ai disagi
sofferti dai camionisti - anche sotto il profilo igienico - si aggiungono quelli
per la cittadinanza, con gli stabilimenti balneari della zona assediati dai
camion. «Il Comune non può più porsi il problema del traffico e della viabilità
cittadina». Da qui, appunto, la riunione da indire a breve: «Ho già parlato con
la presidente dell’Authority Marina Monassi e con Enrico Samer, li ho trovati
disponibili e intendo invitare all’incontro anche i vertici dell’Autoporto di
Fernetti», afferma il sindaco. Obiettivo della riunione, dunque, «trovare una
modalità di gestione della situazione che sia la migliore possibile in Riva
Traiana, riducendo al massimo i tempi di sosta dei camion». Il tutto, precisa
Cosolini, tenendo ben presente un obiettivo: «Non possiamo immaginare che Riva
Traiana rimanga approdo di ro-ro. Serve una soluzione idonea per il tempo
necessario - due o tre anni - ad arrivare a una sistemazione diversa e più
strutturata», comunque lontana dal centro abitato. Due o tre anni? Secondo
Enrico Samer, leader del gruppo che ha in concessione lo scalo di Riva Traiana
fino al 2016, di anni per spostare l’ormeggio dei traghetti «ce ne vorranno
cinque». Quanto alle soluzioni nel frattempo da individuare, Enrico Samer cita
alcuni punti su cui poter lavorare, anche in previsione di traffici in aumento:
entro il 2013 infatti si prevedono tre navi in più, oltre alle 14 già attive, in
servizio sulle linee di collegamento con la Turchia. L’ampliamento delle aree di
sosta a Fernetti è la soluzione più semplice, laddove esistono zone già
attrezzate. Inoltre, aggiunge Samer, «l’Authority sta implementando il sistema
informativo sull’arrivo dei camion, e anche l’armamento sta preparando un
booking online con l’obiettivo di conoscere esattamente i numeri» degli
automezzi in arrivo. Ma c’è anche un’altra ipotesi: «Si auspica che il treno
Trieste-Salisburgo possa essere posizionato fuori dall’ambito portuale», in
un’area di proprietà delle Ferrovie situata sempre nelle vicinanze della
stazione di Campo Marzio: in questo modo nella zona, osserva Samer, potrebbe
essere ospitato un maggiore numero di tir in attesa. L’alternativa potrebbe
essere «spostare il treno sulla stazione di Aquilinia, che avrebbe spazi
disponibili». Resta sul tappeto, si diceva, il nodo di un nuovo terminal ro-ro:
c’è la prospettiva della piattaforma logistica cui si affianca quella del
terminal progettato da Teseco nell’area ex Aquila. Già nelle scorse settimane
Samer aveva detto di propendere per la prima opzione, «più semplice da
realizzare» anche perché «all’ex Aquila occorre fare prima le bonifiche»,
aggiunge ora pur precisando che «per noi un terminal vale l’altro».
Paola Bolis
Negozianti: sì ai bus “divisi” fra Corso e via Mazzini
Commercianti concordi: meglio distribuire i mezzi
pubblici su entrambe le arterie Paoletti: attendiamo di vedere la bozza del
Piano del traffico per discuterne
Corso Italia e via Mazzini, per antonomasia il nodo chiave del futuro Piano
del traffico, diventa dilemma nella nuova bozza del Comune. Sì al Corso
completamente dedicato ai bus con via Mazzini pedonale da piazza Goldoni sino a
all’incrocio con via Roma, oppure meglio la suddivisione dei mezzi pubblici fra
le due arterie (in su da un lato, in senso opposto dall’altro)? Se la politica
che guida il Municipio aspetta anche il confronto con le categorie, chi opera
ogni giorno sul campo pare invece avere già la risposta in tasca. Senza
contrapposizioni all’orizzonte. Forse non servirà allora sfogliare la margherita
sudando freddo fino all’ultimo petalo per decidere, perché dai rappresentanti
del comitato “Corso Italia per Trieste” e da quelli dell’aggregato di residenti
e negozianti di via Mazzini giunge una risposta unica: meglio l’opzione fifty
fifty. La condivisione opta per: autobus in su lungo corso Italia e in giù per
via Mazzini. Implicito il favore alla limitazione del traffico ai soli mezzi
pubblici. «Posto che per me la soluzione migliore sarebbe quella di chiudere da
domani tutto il centro alla circolazione - esordisce Paola Gaggi, nel direttivo
dell’Associazione commercianti al dettaglio e referente del gruppo di residenti
e negozianti di via Mazzini -, l’ipotesi corso Italia con il doppio senso per
gli autobus e la svolta finale in via Roma e da lì nell’ultimo tratto di via
Mazzini verso le Rive, appesantirebbe il corso stesso. Inoltre sarebbe
difficoltosa la svolta in via Mazzini, come già accade oggi per i bus in arrivo
da via Roma. E poi, c’è pure la questione pericolo per l’attraversamento
pedonale di via San Nicolò, dove passa sempre tanta gente. Insomma - prosegue
Gaggi - l’ipotesi migliore almeno come prova iniziale è l’altra: i bus in un
senso in corso Italia e nell’altro in via Mazzini. Dividerebbe il flusso e
darebbe comunque sollievo a via Mazzini». Nell’altra parallela “protagonista”,
stessa visione. «Per noi - spiega Simone Barich, titolare della Farmacia Al
Corso e vicepresidente del comitato “Corso Italia per Trieste” - l’opzione
migliore è quella di distribuire i mezzi pubblici tra il corso e via Mazzini, in
un senso di marcia da una parte, in quello inverso dall’altra. Il che darebbe un
po’ di equilibrio e forse abbasserebbe pure il rischio vibrazioni in via
Mazzini. In questo modo, sommato l’allargamento dei marciapiedi, si
manterrebbero vive entrambe le vie». Per Barich ci vuole nel contempo un «cambio
di mentalità della gente, perché non siamo abituati a spostarci a piedi in un
centro piccolo come il nostro». Dalla Confcommercio provinciale, infine, nessuna
presa di posizione ufficiale. Come sentenzia il suo presidente Antonio Paoletti:
«Non abbiamo ancora visto la bozza del Piano. Attendiamo di essere convocati per
discuterne».
Matteo Unterweger
L’opposizione: ragionare sull’intero schema - La
maggioranza: ok all’estensione delle aree pedonali, ora occorre confrontarsi con
la città
I contenuti della nuova bozza del Piano del traffico, elaborata dal Comune, non sono passati inosservati nel mondo politico locale. «È ormai abitudine del sindaco Cosolini - ironizza Michele Lobianco, consigliere comunale d’opposizione con il Fli - dialogare con tutti i cosiddetti “portatori d’interesse” tranne che con il Consiglio comunale. Gli consiglierei, posto che sul nuovo Piano del traffico non vi è posizione pregiudiziale, di dialogare non solo con l’universo mondo ma anche con i consiglieri comunali, che apprendono indirettamente e da fonti non istituzionali le novità su un tema così importante». Per Maurizio Bucci del Pdl «il Piano del traffico non è solo via Carducci, Battisti o corso Italia, ma il suo buon funzionamento va visto nella realtà complessiva territoriale attuando i “piani rionali” che non necessitano di delibere consiliari ma solo quelle più snelle giuntali. Il nuovo Piano deve rivoluzionare la circolazione cittadina con lo scopo di regalare vivibilità ambientale e commerciale al centro storico di Trieste disincentivando l’utilizzo delle autovetture. E allora ampio plauso alla proposta di pedonalizzare via Mazzini e rivedere l’asse di corso Italia». Bucci ricorda anche: «Il novembre 2007 proponevo all’opinione pubblica il corso Italia con due corsie centrali, salita e discesa bus, e l’allargamento dei marciapiedi con la piantumazione di alberi e panchine rivolte verso i negozi, chiudendo completamente al traffico via Mazzini fino all’altezza di via Roma, proprio come oggi prospettato...». E aggiunge infine: «La proposta in alternativa dell’allargamento dei marciapiedi di via Mazzini a ridosso di una sola corsia bus, risulterebbe pericolosa per i passanti e inutile per i commercianti». Dal centrodestra alla maggioranza di centrosinistra. Con Paolo Bassi, capogruppo dell’Italia dei valori, che giudica «positivi l’ampliamento della zona pedonale e l’aumento di quelle ciclabili anche nelle zone dove passano i bus. Si amplia così la rete per potersi muovere in città. Per alcuni passaggi del Piano - rileva Bassi - è necessario un confronto con cittadini e negozianti. Comunque, posto che ogni novità prima di essere digerita ha bisogno di un periodo di test, la valutazione sui contenuti è positiva». Concorda in buona parte la “vendoliana” Daniela Gerin di Sinistra ecologia libertà: «Mi piace il concetto di avere prima presente il pedone, poi le aree ciclabili, il trasporto pubblico e infine la macchina. Invertendo la filosofia attuale, avremo così meno inquinamento in città. È uno dei principali obiettivi». Da Gerin giunge condivisione rispetto alle idee di nuove «isole pedonali nei rioni periferici e di un corso Italia con alberi e più ampio, il che agevolerebbe anche gli autisti dei bus. Ho un’unica perplessità sulle ciclabili - conclude -: al di là del delineare le strade, esistono dei punti in cui pedoni e ciclisti dovrebbero convivere. Mi chiedo se questo avvenga in altre città? Attraverso il confronto con associazioni e circoscrizioni, potrebbero arrivare gli spunti per risolvere la questione».
(m.u.)
Parcheggi disponibili nell’area ex Rogers - DURANTE I
LAVORI SULLE RIVE
Qualche posto auto in più per ovviare ai disagi sulle Rive
interessate dai lavori. Sarà ricavato nell’area della ex stazione Rogers. La
riparazione delle tubazioni delle fognature nel tratto che va da piazza Venezia
verso Campo Marzio, ha tolto ai cittadini l’uso di parecchi parcheggi che hanno
fatto spazio al cantiere, della durata di almeno due mesi. Di qui le polemiche e
le lamentele fioccate nei giorni scorsi. Per cercare di ovviare almeno in parte
alla situazione, il sindaco Cosolini e l’assessore ai lavori pubblici Elena
Marchigiani «hanno raggiunto un accordo con i titolari della concessione
dell'area ex-distributore Rogers» che consentirà di liberare l’area stessa da
utilizzare come parcheggio pubblico. A renderlo noto è il presidente della
Quarta circoscrizione Luca Bressan. Il prossimo passaggio sarà l’acquisizione
dell’area da parte del Comune. L'intento - sottolinea Marchigiani - è dare una
risposta tempestiva alle richieste pervenute da parte di residenti ed esercenti,
viste le difficoltà da affrontare «sia pure per un tempo limitato». Bressan in
una nota sottolinea come la proposta formulata - quella di liberare appunto
l’area della stazione Rogers - «sia stata accolta in tempi rapidi» da parte di
sindaco e assessore. Il sopralluogo effettuato qualche giorno fa con alcuni
consiglieri circoscrizionali infatti, aggiunge il presidente del parlamentino,
«aveva evidenziato come principale disagio la perdita di posti auto durante il
periodo di lavoro del cantiere: per questo ho proposto di calmierare la
situazione di sofferenza». Intanto, la Circoscrizione ricorda che AcegasAps in
accordo con il Comune ha completato ieri la distribuzione porta porta del
materiale informativo in merito al cantiere e ai lavori da fare, nel quale viene
spiegata la tempistica dell’intervento che si concluderà, come detto, in 60
giorni, fermi restando eventuali ritardi dovuti a maltempo o ad altri
inconvenienti.
«No al nuovo ponte Puntiamo all’Unesco»
Il nuovo ponte sul canale di Ponterosso «potrebbe
provocare un grave danno per la città»: lo sostiene Roberto Sasco, esponente Udc
e membro del Comitato contro il ponte, ricordando come assieme a Italia Nostra
stia «attivando le procedure per presentare la candidatura del sito del canale e
della piazza Ponterosso nella Lista del patrimonio mondiale Unesco». Visto poi
che «è stata presentata una proposta di delibera di iniziativa consiliare (primo
firmatario il consigliere Pdl Paolo Rovis) per l’inserimento dell’area compresa
fra piazza Unità, piazza della Borsa, piazza Verdi e gli edifici» della zona in
questa lista, «si potrebbe valutare - insiste Sasco - la presentazione di una
proposta complessiva con ampie possibilità di essere poi sostenuta dalla
Commissione nazionale italiana per l’Unesco» . L’esponente Udc ricorda infine
che «la città di Liverpool in passato dovette procedere alla demolizione di un
ponte di recente fattura per poter avanzare alla procedura di inserimento in
quanto il manufatto deturpava la prospettiva complessiva e non rispondeva
pienamente ai requisiti richiesti».
Ferriera, Tondo a Passera: «Un tavolo nazionale»
Il governatore scrive al ministro: «Massima urgenza, in
mille rischiano il posto» Consiglio comunale, allerta bipartisan. Sindacati:
pochi soldi per le manutenzioni
Un tavolo nazionale sulla Ferriera di Trieste come quello già istituito per
lo stabilimento Lucchini di Piombino. Lo chiede la Regione. Il baratro è
imminente, è stata annunciata la chiusura della fabbrica per fine mese. La
Ferriera si trova i rubinetti di denaro chiusi da due parti, perché Lucchini,
gestita dalle banche, non paga neanche i fornitori, e la collegata
multinazionale Elettra è in lite da sette mesi e non paga a Lucchini il gas di
risulta fornito per produrre elettricità (ha raggiunto i 46 milioni di credito).
Le aziende dell’indotto si sentono già morire. Ieri il presidente della Regione
Renzo Tondo ha inviato una lettera al ministro dello Sviluppo economico, Corrado
Passera: «Il rischio è che la produzione si fermi dal 1° febbraio, c’è il
pericolo per quasi 1000 persone di perdere il lavoro, le chiedo con la massima
urgenza di costituire un tavolo nazionale sul problema». L’acquirente segreto I
sindacati, che avevano chiesto al prefetto la stessa cosa, un vertice con
Passera, parlano di “disastro” e oggi terranno una conferenza stampa in
Ferriera. Sono tuttavia al corrente del fatto che c’è da un paio di mesi sulla
porta un nuovo acquirente per la fabbrica triestina, un’azienda italiana di cui
nessuno fa il nome. La prossima riunione di martedì in Regione rischia di essere
superata dalle nuove emergenze, annunciate l’altro giorno in Prefettura
dall’amministratore della Lucchini, Marcello Calcagni. Forse un allarme per
sbloccare la drammatica situazione, ma il rischio è più che concreto. Lettera
aperta Reagisce il consiglio comunale senza eccezioni di colore politico. I 13
capigruppo, dal Pd al Pdl, reduci da due ore di incontro con una delegazione di
lavoratori di Ferriera e Sertubi, hanno inviato a Tondo una lettera aperta, in
cui sintetizzano i punti della situazione fallimentare complessiva, dato che il
“cessate i fuochi” della Ferriera chiuderebbe a catena Sertubi prima di tutto, e
poi aziende a cascata. I capigruppo chiedono «con estrema urgenza ed entro il 1°
febbraio» che «tutto il consiglio comunale di Trieste» sia ricevuto dal
governatore. L’accordo sfumato Elettra ha denunciato già nel luglio scorso la
qualità del gas fornito per la produzione di energia elettrica, non
corrispondente ai contratti firmati, non ha più pagato la fornitura. Un accordo
tra i rispettivi legali sembrava pronto per dicembre. Tutti speravano almeno nel
pagamento del mese in corso, un filo di ossigeno. Invece la firma è saltata. E
una situazione porta a fondo l’altra, così come un’istituzione chiama a soccorso
la prossima più alta in grado. La catena di sfiducia Conseguenze, dispetti e
sfiducia a catena. «Non sappiamo - afferma infatti Franco Palman, segretario
provinciale Uilm - se Elettra stia facendo un gioco per incassare immediatamente
i contributi governativi del Cip6 e chiudere anticipatamente, anziché a scadenza
nel 2015, il rapporto con la Ferriera, facendo chiudere così la Ferriera stessa,
se così fosse è materia nazionale, non locale. Sappiamo poi per certo che la
Lucchini i 360 milioni incassati dalla vendita della francese Ascometal non li
usa per i fornitori, ma solo per banche e manutenzione e riavvio dei propri
impianti. Per questo con lo sciopero abbiamo voluto bloccare la fornitura di
coke, più Piombino lavora e più si tiene i soldi. In più quest’anno avremmo
dovuto avere 5,2 milioni per le manutenzioni, l’amministratore delegato ci ha
avvertito: saranno molti di meno». Ore decisive «Sono ore decisive, il
contenzioso Lucchini-Elettra non può essere più importante del valore
industriale e sociale della produzione - dice Stefano Borini, segretario
provinciale Fiom-Cgil -, qualcuno assuma il controllo della situazione, il
processo di reindustrializzazione del sito deve continuare, altrimenti è
fallimento, con morte conseguente di tutti gli appalti».
Gabriella Ziani
L’indotto: non ci pagano da mesi - Cassa straordinaria
in vista per la Sprea. Azeta: da Servola il 35% del fatturato
I grandi discutono, i piccoli con la Ferriera vedono la rovina. La ditta Sprea, pulizie navali e industriali, bonifiche e manutenzione impianti, 50 anni di vita, seconda generazione, a causa dei mancati pagamenti ha il fatturato dimezzato. Il titolare, Mario Pitteri: «La sola Ferriera ci porta 1 milione all’anno, siamo al 50%. Da mesi non veniamo pagati, arrivano solo piccoli acconti di 40, 50 mila euro alla volta. Da novembre ho dovuto fare cassa integrazione in deroga, a rotazione per 6 persone su 20, se la situazione precipita dal 1° febbraio si passa alla Cigs, anticamera di mobilità e licenziamento. Sarò costretto a chiudere, e a pensare che cosa fare anche di me stesso». Prosegue Pitteri, preparato al peggio: «Si sa che la Lucchini è in difficoltà, che Elettra non paga, ma la verità “vera” rimane per noi un segreto. Abbiamo attraversato già la crisi Fincantieri, dovendo calare il personale. Perderemo un parco-attrezzature molto forte. Adesso ormai è chiaro: a Trieste l’industria chiude del tutto, se ne va l’ultima fetta». «Per sapere qualcosa leggiamo i giornali, e i giornali chiedono informazioni a noi? Le istituzioni ci tengono all’oscuro di tutto - racconta Eric Renzi, titolare della Azeta, moderna azienda di carpenteria in zona industriale con 40 dipendenti, e committenti che vanno dall’Autorità portuale alla Wärtsilä, dalla Sertubi alla Pacorini e al Comune, oltre che alla Ferriera. «Se la Ferriera cessa in modo cruento, ci saranno 1200 famiglie in strada, neanche col fallimento c’è garanzia di essere pagati, e ci saranno dunque fallimenti a catena a Trieste. Ora incassiamo ogni 6 mesi - afferma -, ma senza alcuna certezza, e le banche (altro che “spread” e “Bund tedeschi”!) hanno aumentato di 3 volte i tassi, dal 2% di un anno fa al 7-10% di adesso, siamo strozzati. La Ferriera incide per noi al 35% del fatturato, che è di 3 milioni. E a causa delle banche siamo noi piccoli, usando il prestito agevolato regionale, a fare da banca alle aziende grandi. Può durare un po’, ma poi scoppia. Il bilancio è ancora buono, ma solo perché ci sono scritti dei crediti. E se poi non li incassiamo? Anche Wärtsilä ha ridotto drasticamente i contratti. La crisi comincia adesso. Lo sport di tutti è non pagare. E io gli ordinativi devo farli, oppure no?» . Renzi è sulle spine per il futuro che sia con o senza Ferriera: «Se chiude senza un progetto ci troviamo una bomba ecologica in piena città, dietro l’angolo abbiamo una nuova ex Aquila, 20 anni di inquinamento incontrollato, lo Stato non ha più soldi per bonifiche. Una chiusura improvvisa è un rischio tremendo. Il fallimento, prospettiva devastante».
(g. z.)
SEGNALAZIONI - Ambiente - La terra e l’uomo
Salvaguardia dell’ambiente: un impegno da perseguire Negli ultimi decenni il nostro pianeta ha continuato a subire un processo di degradazione ambientale difficilmente arrestabile, dovuto in massima parte alle attività umane. Da dove nasce il degrado ambientale? Questa terminologia così in voga negli ultimi anni contiene in realtà due elementi, spesso strettamente intrecciati nella realtà di ogni giorno. Da un lato si assiste all’alterazione degli equilibri naturali esistenti, provocati dalla produzione industriale o dal nostro stile di vita. Dall’altro lato, esiste il fenomeno, così esteso nel nostro tempo, di uso dissipatore delle risorse, che distrugge i beni naturali senza curarsi della loro rigenerazione. Il disboscamento, l’erosione della terra a causa di agricolture di rapina, il consumo e il mancato recupero delle acque, la pesca indiscriminata, il consumo gigantesco di carbone e petrolio - cioè di fonti di energia non rinnovabili - rappresentano tutte forme di impoverimento e di alterazione dell’ambiente Ma la nostra coscienza si sta svegliando ed è per questo motivo che elenco alcuni accorgimenti che ci permettono in prima persona di fare tantissimo per risollevare le sorti del nostro Pianeta. Ma come fare effettivamente per salvaguardare l’ambiente? Le possibilità sono molteplici: utilizzo di lampade a basso consumo energetico, riciclaggio dei vestiti sintetici, isolare porte e finestre, scelta del trasporto pubblico, tenere spenti gli elettrodomestici quando non utilizzati (può far risparmiare fino al 75% dell’energia della casa). Infine, come recitava il capo indiano “Questo noi sappiamo: la terra non appartiene all’uomo, è l’uomo che appartiene alla terra. Tutte le cose sono collegate, come il sangue che unisce una famiglia. Non è stato l’uomo a tessere la tela della vita, egli ne è soltanto un filo. Qualunque cosa egli faccia alla tela, lo fa a se stesso”.
Luca Marsi Bruno Cavicchioli
IL PICCOLO - VENERDI', 20 gennaio 2012
Piano del traffico: bus in Corso Via Mazzini oasi
pedonale
Al via l’iter del documento voluto dalla giunta per ridefinire l’assetto della circolazione in centro
Via Carducci diventa a doppio senso tra via Battisti e
piazza Goldoni. Via Valdirivo si percorre in salita
Via Carducci trasformata in strada a doppio senso di marcia, nel tratto tra via
Battisti e piazza Goldoni. Corso Italia riservato al passaggio dei mezzi
pubblici in salita e in discesa, con via Mazzini quasi interamente
pedonalizzata. E ancora via Valdirivo percorribile non più “dall’alto verso il
basso” bensì da corso Cavour verso piazza Oberdan , e via Battisti aperta alle
auto private solo in discesa. Sono alcune delle piccole rivoluzioni viarie
immaginate dalla giunta Cosolini e inserite nella nuova bozza di Piano del
traffico. Piano che, dopo una lunga sequenza di “stop and go” registrati durante
la precedente amministrazione, pare ora aver imboccato una direzione definitiva.
L’illustrazione L’atteso strumento urbanistico ha fatto il proprio “debutto”
mercoledì scorso, nel corso di una riunione di maggioranza che ha permesso ai
consiglieri di centrosinistra di conoscerne strategie e priorità. Le stesse che,
a breve, verranno svelate anche ad associazioni, categorie e Circoscrizioni
nell’ambito del confronto partecipato scelto per portare avanti il piano. Un
confronto, tra l’altro, che potrà incidere parecchio sulle scelte finali: la
bozza, infatti, non contiene diktat bensì semplici ipotesi di studio,
suscettibili di correzioni di rotta. Corso Italia - via Mazzini Per lo scoglio
più difficile da superare, il futuro di Corso Italia e via Mazzini, il documento
elaborato dal mobility manager del Comune Giulio Bernetti non individua più
un’unica soluzione, ma delinea due possibili scenari, ferma restando
l’intenzione di chiudere entrambe le strade al passaggio di auto e motorini. La
prima ipotesi prevede di destinare il corso interamente ai mezzi pubblici - che
avrebbero a disposizione due corsie, una in salita, l’altra in discesa -, e di
trasformare in isola pedonale tutta via Mazzini, fatta eccezione per il breve
tratto finale. Qui, infatti, sfocerebbero i bus che, dopo aver percorso in
discesa corso Italia, dovrebbero necessariamente girare a destra su via Roma per
poi scendere verso il mare proprio lungo via Mazzini. La seconda soluzione,
invece, immagina una destinazione “mista” bus+pedoni tanto per l’una quanto per
l’altra strada: Corso Italia diventerebbe quindi un’unica grande corsia
preferenziale percorribile solo in su, da piazza della Borsa verso piazza
Goldoni, mentre via Mazzini, a sua volta off-limits per i mezzi privati, avrebbe
la stessa finalità per il traffico bus diretto da piazza Goldoni verso le Rive.
Via Carducci e Valdirivo Ancora più rivoluzionaria la soluzione messa a punto
per via Carducci, destinata a tornare a doppio senso di marcia come in passato.
L’idea della bozza è quella di “spezzare” l’arteria in due tronconi: in quello
tra l’incrocio con via Battisti e piazza Oberdan saranno ricavate due corsie per
i bus, una per ogni senso di marcia, e quattro carreggiate aperte alle auto, che
potranno però soltanto scendere verso via Ghega. Nel tratto tra via Battisti e
piazza Goldoni invece verranno create per le macchine 3 corsie a scendere e due
a salire. Come ci si potrà immettere su queste ultime? Girando a sinistra se si
proviene da via Battisti o, altra novità, girando a destra se si proviene da via
Valdirivo. In quest’ultima strada infatti, il piano prevede l’inversione del
senso di marcia: ad imboccare via Valdirivo, quindi, saranno le auto provenienti
da viale Miramare e dirette in zona piazza Goldoni - gallerie, mentre chi vorrà
raggiungere via Fabio Severo o via Giulia continuerà a transitare lungo via
Milano. Via Battisti Accanto a tante novità, si trova pure qualche conferma. Via
Battisti per esempio, come ipotizzato già in passato, cesserà di essere a doppio
senso: le auto, che avranno a disposizione 3 corsie, potranno percorrerla
esclusivamente in discesa. Verso l’alto avranno diritto d’accesso solo i bus, ai
quali verrà riservata una corsia preferenziale.
di Maddalena Rebecca
Piste ciclabili a San Giovanni e in Barriera
Oltre a rendere più fluida la circolazione veicolare, il Piano del traffico dell’era Cosolini ha anche un altro esplicito obiettivo: disincentivare il più possibile gli spostamenti in auto, specie nel centro storico. Ecco allora l’insistenza sul versante mezzi pubblici. Ed ecco anche la scelta di premiare, un po’ più seriamente di quanto fatto finora, chi alla macchina preferisce la bici. Nella bozza sono quindi previste tre piste ciclabili. La prima, sbandierata ai quattro venti in passato ma mai veramente decollata, corre lungo le Rive . Le altre due, invece, si snodano lungo arterie fondamentali, via Battisti e viale D’Annunzio, per collegare il centro città ai rioni popolosi di San Giovanni e Barriera- Rozzol . Non si pensi però ad un semplice intervento di “maquillage” eseguito tracciando sul marciapiede una striscia bianca e disegnando la sagoma di un ciclista. Le piste immaginate dalla bozza dovranno essere “reali”: andranno realizzate, cioè, delle corsie apposite, fisicamente separate dalle carreggiate riservate ai mezzi a quattro ruote. L’obiettivo finale, poi, è di far sì che tutte le ciclabili presenti sul territorio triestino “dialoghino” tra di loro. Di qui l’idea di studiare dei raccordi con un’altra pista ciclopedonale già esistente: quella realizzata dalla Provincia che parte da via Orlandini.
(m.r.)
E le isole senza auto sbarcano in periferia - Previste
zone interdette alle macchine tra largo Sonnino e via Settefontane, piazzale
Gioberti e Opicina
Non solo auto e mezzi pubblici. L’ultima bozza del Piano del traffico dedica grandi attenzioni anche ad un’altra categoria di utenti: i pedoni. È infatti proprio per venire incontro alle loro esigenze che il documento, recependo un chiaro orientamento della giunta, individua nuove e più ampie zone interdette ad auto e moto. Aree a misura di anziani e mamme con bambini, quindi, che non verranno più create solo nel centro storico, ma compariranno anche nei rioni periferici. A Opicina, per esempio, si punta a chiudere al traffico la zona che, dallo slargo su cui affaccia anche la chiesa vecchia, conduce poi verso via di Prosecco. Mentre a San Giovanni - unico rione a non avere una vera e propria piazza -, si sta studiando la possibilità di vietare l’accesso alle auto in piazzale Gioberti, creando una rotatoria nella parte finale di via Raffaello Sanzio e spostando sempre su questa via (lato impianti sportivi) anche il capolinea dei mezzi in servizio sulla linea 6. Anche il rione di Barriera potrà avere al proprio interno un’autentica isola pedonale. Da ricavare dove? In largo Sonnino e nella parte finale di via Settefontane, quella cioè interessata negli ultimi tempi dalla presenza di cantieri stradali particolarmente invasivi. Ragionamenti simili la bozza di piano li fa peraltro per tutta la periferia cittadina. Una scelta valutata positivamente anche dalle forze politiche che sostengono la giunta e che hanno assistito l’altro giorno all’illustrazione del documento. «Uno degli slogan lanciati da Cosolini in campagna elettorale era “La periferia al centro” - osserva Mario Ravalico del Pd -. Questa attenzione alle pedonalizzazioni, quindi, dimostra che non ci si è dimenticati di quelle promesse». «È dal ’98 che sul Piano del traffico si sentono solo proclami - commenta Roberto Decarli, capogruppo di Trieste Cambia -. Ora finalmente si sta passando all’azione».
(m.r.)
«Ferriera, rischio chiusura a fine mese» - La minaccia di Calcagni della Lucchini.
La centrale termoelettrica non paga il gas da 10 mesi, in ballo mille posti - INDUSTRIA»EMERGENZA LAVORO
REAZIONE A CATENA Lo stop alla produzione bloccherebbe
anche la fornitura di ghisa alla Sertubi Tutto l’indotto potrebbe paralizzarsi
TAVOLO DI CONFRONTO Incontro tra le due aziende promosso dal sindaco d’intesa
con Savino e Seganti: «Una situazione pericolosissima, ricadute dirompenti»
La Ferriera di Servola si spegne il primo febbraio. E non per la mancanza di
materie prime (situazione che aveva portato allo sciopero dei sindacati una
settimana fa) ma per decisione della Lucchini Severstal, il gruppo che gestisce
l’impianto siderurgico. Il necrologio è stato annunciato ieri mattina
all’incontro in Prefettura chiesto dalle organizzazioni sindacali. Lo spettro
peggiore, quello della chiusura, si è materializzato. «Se il Gruppo Lucchini non
riuscirà a recuperare la liquidità necessaria, gli impianti della Ferriera di
Servola si fermeranno dal primo febbraio. L’ha comunicato l’amministratore
delegato dello stesso gruppo, Marcello Calcagni, in un incontro oggi in
Prefettura con Rsu e rappresentanti di Cgil Cisl e Uil, al quale il prefetto ha
fatto da mediatore». La nota dell’Ansa, diffusa dopo l’incontra nel Palazzo del
Governo di piazza Unità, è diventata la posizione ufficiale dell’azienda.
All’incontro al Palazzo del Governo, assente il prefetto Alessandro Giacchetti
(in sua vece il viceprefetto Pietro Giardina) erano presenti anche Enrico
Casciello, direttore stabilimento di Trieste e Aldo Scapellato, responsabile
relazioni sindacali. Due i nodi che ostacolerebbero la Lucchini nel reperimento
dei fondi necessari a proseguire la produzione. Il primo problema sarebbe legato
alla scarsità di fondi a disposizione del colosso siderurgico per ottemperare al
piano di asseveramento del debito omologato dal tribunale di Milano. Il secondo
è la causa in corso fra l’azienda e la proprietà di Elettra, la centrale di
cogenerazione che produce energia sfruttando i gas di risulta dell’impianto
siderurgico, debitrice nei confronti della Lucchini di 46 milioni di euro. «Che
non sono poche lire» precisano dall’azienda. L'emergenza attuale – che era stata
anticipata qualche giorno fa dalla Lucchini alla Regione e al Comune di Trieste
e ufficializzata ieri in Prefettura davanti alle organizzazioni sindacali – non
è la liquidità del gruppo (che del resto ha appena incassato 352 milioni dalla
vendita della controllata francese Ascometal) ma il fatto che l’Elettra che
gestisce la centrale termoelettrica non paga la fornitura di gas da quasi dieci
mesi per il contenzioso legato a una fornitura pessima che avrebbe creato danni
alle turbine: la Lucchini ha un credito scaduto di 36 milioni di euro e un'altra
decina di milioni in scadenza. Una bolletta mensile pari a circa 4 milioni di
euro. L’amministratore delegato Calcagni avrebbe assicurato ieri mattina che il
piano di ristrutturazione del gruppo prevede la continuità operativa e
produttiva di Trieste, perlomeno fino al 31 dicembre 2015, ma se il problema con
Elettra non venisse risolto entro fine mese la situazione diventerebbe
insostenibile per Trieste e per l'intero Gruppo Lucchini Severstal che sarebbero
costretti a bloccare la fornitura di gas dal primo febbraio, fermando di fatto
la produzione dello stabilimento. E di conseguenza, a caduta, bloccando anche la
fornitura di ghisa alla Sertubi. Un corto circuito che metterebbe a rischio il
sistema industriale. Elettra, infatti, vive in regime di Cip6 (gli incentivi
previsti per la produzione di energia in scadenza nel 2015) e vende l’energia
prodotta allo Stato italiano. E il fatto che non paghi la fornitura di gas,
mentre incassa regolarmente i soldi dallo Stato, risulta incomprensibile ai
profani. Per questo serve un chiarimento a livello istituzionale. E così
dovrebbe esserci il 24 gennaio alle 12 in Regione (presidenza della giunta
regionale). Il sindaco Cosolini, d’intesa con gli assessori regionali Federica
Seganti e Sandra Savino, ha promosso subito un tavolo di confronto tra Lucchini
e Elettra per tentare di sciogliere il contenzioso. «Aldilà di aspetti
commerciali - spiega Cosolini - le ricadute di questo contenzioso rischiano di
essere dirompenti per la città. Una situazione pericolosissima». Mille posti di
lavoro sono a rischio.
Fabio Dorigo
Il gruppo Elettra preferisce il silenzio
«Non abbiamo dichiarazioni da rilasciare». Il Gruppo
Elettra non parla della vicenda Ferriera di Servola e dei 50milioni di euro di
gas mai pagati. Bocche cucite. «I dirigenti sono fuori» dicono dalla direzione
generale di Milano. Poi, contattati dalla segretaria, fanno sapere di non aver
nulla da dire. Martedì, prossimo, dovrebbero essere presenti all’incontro in
Regione con la Lucchini Severstal. Lo assicura il sindaco di Trieste Roberto
Cosolini. Il gruppo Elettra opera attraverso due società, Elettra Produzione e
Elettra Sviluppo. La prima possiede e gestisce due centrali a ciclo combinato, a
Trieste (foto) e a Piombino, della potenza complessiva di 230Mw. Per produrre
energia elettrica la centrale di Trieste, realizzato da Ansaldo Energia nel 2000
all’interno comprensorio di Servola, utilizza una miscela di gas naturale e di
gas risultante dal processo siderurgico. Da sette anni il gruppo Elettra è
proprietà del fondo inglese Hutton Collins, con sede a Londra, che l’acquisì
quando l’allora amministratore delegato della Lucchini, Enrico Bondi, la cedette
per ottenere liquidità necessaria a far fronte alla crisi all’ennesima crisi
della Ferriera.
«Sciopero con le famiglie il 24 gennaio» - I sindacati:
«Siamo alla resa dei conti». Razeto (Industriali): «Sarebbe un contraccolpo
sull’occupazione»
«La situazione è sempre più drammatica. L’amministratore
parla di rischio di chiusura. per noi ormai è una certezza. Non c’è più
liquidità. La chiusura degli impianti a Trieste, a meno di miracoli, è sicura.
Ma a rischio sono anche quelli di Piombino». Umberto Salvaneschi, segretario
della Fim Cisl, vede nero dopo l’incontro in Prefettura di ieri. Il suo
pessimismo è totale. Il sindacalista parla ormai di una possibilità remota che
la Ferriera prosegua l’attività dopo il primo febbraio, data indicata
dall’amministratore delegato Calcagni per il possibile blocco dell’impianto. E
sembra volersi preparare al peggio. «Non parlo di rischi di chiusura, ma di
certezza. Sono mesi che non si riesce a sbrogliare il contenzioso con Elettra»
spiega il sindacalista della Cisl. «Non è possibile che una controversia fra due
parti comprometta definitivamente un settore così importante per l’economia e
l’occupazione di Trieste» aggiunge Stefano Borini, segretario della Fiom. La
lotta comunque continua, Ieri, all’ora di pranzo, c’è stato una partecipata
assemblea nello stabilimento di Servola. Sabato ci sarà domani una conferenza
stampa. E per il 24 gennaio, giorno del fatidico tavolo di confronto messo in
piedi dal sindaco Cosolini in Regione tra Lucchini ed Elettra, è stato
proclamato uno sciopero di otto ore con un presidio costante dei lavoratori
della Ferriera e della Sertubi ( l’altra azienda collegata che rischia di non
sopravvivere usando la ghisa di Servola) negli stabilimenti e davanti al palazzo
della Regione di piazza Unità dove si svolgerà il vertice. Assieme ai dipendenti
stavolta ci saranno anche le famiglie. Una protesta allargata per rendere
evidente il rischio di default sociale collegato alla vicenda industriale di
Servola. «Si apre lo spettro della cassa integrazione per mille persone, quelle
della Ferriera e delle aziende collegate alla siderurgia» aggiunge Borini.
