Roma, 7 Marzo 2007                                                                           

Comunicato Stampa

                                                                                                                  

 

EPPUR SI MUOVE

 

CRISI E DECLINO NON ARRESTANO IL CAMMINO DEL PAESE:

SOFT ECONOMY E TERRITORIO LE GRANDI RISORSE PER LA COMPETITIVITA’

 

ECONOMIA, ISTRUZIONE, OCCUPAZIONE E TURISMO IN CRESCITA,

MA E’ UN’ITALIA A QUATTRO VELOCITA’

 

LEGAMBIENTE E CONFCOMMERCIO

PRESENTANO IL RAPPORTO SULL’ITALIA DEL DISAGIO INSEDIATIVO

UNO SCREENING DELLO SVILUPPO LOCALE, SOCIOECONOMICO E ABITATIVO

 

AL PALO EMILIA ROMAGNA E LIGURIA, BENE SUD E SARDEGNA, LAZIO E UMBRIA

 

E’ cresciuto il reddito, è cresciuto il turismo, è cresciuta la scolarizzazione di fascia alta. E non parliamo della Spagna, dell’Irlanda o dell’Olanda. A dispetto del declino, della crisi, del malessere e dell’inquietudine l’ultimo decennio ha visto un progresso, forse lento ma continuo, del nostro Paese, con la sorpresa Mezzogiorno che – partendo certo da livelli molto bassi – ha comunque mostrato evidenti segni di ripresa. L’Italia resta però a più velocità. C’è chi scende e chi sale, chi sta fermo, chi va piano, chi pianissimo, chi corre. E in questo contesto il Sud è sorprendentemente più dinamico del Nord, mentre alcune regioni che tradizionalmente sono considerate aree del benessere – Emilia Romagna e Liguria – mostrano preoccupanti segni di rallentamento.

 

E’, sinteticamente, il quadro che emerge dal nuovo rapporto “L’Italia del disagio insediativo” che analizza l’ultimo decennio di vita in Italia (gli anni compresi tra il 1996 e il 2005) dal punto di vista dei servizi, del commercio, dello sviluppo locale, socioeconomico e abitativo, del turismo. Il rapporto di Legambiente e Confcommercio, curato da Serico, è stato presentato questa mattina a Roma dai presidenti di Legambiente e Confcommercio Roberto Della Seta e Carlo Sangalli, dal presidente della Commissione Ambiente, Territorio e Lavori Pubblici della Camera dei Deputati, Ermete Realacci, e dal curatore del rapporto e responsabile di Serico, Sandro Polci.

 

Per uno sguardo generale dei dati del rapporto partiamo dal reddito disponibile (+21,6%), passato dai 10.808 euro del 1996 ai 13.142 del 2005. C’è un incremento netto della ricchezza che, associato all’aumento della consistenza dei depositi bancari, indica una solidità dell’economia legata al risparmio. C’è una forte crescita della scolarizzazione di fascia alta (diplomati e laureati) e, conseguentemente, della popolazione istruita, che danno la sensazione di una parziale uscita da quella fase involutiva che vedeva l’Italia tra gli ultimi in Europa per istruzione e specializzazione. C’è una diminuzione dell’incidenza delle abitazioni non occupate (circa il 5% in meno), che sottintende una voglia di far rientrare nel circolo virtuoso dell’economia immobiliare una quota del patrimonio edificato e non utilizzato. C’è una crescita del turismo (+12,3%), dei servizi medici, dell’assistenza sociale e, dato anch’esso positivo, c’è un incremento dell’occupazione testimoniato da quel 7,1% in meno nel rapporto tra numero di abitanti e lavoratori.

 

Fin qui i dati positivi. Ma c’è anche come al solito l’altra faccia della medaglia, quella dell’Italia che invecchia (la popolazione con meno di 14 anni scende dell’11,1% tra 1996 e 2005 quella con più di 65% sale addirittura del 25,7%), la diminuzione del numero dei pubblici esercizi (-17,1%) a vantaggio dei centri commerciali, con una progressiva scomparsa dei piccoli negozi di prossimità e degli esercizi di vicinato in grado di mantenere in vita un tessuto sociale, in particolar modo nei piccoli comuni. E poi, ma il dato non è certo nuovo, c’è una esasperazione della mobilità privata, con un rapporto abitanti per autovetture che è passato da circa 2 nel 1996 a 1,5 nel 2005.

