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Roma, 7
Marzo 2007
EPPUR SI MUOVE
CRISI E DECLINO NON ARRESTANO IL CAMMINO DEL PAESE:
ECONOMIA, ISTRUZIONE, OCCUPAZIONE E TURISMO IN CRESCITA,
MA E’ UN’ITALIA A QUATTRO VELOCITA’
PRESENTANO IL RAPPORTO SULL’ITALIA DEL DISAGIO INSEDIATIVO
UNO SCREENING DELLO SVILUPPO LOCALE, SOCIOECONOMICO E ABITATIVO
AL PALO EMILIA ROMAGNA E LIGURIA, BENE SUD E SARDEGNA, LAZIO E UMBRIA
E’ cresciuto il reddito, è
cresciuto il turismo, è cresciuta la scolarizzazione di fascia alta. E non
parliamo della Spagna, dell’Irlanda o dell’Olanda. A dispetto del declino,
della crisi, del malessere e dell’inquietudine l’ultimo decennio ha visto un
progresso, forse lento ma continuo, del nostro Paese, con la sorpresa
Mezzogiorno che – partendo certo da livelli molto bassi – ha comunque mostrato
evidenti segni di ripresa. L’Italia resta però a più velocità. C’è chi scende e
chi sale, chi sta fermo, chi va piano, chi pianissimo, chi corre. E in questo
contesto il Sud è sorprendentemente più dinamico del Nord, mentre alcune
regioni che tradizionalmente sono considerate aree del benessere – Emilia
Romagna e Liguria – mostrano preoccupanti segni di rallentamento.
E’, sinteticamente, il quadro
che emerge dal nuovo rapporto “L’Italia del disagio insediativo” che analizza
l’ultimo decennio di vita in Italia (gli anni compresi tra il 1996 e il 2005)
dal punto di vista dei servizi, del commercio, dello sviluppo locale,
socioeconomico e abitativo, del turismo. Il rapporto di Legambiente e
Confcommercio, curato da Serico, è stato presentato questa mattina a Roma dai
presidenti di Legambiente e Confcommercio Roberto Della Seta e Carlo Sangalli,
dal presidente della Commissione Ambiente, Territorio e Lavori Pubblici della
Camera dei Deputati, Ermete Realacci, e dal curatore del rapporto e
responsabile di Serico, Sandro Polci.
Per uno sguardo generale dei dati
del rapporto partiamo dal reddito disponibile (+21,6%), passato dai 10.808 euro
del 1996 ai 13.142 del 2005. C’è un incremento netto della ricchezza che,
associato all’aumento della consistenza dei depositi bancari, indica una
solidità dell’economia legata al risparmio. C’è una forte crescita della
scolarizzazione di fascia alta (diplomati e laureati) e, conseguentemente,
della popolazione istruita, che danno la sensazione di una parziale uscita da
quella fase involutiva che vedeva l’Italia tra gli ultimi in Europa per
istruzione e specializzazione. C’è una diminuzione dell’incidenza delle
abitazioni non occupate (circa il 5% in meno), che sottintende una voglia di
far rientrare nel circolo virtuoso dell’economia immobiliare una quota del
patrimonio edificato e non utilizzato. C’è una crescita del turismo (+12,3%),
dei servizi medici, dell’assistenza sociale e, dato anch’esso positivo, c’è un
incremento dell’occupazione testimoniato da quel 7,1% in meno nel rapporto tra
numero di abitanti e lavoratori.
Fin qui i dati positivi. Ma c’è
anche come al solito l’altra faccia della medaglia, quella dell’Italia che
invecchia (la popolazione con meno di 14 anni scende dell’11,1% tra 1996 e 2005
quella con più di 65% sale addirittura del 25,7%), la diminuzione del numero
dei pubblici esercizi (-17,1%) a vantaggio dei centri commerciali, con una
progressiva scomparsa dei piccoli negozi di prossimità e degli esercizi di
vicinato in grado di mantenere in vita un tessuto sociale, in particolar modo
nei piccoli comuni. E poi, ma il dato non è certo nuovo, c’è una esasperazione
della mobilità privata, con un rapporto abitanti per autovetture che è passato
da circa 2 nel
Gli indicatori esaminati dal
rapporto di Legambiente-Confcommercio-Serico sono complessivamente 53 e
riguardano, tra l’altro, popolazione, istruzione, assistenza sociale e
sanitaria, produzione, commercio e pubblici esercizi, turismo, ricchezza.