Sarebbe la per Trieste la Caporetto del lavoro e dell’industria. Questa volta
anche gli industriali si schierano a fianco dei lavoratori. «Perdere mille posti
di lavoro a Trieste è una prospettiva a cui non voglio nemmeno pensare» dichiaro
Sergio Razeto, presidente di Confindustria Trieste. «Se mille famiglie triestine
si trovassero senza la garanzia dello stipendio del capofamiglia - aggiunge
Razeto - sarebbe un fatto di gravità estrema. Mi interesserò immediatamente
della situazione».
«Il Piano del Porto deve essere in sintonia con il Prg
della città»
Il Comune Invia le osservazioni all’Authority. Laureni:
chiesto studio sull’inquinamento con l’aumento di traffci
IL CASO DEL WWF Predonzan: non abbiamo potuto esporre la nostra posizione perché
la documentazione non ci è mai arrivata
Sono scaduti ieri i termini per la presentazione delle prime osservazioni al
Piano regolatore del Porto. Viabilità, inquinamento atmosferico e “no” al
rigassificatore tra gli appunti inviati dal Comune di Trieste all'Autorità
portuale. Appare un giallo invece il coinvolgimento del Wwf; l'Authority dice di
aver spedito i documenti, ma dall'associazione ribattono: “Mai visto niente”. È
questo soltanto uno dei passaggi del complicato iter che porterà all'entrata in
vigore di uno strumento urbanistico atteso “solo” da cinquant'anni, ma la prima
tranche di osservazioni avrà un significato preciso sull'atteggiamento che gli
enti intendono tenere nei confronti delle proposte dell'Authority. Il Piano
regolatore - licenziato dal Comitato portuale nel 2010 - consentirà, dopo anni
di chiacchiere, di presentare progetti e mettere in atto strategie sostituendole
a parole e proclami. Fino a un paio di giorni fa, tuttavia, all'Autorità
portuale non risultavano notazioni di alcun genere. A partire da ieri, la
cassetta della posta di via Von Bruck si è sicuramente riempita almeno del plico
fatto arrivare dal Comune di Trieste. «Abbiamo spedito – spiega l'assessore
comunale all'Ambiente, Umberto Laureni – una serie di osservazioni, niente di
coercitivo, piuttosto alcune proposte di miglioramento, soprattutto per
sottolineare che ci deve essere coerenza tra lo strumento urbanistico del Comune
e il Piano regolatore del Porto. Abbiamo anche ricordato che il Consiglio
comunale si è espresso contro il rigassificatore di Zaule – conclude l'assessore
Laureni – e abbiamo chiesto uno studio sull'inquinamento atmosferico, in
previsione di un aumento del traffico. Sulle Rive, infine, è stata suggerita la
possibilità di realizzare una pista ciclabile». Un primo commento al Piano
regolatore del Porto avrebbe dovuto esprimerlo anche il Wwf, al quale
l'Authority sostiene di aver inviato la documentazione. «Mai ricevuto niente –
risponde però all’opposto Dario Predonzan, responsabile energia e trasporti del
Wwf regionale –. O hanno sbagliato indirizzo o non hanno mandato niente».
L'esponente dell'associazione ambientalista spera nell'esistenza di un “Rapporto
ambientale” come parte integrante della normativa per la Valutazione ambientale
strategica, nel quale dovrebbero essere contenute le alternative alle proposte
dello stesso Piano regolatore portuale. «A questo punto spero che il materiale
venga reso disponibile almeno per la seconda fase», chiude Predonzan. Conclusa
questa fase e recepite le osservazioni, infatti, il Piano verrà pubblicato e
potrà ricevere altre richieste di modifica, anche da parte di semplici
cittadini, purché dimostrino di avere interesse a farlo.
Riccardo Coretti
«Attenti a non gravare sul traffico in città» - Citato
anche il contrasto tra il no del Municipio al rigassificatore e le previsioni
della Torre del Lloyd
Meno camion e più ferrovia; e collegamenti stradali al di fuori del centro abitato. Il tutto per evitare che le rosee previsioni di aumento dei traffici portuali possano di fatto intasare un sistema viario non in grado di sopportare traffico pesante oltre un certo limite. Ma anche la segnalazione di alcune “distrazioni” formali, di opinioni diverse sui collegamenti tra Porto vecchio e nuovo, e soprattutto l'evidenza del contrasto tra il Piano regolatore portuale e quanto espresso dal Consiglio comunale in merito alla rigassificatore di Zaule. Questo e altro ancora contiene la delibera di giunta, datata 16 gennaio 2012, con la quale il Comune risponde all'Autorità portuale in merito alla richiesta di osservazioni nell'iter di approvazione del Piano regolatore del porto. Il giudizio complessivo in questa fase di valutazione resta positivo; ma le osservazioni tecniche non sono di poco conto, in particolare quelle riferite ai collegamenti viari. Posto che lo strumento urbanistico prevede seri incrementi di traffico portuale (movimenti navi da 1600 nel 2007 a 2600 nell'ipotesi 2020; traffico merci da 46,1 a 59,7 milioni di tonnellate; il triplo del traffico stradale), il Comune ha voluto subito mettere i puntini sulle “i”. Anche perché le opere previste dall'Authority nel corso degli anni sono di vasta portata, e per comprenderlo basta citarne alcune: prolungamento del Molo Bersaglieri, Porto lido, interramento tra Molo V e Molo VI, raddoppio del Molo VII, realizzazione del Molo VIII, terminal ro-ro nell'area ex Aquila. Non solo critiche, anche consigli. Come quello di prevedere un collegamento del futuribile Molo VIII con lo svincolo della Grande viabilità in via Errera, per non gravare sul traffico tra via Svevo e Via Baiamonti. Sempre in considerazione degli aumenti di traffico portuale previsti, il Comune auspica un recupero del trasporto ferroviario rispetto a quello su gomma. Non viene condivisa poi l'affermazione contenuta nel Piano del porto secondo la quale il collegamento tra Porto vecchio e Porto nuovo sarà caricato da flussi portuali “trascurabili”. Secondo il Comune infatti i nuovi insediamenti di Porto vecchio andranno a gravare su Viale Miramare, le Rive e Passeggio Sant'Andrea. Problemi alla viabilità, sempre secondo le osservazioni della giunta Cosolini, potrebbero essere creati dal nuovo terminal traghetti nell'area ex Aquila, tanto che si consiglia di privilegiare l'accessibilità dalla Valle delle Noghere e poi verso il raccordo Lacotisce-Rabuiese, piuttosto che rischiare di intasare via Flavia. La delibera, inoltre, fa notare che il Consiglio comunale già nel luglio del 2006 ha espresso parere contrario al progetto per il rigassificatore di Zaule. Questo parere risulta oggi in contrasto con quanto previsto dal Piano regolatore del porto, che prevede la modifica della linea di costa e la possibilità di «costruzione di un impianto di degassificazione» nell'ambito dell'area ex Esso. Altre osservazioni, infine, riguardano il riferimento all'adeguamento del depuratore di Servola. «...Le prescrizioni di tale studio – scrive il Comune con riferimento ai documenti esaminati – non risultino di impedimento alla realizzazione del progetto».
(r.c.)
Ponte sul canale, ora nasce il comitato “pro” - IL
COMUNE: NON FARLO COSTITUIREBBE DANNO ERARIALE
Provocazione dell’ingegner Simonati: le novità
suscitano sempre raccolte di firme contro...
Chissà se rappresenta o meno la maggioranza dell’opinione pubblica. Nel caso
lo fosse, sarebbe comunque una di quelle volte, poche per la verità, in cui la
classica maggioranza silenziosa si spazientisce di starsene zitta. Dopo la
raffica di “no” alla passerella sul canale di Ponterosso diluita ogni tanto da
qualche “perché no” - una raffica corroborata negli ultimi giorni dall’audizione
in commissione Lavori pubblici del Municipio da parte del Comitato “per la
salvaguardia del canale di Ponterosso” guidato dall’ingegnere ed ex consigliere
comunale Roberto Sasco, che aveva lanciato una raccolta di firme “contro” - ecco
che nasce ora il comitato contro il “contro”, con tanto di raccolta di firme a
supporto dell’opera. A costituirlo idealmente - attraverso il lancio di una
raccolta di firme all’indirizzo e-mail pontenuovotrieste@libero.it «aperta a
tutti quelli che vogliono dire sì al ponte e sì subito» - è un altro ingegnere
triestino. Si chiama Ermanno Simonati e ha fatto parte della precedente
Commissione per il paesaggio del Comune che - come osserva lui stesso - «pur
giudicando che effettivamente il concorso internazionale di architettura sarebbe
stato la via migliore per il progetto, ha reputato che la proposta degli uffici
comunali fosse di minimo impatto, pulita, assorbibile dal contesto, certamente
non un capolavoro ma altrettanto certamente nemmeno un abominio». Simonati non
nasconde che la sua è una provocazione: «Non appena qui c’è qualcuno che propone
qualcosa di nuovo, qualcun altro propone immediatamente una raccolta di firme
contro. L’intervento più mirato è stato quello dell’architetto Podrecca, il
ponte si fa se è funzionale alla città, se questo fa parte di un disegno
urbanistico che tende a far rileggere in chiave pedonale la città storica.
Perché gli ordini professionali non si sono fatti sentire? Dove sono i giovani
professionisti a cui oggi sembra negata ogni possibilità espressiva?». Simonati
vuole sia chiaro che la sua è un’iniziativa personale e che dietro non c’è ombra
politica. Prova ne sia che il suo «amico di una vita e socio da sette anni»
Stefano Patuanelli, ingegnere pure lui e consigliere comunale grillino, è
dell’idea che il ponte sia «uno spreco di risorse pubbliche». Al punto che ha
fatto richiesta agli uffici del Municipio, attraverso la commissione Lavori
pubblici, di sapere quanto costerebbe tornare indietro, non fare il ponte,
previsto ormai entro l’estate. Risposta: «Il riconoscimento di un indennizzo che
spetta all’appaltatore quantificare», compresi «i cosiddetti contratti
collaterali già sottoscritti con i professionisti esterni», sono «indennità» che
«una volta quantificate costituiranno danno erariale, rispetto al quale la Corte
dei Conti aprirà procedura di contestazione».
(pi.ra.)
SEGNALAZIONI - DIFFERENZIATA/1 Istruire il personale
Leggo spesso segnalazioni che invitano le autorità ad istruire correttamente i cittadini in merito alla raccolta differenziata se si vuole ottenere che questa avvenga nel modo migliore possibile. Oggi mi sono resa conto che è altresì necessario fornire adeguate conoscenze anche agli operatori addetti alla raccolta. L’altra mattina, con alcuni cartoni della pizza chiaramente usati (che essendo sporchi, come ci hanno insegnato, vanno messi nell’indifferenziata) mi recavo ai bidoni della spazzatura. Il camion dell’immondizia era all’opera e un paio di bottini grigi, col coperchio già aperto, attendevano di essere svuotati. Mi avvicinavo ad uno di questi e vi mettevo sopra detti cartoni. Mentre mi allontanavo, vedevo uno degli operatori che, sollecito, li prendeva e li gettava nel bidone della carta!
Mariavaleria De Filippi
SEGNALAZIONI - Differenziata/2 - Si lavora per gli altri
Che si debba fare la raccolta differenziata è fuori discussione: ci viene chiesto di farla e la faccio. Ma questa abitudine che stiamo prendendo quotidianamente alla fine ci fa porre la domanda: perché e soprattutto per chi la stiamo facendo? La risposta papale papale è perché l’ambiente e perché l’evitare gli sprechi ce lo richiedono di farla: parole nobili ma, parole vuote, emozionali del collettivo ma in sostanza prive di un riscontro per il cittadino al quale si chiede di lavorare gratis per permettere ad altri di guadagnare. Facile chiedere e facile sperare che la percentuale della raccolta cresca ma non è proprio così gradito farla da parte di chi è chiamato a farla sia per motivi di ordine pratico, di tempo, dei costi a carico del contribuente. Dividere con accortezza gli scarti dei consumi di casa comporta questa serie di procedure: le bottiglie dell’acqua vanno compattate e le eventuali etichette di carta, rimosse. Tutti gli altri contenitori in plastica diversa, quelli in vetro, di latta, ecc. vanno detersi per rimuovere il residuo del loro contenuto e spesso, se oleosi, grassi, con l’uso di acqua calda e detersivo per piatti. Gli astucci in cartone delle medicine, dei dentifrici, ecc. vanno gettati assieme alla carta dove di carta non sono solo i quotidiani ed eventuali allegati ma anche quella massa senza fine di materiale pubblicitario. I cartoni, qualora ce ne fossero, devono venire privati dei punti metallici e dei nastri adesivi, svuotati delle patatine o dei setti in polistirolo o altro che fanno parte dell’imballo. Poi, naturalmente, c’è la consueta rimozione della immondizia non riciclabile. Nel 2013, verremo, come già in atto in numerosissimi comuni, chiamati a separare l’organico del cui destino a seguito del riciclo ignoro ogni cosa non sapendo se lo si ritrova in qualcosa che usi o qualcosa che mangi, in pratica diventa sapone o pastone per gli animali o fertilizzante? Perché c’è tutto questo can can per l’organico? Quale business da relativi pochi scarti? Fatte tutte queste operazioni ci si rende conto che in un anno si è lavorato almeno sei ore in più rispetto al passato, che è stata consumata una caterva di sacchetti per separare le cose secondo la loro caratteristica, borse che i supermercati fanno pagare profumatamente anche se portano il loro marchio così pure li sponsorizzi gratis (ma questi sacchetti “bio” quanto ci mettono a degradarsi nell’acqua di mare o di lago che sia?) oppure impiegare i sacchetti a strappo. Alla fine si va all’isola ecologica, si fa per dire, con le immondizie attorno e quelle cose che andavano portate ai centri comunali di raccolta, con l’imboccatura ed i pannelli dei cassonetti per la carta massacrati da chi, contro ogni legge di fisica, si ostina ad immettere nella bocca volumi di cartone eccessivi sforzandone l’entrata. Alla fine della storia ciò che si è separato viene raccolto per il benessere economico di chi lo raccoglie, di chi lo smista, di chi lo ricicla. In pratica si è lavorato gratis e speso a favore di terzi che sono tra gli altri gli impianti di riciclaggio e ti ritrovi pure datore di lavoro di personale impiegatizio e maestranze di questi impianti. Al cittadino cosa rimane? Non gli vengono neppure forniti un tot di sacchetti, non si è neppure contemplato quale incentivo per il fine stesso di una buona raccolta differenziata di alcuni ritocchi della Tarsu riducendo man mano che la differenziata aumenta l’onere di questo tipo di tassa. Così non va per niente bene. Da noi, dato che comprando si paga tutto confezione compresa, sa solo di imposizione e di danno economico per il contribuente.
Roberto Steidler
Attività naturalistiche TAM
Questa sera con inizio alle 19, nella sede della Società alpina delle Giulie, in via Donota 2 (IV piano) Giorgina Michelini presenterà il nuovo programma annuale delle attività naturalistiche del gruppo Tutela Ambiente Montano. Di seguito, avrà luogo la premiazione del concorso fotografico indetto dal Tam sul tema “Il bosco”. Ingresso libero. Info: 040-630464.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 19 gennaio 2012
Rive, fognature da rifare due mesi di cantiere - LAVORI
PUBBLICI» L’EMERGENZA
Tubi da riparare a 4 metri di profondità tra piazza Venezia e la stazione Rogers
Già avviati i lavori, il pericolo è l’alta marea che
potrebbe invadere i pozzetti
Il guaio è già visibile perché un tratto di Rive è transennato. Si è aperto
un cantiere Acegas che tra piazza Venezia e la Stazione Rogers dovrà riparare
370 metri di fognatura sul lato marciapiede. Le corsie di transito restano pe
fortuna libere e percorribili. La tubazione, che si trova a 4 metri di
profondità e dunque sotto il livello del mare, è gravemente fessurata e lascia
entrare acqua salata che corre fino al depuratore di Servola, dove renderebbe
inerte il futuro trattamento biologico delle acque. Inibisce l’azione dei
batteri “mangiasporco”. Ma i buchi hanno già causato fuoriuscite, e dunque
l’allarme dell’Azienda sanitaria. La legge del “se” «Se i lavori fossero stati
fatti contestualmente alla riorganizzazione delle Rive, si sarebbero concentrati
i disagi in un’unica fase - non manca di dire la nuova amministrazione comunale
evocando le scelte dell’epoca Dipiazza -, ma così non è stato». Fine della
constatazione, anche se Acegas spiega che nel 2004 (prima dei lavori sull’ultimo
tratto di Rive, realizzati nel 2006) uno studio commissionato all’Università
aveva messo in chiaro come la fognatura in quella zona fosse prossima a cedere.
I tubi risalgono agli anni Trenta, sono di calcestruzzo, hanno un diametro
superiore al metro, portano le acque sporche da Roiano fino a Servola,
raccogliendo strada facendo dai collettori di ogni isolato. Due mesi e non di
più Ieri Comune e Acegas in una conferenza stampa hanno illustrato nei dettagli
l’operazione, soprattutto a uno scopo: spiegare che il sindaco Cosolini ha
chiesto tempi certi, e cioé non più di due mesi di lavori. A metà marzo tutto
dev’essere a posto come prima. L’Acegas è stata invitata a fornire materiale
informativo a residenti ed esercenti, con numeri telefonici da chiamare in caso
di necessità. Per l’assessore ai Lavori pubblici Elena Marchigiani «si sono
contenuti al massimo i disagi, ma si perdono parcheggi, salvi invece tutti i
percorsi pedonali». Rischi e pericoli A illustrare i dati tecnici, un ingegnere
per parte: Enrico Altran della divisione acqua e gas di Acegas, e Giulio
Bernetti del servizio comunale Traffico. «È un intervento che presenta notevoli
rischi e pericoli - ha detto Altran -, la stagione invernale va bene per la
minore attività su strada dei pubblici esercizi, ma coincide coi più forti
picchi di alta marea, se i pozzetti saranno invasi dal mare per sicurezza i
lavori si dovranno sospendere». Il metodo della calza Inizio e fine della
tubatura rotta saranno chiusi da palloni d’aria. Il circuito delle acque sarà
dirottato su un “by-pass” esterno, su strada. Che funzionerà grazie a 5 pompe
elettriche. Per sanare la tubazione, “il metodo della calza”. Si introduce una
guaina di poliestere impregnata di speciali resine, che viene fatta aderire alle
pareti interne. Un getto di acqua calda scioglie le resine e rende la guaina una
seconda pelle vetrosa. Meno lotti, meno tempo Due nuovi pozzetti palificati di
ispezione verranno aperti per consentire agli operai di agire in sicurezza. Si
capisce così che i “buchi” in terra saranno solo due, di 3 metri di larghezza e
profondi 4. Impossibile, assicurano i tecnici, fare a lotti: «Meglio stringere i
tempi, altrimenti ogni volta sarebbe da rifare il complesso lavoro di
intercettazione e smaltimento dei flussi fognari». Domanda: «Pericolo puzza per
il tubo esterno?». Risposta: «No, fa freddo, per fortuna».
Gabriella Ziani
Traffico rivoluzionato nelle vie Economo e Belpoggio
Riva Gulli e Riva Grumula, controviale impercorribile
finché dura il cantiere Acegas. È stato anche istituito il divieto totale di
sosta da piazza Venezia all’incrocio con via Lazzaretto vecchio. Vie dei Burlo,
via degli Argento: divieto di sosta e anche di fermata (per consentire il carico
e lo scarico a servizio degli esercizi commerciali). Queste vie, e via Belpoggio,
restano a fondo cieco, da via Belpoggio per “uscire” in discesa bisogna svoltare
per via Lazzaretto vecchio. Via Economo sarà raggiungibile solo facendo il giro
completo dell’isolato di Campo Marzio, passando davanti al Mercato
ortofrutticolo. Naturalmente, resta impedita la svolta verso piazza Venezia per
chi, da Riva Nazario Sauro, è diretto verso Campo Marzio. Negozi, bar e
ristoranti che dovessero avere necessità impreviste, avranno a disposizione il
numero di un tecnico Acegas da contattare direttamente.
Ferriera, oggi l’ad di Lucchini in Prefettura - TAVOLO
NEL PALAZZO DEL COMMISSARIATO DI GOVERNO
Sindacati scettici sul ruolo di Tondo e pronti a
chiedere che sia Giacchetti a chiamare Roma
Il rebus Ferriera torna sul tavolo del Commissariato di Governo, nel palazzo
di piazza Unità che sta in faccia a quello in cui lavora Renzo Tondo. Qui i
sindacati oggi - ed è presumibile lo facciano proprio per denunciare quelli che
ritengono essere i gravi ritardi nella gestione dell’emergenza da parte della
Regione - chiederanno con ogni probabilità che sia la stessa Prefettura a fare
da primo ponte istituzionale con lo Stato, attraverso un «accordo di garanzia»,
da firmare magari già la prossima settimana. Un patto in base al quale possa
essere direttamente il Governo a far da garante a Lucchini (per cui si
intensificano voci di vendita, si legga nelle pagine di attualità nazionale,
ndr) in attesa che si risolva nell’immediato il problema-liquidità derivante sia
dal blocco dei soldi su dismissioni e alienazioni presso il Tribunale di Milano,
sia dal persistere del contenzioso con Elettra, che a sua volta non paga
Lucchini. Ieri si è venuto a sapere che l’incontro previsto in origine proprio
per ieri davanti a un delegato del prefetto Alessandro Giacchetti (fuori Trieste
fino a settimana prossima) tra le rappresentanze sindacali (le Rsu e le
segreterie di Fiom-Cgil, Fim-Cisl, Uilm e Failms) e quelle aziendali (a
cominciare dal capo delle relazioni esterne di Lucchini Francesco Semino) è
slittato ad oggi, alle 8.30. Il posticipo, a quanto è stato lasciato intendere,
si doveva a questioni organizzative. Però ha consentito - chissà se di proposito
o casualmente - la presenza al confronto, alla testa della delegazione
aziendale, non più di Semino, bensì dell’amministratore delegato del Gruppo
Lucchini Marcello Calcagni. Il suo arrivo a Trieste per oggi era stato già
annunciato martedì in Ferriera dal direttore dello stabilimento Enrico Cascello,
durante un incontro con le Rsu nel quale lo stesso responsabile della fabbrica
di Servola aveva anche assicurato lo sbarco a stretto giro in banchina di
minerali e fossili, per consentire l’operatività per una ventina di giorni degli
impianti, messa oggi in dubbio da partite ridottissime di pellets. In origine
però, come detto, in Prefettura ci sarebbe dovuto andare ieri Semino, mentre
oggi Calcagni sarebbe dovuto venire in Ferriera. Invece ecco lo slittamento che
casca a puntino. «Nell’incontro - spiega Stefano Borini dalla segreteria della
Fiom - oltre a chiedere la ratifica di tali assicurazioni sullo sbarco di
materiale chiederemo al vicario del prefetto Giacchetti un ulteriore incontro
urgente non appena lo stesso prefetto rientrerà a Trieste, affinché egli possa
esercitare una forte pressione su Roma per la firma di un accordo di garanzia,
in cui il Governo si faccia garante in via temporanea della liquidità che
Lucchini non ha, anche per evitare che gli impianti si fermino. Respingeremo
ogni ipotesi prospettata al buio».
(pi.ra.)
Dossier Lucchini nel mirino di Tata e di Abramovich
Parte il risiko dei possibili compratori: dal gruppo
indiano al magnate russo. Probabile la vendita dei singoli stabilimenti
TRIESTE E adesso bisogna trovare un compratore. O, forse, più compratori.
Trovata l’intesa con le banche, in attesa che ai primi di febbraio il giudice
Roberto Fontana del Tribunale fallimentare milanese riunisca il collegio per
l’omologa dell’accordo, il gruppo Lucchini cerca un acquirente: non ha fretta
assoluta, ha un paio di anni davanti per individuare uno o più soggetti ai quali
cedere le realtà produttive e gli altri asset. Notizie di stampa accreditano
l’interesse che a vario titolo un vasto campionario industriale russo-indiano
avrebbe manifestato per il gruppo siderurgico guidato da Alexei Mordashov.
Secondo “MF”, a studiare il dossier Lucchini sarebbero le russe “Novolipetsk
Steel” di Vladimir Lisin, “Evraz” di Roman Abramovich, “Magnitogorsk Iron &
Steel Works”, l’ucraina “Metinvest”, il colosso indiano “Tata Steel” partner
Fiat nel subcontinente asiatico. Per venire a capo del pesante indebitamento
ammontante a 1,17 miliardi, Mordashov aveva imboccato da tempo la strada delle
alienazioni. Ha ceduto in particolare il 100% della controllata francese
Ascometal a una società del fondo statunitense Apollo, operazione che ha
consentito alla Lucchini di incassare 352 milioni, destinati in parte ad
abbassare la massa debitoria e in parte a mantenere un’accettabile soglia di
liquidità. Lo stabilimento Bfm di Bari, specializzato in lavorazioni per gli
scambi ferroviari, è invece andato alla ceca Dt. Ma la vendita di Ascometal ha
soprattutto sbloccato l’intervento delle banche creditrici (Bnp, Intesa SanPaolo,
Unicredit, Ubi, Mediobanca), esposte per circa 770 milioni, che hanno accettato
una moratoria sul debito al 31 dicembre 2017, avendo in pegno la totalità delle
azioni societarie. Quindi, di fatto saranno le banche ad avere le maggiori
responsabilità nel futuro della Lucchini. Adesso il gruppo si articola su
quattro siti: Piombino, che è il più importante con 2200 dipendenti diretti,
Trieste, dove la Ferriera di Servola ha circa 500 addetti, Lecco, dove il
laminatoio lavora con 200 unità, Condove nel Torinese, con un’ottantina di
maestranze. La struttura più difficile da collocare sul mercato è, per le
dimensioni e per le criticità connesse, Piombino. Trieste potrebbe veder
valorizzato l’incrocio di ghisa, gas, logistica, ma avverte l’indecisione
sull’avvenire del sito. Dalla previsione di un compratore a quella di più
compratori attirati dai singoli stabilimenti è un’ipotesi non ancora
esplicitata, ma certo non improbabile. Anche perchè il polso del settore è di
ardua decrittazione, le previsioni raccontano di un difficile primo trimestre,
ma i segnali sono contrastanti e sarà opportuno aspettare febbraio prima di
emettere verdetti. Il 2011 dell’acciaio, che era iniziato sotto buoni auspici
spinto da un frizzante 2010, si è concluso all’insegna dell’incertezza: la
crescita mondiale ha stazionato in autuunno attorno all’1%, dopo aver viaggiato
durante l’anno tra il 6 e il 10%. In Europa una quindicina di altiforni sono
stati fermati, i grandi produttori come ThyssenKrupp e ArcelorMittal meditano
disinvestimenti nel Vecchio Continente. E contro il dumping cinese Eurofer è
ricorsa alla Commissione Ue.
Massimo Greco
La stazione di Villa Opicina ora rischia la chiusura
L’ipotesi ha preso corpo dopo la soppressione del treno
per Budapest ma Trenitalia nega. Via intanto i bagni e l’ufficio della Polfer
di Elena Placitelli Rischia di chiudere la stazione ferroviaria di Villa
Opicina. Trenitalia nega, nonostante le voci di corridoio che sono cominciate a
circolare. Al punto che i lavoratori hanno rotto i rapporti con i sindacalisti,
perché da loro non si sentono più rappresentati. Sull'incertezza del loro futuro
professionale, stanno cercando di fare luce da soli. In questi casi l'anonimato
è d'obbligo. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato il treno per
Budapest. La sua recente cancellazione è suonata come un campanello d'allarme,
destando i sospetti che guardano a un futuro non troppo lontano. Il ragionamento
è semplice: il treno Venezia–Budapest era l'ultimo convoglio viaggiatori che
passava per Villa Opicina. Ora la stazione non serve più ai passeggeri, ma solo
alle merci. Allora perché non chiuderla? I motivi che scongiurano tale ipotesi
li spiega Trenitalia, facendo leva proprio sul traffico delle merci: «La
stazione di Villa Opicina è un nodo nevralgico per l'elevato flusso di merci che
non pone il problema di una sua chiusura. Si tratta dell'unica uscita verso Est
dalla provincia di Trieste, una stazione che deve rimanere aperta anche per
l'eventualità che un domani un'altra società decidesse di farvi transitare un
altro treno internazionale». E ancora, l'azienda dice che una decisione del
genere «equivarrebbe a chiudere le due linee ferroviarie che da Villa Opicina si
snodano verso Bivio Aurisina–Venezia e verso Campo Marzio». Ma è proprio su
questo punto che sorgono altre perplessità. Indiscrezioni dicono che a marzo
dovrebbe chiudere la stazione di Aurisina. A quel punto, la “cintura” di 50
chilometri che collega Villa Opicina a Trieste centrale passando per Grignano
lascerebbe viaggiare un convoglio merci senza alcun presidio “di controllo”, con
eventuali ripercussioni sulla sicurezza del trasporto. Se tale ipotesi
risultasse vera, la scelta di chiudere la stazione di Opicina diventerebbe meno
remota. E, stando sempre alle indiscrezioni, altri presagi contribuirebbero a
immaginare la chiusura della stazione. Il fatto che l'ufficio della Polfer stia
traslocando non aiuta certo a immaginare una stazione “viva”, così come la
decisione di chiudere a chiave i bagni, che dal primo gennaio è stata presa
anche a Carnia, Cormons, Gemona, Tarvisio, Bosco Verde e San Giorgio di Nogaro.
A Opicina si parla poi di una sempre più spinta concorrenza dei privati, che a
poco a poco starebbero togliendo lavoro alla Cargo, la società di Fs che si
occupa delle merci. Si aggiunga la riduzione di 16 binari (su 43) cui l'anno
scorso è stato tolto il collegamento elettrico, col risultato che la capacità
della stazione è calata del 50% arrivando ad ospitare al massimo 500 vagoni al
giorno. Un dato preoccupante, se confrontato ai lontani anni Sessanta, quando la
stazione di Villa Opicina ospitava insieme a quella di Prosecco 3mila treni al
giorno, con super fatturati e un totale di 500 lavoratori impiegati.
Gretti (Pdl): «La centrale a biomassa conviene
veramente?» - ENERGIA
MUGGIA Applicare delle verifiche sulla reale convenienza e l'effettiva gestione della centrale a biomassa. La struttura a servizio della scuola elementare “De Amicis” non convince affatto il consigliere comunale del Pdl Christian Gretti. Fortemente voluta dall'amministrazione Nesladek l'opera della potenzialità di 360 Kw che verrà costruita entro la fine dell'estate all'interno di un vano in cemento armato sito vicino all'istituto scolastico pare tutt'altro che conveniente. «Partendo dal fatto che nell’ultimo Energy Report del Wwf del 2011 vengono chiaramente indicate le modalità per ottenere entro il 2050 il 100% dell’energia dalle fonti rinnovabili, sfruttando principalmente energia solare, eolica, idroelettrica e geotermica, e che dunque l’uso di biocombustibili liquidi e biomasse solide viene relegato a pochi casi ed in mancanza d’altro, le centrali a biomassa – spiega Gretti - sono sicuramente meno inquinanti di quelle a gasolio ma allo stesso tempo, da studi scientifici, risulta che tali centrali hanno un impatto sulla salute per la produzione di polveri sottili, metalli pesanti, diossine, formaldeide, acroleina». Da qui la richiesta da parte dell'ex esponente aennino sull'esistenza o meno dei dati progettuali che indichino le quantità che verranno prodotte. Tra gli altri punti dolenti c’è lo smaltimento delle ceneri residue della combustione poiché a Trieste non esistono discariche per lo smaltimento di tali rifiuti: inevitabile dunque il trasporto fuori Provincia. Dunque la convenienza economica viene meno? «A tutt'oggi i costi per la realizzazione di tali centrali risultano alti poiché sussistono una serie di spese, soprattutto a messa in regime dell’impianto, che gravano sul bilancio», conferma Gretti. Fra queste la manodopera per il funzionamento e soprattutto l’approvvigionamento del cippato che scarseggia nel territorio muggesano, tanto è vero che nello studio commissionato nel 2009 dal Comune di Muggia alla Ceta (Centro di ecologia teorica ed applicata) era stata evidenziata la possibile anti-economicità della struttura nel caso in cui non si reperisca il combustibile nelle vicinanze.
(ri.to.)
Notte dell’economia verde a Nordest
Per la prima volta in vetrina il 5 maggio le eccellenze
produttive della sostenibilità ambientale di Veneto, Trentino e Fvg
PADOVA Tutte le eccellenze green della metropoli Nordest, in una notte. Il
prossimo sabato 5 maggio la cosiddetta “terra dei miracoli” dimostrerà di avere
tessuto una immensa rete della sostenibilità economica e sociale, unendo oltre
20 città nel primo appuntamento della Notte Verde. Sarà una lunga nottata nel
segno della sostenibilità, che mette in connessione città e quartieri dell’area
metropolitana tra Veneto, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia. Ideato da
Nordesteuropa.it il progetto vede Il Piccolo come mediapartner. L’iniziativa,
promossa insieme a Sette Green si inserisce nel contenitore della quinta
edizione del Festival Città Impresa (dal 2 al 6 maggio). Presentata ieri nella
sede del Comune di Padova dal direttore del Festival Filiberto Zovico assieme al
vicesindaco Ivo Rossi e all’assessore all’Ambiente Alessandro Zan, la Notte
Verde "sarà un esperimento di innovazione culturale –ha detto Filiberto Zovico-
al quale hanno già espresso la loro adesione 20 realtà diverse tra città e
territori". Da Padova, considerata ormai da tutti capitale green del Nordest e
fra le città italiane al top in tema di eccellenze produttive e politiche di
sostenibilità ambientale, a Venezia, Vicenza, Udine, Gorizia, sino a Schio,
Unione dei Comuni del Camposampierese e Bassano, ma anche Pieve di Soligo,
Valdagno, l’area del Miranese e la Riviera del Brenta: tutte in rete e pronte a
mobilitarsi attorno a una delle principali leve di sviluppo economico e sociale,
evidenziando quanto la Green Valley del Nordest sia "un luogo ad alta
concentrazione di esperienze all’avanguardia in tema di sostenibilità, oltre che
un laboratorio diffuso sul fronte imprenditoriale, culturale ed istituzionale",
ha aggiunto Zovico. Molte le città che si accenderanno di verde: nelle piazze,
negli impianti industriali, nei luoghi culturali del Nordest, sono attese
300.000 persone per dare vita alla più grande manifestazione europea nel suo
genere. Dibattiti e workshop, presentazione di progetti e prodotti, performance
artistiche ed esposizioni, esplorando le migliori esperienze sostenibili:
tecnologie pulite ed energie alternative, mobilità e gestione dei rifiuti,
bio-architettura e design. Ma saranno aperti anche gli esercizi commerciali e
gli spazi culturali, che si coloreranno di verde per un’intera notte. In una
dimensione spettacolare, che mette insieme informazione e sensibilizzazione,
esperienza culturale e ludica, il progetto evidenzia la sinergia necessaria tra
impresa e cultura, come tra settore pubblico e privato. Anche per condividere e
raccontare un progetto diffuso: quello di una metropoli che aspirando al titolo
di Capitale Europea della Cultura 2019, accoglie la sfida di creare un nuovo
modello di sviluppo sostenibile. La speranza è che anche questa ricetta di
opportunità "verdi" possa aiutare a far crescere l’economia e far uscire il
Nordest dalla logica dei campanili.
Massimo Nardin
Anche Gorizia nel progetto insieme a Udine Il sindaco
Romoli: nuova cultura di sviluppo
La maratona verde passerà anche per il Fvg. Due le tappe: Gorizia e Udine. Saranno loro le città green che ospiteranno iniziative ed eventi sul tema della sostenibilità ambientale. Il sindaco Ettore Romoli ha voluto far aderire Gorizia al progetto, che metterà a confronto esperienze diverse all’interno di una grande area comune, con «l’obiettivo di far crescere una nuova cultura che ci permetta di “riappropriarci” delle nostre città». Gorizia quindi risponderà all’appello di Nordesteuropa.it organizzando, in collaborazione con numerose realtà cittadine e con la vicina Slovenia, svariate iniziative. Ma il fine ultimo è lavorare sul lungo periodo. Su questo fronte l’amministrazione isontina non sta perdendo tempo: dall’ampliamento delle isole pedonali alla realizzazione, in collaborazione con l’Università di Trieste, del progetto E-cube (un parco per le energie rinnovabili), tanti sono i progetti già in cantiere. Anche Udine scalda i motori in vista della Notte verde. Il sindaco Furio Honsell spiega: «Stimo lavorando all’organizzazione della serata assieme all’associazione “Green Factor”, che si occupa anche della consegna dell’omonimo Premio. Verranno organizzate iniziative ludiche nelle piazze e incontri di tipo divulgativo, in collaborazione con l’Università. Quella della green economy è la vera sfida per le nostre città. Il Comune di Udine sta già facendo molto: dall’adozione del bilancio energetico alle politiche innovative in campo edilizio, fino alle energie rinnovabili».
(el.col.)
GreenStyle.it - MERCOLEDI', 18 gennaio 2012
Corrado Clini: via il fotovoltaico dai campi agricoli
“Pomodori e non pannelli” è questa la ricetta, almeno
per le campagne, del Ministro Corrado Clini.
Non è la prima volta che il titolare del Ministero dell’Ambiente interviene
su quelli che sono alcuni dei timori più diffusi nella società civile, quello di
una campagna strappata alla coltivazione dal business delle rinnovabili in
primis.
L’Italia, fino ad ora, ha ampiamente rinunciato all’idea di governare con ordine
il boom delle nuove energie, lasciando che interi campi venissero invasi da
pannelli fotovoltaici. In tempi di magra per l’agricoltura, i finanziamenti del
Conto Energia sono sembrati sempre un’alternativa ghiotta per rendere produttivi
i terreni. Ma la colpa di ciò è da attribuire proprio al lassismo delle
istituzioni e alla mancanza di un chiaro Piano Energetico nazionale, più volte
annunciato dall’ex Ministro per lo Sviluppo Romani, ma mai messo su carta.
Il Ministro Clini è allora entrato in maniera decisa sull’argomento:
Il piano energetico nazionale punterà soprattutto su un fotovoltaico dedicato al
settore industriale ed edilizio. Basta utilizzare i terreni agricoli per gli
impianti fotovoltaici, nei campi bisogna coltivare i pomodori.