 

Gli indicatori esaminati dal rapporto di Legambiente-Confcommercio-Serico sono complessivamente 53 e riguardano, tra l’altro, popolazione, istruzione, assistenza sociale e sanitaria, produzione, commercio e pubblici esercizi, turismo, ricchezza. L’analisi si sofferma sul “carattere” dei singoli comuni e delle province per poter valutare la qualità dei servizi territoriali diffusi e la possibilità di competere per uno sviluppo coerente con le proprie risorse e identità. Il rapporto è dunque un’utile base per elaborare strategie d’attacco che garantiscano al Paese la crescita migliore, sistematizzando quelli che sono gli elementi vincenti dello sviluppo locale: la coesione territoriale e il rispetto dell’identità, il dinamismo imprenditoriale della piccola impresa, il rafforzamento della rete turistica, la mitigazione dello spopolamento in atto.

 

La struttura del report consente una analisi più puntuale di quanto evidenziato finora e schematicamente divide in quattro (territori lumaca, lepre, formica e cicala) le diverse aree del Paese. Tra i territori lepre ci sono molte province e aree del Nord e del Centro, ma anche alcune province del Sud che in questi anni hanno evidenziato notevoli tassi di miglioramento, come ad esempio le province lucane di Potenza e Matera. Diversamente, i territori tartaruga manifestano una lentezza strutturale, dovuta ad altre condizioni di partenza e di “deambulazione”. Una lentezza che a volte procede verso miglioramenti e lente uscite dalle condizioni di disagio, come in alcune aree del Mezzogiorno. E una lentezza che si trasforma anche in rallentamenti e riduzioni del benessere a causa di effetti di “cronicità” degli indicatori, come nel caso della provincia di Trieste, tra le prime per qualità della vita ma in lenta e progressiva involuzione a causa di una struttura demografica troppo matura e potenzialmente foriera di un percorso di ritorno a condizioni di disagio insediativo. I territori cicala sono dotati di numerose risorse (ambientali, culturali, economiche, sociali) ma si contraddistinguono, ad esempio, per l’eccessivo uso delle risorse ambientali (si pensi al consumo di suolo a fini edificatori) oppure hanno raggiunto soglie di qualità della vita molto elevate e difficili da mantenere nel lungo periodo. E’ il caso dell’Emilia Romagna e della Toscana, che esprimono elevati valori degli indicatori di benessere ma presentano al contempo un fenomeno parziale di involuzione, passando tra il 2001 e il 2005 dal gruppo di massimo benessere a quello della cosiddetta medietà (seppure con i migliori parametri). Una trasformazione che potrebbe essere espressione di una difficoltà di mantenimento delle condizioni locali dello sviluppo a causa di una minore dotazione di risorse, amministrative, economiche, finanziarie (e di una difficile situazione economica generale), ma in alcune aree si configura anche come l’esito di una rapidità della crescita, fino alla soglia più elevata di benessere, che non è in grado di consolidare i risultati raggiunti, evidenziando dunque problemi di sostenibilità dello sviluppo. L’Italia dei territori formica è infine quella che non fa notizia ma dove una lungimiranza di medio-lungo periodo premia il lento, consistente e duraturo cammino dei territori verso uno sviluppo solido e coeso. E’ il caso di alcune aree del Mezzogiorno che, pur non avendo la dinamica di molte regioni del nord e del centro, stanno uscendo in modo significativo da situazioni consolidate di disagio. Come le regioni del sud e delle isole, a partire dalle province della Sardegna, che più di altre hanno dimostrato nel decennio capacità di crescita, innovazione, sviluppo e miglioramento delle condizioni insediative. O quelle storicamente disagiate della Calabria che, pur rimanendo inserite nel gruppo di maggior disagio, evidenziano localmente lenti ma costanti miglioramenti di alcuni indicatori, quali il reddito, la composizione della popolazione, la diminuzione delle abitazioni non occupate e l’incremento del turismo.