L’analisi si sofferma sul “carattere” dei singoli comuni e delle province per
poter valutare la qualità dei servizi
territoriali diffusi e la possibilità di competere per uno sviluppo coerente con le proprie risorse e
identità. Il rapporto è dunque un’utile base per elaborare strategie
d’attacco che garantiscano al Paese la crescita migliore, sistematizzando
quelli che sono gli elementi vincenti dello sviluppo locale: la coesione
territoriale e il rispetto dell’identità, il dinamismo imprenditoriale della
piccola impresa, il rafforzamento della rete turistica, la mitigazione dello
spopolamento in atto.
La struttura del report consente
una analisi più puntuale di quanto evidenziato finora e schematicamente divide
in quattro (territori lumaca, lepre, formica e cicala) le diverse aree del
Paese. Tra i territori lepre
ci sono molte province e aree del Nord e del Centro, ma anche alcune province
del Sud che in questi anni hanno evidenziato notevoli tassi di miglioramento,
come ad esempio le province lucane di Potenza e Matera. Diversamente, i territori tartaruga manifestano una
lentezza strutturale, dovuta ad altre condizioni di partenza e di
“deambulazione”. Una lentezza che a volte procede verso miglioramenti e lente
uscite dalle condizioni di disagio, come in alcune aree del Mezzogiorno. E una
lentezza che si trasforma anche in rallentamenti e riduzioni del benessere a
causa di effetti di “cronicità” degli indicatori, come nel caso della provincia
di Trieste, tra le prime per qualità della vita ma in lenta e progressiva
involuzione a causa di una struttura demografica troppo matura e potenzialmente
foriera di un percorso di ritorno a condizioni di disagio insediativo. I territori cicala sono dotati di numerose
risorse (ambientali, culturali, economiche, sociali) ma si contraddistinguono,
ad esempio, per l’eccessivo uso delle risorse ambientali (si pensi al consumo
di suolo a fini edificatori) oppure hanno raggiunto soglie di qualità della
vita molto elevate e difficili da mantenere nel lungo periodo. E’ il caso
dell’Emilia Romagna e della Toscana, che esprimono elevati valori degli
indicatori di benessere ma presentano al contempo un fenomeno parziale di
involuzione, passando tra il 2001 e il 2005 dal gruppo di massimo benessere a
quello della cosiddetta medietà (seppure con i migliori parametri). Una
trasformazione che potrebbe essere espressione di una difficoltà di
mantenimento delle condizioni locali dello sviluppo a causa di una minore
dotazione di risorse, amministrative, economiche, finanziarie (e di una
difficile situazione economica generale), ma in alcune aree si configura anche
come l’esito di una rapidità della crescita, fino alla soglia più elevata di
benessere, che non è in grado di consolidare i risultati raggiunti,
evidenziando dunque problemi di sostenibilità dello sviluppo. L’Italia dei territori formica è infine quella che non
fa notizia ma dove una lungimiranza di medio-lungo periodo premia il lento,
consistente e duraturo cammino dei territori verso uno sviluppo solido e coeso.
E’ il caso di alcune aree del Mezzogiorno che, pur non avendo la dinamica di
molte regioni del nord e del centro, stanno uscendo in modo significativo da
situazioni consolidate di disagio. Come le regioni del sud e delle isole, a
partire dalle province della Sardegna, che più di altre hanno dimostrato nel
decennio capacità di crescita, innovazione, sviluppo e miglioramento delle
condizioni insediative. O quelle storicamente disagiate della Calabria che, pur
rimanendo inserite nel gruppo di maggior disagio, evidenziano localmente lenti
ma costanti miglioramenti di alcuni indicatori, quali il reddito, la
composizione della popolazione, la diminuzione delle abitazioni non occupate e
l’incremento del turismo.
“L’indagine presentata da
Legambiente e Confcommercio – ha sottolineato Roberto Della Seta – invita a
leggere l’Italia traguardando gli schemi troppi generici, a cominciare da
quello di un nord produttivo e performante e di un sud in perenne affanno. Il
dato più confortante è che laddove si sono registrati miglioramenti, la
diffusione è stata a macchia d’olio, si è allargata dalle aree metropolitane ai
comuni contermini e al territorio circostante, compresa la realtà dei piccoli
comuni che nel nostro Paese hanno un peso specifico e un valore simbolico
notevolissimi, ma sono stati troppo a lungo sacrificati. C’è in definitiva una
vitalità e un protagonismo delle realtà medie e medio-piccole che fa ben
sperare per il futuro. E’ interessante notare anche quali sono stati i
principali settori che hanno tenuto in piedi la baracca in questi anni:
l’istruzione, il turismo, la crescita dei servizi per la popolazione e per le imprese:
non a caso gli ingredienti principali di quella soft economy che si conferma la
via più realistica per dare all’Italia un futuro solido e moderno. Elementi che
possono innescare dinamiche positive a patto che ci sia una grande attenzione
alla sostenibilità, allo sviluppo pulito, alla valorizzazione delle risorse
locali. Dove questi aspetti vengono trascurati o addirittura sviliti c’è invece
decrescita, crisi, declino. Lo studio ci dice inoltre che bisogna stare molto
attenti alle dinamiche in atto nei piccoli comuni, dove la perdita di alcuni
servizi e dei piccoli esercizi commerciali può avere effetti davvero
devastanti”.