Punto di vista condivisibile, a patto di dare una mano al settore agricolo per
uscire dalla crisi in cui vessa. Una soluzione che dovrebbe però essere più
ecocompatibile della riduzione delle accise per il gasolio richiesta dal
movimento dei forconi.
Ad ogni modo, l’impegno di Clini sembra andare per il momento verso investimenti
sulle rinnovabili più mirati, investendo meglio che in passato. Il non
rinunciare ai campi vorrebbe dire rilanciare forme di fotovoltaico più
compatibili con il nostro paesaggio. Si tratta di una sfida cruciale per il
nostro Paese, ha confessato il Ministro:
Dobbiamo lavorare tutti insieme, governo e imprese per produrre un’energia a
basso costo. Le rinnovabili devono essere accessibili a tutti. Bisogna investire
su tecnologie flessibili, ricerca e sviluppo.
Nel nostro piccolo, auspichiamo soltanto che oltre ad un Piano Energetico
Nazionale si affronti il problema agricolo nel nostro Paese.
Guido Grassadonio - Fonti: Corriere.it
Batterie auto elettriche: arrivano quelle litio-aria da
IBM
L’autonomia limitata delle auto elettriche è uno dei
limiti più importanti a una loro diffusione capillare sul mercato, quasi quanto
la scarsità di colonnine per la ricarica in molti centri medio-piccoli di un po’
tutti i paesi europei. Ben consci di questo forte limite, i costruttori sono
alla ricerca di soluzioni per migliorare le batterie attualmente utilizzate su
questo tipo di veicoli e una possibile soluzione sembra arrivare dagli USA,
precisamente da IBM.
Apparentemente, un’azienda attiva nel campo informatico non sembra direttamente
collegata alla soluzione di un problema che riguarda i trasporti dell’immediato
futuro, eppure, proprio da IBM arriva quello che è stato denominato “Battery 500
Project“, un progetto che punta a realizzare una tecnologia per le batterie
delle auto elettriche rendendole capaci di garantire un’autonomia di 500 miglia,
cioè l’equivalente di poco più di 800 chilometri.
I tecnici al lavoro su questo progetto hanno pensato a degli accumulatori al
litio-aria al posto di quelli attuali al litio. L’idea alla base è quella di
utilizzare il carbonio, il quale è capace di assorbire l’ossigeno contenuto
nell’aria reagendo con gli ioni di litio, dando luogo a un processo che consente
di immagazzinare corrente elettrica e di garantire una densità energetica fino a
1.000 volte superiore a quella delle attuali batterie.
Secondo quanto spiegato da IBM, il problema attuale su cui ancora si sta agendo
è relativo all’instabilità chimica delle celle litio-aria, ma pare che un primo
prototipo delle batterie al litio-aria possa essere costruito entro il 2013, per
portare questo sistema sul mercato entro il 2020.
Giuseppe Cutrone - Fonte: Motori.it
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 18 gennaio 2012
Sul Municipio torna l’ombra di Gas Natural - A breve il
parere della giunta sul progetto definitivo. Ma prima il centrosinistra ne
parlerà in un vertice
Siamo alla vigilia di un clamoroso ritorno di fiamma alimentato da Gas Natural? In politica tutto può essere, ma a palazzo per ora - sul voto che uscirà a brevissimo dalla giunta Cosolini sul progetto definitivo del rigassificatore di Zaule, benché diventato un pugno nell’occhio meno forte di prima, anche per quegli accorgimenti di natura paesaggistica contenuti nella relazione allegata - non si accettano neppure scommesse, tanto scontato pare rimanere l’esito del parere. In senso negativo, ovviamente. Improbabile insomma - posto che l’ultima parola non la si prenderà qui - che in Municipio il “no” storico all’impianto diventi “sì”, anche alla luce degli ammiccamenti sulle royalties finiti male ai tempi di Dipiazza, e anche alla luce delle prese di posizione contrarie all’opera (un “riparliamone” in effetti restava possibile solo se i termini del progetto, nel suo complesso, fossero cambiati radicalmente) ostentate in campagna elettorale dall’attuale sindaco. Un sindaco pur proveniente da un partito che, originariamente, non aveva disdegnato, al pari dell’allora An dell’allora sottosegretario di Governo Roberto Menia, la realizzazione dell’impianto. Ma è proprio ed esclusivamente per tale “ricordo” che in Municipio si sente dire possa restare aperto un pertugio, minimo, fino all’ultimo minuto dell’ultimo giorno disponibile. Il classico ritorno di fiamma, appunto, giusto per condire con un pizzico di suspense una partita sulla carta senza storia. Lunedì scorso, in giunta, l’assessore vendoliano all’Ambiente Umberto Laureni ha illustrato il progetto definitivo depositato da Gas Natural. La squadra di “governo” cittadino di Roberto Cosolini ha deciso di riaggiornarsi per esprimere il proprio parere. La seduta di giunta adatta per farlo potrebbe essere già quella di domani. Ma non è detto. Molto infatti dipenderà da quale piega prenderà il vertice di maggioranza che il centrosinistra triestino si era messo in agenda per oggi già da tempo, e su un altro argomento, cioè il Piano del traffico. Quello resta il tema numero uno della riunione del pomeriggio. «Se ci sarà il tempo, parleremo anche del rigassificatore, altrimenti lo faremo in un’altra occasione», si limita a dire Cosolini. Se oggi il progetto di Gas Natural non sarà toccato, quindi, si renderà necessario nei prossimi giorni un ulteriore confronto politico di maggioranza, e il passaggio di giunta ad hoc slitterà alla prossima settimana. Un passaggio che però, frena le retroletture il sindaco, non è che un «atto dovuto». Una liturgia burocratica, insomma, più che una grana politica, lascia intendere. Ci sono d’altronde da giudicare e verificare nero su bianco, e questo lo aggiunge Fabio Omero da assessore allo Sviluppo economico, le eventuali risposte di Gas Natural alle «prescrizioni». Chi ha fegato cominci a scommettere.
(pi.ra.)
La Regione minaccia Trenitalia «Basta disservizi. O vi
cacciamo»
Riccardi convoca i vertici ferroviari del Friuli
Venezia Giulia e, dopo la maxi-multa, rincara la dose: «Siamo pronti alla
risoluzione del contratto». I pendolari: «Dal 1° gennaio già 19 cancellazioni»
TRIESTE Riccardo Riccardi manda l’ultimatum: o si cambia o si straccia il
contratto. L’assessore ai Trasporti ieri pomeriggio ha chiamato a rapporto il
responsabile di Trenitalia Fvg, Maria Giaconia. Al centro i pesanti disservizi
cui sono sottoposti gli utenti in Friuli Venezia Giulia, tanto che Riccardi ha
definito l’operato della società «inaccettabile e insostenibile». Una bocciatura
senza mezzi termini che fa seguito alla sanzione di circa un milione di euro
comminata dalla Regione nelle scorse settimane, e sempre per gli stessi motivi:
cancellazioni e ritardi insopportabili. Disagi avvertiti soprattutto lungo i
tratti Udine-Tarvisio, Udine-Trieste, Casarsa-Portogruaro. «Soppressioni che
vanno ben al di là della ragionevolezza, stiamo andando oltre – insiste
l’assessore – c’è gente che deve andare al lavoro, studenti che devono andare a
lezione e non sanno se arriveranno a destinazione». Riccardi è conscio che la
situazione è dovuta allo stato in cui si trovano i mezzi, spesso vecchi di 40
anni e sottoposti di continuo a manutenzione. E sa anche che il quadro non potrà
cambiare fintanto che non entreranno in servizio i nuovi treni, attesi tra
aprile e maggio, ricorda. L’assessore però non vuole più giustificazioni. Ne ha
sentite già troppe e ora si passa ai fatti: «A fronte di un contatto in vigore –
attacca l’esponente dell’esecutivo – Trenitalia deve garantire il servizio».
Quindi, rivolgendosi al direttore Giaconia: «Se a febbraio perdureranno le
soppressioni, non potremo far altro che passare alla risoluzione del contratto».
Riccardi gela Trenitalia e non molla: «Deve garantirci il servizio concordato,
altrimenti ci considereremo liberi di trovare un altro partner ferroviario e nel
frattempo di “dirottare”, purtroppo, sulla gomma, sulle autolinee, un servizio
indispensabile ai lavoratori e agli studenti». L’assessore ritorna a riflettere
sul parco treni a disposizione della società, «alle prese con materiale
ferroviario ormai vecchio e un’organizzazione del lavoro da ritarare, ma io e la
giunta dobbiamo rispondere ai nostri cittadini, arrabbiati ed avviliti per un
disservizio da tempo scadente – aggiunge – considerato anche che
l’amministrazione corrisponde annualmente alla società una cifra superiore ai 30
milioni di euro. Ci vogliono anni per recuperare l’immobilismo della situazione
ferroviaria» evidenzia Riccardi. In giornata qualche schiarita. Il direttore
Giaconia, in una nota ufficiale, assicura che «di fronte a una situazione
eccezionale, la direzione regionale di Trenitalia ha attivato una task force per
ridurre l’indisponibilità dei mezzi, dovuta a interventi straordinari di
manutenzione, già da lunedì prossimo ed essere a regime a fine mese». La società
ha anche confermato che quattro nuovi treni “Vivalto” entreranno in servizio tra
aprile e maggio. Riccardi però ha chiesto altre garanzie: «È indispensabile che
la normalità di servizio, confermataci dai primi giorni di febbraio, sia certa
anche in tutte le successive settimane, per non ritrovarci a breve a dover
spiegare all’utenza ulteriori soppressioni, peraltro sino ad ora mai segnalate
in tempo, sempre dell’ultimo minuto, quasi “a treno in corsa”». La giunta ha
quindi convocato i vertici di Trenitalia per un prossimo incontro in Regione
nell’ultima settimana di gennaio. Le rassicurazioni dell’azienda non soddisfano
però il Comitato Pendolari Alto Friuli. «La riunione non ha portato buone
notizie ai viaggiatori, sebbene Trenitalia abbia affermato che entro fine mese
la situazione di disagio dovrebbe terminare. Noi – commenta il Comitato –
nutriamo forti dubbi che il gestore sia in grado in meno di 2 settimane di
interrompere il trend negativo di cancellazioni». Negli ultimi giorni, fa notare
il gruppo, ci sono state ben 4 soppressioni solo lungo la Udine-Tarvisio: «La
conta ormai della cancellazioni ammonta a 19 da inizio anno». Per i pendolari
«non è solo una questione tecnica legata al noto problema del materiale
rotabile, ma ci sono altri motivi che determinano questi continui disservizi, né
si può sperare nei nuovi treni se non ci sarà personale sufficiente per farli
correre». In serata l’Ugl trasporti, attraverso il segretario regionale Giovanni
Falanga, smorza i toni a difesa dei ferrovieri: «Viene messo sotto accusa un
insieme di persone che con difficoltà e mancanza di mezzi cerca comunque di
fornire un servizio accettabile».
Gianpaolo Sarti
Acqua, cresce la protesta «Non aggirate il referendum»
ROMA Si allarga la mobilitazione a difesa del risultato
del referendum sull’acqua. Il timore è che i provvedimenti sulle
liberalizzazioni possano rimettere in discussione una materia sulla quale si
sono già espressi milioni di elettori. Per questo Beppe Giulietti, portavoce
art.21, e Vincenzo Vita, senatore Pd chiedono che il governo incontri subito il
Forum per l’acqua pubblica. Di Pietro avverte che «l’Italia dei Valori difenderà
dentro e fuori il Parlamento l’acqua pubblica. Non permetteremo a nessuno che la
volontà dei cittadini espressa attraverso i referendum venga calpestata e le
norme aggirate». Bonelli, dei Verdi invita a non violare la Costituzione e il
Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo appoggia «integralmente» l’appello del
comitato Acqua Bene Comune, a difesa del referendum del 12 e 13 giugno scorsi.
«Oggi - si legge in un comunicato - l’acqua bene pubblico sta per tornare
privata. Il Governo Monti intende approvare un decreto sulle strategie di
»liberalizzazione«, che vuole intervenire direttamente anche sull’acqua,
sconfessando l’esito dei Referendum del 12 e 13 giugno scorsi. Dobbiamo
impedirglielo!»
IL PICCOLO - MARTEDI', 17 gennaio 2012
Seganti: «E se Jindal rilevasse l’impianto...» - LA
REGIONE REPLICA A MONTESI (SERTUBI)
La Regione ribatte all’attacco arrivatole dall’amministratore delegato della Sertubi, Leonardo Montesi. «Qui si fanno solo riunioni in Regione dove si discute di aria fritta», aveva detto l’ad dell’azienda che produce tubazioni utilizzando la ghisa prodotta dalla Ferriera. E proprio allo stallo e all’incertezza per il futuro che sta vivendo lo stabilimento siderurgico di Servola, Montesi si era agganciato chiamando in causa la Regione. «Lui (Montesi, ndr) rappresenta un importante gruppo a livello internazionale del settore - sono le parole dell’assessore regionale alle Attività produttive, Federica Seganti -. Potrebbe essere questo stesso gruppo, dunque, a risolvere la situazione facendo un’offerta per l’acquisto dell’impianto di Servola». L’invito a rilevare la Ferriera ha evidentemente come destinatario il colosso indiano Jindal, che ha preso in affitto la Sertubi. «Probabilmente - aggiunge Seganti - l’integrazione a monte fra le due realtà sarebbe la soluzione di tutte le problematiche. Noi siamo qui a lavorare ogni giorno per creare le migliori condizioni possibili per far operare le aziende sul nostro territorio ma non possiamo sostituirci alle stesse aziende, agli azionisti». Sulla questione “tavoli”, nello specifico, l’assessore leghista della giunta Tondo sottolinea: «Al di là di quello organizzato a fine anno, la Regione e la sottoscritta hanno convocato più di qualche incontro con la Sertubi ma anche con la Lucchini, per un confronto ampio». Ieri, intanto, Montesi ha incontrato - come annunciato - il sindaco Roberto Cosolini. «Non è la prima volta che ci vediamo - premette il primo cittadino -, è già capitato con periodicità. Si è trattato di un momento utile per uno scambio di informazioni. Montesi mi ha ribadito infatti le motivazioni che l’hanno portato a una forte presa di posizione. Noi come Comune - prosegue Cosolini - stiamo portando avanti uno sforzo per disegnare un nuovo rapporto fra le istituzioni, impegnando sul tema Regione e governo. Così, abbiamo in programma un’iniziativa per vedere assieme alla Regione sia la Lucchini sia la Sertubi». Il sindaco sa che bisogna fare in fretta: «Si lavora in tempi stretti».
(m.u.)
Gli studenti per spostarsi chiedono più bus notturni
Presentato Unimob, uno studio sulla mobilità della
popolazione dell’ateneo che equivale a un piano traffico. Il 70% va a lezione
con mezzi pubblici
Studenti, docenti e dipendenti dell’Università sono circa 25 mila. Tutti si
muovono: per arrivare, per spostarsi fra le 12 facoltà e le 17 sedi di cui si
compone la mappa dell’ateneo. In un anno questa popolazione crea a Trieste 2,8
milioni di spostamenti solo di persone della provincia, più 214 mila di
pendolari giornalieri e 5600 tragitti in entrata alla settimana di pendolari
stanziali, che affittano una casa per studiare. Una fiumana, che nell’ora di
punta mette in strada ben 14 mila dei 35 mila cittadini totali in transito. Tre
stelle di merito agli universitari: per oltre il 70% nell’ultimo tratto che
serve a raggiungere le rispettive aule usano i mezzi pubblici. O vanno a piedi.
E tuttavia il popolo universitario, è stato calcolato, produce più di 6,5
tonnellate di anidride carbonica al giorno col solo tragitto di andata. Che cosa
chiede questa città universitaria? Non tanto parcheggi, quanto durata del
biglietto dell’autobus più breve e a prezzo più basso, un abbonamento agevolato
collettivo, e soprattutto un servizio adatto alla vita giovane: più mezzi
pubblici nelle ore serali (82%). Sono i sorprendenti risultati di “Unimob”,
studio multidisciplinare condotto con questionari e analizzato con metodo
scientifico che l’Università, con un progetto finanziato dal Fondo Trieste, dopo
due anni ha concluso e i cui risultati intende portare, con proposte “pesanti”,
a tutte le istituzioni, dal Comune alla Regione, da Trenitalia a Trieste
trasporti. Ieri «Unimob», condotto dal “mobility manager” dell’ateneo, il
professor Giovanni Longo del Dipartimento di Ingegneria civile e architettura, è
stato presentato con tutti gli esiti, derivati non solo dai questionari (5500
risposte di cui 4000 complete), ma anche dall’analisi psicologica del problema
strade, traffico, parcheggi, mezzi privati e pubblici. «Metteremo a disposizione
delle istituzioni una vera potenza di fuoco - ha detto il rettore Francesco
Peroni -, solo l’università ha tante competenze scientifiche per realizzare
un’analisi così approfondita, i soldi pubblici vengono restituiti con gli
interessi: se Einaudi diceva “conoscere per deliberare”, noi offriamo la
conoscenza a chi delibera, e mettiamo anche in evidenza la massa sociale e il
peso economico dell’ateneo per Trieste». Il 60% degli studenti, si scopre, è
pendolare. Su suolo cittadino, la metà raggiunge piazzale Europa con l’autobus,
il 21% si muove solo a piedi, altrettanti con la macchina. La sede centrale è
come una città: vi afferisce oltre la metà degli studenti totali, e il 62% del
personale. All’indagine, ha ricordato Longo, hanno partecipato ingegneri civili
e dell’informazione, architetti, docenti di Scienze economiche, aziendali,
matematiche e statistiche, psicologi. E poiché l’87% ha fiducia nel cambiamento,
e il 57% ritiene che «l’Università non fa abbastanza», con “Unimob” si promette
una forte azione sui poteri decisionali. E anche su Trenitalia. «Noi dimostriamo
coi numeri di essere una priorità - ha detto Peroni -, ci dimostrino loro di
averne altre, renderemo tutto pubblico».
Gabriella Ziani
«Da adeguare anche l’orario dei treni» - IL DOSSIER
Il “dossier” prodotto dall’indagine “Unimob” stranamente
non produce richieste di parcheggi, gli universitari non sono così ricchi da
avere la disponibilità della macchina, usano i mezzi pubblici, anche se l’area
di piazzale Europa è angosciosamente piena di auto in sosta. Le proposte sono
state, dal direttore della ricerca, il “mobility manager” di ateneo Giovanni
Longo, distinte in tre capitoli: a costo zero, a costo contenuto, a costo
elevato. Fra le prime: coordinare gli orari dei treni con la linea bus 17,
provvedere rastrelliere per bici in stazione e in Città vecchia (sedi
umanistiche), diversificare gli orari di inizio lezione per evitare ingorghi,
mettere monitor con le “info” sugli orari dei treni nelle sedi universitarie,
creare aree di sosta per motocicli. A costo medio, si chiede il prolungamento
della linea 19 tra via Carducci e piazzale Europa, biglietti del bus di minor
durata e prezzo, oppure di durata maggiore a un’ora, ma con lo sconto. Il
rappresentante del consiglio degli studenti, Matteo Fadel, ha parlato di una
richiesta ufficiale inoltrata a Trieste trasporti per verificare la possibilità
di un “abbonamento collettivo”. Si vorrebbero anche bus a chiamata notturni, una
pista ciclabile sulle rive, la ripavimentazione delle zone di sosta in via
Valerio col recupero di ben 200 posti macchina. Tra le cose “costose” ce n’è una
originale: una scala mobile tra via Giulia e via Valerio. Innovazione che
sposterebbe molti utenti universitari dalla linea 17 alla 9 e alla 6 che
percorrono l’asse via Battisti-Giulia. E poi: una linea serale, pullman verso
zone mal collegate con la ferrovia, pacchetti di abbonamenti gratuiti o
agevolati per i mezzi pubblici, e (finalmente) anche il parcheggio interrato in
piazzale Europa, promesso dal Comune e mai realizzato.
Pietro Faraguna (Pd) «Ponte sul canale, ormai i
giochi sono chiusi»
«Nel governo di una città esistono momenti per decidere, e
altri momenti in cui si può solo eseguire». Così il consigliere comunale del Pd
e presidente della IV Commissione interviene sul “caso” della passerella sul
canale di Ponterosso, contro la cui realizzazione è stata anche presentata una
petizione popolare. «Tale petizione - continua Faraguna - proseguirà il suo iter
in aula, ma sta diventando chiaro che qualunque ripensamento sul progetto in
questione finirebbe per creare dei gravi pasticci in termini di legittimità
degli atti. La gara d'appalto per il ponte, infatti, è già stata aggiudicata a
marzo, per cui qualunque marcia indietro sarebbe illegittima. Stupisce pertanto
che la prima delle firme inserite nella petizione sia quella di un consigliere
comunale di maggioranza dello scorso mandato (Roberto Sasco dell’Udc ndr), che
forse nei precedenti cinque anni non si era accorto dell’elaborazione,
dell’approvazione, del finanziamento e dell’aggiudicazione dell’opera. Erano
quelli i momenti per approfondire la riflessione -conclude Faraguna -, non certo
ora, con l'appalto aggiudicato e l'opera finanziata».
SEGNALAZIONI - COMUNE - Attori cambiati ma non il film
Insorge la destra per la super delega che il sindaco ha conferito all’assessore Elena Marchigiani. Effettivamente urbanistica e lavori pubblici saranno un bell’impegno per l’assessore in questione, tuttavia conto che esperienza e professionalità aiuteranno la stessa a far fronte brillantemente agli attacchi dell’opposizione. Ricordo poi, a chi oggi tanto si sdegna per questa doppia delega, che in passato i medesimi assessorati erano stati assegnati dal sindaco Dipiazza a Giorgio Rossi. Non posso però neppure fare a meno di richiamare alla memoria che in quell’occasione un importante consigliere del PD, oggi assessore nella giunta Cosolini, aveva più volte e con forza sottolineato “l’anomalia e l’inopportunità di conferire ad un'unica persona la delega a tali importanti assessorati”... Non aggiungo altro, se non l’amarezza di constatare che gli attori sono cambiati, ma il film che noi cittadini vediamo è lo stesso...
Lucia Sirocco
«Salvate il museo ferroviario» - Organizzata una
petizione - NUMEROSE FIRME ILLUSTRI
All’iniziativa finora hanno aderito anche Paolo Rumiz,
Claudio Boniciolli, Etta Carignani, Fulvio Camerini, Franco Gioseffi, Luigi
Bianchi, Alessandro Puhali, Fulvio Gon
Una firma qui, prego. Una firma per salvare il Museo Ferroviario di Trieste
Campo Marzio. Il 16 dicembre 2011 i volontari dell'Associazione dopolavoro
ferroviario di Trieste, gestori del museo, hanno lanciato un appello per
scongiurare l'ipotesi della chiusura della struttura (ventilata dallo stesso
presidente del Dlf, Caludio Vianello). Che i cittadini nutrano affetto per
l’edificio e ne riconoscano il valore dell’ è palese. “La transalpina ha il
capolinea a Trieste Campo Marzio. Campo Marzio è il terminale della
Metropolitana transfrontaliera” sottoscrivono i triestini. Odiernamente la
petizione conta adesioni di personaggi eccellenti come Paolo Rumiz, Etta
Carignani, Fulvio Gon, Claudio Boniciolli, Fulvio Camerini, Alessandro Puhali,
Roberto Carollo, Leonardo Steffè, Franco Gioseffi e Luigi Bianchi. Il pericolo
del contratto nazionale proposto da Patrimonio Dlf srl, contratto della durata
di cinque anni che avrebbe decretato la morte della struttura, è stato
temporaneamente evitato. Per quanto riguarda le condizioni circa l’affitto
fissate dall’associazione romana, sono state formulate diverse soluzioni. La più
accreditata, auspicata anche da Vianello, è la cessione della Stazione di Campo
Marzio al Comune, in cambio di un’altra area di interesse per le Ferrovie
Statali. Impensabile, invece, il trasferimento del museo all’interno del Porto
Vecchio per diverse ragioni, tutte riconducibili al rapporto esistente tra la
collezione e la Stazione. Uno spostamento del patrimonio rischierebbe di “fare
di Campo Marzio un contenitore vuoto” sostiene il presidente del Dlf di Trieste.
È necessario che il tutto mantenga il suo valore, se si tiene anche conto del
fatto che quello triestino è l’unico museo ferroviario d’Italia. Nell’attesa
della soluzione definitiva, che dovrà essere comunicata entro l’anno, il Dlf
triestino ha avanzato una richiesta al Comune di un contributo pari a 25 mila
euro, finalizzato al pagamento dell’affitto (corrispondente a circa 2 mila euro
mensili). Nel frattempo il Comune mette a punto le richieste da presentare alle
Ferrovie dello Stato. L’incontro con l’amministratore delegato delle FS e
l’Autorità portuale è previsto per il 2 febbraio. È possibile aderire
all’appello fino al 31 gennaio 2011 inviando la risposta a dlftrieste@dlf.it, al
fax 040634363 oppure all’indirizzo SAT Sezione Appassionati Trasporti del
Dopolavoro Ferroviario di Trieste via G. Cesare 1 - 34121 Trieste.
«Il centro di Basovizza deve essere ripristinato»
Ordine del giorno in Regione a difesa della struttura
didattica della forestale Il consigliere Pdl Camber: «È fondamentale per la
promozione turistica»
TRIESTE Ci sono delle fondate speranze che il Centro didattico naturalistico
di Basovizza possa resuscitare sia di nome che di fatto. Dopo un autunno di
sangue e lacrime nel quale cittadini, amministratori e tecnici si erano spesi
per il mantenimento della struttura e dell’antica Stazione Forestale basovizzana,
colpiti da un provvedimento di chiusura definitiva nell’ambito di un
ristrutturazione del Corpo forestale voluta dall’ente regionale, il nuovo anno
si apre con delle prospettive di ripristino del prestigioso polo
scientifico/didattico forestale carsolino. In chiusura d’anno un gruppo di
consiglieri regionali di ambo gli schieramenti (tra questi Moretton, Bucci,
Marini, Sasco, Codega, Lupieri, Gabrovec, Kocjancinc), con primo firmatario il
pidiellino Piero Camber, ha presentato al Consiglio Regionale un ordine del
giorno che impegna la Giunta Regionale a ripristinare il modello organizzativo
precedente la soppressione del Centro basovizzano avvenuta lo scorso primo
novembre. L’intenzione di chiudere il Centro e poi quella di allontanare dopo
circa 180 anni di presenza i forestali da Basovizza era stata manifestata
dall’assessore leghista friulano Claudio Violino nell’ambito della citata
riforma del Corpo forestale regionale. Un provvedimento che aveva innescato la
protesta della politica e della società civile dell’intera provincia giuliana,
trovando concordi gli esponenti di tutti gli schieramenti politici oltre a una
cittadinanza preoccupata per la perdita di una importante risorsa culturale e
turistica. Rabbia e costernazione erano culminate domenica 30 ottobre in una
manifestazione che aveva portato a Basovizza oltre 2000 persone tra le quali il
Sindaco Roberto Cosolini, il vicepresidente della Provincia Igor Dolenc e tante
altre autorità politiche anche della comunità slovena. Blog su internet, e-mail
e lettere di protesta erano inoltre state inoltrate agli uffici di Udine,
Trieste, Roma e Bruxelles. A seguito delle proteste i previsti trasferimenti dei
forestali di Basovizza verso altre sedi erano stati bloccati, ma dal 1° novembre
gli uffici del Centro e della Stazione forestale venivano soppressi come
struttura stabile della Regione e accorpati al Servizio del Corpo forestale
regionale di Udine come “ufficio sito in Basovizza n. 224”. Le specifiche
competenze del Centro sono state trasferite a una nuova struttura polivalente di
Udine, e i forestali di Basovizza sono stati riassegnati all’ufficio con compiti
di “attività divulgativa e didattica inerenti le materie di competenza del Corpo
forestale regionale”. Questi i fatti burocratici. Nonostante ciò l’attività
didattica del Centro basovizzano con le scuole e il pubblico si svolge ancora,
anche se gli uffici hanno perso la loro autonomia, il coordinamento diretto e
quindi la possibilità di rapportarsi direttamente con le varie entità che si
rivolgono al Centro. Di fatto si tratta di un declassamento per la struttura e
per il personale che vi presta servizio. Ma qualcosa si è mosso nell’ambito del
consiglio regionale. «Abbiamo presentato un ordine del giorno che impegna la
Giunta regionale a ripristinare in toto il modello organizzativo precedente la
soppressione del Centro didattico naturalistico – conferma il consigliere Piero
Camber - al fine di garantire la continuità e l’efficacia delle attività di alto
livello, anche internazionale, fornito dal personale. I servizi forniti dal
Centro sono stati inseriti in tutte le nuove proposte di turismo e di sviluppo
socioeconomico del territorio provinciale – continua Camber. Inoltre,
nell’ambito del progetto internazionale “Slow Tourism” curato dall’Università
degli Studi di Trieste, il Centro didattico sarà presto presentato al mercato
turistico asiatico. Poi bisognerà ragionare assieme alle altre realtà
territoriali pubbliche e private triestine, isontine e d’oltre confine che si
occupano di educazione, cultura e di ambiente per creare un sinergico pacchetto
di offerte turistico - escursionistiche».
Maurizio Lozei
IL PICCOLO - LUNEDI', 16 gennaio 2012
Sertubi: «Ferriera, un disastro ma in Regione solo
tavoli inutili»
L’amministratore delegato Montesi: «Per noi ora incerta
la fine della cassa a marzo. Le istituzioni avrebbero dovuto commissariare la
Lucchini da anni: va chiesto all’azienda cosa voglia davvero fare
«È un disastro». A Trieste da pochi mesi per il gruppo indiano Jindal che ha
preso in affitto l’azienda, già costretto a fare cassa integrazione per gli
oltre 200 lavoratori, Leonardo Montesi, amministratore delegato di Sertubi (che
produce tubazioni usando solo e direttamente la ghisa prodotta dalla Ferriera)
di nuovo non ci sta. «Sono la voce fuori dal coro ma si dimostra che ho
ragione», afferma a ridosso della nuova crisi denunciata dai sindacati, che
avevano anche dichiarato tre giorni di sciopero per la paradossale situazione:
Lucchini non rifornisce di metallo la fabbrica, si rischiano incidenti ai
macchinari, e la chiusura di fatto della produzione. «Io sapevo di questo stato
di cose da un mese e mezzo - protesta Montesi -, e come me certamente tutti gli
altri. È un dramma, a marzo Sertubi, avendo esaurito le scorte, avrebbe potuto
riprendere la produzione. Ma qui si fanno solo riunioni in Regione dove si
discute di aria fritta, e intanto con la Lucchini siamo arrivati al “redde
rationem”. La Regione, l’unica cosa che deve fare, è convocare l’azienda e
chiederle che reali intenzioni ha. Che sia in crisi di liquidità è noto a tutti,
dunque non compra le materie prime, l’altoforno di Piombino è spento, si capisce
che lo stabilimento di Trieste non è per nulla strategico in questo quadro. Le
istituzioni - prosegue Montesi - avrebbero dovuto commissariare la Lucchini già
da molti anni, è questo che si fa con un’azienda insolvente. Invece si è finiti
nel pasticcio globale». Uscita la proprietà russa di Mordashov, la Lucchini
adesso è in mano alle banche. Montesi contesta che all’ultima riunione in
Regione, dove si è concordato quel processo di dismissione e riqualificazione
dell’area promesso da anni, non siano state invitate le aziende: «Solo sportelli
e chiacchiere - denuncia apertamente -, il tavolo era immenso, ma mancava
l’interlocutore». Questa crisi sopra la crisi, per l’amministratore delegato,
«non era attesa». Al momento di rilevare Sertubi «il piano industriale di
Lucchini era saldo fino a fine 2014, quella era la data, non si doveva
permettere che la cosa fosse gestita in questo modo». I 200 operai fanno la
«cassa» a rotazione, chi è in azienda s’impegna in manutenzioni, agli
extracomunitari sono stati finanziati corsi di italiano. Se però, a catena,
Ferriera e Sertubi non vengono nutrite di materia prima, la catena produttiva si
spegnerà. «Proprio oggi incontro nuovamente Montesi - afferma il sindaco Roberto
Cosolini -, approfondirò le sue argomentazioni, non posso che capire la
preoccupazione e la rabbia sia dei sindacati e sia dell’impresa per le
prospettive piuttosto difficili all’orizzonte, ma preferisco trovarmi d’accordo
sulle due o tre cose che ci sono da fare piuttosto che rimpallare le
responsabilità di quel che finora non è stato fatto. Io lavoro perché quel
tavolo regionale sia uno strumento serio. Certo che la Regione deve convocare le
aziende, e penso che certamente lo farà. Ho già nuovamente incontrato il
presidente Tondo per discutere operativamente sulle cose che ci sono da fare
alla luce degli impegni presi a quella riunione del 29 dicembre, e anche per
questa emergenza». In quel “summit” era stato deciso di istituire in Regione un
ufficio tecnico, che sulla base di uno specifico protocollo prepari un accordo
di programma da portare al governo. Tra i capitoli, anche la riconversione dello
stabilimento e dell’area industriale, in accordo con Autorità portuale e
ministero dell’Ambiente. I sindacati si erano convinti del fatto che questa
fosse finalmente una buona strada. Già allora Montesi però disse: «Siamo più
preoccupati di prima, si vuol buttare fumo negli occhi della gente, i tempi per
una soluzione mi sembrano lunghissimi»
Gabriella Ziani
Inquinamento e traffico Stop alle auto o sanzioni Ue -
L’INTERVENTO DI FRANCESCO RAMELLA*
Sono già molte le amministrazioni che hanno preso
provvedimenti di limitazione del traffico per sforamento dei limiti di
concentrazione delle polveri. Misure che con il passare degli anni divengono via
via più inefficienti. E che spesso trascurano il rapporto fra i benefici e i
costi. Sarebbe invece opportuno definire limiti di concentrazione degli
inquinanti diversificati per le varie zone d'Europa. Altrimenti non ci resta che
pagare le sanzioni comminate dall'Unione. Oppure accettare che per alcuni mesi
all'anno, il sistema produttivo del Nord Italia venga fermato. Nella prima
settimana dello scorso dicembre, a Milano ha attuato due giorni di blocco totale
del traffico, con annessa chiusura delle scuole. Provvedimenti analoghi, anche
se meno drastici, sono stati adottati da altre amministrazioni locali dopo molti
giorni di sforamento dei limiti di concentrazione delle polveri. Divieti di
questo tipo hanno scarsa efficacia, sia perché nel breve periodo i livelli di
concentrazione sono fortemente correlati alle condizioni atmosferiche, sia
perché gli effetti più rilevanti sulla salute si manifestano nell’arco di molti
anni. In tale ottica, il parametro più significativo è la concentrazione media
annuale. Non esistono oggi provvedimenti realistici che possano modificare in
misura significativa i livelli di inquinamento. Si contrappongono spesso misure
“strutturali” a quelle “emergenziali”. In particolare, per quanto riguarda le
emissioni da traffico, si punta soprattutto sul miglioramento qualitativo e
quantitativo del trasporto collettivo. Raramente vengono però esplicitate le
stime dei risultati che possono essere conseguiti. Di quanto si può ridurre la
concentrazione media di polveri in un’area urbana con la realizzazione di una
nuova linea di metropolitana? Ogni infrastruttura è un caso a sé, ma l’ordine di
grandezza si può stimare analizzando il caso della metropolitana di Torino
entrata in servizio nel 2006. La riduzione della mobilità individuale grazie
alla nuova infrastruttura è risultata pari a circa 20mila spostamenti al giorno,
equivalenti all’1 per cento del traffico complessivo di persone nell’area
metropolitana. Considerato il contributo del traffico commerciale e quello delle
altre sorgenti, la riduzione delle emissioni è inferiore allo 0,5 per cento; in
termini di concentrazioni, la diminuzione è intorno agli 0,3 microgrammi. Più in
generale, i provvedimenti volti a limitare la mobilità privata divengono con il
passare degli anni via via più inefficienti. Consideriamo, ad esempio, le auto
alimentate a gasolio: le emissioni unitarie dei più importanti inquinanti,
ossidi di azoto (NOx) e particolato, erano pari rispettivamente a 5 e a 0,4 g/km
per un veicolo commercializzato negli anni Settanta e sono state
progressivamente ridotte fino a 0,18 e a 0,05 g/km per le auto a standard Euro 5
(figura 2); per gli ossidi di azoto è prevista un’ulteriore riduzione a 0,08
g/km con lo standard Euro 6. Ciò significa che una sola auto di quarant’anni fa
emetteva più di cinquanta veicoli odierni. E, di conseguenza, per avere la
stessa riduzione di emissioni che quarant’anni fa si otteneva con un’auto in
meno sulla strada, oggi è necessario eliminarne dalla circolazione più di
cinquanta. Come spesso succede in campo ambientale (ma accade lo stesso per le
“grandi opere”), il rapporto fra i benefici e i costi di una misura viene
trascurato. Dalla constatazione (corretta) che una riduzione dell’inquinamento è
positiva se ne fa discendere illogicamente la conclusione che sia opportuno
adottare qualsiasi provvedimento che vada in quella direzione. Portata alle
estreme conseguenze, questa prospettiva imporrebbe di azzerare qualsiasi livello
di mobilità. Ragionevolezza vorrebbe che la riduzione delle emissioni si
arrestasse quando il costo marginale supera il beneficio. Sarebbe allora
opportuno definire limiti di concentrazione degli inquinanti diversificati per
le varie zone come già proponeva alcuni anni fa l’allora direttore generale e
oggi ministro dell’Ambiente, Corrado Clini. Senza una ridefinizione dei limiti,
restano due alternative: i cittadini italiani pagano le sanzioni comminate dalla
UE per l’infrazione di direttive accettate con leggerezza, magari atteggiandosi
a “primi della classe”; oppure, per almeno due o tre mesi all’anno, il sistema
produttivo del Nord Italia viene in larga misura fermato. Certo, se avessimo un
record migliore nel rispetto delle regole europee (da quelle sul debito pubblico
in giù) per le quali non possiamo accampare valide giustificazioni, forse
avremmo qualche probabilità maggiore di vedere accolta la nostra richiesta in
questo caso specifico. *da lavoce.info
IL PICCOLO - DOMENICA, 15 gennaio 2012
Via Cereria, dietrofront sul parcheggio - I residenti
(1400 firme) vincono forse il round decisivo, ora la questione all’esame del
Consiglio
Approderà in consiglio comunale il problema del giardino di via Cereria. La petizione sottoscritta da più di 1.400 persone che risiedono nel rione, con la quale si chiede di conservare la destinazione a giardino dell’area, andrà all’esame dell’aula e i consiglieri comunali saranno chiamati a esprimersi. In quel sito l’impresa Riccesi vorrebbe realizzare un parcheggio capace di 75 posti auto, in virtù di accordi con la precedente amministrazione. Da mesi però i residenti si oppongono a questa soluzione, peraltro dovuta da parte dell’amministrazione nei confronti della Riccesi, a titolo di compensazione per il blocco del cantiere che prevede la realizzazione di posti auto sotto il colle di san Giusto. Ieri mattina, in via Cereria, si è svolto un incontro alla presenza dell’assessore per i Lavori pubblici, Elena Marchigiani, con la partecipazione dei rappresentanti del Comitato di cittadini, che sostengono la destinazione a giardino e della Circoscrizione competente per territorio, in particolare del presidente, Luca Bressan. A dicembre, il Comitato e' stato ricevuto nella sede della Circoscrizione, dove il geologo Ruggero Galvani, scelto dai residenti, aveva spiegato i motivi della volontà dei cittadini di mantenere la destinazione a giardino. In tale sede, i residenti avevano chiesto al Comune di fissare una data per un sopralluogo, che si è svolto ieri. Nel corso dell’appuntamento, la Marchigiani ha confermato ai numerosi presenti la “volontà dell’amministrazione di valutare ipotesi alternative, per garantire alla Riccesi la possibilità di realizzare i parcheggi dovuti, conservando la destinazione a giardino dell’area di via Cereria”. La Marchigiani ha però evidenziato anche che “il Comune non ha disponibilità finanziarie per completare la sistemazione dello spazio di via Cereria”, che attualmente si presenta come un terreno incolto nel quale trovano rifugio i gatti del rione. “Cercheremo noi soluzioni adeguate – hanno promesso i componenti del Comitato – magari col contributo di qualche sponsor privato”. Alla sistemazione dell’area è interessata anche la vicinissima scuola elementare “Nazario Sauro”, “che così – hanno ricordato i residenti – avrebbe a disposizione uno spazio giochi per i bambini in primavera ed estate”. Il geologo Galvani ha sottolineato che “uno scavo finalizzato alla costruzione di un parcheggio altererebbe l’equilibrio dei terreni della zona”, mentre i residenti, pur prendendo atto della “buona volontà dell’assessore Marchigiani”, si sono dichiarati “pronti a lottare” pur di avere un giardino “che sarebbe l’unico della zona”. Il presidente della circoscrizione, Bressan, ha ribadito che “E’ importante che il Comune stia cercando un sito alternativo per la costruzione di un parcheggio, mentre i residenti vogliono individuare una modalità per rendere vivibile l'area e mantenere la destinazione a giardino”. “Se si arriverà a questa soluzione – hanno concluso i residenti – impediremo che, anche in futuro, qualcuno possa pensare di sfruttare a scopo di speculazione edilizia l’unico polmone verde rimasto nel nostro rione”.