 

“L’indagine presentata da Legambiente e Confcommercio – ha sottolineato Roberto Della Seta – invita a leggere l’Italia traguardando gli schemi troppi generici, a cominciare da quello di un nord produttivo e performante e di un sud in perenne affanno. Il dato più confortante è che laddove si sono registrati miglioramenti, la diffusione è stata a macchia d’olio, si è allargata dalle aree metropolitane ai comuni contermini e al territorio circostante, compresa la realtà dei piccoli comuni che nel nostro Paese hanno un peso specifico e un valore simbolico notevolissimi, ma sono stati troppo a lungo sacrificati. C’è in definitiva una vitalità e un protagonismo delle realtà medie e medio-piccole che fa ben sperare per il futuro. E’ interessante notare anche quali sono stati i principali settori che hanno tenuto in piedi la baracca in questi anni: l’istruzione, il turismo, la crescita dei servizi per la popolazione e per le imprese: non a caso gli ingredienti principali di quella soft economy che si conferma la via più realistica per dare all’Italia un futuro solido e moderno. Elementi che possono innescare dinamiche positive a patto che ci sia una grande attenzione alla sostenibilità, allo sviluppo pulito, alla valorizzazione delle risorse locali. Dove questi aspetti vengono trascurati o addirittura sviliti c’è invece decrescita, crisi, declino. Lo studio ci dice inoltre che bisogna stare molto attenti alle dinamiche in atto nei piccoli comuni, dove la perdita di alcuni servizi e dei piccoli esercizi commerciali può avere effetti davvero devastanti”.

 

Per il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, “questa analisi ci conferma un'Italia a diverse velocità, con un'espansione del benessere a macchia di leopardo, trainata per un verso da alcune aree metropolitane e dall'altro persistente nei disagi strutturali. Non solo il divario tra nord e sud, ma passi diversi, velocità diverse che indicano sì un paese vitale, ma che ancora non ha valorizzato tutte le sue risorse in termini di capitale umano, investimenti, ricerca, sviluppo e innovazione. E su questo punto è la politica che deve cambiare passo per creare quelle condizioni di ripartenza e consolidamento dell'economia che ancora oggi sono deboli. Perchè è vero che tutti speriamo che il Pil del 2007 possa chiudere con un tasso di crescita al 2%, ma è anche vero che tutte le economie avanzate che stanno crescendo hanno puntato sui servizi. E noi da questo punto di vista ancora siamo indietro. L'Italia deve puntare alla leadership del cosiddetto “capitalismo culturale”. Quello, cioè, capace di valorizzare il patrimonio della nostra identità. Identità culturale, storica ed ambientale, ma anche frutto di un modo tipicamente italiano di vivere e di consumare. Un’identità, tra l’altro, non  delocalizzabile. Bisogna investire non in termini di incentivi a carico della finanza pubblica, ma piuttosto in termini di attenzione politica. L’Italia deve puntare a mettere in campo una rete di relazioni tra iniziativa privata e funzione pubblica non rivolta alla pura sopravvivenza ma a un progetto di più ampio respiro”.

 

“Non c’è nostalgia - ha aggiunto Sandro Polci, curatore del rapporto - ma valorizzare i piccoli centri, come diceva il Cattaneo, significa tutela ambientale certezza nella manutenzione del territorio, opportunità di sviluppo economico”.

 

 

 

 

 

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L’ITALIA DEL DISAGIO INSEDIATIVO

 

Regioni

Reddito per abitante

Inc.% popolazione sopra 65 anni

Pubblici esercizi per 1000 abitanti

Presenze turistiche per Kmq

Servizi  persone  per 1000 abitanti

Consumi elettrici per famiglia

U. L serv. Medici per 1000 abitanti

 