Per il presidente di
Confcommercio, Carlo Sangalli, “questa analisi ci conferma un'Italia a diverse velocità,
con un'espansione del benessere a macchia di leopardo, trainata per un verso da
alcune aree metropolitane e dall'altro persistente nei disagi strutturali. Non
solo il divario tra nord e sud, ma passi diversi, velocità diverse che indicano
sì un paese vitale, ma che ancora non ha valorizzato tutte le sue risorse in
termini di capitale umano, investimenti, ricerca, sviluppo e innovazione. E su
questo punto è la politica che deve cambiare passo per creare quelle condizioni
di ripartenza e consolidamento dell'economia che ancora oggi sono deboli.
Perchè è vero che tutti speriamo che il Pil del 2007 possa chiudere con un
tasso di crescita al 2%, ma è anche vero che tutte le economie avanzate che
stanno crescendo hanno puntato sui servizi. E noi da questo punto di vista
ancora siamo indietro. L'Italia deve puntare alla leadership del cosiddetto
“capitalismo culturale”. Quello, cioè, capace di valorizzare il patrimonio
della nostra identità. Identità culturale, storica ed ambientale, ma anche
frutto di un modo tipicamente italiano di vivere e di consumare. Un’identità,
tra l’altro, non delocalizzabile.
Bisogna investire non in termini di incentivi a carico della finanza pubblica,
ma piuttosto in termini di attenzione politica. L’Italia deve puntare a mettere
in campo una rete di relazioni tra iniziativa privata e funzione pubblica non
rivolta alla pura sopravvivenza ma a un progetto di più ampio respiro”.
“Non c’è nostalgia - ha aggiunto
Sandro Polci, curatore del rapporto - ma valorizzare i piccoli centri, come
diceva il Cattaneo, significa tutela ambientale certezza nella manutenzione del
territorio, opportunità di sviluppo economico”.
Ufficio Stampa Legambiente 06 86268399 – 79 - 77
Ufficio Stampa Confcommercio 06 5866219 – 228 – 299
L’ITALIA DEL DISAGIO INSEDIATIVO
Regioni |
Reddito
per abitante € |
Inc.%
popolazione sopra 65 anni |
Pubblici
esercizi per 1000 abitanti |
Presenze
turistiche per Kmq |
Servizi persone
per 1000 abitanti |
Consumi elettrici
per famiglia |
U. L serv.
Medici per 1000 abitanti |
||||||||||||||
|
1996 |
2005 |
Var.% |
1996 |
2005 |
Var.% |
1996 |
2005 |
Var.% |
1996 |
2005 |
Var.% |
1996 |
2005 |
Var.% |
1996 |
2005 |
Var.% |
1996 |
2005 |
Var.% |
PIEMONTE |
12.751,2 |
15.540,3 |
21.9% |
17.4% |
21.9% |
25.5% |
4.2 |
4.11 |
-2.2 % |
319.1 |
367.82 |
15.3% |
3.60 |
4.37 |
21.5% |
2.46 |
2.58 |
4.7% |
2.44 |
3.22 |
31.7% |
VALLE D’AOSTA |
13.588,7 |
16.111,7 |
18.6% |
16.1% |
19.6% |
21.9% |
11.82 |
8.76 |
-25.9 % |
1.079,3 |
981.48 |
-9.1% |
4.65 |
4.06 |
-12.7% |
3.25 |
3.34 |
2.7% |
2.36 |
3.43 |
45.3% |
LIGURIA |
12.803,1 |
16.407,1 |
28.1% |
21.6% |
26.3% |
21.9% |
7.02 |
5.96 |
-15.2% |
2.838,0 |
2.622,31 |
-7.6% |
3.95 |
3.80 |
-3.9% |
2.38 |
2.50 |
4.9% |
3.15 |
4.25 |
34.9% |
LOMBARDIA |
13.131,8 |
15.335,3 |
16.8% |
14.5% |
18.8% |
29.7% |
4.4 |
3.95 |
-10.3% |
958.5 |
1109.28 |
15.7% |
3.24 |
3.55 |
9.7% |
2.69 |
2.82 |
4.9% |
2.36 |
3.70 |
56.7% |
TRENTINO ALTO ADIGE |
11.827.9 |
13.775,3 |
16.5% |
14.8% |
17.3% |