Ugo Salvini
«Ponterosso Canale patrimonio dell’umanità»
Il Comitato per la difesa del canale di Ponterosso chiede
al Comune di attivare la procedura per l’inserimento del canale di Ponterosso
nel patrimonio dell’Unesco. Lo fa dopo l’audizione in Quarta commissione
consiliare, da cui sembra emergere - si legge in una nota del Comitato e di
Italia Nostra - «la determinazione a proseguire nel progetto di costruzione»
della passerella pedonale. «Considerati il grande valore storico, culturale e
paesaggistico di quest’area, e la perfetta rispondenza ai sei requisiti
richiesti dall’Unesco per ottenere l’inserimento di un sito tra i beni
patrimonio dell’Umanità», il Comitato rilancia con la richiesta precisando che
Italia Nostra «ha già raccolto la documentazione di accompagnamento e che si sta
organizzando un concorso fotografico “Trieste-Canale di Ponterosso”».
«Ferriera a rischio stop senza materia prima»
Tre giorni di sciopero proclamati dai sindacati:
insufficienti nei depositi i minerali per l’altoforno, il fermo improvviso
danneggerebbe irreparabilmente l’impianto
«Non siamo disponibili a fare alla guardia al “bidon svodo”». Il “bidon
svodo” è la Ferriera di Servola lasciata senza materie prime dal gruppo Lucchini
Severstal. Tonino Pantuso, rappresentante della Fiom Cgil, si accalora oltre
misura e riscalda la fredda saletta della Caf-Uil di Domio dove è stata
convocata la conferenza stampa per spiegare le ragioni dell’ultima protesta: il
blocco per tre giorni della banchina di Servola. Venerdì sera Fim, Fiom, Uilm e
Faims hanno proclamato tre giorni di sciopero dei lavoratori che operano sulle
banchine dell’impianto siderurgico, per protestare contro la scarsità di
minerali rimasti nei depositi e necessari ad alimentare l’altoforno. Il fermo
improvviso provocherebbe un irreparabile danneggiamento dell’impianto,
metterebbe a rischio la sicurezza dei lavoratori e impedirebbe la prosecuzione
dell’attività produttiva. «Già venerdì sera si è rischiato un grave incidente
dentro lo stabilimento. È venuto il momento di dire basta», denuncia Umberto
Salvaneschi, segretario della Fim Cisl. Lo sciopero è cominciato l’altra sera
alle 22 e terminerà domani alla stessa ora. Una nave è già ferma da ieri in
rada: avrebbe dovuto imbarcare il coke da portare a Piombino (Livorvo) dove c’è
un altro impianto siderurgico della Lucchini Serverstal. Dovrà aspettare. I
sindacati non si fidano più dell’azienda dopo l’ultimo incontro con il direttore
dello stabilimento Enrico Cascello. La protesta potrebbe essere ritirata solo se
il prefetto di Trieste garantirà alle organizzazioni sindacali, con
documentazione scritta della Lucchini, l’arrivo di carichi di minerali
sufficiente a proseguire la produzione senza mettere a rischio l’attività dello
stabilimento di Servola. In calendario per ora c’è solo l’arrivo di una nave con
3mila tonnellate di minerali ai primi di febbraio: in grado di soddisfare il
fabbisogno di Servola per 5 giorni. Un’offesa. «Una barca non basta. Come
mettere 5 litri di benzina per andare a Roma. Non ci arrivi» traduce Franco
Palman, segretario della Uilm. Un tempo arrivavano navi con 60mila tonnellate di
minerali. «Se l’impianto si ferma siamo perduti. Le cose rischiano di
precipitare a un punto di non ritorno», spiegano i rappresentanti dei
metalmeccanici. Per questo sono contrari a uno stop dell’attività che rischia di
essere senza ritorno. «La Ferriera è una questione nazionale. Devono intervenire
le istituzioni al massimo livello: Nazione, Regione e Comune» aggiunge
Salvaneschi. A monte c’è il contenzioso aperto tra la Ferriera (fornitrice di
gas) e Elettra (produttore di energia), un accordo in essere fino al 2015 che
rischia di saltare mandando all’aria l’intero sistema industriale. Elettra non
paga da mesi e la Lucchini («Esposta per alcune milionate» spiegano i sindacati)
fa altrettanto. «Siamo in allarme completo. Ci sono già diverse aziende
dell’indotto già con l’acqua alla gola. Tre di queste lavorano all’interno di
Servola» aggiungono Cgil, Cisl, Uil e Faims. E se la situazione precipita a
diventa a rischio anche la Sertubi che lavora grazie alla ghisa della Ferriera.
«Sono 1100 le famiglie che vivono attorno al sistema Ferriera», dicono i
sindacalisti. Un vero detonatore sociale per Trieste. Quasi 500 sono i
lavoratori della Ferriera, 220 quelli della Sertubi, altri 350 lavorano
nell’indotto. Domani a Servola si terrà un’assemblea con tutti i lavoratori. La
lotta è appena cominciata. «Dalla Ferriera dipende lo sviluppo di Trieste. E non
solo industriale» dicono i lavoratori. E annunciano: «Questa volta non ci sarà
alcun passo indietro».
Fabio Dorigo
«Rifiuti lasciati fuori dai cassonetti» - Il Pdl della
Quinta circoscrizione: situazione insostenibile, il Comune intervenga
Cassonetti della spazzatura stracolmi, cumuli di rifiuti accatastati ai lati dei contenitori per la differenziata. Scatoloni di ogni genere abbandonati sulla strada, bidoni di vernici e sostanze nocive per l’ambiente posizionate tra i bottini. Ma anche porte, armadi, climatizzatori, tubi al neon, televisori, frigoriferi e - tanto per gradire - alberi di Natale come scarti delle recenti festività. Stiamo parlando di Napoli? Ci troviamo in qualche zona particolarmente degradata del Paese? No. Siamo semplicemente a Trieste e, per di più, in alcune tra le vie più popolose e frequentate, da Ponziana a San Giacomo passando per viale D’annunzio fino ad arrivare a via Crispi e a via Brunner. A documentare il tutto, con tanto di dossier fotografico scattato personalmente non più di una settimana fa, il capogruppo Pdl della quinta circoscrizione Roberto Dubs, che insieme ai colleghi di partito Battaglia, Pahor e Puntaferro ha presentato una mozione indirizzata al presidente della circoscrizione Barriera Vecchia–San Giacomo, Claudia Ponti del Pd, affinché si attivi con urgenza per sensibilizzare il sindaco Cosolini e l’assessore competente sui problemi legati alla raccolta dei rifiuti urbani. «È evidente che ci troviamo di fronte a due tipi di situazione – racconta Dubs – la prima è la mancanza di senso civico da parte di alcuni cittadini; ma nella maggior parte dei casi riscontriamo un vero problema nella gestione della raccolta dei rifiuti urbani da parte dell’amministrazione comunale. I cittadini insomma non sono messi nelle condizione di fare il proprio dovere. La situazione è insostenibile, il paragone con Napoli con è più così azzardato, e pensare che solo fino a qualche tempo fa Trieste era considerata una città modello, in testa alle classifiche per qualità della vita». Sulla stessa lunghezza d’onda Silvio Pahor: «La situazione negli ultimi tempi è decisamente peggiorata. La gente è sensibile al tema della raccolta differenziata, ma non ci sono i supporti tecnici da parte delle istituzioni. Il Comune deve darsi una regolata e, di concerto con AcegasAps, deve migliorare modi e tempi della raccolta dei rifiuti. Altro che sanzioni per chi sgarra, o, come sento dire, aumenti sulla tassa dei rifiuti. Qui si tratta invece di aiutare i cittadini con ogni mezzo, per evitare che ciclicamente si ripetano situazioni di degrado urbano». Infine Puntaferro, che mette l’accento sulla situazione dei commercianti: «Il Comune aveva predisposto la raccolta porta a porta per la grande distribuzione. Invece ancora nulla. Ricordo che le attività commerciali, per quel che riguarda la raccolta della carta, non possono utilizzare gli appositi contenitori, ma devono lasciarla all’esterno in alcune zone predisposte. Ma considerando che un solo esercizio commerciale produce qualcosa come una tonnellata di carta al giorno, potete immaginare a quali problemi rischiamo di andare incontro».
Pierpaolo Pitich
LA LETTERA DEL GIORNO - Raccolta differenziata, mancano
istruzioni precise
In gennaio avrebbe dovuto partire la raccolta differenziata, ma non riusciamo a capire che cosa cambi rispetto alla raccolta differenziata per modo di dire che da anni viene fatta nei cassonetti divisi fra carta, plastica, vetro e lattine, tout venant. Di diverso abbiamo visto solo il colore di qualche cassonetto, ma non l’aumento delle categorie di rifiuti. Per spiegare come fare la raccolta si attendono istruzioni che l’Acegas invierà a domicilio. Ma perché, se la raccolta è iniziata in gennaio, non le hanno mandate in dicembre? Ci vuole tanto per elaborare, stampare e spedire un opuscolo? Non può certo essere sufficiente la mezza pagina apparsa sul Piccolo, prima di tutto perché forse qualche triestino non legge il giornale, poi perché resta qualche dubbio. Ad esempio è vero che gli scontrini dei negozi non andrebbero nella carta perché la inquinano? (notizia apparsa in un quotidiano nazionale). E i blister dei farmaci vanno fra le lattine, fra la plastica o nell’indifferenziato? E i contenitori in plastica, latta o vetro devono essere lavati bene, sciacquati sommariamente o possono essere gettati sporchi? E magari, si potrebbe sapere dove andranno a finire i vari tipi di rifiuti, visto che corre voce che carta e plastica finiscono nell’inceneritore? (Ma siamo certi che l’Acegas smentirà tale diceria popolare spiegando dove carta, plastica e altro vanno a finire). È un fatto comunque che un Comune finora così poco virtuoso nello smaltimento dei rifiuti come Trieste non riuscirà entro l’anno a raggiungere il 65% del differenziato. Per cercare di riuscirci l’unica strada sarebbe la raccolta porta a porta con la separazione dell’umido e magari, come fanno in Alto Adige, con la raccolta separata degli oli di frittura. A Trieste c’è il problema dell’inceneritore che richiede una certa quantità di rifiuti per funzionare a regime, ed é probabile che, come capita in altri inceneritori, abbisogni anche di una parte di umido per abbassare la temperatura di combustione. Ma questo non è un modo virtuoso di trattare i rifiuti: l’umido deve andare al compostaggio o, ancor meglio, in un digestore assieme ai fanghi del depuratore fognario in modo da produrre non solo compost, ma anche gas utilizzabile per produrre calore ed energia elettrica. E l’inceneritore potrebbe al posto dell’umido cittadino raccogliere un po’ dei rifiuti che Napoli spedisce per nave in Olanda. La raccolta porta a porta non si fa sulla luna, ma ad esempio a S. Dorligo, a Muggia, a Monfalcone, in molti altri comuni della regione e persino nel rione di Scampia a Napoli. Per farla bene occorrerebbe un passo in più munendo i bidoncini familiari di transponder, che sono dei circuiti elettronici che consentono di conoscere chi butta i rifiuti: ciò porta tre bei vantaggi: la responsabilizzazione dei cittadini, una certa diminuzione dei rifiuti smaltiti (si parla del 10% circa) e la possibilità di far pagare la tassa sui rifiuti in base alle quantità smaltite, come si fa in Svizzera da decenni, e non più in modo virtuale in base alla superfici delle abitazioni. Già alcune città in Italia usano i transponder, fra cui Vicenza. Insomma, ci sembra che ci sia ancora molto da fare sia da parte del Comune, sia da parte della collettività che dovrebbe modificare le proprie abitudini.
Roberto Barocchi presidente dell’associazione
Triestebella
Banca etica, brindisi per la prima filiale in città -
CREDITO COOPERATIVO
Inaugurati gli sportelli di via del Coroneo al termine
di una mattinata di festa al Miela
È stata inaugurata ieri mattina in città la prima filiale del Friuli Venezia
Giulia di Banca Etica, istituto di credito cooperativo incentrato sui principi
della finanza etica. “Sbarcata” con un proprio promotore finanziario a Trieste
nove anni fa e a Udine tre anni fa, in due mesi di attività Banca Etica ha fatto
registrare 1.120 soci, 20 milioni di raccolta (in media 60 mila euro al giorno)
e 23 nuovi conti correnti aperti da inizio anno. Accanto al presidente
dell’istituto, Ugo Biggeri, e al direttore generale, Mario Crosta, sono
intervenuti l’assessore regionale all’Istruzione, Roberto Molinaro, Maria Teresa
Bassa Poropat, presidente della Provincia, e il sindaco Roberto Cosolini. Per
Molinaro «questa nuova presenza, che sa coniugare l’etica all’operatività tipica
di una istituzione bancaria, che è capace di coinvolgere quella parte di società
che crede negli obiettivi della finanza etica, rappresenta un momento
particolarmente felice per la comunità civile del Friuli Venezia Giulia, per
quel mondo articolato fatto di associazioni, cooperative, famiglie che hanno
l’opportunità di vedere utilizzate in maniera etica le proprie risorse, quando
ci sono, ma soprattutto - ha concluso - di poter disporre di affidamenti». Prima
dell’inaugurazione ufficiale della sede - già aperta informalmente da un paiodi
mesi - la mattinata ha visto la messa in scena dello spettacolo “Pop Economy” e
di un video “Con i miei soldi”, dedicato al risparmio, al teatro Miela. Poi, la
bicchierata negli uffici di via del Coroneo 31/2
VITA.IT - SABATO, 14 gennaio 2012
ACQUA. L'altolà del Forum «Caro prof. Monti, non
esistono liberalizzazioni che non tradiscano il voto popolare»
«Non esiste nessuna liberalizzazione del servizio idrico
che rispetti il voto referendario: il 12 e 13 giugno scorsi gli italiani hanno
scelto in massa per la gestione pubblica dell’acqua e per la fuoriuscita degli
interessi privati dal servizio idrico» Il Forum dei Movimenti per l’acqua prende
posizione sul dibattito per le liberalizzazioni in primo piano in queste
settimane, in particolare alle dichiarazioni del sottosegretario Polillo secondo
cui il referendum è stato “un mezzo imbroglio” e del sottosegretario Catricalà
che ha annunciato “modifiche che non vadano contro il voto referendario” alla
gestione dell’acqua. «Non pensi il Governo Monti», scrive il Forum, «con la
scusa di risanare il debito di poter aggirare il voto referendario con trucchi e
trucchetti, 27 milioni di italiani si sono espressi per la ripubblicizzazione
del servizio idrico e questo ci aspettiamo dal Governo nei prossimi giorni.
Saremo molto attenti alle prossime mosse del Governo Monti sul fronte delle
liberalizzazioni, non permetteremo che la volontà popolare venga abbattuta a
colpi di decreto, di Antitrust o di direttive europee in stile Bolkestein.
Metteremo in campo ogni strumento utile alla difesa dei referendum, a partire
dalla campagna di obbedienza civile lanciata da noi del Forum Italiano dei
Movimenti per l'Acqua».
«L'applicazione dei referendum è la prima e la più urgente emergenza democratica
nel nostro paese», prosegue il Forum nella sua nota, «per questo il Forum
chiede, come già fatto e sinora senza risposta, un incontro urgente con il
Presidente del Consiglio Mario Monti. Nel contempo chiede a tutte le realtà che
hanno sostenuto i referendum, ai partiti che da fuori o dentro il Parlamento
hanno dato indicazione per il “Sì” ai referendum di giugno, di prendere da
subito una netta posizione in difesa del voto democratico del popolo italiano».
IL PICCOLO - SABATO, 14 gennaio 2012
Come mimetizzare il rigassificatore - Una delle relazioni di Gas Natural accompagnate al progetto definitivo illustrato oltre un mese fa in Regione
L’occhio, si sa, vuole la sua parte. Anche quando si
tratta di costruire un impianto di rigassificazione. Lo dimostrano gli sforzi
compiuti da Gas Natural per individuare gli accorgimenti “estetici” capaci, se
non proprio di far passare inosservato il previsto terminal di Zaule, quantomeno
di ridurne l’impatto visivo. Un corposo elenco di soluzioni di “natura
cromatica, vegetazionale e architettonica”, si legge nella relazione allegata al
progetto definitivo consegnato di recente a Regione ed enti locali, elaborato
dal colosso spagnolo per soddisfare le tante prescrizioni a cui il ministero dei
Beni culturali aveva vincolato il parere favorevole per la procedura di Via.
Oltre che di sicurezza, chiaramente l’aspetto più delicato dell’operazione gnl,
Gas Natural è stata cioè chiamata ad occuparsi anche di aspetti più “frivoli”
come «l’elaborazione di ipotesi progettuali relative ad opere di mitigazione
ambientale, che coinvolgano l’infrastruttura nella sua interezza». Bersaglio di
queste attenzioni, per espressa indicazione di Roma, devono essere tante le
opere a mare- vale a dire le dotazioni per l’accesso, la manovra e l’attracco
delle navi metaniere tra cui la piattaforma di scarico e un pontile di
collegamento con l’impianto lungo poco più di 96 metri-, quanto quelle terra.
Chiaramente, però, saranno proprio queste ultime, definite «la parte più
impattante dell’infrastruttura», a richiedere le maggiori energie. Nel capitolo
opere a terra, infatti, rientrano i serbatoi di stoccaggio temporaneo del gnl,
che avranno un diametro esterno di circa 81 metri e un’altezza di 51, l’impianto
di rigassificazione vero e proprio, dotato di sistemi di recupero e
condensazione dei vapori, gruppi di pompaggio e vaporizzatori, nonchè una serie
di edifici alti 4 metri che ospiteranno gli uffici, la sala di controllo del
generatore, l’officina e la stazione dei vigili del fuoco. Tutte strutture che,
inevitabilmente, richiameranno l’attenzione anche del passante più distratto.
Come ridurre quindi il «disturbo visivo» e provocato dalla presenza di questi
nuovi, grandi manufatti, peraltro inseriti in un contesto, quello dell’area ex
Esso, già pesantemente condizionato dal punto di vista paesaggistico?
Abbandonando la scelta del maxi terrapieno ad altezza costante, immaginata nel
progetto preliminare, e sostituendolo con una serie di dunette dall’andamento
più ritmate. La soluzione individuata per convincere il ministero dei Beni
culturali, quindi, segna un netto cambio di rotta rispetto al passato. Il colle
largo 30 metri e alto 20 pensato in un primo momento, viene ora sonoramente
bocciato perchè «sarebbe esso stesso elemento di disturbo visivo a causa di un
andamento costante che non si sposa con la morfologia del paesaggio
circostante». L’alternativa? Andare a rimodellare la superficie sulla quale
sorge il rigassificatore attraverso l’uso di forme e geometrie ispirate
all’ambiente in cui va a inserirsi. Via libera quindi a «una trama di forme
triangolari con pendenze diverse che andrà a ricostruire una vera e propria
natura artificiale». Una natura arricchita poi da essenze arboree e terreni
colorati, che andranno ad “abbracciare” i serbatoi di stoccaggio. Insomma una
soluzione progettuale dall’obiettivo ambizioso: fondere il paesaggio naturale
con quello industriale. «Osservando l’impianto da Muggia - precisa la relazione
- l’artificialità delle linee orizzontali risulterà mitigata attraverso le
articolazioni verticali che consentiranno di ridurre la scala dei serbatoi».
Maddalena Rebecca
Sei colori per nascondere i silos - Individuati speciali pigmenti da utilizzare anche per edifici di servizio e terreni (progetto)
Non solo alberi e collinette artificiali. L’operazione di make-up immaginata da Gas natural per “mimetizzare” il terminal di Zaule e in particolar modo i serbatoio di stoccaggio, prevede anche l’impiego massiccio di trattamenti cromatici. Non si pensi però a qualche banale mano di vernice data a casaccio: la scelta dei pigmenti colorati risponde ad una logica precisa ed è frutto di un attento lavoro d’analisi. «I colori - precisa la relazione tecnica inserita nel progetto definitivo presentato dal colosso spagnolo - sono stati individuati osservando il paesaggio attorno al Canale navigabile nei suoi diversi momenti e nelle sue mutevoli conformazioni, prevalentemente legate alle variazioni della luce». Tale studio ha portato poi all’identificazione di una gamma di sei colori (dal bronzo al verde acido, fino al celeste chiaro) che, appunto, verranno usati per armonizzare i serbatoi con il paesaggio circostante. Gli automobilisti che scorgeranno i grandi manufatti viaggiando sulla Grande viabilità, quindi, non vedranno anonimo blocchi di cemento grigio, bensì silos in technicolor dai riflessi quasi cangianti. Ma non finisce qui. Il trattamento cromatico, sempre studiato in funzione delle variazioni di luce e dell’andamento delle stagioni, verrà applicato pure al suolo grazie all’impiego dei calcestruzzi colorati (come si vede chiaramente nel rendering qui a fianco) e agli edifici di servizio adibiti a uffici, magazzini e officine. Per le verniciature saranno impiegati speciali pigmenti minerali ritenuti molto stabili nel tempo perchè capaci di modificare l’aspetto estetico del calcestruzzo nella massa. Nel caso in cui si volesse un risultato ancora più cool, oltre alla verniciatura, la relazione tecnica contempla anche «trattamenti erosivi superficiali per ottenere una superficie più grezza e un aspetto più naturale». Infine un accenno ai “punti luce” del rigassificatore. «In conformità al documento relativo alla Valutazione di impatto ambientale - precisa il nuovo studio commissionato da Gas Natural -, l’illuminazione esterna verrà effettuata con energia rinnovabile ottenuta attraverso il sistema fotovoltaico. I pannelli verranno posizionati sopra le coperture degli edifici, orientati a sud e con un’inclinazione di 15 gradi».
(m.r.)
E a Monfalcone si riparla di un’opera off-shore - DOPO
IL PROGETTO SNAM GIà BOCCIATO DA UN REFERENDUM
È l’effetto dell’alleanza Fincantieri-Ansaldo. Ma il
sindaco frena: è solo un patto tecnologico
Mentre a Trieste tiene banco la proposta Gas Natural, a Monfalcone la nuova
alleanza Fincantieri-Ansaldo suscita interesse e consenso. Ma da qui, sulla
realizzazione di un rigassificatore off-shore, che andrebbe a ricadere nel Golfo
di Trieste, e magari si andrebbe ad aggiungere a quello interrato di Zaule, si
fanno avanti fin da Monfalcone certi interrogativi. Così se da Confindustria
Gorizia il presidente uscente Gianfranco Di Bert parla di un progetto «da tenere
assolutamente in considerazione», il sindaco Silvia Altran, definendo comunque
positiva la collaborazione tra le due aziende, osserva: «La realizzazione di un
impianto off-shore al largo di Monfalcone è una partita ancora tutta da giocare.
Non c’è alcuna ipotesi in tal senso. A quanto mi consta, si tratta piuttosto di
mettere a disposizione tecnologie e capacità produttive per costruire impianti
di questo genere». Umberto Brusciano, della Cisl, guarda con attenzione
all’alleanza tra Fincantieri e Ansaldo ritenendo «importante la ricerca di nuove
nicchie di mercato, nel perseguire la diversificazione produttiva e la creazione
di nuova occupazione». Il presidente locale del Wwf, Claudio Siniscalchi,
mantiene prudenza: «Siamo già impegnati nella battaglia contro altri progetti.
La nostra posizione è sempre stata chiara, considerando l’impatto ambientale e
le ripercussioni sull’attività di pesca e sul turismo. Sul piano in questione,
al momento è difficile esprimere un giudizio. Bisogna capire l’effettiva
collocazione dell’impianto e la specifica tipologia». Siniscalchi osserva, a
proposito del progetto Snam che fu cancellato da Monfalcone con il referendum
popolare: «Parte dell’area che era stata destinata al rigassificatore è
attualmente classificata come Sito di interesse comunitario (Sic), un ulteriore
elemento che ci ha dato ragione». Michele Tonzar, di Legambiente, attende
ragguagli: «Non si capisce se il progetto sia una sovrapposizione rispetto ad
altri impianti previsti e in fase avanzata nel Golfo di Trieste, per la quale
non avrebbe senso un’ulteriore proposta. A fine dicembre, inoltre, Russia e
Turchia hanno siglato un accordo per il passaggio del gasdotto South Stream, per
la fornitura di enormi quantità di prodotto. Non siamo contrari a priori alla
diversificazione degli approvvigionamenti, ma è necessaria un’analisi
complessiva del fabbisogno energetico e di gas, alla luce della critica
situazione economica globale».
Sì ai rigassificatori off-shore ma non nel Golfo di
Trieste
L’alleanza Fincantieri-Ansaldo suscita interesse e consenso. Ma sulla realizzazione di un rigassificatore off-shore si fanno avanti gli interrogativi. Così se da Confindustria Gorizia il presidente uscente Gianfranco Di Bert parla di un progetto «da tenere assolutamente in considerazione», il sindaco Silvia Altran, definendo comunque positiva la collaborazione tra le due aziende, osserva: «La realizzazione di un impianto off-shore al largo di Monfalcone è una partita ancora tutta da giocare. Non c’è alcuna ipotesi in tal senso. A quanto mi consta, si tratta piuttosto di mettere a disposizione tecnologie e capacità produttive per costruire impianti di questo genere». Umberto Brusciano, della Cisl, guarda con attenzione all’alleanza tra Fincantieri e Ansaldo ritenendo «importante la ricerca di nuove nicchie di mercato, nel perseguire la diversificazione produttiva e la creazione di nuova occupazione». Il presidente del Wwf, Claudio Siniscalchi, mantiene prudenza: «Siamo già impegnati nella battaglia contro altri progetti. La nostra posizione è sempre stata chiara, considerando l’impatto ambientale e le ripercussioni sull’attività di pesca e sul turismo. Sul piano in questione, al momento è difficile esprimere un giudizio. Bisogna capire l’effettiva collocazione dell’impianto e la specifica tipologia». Siniscalchi osserva, a proposito del progetto Snam che fu cancellato da Monfalcone con il referendum popolare: «Parte dell’area che era stata destinata al rigassificatore è attualmente classificata come Sito di interesse comunitario (Sic), un ulteriore elemento che ci ha dato ragione». Michele Tonzar, di Legambiente, attende ragguagli: «Non si capisce se il progetto sia una sovrapposizione rispetto ad altri impianti previsti e in fase avanzata nel Golfo di Trieste, per la quale non avrebbe senso un’ulteriore proposta. A fine dicembre, inoltre, Russia e Turchia hanno siglato un accordo per il passaggio del gasdotto South Stream, per la fornitura di enormi quantità di prodotto. Non siamo contrari a priori alla diversificazione degli approvvigionamenti, ma è necessaria un’analisi complessiva del fabbisogno energetico e di gas, alla luce della critica situazione economica globale». Di Bert esprime altri ragionamenti: «Monfalcone dicendo “no” alla Snam si privò di un’occasione epocale. Il progetto di Fincantieri e Ansaldo ripropone un’opportunità che va colta, specie in questa fase di crisi. Unire le eccellenze tecnologiche significa aprire prospettive di sviluppo, con ricadute per l’occupazione e l’indotto». La Altran da parte sua spiega: «Ritengo positivo il fatto che Ansaldo e Fincantieri si apprestino a mettere in campo strategie volte all’innovazione. Dimostra anche la capacità delle maestranze di investire la propria professionalità in settori alternativi». Ricorda anche l’impegno per salvaguardare il cantiere navale essendosi attivata presso il Governo attraverso i rappresentanti politici territoriali e volendo sollecitare la Regione: «Il Monfalconese deve avere garanzie sulle commesse, non può permettersi di rinunciare a pezzi di navi da crociera. Lo stabilimento sta già pagando con i 250 esuberi e turn-over devastanti per i dipendenti, in particolare quelli dell’appalto».
Laura Borsani
Differenziata, spese in più Tarsu a rischio aumento
- RIFIUTI: IL CASO
Laureni: mutato il valore del subappalto, ma la
modifica non è stata conteggiata Iniquo far salire la tassa, va ridiscusso il
contratto chiavi in mano con AcegasAps
«La Tarsu resterà uguale. Lo scriva». Umberto Laureni nel corso
dell’intervista del 29 dicembre 2011. «Farò tutto il possibile perché la Tarsu
resti uguale, ma non dipende solo da me». Umberto Laureni, 12 gennaio 2012.
“Scovazze” sono e “scovazze” restano. Ma la tassa potrebbe cambiare. Altro
aumento in vista per il contribuente triestino? Sono bastati 15 giorni per
minare una promessa dell’assessore all’Ambiente della giunta comunale di
Trieste. Cosa è successo a cavallo tra il 2011 e il 2012? Il problema si chiama
raccolta differenziata dei rifiuti. La madre del problema è l’AcegasAps Spa. A
dirlo è l’assessore Laureni. E non è la prima volta. La partecipata non offre
risposte sul servizio e neppure sul valore economico della raccolta
differenziata triestina ferma al 26%. Lascia al Comune, azionista di
maggioranza, questo “onore”. «Atteggiamento discutibile - commenta Laureni -. Mi
sembra poco logico che sia una struttura che materialmente non gestisce il
servizio a fornire i dati. Dovrebbe essere AcegasAps a dare i dati economici».
Già. E allora? «Quelli che ho io sono dati che denunciano un preoccupante
aumento delle spese vive sostenute dalle ditte che svolgono il servizio di
raccolta rifiuti. Il problema è che è cambiato il contratto di subappalto». E
quindi? «Inutile nascondersi: la situazione rischia di ripercuotersi
negativamente sul bilancio della gestione dei rifiuti». Quanto costo la
differenziata? Costa tanto. «Abbiamo calcolato oltre un milione di euro compresi
il raddoppio delle isole ecologiche (già realizzato) e la raccolta dell’umido
che ancora non c’è. Non è stato però tenuto conto della modifica del valore del
contratto delle ditte in subappalto che l’AcegasAps usa per la raccolta sul
territorio. E questo ora va sommato ai costi». Un vero problema. «Serve una
riflessione complessiva sulla sostenibilità della raccolta dei rifiuti - spiega
Laureni -. È fondamentale per il mantenimento della Tarsu sui valori attuali.
Bisogna fare delle scelte strategiche. Devono parlarsi tra di loro i vertici di
AcegasAps e del Comune: l’amministratore delegato Pillon e il sindaco Cosolini,
per capirsi». E poi aggiunge: «Il costo aggiuntivo rischia di ripercuotersi
sulla Tarsu. Io farò di tutto perché questo non succeda. Sarebbe una cosa molto
negativa. Ma ci sono le spese ulteriori da coprire. Non so come l’AcegasAps
ripartisce l’utile, ma non si può risolvere il problema incassando più soldi
tramite la Tarsu. Sarebbe facile aumentare la tassa, ma difficile da digerire.
Anche perché il servizio offerto da AcegasAps non è proprio splendente, per
usare un eufemismo». E come se non bastasse, c’è l’obiettivo europeo da
raggiungere entro l’anno. «Il mitico 65%» come lo definisce Laureni. Un miraggio
per Trieste che, con il raddoppio delle isole ecologiche, è passato in un anno
dal 21 al 26%. Una missione impossibile senza l’introduzione dell’umido
(previsto nella seconda metà dell’anno ma solo per mense e ristoranti). A chi
addebitare il mancato obiettivo? «L’obiettivo è portato avanti da Provincia
Comune e Acegas. Siamo lontani. Stiamo messi peggio di Napoli come avete scritto
voi» scherza Laureni. Che fare allora? «Ridiscutere il contratto ”chiavi in
mano” con l’AcegasAps alla luce dei risultati ottenuti: non proprio esaltanti».
Un ripensamento a 360 gradi già chiesto lo scorso luglio, ma mai realizzato.
Ora, con l’incubo dell’aumento della tassa sulla “scovazze”, è un passaggio
obbligato. «Parlare di aumentare la Tarsu senza un contropartita, sarebbe
scorretto. Per questo serve un intervento politico». Differenziato, pure questo.
Fabio Dorigo
ISTRUZIONI - Il “tetrapak” si può riciclare ma a
Trieste nessuno lo sa
Tutto quello che avreste voluto sapere sulla raccolta
differenziata, ma non avete mai osato chiedere. Il tetrapak, per esempio. A
Trieste i cartoni poliaccoppiati (carta + plastica + alluminio, usati
soprattutto come contenitori di latte, succhi di frutta) sono riciclabili da
sempre nei contenitori della carta, ma nessuno la sa. Basta sciacquarli,
schiacciarli e togliere l’eventuale tappo di plastica. Elementare. Ma nessuno o
quasi lo fa. E così finiscono nell’inceneritore assieme al resto del rifiuto
indifferenziato. Il Comune ha deciso di correre ai ripari e ha in programma in
questi giorni un’iniziativa con le scuole. Tra breve, inoltre, dovrebbe partire
la campagna informativa sulle regole della raccolta differenziata. Un depliant
arriverà in tutte le famiglie triestina con tutte le istruzione per l’uso. E le
sorprese non mancheranno. Un esempio? I medicinali scaduti vanno nei rifiuti non
riciclabili. Le pile scariche e le batterie dei telefonini invece, vanno nei
contenitori dedicati. Nei contenitori della plastica vanno conferiti bottiglie e
flaconi di plastica, sacchetti, vaschette alimenti anche in polistirolo. Non
vanno, però, attenzione, inseriti giocattoli, piatti, bicchieri, cd, custodie e
altri oggetti in plastica. Nelle campane per il vetro non vanno introdotti
oggetti in ceramica per non rovinare un intero carico, rendendo impossibili le
operazioni di riciclo». Nei cassonetti della carta non vanno conferite la carta
unta di grassi e oli, salviette e fazzoletti, carta oleata o plastificata. E fin
qui tutto bene. Tra le cose da non conferire appare anche questa: “non
depositare gli imballaggi all’esterno dei cassonetti”. Un errore di stampa. Ma
anche un monito rivolto ai commercianti.
Dalle “scovazze” 33 milioni di euro. Ma a Padova si
paga di meno
La somma versata complessivamente dai triestini con la
Tarsu sfiora i 33 milioni di euro, 25 dei quali versati ad AcegasAps per la
fornitura del servizio e altri 8 usati dal Comune di Trieste per gare gli
stipendi delle guardia ambienta e i servizi di riscossione crediti svolti da
Esatto. Il dato è stato reso noto a fine luglio dall’assessorato all’Ambiente
del Comune di Trieste. Nell’occasione l’assessore Laureni ricordava la disparità
di trattamento Trieste e Padova: «La Tarsu che paghiamo a Trieste supera in
media del 15 per cento, importo della tariffa rifiuti applicata a Padova. E noi
vogliano conoscerne le ragioni». La situazione è oggettivamente diversa. A
Padova si paga la Tia (tariffa igiene ambientale) e la raccolta differenziata a
fine 2010 era già al 46,8%. Oltre il doppio della percentuale di Trieste ferma
al 21,1%. Salito al 26% nel corso del 2011 con il raddoppio delle isole
ecologiche.