1996

2005

Var.%

1996

2005

Var.%

1996

2005

Var.%

1996

2005

Var.%

1996

2005

Var.%

1996

2005

Var.%

1996

2005

Var.%

PIEMONTE

12.751,2

15.540,3

21.9%

17.4%

21.9%

25.5%

4.2

4.11

-2.2 %

319.1

367.82

15.3%

3.60

4.37

21.5%

2.46

2.58

4.7%

2.44

3.22

31.7%

VALLE D’AOSTA

13.588,7

16.111,7

18.6%

16.1%

19.6%

21.9%

11.82

8.76

-25.9 %

1.079,3

981.48

-9.1%

4.65

4.06

-12.7%

3.25

3.34

2.7%

2.36

3.43

45.3%

LIGURIA

12.803,1

16.407,1

28.1%

21.6%

26.3%

21.9%

7.02

5.96

-15.2%

2.838,0

2.622,31

-7.6%

3.95

3.80

-3.9%

2.38

2.50

4.9%

3.15

4.25

34.9%

LOMBARDIA

13.131,8

15.335,3

16.8%

14.5%

18.8%

29.7%

4.4

3.95

-10.3%

958.5

1109.28

15.7%

3.24

3.55

9.7%

2.69

2.82

4.9%

2.36

3.70

56.7%

TRENTINO ALTO ADIGE

11.827.9

13.775,3

16.5%

14.8%

17.3%

16.8%

6.52

5.74

-12.0%

2.818,2

2.906,09

3.1%

3.12

2.97

-4.6%

2.58

2.70

4.7%

1.78

2.71

52.9%

VENETO

11.773,7

13.492,1

14.6%

15.3%

18.7%

22.4%

4.75

4.62

-2.6%

2.319,4

2.966,62

27.9%

3.27

3.35

2.3%

2.72

2.79

2.7%

2.21

3.12

41.2%

FRIULI V.G.

12.283,2

15.067,1

22.7%

19.4%

21.9%

12.9%

6.14

5.39

-12.2%

1.025,8

1.090,93

6.4%

3.32

3.11

-6.4%

2.57

2.66

3.5%

2.49

3.36

84.0%

EMILIA ROMAGNA

13.286,4

15.587,5

17.3%

19.6%

22.7%

15.7%

5.18

4.61

-11.0%

1.523,5

1.640,18

7.7%

4.12

3.70

-10%

2.72

2.87

5.8%

2.86

3.85

34.7%

TOSCANA

11.915,2

14.860,5

24.7%

19.5%

22.9%

17.4%

5.70

4.55

-20.1%

1.375,0

1.542,06

12.2%

3.61

3.65

1.1%

2.77

2.86

3.5%

2.79

3.81

36.6%

UMBRIA

10.663,3

12.646,6

18.6%

19.4%

23.2%

19.6%

5.12

3.95

-22.9%

536.7

680.5

26.8%

3.53

3.56

0.9%

2.62

2.72

3.8%

2.69

3.46

28.7%

MARCHE

11.182,4

13.288,1

18.8%

18.5%

22.2%

19.7%

4.84

4.29

-11.2%

1.155,3

1.325,64

14.7%

3.46

3.81

10.0%

2.51

2.68

6.7%

2.50

3.32

32.9%

LAZIO

11.237,4

14.417,8

28.3%

14.1%

18.6%

31.5%

4.13

4.05

-1.8%

1.186,7

1.632,59

37.6%

2.98

3.14

5.4%

3.08

3.4

5.3%

2.31

4.40

90.8%

ABRUZZO

9.346,6

11.289,2

2.8%

16.9%

20.9%

23.4%

5.14

4.55

-11.4%

514,6

642,20

24.8%

3.52

4.03

14.2%

2.45

2.60

5.9%

2.67

3.47

30.0%

MOLISE

8.643,6

10.556,6

22.1%

17.6%

21.5%

22.0%

4.86

4.29

-11.6%

104,3

170,13

63.1%

2.80

3.24

15.4%

2.15

2.42

12.7%

2.25

3.07

36.7%

CAMPANIA

8.023,9

10.145,9

26.4%

11.1%

14.8%

32.9%

3.11

3.03

-2.8%

1.330,9

1.464,9

10.1%

2.13

2.53

18.5%

2.77

2.83

2.0%

2.28

2.95

29.5%

PUGLIA

7.970,0

9.861,2

23.7%

12.4%

16.6%

34.5%

3.06

3.07

0.5%

385,4

536,74

39.3%

2.49

2.63

5.8%

2.65

2.84

7.1%

2.14

2.65

24.2%

BASILICATA

7.975,1

9.491,1

19.0%

14.2%

19.3%

35.5%

4.16

3.31

-20.4%

106,7

192,3

80,1%

2.27

2.49

9.8%

2.12

2.34

10.4%

2.03

2.67

31.6%

CALABRIA

7.665,1

9.488,7

23.8%

13.3%

17.6%

32.5%

4.69

3.48

-25.8%

324,5

490,75

51.2%

2.38

2.51

5.7%

2.66

2.92

9.8%

2.20

2.74

24.4%

SICILIA

8.039,7

10.159,1

26.4%

13.8%

17.4%

26.4%

2.80

2.74

-2.3%

391,7

519,36

32.6%

2.35

2.34

-0,4%

2.93

3.09

5.7%

2.25

2.91

29.1%

SARDEGNA

8.558,3

10.960

28.1%

12.5%

16.7%

33.4%

4.67

4.53

-2.8%

315,2

427,77

35.7%

2.25

2.70

20.0%

3.35

3.48

3.7%

2.18

3.19

46.0%

 