16.8% |
6.52 |
5.74 |
-12.0% |
2.818,2 |
2.906,09 |
3.1% |
3.12 |
2.97 |
-4.6% |
2.58 |
2.70 |
4.7% |
1.78 |
2.71 |
52.9% |
VENETO |
11.773,7 |
13.492,1 |
14.6% |
15.3% |
18.7% |
22.4% |
4.75 |
4.62 |
-2.6% |
2.319,4 |
2.966,62 |
27.9% |
3.27 |
3.35 |
2.3% |
2.72 |
2.79 |
2.7% |
2.21 |
3.12 |
41.2% |
FRIULI V.G. |
12.283,2 |
15.067,1 |
22.7% |
19.4% |
21.9% |
12.9% |
6.14 |
5.39 |
-12.2% |
1.025,8 |
1.090,93 |
6.4% |
3.32 |
3.11 |
-6.4% |
2.57 |
2.66 |
3.5% |
2.49 |
3.36 |
84.0% |
EMILIA ROMAGNA |
13.286,4 |
15.587,5 |
17.3% |
19.6% |
22.7% |
15.7% |
5.18 |
4.61 |
-11.0% |
1.523,5 |
1.640,18 |
7.7% |
4.12 |
3.70 |
-10% |
2.72 |
2.87 |
5.8% |
2.86 |
3.85 |
34.7% |
TOSCANA |
11.915,2 |
14.860,5 |
24.7% |
19.5% |
22.9% |
17.4% |
5.70 |
4.55 |
-20.1% |
1.375,0 |
1.542,06 |
12.2% |
3.61 |
3.65 |
1.1% |
2.77 |
2.86 |
3.5% |
2.79 |
3.81 |
36.6% |
UMBRIA |
10.663,3 |
12.646,6 |
18.6% |
19.4% |
23.2% |
19.6% |
5.12 |
3.95 |
-22.9% |
536.7 |
680.5 |
26.8% |
3.53 |
3.56 |
0.9% |
2.62 |
2.72 |
3.8% |
2.69 |
3.46 |
28.7% |
MARCHE |
11.182,4 |
13.288,1 |
18.8% |
18.5% |
22.2% |
19.7% |
4.84 |
4.29 |
-11.2% |
1.155,3 |
1.325,64 |
14.7% |
3.46 |
3.81 |
10.0% |
2.51 |
2.68 |
6.7% |
2.50 |
3.32 |
32.9% |
LAZIO |
11.237,4 |
14.417,8 |
28.3% |
14.1% |
18.6% |
31.5% |
4.13 |
4.05 |
-1.8% |
1.186,7 |
1.632,59 |
37.6% |
2.98 |
3.14 |
5.4% |
3.08 |
3.4 |
5.3% |
2.31 |
4.40 |
90.8% |
ABRUZZO |
9.346,6 |
11.289,2 |
2.8% |
16.9% |
20.9% |
23.4% |
5.14 |
4.55 |
-11.4% |
514,6 |
642,20 |
24.8% |
3.52 |
4.03 |
14.2% |
2.45 |
2.60 |
5.9% |
2.67 |
3.47 |
30.0% |
MOLISE |
8.643,6 |
10.556,6 |
22.1% |
17.6% |
21.5% |
22.0% |
4.86 |
4.29 |
-11.6% |
104,3 |
170,13 |
63.1% |
2.80 |
3.24 |
15.4% |
2.15 |
2.42 |
12.7% |
2.25 |
3.07 |
36.7% |
CAMPANIA |
8.023,9 |
10.145,9 |
26.4% |
11.1% |
14.8% |
32.9% |
3.11 |
3.03 |
-2.8% |
1.330,9 |
1.464,9 |
10.1% |
2.13 |
2.53 |
18.5% |
2.77 |
2.83 |
2.0% |
2.28 |
2.95 |
29.5% |
PUGLIA |
7.970,0 |
9.861,2 |
23.7% |
12.4% |
16.6% |
34.5% |
3.06 |
3.07 |
0.5% |
385,4 |
536,74 |
39.3% |
2.49 |
2.63 |
5.8% |
2.65 |
2.84 |
7.1% |
2.14 |
2.65 |
24.2% |
BASILICATA |
7.975,1 |
9.491,1 |
19.0% |
14.2% |
19.3% |
35.5% |
4.16 |
3.31 |
-20.4% |
106,7 |
192,3 |
80,1% |
2.27 |
2.49 |
9.8% |
2.12 |
2.34 |
10.4% |
2.03 |
2.67 |
31.6% |
CALABRIA |
7.665,1 |
9.488,7 |
23.8% |
13.3% |
17.6% |
32.5% |
4.69 |
3.48 |
-25.8% |
324,5 |
490,75 |
51.2% |
2.38 |
2.51 |
5.7% |
2.66 |
2.92 |
9.8% |
2.20 |
2.74 |
24.4% |
SICILIA |
8.039,7 |
10.159,1 |
26.4% |
13.8% |
17.4% |
26.4% |
2.80 |
2.74 |
-2.3% |
391,7 |
519,36 |
32.6% |
2.35 |
2.34 |
-0,4% |
2.93 |
3.09 |
5.7% |
2.25 |
2.91 |
29.1% |
SARDEGNA |
8.558,3 |
10.960 |
28.1% |
12.5% |
16.7% |
33.4% |
4.67 |
4.53 |
-2.8% |
315,2 |
427,77 |
35.7% |
2.25 |
2.70 |
20.0% |
3.35 |
3.48 |
3.7% |
2.18 |
3.19 |
46.0% |
|
|||||||||||||||||||||
ITALIA |
10.808 |
13.142 |
21.6% |
15.30% |
19.2% |
25.7% |
4.36 |
3.99 |
-8.4% |
981 |
1.146 |
16.8% |
3.03 |
3.24 |
6.9% |
2.55 |
2.86 |
12.0% |
2.36 |
3.39 |
43.8% |
Elaborazione Legambiente su dati Serico
CONFCOMMERCIO
- LEGAMBIENTE
secondo rapporto
di indagine a cura di serico -
gruppo cresme
comunicato stampa