Multe previste sui cassonetti lasciati aperti - Le
sanzioni in vigore dal primo gennaio riguardano 10 trasgressioni e vanno da 25
fino a 1500 euro
«Mancata chiusura del coperchio del contenitore stradale»
Multa da un minimo di 25 euro a un massimo di 150 (50 euro il pagamento in
misura ridotta entro i 60 giorni). E una delle 10 sanzioni in vigore dal primo
gennaio previste dal «regolamento comunale in caso di trasgressione delle
corrette modalità di conferimento dei rifiuti». E' una delle più curiose e
complicate da rispettare nelle giornate di bora. Multati per aver dimenticato
aperto un cassonetto. La sanzione più pesante (da un minimo di 250 a un massimo
di 1500 euro) riguarda il “conferimento nei contenitori stradali di rifiuti
urbani pericolosi o speciali non assimilati, o ingombranti, o apparecchiature
elettriche ed elettroniche, o sostanze liquide, o rifiuti inerti da costruzione
e demolizione, o parti di veicoli, o materiali accesi, rifiuti che possono
danneggiare i mezzi e gli impianti del gestore del servizio». Il pagamento in
misura ridotta entro 60 giorni è di 500 euro. Notevole è anche la multa prevista
per l’”abbandono di rifiuti ingombranti o pericolosi sul suolo pubblico (da un
minimo di 105 a un massimo di 620 euro)”, una pratica molto diffusa a Trieste,
anche se poco o per nulla austroungarica. A tale scopo esistono ben quattro
centri di raccolta (Campo Marzio, Roiano, San Giacomo e Opicina) aperti tutta la
settimana ed è prevista anche la possibilità del ritiro a domicilio (su chiamata
al numero 0407793780). Nel caso di abbandono di rifiuti non ingombranti si
scende nella sanzione da un minimo di 25 a un massimo di 155 euro. La multa per
la mancata differenziazione dei rifiuti urbani va da un minimo di 50 a un
massimo di 300 euro. Le sanzioni riguardano anche il conferimento di rifiuti
indifferenziati nei contenitori destinati alla raccolta differenziata.
Sanzionate anche le modalità di conferimento dei rifiuti indifferenziati.
“L’inottemperanza all’obbligo di proteggere le parti taglienti o acuminate dei
rifiuti conferiti nei contenitori stradali” è multata da un minimo di 50 a un
massimo di 300 euro. “Il conferimento nei contenitori stradali di rifiuti non
opportunamente chiusi in sacchi o simili” è multato da un minino di 25 a un
massimo di 150 euro.
Ferriera, tre giorni di sciopero alla banchina -
L’iniziativa presa alla luce delle «preoccupazioni» dei sindacati emerse
nell’incontro col management
Una banchina inagibile causa sciopero degli addetti di quel reparto per tre giorni di fila dalle dieci di ieri sera, il che impedirà l’imbarco di coke su una nave diretta a di Piombino. Eppoi un’assemblea di tutti i lavoratori già convocata per lunedì alle 7.30, immediatamente dopo i turni del week-end. E pure una conferenza stampa congiunta in agenda stamani alle dieci, «per informare la cittadinanza delle preoccupazioni che sono costrette a sostenere, in modo condiviso, le rappresentanze sindacali della fabbrica». L’atteso vis-à-vis programmato ieri alle 12, tra management della Ferriera e sindacati, ha avuto effetti collaterali pressoché istantanei. Rsu e segretari di categoria se ne sono usciti con facce scure e bocche cucite. Pessimo segnale. Perché pessimi, così lasciano intendere gli stessi rappresentanti dei lavoratori, si sono rivelati, dal loro punto di vista, i segnali dispensati dal direttore dello stabilimento Enrico Cascello e dal responsabile del personale Alberto Scappellato. È stato insomma un mezzogiorno di fuoco non indolore, quello che era stato chiesto nei giorni scorsi dalle stesse Rsu e dalle segreterie provinciali di Fiom-Cgil, Fim-Cisl, Uilm e Failms, per chiedere lumi su piano investimenti e banche alla luce dell’accordo sul debito, nonché su organici e sicurezza. Per tutto il pomeriggio i cellulari dei referenti sindacali hanno squillato a vuoto. Segno che il clima si era fatto ancora più teso. E che il problema deve essere in realtà talmente grosso, in ottica sindacale, da sconsigliare che ognuno si metta a parlare per conto proprio. Serve una voce unica. E così, solo in serata, il segretario Fim-Cisl Umberto Salvaneschi, a nome di tutti, ha fatto sapere che oggi, alle dieci, presso la sede della Uil di Domio, giusto per non stare troppo lontani dalla zona industriale e dalla Ferriera stessa, ci sarà una conferenza stampa congiunta di tutte le sigle rappresentate a livello di Rsu e segreterie provinciali di categoria. Una scelta determinata dal fatto - taglia corto Salvaneschi - che «dall’incontro di oggi (ieri, ndr) le rappresentanze sindacali sono uscite fortemente preoccupate. Questo perché i chiarimenti, che erano stati chiesti, non si sono avuti». Punto. Il dettaglio è rimandato a stamani. Per la stampa. E a lunedì, di primissimo mattino. Quando, invece, ci sarà l’occasione per guardarsi in faccia, direttamente in fabbrica, tra colleghi. Da ieri, come detto, una prima azione-reazione al mezzogiorno di fuoco c’è stata comunque: la proclamazione di tre giorni di sciopero per i lavoratori della banchina, a cominciare dalle 22. «Un’iniziativa - tiene a precisare Salvaneschi - fatta non per incidere negativamente sul lavoro dei colleghi di Piombino, ma per far sì che l’attenzione di tutti possa restare molto alta».
(pi.ra.)
ISTRIA - Non solo lupi e orsi. Sul Monte Maggiore
arriva lo sciacallo
FIUME Si allarga la famiglia degli animali selvatici non autoctoni presenti sul Monte Maggiore, il massiccio che divide le regioni dell’ Istria e del Quarnero. Ai lupi e agli orsi, la cui presenza è stata confermata ufficialmente nei mesi scorsi, si è aggiunto lo sciacallo dorato, un cui esemplare maschio e in ottima salute è stato investito mortalmente da un’auto l’altro ieri sulla strada che porta da Mattuglie alla Galleria del Monte Maggiore. L’animale si trovava a circa 200 metri dall’imboccatura del tunnel (versante quarnerino) ed è stato ucciso sul colpo. A prendere in consegna la carcassa sono stati i responsabili della Società venatoria Kobac 1960 di Laurana. Il presidente del club, Mladen Cepic, ha confermato subito trattarsi del canide. «Sapevamo della presenza di sciacalli nella Penisola istriana – ha dichiarato ai giornalisti – ma finora non era stato avvistato alcun esemplare sulla nostra altura. Parliamo di una specie molto vitale, che si adatta bene all’ambiente, diramatasi negli ultimi anni dalla Dalmazia Meridionale. Gli sciacalli hanno allargato il loro territorio avanzando verso aree dell’Adriatico Settentrionale, facendo la loro comparsa anche su diverse isole, come a esempio ad Arbe e a Curzola». Da cacciatore Cepic dà un giudizio di parte sulla presenza del canide: «È davvero dannoso perché oltre a predare selvaggina di piccola taglia tipo le lepri, si accanisce pure su caprioli, pecore e capre, figliolanza compresa». A detta di Cepic, lo sciacallo (è predatore ma anche spazzino) si è stabilito in Istria da diversi anni e quanto avvenuto giovedì è la prova della sua presenza anche sulle pendici del Monte Maggiore, dove già da tempo scorrazzano esemplari di orsi e di lupi. Ma proprio il troppo esiguo numero di questi ultimi nell’Europa Sudorientale ha determinato in anni recenti l’incremento della presenza dello scicallo. Finora non si è verificato alcun incontro ravvicinato con l’uomo, né con gli abitanti o gli allevatori della zona, né con gitanti e alpinisti che amano praticare l’altura.
(a.m.)
SEGNALAZIONI - FERROVIE Tariffe aberranti
“Ora i treni notturni, commissionati e finanziati dallo Stato, viaggiano solo di notte. Il ministero ha deciso la soluzione più utile al Paese”. La Repubblica , 3 gennaio 2012. “Treni e orari, le scelte di FS: servizio universale con forti perdite ridimensionato dal ministero”. Il Messaggero, 31 dicembre 2012. Anno nuovo ma vecchio messaggio delle FS a Governo e Parlamento: che cosa pretendete se non ci mettete in condizione di fornire un servizio dignitoso negandoci i mezzi per assolvere alla nostra missione? Ma non spetta ai lettori, che protestano per l’indecorosa offerta di Trenitalia, rispondere all’insistente domanda del Gruppo FS; sanno infatti distinguere tra contratto di programma, che regola i rapporti tra Stato e Ferrovie, e contratto di trasporto, che lega Trenitalia al viaggiatore. I lettori hanno invece diritto ad una risposta non evasiva in ordine all’ aberrante politica tariffaria che è quanto di più lontano da una sana impostazione commerciale: Trenitalia, infatti, alla penalizzazione dei cambi con coincidenze improponibili aggiunge quella finanziaria, dal momento che impone i supplementi per singolo treno anziché per l’intera relazione secondo la costante pratica dell’impresa orientata al mercato. In pratica i viaggiatori devono sopportare un pesante aumento delle tariffe, in aggiunta alla pessima qualità del servizio, ricevendo un preciso messaggio: perché vi ostinate a prendere il treno quando non mancano vantaggiose alternative? La dinamica delle frequentazioni, prese a pretesto per le soppressioni, ha questo fondamento. I lettori hanno l’esigenza di sapere se anche tale autolesionistica politica commerciale è stata decisa da Governo e Parlamento: la Repubblica finanzia il concessionario per assicurare al Paese la competitività del servizio ferroviario sull’intera rete (e non solo sulla metropolitana che divide l’Italia) per contribuire alla mobilità delle persone e alla catena logistica delle merci.
Luigi Bianchi
COMUNICATO STAMPA - VENERDI', 13 gennaio 2012
L’Italia è un po’ meno difesa
Per la prima volta dal 1981 nessun giovane sta svolgendo
il servizio civile in una delle oltre mille organizzazioni che compongono la
rete di ASC Arci Servizio Civile. Questa la conseguenza dei tagli dell’ultima
manovra del governo Berlusconi, che riducendo a soli 68 milioni il fondo
nazionale nel 2012 e a poco più di 70 per il 2013 e il 2014 ha di fatto
affossato il Servizio Civile Nazionale.
Non era mai successo nemmeno negli anni ’80, periodo di dure polemiche con il
Ministero della Difesa, che nessun giovane del servizio civile vivesse presso le
nostre organizzazioni questa opportunità formativa.
Si è interrotta la funzione trentennale del servizio civile di ponte fra i
giovani e la società, fra le generazioni, di educazione alla pace e all’impegno
civico.
Di fatto ci troviamo in una situazione che fra qualche mese sarà superata. Pur
non avendo ancora nessuna novità la data di effettivo avvio del bando 2011 si
potrebbe collocare fra Aprile e Maggio 2012. Sono 1.268 i giovani in attesa in
tutta Italia, 26 nella nostra Regione nei progetti realizzati da ASC.
Nel frattempo, l’Italia è un po’ meno difesa!
ASC - Arci Servizio Civile, associazione di promozione sociale, è la più grande
associazione di scopo italiana dedicata esclusivamente al servizio civile cui
aderiscono - relativamente al servizio civile - 5 associazioni nazionali (Arci,
Arciragazzi, Auser, Legambiente, Uisp) e decine di organizzazioni locali.
ARCI Servizio Civile del Friuli Venezia Giulia
IL PICCOLO - VENERDI', 13 gennaio 2012
Patto Fincantieri-Ansaldo per un rigassificatore
I due gruppi insieme per la realizzazione dell’impianto al largo di Monfalcone L’ad di Asi Claudio Gemme: «Alleanza strategica senza aiuti dallo Stato»
TRIESTE Un’alleanza strategica tra Ansaldo sistemi
industriali (Asi) e Fincantieri per realizzare piattaforme offshore: primo
obiettivo un rigassificatore al largo di Monfalcone (da affidare all’Eni) ma
anche un impianto per la termovalorizzazione dei rifiuti utile a risolvere
l’emergenza a Napoli. Fincantieri ci sta lavorando da tempo con un gruppo di
specialisti che sta progettando piattaforme speciali e navi ad alto contenuto
tecnologico, Asi è impegnata con le tecnologie legate agli impianti eolici
off-shore. Ma ora quello che era solo uno scambio di idee tra i vertici delle
aziende, l’amministratore delegato di Fincantieri Giuseppe Bono e quello dell’Asi,
Claudio Andrea Gemme (che è anche presidente di Anie la Federazione delle
aziende elettriche ed elettroniche in seno a Confindustria) sta diventando un
progetto concreto. Non c’è solo la necessità delle aziende di diversificare e
crescere puntando a prodotti a più alto valore aggiunto, ma anche a creare nuove
opportunità di lavoro e di business nei territori di insediamento. Una mossa
anti-crisi che coinvolgerebbe anche le altre aziende dell’indotto. «Ne ho
parlato con Bono, è assolutamente d’accordo e del resto Fincantieri ci sta
lavorando con il suo gruppo - conferma lo stesso Gemme -. Quella di realizzare
un rigassificatore al largo è un progetto che abbiamo studiato per trovare nuovi
sbocchi di attività. La mia idea è di mettere assieme le competenze delle due
aziende che a Monfalcone lavorano fianco a fianco, trovando un’alleanza
strategica». Nessuna richiesta di fondi al governo: «Non vogliamo soldi - mette
le mani avanti Gemme - ma un percorso meno burocratico per realizzare questi
impianti e meno vincoli. Roma deve levarci gli impedimenti, creare una corsia
preferenziale». Una scommessa soprattutto per Monfalcone che ora si trova
davanti il progetto di un nuovo impianto di rigassificazione dopo la clamorosa
bocciatura di quello dell’Endesa che avrebbe sostituito la tanto contestata
centrale A2A. Contestazioni che ora, in un momento di “crisi epocale” (come la
definisce lo stesso Bono) dove c’è lo spettro della disoccupazione che avanza,
sarebbero assolutamente fuori luogo. Si parla infatti di centinaia e centinaia
di nuovi posti di lavoro per la costruzione e poi la gestione di impianti,
piattaforme e anche navi da trasporto (gasiere) del valore di centinaia di
milioni di euro. L’ad dell’Asi pensa per ora alla costruzione «Fincantieri
realizzerà le piattaforme e le strutture navali, noi come Asi siamo pronti a
costruire tutti gli impianti ausiliari elettrici» e non si preoccupa del
committente “energetico” o su chi si occuperà della gestione, ma punta a una
società italiana: «penso all’Eni» dice. In barba anche ai progetti a Zaule e a
quello off-shore prospettato sempre in Golfo. L’ad Asi infatti pensa anche «a
utilizzare come terminali energetici aziende multiutility e la stessa centrale
A2A (da riconvertire ndr)». Il progetto dell’alleanza strategica verrà portato
da Gemme anche in direttivo di Confindustria. Fincantieri, lo conferma la stessa
azienda, punta moltissimo nella sua strategia di diversificazione allo sviluppo
di questi nuovi business. Ne ha parlato lo stesso Bono recentemente a Monfalcone
in un’audizione in consiglio comunale. E c’è anche scritto, nero su bianco, nel
piano di riorganizzazione aziendale. Si parla di progetti di costruzione per
“primari operatori offshore” (come la piattaforma sommergibile Scarabeo 8
allestita per Saipem), di mezzi speciali, ma anche dei cosiddetti “nuovi concept”.
E tra questi il progetto “plasmare” ovvero piattaforme galleggianti per lo
smaltimento dei rifiuti solidi urbani (un impianto al plasma a ciclo chiuso che
recupera il 35% di energia e ricava dall’immondizia una sorta di vetro che può
essere riutilizzato). Ma anche impianti per il trattamento dei fanghi dei
dragaggi in mare (progetto Permare), lo sviluppo di impianti eolici e di
«rigassificatori destinati alla trasformazione del metano dallo stato liquido a
quello gassoso e la sua distribuzione in rete».
Giulio Garau
Tav, mancano 400mila euro per lo studio di fattibilità
TRIESTE Alta velocità ferroviaria? Al momento, almeno per questo estremo lembo d’Italia, resta solo un sogno. A definire la questione, del resto, basta l’ultimo episodio. In sostanza non si trovano neanche i 400mila euro necessari a realizzare lo studio di fattibilità avanzato per l’alta velocità della linea Mestre-Portogruaro-Ronchi dei Legionari. «Ho chiesto a Rfi - conferma il commissario della Tav Bortolo Mainardi - e hanno detto che non c’è un soldo... Resto fiducioso, però...». Mainardi si è comunque attivato subito e ha scritto al ministero e al ministro delle Infrastrutture Corrado Passera per chiedere a breve un incontro. Di carne al fuoco ce n’è molta. Arrivato nello scorso agosto Mainardi ha verificato la situazione e le criticità nei tratti progettati da Italfer, ha toccato con mano la carenza di consenso che esiste soprattutto in Veneto sul primo tracciato proposto e si è mosso di conseguenza. In primis, ricorda, era stato deciso di verificare la fattibilità del percorso Tav utilizzando quello preesitente, in prima battuta sulla tratta Mestre-Portogruaro. Serviva però, appunto, uno studio avanzato che, al momento almeno, non è neanche all’orizzonte. Ed è un peccato perchè la scelta di Mainardi era nata, dichiaratamente, dalla necessità di risparmiare fondi, uscire da quel cul de sac che parlava di costi di 77 milioni per chilometro da Mestre all’aeroporto Marco Polo di Tessera, altri 44 fino a Portogruaro e Ronchi e infine 50 milioni al chilometro per la tratta fino a Trieste. Di queusti tempi, fantascienza. Mainardi la prossima settimana sarà in Friuli Venezia Giulia. Parola d’ordine, «sorpassare Cervignano», perchè il grande imbuto, almeno per quel che riguarda la nostra regione, ha a che fare proprio con l’ex scalo logistico.
(f.b.)
Riccardi diffida Trenitalia: «Basta disagi» -
L’assessore chiama il nuovo referente Fvg Giaconia: «Colpiti soprattutto
studenti e lavoratori»
TRIESTE Ha appena sanzionato Trenitalia di circa un milione di euro. Ma la compagnia ferroviaria, sottoposta a una non irrilevante tensione sindacale, probabilmente all’origine dei guai, brilla ancora per i disservizi. E allora la Regione, con l’assessore ai Trasporti Riccardo Riccardi, convoca martedì 17 gennaio, negli uffici della direzione Trasporti a Trieste, il nuovo responsabile di Trenitalia Fvg Maria Giaconia. La motivazione è molto esplicita: «Andranno spiegate e illustrate le ragioni delle attuali, persistenti soppressioni dei treni regionali e le misure correttive che, da subito, voglio vengano introdotte». Le criticità riguardano in particolare la tratta Udine-Tarvisio lungo la Pontebbana. Troppi treni soppressi, la causa principale dei conti fatti a fine 2011 quando Riccardi consegnò a Trenitalia la pesantissima multa per il mancato rispetto del contratto. Non sono mancate nemmeno bacchettare sul fronte della pulizia, più che sui ritardi, con l’ennesima sottolineatura sulla vetustà dei mezzi impiegati. Trenitalia pagherà. «A dicembre – ricorda l’assessore – avevo indicato ai responsabili regionali della società ferroviaria che la Regione aveva ritenuto di applicare le sanzioni previste dal vigente contratto per i mancati servizi: considerato il perdurare di questa situazione non mi sembra sia più sufficiente agire sul lato finanziario, ma occorre che la società indichi immediatamente e chiaramente non che cosa farà ma cosa sta già facendo per ripristinare un servizio oggi pessimo e deficitario". La questione, dunque, non è più solo quella delle sanzioni. Perché l’urgenza è di impedire il ripetersi dei disagi. Appare «senza giustificazioni – ribadisce Riccardi – l'ormai permanente situazione di disagio a cui sono costretti studenti e lavoratori che utilizzano il trasporto ferroviario locale in Friuli Venezia Giulia». Analoghi casi di disservizio si erano verificati nelle prime settimane di dicembre, «e in quell'occasione avevo manifestato il mio disappunto e la mia insoddisfazione: ora mi vedo costretto a segnalare a Trenitalia che la qualità dei servizi a favore dell'utenza, in particolare sulla linea Udine-Tarvisio, è del tutto negativa, non certo in linea con un servizio pubblico per il quale paghiamo ogni anno decine di migliaia di euro». Martedì il faccia a faccia con Giaconia, di recente successore di Mario Pettenella che ha lasciato il servizio.
(m.b.)
Ferriera, oggi l’incontro azienda-sindacati - Sul
tavolo, la situazione delle banche, il piano investimenti, l’organico e la
sicurezza degli impianti
L’incontro richiesto dalle organizzazioni sindacali con la direzione della Ferriera si terrà oggi alle 12 all’interno dello stabilimento. Presenti, da una parte i rappresentanti di Fiom, Uilm e Failms e dall’altra il direttore dello stabilimento Enrico Cascello e il responsabile del personale Alberto Scapellato. I sindacati, che avevano sollecitato nei giorni scorsi un incontro urgente minacciando iniziative a tutela dei lavoratori, denunciano «un quadro di assoluta incertezza che determina una completa mancanza di prospettiva per quanto riguarda la continuità produttiva e le conseguenti ricadute occupazionali che, mai come ora, rischiano di causare un rapido e complicato tracollo». D’altronde, affermano i sindacati, i rapporti con l’azienda sono ormai ai minimi livelli «privi di quelle basilari informazioni su quello che sta succedendo dentro e fuori dallo stabilimento». E proprio questa situazione può ripercuotersi anche sul piano della sicurezza dei lavoratori e della conduzione ordinaria degli impianti. «Molti i problemi che metteremo oggi sul tavolo e su tutti ci aspettiamo una risposta seria da parte dell’azienda - afferma Franco Palman della Uilm -. Prima di tutto vogliamo sapere, a oggi, com’è la situazione delle banche che dopo l’accordo sul debito Lucchini, potrebbero sbloccare il pagamento ai creditori, in particolare alle imprese dell’indotto in sofferenza da tempo. E poi chiederemo il piano degli investimenti, la produzione, gli organici, la sicurezza degli impianti. Problematiche essenziali che non possono essere rimandate ogni volta. Da troppo tempo chiediamo queste cose. Risposte finora ne abbiamo avute poche e non sempre convincenti». Oggi, dopo l’incontro azienda-sindacati, se ne dovrebbe sapere qualcosa di più. Proprio riguardo alla Ferriera la Regione, alla fine dello scorso anno, ha deciso di istituire un ufficio tecnico e di coordinamento per preparare l'Accordo di programma che definirà il futuro dello stabilimento, per il quale rimane prioritaria l'ipotesi di riconversione dell'impianto. Durante la riunione di fine anno sono stati messi a fuoco i temi principali che dovranno poi essere affrontati: la tenuta industriale del tessuto economico triestino, l'occupazione, l'ottimizzazione delle infrastrutture portuali e il miglioramento dell'impatto ambientale. Entro la fine di gennaio sarà sottoscritto un Protocollo di intesa fra tutti i soggetti, propedeutico all'Accordo di Programma, anche per potersi presentare come un interlocutore unico nei confronti del governo.
(fe.vi.)
GreenStyle.it - GIOVEDI', 12 gennaio 2012
Detrazione 55% risparmio energetico in casa, guida alle
novità 2012
L’Agenzia delle Entrate ha pubblicato la versione
aggiornata della guida “Le agevolazioni fiscali per il risparmio energetico”,
che include tutte le novità fino al dicembre 2011. Il documento, in particolare,
descrive le possibilità di ottenere il bonus Irpef del 55% concesso a chi
realizza interventi di ristrutturazione energetica sugli immobili.
La guida illustra, alla luce della proroga annuale della detrazione del 55%
inserita nella manovra “salva Italia” varata dal governo Monti, gli interventi
per cui è riconosciuta l’agevolazione, i soggetti che possono usufruirne e la
procedura burocratica da avviare per ottenere il bonus.
Tra le novità segnalate dall’Agenzia delle Entrate, in particolare, c’è
l’estensione dell’incentivo agli interventi di sostituzione degli scaldacqua
tradizionali con modelli a pompa di calore per la produzione di acqua calda
sanitaria.
Quanto agli adempimenti burocratici, invece, la guida raccomanda di fare
attenzione alle modifiche intervenute negli ultimi anni. A cominciare
dall’introduzione dell’obbligo di inviare una comunicazione alla stessa Agenzia
delle Entrate se i lavori proseguono oltre un periodo d’imposta. Rispetto a due
anni fa, inoltre, è stato modificato il numero di rate annuali (10 e non più 5)
in cui deve essere ripartito il bonus. Il documento è disponibile sul sito
dell’Agenzia.
Silvana Santo - Fonte: Casa&Clima
IL PICCOLO - GIOVEDI', 12 gennaio 2012
Strade, gallerie, alberature Via a cantieri per 17
milioni -
COMUNE: IL PIANO DEI LAVORI
Da settembre la riqualificazione di piazza Libertà,
entro dicembre partirà il rifacimento della galleria di piazza Foraggi. Nuovi
spazi pedonali e piste ciclabili
IL PROGETTO PER VIA GIULIA Arriva il percorso Pedibus: risistemazione di
marciapiedi e segnaletica rivolta ai bambini
INTERVENTI NEL 2013 Previsti il restyling di Ponterosso e l’ampliamento di
marciapiedi in via Genova. Piantumazioni da inserire in largo Panfili
Si partirà in primavera, con la realizzazione del discusso e recentemente
confermato ponte sul canale di Ponterosso. Costerà 750mila euro cofinanziati dal
fondo per la mobilità sostenibile del ministero dell’Ambiente, e dovrebbe essere
pronto in estate dopo cento giorni di lavori. Ma il Programma degli spazi
pubblici del Comune - il primo atto dell’amministrazione Cosolini in materia di
pianificazione articolata sul tema delle opere pubbliche - presentato ieri
dall’assessore ai Lavori pubblici Elena Marchigiani, include una lunga serie di
interventi. Alcuni già finanziati, per un totale di oltre 17 milioni e mezzo di
euro (precisamente 17.664.777,97), e quindi dalle tempistiche definite; altri in
attesa di avere certezze sui fondi in arrivo. Non mancano nella lista scelte
“ereditate” dagli amministratori precedenti. «Compito di un’amministrazione
responsabile - rileva Marchigiani - è, quando possibile, rivedere e migliorare i
progetti già sul tavolo per renderli più conformi alle proprie finalità, così
come individuarne di nuovi che li completino e proseguano il disegno di
riqualificazione della città». In questo senso, ad esempio, nuovi alberi
troveranno sistemazione in largo Panfili e in piazza Ponterosso. Proseguendo in
ordine cronologico, Programma alla mano, a settembre aprirà il cantiere per il
rinnovo di piazza Libertà (una partita da oltre 3 milioni e 800mila euro). Dopo
l’ultima rivisitazione del progetto, nell’aprile scorso e quindi ancora nell’era
del Dipiazza-bis, sta per essere chiusa la versione esecutiva che, approvata,
darà il via alla gara d’appalto. Include: revisione delle aree funzionali al
trasporto pubblico, percorsi pedonali e ciclabili, ottimizzazione della
viabilità e mantenimento dei giardini storici con valorizzazione dello spazio
davanti alla sala Tripcovich. Entro il secondo semestre di quest’anno scatterà
l’atteso e pluri-rinviato rifacimento della galleria Montebello (opera da 9
milioni), il cui avvio del cantiere era stato fissato inizialmente nel 2006, poi
nel 2008 e riaggiornato via via negli anni. Dentro la galleria, lavori sulla
struttura a parte, troveranno casa due piste ciclabili unidirezionali vicino ai
marciapiedi, il tutto separato dalla strada da barriere protettive. La chiusura
del tunnel per dare spazio al cantiere comporterà dei disagi alla circolazione
veicolare: quel tratto infatti è un collegamento fondamentale fra piazza Foraggi
e Valmaura. Marchigiani lo sa bene: «Stiamo valutando la collegata
riorganizzazione del traffico con l’ingegner Giulio Bernetti (il mobility
manager del Comune, ndr)». Ancora nella seconda metà del 2012, sarà realizzato
il progetto Pedibus in via Giulia: risistemazione di marciapiedi e piani viabili
e predisposizione di idonea segnaletica rivolta ai bambini. Costo
dell’operazione: 225mila euro. Soldi assicurati e partenza calendarizzata per
altre due opere. Si arriva però al 2013. Tra un anno, in gennaio, restyling di
piazza Ponterosso (con addio al parcheggio in superficie sul lato verso il mare)
e via Genova, lungo la quale saranno principalmente ampliati i marciapiedi.
Conclusione dei lavori, per i quali la linfa è pari a un milione e 865mila euro,
prevista per marzo del 2014. Sempre a gennaio del prossimo anno sarà la volta di
via Trento, che verrà parzialmente pedonalizzata per accogliere l’arrivo di chi
giungerà dal ponte sul canale, e largo Panfili, da rendere più fruibile per i
pedoni anche con l’inserimento di nuove alberature. Lo specifico progetto, da
due milioni di euro (anche in questo caso con cofinanziamento ministeriale
attraverso il Fondo per la mobilità sostenibile, così come anche per la galleria
di Montebello e piazza Ponterosso), si concluderà a ottobre del 2013. Attendono
invece la notifica dei finanziamenti per maggio-giugno di quest’anno i progetti
Pisus (Piano integrato di sviluppo urbano sostenibile) che interesseranno via
Ghega, via Trenta Ottobre, piazza Hortis e il piano terra di palazzo Biserini,
Campagna Prandi e Androna degli orti.
Matteo Unterweger
L’assessore: così si migliora la qualità della vita
«Si tratta di una serie di interventi da realizzare sullo spazio pubblico. Una prima serie, che verrà implementata nei prossimi anni». Il neo-super assessore (dopo l’annuncio delle nuove deleghe su Pianificazione urbana e traffico, che si aggiungono per lei a quelle su Edilizia, Lavori pubblici e Politiche per la casa già affidatele) Elena Marchigiani parte così, nell’illustrazione delle opere pubbliche al via, quelle finanziate, e pronte a partire ma in attesa di fondi. Un elenco che abbraccia «luoghi dove la città si rappresenta e che è base per avere la garanzia di una migliore qualità della vita». «Quella che occorre - spiega Marchigiani - è ora una visione di insieme, un’idea complessiva di progetto che tenga uniti gli interventi già realizzati e quelli in programma nel breve e nel medio periodo»
(m.u.)
E in Cittavecchia c’è Urban da completare -
Pavimentazioni in pietra, allestimento dell’area esterna a Casa Francol: ma i
fondi non bastano
Per la seconda metà di quest’anno è in programma il
completamento della pavimentazione in pietra delle vie Capitelli e Crosada,
avviato con il progetto Urban. Un intervento con conclusione prevista nel primo
semestre del 2013. Entro la fine del 2012 (a meno di possibili slittamenti
collegati agli scavi programmati dalla Soprintendenza), invece, sarà portata a
compimento la sistemazione provvisoria a spazio pubblico dell’area antistante
Casa Francol. L’inizio dei lavori è previsto nella seconda parte dell’anno. I
due interventi sono collegati alla ristrutturazione di Casa Francol, per la
quale la destinazione d’uso scelta è quella di spazio di aggregazione sociale:
per completarla, però, gli 800mila euro residuo di Urban non bastano. Il Comune
ha deciso allora di provare a integrarli tramite project financing. Non è tutto,
però, perché il Programma degli spazi pubblici presentato ieri ufficialmente
dall’assessore Marchigiani, affiancata nell’occasione dall’architetto Marina
Cassin, responsabile del servizio Programmi complessi all’interno dell’area
Lavori pubblici del Comune, include altri punti. Un riferimento riguarda ad
esempio il futuro del lotto della Fiera e di piazzale De Gasperi, su cui il
Municipio sta valutando l’avvio di una procedura di project financing che porti
a realizzare lì un insediamento misto fra residenze e servizi. Tra i rioni dove
si concentrerà l’attenzione dell’amministrazione comunale in termini di lavori
pubblici, c’è anche Valmaura. L’intenzione del Comune è infatti quella di
avviare un’opera di sistemazione paesaggistica della zona tra la Risiera di San
Sabba e la Grande viabilità in direzione Ferriera: nuovi alberi,
riqualificazione di marciapiedi e strada. Per piazzale Giarizzole, oggetto di
proposte progettuali di restyling datate 2008 e firmate dalle facoltà di
Architettura degli atenei di Trieste e di Milano, si prospetta un futuro più
verde, da avviare già entro la fine del 2012 se i finanziamenti saranno
confermati. La volontà di liberare l’area, in parte o del tutto, dai veicoli
viaggia in parallelo con la disponibilità di spazi per parcheggi in piazzale
Cagni, a sua volta oggetto di progetto con intervento di privati. (m.u.)
MUGGIA - Onlus e associazioni - Nasce il registro
Istituire un registro ufficiale delle realtà associative. È l’obiettivo dell’iniziativa avviata dal Comune di Muggia, deciso a promuovere una nuova sinergia con i tanti gruppi e sodalizi disseminati sul territorio. «Ci avviamo verso una riduzione sempre più consistente delle risorse pubbliche - spiega l’assessore al Lavoro, Commercio e Turismo Stefano Decolle -. Ecco quindi l’importanza di coinvolgere in maniera sempre più significatiba le realtà associative attraverso la realizzazione di convenzioni condivise». Gli esempi virtuosi di questo tipo di sinergia, secondo Decolle, non mancano: «La gestione di parte del piazzale ex Alto Adriatico affidata alla Pro Loco oppure l'attività di ViviMuggia durante le manifestazioni del periodo natalizio sono esempi di come le associazioni possano diventare protaniste di un processo in cui il Comune può e deve collaborare con i sodalizi stessi. L’associazionismo non deve essere considerato come un’appendice della comunità, ma piuttosto come elemento fondante della stessa. E il registro sarà uno strumento di tutela e organizzazione collettiva, non limitandosi a svolgere una mera azione di controllo, pur garantendo la trasparenza dei bilanci e la democrazia di ciascun organico. Muggia - conclude Decolle - ha sempre potuto riscontrare grande vitalità e collaborazione da parte della comunità. Basta pensare a manifestazioni quali il Carnevale o al numero delle bande del territorio. È fondamentale quindi avviare un ragionamento organico». La scelta di istituire il nuovo registro sarà presto oggetto di confronto in Consiglio comunale, che peraltro aveva già condiviso tempo fa una mozione presentata dal consigliere del Pdl Nicola Delconte inerente l’associazionismo nel campo del volontariato sociale. Sarà interessante ora capire come le associazioni recepiranno questo nuovo spiraglio di interazione con il Comune.
(ri.to.)
Muggia, arriva la centrale a biomassa - Indetta la
nuova procedura dopo quella già annullata, al via in estate i lavori alla “De
Amicis”
La centrale a biomassa a servizio della scuola elementare De Amicis si farà. Convalidato l'annullamento della prima assegnazione dell'appalto alla ditta Limes di Bassano del Grappa per vizi di legittimità, il Comune di Muggia ha indetto una nuova procedura negoziata per assegnare (questa volta in maniera definitiva) i lavori del nuovo impianto. Nello specifico, il progetto prevede la costruzione di una struttura della potenzialità di 360 Kw dentro un vano in cemento armato situato vicino all'istituto scolastico. Costo dell'operazione, circa 315 mila euro. Gli operatori economici interessati alla procedura negoziata dovranno avere alcuni requisiti di qualificazione, tra i quali la precedente realizzazione di un impianto a biomasse della potenzialità di almeno 300 Kw e l'attestazione di categoria Soa Og11. Le domande dovranno essere presentate entro le 12 di giovedì 26 gennaio nella sede del Comune rivierasco. Eppure i lavori sarebbero dovuti già essere partiti da diversi mesi. L’appalto, inizialmente vinto come detto dalla ditta Limes di Bassano del Grappa, è stato messo infatti in discussione per presunti vizi di legittimità rilevati dalla Rti Cristoforetti Servizi Energia-Cpl Concordia Società Cooperativa. E in effetti questi presunti vizi hanno indotto l’amministrazione Nesladek ad annullare la determinazione per «evitare un eventuale contenzioso legale con inevitabile aggravio di spese per l’ente anche sotto il profilo risarcitorio». Da qui la nuova procedura negoziata, presentata ufficialmente questa settimana, grazie alla quale ripartirà nuovamente l'iter che vedrà l'inizio dei lavori entro l'estate, in concomitanza con le opere di riqualificazione dei servizi igienici della scuola De Amicis. Come evidenziato dalla stessa amministrazione Nesladek, la realizzazione di una centrale a biomasse rientra in quell’ottica di risparmio energetico fortemente voluta dall’amministrazione di centrosinistra. Negli ultimi mesi sono stati già installati a costo zero grazie al "Conto Energia" su diversi edifici comunali, scuole, asili e palestre i pannelli fotovoltaici per la produzione di energia elettrica. Il risparmio sulla bolletta comunale è stimato nell'ordine di 40mila euro. Ma non solo. Il Comune di Muggia ha già presentato una stima del risparmio annuale sulla bolletta che si aggira oltre i 60 mila euro, frutto dell'opera di investimenti per il risparmio energetico iniziati durante il 2010, proseguiti lo scorso anno e in procinto di concludersi tra pochi mesi. Tra gli interventi più eclatanti, quelli legati all'illuminazione pubblica con la sostituzione - in base alla convenzione con Enel Sole - di circa 900 lampade stradali obsolete con altrettante a tecnologia Led con un risparmio netto in bolletta di circa 35mila euro all'anno.
(ri.to.)