ITALIA

10.808

13.142

21.6%

15.30%

19.2%

25.7%

4.36

3.99

-8.4%

981

1.146

16.8%

3.03

3.24

6.9%

2.55

2.86

12.0%

2.36

3.39

43.8%

Elaborazione Legambiente su dati Serico

 

                                           

 

CONFCOMMERCIO - LEGAMBIENTE

secondo  rapporto  di  indagine a cura di serico - gruppo cresme

comunicato stampa

 

 

 

 

 

 

 

1996 / 2005  L’ITALIA DEL DISAGIO INSEDIATIVO

e i talenti sottratti alla competizione globale

 

 

 

 

1996-2005: l’italia in movimento

 

L’armonica distribuzione della popolazione sul territorio è una ricchezza insediativa che rappresenta:

·        una peculiarità e una garanzia del nostro sistema sociale e culturale;

·        una certezza nella manutenzione del territorio;

·        una opportunità di sviluppo economico.

Se, in Europa, Francia e Italia sono le nazioni dove la popolazione è maggiormente distribuita, nel nostro paese ben il 98,3% dei comuni ha meno di 10.000 abitanti. Popoliamo un territorio  che conta oltre 22.000 centri abitati, quasi 33.000 nuclei insediativi, senza considerare le caratteristiche di tanta parte del nostro sistema agricolo composto di “case sparse”. Viviamo una ricchezza insediativa che il Cattaneo ha descritto come “l’opera di diffondere equabilmente la popolazione”, “frutto di secoli” e di una “civiltà generale, piena e radicata”  che ha favorito la distribuzione  “generosamente su tutta la faccia del Paese”.   

Ma lo spopolamento e l’impoverimento di vaste aree - soprattutto pedemontane, montane e insulari - ha nel secondo dopoguerra assunto caratteri strutturali delineando un’Italia del “Disagio insediativo”.

(dall’introduzione del primo rapporto sull’Italia del disagio insediativo, anno 2000)

 

 

 

L’indice di “disagio insediativo" – entrato ormai stabilmente nel compendio statistico  dell’Atlante della competitività delle province italiane di Unioncamere – è stato elaborato per la prima volta nel 1999; la sua originalità consiste nell’approccio di sistema: la scelta degli indicatori permette di analizzare i caratteri dei singoli comuni e delle province, a partire dai dati demografici dei loro abitanti, per giungere al livello dei servizi erogati (istruzione, assistenza sociale e sanitaria, commercio) e il dinamismo produttivo (produzione, turismo e ricchezza). In un concetto:

la qualità dei servizi territoriali diffusi e la possibilità di competere

per uno sviluppo coerente con le proprie risorse ed identità.

 

Veniamo ai dati della nuova indagine che analizza le dinamiche 1996-2005 a livello provinciale e 1996-2001 a livello comunale (il 2001 costituisce il dato più aggiornato a livello comunale).

 

Un paese in movimento…

Quello che emerge è un paese in movimento, in trasformazione, in lento miglioramento, ma non ovunque. Gli anni dal 1996 al 2005 hanno rappresentato per l’Italia dei comuni, delle cento città e dei mille campanili, un periodo di miglioramento e di veloce o lento spostamento verso condizioni di maggior benessere. Ma allo stesso tempo evidenzia ancora aree di disagio insediativo, socioeconomico e abitativo.

 

…e in trasformazione…

Il nuovo rapporto Confcommercio-Legambiente sull’Italia del disagio insediativo evidenzia che l’Italia delle trasformazioni e dello sviluppo locale è un’Italia a più velocità: chi va adagio, chi va piano, chi corre. Qualcuno resta al palo ma in generale il dato significativo – e confortante – è che la situazione socioeconomica complessiva del nostro paese nel periodo analizzato (1996-2005) è migliorata. Ma non ovunque.

 

…con un territorio fortemente diversificato

Infatti i dati dell’indagine mettono in luce come il nostro territorio sia costellato da una diversificazione territoriale molto spinta delle condizioni di sviluppo locale: l’andamento medio nazionale nel periodo considerato (1996-2005) riflette, e non può non essere che così, la difficoltà complessiva che ha caratterizzato il decennio, segnato prima da una fase di lenta espansione economica e poi di rallentamento.