1996
/ 2005 L’ITALIA DEL DISAGIO INSEDIATIVO
e
i talenti sottratti alla competizione globale
1996-2005: l’italia in movimento
L’armonica
distribuzione della popolazione sul territorio è una ricchezza insediativa
che rappresenta:
·
una peculiarità
e una garanzia del nostro sistema sociale e culturale;
·
una certezza
nella manutenzione del territorio;
·
una opportunità
di sviluppo economico.
Se,
in Europa, Francia e Italia sono le nazioni dove la popolazione è maggiormente
distribuita, nel nostro paese ben il 98,3% dei comuni ha meno di 10.000
abitanti. Popoliamo un territorio che
conta oltre 22.000 centri abitati, quasi 33.000 nuclei insediativi, senza
considerare le caratteristiche di tanta parte del nostro sistema agricolo
composto di “case sparse”. Viviamo una ricchezza insediativa che il Cattaneo ha
descritto come “l’opera di diffondere
equabilmente la popolazione”, “frutto
di secoli” e di una “civiltà
generale, piena e radicata” che ha
favorito la distribuzione “generosamente su tutta la faccia del
Paese”.
Ma
lo spopolamento e l’impoverimento di vaste aree - soprattutto pedemontane,
montane e insulari - ha nel secondo dopoguerra assunto caratteri strutturali
delineando un’Italia del “Disagio insediativo”.
(dall’introduzione
del primo rapporto sull’Italia del disagio insediativo, anno 2000)
L’indice di “disagio insediativo" – entrato ormai
stabilmente nel compendio statistico
dell’Atlante della competitività delle province italiane di Unioncamere
– è stato elaborato per la prima volta nel 1999; la sua originalità consiste
nell’approccio di sistema: la scelta
degli indicatori permette di analizzare i caratteri dei singoli comuni e delle province, a partire dai dati
demografici dei loro abitanti, per giungere al livello dei servizi erogati
(istruzione, assistenza sociale e sanitaria, commercio) e il dinamismo produttivo (produzione, turismo e ricchezza). In un concetto:
la qualità dei servizi territoriali
diffusi e la possibilità di competere
per uno sviluppo coerente con le
proprie risorse ed identità.
Veniamo ai dati della nuova indagine che analizza le
dinamiche 1996-2005 a livello provinciale e 1996-2001 a livello comunale (il
2001 costituisce il dato più aggiornato a livello comunale).
Un paese in movimento…
Quello che emerge è un paese in movimento, in
trasformazione, in lento miglioramento, ma non ovunque. Gli anni dal 1996 al
2005 hanno rappresentato per l’Italia dei comuni, delle cento città e dei mille
campanili, un periodo di miglioramento e di veloce o lento spostamento verso
condizioni di maggior benessere. Ma allo
stesso tempo evidenzia ancora aree di disagio insediativo, socioeconomico e
abitativo.
…e in trasformazione…
Il nuovo rapporto Confcommercio-Legambiente sull’Italia del
disagio insediativo evidenzia che l’Italia
delle trasformazioni e dello sviluppo locale è un’Italia a più velocità:
chi va adagio, chi va piano, chi corre. Qualcuno resta al palo ma in generale
il dato significativo – e confortante – è che la situazione socioeconomica
complessiva del nostro paese nel periodo analizzato (1996-2005) è migliorata.
Ma non ovunque.