Servizio civile, 9 mesi in Russia - VOLONTARIATO A
LIVELLO EUROPEO - Opportunità per i giovani fino ai 30 anni pronti a mettersi in
gioco
Un’esperienza di 9 mesi come volontari nella Federazione
Russa. È l’opportunità offerta ai giovani di età compresa tra i 18 e i 30 anni
dal progetto di Servizio volontario europeo in collaborazione con
l’organizzazione “Sodrujestvo” di Cheboksary, il capoluogo della regione di
Chuvash (600km a est di Mosca, sulla riva destra del fiume Volga). Le attività
di volontariato, ricorda il Comune che sostiene l’iniziativa attraverso gli
uffici Europe Direct, si svolgeranno all’interno della comunità studentesca
locale e dell’orfanatrofio, che accoglie bambini di età compresa tra i 7 e i 15
anni. Il tema del progetto è la comunicazione interculturale nella regione
Chuvashia. A tutti i volontari europei, l’Unione europea garantisce vitto,
alloggio, un rimborso spese mensile, viaggio di andata e di ritorno,
assicurazione, visto. Sul posto il volontario sarà seguito da un tutor e avrà
anche un mentor sempre disponibile, inoltre sarà costantemente supportato dallo
staff dell’Europe Direct del Comune. Chi fosse interessato può consultare il
sito ww.retecivica.trieste.it/eud o contattare il numero 040 675 4141.
La Banca Etica al Miela con lo show “Pop Economy” -
ECONOMIA SOLIDALE »SABATO IL TAGLIO DEL NASTRO UFFICIALE
Sarà proiettato anche il video “Con i nostri soldi”,
poi l’inaugurazione in sede - Tra le prime realtà triestine a beneficiarne il
Goap e “Il posto delle fragole”
Le prime realtà a fruirne in regione sono state il centro antiviolenza Goap
e la Cooperativa “Il Posto delle Fragole” a Trieste, assieme alla associazione
friulana Centro accoglienza “Balducci”, la onlus “Vicini di Casa” di Udine e la
Cooperativa sociale Noncello nel pordenonese. Associazionismo ed economia civile
hanno trovato asilo e supporto finanziario da parte della sede della Banca
Popolare Etica del Fvg, il fondo che appoggia soggetti e organizzazioni fautori
di progetti e iniziative rivolte “all'uso responsabile e sostenibile del
denaro”. L'etica esiste anche nella finanza e per ribadirlo a chiare lettere c’è
l’appuntamento di sabato, festa, teatro e promozione tra il teatro “Miela” e la
filiale locale della Banca Popolare Etica, inaugurata lo scorso novembre, di via
Coroneo 31/2. Della crisi si può ridere, escogitando magari quale soluzione
utile, concreta. Appare questo il senso della prima parte del cartellone, in
programma al “Miela” (alle 10), con lo spettacolo “Pop Economy”, di e con
Alberto Pagliarino e Nadia Lambiase, presentato dal giornalista Gianpaolo Sarti.
Promosso dal Teatro Popolare Europeo e dalla Banca Popolare Etica, lo spettacolo
offre in chiave di show–conferenza alcuni spunti rivolti alla genesi della
crisi, ai modelli della svolta sociale, ai passi che hanno determinati consumi,
sperperi e illusioni, sino al tracollo in corso. Concepito per far riflettere,
allestito per coinvolgere realmente, e con leggerezza, il pubblico sui temi che
assillano tasche e futuro dell'italiano. Verso le 11, sempre all'interno del
Teatro Miela, l'attenzione si sposta sulla visione globale e sui programmi
attuati in regione dalla politica della Banca Etica, con la proiezione del video
dal titolo secco ed emblematico, “Con i nostri soldi”, viaggio in immagini,
cifre e prospettive, attraverso quattro delle organizzazioni sociali finanziate,
tra cui due realtà triestine come “Il Posto delle Fragole” e il Goap (Gruppo
Operatrici Antiviolenza e Progetti) di via San Silvestro 3/5. La prima parte
della manifestazione si avvale anche dell'intervento di Ugo Biggeri, presidente
della Banca Etica. Non è tutto. La prima “festa” di bilancio si conclude
inevitabilmente nella sede della filiale triestina, in via Coroneo, attorno alle
12.15, con il momento conviviale e il taglio del nastro ufficiale, pur a
distanza di qualche mese dall'inizio della attività sul territorio regionale.
Attualmente Banca Popolare Etica conta nel Friuli Venezia Giulia tre
coordinamenti provinciali e circa 1160 soci. I dati indicano in regione una
raccolta risparmio di 15 milioni di euro, con finanziamenti in corso che
rasentano la somma di 5 milioni e mezzo di euro, tutti a favore di varie
iniziative a sfondo solidale, non speculative, a favore di un no–profit che
diviene poi fonte di ricchezza, seguendo il motto esemplificativo scelto:
“L'interesse più alto è quello di tutti”.
Francesco Cardella
IL SARAGO A MIRAMARE
Appuntamento domenica prossima, alla Riserva marina del
Wwf a Miramare, con il secondo appuntamento del “Bestiario tattile” per bambini
dai 5 ai 10 anni. Questa settimana, in maniera tattile, ludica e scientifica,
verranno raccontati i segreti del sarago. Per partecipare è consigliabile
prenotarsi al n. 040-224147 interno 3 o scrivere a manuela@riservamarinamiramare.it.
I prossimi laboratori saranno dedicati al gabbiano (22 gennaio) e al delfino (29
gennaio). In febbraio si parlerà di tartarughe, meduze, razze e ricci.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 11 gennaio 2012
«Rigassificatore, rendere noto il progetto» - FORUM
AMBIENTE DI SEL
Gas Natural renda pubblico il nuovo progetto del
rigassificatore di Zaule. A chiederlo con forza è il Forum Ambiente di Sel che,
preso atto del ricorso presentato dal governo sloveno al Tar del Lazio contro il
decreto Bondi -Prestigiacomo che autorizza la costruzione dell’impianto, torna a
invocare maggiore chiarezza sull’operazione gnl. «Il progetto esecutivo
recentemente presentato da Gas Natural - si legge in una nota di Sel - risulta
“secretato” dalla Regione per non meglio precisate cautele di carattere legale.
Crediamo invece che si debba rendere pubblico senza omissioni, così da
permettere alla cittadinanza di prenderne visione e a tecnici indipendenti e
portatori d’interessi diffusi, compresi quelli ambientali, di studiarli per
proseguire in quel prezioso lavoro che di informazione verso l’opinione
pubblica. Non vorremmo - conclude Sel - che dietro alla secretazione della nuova
versione del progetto e alla completa assenza di notizie sui tempi di
convocazione della Conferenza Regionale dei Servizi che per ultima deve dare il
suo parere, si celi il tentativo di impedire che emergano ulteriormente le
criticità del progetto come quelle, molto pesanti e sottovalutate dalla
Commissione VIA, relative alla sicurezza».
Nel business delle gasiere i coreani puntano su Gtt -
Daewoo, Hyunday, stx vogliono la societa’ francese di ingegneria
TRIESTE E’ uno dei molti round su cui si articola la pesante partita cantieristica tra i produttori asiatici, ormai padroni delle costruzioni mercantili: nel derby tra Cina e Corea del Sud spunta, come tema forte di competizione, la qualità tecnologica delle navi gasiere. E’la ragione per cui i tre protagonisti della cantieristica sud-coreana stanno preparando un’offerta da un miliardo di euro per acquisire la società francese di engineering Gtt, nata nel 1994 dalla fusione tra Gaztransport e Sntechnigaz, realtà che vantavano un importante curriculum nella progettazione legata al trasporto di Gnl. Attualmente azionisti di Gtt sono Gdf Suez, Total, il fondo di investimento statunitense Hellmann & Friedman, che sembrano pronti a vendere. I tre protagonisti sud-coreani sono le controllate di Daewoo (Dsme), Hyunday (Hhi), Stx (Offshore & Shipbuilding) nel comparto navalmeccanico: durante il 2011 il Paese asiatico ha portato a casa 40 ordini, il 70% delle commesse gasiere a livello mondiale. La tipologia costruttiva, l’essenziale requisito della sicurezza, le normative adottate da molte nazioni (tra cui gli Usa) in materia di tutela ambientale vincolano i costruttori ad adottare criteri progettuali all’avanguardia: la transalpina Gtt ha messo a punto un sistema “a membrana”, rivestimento criogenico direttamente supportato dallo scafo della nave, ritenuto dagli esperti particolarmente affidabile. Infatti il prodotto Gtt interessa sia ai coreani che ai cinesi: rappresenta un investimento, ma è un non trascurabile costo che viene stimato attorno ai 10 milioni di euro per nave. Istruttivo dare un’occhiata al portafoglio-ordini di Gtt fino al settembre 2016: su una cinquantina di unità, Daewoo e Hyunday sono i clienti più affezionati con circa la metà delle navi. Seguiti, però, dalla cinese Shi.
(magr)
Porto, la Regione punta ai fondi europei per la Tav
Incontro con Ministero e Authority. Riccardi:
un’opportunità per sviluppare i collegamenti ferroviari. Roma: individuare i
progetti cantierabili in due-tre anni
L’opportunità di inserire nel progetto della Tav anche la possibilità di
accedere ai finanziamenti e definire così i molti nodi del sistema portuale di
Trieste. Problema questo di cui da tempo si discute a vari livelli e la cui
soluzione è diventata fondamentale per cercare di aumentare i traffici portuali
e attrarre nuovi investitori. Di questo si è parlato anche ieri nella sede della
Regione a Udine durante un incontro tecnico convocato dall’assessore regionale
alle Infrastrutture, Riccardo Riccardi, al quale hanno partecipato il
funzionario del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Roberto Ferrazza,
coordinatori di Rfi (Rete Ferroviaria Italiana) e funzionari dell’Autorità
portuale di Trieste. Un primo incontro a cui ne seguirà un altro al Ministero,
la prossima settimana, tra Rfi e Autorità portuale. In attesa che lo stesso
amministratore delegato del Gruppo Ferrovie dello Stato, Mauro Moretti, sia a
Trieste il 2 febbraio per partecipare a un tavolo di lavoro con Comune, Autorità
portuale e Regione. E allora se ne saprà di più per quanto riguarda tempi, modi
e finanziamenti. Ieri intanto si è parlato di modalità, sviluppo e adeguamento
strutturale dei collegamenti ferroviari a supporto del porto: lo scalo di Campo
Marzio anzitutto, su cui da tempo si punta, ma anche quello di Aquilinia - utile
anche per un eventuale nuovo terminal ro-ro nell’area ex Aquila - e dell’intera
rete. Progetto da inserire all’interno delle operazioni gestite dallo Stato per
la realizzazione del tratto transfrontaliero Trieste-Divaccia dell’Alta velocità
finanziato dall’Unione europea. «La Regione ha sollecitato l’incontro perché
ritiene indispensabile, nel momento stesso in cui si sta procedendo alla
progettazione della rete ad alta velocità immaginare le soluzioni più idonee per
mettere mano al nodo ferroviario di Campo Marzio a Trieste, cogliendo
l’opportunità - ha sottolineato Riccardi - di inserirsi nella partita dei
finanziamenti europei». La Regione ha fretta, Riccardi vuole che vengano «al più
presto individuati nel dettaglio gli interventi prioritari di riqualificazione e
quindi definire i progetti, tra Rfi e Authority, per consentire di inserirli
nell’agenda di lavoro che l’amministrazione regionale tiene con la Commissione
europea sul tema trasporti». Da parte del ministero, Ferrazza ha confermato che
la qualità degli interventi previsti per il collegamento ferroviario del porto
di Trieste rientra a pieno titolo nelle priorità di investimento decise dal
Governo Monti. «L’attuale governo - ha precisato Ferrazza - riconfermando le
previsioni di investimento in linea di continuità con il Governo precedente, ha
tuttavia posto la necessità di individuare interventi da cantierare a breve e
medio periodo, nel giro di due o tre anni, per incidere sulla possibilità di
creare ricchezza direttamente sul territorio. E questo è un nostro preciso
impegno». Per discutere tutte queste problematiche, l’Authority e Rfi hanno
fissato un incontro a Roma la prossima settimana.
Ferdinando Viola
«Ponterosso, la passerella entro l’estate» -
Marchigiani: stiamo siglando il contratto. Comitato “contro”, ultima carta:
venerdì audizione in Comune
Il comitato-contro le tenterà tutte fino all’ultimo appello consentito dalle regole della democrazia. Ma sarà inutile. Il dado è tratto, anche se qui non siamo sul Rubicone, bensì sul canale di Ponterosso. Che avrà il suo terzo ponte, salvo clamorosi colpi di scena, entro l’inizio della prossima estate. Sono giorni, questi, in cui l’ex presidente della commissione Urbanistica del Comune fino alle elezioni 2011, l’Udc Roberto Sasco, prepara l’assalto finale alla passerella pedonale tra via Cassa di Risparmio e via Trento: l’occasione è l’illustrazione che lui farà venerdì della petizione contraria all’opera firmata da 600 triestini, davanti alla commissione Lavori pubblici del Consiglio, alla presenza di altri co-esponenti del Comitato per la savaguardia del canale di Ponterosso. Ma sono pure gli stessi giorni, questi, in cui oramai - vinta la causa in sede di sospensiva anche al Consiglio di Stato, che ha confermato il primo via libera sulla regolarità della gara d’appalto venuto dal Tar - l’amministrazione Cosolini sta per perfezionare il contratto d’appalto definitivo con il consorzio che s’è aggiudicato quella gara, costituito dalla trevigiana Officine Bertazzon Spa di Vidor, la capofila, e dalla Cgs Spa di Tavagnacco, l’affiliata. «Non c’è nessun motivo - afferma Elena Marchigiani da assessore ai Lavori pubblici - per non procedere in un iter avviato, com’è noto, ancora dalla precedente giunta. Stiamo siglando il contratto, che prevede cento giorni per l’intervento. Noi contiamo quindi di avere l’opera pronta già prima dell’inizio dell’estate». Parole che suoneranno come note strimpellate malamente nelle orecchie di Sasco. Che ricorda: «Rappresento un comitato apartitico, di ingegneri, architetti, avvocati e cittadini più o meno noti, tra cui per esempio Margherita Hack, che non fa alcuna azione pro né contro Cosolini, ma punta a ribadire, proponendo l’alternativa dell’esistente con tanto di pista ciclabile, che una struttura di quel tipo deturpa la prospettiva». Dopo l’audizione di venerdì, la petizione finirà in Consiglio comunale, che deciderà se accoglierla o bocciarla. Non si accettano scommesse. «È già deciso. Non si poteva fare diversamente», ammette un poco convinto Roberto Decarli, che quand’era all’opposizione non ha mancato di criticare l’opera, anche per quei 750mila euro di spesa , ancorché vincolati, che comporteranno.
(pi.ra.)
Ambiente, via a interventi da 338mila euro - ACCORDO
COMUNE-REGIONE
Tra gli altri il rifacimento della scalinata tra la Tenda rossa e il porticciolo di Santa Croce
Sono stati firmati ieri tre accordi di programma tra la Regione e il Comune di Trieste per la realizzazione di alcune iniziative in tema di sostenibilità ambientale. Gli accordi, sottoscritti per la Regione dall’assessore alle Finanze Sandra Savino e per il Comune dall’assessore Elena Marchigiani, danno attuazione al protocollo d’intesa «Sviluppo sostenibile e promozione delle tecnologie a basse emissioni di carbonio» stipulato tra il ministero dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare e la Regione Friuli Venezia Giulia. Nello specifico, gli accordi promuovono i seguenti progetti del valore complessivo di 338.000 euro: rifacimento della scalinata che dalla Tenda Rossa porta al porticciolo di Santa Croce; un programma di verifica dell’efficienza energetica in alcuni edifici pubblici del Comune di Trieste e proposte per migliorare l’efficienza energetica degli edifici interessati. E ancora un programma strategico per la mobilità sostenibile nella Regione e nel Comune di Trieste mediante l’aggiornamento del grafo stradale del Comune per la valutazione dell’inquinamento da traffico e la possibile integrazione con il grafo della Regione. «Gli accordi rappresentano il risultato della collaborazione positiva tra la Regione e il Ministero dell’Ambiente - commenta l’assessore Savino - e confermano l’attenzione dell’Amministrazione regionale sui temi che riguardano lo sviluppo, lo studio di nuove tecnologie e gli interventi per la salvaguardia dell’ambiente. Problemi questi che intendiamo sempre affrontare con la giusta determinazione». Anche il Comune di Trieste giudica in modo positivo gli accordi firmati con la Regione. «Questa intesa - ha sottolineato l’assessore Elena Marchigiani - che dà attuazione al protocollo d’intesa sullo sviluppo sostenibile e la promozione delle nuove tecnologie rappresenta l’opportunità per dare concreta traduzione alle nuove politiche in materia di tematiche energetiche».
IL PICCOLO - MARTEDI', 10 gennaio 2012
Giunta, il Personale va a Martini Marchigiani:
Urbanistica e Traffico
Cosolini cede le tre deleghe. Il vicesindaco dovrà varare il nuovo assetto della macchina comunale.
All’attuale assessore ai Lavori pubblici due
capitoli-chiave: viabilità e Piano regolatore.
Pianificazione urbana e Traffico a Elena Marchigiani. Personale a Fabiana
Martini. Roberto Cosolini ha deciso, e come annunciato si disfa delle tre
deleghe più pesanti che al momento dell’elezione, in primavera, aveva tenuto per
sé. Due referati restano per ora in capo al sindaco: quello all’Ato (l’Ambito
territoriale ottimale) e quello ai Grandi eventi, la cui titolarità andrà
definita alla luce della riorganizzazione della macchina comunale, che vede il
capitolo Eventi inserito nell’Area Cultura, educazione e sport. Marchigiani, già
titolare di Edilizia, Lavori pubblici e Politiche per la casa, aggiunge ai suoi
compiti altri due referati vedendo riunite sotto di sé aree di tutto rilievo:
Pianificazione urbana significa infatti nuovo Piano regolatore, in fase di
redazione dopo l’approvazione delle direttive da parte dell’aula consiliare;
Traffico significa appunto nuovo Piano del traffico, anch’esso in via di
stesura. «Marchigiani, con il suo curriculum professionale e la grande
competenza nel campo dell’urbanistica, mi ha affiancato sul Prg in questa prima
fase assieme a Fabio Omero, il quale però ha una delega troppo importante qual è
lo Sviluppo economico per affidargli ulteriori compiti, per i quali pure avrebbe
le caratteristiche», commenta Cosolini: «Resta comunque l’ottica di squadra.
Quanto a Martini, mi pare che abbia la saggezza, la pazienza e la fermezza per
lavorare nel modo migliore su una delega molto delicata» com’è il Personale.
Delicata e anche più: la macchina comunale, con i suoi circa 2700 dipendenti, è
in via di completa riorganizzazione, ed è atteso a breve il valzer dei dirigenti
seguito da quello delle Posizioni organizzative. «Ho dato risposta a due
esigenze: da un lato avere un effettivo assessore all’Urbanistica, che mancava
da molti anni» - aggiunge il sindaco dando una stoccata al suo predecessore
Roberto Dipiazza - «e dall’altro lato avere un assessore al Personale impegnato
quotidianamente in una funzione fondamentale, come invece va dato atto a Michele
Lobianco (assessore della giunta Dipiazza, ndr) di essere stato». Giochi fatti,
dunque? Per ora sì. Ma se un rimpasto di giunta al momento non è all’orizzonte,
e se il ruolo di Martini è perfezionato, resta da capire - e pare sia tema di
riflessione per il sindaco - quanto l’accorpamento di deleghe pesanti in capo a
un unico assessore sia sostenibile in termini di impegno. E dunque, se i Lavori
pubblici possano eventualmente essere assegnati a un altro titolare. Se il
centrodestra attende al varco la creazione di un super-assessorato quale fu
quello - al tempo ampiamente criticato dal centrosinistra - di Giorgio Rossi
prima e dello stesso Dipiazza poi, il fatto è che Marchigiani si trova a gestire
Piano del traffico e Piano regolatore, ovvero due temi-cardine, accanto ai
Lavori pubblici. Lavori per i quali però i fondi sono scarsi. Non sono tanti
insomma i cantieri “tradizionali” in vista ai quali badare: il Comune piuttosto
dovrà lanciare dei project financing, in un’ottica dunque più di programmazione
strategica che di operatività. E a far pendere l’ago della bilancia a favore del
super-assessorato a regìa unica c’è un altro dato consistente: la
riorganizzazione della struttura comunale prevede che nell’Area unica “Città e
territorio” vengano raggruppati proprio Lavori pubblici, Urbanistica e Traffico,
strettamente connessi l’uno con l’altro nell’ambito di una pianificazione
strategica del futuro del territorio e dunque della città. Un legame
sottolineato dalla stessa Marchigiani, pronta - dice lei stessa - a un
maxi-lavoro «coordinato». Lavoro che attende anche Martini, vicesindaco con
delega alla Polizia urbana, «consapevole» ma per nulla spaventata - annota
sottolineando l’importanza delle «risorse umane» - dal riassetto della macchina
comunale.
Paola Bolis
SEGNALAZIONI - STAZIONE Deposito per biciclette
In occasione dell'attesa di un professore americano alla stazione ferroviaria di Trieste, ho avuto tempo e modo di constatare la mancanza di un deposito di biciclette per coloro che devono servirsi del treno. Uscendo dalla stazione dalla parte dei silos, il professore mi ha fatto osservare, con sua meraviglia, come le biciclette di coloro che prendono il treno fossero ancorate con lucchetti a tutti i pali disponibili. Non esiste un deposito per parcheggiare le biciclette, come esiste alla stazione di Udine e di altre cittadine del Veneto e del Friuli. Mi sentivo molto imbarazzato nel giustificare questa trascuratezza e mi sento ora in dovere di fare una proposta che eviterebbe non solo la brutta figura a tutti coloro che giungono a Trieste ma anche, soprattutto, il disagio di quei lavoratori che prima di prendere il treno la mattina si affannano a cercare un palo vuoto (...come fanno i cani) o una rete metallica per ancorare le loro biciclette. La proposta che faccio è di utilizzare quella parte dell'aiuola centrale adiacente al silos per fare un deposito per le biciclette protetto con una tettoia e con gli ancoraggi opportuni. Ritengo che la spesa non sarebbe eccessiva, e che, per evitare la ruggine, sarebbe bene farla con pochi pilastri di cemento e con una tettoria di cemento prefabbricato. In questo modo si può ambire ad avere una semplice costruzione di un certo valore architettonico, cosa che non hanno di certo le analoghe tettoie dei parcheggi delle stazioni della linea Venezia-Udine-Trieste. Ritengo dignitoso per i triestini, in particolare per coloro che utilizzano il treno e la bicicletta, poter contare su un parcheggio all'altezza del decoro della nostra città.
Enzo Tonti
«Rigassificatore, prima il piano energetico» - IL WWF
REPLICA AL MINISTRO
Predonzan: e per il Piano regolatore i tempi di Via e
Vas non sono brevi come dice Clini
«Se c’è bisogno di un Piano energetico per capire quanto gas ci serve, il
Governo lo faccia. Allora però anche la decisione sul rigassificatore di Zaule
dev’essere rinviata a dopo la definizione del Piano, senza essere scaricata
sull’Autorità portuale, alla quale non competono certo le scelte “strategiche”
della politica energetica nazionale». Scrive così Dario Predonzan, responsabile
energia e trasporti del Wwf regionale, commentando la recente intervista
rilasciata da Clini a questo giornale. Predonzan ricorda infatti come Clini, a
proposito della conciliabilità tra il progetto del rigassificatore di Zaule e lo
sviluppo del traffico portuale, ha detto che «dipende dalle decisioni che
l'Autorità portuale intende prendere per lo sviluppo del porto. Abbiamo bisogno
di un Piano energetico per capire, a livello nazionale, quanto gas ci serve».
L’esponente Wwf passa poi al Piano regolatore del Porto, su cui Clini ha detto
che «abbiamo già avviato le procedure unificate di Valutazione ambientale
strategica (Vas) e Valutazione impatto ambientale (Via). Credo che a fine
gennaio avremo finito, poi la parola passerà al ministero delle Infrastrutture e
quindi alla Regione». «Stupefacente», annota Predonzan: «Clini, per lunghi anni
direttore generale al ministero dell’Ambiente, sembra ignorare l’abc della
valutazione di Via e Vas». La relativa norma tra l’altro prevede che la Vas
«dovrebbe essere avviata ancor prima dell’adozione del Piano. Cosa che nel caso
del Piano regolatore portuale non è stata fatta». In ogni caso «Via e Vas sono
procedure complesse, prevedono varie fasi di approfondimento e la partecipazione
di molti soggetti». Le Via richiedono «parecchio tempo: quella sul progetto del
rigassificatore di Zaule, partita nel marzo 2006, si è conclusa nel luglio 2009.
Proprio la compatibilità tra questo progetto e le previsioni di sviluppo dei
traffici portuali dovrebbe essere, tra l’altro, uno degli argomenti da
analizzare nella Via (e Vas) sul Piano regolatore del Porto. Come possa quindi
il ministro - aggiunge Predonzan - pensare che si possa finire a gennaio, resta
un mistero. Così com’è un mistero il perché la Via sul Piano regolatore del
Porto non sia partita già nella primavera del 2009, quando il Piano fu adottato
dal Comitato portuale. Spettava all’Authority depositare al ministero la
relativa domanda, ma ciò non è avvenuto. Lo si fosse fatto allora, forse oggi
davvero Clini potrebbe annunciare la conclusione della procedura. Perché invece
non è stato fatto? L’allora presidente Boniciolli e l’attuale presidente Monassi
- chiude Predonzan - dovrebbero delle spiegazioni alla città».
Banca Etica, giornata di festa con l’economia solidale
Sabato 14 gennaio soci, clienti, lavoratori e
amministratori di Banca Etica, che ha aperto da poco la prima filiale della
regione in via del Coroneo 31/2, festeggeranno questo traguardo insieme alla
città con una giornata dedicata «all’economia solidale». Nella mattinata al
teatro Miela lo spettacolo teatrale “Pop Economy” racconterà la crisi
economico-finanziaria che ci ha investito, dando al tempo stesso chiavi di
lettura e spunti per stili di vita più sostenibili. A seguire, il
video-documentario “Con i miei soldi”. Quindi il taglio del nastro e un
rinfresco in filiale. Banca Etica - recita una nota - conta in regione 1.116
soci organizzati in tre coordinamenti nelle Province. La raccolta di risparmio
sul territorio ammonta a 15milioni di euro, mentre la Banca sta finanziando
iniziative di economia civile e solidale sul territorio per un totale di oltre
cinque milioni e mezzo di euro. L'apertura della filiale di Trieste - chiude la
nota - ha dato slancio a nuove iniziative di economia civile: «Sin dai primi
giorni di apertura la filiale sta raccogliendo e impiegando denaro a ritmi
galoppanti», racconta il responsabile Enrico Trevisiol.
COMUNICATO STAMPA - LUNEDI', 9 gennaio 2012
Clini, rigassificatore e VIA-VAS sul Piano regolatore
del Porto di Trieste
Intervistato da un quotidiano locale, il ministro
dell’ambiente Corrado Clini a proposito della conciliabilità tra il progetto del
rigassificatore di Zaule e lo sviluppo del traffico portuale, il 28 dicembre
scorso ha dichiarato: “Dipende dalle decisioni che l'Autorità portuale intende
prendere per lo sviluppo del porto. Posso dire che abbiamo bisogno di un Piano
energetico per capire, a livello nazionale, quanto gas ci serve. Ci sono
pipeline e altri progetti, per cui credo che dovremo sicuramente capire qual è
il ruolo che vogliamo dare all'Italia. Vogliamo farne un hub per smistare il gas
in eccesso? Si tratta di scelte strategiche.” Due affermazioni in evidente
contrasto tra loro. Se c’è bisogno di un Piano energetico (gli ambientalisti lo
chiedono da decenni…) per capire quanto gas ci serve, il Governo – di cui Clini
fa parte - lo faccia.
Allora però anche la decisione sul rigassificatore di Zaule dev’essere rinviata
a dopo la definizione del Piano, senza essere scaricata sull’Autorità portuale,
alla quale non competono certo le scelte “strategiche” della politica energetica
nazionale.
Poi l’intervistatore chiede lumi sull’iter del Piano regolatore portuale e Clini
risponde che: “Per quanto di nostra competenza, abbiamo già avviato le procedure
unificate di Valutazione ambientale strategica e Valutazione impatto ambientale,
ed è la prima volta che succede. Credo che a fine gennaio avremo finito, poi la
parola passerà al ministero delle Infrastrutture e quindi alla Regione.”
Stupefacente.
Clini, che è stato per lunghi anni direttore generale – cioè il numero uno
dell’intera struttura - al ministero dell’ambiente, sembra ignorare l’ABC della
valutazione di impatto ambientale (VIA) e della valutazione ambientale
strategica (VAS). Regolate entrambe da una legge che l’ex direttore generale
dovrebbe conoscere a menadito…
Una legge (il decreto legislativo 152 del 2006) che attua peraltro delle
Direttive europee, in base alle quali la VAS, tra l’altro, dovrebbe essere
avviata ancor prima dell’adozione del Piano. Cosa che nel caso del Piano
regolatore portuale non è stata fatta. Il che solleva, sia detto per inciso,
molte perplessità sulla legittimità dell’unificazione tra VIA e VAS che sarebbe
stata avallata a livello ministeriale.
Anche ammettendo che l’unificazione delle procedure sia legittima, tuttavia,
resta la perplessità di fondo: VIA e VAS sono procedure complesse, che prevedono
varie fasi di approfondimento e la partecipazione di molti soggetti (non ultimi
i cittadini, i quali hanno 60 giorni di tempo per esaminare gli elaborati
prodotti dal proponente e per formulare le proprie osservazioni).
Sono infatti molte le questioni da affrontare in una VIA (e VAS) su un piano
regolatore portuale: quelle attinenti gli effetti del piano, delle opere in esso
previste e dei traffici dallo stesso generati, sulla qualità dell’aria (ad es.
le emissioni in atmosfera delle navi), sull’ecosistema marino (ad es. per la
movimentazione dei fanghi – inquinati – dai fondali del Vallone di Muggia),
sulla mobilità stradale e ferroviaria nel territorio retrostante il porto, e
così via.
Lo scopo è infatti quello di prevenire danni all’ambiente, individuando gli
eventuali correttivi progettuali e le mitigazioni o compensazioni del caso.
L’esperienza dimostra che le VIA richiedono parecchio tempo per essere portate a
termine: quella sul progetto del rigassificatore di Zaule, ad esempio, partita
nel marzo 2006, si è conclusa nel luglio 2009. E non si tratta certo di un caso
limite. Proprio la compatibilità tra questo progetto e le previsioni di sviluppo
dei traffici portuali dovrebbe essere, tra l’altro, uno degli argomenti da
analizzare nella VIA (e VAS) sul Piano regolatore del Porto di Trieste…
Come possa quindi il ministro pensare che si possa finire a gennaio (ma forse si
riserva di precisare l’anno!), resta un mistero. Così com’è un mistero il perché
la VIA sul Piano regolatore del Porto non sia partita già nella primavera del
2009, quando il Piano fu adottato dal Comitato portuale.
Spettava all’Autorità depositare al ministero dell’ambiente la relativa domanda,
corredata dagli elaborati prescritti dalla legge, ma ciò non è avvenuto, benché
da tutti o quasi tutti gli ambienti politico – economici triestini si ripeta da
anni che la crescita dei traffici portuali, connessa con lo sviluppo delle
infrastrutture del Porto, sia strategica per il futuro della città.
Lo si fosse fatto allora, forse oggi davvero il ministro Clini potrebbe
annunciare la conclusione della procedura. Perché invece non è stato fatto?
L’allora presidente Boniciolli e l’attuale presidente Monassi dovrebbero delle
spiegazioni alla città.
Dario Predonzan - Responsabile energia e trasporti WWF Friuli Venezia
Giulia
IL PICCOLO - LUNEDI', 9 gennaio 2012
La plastica nell’umido: differenziata snobbata da via
Giulia alle Rive
Piccola indagine tra le isole ecologiche del centro
città Anche taniche per l’olio lasciate vicino ai cassonetti
Raccolta differenziata? Passi per raccolta ma differenziata mica poi così
tanto. Al di là del gioco di parole, sembra proprio essere questa al momento la
fotografia, non così felice, di come stanno metabolizzando i triestini il nuovo
sistema per il riciclo dei materiali usati. Ed il fatto che le sanzioni salate
previste per i trasgressori, pur spostate di qualche settimana, comincino a
profilarsi minacciosamente all’orizzonte, non sembra aver smosso più di tanto il
senso di responsabilità e di civiltà della popolazione locale. Semplice
disattenzione, pura negligenza, o soltanto ignoranza delle nuove normative?
Difficile dirlo, molto probabilmente un mix di tutto questo, pur ricordando che
la prevista massiccia campagna informativa indirizzata alle famiglie, non è
ancora decollata nei tempi e nei modi previsti. Il nostro viaggio “ecologico”
parte da Via Giulia, dove all’altezza del giardino pubblico, tanto per gradire,
sistemato in mezzo ai cassonetti, spunta un’enorme contenitore in legno pieno di
vetri, abbandonato lì con noncuranza, quando in quel momento i raccoglitori
specifici si presentavano quasi completamente vuoti. Qualche centinaio di metri
più giù e la situazione non migliora di certo, anzi. All’altezza dei Portici di
Chioggia, sbirciando all’interno della campana destinata a vetro e lattine,
scorgiamo un’infinità di bottiglie di birra, e fin qui tutto bene, peccato che
le stesse siano state eliminate inserendole all’interno del grosso cartone che
le conteneva in origine. Poi, proprio per non farci mancare nulla, adagiato lì a
fianco, un sacco pieno di immondizie non riciclabili. Proseguiamo e arriviamo
all’altezza del canale di Ponterosso. Qui all’interno del raccoglitore per
l’umido troviamo davvero un po’ di tutto: un cartone di bottiglie di spumante,
evidente ricordo dei recenti brindisi per le festività, contenitori per le
pizze, vasi per la pittura, polistirolo e sacchi di plastica. Di tutto, di più,
peccato che ognuno di questi scarti andava inserito in un contenitore specifico.
Vogliamo allora capire il perché di tutti questi grossolani errori e ci fermiamo
un attimo ad osservare: ecco che allora vediamo la diligente pensionata che si
avvicina all’isola ecologica munita di più sacchetti, nei quali ha
preventivamente differenziato i propri scarti, e con assoluta precisione e
sicurezza, va ad inserirli nel posto giusto. Tiriamo un sospiro di sollievo
perché un paio di minuti dopo arriva un distinto signore sulla quarantina che
scarica rifiuti di carta e di plastica nel raccoglitore dei non riciclabili.
Siamo giunti sulle Rive e qui, in una delle trasversali interne, veniamo accolti
da una tanica per l’olio che fa bella mostra di sé posizionata all’esterno,
esattamente in mezzo tra i contenitori per la carta e per il vetro. Non solo,
all’interno del raccoglitore per l’umido scorgiamo una borsa di carta che
contiene una bottiglia di plastica, come dire il danno oltre la beffa. Ormai
sfiduciati giungiamo all’ultima tappa del nostro percorso, zona Campi Elisi. La
situazione sembra sotto controllo, forse stavolta è davvero tutto in ordine.
Macché, a rovinarci anche l’ultimo controllo, nella campana verde, in mezzo ad
una moltitudine di vetro e lattine ci sono un paio di bottiglie di plastica,
peraltro ben mimetizzate. Come siano finite lì è un mistero, certo è che ce ne
torniamo a casa più stanchi e più amareggiati di prima. Ce la farà il Comune a
raggiungere il 65% come vuole la Ue entro il 2012?
Pierpaolo Pitich
A giorni l’avvio della campagna informativa
Secondo l’ultimo cronoprogramma del Comune, dovrebbe
essere questione di giorni. La campagna informativa che raggiungerà tutti i
cittadini con lettere e depliant dettagliati sulle regole della differenziata,
dovrebbe scattare a metà gennaio. Più o meno in contemporanea è prevista anche
la raccolta porta a porta dei cartoni ingombranti dei negozi e della grande
distribuzione e degli imballaggi in tetrapak rimasto escluso dalle tipologie
della differenziata triestina. Ben più lunghi, invece, si annunciano i tempi per
l’umido. La raccolta di questo tipo di immondizie (pari al 25% del rifiuto
urbano), non partirà prima della metà del 2012 e interesserà solo ristoranti e
mense. E i privati? Se ne riparla appena nel 2013.