 

Il benessere si espande a macchia d’olio…

Il dato più confortante è che laddove si sono registrati i miglioramenti, essi hanno avuto una diffusione a macchia d’olio che si è allargata dalle aree metropolitane ai comuni contermini e alle aree diffuse, segno di una vitalità e di un protagonismo delle medie e delle medio - piccole realtà che fa ben sperare per il futuro.

 

…ma cresce un disagio “strutturale”

Laddove invece si sono avuti i peggioramenti, ciò è dipeso in gran parte dalle condizioni di vincolo allo sviluppo dato da fattori strutturali di scarsa qualità e dalla minore presenza di quei fattori che nelle altre aree hanno rappresentato elementi strategici per lo sviluppo: oltre al reddito disponibile, si tratta ad esempio dell’aumento del grado di scolarizzazione, dell’incremento delle presenze turistiche, della crescita dei servizi per la popolazione e le imprese. 

 

Il territorio come una favola morale: lepri e tartarughe, formiche e cicale

L’Italia del disagio insediativo è un’Italia nella quale parlare di diverse velocità e di diverse strategie. E in questo senso le metafore che meglio esemplificano quanto avvenuto in questi anni possono essere trovate, come nelle antiche favole morali, tra i comportamenti animali.

 

E dunque vi sono i territori “lepre”, ovvero territori in grado di capitalizzare le risorse locali – sociali, economiche, naturali – e di utilizzarle per velocizzare in modo efficace lo sviluppo locale. Sono comprese in questo gruppo molte province e aree del Nord e del Centro, ma anche alcune province del Sud che in questi anni hanno evidenziato notevoli tassi di miglioramento delle condizioni insediative – sociali ed economiche – locali, come ad esempio le province lucane di Potenza e Matera oppure le province della Sardegna.

 

E vi sono territori “tartaruga”, ovvero territori che esprimono fattori di strutturale lentezza, dovuta al diverso metabolismo, ovvero alle diverse condizioni di partenza. Una lentezza che a volte procede verso miglioramenti e lente uscite dalle condizioni di disagio, come in alcune aree del Mezzogiorno, e una lentezza che si trasforma anche in rallentamenti e riduzioni del benessere a causa di effetti di “cronicità” degli indicatori, come nel caso della provincia di Trieste o di quelle liguri, tra le prime per qualità della vita anche in note classifiche nazionali, ma in lenta e progressiva involuzione a causa di una struttura demografica troppo matura e potenzialmente foriera di un percorso di ritorno a condizioni di disagio insediativo.

 

Ma è anche l’Italia dei territori “cicala”, ovvero di quelle porzioni di territorio nelle quali vi è la presenza di una notevole dotazione di risorse (ambientali, culturali, economiche, sociali). Ma proprio questi territori esprimono spesso un eccessivo uso delle risorse ambientali, si pensi al consumo di suolo a fini edificatori, oppure esprimono il raggiungimento di soglie di qualità della vita molto elevate e difficili da mantenere nel lungo periodo. E’ il caso ad esempio  dell’Emilia Romagna e della Toscana, che esprimono elevati valori degli indicatori di benessere ma che presentano anche un fenomeno di parziale involuzione: nel 2001 erano inserite nel gruppo 9 – massimo benessere – mentre nel 2005 evidenziano una regressione al gruppo 8, che esprime pur sempre i migliori parametri della cosiddetta medietà. Questa trasformazione, avvenuta negli ultimi anni, è l’espressione di una difficoltà di mantenimento delle condizioni locali dello sviluppo a causa ad esempio di una minore dotazione di risorse, amministrative, economiche, finanziarie (e di una difficile situazione economica generale), ma in alcune aree si configura anche come l’esito di una velocizzazione della crescita che al raggiungimento della soglia più elevata di benessere non è stata in grado di consolidare tale risultato, evidenziando dunque problemi di sostenibilità dello sviluppo.