…con un territorio fortemente diversificato
Infatti i dati dell’indagine mettono in luce come il nostro
territorio sia costellato da una diversificazione
territoriale molto spinta delle condizioni di sviluppo locale: l’andamento
medio nazionale nel periodo considerato (1996-2005) riflette, e non può non
essere che così, la difficoltà complessiva che ha caratterizzato il decennio,
segnato prima da una fase di lenta espansione economica e poi di rallentamento.
Il benessere si espande a macchia d’olio…
Il dato più confortante è che laddove si sono registrati i
miglioramenti, essi hanno avuto una
diffusione a macchia d’olio che si è allargata dalle aree metropolitane ai
comuni contermini e alle aree diffuse, segno di una vitalità e di un
protagonismo delle medie e delle medio - piccole realtà che fa ben sperare per
il futuro.
…ma cresce un disagio “strutturale”
Laddove invece si sono avuti i peggioramenti, ciò è dipeso
in gran parte dalle condizioni di
vincolo allo sviluppo dato da fattori strutturali di scarsa qualità e dalla minore presenza di quei fattori
che nelle altre aree hanno rappresentato elementi strategici per lo sviluppo:
oltre al reddito disponibile, si
tratta ad esempio dell’aumento del grado di scolarizzazione, dell’incremento delle presenze turistiche,
della crescita dei servizi per la popolazione e le imprese.
Il territorio come una favola morale: lepri e tartarughe, formiche e
cicale
L’Italia del disagio
insediativo è un’Italia nella quale parlare di diverse velocità e di diverse
strategie. E in
questo senso le metafore che meglio esemplificano quanto avvenuto in questi
anni possono essere trovate, come nelle antiche favole morali, tra i
comportamenti animali.
E dunque vi sono i territori “lepre”, ovvero territori
in grado di capitalizzare le risorse locali – sociali, economiche, naturali – e
di utilizzarle per velocizzare in modo efficace lo sviluppo locale. Sono
comprese in questo gruppo molte province
e aree del Nord e del Centro, ma anche alcune province del Sud che in
questi anni hanno evidenziato notevoli tassi di miglioramento delle condizioni
insediative – sociali ed economiche – locali, come ad esempio le province
lucane di Potenza e Matera oppure le
province della Sardegna.
E vi sono territori “tartaruga”, ovvero territori che esprimono fattori di strutturale lentezza,
dovuta al diverso metabolismo, ovvero alle diverse condizioni di partenza. Una
lentezza che a volte procede verso miglioramenti e lente uscite dalle
condizioni di disagio, come in alcune aree del Mezzogiorno, e una lentezza che
si trasforma anche in rallentamenti e riduzioni del benessere a causa di effetti
di “cronicità” degli indicatori, come nel caso della provincia di Trieste o di
quelle liguri, tra le prime per qualità della vita anche in note classifiche
nazionali, ma in lenta e progressiva involuzione a causa di una struttura demografica troppo matura e
potenzialmente foriera di un percorso di ritorno a condizioni di disagio
insediativo.
Ma è anche l’Italia dei territori “cicala”, ovvero di quelle
porzioni di territorio nelle quali vi è la presenza di una notevole dotazione
di risorse (ambientali, culturali, economiche, sociali). Ma proprio questi
territori esprimono spesso un eccessivo
uso delle risorse ambientali, si pensi al consumo di suolo a fini
edificatori, oppure esprimono il raggiungimento di soglie di qualità della vita molto elevate e difficili da mantenere nel
lungo periodo. E’ il caso ad esempio
dell’Emilia Romagna e della Toscana, che esprimono elevati valori degli indicatori di benessere
ma che presentano anche un fenomeno di parziale involuzione: nel 2001 erano
inserite nel gruppo 9 – massimo benessere – mentre nel 2005 evidenziano una
regressione al gruppo 8, che esprime pur sempre i migliori parametri della
cosiddetta medietà. Questa trasformazione, avvenuta negli ultimi anni, è
l’espressione di una difficoltà di
mantenimento delle condizioni locali dello sviluppo a causa ad esempio di una
minore dotazione di risorse, amministrative, economiche, finanziarie (e di una
difficile situazione economica generale), ma in alcune aree si configura
anche come l’esito di una velocizzazione
della crescita che al raggiungimento della soglia più elevata di benessere non
è stata in grado di consolidare tale risultato, evidenziando dunque
problemi di sostenibilità dello sviluppo.