Pochi passeggeri, Ferrovie chiude i bagni in sei
stazioni
Carnia, Cormons, Gemona, San Giorgio, Tarvisio Bosco
Verde e Villa Opicina sotto la soglia dei 500 viaggiatori al giorno: niente
servizi igienici dal 1° gennaio
Pendolari ignorati L’azienda gira il problema alle amministrazioni e ai bar più
vicini affinché individuino soluzioni alternative
TRIESTE Da quando è iniziato il nuovo anno, in sei stazioni ferroviarie del
Friuli Venezia Giulia non si può più fare pipì. Nei primi giorni di gennaio,
Rete ferroviaria italiana ha infatti chiuso a chiave i servizi igienici delle
stazioni di Carnia, Cormons, Gemona, San Giorgio di Nogaro, Tarvisio Bosco Verde
e Villa Opicina, vietandone l’accesso al pubblico. Si tratta di stazioni aperte
al personale e al traffico dei convogli per passeggeri, eccezion fatta per Villa
Opicina che, da quando è stato abolito il collegamento per Budapest, è
attraversata soltanto da treni merci. Stazioni tutt’altro che chiuse, dunque, ma
presidi ferroviari attivi a tutti gli effetti. La decisione è stata presa da
Rete ferroviaria italiana in via definitiva. L’azienda ha infatti comunicato di
aver deciso di applicare la normativa europea, in vigore già da tempo. E di
averla applicata con mano morbida: Anzi, morbidissima. «Se il regolamento
europeo prevede di chiudere i bagni di tutte le stazioni con meno di mille
viaggiatori al giorno - spiegano - Rfi ha deciso di applicarla solo per le
stazioni che di presenze ne contano la metà». Secondo i calcoli di Rfi, queste
sei stazioni non avrebbero dunque raggiunto la soglia minima di 500 viaggiatori
al giorno, ottenendo con l'inizio del 2012 il “via libera” alla chiusura
definitiva dei servizi igienici. Il calcolo è stato messo in discussione dai
pendolari di San Giorgio di Nogaro che, passate le feste, sono tornati in
stazione per andare all'Università e a lavorare. Ma quando a qualcuno è scappata
la pipì, si è accorto che i bagni erano stati chiusi e di doversi arrangiare in
altro modo. Da lì la presa di coscienza del provvedimento e la conta dei
pendolari. Indipendentemente dai numeri, resta però il fatto che ad essere stato
vietato è un servizio primario. Dopo la battaglia per far tornare l'acqua alle
fontanelle (vinta quest'estate dal Comitato dei pendolari), s'intravedono tutti
i presupposti per un'altra grande bufera. Prima i treni notturni cancellati, poi
le stazioni intermedie di Cervignano, Latisana e San Donà boicottate dai
collegamenti a lunga percorrenza. L'esplosione di polemiche che ha accompagnato
l'entrata in vigore del nuovo ferroviario sembrava essersi placata. E invece con
l'inizio del nuovo anno la notizia della chiusura dei bagni ha tutta l'aria di
poter sollevare un altro grande polverone. Ne è consapevole Rfi stessa: «Questa
decisione creerà sicuramente dei disagi – commentano dall'azienda - ad esempio
in caso di treni in ritardo o soppressi. Va però anche detto che i bagni delle
stazioni venivano costantemente presi di mira da atti vandalici, che li
rendevano inutilizzabili. Non potendo più l'azienda sostenere le spese per la
manutenzione ordinaria (pulizie) e straordinaria (per sistemare i bagni rotti
dai vandali) è stato così introdotto questo provvedimento». E adesso? «Nulla
vieta ai Comuni e ai bar delle stazioni – chiosa Rfi – di trovare una soluzione
alternativa». Elena Placitelli
Elena Placitelli
In via Giustinelli costruita una casa ecologica in
legno lamellare e poco cemento
Dell’edificio esistente è stata conservata la sola facciata, tutto il resto in via Giustinelli è una «casa esperimento» completamente costruita con legno lamellare acquistato in Alto Adige, con impianti a «zero impatto energetico», il che significa pannelli fotovoltaici e mini-impianto eolico, impianto elettrico interno agli appartamenti e cablato. Progettisti, Luciano Lazzari (già presidente dell’Ordine degli architetti) e Alessandro Fassi di Epoca srl, l’immobiliare committente. Cemento solo nei tre piani interrati, per i parcheggi, tutto il resto ideato a blocchi facilmente trasportabili, così da rendere ecologico perfino il processo costruttivo. «Sarà la prima casa così grande in Italia realizzata con questo sistema - dice Lazzari - sette piani in tutto di cui tre sotto terra, gli altri di legno. Siamo arrivati al tetto, credo che per l’estate l’edificio “svuotato” e quello nuovo adiacente saranno terminati». Qui la Soprintendenza non ha avuto voce in capitolo, «la casa esistente non era vincolata».
(g. z.)
I prati alpini a rischio estinzione - È un effetto
dell’aumento delle temperature. Molte specie potrebbero sparire in pochi decenni
ROMA L’effetto dei cambiamenti climatici sulla vegetazione
delle Alpi è molto maggiore di quanto si pensasse, con i prati alpini che
rischiano di scomparire in qualche decina d’anni a favore degli arbusti che ora
si trovano ad altitudini più basse. La preoccupante fotografia, pubblicata dalla
rivista Nature Climate Change, è stata fatta dal progetto “Gloria” (Global
Observation Research Initiative in Alpine Environments), un progetto scientifico
che ha coinvolto 32 ricercatori di 17 paesi tra cui l’Italia. Nella ricerca sono
stati analizzati 867 campioni di vegetazione presi con la stessa metodologia da
60 differenti siti nei principali sistemi montuosi europei, dapprima nel 2001 e
poi nel 2008. Dal confronto fra i risultati dei due anni è emerso che, in
generale, le piante che vivono meglio con temperature fredde stanno diminuendo
in favore di quelle che preferiscono climi più miti, e questo riguarda anche le
montagne italiane. «Sulle vette italiane la media delle temperature minime
giornaliere in alta quota è aumentata sensibilmente nell’ultimo decennio, in
particolare nelle vette che superano i 2300 metri sul livello del mare sia sulle
Alpi che in Appennino centrale, dove è cresciuta in media di 0,76 gradi
centigradi» spiega Angela Stanisci, docente dell’Università del Molise e uno
degli autori dell’articolo. E aggiunge: «Dalle aree permanenti di monitoraggio
emerge che sta aumentando la copertura delle specie più termofile a scapito di
quelle più microterme. Queste ultime, ad esempio Silene acaulis, l’endemica
Myosotis ambingens, più conosciuta come “non ti scordar di me” e la
mediterraneo-montana Alyssum cuneifolium, stanno spostandosi verso l’alto, ma il
problema è, che soprattutto in Appennino, le quote non molto elevate non
consentono questa migrazione oltre un certo limite. Per questo motivo le piante
vascolari endemiche, che vivono solo sulle alte montagne appenniniche, rischiano
l’estinzione a medio e lungo termine». I ricercatori hanno elaborato un indice
di “termofilizzazione” che, applicato alle varie zone, ha permesso di ricavare
una mappa con l’incidenza dei cambiamenti: le aree in cui le modifiche sono più
veloci sono quelle dell’arco alpino italiano, francese e spagnolo, mentre le
cime del nord Europa sembrano meno toccate, anche se il fenomeno è stato
comunque riscontrato in 16 delle 17 regioni prese in esame: «A livello europeo
abbiamo osservato una trasformazione di circa il 5% di ogni area in soli 7 anni
- si legge nelle conclusioni dello studio - anche se c’è una forte differenza
fra i singoli microclimi e una estensione verticale molto ampia delle montagne,
che può fornire un rifugio alle specie in pericolo, i nostri risultati indicano
una progressiva riduzione degli habitat a bassa temperatura, gli unici dove
alcune specie riescono a vivere».
IL PICCOLO - DOMENICA, 8 gennaio 2012
Museo ferroviario: il Comune vuole Campo Marzio
Proposta di scambio con Fs per salvare l’antica
stazione La decisione il 2 febbraio nell’incontro con l’ad Moretti
Il Museo ferroviario di Trieste Campo Marzio era aperto ieri mattina. E sarà
aperto anche oggi (dalle 9 alle 13). In via straordinaria è rimasto aperto anche
nel giorno dell Epifania. La chiusura annunciata per il 2012 non è stata però
scongiurata, ma solo rinviata di un mese. Il 2 febbraio arriva a Trieste Mauro
Moretti, amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato per partecipare a un
incontro di lavoro con il Comune e l’Autorità portuale. Nell’occasione dovrebbe
affrontare la questione del Museo ferroviario di Trieste. L’ha promesso il
sindaco di Trieste Roberto Cosolini. L’Associazione dopolavoro ferroviario, che
gestisce il museo, ha intanto presentato una richiesta di 25mila euro di
contributo annuo al comune di Trieste, area cultura, per fare fronte alle spese
di affitto (2mila euro circa al mese). Nell’attesa di una decisione definitiva
da trovare entro quest’anno. Il contratto con l’associazione nazionale è, per
ora, sospeso, La soluzione a cui si lavora è quella di una cessione al Comune
della Stazione di Campo Marzio nella forma di uno scambio con un’altra area di
interesse per le ferrovie. «È l’ipotesi più probabile e quella più auspicabile»
spiega Claudio Vianello, presidente del Dlf di Trieste. Lo spostamento in Porto
Vecchio, proposto dal soprintendente ai Beni storici Luca Caburlotto, non è
possibile, proprio per i vincoli messi dalla Soprintendenza del Friuli Venezia
Giulia. «Sono tre i vincoli che non consentono il trasferimento - spiega
Vianello -. I vincolo sono sull’edificio e sulle collezione. Eppoi c’è un
vincolo che lega le collezioni all’edificio in quanto si tratta di oggetti
risalenti per gran parte al periodo austroungarico. Che ovviamente non possono
che stare in una stazione edificata in quel periodo». Ma perché allora l’uscita
el soprintendente? «Forse non ha letto con attenzione la pratica stilata dal suo
predecessore, Giacomo Martines. Forse era mosso dall’urgenza di trovare una
soluzione al museo ferroviario» taglia corto Vianello. «Spostando la collezione
c’è il rischio di fare di Campo Marzio un contenitore vuoto» aggiunge il
presidente del Dopolavoro ferroviario. Il museo ha senso soprattutto se rimane a
Campo Marzio. In Europa esistono solo altri due musei ferroviario che hanno sede
all’interno delle stazioni viaggiatori. uno a Madrid e uno in Olanda. Trieste è
il terzo. Gli altri sono collocati all’interno di depositi dismessi. «Il nostro
unico nel suo genere» insiste Vianello . Se già oggi, con orario ridotto l
mattino e a soli tre giorni, vengono a visitarlo 4mila persone. Le potenzialità
ci sono tutte, insomma. Per il Comune di Trieste potrebbe essere una grande
attrattiva, E soprattutto l’acquisizione di un’area enorme che potrebbe essere
il fulcro di un polo culturale importante con il museo del Mare all’ex
meccanografico. «Nutriamo grande speranze dall’iniziativa del sindaco - conclude
Vianello -. Siamo 10 anni che lottiamo. E siamo pronti a donare gratuitamente
tutto il nostro patrimonio ai civici musei e anche a continuare a offrire gratis
il nostro lavoro».
Fabio Dorigo
«In Piemonte è intervenuta la Regione»
«Visto il rischio annunciato di chiusura già al prossimo
gennaio cosa aspetta la Regione – unico ente dotato dei fondi sufficienti – ad
agire per salvaguardare la stazione e valorizzare un museo, per la sua origine,
unico in Italia? La Regione Piemonte si è dotata di un museo regionale
ferroviario fino dal 1978, ed è noto l’interesse dei turisti, specie austriaci,
per questo museo ricchissimo di materiali, attrezzature, carrozze e locomotive».
Legambiente del Fvg, con il presidente Elia Mioni e il consigliere Andrea
Wehrenfennig, chiede «un intervento rapido e decisivo della Regione, per
costruire e rendere credibile con la sua partecipazione un tavolo di enti
pubblici e privati triestini che mobilitino risorse per scongiurare un
gravissimo impoverimento del nostro patrimonio storico, culturale, turistico ed
anche economico».
IL FATTO QUOTIDIANO - SABATO, 7 gennaio 2012
Traffico, la mobilità italiana è sempre più
insostenibile
Il rapporto Euromobility traccia un quadro sconsolante
delle nostre città: il 70 per cento dei cittadini usa un mezzo privato per gli
spostamenti e l'80 non sa cosa sia il car sharing. Scende la percentuale di
veicoli per abitante, ma rimane sempre la più alta d'Europa
Gravi carenze politiche e amministrative, ma anche culturali, soprattutto se
paragonate agli altri paesi europei. È desolante il profilo delle 50 principali
città italiane tracciato dal Rapporto Euromobility 2011. Livello di
motorizzazione individuale, impatto ambientale e traffico congestionato
rimangono le spine nel fianco dell’Italia, un paese dove la “cultura dello
spostamento” sembra non volere cambiare mai. Un dato su tutti: il 70 per cento
dei nostri concittadini usa il mezzo privato per i propri spostamenti. Un modo
di muoversi che costa caro: 29 miliardi di euro (dei quali 8 nella sola Roma)
come ha sottolineato il rapporto Scenari e opzioni per una mobilità sostenibile
della Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli di Roma (Luiss)
e del progetto culturale Formiche.
La mobilità è ormai un aspetto centrale nella nostra quotidianità, con pesanti
ricadute non solo sulla qualità della vita, dell’aria e in generale sulla
vivibilità delle città, ma anche sul portafogli. Il problema, in Italia, sono le
lacune nella mobilità sostenibile: trasporti pubblici, piste ciclabili,
condivisione delle auto sono tutte realtà che la maggior parte della popolazione
del Belpaese non prende minimamente in considerazione. Secondo Euromobility
2011, l’80 per cento degli italiani nemmeno sa cosa sia il car sharing.
E i risultati si vedono: se a Monaco di Baviera è possibile condividere 345
autovetture, a Torino, città con all’incirca lo stesso numero di abitanti e con
il car sharing più sviluppato d’Italia, ce ne sono a disposizione appena 113.
Peggio ancora se si parla di bike sharing. Nel Belpaese è inimmaginabile
raggiungere città come Parigi, con 20.000 biciclette e 1.800 stazioni, o Londra,
con 6.000 bici e 400 stazioni. Si potrebbe almeno provare ad avvicinarsi a
Bruxelles, dove i cicli in condivisione sono “solo” 2.500 ed i punti da cui
prelevarle 80. Peccato che nemmeno la somma di Milano, Roma, Torino, Brescia e
Bergamo raggiungono la capitale del Belgio.
Bassi anche gli standard emissivi, soprattutto nelle città del sud. Come Napoli,
in cui quasi il 60 per cento dei veicoli appartiene alla classe euro 2 o
inferiori. Dove invece gli standard sono più elevati, si rischia di annullarne
gli effetti positivi con un’eccessiva quantità di veicoli circolanti. L’esempio
più eclatante è quello di Aosta, in cui l’80 per cento delle vetture appartiene
alle categorie euro 4 o euro 5, ma l’indice di motorizzazione è del 201,64 per
cento.
Fra gli aspetti positivi si può annoverare il calo della percentuale di
autoveicoli per abitante che a livello nazionale è scesa dal 61,13 del 2009 al
60,67 per cento del 2010, ma di cui l’Italia mantiene saldamente il primato
europeo. Bene anche il miglioramento dei dati relativi a PM10 e polveri sottili,
di cui i livelli imposti dalla legge – 40 microgrammi per metro cubo – sono
stati superati solamente in un quinto delle città analizzate.
Un dato incoraggiante, in tempi di crisi. Quello legato alla mobilità è infatti
un problema di costi, oltre che di salute e qualità della vita. Annualmente i
problemi legati alla mobilità urbana in Italia hanno già causato perdite per
decine di miliardi di euro, mentre le famiglie, secondo lo studio Luiss/Formiche,
spendono per il trasporto privato circa 170 miliardi di euro (50 miliardi solo
di tassazione) a fronte di una spesa totale per il trasporto collettivo di circa
10 miliardi.
Ciononostante, nell’analisi comparata di Euromobility 2011 emerge che, nei
tragitti extraurbani, la tendenza a muoversi individualmente con il mezzo
privato piuttosto che con quelli pubblici è in aumento. “I sedili vuoti
rappresentano un giacimento da svariati miliardi di euro all’anno”, fa presente
l’associazione “mangiatraffico” Jungo, attiva in diverse provincie del nord: “Si
tratta del più grande spreco energetico della storia”.
“Una situazione inutile ed evitabile”, scrive sul proprio sito l’associazione
trentina, perché “se si raddoppiasse il tasso di riempimento delle autovetture,
ogni anno gli italiani si arricchirebbero senza sforzo di circa 5 miliardi di
euro”. “Senza considerare le accise”, aggiungono, e “senza contare
l’incommensurabile beneficio ambientale, né l’enorme riduzione di spesa
sanitaria”.
Del resto, in termini di mobilità anche per la Commissione europea l’obiettivo
rimane quello di “sperimentare soluzioni innovative”; dimezzando entro il 2030
ed eliminando entro il 2050 “l’uso delle autovetture con carburanti tradizionali
nei trasporti urbani”, e introducendo entro il 2030 “un sistema di logistica
urbana a zero emissioni di Co2”.
IL PICCOLO - SABATO, 7 gennaio 2012
«Trieste non esiste senza la Ferriera» - I segretari di
Cgil, Cisl e Uil: «Serve con urgenza un piano di riconversione. L’area è grande
come Porto Vecchio»
Ferriera. Ferriera. Ferriera. Il nodo della crisi
economica e industriale di Trieste sta a Servola. Poi ci sono la questione
irrisolta delle bonifiche delle aree inquinate, la piattaforma logistica che non
decolla, i cantieri edili fermi e il commercio che ora rischia l’overdose da
liberalizzazione. Ma è da Servola che parte ogni discorso e a Servola ogni
discorso ritorna. È così da almeno vent’anni. È così ad ogni campagna
elettorale. Usata come bandiera. Dalla chiusura promessa e mai mantenuta. I
sindacati confederali non hanno dubbi. «La Ferriera rappresenta la grande
occasione per riconvertire e rilanciare un processo industriale a Trieste»
dicono. «O per cancellare definitivamente quel po’ di industria che resiste in
città». Le emergenze? «Non ci sono le emergenze. Il territorio di Trieste ora
vive l’emergenza. Tutto è un’emergenza. Trieste è l’emergenza» dichiara Enzo
Timeo, segretario provinciale della Uil. E poi usa una metafora marina:
«Possiamo buttare fuori l’acqua dalla barca, ma se non tappiamo le falle si
andrà a fondo comunque. Abbiamo bisogno di una progettualità di lungo respiro».
Altrimenti Trieste è destinata al default. «Serve un progetto forte per il
territorio. L’economia di Trieste sta ormai a sottozero. Siamo seduti su una
polveriera di cui l’occupazione è la miccia» allarma Adriano Sincovich,
segretario provinciale della Cgil. Il 2011 è stato un brutto anno, ma il 2012
sarà peggiore» pronosticano Cgil, Cisl e Uil. Ferriera di Servola Che fare?
L’area di 60 ettari è grande quando il Porto Vecchio e il fronte mare è tra i
più importanti di Trieste. Il 2011 si è chiuso con la Ferriera. Il 29 dicembre
si è tenuto finalmente l’incontro in Regione sul destino dell’impianto di
Servola. «Un buon viatico per il 2012» dichiara Luciano Bordin, segretario
provinciale della Cisl. L’obiettivo del tavolo regionale è arrivare a un accordo
di programma («che chiediamo dal 2002» dice Timeo) che ridisegni il futuro della
Ferriera, oltre al 2015, dato di termine dell’impianto siderurgico.
«L’importante aver ripreso il contatto con tutte le istituzioni» racconta Timeo.
Il tavolo dovrà essere riconvocato entro gennaio per produrre intanto un
protocollo d’intesa a cui seguirà un accordo di programma. «La Ferriera è un
problema devastante per la città. Noi siamo contrari alla chiusura di Servola.
Bisogna lavorare a una sua riconversione. Altrimenti c’è il rischio che rimanga
in eredità un’altra area inquinata da bonificare» mette le mani avanti Sincovich.
«L’obiettivo, in attesa dell’accordo di programma, è quello di mantenere il
livello occupazionale» premette Bordin. «Siamo già in ritardo» ripetono i
sindacati. Cinquecento gli operai impegnati a cui si aggiungono gli oltre 200
della Sertubi (a cui Servola fornisce la ghisa). Mille posti di lavoro con
l’indotto. «La riconversione della Ferriera potrebbe diventare il volano per
l’economia del territorio» aggiunge Bordin. Sertubi «Senza una soluzione per la
Ferriera e la Sertubi tutto diventerebbe complicato» dice Bordin. In questo
caso, oltre la stretta relazione con la Ferriera, c’è da capire cosa intende
fare l’investitore indiano appena arrivato. Il gruppo Jindal ha preso in affitto
per cinque anni, la fabbrica del gruppo Duferco. Nell’immediato, intanto, c’è la
cassa integrazione per la quasi totalità dei lavoratori da metà gennaio. Un
piano di rilancio ancora non c’è. Bonifiche Una questione irrisolta. Se ne parla
ormai da 10 anni, tra tavole rotonde e convegni, senza arrivare a nulla di
concreto. Un grande bluff. «Vanno fatte oggi, non domani» chiede Sincovich. «E
ora di finirla con gli annunci. Bisogna passare ai fatti. Servono soluzioni»
dice Timeo. «Non è possibile che la Regione abbia trovato una soluzione per il
resto della Regione e non per Trieste» rincara Bordin. Il Comune dovrebbe farsi
promotore di un accordo di programma con la Ragione sul modello di Torviscosa.
Commercio «La liberalizzazione degli orari rischia di essere più un problema che
un’opportunità per i commercianti - spiega Bordin -. Servono delle nuove forme
di contrattazione in modo da fornire garanzie ai lavoratori ma anche ai
commercianti. L’anarchia rischia di diventare devastante per tutti. Con il
confine a due passi. Già adesso i negozi chiudono. «Il terziario? Il calo dei
consumi, superiore al 15 per cento, sta mettendo in ginocchio il settore. E la
liberalizzazione degli orari poco aiuta in questo senso» dice Bordin. La
questione dell’orario è centrale per il rispetto dei lavoratori. «Siamo
d’accordo sulla liberalizzazione, soprattutto a Trieste, dove le chiusure spesso
sono totali, orari diversi. La libertà degli orari di lavoro è non essere a
carico delle lavoratrici del commercio» dice Timeo Occupazione I dati segnalano
un’emoraggia costante. Tra il 2009 e 2010 sono stati persi 5 mila posti di
lavoro. Siamo passati da 98mila a 93. Più o meno dieci Ferriere in meno. Niente
di positivo? «Il finanziamento della cassa integrazione in deroga» dice Timeo.
Una cosa positiva? «I dati dicono che ci sono più o meno gli stessi disoccupati
e che la cassa integrazione si mantiene stabile. L’interpretazione è
peggiorativa. Vuole dire che c’è gente che non si mette più sul mercato (molti
non cercano lavoro) e anche aziende che chiudono senza fare rumore». In altre
parole non ci sono più richieste di Cig, perché non ci sono più imprese a
chiederla. Imprese che muoiono senza lasciare traccia.
Fabio Dorigo
Lucchini verso la cessione - Mordashov deve trovare un
acquirente entro il 2014
MILANO L'obiettivo finale è cedere la Lucchini entro il
2014, ma nei prossimi tre anni il gruppo siderurgico rilevato nel 2005 dal
miliardario russo Alexei Mordashov è in grado di continuare a operare. È quanto
emerge dalla richiesta di omologa della ristrutturazione dei debiti e depositato
al Tribunale di Milano dai legali della società, lo studio Paul Hastings,
Alberto Maffei e Freshfields. Lucchini ha chiuso prima di Natale l'accordo con
le banche per ristrutturare 1,17 miliardi di debito e negli ultimi giorni
dell'anno ha depositato la richiesta di 182 bis al Tribunale fallimentare di
Milano. Il giudice delegato Roberto Fontana riunirà il collegio a inizio
febbraio per decidere sull'omologa dell'accordo. Intanto, l'attestatore del
piano, Stefania Chiaruttini, nella sua relazione sottolinea come «la società
disponga già attualmente, per effetto della sola dismissione della
partecipazione Ascometal sa, dei mezzi necessari a fra fronte alle obbligazioni
di rimborso previste nell'accordo di ristrutturazione». Nel piano presentato in
Tribunale sono previsti anche alcuni investimenti mirati come quello su
Piombino. «Il piano industriale - è scritto nel ricorso per l'omologa - prevede
alcuni interventi di manutenzione straordinaria da effettuarsi già a partire dal
2013 in relazione al laminatoio rotaie di Piombino al fine di permettere la
produzione di rotaie di alta qualità». Entro il 2014, poi, è previsto «il
rifacimento dell'altoforno» e la costruzione di un impianto di sinterizzazione
per la trasformazione di materiali ridotti in polveri in un composto
indivisibile. Il salvataggio della Lucchini ha ricevuto un impulso fondamentale
dall'accordo con le banche (Bnp, Intesa Sanpaolo, Unicredit, Ubi e Mediobanca)
raggiunto pochi giorni prima di Natale. Gli istituti di credito, infatti, sono
esposti per 733 milioni su un totale di 1,17 miliardi di debito e hanno
consentito a Lucchini di presentare al Tribunale di Milano un accordo di
ristrutturazione con oltre il 60% dei creditori aderenti, così come richiesto
dall'articolo 182 bis della legge fallimentare. Gli istituti di credito hanno
accettato una sorta di moratoria sul debito fino al 31 dicembre 2017 con un
inizio di rimborso a partire dal 30 giugno 2015 in cambio del pegno sulla
totalità delle azioni della società. Allo stesso tempo, le banche si
impegneranno a garantire liquidità per altri 46,9 milioni. Lucchini prevede poi
altre cessioni minori: per Bari Fonderie Meridionali c'è già un accordo sulla
base di un prezzo di 8,9 milioni mentre l'immobile che ospita gli uffici a
Brescia sarà venduto per 5,5 milioni A dare ossigeno alla Lucchini nei prossimi
anni sarà, però, soprattutto la cessione completata nei mesi scorsi di Ascometal
al fondo di private equity Apollo. L'operazione ha fruttato 352,7 milioni che
verranno utilizzati in parte per mantenere la soglia di liquidità a 130 milioni
e in parte per il pagamento del debito. Lucchini potrà mantenere «con il
supporto del ceto bancario, la propria attività d'impresa ed il proprio
patrimonio. Il tutto senza incidere sui diritti di credito vantati dai propri
dipendenti nonchè, sostanzialmente, su quelli vantati dai propri fornitori,
garantendo in tal modo anche gli interessi dell'importante indotto connesso
all'attività della società». Se nel medio-periodo, la salvezza di Lucchini non è
in discussione è tuttavia chiaro che, il minuto dopo l'omologa del Tribunale di
Milano, il colosso della siderurgia inizierà a guardarsi attorno alla ricerca di
un'alleanza o, più probabilmente, una cessione. Il magnate russo Mordashov,
infatti, si è impegnato con le banche a cercare un'acquirente entro la fine del
2014 e le stesse banche creditrici hanno ottenuto il via libera a sondare il
mercato per cedere la società.
Il mare di Muggia e Duino promosso a pieni voti
Tutti balneabili nella prossima stagione i tratti di
costa dei due Comuni: lo dicono le analisi effettuate dall’Arpa. C’è anche una
new entry, il Villaggio del Pescatore
MUGGIA Chiare, fresche, ed eccellenti acque. Parafrasando i versi del
Petrarca si può dire che il mare della provincia triestina si conferma di
qualità. La valutazione più che positiva della qualità delle acque di Muggia e
Duino Aurisina è arrivata dalla Regione che ha stilato i tratti di costa
destinati alla balneazione per la stagione 2012. I riscontri analitici, relativi
alle aree destinate alla balneazione sono stati effettuati dall’Arpa. MUGGIA
Sette su sette. La costa muggesana ha ricevuto il massimo dei voti – ossia il
grado di eccellenza - in tutti i tratti analizzati: bagno muggesano, bagno Gmt,
pontiletto dopo l'ex cantiere San Rocco, bagno Punta Olmi, Punta Sottile, fino
ad arrivare a Lazzaretto e al campeggio di Lazzaretto stesso. Forte di questo
importante riscontro il Comune di Muggia ha intenzione di puntare molto su
questo aspetto in ottica turistica. «Oltre alle acque, abbiamo eccellenti
stabilimenti balneari e spazi per la balneazione libera - ha commentato
l'assessore al Turismo Stefano Decolle -. Ottenuto un importante finanziamento
dalla Regione per la riqualificazione di parte della costa siamo pronti a
riprender la nostra vocazione di accoglienza ed è per questo che desidero
lavorare affinché si migliorino tutti quegli aspetti che ruotano attorno al
turismo: la pubblicizzazione di depliant, completamento della cartellonistica
stradale, potenziamento dei trasporti pubblici». Ma non solo. Decolle ha
promesso di raccordare il centro storico con Porto San Rocco con una passeggiata
aperta alla sera in collaborazione con lo stabilimento San Rocco, «il tutto per
dare una risposta importante per chi quest'estate non andrà in ferie lontano da
casa». A breve poi il Comune organizzerà un serie di incontri in raccordo con le
imprese commercianti e stabilimenti balneari anche perchè «le risorse economiche
pubbliche e private saranno in diminuzione e soltanto muovendosi per tempo
potremmo razionalizzarle essere competitivi» in vista della prossima stagione
estiva. DUINO AURISINA Nove su nove. Come a Muggia anche a Duino Aurisina l'Arpa
ha valutato al massimo la qualità di tutti campioni di acqua analizzati. Il
grado di eccellenza è stato decretato per Duino (Dama Bianca, scogliera e sotto
il castello), bagno Le Ginestre, Costiera-Costa dei Barbari, Sistiana (interno
della baia, Castelreggio e sotto il camping) nonché il Villaggio del Pescatore.
E proprio quest'ultimo sito è la novità del 2011. La spiegazione arriva dal
sindaco di Duino Aurisina, Giorgio Ret: «Da due anni abbiamo nettamente
migliorato la situazione del Villaggio grazie agli enormi investimenti negli
ultimi tre anni pari a 2 milioni di euro che ci hanno permesso di intervenire
sulle fognature e sul depuratore di Duino: ora la situazione anche nel Villaggio
è ottimale esattamente come nel resto delle nostre acque».
Riccardo Tosques
Cormorani insaziabili - Grado chiede alla Ue di poterli
abbattere
GRADO Una tavola rotonda di livello europeo a Grado, per affrontare una volta per tutte la questione dei cormorani, gli uccelli che depredano valli da pesca e oasi naturalistiche. Al termine dei lavori verrà stilato un ordine del giorno, un documento unitario che verrà presentato alla Comunità europea. È quanto afferma il presidente della Provincia di Gorizia, Enrico Gherghetta, a seguito della presentazione di una lunga e articolata interrogazione da parte del gruppo consiliare del Pdl. L’input è arrivato dal consigliere provinciale Giorgio Clama che, a sua volta, ha raccolto le perplessità e le istanze dei gradesi. In laguna i voraci cormorani banchettano continuamente a base di pesce (il fabbisogno giornaliero è di 400-600 grammi al giorno) distruggendo anni di fatica, lavoro e spese, facendo strage nelle valli, nonostante i dispositivi anti-intrusione adottati dai titolari, concessionari e valligiani, ovvero qualche rete di protezione. Il problema di Grado è, dunque, a carattere europeo, in relazione alla tutela di questo volatile che non è cacciabile. La Provincia può peraltro proporre all’amministrazione regionale la richiesta di deroga, ma finora la questione non è stata ancora risolta definitivamente. C’è da tener presente, tra l’altro, il rapido incremento del numero di cormorani sul territorio dell’Unione europea, dove la popolazione complessiva è cresciuta di 20 volte negli ultimi 25 anni (nel 2008 la stima era tra 1,7 e 1,8 milioni di esemplari), un aumento dannoso alla stessa specie, oltre al delicato eco-sistema lagunare. È stato calcolato che ogni anno i cormorani sottraggono alle acque europee oltre 300mila tonnellate di pesce, una quantità addirittura superiore alla produzione di pesce-acquacoltura di Francia, Spagna, Italia, Germania, Ungheria e Repubblica Ceca nel loro insieme. Nell’interrogazione presentata viene specificato che la Regione e la Provincia di Gorizia, in diverse note, «hanno affermato, in maniera errata», che i danni causati dai cormorani, anche se ingenti, sono di difficile quantificazione perché vi è l’impossibilità di verificare materialmente il danno patito. Invece, secondo il Pdl provinciale, il danno dei cormorani non si limita al pesce ferito durante la caccia, ma più grave è la quantità elevata di pesce prelevato per il loro fabbisogno giornaliero. «Quando ci si imbatte in stormi di minimo 400 uccelli è facile moltiplicando quanto hanno mangiato (almeno 400 grammi giornalieri a testa, ndr) per il costo del pesce e si ha la quantificazione del danno».
Antonio Boemo
Appuntamento col WWF
Domani, alle 11, alla Riserva marina di Miramare, primo laboratorio del “bestiario tattile” dedicato allo squalo, per bambini dai 5 ai 10 anni. Prenotazioni allo 040224147 interno 3, manuela@riservamarinamiramare.it
IL PICCOLO - VENERDI', 6 gennaio 2012
Rigassificatore, anche la Slovenia va al Tar - Il
governo ha depositato un ricorso in adesione ai quattro già pendenti al
tribunale del Lazio
La battaglia di chi non vuole il rigassificatore nella baia di Muggia trova un appoggio concreto nell’alleato forte: la Slovenia. Il governo (precedente) del vicino Stato, fiero oppositore dei progetti di Gas natural, ha depositato al Tar del Lazio un ricorso di adesione a quelli già inoltrati dai Comuni di Muggia e di San Dorligo, da Wwf con Legambiente, da Greenaction e Comune di Capodistria. Con quello di Lubiana i ricorsi salgono a 5. Benché i primi incartamenti siano datati 2009, non è stata ancora fissata la data del dibattimento. «Per cose come l’impatto ambientale non ci sono limiti all’esercizio della giurisdizione da parte di soggetti che lamentino un pregiudizio derivante da iniziative assunte oltre i confini - afferma l’avvocato Francesco Longo di Pordenone che assiste Muggia e San Dorligo -, c’è una vasta giurisprudenza in Europa». Il governo di Lubiana si è affidato all’avvocato triestino Peter Mocnik, segretario dell’Unione slovena. «Ho avuto l’incarico di depositare al Tar del Lazio un intervento di adesione ai ricorsi già pendenti dal direttore generale del governo sloveno - afferma Mocnik -, cosa avvenuta a ottobre ma che non si voleva fosse divulgata». Il ricorso specifica che i pareri contrari spediti a Roma da Lubiana non sono stati tenuti in considerazione. Si citano pericoli per l’ambiente, errata documentazione per l’ottenimento della Valutazione d’impatto ambientale, incompatibilità di un rigassificatore in zone portuali. «È la penultima carta - avverte Mocnick -, poi la Slovenia potrebbe rivolgersi a Bruxelles e alla Corte del Lussemburgo, in questo caso per violazione di norme comunitarie». Mentre a Trieste si assiste alla spaccatura tra Comune (deciso no al rigassificatore) e Confindustria (deciso sì), chi gioisce alla notizia della mossa slovena è il sindaco di Muggia, Nerio Nesladek, fra i primi a ricorrere al Tar. «Mi fa molto piacere questa adesione - afferma -, amplia l’orizzonte del nostro lavoro, noi già nel 2009 abbiamo contestato errate traduzioni dallo spagnolo di documenti importanti, errata descrizione delle industrie a rischio nell’area di costa, nel 2011 abbiamo aggiunto un’altra memoria, denunciando che il Comune di Muggia non è stato ammesso alla Conferenza dei servizi. È intervenuta una sentenza in Sicilia su un caso simile che ci dava ragione, abbiamo rinforzato il ricorso al Tar». Nesladek dice di aver avuto frequenti informali contatti con gli sloveni, e di aver notato nuove consapevolezze, non solo ambientali, ma economiche: «Si allarga il fronte di chi ritiene incompatibili sviluppo di traffici portuali e rigassificatore. Lo ha detto anche il neoministro dell’Ambiente, Corrado Clini: Trieste deve scegliere».
(g. z.)
Sossi (Sel): «Messaggi ambigui dalla giunta sulla
Ferriera»
Il capogruppo di Sel al Comune Marino Sossi ha qualche
rilievo da fare alla sua stessa maggioranza. Praticamente la voce della
coscienza dei “duri e puri”. «Allo scadere dell'anno, secondo tradizione, le
cronache cittadine hanno riportato alcuni interventi di esponenti della Giunta
comunale, tesi a fissare alcune valutazioni politico amministrative al passaggio
del primo semestre di consigliatura. Valutazioni e giudizi che hanno toccato
diverse problematiche inerenti la vita dei cittadini, i loro bisogni e le loro
aspettative, dal Piano regolatore ai servizi di pubblica utilità, dai
rigassificatori alla Ferriera. «Valutazioni - spiega Marino Sossi - che per
alcune problematiche riteniamo in parte positive e condivisibili (Piano
regolatore, negozi monomarche), ma che riteniamo invece del tutto insufficienti
con il rischio di “messaggi” poco chiari se non ambigui per quanto attiene alle
questioni rigassificatori e Ferriera di Servola». Sulla Ferriera, però, aveva
parlato il suo compagno di partito l’assessore all’ambiente Umberto Laureni e
quindi qualcosa non torna. «Cosi assistiamo a ricorrenti interventi - incalza
Sossi - anche autorevoli sul piano professionale, in cui l'insediamento di un
rigassificatore ora viene giudicato inaccettabile per motivi di sicurezza, ora
viene rifiutato a terra, ma al limite posizionato nel golfo, quale ipotesi di
compromesso che dovrebbe nobilitare l'azione politica. Spesso poi tutto viene
derubricato al fatto che comunque la decisione del Comune ha carattere meramente
consultivo. Noi riteniamo invece che deve essere forte e chiara la voce del
Comune nel ribadire il preciso rifiuto di ogni ipotesi di insediamento
energetico, sia a terra che a mare» «Sulla Ferriera - conclude - il rispetto che
abbiamo per i lavoratori e i cittadini che ne condividono i problemi ci
impediscono di fare facili e scontate battute, esprimiamo invece forte
preoccupazione perchè pur in arco temporale relativamente breve, avrebbe già
dovuto delinearsi almeno a livello embrionale una proposta di lavoro da parte
del Comune secondo gli impegni presi in campagna elettorale. Ora una sorta di
“te della scopa” di fine anno con la Regione ha prodotto un cosidetto ufficio di
coordinamento a livello regionale».