 

Ed è anche l’Italia dei territori “formica”, ovvero di quegli ambiti territoriali che si mettono meno in mostra ma che evidenziano una lungimiranza di medio-lungo periodo che premia il loro lento ma consistente e duraturo cammino verso uno sviluppo solido e coeso. E’ il caso di alcune aree del Mezzogiorno che, pur non avendo la dinamica di molte regioni del Nord e del Centro, stanno uscendo in modo significativo da situazioni consolidate di disagio. E proprio nell’ottica di sapienti formiche lo stanno facendo in modo lento ma costante, senza slanci eclatanti e dunque “fuori dalla notizia”, ma pienamente “dentro” un percorso di miglioramento che vale la pena di osservare, monitorare e raccontare, come ad esempio molte province del Sud e delle Isole, a partire dalle province della Sardegna, quelle che più di altre hanno dimostrato nel decennio capacità di crescita, innovazione, sviluppo e miglioramento delle condizioni insediative, e anche quelle storicamente disagiate della Calabria, che pur non evidenziando miglioramenti nel valore assoluto (rimangono sempre inserite nel gruppo 1 del disagio), evidenziano localmente lenti ma costanti miglioramenti di alcuni indicatori (reddito, composizione della popolazione, diminuzione abitazioni non occupate e incremento del turismo).

 

Alcuni dati

 

 

 

 

 

 


Tabella semaforica. Regioni e gruppi del disagio insediativo

Anni 1996 e 2005

 

 

 

 

 

1996

2005

Tendenza

 

 

 

 

Piemonte

8

8

 

Valle d'Aosta

9

9

 

Liguria

8

7

-

Lombardia

5

9

+

Trentino Alto Adige

5

6

+

Veneto

5

5

 

Friuli Venezia Giulia

8

8

 

Emilia Romagna

9

8

-

Marche

5

8

+

Toscana

9

8

-

Umbria

5

8

+

Lazio

4

5

+

Campania

2

2

 

Abruzzo

4

5

+

Molise

4

4

 

Puglia

2

2

 

Basilicata

1

2

+

Calabria

1

1

 

Sicilia

1

1

 

Sardegna

1

2

+

 

 

 

 

Nord-Ovest

8

8

 

Nord-Est

5

9

+

Centro

8

8

 

Sud

1

2

+

Isole

1

2

+

 

 

 

 

ITALIA

5

5

 

 

 

 

 

Nota: il colore verde evidenzia una situazione di miglioramento e incremento del benessere (diminuzione del disagio), mentre il colore rosso evidenzia una diminuzione del benessere (aumento del disagio).

 

Gruppi del disagio: 1, 4, 7

Gruppi della medietà: 2, 3, 5, 8

Gruppi del benessere: 6, 9


La mappa del disagio insediativo – Anno 2005

Legenda: giallo, arancio, rosso: i comuni del disagio; azzurro-blu: i comuni della medietà; verde: il benessere


i fattori del cambiamento

 

Gli elementi migliorativi più significativi sono i seguenti:

 

 

 

 

 

 

 

 

Per contro, tra quelli peggiorativi, si evidenziano:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I fattori del cambiamento – indicatori nazionali 1996-2005

Valori assoluti e variazioni percentuali calcolati su base provinciale

 

Italia 1996

Italia 2005

Italia Variazione

Reddito disponibile per abitante €

10.808

13.142

21,6%

Densità demografica (Ab. x Kmq.) – Cens.

188,7

194,0

2,8%

Densità demografica (Ab. x Kmq.) – Anno

191,2

194,0

1,5%

Inc. % popolazione sotto 14 anni

15,90%

14,1%

-11,1%

Inc. % popolazione tra 14 e 65 anni

68,80%

66,6%

-3,2%

Inc. % popolazione sopra 65 anni

15,30%

19,2%

25,7%

Componenti medi della famiglia

2,85

2,51

-12,0%

Abitanti per abitazione occupata

2,88

2,74

-4,8%

Inc. % abit. non occupate su totali

21,10%

19,6%

-7,1%

Abitanti per addetto

4,2

3,5

-15,7%

Abitanti per unità locale del commercio

37,2

41,1

10,5%

Abitanti per addetto del commercio

15,4

20,5

33,1%

Addetti al commercio per unità locale

2,42

2,01

-17,1%

Pubblici esercizi per 1000 abitanti

4,36

3,99

-8,4%

Pubblici esercizi per Kmq.

0,83

0,78

-6,6%

Presenze turistiche per posto letto

84,2

82

-2,5%

Presenze turistiche per abitante

5,13

5,91

15,1%

Presenze turistiche per Kmq.