Ed è anche l’Italia dei territori “formica”, ovvero di quegli ambiti territoriali che si mettono meno
in mostra ma che evidenziano una lungimiranza di medio-lungo periodo che premia
il loro lento ma consistente e duraturo
cammino verso uno sviluppo solido e coeso. E’ il caso di alcune aree del
Mezzogiorno che, pur non avendo la dinamica di molte regioni del Nord e del
Centro, stanno uscendo in modo significativo da situazioni consolidate di
disagio. E proprio nell’ottica di sapienti formiche lo stanno facendo in modo
lento ma costante, senza slanci eclatanti e dunque “fuori dalla notizia”, ma
pienamente “dentro” un percorso di miglioramento che vale la pena di osservare,
monitorare e raccontare, come ad esempio molte
province del Sud e delle Isole, a partire dalle province della Sardegna, quelle che più di altre hanno
dimostrato nel decennio capacità di crescita, innovazione, sviluppo e
miglioramento delle condizioni insediative, e anche quelle storicamente
disagiate della Calabria, che pur
non evidenziando miglioramenti nel valore assoluto (rimangono sempre inserite
nel gruppo 1 del disagio), evidenziano localmente lenti ma costanti
miglioramenti di alcuni indicatori (reddito, composizione della popolazione,
diminuzione abitazioni non occupate e incremento del turismo).
Tabella
semaforica. Regioni e gruppi del disagio insediativo
|
|
|
|
|
1996 |
2005 |
Tendenza |
|
|
|
|
Piemonte |
8 |
8 |
|
Valle d'Aosta |
9 |
9 |
|
Liguria |
8 |
7 |
- |
Lombardia |
5 |
9 |
+ |
Trentino Alto Adige |
5 |
6 |
+ |
Veneto |
5 |
5 |
|
Friuli Venezia Giulia |
8 |
8 |
|
Emilia Romagna |
9 |
8 |
- |
Marche |
5 |
8 |
+ |
Toscana |
9 |
8 |
- |
Umbria |
5 |
8 |
+ |
Lazio |
4 |
5 |
+ |
Campania |
2 |
2 |
|
Abruzzo |
4 |
5 |
+ |
Molise |
4 |
4 |
|
Puglia |
2 |
2 |
|
Basilicata |
1 |
2 |
+ |
Calabria |
1 |
1 |
|
Sicilia |
1 |
1 |
|
Sardegna |
1 |
2 |
+ |
|
|
|
|
Nord-Ovest |
8 |
8 |
|
Nord-Est |
5 |
9 |
+ |
Centro |
8 |
8 |
|
Sud |
1 |
2 |
+ |
Isole |
1 |
2 |
+ |
|
|
|
|
ITALIA |
5 |
5 |
|
|
|
|
|
Nota: il colore verde evidenzia una situazione di
miglioramento e incremento del benessere (diminuzione del disagio), mentre il
colore rosso evidenzia una diminuzione del benessere (aumento del disagio).
Gruppi del disagio: 1, 4, 7
Gruppi della medietà: 2, 3,
5, 8
Gruppi del benessere: 6, 9
La
mappa del disagio insediativo – Anno 2005
Legenda:
giallo, arancio, rosso: i comuni del disagio; azzurro-blu: i comuni della
medietà; verde: il benessere
i fattori
del cambiamento
Gli elementi migliorativi più significativi sono i seguenti:
Per contro, tra quelli peggiorativi, si evidenziano:
Valori
assoluti e variazioni percentuali calcolati su base provinciale
|
Italia 1996 |
Italia 2005 |
Italia Variazione |
Reddito disponibile
per abitante € |
10.808 |
13.142 |
21,6% |
Densità demografica
(Ab. x Kmq.) – Cens. |
188,7 |
194,0 |
2,8% |
Densità demografica
(Ab. x Kmq.) – Anno |
191,2 |
194,0 |
1,5% |
Inc. % popolazione
sotto 14 anni |
15,90% |
14,1% |
-11,1% |
Inc. % popolazione
tra 14 e 65 anni |
68,80% |
66,6% |
-3,2% |
Inc. % popolazione
sopra 65 anni |
15,30% |
19,2% |
25,7% |
Componenti medi
della famiglia |
2,85 |
2,51 |
-12,0% |
Abitanti per
abitazione occupata |
2,88 |
2,74 |
-4,8% |
Inc. % abit. non
occupate su totali |
21,10% |
19,6% |
-7,1% |
Abitanti per
addetto |
4,2 |
3,5 |
-15,7% |
Abitanti per unità
locale del commercio |
37,2 |
41,1 |
10,5% |
Abitanti per
addetto del commercio |
15,4 |
20,5 |
33,1% |
Addetti al
commercio per unità locale |
2,42 |
2,01 |
-17,1% |
Pubblici esercizi
per 1000 abitanti |
4,36 |
3,99 |
-8,4% |
Pubblici esercizi
per Kmq. |
0,83 |
0,78 |
-6,6% |
Presenze turistiche
per posto letto |
84,2 |
82 |
-2,5% |
Presenze turistiche
per abitante |
5,13 |
5,91 |
15,1% |
Presenze turistiche
per Kmq. |
981 |
1.146 |
16,8% |
Abitanti per
ricettività totale |
189,5 |
218 |
15,2% |
Presenze totali per
letto |
66,7 |
64 |
-3,9% |
Presenze totali per
abitante |
12,6 |
14 |
11,0% |
Presenze totali per
Kmq. |
2.417 |
2.714 |
12,3% |
Unità locali
trasporti per 1000 abitanti |
3,24 |
4,43 |
36,7% |
Sportelli bancari
per 10000 abitanti |
4,56 |
5,29 |
16,1% |
Depositi per
abitante (Ml.) |
17 |
19,90 |
17,0% |
U.L. servizi
imprese per 1000 abit. |
12 |
12,22 |
1,9% |
Servizi persone per
1000 abit. |
3,03 |
3,24 |
6,9% |
Abitanti per
autovetture |
1,9 |
1,52 |
-19,8% |
Consumi elett. per
famiglia |
2,55 |
2,86 |
12,0% |
Inc. % U.L.