Case, niente più “Vea” su vendite e affitti - Dal Mas:
negli annunci non serve specificare la classe energetica. De Paolo (Fiaip): buon
risultato
TRIESTE Non è prevista più nessuna sanzione da parte della Regione per chi non espone la classe energetica dell’immobile negli annunci commerciali per le operazioni di compravendita o di locazione. «Dal primo gennaio di quest’anno – ha fatto sapere il consigliere regionale del Pdl Franco Dal Mas – in Friuli Venezia Giulia permangono soltanto gli obblighi previsti dalla normative nazionali e cioè quanto stabilito dal decreto legislativo 192 del 2005», (disposizioni in materia di edilizia sostenibile). La legge Finanziaria Fvg, recentemente approvata dal Consiglio, ha infatti abrogato le lettere A e B, comma 2 art. 1 bis della legge regionale 23/2005 relativi al protocollo “Vea”, cioè il sistema di valutazione della qualità energetica e ambientale degli edifici. «Considerate le giuste preoccupazioni di alcuni operatori del settore immobiliare, ed in particolare di Confedilizia - ha voluto precisare ancora il consigliere – è opportuno precisare quanto è appena avvenuto in Finanziaria: non ci saranno sanzioni di questo genere». Una mossa accolta positivamente dalla Federazione Italiana Agenti Immobiliari Professionisti del Friuli Venezia Giulia: «Questo cambiamento è il frutto di un lavoro svolto assieme alla Regione – afferma il presidente di Fiaip Fvg e Fiaip Trieste Antonio De Paolo – ne avevamo discusso proprio recentemente nel corso di un convengo a Udine. È una novità che ci trova d'accoro perché la normativa regionale in materia, di fatto, diventava un doppione di quella nazionale. Inoltre, continua, “si rischiava di danneggiare il settore, visto che la maggior parte dell’intero patrimonio immobiliare regionale, dal punto di vista energetico, appartiene alla categoria “g”, cioè quella che fa riferimento ai consumi più alti. Mettere i proprietari nelle condizioni di dover spendere per un documento che certifica questo, alla fine, era solo che un inutile balzello, una “tassa” che per gli immobili più piccoli partiva dai 200-300 euro in su». Resta in vigore quindi soltanto la normativa nazionale che impone l’Ace, vale a dire la certificazione necessaria ad attestare e a migliorare la prestazione energetica di un edificio, intesa come quantità di energia stimata o consumata per soddisfare i bisogni abitativi connessi all’uso standard di una struttura. Cioè riscaldamento, ventilazione e illuminazione, in relazione al clima esterno, al posizionamento dell’immobile e agli impianti installati in casa. «Non sarà quindi obbligatorio applicare il protocollo regionale Vea – sottolinea De Paolo – anche perché l’obiettivo, contenuto proprio nella Finanziaria del governo, è continuare a incentivare gli investimenti in isolamenti, facciate esterne, interventi su caldaie e infissi. Tutto ciò è assolutamente indispensabile per ottimizzare i livelli di consumo nelle abitazioni dei cittadini».
(g.s.)
SEGNALAZIONI - Differenziata - A Napoli è peggio
Il giornalista Dorigo riempie una pagina del Piccolo con il titolone: “Differenziata, meglio Napoli”. Basta andare sul sito della Asia Napoli Spa (raccolta rifiuti) per verificare che i dati non corrispondono assolutamente. La raccolta differenziata a Napoli al novembre 2011 è del 18% (nel 2009 era del 18,9%) e pertanto in calo. Dove ha trovato il 25% non si sa, forse sono dati del sindaco deMagistris per i giornali. Anche quel 70% di alcuni quartieri di Napoli è estremamente fuorviante, ancorchè inesatto, perché non cita che in quei quartieri (appena 7 su 30 )esiste la raccolta dell’umido e del porta a porta sin dal 2008 e che la Municipalizzata Asia ha, sin da allora, fatto una campagna stampa con distribuzione di opuscoli, poster,kit e guide ai cittadini e commercianti. Forse il sig. Dorigo avrebbe dovuto evidenziare che , come confessa l’assessore Omero: noi, a Trieste, “siamo un po’ in ritardo”. E non noi cittadini, ma l’Acegas Aps che, a parte un po’ di poster sui bus vari mesi fa, non ha fornito alcuna informativa alla popolazione, ha solo diradato notevolmente lo svuotamento dei cassonetti e il numero degli stessi. Testimonianza sono i sacchetti delle immondizie che, purtroppo, vengono accatastati all’esterno dei cassonetti, troppe volte strapieni. È l’Acegas/Aps che dovrebbe essere sanzionata, sig. Laureni ! E mi permetto di suggerire a chi di competenza che il Depliant informativo non dovrebbe essere solo bilingue per l’altipiano(ma sull’altipiano sanno anche l’italiano) ma multilingue perché, se nessuno se n’è accorto, a Trieste ci sono molti cittadini stranieri che non sanno neanche cosa significa raccolta delle immondizie domestiche, immaginarsi poi per la differenziata. Un’ultima domanda ai sigg. Assessori: l’aumento della percentuale della raccolta differenziata corrisponderà anche, nel tempo, ad una diminuzione della Tarsu o tutto l’utile andrà a beneficio dell’Acegas/Aps ? e a noi cittadini resteranno solo le sanzioni, anche se troveremo i cassonetti strapieni? Oscar Majer
«Entro la fine dell’anno in città dovremmo raggiungere il 25% di raccolta differenziata. Nei quartieri in cui abbiamo già avviato il porta a porta saremo invece al 70%. Siamo partiti dal 15 per cento di fine settembre, dato che abbiamo ereditato e se tutto va bene avremo un trend positivo in tre mesi del 10 per cento in più». Luigi De Magistris, sindaco di Napoli (Corriere della Sera, 12 dicembre 2012). Una dichiarazione confermata anche da Raphael Rossi, presidente di Asia, che ha lasciato la presidenza il primo gennaio, «con una città al 25% della raccolta differenziata». Questa la fonte. Sulle responsabilità di AcegasAps, invece, credo che il lettore non abbia tutti i torti.
(fa.do.)
IL PICCOLO - GIOVEDI', 5 gennaio 2012
Energia pulita nuova frontiera, pronti fondi Ue per 11 miliardi - L’eurodeputata Gardini: «Ci sono grandi opportunità anche per le imprese del Nordest»
E intanto la Cina investe 250 miliardi per cominciare a
ridurre le emissioni di Co2
TRIESTE L'Europa si prepara a un cambiamento di rotta energetico. E anche se
i tempi per l’attuazione della nuova intesa globale salva-clima sono, a detta
degli ambientalisti, dilatati e clementi in modo preoccupante, la tabella di
marcia abbozzata in Sudafrica nel corso del recente vertice di Durban dà un'idea
della direzione che la UE dovrà imboccare. Le colonne portati del nuovo
protocollo ambientale saranno il taglio delle emissioni di CO2, dal 20 al 30%
entro il 2020, e gli investimenti nella produzione di energia green, che
equivalgono a minore dipendenza dal carbone e dal petrolio. È utile sapere,
dunque, che di 344 miliardi di euro di fondi strutturali europei per il periodo
2007-2013, destinati agli stati membri e gestiti dalle regioni, circa 11
miliardi sono rivolti agli investimenti in energia, di cui circa 8 miliardi in
energia rinnovabile. La percentuale di questo budget ad oggi utilizzata è del
14,1% ed è valido quindi il monito dell'eurodeputata all'Ambiente Elisabetta
Gardini: «Sollecito gli imprenditori del Nordest a consultare i bandi e i fondi
europei ancora disponibili per gli investimenti in energia green, che sarà il
cavallo di battaglia delle nuove politiche energetiche globali». Entro il 2015,
il piano “legalmente vincolante” delle Nazioni Unite, discusso a Durban, dovrà
essere messo nero su bianco, per diventare esecutivo cinque anni dopo. Riguardo
alla road map, il ministro all'Ambiente Corrado Clini ha affermato che “si apre
una piattaforma di intese sulle tecnologie pulite con i paesi di nuova
industrializzazione”. Una sfida che, per l'Europa, si preannuncia avvincente
soprattutto dopo la dichiarata disponibilità della Cina a combattere i
cambiamenti climatici attraverso un fitto programma di incentivi all'energia
pulita: già nei prossimi 5 anni, Pechino investirà 250 miliardi di euro nelle
tecnologie per ridurre le emissioni di CO2. Tutto da vedere, visto che la
condizione posta da Pechino è che i paesi sviluppati firmatari del protocollo di
Kyoto accettino di rinnovare il loro impegno oltre la sua scadenza, alla fine
del 2012, e che il Canada, la Russia e il Giappone (oltre agli Stati Uniti, che
non hanno ratificato Kyoto e non lo faranno) sembrano tirarsi indietro. Ma il
ministro all'Ambiente è ottimista: «L'accordo di Durban potrebbe vedere la
nascita di un asse tra l´Europa e la Cina mirato allo sviluppo della green
economy. Abbiamo messo in piedi 250 progetti congiunti per lo sviluppo e il
trasferimento di tecnologie italiane eco-efficienti. È possibile che su questa
linea si costruisca un´alleanza con paesi come Brasile, Messico, Sudafrica,
Australia e Nuova Zelanda». Le nuove politiche energetiche cambieranno le
abitudini dei cittadini: dagli accorgimenti della bioclimatica nelle case, per
ridurre i consumi, al debutto dell'auto elettrica, che la Cina ha già messo in
produzione, all'espansione del mini eolico, del fotovoltaico e della
trigenerazione. A questo proposito, la Commissione europea si sta portando
avanti, rivedendo l'attuale direttiva sulla tassazione dell'energia, che propone
di suddividere l'aliquota minima per la tassazione dei prodotti energetici in
due parti, una legata alla CO2 e una basata sul contenuto energetico.
Silvia Zanardi
Ferrovie - Esplode la rabbia dei pendolari
Per i clienti delle Ferrovie dello stato del Friuli Venezia Giulia «il nuovo anno è incominciato nella maniera peggiore». Lo ha reso noto il Comitato pendolari ”AltoFriuli” secondo il quale «se il 2011 aveva registrato 3 soppressioni e un ritardo medio di 35 minuti, nei primi 3 giorni di quest’anno la situazione è decisamente peggiorata».
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 4 gennaio 2012
Piano regolatore: il web serve solo in campagna
elettorale - L’INTERVENTO DI DARIO PREDONZAN E LUCIA SIROCCO
Vorremmo sommessamente proporre qualche riflessione sulla
delibera che contiene le direttive per il nuovo piano regolatore comunale,
votata – in una lunghissima seduta del Consiglio comunale – il 22 novembre
scorso. Sono occorsi molti mesi per partorirla: ricordiamo che il sindaco
nell’affollatissima assemblea nell’auditorium del Museo Revoltella il 1 agosto
scorso, ne aveva annunciata l’approvazione “entro metà settembre”.
Evidentemente, le difficoltà da superare sono state maggiori del previsto, tanto
da far dimenticare la promessa - fatta sempre in occasione della citata
assemblea - di un “ampio processo partecipativo”, che avrebbe dovuto precedere
la stesura delle direttive. Processo che non c’è stato, di fatto, non potendosi
certo considerare tali le due frettolose (e praticamente inutili) riunioni con
alcune selezionate – selezionate come? - realtà associative, svoltesi ai primi
di settembre, in un clima di palpabile fastidio da parte degli esponenti di
Giunta presenti, per ogni idea e proposta che fosse anche solo minimamente
velata da accenni di critica. Stupisce che, nell’era di internet, il Comune non
abbia pensato di utilizzare il web per un vero processo partecipativo, aperto a
tutti. Probabilmente però, per il ceto politico, internet, facebook, blog,
twitter, ecc. vanno bene per racimolare qualche consenso in campagna elettorale,
dopo di che si torna ai più rassicuranti - e opachi - metodi tradizionali: la
mediazione “riservata” con le categorie economiche, ecc. Legambiente e Italia
Nostra hanno cercato di interagire con l’Amministrazione, esplicitando il
proprio pensiero in due documenti del 27 settembre e del 25 ottobre scorsi,
senza alcun esito, né riscontro. L’unico emendamento effettivamente inserito
nella delibera approvata – proposto da Legambiente e presentato dal consigliere
Andolina – è quello che mira ad escludere, nel nuovo piano, la localizzazione di
impianti industriali a rischio di incidente rilevante sull’intero territorio
comunale, come ad esempio i rigassificatori (ma non solo). Emendamento che però
non risolve il problema, perché – in base alle norme statali vigenti - sarà la
conferenza dei servizi a decidere (all’unanimità). Se mancasse l’unanimità,
spetterebbe alla Giunta regionale decidere: il progetto potrebbe essere quindi
approvato lo stesso, con automatica variante allo strumento urbanistico
comunale. Rimangono le ambiguità e le lacune - inutilmente segnalate da
Legambiente e Italia Nostra – dal punto di vista dell’effettiva volontà di
correggere le criticità della citata variante 66, com’è noto pericolosamente
“cementificatoria”. Le direttive avrebbero dovuto, a nostro parere, indirizzare
il nuovo piano verso: l’eliminazione delle zone artigianali-industriali previste
in Carso (incompatibili con la tutela del paesaggio), nonché delle zone B0 (da
convertire in zone A di centro storico), la revisione dei perimetri delle zone B
(incongruamente ampliate dalla 66), l’eliminazione delle zone di espansione BT e
C (assurde, a fronte di un vastissimo patrimonio edilizio inutilizzato o
sottoutilizzato), l’eliminazione di previsioni smaccatamente in contrasto con la
tutela dell’ambiente e del paesaggio, quali il canile previsto a Fernetti, il
cimitero per animali a Cologna, e così via. Nulla di tutto ciò si trova nella
delibera approvata. Erano state anche chieste norme a tutela degli elementi
caratteristici del paesaggio carsico e costiero. Invano. Le direttive contengono
poi norme di salvaguardia, da cui si sono voluti escludere però non solo gli
interventi edilizi previsti dai piani particolareggiati adottati, ma perfino i
progetti approvati prima dell’entrata in vigore delle direttive (…forse è questo
il motivo di una così lunga gestazione?). Così, ad esempio, si autorizzeranno i
19 mila metri cubi del complesso di condomini di strada per Cattinara, ma non
saranno i soli. Risultato: le previsioni della variante 66 rimarranno quindi in
vigore. Stupisce che né la Giunta, né il Consiglio comunale, abbiano voluto
impostare una moderna politica urbanistica, attenta alla qualità dell’ambiente,
del paesaggio e della vita urbana, incentrata sul recupero ed il riuso
intelligente delle aree già urbanizzate ed edificate. Una politica che, lungi
dal penalizzare l’attività edilizia in questo momento di crisi, potrebbe essere
un potente strumento di riqualificazione e crescita tecnologica per il comparto
edilizio e le professioni ad esso legate.
SEGNALAZIONI - Ferrovie - Monopolio superato
Leggo “Al mercato dei treni prezzi di favore per Montezemolo & C. – Le liberalizzazioni all’italiana hanno favorito il solo gruppo privato – Le FS rischiano di pagare costi salati”. Il dossier non è però firmato da Fabretti. L’articolo conferma che non è di pubblica acquisizione l’inadempienza del nostro Paese nel recepimento delle direttive comunitarie (il cui primo atto risale a venti anni fa) intese a separare nettamente nelle ferrovie europee autorità, rete e utilizzatore, che non devono rispondere ad un’unica regia: RFI è (dovrebbe essere ) a servizio di tutte le imprese di trasporto abilitate, pubbliche e private, nazionali ed estere, chiamate a tradurre in pratica la competitività delle ferrovie italiane sull’intera rete, impossibile con la sola Trenitalia. Non è quindi presente che la deriva della rotaia italiana e lo sfascio della maggiore impresa di trasporto nazionale sono la diretta conseguenza dell’ondivaga politica dei trasporti che ha considerato prioritari Malpensa e Ponte sullo Stretto, trascurando improcrastinabili investimenti in infrastrutture ferroviarie e in materiale rotabile. Ma sfascio e deriva non sono solo legati al mancato adeguamento alle direttive comunitarie: un peso rilevante va attribuito alla pratica liquidazione del servizio commerciale orientato al marketing che, impostato nel 1970 dal dr. Ferretti, già alla guida di Intercontainer, venne varato da Giuseppe Pinna, ultimo vero direttore commerciale delle FS con una visione europea. Non meritano quindi giustificazione i governi, ma nemmeno i vertici FS che pretendono di operare in un monopolio superato da tempo con metodi sempre più lontani da una sana gestione imprenditoriale.
Luigi Bianchi
SEGNALAZIONI - Rifiuti - Differenziata ignorata
Leggo sul Piccolo del 29 dicembre che neanche nel 2013 non saranno previste sanzioni per chi non "usa correttamente" le isole ecologiche. Fantastico, siamo proprio il paese di Pulcinella. Dopo anni che mi arrabatto nel mio poggiolo a dividere la spazzatura corro anche il rischio di essere deriso. Fra poco ci verranno a dire che i dati sulla raccolta sono incoraggianti perchè i cassonetti normali possono venire svuotati, finalmente, con meno frequenza perchè sono riempiti meno velocemente dato che la spazzature viene divisa e conferita negli appositi contenitori, plastica con plastica, vetro con vetro. Ma nessuno si è mai preso la briga di curiosare, ogni tanto, come faccio io, in un cassonetto per la plastica? (ad esempio): Scarpe vecchie, pezzi di ferro, borse di foglie secche e naturalmente una gran quantità di borse con la normale spazzatura mista dei bei tempi andati. Per forza i cassonetti "normali" sono più vuoti di prima. A uno scoccia, a un altro non frega niente, tizio è contrario, caio è stupidino e via così. Si sa le multe sono impopolari, per tanti sono un furto, magari qualcuno neanche la paga, la pensionata sorpresa a rubare 20 euro di carne al supermarket (io 20 euro di carne non li ho mai comperati) è stata invitata a cena dai carabinieri, la ragazzina scappata di casa per incontrare Totti poi è stata accompagnata a fargli visita ecc. però ogni tanto una regoletta da far rispettare ci sarebbe, almeno per rispetto a chi cerca di comportarsi correttamente. Se ne esistono.
Paolo De Baseggio
Pista ciclabile a Muggia Via ai lavori entro febbraio
Il nuovo tratto sarà lungo quasi 7 chilometri, previsto
un costo di 280mila euro Possibile un successivo allungamento del tracciato fino
alla via Flavia
MUGGIA Esattamente 6886 metri di ciclovia. È una Muggia (sempre più) a
misura di bicicletta quella che ha appena salutato l’arrivo del 2012. In questi
giorni l'amministrazione comunale ha espletato la gara del progetto per
realizzare un nuovo tratto della pista ciclabile che andrà a coprire una
porzione sempre più ampia del territorio rivierasco. I quasi 7 chilometri del
nuovo percorso interesseranno il collegamento dal confine con la Slovenia in
località Rabuiese fino all’incrocio della strada Provinciale 14 per Muggia con
la galleria della via Flavia di Aquilinia, con un altro tratto che farà in
pratica marcia indietro parallelamente al Rio Ospo. Una sorta di anello i cui
lavori dovrebbero partire entro febbraio. La ciclovia coprirà come detto
un’estensione di 6886 metri complessivi e avrà un costo di 280 mila euro,
suddivisi tra 200 mila euro di contributi regionali e i restanti 80 mila
provenienti da fondi del Comune. In parte il tracciato sarà a doppio senso e in
parte a senso unico (lungo le strade che non permettono l’allargamento); in
alcuni tratti sorgerà sul sedime stradale preesistente, in altri sarà di nuovo
innesto. Sono state anche previste opere di sistemazione del manto stradale,
bonifica, decespugliamento laddove ce ne sia bisogno, la necessaria segnaletica
orizzontale e verticale conforme alle normative e tutte le varie opere di
finitura e completamento. Ogni intervento sarà effettuato nel rispetto delle
zone sottoposte a vincolo paesaggistico e dei vincoli legati al Sito inquinato
nazionale. Il tempo contrattuale di esecuzione dei lavori è di 210 giorni, salvo
complicazioni che possano sorgere in corso d’opera: ma in questo senso, per
ridurre la possibilità di imprevisti, il Comune ha annunciato di aver già
effettuato «le opportune analisi e verifiche». È nelle intenzioni
dell’amministrazione, inoltre, dare totale compimento a questo percorso
ciclabile con la futura realizzazione del brevissimo tratto rimanente che
potrebbe così condurre direttamente al centro di Muggia. Per questo segmento, in
parte già progettato perché rientrante in altri interventi, serve però ancora in
alcuni punti - fanno sapere dal Comune - una «riflessione tecnica approfondita»
per rispondere in modo adeguato alla morfologia stradale in cui andrà a
inserirsi. I quasi 7 chilometri potranno poi essere successivamente allungati,
una volta realizzato il bypass del centro di Aquilinia, giungendo sino a Trieste
in prossimità della via Flavia, il tutto come previsto in seno al tronco
funzionale della Rete di Ciclovie di Interesse Regionale (ReCIR). Ma
l'intervento che si andrà ad apportare a Muggia ha un respiro molto più ampio.
La Slovenia infatti ha già realizzato un percorso ciclabile che sfruttando il
sedime della ex ferrovia austroungarica (“Parenzana”) da Risana arriva a
Rabuiese. Per dare continuità a quanto effettuato dalla città di Capodistria,
per dar corso agli accordi interstatali conseguenti alla caduta dei confini,
oltre che per migliorare la qualità della vita della cittadinanza - non solo
locale - e incrementare il ciclo-turismo, il Comune di Muggia ha voluto puntare
sul proseguimento della “ex Parenzana” nel tratto italiano arrivando in
prossimità di Trieste. Una scelta che dovrebbe incrementare dunque la presenza
di amanti delle due ruote ecologiche nella cittadina istroveneta.
Riccardo Tosques
IL SINDACO Nesladek: sulle due ruote si arriverà fino
in Croazia
MUGGIA «Un indubitabile valore aggiunto alla qualità della vita dei muggesani e di tutti coloro che ne usufruiranno, ma anche un'opera di livello internazionale in funzione del suo ruolo di collegamento transfrontaliero tra Slovenia ed Italia». Il sindaco di Muggia Nerio Nesladek plaude al nuovo tratto di ciclopedonale approvato dalla sua amministrazione, una scelta - quella di favorire le due ruote ecologiche - confermata anche dal progetto europeo "Carso-Kras", portato avanti dal Comune, che prevede la realizzazione di un tratto di pista ciclabile nella zona di Rabuiese che porta ai laghetti delle Noghere e verso il territorio di San Dorligo della Valle. «La pista che andiamo a costruire è un obbiettivo importante soprattutto se si pensa alla possibilità che un giorno non lontano, ad opera completa, potrà congiungerci direttamente alla Croazia, prossima all’entrata in Europa», prosegue Nesladek: «Diventa quindi evidente come Muggia diventi a tutti gli effetti preludio d’Istria anche per tutto quel settore di ciclo-turismo che perfino “in giornata” potrà facilmente raggiungere la nostra cittadina».
(ri.to.)
Duino-Aurisina, avanti col maxidepuratore
Prorogata l’operatività delle Ato, l’iter prosegue. Ret:
un’opera che non può più essere rimandata
DUINO AURISINA Ripartono i lavori per il maxi depuratore di Duino Aurisina.
«L’iter aveva subito una battuta d’arresto nell’ultimo periodo perché non era
chiaro il futuro delle Ato. Il 7 febbraio riprenderemo da dove avevamo
lasciato», spiega il sindaco Giorgio Ret. Si è tenuto infatti un incontro con
tutti i comuni coinvolti - Trieste, Muggia e Duino Aurisina - proprio per capire
come dover procedere visto che il governo aveva deciso di chiudere l’Ambito
territoriale ottimale (Ato) entro fine anno. «Avremmo quindi dovuto decidere su
come fare - prosegue Ret - per proseguire con i lavori, a chi trasferire
competenze e documentazione. Insomma, si sarebbe dovuto iniziare quasi da capo».
Pericolo scampato, invece. L’incontro infatti ha costituito l’occasione per
informare gli interessati che, per il momento, «le Ato e le relative competenze
rimarranno operative, grazie a una proroga, fino al prossimo 31 dicembre».
«Un’ottima notizia», a detta di Ret, perché il Comune potrà così riprendere
l’iter. «Ovviamente questo non significa che riusciremo a completarlo entro
quella data – chiosa – ma almeno proseguiremo con il lavoro iniziato, con le
regole e gli obiettivi già stabiliti. Dopo l’incontro di febbraio ci riuniremo
una volta al mese, sino a fine anno». Quella del maxidepuratore è comunque
un’opera da realizzare: Ret ne è convinto. «Si tratta di un intervento
necessario che non è più possibile rimandare. Solo così si riuscirà a garantire
una miglior qualità del servizio idrico del nostro comune». Attualmente il
territorio comunale è servito da due depuratori fissi - uno a Duino e uno a
Sistiana - più un altro, di natura provvisoria, al Villaggio del Pescatore.
Soprattutto i primi due, già oggi, se nel periodo invernale riescono a coprire
le esigenze dell’utenza del Comune, a fatica riesono a soddisfare le esigenze in
estate. Da qui la necessità di passare «da tanti piccoli depuratori, anche un
po’ vecchiotti, a uno grande che nel contempo liberi la baia dell’inquinamento».
Affatto trascurabile, infatti, è il tema ambientale visto che lo stesso Comune,
da un paio d’anni, grazie a una serie d’iniziative ed investimenti, quali ad
esempio la volontà di trasformare la Costa dei Barbari in riserva naturale, mira
a dare nuovo impulso al turismo sostenibile e di qualità. C’è poi l’insediamento
in via di costruzione nell’ex cava. Progetti dunque non compatibili, ad esempio,
con il depuratore collocato all’interno della Caravella che sfocia direttamente
in mare. Da qui il piano dell’amministrazione comunale che punta a questo tipo
di investimento che, sebbene per il momento comprenda solo Duino Aurisina,
secondo Ret «in un prossimo futuro dovrebbe riuscire a coprire anche i comuni di
Sgonico e Monrupino». Il costo dell’opera è stimato attorno ai 6 milioni e, a
detta del vice sindaco Massimo Romita, «verrà suddiviso in tre lotti: il primo
vedrà il collegamento delle tubature tra Villaggio del Pescatore e Duino (dietro
l’ex caserma di polizia), il secondo collegherebbe Sistiana a Duino passando
all’altezza della Forestale e le case verdi; l’ultimo, quello dall’investimento
più cospicuo, vedrebbe la realizzazione del depuratore, con circa 4 milioni,
nella zona sotterranea tra il Bar Bianco e la trattoria da Gino».
Viviana Attard
DUINO AURISINA - Banca del tempo, altri tre anni di
attività
Appoggio dal Consiglio comunale, a disposizione la sede
dell’assessorato all’assistenza
DUINO AURISINA «Preparo ottimi dolci con le mele. Portatemi le mele e le
uova e al resto penso io». «Cerco qualcuno che mi aiuti a imbiancare il
corridoio e una cucina». «Offro il mio tempo per portare i bimbi al cinema».
Piccoli gesti che, se possono sembrare banali, a molti possono davvero
risolvere, o alleggerire, le incombenze quotidiane. Se poi di soldi ce ne sono
sempre meno, ecco che ricorrere all’aiuto di qualcuno all’interno della propria
comunità sembra essere la soluzione più battuta. A Duino Aurisina una risposta
arriva dalla Bdt, la Banca del tempo. «Sempre di più – spiega l’assessore alle
Politiche sociali, Daniela Pallotta – la gente ricorre alla banca del tempo per
cercare quello di cui ha bisogno. È un modo anche per sentirsi più partecipi
all’interno della comunità». Per questo il Consiglio comunale nella seduta del
22 dicembre ha deliberato all’unanimità di dare continuità all’iniziativa fino
al 31 dicembre del 2014, nonché «di mettere a disposizione dell’associazione, a
titolo gratuito e in orari prestabiliti (il mercoledì), l’ufficio al piano terra
sede dell’assessorato all’assistenza in Borgo San Mauro 124». Al suo attivo la
Bdt a oggi conta una sessantina d’iscritti. «Ormai si tratta di una rete molto
consolidata nella comunità», aggiunge Pallotta: «C’è chi offre il suo tempo per
tenere i bambini o portarli a scuola, chi si offre d’insegnare a usare il
computer alle persone più mature o chi di curare le piante in cambio di altri
favori. Una signora, ad esempio, fa i dolci per le feste dei bambini». Per info
www.bdt-pollicino.it.
IL PICCOLO - MARTEDI', 3 gennaio 2012
«Ferriera, più attenzione all’inquinamento» - INDUSTRIA
E AMBIENTE
Lupieri (Pd): trovare soluzioni per il contenimento
delle emissioni, Tondo deve intervenire
«Se da una parte è positivo l’ufficio tecnico e di coordinamento istituito
dalla Regione per preparare l’accordo di programma sul futuro della Ferriera con
la riconversione dell’impianto, dall’altra parte preoccupa l’assenza dal tavolo
di ogni considerazione sull’inquinamento attuale e di cosa fare nel frattempo».
Lo scrive il vicepresidente della Commissione regionale sanità Sergio Lupieri
(Pd). «Se la contrazione del mercato costringe la Ferriera a lavorare con una
riduzione del 25-30% della produzione, e ciò nonostante il numero dei
superamenti dei limiti di legge giornalieri Pm10 rilevati dalla centralina di
via Carpineto è 48 nel 2011, mentre era 44 pochi mesi fa e 19 nel 2010, ciò
significa che la situazione è di grave pericolo per la salute di cittadini e
lavoratori, come già denunciato dall’Azienda sanitaria. Ben vengano - annota
Lupieri - soluzioni per l’occupazione e il miglioramento dell’impatto
ambientale, come per la tenuta industriale del tessuto economico triestino. Ma è
altrettanto importante trovare soluzioni sul contenimento delle emissioni di
benzene, benzopirene, Pm10». La giunta regionale, prosegue Lupieri, «ha accolto
l’ordine del giorno che ho presentato in occasione della Legge finanziaria 2012,
e si è impegnata a prendere i necessari provvedimenti nei confronti delle
sorgenti emissive a tutela della salubrità dell’ambiente, nello spirito della
normativa Ippc di matrice europea, recepita dall’ordinamento nazionale con il
decreto legislativo 59/2005. Controlleremo che lo faccia, altrimenti la
denunceremo per omissione di atti d’ufficio». Per Lupieri «è altrettanto
importante che il Consiglio regionale approvi quanto prima la proposta di legge
sul benzopirene, nella quale viene introdotta la “media mobile annuale” nella
valutazione del numero dei superamenti dei limiti di legge giornalieri Pm10,
anche retroattivi, così da poter intervenire quanto prima, senza aspettare la
fine dell’anno. Il presidente Tondo, anche assessore alla sanità, dovrebbe
essere la persona più qualificata nell’affrontare i problemi di salute pubblica,
ma non vorrei che il 21.o tavolo in dieci anni possa costituire una mossa
elettorale, specie quando non si parla di quanto sta accadendo e come fare per
evitarlo».
GreenStyle.it - LUNEDI', 2 gennaio 2012
Annunci case: l’indice di prestazione energetica
diventa obbligatorio
Gli annunci immobiliari dovranno essere più trasparenti
per quanto la certificazione energetica. Sarà obbligatorio presentare, accanto
alle informazioni su superficie, configurazione e posizione della casa, anche il
cosiddetto “indice di prestazione energetica” contenuto nell’Ace, cioè
l’Attestato di certificazione energetica.
La novità è attiva fin da ieri e fa parte delle norme introdotte con il decreto
sulle rinnovabili approvato lo scorso anno. L’obbligo di dichiarare l’indice di
prestazione energetica riguarda tutti gli annunci immobiliari, siano essi
diffusi tramite volantini, cartelli, televisione o pubblicati su Internet.
Alla base vi è l’Attestato di certificazione energetica, un documento che
evidenzia il livello di prestazione energetica dell’edificio in questione la cui
preparazione è riservata a un tecnico abilitato. In tal modo anche per le case
si viene a creare un’etichetta di qualità ambientale simile a quella che da anni
campeggia su tutti gli elettrodomestici.
Anche per gli immobili viene pertanto introdotta la scala delle varie classi: si
avranno così edifici di Classe A, ad altissima efficienza, di Classe B e di
Classe C, con quest’ultimo caso equivalente a una costruzione in grado di
rispettare tutte le attuali normative in vigore, fino ad arrivare alla Classe G.
La novità potrebbe influenzare in positivo il mercato immobiliare secondo
Confabitare, andando a modificare i parametri di valutazioni del settore che
finora non tenevano nella giusta considerazione l’aspetto ecologico di
un’abitazione, con la conseguenza di stimolare la riqualificazione energetica di
quegli edifici rimasti indietro rispetto alle ultime novità e, per questo
motivo, potenzialmente svalutati agli occhi del mercato in ragione di una bassa
valutazione energetica.
Comunque, anche se le intenzioni e le implicazioni teoriche sono più che
positive, l’obbligo di indicare l’indice di prestazione energetica negli annunci
immobiliari rischia purtroppo di rimanere solamente carta scritta, dato che il
decreto sulle rinnovabili che l’ha introdotto non indica eventuali sanzioni per
chi non lo rispetta, lasciando in questo modo piena libertà di omettere il dato
senza alcuna conseguenza pecuniaria per i trasgressori. Unica eccezione è invece
la Regione Lombardia, la quale, con un’apprezzabile lungimiranza, ha previsto
una multa fino a 5.000 euro in caso di inadempienza.
Giuseppe Cutrone - Fonte: Repubblica.it
Buste biodegradabili, scontro tra FareAmbiente e
Legambiente
Scoppia la polemica tra FareAmbiente e Legambiente sul
tema dei sacchetti biodegradabili. Al centro del contendere la “sparizione” dal
decreto milleproroghe dell’obbligo di sostituire le buste di plastica in favore
di quelle biodegradabili, discussione che sfocia poi nell’accusa da parte di
FareAmbiente nei confronti dell’associazione della cicogna di portare avanti
un’idea di ambientalismo “a modo suo”.
Ad innescare la polemica sono state le dichiarazioni del presidente di
FareAmbiente, Vincenzo Pepe, che celebra come un successo l’eliminazione del
divieto di utilizzo delle buste in plastica e critica duramente le scelte
operate dall’altra associazione ambientalista:
Mi stupisce che una grande associazione ambientalista come Legambiente abbia
invece preso una posizione assolutamente a favore di prodotti che utilizzano
mais come materia prima sottraendo così immense coltivazioni all’alimentazione
umana e animale. Legambiente sembra sostenere un ambientalismo a modo suo, –
critica Pepe – ipotizzando tra l’altro oscuri interessi lobbistici. La verità è
che non sono solo gli shopper a base di mais a essere biodegradabili, esistono
anche appositi additivi certificati che aggiunti alla normale lavorazione degli
shopper classici danno gli stessi risultati.
La reazione di Legambiente non si fa attendere. Attraverso il suo vicepresidente
Stefano Ciafani respinge al mittente le critiche avanzate da Pepe e ribadisce le
motivazioni che l’hanno spinta a criticare pesantemente un possibile ritorno
alle buste di plastica:
L’italia ha un nuovo primato internazionale, dopo quello relativo al bando dei
sacchetti usa e getta tradizionali: gli unici ambientalisti favorevoli ai
sacchetti di plastica. Non ci risulta infatti che esistano al mondo
ambientalisti, veri o presunti, schierati a favore dell’uso dei sacchetti di
plastica in polietilene, come quelli fatti con gli additivi chimici che
sarebbero stati banditi con l’articolo del mille proroghe che poi è stato fatto
sparire in modo subdolo da una ‘manina’ all’insaputa dei ministri Clini e
Passera. L’alternativa delle bioplastiche è una grande innovazione che va
conosciuta nei dettagli prima di dare giudizi sommari. Sostenere che la loro
produzione affami il mondo perché toglie spazio alle colture alimentari vuole
dire non conoscere il settore, che usa anche materiali vegetali di scarto che
non avrebbero altri utilizzi.
È intervenuta sulla questione anche l’ex ministro Stefania Prestigiacomo, che
guarda in maniera critica al passo indietro in materia di sacchetti
biodegradabili:
Se il 31 dicembre dello scorso anno, l’unica notizia sull’Italia data dalla BBC
era che il nostro era il primo paese plastic bag free, dice la Prestigiacomo,
dopo 12 mesi la lobby dei plastificatori, che evidentemente ha agganci potenti
all’interno dei ministeri, può esultare, in barba alla qualità dell’ambiente. La
battaglia contro la dispersione dei sacchetti di plastica – che ha reso l’Italia
protagonista in Europa e sta stimolando l’UE ad adottare una più rigida
normativa comunitaria – ha subito una grave battuta d’arresto. Purtroppo quando
cambiano i governi, come spesso accade, c’è chi ne approfitta per fare marcia
indietro
Claudio Schirru - Fonte: Adnkronos
IL PICCOLO - LUNEDI', 2 gennaio 2012
In marcia nel nome di pace e giustizia
Si è rinnovata anche ieri l’ormai tradizionale Marcia
della pace promossa dal Comitato pace convivenza e solidarietà Danilo Dolci.
Dopo il ritrovo fissato alle 15.30 sul colle di San Giusto, accanto al monumento
ai Caduti in guerra, il gruppo si è messo in movimento verso il centro cittadino
e segnatamente verso piazza Sant’Antonio, dietro la Luce di Betlemme, portata
nei giorni scorsi da Trieste in tutta Italia dalle associazioni Scout. In piazza
la Marcia si è conclusa con una serie di interventi, tra i quali quelli del
sindaco Roberto Cosolini e del presidente del Consiglio provinciale Vidali. Alla
manifestazione il Comitato ha invitato a partecipare esponenti delle comunità
italiana e slovena e delle altre realtà nazionali e religiose della provincia di
Trieste. la marcia - precisa il comitato - è stata organizzata nello spirito
dell’enciclica “Pacem in Terris” di Giovanni XXIII. «Per uscire dalla crisi - si
legge in una nota del Comitato - investiamo sull’educazione alla giustizia e
alla pace. Raccogliamo con convinzione l’appello lanciato dal Papa in vista
della Giornata mondiale della Pace: “Uniamo le nostre forze spirituali morali e
materiali, per educare i giovani alla giustizia e alla pace”, poiché ciascuno di
noi è chiamato ad attivarsi concretamente per trasformare nel 2012 questo sforzo
in un impegno permanente, lavorando assieme. Educare alla giustizia e alla pace
è una responsabilità di tutti, famiglie, scuole, università, gruppi,
associazioni, istituzioni, mezzi di comunicazione. Dobbiamo fare in modo -
sostiene ancora il Comitato - che i giovani possano divenire operatori di
giustizia e di pace».