981

1.146

16,8%

Abitanti per ricettività totale

189,5

218

15,2%

Presenze totali per letto

66,7

64

-3,9%

Presenze totali per abitante

12,6

14

11,0%

Presenze totali per Kmq.

2.417

2.714

12,3%

Unità locali trasporti per 1000 abitanti

3,24

4,43

36,7%

Sportelli bancari per 10000 abitanti

4,56

5,29

16,1%

Depositi per abitante (Ml.)

17

19,90

17,0%

U.L. servizi imprese per 1000 abit.

12

12,22

1,9%

Servizi persone per 1000 abit.

3,03

3,24

6,9%

Abitanti per autovetture

1,9

1,52

-19,8%

Consumi elett. per famiglia

2,55

2,86

12,0%

Inc. % U.L. istituzioni su U.L. totali

5,90%

7,44%

26,1%

Addetti Istruz. prim. Per 1000 abitanti

8,92

9,93

11,3%

Addetti Istruz. secon. per 1000 abitanti

13,2

11,76

-10,9%

U.L. serv. medici per 1000 abitanti

2,36

3,39

43,8%

U.L. Assistenza sociale per 1000 abitanti

0,34

0,67

95,7%

Fonte: Elaborazione Serico su dati Ancitel e Istat

 

 

Nel decennio considerato la situazione reddituale ha avuto (a valori costanti) un incremento pari a circa il 2% annuo, un incremento avvenuto in modo quasi equivalente nei due periodi considerati, che evidenzia pertanto una sostanziale stabilità della crescita e dunque un fattore dinamico debolmente positivo, comunque di lento e graduale miglioramento.

 

A tale incremento si è accompagnata una struttura demografica e sociale che ha visto diminuire in modo consistente la quota di popolazione al di sotto dei 14 anni di età (-11,1%) e per contro un aumento di oltre il 25% della popolazione con oltre 65 anni di età. La struttura familiare nel contempo è fortemente cambiata, con una riduzione dei componenti medi per famiglia e di abitanti per singola abitazione occupata.

 

Ma uno tra i dati più significativi è che il sistema economico e produttivo ha mostrato un incremento di capacità occupazionale, anche in relazione alla popolazione residente, da cui si spiega anche l’incremento del reddito medio pro capite. Ma, al contempo, il sistema distributivo e commerciale ha subito una trasformazione che ha incrementato, da un lato, di oltre il 10% il rapporto tra abitanti e unità locali del commercio e, dall’altro, del 33% il rapporto tra abitanti e addetti del commercio.

 

E’ la misura della trasformazione del sistema commerciale italiano avvenuto negli ultimi dieci anni, con la parziale modernizzazione dovuta all’apertura delle grandi superfici commerciali e, dunque, con la diminuzione del numero di addetti in rapporto agli abitanti. Ma è anche la misura dell’innescarsi di fenomeni di diminuzione e di perdita di punti vendita di piccola dimensione (di vicinato e di prossimità), che in molti casi sono allo stesso tempo causa ed effetto dell’aumento del disagio insediativo in molte zone del Paese.

 

Un discorso analogo si può fare per i pubblici esercizi, il cui numero è sceso in misura minore delle unità locali del commercio, grazie alla forte crescita del sistema turistico, che tuttavia se, da un lato, evidenzia un consistente aumento della domanda (da 981 a 1.146 presenze turistiche per kmq, da 5,13 a 5,91 presenze turistiche per abitante), dall’altro si scontra con un sistema ricettivo che riduce le proprie capacità di accoglienza.

 

I dati evidenziano alcuni aspetti apparentemente contraddittori, ma che in realtà sono la rappresentazione di come la situazione insediativa italiana contrapponga fattori di indubbia positività con altri di altrettanta indubbia negatività. E’, ad esempio, il caso della mobilità, che se, da un lato, evidenzia una crescita dell’offerta, dall’altro mette in rilievo anche un ricorso esasperato alla mobilità personale, con un rapporto abitanti per autovetture che è passato da circa 2 nel 1996 a 1,5 nel 2005.

 

E ancora, migliorano altri indicatori, come la scolarizzazione di fascia alta, dando la sensazione di una parziale uscita da quella fase involutiva che vedeva l’Italia tra gli ultimi paesi in Europa per istruzione e specializzazione, anche se non crescono di conseguenza i sistemi di servizio alle imprese e alle persone.