istituzioni su U.L. totali |
5,90% |
7,44% |
26,1% |
Addetti Istruz.
prim. Per 1000 abitanti |
8,92 |
9,93 |
11,3% |
Addetti Istruz.
secon. per 1000 abitanti |
13,2 |
11,76 |
-10,9% |
U.L. serv. medici
per 1000 abitanti |
2,36 |
3,39 |
43,8% |
U.L. Assistenza
sociale per 1000 abitanti |
0,34 |
0,67 |
95,7% |
Fonte: Elaborazione Serico su dati Ancitel e Istat
Nel decennio considerato la
situazione reddituale ha avuto (a valori costanti) un incremento pari a circa
il 2% annuo, un incremento avvenuto in modo quasi equivalente nei due periodi
considerati, che evidenzia pertanto una sostanziale stabilità della crescita e
dunque un fattore dinamico debolmente positivo, comunque di lento e graduale
miglioramento.
A tale incremento si è
accompagnata una struttura demografica e sociale che ha visto diminuire in modo
consistente la quota di popolazione al di sotto dei 14 anni di età (-11,1%) e
per contro un aumento di oltre il 25% della popolazione con oltre 65 anni di
età. La struttura familiare nel contempo è fortemente cambiata, con una
riduzione dei componenti medi per famiglia e di abitanti per singola abitazione
occupata.
Ma uno tra i dati più
significativi è che il sistema economico e produttivo ha mostrato un incremento
di capacità occupazionale, anche in relazione alla popolazione residente, da
cui si spiega anche l’incremento del reddito medio pro capite. Ma, al contempo,
il sistema distributivo e commerciale ha subito una trasformazione che ha
incrementato, da un lato, di oltre il 10% il rapporto tra abitanti e unità
locali del commercio e, dall’altro, del 33% il rapporto tra abitanti e addetti
del commercio.
E’ la misura della trasformazione
del sistema commerciale italiano avvenuto negli ultimi dieci anni, con la
parziale modernizzazione dovuta all’apertura delle grandi superfici commerciali
e, dunque, con la diminuzione del numero di addetti in rapporto agli abitanti.
Ma è anche la misura dell’innescarsi di fenomeni di diminuzione e di perdita di
punti vendita di piccola dimensione (di vicinato e di prossimità), che in molti
casi sono allo stesso tempo causa ed effetto dell’aumento del disagio insediativo
in molte zone del Paese.
Un discorso analogo si può fare
per i pubblici esercizi, il cui numero è sceso in misura minore delle unità
locali del commercio, grazie alla forte crescita del sistema turistico, che
tuttavia se, da un lato, evidenzia un consistente aumento della domanda (da 981
a 1.146 presenze turistiche per kmq, da 5,13 a 5,91 presenze turistiche per
abitante), dall’altro si scontra con un sistema ricettivo che riduce le proprie
capacità di accoglienza.
I dati evidenziano alcuni aspetti
apparentemente contraddittori, ma che in realtà sono la rappresentazione di
come la situazione insediativa italiana contrapponga fattori di indubbia
positività con altri di altrettanta indubbia negatività. E’, ad esempio, il
caso della mobilità, che se, da un lato, evidenzia una crescita dell’offerta,
dall’altro mette in rilievo anche un ricorso esasperato alla mobilità
personale, con un rapporto abitanti per autovetture che è passato da circa 2
nel 1996 a 1,5 nel 2005.
E ancora, migliorano altri
indicatori, come la scolarizzazione di fascia alta, dando la sensazione di una
parziale uscita da quella fase involutiva che vedeva l’Italia tra gli ultimi
paesi in Europa per istruzione e specializzazione, anche se non crescono di
conseguenza i sistemi di servizio alle imprese e alle persone.